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O.CALIGARIS - P.OLIVA COMPLEMENTI DI ANA- LISI MATEMATICA

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O . C A L I G A R I S - P. O L I VA

C O M P L E M E N T I D I A N A -L I S I M AT E M AT I C A

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1. Archi E Superfici Nello Spazio.

In questa parte definiamo i concetti di arco, di superficie, di lunghez-za di un arco e di area di una superficie nello spazio euclideo a tredimensioni R3 .

La generalizzazione dei concetti esposti al caso di Rn, n > 3, èimmediata, come del resto è ovvio che per ottenere una trattazionedelle curve in R2 è sufficiente porre z = 0.

1.1 Linee ed integrali di linea

Definizione 1.1 Chiamiamo curva in R3 una funzione

γ : [a, b] −→ R3 , γ(t) = (x(t), y(t), z(t)).

Chiamiamo traccia di γ, o più raramente supporto di γ, l’insieme

Γ = R(γ) = (x, y, z) ∈ R3 : ∃t ∈ [a, b] , (x, y, z) = (x(t), y(t), z(t))

Indichiamo con γ = (x(t), y(t), z(t)) la derivata di γ.Una curva γ si dice:

• semplice, se è iniettiva,

• chiusa, se γ(a) = γ(b),

• regolare, se γ ∈ C1([a, b]) e ‖γ‖ 6= 0.

Osserviamo che la condizione γ 6= 0 significa che le tre derivatex, y, z non sono mai contemporaneamente nulle ed è spesso espressanella forma

x2 + y2 + z2 > 0

Definizione 1.2 Sia γ una curva regolare in R3 definiamo versore tangentealla curva γ nel punto (x(t), y(t), z(t)) il versore

Tγ(t) =γ(t)‖γ(t)‖ =

(x(t)‖γ(t)‖ ,

y(t)‖γ(t)‖ ,

z(t)‖γ(t)‖

)dove

‖γ(t)‖ =√

x2(t) + y2(t) + z2(t).

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1.1.1 Lunghezza di una Linea

Passiamo ora a definire la lunghezza di una curva γ.Sia γ una curva regolare in R3.Definiamo poligonale inscritta in Γ, associata alla partizione P =

t0 < t1 < t2 < ....tn, la spezzata poligonale Λ(Γ, P) avente per verticii punti γ(ti).

Possiamo calcolare la lunghezza della poligonale Λ(Γ, P) mediantela

`(Λ(Γ, P)) =n

∑i=1‖γ(ti)− γ(ti−1)‖ =

=n

∑i=1

√(x(ti)− x(ti−1))2 + (y(ti)− y(ti−1))2 + (z(ti)− z(ti−1))2

Usando il teorema di Lagrange, se P ∈ P(a, b), si ha

`(Λ(Γ, P)) =n

∑i=1

√x2(t1

i ) + y2(t2i ) + z2(t3

i )(ti − ti−1)

essendo t1i , t2

i , t3i ∈ (ti−1, ti), mentre d’altro canto, le somme di Rie-

mann di ‖γ‖ sono date da

R(‖γ‖, P, Ξ) =n

∑i=1

√x2(τi) + y2(τi) + z2(τi)(ti − ti−1)

`(Λ(Γ, P)) = R(‖γ‖, P, Ξ)− R(‖γ‖, P, Ξ) + `(Λ(Γ, P)) =

= R(‖γ‖, P, Ξ) +n

∑i=1|F(t1

i , t2i , t3

i )− F(τi , τi , τi)|(ti − ti−1)

non appena si sia definita F : [a, b]3 −→ R mediante la

F(r, s, t) =√

x2(r) + y2(s) + z2(t)

Dal momento che F è continua sul cubo [a, b]3 ,si può dimostrarericorrendo al concetto, non banale, di uniforme continuità che pur discegliere la partizione P sufficientemente fine si può supporre che

|F(t1i , t2

i , t3i )− F(τi , τi , τi)| <

ε

b− a

poichè al raffinarsi della partizione P si ha

R(‖γ‖, P, Ξ)→∫ b

a||γ(t)||dt

e

`(Λ(Γ, P))− R(‖γ‖, P, Ξ)→ 0

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complementi di analisi matematica 5

possiamo concludere che se |γ| è integrabile, allora

`(Λ(Γ, P))→∫ b

a||γ(t)||dt

Definizione 1.3 Diciamo che due curve γ1, γ2 regolari in R3 sono equiva-lenti se, essendo

γ1 : [a, b] −→ R3 , γ1(t) = (x1(t), y1(t), z1(t))

γ2 : [c, d] −→ R3 , γ2(t) = (x2(t), y2(t), z2(t)),

esiste una funzione ϕ : [a, b] −→ [c, d] tale che

• γ1(t) = γ2(ϕ(t)),

• ϕ ∈ C1([a, b]),

• ϕ(a) = c , ϕ(b) = d , ϕ(t) > 0 ∀t ∈ (a, b).

Ci riferiremo alla funzione ϕ come ad un cambiamento regolare di parame-trizzazione relativo alle curve γ1 , γ2.

Ovviamente, dal momento che ϕ è invertibile, anche ϕ−1 è un cambiamen-to regolare di parametrizzazione. Più precisamente mentre ϕ trasforma γ2 inγ1 , ϕ−1 opera la trasformazione di γ1 in γ2.

1.1.2 Lunghezza d’Arco

Teorema 1.1 Sia γ una curva regolare in R3 e sia γ∗ una curva regolare inR3 ad essa equivalente; si ha

`(γ) = `(γ∗)

Dimostrazione. Sia ϕ un cambiamento regolare di parametrizzazionerelativo alle curve γ e γ∗ , ϕ : [a, b] −→ [c, d] e sia

γ(t) = γ∗(ϕ(t)).

Dal momento che ϕ > 0,

`(γ) =∫ b

a‖γ(t)‖dt =

∫ b

a‖(d/dt)γ∗(ϕ(t))‖dt =

=∫ b

a‖γ∗(ϕ(t))ϕ(t)‖dt =

∫ b

a‖γ∗(ϕ(t))‖ϕ(t)dt

e applicando il teorema di integrazione per sostituzione

`(γ) =∫ ϕ−1(d)

ϕ−1(c)‖γ∗(ϕ(t))‖ϕ(t)dt =

∫ d

c‖γ∗(t)‖dt = `(γ∗)

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2

Se γ è una curva regolare in R3, la funzione

s : [a, b] −→ R

definita da

s(t) =∫ t

a‖γ(τ)‖dτ

si chiama lunghezza d’arco della curva γ.Per le ipotesi fatte, s è una funzione di classe C1([a, b]) strettamen-

te crescente e s(t) misura la lunghezza del percorso compiuto da unpunto che si muova, a partire da γ(a), lungo la traccia della curva γ

fino al punto γ(t).Inoltre s è una funzione invertibile e detta t = s−1 la sua inversa

essa pure risulta strettamente crescente e di classe C1([0, `(γ)]).Pertanto è possibile considerare t come un cambiamento regolare

di parametrizzazione e, detta γ∗ la curva che si ottiene da γ mediantetale cambiamento si ha

γ∗(s) = γ(t(s)).

Poichèdtds

(s0) =1

dsdt

(t(s0))

si ottiene

γ∗(s) =γ(t(s))‖γ(t(s))‖ = Tγ(t(s)).

Definizione 1.4 Sia f : A −→ R, A ⊂ R3 e supponiamo che γ sia unacurva regolare in R3 con traccia contenuta in A (o più brevemente sia γ unacurva regolare in A).

Definiamo integrale di linea di f su γ∫γ

f ds =∫ b

af (γ(t))ds(t) =

∫ b

af (γ(t))‖γ(t)‖dt

qualora l’ultimo integrale esista.

E’ immediato verificare che se f è una funzione continua su Ae γ è una curva regolare in A allora f è integrabile su γ.

1.2 Interpretazione Geometrica del prodotto scalare in R3

Siano P1 = (x1, y1, z1), P2 = (x2, y2, z2) ∈ R3 il prodotto scalare tra P1

e P2 è dato da:〈P1, P2〉 = x1x2 + y1y2 + z1z2

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complementi di analisi matematica 7

Consideriamo la retta che passa per l’origine e per il punto P2 che èidentificata dalle equazioni parametriche

x = tx2

y = ty2

x = tz2

e proponiamoci di calcolare la distanza del punto P1 da tale retta.A questo scopo calcoliamo l’intersezione di tale retta con il piano,

ad essa perpendicolare, passante per P1

L’equazione di tale piano è (x − x1)x2 + (y− y1)y2 + (z− z1)z2 =

〈P− P1, P2〉 = 0.

Figura 1.1:

Sostituendo le equazioni parametriche della retta nel piano ottenia-mo che il punto di intersezione si trova per t che soddisfa la seguenteequazione:

(tx2 − x1)x2 + (ty2 − y1)y2 + (tz2 − z1)z2 = 0

da cui t = 〈P2 ,P1〉‖P2‖2 ed il punto H di intersezione è dato da

H =

(x2〈P2, P1〉‖P2‖2 , y2

〈P2, P1〉‖P2‖2 , z2

〈P2, P1〉‖P2‖2

)= P2

〈P2, P1〉‖P2‖2

Poichè cos(θ) = ‖H‖‖P1‖

possiamo concludere che

cos(θ) =‖P2‖〈P2, P1〉‖P2‖2‖P1‖

=〈P2, P1〉‖P2‖‖P1‖

1.3 Prodotto vettoriale

Siano

A = (a1, a2, a3) = a1e1 + a2e2 + a3e3 , B = (b1, b2, b3) = b1e1 + b2e2 + b3e3 ∈ R3

dove e1, e2, e3 sono i vettori ortonormali canonici della base euclidea diR3.

Figura 1.2:

Il piano generato dai vettori A e B può essere descritto parametri-camente mediante le combinazioni lineari dei due vettori:

x = λa1 + µb1

y = λa2 + µb2

z = λa3 + µb3

Ricavando λ e µ dalle prime due equazioni e sostituendo nella terzasi ottiene l’equazione cartesiana del piano che è:

det

(a2 a3

b2 b3

)x + det

(a3 a1

b3 b1

)y + det

(a1 a2

b1 b2

)z = 0

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8 o.caligaris - p.oliva

Ora, se consideriamo la matrice che ha per righe A e B(AB

)=

(a1 a2 a3

b1 b2 b3

)

risulta evidente che il vettore le cui componenti sono i determinanticon segno dei suoi minori principali è ortogonale al piano generato daA e B.

Definiamo il Prodotto Vettoriale A× B

A× B =

(det

(a2 a3

b2 b3

), det

(a3 a1

b3 b1

), det

(a1 a2

b1 b2

))=

= det

(a2 a3

b2 b3

)e1 + det

(a3 a1

b3 b1

)e2 + det

(a1 a2

b1 b2

)e3 =

= det

e1 e2 e3

a1 a2 a3

b1 b2 b3

essendo l’ultimo determinante solo un ausilio mnemonico.

Evidentemente, quindi, A× B è definito in modo che sia ortogonaleal piano generato da A e B.

Figura 1.3:

Inoltre si ha cheLa norma del vettore ||A||||B|| è uguale all’area del parallelogramma indi-

viduato daA e BInfatti

||A× B||2 =

= (a21b2

2 + a22b2

1) + (a22b2

3 + a23b2

2) + (a23b2

1 + a21b2

3)− 2(a1b2a2b1 + a2b2a3b3 + a3b1a1b3) =

= a21(b2

3 + b22) + a2

2(b23 + b2

1) + a23(b2

2 + b21)− 2(a1b2a2b1 + a2b2a3b3 + a3b1a1b3) =

= a21(b2

3 + b22 + b2

1) + a22(b2

3 + b21 + b2

2) + a23(b2

2 + b21 + b2

3)− (a21b2

1 + a22b2

2 + a23b2

3 + 2a1b2a2b1 + 2a2b2a3b3 + 2a3b1a1b3) =

= ||A||2||B||2 − 〈A, b〉2 = ||A||2||B||2 − ||A||2||B||2cos2θ = ||A||2||B||2 sin2 θ

dove θ è l’angolo compreso tra i vettori A e BPertanto

||A× B|| = ||A||||B|| sin θ

è l’area del parallelogramma di lati A e B.Ora, posto N = A × B e consideriamo un terzo vettore C ∈ R3,

avremo che〈C, N〉||N|| = ||C|| cos φ

dove φ è l’angolo compreso tra i vettori C ed N, rappresenta è lalunghezza della proiezione di C su N.

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complementi di analisi matematica 9

Poichè ||A× B|| = ||N|| = ||A||||B|| sin θ è l’area del parallelogram-mo di lati A e B, possiamo concludere che

||A× B||||C|| cos φ = ||N||||C|| cos φ

fornisce il volume del parallelepipedo individuato dal volume di A, Be C

Ma

||A× B||||C|| cos φ = ||N|| 〈C, N〉||N|| = 〈C, N〉 = det

a1 a2 a3

b1 b2 b3

c1 c2 c3

Si può infine verificare, tenendo presente unicamente le definizioni,

che

• A× B = −B× A

• A× B = 0 se e solo se A ‖ B

• A× (B + C) = A× B + A× C

1.3.1 Curvatura - Terna Intrinseca

Sia γ : [a, b] → R una curva semplice e regolare e siano s(t) e t(s),rispettivamente la sua funzione lunghezza d’arco e l’inversa della fun-zione lunghezza d’arco. Indichiamo con il punto ˙ e con l’apice ′ laderivazione rispetto a t e ad s.

Sia

R(s) = γ(t(s))

la parametrizzazione di γ rispetto alla lunghezza d’arco. Avremo che

s(t) = ||γ(t)|| , t′(s) =1

||γ(t(s))||

Siano

T(s) = R′(s) =γ(t(s))||γ(t(s))|| , N(s) =

T′(s)||T′(s)|| , B(s) = T(s)×N(s)

γ(t) = s(t)T(s(t))

Avremo che N = B× T e T = N × B.La terna T,N,B costituisce un sistema di riferimento

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10 o.caligaris - p.oliva

Inoltre

T′(s) = R′′(s) =dds

γ(t(s))||γ(t(s))|| =

=γ(t(s))||γ(t(s))|| − γ(t(s)) 〈γ(t(s)),γ(t(s))〉

||γ(t(s))||2

||γ(t(s))||21

||γ(t(s))|| =

=γ(t(s))〈γ(t(s)), γ(t(s))〉 − γ(t(s))〈γ(t(s)), γ(t(s))〉

||γ(t(s))||4 =

=γ(t(s))× (γ(t(s))× γ(t(s)))

||γ(t(s))||4 =

=γ(t(s))||γ(t(s))|| ×

γ(t(s))× γ(t(s))||γ(t(s))× γ(t(s))||

||γ(t(s))× γ(t(s))||||γ(t(s))||3 =

= T(s)× (−B(s))κ = κN(s)

dds||γ(t(s))|| = d

ds

√〈γ(t(s)), γ(t(s))〉 =

=2〈γ(t(s)), γ(t(s))〉

2√〈γ(t(s)), γ(t(s))〉

=

=〈γ(t(s)), γ(t(s))〉||γ(t(s))||

N(s) = T′(s)κ = R′′(s)

κSi definisce curvatura di γ la quantità

κ =||γ(t(s))× γ(t(s))||||γ(t(s))||3

e si haT′(s) = R′′(s) = κN

Ora, poichè ||N(s)|| = 1 di ha

0 =dds||N(s)||2 = 2〈N′(s), N(s)〉

per cui N′(s) ⊥ N(s) e si può esprimere come combinazione linearedi T e B

N′(s) = αT(s) + βB(s)

Ne segue che

B′(s) = T′(s)× N(s) + T(s)× N′(s) =

= κN(s)× N(s) + T(s)× (αT(s) + βB(s)) =

= βT(s)× B(s) = −βN(s)B′(s) = T(s)× N′(s) = R′(s)× R′′′(s)

κPertanto

β = −〈B′(s), N〉 = −〈R′(s)× R′′′(s)κ

,R′′(s)

κ〉 =

(R′(s), R′′(s), R′′′(s))||R′′(s)||2

Si definisce torsione della curva e si indica con τ la quantità

τ =(R′(s), R′′(s), R′′′(s))

||R′′(s)||2

da cui

B′(s) = −τN(s)

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complementi di analisi matematica 11

Inoltre

N′(s) = (B(s)× T(s))′ = B′(s)× T(s) + B(s)× T′(s) =

= −τN(s)× T(s) + κB(s)× N(s) =

= −κT(s) + τB(s)

Possiamo calcolare

γ = sT + sddt

T = sT + +(s)2T′ = sT + κ (s)2N

il che mostra come l’accelerazione γ si scomponga in due terminiuno lungo il versore tangente ed il secondo lungo il versore normale.

Avremo

γ(t)× γ = ssT × T + κ (s)3T × N = κ (s)3B

e, come già visto,

||γ(t)× γ|| = κ||(s)3|| , κ =||γ(t)× γ||||(s)3|| =

||γ(t)× γ||||(γ||3

Inoltre

γ× γ = (sT)× (sT + κ (s)2N)) = κ (s)3T × N = κ (s)3B

...γ =

...T + sT′ s +

ddt

(κ (s)2) N + κ (s)3N′

da cui

〈...γ , B〉 =

...s 〈T, B〉+ ss〈κN, B〉+

ddt

(κ (s)2)〈N, B〉+ κ (s)3〈N′, B〉 =

κ (s)3〈−κT + τB, B〉 = κ (s)3τ

Ne viene

〈γ× γ,...γ〉 = κ (s)3τ〈B,

...γ〉 = (κ (s)3)2τ = ||γ× γ||2τ

ed infine

τ =〈γ× γ,

...γ〉

||γ× γ||2 =(γ, γ,

...γ)

||γ× γ||2

Possiamo anche osservare che

γ(t+ ∆t)

γ(t)

α

∆s

La definizione di curvatura può giustificarsi nella seguente maniera:Indichiamo con α l’angolo formato dai vettori T(s) e T(s + ∆s).E’ naturale definire come curvatura media di γ nell’intervallo [s, s +

∆s] il rapportoα

|∆s|

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Posto ∆T(s) = T(s + ∆s)− T(s), si ha

sin α

∆s=‖T(s)× T(s + ∆s)‖

∆s=‖ T(s)× (T(s) + ∆(T(s))− T(s))) ‖

∆s=

=‖ T(s)× ∆(T(s))‖

∆s

Maα

|∆s| =α

sin α

sin α

|∆s|

e, poiché α→ 0 quando ∆s→ 0 , si ha

lim∆s→0

‖ T(s)× ∆(T(s))‖∆s

= ‖ T(s)× T′(s)‖ = ‖κN‖ = κ

Analogamente se indichiamo con β l’angolo formato dai vettori B(s)e B(s + ∆s).

E’ naturale definire come curvatura media di γ nell’intervallo [s, s +

∆s] il rapportoα

|∆s|

Posto ∆T(s) = T(s + ∆s)− T(s), si ha

sin β

∆s=‖B(s)× B(s + ∆s)‖

∆s=‖ B(s)× ((s) + ∆B(s))− B(s))) ‖

∆s=

=‖ B(s)× ∆(B(s))‖

∆s

|∆s| =β

sin β

sin β

|∆s|

e, poiché β→ 0 quando ∆s→ 0 , si ha

lim∆s→0

‖ B(s)× ∆(B(s))‖∆s

= ‖ B(s)× B′(s)‖ = ‖τN‖ = τ

e questo chiarisce il significato di torsione.Possiamo altresì definire raggio di curvatura di γ nel punto (x(t), y(t), z(t))

il valore

Rγ(t) =1

Kγ(t).

e chiamare piano osculatore a γ nel punto (x(t), y(t), z(t)) il pianodefinito dall’equazione

〈(x− x(t), y− y(t), z− z(t)), γ(t)× γ(t)〉 = 0

La definizione di piano osculatore si può interpretare geometrica-mente come segue.

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complementi di analisi matematica 13

Consideriamo il piano che è individuato dai vettori γ(t) e γ(t + ∆t);una normale a tale piano sarà data da

γ(t)× γ(t + ∆t)∆t

= γ(t)× ∆γ(t)∆t

e, se ∆t→ 0 essa tende a

γ(t)× γ(t)

Pertanto γ(t)× γ(t) è normale al piano che si ottiene come limite delpiano considerato.

In altri termini il piano osculatore alla curva γ nel punto (x(t), y(t), z(t))contiene i vettori γ(t) e γ(t).

Nel caso in cui la curva sia parametrizzata secondo la lunghezzad’arco, dal momento che ‖γ‖ = 1 si ha

〈γ, γ〉 =dds‖γ(s)‖2/2 = 0

I vettori

T(s) = R′(s) =γ(t(s))||γ(t(s))|| , N(s) =

T′(s)||T′(s)|| , B(s) = T(s)×N(s)

costituiscono il triedro principale, o naturale, della curva γ nel punto(x(s), y(s), z(s)); il triedro principale è anche noto come terna intrinsecadella curva.

Ricordiamo infine alcune classiche definizioni senza però entrarenei dettagli.

Se γ : [a, b] −→ R3 è una curva tale che z(t) ≡ 0, diremo che γ èuna curva piana.

Il vettore (−y, x) si dice vettore normale alla curva γ.Sia Rγ(t) il raggio di curvatura di γ; diciamo centro di curvatura

di γ il punto cγ(t) centro del cerchio che ha per raggio Rγ(t) ed ètangente a γ.

cγ(t) descrive, al variare di t, una curva γ# che si definisce evolutadella curva γ; γ, a sua volta, si dice involuta della curva γ#.

Se γ(t) = (x(t), y(t)) , le equazioni della evoluta di γ sono date da

x#(t) = x(t)− y(t)x2(t) + y2(t)

x(t)y(t)− y(t)x(t)

y#(t) = y(t) + x(t)x2(t) + y2(t)

x(t)y(t)− y(t)x(t)

1.4 Superfici ed Integrali di Superficie

In analogia con quanto fatto per la lunghezza di una linea definiamo

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14 o.caligaris - p.oliva

Definizione 1.5 Sia R = [a, b] × [c, d], chiamiamo superficie parametricain R3 una funzione

S : R −→ R3 , S(u, v) = (x(u, v), y(u, v), z(u, v)).

Chiamiamo traccia o supporto di S l’insieme

Σ = (x, y, z) ∈ R3 : ∃(u, v) ∈ R , (x, y, z) = (x(u, v), y(u, v), z(u, v)

Osserviamo che Σ = R(S) è il rango della funzione S. Una superficieparametrica S in R3 si dice

• semplice, se è iniettiva,

• regolare, se S ∈ C1(R) e

∇S =

(Su

Sv

)=

(∇uS∇vS

)

ha caratteristica massima (= 2).Sia P0(x0, y0, z0) = (x(u0, v0), y(u0, v0), z(u0, v0)) e consideriamo il

piano tangente ad S in P0 che è definito da:x− x0 = xu(u0, v0)(u− u0) + xv(u0, v0)(v− v0)

y− y0 = yu(u0, v0)(u− u0) + yv(u0, v0)(v− v0)

z− z0 = zu(u0, v0)(u− u0) + zv(u0, v0)(v− v0)

Ricavando (u − u0) e (v − v0) dalle prime due equazioni e sostituendonella terza si ottiene l’equazione cartesiana del piano che è:

det

(yu(u0, v0) zu(u0, v0)

yv(u0, v0) zv(u0, v0)

)(x− x0) + det

(zu(u0, v0) xu(u0, v0)

zv(u0, v0) zv(u0, v0)

)(y− y0) + det

(xu(u0, v0) yu(u0, v0)

xv(u0, v0) yv(u0, v0)

)(z− z0) = 0

Ora, se consideriamo la matrice che ha per righe ∇x e ∇y(∇x∇y

)=

(xu(u0, v0) yu(u0, v0) zu(u0, v0)

xv(u0, v0) yv(u0, v0) zv(u0, v0)

)

risulta evidente che il piano tangente definito dall’equazione cartesiana è co-stituito dai vettori (x − x0, y− y0, z− z0) che sono ortogonali al vettore lecui componenti sono i determinanti con segno della matrice(

det

(yu zu

yv zv

),−det

(xu zu

xu zv

), det

(xu yu

xv yv

))Pertanto chiamiamo vettore normale ad S in (x(u, v), y(u, v), z(u, v))

il vettore

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complementi di analisi matematica 15

n(u, v) = Su(u, v)× Sv(u, v) =

=

(det

(yu zu

yv zv

),−det

(xu zu

xu zv

), det

(xu yu

xv yv

))=

=

(∂(y, z)

∂(u, v)

∂(z, x)

∂(u, v)

∂(x, y)

∂(u, v)

)E’ d’uso indicare con A, B, C le componenti del vettore n. Pertanto

n(u, v) =

(∂(y, z)

∂(u, v)

∂(z, x)

∂(u, v)

∂(x, y)

∂(u, v)

)= (A, B, C)

e‖n‖ =

√A2 + B2 + C2

Ora, prima di procedere alla definizione dell’area di una superficieparametrica S illustriamo un esempio che mostra come tale concettopossa presentare aspetti critici.

Consideriamo la superficie cilindrica di equazioni parametrichex(u, v) = cos v

y(u, v) = sin v

z(u, v) = u

, (u, v) ∈ [0, 1]× [0, 2π]

La traccia di S è evidentemente la superficie laterale di un cilindrocircolare retto di altezza 1 e di base il cerchio centrato nell’origine e diraggio 1.

Si consideri la superficie poliedrica approssimante S costituita daitriangoli costruiti nella seguente maniera:

si divida l’altezza del cilindro in m parti uguali e su ciascuna dellesezioni ottenute si considerino dei poligoni regolari di n lati disposti inmodo che i vertici dei poligoni relativi a due sezioni adiacenti abbianol’uno i vertici sulla verticale dei punti medi dei lati dell’altro.

La superficie poliedrica approssimante ottenuta è costituita da 2mntriangoli aventi ciascuno base

2 sin(π/n)

e altezza√1/m2 + (1− cos(π/n))2] =

√[1/m2 + 4 sin4(π/(2n))

.

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16 o.caligaris - p.oliva

La superficie poliedrica totale sarà pertanto data da

Amn = 2mn sinπ

n

√1

m2 + 4sin4 π

2n

e se m = kn2 si ha

An = 2kn3 sinπ

n

√1

k2n4 + 4sin4 π

2n=

= 2nsinπ

n

√1 + 4k2n4 sin4 π

2n

e

lim An = 2π

√1 +

k2π4

4.

Vediamo pertanto che lim An > 2π che è la superficie del cilindrosecondo le regole di calcolo elementari.

Per evitare gli inconvenienti derivanti dalle approssimazioni polie-drali, per definire l’area di una porzione di superficie possiamo uti-lizzare le approssimazioni lineari della funzione S che definisce lasuperficie stessa.

Sia Ω = P× Q una partizione dell’intervallo R , P ∈ P(a, b) , Q ∈P(c, d), e siano Rk , k = 0..n i rettangoli in cui P divide R.

Sia S : R −→ R3 una superficie semplice, regolare; chiamiamo ap-prossimazione lineare della superficie S relativa alla partizione Ω edalla scelta Ξ, Π(S, Ω, Ξ) la superficie

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complementi di analisi matematica 17

Π(S, Ω, Ξ)(u, v) = S(ξi , ηj) + 〈∇S(ξi , ηj), (u− ξi , v− ηi)〉, (u, v) ∈ Rij

Definiamo approssimazione lineare dell’area della superficie S, re-lativa alla partizione Ω ed alla scelta Ξ,

La(S, Ω, Ξ) = ∑ij

mis(Π(S, Ω, Ξ)(Rij)).

Diciamo infine che la superficie S ha area A(S) se ∀ε > 0 esiste Ωε ∈P(R) tale che ∀Ω < Ωε, ∀Ξ si ha

|La(S, Ω, Ξ)− A(S)| < ε

ne segue che se S è una superficie parametrica semplice e regolare inR3; allora

A(S) =∫

R‖n(u, v)‖dudv

infatti si ha

mis(Π(S, Ω, Ξ)(Rij)) = ‖Su(ξi , ηj)× Sv(ξi , ηj)‖(ui − ui−1)(vj − vj−1)

da cui

Λ(S, Ω, Ξ) =n

∑i=1

m

∑j=1‖n(ξi , ηj)‖(ui − ui−1)(vj − vj−1) =

= R(‖n‖, Ω, Ξ) (1.1)

Ricordando la definizione di integrabilità secondo Cauchy-Riemannsi ha che

R(‖n‖, Ω, Ξ)→∫∫

R‖n‖dudv

e quindi

A(S) =∫

R‖n(u, v)‖dudv

ed indichiamoA(S) =

∫S

Si può provare, usando il teorema di cambiamento di variabili negliintegrali multipli, che se

S : R −→ R3 ed S1 : R1 −→ R3

sono due rappresentazioni equivalenti della stessa superficie, cioè se

S(u, v) = S1(ϕ(u, v))

conϕ : R −→ R1

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18 o.caligaris - p.oliva

, invertibile, ϕ ∈ C1(R), allora∫R‖n(u, v)‖dudv =

∫R1

‖n1(u, v)‖dudv.

Ciò consente di affermare che la definizione di area di una superficienon dipende dalla parametrizzazione scelta.

Definizione 1.6 Sia S una superficie parametrica semplice e regolare in R3

e sia Σ ⊂ A ⊂ R3; sia inoltre f : A −→ R; definiamo∫S

f dσ =∫

Rf (S(u, v))‖n(u, v)‖dudv.

1.5 Curvatura di una superficie

1.5.1 Prima Forma Quadratica di una Superficie

SiaS = S(u, v) = (x(u, v), y(u, v), z(u, v)) = (x, y, z)

una superficie sia

∇S = ∇S(u, v) =

(Su(u, v)

Sv(u, v)

)=

((xu(u, v), yu(u, v), zu(u, v))

(xv(u, v), yv(u, v), zv(u, v))

)

e sia ν Il vettore normale alla superficie

ν =n(u, v)

||n(u, v)|| =Su(u, v)× Sv(u, v)

‖Su(u, v)× Sv(u, v)‖

Solitamente si pone Su(u, v) × Sv(u, v) = (AB,C) per cui ||n|| =√A2 + B2 + C2 ed il piano tangente sarà definito dall’equazione

〈n, (x− x0, y− y0, z− z0)〉 = 0 cioè A(x− x0) +B(y− y0) +C(z− z0) = 0

Se u = u(ξ)

v = v(ξ)

allora Γ(ξ) = S(u(ξ), v(ξ)) definisce una curva sulla superficie S perla quale si ha

Γ(ξ) = (Suu + Svv) = (xuu + xvv, yuu + yvv, zuu + zvv)

per cui la lunghezza d’arco si può calcolare come

‖Γ(ξ)‖2 = (xuu + xvv)2 + (yuu + yvv)2 + (zuu + zvv)2 =

= (x2u + y2

u + z2u)u2 + 2(xuxv + yuyv + zuzv)uv + (x2

v + y2v + z2

v)v2 =

= 〈Suu + Svv, Suu + Svv〉 = ‖Su‖2u2 + 2〈Su, Sv〉uv + ‖Sv‖2v2

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complementi di analisi matematica 19

Se definiamo

E = ‖Su‖2 , F = 〈Su, Sv〉 , G = ‖Sv‖2

avremo allora‖Γ(ξ)‖2 = Eu2 + 2Fuv + Gsv2

Quindi ‖Γ(ξ)‖2 può essere identificata mediante la forma quadrati-ca

(h, k) 7→ Eh2 + Fhk + Gk2

che si chiama Prima Forma Quadratica Fondamentale della superficieS

Possiamo osservare che

Eu2 + 2Fuv + Gsv2 = E[(

h2 + 2FE

hk +F2

E2 k2)− F2

E2 k2 +GE

k2]

=

E

[(h +

FE

k)2

+EG− F2

E2

]=

E(

h +GE

k)2

+EG− F2

E

ed anche che

‖n‖ = A2 + B2 + C2 = ‖Su × Sv‖2 =

= ‖Su‖2‖Sv‖2 sin2 θ = ‖Su‖2‖Sv‖2 − ‖Su‖2‖Sv‖2 cos2 θ =

= ‖Su‖2‖Sv‖2 − 〈Su, Sv〉θ = EG− F2

Sia ora Γ(s) = S(u(s), v(s)) una curva sulla superficie S parametriz-zata mediante la sua lunghezza d’arco s

Indicando con l’apice la derivazione rispetto alla lunghezza d’arcos e con il punto la derivazione rispetto al parametro ξ, i vettori

T(s) = Γ′(s) =Γ(ξ(s))||Γ(ξ(s))||

, N(s) =T′(s)||T′(s)|| , B(s) = T(s)×N(s)

costituiscono la terna intrinseca della curva.Avremo

T =Suu + Svv||Suu + Svv||

e quindi, poichè n = Su × Sv si ha T ⊥ n.Definiamo Ng = T × ν versore normale geodesico ed otteniamo un

sistema di riferimento ortonormale (t, ν, Ng) rispetto al quale poichè

κN = Γ′′ =dds

(Suu + Svv) = Suuu2 + 2Suvuv + Svvv2 + Suu + Svv

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20 o.caligaris - p.oliva

ed inoltre Γ′′ è ortogonale a Γ′ = T si può esprimere Γ′′ = κN comecombinazione lineare di ν e ng.

Avremo cioè cheκN = κνν + κgng

• κν si chiama curvatura normale di Γ

• κg si chiama curvatura geodesica di Γ

Possiamo calcolare che

κν = 〈Γ′′, ν〉 =

= 〈Suu, ν〉u2 + 2〈Suv, ν〉uv + 〈Svv, ν〉v2 + 〈Su, ν〉u + 〈Sv, ν〉v =

= Lu2 + 2Muv + Nv2

1.5.2 Seconda Forma Quadratica di una Superficie

La forma quadratica

(h, k) 7→ Lh2 + 2Mhk + Nk2

si chiama Seconda Forma Quadratica FondamentaleI coefficienti

L = 〈Suu,N〉M = 〈Suv,N〉N = 〈Svv,N〉

sono elementi caratteristici della superficie S.Quindi linee su S aventi lo stesso (u, v) hanno la stessa curvatura

normale.La curvatura geodesica si può calcolare come segue: Si ha

κn = Γ = κNN + κgng

Per definizione ng è ortogonale ad N quindi ng è contenuto nel pianotangente e si ha, per opportuni α, β

κgng = αSu + βSv

α, β possono essere determinati utilizzando le seguenti uguaglianze.

κg〈ng, Su〉 = α‖Su‖2 + β〈Sv, su〉 = αE + βF

κg〈ng, Sv〉 = α〈Su, sv〉+ β‖Sv‖2 = αF + βG

Inoltre, poichè N⊥Su e N⊥Sv, otteniamo

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complementi di analisi matematica 21

κg〈ng, Su〉 = κ〈n, Su〉 = 〈Γ, Su〉 =

= ‖Su‖2u + 〈Sv, Su〉v + 〈Suu, Su〉u2 + 2〈Suv, Su〉uv + 〈Svv, Su〉v2 = Eu +Fv + Y

κg〈ng, Sv〉 = κ〈n, Sv〉 = 〈Γ, Sv〉 =

= 〈Su, Sv〉u + ‖Sv‖2v + +〈Suu, Sv〉u2 + 2〈Suv, Sv〉uv + 〈Svv, Sv〉v2 = Fu +Gv + Z

Ne segue che(E FF G

)(α

β

)=

(E FF G

)(uv

)+

(YZ

)Poichè

det

(E FF G

)=√

EG− F2 =√

A2 + B2 + C2 6= 0

la matrice è invertibile e si ha(E FF G

)−1

=1√

EG− F2

(G −F−F E

)e si ricava (

α

β

)=

(uv

)+

1√EG− F2

(G −F−F E

)(YZ

)Possiamo infine studiare come varia la curvatura normale κN, de-

terminandone in particolare massimo e minimo valore.Ricordiamo che, per una curva Γ(s) = S(u(s), v(s)) su una su-

perficie S, parametrizzata mediante la lunghezza d’arco,la curvaturanormale è data da

κN = Lu2 + 2Muv + Nv2

dove L,M,N sono i coefficienti che definiscono la Seconda FormaFondamentale di S.

Il vettore tangente t alla curva Γ(s) si determina mediante la

t = Suu + Svv

I vettori Su, Sv costituiscono una base per il piano tangente ad S;tuttavia essi non sono sempre ortonormali.

Possiamo ricavare da essi un sistema ortonormale mediante il pro-cedimento di ortonormalizzazione di Hilbert-Schmidt; possiamo cioèdefinire

t1 =Su

‖Su‖=

Su√E

e t2 =Sv −

⟨Sv, Su√

E

⟩‖Sv −

⟨Sv, Su√

E

⟩‖

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22 o.caligaris - p.oliva

Qualche calcolo ci permette di semplificare un po’ l’espressione dit2

t2 =Sv −

⟨Sv, Su√

E

⟩‖Sv −

⟨Sv, Su√

E

⟩‖

=

=1E

ESv − FSu√‖Sv‖2 − 2 〈Sv ,Su〉2

E + 〈Sv, Su〉2 ‖Su‖2

E2 |=

=1EESv − FSu√

G− F2

E

=ESv − FSu√E2G−EF2

=ESv − FSu√E(EG− F2)

Quindi una base ortonormale per piano tangente ad S è data da

t1 =Su√E

e t2 =ESv − FSu√E(EG− F2)

e possiamo esprimere il vettore tangente unitario t nella forma

t = cos θt1 + sin θt2 = cos θSu√E

+ sin θESv − FSu√

EW

per qualche valore di θ, essendo W =√

EG− F2

Si ottiene infine che

t = SuW cos θ − F sin θ√

EW+ Sv

√E sin θ

W= Suu + Svv

Di qui possiamo ricavare u, v e sostituire nell’espressione di κN; siha

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complementi di analisi matematica 23

κN = L(W cos θ − F sin θ√

EW

)2+ 2M

(W cos θ − F sin θ)√E sin θ√

EW2 +

+ FE sin2 θ

W2 =

=1

EW2 (LW2 cos2 θ + LF2 sin2 θ − 2LFW sin θ cos θ =

2MEW sin θ cos θ − 2MEF sin2 θ + NE2 sin2 θ) =

=1

EW2 ((MEW−LFW) sin 2θ + LW2 cos2 θ+

+ (LF2 − 2MEF + NE2) sin2 θ) =

=1

EW2 ((MEW−LFW) sin 2θ + LW2 1 + cos 2θ

2+

+ (LF2 − 2MEF + NE2)1− cos 2θ

2) =

=1

EW2 ((MEW−LFW) sin 2θ +LW2 −LF2 + 2MEF−NE2

2cos 2θ+

+LW2 + LF2 − 2MEF + NE2

2=

= δ + µ sin 2θ + η cos 2θ

dove

δ =L(W2 + F2)− 2MEF + NE2

2EW2

µ =(ME− FL)W

EW2

η =L(W2 − F2) + 2MEF−NE2

2EW2

Avremo quindi che

κN = δ + µ sin 2θ + η cos 2θ

e se θ0 è scelto in modo che

sin 2θ0 =η√

µ2 + η2

cos 2θ0 =µ√

µ2 + η2

possiamo scrivere che

κN = δ +√

µ2 + η2(cos 2θ0 cos 2θ + sin 2θ0 sin 2θ) = δ +√

µ2 + η2 sin 2(θ + θ0)

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24 o.caligaris - p.oliva

Otteniamo quindi che

κ1 = max κN = δ +√

µ2 + η2

κ2 = max κN = δ−√

µ2 + η2

κ1 e κ2 sono le curvature principali (Massima e Minima);H = κ1+κ2

2 è la curvatura mediaK = κ1κ2 è la curvatura Gaussiana.Si calcola che

K =LN−M2

EG− F2 , H =GL− 2FM + EN

2(EG− F2)

1.6 Forme Differenziali in R3

Il linguaggio delle forme differenziali è abbastanza complesso ed astrat-to nonostante ciò le applicazioni della relativa teoria sono numero-se e la teoria stessa consente di formulare l’estensione del teoremafondamentale del calcolo integrale alle funzioni di più variabili.

Ci limitiamo ad illustrare le definizioni ed i risultati fondamentali,senza formalizzare le prime e senza dimostrare i secondi, nel caso diR3.

In R3 possiamo considerare

• forme differenziali di ordine 0 o 0−forme

ω0 = f (x, y, z)

• forme differenziali di ordine 1 o 1−forme

ω1 = f (x, y, z)dx + g(x, y, z)dy + h(x, y, z)dz

• forme differenziali di ordine 2 o 2−forme

ω2 = f (x, y, z)dy ∧ dz + g(x, y, z)dz ∧ dx + h(x, y, z)dx ∧ dy

• forme differenziali di ordine 3 o 3−forme

ω3 = f (x, y, z)dx ∧ dy ∧ dz

essendo f , g, h funzioni definite in R3 a valori in R.

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complementi di analisi matematica 25

Non precisiamo la natura dei simboli dx dy e dz e dell’operazionedi prodotto esterno ∧.

Diciamo soltanto che i simboli dx dy e dz ci daranno indicazionisu come trattare ciascuna delle forme mentre il prodotto esterno sicomporta come descritto nella seguente tabella

∧ dx dydx 0 dx ∧ dydy −dx ∧ dy 0

Simmetricamente

Possiamo considerare in R3

• varietà C0 di dimensione 0 o 0−varietà

cioè unione finita di punti a ciascuno dei quali è associato unsegno (+ o −)

• varietà C1 di dimensione 1 o 1−varietà

cioè unione finita di linee a ciascuna delle quali è associato unsegno (+ o −)

• varietà C2 di dimensione 2 o 2−varietà

cioè unione finita di superfici a ciascuna delle quali è associatoun segno (+ o −)

• varietà C3 di dimensione 3 o 3−varietà

cioè unione finita di volumi a ciascuno dei quali è associato unsegno (+ o −)

Possiamo poi considerare due operazioni:

• Un’operazione che indichiamo con d che trasforma una k−forma inuna (k + 1)−forma

• Un’operazione che indichiamo con ∂ che trasforma una k−varietàin una (k− 1)−verietà

L’operazione d si definisce mediante le seguenti regole che ripor-tiamo omettendo di scrivere esplicitamente la dipendenza da (x, y, z)

delle funzioni f , g, h e delle loro derivate.

dω0 = fx(x, y, z)dx + fy(x, y, z)dy + fz(x, y, z)dz = fxdx + fydy + fzdz

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26 o.caligaris - p.oliva

dω1 = ( fxdx + fydy + fzdz) ∧ dx+

+ (gxdx + gydy + gzdz) ∧ dy+

+ (hxdx + hydy + hzdz) ∧ dz =

= fxdx ∧ dx + fydy ∧ dx + fzdz ∧ dx+

+ gxdx ∧ dy + gydy ∧ dy + gzdz ∧ dy+

+ hxdx ∧ dz + hydy ∧ dz + hzdz ∧ dz =

= ( fy − gx)dy ∧ dx + ( fz − hx)dz ∧ dx+

+ (hy − gz)dy ∧ dz

dω2 = ( fxdx + fydy + fzdz) ∧ dy ∧ dz+

+ (gxdx + gydy + gzdz) ∧ dz ∧ dx+

+ (hxdx + hydy + hzdz) ∧ dx ∧ dy =

= ( fx + gy + hz)dx ∧ dy ∧ dz

Si ha inoltre che

dω3 = fxdx ∧ dx ∧ dy ∧ dz + fydy ∧ dx ∧ dy ∧ dz+

+ fzdz ∧ dx ∧ dy ∧ dz = 0

e possiamo osservare che iterando l’applicazione di d otterremo di quiin avanti sempre 0.

Per quanto riguarda l’operazione ∂ usiamo le seguenti definizioniSe V = V(t, s, r) è una 3−varietà , cioè se

V : [a, b]× [c, d]× [α, β]→ R3

Chiamiamo frontiera di V e scriviamo ∂V la 2−varietà che si ottieneconsiderando l’unione delle superfici definite dalle seguenti parame-trizzazioni a ciascuna delle quali attribuiamo un segno che chiamiamoorientamento della superficie secondo la seguente regola:

Attribuiamo l’indice 0 al primo estremo e l’indice 1 al secondoestremo di ciascuno dei segmenti [a, b], [c, d], [α, β] e assegnamoad ogni parametrizzazione il segno

(−1)posto della variabile+indice dell’estremo

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complementi di analisi matematica 27

V(a, s, r) con il segno−[(−1)1+0]

V(b, s, r) con il segno+[(−1)1+1]

V(t, c, r) con il segno+[(−1)2+0]

V(t, d, r) con il segno−[(−1)2+1]

V(t, s, α) con il segno−[− 1)3+0]

V(t, s, β) con il segno+[(−1)3+1]

Se S = S(u, v) è una 2−varietà , cioè se

S : [a, b]× [c, d]→ R3

Chiamiamo frontiera di S e scriviamo ∂S la 1−varietà che si ottieneconsiderando l’unione delle linee definite dalle seguenti trasformazio-ni a ciascuna delle quali attribuiamo il segno indicato

S(a, v) con il segno−[(−1)1+0]

S(b, v) con il segno+[(−1)1+1]

S(u, c) con il segno+[(−1)2+0]

S(u, d) con il segno−[(−1)2+1]

Se γ = γ(t) è una 1−varietà , cioè se

γ : [a, b]→ R3

Chiamiamo frontiera di γ e scriviamo ∂γ la 0−varietà che si ottieneconsiderando l’unione dei punti definiti dalle seguenti trasformazionia ciascuna delle quali attribuiamo il segno indicato

γ(a) con il segno−[(−1)1+0]

γ(b) con il segno+[(−1)1+1]

Per comprendere il significato dei segni occorre prima chiarire co-me una k−forma può essere integrata su una k−varietà occorre cioèdefinire il simbolo ∫

Ck

ωk

• Se ω0 = f (x, y, z) e C0 = ±P (cioè è la zero varietà costituita dalpunto P = (x, y, z) con il segno ±)∫

C0

ω0 = ± f (P)

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28 o.caligaris - p.oliva

• Se ω1 = f (x, y, z)dx + g(x, y, z)dy + h(x, y, z)dz e C1 = ±γ (cioè è la1−varietà costituita dalla curva γ = γ(t) con il segno ±)

∫C1

ω1 = ±∫ b

af (γ(t))x(t) + g(γ(t))y(t) + h(γ(t))z(t)dt

Se F : R3 → R3 è la funzione definita da

F(x, y, z) = ( f (x, y, z), g(x, y, z), h(x, y, z))

ricordando che il versore tangente a γ è dato da

T =

(x√

x2 + y2 + z2,

y√x2 + y2 + z2

,z√

x2 + y2 + z2

)

si ha

∫γ

f dx + gdy + hdz =∫ b

a( f x + gy + hz)dt =

=∫ b

a〈F, T〉

√x2 + y2 + z2dt =

∫γ〈F, T〉ds

• Se ω2 = f (x, y, z)dy∧ dz + g(x, y, z)dz∧ dx + h(x, y, z)dx∧ dy e C1 =

±S (cioè è la 2−varietà costituita dalla superficie S = S(u, v) con ilsegno ±∫

C2

ω2 =

= ±∫ b

a

∫ d

cf (S(u, v))

∂(y, z)

∂(u, v)+ g(S(u, v))

∂(z, x)

∂(u, v)+ h(S(u, v))

∂(x, y)

∂(u, v)dudv

Se F : R3 → R3 è la funzione definita da

F(x, y, z) = ( f (x, y, z), g(x, y, z), h(x, y, z))

E, se si tiene conto che la normale a S è data da

N =

(∂(y, z)

∂(u, v),− ∂(x, z)

∂(u, v),

∂(x, y)

∂(u, v)

)=

(∂(y, z)

∂(u, v),

∂(z, x)

∂(u, v),

∂(x, y)

∂(u, v)

)si ottiene∫

Sf dy∧ dz + gdz∧ dx + hdx∧ dy =

∫S

f dy∧ dz− gdx∧ dz + hdx∧ dy =

=∫ b

a

∫ d

c

1‖N‖

(f

∂(y, z)

∂(u, v)− g

∂(x, z)

∂(u, v)+ h

∂(x, y)

∂(u, v)

)‖N‖dudv =

=∫ b

a

∫ d

c〈F,

N‖N‖ 〉‖N‖dudv =

∫∫S〈F,

N‖N‖ 〉dσ

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complementi di analisi matematica 29

• Se ω3 = f (x, y, z)dx ∧ dy ∧ dz e C3 = ±V = V(t, s, r) (cioè è la3−varietà costituita dal volume V con il segno ±)

∫C0

ω0 = ±∫ b

a

∫ d

c

∫ β

αf (V(t, s, r))

∂(x, y, z)

∂(t, s, r)dtdsdr

Usando il teorema di cambiamento di variabili in un integrale tri-plo, possiamo allora affermare che, a meno del segno in quanto nelteorema citato compare il modulo dello Jacobiano, si ha

∫C0

ω0 =∫∫∫

Vf (x, y, z)dxdydz

A questo punto possiamo anche chiarire il significato del segno cheabbiamo attribuito a i vari pezzi di frontiera di una varietà.

1.6.1 Un’idea per rendersi conto dei segni

Se S1 è la varietà definita da

γ(t)

x = t

y = 0

z = 0

, t ∈ [0, 1]

− +

avremo che la frontiera ∂γ è costituita dai due punti

P0 = γ(0) con il segno −P1 = γ(1) con il segno +

Se ω0 = f (x, y, z) è una 0−forma∫∂S1

ω0 = −∫

P0

ω0 +∫

P1

ω0 = f (P1)− f (P0) (1.2)

Se consideriamo una 1− f orma

ω1 = f (x, y, z)dx + g(x, y, z)dy + h(x, y, z)dz

e la 2− varietà C2 costituita dal quadrato [0, 1]× [0, 1] nel piano z = 0.Possiamo parametrizzare C2 = C2(u, v) nella seguente maniera

C2

x = u

y = v

z = 0

, (u, v) ∈ [0, 1]× [0, 1]

∂C2, la frontiera di C2, è una curva costituita dalle linee γ1(u) =

C2(u, 0), γ2(v) = C2(0, v), γ3(u) = C2(u, 1), γ4(v) = C2(1, v),

+

+−

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30 o.caligaris - p.oliva

γ1

x = u

y = 0

z = 0

, u ∈ [0, 1] γ2

x = 1

y = v

z = 0

, v ∈ [0, 1]

γ3

x = u

y = 1

z = 0

, u ∈ [0, 1] γ4

x = 0

y = v

z = 0

, v ∈ [0, 1]

Con le regole prima descritte attribuiamo il segno + a γ1 e γ2 ed ilsegno − a γ3 e γ4.

Pertanto ∫∂C2

ω1 = +∫

γ1

ω2 +∫

γ2

ω2 −∫

γ3

ω2 −∫

γ4

ω2

Se conveniamo che attribuire il segno + ad un lato significa chequel lato è percorso nella direzione positiva dell’asse cui è parallelomentre il segno − indica che è percorso in direzione opposta, è im-mediato verificare che con tali scelte di segno si vede che il perimetrodel quadrato C2, che costituisce la frontiera ∂C2, è percorso in sensoantiorario, se visto dall’alto (cioè da un punto di vista che giace nelsemipiano z > 0).

Infine consideriamo una 2− f orma

ω2 = f (x, y, z)dx ∧ dy + g(x, y, z)dy ∧ dz + h(x, y, z)dz ∧ dx

e la 3− varietà C3 costituita dal cubo [0, 1]× [0, 1]× [0, 1] nello spazio,Possiamo parametrizzare C3 = C3(u, v, w) nella seguente maniera

C3

x = u

y = v

z = w

, (u, v) ∈ [0, 1]× [0, 1]× [0, 1]

∂C3, la frontiera di C3, è una superficie costituita dai quadrati

S1(v, w) = C3(0, v, w) , S2(v, w) = C3(1, v, w)

S3(u, w) = C3(u, 0, w) , S4(u, w) = C3(u, 1, w)

S5(u, v) = C3(u, v, 0) , S6(u, v) = C3(u, v, 1)

x

y

z

− +

+−+

+

Con le regole prima descritte attribuiamo il segno + a S2, S3 ed S6

ed il segno − a S1, S4 ed S5, inoltre, calcolando i vettori normali Ni

alla superficie di Si, si ha

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complementi di analisi matematica 31

N1 = N2 = (0, 0, 1) , N3 = N4 = (0,−1, 0) , N5 = N6 = (1, 0, 0)

Pertanto

∫∂C3

ω2 = +∫

S2

ω2 +∫

S3

ω2 +∫

S6

ω2 −∫

S1

ω2 −∫

S4

ω2 −∫

S5

ω2

Se conveniamo che attribuire il segno + ad Nj significa che il vettorenormale alla superficie Sj è orientato nella direzione positiva dell’assecui è parallelo mentre il segno − indica che che il vettore normale allasuperficieè orientato nella direzione opposta, è immediato verificareche ogni integrazione e’ fatta usando un vettore normale che esce dalvolume C3.

1.6.2 Proprieta’ delle forme differenziali.

Si può provare che

Teorema 1.2 Sia ωn una n− f orma in A, allora

d(dωk) = 0.

Dimostrazione. Dimostriamo il risultato nel caso in cui ω1 è una1-forma in R3

ω1 = f1dx1 + f2dx2 + f3dx3

si ha

dω1 =∂ f1

∂x2dx2 ∧ dx1 +

∂ f1

∂x3dx3 ∧ dx1 +

+∂ f2

∂x1dx1 ∧ dx2 +

∂ f2

∂x3dx3 ∧ dx2 +

+∂ f3

∂x1dx1 ∧ dx3 +

∂ f3

∂x2dx2 ∧ dx3

e tenendo conto che dxi ∧ dxj = −dxj ∧ dxi,

d(dω1) =∂2 f1

∂x3∂x2dx3 ∧ dx2 ∧ dx1 +

∂2 f1

∂x2∂x3dx2 ∧ dx3 ∧ dx1 +

+∂2 f2

∂x3∂x1dx3 ∧ dx1 ∧ dx2 +

∂2 f2

∂x1∂x3dx1 ∧ dx3 ∧ dx2 +

+∂2 f3

∂x2∂x1dx2 ∧ dx1 ∧ dx3 +

∂2 f3

∂x1∂x2dx1 ∧ dx2 ∧ dx3

e ogni termine elide il successivo. 2

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32 o.caligaris - p.oliva

Definizione 1.7 Sia ωn una n− f orma differenziale in A, diciamo che ωn

è esatta se esiste una (n− 1)− f orma su A, ηn−1 tale che

dηn−1 = ωn

ηn−1 si chiama primitiva di ωn.Diciamo che ωn è chiusa se

dωn = 0.

E’ immediata conseguenza del precedente teorema il seguente risul-tato.

Teorema 1.3 Sia ωn una n − f orma su A. Se ωn è esatta, allora ωn èchiusa.

Dimostrazione. Se ωn è esatta, ωn = dηn−1 e

dωn = d(dηn−1) = 0.

2

Inoltre

Ogni 3− f orma in R3 è chiusa

A questo punto è importante riconoscere tra le n − f orme su R3

quelle esatte e determinarne le primitive. Questo problema infatti hanotevoli riscontri sia dal punto di vista matematico che dal punto divista fisico.

Definizione 1.8 Sia A ⊂ Rk, diciamo che A è stellato se esiste x0 ∈ A taleche

(1− t)x0 + tx ∈ A , ∀x ∈ A, ∀t ∈ [0, 1].

E’ immediato riconoscere che se A è convesso, allora A è stellato, mentre nonè vero il viceversa. E’ altrettanto ovvio convincersi che, a meno di traslazioni,il punto x0 può essere sempre assunto coincidente con l’origine di Rk.

Teorema 1.4 Sia ωn una n−forma differenziale su un insieme A aperto estellato; allora se ωn è chiusa si ha che ωn è esatta.

Poichè ci limitiamo a considerare soltanto forme differenziali in R3,possiamo discutere l’enunciato precedente in ognuno dei tre casi chesi presentano e dal momento che i risultati che riguardano le formedifferenziali sono strettamente collegati alla teoria dei campi vettoriali,ricordiamo che

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complementi di analisi matematica 33

è assegnato un campo vettoriale in R3 se è data una funzione

F : A −→ R3 , A ⊂ R3

F(x, y, z) = ( f (x, y, z), g(x, y, z), h(x, y, z))

f , g, h : A −→ R

Ad un campo vettoriale F si può associare tanto una 1−forma

ω1 = f dx + gdy + hdz

che una 2−forma

ω2 = f dy ∧ dz + gdz ∧ dx + hdx ∧ dy

e gli integrali di linea di ω1 e di superficie di ω2 rappresentano,rispettivamente il lavoro lungo una linea ed il flusso attraverso unasuperficie del campo vettoriale F.

Una 0− f orma ed una 3−forma sono semplicemente identificate dauna funzione

f : A −→ R3 , A ⊂ R

mediante leω0 = f , ω3 = f dx ∧ dy ∧ dz

Si definisce divergenza di un campo vettoriale F la funzione scalare

div F =∂ f∂x

+∂g∂y

+∂h∂z

mentre si definisce rotore di un campo vettoriale F la funzione vetto-riale

rot F = (hy − gz, fz − hx , gx − fy)

Se introduciamo il vettore formale

D =

(∂

∂x,

∂y,

∂z

)possiamo scrivere che

div F = 〈D, F〉rot F = D ∧ F

Ricordiamo anche

div∇ϕ =∂2 ϕ

∂x2 +∂2 ϕ

∂y2 +∂2 ϕ

∂z2 = ∆ϕ

∆ϕ si chiama laplaciano della funzione ϕ ed è di fondamentaleimportanza in svariati campi della matematica e della fisica.

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34 o.caligaris - p.oliva

1.6.3 Primitive di 1−forme

Consideriamo una 1−forma

ω1 = f (x, y, z)dx + g(x, y, z)dy + h(x, y, z)dz

ed il campo vettorialeF = ( f , g, h)

ad essa associato. Si ha

dω1 = ( fy − gx)dy ∧ dx + ( fz − hx)dz ∧ dx + (hy − gz)dy ∧ dz

e pertanto, affinchè ω1 sia esatta deve essere dω1 = 0 e quindi

fy − gx = 0

fz − hx = 0

hy − gz = 0

cioè cherot F = 0

La 0−forma ω0 = ϕ(x, y, z) è una primitiva di ω1 se dω0 = ω1 cioèse

ϕx = f

ϕy = g

ϕz = h

ed in termini di campo vettoriale se

F = ∇ϕ

Possiamo definire

A(x, y, z) =∫ x

x0

f (t, y, z)dt

e scegliereϕ(x, y, z) = A(x, y, z) + a(y, z)

Deve anche essere

g(x, y, z) = ϕy(t, y, z) = Ay(t, y, z) + ay(y, z)

Poichè a dipende soltanto da (y, z), affinchè la precedente uguaglianzasia possibile occorre che la funzione

ay(y, z) = g(x, y, z)− Ay(x, y, z)

non dipenda da x; per verificare se questo è vero possiamo derivarerispetto ad x ed otteniamo

gx − Ayx = gx − Axy = gx − fy = 0

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complementi di analisi matematica 35

in quanto valgono le condizioni necessarie.Pertanto l’uguaglianza

ay(y, z) = g(x, y, z)− Ay(x, y, z)

è possibile e possiamo concludere che

a(y, z) =∫ y

y0

(g(x, η, z)− Ay(x, η, z)

)dη + b(z) = B(y, z) + b(z)

Ma allora

ϕ(x, y, z) = A(x, y, z) + B(y, z) + b(z)

e deve infine essere

ϕz(x, y, z) = Az(x, y, z) + Bz(y, z) + bz(z) = h(x, y, z)

Affinchè sia possibile trovare b in modo che la precedente ugua-glianza sia soddisfatta è necessario che

bz(z) = h(x, y, z)− Az(x, y, z)− Bz(y, z)

dipenda solo da z e quindi che(h(x, y, z)− Az(x, y, z)− Bz(y, z)

)x

= 0(h(x, y, z)− Az(x, y, z)− Bz(y, z)

)y

= 0

Si ha

(h− Az − Bz)x = hx − Azx − Bzx = hx − Axz − Bxz = hx − Axz = hx − fz = 0

(h− Az − Bz)y = hy − Azy − Bzy = hy − Ayz − Byz = hy − Azy − gz + Ayz = hy − gz = 0

È allora sufficiente porre

b(z) =∫ z

z0

(h− Az − Bz)(x, y, ζ)dζ

1.6.4 Primitive di 2−forme

Consideriamo una 2−forma

ω2 = f (x, y, z)dy ∧ dz + g(x, y, z)dz ∧ dx + h(x, y, z)dx ∧ dy

ed il campo vettorialeF = ( f , g, h)

ad essa associato. Si ha

dω2 = ( fx + gy + hz)dx ∧ dy ∧ dx

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36 o.caligaris - p.oliva

e pertanto, affinchè ω2 sia esatta dω2 = 0 e quindi

fx + gy + hz = 0

cioè chediv F = 0

La 1−forma ω1 = α(x, y, z)dx + β(x, y, z)dy + γ(x, y, z)dx cui as-sociamo il campo vettoriale Φ = (α, β, γ), è una primitiva di ω2 sedω1 = ω2, cioè se

γy − βz = h

αz − γx = g

βx − αy = f

ed in termini di campo vettoriale se

F = rot Φ

Possiamo scegliere di cercare una primitiva per la quale risulti

γ(x, y, z) = 0

per cui, le prime due condizioni sono soddisfatte se

−βz = h

αz = g

e allo scopo è sufficiente definire

α(x, y, z) =∫ z

z0

g(x, y, ζ)dζ + a(x, y) = A(x, y, z) + a(x, y)

β(x, y, z) =∫ z

z0

−h(x, y, ζ)dζ + b(x, y) = −B(x, y, z) + b(x, y)

Per quel che riguarda la terza condizione osserviamo che poichèsupponiamo soddisfatta la condizione necessaria per l’esistenza dellaprimitiva di ω2, si ha

(βx − αy − f )z = βxz − αyz − fz =

= βzx − αzy − fz = −hx − gy − fz = 0

ammesso che la condizione necessaria sia soddisfatta, e quindi

βx − αy − f

è costante rispetto a z e si ha

(βx − αy − f )(x, y, z) = 0 ⇐⇒ (βx − αy − f )(x, y, z0) = 0

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complementi di analisi matematica 37

Ma allora, poichè

Ax(x, y, z) =∫ z

z0

gx(x, y, ζ)dζ

By(x, y, z) =∫ z

z0

hy(x, y, ζ)dζ

avremo

(βx − αy − f )(x, y, z0) =

=(bx − ay − Ay − Bx − f

)(x, y, z0) =

(bx − ay − f

)(x, y, z0) = 0

e l’ultima uguaglianza è verificata se scegliamo, ad esempio,

a(x, y) = 0 , b(x, y) =∫ x

x0

f (ξ, y, z)dξ

1.6.5 Primitive di 3−forme

Consideriamo una 3−forma

ω3 = f (x, y, z)dx ∧ dy ∧ dz

si ha sempredω3 = 0

e pertanto ω3 è sempre esattaLa 2−forma

ω2 = α(x, y, z)dx ∧ dy + β(x, y, z)dy ∧ dz + γ(x, y, z)dz ∧ dx

cui associamo il campo vettoriale Φ = (γ, β, α), è una primitiva di ω3

se dω2 = ω3, cioè seγx + βy + αz = f

ed in termini di campo vettoriale se

div Φ = f

Si verifica subito che possiamo trovare una primitiva definendo

γ(x, y, z) = β(x, y, z) = 0 α(x, y, z) =∫ z

z0

f (x, y, ζ)dζ

1.7 Il Teorema di Stokes

Il teorema di Stokes costituisce la naturale estensione del teorema fon-damentale del calcolo integrale, così come il concetto di potenziale diuna forma differenziale costituisce la naturale estensione del concettodi primitiva di una funzione di una variabile reale, ed è di grandissimaimportanza nella teoria e nelle applicazioni.

Con le definizioni precedenti il teorema di Stokes può essere enun-ciato come segue

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38 o.caligaris - p.oliva

Teorema 1.5 - Stokes - Sia ωn−1 una (n− 1)− f orma differenziale su Rk

e sia C una n-varietà in Rk; allora∫∂C

ωn−1 =∫

Cdωn−1.

Il teorema di Stokes è suscettibile di significative conseguenze sia inR2 che in R3 soprattutto se si tiene conto del fatto che, ad esempio inR3, le 1−forme e le 2−forme possono essere identificate con un campovettoriale, mentre in R2 solo le 1−forme sono associabili ad un campovettoriale.

1.7.1 Il teorema della divergenza in R3

Consideriamo una 2-forma in R3

ω2(x, y, z) = f (x, y, z)dy ∧ dz + g(x, y, z)dz ∧ dx + h(x, y, z)dx ∧ dy

ed il campo vettoriale che la identifica

F = ( f , g, h)

Si ha

dω2 = ( fx + gy + hz)dx ∧ dy ∧ dz

Se V = V(t, s, r) è una 3−varietà la cui frontiera è

∂V = +V(1, s, r)∪−V(0, s, r)∪−V(t, 1, r)∪+V(t, 0, r)∪+V(t, s, 1)∪−V(t, s, 0)

si ha

∫∂V

f dy ∧ dz + gdz ∧ dx + hdx ∧ dy =∫

V( fx + gy + hz)dx ∧ dy ∧ dz

(1.3)

E, se si tiene conto che la normale N a ∂V è data da

N =

(∂(y, z)

∂(u, v),− ∂(x, z)

∂(u, v),

∂(x, y)

∂(u, v)

)=

(∂(y, z)

∂(u, v),

∂(z, x)

∂(u, v),

∂(x, y)

∂(u, v)

)essendo

ν = ‖N|| =

√(∂(y, z)

∂(u, v)

)2

+

(∂(x, z)

∂(u, v)

)2

+

(∂(x, y)

∂(u, v)

)2

AnTot.TEX— [ Content/Analisi-10.tex] 25 settembre 2018—08:52:38

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complementi di analisi matematica 39

si ottiene

∫∂V

f dy ∧ dz− gdx ∧ dz + hdx ∧ dy =

=∫∫

D

(f

∂(y, z)

∂(u, v)− g

∂(x, z)

∂(u, v)+ h

∂(x, y)

∂(u, v)

)νdudv =

=∫∫

D〈F, N〉νdudv =

∫∫∂C〈F, N〉dσ

Pertanto si ha

∫∫∂V〈F, Ne〉dσ =

∫∫∫V

div Fdxdydz (1.4)

ove Ne = N sgn JV è il versore normale a ∂V orientato verso l’esternodi V.

La 1.3 è nota come teorema di Gauss e la 1.4 è la formulazione delteorema della divergenza.

Possiamo dimostrare il teorema della divergenza come segue.Dimostrazione. Proviamo ad esempio che

∫∫∫V

fxdx ∧ dy ∧ dz =∫∫

∂Vf dy ∧ dz

Si ha

∫∫∂V

f dy ∧ dz =∫ 1

0

∫ 1

0f

∂(y, z)

∂(s, r)

∣∣∣t=1

t=0dsdr−

−∫ 1

0

∫ 1

0f

∂(y, z)

∂(t, s)

∣∣∣s=1

s=0dtdr +

∫ 1

0

∫ 1

0f

∂(y, z)

∂(t, s)

∣∣∣r=1

r=0dtds =

=∫ 1

0

∫ 1

0

∫ 1

0

ddt

(f

∂(y, z)

∂(s, r)

)dtdsdr−

−∫ 1

0

∫ 1

0

∫ 1

0

dds

(f

∂(y, z)

∂(t, s)

)dsdtdr+

+∫ 1

0

∫ 1

0

∫ 1

0

ddr

(f

∂(y, z)

∂(t, s)

)drdtds

25 settembre 2018—08:52:38 AnTot.TEX— [ Content/Analisi-10.tex]

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40 o.caligaris - p.oliva

e ∫∫∂V

f dy ∧ dz =

=∫ 1

0

∫ 1

0

∫ 1

0

(fxxt + fyyt + fzzt

) ∂(y, z)

∂(s, r)+ f

ddt

∂(y, z)

∂(s, r)dtdsdr−

−∫ 1

0

∫ 1

0

∫ 1

0

(fxxs + fyys + fzzs

) ∂(y, z)

∂(t, r)+ f

dds

∂(y, z)

∂(t, r)dtdsdr+

+∫ 1

0

∫ 1

0

∫ 1

0

(fxxr + fyyr + fzzr

) ∂(y, z)

∂(t, s)+ f

ddr

∂(y, z)

∂(t, s)dtdsdr =

=∫ 1

0

∫ 1

0

∫ 1

0

(fxxt + fyyt + fzzt

) ∂(y, z)

∂(s, r)−

−(

fxxs + fyys + fzzs) ∂(y, z)

∂(t, r)+(

fxxr + fyyr + fzzr) ∂(y, z)

∂(t, s)dtdsdr +

+∫ 1

0

∫ 1

0

∫ 1

0f(

ddt

∂(y, z)

∂(s, r)− d

ds∂(y, z)

∂(t, r)+

ddr

∂(y, z)

∂(t, s)

)dtdsdr

Ma(ddt

∂(y, z)

∂(s, r)− d

ds∂(y, z)

∂(t, r)+

ddr

∂(y, z)

∂(t, s)

)=

=

(ddt

det

(ys zs

yr zr

)− d

dsdet

(yt zt

yr zr

)+

ddr

det

(yt zt

ys zs

))=

= det

(yst zs

yrt zr

)+ det

(ys zst

yr zrt

)− det

(yts zt

yrs zr

)− det

(yt zts

yr zrs

)+

+ det

(ytr zt

ysr zs

)+ det

(yt ztr

ys zsr

)= 0

per cui∫∫∂V

f dy ∧ dz =∫ 1

0

∫ 1

0

∫ 1

0

(fxxt + fyyt + fzzt

) ∂(y, z)

∂(s, r)−

−(

fxxs + fyys + fzzs) ∂(y, z)

∂(t, r)+(

fxxr + fyyr + fzzr) ∂(y, z)

∂(t, s)dtdsdr =

=∫ 1

0

∫ 1

0

∫ 1

0fx

(xt

∂(y, z)

∂(s, r)− xs

∂(y, z)

∂(t, r)+ xr

∂(y, z)

∂(t, s)

)dtdsdr+

+∫ 1

0

∫ 1

0

∫ 1

0fy

(yt

∂(y, z)

∂(s, r)− ys

∂(y, z)

∂(t, r)+ yr

∂(y, z)

∂(t, s)

)dtdsdr+

+∫ 1

0

∫ 1

0

∫ 1

0fz

(zt

∂(y, z)

∂(s, r)− zs

∂(y, z)

∂(t, r)+ zr

∂(y, z)

∂(t, s)

)dtdsdr

Poichè(yt

∂(y, z)

∂(s, r)− ys

∂(y, z)

∂(t, r)+ yr

∂(y, z)

∂t, s

)=(

yt det

(ys zs

yr zr

)− ys det

(yt zt

yr zr

)+ yr det

(yt zt

ys zs

))= 0

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complementi di analisi matematica 41

e (zt

∂(y, z)

∂(s, r)− zs

∂(y, z)

∂(t, r)+ zr

∂(y, z)

∂t, s

)=(

zt det

(ys zs

yr zr

)− zs det

(yt zt

yr zr

)+ zr det

(yt zt

ys zs

))= 0

Possiamo concludere

∫∫∂V

f dy ∧ dz =

=∫ 1

0

∫ 1

0

∫ 1

0fx

(xt

∂(y, z)

∂(s, r)− xs

∂(y, z)

∂(t, r)+ xr

∂(y, z)

∂(t, s)

)dtdsdr =

=∫ 1

0

∫ 1

0

∫ 1

0fx det

xt yt zt

xs ys zs

xr yr zr

dtdsdr =

=∫ 1

0

∫ 1

0

∫ 1

0fx

∂(x, y, z)

∂(t, s, r)=∫∫∫

Vfxdx ∧ dy ∧ dzdtdsdr

2

1.7.2 Il Teorema del Rotore

Se consideriamo una 1-forma in R3

ω1 = f dx + gdy + hdz

e se

F = ( f , g, h)

è il campo vettoriale ad essa associato, si ha

dω1 = (gx − fy)dx ∧ dy + (hy − gz)dy ∧ dz + (hx − fz)dx ∧ dz

Sia S = S(u, v) una 2−varietà, cioè sia

S : [0, 1]× [0, 1]→ R3

e sia ∂S la sua frontiera

∂S = −S(1, v) ∪+S(0, v) ∪+S(u, 1) ∪−S(u, 0)

si ha

25 settembre 2018—08:52:38 AnTot.TEX— [ Content/Analisi-10.tex]

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42 o.caligaris - p.oliva

∫∂S

f dx + gdy + hdz =

=∫

S(gx − fy)dx ∧ dy + (hy − gz)dy ∧ dz + (hx − fz)dx ∧ dz (1.5)

Ricordando che il versore tangente a ∂S è dato da

T =

(x√

x2 + y2 + z2,

y√x2 + y2 + z2

,z√

x2 + y2 + z2

)si ha∫

∂Sf dx + gdy + hdz =

∫ b

a( f x + gy + hz)dt =

=∫ b

a〈F, T〉

√x2 + y2 + z2dt =

∫∂S〈F, T〉ds

mentre∫S(gx − fy)dx ∧ dy + (hy − gz)dy ∧ dz + (hx − fz)dx ∧ dz =

=∫∫

D

((gx − fy)

∂(x, y)

∂(u, v)+ (hy − gz)

∂(y, z)

∂(u, v)+ (hx − fz)

∂(x, z)

∂(u, v)

)νdudv =

=∫∫

D〈rot F, N〉νdudv =

∫∫S〈rot F, N〉dσ

Si ottiene perciò che

∫∂C〈F, T〉ds =

∫∫C〈rot F, N〉dσ (1.6)

La 1.6 è nota come teorema del rotore.Osserviamo che nella formula compare N e non Ne.Le formule 1.6 e 1.4 assumono un’interessante aspetto nel caso in

cui F = ∇ϕ.Si ha infatti in tal caso che, se C2 è una 2-varietà e C3 è una 3-varietà∫

∂C2

〈∇ϕ, T〉ds = 0 (1.7)

∫∫∂C3

〈∇ϕ, Ne〉ds =∫∫∫

C3

∆ϕdxdydz

Possiamo dimostrare il teorema del rotore come segue.Dimostrazione. Proviamo il teorema nel caso in cui

F = (0, 0, h(x, y, z))

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complementi di analisi matematica 43

per cuirot F = (hy(x, y, z),−hx(x, y, z), 0)

In tal caso si ha

∫∂S〈F, T〉ds =

∫∂S

hdz =∫ 1

0h(x(u, 0), y(u, 0), z(u, 0))zu(u, 0)−

− h(x(u, 1), y(u, 1), z(u, 1))zu(u, 1)du+

+∫ 1

0h(x(1, v), y(1, v), z(1, v))zv(1, v)−

− h(x(0, v), y(0, v), z(0, v))zv(0, v)dv =

= −∫ 1

0

∫ 1

0

ddv

h(x(u, v), y(u, v), z(u, v))zu(u, v)dvdu+

+∫ 1

0

∫ 1

0

ddu

h(x(u, v), y(u, v), z(u, v))zv(u, v)dudv =

=∫ 1

0

∫ 1

0−(hxxv + hyyv + hzzv)zu− hzuv + (hxxu + hyyu + hzzu)zv + hzvududv =

=∫ 1

0

∫ 1

0hx(xuzv − xvzu) + hy(yuzv − xvzu)dudv =

=∫ 1

0

∫ 1

0hx

∂y, z∂(u, v)

+ hy∂(x, z)

∂(u, v)dudv =

∫∫∂S〈rot FN〉dσ

2

1.7.3 La formula di Green nel piano

Consideriamo la 1− f orma in R2

ω1(x, y) = f (x, y)dx + g(x, y)dy

ed il campo vettoriale su R2

F = ( f , g)

Avremodω1 = (− fy + gx)dx ∧ dy

Sia C = C(t, s) = (x(t, s), y(t, s)) una 2−varietà, cioè sia

C : [0, 1]× [0, 1]→ R2

e sia ∂C la sua frontiera

∂C = −C(1, v) ∪+C(0, v) ∪+C(u, 1) ∪−C(u, 0)

si ha

25 settembre 2018—08:52:38 AnTot.TEX— [ Content/Analisi-10.tex]

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44 o.caligaris - p.oliva

∫∂C

f dx + gdy =∫

C(− fy + gx)dx ∧ dy. (1.8)

La 1.8 è nota come teorema di Green e si può dimostrare comesegue.

Dimostrazione.

C

−γ4

−γ3

+γ2

+γ1

a bc

d

[ab]× [cd]

a bc

d

s

t

Sia

ϕ : [a, b]× [c, d]→ R2 , [a, b]× [c, d] 3 (t, s) 7→ ϕ(t, s) ∈ R2

una parametrizzazione della varietà C e siano

γ1(t) = ϕ(t, c) , γ2(s) = ϕ(b, s) , γ3(t) = −ϕ(t, d) , γ4(s) = −ϕ(a, s)

una parametrizzazione di ∂C

∫C

gx(x, y)dxdy =∫ b

a

∫ d

cgx(x(t, s), y(t, s))

∂(x, y)

∂(t, s)dtds =

=∫ b

a

∫ d

cgx(x, y)[xtys − xsyt]dtds =

=∫ b

a

∫ d

c

[gx(x, y)xtys − gx(x, y)xsyt+

+ gy(x, y)ytys − gy(x, y)ysyt

]dtds =

=∫ b

a

∫ d

c

[gx(x, y)xt + gy(x, y)yt

]ys−

−∫ b

a

∫ d

c

[gx(x, y)xs + gy(x, y)ys

]ytdtds =

=∫ d

c

(∫ b

a

(ddt

g(ϕ(t, s)))

ys(t, s)dt)

ds−

−∫ b

a

(∫ d

c

(dds

g(ϕ(t, s)))

yt(t, s)ds)

dt =

=∫ d

c

([g(ϕ(t, s))ys(t, s)

]t=bt=a −

∫ b

ag(ϕ(t, s))yst(t, s)dt

)ds−

−∫ b

a

([g(ϕ(t, s))yt(t, s)

]s=ds=c −

∫ d

cg(ϕ(t, s))yts(t, s)ds

)dt =

=∫ d

c

[g(ϕ(b, s))ys(b, s)− g(ϕ(a, s))ys(a, s)

]ds−

−∫ b

a

[g(ϕ(t, d))yt(t, d)− g(ϕ(t, c))yt(t, c)

]dt =

=∫

∂Cg(x, y)dy

2

Possiamo osservare che, se γ(t) = (x(t), y(t)) per t ∈ [a, b] è unaparametrizzazione di ∂C e N è il suo versore normale, N = y,−x) si

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complementi di analisi matematica 45

ha∫∂C

f dx− gdy =∫ b

a( f x + gy)dt =

=∫ b

a〈F, N〉

√(x2 + y2dt =

∫∂γ〈F, N〉ds

Essendo N il versore unitario a ∂C.

1.7.4 Campi conservativi

Concludiamo questo paragrafo precisando i risultati ottenuti per le1-forme in R3 nell’ambito dello studio dei campi vettoriali.

Definizione 1.9 Sia A ⊂ R3 aperto e siano

f , g, h : A −→ R , f , g, h ∈ C2(A)

Siaω = f dx + gdy + hdz

eF = ( f , g, h)

ω è la 1-forma differenziale corrispondente al campo vettoriale F e reciproca-mente F è il campo vettoriale che corrisponde alla 1-forma ω.

Diamo ora alcune definizioni che sono la controparte relativa alcampo F delle definizioni date in precedenza, per le 1-forme ω.

Definizione 1.10 Sia F : A −→ R3, A ⊂ R3 aperto, un campo vettoraleF = ( f , g, h). Diciamo che F è un campo chiuso se

rot F = (hy − gz, fz − hx , gx − fy) = (0, 0, 0)

Diciamo che F è conservativo, oppure che F ammette potenziale, se esiste

ϕ : A −→ R

tale che∇ϕ = F

In tal caso ϕ si chiama potenziale di F.

Osserviamo che, evidentemente, un campo vettoriale è chiuso oconservativo se e solo se la corrispondente 1-forma ω è chiusa o esatta,rispettivamente.

E’ pertanto conseguenza dei precedenti risultati che

Teorema 1.6 Sia F : A −→ Rk, A ⊂ Rk aperto; se F è conservativo alloraF è chiuso.

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46 o.caligaris - p.oliva

Possiamo osservare che il teorema è immediata conseguenza delteorema di Schwarz.

Si può anche dimostrare che

Teorema 1.7 Sia F : A −→ R3, A ⊂ R3 aperto, stellato. Se F è chiuso,allora F è conservativo.

Il campo vettoriale F : R2 \ (0, 0) −→ R2 definito da

F(x, y) =

(−y

x2 + y2 ,x

x2 + y2

)mostra che la condizione A stellato non è inessenziale. Essa puòtuttavia essere un po’ attenuata.

A questo scopo definiamo

Definizione 1.11 Sia F : A −→ R3, A ⊂ R3 aperto, e sia γ una 1-varietàin Rk , γ(t) = (x(t), y(t), z(t)), t ∈ [a, b]; definiamo∫

γF =

∫γ

ω =∫ b

af (γ(t))x(t) + g(γ(t))y(t) + h(γ(t))z(t)dt =

=∫ b

a〈F(γ(t)),

γ(t)‖γ(t)‖ 〉

√x2(t) + y2(t) + z2(t)dt =

∫γ〈F, Tγ〉ds

dove Tγ(t) indica il vettore tangente unitario alla curva γ.

Possiamo dimostrare che

Teorema 1.8 Sia F : A −→ Rk, A ⊂ Rk aperto e connesso, un campovettoriale; sono condizioni equivalenti

1. F è conservativo;

2.∫

γ F = 0 su ogni curva chiusa γ contenuta in A;

3.∫

γ F dipende solo dagli estremi di γ.

(Per semplicità la funzione F e la funzione γ sono supposte di classe C2,ma è sufficiente F ∈ C0 e γ regolare a tratti.)

Dimostrazione.1)⇒ 2)

Se F = ∇ϕ con ϕ : A −→ R, si ha∫γ

F =∫ b

aϕx(γ(t))x(t) + ϕy(γ(t))y(t) + ϕz(γ(t))z(t)dt =

=∫ b

a

ddt

ϕ(γ(t))dt = ϕ(γ(b))− ϕ(γ(a)) = 0 (1.9)

2) ⇒ 3). Siano γ1 e γ2 due curve con gli stessi estremi; alloraγ = γ1 − γ2 è chiusa e ∫

γF =

∫γ1

F−∫

γ2

F = 0

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complementi di analisi matematica 47

3) ⇒ 1). Poiché vale 3), se γ è una qualunque curva avente perestremi P = (x, y, z) ∈ A e P0 = (x0, y0, z0) ∈ A fissato, possiamodefinire

ϕ(x) =∫

γF

Si ha allora, ad esempio

ϕ(x + t, y, z)− ϕ(x, y, z)

t=

1t

∫γ∗

F

essendo γ∗(s) = (x + s, y, z), 0 ≤ s ≤ t.Pertanto

ϕ(x + t, y, z)− ϕ(x, y, z)

t=

1t

∫ t

0f (x + s, y, z)ds = f (x + σt, y, z)

0 ≤ σt ≤ t e

limt→0

ϕ(x + t, y, z)− ϕ(x, y, z)

t= lim

t→0f (x + σt) = f (x)

2

Definizione 1.12 Sia A ⊂ R3, diciamo che A è semplicemente connesso seogni curva chiusa contenuta in A può essere deformata con continuità sino aridursi ad un punto senza uscire da A.

Per la precisione, se γ0, γ1 : [a, b] −→ A sono due curve chiuse, diciamoche γ0 e γ1 sono omotope se esiste ψ ∈ C2,

ψ : [0, 1]× [a, b] −→ A

tale che, se s ∈ [0, 1] e t ∈ [a, b]

ψ(0, t) = γ0(t) , ψ(1, t) = γ1(t), ψ(s, a) = ψ(s, b)

Diciamo che A è semplicemente connesso se ogni 1-varietà chiusa a valoriin A è omotopa ad un punto di A.

Teorema 1.9 Sia F : A −→ R3 un campo vettoriale chiuso, A ⊂ R3, esiano γ0 e γ1 due curve chiuse a valori in A, omotope, allora∫

γ0

F =∫

γ1

F.

Dimostrazione. Poichè γ0 e γ1 sono omotope, esiste S tale che

S : [0, 1]× [a, b] −→ A

tale che, se u ∈ [0, 1] e v ∈ [a, b]

S(0, v) = γ0(v) , S(1, v) = γ1(v), S(u, 0) = S(u, 1)

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48 o.caligaris - p.oliva

Definiamo

γ2(u) = S(u, 0) = S(u, 1) , u ∈ [0, 1]

Per il teorema di Stokes avremo

∂S = γ2 + γ1 − γ2 − γ0

per cui ∫γ2

F +∫

γ1

F−∫

γ2

F−∫

γ0

F =∫

∂Sω =

∫S

dω = 0

e si può concludere che ∫γ1

F−∫

γ2

= 0

2

Corollario 1.1 Sia F : A −→ Rk un campo vettoriale, A ⊂ Rk semplice-mente connesso, allora F è conservativo se e solo se F è chiuso.

1.8 FORME DIFFERENZIALI IN Rn.

Lo studio delle forme differenziali in Rn nasce dalla necessità di si-stemare in ambito opportuno i concetti di integrale di linea e di inte-grale di superficie di un campo vettoriale che esprimono a loro voltai concetti fisici di lavoro lungo una linea e di flusso attraverso unasuperficie.

Contemporaneamente, e nello stesso ambito, devono essere sistema-ti i concetti di potenziale ed alcuni importanti risultati quali il teoremadi Stokes, che genera nella sua versione più estesa teoremi come quellidi Green, di Gauss, della divergenza.

Osserviamo che R2 ed R3 sono gli spazi in cui vengono fatte le piùnumerose applicazioni dei concetti citati.

Cominciamo con il definire il concetto di funzione multilineare suRk.

Definizione 1.13 Sia f : (Rk)n −→ R, diciamo che f è una funzionen− lineare su Rk se

f (x1, x2, . . . , xi−1, ·, xi+1, . . . , xn)

è lineare su Rk ∀x1, x2, . . . , xi−1, xi+1, . . . , xn ∈ Rk, ∀i = 1, . . . , n.Una funzione n− lineare in Rk si dice anche n− tensore in Rk; indiche-

remo con T nk l’insieme degli n− tensori in Rk.

Osserviamo che T 1k è l’insieme delle applicazioni lineari su Rk; in al-

tre parole T 1k coincide con lo spazio duale di Rk (si veda la definizione

24.6).

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complementi di analisi matematica 49

Definizione 1.14 Siano f ∈ T nk e g ∈ T m

k , definiamo il prodotto tensorialedi f per g, e scriviamo f ⊗ g, nella seguente maniera:

f ⊗ g : (Rk)n+m −→ R

f ⊗ g(x1, . . . , xn, y1, . . . , ym) = f (x1, . . . , xn)g(y1, . . . , ym)

essendo il prodotto a secondo membro l’usuale prodotto tra numeri reali.

Un notevole esempio di applicazione lineare che verrà spesso usatanel seguito è dato dall’applicazione

πi : Rk −→ R

definita mediante la

πi(x) = xi , x = (x1, . . . , xn)

Osserviamo che si ha dπi = πi e che pertanto

dπi(x) = xi ;

onde conservare notazioni classiche e intuitivamente agevoli, conver-remo di indicare l’applicazione dπi = πi con il simbolo dxi.

Da quanto detto è anche immediato rilevare che

dxi(h) = hi

(dxi ⊗ dxj)(h, k) = hik j

Con queste notazioni si può facilmente verificare che

Teorema 1.10 Sia f ∈ T nk , allora esistono kn numeri reali fi1i2 ...in tali che

f =k

∑i1=1

k

∑i2=1

. . .k

∑in=1

fi1i2 ...in dxi1 ⊗ dxi2 ⊗ · · · ⊗ dxin .

Dimostrazione. Si ha

f (x1, x2, . . . , xn) = f

(k

∑i1=1

x1i1 ei1 ,

k

∑i2=1

x2i2 ei2 , . . . ,

k

∑in=1

xnin ein

)=

=k

∑i1=1

k

∑i2=1

. . .k

∑in=1

f (ei1 , ei2 , . . . , ein )x1i1 x2

i2 . . . xnin

2

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50 o.caligaris - p.oliva

Definizione 1.15 Sia f ∈ T nk , diciamo che f è alternante se

f (x1, . . . , xi , xi+1, . . . , xn) = − f (x1, . . . , xi+1, xi , . . . , xn)

∀x1, . . . , xi , xi+1, . . . , xn ∈ Rk

Indichiamo con Λnk l’insieme delle applicazioni n− lineari alternanti.

Osserviamo subito che T nk ⊃ Λn

k e che T 1k = Λ1

k è lo spazio duale diRk.

Teorema 1.11 Se f ∈ Λnk , n > k, allora f = 0.

Dimostrazione.Abbiamo

f =k

∑i1=1

k

∑i2=1

. . .k

∑in=1

f (ei1 , . . . , ein )dxi1 ⊗ · · · ⊗ dxin

e f (ei1 , . . . , ein ) = 0 in quanto, essendo n > k, almeno due degliargomenti di f sono uguali tra loro; siano essi eij ed eih , si ha

f (ei1 , . . . , eij , . . . , eih , . . . , ein ) = − f (ei1 , . . . , eih , . . . , eij , . . . , ein )

ef (ei1 , . . . , eij , . . . , eih , . . . , ein ) = 0.

2

Pertanto sarà lecito considerare solamente Λ1k , Λ2

k , . . . , Λkk.

Esaminiamo brevemente gli elementi di Λ13, Λ2

3, Λ33.

Λ13 coincide con T 1

3 e con lo spazio duale di R3; se f ∈ Λ13 si ha

f = f1dx1 + f2dx2 + f3dx3, ( f1, f2, f3) ∈ R3

Sottolineiamo che

f (h) = f1dx1(h) + f2dx2(h) + f3dx3(h) =

= f1h1 + f2h2 + f3h3

Se f ∈ Λ23 si ha f ∈ T 2

3 e pertanto

f = f11dx1 ⊗ dx1 + f12dx1 ⊗ dx2 + f13dx1 ⊗ dx3+

+ f21dx2 ⊗ dx1 + f22dx2 ⊗ dx2 + f23dx2 ⊗ dx3+

+ f31dx3 ⊗ dx1 + f32dx3 ⊗ dx2 + f33dx3 ⊗ dx3

Dal momento che

fij = f (ei , ej) e f (ei , ej) = − f (ej, ei)

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complementi di analisi matematica 51

si hafii = 0 e fij = − f ji

per cui

f = f12 (dx1 ⊗ dx2 − dx2 ⊗ dx1) +

+ f13 (dx1 ⊗ dx3 − dx3 ⊗ dx1)+

+ f23 (dx2 ⊗ dx3 − dx3 ⊗ dx2)

e se definiamo

dxi ∧ dxj = (dxi ⊗ dxj − dxj ⊗ dxi)

possiamo scrivere

f = f1 dx1 ∧ dx2 + f2 dx2 ∧ dx3 + f3dx1 ∧ dx3

che pertanto è la forma di una qualunque applicazione 2-lineare alter-nante in R3, al variare di ( f1, f2, f3) ∈ R3. Si può facilmente verificare

chedxi ∧ dxj = −dxj ∧ dxi

e chedxi ∧ dxi = 0

Inoltre si ha(dxi ∧ dxj) ∧ dxk = dxi ∧ (dxj ∧ dxk)

Se f ∈ Λ33 si ha

f = f123dx1 ⊗ dx2 ⊗ dx3 + f132dx1 ⊗ dx3 ⊗ dx2+

+ f213dx2 ⊗ dx1 ⊗ dx3 + f231dx2 ⊗ dx3 ⊗ dx1+

+ f312dx3 ⊗ dx1 ⊗ dx2 + f321dx3 ⊗ dx2 ⊗ dx1

Maf123 = f231 = f312 = − f132 = − f213 = − f321 = f1

ed

f = f1(dx1 ⊗ dx2 ⊗ dx3 + dx2 ⊗ dx3 ⊗ dx1 + dx3 ⊗ dx1 ⊗ dx2−− dx1 ⊗ dx3 ⊗ dx2 − dx2 ⊗ dx1 ⊗ dx3 − dx3 ⊗ dx2 ⊗ dx1) =

= f dx1 ∧ dx2 ∧ dx3

Si può infatti verificare che

dx1 ∧ dx2 ∧ dx3 =

= dx1 ⊗ dx2 ⊗ dx3 + dx2 ⊗ dx3 ⊗ dx1 + dx3 ⊗ dx1 ⊗ dx2−− dx1 ⊗ dx3 ⊗ dx2 − dx2 ⊗ dx1 ⊗ dx3 − dx3 ⊗ dx2 ⊗ dx1

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52 o.caligaris - p.oliva

Osserviamo che si può ricavare un aiuto mnemonico per la compo-sizione del prodotto dx1 ∧ dx2 ∧ dx3 ricordando che la quantità a secon-do membro è formata dagli stessi prodotti che si ottengono svolgendoil determinante della matrice x1 dx2 dx3

dx1 dx2 dx3

dx1 dx2 dx3

Sottolineiamo, a scanso di equivoci, che il prodotto tensoriale non ècommutativo.

Si può in generale definire

dx1 ∧ dx2 ∧ · · · ∧ dxk = ∑σ∈Sk

sgn σ (dxσ(1) ⊗ · · · ⊗ dxσ(k))

dove Sk è l’insieme delle permutazioni dei numeri 1, . . . , k e sgn σ è+1 o −1 a seconda che σ si ottenga con un numero pari o dispari discambi da 1, 2, . . . , k.

Definizione 1.16 Sia A ⊂ Rk, A aperto, chiamiamo n − f orma differen-ziale in A una funzione

ωn : A −→ Λnk , n ≤ k.

Osserviamo esplicitamente che assegnare una n − f orma differen-ziale in A, significa ivi definire un certo numero di funzioni reali (adesempio, 3 per le 1-forme e le 2-forme in R3).

In altre parole una 1-forma in R3 sarà del tipo

ω1(x) = f1(x)dx1 + f2(x)dx2 + f3(x)dx3

mentre una 2-forma si scriverà

ω2(x) = f1(x)dx1 ∧ dx2 + f2(x)dx2 ∧ dx3 + f3(x)dx1 ∧ dx3

e una 3-forma sarà

ω3(x) = f (x) dx1 ∧ dx2 ∧ dx3

Aggiungiamo che per 0-forma intenderemo semplicemente una fun-zione f : A −→ R; indicheremo con ω0 una 0-forma su A e si avràpertanto

ω0(x) = f (x)

Passiamo a questo punto a definire una operazione di differenziazioneche trasforma una n− f orma in una (n + 1)− f orma su A.

A questo scopo è necessario operare differenziazioni sui coefficientidella forma. Osservazione- Per evitare inutili ed inessenziali appesan-

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complementi di analisi matematica 53

timenti degli enunciati che seguono nel resto del paragrafo supporre-mo sempre che le funzioni che trattiamo siano di classe C2(A).

Sia ωn una n− f orma in Rk, n ≤ k avremo allora

ωn(x) = ∑i1<i2<···<in

fi1i2 ...in (x) dxi1 ∧ dxi2 ∧ · · · ∧ dxin

La formula di cui sopra è stata ampiamente illustrata nel caso n =

1, 2, 3 e k = 3; è ovviamente estendibile se k = 2 e n = 1, 2, e se k > 3si può estendere con più fatica, ma facendo uso delle sole nozioni finqui introdotte.

Ciò premesso poniamo la seguente:

Definizione 1.17 Sia ωn una n− f orma differenziale in A ⊂ Rk e sia

ωn(x) = ∑i1<i2<···<in

fi1i2 ...in (x) dxi1 ∧ dxi2 ∧ · · · ∧ dxin

Definiamo

dωn(x) = ∑i1<i2<···<in

(k

∑j=1

∂xjfi1i2 ...in (x)dxj

)∧ dxi1 ∧ dxi2 ∧ · · · ∧ dxin

dωn risulta essere una (n + 1)− f orma differenziale in A.

E’ immediato verificare che se ω0 è una 0-forma in A, ω0 = f (x), siha

dω0(x) =∂ f∂x1

dx1 +∂ f∂x2

dx2 +∂ f∂x3

dx3

ed è evidente l’analogia con il differenziale di f .E’ altrettanto ovvio che, se ωk è una k-forma in Rk si ha dωk = 0.Si può inoltre provare che

Teorema 1.12 Sia ωn una n− f orma in A, allora

d(dωn) = 0.

Dimostrazione.Si ha

dωn(x) = ∑i1<i2<···<in

k

∑h=1

(∂

∂xhfi1i2 ...in (x)dxh

)∧ dxi1 ∧ dxi2 ∧ · · · ∧ dxin

d(dωn)(x) = ∑i1<i2<···<in

k

∑j=1

k

∑h=1

∂2

∂xj∂xhfi1i2 ...in (x)·

· dxj ∧ dxh ∧ dxi1 ∧ dxi2 ∧ · · · ∧ dxin

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54 o.caligaris - p.oliva

e, tenuto conto del teorema di Schwarz, i termini

∂2

∂xα∂xβfi1i2 ...in (x)dxα ∧ dxβ ∧ dxi1 ∧ dxi2 ∧ · · · ∧ dxin

e∂2

∂xβ∂xαfi1i2 ...in (x)dxβ ∧ dxα ∧ dxi1 ∧ dxi2 ∧ · · · ∧ dxin

si annullano a due a due. 2

A titolo di esempio e di delucidazione dei calcoli effettuati vediamoche, se ω1 è una 1-forma in R3

ω1 = f1dx1 + f2dx2 + f3dx3

si ha

dω1 =∂ f1

∂x2dx2 ∧ dx1 +

∂ f1

∂x3dx3 ∧ dx1+

+∂ f2

∂x1dx1 ∧ dx2 +

∂ f2

∂x3dx3 ∧ dx2+

+∂ f3

∂x1dx1 ∧ dx3 +

∂ f3

∂x2dx2 ∧ dx3

e

d(dω1) =∂2 f1

∂x3∂x2dx3 ∧ dx2 ∧ dx1 +

∂2 f1

∂x2∂x3dx2 ∧ dx3 ∧ dx1+

+∂2 f2

∂x3∂x1dx3 ∧ dx1 ∧ dx2 +

∂2 f2

∂x1∂x3dx1 ∧ dx3 ∧ dx2+

+∂2 f3

∂x2∂x1dx2 ∧ dx1 ∧ dx3 +

∂2 f3

∂x1∂x2dx1 ∧ dx2 ∧ dx3

e ogni termine elide il successivo.

Definizione 1.18 Sia ωn una n− f orma differenziale in A ⊂ Rk, diciamoche ωn è esatta se esiste una (n− 1)− f orma su A, ηn−1 tale che

dηn−1 = ωn

ηn−1 si chiama primitiva di ωn.Diciamo che ωn è chiusa se

dωn = 0.

E’ immediata conseguenza del precedente teorema il seguente risultato.

Teorema 1.13 Sia ωn una n − f orma su A. Se ωn è esatta, allora ωn èchiusa.

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complementi di analisi matematica 55

Dimostrazione.Se ωn è esatta, ωn = dηn−1 e

dωn = d(dηn−1) = 0.

2

Osserviamo altresì che ogni k− f orma in Rk è chiusa.A questo punto è importante riconoscere tra le n − f orme su Rk

quelle esatte e determinarne le primitive. Questo problema infatti hanotevoli riscontri sia dal punto di vista matematico che dal punto divista fisico.

A tale scopo definiamo una operazione I che è in grado, quandol’insieme A su cui si opera soddisfa opportune proprietà, di trasforma-re una n− f orma in una (n− 1)− f orma primitiva della forma data.

Definizione 1.19 Sia A ⊂ Rk, diciamo che A è stellato se esiste x0 ∈ Atale che

(1− t)x0 + tx ∈ A , ∀x ∈ A, ∀t ∈ [0, 1].

E’ immediato riconoscere che se A è convesso, allora A è stellato, mentre nonè vero il viceversa. E’ altrettanto ovvio convincersi che, a meno di traslazioni,il punto x0 può essere sempre assunto coincidente con l’origine di Rk.

Definizione 1.20 Sia ωn una n − f orma su A ⊂ Rk, e supponiamo Astellato e aperto. Sia

ωn(x) = ∑i1<i2<···<in

fi1i2 ...in (x)dxi1 ∧ dxi2 ∧ · · · ∧ dxin

Definiamo I(ωn) come la (n− 1)− f orma ottenuta mediante la

I(ωn)(x) = ∑i1<i2<···<in

n

∑j=1

(−1)j−1(∫ 1

0tn−1 fi1i2 ...in (tx)dt

)xij ·

· dxi1 ∧ . . . (dxij ) · · · ∧ dxin

ove si sia indicato con (dxij ) che il prodotto per dxij deve essereomesso.

Osserviamo che nella definizione 29.12 non è essenziale supporreche gli indici siano ordinati: infatti se indichiamo con σ la permutazio-ne che trasforma 1, 2, . . . , n in σ(1), σ(2), . . . , σ(n) si ha

(−1)k−1dxik ∧ dxi1 ∧ . . . (dxik ) · · · ∧ dxin =

= dxi1 ∧ · · · ∧ dxin = sgn σ dxiσ(1)∧ · · · ∧ dxiσ(n)

=

= sgn σ(−1)σ−1(k)−1dxik ∧ dxiσ(1)∧ . . . (dxik ) · · · ∧ dxiσ(n)

Possiamo a questo punto provare il seguente fondamentale risulta-to.

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56 o.caligaris - p.oliva

Lemma 1.1 - Poincarè - Sia A ⊂ Rk aperto e stellato e sia ωn una n −f orma su A. Allora

ωn = I(dωn) + d(Iωn)

Dimostrazione.In virtù della linearità delle operazioni di integrazio-ne I e differenziazione d di una forma, possiamo limitarci a provare ilteorema per la forma

ωn(x) = f (x) dx1 ∧ · · · ∧ dxn

Si ha

dωn(x) =k

∑h=1

∂ f∂xh

(x) dxh ∧ dx1 ∧ · · · ∧ dxn

e

I(ωn)(x) =n

∑j=1

(−1)j−1(∫ 1

0tn−1 f (tx)dt

)xjdx1 ∧ . . . (dxj) · · · ∧ dxn

Inoltre

d(I(ωn))(x) =

=n

∑j=1

(−1)j−1k

∑h=1

(xj

∫ 1

0tn ∂ f

∂xh(tx)dt +

∂xj

∂xh

∫ 1

0tn−1 f (tx)dt

· dxh ∧ dx1 ∧ . . . (dxj) · · · ∧ dxn =

=n

∑j=1

k

∑h=1

(−1)j−1(∫ 1

0tn ∂ f

∂xh(tx)dt

)xj·

· dxh ∧ dx1 ∧ . . . (dxj) · · · ∧ dxn+

+ n∫ 1

0tn−1 f (tx)dt dx1 ∧ · · · ∧ dxn

D’altro canto, se J = h, 1, 2, . . . , n

I(dωn)(x) =k

∑h=1

∑j∈J

(−1)j−1∫ 1

0tn ∂ f

∂xh(tx)dtxj·

· dxh ∧ dx1 ∧ . . . (dxj) · · · ∧ dxn =

=k

∑h=1

∫ 1

0tn ∂ f

∂xh(tx)dtxhdx1 ∧ · · · ∧ dxn+

+k

∑h=1

n

∑j=1

(−1)j∫ 1

0tn ∂ f

∂xh(tx)dtxj·

· dxh ∧ dx1 ∧ . . . (dxj) · · · ∧ dxn

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complementi di analisi matematica 57

Pertanto

I(dωn)(x) + d(Iωn)(x) =

=∫ 1

0

(k

∑h=1

tn ∂ f∂xh

(tx)xh + ntn−1 f (tx)

)dtdx1 ∧ · · · ∧ dxn =

=∫ 1

0

ddt

(tn f (tx))dtdx1 ∧ · · · ∧ dxn =

= f (x)dx1 ∧ · · · ∧ dxn = ωn

2

Ci occupiamo a questo punto di un importante risultato che esten-de il teorema fondamentale del calcolo integrale ed è di grandissimaimportanza nelle applicazioni.

A questo scopo è necessario definire l’integrale di una n-forma dif-ferenziale esteso ad un sottoinsieme "n-dimensionale" di Rk, n ≤ kscelto in una opportuna classe. E’ pertanto prioritario definire taleclasse.

Definizione 1.21 Chiamiamo k-cubo in Rk l’insieme [0, 1]k; osserviamo che,in particolare, lo 0-cubo di R0 è costituito dal solo elemento 0.

Chiamiamo n-varietà in Rk una funzione, di classe C2

C : [0, 1]n −→ Rk , 0 ≤ n ≤ k

C(u) = (x1(u), . . . . . . , xk(u))

xj : [0, 1]n −→ R , j = 1, . . . , k,

xj(u) = xj(u1, . . . , un).

Rileviamo esplicitamente che il termine n-varietà è qui usato in una accezionemolto particolare, senza pretesa di generalità; ricordiamo anche che una 0-varietà si riduce ad un singolo punto, una 1-varietà è una curva, una 2-varietàè una superficie, una 3-varietà è un volume ed in generale una n-varietà è unsottoinsieme "n-dimensionale" in Rk, eventualmente degenere.

Chiamiamo n-varietà standard in Rn la funzione

In : [0, 1]n −→ Rn

definita daIn(x) = x

Dato un n-cubo in Rn è naturale definire la sua frontiera come l’insieme dellesue facce opportunamente orientate.

Se, ad esempio, consideriamo il 2-cubo in R2, [0, 1]× [0, 1], è natu-rale definire la sua frontiera come l’unione dei quattro segmenti

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58 o.caligaris - p.oliva

[0, 1]× 0, 1 × [0, 1], [0, 1]× 1, 0 × [0, 1].E’ altrettanto ovvio, dato il convenzionale orientamento degli ango-

li, che il primo ed il secondo segmento siano orientati come gli assix ed y, rispettivamente, mentre il terzo ed il quarto siano orientati insenso contrario agli assi x ed y, rispettivamente.

Ora, se rappresentiamo il 2-cubo di R2 come 2-varietà standard

I2 : [0, 1]2 −→ R2,

possiamo descrivere la sua frontiera, che indicheremo con ∂I2 median-te le seguenti 1-varietà:

I2(1,α)(t) = (α, t) , I2

(2,α)(t) = (t, α) , α = 0, 1

e possiamo esprimerne l’orientamento attribuendo ad I2(i,α) il coeffi-

ciente (−1)i+α.Pertanto possiamo descrivere la frontiera del 2-cubo come

∂I2 =2

∑i=1

1

∑α=o

(−1)i+α I2(i,α)

Ciò suggerisce la seguente definizione di frontiera per una n-varietà:

Definizione 1.22 Sia C : [0, 1]n −→ Rk una n-varietà in Rk; definiamo

C(i,α) : [0, 1]n−1 −→ Rk

mediante la

C(i,α)(t1 . . . . . . , tn−1) = C(t1 . . . , ti−1, α, ti , . . . , tn−1)

e definiamo ancora

∂C =n

∑i=1

1

∑α=0

(−1)i+αC(i,α)

Allo scopo di alleggerire le notazioni del seguente teorema poniamoanche le seguenti definizioni.

Definizione 1.23 Sia C una n-varietà in Rk, definiamo

JC(

i1, . . . . . . , ihj1, . . . . . . , jh

)= det

∂xi1∂uj1

. . . . . .∂xih∂uj1

. . . . . . . . . . . .∂xi1∂ujh

. . . . . .∂xih∂ujh

essendo i1, . . . , ih e j1, . . . jh una h− upla di indici scelti in 1, 2, . . . , k.

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complementi di analisi matematica 59

Osserviamo che

JC(

i1, . . . . . . , ihj1, . . . . . . , jh

)è noto come jacobiano della trasformazione definita da Rh a valoriin Rh dalle funzioni xi1 , . . . . . . , xih delle variabili uj1 , . . . . . . , ujh ; esso èspesso indicato con il simbolo

∂xi1 . . . . . . xih∂uj1 ......ujh

Possiamo provare a questo proposito il seguente risultato:

Lemma 1.2 Sia C una n-varietà in Rk, n ≥ 2, allora si ha

(1) JC(

j, i1, . . . . . . , in−1

1, . . . . . . , n

)=

n

∑i=1

(−1)i+1 ∂xj

∂uiJC(

i1, . . . . . . . , in−1

1, . . . (i) . . . , n

)

(2)n

∑i=1

(−1)i+1 ∂

∂uiJC(

i1, . . . . . . . , in−1

1, . . . (i) . . . , n

)= 0

essendo i1, . . . , in−1 una (n− 1)− upla di indici scelti in 1, 2, . . . , k edessendosi indicato con 1, . . . (i) . . . , n la (n− 1)− upla costituita dai valori1, 2, . . . , i− 1, i + 1, . . . , n.

Dimostrazione.(1) è immediata conseguenza dello sviluppo di

JC(

j, i1, . . . . . . , in−1

1, . . . . . . , n

)rispetto alla prima colonna.

Passiamo pertanto a provare (2) per induzione.Se n = 2 si ha

∂u1

∂xi1∂u2− ∂

∂u2

∂xi1∂u1

= 0

per il teorema di Schwarz.Supponiamo pertanto (2) vera per n e proviamola per n + 1; si ha

n+1

∑i=1

(−1)i+1 ∂

∂uiJC(

i1, . . . . . . , in

1, . . . (i) . . . , n + 1

)=

=n+1

∑i=1

(−1)i+1 ∂

∂ui

n+1

∑j=1,j 6=i

(−1)j+1+(j>i) ∂xi1∂uj

JC(

i2, . . . . . . , in

1, .(i).(j)., n + 1

)essendo

(j > i) =

0 , j ≤ i

1 , j > i

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60 o.caligaris - p.oliva

non appena si sviluppi

JC(

i1, . . . . . . , in

1, . . . (i) . . . , n + 1

)rispetto alla prima colonna e si tengaconto che la i − esima riga nonc’è; (ciò causa l’ingresso dell’addendo (j > i) ad esponente di −1).

Pertanto

n+1

∑i=1

(−1)i+1 ∂

∂uiJC(

i1, . . . . . . . , in1, . . . (i) . . . , n + 1

)=

=n+1

∑i=1

n+1

∑j=1,j 6=i

(−1)i+j+(j>i) ∂2xi1∂ui∂uj

JC(

i2, . . . , . . . , in

1, .(i).(j)., n + 1

)+

+n+1

∑j=1

n+1

∑i=1,i 6=j

(−1)i+j+(j>i) ∂xi1∂uj

∂uiJC(

i2, . . . . . . . , in1, .(i).(j)., n + 1

)La seconda somma è nulla per l’ipotesi induttiva, mentre la prima

è nulla perché ivi compaiono in corrispondenza di i = α e j = β, eviceversa, i termini

∂2xi1∂uα∂uβ

JC(

i2, . . . . . . . . . , in1, .(α).(β)., n + 1

)e

∂2xi1∂uβ∂uα

JC(

i2, . . . . . . . . . , in1, .(β).(α)., n + 1

)con segni opposti. 2

Definizione 1.24 Sia ωn una n − f orma differenziale su Rk e sia C unan-varietà in Rk; se

ωn = f (x)dxi1 ∧ dxi2 ∧ · · · ∧ dxin

definiamo∫C

ωn =∫

[0,1]nf (C(u))JC

(i1, . . . . . . , in1, . . . . . . , n

)du1 . . . dun.

Usando questa definizione ed il precedente lemma si può facilmenteprovare il seguente importante risultato.

Teorema 1.14 - Stokes - Sia ωn−1 una (n− 1)− f orma differen- ziale suRk e sia C una n-varietà in Rk; allora∫

∂Cωn−1 =

∫C

dωn−1.

Dimostrazione.Proviamo il teorema per ωn−1 della forma

ωn−1 = f (x)dx1 ∧ dx2 ∧ · · · ∧ dxn−1;

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complementi di analisi matematica 61

la formulazione generale segue dalla linearità dell’integrale e dallainessenzialità dell’ordine delle variabili.

Si ha∫∂C

ωn−1 =

=n

∑i=1

1

∑α=0

(−1)i+α∫

[0,1]n−1f (C(i,α)(u))JC(i,α)

(1, . . . , n− 1

1, .(i)., n

· du1 . . . (dui) . . . dun =

=n

∑i=1

(−1)i+11

∑α=0

(−1)α+1∫

[0,1]n−1f (C(i,α)(u))JC(i,α)

(1, . . . , n− 1

1, .(i)., n

· du1 . . . (dui) . . . dun =

=n

∑i=1

(−1)i+1∫

[0,1]n−1

∫ 1

0

∂ui

(f (C(u))JC

(1, . . . , n− 1

1, .(i)., n

))·

· du1du2 . . . dun =

=∫

[0,1]n

n

∑i=1

(−1)i+1(

JC(

1, . . . , n− 11, .(i)., n

)∂

∂uif (C(u))+

+ f (C(u))∂

∂uiJC(

1, . . . , n− 11, .(i)., n

))du1du2 . . . dun =

per il lemma 29.17.2

=∫

[0,1]n

n

∑i=1

(−1)i+1k

∑j=1

JC(

1, . . . , n− 11, .(i)., n

)∂

∂xjf (C(u))

∂xj

∂ui·

· du1du2 . . . dun =

=∫

[0,1]n

k

∑j=1

∂xjf (C(u))

n

∑i=1

(−1)i+1 ∂xj

∂uiJC(

1, . . . , n− 11, .(i)., n

· du1du2 . . . dun =

per il lemma 29.17.1

=∫

[0,1]n

k

∑j=1

JC(

j, 1, . . . , n− 11, . . . , n

)∂

∂xjf (C(u))du1du2 . . . dun =

=∫

Cdωn−1

2

1.9 campi vettoriali in Rk

Definizione 1.25 Sia A ⊂ Rk aperto e siano

fi : A −→ R , fi ∈ C2(A) , i = 1, . . . , k

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62 o.caligaris - p.oliva

Sia

ω =k

∑i=1

fidxi

e

F = ( f1, . . . , fk) =k

∑i=1

fiei;

diremo che ω è la 1-forma differenziale corrispondente al campo vettoriale F ereciprocamente F è il campo vettoriale che corrisponde alla 1-forma ω.

Quanto detto per i campi vettoriali in R3 si può riscrivere in Rk

Definizione 1.26 Sia F : A −→ Rk, A ⊂ Rk aperto, un campo vettorialeF = ( f1, . . . , fk). Diciamo che F è un campo chiuso se

∂ fi∂xj

=∂ f j

∂xi, ∀i, j = 1, . . . , k, i 6= j

Diciamo che F è conservativo, oppure che F ammette potenziale, se esiste

φ : A −→ R

tale che∇φ = F

In tal caso φ si chiama potenziale di F.

Osserviamo che, evidentemente, un campo vettoriale è chiuso oconservativo se e solo se la corrispondente 1-forma ω è chiusa o esatta,rispettivamente.

E’ pertanto conseguenza dei precedenti risultati che

Teorema 1.15 Sia F : A −→ Rk, A ⊂ Rk aperto; se F è conservativo alloraF è chiuso.

Rileviamo che il teorema 29.22 è immediata conseguenza del teore-ma di Schwarz; meno banale (conseguenza del lemma 29.13) è che

Teorema 1.16 - Sia F : A −→ Rk, A ⊂ Rk aperto, stellato. Se F è chiuso,allora F è conservativo.

Il campo vettoriale F : R2 \ (0, 0) −→ R2 mediante la

F(x, y) =

(−y

x2 + y2 ,x

x2 + y2

)mostra che la condizione A stellato non è inessenziale. Essa puòtuttavia essere un po’ attenuata.

A questo scopo definiamo

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complementi di analisi matematica 63

Definizione 1.27 Sia F : A −→ Rk, A ⊂ Rk aperto, e sia C una 1-varietàin Rk , C(t) = (x1(t), . . . , xk(t)), t ∈ [0, 1]; definiamo

∫C

F =∫

Cω =

∫ 1

0

k

∑i=1

fi(x(t))xi(t)dt =

=∫ 1

0〈F(x(t)), T(t)〉(

k

∑i=1

x2i )dt =

∫C〈F, T〉ds

Allo scopo di provare il seguente risultato è opportuno ricordare che una1-varietà è una curva in Rk e che pertanto ad essa si possono riferire ledefinizioni date per le curve in Rk.

Teorema 1.17 - Sia F : A −→ Rk, A ⊂ Rk aperto e connesso, un campovettoriale; sono condizioni equivalenti

1. F è conservativo;

2.∫

γ F = 0 su ogni curva chiusa γ contenuta in A;

3.∫

γ F dipende solo dagli estremi di γ.

(Si osservi che a causa del contesto in cui si opera le componenti dellafunzione F e la funzione γ sono supposte di classe C2, ma è sufficiente F ∈ C0

e γ regolare a tratti.)

Dimostrazione.1)⇒ 2). Se F = ∇φ con φ : A −→ R, si ha

∫γ

F =∫ b

a

k

∑j=1

∂φ

∂xj(γ(t))xj(t)dt =

=∫ b

a

ddt

φ(γ(t))dt = φ(γ(b))− φ(γ(a)) = 0

2) ⇒ 3). Siano γ1 e γ2 due curve con gli stessi estremi; alloraγ = γ1 − γ2 è chiusa e ∫

γF =

∫γ1

F−∫

γ2

F = 0

3)⇒ 1). Poiché vale 3) possiamo definire, per x ∈ A

φ(x) =∫

γF

dove γ è una qualunque curva avente per estremi x ed x0 ∈ A, fissato.Si ha allora

φ(x + tei)− φ(x)

t=

1t

∫γ∗

F

essendo γ∗(s) = x + sei, 0 ≤ s ≤ t. Pertanto

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64 o.caligaris - p.oliva

φ(x + tei)− φ(x)

t=

1t

∫ t

0fi(x + sei)ds = fi(x + σtei)

0 ≤ σt ≤ t e

limt→oφ(x + tei)− φ(x)

t= limt→o fi(x + σtei) = fi(x)

2

Osserviamo che, nell’enunciato del precedente teorema le curvepossono sempre essere supposte di classe C2 : infatti, dal momentoche A è aperto e connesso è sempre possibile, per il teorema 24.27, tro-vare una funzione continua, lineare a tratti, il cui grafico è costituito dasegmenti paralleli agli assi, che congiunge due punti arbitrariamentescelti in A. Tale spezzata può essere resa di classe C2; illustriamo comeciò può essere fatto nel caso in cui la funzione lineare a tratti sia datada

γ(t) =

(0, t), t ∈ [−1, 0]

(t, 0), t ∈ [0, 1]

Osserviamo che Γ, traccia di γ è compatto, quindi per il lemma 30.7esiste δ > 0 tale che Γ + S(0, δ) ⊂ A pertanto, ridefiniamo γ in (−δ, δ)

nella seguente maniera(t + δ

2− δ

πcos

πt2δ

,t− δ

2+

δ

πcos

πt2δ

)E’ infine notevole il seguente risultato che estende il precedente teore-ma 29.23.

Definizione 1.28 Sia A ⊂ Rk, se γ0, γ1 : [0, 1] −→ A sono due 1-varietàchiuse, diciamo che γ0 e γ1 sono omotope se esiste ψ ∈ C2, ψ : [0, 1] ×[0, 1] −→ A tale che, se t, s ∈ [0, 1]

ψ(0, t) = γ0(t) , ψ(1, t) = γ1(t), ψ(s, 0) = ψ(s, 1)

Diciamo che A è semplicemente connesso se ogni 1-varietà chiusa a valori inA è omotopa ad un punto di A.

Teorema 1.18 Sia F : A −→ Rk un campo vettoriale chiuso, A ⊂ Rk, esiano γ0 e γ1 due 1-varietà chiuse a valori in A, omotope, allora∫

γ0

F =∫

γ1

F.

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complementi di analisi matematica 65

Dimostrazione.Sia C la funzione che rende omotope le due curve edefiniamo

γ2(t) = C(t, 0) = C(t, 1) , t ∈ [0, 1]

Per il teorema di Stokes∫γ2

F +∫

γ1

F−∫

γ2

F−∫

γ0

F =∫

∂Cω =

=∫

Cdω = 0

2

Corollario 1.2 Sia F : A −→ Rk un campo vettoriale, A ⊂ Rk semplice-mente connesso, allora F è conservativo se e solo se F è chiuso.

1.10 Curvatura di una linea e di una superficie

1.10.1 Curvatura e torsione di una linea

Sia γ : [a, b]→ R3 una linea nello spazio (γ = γ(u))

Definiamo il vettore tangente alla linea γ nel punto γ(u)

mediante lat(u) =

γ

‖γ‖ (u)

Chiaramente t è un vettore unitario e da 12‖t(u)‖2 = 1

2 possiamodedurre, derivando, che

〈t(u), t(u)〉 = 0 =⇒ t⊥t

Quindi i vettori t e t sono ortogonali e possiamo dire che

Definiamo il vettore normale alla linea γ nel punto γ(u)

mediante la

n(u) =t

‖t‖ (u)

ed infine

Definiamo il vettore binormale alla linea γ nel punto γ(u)

mediante la

b(u) = (t× n)(u)

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66 o.caligaris - p.oliva

Chiaramente i vettori (t, n, b) sono ortogonali ed unitari; costituisco-no pertanto un sistema di riferimento in R3.

Nel caso in cui la linea γ = γ(s) sia parametrizzata mediante lalunghezza d’arco, è ben noto che

‖γ(u)‖ = 1

, per cui

Se s rappresenta la lunghezza d’arco,

t(s) = γ(s)

n(s) =t(s)‖t(s)‖ =

γ(s)‖γ(s)‖

b(s) = t(s)× n(s)

Si ha inoltre

γ(u) =d

duγ(u) =

ddu

(‖γ(u)‖t(u)) =d‖γ(u)‖

dut(u) + ‖γ(u)‖t(u) =

=d‖γ(u)‖

dut(u) + ‖γ(u)‖‖t(u)‖n(u) = aTt(u) + aNn(u)

per cui aT ed aN sono rispettivamente le componenti tangenziale enormale del vettore γ.

Possiamo inoltre scrivere che

‖t(u)‖ =

∥∥∥∥ dtdu

∥∥∥∥ ==

∥∥∥∥ dtds

∥∥∥∥ ∥∥∥∥ dsdu

∥∥∥∥ =

∥∥∥∥ dtds

∥∥∥∥ ‖γ(u)‖

Definiamo

κ =

∥∥∥∥ dtds

∥∥∥∥curvatura della linea γ; avremo

‖t(u)‖ = κ ‖γ(u)‖

Quindi

aTt(u) + aNn(u) = γ(u) =d‖γ(u)‖

dut(u) + ‖γ(u)‖‖t(u)‖n(u) =

=d

du‖γ(u)‖t(u) + ‖γ(u)‖

∥∥∥∥ dtds

∥∥∥∥ ‖γ(u)‖ n(u) =

=d

du‖γ(u)‖t(u) +

∥∥∥∥ dtds

∥∥∥∥ ‖γ(u)‖2 n(u)

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complementi di analisi matematica 67

ed avremo

aTt(u) + aNn(u) = γ(u) =d‖γ(u)‖

dut(u) + κ ‖γ(u)‖2 n(u)

Dal momento che t = γ‖γ‖

t(u)× γ(u) =d‖γ(u)‖

dut(u)× t(u) + κ ‖γ(u)‖2 n(u)× t(u)

eγ(u)× γ(u)

‖γ(u)‖ = κ ‖γ(u)‖2 ‖b(u)‖ = κ ‖γ(u)‖2

e ne deduciamo

κ =γ(u)× γ(u)

‖γ(u)‖3

Nel caso in cui γ = γ(s) sia parametrizzata mediante la lunghezzad’arco s si ha

t(s) = γ(s) , ‖t(s)‖ = ‖γ(s)‖ = 1 , n(s) =t(s)‖t(s)| =

γ(s)‖γ(s)|

Pertanto

γ(s) = ‖γ(s)‖n(s)

e quindi

Nel caso in cui γ sia parametrizzata mediante la lunghezzad’arco

κ = ‖γ(s)‖

Poichè

b = t× n e n =t

‖t‖avremo

b = t× n + t× n = tt

‖t‖ + t× n = t× n

avremo che b⊥t e, dal momento che t⊥n, si ha b ‖ n e b = τn.Inoltre

n = b× t

n = b× t + b× t = τn× t + κb× n = −τb− κt

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2. Le Serie.

Il problema di sommare un numero non finito di quantità numericheè stato per lungo tempo considerato privo di senso, ma è giustificabilefacilmente, anche dal punto di vista intuitivo, non appena si consideriil seguente esempio.

Sia I = [0, 1] e consideriamo una successione di intervalli così defi-nita:

I1 = [0, 1/2]

I2 = [1/2, 1/4]

I3 = [1/4, 1/8]

I4 = [1/8, 3/4]

· · · · · · · · ·

E’ ovvio che∪Ik = [0, 1]

ed inoltre la lunghezza del segmento Ik è data da

`(Ik) = 1/2k

Pertanto

1 = `([0, 1]) =+∞

∑k=1

12k

Possiamo cercare di puntualizzare il concetto di somma infinitamediante la seguente definizione

Definizione 2.1 Sia ak una successione di numeri reali e definiamo

Sn =n

∑k=1

ak

Se lim Sn esiste finito, diciamo che

+∞

∑k=1

ak = S = lim Sn

In tal caso si dice che ∑+∞k=1 ak è una serie convergente che ha per somma S.

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70 o.caligaris - p.oliva

Se lim Sn = +∞ (−∞) diciamo che ∑+∞k=1 ak è una serie positivamente

(negativamente) divergente.Se lim Sn non esiste diciamo che la serie non è determinata.

Consideriamo ora qualche esempio importante di serie Sia x ∈ R

possiamo considerare an = xn e avremo

Sn =n

∑k=0

ak =n

∑k=0

xk = 1 + x + x2 + x3 + ... + xn

Se osserviamo che

xSn = x + x2 + x3 + x4 + ... + xn+1

si ottiene(1− x)Sn = 1− xn+1

e, per x 6= 1,

Sn =1− xn+1

1− xDi qui si vede che

• se |x| < 1 lim Sn = 11−x

• se x ≥ 1 lim Sn = +∞

• se x ≤ −1 lim Sn non esiste.

Pertanto

+∞

∑k=0

xk =1

1− xse |x| < 1

mentre per i restanti valori di x la serie è divergente o indeterminata.

∑ xk

si chiama serie geometrica di ragione x.

Possiamo ottenere facilmente altri esempi di serie convergenti. usan-do la formula di Taylor.

Consideriamo lo sviluppo di McLaurin della funzione ex

ex − 1− x− x2

2!− x3

3!− ...− xn

n!= Rn+1(x)

dove il resto Rn+1 si può esprimere nella forma di Lagrange mediantela

|Rn+1(x)| = ec |x|n+1

(n + 1)!≤ e|x|

|x|n+1

(n + 1)!‖c‖ ≤ ‖x‖

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complementi di analisi matematica 71

Pertanto, se definiamo

Sn =n

∑k=0

xk

k!

si ha

|ex − Sn| ≤ |Rn+1(x)| ≤ e|x||x|n+1

(n + 1)!

e tenendo conto che

lim|x|n+1

(n + 1)!= 0 per ogni x ∈ R

si ha

ex = lim Sn =+∞

∑k=0

xk

k!

In maniera del tutto analoga si prova che

sin(x) =+∞

∑k=0

(−1)k x2k+1

(2k + 1)!∀x ∈ R

cos(x) =+∞

∑k=0

(−1)k x2k

(2k)!∀x ∈ R

ln(1 + x) =+∞

∑k=1

(−1)k−1 xk

k∀x ∈ [−1/2, 1]

Dal momento che, per n grande

n

∑k=1

ak =k0

∑k=1

ak +n

∑k=k0

ak

e dal momento chek0

∑k=1

ak ∈ R

possiamo dire che una serie converge diverge o è indeterminata in-dipendentemente dal termine a partire da quale si inizia a somma-re; ovviamente la somma della serie cambia, cambiando il punto dipartenza.

Pertanto il carattere di una serie, cioè il fatto che sia convergente,divergente o indeterminata, non è influenzato dalla scelta del primoindice di somma.

Rn =+∞

∑k=n+1

ak

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72 o.caligaris - p.oliva

si chiama ’resto ennesimo’ della serie data ed è una serie che ha lostesso carattere della serie stessa poichè

SN − Sn =N

∑k=n

ak

si ricava, per N → +∞

Rn = S− Sn

e quindi lim Rn = 0 se e solo se la serie è convergente.Dalla definizione di serie e dal criterio di convergenza di Cauchy

possiamo subito dedurre che

Teorema 2.1 Condizione necessaria e sufficiente affinché ∑ ak sia convergen-te è che

∀ε > 0 ∃nε tale che ∀n > nε , ∀p ∈N si ha

∣∣∣∣∣ n+p

∑k=n+1

ak

∣∣∣∣∣ < ε.

Dimostrazione. Si ha infatti che ∑ ak è convergente se e solo se lasuccessione delle sue ridotte ennesime è convergente ad S ∈ R.

Pertanto ad essa si può applicare il criterio di Cauchy e si puòaffermare che:∀ε > 0 ∃nε ∈N tale che, se n, m > nε

|Sn − Sm| < ε

o, equivalentemente, se n > nε e p ∈N

|Sn+p − Sn| =∣∣∣∣∣ n+p

∑k=n+1

ak

∣∣∣∣∣ < ε

2

Come conseguenza immediata otteniamo per p = 1, che, ∀ε > 0∃nε ∈N tale che, se n > nε (per p = 1)

|an+1| = |Sn+1 − Sn| < ε

e quindi

Condizione necessaria affinché

∑ ak

sia convergente è chelim ak = 0

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complementi di analisi matematica 73

Sottolineiamo che la condizione è solo necessaria e pertanto nonassicura, da sola, la convergenza della serie; viceversa, se non è soddi-sfatta, permette di concludere che la serie non è convergente.

Se ad esempio consideriamo

+∞

∑k=1

1k

si ha lim 1k = 0 e tuttavia la serie è divergente.

Infatti le sue ridotte Sn formano una successione crescente che quin-di ammette limite; tale limite non può essere finito in quanto non èsoddisfatto il criterio di Cauchy perché

2n

∑k=n+1

1k≥ n

12n

=12

2.1 Criteri di convergenza per le serie a termini positivi

Se ak ≥ 0, o più in generale se ha segno costante, la successione delle ri-dotte ennesime è monotona; pertanto il lim Sn esiste, essendo possibilii valori +∞ e −∞.

Sia

∑ ak

una serie a termini positivi, allora essa è o convergente opositivamente divergente.

Definizione 2.2 Diciamo che ∑ ak è assolutamente convergente se risultaconvergente ∑ |ak|.

Diciamo che ∑ ak è assolutamente divergente se ∑ |ak| = +∞.

Teorema 2.2 Se ∑ ak è assolutamente convergente, allora è convergente.

Infatti ∣∣∣∣∣ n+p

∑k=n+1

ak

∣∣∣∣∣ ≤ n+p

∑k=n+1

|ak|

e si può concludere per il criterio di convergenza di Cauchy.

2.1.1 Criterio del confronto di Gauss.

Siano m > 0, ∑ ak e ∑ bk due serie tali che 0≤ ak ≤ mbk; allora:

• se ∑ bk converge anche ∑ ak converge

• se ∑ ak diverge anche ∑ bk diverge.

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74 o.caligaris - p.oliva

Infatti dette San ed Sb

n le ridotte di ∑ ak e ∑ bk , rispettivamente, si ha:

0 ≤ San ≤ mSb

n .

Inoltre San ed Sb

n sono successioni crescenti e pertanto ammettonolimite.

Possiamo anche enunciare il criterio nella seguente forma

Siano ∑ ak e ∑ bk due serie tali che ak, bk >0 e supponiamo cheesista un indice k0 tale che, per k > k0

0 < m ≤ akbk≤ M

allora si ha che ∑ ak e ∑ bk hanno lo stesso carattere.Se invece

0 < m ≤ akbk

si ha che se ∑ ak converge allora anche ∑ bk è convergente, mentrese ∑ bk diverge allora anche ∑ ak è divergente.

Teorema 2.3 Siano ∑ ak e ∑ bk due serie a termini positivi e supponiamoche

ak+1ak≤ bk+1

bk;

allora si haaka1≤ bk

b1

e il teorema 19.11 è applicabile.

Dimostrazione. Basta moltiplicare membro a membro le disugua-glianze

a2

a1≤ b2

b1,

a3

a2≤ b3

b2, ... ,

akak−1

≤ bkbk−1

.

2

2.2 Criterio di Cauchy

Teorema 2.4 - Cauchy - Sia ∑ ak una serie a termini positivi e supponiamoche ak sia una successione decrescente; allora ∑ ak ha lo stesso carattere di∑ 2ka2k .

Dimostrazione. Siano

Sn =n

∑k=1

ak e Dn =n

∑k=0

2ka2k .

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complementi di analisi matematica 75

Per ogni n ∈N esiste m ∈N tale che 2m > n e si ha

Sn = a1 + a2 + ... + an ≤ a1 + a2 + a3 + ... + a2m−1 ≤

≤ a1 + (a2 + a3) + ... + (a2m−1 + .. + a2m−1) ≤

≤ a1 + 2a2 + 4a4 + ... + 2m−1a2m−1 = Dm−1 .

Ora, se ∑ 2ka2k è convergente, si ha sup Dm = lim Dm = D ∈ R+ e

Sn ≤ Dm−1 ≤ D ∀n ∈N .

Sn è pertanto limitata e sup Sn = lim Sn = S ≤ D.Viceversa, se n è scelto in modo che 2m < n

Sn = a1 + a2 + ... + an ≥

≥ a1 + a2 + (a3 + a4) + ... + (a2m−1+1 + .. + a2m ) ≥

≥ a1/2 + a2 + 2a4 + ... + 2m−1a2m =

=12

(a1 + 2a2 + 4a4 + ... + 2ma2m ) =Dm

2.

Pertanto, come prima, da ∑ ak convergente, si può ricavare che∑ 2ka2k è convergente. 2

Osserviamo che il teorema 19.18 può essere facilmente usato perstudiare il carattere della serie armonica generalizzata ed anche delleserie ricordate dopo il corollario 19.16.

Teorema 2.5 Sia ak una successione, allora ∑(ak+1 − ak) è convergente,divergente, indeterminata a seconda che ak sia convergente, divergente, inde-terminata.

Dimostrazione. Si ha

Sn =n

∑k=1

(ak+1 − ak) = an+1 − a1 .

2

2.3 Criterio di Kummer

Teorema 2.6 - Kummer - Sia ∑ ak una serie a termini positivi e sia bk unasuccessione a termini positivi.

Se esiste m ∈ R tale che, definitivamente,

bk −ak+1

akbk+1 ≥ m > 0 ;

allora ∑ ak è convergente.

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76 o.caligaris - p.oliva

Dimostrazione. Si ha infatti

bkak − bk+1ak+1 ≥ mak > 0

e pertanto la successione bkak è decrescente e positiva, quindi conver-gente.

Allora ∑(akbk-ak+1bk+1) è convergente (teorema 19.19) e per il crite-rio del confronto anche ∑ ak risulta convergente. 2

Osserviamo che il teorema 19.20 può essere enunciato anche nelseguente modo:

se esiste bk > 0 ed esiste m > 0 tali che

(19.1);ak+1

ak≤ bk

bk+1− m

bk+1

allora ∑ ak è convergente.Il teorema 19.20 trova utili applicazioni se in luogo di bk si sceglie una

opportuna successione di confronto.In particolare è interessante sceglierebk = k , bk = klnk, bk = klnk(lnlnk).Osserviamo anche che, dalla (19.1) è evidente come l’enunciato del teorema

19.20 sia ovvia conseguenza del teorema 19.17 non appena si supponga di più∑ 1/bk convergente. In tal caso infatti si ha

ak+1ak≤ 1/bk+1

1/bk.

Riportiamo gli enunciati che si ottengono dalla (19.1) scegliendo bk = k ebk = klnk. Se bk = k si può concludere (criterio di Raabe) che

se esiste m > 0 tale che

(19.2);ak+1

ak≤ 1− 1

k + 1− m

k + 1

allora ∑ ak è convergente. Se bk = k ln k si ha (criterio di Gauss) se esistem > 0 tale che

(19.3);ak+1

ak≤ 1− 1

k + 1+

ln(k/(k + 1))k −m(k + 1)ln(k + 1)

allora ∑ ak è convergente.

2.3.1 Criterio del confronto asintotico

Poichè il carattere di una serie (non la sua somma) non dipende dall’indice dacui si parte a sommare, possiamo affermare che:

se ∑ ak e ∑ bk sono due serie a termini positivi e se supponiamo che

limakbk

= ` ∈ R+

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complementi di analisi matematica 77

allora le due serie hanno lo stesso carattere.Se invece

limakbk

= 0

si ha:

• se ∑ ak è divergente, allora ∑ bk è divergente;

• se ∑ bk è convergente, allora ∑ ak è convergente.

2.3.2 Criterio del rapporto D’Alembert.

Sia ∑ ak una serie tale che ak >0 e supponiamo che

limak+1

ak= ` ∈ R.

• Se ` < 1 allora ∑ ak è convergente

• se ` > 1 allora ∑ ak è divergente.

Infatti se ` < 1 si ha, definitivamenteak+1

ak< (`+ ε) < 1

e pertanto se ne deduce che

ak+p < (`+ ε)p ak

la serie di termine (`+ ε)p ak è una serie geometrica di ragione < 1 e quindiè convergente.

Se ` > 1, definitivamente, si haak+1

ak> (`− ε) > 1

e quindiak+p > (`− ε)pak

ed ak non tende a 0.

2.3.3 criterio della radice di Cauchy

Sia ∑ ak una serie tale che ak ≥ 0 e supponiamo che

lim k√

ak = ` ∈ R

• Se ` < 1 allora ∑ ak è convergente

• se ` > 1 allora ∑ ak è divergente.

Infatti se ` < 1 si ha, definitivamente

k√

ak < (`+ ε) < 1 e ak < (`+ ε)k

mentre se ` > 1 si ha, definitivamente

k√

ak > (`− ε) > 1 e ak > 1

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78 o.caligaris - p.oliva

2.3.4 Il criterio dell’integrale di Mc Laurin-Cauchy

I concetti di serie e di integrale. sono profondamente affini ed il fatto si riflettenel seguente criterio

Siaf : [1, +∞) −→ R+

decrescente e sia ak = f (k), allora

∫ n+p+1

nf (x)dx ≤

n+p

∑k=n

ak ≤∫ n+p

n−1f (x)dx

e ne deduciamo che f è integrabile in senso improprio su [1, +∞) se esolo se ∑ ak è convergente.

Inoltre, posto

In =∫ +∞

nf (x)dx

si ha0 ≤ S− Sn = Rn ≤ In

e ∣∣∣∣S−(Sn +In + In+1

2

)∣∣∣∣ ≤ 12

∫ n+1

nf (x)dx

Dal momento che f è decrescente si ha∫ k+1

kf (x)dx ≤ f (k) ≤

∫ k

k−1f (x)dx

e sommando per k = n, .., n + p si ottengono le prime due disuguaglianze.Inoltre la funzione

F(x) =∫ x

1f (t)dt

è definita e continua per x ∈ R+ ed è crescente in R+ in quanto, se 0 ≤ x < ysi ha

F(y)− F(x) =∫ y

xf (t)dt ≥ 0

Ne deduciamo che limx→+∞ F(x) esiste e per le disuguaglianze precedentil’integrale improprio e la serie hanno lo stesso carattere.

Inoltre l’errore che si commette considerando una ridotta Sn al posto dellasomma della serie, essendo ak ≥ 0, è per difetto e si ha S− Sn ≥ 0.

Più precisamente

0 ≤ In+1 ≤ S− Sn = Rn ≤ In

L’approssimazione della somma S della serie può essere ancora migliorata sesi sceglie

Sn + (In + In+1)/2

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complementi di analisi matematica 79

in luogo di Sn.In tal caso si ha infatti

|S− Sn − (In + In+1)/2| = |Rn − (In + In+1)/2| ≤

≤ (In − In+1)/2 =12

∫ n+1

nf (x)dx

Il precedente teorema consente di stabilire il carattere della serie armonicageneralizzata

+∞

∑k=1

1kα

α > 0

Si ha infatti

+∞

∑k=1

1kα

=

+∞ per 0 < α ≤ 1

S ∈ R+ per 1 < α

2.3.5 Criterio dell’ordine di infinitesimo

La serie armonica generalizzata è di grande aiuto nell’applicazione del criteriodel confronto asintotico. Infatti, usando la definizione di ordine di infinitesimopossiamo affermare che

Sia ∑ ak una serie a termini positivi e supponiamo che ak siainfinitesima di ordine α (non necessariamente reale); allora

• se α ≥ β > 1 , β ∈ R , la serie è convergente ;

• se α ≤ 1 la serie è positivamente divergente .

Osserviamo che, se α > 1 e non è reale, non si può affermare che ∑ ak èconvergente, come si vede dal seguente esempio:

siaak =

1k ln k

lim ak = 0 con ordine α > 1, ma α < β ∀β ∈ R, β > 1.Non si può pertanto applicare il criterio dell’ordine di infinitesimo ma, per

il criterio dell’integrale,+∞

∑k=2

ak = +∞

Sempre per il criterio dell’integrale

+∞

∑k=2

1k(ln k)α

=

+∞ se 0 < α ≤ 1

S ∈ R+ se 1 < α

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80 o.caligaris - p.oliva

e+∞

∑k=3

1k ln k(ln ln k)α

=

+∞ se 0 < α ≤ 1

S ∈ R+ se 1 < α

2.3.6 Serie "telescopiche"

Se ak è una successione, allora ∑(ak+1 − ak) è convergente, divergente, inde-terminata a seconda che ak sia convergente, divergente, indeterminata.

Infatti si ha

Sn =n

∑k=1

(ak+1 − ak) = an+1 − a1

2.4 Serie a termini di segno alterno

Sia ak una successione di numeri non negativi e sia

+∞

∑k=0

(−1)kak

In questa situazione parliamo di serie a segni alterni; per le serie a segnialterni vale il seguente risultato.

2.4.1 Criterio di Leibnitz

Supponiamo che ak ≥ ak+1 ≥0 , ∀k ∈N e che inoltre lim ak =0. Allora

• la serie è convergente ad S;

• S1 ≤ S ≤ S0 e pertanto S ≥ 0;

• ∀n ∈N

S2n − a2n+1 = S2n+1 ≤ S ≤ S2n = S2n−1 + a2n

• le ridotte di indice pari approssimano S per eccesso mentre quelle di indicedispari approssimano S per difetto;

• |S− Sn| ≤ an+1.

Cominciamo con il mostrare che la successione delle ridotte di indice pari èdecrescente, mentre la successione delle ridotte di indice dispari è crescente.

Si ha

S2n+2 = S2n − a2n+1 + a2n+2 ≤ S2n (2.1)

S2n+3 = S2n+1 + a2n+2 − a2n+3 ≥ S2n+1

inoltreS2n − S2n−1 = a2n ≥ 0

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complementi di analisi matematica 81

Pertanto lim S2n = S′ e lim S2n+1 = S′′ esistono finiti e si ha

S′ − S′′ = lim S2n − S2n+1 = lim a2n = 0

da cui deriva subito che S′ = S′′ = S = lim Sn.Per la 2.1 si ha inoltre

0 ≤ a0 − a1 = S1 ≤ S2n+1 ≤ S ≤ S2n ≤ S0 = a0

A proposito della maggiorazione del resto di una serie a segni alterni, èevidente che è tanto più buona quanto è più grande l’ordine di infinitesimodella successione an. Si può migliorare la maggiorazione del resto n-esimonon appena si tenga presente il seguente che

Sia ak una successione tale che ak ≥ ak+i ≥ 0 ∀ ∈N e supponiamoche lim ak = 0.

Allora si ha

+∞

∑k=0

(−1)kak =a0

2+

+∞

∑h=0

(−1)k ak − ak+12

=a0

2+

+∞

∑k=0

(−1)kbk.

Evidentemente bk+1 ≥ bk ≥ 0 ed inoltre

liml−a+∞

bk = limakk

= 0

Infatti bk+1 − bk = 12 (ak+z − ak+1 + ak+1 − ak) ≥ 0 e l’uguaglianza dei

due limiti può essere dimostrata usnado i teoremi sulle medie di Cesaro di unsuccessione

In questo modo si ottiene una nuova serie a segni alterni, avente la stessasomma della serie data e avente un termine generale infinitesimo di ordinesuperiore a quello del termine generale della serie data.

Infattibk =

akk

+ ωk

con ωk → 0 ebkak→ 0

2.4.2 Uguaglianza di Brunacci-Abel

Se ak e bk e se definiamo

Bn,p =n+p

∑k=n+1

bk

si han+p

∑k=n+1

akbk = an+pBn,p +n+p−1

∑k=n+1

Bn,k−n(ak − ak+1)

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82 o.caligaris - p.oliva

Infatti si ha

n+p

∑k=n+1

akbk = an+1bn+1 + an+2bn+2 + ... + an+pbn+p =

= an+1Bn,1 + an+2(Bn,2 − Bn,1) + ... + an+p(Bn,p − Bn,p−1) =

= Bn,1(an+1 − an+2) + Bn,2(an+2 − an+3) + ...+

+ Bn,p−1(an+p−1 − an+p) + an+pBn,p =

= an+pBn,p +n+p−1

∑k=n+1

Bn,k−n(ak − ak+1)

Criterio di DirichletSupponiamo che le ridotte Bn di ∑ bk siano limitate da M e che ak sia

decrescente e convergente a zero.Allora ∑ akbk è convergente ed inoltre∣∣∣∣∣ +∞

∑k=n+1

akbk

∣∣∣∣∣ ≤ 2Man+1.

Criterio di AbelSupponiamo che ∑ bk sia convergente e ak sia convergente e monotona.

Allora ∑ akbk è convergente.

2.5 Operazioni sulle serie

Per quel che concerne la somma Si può dimostrare che

Teorema 2.7 Siano ∑ ak e ∑ bk due serie convergenti e sia α ∈ R, allora ∑(ak + bk) e ∑ αak sono convergenti e si ha

∑(ak + bk) = ∑ ak + ∑ bk

∑ αak = α ∑ ak .

Dimostrazione. Siano

S′n =n

∑k=1

ak , S”n =n

∑k=1

bk , Sn =n

∑k=1

(ak + bk).

Si haSn = S′n + S”n

Per la seconda parte si procede in maniera analoga. 2

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complementi di analisi matematica 83

Per quanto riguarda il prodotto di due serie occorre innanzi tutto cercaredi definire il termine k-esimo della serie prodotto. Ciò può essere fatto in varimodi; per i nostri scopi sarà utile considerare il prodotto secondo Cauchy, chesi rivelerà utile quando tratteremo le serie di potenze.

Si può dimostrare il seguente risultato.

Teorema 2.8 - Mertens - Siano+∞

∑k=0

ak ,+∞

∑k=0

bk ,+∞

∑k=0

ck

essendo

ck =k

∑i=0

aibk−i .

Allora, se ∑ ak è assolutamente convergente e ∑ bk è convergente, anche ∑ ck

è convergente ed inoltre, se

∑ ak = A , ∑ bk = B , ∑ ck = C

si haAB = C

Dimostrazione. Definiamo

S′n =n

∑k=0

ak , S”n =n

∑k=0

bk , Sn =n

∑k=0

ck;

sia inoltre R”n = B− S”n.Si ha

Sn = c0 + c1 + c2 + ... + cn =

= a0b0 + (a0b1 + a1b0) + ... + (a0bn + .. + anb0) =

= a0(B− R”n) + a1(B− R”n−1) + ... + an(B− R”0) =

= BS′n − (a0R”n + a1R”n−1 + ... + anR”0)

Dal momento che lim BS′n = AB sarà sufficiente provare che, posto

Tn = a0R”n + a1R”n−1 + ... + anR”0,

lim Tn = 0.

Sia α = ∑ |ak| , poiché lim R”n = 0 , ∀ε > 0 , se n > nε si ha

|Tn| ≤ |anR”0 + ... + an−nε R”nε |+ |an−nε−1R”nε+1 + ... + a0R”n| ≤≤ |anR”0 + ... + an−nε R”nε |+ εα

pertanto, se R = maxR”i : i = 0, .., nε , e se n è sufficientementegrande

|Tn| ≤ εR + εα

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84 o.caligaris - p.oliva

da cui si conclude. 2

Se nessuna delle serie di cui si fa il prodotto è assolutamente convergente,ma entrambe sono solo convergenti, il teorema 19.26 può essere falso, come sivede considerando

ak = bk =(−1)k

(k + 1)α, α > 0 .

Si ha infatti

k

∑i=0

(−1)i

(i + 1)α

(−1)k−i

(k− i + 1)α== (−1)k

k

∑i=0

1[(i + 1)(k− i + 1)]α

e si vede subito che

|ck| ≥k

∑i=0

1(k + 1)2α

=1

(k + 1)2α

k

∑i=0

1 = (k + 1)1−2α

da cui, per 0 < α ≤ 1/2, lim ck non può essere 0 .Per quanto riguarda la possibilità di raggruppare i termini di una se-

rie, possiamo provare un semplice risultato. Precisiamo prima di tutto cosaintendiamo per raggruppamento dei termini di una serie.

Definizione 2.3 Consideriamo ∑ an e consideriamo una successione kn avalori in N , strettamente crescente e con k1 = 1.

Definiamo (19.6)

bn =kn+1−1

∑i=kn

ai .

La serie ∑ bn si dice ottenuta dalla serie ∑ an raggruppando i termini secondokn.

E’ evidente che, dette

S′n =n

∑k=1

ak , S”m =m

∑n=1

bn

si ha

S”m =m

∑n=1

kn+1−1

∑i=kn

ai =km+1−1

∑i=1

ai = S′km+1−1

e dal momento che S" m è una estratta di S′n, si può affermare che:

Teorema 2.9 Sia ∑ ak una serie convergente, allora ogni serie ottenuta daessa, raggruppando i termini, è convergente alla stessa somma.

Osserviamo subito che la convergenza di ∑ bk per una particolare sceltadella successione che genera il raggruppamento, non è sufficiente per assicu-rare che ∑ ak converga; se infatti

ak = (−1)k e kn = 2n− 1

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complementi di analisi matematica 85

si ha

bn =2n

∑k=2n−1

(−1)k = 0 .

Trattiamo per ultimo il problema del riordinamento dei termini di una serie eprecisiamo innanzi tutto cosa intendiamo per riordinamento.

Definizione 2.4 Consideriamo ∑ ak e supponiamo che i: N −→ N sia unaapplicazione iniettiva e surgettiva.

Diciamo che la serie

∑ ai(j)

è ottenuta riordinando i termini di ∑ ak. Per brevità chiamiamo l’applicazionei riordinamento dei termini della serie.

Teorema 2.10 Consideriamo ∑ ak ed un riordinamento i dei termini della se-rie. Se ∑ ak è assolutamente convergente, allora anche ∑ ai(j) è assolutamenteconvergente e si ha

∑ ak = ∑ ai(j) .

Dimostrazione. Definiamo

An = i−1(j) : j = 1, .., n

e siah(n) = max An .

Cominciamo con l’osservare che

(19.7) h(n) ≥ n

in quanto An contiene esattamente n termini distinti ed inoltre

(19.8) i(1), i(2), .., i(h(n)) ⊃ 1, 2, .., n

poiché se n0 ≤ n , si ha i−1(n0) ∈ An e quindi, se si definisce h0 = i−1(n0), si ha h0 ≤ h(n) e i(h0) = n0.

Vediamo ora che ∑ |ai(j)| è convergente.Se h > h(n), ∀p ∈N

h+p

∑j=h+1

|ai(j)| = ∑k∈B|ak|

doveB = i(h + 1), ..., i(h + p) .

PertantoB ⊂ i(1), ..., i(h(n))c ⊂ [n + 1, +∞)

per la (19.8).

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86 o.caligaris - p.oliva

Ne viene che

h+p

∑j=h+1

|ai(j)| ≤+∞

∑k=n+1

|ak| = Rn ;

per il criterio di Cauchy e poiché Rn → 0 si può concludere che la serieriordinata converge assolutamente.

Proviamo ora che

S′ =+∞

∑j=1

ai(j) =+∞

∑k=1

ak = S .

Sia

S′h =h

∑j=1

ai(j)

alloralim

hS′h = S′ = lim

nS′h(n)

non appena si tenga conto della (19.7).Si ha

∣∣S′h(n) − Sn∣∣ =

∣∣ h(n)

∑j=1

ai(j) −n

∑k=1

ak∣∣ =

∣∣ ∑k∈D

ak∣∣

essendoD = i(1), ..., i(h(n)) \ 1, ..., n

Pertanto D ⊂ [n + 1, +∞) e perciò

|S′h(n) − Sn| ≤+∞

∑k=n+1

|ak|

Passando al limite per n→ +∞ si ottiene S′ = S . 2

Nel caso in cui ∑ ak sia convergente, ma non assolutamente convergenteè possibile trovare un riordinamento dei termini e due successioni n’ e n" inmodo che Sn′ e Sn” siano convergenti allo stesso limite o a limiti diversi, osiano divergenti. Più precisamente

Teorema 2.11 - Riemann-Dini - Supponiamo che ∑ ak sia convergente, manon assolutamente convergente. Siano inoltre α < β , essendo possibile cheα = −∞ e β = +∞.

Allora esiste un riordinamento i dei termini della serie in modo che lasuccessione

Sh =h

∑j=1

ai(j)

abbia due estratte, l’una convergente ad α , l’altra convergente a β.

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complementi di analisi matematica 87

Dimostrazione. Siano αn e βn due successioni tali che lim αn = α,lim βn = β, αn ≤ βn, β1 > 0.

Definiamo

pk = maxak , 0 , qk = −minak , 0.

Ovviamente

pk − qk = ak , pk + qk = |ak| , pk , qk ≥ 0

Pertanto ∑ pk e ∑ qk sono entrambe divergenti.Scegliamo ora due successioni kn ed hn in modo che il riordinamento della

serie data, indicato dalla (19.9)

p1 + .. + pk1 − q1 − ..− qh1 + pk1+1 + .. + pk2 − qh1+1 − ..− qh2 + ....

soddisfi le seguenti condizioni:k1 è il più piccolo indice tale che

Γ1 =k1

∑j=1

pj > β1,

h1 è il più piccolo indice tale che

Γ1 − ∆1 =k1

∑j=1

pj −h1

∑j=1

qj < α1;

k2 ed h2 sono i più piccoli indici (> k1, > h1 rispettivamente) tali che

Γ2 − ∆1 =k2

∑j=1

pj −h1

∑j=1

qj > β2

Γ2 − ∆2 =k2

∑j=1

pj −h2

∑j=1

qj < α2.

Il procedimento può essere iterato dal momento che ∑ pk e ∑ qk sono diver-genti.

Siano oraS′n = Γn − ∆n−1 , S”n = Γn − ∆n;

esse sono due estratte della successione delle ridotte della serie riordinata(19.9) e si ha

0 ≤ S′n − βn ≤ pkn , 0 ≤ αn − S”n ≤ qhn

e si può concludere dal momento che lim pkn = lim qhn = 0. 2

Concludiamo ora provando che la convergenza assoluta è equivalente allaconvergenza di ogni suo riordinamento.

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88 o.caligaris - p.oliva

Definizione 2.5 - Diciamo che ∑ ak converge incondizionata- mente se ognisuo riordinamento converge alla stessa somma.

Teorema 2.12 - Cauchy-Dirichlet - ∑ ak converge assolutamente se e solo seconverge incondizionatamente.

Dimostrazione. Se ∑ ak converge assolutamente, allora converge incondi-zionatamente per il teorema 19.30.

Se viceversa ∑ ak non converge assolutamente allora non converge incon-dizionatamente per il teorema 19.31. 2

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3. Le Serie Di Funzioni.

3.1 Successioni di Funzioni.

Lo studio di una serie di funzioni dipende, come per il caso delle serie nume-riche dallo studio della successione delle sue ridotte.

Occorre pertanto definire cosa si intende per successione di funzioni ed iconcetti di limite ad essa collegati.

Definizione 3.1 Chiamiamo successione di funzioni una applicazione defini-ta

N 3 n 7→ Sn

conSn : I ⊂ R −→ R

Definizione 3.2 Sia Sn una successione di funzioni su I; diciamo che

• Sn converge puntualmente ad S se, per ogni x ∈ I, ∀ε > 0,esiste nε,x ∈N

tale che|Sn(x)− S(x)| < ε ∀n > nε,x

• Sn converge uniformemente ad S in I se ∀ε > 0, esiste nε ∈N tale che

∀n > nε |Sn(x)− S(x)| < ε, ∀n > nε , ∀x ∈ I

Possiamo subito verificare cheSn converge puntualmente ad S in I se

limn

Sn(x) = S(x) ∀x ∈ I

mentre Sn converge uniformemente ad S in I se e solo se

limn

supx∈I|Sn(x)− S(x)| = 0

Teorema 3.1 Condizione necessaria e sufficiente affinché una successione difunzioni fn converga uniformemente su I è che ∀ε > 0 ∃nε ∈N tale che, sem, n > nε si abbia

| fn(x)− fm(x)| < ε ∀x ∈ I.

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90 o.caligaris - p.oliva

Dimostrazione. La necessità è ovvia; per quanto riguarda la sufficienzaosserviamo che, se n, m > nε, si ha

| fn(x)− fm(x)| < ε ∀x ∈ I.

Dal momento che fm(x) −→ f (x) , ∀x ∈ I, si ottiene

| fn(x)− f (x)| < ε ∀x ∈ I

e la tesi. 2

Teorema 3.2 Sia fn una successione di funzioni integrabili su I = [a, b]; sefn converge uniformemente ad f su I, allora f è integrabile su I e

∫ x

afn(t)dt converge uniformemente ad

∫ x

af (t)dt su I .

Dimostrazione. Poiché fn converge uniformemente ad f su I, se n > nε,

fn(x)− ε ≤ f (x) ≤ fn(x) + ε ∀x ∈ I .

Pertanto si può affermare che, quando si considerano le somme inferiori e lesomme superiori di fn ed f relative ad una partizione P dell’intervallo [a, b] ,fissato n0 ≥ nε , si ha

L( fn0 , P)− ε(b− a) ≤ L( f , P) ≤ U( f , P) ≤ U( fn0 , P) + ε(b− a).

Ora, dal momento che fn0 è integrabile in [a, b], è possibile trovare unapartizione Pε dell’intervallo [a, b] tale che

U( f , Pε)− L( f , Pε) ≤ U( fn0 , Pε)− L( fn0 , Pε) + 2ε(b− a) ≤ ε(1 + 2(b− a)).

Ciò permette di concludere che f è integrabile su [a, b]. (Si veda il teorema15.10). Si ha inoltre

∣∣ ∫ x

afn(t)dt −

∫ x

af (t)dt

∣∣ ≤ ∫ x

a| fn(t)− f (t)|dt ≤ ε(x− a) ≤ ε(b− a)

non appena si sia tenuto conto che fn converge uniformemente ad f su [a, b]

e si sia scelto n > nε. 2

Proviamo ora un’estensione del teorema precedente al caso in cui l’inter-vallo di integrazione non sia limitato.

Teorema 3.3 Sia fn una successione di funzioni integrabili in senso impro-prio in [a, +∞); supponiamo che fn sia uniformemente convergente ad f su[a, b] ∀b ≥ a ed esista una funzione g su [a, +∞) tale che

| fn(x)| ≤ g(x) , ∀x ∈ [a, +∞] ,∫ +∞

ag(x)dx < +∞ .

Allora f risulta integrabile in senso improprio in [a, +∞) e si ha

limn

∫ +∞

afn(x)dx =

∫ +∞

af (x)dx.

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complementi di analisi matematica 91

Dimostrazione. Sia ε > 0 e sia b > a tale che∫ +∞

bg(x)dx < ε/4 .

Dal momento che fn converge uniformemente su [a, b] ad f , se n > nε/2, siha

∣∣ ∫ +∞

afn(x)dx−

∫ +∞

af (x)dx

∣∣ ≤≤∫ b

a| fn(x)− f (x)|dx +

∫ +∞

b| fn(x)− f (x)|dx ≤

≤ ε/2 + 2∫ +∞

bg(x)dx ≤ ε/2 + ε/2 = ε

2

Teorema 3.4 Sia fn una successione di funzioni derivabili in (a,b) e suppo-niamo che

f ′n converga uniformemente in (a, b) ed∃x0 ∈ (a, b) tale che fn(x0) sia convergente.Allorafn converge uniformemente in (a, b) ad una funzione f che è derivabile e

si haf ′(x) = lim f ′n(x).

Dimostrazione. Si ha

| fn(x)− fm(x)| ≤ | fn(x0)− fm(x0)|+ |( fn− fm)(x)− ( fn− fm)(x0)| ≤≤ | fn(x0)− fm(x0)|+ | f ′n(ξ)− f ′m(ξ)|(b− a)

e pertanto la successione fn soddisfa la condizione di Cauchy uniforme-mente ed fn converge uniformemente ad una funzione che indichiamo conf .

Sia x ∈ (a, b) e consideriamo la funzione φn definita in J = (a− x, b− x)

mediante la

φn(h) =

f ′n(x) se h = 0fn(x+h)− fn(x)

h se h 6= 0

Se h ∈ J si ha

φn(h)− φm(h) =( fn − fm)(x + h)− ( fn − fm)(x)

h= ( f ′n − f ′m)(ξ)

con x − h ≤ ξ ≤ x + h ; pertanto si può affermare, usando il criterio diCauchy, che φn è uniformemente convergente in J. Sia φ il suo limite; poichéogni φn è continua, φ risulta continua in J e dal momento che

φ(h) = limn

fn(x + h)− fn(x)

h=

f (x + h)− f (x)

h, h 6= 0

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92 o.caligaris - p.oliva

si ha

f ′(x) = limh→0

f (x + h)− f (x)

h= lim

h→0φ(h) = φ(0) = lim

nf ′n(x).

2

Diamo infine una condizione che è sufficiente per la convergenza uniforme.

Teorema 3.5 - Dini - Sia fn una successione di funzioni continue su [a, b]

tali che fn(x) è decrescente rispetto ad n e lim fn(x) = 0 per ogni fissatox ∈ [a, b].

Allora fn converge uniformemente alla funzione identicamente nulla su[a, b].

Dimostrazione. Supponiamo, per assurdo, che fn non converga uniforme-mente alla funzione nulla in [a, b]; allora ∃ε0 > 0 tale che ∀n ∈ N ∃m > ncon

sup| fm(x)| : x ∈ [a, b] > ε0.

Pertanto ∀n ∈ N ∃mn > n ed ∃xmn ∈ [a, b] tali che

| fmn (xmn )| > ε0.

Dal momento che xmn ∈ [a, b], possiamo supporre, a meno di passare ad unaestratta, che xmn → x0 ∈ [a, b].

Ora, ∀p ∈ N , si ha

fmn (xmn+p ) ≥ fmn+p (xmn+p ) > ε0

e, passando al limite per p→ +∞, si ottiene

fmn (x0) ≥ ε0

il che contrasta con il fatto che la successione fn converge puntualmente azero. 2

Corollario 3.1 Sia fn una successione di funzioni continue su [a, b] tali chefn(x) è decrescente rispetto ad n e convergente verso f(x), ∀x ∈ [a, b]. Seinoltre f risulta continua in [a, b] , allora fn converge uniformemente ad f in[a, b].

s Proviamo ancora alcuni utili teoremi di convergenza per successioni difunzioni e di regolarità della funzione limite.

Teorema 3.6 Sia fn una successione di funzioni continue in [a, b] allora fn

converge uniformemente in [a, b] se e solo se fn converge uniformemente in(a, b).

Dimostrazione. Si ha, per la continuità di fn

sup| fn + p(x)− fn(x)| : x ∈ (a, b) =

= sup| fn + p(x)− fn(x)| : x ∈ [a, b]

per ogni n, p ∈ N e pertanto si può concludere per il teorema di Cauchy.2

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complementi di analisi matematica 93

Teorema 3.7 Sia fn una successione di funzioni su (a, b) un uniformementeconvergente ad f . Supponiamo che

limx→b−

fn(x) = Cn

elim

nCn = C

Alloralim

x→b−f (x) = c.

Dimostrazione. Se n > nε si ha

fn(x)− ε ≤ f (x) ≤ fn(x) + ε ∀x ∈ (a, b)

al limite per x→ b−

cn − ε ≤ limx→b−

f (x) ≤ lim supx→b+ f (x) ≤ c + ε

si può concludere per l’arbitrarietà di ε.2

3.2 Serie di funzioni.

Ricordiamo alcune definizioni a proposito delle serieAd ogni successione fk di funzioni su I; possiamo associare, come per le

serie numeriche la successione delle sue ridotte definite da

Sn(x) =n

∑k=1

fk(x)

e possiamo scrivere

S(x) =+∞

∑k=1

fk(x)

qualora il lim Sn(x) esista finito in senso puntuale o uniforme.Diciamo, nel primo caso che ∑ fk converge puntualmente in I mentre, nel

secondo caso diciamo che ∑ fk converge uniformemente in I.Diciamo inoltre che ∑ fk converge assolutamente in I se ∑ | fk| converge

puntualmente in I.Diciamo infine che ∑ fk converge totalmente in I se, posto

λk = supx∈I| fk(x)|

∑ λk è convergente.Vale la pena di ricordare che, per il criterio di Cauchy

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94 o.caligaris - p.oliva

Condizione necessaria e sufficiente affinché ∑ fk sia uniformementeconvergente in I è che ∀ε > 0 esista nε ∈ N tale che se n > nε, ∀p ∈ Nsi ha ∣∣∣∣∣ n+p

∑k=n+1

fk(x)

∣∣∣∣∣ < ε ∀x ∈ I

Ne segue per p = 1

Se ∑ fk converge uniformemente in I allora la successione fk convergeuniformemente a zero in I.

inoltre

∑ fk converge uniformemente in I se e solo se la successione Rn

definita da

Rn(x) =+∞

∑k=n+1

fk(x)

converge uniformemente a zero in I.

Poichè ∣∣∣∣∣ n+p

∑k=n+1

fk(x)

∣∣∣∣∣ ≤ n+p

∑k=n+1

| fk(x)| ≤n+p

∑k=n+1

λk

il criterio di convergenza di Cauchy permette di affermare che

Convergenza Totale

Convergenza Uniforme Convergenza Assoluta

Convergenza Puntuale

mentre le due serie

+∞

∑k=1

(−1)k

k,

+∞

∑k=1

(xk − xk+1)

mostrano che le implicazioni mancanti possono essere false.Infatti la prima serie converge uniformemente in R ma non è ivi né assolu-

tamente né totalmente convergente, mentre la seconda converge assolutamentein [0, 1], ma non è ivi né uniformemente né totalmente convergente.

Il fatto che la convergenza totale implichi la convergenza uniforme è spessoindicato con il nome di criterio di Weierstraß; possiamo anche vedere che

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complementi di analisi matematica 95

∑ fk è totalmente convergente in I se e solo se esiste una successionenumerica λk tale che

| fk(x)| ≤ λk e ∑ λk < +∞

Ricordiamo ora tutta una serie di risultati sulle serie di funzioni che deri-vano dai risultati sulle serie numeriche e sulle successioni di funzioni.

Siano fk e ϕk due successioni di funzioni su I tali che

| fk(x)| ≤ |ϕk(x)| ∀x ∈ I.

Se ∑ |ϕk| è uniformemente convergente su I allora anche ∑ | fk| e∑ fk è uniformemente convergente su I allora anche ∑ | fk| è ∑ fk èuniformemente convergente su I.

Siano fk e gk due successioni di funzioni su I tali che le ridotte Fn di∑ fk siano uniformemente limitate in I e sia gk decrescente e convergenteuniformemente a 0 su I. Allora ∑ fkgk è uniformemente convergente suI.

Alla stessa conclusione si può arrivare supponendo che ∑ fk siauniformemente convergente su I e gk decresca uniformemente a g suI.

Sia fk : [a, b] −→ R una successione di funzioni continue edecrescenti a zero; allora

∑ (−1)k fk(x)

è uniformemente convergente su [a, b].

Se fk è una successione di funzioni continue su I e se ∑ fk è iviuniformemente convergente, allora

S(x) =+∞

∑k=1

fk(x)

è una funzione continua in I.

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96 o.caligaris - p.oliva

Se fk è una successione di funzioni integrabili in [a, b] e se ∑ fk è iviuniformemente convergente ad S, allora si ha

∫ b

aS(x)dx =

+∞

∑k=1

∫ b

afk(x)dx

Se fk è una successione di funzioni integrabili in senso improprio su[a, +∞) e se ∑ fk è uniformemente convergente ad S su ogni intervallo[a, b], con b > a; se inoltre esiste una funzione φ su [a, +∞) tale che

|Sn(x)| ≤ φ(x) ∀x ∈ [a, +∞) e∫ +∞

aφ(x)dx < +∞

allora ∫ +∞

aS(x)dx =

+∞

∑k=1

∫ +∞

afk(x)dx.

Sia fk una successione di funzioni di classe C1((a, b)) e supponiamoche ∑ f ′k converga uniformemente su (a, b) ad una funzione s e che esistax0 ∈ (a, b) tale che ∑ fk(x0) converga ad α.

Allora ∑ fk risulta uniformemente convergente su (a, b) alla funzioneS definita da

S(x) = α +∫ x

x0

s(t)dt

ed inoltred

dx

+∞

∑k=1

fk(x) =+∞

∑k=1

ddx

fk(x)

Sia fk una successione di funzioni derivabili in (a,b) tali che ∑ fk siapuntualmente convergente in x0 ∈ (a, b); supponiamo inoltre che ∑ f ′ksia uniformemente convergente ad s in (a, b).

Allora ∑ fk è uniformemente convergente in (a, b) ad una funzione Sderivabile e risulta S′ = s ovvero

ddx

+∞

∑k=1

fk(x) =+∞

∑k=1

ddx

fk(x)

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complementi di analisi matematica 97

Sia fk una successione di funzioni continue e non negative su [a, b];Se ∑ fk è puntualmente convergente ad S e se S risulta continua in [a, b],allora ∑ fk è uniformemente convergente ad S su [a, b].

3.3 Le Serie di Taylor.

Se f ∈ C∞((a, b)) e se x0 ∈ (a, b) possiamo allora considerare la formula diTaylor di ordine n per f centrata in x0 per qualunque valore di n ed avremoche

f (x) =n

∑k=0

f (k)(x0)

k!(x− x0)k + Rn(x)

dove

Rn(x) =f (n+1)(ξ)

(n + 1)!(x− x0)n+1 , ξ ∈ (a, b)

è il resto nella forma di Lagrange.Se poniamo

Sn =n

∑k=0

f (k)(x0)

k!(x− x0)k

Sn risulta essere una ridotta della serie

+∞

∑k=0

f (k)(x0)

k!(x− x0)k

e risulta

f (x)− Sn(x) = Rn(x)

Qualora Rn(x) → 0, quando n → +∞, per x ∈ I ⊂ R, possiamoaffermare che

f (x)− Sn(x) = Rn(x)→ 0 per x ∈ I

e quindi la serie ∑+∞k=0

f (k)(x0)k! (x− x0)k risulta convergente e la sua somma è

f (x)

Possiamo quindi scrivere che

f (x) =+∞

∑k=0

f (k)(x0)

k!(x− x0)k per x ∈ I

e diciamo che f è sviluppabile in serie di Taylor nel punto x0 per x ∈ I.Risulta quindi interessante conoscere condizioni sufficienti affichè Rn(x)→

0 per x ∈ I e, in proposito, possiamo dimostrare che

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98 o.caligaris - p.oliva

• se | f (k)(x)| ≤ HMk per ogni x ∈ (a, b) e per ogni k ∈ N alloraRn(x)→ 0 per x ∈ (a, b);

• se | f (k)(x)| ≤ HMkk! per ogni x ∈ (a, b) e per ogni k ∈ N alloraRn(x)→ 0 per x ∈ (x0 − 1/M, x0 + 1/M).

Infatti nel primo caso si ha

| f (x)− Sn(x)| ≤ H(M(b− a))n+1

(n + 1)!∀x ∈ (a, b)

mentre, nel secondo caso

| f (x)− Sn(x)| ≤ H(M|x− x0|)n+1 ∀x ∈ (a, b).

e Si può concludere osservando che in entrambi i casi i secondi membri ten-dono a zero, nelle ipotesi considerate (si può ad esempio usare il criterio delrapporto.

Osserviamo che può accadere che la serie (21.1) sia convergente senza chef sia sviluppabile in serie di Taylor. Se infatti consideriamo

f (x) =

e−1/x2x 6= 0

0 x = 0

si ha che f ∈ C∞(R), f (k)(0) = 0 ∀k, e pertanto

+∞

∑k=0

f (k)(0)

k!xk = 0 6= f (x) ∀x 6= 0

I criteri di cui sopra permettono di trovare facilmente gli sviluppi di ex,sin x , cos x .

È anche possibile dimostrare un criterio di sviluppabilità in serie di Taylorfacendo uso del resto in forma integrale.

Teorema 3.8 - Bernstein it Sia f ∈ C∞ ((a, b)) e siano x0, α ∈ (a, b), x0 <

α. Se supponiamo che f (k)(x) ≥ 0 e se x0 ≤ x ≤ α. Allora f è sviluppabilein serie di Taylor di centro x0 in [x0, α]

Dimostrazione. Dalla formula di Taylor con il resto integrale si ottiene

f (x) = Sn + R(x)

con

Rn(x) =∫ x

x0

(x− t)n

n!f n+1(t)dt =

=(x− x0)n+1

n!

∫ 1

0(1− S)n f (n+1)(x0 + S(x− x0))ds

AnTot.TEX— [ Content/Analisi-10.tex] 25 settembre 2018—08:52:38

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complementi di analisi matematica 99

Pertanto, tenendo conto che ogni f (k) è positiva e crescente in [x0, α] si haper x0 ≤ x ≤ α

f (α) ≥ Rn(α) =(α− x0)n+1

n!

∫ 1

0(1− S)n f (n+1)(x0 + S(α− x0))ds ≥

≥(α− x0

x− x0

)n+1 (x− x0)n+1

n!

∫ 1

0(1− S)n f n+1(x0 + s(x− x0))ds =

=(α− x0

x− x0

)n+1Rn(x).

Se ne deduce che

0 ≤ Rn(x) ≤(

x− x0

α− x0

)n+1f (α)

e lim Rn(x) = 0 2

Usando il teorema precedente si può provare che la serie binomiale convergein [−1, 0].

Poichè le serie di Taylor sono anche serie di potenze si potrà vedere che laserie converge in (−α, α].

Usando il teorema precedente si può provare che la serie binomiale convergein [−1, 1).

3.4 Le serie di potenze.

Si tratta delle serie della forma

+∞

∑k=0

ak(x− x0)k = a0 ++∞

∑k=1

ak(x− x0)k

dove x0 ∈ R è fissato e si chiama centro della serie. mentre i valori ak sidicono coefficienti della serie.

E’ chiaro che a meno di una traslazione possiamo sempre supporre chex0 = 0 e pertanto consideriamo soltanto serie di potenze centrate nell’originee cioè della forma:

+∞

∑k=0

akxk

A proposito della convergenza di una serie di potenze si può subito verifi-care che

Se la serie+∞

∑k=0

akxk

converge per x = α allora converge assolutamente in [−β, β] per ogniβ < |α|

25 settembre 2018—08:52:38 AnTot.TEX— [ Content/Analisi-10.tex]

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100 o.caligaris - p.oliva

Infatti, per x ∈ [−β, β], avremo che

|akxk| ≤ |ak|βk = |ak|βk

αk αk ≤ M(

β

α

)k

dal momento che|ak|αk è infinitesimo in quanto termine generale di una serie convergente.

Poichè inoltre βα < 1 (

β

α

)k

è il termine generale di una serie geometrica convergente e si può concludere,usando il criterio di Weierstraß.

In pratica quindi, se una serie di potenze converge in un punto, convergeanche in tutto il segmento che congiunge il punto all’origine (centro dellaserie).

Ciò autorizza a definire quel che si chiama raggio di convergenza della seriedi potenze come

R = supα ≥ 0 : ∑ |ak|αk ∈ R

Si prova che

• una serie di potenze converge totalmente per |x| ≤ β < R

• una serie di potenze non converge se |x| ≥ R

Infatti poichè la serie converge per x = β + ε < R avremo che la conver-genza per |x| ≤ β è garantita da quanto abbiamo detto in precedenza

Se viceversa la serie convergesse anche solo puntualmente per x = γ > Rallora ci sarebbe convergenza assoluta per |x| ≤ γ− ε e γ− ε > R, e questocontraddirrebbe la definizione di R.

Non siamo invece in grado di dire qualcosa sul comportamento della seriequando |x| = R .

Consideriamo infatti

∑ xk , ∑xk

k, ∑

xk

k2

E’ facile vedere che in tutti i casi R = 1, mentre quando |x| = 1 si ha che

• la prima serie non è convergente ∀x;

• la seconda serie converge se x = −1 e diverge se x = 1;

• la terza serie converge ∀x.

Vele il seguente teorema

AnTot.TEX— [ Content/Analisi-10.tex] 25 settembre 2018—08:52:38

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complementi di analisi matematica 101

Teorema 3.9 - Abel - Consideriamo ∑ akxk e sia R > 0 il suo raggio diconvergenza.

Se la serie

∑ akRk

converge allora ∑ akxk converge uniformemente in [0, R].

Dimostrazione. Possiamo intanto supporre R = 1 a meno di considerarexR in luogo di x Per l’uguaglianza di Brunacci-Abel avremo che posto

Bn,p =n+p

∑k=n+1

ak

si han+p

∑k=n+1

akxk = xn+pBn,p +n+p−1

∑k=n+1

Bn,k−n(xk − xk+1)

per cui

∣∣∣∣∣ n+p

∑k=n+1

akxk

∣∣∣∣∣ ≤ |xn+pBn,p|+n+p−1

∑k=n+1

∣∣∣Bn,k−n(xk − xk+1)∣∣∣ ≤

≤ |xn+pBn,p|+n+p−1

∑k=n+1

|Bn,k−n||xk − xk+1|

Per n abbastanza grande avremo che |Bn,p| < ε e quindi se consideriamo chex ∈ [0, 1] ∣∣∣∣∣ n+p

∑k=n+1

akxk

∣∣∣∣∣ ≤ ε + ε+∞

∑k=0

(xk − xk+1) ≤ ε (1 + 1))

2

Possiamo calcolare il raggio di convergenza di una serie applicando ilcriterio del rapporto o il criterio della radice alla serie

∑ |akxk|

I criteri citati sono inutili quando il limite del rapporto o della radiceè 1; osserviamo che questo caso si verifica negli estremi dell’intervallo diconvergenza.

Possiamo anche affermare che

Teorema 3.10 Se

lim1

k√|ak|

, lim|ak||ak+1|

esistono, allora sono uguali al raggio di convergenza R di ∑ akxk.

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102 o.caligaris - p.oliva

3.4.1 Derivabilità di una serie di potenze

Consideriamo

∑ akxk

e supponiamo che R > 0 sia il suo raggio di convergenza, definiamo inoltre

f (x) =+∞

∑k=0

akxk.

Allora f è derivabile e si ha

f ′(x) =+∞

∑k=1

kakxk−1

per |x| < R;Se infatti consideriamo la serie di potenze

+∞

∑k=1

kakxk−1

poichè|akxk| ≤ |kakxk−1|

per k ≥ |x|, possiamo affermare che se la serie delle derivate converge asso-lutamente allora anche la serie di partenza converge assolutamente, inoltre,poichè

|kakxk−1| ≤ |akyk−1|k(|x||y|

)k−1

e quindi se la serie di partenza converge assolutamente allora anche la seriedelle derivate converge assolutamente.

In altre parole le due serie hanno lo stesso raggio di convergenza e quindipossiamo applicare il teorema di derivazione per serie per giustificare quantoaffermato.

Inoltre si può dimostrare per induzione che

f (k)(0)

k!= ak.

per cui f è sviluppabile in serie di Taylor ed il suo sviluppo di Taylor è datoda

∑ akzk

.Concludiamo questo paragrafo illustrando brevemente come possono essere

ricavati gli sviluppi di Taylor delle funzioni (reali) ln(1 + x) e arctan(x);osserviamo che lo sviluppo della prima funzione può essere ricavato ancheelementarmente e qui ne estendiamo solo il campo di sviluppabilità, mentre losviluppo della seconda funzione non è facilmente ricavabile in maniera diversada quella più sotto illustrata.

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complementi di analisi matematica 103

Tali sviluppi sono ottenuti per integrazione da particolari serie geometri-che. Ci limitiamo ad indicare le operazioni da compiere precisando solo che talioperazioni sono giustificate dai precedenti teoremi di integrazione per serie.

Si ha

ln(1 + x) =∫ x

0

11 + t

dt =∫ x

0

+∞

∑k=0

(−t)kdt =

=+∞

∑k=0

(−1)k∫ x

0tkdt =

+∞

∑k=0

(−1)k xk+1

k + 1

per −1 < x < 1

arctan(x) =∫ x

0

11 + t2 dt =

∫ x

0

+∞

∑k=0

(−t2)k dt

=+∞

∑k=0

(−1)k∫ x

0t2kdt =

+∞

∑k=0

(−1)k x2k+1

2k + 1

per −1 < x < 1Osserviamo altresì che si può vedere che lo sviluppo di ln(1 + x) è valido

in (−1, 1].

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4. Le Serie di Potenze complesse

Sef : C −→ C

è una funzione complessa di una variabile complessa, si ha

f (z) = f (x + iy) = φ(z) + iψ(z).

S i definirà pertanto

∑ fk(z) = ∑ φk(z) + i ∑ ψk(z)

ed è facile vedere che

∑ fk converge (puntualmente, assolutamente, uniformemente, to-talmente) se e solo se ∑ φk e ∑ ψk convergono (puntualmente,assolutamente, uniformemente, totalmente).

Osserviamo anche che, nel caso complesso si ha

| fk(z)| ≤ [φ2k (z) + ψ2

k (z)]

e che pertanto il concetto di convergenza assoluta è adeguato alla definizionedi modulo di un numero complesso. Tuttavia, tenuto conto che

|φk(z)| ≤ | fk(z)| , |ψk(z)| ≤ | fk(z)|

non è difficile convincersi che, anche in questo caso, la convergenza assolutaimplica la convergenza puntuale, ma non viceversa.

Osserviamo infine che i concetti di convergenza uniforme e totale restanoinvariati con la sola differenza che l’uniformità è da intendersi rispetto allavariabile z o rispetto alla coppia (x, y).

Fatte queste premesse possiamo porre la seguente definizione.

Definizione 4.1 Sia ak ∈ C e consideriamo la serie

(22.1)+∞

∑k=0

ak(z− z0)k = a0 ++∞

∑k=1

ak(z− z0)k

dove z, z0 ∈ C.La serie (22.1) si chiama serie di potenze con centro nel punto z0 e gli ak si

dicono coefficienti della serie.

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106 o.caligaris - p.oliva

E’ chiaro che a meno di una traslazione possiamo sempre supporre chez0 = 0 e pertanto considereremo soltanto serie di potenze centrate nell’originee cioè della forma:

+∞

∑k=0

akzk

con la tacita convenzione che quanto proveremo per tali serie è provato ancheper la serie della forma (22.1).

Per le serie di potenze è sempre possibile trovare un cerchio entro il qualela serie converge assolutamente e al di fuori del quale la serie non converge;nulla si può tuttavia asserire a riguardo del carattere della serie nei punti dellacirconferenza di tale cerchio.

Teorema 4.1 Consideriamo+∞

∑k=0

akzk;

esiste R ∈ [0, +∞] tale che

∑ akzk converge assolutamente se |z| < R;

∑ akzk non converge se |z| > R .L’insieme CR = z ∈ C : |z| < R si chiama cerchio di convergenza

della serie di potenze; R è il raggio di convergenza della serie stessa.

Dimostrazione. Definiamo

R = supα ≥ 0 : ∑ |ak|αk < +∞ = sup IR.

Sia ora z ∈ C, |z| < R, allora esiste α ∈ IR tale che

|z| < α < R

e pertanto|akzk| ≤ |ak|αk

e ∑ akzk è assolutamente convergente.Sia invece z ∈ C, |z| > R e supponiamo per assurdo che ∑ akzk sia

convergente. Allora, se w ∈ C è scelto in modo che R < |w| < |z|, si ha

akwk = akzk(w/z)k.

Ora dal momento che ∑ akzk è convergente, si ha lim akzk = 0 e

|akzk| ≤ M

per cui|ak||w|k = |akwk| ≤ M(|w|/|z|)k

e, poiché |w|/|z| < 1, la serie dell’ultimo membro è convergente, da cui|w| ∈ IR .

Ciò è contro la definizione di sup . 2

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complementi di analisi matematica 107

Teorema 4.2 Consideriamo ∑ akzk e sia CR il suo cerchio di convergenza,allora la serie converge totalmente, e quindi uniformemente in ogni cerchiochiuso contenuto in CR .

Dimostrazione. Sia 0 < R1 < R e sia α ∈ IR tale che R1 < α < R; se|z| ≤ R1 si ha

|akzk| ≤ |ak|Rk1 < |ak|αk ,

e si conclude usando il teorema 20.16. 2

Osserviamo che nulla si può dire sul comportamento della serie quando|z| = R .

Consideriamo infatti

∑ zk , ∑zk

k, ∑

zk

k2 .

E’ facile vedere che in tutti i casi R = 1, ma nel primo caso la serie non èconvergente ∀z, |z| = 1; nel secondo caso se z = −1 converge e se z = 1diverge; nel terzo caso la serie converge ∀z, |z| = 1 .

Nel secondo caso è possibile vedere, facendo uso di un teorema che dimo-streremo tra poco, che c’è convergenza in tutti i punti del cerchio |z| = 1diversi da z = 1 .

Passiamo ora a provare, usando il lemma 19.22, che può essere riscrittosenza difficoltà anche se ak , bk ∈ C, un notevole risultato di convergenzauniforme per le serie di potenze.

Teorema 4.3 - Abel - Consideriamo ∑ akzk e sia R ∈ R+ il suo raggio diconvergenza.

Se la serie converge in z0 con |z0| = R e se T è un settore circolare di centroz0, delimitato da due raggi uscenti da z0 e interni al cerchio di convergenza,allora ∑ akzk converge uniformemente in T.

Dimostrazione. Cominciamo con il supporre R = 1, in quanto è semprepossibile ricondursi a questo caso a meno di considerare z/R in luogo di z, esupponiamo anche z0 = 1; cosa sempre possibile a meno di una rotazione.

Il settore T sarà pertanto costituito dai punti

z = 1− ρeiθ , con ρ ≤ r0 e |θ| ≤ σ

essendo σ ed r0, ampiezza e raggio del settore, scelti in modo che

0 ≤ σ < π/2 , 0 < r0 < 2 cos σ ,

Per l’uguaglianza del lemma 19.22 si ha, posto

An,p =n+p

∑i=n+1

ai ,

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108 o.caligaris - p.oliva

n+p

∑k=n+1

akzk = An,p zn+p +n+p−1

∑k=n+1

An,k−n (zk − zk+1) =

= An,p zn+p + (1− z)n+p−1

∑k=n+1

An,k−n zk

Ora, dal momento che ∑ ak è convergente, se n > nε, ∀p ∈ N , si haAn,p < ε e pertanto, se n > nε e z ∈ T, si ha∣∣∣∣∣ n+p

∑k=n+1

akzk

∣∣∣∣∣ ≤ ε + ε|1− z|+∞

∑k=0|z|k = ε

(1 +|1− z|1− |z|

)=

= ε

(1 + (1 + |z|) |1− z|

1− |z|2

)Poiché z ∈ T

1− z = ρeiθ con |θ| < σ e ρ < r0

da cui|1− z| = ρ.

D’altra parte

|z|2 = |1− ρ cos θ − ρi sin θ |2 = 1 + ρ2 − 2ρ cos θ

e1− |z|2 = −ρ2 + 2ρ cos θ = ρ(2 cos θ − ρ)

per cui|1− z|1− |z|2 =

12 cos θ − ρ

≤ 12 cos σ− r0

.

Ne viene che, se z ∈ T e se n > nε,∣∣∣∣∣ n+p

∑k=n+1

akzk

∣∣∣∣∣ ≤ ε

(1 +

22 cos σ− r0

)

e pertanto è provato che ∑ akzk converge uniformemente in T. 2

Vale anche il seguente risultato dovuto a Picard che fa luce sul compor-tamento delle serie di potenze sulla circonferenza che delimita il cerchio diconvergenza.

A questo scopo è sufficiente usare il criterio di Dirichlet ed osservare chevalgono le seguenti uguaglianze:

n

∑k=0

sin kθ =cos θ/2− cos(nθ + θ/2)

2 sin θ/2

(22.2).n

∑k=0

cos kθ =sin θ/2 + sin(nθ + θ/2)

2 sin θ/20 < θ < 2π

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complementi di analisi matematica 109

Si ha infatti

cos(kθ + θ/2)− cos(kθ − θ/2) = −2 sin kθ sin θ/2

esin(kθ + θ/2)− sin(kθ − θ/2) = 2 cos kθ sin θ/2

da cui sommando per k = 0, .., n, si ottengono le uguaglianze descritte.Si può con ciò provare il seguente teorema

Teorema 4.4 - Picard - Sia ∑ akzk una serie di potenze con raggio di con-vergenza uguale ad 1; se ak è decrescente e lim ak = 0 si ha che ∑ akzk èconvergente per ogni z ∈ C tale che |z| = 1, escluso al più il punto z = 1 .

Dimostrazione. Si ha, per z ∈ C , |z| = 1,

∑ akzk = ∑ ak cos kθ + i ∑ ak sin kθ

e si può concludere usando il teorema 19.23 e le (22.2). 2

Considerando ak = 1/k ci si convince facilmente, come era già statoprecedentemente affermato, che

∑zk

kconverge per |z| = 1, z 6= 1

ed inoltre si vede che se z = 1 la serie non converge.Passiamo ora a caratterizzare il raggio di convergenza di una serie di

potenze.

Teorema 4.5 Sia ∑ akzk e supponiamo che R sia il suo raggio di convergenza;allora

R = lim1

k|ak|,

R = lim|ak||ak+1|

qualora tali limiti esistano.

Dimostrazione. E’ conseguenza immediata dei criteri della radice e delrapporto applicati alla serie ∑ |akzk|. 2

Vediamo ora di dare alcuni risultati di regolarità per la somma di unaserie di potenze. Più precisamente dimostriamo che la somma di una seriedi potenze è derivabile infinite volte in senso complesso, che è sviluppabile inserie di Taylor nel punto in cui è centrata la serie e che il suo sviluppo diTaylor coincide con la serie stessa.

Ciò consente tra l’altro di affermare, qualora si conosca lo sviluppo in seriedi potenze di una funzione, che tale sviluppo è anche lo sviluppo di Taylordella serie stessa.

Ricordiamo ancora che stiamo operando su funzioni definite sui complessia valori nei complessi e ricordiamo brevemente che

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110 o.caligaris - p.oliva

Una funzione f : C → C si dice derivabile in senso complesso nelpunto z0 se

limz→z0

f (z)− f (z0)

z− z0= f ′(z0)

esiste.

Si può dimostrare che

| f (z)− f (z0)| ≤ sup| f ′(z0 + λ(z− z0))| : λ ∈ [0, 1]|z− z0|

ed usando questo risultato si può vedere che il teorema 20.9 (di passaggio allimite sotto il segno di derivazione) vale anche nel campo complesso.

Si può anche dimostrare che se f è derivabile una volta in z0 è ivi derivabileinfinite volte e si può ridare la definizione 21.1 considerando f complessa esostituendo la variabile reale x con la variabile complessa z. Questi fatti sonoper la maggior parte di facile comprensione e dimostrazione non appena siabbia una certa dimestichezza con le funzioni di due variabili reali (ricordiamoche C può essere posto in isomorfismo con R2) e consentono di dimostrare nelcampo dei complessi i risultati che concludono questo paragrafo.

In mancanza di tale dimestichezza i risultati seguenti possono essere let-ti nel campo reale rimandando l’estensione al caso complesso ad un temposuccessivo alla lettura del paragrafo 25.

Teorema 4.6 Consideriamo ∑ akzk e supponiamo che R sia il suo raggio diconvergenza, definiamo inoltre

f (z) =+∞

∑k=0

akzk.

Allora f è derivabile e si ha

f ′(z) =+∞

∑k=1

kakzk−1 , per |z| < R;

inoltre il raggio di convergenza della serie delle derivate è uguale ad R.

Dimostrazione. Proviamo che, detti C e C′ i cerchi in cui la serie e la suaderivata rispettivamente convergono, si ha C = C′.

Intanto, dal momento che

|akzk| ≤ |kakzk−1| per k ≥ |z| ,

si ha C′ ⊂ C.Sia viceversa z ∈ C, allora esiste w ∈ C tale che |w| > |z| e pertanto

|kakzk−1| ≤ |akwk−1|k(|z||w|

)k−1

e si può concludere, come nel teorema 22.2 che z ∈ C′. 2

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complementi di analisi matematica 111

Teorema 4.7 Consideriamo

f (z) =+∞

∑k=0

akzk

allora si haf (k)(0)

k!= ak.

Pertanto f è sviluppabile in serie di Taylor ed inoltre il suo sviluppo di Taylorè dato dalla serie ∑ akzk.

Dimostrazione. Si ha

(22.3) f (p)(z) =+∞

∑k=p

k!(k− p)!

akzk−p ;

infatti la (22.3) è vera per p = 1 ed è facile vedere che, se la stessa vale perl’indice p, allora vale anche per p + 1.

Pertantof (p)(0) =

p!(p− p)!

ap = p! ap.

Ne viene che lo sviluppo di f è dato dalla serie ∑ ak zk e pertanto f èsviluppabile in serie di Taylor. 2

Corollario 4.1 ∑ akzk = ∑ bkzk se e solo se ak = bk ∀k .

Concludiamo questo paragrafo illustrando brevemente come possono esserericavati gli sviluppi di Taylor delle funzioni (reali) ln(1 + x) e arctan(x);osserviamo che lo sviluppo della prima funzione può essere ricavato ancheelementarmente e qui ne estendiamo solo il campo di sviluppabilità, mentre losviluppo della seconda funzione non è facilmente ricavabile in maniera diversada quella più sotto illustrata.

Tali sviluppi sono ottenuti per integrazione da particolari serie geometri-che. Ci limitiamo ad indicare le operazioni da compiere precisando solo che talioperazioni sono giustificate dai precedenti teoremi di integrazione per serie.

Si ha

ln(1 + x) =∫ x

0

11 + t

dt =∫ x

0

+∞

∑k=0

(−t)k dt =

=+∞

∑k=0

(−1)k∫ x

0tkdt =

+∞

∑k=0

(−1)k xk+1

k + 1, −1 < x < 1

arctan(x) =∫ x

0

11 + t2 dt =

∫ x

0

+∞

∑k=0

(−t2)k dt

=+∞

∑k=0

(−1)k∫ x

0t2kdt =

+∞

∑k=0

(−1)k x2k+1

2k + 1, −1 < x < 1

Osserviamo altresì che, usando anche il risultato di pag. 7 si può vedereche lo sviluppo di ln(1 + x) è valido in (−1, 1].

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5. Le serie di Fourier.

È spesso utile saper rappresentare una funzione

f : [−π, π]→ R

mediante la somma infinita

F(x) =12

a0 ++∞

∑k=1

(ak cos kx + bk sin kx)

per opportune scelte dei coefficienti ak e bk.Chiaramente la funzione F ottenuta è periodica di periodo 2π e può non

coincidere con f fuori dall’intervallo [−π, π].Gli enunciati relativi alla possibilità di ottenere una rappresentazione di

questo tipo trovano collocazione naturale in uno spazio di funzioni per definireil quale è necessario conoscere la teoria dell’integrazione secondo Lebesgue,tuttavia possiamo trovare un ragionevolmente semplice ambiente di lavoroconsiderando la seguente classe di funzioni.

Chiamiamo F 2 lo spazio vettoriale delle funzioni

f : [−π, π]→ R

tali che f ed f 2 sono integrabili in [−π, π]

Possiamo verificare che F 2 è uno spazio vettoriale e definiamo

‖ f ‖∞ = sup| f (x)| : x ∈ [−π, π]

‖ f ‖2 =

(∫ π

−π( f (x))2dx

)1/2

Si può verificare, che

‖ f ‖2 ≤ 2π‖ f ‖∞

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114 o.caligaris - p.oliva

e quindi se fn è una successione di funzioni in F 2

‖ fn − f ‖∞ −→ 0

se e solo se fn converge uniformemente ad f ∈ [−π, π]

Ciò suggerisce la possibilità di dire che fn converge in media quadratica adf se

‖ fn − f ‖2 −→ 0

Questo tipo di convergenza è molto naturale nell’ambito che stiamo esami-nando ed è intuitivamente evidente che esso tiene conto del comportamentomedio delle funzioni fn.

Quanto abbiamo in precedenza osservato permette di affermare che se fn

converge uniformemente ad f , allora fn converge in media quadratica allastessa funzione.

Infine si può verificare che se

fn(x) =

(x + π

)n

fn converge in media quadratica ma non uniformemente.Cominciamo con l’osservare che affinchè si possa avere

f (x) = F(x)

i coefficienti an e bn devono essere definiti in un certo modo; infatti, si puòcalcolare, integrando ed usando le formule di bisezione e di prostaferesi che∫ π

−πcos2 kxdx =

∫ π

−πsin2 kxdx = π∫ π

−πcos kxdx =

∫ π

−πsin kxdx = 0∫ π

−πcos kx cos hxdx =

∫ π

−π(sin kx sin hx)dx =

∫ π

−πcos kx sin hxdx = 0

per ogni scelta di k, h = 1, 2, ... e quindi, moltiplicando la

f (x) =12

a0 ++∞

∑k=1

(ak cos kx + bk sin kx)

per cos kx e per sin kx ed integrando, possiamo ottenere che deverisultare

ak =1π

∫ π

−πf (t) cos kt dt , bk =

∫ π

−πf (t) sin kt dt

per k = 0, 1, .., n, .. .Le precedenti uguaglianze risultano pertanto necessarie affinchè

la f (x) = F(x) sia verificata e quindi è d’obbligo porre la seguentedefinizione.

AnTot.TEX— [ Content/Analisi-10.tex] 25 settembre 2018—08:52:38

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complementi di analisi matematica 115

Se f ∈ F 2, chiamiamo coefficienti di Fourier di f i valori

ak =1π

∫ π

−πf (t) cos kt dt , bk =

∫ π

−πf (t) sin kt dt

per k = 0, 1, .., n, .. .

Osserviamo che

a0 =1π

∫ π

−πf (t)dt , b0 = 0.

La serie

F(x) =12

a0 ++∞

∑k=1

ak cos kx + bk sin kx

si chiama serie di Fourier associata alla funzione f . Indichiamocon Fn le sue ridotte.

E’ importante stabilire sotto quali condizioni accade che

f (x) = F(x)

Per f ∈ F 2, usando opportunamente le regole del calcolo integrale(integrazione per sostituzione, per parti ...) si può verificare che

• se f è pari ak = 2π

∫ π0 f (t) cos ktdt, bk = 0;

• se f è dispari ak = 0 , bk = 2π

∫ π0 f (t) sin ktdt;

• se f è derivabile su R e f ′ ∈ F 2

a′k =1π

∫ π

−πf ′(t) cos ktdt = kbk

b′k =1π

∫ π

−πf ′(t) sin ktdt = −kak

Si possono inoltre dimostrare i seguenti risultati:

Se f ∈ F 2 e se x è tale che

f (x+) = limx→0+

f (x) , f (x−) = limx→0−

f (x) , f ′+(x) , f ′−(x)

25 settembre 2018—08:52:38 AnTot.TEX— [ Content/Analisi-10.tex]

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116 o.caligaris - p.oliva

esistono finiti. Allora

12

[ f (x+) + f (x−)] = F(x)

Se f ∈ F 2, se f è continua su R ed f ′ ∈ F 2 allora

lim ‖ f − Fn‖∞ = 0

Se supponiamo che f ∈ F 2, allora

lim ‖ f − Fn‖2 = 0

5.0.1 Polinomi trigonometrici e Ridotte della serie di Fourier.

Le ridotte di una serie di Fourier sono della forma

Fn(x) =12

a0 +n

∑k=1

(ak cos kx + bk sin kx)

Si tratta pertanto di combinazioni lineari delle funzioni

sin kx , cos kx , k = 0, 1, 2, 3, ...., n, ...

ottenute usando i coefficienti di Fourier ak e bk.Simili combinazioni lineari, ma a coefficienti generici

Tn(x) =12

α0 +n

∑k=1

(αk cos kx + βk sin kx)

dove αk , βk ∈ R . si indicano di solito con il nome di polinomitrigonometrici.

Possiamo pertanto affermare che le ridotte di una serie di Fouriersono particolari polinomi trigonometrici.

Indichiamo con T n l’insieme dei polinomi trigonometrici di gra-do n. e verifichiamo che in T n, le ridotte Fn godono di particolariproprietà.

Possiamo calcolare usando le uguaglianze trigonometriche che ab-biamo citato in precedenza che, se Tn è un polinomio trigonometrico,allora

‖Tn‖22 = π

(12

α20 +

n

∑k=1

(α2k + β2

k)

).

AnTot.TEX— [ Content/Analisi-10.tex] 25 settembre 2018—08:52:38

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complementi di analisi matematica 117

ed, in particolare, se f ∈ F 2

‖Fn‖22 = π

(12

a20 +

n

∑k=1

(a2k + b2

k)

).

Si verifica che, fissata f ∈ F 2, tra tutti i polinomi trigonometrici Tn

di grado n, quello che rende minimo lo scarto quadratico medio

‖ f − Tn‖22

è quello i cui coefficienti sono i coefficienti di Fourier.Infatti se ricordiamo che

〈 f , Tn〉 =

=∫ π

−πf (x)Tn(x)dx = π

(12

a0α0 +n

∑k=1

(akαk + bkβk)

)=

= 〈Fn, Tn〉

si ha

‖ f − Tn‖22 = ‖ f ‖2

2 − ‖Fn‖22 + ‖Fn‖2

2 + ‖Tn‖22 − 2〈 f , Tn〉 =

= ‖ f ‖22 − ‖Fn‖2

2 + ‖Fn‖22 + ‖Tn‖2

2 − 2〈Fn, Tn〉 =

= ‖Fn − Tn‖22 + ‖ f ‖2

2 − ‖Fn‖22

quindimin‖ f − Tn‖2

2 : Tn ∈ T n = ‖ f ‖22 − ‖Fn‖2

2

ed il minimo è assunto quando Tn = Fn .Poichè quindi

‖ f − Tn‖22 ≥ ‖ f ‖2

2 − ‖Fn‖22

possiamo infine ottenere che

Disuguaglianza di Bessel - Per f ∈ F 2,

12

a20 +

+∞

∑k=1

(a2k + b2

k) ≤ 1π‖ f ‖2

2

Avremo inoltre che

‖ f − Fn‖22 = ‖ f ‖2

2 − ‖Fn‖22

e, poichè per f ∈ F 2 la serie di Fourier converge in media quadratica,otteniamo

limn‖ f ‖2

2 − ‖Fn‖22 = 0

Ciò si può riscrivere nella forma

25 settembre 2018—08:52:38 AnTot.TEX— [ Content/Analisi-10.tex]

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118 o.caligaris - p.oliva

uguaglianza di Parseval -

12

a20 +

+∞

∑k=1

(a2k + b2

k) =1π‖ f ‖2

2

Corollario 5.1 - Se f ∈ F 2 , allora, per ogni α ∈ R

limn

∫ π

−πf (x) sin(n + α)x dx = 0.

Dimostrazione. Si ha∫ π

−πf (x) sin(n + α)xdx =

=1π

∫ π

−π(π f (x) cos(αx)) sin(nx)dx+

∫ π

−π(π f (x) sin(αx)) cos(nx)dx

Perciò dal momento che le funzioni π f (x) sin(αx) e π f (x) cos(αx)

ristrette a [−π, π) sono in F , gli integrali sulla destra, che sono i lo-ro coefficienti di Fourier, hanno serie di quadrati convergente e sonopertanto infinitesimi. 2

Lemma 5.1 Sia f ∈ F 2 e sia Dn(t) definito da

Dn(t) =12

+n

∑k=1

cos kt ;

allora

Dn(t) =

sin(n+1/2)t

2 sin(t/2)0 < |t| ≤ π

n + 1/2 t = 0

ed inoltre

(23.4) Fn(x) =1π

∫ π

−πf (x + t)Dn(t)dt.

Dimostrazione. La prima parte segue dalle (22.2). Per il resto si ha

Fn(x) =1

∫ π

−πf (t)dt +

∫ π

−π

n

∑k=1

[ f (t) cos(kt) cos(kx)+

+ f (t) sin(kt) sin(kx)]dt =

=1π

∫ π

−πf (t)

(12

+n

∑k=1

cos k(t− x)

)dt =

=1π

∫ π

−πf (t)Dn(t− x)dt =

=1π

∫ π

−πf (t + x)Dn(t)dt

AnTot.TEX— [ Content/Analisi-10.tex] 25 settembre 2018—08:52:38

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complementi di analisi matematica 119

non appena si ricordi che se g è periodica di periodo 2π∫ π

−πg(t)dt =

∫ π+a

−π+ag(t)dt.

2

Nel seguito indicheremo con

f (x+) = limy→x+

f (x) , f (x−) = limy→x−

f (x).

Teorema 5.1 - Sia f ∈ F 2 e supponiamo che x sia tale che f (x+), f (x−),f ′+(x) ed f ′−(x) esistano finiti. Allora

12

[ f (x+) + f (x−)] =12

a0 ++∞

∑k=1

(ak cos kx + bk sin kx).

Dimostrazione. Si ha

12

+n

∑k=1

cos kt =sin(n + 1/2)t

2 sin(t/2)

e, moltiplicando per f (x+)/π e integrando su [0, π],

12

f (x+) =1π

∫ π

0f (x+)

sin(n + 1/2)t2 sin(t/2)

dt ;

analogamente

12

f (x−) =1π

∫ 0

−πf (x−)

sin(n + 1/2)t2 sin(t/2)

dt.

Per la (23.4) si ha allora

Fn(x)− 12

[ f (x+) + f (x−)] =

=1π

∫ π

0

f (x + t)− f (x+)

2 sin(t/2)sin(n + 1/2)tdt +

+1π

∫ 0

−π

f (x + t)− f (x−)

2 sin(t/2)sin(n + 1/2)tdt

e tenuto conto del corollario 23.10 si può concludere. 2

Teorema 5.2 Sia f ∈ F 2, se f è continua su R ed f ′ ∈ F 2 allora

lim ‖ f − Fn‖∞ = 0.

Dimostrazione. Per il teorema 23.12 Fn converge ad f puntualmenteed inoltre si ha

|ak cos kx + bk sin kx| ≤ |ak|+ |bk|.

Ora

|ak| =1k|b′k| ≤

12

(1k2 + |b′k|

2)

,

e si può pertanto concludere ricordando la disuguaglianza di Bessel.2

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120 o.caligaris - p.oliva

Teorema 5.3 Supponiamo che f ∈ F 2, allora

lim ‖ f − Fn‖2 = 0.

Dimostrazione. Dal momento che f 2 è integrabile, esiste una funzio-ne σ, costante a tratti, tale che

0 ≤ σ(x) ≤ f 2(x) e∫ π

−π[ f 2(x)− σ(x)]dx < ε2/25.

(σ può essere definita uguale a 0 in un intorno di ogni punto in cuif non è limitata, altrove come la funzione il cui integrale coincide conuna opportuna somma inferiore).

Definiamos(x) = sgn f (x) σ(x) ;

si has(x) f (x) = |s(x)|| f (x)| ≥ s2(x) = σ(x)

e

‖ f − s‖22 =

∫ π

−π[ f 2(x) + s2(x)− 2s(x) f (x)]dx ≤

≤∫ π

−π[ f 2(x)− s2(x)]dx ≤ ε2/25

Sia ora h una funzione continua, lineare a tratti in [−π, π] tale cheh(π) = h(−π) e

‖s− h‖2 ≤ ε/5.

(Se x0 è un punto di discontinuità di s è sufficiente definire in [x0 −δ, x0 + δ]

h(x) = (x− x0 + δ)[s(x0 + δ)− s(x0 − δ)]/(2δ) + s(x0 − δ);

altrove si definisca h = s. La scelta di δ deve essere fatta in mododa far sì che valga la condizione richiesta).

Ora, se Hn sono le ridotte della serie di Fourier di h, per il teorema23.13, si ha definitivamente

‖h− Hn‖∞ < ε/5

e si ha, tenuto conto della (23.1)

‖ f − Hn‖2 ≤ ‖ f − s‖2 + ‖s− h‖2 + ‖h− Hn‖2 ≤ ε/5 + ε/5 + 3ε/5 = ε

(si veda appendice 6) e per il corollario 23.8, definitivamente si ha

‖ f − Fn‖2 ≤ ‖ f − Hn‖2 ≤ ε.

2

AnTot.TEX— [ Content/Analisi-10.tex] 25 settembre 2018—08:52:38

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complementi di analisi matematica 121

Corollario 5.2 Sia f ∈ F 2, allora

12

a20 +

+∞

∑k=1

(a2k + b2

k) =1π‖ f ‖2

2.

Dimostrazione. Per il Lemma 23.7 si ha

‖ f − Fn‖22 = ‖ f ‖2

2 − ‖Fn‖22.

perciò, dal lemma 23.6 e dal teorema 23.14, si conclude. 2

Teorema 5.4 Sia f ∈ F 2 e supponiamo che f (p) ∈ F 2 e

‖ f (p)‖2 ≤ M.

Allora

| f (x)− Fn(x)| ≤ 2M(π(2p− 1))

1np−1/2 .

Dimostrazione. Si ha

| f (x)− Fn(x)| ≤+∞

∑k=n+1

|ak|+ |bk| =

=+∞

∑k=n+1

1kp (|a(p)

k |+ |b(p)k |) ≤

(dove con a(p)k e b(p)

k si sono indicati i coefficienti di Fourier di f (p))

≤ 2

(+∞

∑k=n+1

1k2p

)1/2( +∞

∑k=n+1

|a(p)k |

2 + |b(p)k |

2

)1/2

(si veda appendice 6)

≤ 2π‖ f (p)‖2

(+∞

∑k=n+1

1k2p

)1/2

≤ 2M(π(2p− 1))

1np−1/2

2

È anche molto interessante studiare il comportamento delle mediedi Cesaro della successione delle ridotte di una serie di Fourier, inquanto ciò permette di provare un importante teorema di approssima-zione per le funzioni continue e periodiche.

Ricordiamo che, date una successione an si chiamano medie di Ce-saro di an i termini bn della successione definita da bn = 1

n ∑nk=1 ak

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122 o.caligaris - p.oliva

Definizione 5.1 Sia f ∈ F 2 definiamo le medie di Cesaro Cn della succes-sione delle ridotte della serie di Fourier nella seguente maniera:

Cn(x) =1n

n−1

∑k=0

Fk(x)

Lemma 5.2 Sia f ∈ F 2 e sia Kn(t) definito da

Kn(t) =1n

n−1

∑k=0

Dk(t)

Si ha

kn(t) =

12n ( sinY2nt

sinY2t2

0 < (t) ≤ K

t = 0

ed inoltre

C− n(x) =1K

∫ K

−Kf (x + t)Kn(t)dt.

Dimostrazione. D se lemma 23.11, si ha

Kn(t) =1n

n−1

∑k=0

Dk(t) =1n

n−1

∑k=0

sin(k + 12 )t

2sin t2

=

12nsin t

2

n−1

∑k−0

(sinktcos 12 t + cosktsin 1

2 t)2sin t

2=

=1

2nsin t2

(cos

12

+(cos t

2 − cos(n− 12 )t)

2sin t2 + sin t

2+ sin

t2

(sin t2 + sin(n− 1

2 )t2sin t

2

)=

=1

2n(sin t2 )2

12(1 + sin

t2

sin(n− 12

)t− cost2

cos(n− 12

)t)

=

=1

2n(sin t2 )2

1− cosnt2

=1

2n(cosn t

2 )2

(sin t2 )2

l’espressione di Cn è ovvia conseguenza della fusione. 2

Teorema 5.5 - Fejér - Sia f continua in R e periodica di periodo 2π. Allorala successione Cn delle medie di Fejér converge uniformemente ad f su R.

Dimostrazione. Osserviamo innanzi tutto che Kn ≥ 0 e che poiché

1K

∫ K

−KDn(t)dt = 1 si ha

1K

∫ K

−KKn(t) = 1.

Osserviamo inoltre che, poiché la funzione sin x è concava in [0, K2 ] si

hasin x ≥ 2x

Kpertanto

0 ≤ 1sin t

2≤ K

t≤ K

δseδ ≤ t ≤ K

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complementi di analisi matematica 123

onde0 ≤ Kn(t) ≤ 1

2n(

)2 seδ ≤ t ≤ K

Poiché f è uniformemente continua su R ∀ε > 0∃δ > 0 tale che set < δ si ha | f (x + t)− f (x)| < ε ∀x ∈ R.

Pertanto si può ottenere che

|Cn(x)− f (x)| = 1K|∫ K

−K[ f (x + t)− f (x)Kn(t)dt| ≤

≤ 1K

∫ K

−K| f (x + t)− f (x)|Kn(t)dt =

=1K(∫ f− f | f (x + t)− f (x)|Kn(t)dt+

+∫|t|≥ f| f (x + t)− f (x)|(Kn|t|)dt

)≤

≤ 1K(ε∫ k

−KK(t)dt +

∫|t|≤ f| f (x− t)− f (x(|Kn|t|dt

)Ove, si ha

1K

∫ K

f| f (x + t)− f (x)|Kn(t)dt ≤

≤ 2‖ f ‖∞

k

∫ K

f(

Kf

)2dt =

=‖ f ‖∞

n f 2(K− f )

KK2 ≤

‖ f ‖∞K2

n< ε.

Se n è sufficientemente grandi. Analogamente per n grande

1K

∫ − f

−K| f (x + t)− f (x)|Kn(t)dt < ε

e|Cn(x)− f (x)| ≤ ε

K+ 2ε

se n è abbastanza grande Resta cosìprovato anche il seguente2

Teorema 5.6 - di approssimazione di Weierstrass - È possibile approssima-re uniformemente ogni funwione continua su R periodica di periodo 2π

mediante polinomi trigonometrici.

5.0.2 Serie di Fourier su intervalli generici

Naturalmente accade di voler sviluppare in serie di Fourier una fun-zione

f : [a, b]→ R

25 settembre 2018—08:52:38 AnTot.TEX— [ Content/Analisi-10.tex]

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124 o.caligaris - p.oliva

per cui è opportuno studiare come i risultati ottenuti su [−π, π] pos-sano essere usati per il caso in esame.

A tal fine è sufficiente considerare la funzione

g : [−π, π]→ R

definita da

g(x) = f(

a + (x + π)b− a2π

)Se infatti consideriamo il suo sviluppo in serie di Fourier

G(x) =12

a0 ++∞

∑k=1

ak cos kx + bk sin kx

doveak =

∫ π

−πg(t) cos ktdt , bk =

∫ π

−πg(t) sin ktdt

per k = 0, 1, .., n, .. . e, sotto opportune condizioni per g, possiamoaffermare che

g(x) = G(x)

da cui

f (x) = g(−π + (x− a)

b− a

)=

12

a0 ++∞

∑k=1

ak cos k(−π + (x− a)

b− a

)+ bk sin k

(−π + (x− a)

b− a

)(5.1)

Occorre a questo punto esprimere i coefficienti ak e bk in funzionedi f e questo può essere fatto integrando per sostituzione.

ak =1π

∫ π

−πg(t) cos kt dt =

∫ π

−πf(

a + (t + π)b− a2π

)cos ktdt =

=1π

∫ b

af (x) cos k

(−π + (x− a)

b− a

)d(−π + (x− a)

b− a

)=

=1π

b− a

∫ b

af (x) cos k

(−π + (x− a)

b− a

)dx =

=2

b− a

∫ b

af (x) cos k

(−π + (x− a)

b− a

)dx

In maniera del tutto simile si calcola che

bk =1π

∫ π

−πg(t) sin kt dt ==

b− a

∫ b

af (x) sin k

(−π + (x− a)

b− a

)dx =

=2

b− a

∫ b

af (x) sin k

(−π + (x− a)

b− a

)dx

AnTot.TEX— [ Content/Analisi-10.tex] 25 settembre 2018—08:52:38

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complementi di analisi matematica 125

Poichè, usando ad esempio le formule di addizione, si ottiene che

cos(kπ + β) = ± cos(β)

sin(kπ + β) = ± sin(β)

possiamo scrivere che

f (x) =12

a0 ++∞

∑k=1

ak cos k(

(x− a)2π

b− a

)+ bk sin k

((x− a)

b− a

)(5.2)

con

ak =2

b− a

∫ b

af (x) cos k

((x− a)

b− a

)dx

bk =2

b− a

∫ b

af (x) sin k

(+(x− a)

b− a

)dx

5.0.3 Casi Particolari interessanti

Per particolari scelte significative dell’intervallo [a, b] troviamo

Per [a, b] = [0, 2T]

f (x) =12

a0 ++∞

∑k=1

ak cos kxπ

T+ bk sin kx

π

T

con

ak =1T

∫ 2T

0f (x) cos k

π

Txdx

bk =1T

∫ 2T

0f (x) sin k

π

Txdx

Per [a, b] = [−T, T]

f (x) =12

a0 ++∞

∑k=1

ak cos k(x + T)π

T+ bk sin k(x + T)

π

T

con

ak =1T

∫ T

−Tf (x) cos k(x + T)

π

Tdx

bk =1T

∫ T

−Tf (x) sin k(x + T)

π

Tdx

ed anche

25 settembre 2018—08:52:38 AnTot.TEX— [ Content/Analisi-10.tex]

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126 o.caligaris - p.oliva

f (x) =12

a0 ++∞

∑k=1

ak cos kxπ

T+ bk sin kx

π

Tcon

ak =1T

∫ T

−Tf (x) cos kx

π

Tdx

bk =1T

∫ T

−Tf (x) sin kx

π

Tdx

in quanto

cos k(x + T)π

T= ± cos kx

π

T

sin k(x + T)π

T= ± sin k(x

π

T

5.0.4 Serie di Fourier in forma complessa

Consideriamo lo sviluppo di una funzione f su un intervallo [−t, T]

(si veda il paragrafo precedente); dalle formule di Eulero otteniamoche

cos kx =12

(eık π

T x + e−ık πT x)

sin kx =12ı

(eık π

T x − e−ık πT x)

e che

eık πT x = cos k

π

Tx + ısink

π

Tx

e−ık πT x = cos k

π

Tx− ı sin k

π

Tx

quindi

F(x) =12

a0 ++∞

∑k=1

ak cos kπ

Tx + bk sin k

π

Tx =

12

a0 ++∞

∑k=1

ak12

(eık π

T x + e−ık πT x)

+ bk12ı

(eık π

T x − e−ık πT x)

=

=12

a0 ++∞

∑k=1

12

(ak − ıbk) eık πT x +

12

(ak + ıbk) e−ık πT x

Se teniamo conto che

ak = a−k , bk = −b−k

ricaviamo infine che

F(x) =12

a0 ++∞

∑k=1

12

(ak − ıbk) eık πT x +

−∞

∑k=−1

12

(ak − ıbk) eık πT x =

=+∞

∑k=−∞

ckeık πT x =

+∞

∑k=−∞

ckeık πT x.

AnTot.TEX— [ Content/Analisi-10.tex] 25 settembre 2018—08:52:38

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complementi di analisi matematica 127

dove

ck =12

(a−k − ıb−k) =

=1

2T

∫ T

−Tf (x)

12

(cos k

π

Tx− ı sin k

π

Tx)

=

=1

2T

∫ T

−Tf (x)e−ık π

T x.

Riassumendo avremo che

F(x) =+∞

∑k=−∞

ckeık πT x

con

ck =1

2T

∫ T

−Tf (x)e−ık π

T x.

5.1 Il fenomeno di Gibbs.

I grafici delle ridotte di una serie di Fourier relativa ad una funzioneche presenta ’salti’ (diciamo che una funzione f presenta un salto inx0 se f (x0+) 6= f (x0−) ed entrambi sono reali) mettono in evidenzacome, in prossimità dei punti di ’salto’ la convergenza della serie diFourier non sia uniforme (si vedano i grafici a pag. 67). In prossimitàdi tali punti infatti si verifica una ’impennata’ dei grafici delle ridottestesse.

Tale comportamento può essere illustrato più precisamente comesegue

Sia f ∈ F 2 e sia x0 ∈ [−π, π) un punto di salto per f ; posto

σ = f (x0+)− f (x0−),

detta F la serie di Fourier di f ed Fn la sua ridotta n-esima, si ha(Teorema 20.22)

F(x0) = σ/2

ed inoltre esiste xn → x0, xn ≥ x0, tale che, se

GM = lim Fn(xn)

si ha

GMσ/2

=2π

∫ π

0

sins

ds = 1.17897974447216727023.. > 1

Questo fatto è noto come ’fenomeno di Gibbs’ ed è stato studiato inseguito a constatazioni sperimentali del fenomeno.

25 settembre 2018—08:52:38 AnTot.TEX— [ Content/Analisi-10.tex]

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128 o.caligaris - p.oliva

Per stabilire quanto abbiamo affermato cominciamo a considerare lapiù semplice funzione che presenta un ’salto’ che, nell’attuale contestoè data da:

φ(x) =

(x− π)/2 , sexin[0, π)

−(x + π)/2 , sex ∈ [−π, 0)

Si potrebbero ovviamente considerare funzioni più semplici dal pun-to di vista formale (ad esempio la solita funzione a gradino) ma nelnostro caso una simile scelta comporterebbe la perdita di notevolisemplificazioni di calcolo.

Consideriamo dunque la serie di Fourier di φ e le sue ridotte Φn.Avremo

Φ(x) =+∞

∑k=1

sin kxk

, Φn(x) =n

∑k=1

sin kxk

e quindi

x2

+ Φn(x) =x2

+n

∑k=1

sin kxk

=

=∫ x

0

(12

+n

∑k=1

cos kt)dt =

∫ x

0Dn(t)dt =

(si veda il lemma 23.11)

=∫ x

0

sin((n + 1/2)t)2 sin t/2

dt =

=∫ x

0

sin nt2 tan t/2

dt +12

∫ x

0cos nt dt =

=∫ x

0

sin ntt

dt +∫ x

0sin nt

(1

2 tan t/2− 1

t

)dt +

∫ x

0cos ntdt.

Ora non appena si osservi che

12 tan t/2

− 1t

=t− 2 tan t/2

2t tan t/2

è limitata in un intorno di 0, si ha che, comunque si scelga una succes-sione xn → 0 , xn ≥ 0

lim( xn

2+ Φn(xn)

)= lim

∫ xn

0

sin ntt

dt

essendo gli altri due integrali infinitesimi.Ora ∫ xn

0

sin ntt

dt =∫ nxn

0

sin tt

dt

eG = lim Φn(xn) = lim

∫ nxn

0

sin tt

dt.

AnTot.TEX— [ Content/Analisi-10.tex] 25 settembre 2018—08:52:38

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complementi di analisi matematica 129

Se nxn → α , α ∈ [0, +∞] , si ha

G =∫ α

0

sin tt

dt;

pertanto

G ∈ ∫ α

0

sin tt

dt : α ∈ R+ = [0,∫ π

0

sin tt

dt]

ed il valore massimo GM, il più sfavorevole nel nostro caso, che Gpossa assumere è

GM =∫ π

0

sin tt

dt >π

2.

Pertanto se

S =φ(0+)− φ(0−)

2=

π

2si ha

GMS

=2π

∫ π

0

sin tt

Più in generale se f ∈ F 2 e se x0 ∈ [−π, π) è un punto di salto perf , posto

σ = f (x0+)− f (x0−)

si ha

f (x) =(

f (x)− σ

πφ(x− x0)

)+

σ

πφ(x− x0) =

= f1(x) + f2(x)

Ora se Fn, F1n , F2

n , sono le ridotte della serie di Fourier di f , f1, f2,rispettivamente si ha

Fn(x) = F1n (x) + F2

n (x)

e, se xn → x0 , xn ≥ x0 , usando il teorema 23.12 si ottiene

G = lim Fn(xn)− σ

2= lim F1

n (xn)− σ

2+ lim F2

n (xn) =

= lim F2n (xn) = lim

σ

πΦn(xn − x0)

e se n(xn − x0)→ π, si ha

GM = lim Fn(xn)− σ

2=

σ

π

∫ π

0

sin tt

dt

onde

GMσ/2

=2π

∫ π

0

sin tt

dt = 1.17897974447216727023.. > 1.

25 settembre 2018—08:52:38 AnTot.TEX— [ Content/Analisi-10.tex]

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6. La Trasformata di Fourier.

Sostituendo i valori di ck nella serie otteniamo, nel caso in cui f = F ecioè f sia sviluppabile in serie di Fourier,

f (x) =+∞

∑k=−∞

(1

2T

∫ T

−Tf (s)e−ık π

T sds)

eık πT x =

=+∞

∑k=−∞

12T

∫ T

−Tf (s)e−ık π

T (s−x)ds ≈

≈+∞

∑k=−∞

− 12T

∫ +∞

−∞f (s)e−ık π

T (s−x)ds

non appena si supponga f assolutamente integrabile su R e T suffi-cientemente grande.

Se ora definiamo

ϕ(ω) =1

∫ +∞

−∞f (s)e−ık π

T (s−x)ds

Passando al limite per T → +∞ è quindi naturale affermare, e si puòdimostrare sotto opportune condizioni, che

f (x) =+∞

∑k=−∞

π

Tϕ(

T

)→∫ +∞

−∞ϕ(ω)dω

Otteniamo in questo modo che, sotto opportune ipotesi,

f (x) =1

∫ +∞

−∞

(∫ +∞

−∞f (s)e−ıkω(s−x)ds

)dω

e

f (x) =1

∫ +∞

−∞e−ıkωx

(∫ +∞

−∞f (s)eıkωsds

)dω

Quest’ultima uguaglianza è nota come Uguaglianza integrale diFourier e costituisce la base su cui si fonda la teoria delle trasformatedi Fourier.

6.1 L’INTEGRALE DI FOURIER.

Ricordiamo un risultato che si può ottenere dalle proprietà degli inte-grali dipendenti da un parametro. Si ha

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132 o.caligaris - p.oliva

∫ +∞

0

sin xx

dx =∫ +∞

0

sin αxx

dx =π

2∀α > 0.

Per la verifica di tale fatto rimandiamo all’appendice 3.Proviamo ora un risultato che estende il corollario 23.10.

Lemma 6.1 - Riemann-Lebesgue - Sia f una funzione limitata e integrabilesull’intervallo [a,b] chiuso e limitato. Allora

limα→+∞

∫ b

af (x) sin(αx + β)dx = 0 ∀β ∈ R.

Dimostrazione. Dal momento che f è integrabile, per ogni ε > 0 èpossibile trovare una funzione φ, costante a tratti su [a, b], in modo che

φ(x) ≤ f (x) ,∫ b

a( f (x)− φ(x))dx < ε/2.

E’ sufficiente infatti scegliere una partizione Pε ∈ P([a, b]), Pε = xi :i = 0, .., q, per cui

U( f , Pε)− L( f , Pε) < ε/2

e definire

φ(x) =q−1

∑i=0

miχ[xi ,xi+1)(x) mi = in f f (x) : x ∈ [xi , xi+1).

Si ha

∫ b

af (x)dx−

∫ b

aφ(x)dx =

∫ b

af (x)dx− L( f , Pε) ≤

≤ U( f , Pε)− L( f , Pε) < ε/2.

D’altra parte si ha

∣∣∣∣∫ b

aφ(x) sin(αx + β)dx

∣∣∣∣ =

∣∣∣∣∣q−1

∑i=0

mi

∫ xi+1

xi

sin(αx + β)dx

∣∣∣∣∣ =

=

∣∣∣∣∣q−1

∑i=0

mi− cos(αx + β)

α

∣∣xi+1xi

∣∣∣∣∣ ≤ 2Mqα

se M è un maggiorante di f .Pertanto, se scegliamo α > 4Mq/ε , si ottiene

AnTot.TEX— [ Content/Analisi-10.tex] 25 settembre 2018—08:52:38

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complementi di analisi matematica 133

∣∣∣∣∫ b

af (x) sin(αx + β)dx

∣∣∣∣ =

∣∣∣∣∫ b

a( f (x)− φ(x)) sin(αx + β)dx

∣∣∣∣++

∣∣∣∣∫ b

aφ(x) sin(αx + β)dx

∣∣∣∣ ≤ ε/2 + ε/2 = ε.

2

Il lemma 27.1 di Riemann-Lebesgue può essere esteso anche al casodi intervalli di integrazione non limitati o di funzioni non limitate.

Lemma 6.2 - Sia f : R −→ R, assolutamente integrabile (supponiamo cioèche | f | sia integrabile su R), allora

limα→+∞

∫ +∞

−∞f (x) sin(αx + β)dx = 0.

Dimostrazione. Supporremo per semplicità che f sia limitata su R

dal momento che nel caso generale la dimostrazione è solo apparente-mente più complicata.

Sia ε > 0 e sia δ > 0 scelto in modo che∫|x|>δ

| f (x)|dx < ε/2.

Allora∣∣∣∣∫ +∞

−∞f (x) sin(αx + β)dx| ≤

≤∣∣∣∣∫ δ

−δf (x) sin(αx + β)dx

∣∣∣∣+ ∫|x|>δ

| f (x)|| sin(αx + β)|dx ≤

≤∣∣∣∣∫ δ

−δf (x) sin(αx + β)dx

∣∣∣∣+ ε/2.

Applicando il lemma 27.1, se si sceglie α abbastanza grande, si puòaffermare che ∣∣∣∣∫ δ

−δf (x) sin(αx + β)dx

∣∣∣∣ ≤ ε/2

e la tesi. 2

Lemma 6.3 - Dini - Sia f : [a, b] −→ R , sia x ∈ (a, b) e supponiamo cheesista δ > 0 tale che ∫ δ

0

∣∣∣∣ f (x + s)− f (x+)

s

∣∣∣∣ ds

esista finito. Allora

limα→+∞

∫ δ

0f (x + s)

sin(αs)s

ds = f (x+).

25 settembre 2018—08:52:38 AnTot.TEX— [ Content/Analisi-10.tex]

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134 o.caligaris - p.oliva

Dimostrazione. Si ha∫ δ

0f (x + s)

sin(αs)s

ds =

=∫ δ

0

f (x + s)− f (x+)

ssin(αs)ds +

∫ δ

0f (x+)

sin(αs)s

ds =

=∫ δ

0

f (x + s)− f (x+)

ssin(αs)ds + f (x+)

∫ αδ

0

sinuu

du

Passando al limite per α → +∞ si può concludere ricordando illemma 27.2 e il fatto che ∫ +∞

0

sinuu

du =π

2.

2

Lemma 6.4 Sia f una funzione assolutamente integrabile su R e sia h unafunzione continua e limitata su R× I, allora

F(s) =∫ +∞

−∞f (t)h(t, s)dt

è una funzione continua in I.Se inoltre h è derivabile rispetto ad s e se (∂h/∂s) è limitata e continua in

R× I allora F è derivabile e si ha

F′(s) =∫ +∞

−∞f (t)

∂sh(t, s)dt.

Dimostrazione. Osserviamo innanzi tutto che, dal momento che ilprodotto di due funzioni integrabili e limitate è a sua volta integrabilesu intervalli chiusi e limitati e che

| f (t)h(t, s)| ≤ | f (t)|M

si ha che F(s) è ben definito ∀s ∈ I.Sia pertanto δ > 0 scelto in modo che∫

|x|>δ| f (t)|dt < ε

si ha

|F(s)− F(s0)| =∣∣∣∣∫ +∞

−∞f (t)[h(t, s)− h(t, s0)]dt

∣∣∣∣ ≤≤∫ δ

−δ| f (t)||h(t, s)− h(t, s0)|dt + 2M

∫|x|>δ

| f (t)|dt ≤

≤∫ δ

−δ| f (t)||h(t, s)− h(t, s0)|dt + 2Mε

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complementi di analisi matematica 135

Dal momento che h è uniformemente continua su [−δ, δ] × [s0 −σ, s0 + σ], si ottiene allora che

|F(s)− F(s0)| ≤ ε∫ +∞

−∞| f (t)|dt + 2Mε

non appena si sia scelto s convenientemente vicino ad s0, e la tesi.La seconda parte dell’enunciato si prova analogamente non appena

si ricordi anche il teorema 26.34. 2

Lemma 6.5 - scambio dell’ordine di integrazione - Sia f : R −→ R asso-lutamente integrabile su R e sia h : R× [0, α] −→ R continua e limitata.Allora ∫ α

0

∫ +∞

−∞f (t)h(t, s) dtds =

∫ +∞

−∞

∫ α

0f (t)h(t, s)dsdt.

Dimostrazione. Dal momento che il prodotto di funzioni integrabili èintegrabile, f(t)h(t,s) è integrabile su ogni insiemedel tipo [a, b]× [0, α]

e pertanto si ha

∫ b

a

∫ α

0f (t)h(t, s)dsdt =

∫ α

0

∫ b

af (t)h(t, s)dtds

non appena si tenga conto che il primo integrale iterato esiste per ilteorema 26.33, il secondo esiste per il lemma 27.4.

Passando al limite per a, b→ +∞ si ha∫ +∞

−∞

∫ α

0f (t)h(t, s)dsdt =

= lima,b→+∞

∫ b

a

∫ α

0f (t)h(t, s)dsdt =

= lima,b→+∞

∫ α

0

∫ b

af (t)h(t, s)dtds

D’altro canto si ha

lima,b→+∞

∫ α

0

∫ b

af (t)h(t, s)dtds =

=∫ α

0

∫ +∞

−∞f (t)h(t, s)dtds

l’integrale iterato a secondo membro essendo definito in virtù dellemma 27.4 ; infatti

∣∣∣∣∫ α

0

∫ b

af (t)h(t, s)dtds −

∫ α

0

∫ +∞

−∞f (t)h(t, s)dtds

∣∣∣∣ =

=

∣∣∣∣∫ α

0

∫t<a,t>b

f (t)h(t, s)dtds∣∣∣∣ ≤

≤ M∫ α

0

∫t<a,t>b

| f (t)|dtds ≤ αMε

25 settembre 2018—08:52:38 AnTot.TEX— [ Content/Analisi-10.tex]

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136 o.caligaris - p.oliva

se a e b sono scelti sufficientemente grandi, per l’assoluta conver-genza di f . 2

Teorema 6.1 - integrale di Fourier - Sia f : R −→ R assoluta- menteintegrabile su R. Sia x ∈ R un punto in cui

∫ δ

0

∣∣∣∣ f (x + s)− f (x+)

s

∣∣∣∣ ds e∫ 0

−δ

∣∣∣∣ f (x + s)− f (x−)

s

∣∣∣∣ ds

esistono finiti per δ > 0.Allora

f (x+) + f (x−)

2=

∫ +∞

0

∫ +∞

−∞f (t) cos ω(t− x)dtdω.

Dimostrazione. Si ha

limα→+∞

∫ +∞

−∞f (x + s)

sin(αs)s

ds =f (x+) + f (x−)

2.

Infatti

∫ +∞

−∞f (x + s)

sin(αs)s

ds =

=

(∫ −δ

−∞+∫ 0

−δ+∫ δ

0+∫ +∞

δ

)f (x + s)

sin(αs)s

ds.

Il primo e l’ultimo integrale tendono a 0, quando α → +∞, per illemma di 27.2; inoltre si ha, per il lemma 27.3

limα→+∞

∫ δ

0f (x + s)

sin(αs)s

ds = πf (x+)

2

e

limα→+∞

∫ 0

−δf (x + s)

sin(αs)s

ds = πf (x−)

2.

Ora

∫ +∞

−∞f (x + s)

sin(αs)s

ds =∫ +∞

−∞f (t)

sin a(t− x)

t− xdt =

=∫ +∞

−∞f (t)

∫ α

0cos ω(t− x)dωdt =

=∫ α

0

∫ +∞

−∞f (t) cos ω(t− x)dtdω

la prima uguaglianza essendo dovuta ad un cambio di variabile, laseconda a note formule di integrazione elementari, e la terza al lemma27.5 .

AnTot.TEX— [ Content/Analisi-10.tex] 25 settembre 2018—08:52:38

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complementi di analisi matematica 137

Si può perciò concludere che

∫ +∞

0

∫ +∞

−∞f (t) cos ω(t− x)dtdω =

=1π

limα→+∞

∫ α

0

∫ +∞

−∞f (t) cos ω(t− x)dtdω =

=1π

limα→+∞

∫ +∞

−∞f (x + s)

sin(αs)s

ds =

=f (x+) + f (x−)

2

2

Il teorema 27.6 si può porre in forma esponenziale usando sempliciconsiderazioni.

Teorema 6.2 Sia f : R −→ R soddisfacente le ipotesi del teorema 27.6.Allora

f (x+) + f (x−)

2=

12π

∫ +∞

−∞

∫ +∞

−∞f (t)e−iω(t−x)dtdω.

Dimostrazione. Per il teorema 27.6 si ha, dal momento che

F(ω) =∫ +∞

−∞f (t) cos ω(t− x)dt

è una funzione pari,

f (x+) + f (x−)

2=

12π

∫ +∞

−∞

∫ +∞

−∞f (t) cos ω(t− x)dtdω

mentre, dal momento che

G(ω) =∫ +∞

−∞f (t) sin ω(t− x)dt

è una funzione dispari

0 =1

∫ +∞

−∞

∫ +∞

−∞f (t)isinω(t− x)dtdω.

Sottraendo membro a membro si ha la tesi.Osserviamo esplicitamente che l’integrale esterno è da intendersi

nel senso della parte principale, ovvero∫ +∞

−∞= lim

T→+∞

∫ T

−T.

2

Definizione 6.1 Sia f : R −→ R una funzione assolutamente integrabile;chiamiamo trasformata di Fourier di f la funzione F ( f ) definita in R da

F ( f )(ω) =∫ +∞

−∞f (t)e−iωtdt.

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138 o.caligaris - p.oliva

Osserviamo che

F ( f )(ω) =∫ +∞

−∞f (t)e−iωtdt =

=∫ +∞

−∞f (t) cos(ωt)dt− i

∫ +∞

−∞f (t) sin(ωt)dt

e poiché | f | è integrabile, è lecito affermare l’esistenza dei tre inte-grali.

Osserviamo esplicitamente che l’integrale esterno è da intendersinel senso della parte principale, (o del valore principale) , ovvero∫ +∞

−∞= lim

T→+∞

∫ T

−T.

Definizione 6.2 Sia g : R −→ R, diciamo che g ammette antitrasformatadi Fourier se esiste

limα→+∞

12π

∫ α

−αg(ω)eiωtdω

per ogni t ∈ R. In tal caso chiamiamo F−1(g)(t) tale limite e F−1(g)

antitrasformata di Fourier di g.Si può più brevemente scrivere

F−1(g)(t) =1

∫ +∞

−∞g(ω)eiωtdω

intendendo il secondo integrale convergente nel senso della parte principale.

Procediamo ora ad elencare alcune semplici proprietà delle trasfor-mate di Fourier.

Osserviamo innanzi tutto che il teorema 27.7 può scriversi come

Teorema 6.3 Sia f : R −→ R soddisfacente le ipotesi del teorema 27.6 ; seinoltre f è continua in t si ha

f (t) = F−1(F ( f ))(t).

Teorema 6.4 - Siano f,g : R −→ R due funzioni assolutamente integrabili,allora

1.F (α f + βg) = αF ( f ) + βF (g) ∀α, β ∈ R;

2. se φ(t) = f (αt) , α 6= 0 , si ha

F (φ)(ω) =1|α|F ( f )

α

);

3. se φ(t) = f (t− t0) , t0 ∈ R , si ha

F (φ)(ω) = e−iωt0F ( f )(ω);

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complementi di analisi matematica 139

4. se φ(t) = eiω0tf(t) , ω0 ∈ R , si ha

F (φ)(ω) = F ( f )(ω−ω0).

Se inoltre f è derivabile e se f ′ è assolutamente integrabile su R, allora

5.F ( f ′)(ω) = iωF ( f )(ω);

6. sia φn(t) = tn f (t); se φ è assolutamente integrabile si ha

(−i)nF (φn)(ω) =dn

dωnF ( f )(ω);

7. se ∫ +∞

−∞|tn f (t)|dt < HMnn!

allora

F ( f )(ω) =+∞

∑n=0

(−i)nmnωn

n!per |ω| < 1/M

dovemn =

∫ +∞

−∞tn f (t)dt

è il momento di ordine n di f .

Se la maggiorazione vale senza n!, lo sviluppo in serie è valido per ogniω ∈ R.

Dimostrazione. 1) è ovvia per la linearità dell’integrale.Proviamo 2). Si ha per α > 0

F (φ)(ω) =∫ +∞

−∞f (αt)e−iωtdt =

∫ +∞

−∞f (t)e−i ω

α tdt =

=1αF ( f )

α

)e si può concludere, osservato che se α < 0 l’integrale a destra

risulta esteso a (+∞,−∞).3) Si ha

F (φ)(ω) =∫ +∞

−∞f (t− t0)e−iωtdt =

∫ +∞

−∞f (t)e−iω(t+t0)dt

= e−iωt0F ( f )(ω).

4) Si ha

F (φ)(ω) =∫ +∞

−∞f (t)eiω0te−iωtdt =

∫ +∞

−∞f (t)e−i(ω−ω0)tdt =

= F ( f )(ω−ω0)

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140 o.caligaris - p.oliva

5) Si ha

F ( f ′)(ω) =∫ +∞

−∞f ′(t)e−iωtdt =

= f (t)e−iωt∣∣+∞−∞ +

∫ +∞

−∞iω f (t)e−iωtdt

Ora, dal momento che f’ è integrabile su R, in quanto è ivi assolu-tamente integrabile, si ha che

limx→±∞

f (x) = limx→±∞

f (0) +∫ x

0f ′(t)dt

esiste finito, e pertanto deve essere

limx→±∞

f (x) = 0.

Ne viene cheF ( f ′)(ω) = iωF ( f )(ω).

6) Non appena si ricordi il lemma 27.4. Si ha

ddωF ( f )(ω) =

∫ +∞

−∞−it f (t)e−iωtdt.

7) Da 6) si ha

dn

dωnF ( f )(0) = (−i)n∫ +∞

−∞tn f (t)dt = (−i)nmn.

La tesi segue allora dal teorema 21.2.2

Definizione 6.3 Siano f , g : R −→ R assolutamente integrabili, g limita-ta; definiamo prodotto di convoluzione di f per g la funzione, che indicheremocon f ∗ g, definita da

( f ∗ g)(t) =∫ +∞

−∞f (s)g(t− s)ds.

Osserviamo subito che si ha

( f ∗ g)(t) =∫ +∞

−∞f (s)g(t− s)ds =

∫ +∞

−∞f (t− u)g(u)du = (g ∗ f )(t).

Vogliamo ora provare che F ( f ∗ g) = F ( f )F (g) essendo il prodottoa secondo membro il normale prodotto di funzioni.

Teorema 6.5 Siano f , g : R −→ R due funzioni assolutamente integrabili,g continua e limitata, allora

F ( f ∗ g) = F ( f )F (g).

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complementi di analisi matematica 141

Dimostrazione. Osserviamo intanto che

∫ +∞

−∞

∫ +∞

−∞f (s)g(t− s)e−iωtdtds =

=∫ +∞

−∞f (s)

(∫ +∞

−∞g(t− s)e−iωtdt

)ds

esiste in quanto f è assolutamente integrabile e, posto

G(s) =∫ +∞

−∞g(t− s)e−iωtdt,

G risulta continua per il lemma 27.4 e si ha

|G(s)| ≤∫ +∞

−∞|g(t− s)|dt ≤

∫ +∞

−∞|g(t)|dt = M.

Proviamo ora che

lima,b→+∞

∫ b

a

∫ +∞

−∞f (s)g(t− s)e−iωtdsdt =

=∫ +∞

−∞

∫ +∞

−∞f (s)g(t− s)e−iωtdtds

Si ha infatti per il lemma 27.5

∣∣∣∣∫ +∞

−∞

∫ +∞

−∞f (s)g(t− s)e−iωtdtds−

∫ b

a

∫ +∞

−∞f (s)g(t− s)e−iωtdsdt

∣∣∣∣ =

=

∣∣∣∣∫ +∞

−∞

∫t<a,t>b

f (s)g(t− s)e−iωtdtds∣∣∣∣ ≤

≤∫|s|≥c| f (s)|

(∫t<a,t>b

|g(t− s)e−iωt|dt)

ds+

+

∣∣∣∣∫ c

−cf (s)

(∫t<a,t>b

g(t− s)e−iωtdt)

ds∣∣∣∣ ≤

pur di scegliere c sufficientemente grande

≤ Mε +∫ b

−b| f (s)|

∫u<a+c,u>b−c

|g(u)e−iω(u+s)|duds ≤

≤ Mε +

(∫ b

−b| f (s)|ds

)(∫u<a+c,u>b−c

|g(u)|du)≤

≤ Mε + Kε

pur di scegliere anche a e b sufficientemente grandi.

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142 o.caligaris - p.oliva

Pertanto, usando la (27.1),

F ( f ∗ g)(ω) =∫ +∞

−∞

(∫ +∞

−∞f (s)g(t− s)ds

)e−iωtdt =

=∫ +∞

−∞

∫ +∞

−∞f (s)g(t− s)e−iωtdsdt =

=∫ +∞

−∞

∫ +∞

−∞f (s)g(t− s)e−iωtdtds =

=∫ +∞

−∞f (s)

(∫ +∞

−∞g(t− s)e−iωtdt

)ds =

=∫ +∞

−∞f (s)

(∫ +∞

−∞g(t)e−iω(t+s)dt

)ds =

=

(∫ +∞

−∞f (s)e−iωsds

)(∫ +∞

−∞g(t)e−iωtdt

).

2

Il teorema 27.11.5) permette di esprimere la trasformata di Fourierdi f ′ mediante la trasformata di Fourier di f , non appena sia f che f ′

siano assolutamente integrabili. Il risultato è molto utile e spesso vieneusato anche quando non ha più senso nell’ambito fin qui considerato.

Per giustificare l’uso esteso occorre fare riferimento alla nozionedi integrale di Riemann-Stieltjes che viene introdotto e studiato inappendice 1.

Osserviamo innanzi tutto che se f ∈ C1([a, b]) si ha∫ x

ad f (t) =

∫ x

af ′(t)dt = f (x)− f (a) ∀x ∈ [a, b]

e che, grazie alla nozione di integrale di Riemann-Stieltjes, si puòasserire che

f (x) = f (a) +∫ x

ad f (t)

ogniqualvolta f è una funzione continua o di variazione limitata.Ricordando pertanto che, se f’ è assolutamente integrabile, si ha

F ( f ′) =∫ +∞

−∞f ′(t)e−iωtdt =

∫ +∞

−∞e−iωtd f (t)

si può pensare di definire una nuova operazione di trasformazione chechiameremo di Fourier-Stieltjes nella seguente maniera.

Definizione 6.4 Sia f una funzione crescente limitata su R, chiamiamotrasformata di Fourier-Stieltjes di f la funzione S( f ) definita da

S( f )(ω) =∫ +∞

−∞e−iωtd f (t).

Osserviamo che S( f )(ω) è ben definito per ω ∈ R in quanto |e−iωt| =

1∀ω ∈ R.Si può analogamente definire S( f ) qualora f sia decrescente e limitata, e

quindi anche nel caso in cui f sia la differenza di funzioni crescenti limitate(sia cioè di variazione limitata su R).

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complementi di analisi matematica 143

Usando le proprietà degli integrali di Riemann-Stieltjes si può pro-vare che

Teorema 6.6 - Siano f,g due funzioni di variazione limitata su R, allora

1.S(α f + βg) = αS( f ) + βS(g) ∀α, β ∈ R ;

2. se φ(t) = f (αt) , α 6= 0 ,

S(φ)(ω) = sgn(α)S( f )(ω

α

);

3. se φ(t) = f (t− t0) , t0 ∈ R,

S(φ)(ω) = e−iωt0S( f )(ω);

4. se φ(t) = e−iω0tf(t) , ω0 ∈ R,

S(φ)(ω) = S( f )(ω−ω0);

5. se f è assolutamente integrabile su R allora

S( f )(ω) = iωF ( f )(ω);

6. se tn è assolutamente integrabile rispetto ad f su R allora

dn

dωn S( f )(ω) = (−i)n∫ +∞

−∞tne−iωtd f (t);

7. se ∣∣∣∣∫ +∞

−∞tnd f (t)

∣∣∣∣ ≤ HMnn!

allora

S( f )(ω) =+∞

∑n=0

(−i)nmn

n!ωn per |ω| < 1/M

dovemn =

∫ +∞

−∞tnd f (t)

è il momento di ordine n di Riemann-Stieltjes della funzione f .

Qualora la maggiorazione sia vera senza n! lo sviluppo in serie vale ∀ω ∈R .

La dimostrazione è analoga a quella del teorema 27.11 ove si usinoi teoremi di integrazione per sostituzione, per parti, derivazione sottoil segno di integrale, dati in appendice per gli integrali di Riemann-Stieltjes.

La trasformata di Fourier-Stieltjes è spesso usata quando si tratta-no argomenti di teoria di probabilità; ricollegandoci a quanto abbiamo

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144 o.caligaris - p.oliva

detto in precedenza, osserviamo che la 5) del teorema 27.15 è la rela-zione che consente di estendere la 5) del teorema 27.11 anche al casodelle funzioni non derivabili.

Allo scopo di consentire una rapida valutazione della possibilità diapplicazioni delle 6) e 7) nel teorema 27.15, osserviamo che

∫ +∞

0tnd f (t) = lim

δ→+∞

∫ δ

0tnd f (t) =

= limδ→+∞

δn f (δ)−∫ δ

0f (t)dtn =

= limδ→+∞

δn f (δ)−∫ δ

0ntn−1 f (t)dt

esiste finito se f è infinitesima per t → +∞ di ordine n + α conα > 0 .

Le maggiorazioni del punto 7) sono caratteristiche delle funzioniche tendono a zero per t→ +∞ con ordine esponenziale.

6.2 Il teorema del campionamento di Shannon

Consideriamo una funzione f che non abbia componenti di frequenzamaggiore di ω0, cioè supponiamo che

F(ω) = f (ω) = 0 per |ω| > ω0

Possiamo allora sviluppare F in serie di Fourier ed ottenere che, sedefiniamo Fp il prolungamento di F per periodicità,

Fp(ω) =+∞

∑k=−∞

cke−ık πω0

ω

con

ck =1

2ω0

∫ +ω0

−ω0

F(ω)eık πω0

ω.

(Osserviamo che i segni negli esponenziali che compaiono nella seriee nella definizione dei coefficienti hanno segno opposto a quello soli-tamente usato; ciò non cambia la sostanza in quanto la serie è estesa atutti gli interi)

Se adesso chiamiamo

H(ω) =

1 |ω| ≤ ω0

0 |ω| > ω0

possiamo scrivere che

F(ω) = Fp(ω)H(ω) =+∞

∑k=−∞

ck H(ω)e−ık πω0

ω

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complementi di analisi matematica 145

ed, antitrasformando,

12π

∫ +∞

−∞f (ω)eıωtdω =

=1

+∞

∑k=−∞

∫ +∞

−∞ck H(ω)e−ık π

ω0ωeıωtdω =

=1

+∞

∑k=−∞

ck

∫ +ω0

−ω0

e−ıω(k πω0−t)dω

Pertanto

f (t) =+∞

∑k=−∞

12π

ck

(eıω0(k π

ω0−t) − e−ıω0(k π

ω0−t)

ı(k πω0− t)

)=

=+∞

∑k=−∞

cksin(ω0(k π

ω0− t))

(k πω0− t)

=

Dalla definizione di f si ricava che

f (t) =1

∫ +∞

−∞F(ω)eıωtdω

e quindi

f(

ω0

)=

12π

∫ +ω0

−ω0

F(ω)eık πω0

ωdω = ckω0

π

ck =kπ

ω0

e ne concludiamo che

f (t) =+∞

∑k=−∞

ω0

πck

sin(ω0(k πω0− t))

ω0(k πω0− t)

=

=+∞

∑k=−∞

f(

ω0

) sin(ω0(k πω0− t))

ω0(k πω0− t)

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7. La trasformata di Laplace

Sia f : [0, +∞] −→ R una funzione continua a tratti che supponiamoprolungata a 0 sui reali negativi; definiamo

f (σ + iω) =∫ +∞

0f (t)e−(σ+iω)tdt

ovvero, se ξ = σ + iω ,

f (ξ) =∫ +∞

0f (t)e−ξtdt

per quei valori di ξ ∈ C per cui l’integrale risulta convergente.Allo scopo di chiarire la struttura del campo di definizione di f si

può dimostrare che: sea f (ξ0) esiste; allora f (ξ) risulta definita ancheper Re ξ > σ0.

Osserviamo che, se definiamo

fσ(t) =

f (t)e−σt, t ≥ 0

0 t < 0

si vede subito chef (σ + iω) = fσ(ω)

Diremo nel seguito che una funzione f : R −→ R è nella classe L se

• f (t) = 0 per t < 0

• f è continua a tratti

• | f (t)| ≤ Heσ0t con H, σ0 > 0.

Si può vedere che se f ∈ L allora f è definita almeno nel semipiano<ξ > σ0.

Elenchiamo di seguito alcune proprietà della trasformata di LaplaceSiano f , g ∈ L e supponiamo che f ed g siano definite nei semipiani

<ξ > σ0 e <ξ > σ1 rispettivamente.Allora

•˜(α f + βg)(ξ) = (α f + βg)(ξ)

se <ξ > maxσ0, σ1

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148 o.caligaris - p.oliva

• se φ(t) = f (αt) , α > 0

φ(ξ) =1α

f(

ξ

α

), Reξ > ασ0

• se φ(t) = f (t− t0) , t0 > 0

φ(ξ) = e−ξt0 f (ξ) , <ξ > σ0

• se φ(t) = eξ0tf(t) , ξ0 ∈ C

φ(ξ) = f (ξ − ξ0) , Reξ > σ0 + Reξ0

• se f è derivabile, se f ′ è continua a tratti

f ′(ξ) = ξ f (ξ)− f (0) , Reξ > σ0

• se φ(t) =∫ t

0 f (s)ds

φ)(ξ) =1ξ

f (ξ) Reξ > σ0.

• se φ(t) = t f (t) si ha φ ∈ L e si può affermare che

ddξ

f (ξ) = −φ(ξ).

• se

( f ∗ g)(t) =∫ +∞

−∞f (s)g(t− s)ds =

∫ t

0f (s)g(t− s)ds

allora si haf ∗ g = f g

nell’intersezione dei rispettivi semipiani di definizione

È anche possibile dimostrare un teorema di inversione per le tra-sformate di Laplace.

Se x ∈ R+ è tale che∫ δ

0

∣∣∣∣ f (x + s)− f (x+)

s

∣∣∣∣ ds e∫ 0

−δ

∣∣∣∣ f (x + s)− f (x−)

s

∣∣∣∣ ds

esistano finiti per δ > 0.Allora si ha

f (x+) + f (x−)

2=

12π

∫ +∞

−∞

∫ +∞

0f (t)e−(σ+iω)(t−x)dtdω , ∀σ > σ0

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complementi di analisi matematica 149

Osserviamo che si ha

f (x+) + f (x−)

2=

12π

∫ +∞

−∞e(σ+iω)x

(∫ +∞

0f (t)e−(σ+iω)tdt

)dω =

=1

∫ +∞

−∞e(σ+iω)x f (σ + iω)dω =

= lima→+∞

12π

∫ a

−ae(σ+iω)x f (σ + iω)dω

operando il cambio di variabile s = σ + iω si ottiene

f (x+) + f (x−)

2= lim

a→+∞

12πi

∫ σ+ia

σ−iaesx f (s)ds

e ciò si esprime scrivendo

f (x+) + f (x−)

2=

12πi

∫ σ+i∞

σ−i∞esx f (s)ds.

Quest’ultima formula è nota come formula di inversione di Mellin e lafunzione a secondo membro si chiama antitrasformata di Laplace.

25 settembre 2018—08:52:38 AnTot.TEX— [ Content/Analisi-11.tex]

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8. Equazioni E Sistemi Di EquazioniDifferenziali Ordinarie.

Sia I ⊂ R un aperto e sia A ⊂ R un aperto; sia Ω = I × A ⊂ R2,x0 ∈ I, y0 ∈ A, cioè (x0, y0) ∈ Ω.

Sia ancora f : Ω −→ R2 una funzione e consideriamo il problemadi trovare una funzione

y : (x0 − δ, x0 + δ) −→ A

derivabile e tale chey′(x) = f (x, y(x)) , x ∈ Iδ

y(x0) = y0(8.1)

Il problema enunciato si chiama problema di Cauchy.

8.1 Il teorema di esistenza ed unicità di Picard

È importante dimostrare un teorema di esistenza ed unicità per questoproblema.

Teorema 8.1 - Picard - Se f : I × A −→ Rn, I = [x0 − a, x0 + a], A =

y ∈ R : |y− y0| ≤ b e se sono verificate le seguenti condizioni:

• f è continua in Ω = I × A;

• | f (x, y1)− f (x, y2)| ≤ L|y1 − y2| ∀x ∈ I, ∀y1, y2 ∈ A

Allora, posto

M = max| f (x, y)| : (x, y) ∈ Ω e δ = mina,bM

esiste una ed una sola funzione y : Iδ −→ A soddisfacente il problema diCauchy

Dimostrazione. Osserviamo innanzi tutto che risolvere il problema diCauchy è equivalente a dimostrare esistenza ed unicità di una funzioney definita su Iδ continua e soddisfacente la

y(x) = y0 +∫ x

x0

f (t, y(t))dt , x ∈ Iδ (8.2)

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152 o.caligaris - p.oliva

Per questo scopo definiamo una successione di funzioni

yk : Iδ −→ A

mediante le y0(x) = y0

yk+1(x) = y0 +∫ x

x0

f (t, yk(t))dt

Le yk sono note come approssimazioni di Picard della soluzionedel problema di Cauchy.

Procediamo nella dimostrazione mettendo in evidenza i passi prin-cipali

Passo 1

La definizione di yk è coerente in quanto possiamo verificare per indu-zione che

yk(x) ∈ A, ∀x ∈ Iδ , ∀k ∈N

Si ha infattiy0(x) = y0 ∈ A ∀x ∈ Iδ

ed inoltre, supposto

yk(x) ∈ A ∀x ∈ Iδ

si ha

|yk+1(x)− y0| ≤∣∣∣∣∫ x

x0

| f (t, yk(t))|dt∣∣∣∣ ≤ M|x− x0| ≤ Mδ ≤ b

da cuiyk+1(x) ∈ A ∀x ∈ Iδ

Passo 2

Proviamo ora che la successione yk è uniformemente convergente suIδ.

Si ha

|yk+1(x)− yk(x)| ≤ MLk |x− x0|k+1

(k + 1)!

infatti

|y1(x)− y0(x)| ≤∣∣∣∣∫ x

x0

| f (t, y0)|dt∣∣∣∣ ≤ M|x− x0|

e, per induzione, supponendo

|yk(x)− yk−1(x)| ≤ MLk−1 |x− x0|kk!

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complementi di analisi matematica 153

si ottiene subito che

|yk+1(x)− yk(x)| ≤∣∣∣∣∫ x

x0

| f (t, yk(t))− f (t, yk−1(t))|dt∣∣∣∣ ≤

≤ L∣∣∣∣∫ x

x0

|yk(t)− yk−1(t)|dt∣∣∣∣ ≤

≤ MLk

k!

∣∣∣∣∫ x

x0

|t− x0|kdt∣∣∣∣ ≤ MLk |x− x0|k+1

(k + 1)!

Possiamo pertanto affermare che

|yk+p(x)− yk(x)| ≤p

∑h=1|yk+h(x)− yk+h−1(x)| ≤

≤p

∑h=1

MLk+h−1 |x− x0|k+h

(k + h)!=

=ML

p

∑h=1

Lk+h |x− x0|k+h

(k + h)!≤

≤ ML

k+p

∑i=k+1

(Lδ)i

i!= Ek,p

Passo 3

Ora, dal momento che

eLδ =+∞

∑i=1

(Lδ)i

i!

per k sufficientemente grande si ha che |Ek,p| < ε per ogni p ∈ N equindi yk converge uniformemente su Iδ ad una funzione che denote-remo con y.

Inoltre y è continua su Iδ in quanto è limite uniforme di funzionicontinue.

Passo 4

Verifichiamo che y è soluzione del problema di Cauchy.Se passiamo al limite per p→ +∞ otteniamo

|y(x)− yk(x)| ≤ ML

+∞

∑i=k+1

(Lδ)i

i!=

ML

(eLδ −

k

∑i=0

(Lδ)i

i!

)=

=ML

eξ (Lδ)k+1

(k + 1)!≤ M

LeLδ (Lδ)k+1

(k + 1)!= Ek

essendo |ξ| ≤ Lδ.

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154 o.caligaris - p.oliva

Ovviamente limk Ek = 0 e, dal momento che

yk+1(x) = y0 +∫ x

x0

f (t, yk(t))dt

e che∣∣∣∣∫ x

x0

[ f (t, yk(t))− f (t, y(t))]dt∣∣∣∣ ≤ ∣∣∣∣∫ x

x0

L|yk(t)− y(t)|dt∣∣∣∣ ≤ LδEk

si ha, per k→ +∞

y(x) = y0 +∫ x

x0

f (t, y(t))dt

ed y è soluzione di 8.2 e quindi del problema di Cauchy.

Passo 5

Per quanto riguarda l’unicità della soluzione osserviamo che, se y e zsono soluzioni del problema di Cauchy, allora

|y(x)− z(x)| ≤ L∣∣∣∣∫ x

x0

|y(t)− z(t)|dt∣∣∣∣

e per il lemma di Gronwall si può concludere.2

Usando argomentazioni simili a quelle del teorema precedente sipuò provare per induzione che:

Con le notazioni e le ipotesi del teorema di esistenza ed unicità,si ha

|yk(x)− y(x)| ≤ ML

(Lδ)k+1

(k + 1)!.

Definizione 8.1 Consideriamo il problema di Cauchy (30.1) e supponiamoche y : [a, b) −→ A sia una soluzione.

Diciamo che y è una soluzione prolungabile a destra se esiste

z : [a, c) −→ A

soluzione, con c > b e y(x) = z(x) ∀x ∈ [a, b).

Una applicazione del lemma di Gronwall assicura che:

Teorema 8.2 Consideriamo il problema (30.1) e supponiamo che

1. f sia continua in Ω ;

2. ‖ f (x, y1)− f (x, y2)‖ ≤ L‖y1 − y2‖ ∀x ∈ I, ∀y1, y2 ∈ A .

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complementi di analisi matematica 155

Allora, se y e z sono due soluzioni definite sugli intervalli I1 ed I2 rispet-tivamente, si ha

y(x) = z(x) ∀x ∈ I1 ∩ I2.

Dimostrazione. E’ sufficiente considerare la funzione ‖y(x)− z(x)‖ed osservare che, se x ∈ I1 ∩ I2

‖y(x)− z(x)‖ ≤∫ x

x0

L‖y(t)− z(t)‖dt.

2

Definizione 8.2 Siano A, B ⊂ Rn, definiamo distanza tra i due insiemi

d(A, B) = in f ‖x− y‖ : x ∈ A , y ∈ B .

Si prova che

Lemma 8.1 Siano A, B ⊂ Rn, A compatto, B chiuso, A ∩ B = ∅; allora

d(A, B) > 0.

Dimostrazione. Supponiamo per assurdo che

d(A, B) = in f ‖x− y‖ : x ∈ A , y ∈ B = 0;

allora esistono xn ∈ A e yn ∈ B tali che ‖xn − yn‖ → 0.Dal momento che A è compatto esiste xnk → x ∈ A e da ciò segue

che ynk → x ∈ B. Ciò è assurdo perché A ∩ B = ∅. 2

Teorema 8.3 Consideriamo il problema di Cauchy (30.1) e supponiamo chesiano verificate le seguenti condizioni

1. f è continua in Ω ;

2. ‖ f (x, y1)− f (x, y2)‖ ≤ L‖y1 − y2‖ ∀x ∈ I , ∀y1, y2 ∈ A .

Allora, se y è una soluzione definita su [a, b) e se poniamo

Γ = (x, y(x)) : x ∈ [a, b)

sono equivalenti le seguenti condizioni:

1. y è prolungabile a destra;

2. Γ è limitato e d(Γ, ∂Ω) > 0.

Dimostrazione. 1)⇒ 2). Dal momento che y è prolungabile a destraesiste z : [a, c) −→ R, c > b soluzione del problema di Cauchy, tale che

y(x) = z(x) ∀x ∈ [a, b)

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156 o.caligaris - p.oliva

e pertanto possiamo prolungare y per continuità su [a, b].Definiamo

G = (x, y(x)) : x ∈ [a, b] ;

si ha che G = clΓ e G è compatto. Pertanto Γ è limitato e d(Γ, ∂Ω) >

d(G, ∂Ω) > 0 per il precedente lemma, poiché G ⊂ Ω e ∂Ω ⊂ clΩc = Ωc.

2)⇒ 1). Vediamo innanzi tutto che

clΓ ⊂ Ω,

infatti 0 < d(Γ, ∂Ω) = d(clΓ, ∂Ω) per cui clΓ ∩ ∂Ω = ∅ ed inoltre

clΓ ⊂ clΩ = ∂Ω ∪Ω.

Vediamo ora che esiste finito

limx→b−

y(x);

è infatti possibile applicare il criterio di Cauchy ad y in quanto

‖y(x1)− y(x2)‖ ≤ M|x1 − x2‖.

doveM = max f (x, y) : (x, y) ∈ clΓ.

Definiamo pertantoy(b) = lim

x→b−y(x);

si halim

x→b−y′(x) = lim

x→b−f (x, y(x)) = f (b, y(b))

ed allora y′−(b) = f (b, y(b)) da cui y soddisfa il problema di Cauchyin [a, b].

Ora, poiché (b, y(b)) ∈ clΓ ⊂ Ω e Ω è aperto, esiste r > 0, con(b, y(b)) + S(0, r) ⊂ Ω e per il teorema di esistenza ed unicità esistez : (b− δ, b + δ) −→ A tale chez′(x) = f (x, z(x))

z(b) = y(b)

e quindi la funzione y(x) , x ∈ [a, b)

z(x) , x ∈ [b, b + δ)

prolunga a destra la soluzione. 2

Teorema 8.4 Sia I = (x0 − a, x0 + a) e sia f : I ×Rn −→ Rn ; supponia-mo che f sia continua e soddisfi una delle due seguenti condizioni

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complementi di analisi matematica 157

1) ‖ f (x, y)‖ ≤ M ∀x ∈ I , ∀y ∈ Rn, ed inoltre f è lipschitziana sugliinsiemi limitati contenuti in I ×Rn ;

2) ‖ f (x, y1)− f (x, y2)‖ ≤ L‖y1 − y2‖ ∀x ∈ I , ∀y ∈ Rn .Allora esiste una ed una sola soluzione del problema di Cauchy (30.1)

definita su I.

Dimostrazione. Se vale 1) e se y è una soluzione del problema diCauchy definita in (x0 − δ, x0 + δ) con δ < a si ha

‖y(x)− y0‖ ≤ M|x− x0|;

pertanto y è una soluzione limitata e, per il teorema 30.8 è prolunga-bile.

Se vale 2) e se y è una soluzione del problema di Cauchy definitasu (x0 − δ, x0 + δ) con δ < a si ha

‖y(x)− y0‖ =

∣∣∣∣∫ x

x0

f (t, y(t))dt∣∣∣∣ ≤

≤∣∣∣∣∫ x

x0

‖ f (t, y(t))− f (t, y0)‖dt∣∣∣∣ +

∣∣∣∣∫ x

x0

‖ f (t, y0)‖dt∣∣∣∣ ≤

≤∣∣∣∣∫ x

x0

L‖y(t)− y0‖dt∣∣∣∣ +

∣∣∣∣∫ x

x0

‖ f (t, y0)‖dt∣∣∣∣

e per il lemma di Gronwall si ha

‖y(x)− y0‖ ≤∣∣∣∣∫ x

x0

‖ f (t, y0)‖dt∣∣∣∣ eL|x−x0|.

Pertanto y è limitata e quindi prolungabile per il teorema 30.8. 2

Passiamo ora a considerare la dipendenza delle soluzioni di unproblema di Cauchy dai dati: vediamo, in altre parole, quali altera-zioni subiscono le soluzioni in presenza di cambiamenti dei dati delproblema.

La questione è evidentemente importante in quanto i problemi diCauchy sono di grande utilità nella modellistica matematica e non sipuò sperare che le funzioni ed i dati che entrano a definire un modellomatematico descrivano il fenomeno da studiare senza alcun marginedi errore.

Lo scopo dello studio della dipendenza dai dati è perciò di fornireuna valutazione delle modificazioni introdotte dall’approssimazionedei dati nelle soluzioni.

Teorema 8.5 Con le notazioni e le ipotesi del teorema 30.2, sia y una solu-zione del problema di Cauchyy′(x) = f (x, y(x)) , x ∈ Iδ = [x0 − δ, x0 + δ]

y(x0) = y0

25 settembre 2018—08:52:38 AnTot.TEX— [ Content/Analisi-11.tex]

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158 o.caligaris - p.oliva

Allora se z0 ∈ A e se z è la soluzione del problema di Cauchyz′(x) = f (x, z(x)) , x ∈ Iδ1

z(x0) = z0

si ha‖y(x)− z(x)‖ ≤ ‖y0 − z0‖eL|x−x0| ∀x ∈ Iδ1 ∩ Iδ .Inoltrese g : I × A −→ Rn e se w è la soluzione del problema di Cauchyw′(x) = g(x, w(x)) , x ∈ Iδ2

w(x0) = y0

si ha‖y(x)− w(x)‖ ≤

∣∣∣∫ xx0‖ f (t, w(t))− g(t, w(t))‖dt

∣∣∣ eL|x−x0| ,∀x ∈ Iδ2 ∩ Iδ .Infinese ξ0 ∈ I, e se u è la soluzione del problema di Cauchyu′(x) = f (x, u(x)) , x ∈ Iδ3

u(ξ0) = y0

si ha‖y(x)− u(x)‖ ≤ M|ξ0 − x0|eL|x−x0| , ∀x ∈ Iδ3 ∩ Iδ.

Dimostrazione. Nel primo caso si ha

‖y(x)− z(x)‖ ≤ ‖y0 − z0‖+

∣∣∣∣∫ x

x0

‖ f (t, y(t))− f (t, z(t))‖dt∣∣∣∣ ≤

≤ ‖y0 − z0‖+

∣∣∣∣∫ x

x0

L‖y(t)− z(t)‖dt∣∣∣∣

e si conclude per il lemma di Gronwall.Nel secondo caso si ha

‖y(x)− w(x)‖ ≤∣∣∣∣∫ x

x0

‖ f (t, y(t))− g(t, w(t))‖dt∣∣∣∣ ≤

≤∣∣∣∣∫ x

x0

‖ f (t, y(t))− f (t, w(t))‖dt∣∣∣∣+

+

∣∣∣∣∫ x

x0

‖ f (t, w(t))− g(t, w(t))‖dt∣∣∣∣ ≤

≤∣∣∣∣∫ x

x0

‖ f (t, w(t))− g(t, w(t))‖dt∣∣∣∣+

+

∣∣∣∣∫ x

x0

L‖y(t)− w(t)‖dt∣∣∣∣

ed ancora si conclude per il lemma di Gronwall.

AnTot.TEX— [ Content/Analisi-11.tex] 25 settembre 2018—08:52:38

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complementi di analisi matematica 159

Nell’ultimo caso si ha

‖y(x)− u(x)‖ =

∣∣∣∣∣∣∣∣∫ x

x0

f (t, y(t))dt−∫ x

ξ0

f (t, u(t))dt∣∣∣∣∣∣∣∣ ≤

≤∣∣∣∣∣∣∣∣∫ ξ0

x0

f (t, u(t))dt∣∣∣∣∣∣∣∣+ ∣∣∣∣∣∣∣∣∫ x

x0

[ f (t, y(t))− f (t, u(t))]dt∣∣∣∣∣∣∣∣ ≤

≤ M|ξ0 − x0|+∣∣∣∣∫ x

x0

L‖y(t)− u(t)‖dt∣∣∣∣

ed anche qui si conclude per il lemma di Gronwall. 2

Osserviamo a completamento del teorema 30.10 che se f e g soddi-sfano le condizioni del teorema 30.2, y è la soluzione del problema diCauchy y′(x) = f (x, y(x)) , x ∈ Iδ

y(x0) = y0

e v è la soluzione del problema di Cauchyv′(x) = g(x, v(x)) , x ∈ Iδ′

v(ξ0) = v0

essendo ξ0 ∈ I, v0 ∈ A si ha

‖y(x)− v(x)‖ ≤ ‖y(x)− z(x)‖+ ‖z(x)− w(x)‖+ ‖w(x)− v(x)‖

dove z e w sono le soluzioni dei problemi di Cauchyz′(x) = f (x, z(x))

w′(x) = g(x, w(x))

z(x0) = v0

w(x0) = v0

E’ facile ricavare dalle precedenti disuguaglianze una valutazionecomplessiva dell’errore commesso sostituendo v ad y.

Possiamo altresì ottenere il seguente corollario.

Corollario 8.1 Con riferimento al teorema 30.10 si ha che∀ε > 0 ∃δε > 0 tale che se ‖y0 − z0‖ < δε

si ha‖y(x)− z(x)‖ < ε ∀x ∈ Iδ ∩ Iδ1 ;∀ε > 0 ∃δε > 0 tale che se

sup‖ f (x, y)− g(x, y)‖ : (x, y) ∈ I × A < δε

si ha ‖y(x)− w(x)‖ < ε ∀x ∈ Iδ ∩ Iδ2 ;∀ε > 0 ∃δε > 0 tale che se |ξ0 − x0| < δε si ha‖y(x)− u(x)‖ < ε ∀x ∈ Iδ ∩ Iδ3 .

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160 o.caligaris - p.oliva

I precedenti risultati sulla dipendenza delle soluzioni dai dati ini-ziali perdono significato qualora si considerino valori grandi dell’am-piezza a dell’intervallo I. In tal caso infatti, anche supponendo che lesoluzioni del problema di Cauchy siano definite sulla semiretta x ≥ x0,le maggiorazioni ottenute tendono all’infinito.

Lo studio del comportamento delle soluzioni di una equazione dif-ferenziale sulla semiretta x ≥ x0 si definisce studio della stabilità.

Nell’affrontare questo studio premettiamo alcune considerazioni:innanzi tutto studieremo soltanto la stabilità di soluzioni definite perx ≥ x0; inoltre, a meno di considerare una equazione ottenuta con unsemplice cambio di variabili, ci si può sempre ricondurre allo studiodella stabilità della soluzione identicamente nulla. Infatti z è soluzionedi

(30.4)y′(x) = f (x, y(x)) , x ≥ x0

se e solo se la funzione identicamente nulla risolve

y′(x) = f (x, z(x) + y(x))− z′(x) , x ≥ x0 .

Onde evitare noiose ed inutili ripetizioni stabiliamo una volta pertutte le generalità della situazione che considereremo nell’ambito dellostudio della stabilità.

Sia f : [x0, +∞)× A −→ A, A = y ∈ Rn : ‖y‖ < ae supponiamo che:

f sia continua in [x0, +∞)× A,

(30.5) ‖ f (x, y1)− f (x, y2)‖ ≤ LB‖y1 − y2‖

∀(x, y1), (x, y2) ∈ B ∀B ⊂ [x0, +∞)× A limitato,f (x, 0) = 0 , se x ≥ x0.Osserviamo che le condizioni (30.5) assicurano che la soluzione del proble-

ma di Cauchy y′(x) = f (x, y(x))

y(x0) = y0

esiste per x ∈ [x0, x0 + δ] , con δ opportuno ed è ivi unicamente determinata.In accordo con il teorema di prolungabilità considereremo sempre soluzionidefinite su un intervallo massimale a destra che indicheremo con [x0, b).

Osserviamo anche che le condizioni (30.5) assicurano che la funzione iden-ticamente nulla, y(x) ≡ 0 , x ≥ x0 , è soluzione del problema di Cauchy(30.6) con dato iniziale nullo , y0 = 0.

Definizione 8.3 Supponiamo verificate le condizioni (30.5); diciamo che lasoluzione nulla è stabile per l’equazione (30.4) se

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complementi di analisi matematica 161

∀ε > 0 ∃δε > 0 tale che se ‖y0‖ < δε , detta y(x, y0) la soluzione delproblema (30.6), y(x, y0) è definita per x ≥ x0 e si ha ‖y(x, y0)‖ < ε

∀x ≥ x0 .

Definizione 8.4 Supponiamo verificate le condizioni (30.5); diciamo che lasoluzione nulla è asintoticamente stabile per l’equazione (30.4) se è stabile ese esiste δ > 0 tale che per ‖y0‖ < δ ,

limx→+∞

y(x, y0) = 0.

E’ facile provare il seguente criterio di stabilità per i sistemi lineari.

Teorema 8.6 Sia M : [x0, +∞) −→Mn continua e consideriamo il sistemalineare

y′(x) = M(x)y(x).

Sia G una matrice fondamentale del sistema; allora la soluzione identicamentenulla è stabile se e solo se

‖G(x)‖ ≤ K , ∀x ≥ x0 ;

inoltre la soluzione nulla è asintoticamente stabile se e solo se

limx→+∞

‖G(x)‖ = 0.

Dimostrazione. Il teorema 18.11 e le seguenti considerazioni mostrano chela soluzione y(x, y0) del problema di Cauchyy′(x) = M(x)y(x) , x ≥ x0

y(x0) = y0

si può esprimere nella forma

y(x) = G(x)C , ove C = G−1(x0)y0 .

Pertanto si hay(x, y0) = G(x)G−1(x0)y0

e‖y(x, y0)‖ ≤ ‖G(x)‖ ‖G−1(x0)‖ ‖y0‖.

Ciò permette di concludere sulla sufficienza delle condizioni proposte per lastabilità e l’asintotica stabilità della soluzione nulla.

Per ottenere anche la necessità osserviamo che se la soluzione nulla è stabilee se ‖y0‖ < δ si ha ‖y(x, y0)‖ < 1 e, per la linearità del sistema, ognisoluzione è limitata per x ≥ x0; tale pertanto risulterà anche ‖G(x)‖.

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162 o.caligaris - p.oliva

Analogamente, se la soluzione nulla è asintoticamente stabile e se ‖y0‖ <δ, si ha

limx→+∞

‖y(x, y0)‖ = 0.

Per la linearità, tutte le soluzioni, e la matrice G, saranno allora infinitesi-me per x → +∞. 2

Nello studio della stabilità dei sistemi non lineari è di grande utilità unrisultato di confronto per soluzioni di disequazioni differenziali.

Stabiliamo innanzi tutto le condizioni in cui opereremoSia ω : I × R −→ R , I, R ⊂ R intervalli e supponiamo che

(30.7) ω sia continua in I × R,

|ω(x, y1)−ω(x, y2)| ≤ LB|y1 − y2|

∀(x, y1), (x, y2) ∈ B , ∀B ⊂ I × R limitato.

Consideriamo la disequazione differenzialey′(x) ≤ ω(x, y(x)) , x ∈ Iδ

y(x0) ≤ y0

L’esistenza di soluzioni della (30.8) è ovvia conseguenza del teorema diesistenza ed unicità; non così si può dire dell’unicità della soluzione.

Si può tuttavia provare il seguente notevole risultato

Teorema 8.7 Siano soddisfatte le condizioni (30.7) e sia z una soluzione della(30.8) definita su un intervallo J; se y è la soluzione del problemay′(x) = ω(x, y(x)) , x ∈ J1

y(x0) = y0

allora si haz(x) ≤ y(x) ∀x ∈ J ∩ J1.

Dimostrazione. Sia u(x) = z(x)− y(x), si ha u(x0) ≤ 0; supponiamoche esista x1 > x0 tale che u(x1) > 0 e consideriamo l’insieme

N = x ∈ [x0, x1] : u(x) = 0.

Dal momento che u è continua N 6= ∅ (Teorema degli zeri) ed inoltre N èchiuso. Sia pertanto

ξ = max N;

si hau(ξ) = 0 , u(x) > 0 ∀x ∈ (ξ , x1]

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complementi di analisi matematica 163

ed inoltre, dal momento che (x, u(x)) : x ∈ [ξ , x1] è compatto, possiamoaffermare che

u′(x) = z′(x)− y′(x) ≤ ω(x, z(x))−ω(x, y(x)) ≤≤ |ω(x, z(x))−ω(x, y(x))| ≤ L|z(x)− y(x)| = L|u(x)|

eu(x) ≤ u(ξ) +

∫ x

ξL|u(t)|dt , ∀x ∈ [ξ , x1] .

Ma per il lemma di Gronwall

0 < u(x1) ≤ u(ξ)eL(x1−ξ) = 0

il che è assurdo. 2

Un immediato corollario del precedente risultato è dato dal seguente teore-ma di esistenza globale per un sistema differenziale:

Teorema 8.8 Supponiamo che f : [x0, +∞) ×Rn −→ Rn sia continua elipschitziana in y, uniformemente rispetto ad x, sugli insiemi limitati.

Supponiamo inoltre che esista V : [x0, +∞)×Rn −→ R differenziabile,tale che

∂V∂x

(x, y) + 〈∇yV(x, y), f (x, y)〉 ≤ ω(x, V(x, y))

per ogni (x, y) ∈ [x0, +∞)×Rn, essendo ω una funzione soddisfacente lecondizioni (30.7) con I = [x0, +∞) e R = R.

Allora, selim

‖y‖→+∞V(x, y) = +∞

uniformemente su ogni compatto K ⊂ [x0, +∞), si ha che, qualora il proble-ma di Cauchy (30.9), con dato iniziale V(x0, y0), ammetta soluzioni definiteper x ≥ x0, anche il problema (30.1) ammette soluzioni definite per x ≥ x0.

Dimostrazione. Sia y(x, y0) la soluzione del problema di Cauchyy′(x) = f (x, y(x))

y(x0) = y0

e supponiamo che [x0, b) sia l’intervallo massimale di definizione per y(x, y0).Posto

v(x) = V(x, y(x, y0))

si ha

v′(x) =∂V∂x

(x, y(x, y0)) + 〈∇yV(x, y(x, y0)), y′(x, y0)〉 =

=∂V∂x

(x, y(x, y0)) + 〈∇yV(x, y(x, y0)), f (x, y(x, y0))〉 ≤

≤ ω(x, V(x, y(x, y0))) = ω(x, v(x)) , x ∈ [x0, b)

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164 o.caligaris - p.oliva

ev(x0) = V(x0, y0).

Pertanto ne viene che, detta z una soluzione definita su x ≥ x0 del problemadi Cauchy z′(x) = ω(x, z(x))

z(x0) = V(x0, y0)

si hav(x) ≤ z(x) , x ∈ [x0, b)

eV(x, y(x, y0)) ≤ z(x) , x ∈ [x0, b) .

Per quanto visto sulla prolungabilità delle soluzioni (Teorema 30.8), se fosseb < +∞ dovrebbe esistere xn → b− tale che

lim ‖y(xn, y0)‖ = +∞

da cuilim V(xn, y(xn, y0)) = +∞

e ciò è assurdo perché

lim z(xn) = z(b) ∈ R .

2

Corollario 8.2 Supponiamo che f : [x0, +∞)×Rn −→ Rn sia continua elipschitziana in y, uniformemente rispetto ad x, sugli insiemi limitati.

Supponiamo inoltre che esistano α : [x0, +∞) −→ R continua, β :R+ −→ R+ continua e crescente, con∫ +∞

0

1β(s)

ds = +∞

tali che‖ f (x, y)‖ ≤ α(x)β(‖y‖).

Allora il problema (30.1) ammette soluzioni definite per x ≥ x0

Dimostrazione. Posto

V(x, y) =∫ (1+‖y‖2)

01/β(s)ds , ω(x, y) = α(x)

si può concludere dal teorema 30.16, tenendo conto che

〈∇yV(x, y), f (x, y)〉 ≤ 〈y, f (x, y)〉(1 + ‖y‖2)β((1 + ‖y‖2))

≤ ‖ f (x, y)‖β(‖y‖) ≤ α(x)

2

Consideriamo ora condizioni che siano atte a garantire la stabilità dellasoluzione identicamente nulla per l’equazione (30.4).

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complementi di analisi matematica 165

Definizione 8.5 Siano verificate le condizioni (30.5) e (30.7) con I = [x0, +∞),e sia

V : [x0, +∞)× A −→ R

un funzione differenziabile. Supponiamo che ω(x, 0) = 0 e che

λ : [0, a) −→ R

sia una funzione strettamente crescente, continua, con λ(0) = 0.Diremo che V è una funzione di Liapunov per l’equazione differenziale

(30.4) con funzione di confronto ω se si ha cheV(x, 0) = 0 , V(x, y) ≥ λ(‖y‖)∂V∂x (x, y) + 〈∇yV(x, y), f (x, y)〉 ≤ ω(x, V(x, y))

L’equazione differenziale

y′(x) = ω(x, y(x))

verrà indicata col nome di equazione di confronto.

Passiamo ora a provare il seguente risultato

Teorema 8.9 Supponiamo che V sia una funzione di Liapunov per l’equazio-ne differenziale (30.4) con funzione di confronto ω.

Allora la soluzione nulla è stabile, o asintoticamente stabile, per l’equazio-ne (30.4) se la soluzione nulla è, rispettivamente stabile, o asintoticamentestabile, per l’equazione di confronto.

Dimostrazione. Sia y0 ∈ A e consideriamo la soluzione y(x, y0) del si-stema (30.6) che supporremo definita in un intervallo massimale (a destra)[x0, b) , b ≤ +∞; se poniamo v(x) = V(x, y(x, y0)) si ha

v′(x) =∂V∂x

(x, y(x, y0)) + 〈∇yV(x, y(x, y0)), f (x, y(x, y0))〉 ≤

≤ ω(x, V(x, y(x, y0)) = ω(x, v(x)) , x ∈ [x0, b)

e, detta z(x, v0) la soluzione del problema di Cauchyz′(x) = ω(x, z(x))

z(x0) = v0 , v0 = v(x0) = V(x0, y0) > 0

si haV(x, y(x, y0)) = v(x) ≤ z(x, v0)

per tutti gli x per cui sono definiti entrambi i membri.Osservando che la soluzione nulla è stabile per l’equazione di confronto, si

può affermare che, fissato ε, 0 < ε < a, esiste δ tale che se

0 < v0 ≤ δ < a

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166 o.caligaris - p.oliva

la soluzione z(x, v0) dell’equazione di confronto è definita per x ≥ x0 e

z(x, v0) ≤ λ(ε).

Pertanto

λ(‖y(x, y0)‖) ≤ V(x, y(x, y0)) ≤ z(x, v0) ≤ λ(ε) , per x ∈ [x0, b).

Usando la continuità di V ed il fatto che V(x, 0) = 0 si può poi affermare chese ‖y0‖ < δε si ha

v0 = |V(x0, y0)| < δ

e quindi, da λ(‖y(x, y0)‖) ≤ λ(ε), si ha

‖y(x, y0)‖ ≤ ε , ∀x ∈ [x0, b).

Il teorema di prolungabilità della soluzione ed il fatto che ‖y(x, y0)‖ ≤ε < a implicano ora che b = +∞ e si può concludere che se ‖y0‖ < δε si ha

‖y(x, y0)‖ < ε ∀x ≥ x0

e la stabilità della soluzione nulla.Per quel che riguarda la stabilità asintotica è sufficiente ricordare che fin

qui si è visto che, se ‖y0‖ < δε

λ(‖y(x, y0)‖) ≤ z(x, v0) , x ≥ x0

per cuilim

x→+∞λ(‖y(x, y0)‖) = 0

elim

x→+∞‖y(x, y0)‖ = 0 .

2

Corollario 8.3 Supponiamo che V sia una funzione di Liapunov per l’equa-zione (30.4) con funzione di confronto ω(x, y) = 0, allora la soluzione nullaè stabile.

Se invece si può scegliere

ω(x, y) = α(x)β(y)

con α : [x0, +∞) −→ R+ continua, con integrale divergente, β : R+ −→R− localmente lipschitziana, β(0) = 0, β(y) < 0 ∀y > 0, allora la soluzionenulla è asintoticamente stabile.

Dimostrazione. Evidentemente la soluzione nulla è stabile per l’equazioney′(x) = 0.

Per quanto riguarda la seconda affermazione osserviamo che, sey′(x) = α(x)β(y(x))

y(x0) = y0 > 0

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complementi di analisi matematica 167

allora y è decrescente; inoltre si ha y(x) > 0 ∀x ≥ x0, infatti, se esistessex1 > x0 tale che y(x1) ≤ 0 allora esisterebbe x2 > x0 con y(x2) = 0. Ciò èassurdo per l’unicità della soluzione.

Per il teorema di prolungabilità, essendo 0 < y(x) ≤ y0, la soluzioney è definita su [x0, +∞); inoltre è possibile verificare la stabilità scegliendoδε = ε.

Proviamo infine chelim

x→+∞y(x) = 0.

Se infatti fosselim

x→+∞y(x) = ` > 0

si avrebbelim

x→+∞β(y(x)) = β(`) < 0

e per x > c opportuno

y(x) = y0 +∫ x

x0

α(t)β(y(t))dt ≤

≤ y0 +∫ c

x0

α(t)β(y(t))dt +∫ x

cα(x)β(`)/2dt

elim

x→+∞y(x) = −∞

il che è assurdo.Pertanto la soluzione nulla è asintoticamente stabile. 2

Corollario 8.4 Supponiamo che V sia una funzione di Liapunov per l’equa-zione (30.4) e supponiamo che

ω(x, V(x, y)) ≤ −ν(‖y‖)

con ν : [0, a) −→ R crescente non negativa e tale che ν(s) = 0 se e solo ses = 0. Supponiamo inoltre che esista una funzione µ : [0, a) −→ R stretta-mente crescente e tale che µ(0) = 0, con ν(µ−1()) localmente lipschitziana,per la quale

V(x, y) ≤ µ(‖y‖).

Allora la soluzione nulla è asintoticamente stabile per l’equazione (30.4).

Dimostrazione. Si ha

ω(x, V(x, y)) ≤ −ν(µ−1(V(x, y)))

ed il precedente corollario permette di concludere se si sceglie α(x) ≡ 1 eβ(s) = −ν(µ−1(s)) . 2

Passiamo infine a provare un risultato di instabilità.

Definizione 8.6 Nelle condizioni (30.5) diciamo che la soluzione nulla èinstabile per l’equazione (30.4) se essa non è stabile.

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168 o.caligaris - p.oliva

Teorema 8.10 Supponiamo verificate le condizioni (30.5) e supponiamo cheesista un aperto G ⊂ [x0, +∞)× A ed una funzione

V : G −→ R

differenziabile e tale che

∂V∂x

(x, y) + 〈∇yV(x, y), f (x, y)〉 ≥ ω(x, V(x, y)) , ∀(x, y) ∈ G

essendo ω una funzione soddisfacente le (30.7) , tale che ω(x, 0) = 0.Supponiamo inoltre verificate le seguenti condizioni:

i) 0 < V(x, y) ≤ M , ∀(x, y) ∈ G

ii) V(x, y) = 0 se (x, y) ∈ ∂G ∩ [x0, +∞)× A

iii) (x0, 0) ∈ ∂G

iv) ω(x, V(x, y)) ≥ 0 ∀(x, y) ∈ G

v) ∃δ > 0 tale che se |x− x0| < δ, |v| < δ si ha

limx→+∞

v(x, v) = +∞

essendo v(x, v) la soluzione del problema di Cauchyv′(x) = ω(x, v(x))

v(x) = v

Allora la soluzione nulla è instabile per l’equazione (30.4).

Dimostrazione. Cominciamo con l’osservare che, grazie al teorema 30.10,di dipendenza continua dai dati iniziali, la definizione 30.12 (di stabilità) nondipende dalla scelta di x0 In altre parole la 30.12 è verificata se e solo se essaè verificata con x in luogo di x0 essendo x ≥ x0.

Ora, per la continuità di V e per la (iii) ∀δ > 0 ∃(x, y) ∈ G , x0 < x <x0 + δ , ‖y‖ < δ tale che 0 < V(x, y) < δ ; sia v = V(x, y).

Se la soluzione nulla fosse stabile per l’equazione (30.4) la soluzione y(x, y)

dell’equazione (30.4) con la condizione iniziale y(x) = y sarebbe definita perogni x ≥ x.

Consideriamo v(x, v) e sia ξ = supx : (x, y(x, y)) ∈ G; eviden-temente, se ξ < +∞ , si avrebbe (ξ, y(ξ , y)) ∈ ∂G e V(ξ , y(ξ , y)) =

0.D’altro canto V(x, y(x, y)) ≥ V(x0, y) > 0 per x ≤ x < ξ poiché

ddx V(x, y(x, y)) ≥ 0 se (x, y(x, y)) ∈ G e ciò è assurdo.

Pertanto deve essere ξ = +∞ e si ha (x, y(x, y)) ∈ G ∀x ≥ x; ma allora

V(x, y(x, y)) ≥ v(x, v)

eM > lim

x→+∞V(x, y(x, y)) = +∞,

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complementi di analisi matematica 169

e ciò è assurdo. 2

Nel caso dei sistemi autonomi i risultati sulla stabilità possono essere facil-mente provati con ragionamenti diretti, che riportiamo per completezza e peril fatto che le dimostrazioni degli stessi sono estremamente significative.

Allo scopo useremo le seguenti notazioni.Sia f : A −→ A , A = y ∈ Rn : ‖y‖ < ae supponiamo che

(30.10) ‖ f (y1)− f (y2)‖ ≤ LB‖y1 − y2‖

∀y1, y2 ∈ B ,B ⊂ A, limitato,

f (0) = 0.

Le condizioni (30.10) sono sufficienti a garantire l’esistenza e l’unicitàlocale di una soluzione del problema di Cauchyy′(x) = f (y(x))

y(x0) = y0

consideriamo inoltre l’equazione

(30.12). y′(x) = f (y(x))

Teorema 8.11 Supponiamo verificate le (30.10) e supponiamo che esista unafunzione differenziabile V : A −→ R tale che V(0) = 0, V(y) > 0 sey ∈ A \ 0. Se accade che

〈∇V(y), f (y)〉 ≤ 0 ∀y ∈ A

allora la soluzione nulla è stabile per l’equazione (30.12).Se di più

〈∇V(y), f (y)〉 < 0 ∀y ∈ A \ 0

la soluzione nulla è asintoticamente stabile.

Dimostrazione. Si ha

minV(y) : ‖y‖ = ε = m > 0

e, dal momento che V(0) = 0, esiste δ < ε tale che

V(y) < m se ‖y‖ < δ .

Sia ora y0 ∈ A , ‖y0‖ < δ, sia y(x) la soluzione massimale del problema(30.11) definita in [x0, b), e sia v(x) = V(y(x)); si ha

v(x0) = V(y0) < m

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170 o.caligaris - p.oliva

ed inoltre

v′(x) = 〈∇V(y(x)), f (y(x))〉 ≤ 0 per x ∈ [x0, b) .

Pertantov(x) ≤ v(x0) < m per x ∈ [x0, b)

e se esistesse x ∈ [x0, b), con ‖y(x)‖ ≥ ε , per il teorema dei valori intermedisarebbe possibile trovare x′ ∈ [x0, x con ‖y(x′)‖ = ε e si avrebbe

v(x′) = V(y(x′)) ≥ m

il che è assurdo.Ne viene che y(x) è limitato per x ∈ [x0, b) e pertanto b = +∞ per il

teorema di prolungabilità.Per quel che riguarda il secondo enunciato osserviamo che, essendo ovvia-

mente provata la stabilità della soluzione nulla, si ha∀ε > 0 ∃δε > 0 tale che se ‖y0‖ < δε

‖y(x)‖ < ε per x ≥ x0,

inoltre come precedentemente vistov(x) = V(y(x)) è decrescente per x ≥ x0.Pertanto

limx→+∞

v(x) = λ ≥ 0 e v(x) ≥ λ se x ≥ x0;

se fosse λ > 0 si potrebbe scegliere η > 0 tale che, se ‖y‖ < η, V(y) < λ.Allora, dal momento che V(y(x)) ≥ λ si avrebbe ‖y(x)‖ ≥ η; sia

m = max〈∇V(y), f (y)〉 : η ≤ ‖y‖ ≤ ε < 0,

si hav′(x) ≤ m < 0 se x ≥ x0

ev(x) ≤ v(x0) + m(x− x0).

Facendo x → +∞ si ottiene v(x)→ −∞, il che è assurdo.Pertanto

limx→+∞

V(y(x)) = limx→+∞

v(x) = 0.

Selim

x→+∞y(x) 6= 0

esisterebbe xn → +∞ tale che ‖y(xn)‖ ≥ ε0 > 0 e

V(y(xn)) ≥ minV(y) : ε0 ≤ ‖y‖ ≤ ε = ξ0 > 0

e ciò è assurdo. 2

Il risultato di instabilità può invece essere così riformulato.

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complementi di analisi matematica 171

Teorema 8.12 Supponiamo che le condizioni (30.11) siano soddisfatte e cheesistano un aperto G ⊂ A e due funzioni V : G −→ R differenziabile,k : R −→ R+ continua, tali che

〈∇V(y), f (y)〉 ≥ k(V(y)) > 0 ∀y ∈ G \ 0.

Supponiamo inoltre che

i) 0 < V(y) ≤ M ∀y ∈ G

ii) V(y) = 0 se y ∈ ∂G ∩ A

iii) 0 ∈ ∂G.Allora la soluzione nulla è instabile per l’equazione (30.12).

Dimostrazione. Per la continuità di V e per la (iii), ∀δ > 0 ∃y0 ∈ G taleche ‖y0‖ < δ e 0 < V(y0) < δ .

Sia v = V(y0); se la soluzione nulla fosse stabile per l’equazione (30.12)potremmo affermare che la soluzione y(x) di (30.11) è definita per x ≥ x0.

Sia oraξ = supx : y(x) ∈ G ,

come nel teorema 30.23 si può vedere che ξ = +∞; pertanto se v(x) =

V(y(x) si ha 0 ≤ v(x) ≤ M e

v′(x) ≥ k(v(x)).

Ne deduciamo che ∫ v(x)

v

dsk(s)

≥ x− x0

e, detta K una primitiva di 1/k si ha

K(v(x))− K(v) ≥ x− x0.

Dal momento che K è crescente

K(M) ≥ K(v(x)) ≥ K(v)− x0 + x per x ≥ x0

il che è assurdo. 2

Diamo infine un cenno ad un concetto di stabilità spesso noto con il nomedi stabilità di Lagrange.

Definizione 8.7 Supponiamo verificate le (30.5) con a = +∞; diciamo chel’equazione (30.4) è stabile secondo Lagrange se y(x, y0) è una funzionelimitata per ogni y0 ∈ A .

Si può provare facilmente il seguente risultato.

Teorema 8.13 Supponiamo verificate le (30.5) con a = +∞, le (30.7) conI = [x0, +∞) e R = R. Supponiamo inoltre che esista una funzione

V : [x0, +∞)×Rn −→ R

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172 o.caligaris - p.oliva

ed una funzioneλ : R+ −→ R

tali che

V è differenziabile, λ è continua e crescente e si ha

limr→+∞

λ(r) = +∞;

V(x, y) ≥ λ(‖y‖)∂V∂x

(x, y) + 〈∇yV(x, y), f (x, y)〉 ≤ ω(x, V(x, y))

le soluzioni v(x, v0) dell’equazione di confrontov′(x) = ω(x, v(x))

v(x0) = v0

sono limitate per ogni v0 ∈ R.Allora il sistema (30.6) è stabile secondo Lagrange.

Dimostrazione. Per il teorema 30.16 y(x, y0) è definita per x ≥ x0 e si ha,per i risultati di confronto e per la terza ipotesi

λ(‖y(x, y0)‖) ≤ V(x, y(x, y0)) ≤ v(x, V(x0, y0)) , x ≥ x0 .

La limitatezza di v(x, V(x0, y0)) e la prima ipotesi permettono di concludere.2

Molto spesso, per studiare la stabilità di un sistema non lineare si procedeallo studio della stabilità del sistema lineare ottenuto usando lo sviluppo diTaylor del primo ordine della funzione che compare a secondo membro. Talesistema si chiama sistema linearizzato ed è interessante conoscere sotto qualicondizioni la stabilità del sistema linearizzato è sufficiente per la stabilità delsistema originario.

Questo tipo di studio si chiama studio della stabilità in prima approssima-zione; per semplicità ci limiteremo a considerare in questo caso solo sistemiautonomi, cioè sistemi indipendenti dalla variabile x.

Prima di affrontare il successivo teorema ricordiamo che se P ∈ Mn econsideriamo il sistema differenziale lineare

y′(x) = Py(x)

allora esiste una matrice fondamentale del sistema, che indicheremo col no-me di matrice fondamentale principale, per la quale risulta G(0) = I (infattibasta scegliere come elementi colonna per la matrice G le soluzioni corrispon-denti ai problemi di Cauchy aventi dati iniziali y(0) = ei; tali soluzioni sonolinearmente indipendenti in quanti W(0) = 1).

Ricordiamo inoltre che se P ha tutti gli autovalori con parte reale negativa,con semplici calcoli, si può provare che esistono K, α > 0 tali che

‖G(x)‖ ≤ Ke−αx.

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complementi di analisi matematica 173

Teorema 8.14 Sia P ∈ Mn e siano A = y ∈ Rn : ‖y‖ < a edf : A −→ R, tali che f (0) = 0, f è continua e

limx→0

f (x)

‖x‖ = 0.

Consideriamo il sistemay′(x) = Py(x) + f (y(x))

y(x0) = y0

Allora, se P ha tutti gli autovalori con parte reale negativa, la soluzione nullaè stabile per l’equazione del sistema (30.13).

Dimostrazione. Se ‖y‖ < σ si ha

‖ f (y)‖ ≤ α

2K‖y‖;

e per il seguito è lecito supporre che a < σ.Sia G la matrice fondamentale principale del sistema linearizzato y′ = Py

e sia y la soluzione di (30.13) definita in un intervallo massimale [x0, b); posto

z(x) = G(x− x0)y0 +∫ x

x0

G(x− t) f (y(t))dt

si ha

z′(x) = G′(x− x0)y0 +∫ x

x0

G′(x− t) f (y(t))dt + G(0) f (y(x)) =

= P(

G(x− x0)y0 +∫ x

x0

G(x− t) f (y(t))dt)

+ f (y(x)) =

= Pz(x) + f (y(x))

ez(x0) = y0.

Tenuto conto del fatto che

y′(x) = Py(x) + f (y(x)) , y(x0) = y0

si ha(z− y)′(x) = P(z− y)(x) , (z− y)(x0) = 0

da cuiz(x) ≡ y(x).

Pertantoy(x) = G(x− x0)y0 +

∫ x

x0

G(x− t) f (y(t))dt

ed inoltre, poiché gli autovalori di P hanno parte reale negativa

‖G(x− t)‖ ≤ Ke−α(x−t) , x0 ≤ t ≤ x.

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174 o.caligaris - p.oliva

Allora‖y(x)‖ ≤ Ke−α(x−x0)‖y0‖+

∫ x

x0

α

2e−α(x−t)‖y(t)‖dt

da cuieα(x−x0)‖y(x)‖ ≤ K‖y0‖+

∫ x

x0

α

2eα(t−x0)‖y(t)‖dt

e per il lemma di Gronwall

eα(x−x0)‖y(x)‖ ≤ K‖y0‖eα(x−x0)/2

e

(30.14) ‖y(x)‖ ≤ K‖y0‖e−α(x−x0) ≤ K‖y0‖ , ∀x ≥ x0

Pertanto si ha, se 0 < ε < σ e ‖y0‖ < ε/K,

‖y(x)‖ < ε , ∀x ∈ [x0, b)

e con le solite argomentazioni circa la prolungabilità delle soluzioni si vedeche deve essere b = +∞.

Passando al limite per x → +∞ nella (30.14) si conclude anche l’asintoticastabilità. 2

Un argomento strettamente collegato alla stabilità dei sistemi differenzialiè quello dei sistemi perturbati.

Definizione 8.8 Siano f ed R due funzioni soddisfacenti le (30.5); chia-miamo sistema differenziale perturbato relativo al sistema (30.6) il sistemadefinito da y′(x) = f (x, y(x)) + R(x, y(x))

y(x0) = y0

Osserviamo, ancora una volta, che nelle ipotesi (30.5) la soluzione identica-mente nulla soddisfa il problema (30.6) con y0 = 0.

Nel seguito studieremo l’effetto della perturbazione R sulla soluzione iden-ticamente nulla.

Definizione 8.9 Diciamo che l’equazione (30.4) è stabile rispetto a piccoleperturbazioni se, detta y(x, y0) la soluzione del sistema perturbato,∀ε > 0 ∃δε > 0 tale che, se ‖y0‖ < δε , ‖R(x, y)‖ < δε

per x ≥ x0, y ∈ A , si ha ‖y(x, y0)‖ < ε per x ≥ x0 .

A questo proposito possiamo provare il seguente

Teorema 8.15 Consideriamo il sistema perturbato della definizione 30.29 esupponiamo che esistano

V : [x0, +∞)× A −→ R differenziabile; u, λ, µ : [0, +∞) −→ [0, +∞),λ, u crescenti, continue e nulle solo nell’origine; µ strettamente crescente,µ(0) = 0 .

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complementi di analisi matematica 175

Supponiamo inoltre che si verifichino le seguenti condizioni.

λ(‖y‖) ≤ V(x, y) ≤ µ(‖y‖)

‖∇yV(x, y)‖ ≤ k(y) , k continua∂V∂x

(x, y) + 〈∇yV(x, y), f (x, y)〉 ≤ −u(‖y‖).

Allora l’equazione (30.4) è stabile rispetto a piccole perturbazioni.

Dimostrazione. Osserviamo innanzi tutto che possiamo supporre, senzaperdere di generalità, che A sia limitato; sia y(x, y0) la soluzione, che suppo-niamo definita in un intervallo massimale [x0, b), del problema perturbato econsideriamo

v(x) = V(x, y(x, y0)).

Si ha

v′(x) =∂V∂x

(x, y(x, y0)) + 〈∇yV(x, y(x, y0)), f (x, y(x, y0))〉+

+ 〈∇yV(x, y(x, y0)), R(x, y(x, y0))〉

e se ‖R(x, y)‖ ≤ δ per x ≥ x0, y ∈ A, si ha

v′(x) ≤ −u(‖y(x, y0)‖) + Kδ ≤ −u(µ−1(V(x, y(x, y0))) + Kδ =

= φ(V(x, y(x, y0))) + Kδ

Sia ora ε > 0 e sia δ scelto in modo che Kδ ≤ −φ(λ(ε)), allorav′(x) ≤ φ(v(x))− φ(λ(ε))

v(x0) = V(x0, y0) = v0

e se v(x) > λ(ε) si ha v′(x) ≤ 0.Si può allora affermare che se v0 < λ(ε) si ha v(x) ≤ λ(ε), per x ∈

[x0, b).Infatti, se esiste x1 ∈ [x0, b) tale che v(x1) > λ(ε), possiamo considerare

ξ = maxx ∈ [x0, x1] : v(x) = λ(ε)

e si hav(ξ) = λ(ε) , v(x) > λ(ε) per x ∈ (ξ , x1]

ed anche

0 < v(x1)− λ(ε) = v(x1)− v(ξ) = v′(η)(x1 − ξ) ≤ 0

in quanto η ∈ (ξ , x1) e ciò è assurdo.Ora, poiché V è continua e V(x0, 0) = 0, si ha che, se ‖y0‖ < δε ,

V(x0, y0) = v0 < λ(ε) e quindi

λ(‖y(x, y0)‖ ≤ V(x, y(x, y0)) = v(x) ≤ λ(ε)

e‖y(x, y0)‖ ≤ ε

Come al solito si può poi concludere che b = +∞. 2

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176 o.caligaris - p.oliva

8.2 Il teorema di esistenza di Peano

Passiamo ora a considerare il teorema di esistenza di una soluzione per il pro-blema di Cauchy dovuto a Peano. Esso si distingue dal precedente teorema diPicard-Lindeloff in quanto non fa alcun uso della condizione di lipschitzianitàdella funzione f rispetto alla variabile y. Ciò consente una generalità moltomaggiore che non è in grado di assicurare l’unicità della soluzione.

Per illustrare quanto affermiamo consideriamo il problema di Cauchyy′(x) = 3√

y2(x)

y(x0) = y0

Si verifica facilmente che le funzioni

y(x) = (x− x0)3 y(x) ≡ 0

sono soluzioni dell’equazione

y′(x) = 3√

y2(x)

ed è pertanto evidente che non vi è unicità della soluzione in corrispondenzadel dato iniziale

y(x0) = 0.

E’ inoltre evidente che le soluzioni del problema di Cauchy con dato ini-ziale y(x0) = 0 hanno una curiosa proprietà che enunciamo qui in parolepovere riservandoci di stabilirla e provarla con precisione nel seguito: esistonouna soluzione massima ed una soluzione minima e la parte di piano tra essecompresa è completamente ’riempita’ da soluzioni uscenti da (x0, 0).

Il teorema di Peano è, infine, di notevole interesse ed utilità in quantoprova, tra le altre cose, la convergenza delle approssimazioni di Eulero dellasoluzione di un problema di Cauchy.

Allo scopo di dimostrare quanto abbiamo fin qui detto premettiamo qualcherisultato di carattere generale, già di per sé estremamente importante.

Definizione 8.10 Sia fk : [a, b] −→ Rn una successione di funzioni su unintervallo chiuso e limitato.

Diciamo che la successione fk è equilimitata se esiste M ∈ R tale che

‖ fk(x)‖ ≤ M ∀x ∈ [a, b] , ∀k ∈N;

diciamo che la successione fk è equicontinua se ∀ε > 0 ∃δε > 0 tale che se|x− y| < δε, x, y ∈ [a, b] si ha ‖ fk(x)− fk(y)‖ < ε ∀k ∈N.

Teorema 8.16 - Ascoli-Arzelà - Supponiamo che fk : [a, b] −→ Rn sia unasuccessione di funzioni su un intervallo chiuso e limitato.

Se fk è equilimitata ed equicontinua, allora esiste una successione fk′

estratta da fk ed esiste una funzione f : [a, b] −→ Rn tale che fk′ convergeuniformemente ad f su [a,b].

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complementi di analisi matematica 177

Dimostrazione. Sia D un sottoinsieme numerabile denso in [a, b], (sia adesempio D = x ∈ Q : a ≤ x ≤ b).

SiaD = xi : i ∈ N.

Dal momento che fk è una successione equilimitata è possibile scegliere unasuccessione kh1 estratta da k in modo che

fkh1(x1)→ α1,

e, successivamente, una successione kh2 estratta da kh1 tale che

fkh2(x2)→ α2.

Ovviamente si avrà anchefkh2

(x1)→ α1

e, se procedendo per ricorrenza chiamiamo khi una successione estratta dakh(i−1) tale che

fkhi(xi)→ αi

avremo chefkhi

(xj)→ αj per j = 1, 2, ...., i .

Pertanto se consideriamo la successione, che indicheremo semplicemente confk′ , ottenuta prendendo il k− esimo termine della k− esima estratta avremoche

(30.14) fk′(xi) =→ αi ∀i ∈N.

(Si osservi che per k→ +∞ si ha k′ ≥ i , definitivamente, ∀i ∈N)

Proviamo ora che fk′ soddisfa il criterio di Cauchy per la convergenzauniforme su [a, b].

Sia ε > 0 e consideriamo in [a, b] un insieme di punti

a = y0 < y1 < ........ < yi < yi+1 < ...... < ym = b

scelti in modo che|yi − yi−1| < δε/3

(essendo δε il valore che compare nella definizione 30.32 in corrispondenzadella proprietà di equicontinuità), e scegliamo dei punti

ξi ∈ [yi−1, yi] ∩ D

(ciò è possibile poiché D è un sottoinsieme denso in [a, b]).Sia ora k0 ∈N scelto in modo che

(30.15) ‖ f(k+p)′(ξi)− fk′(ξi)‖ ≤ ε/3 ∀p ∈N , i = 1, 2, ....., m.

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178 o.caligaris - p.oliva

(ciò è possibile perché i punti ξi sono in numero finito e per la (30.14)).Consideriamo x ∈ [a, b] , k > k0 , p ∈ N ; si ha x ∈ [yi−1, yi] (per i

opportuno) e pertanto

‖ f(k+p)′(x)− fk′(x)‖ ≤ ‖ f(k+p)′(x)− f(k+p)′(ξi)‖+

+ ‖ f(k+p)′(ξi)− fk′(ξi)‖+ ‖ fk′(ξi)− fk′(x)‖ ≤

≤ ε/3 + ε/3 + ε/3

le maggiorazioni essendo giustificate dalla (30.15) per il secondo addendo,dalla equicontinuità e dalla scelta dei punti ξi per il primo ed il terzo addendo.2

Definizione 8.11 Sia I = [x0− a, x0 + a] , A = y ∈ Rn : ‖y− y0‖ ≤ be sia f : I × A −→ A continua; poniamo

M = max‖ f (x, y)‖ : (x, y) ∈ I × A

δ = mina,bM.

Chiamiamo approssimazioni di Eulero del problema di Cauchy (30.1), adestra di x0 , la successione di funzioni

yk : [x0, x0 + δ] −→ A

definita nel seguente modo in modo che:

δk > 0 , δk → 0

sianoxi = x0 + iδk , x0 ≤ xi ≤ x0 + δ

definiamoyk(x0) = y0

yk(x) = yk(xi) + f (xi , yk(xi))(x− xi), xi ≤ x ≤ xi+1

Osserviamo che la definizione 30.33 è consistente in quanto yk(x) ∈ A sex ∈ [x0, x0 + δ] e quindi è possibile calcolare f (xi , yk(xi)).

Infatti si ha yk(x0) = y0 ∈ A e supposto yk(xj) ∈ A, j = 1, ..., i si ha

‖yk(xi+1)− y0‖ ≤ M|xi+1 − x0| ≤ Mδ ≤ b.

Notiamo inoltre che evidentemente si ha, se ξ , η ∈ [x0, x0 + δ],

(30.16) ‖yk(ξ)− yk(η)‖ ≤ M(ξ − η).

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complementi di analisi matematica 179

Osserviamo infine che è banale definire le approssimazioni di Eulero del pro-blema di Cauchy anche a sinistra del punto x0 e di conseguenza in tuttol’intervallo [x0 − δ, x0 + δ].

Nel seguito ci limiteremo soltanto a considerare approssimazioni a destraessendo esse le più usuali nei fenomeni di evoluzione ed essendo l’estensionea sinistra banale.

Siamo ora in grado di provare facilmente il teorema di esistenza di Peano.

Teorema 8.17 - Peano - Siano I = [x0 − a, x0 + a], A = y ∈ Rn :‖y− y0‖ ≤ b, f : I × A −→ A continua.

SiaM = max‖ f (x, y)‖ : (x, y) ∈ I × A

δ = mina,bM .

Allora esiste y : [x0 − δ, x0 + δ] −→ A, derivabile e tale chey′(x) = f (x, y(x)), x ∈ [x0 − δ, x0 + δ]

y(x0) = y0

Dimostrazione. Ci limiteremo a considerare l’esistenza di y a destra di x0, ecioè in [x0, x0 + δ], essendo ovvia l’estensione a sinistra di x0 ed all’intervallo[x0 − δ, x0 + δ].

Sia yk la successione di approssimanti di Eulero del problema di Cauchy, adestra di x0. Quanto abbiamo visto a seguito della definizione 30.34 assicurache le yk costituiscono una successione di funzioni equilimitate ed equiconti-nue per cui, per il teorema di Ascoli-Arzelà, esiste una successione estratta dayk uniformemente convergente ad una funzione y : [x0, x0 + δ] −→ A.

Di conseguenza si avrà che y è continua; proviamo che inoltre y è soluzionedel problema di Cauchy.

Sia εk → 0, dal momento che f è uniformemente continua su I × A esisteγk tale che, se

(30.17) |x′ − x”| < γk , ‖y′ − y”‖ < γk

si ha‖ f (x′, y′)− f (x”, y”)‖ < εk.

Sia pertantoδk = minγk , γk/M;

se x ∈ [xi , xi+1] si ha |x− xi| < δk e per la (30.16)

‖yk(x)− yk(xi)‖ ≤ Mδk

per cui, per la (30.17)

‖ f (x, yk(x))− f (xi , yk(xi))‖ ≤ εk.

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180 o.caligaris - p.oliva

Ma allora, nelle condizioni citate, in [xi , xi+1] si ha

y′k(x) = f (x, yk(x)) + ∆k(x)

con‖∆k(x)‖ = ‖ f (x, yk(x))− f (xi , yk(xi))‖ < εk

la maggiorazione ottenuta essendo indipendente da i.Ora

yk(x) = y0 +∫ x

x0

y′k(t)dt =

= y0 +∫ x

x0

f (t, yk(t))dt +∫ x

x0

∆k(t)dt

Come conseguenza della convergenza uniforme di yk ad y si ha poi che∫ x

x0

f (t, yk(t)dt −→∫ x

x0

f (t, y(t))dt

uniformemente in [x0, x0 + δ] e perciò si ottiene, dalla (30.18)

y(x) = y0 +∫ x

x0

f (t, y(t))dt .

2

Osserviamo che, dalla dimostrazione data, segue facilmente che, da ognisottossuccessione di yk è possibile estrarre una successione convergente ad unafunzione y che, in ipotesi di unicità della soluzione del problema di Cauchy, èla soluzione del problema di Cauchy stesso.

Pertanto, qualora la soluzione sia unica, la successione di approssimanti diEulero converge alla soluzione stessa.

Passiamo ora a valutare l’errore che si commette usando le approssimantidi Eulero in luogo della soluzione effettiva.

Teorema 8.18 Supponiamo verificate le condizioni del teorema 30.35 e sup-poniamo che f ∈ C1(IxA); denotiamo con Lx ed Ly due valori tali che∥∥∥∥∂ f

∂x(x, y)

∥∥∥∥ ≤ Lx , ‖∇y f (x, y)‖ ≤ Ly.

Allora si ha

‖yk(x)− y(x)‖ ≤ δk(Lx + Ly M)(x− x0)eLy(x−x0)/2.

Dimostrazione. Dalla (30.18) si ha

‖yk(x)− yh(x)‖ ≤∥∥∥∥∫ x

x0

[ f (t, yk(t))− f (t, yh(t))]dt∥∥∥∥+

+

∥∥∥∥∫ x

x0

∆k(t)dt∥∥∥∥+

∥∥∥∥∫ x

x0

∆h(t)dt∥∥∥∥

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complementi di analisi matematica 181

Inoltre dalle ipotesi introdotte si ottiene

‖∆k(x)‖ ≤ Lx|x− xi|+ Ly‖yk(x)− yk(xi)‖ ≤≤ Lx|x− xi|+ Ly M|x− xi| =

= (Lx + Ly M)|x− xi|

e pertanto

‖yk(x)− yh(x)‖ ≤ (Lx + Ly M)(δk + δh)(x− x0)/2+

+

∣∣∣∣∫ x

x0

Ly‖yk(t)− yh(t)‖dt∣∣∣∣

e, per il lemma di Gronwall,

‖yk(x)− yh(x)‖ ≤ (δk + δh)(Lx + Ly M)x− x0

2eLy(x−x0).

Pertanto yk è convergente uniformemente ad y che, come nel teorema prece-dente, è soluzione del problema di Cauchy. Facendo h → +∞ si ottiene latesi. 2

Rendiamo a questo punto conto brevemente di quello che è noto come fe-nomeno di Peano. Per semplicità consideriamo il caso di una sola equazionedifferenziale; in parole povere il fenomeno di cui sopra può essere descrittocome segue.

In presenza di condizioni che garantiscono l’esistenza, ma non l’unicitàdella soluzione del problema di Cauchy accade che, se esistono due soluzioniuscenti dal punto (x0, y0), comunque si scelga un punto (x1, y1) nella zonadi piano delimitata dalle due soluzioni e dalle rette x0± δ, esiste una soluzioneuscente da (x0, y0) che passa per il punto (x1, y1).

Si può inoltre provare l’esistenza di una soluzione massima e di una solu-zione minima per il problema di Cauchy.

Precisiamo ora le condizioni in cui si lavora ed i fatti che possono essereprovati.

Sia Ω = (x0 − a, x0 + a)× (y0 − b, y0 + b) , f : Ω −→ R una funzionecontinua e limitata e consideriamo il problema di Cauchyy′(x) = f (x, y(x))

y(x0) = y0

Definiamo

M = sup| f (x, y)| : (x, y) ∈ Ω e δ = mina,bM.

Siano u, v due soluzioni definite in [x0− δ, x0 + δ] del problema di Cauchy.Possiamo sempre supporre che v(x) ≤ u(x) per x ∈ [x0 − δ, x0 + δ] in

quanto se ciò non fosse i grafici delle due soluzioni dovrebbero intersecarsi e, a

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182 o.caligaris - p.oliva

meno di una ridefinizione del nome, si potrebbe ricondurre v ed u a soddisfarele condizioni richieste.

A questo proposito ricordiamo che se due soluzioni di un problema diCauchy si intersecano esse devono avere la stessa pendenza nel punto diintersezione.

Possiamo provare il seguente risultato:

Teorema 8.19 Nelle condizioni sopra precisate, se x1 ∈ [x0 − δ, x0 + δ] ,y1 ∈ [v(x1), u(x1)], esiste una soluzione y del problema di Cauchy definitain [x0 − δ, x0 + δ] tale che y(x1) = y1 .

Dimostrazione. Per semplicità supporremo x1 > x0. Per il teorema diPeano esiste una soluzione del problema di Cauchyy′(x) = f (x, y(x))

y(x1) = y1

Ricordiamo che per il teorema 30.8, comunque si scelga un compatto K,K ⊂ Ω ,per ogni (x, y) ∈ K , la soluzione del problema di Cauchy pas-sante per (x, y), deve intersecare ∂K; infatti se così non fosse il grafico dellasoluzione sarebbe limitato ed avrebbe distanza positiva da Ωc.

Scegliendo

K = (x, y) ∈ Ω : x0 ≤ x ≤ x0 + δ , v(x) ≤ y ≤ u(x)

possiamo affermare che esiste ξ ∈ [x0, x1] tale che

(ξ, y(ξ)) ∈ ∂K .

Evidentemente una delle due seguenti condizioni

y(ξ) = v(ξ) , y(ξ) = u(ξ)

è verificata.Sia ad esempio vera la seconda; la funzione definita da

z(x) =

y(x), ξ < x ≤ x0 + δ

u(x), x0 ≤ x ≤ ξ

è soluzione del problema di Cauchy ed inoltre si ha z(x1) = y1. 2

Teorema 8.20 Nelle condizioni del teorema precedente esistono due funzionis, σ : [x0 − δ, x0 + δ] −→ R soluzioni del problema di Cauchy e tali che, sey è una soluzione del problema di Cauchy, si ha

σ(x) ≤ y(x) ≤ s(x) ∀x ∈ [x0 − δ, x0 + δ].

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complementi di analisi matematica 183

Dimostrazione. Proviamo l’enunciato solo a destra del punto x0 essendociò banalmente estensibile a sinistra di x0.

Sia δk = δ/k e consideriamo i punti

xi = x0 + iδk , yj = y0 + jMδk , i, j = 1, 2, ..., k.

Consideriamo ancora i rettangoli

Ri,j = [xi−1, xi]× [yj−1, yj] , i, j = 1, 2, ..., k

e definiamoMi,j = max f (x, y) : (x, y) ∈ Ri,j

mi,j = min f (x, y) : (x, y) ∈ Ri,j.

Osserviamo che, per l’uniforme continuità di f su [x0− δ, x0 + δ]× [y0−Mδ, y0 + Mδ], se k è scelto sufficientemente grande si ha

|Mi,j −mi,j| < ε.

Definiamo

g(x, y) = mi,j , h(x, y) = Mi,j , (x, y) ∈ Ri,j

e sianosk , σk : [x0 − δ, x0 + δ] −→ R

due funzioni continue e derivabili a tratti soddisfacenti le condizioni

σ(x0) = s(x0) = y0

σ′k(x) = g(x, σk(x))

s′k(x) = h(x, sk(x)).

Si provano, come per il teorema di esistenza di Peano, i seguenti fatti:sk e σk sono successioni di funzioni equicontinue ed equilimitate;esistono due estratte sk′ e σk′ tali che sk′ → s e σk′ → σ uniformemente su

[x0 − δ, x0 + δ].Come nel teorema di esistenza si vede che s e σ sono soluzioni del problema

di Cauchy.Sia ora y una qualunque soluzione del problema di Cauchy; si ha

y(x) = y0 +∫ x

x0

f (t, y(t))dt

eσk(x) ≤ y(x) ≤ sk(x)

per cuiσ(x) ≤ y(x) ≤ s(x).

2

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8.3 Metodi numerici per la soluzione di un problema di Cau-chy.

Accenniamo infine ai metodi di approssimazione della soluzione di un proble-ma di Cauchy.

Abbiamo già visto come le approssimazioni di Picard danno la possibilitàdi approssimare la soluzione ed abbiamo dato una maggiorazione dell’errore.

Questo modo di procedere genera tuttavia numerose difficoltà di tipo cal-colistico, in quanto gli integrali da svolgere spesso non ammettono primitiveelementari.

Un secondo tentativo può essere fatto usando la formula di Taylor. In talcaso si sostituisce alla soluzione y(x) il suo sviluppo di Taylor di ordine m,Pm(x, h), relativo al punto x ed all’incremento h. Si ha così

Pm(x, h) =m

∑i=0

y(i)(x)hi

i!

e la soluzione è approssimata mediante lexn+1 = xn + h

yn+1 = Pm(xn, h)

Osserviamo che y(i)(x) si può ricavare dai dati del problema, ricordandoche

y′ = f

y′′ = fx + fyy′ = fx + f fy

y′′′ = fxx + fxy f + fx fy + f 2y f + f fyx + f 2 fyy

. . . . . . . . .

Osserviamo che nel caso in cui m = 1, la formula appena descritta siriduce al classico metodo di Eulero, mentre per valori di m più grandi i calcolisi fanno troppo complicati e, per evitare questo inconveniente, è necessarioconsiderare quelli che si chiamano metodi di integrazione ad un passo.

Essi si basano sull’idea di cercare una soluzione definita daxn+1 = xn + h

yn+1 = yn + α0k0 + α1k1 + ... + αmkm

dove

k0 = h f (xn, yn)

k1 = h f (xn + a1h, yn + b10k0)

k2 = h f (xn + a2h, yn + b20k0 + b21k1)

. . . . . . . . . . . . . . .

km = h f (xn + amh, yn + bm0k0 + ... + bm,m−1km−1)

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complementi di analisi matematica 185

Ora, sviluppando secondo Taylor le espressioni dei ki, sostituendo nelle pre-cedenti uguaglianze e confrontando quanto si ottiene con lo sviluppo di Taylordella soluzione, si ha un sistema di equazioni algebriche sottodeterminato, checonsente di trovare più di una scelta dei coefficienti αi , ai e bij.

A seconda dell’ordine di sviluppo di Taylor e delle scelte effettuate nel risol-vere il sistema, questo procedimento genera diverse formule di integrazione.

Qui di seguito elenchiamo quelle più diffuse.

- Metodo di Eulero (ordine 1)

xn+1 = xn + h

yn+1 = yn + h f (xn, yn)

- Metodo di Eulero modificato (ordine 2)

xn+1 = xn + h

k1 = h f (xn, yn)

k2 = h f (xn + h, yn + k1)

yn+1 = yn + (k1 + k2)/2

- Metodo di Heun (ordine 3)

xn+1 = xn + h

k1 = h f (xn, yn)

k2 = h f (xn + h/3, yn + k1/3)

k3 = h f (xn + 2h/3, yn + 2k2/3)

yn+1 = yn + (k1 + 3k3)/4

- Metodo di Kutta (ordine 3)

xn+1 = xn + h

k1 = h f (xn, yn)

k2 = h f (xn + h/2, yn + k1/2)

k3 = h f (xn + h, yn + 2k2 − k1)

yn+1 = yn + (k1 + 4k2 + k3)/6

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186 o.caligaris - p.oliva

- Metodo di Runge-Kutta (ordine 4)

xn+1 = xn + h

k1 = h f (xn, yn)

k2 = h f (xn + h/2, yn + k1/2)

k3 = h f (xn + h/2, yn + k2/2)

k4 = h f (xn + h, yn + k3)

yn+1 = yn + (k1 + 2k2 + 2k3 + k4)/6

- Metodo di Runge-Kutta II (ordine 4)

xn+1 = xn + h

k1 = h f (xn, yn)

k2 = h f (xn + h/3, yn + k1/3)

k3 = h f (xn + 2h/3, yn + k2 − k1/3)

k4 = h f (xn + h, yn + k1 − k2 + k3)

yn+1 = yn + (k1 + 3k2 + 3k3 + k4)/8

Infine esistono metodi di integrazione per equazioni differenziali che sonobasati sulle formule di quadratura aperte e chiuse per intervalli equispaziati.

Tali metodi sono basati sull’uso di una formula di quadratura aperta cheusa i punti yn−p, .., yn per predire il punto yn+1 e di una formula di qua-dratura chiusa che fa uso dei punti yn−q, .., yn+1 per correggere la previsionefatta.

Per il loro modo di operare tali metodi si dicono metodi predictor-corrector:riportiamo qui di seguito i più diffusi tra di essi.

- Metodo di Eulero modificato (ordine 2)

xn+1 = xn + h

y∗n+1 = yn + h f (xn, yn)

yn+1 = yn + h[ f (xn, yn) + f (xn+1, y∗n+1)]/2

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complementi di analisi matematica 187

- Metodo di Milne a tre punti (ordine 4)

xn+1 = xn + h

y∗n+1 = yn−3 + h[8 f (xn, yn)− 4 f (xn−1, yn−1) + 8 f (xn−2, yn−2)]/3

yn+1 = yn−1 + h[ f (xn+1, y∗n+1) + 4 f (xn, yn) + f (xn−1, yn−1)]/3

- Metodo di Adams-Moulton (ordine 4)

xn+1 = xn + h

y∗n+1 = yn + h[55 f (xn, yn)− 59 f (xn−1, yn−1)+

+ 37 f (xn−2, yn−2)− 9 f (xn−3, yn−3)]/24

yn+1 = yn + h[9 f (xn+1, y∗n+1) + 19 f (xn, yn)−− 5 f (xn−1, yn−1) + f (xn−2, yn−2)]/24

- Metodo di Milne a cinque punti (ordine 6)

xn+1 = xn + h

y∗n+1 = yn−5 + h[33 f (xn, yn)− 42 f (xn−1, yn−1) + 78 f (xn−2, yn−2)−− 42 f (xn−3, yn−3) + 33 f (xn−4, yn−4)]/10

yn+1 = yn−3 + h[14 f (xn+1, y∗n+1) + 64 f (xn, yn) + 24 f (xn−1, yn−1)+

+ 64 f (xn−2, yn−2) + 14 f (xn−3, yn−3)]/45

8.4 Stima dell’errore del metodo di Eulero.

Sia f : Ω→ Rn una funzione , f ∈ C2(Ω), con Ω ⊂ R×Rn e sia (x0, y0) ∈Ω e consideriamo il problema di Cauchyy′(x) = f (x, y(x))

y(x0) = y0

Possiamo ottenere una approssimazione della soluzione locale del problema diCauchy dato, mediante il metodo di Eulero ponendo, per h > 0 opportunoxn+1 = xn + h

yn+1 = yn + h f (xn, yn)

È utile stimare l’errore che si commette sostituendo alla soluzione del problemadi Cauchy la sua approssimazione di Eulero.

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188 o.caligaris - p.oliva

Cominciamo con l’osservare che, nelle condizioni ammesse, la soluzione ydel problema di Cauchy è di classe C2 in quanto risulta

y′′(x) = fx(x, y(x)) + fy(x, y(x))y′(x) =

= fx(x, y(x)) + fy(x, y(x)) f (x, y(x))

Osserviamo inoltre che se,

‖ f (x, y)‖ ≤ M ‖ fx(x, y)‖ ≤ Lx ‖ fy(x, y)‖ ≤ Ly in Ω

Possiamo dedurre che

‖y′′‖ ≤ Lx + MLy in (x0, x0 + δ)

dove δ è definito dal teorema di esistenza ed unicità per la soluzione delproblema di Cauchy.

x0

yn

y0

yn+1

y(xn+1)y(xn)

y(x)

xn xn+1

εn+1

εn

Ora, se y è la soluzione dl problema di Cauchy, utilizzando la formula diTaylor avremo

y(xn+1) = y(xn) + h f (xn, y(xn)) +12

h2y′′(ξ) = y(xn) + h f (xn, y(xn)) + E1

dove ξ ∈ (xn, xn+1).Poniamo

E = ‖E1‖ =12

h2‖y′′(ξ)‖ ≤ 12

h2(Lx + MLy)

e definiamoεn = ‖y(xn)− yn‖

per cuiε0 = 0

Si ha

y(xn+1)− yn+1 = y(xn)− yn + h f (xn, y(xn))− h f (xn, yn) + E1

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complementi di analisi matematica 189

da cui

‖y(xn+1)− yn+1‖ = ‖y(xn)− yn‖+ h‖ f (xn, y(xn))− f (xn, yn)‖+ E ≤≤ ‖y(xn)− yn‖+ h‖ fy(xn, ηn)‖‖y(xn)− yn‖+ E

eεn+1 ≤ εn + hLyεn + E

Pertanto εn+1 ≤ (1 + hLy)εn + E

ε0 = 0

e si calcola facilmente che

ε1 ≤ E

ε2 ≤ (1 + hLy)ε1 + E ≤ E((1 + hLy) + 1)

ε3 ≤ (1 + hLy)ε2 + E ≤ E((1 + hLy)2 + (1 + hLy) + 1)

da cui si deduce che

εn ≤ E(1 + (1 + hLy) + (1 + hLy)2 + · · ·+ (1 + hLy)n−1)

= E1− (1 + hLy)n

1− (1 + hLy)= E

(1 + hLy)n − 1hLy

≤ 12

h(Lx + MLy)(1 + hLy)n − 1

Ly(8.3)

Poichè ex ≥ 1 + x avremo che

enhLy =(

ehly)n≥ (1 + hLy)n

e quindi

εn ≤12

(Lx + MLy)enhLy − 1

Ly=

12

h(Lx + MLy)e(x−x0)Ly − 1

Ly

ove si sia anche tenuto conto che xn = x0 + nh. Abbiamo con ciò ottenuto chesostituendo la soluzione vera del problema di Cauchy y con le sue approssi-mazioni di Eulero yn commettiamo un errore che può essere stimato mediantela

εn = ‖y(xn)− yn‖ ≤12

h(Lx + MLy)e(x−x0)Ly − 1

Ly(8.4)

Fin qui abbiamo tenuto conto dell’errore intrinseco nel metodo di Eulero, tut-tavia va osservato che eseguendo i calcoli si introduce un ulteriore errore dovu-to al troncamento cui siamo costretti dovendo necessariamente usare numeridecimali finiti.

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190 o.caligaris - p.oliva

Sia τ tale errore, avremo allora cheεn+1 ≤ (1 + hLy)εn + (E + τ)

ε0 = 0

da cui deduciamo, come prima,

εn ≤ (E + τ)(1 + (1 + hLy) + (1 + hLy)2 + · · ·+ (1 + hLy)n−1)

= (E + τ)1− (1 + hLy)n

1− (1 + hLy)= (E + τ)

(1 + hLy)n − 1hLy

≤(

12

h(Lx + MLy) +τ

h

)(1 + hLy)n − 1

Ly≤(

12

(Lx + MLy) +τ

h

)enhLy − 1

Ly=

=

(12

h(Lx + MLy) +τ

h

)e(x−x0)Ly − 1

Ly

È interessante notare che il coefficiente(12

h(Lx + MLy) +τ

h

)che compare nella stima dell’errore sia funzione di h e risulti minimo per ilvalore

h =

√2τ

Lx + MLy

in corrispondenza del quale si ha(12

h(Lx + MLy) +τ

h

)=√

2τ√

Lx + MLy

√2τ√Lx +MLy

√2τ/√Lx +MLy

E = 12h(Lx +MLy)

h

E

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complementi di analisi matematica 191

Più in generale, supponiamo di disporre di un metodo di approssimazioneche definisca una successione di punti (xn, yn) che approssimano i valori dellasoluzione del problema di Cauchy y(xn); sia z la soluzione esatta del problemadi Cauchy relativo al dato iniziale z(xn) = yn e supponiamo inoltre di esserein grado di stimare la differenza

‖z(xn+1)− yn+1‖ ≤ E

x0

yn

y0

yn+1

y(xn+1)y(xn)

z(xn+1)

z(x)

y(x)

xn xn+1

εn+1

E

εn

Postoεn = ‖y(xn)− yn‖

avremo

‖y(xn+1)− yn+1‖ = ‖y(xn+1)− z(xn+1) + z(xn+1)− yn+1‖ ≤≤ ‖y(xn+1)− z(xn+1)‖+ ‖z(xn+1)− yn+1‖ ≤

≤ ‖y(xn+1)− z(xn+1)‖+ E

D’altro canto possiamo stimare, usando il lemma di Gronwall,

‖y(xn+1)− z(xn+1)‖ ≤ ‖y(xn)− z(xn)‖ehLy (8.5)

Si ottiene quindi che εn+1 ≤ ehLy εn + E

ε0 = 0

e quindi

εn ≤ E(1 + ehLy + (ehLy )2 + · · ·+ (ehLy )n−1 =

= E(ehLy )n − 1

ehLy − 1= E

enhLy − 1ehLy − 1

= EeLy(x−x0) − 1

ehLy − 1

Che, come prima, fornisce una stima dell’errore intrinseco del metodo cui,come prima, si deve aggiungere l’errore di troncamento.

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192 o.caligaris - p.oliva

Nel caso in cui il metodo a un passo usato sia il metodo di Eulero, possiamostimare l’errore a un passo E mediante la

E =≤ 12

h2(Lx + MLy)

per cui troviamo che

εn ≤12

h2(Lx + MLy)eLy(x−x0) − 1

ehLy − 1=

=12

h(Lx + MLy)h

ehLy − 1(eLy(x−x0) − 1) (8.6)

PoichèehLy − 1 ≥ hLy

si vede allora che la 8.6 fornisce una stima più accurata della 8.4, tuttavia seconsideriamo la 8.3, notiamo che la stima data da 8.3 è migliore di quella datada 8.6 se

12

h(Lx + MLy)(1 + hLy)n − 1

Ly≤ 1

2h(Lx + MLy)

hehLy − 1

(eLy(x−x0) − 1)

cioè se

n−1

∑k=0

(1 + hLy)k =(1 + hLy)n − 1(1 + hLy)− 1

=(1 + hLy)n − 1

hLy≤

≤ eLy(x−x0) − 1ehLy − 1

=n−1

∑k=0

(ehLy )k

il che è sempre vero essendo

1 + hLy ≤ ehLy

Possiamo infine raffinare il risultato ottenuto mediante alcune considera-zioni che permettono di sostituire la stima, ottenuta mediante il lemma diGronwall, usata in 8.5 per ottenere la maggiorazione dell’errore per i metodia un passo.

Siano infatti y e z soluzioni del sistema di equazioni differenziali

y′(x) = f (x, y(x)) z′(x) = f (x, z(x))

edu(x) =

12‖y(x)− z(x)|2 =

12〈y(x)− z(x), y(x)− z(x)〉

Si ha

u′(x) = 〈y(x)− z(x), y′(x)− z′(x)〉 = 〈y(x)− z(x), f (x, y(x))− f (x, z(x))〉

Consideriamo ora la funzione

ϕ(t) = 〈y− z, f (x, y + t(z− y))〉 t ∈ [0, 1]

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complementi di analisi matematica 193

avremoϕ′(t) = 〈y− z, fy(x, y + t(z− y))(y− z)〉

dove fy indica, come prima, la matrice Jacobiana di f rispetto alla variabilevettoriale y.

Per il teorema di Lagrange esiste c ∈ (0, 1) tale che

ϕ(1)− ϕ(0) = ϕ′(c)

per cui

〈y− z, f (x, y)− f (t, z)〉 = 〈y− z, f (x, y)〉− 〈y− z, f (x, z)〉 = 〈y− z, fy(x, y + c(z− y))(y− z)〉

Ora se supponiamo che

µ‖w|2 ≤ 〈w, fy(x, y)w〉 ≤ λ‖w|2 ∀w ∈ Rn

avremo

u′(x) = 〈y− z, f (x, y)− f (t, z)〉 = 〈y− z, fy(x, y + c(z− y))(y− z)〉 ≤ λ‖y− z‖2 = 2λu(x)

Ne deduciamo, separando le variabili ed integrando, che

u(xn+1) ≤ u(xn)e2λ(xn+1−xn) = u(xn)e2λh

e

‖y(xn+1)− z(xn+1‖2 ≤ ‖y(xn)− z(xn)‖2e2λ(xn+1−xn) = ‖y(xn)− z(xn)‖e2λh

cioè‖y(xn+1)− z(xn+1‖ ≤ ‖y(xn)− z(xn)‖eλh

Possiamo a questo punto procedere esattamente come prima, ma la mag-giorazione ottenuta è molto più significativa.

Infatti può accadere che si possa scegliere λ < 0 ed in questo caso, la 8.6fornisce

εn ≤12

h(Lx + MLy)h

ehλ − 1(eλ(x−x0) − 1) ≤

≤ 12

h(Lx + MLy)h

1− ehλ(1− eλ(x−x0)) ≤ 1

2h(Lx + MLy)

h1− ehλ

(8.7)

Tenendo conto che λ(x− x0) < 0, per x ≥ x0.Ne viene infine che εn → 0 per h→ 0 uniformemente per x ≥ x0.

8.5 Prolungabilità della soluzione di un problema di Cauchy.

Abbiamo dimostrato un teorema di esistenza ed unicità di una soluzione localedel problema di Cauchy, abbiamo cioè provato che la soluzione esiste ed è unicain un intorno del punto iniziale.

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194 o.caligaris - p.oliva

Se esiste un’altra soluzione del problema di Cauchy assegnato, definita suun intervallo più grande di quello precedentemente trovato e coincidente conla prima nella parte comune diciamo che tale soluzione è prolungabile e che lanuova soluzione è un suo prolungamento.

Più precisamente diciamo che y è una soluzione prolungabile a destra seesiste

z : [a, c) −→ A

soluzione, con c > b e y(x) = z(x) ∀x ∈ [a, b).Una applicazione del lemma di Gronwall assicura che:

Se f è continua in Ω e se

| f (x, y1)− f (x, y2)| ≤ L|y1 − y2| , ∀x ∈ I , ∀y1, y2 ∈ A

Allora, se y e z sono due soluzioni definite sugli intervalli I1 ed I2

rispettivamente, si ha

y(x) = z(x) ∀x ∈ I1 ∩ I2

Sotto opportune condizioni una soluzione locale può essere prolungata; piùprecisamente:

Se f è continua in Ω e se

| f (x, y1)− f (x, y2)| ≤ L|y1 − y2| ∀x ∈ I , ∀y1, y2 ∈ A

Allora, se y è una soluzione definita su [a, b) e se poniamo

Γ = (x, y(x)) : x ∈ [a, b)

sono equivalenti le seguenti condizioni:

• y è prolungabile a destra;

• Γ è limitato e d(Γ, ∂Ω) > 0. dove

d(A, B) = inf|x− y| : x ∈ A , y ∈ B

È anche possibile stabilire una semplice condizione sufficiente per la pro-lungabilità di una soluzione e quindi per l’esistenza di quella che si chiamauna soluzione globale: una soluzione cioè che sia definita per tutti i valori diI = (x0 − a, x0 + a).

Infatti sef : I ×R −→ R

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complementi di analisi matematica 195

e se| f (x, y)| ≤ M + L|y| (8.8)

per ogni x ∈ I, ed y ∈ R

Allora esiste una ed una sola soluzione del problema di Cauchy definita sututto I.

Per dimostrare questa affermazione è sufficiente osservare che nelle condi-zioni assunte si ha

|y(x)| =∣∣∣∣y0 +

∫ x

x0

f (t, y(t))dt∣∣∣∣ ≤ |y0|+ 2aM +

∣∣∣∣∫ x

x0

L|y(t)|dt∣∣∣∣

e, per il lemma di Gronwall, ciò è sufficiente per affermare che la soluzione yè limitata e quindi prolungabile.

Le condizioni

• | f (x, y)| ≤ M per ogni x ∈ I, y ∈ R, ed inoltre f è lipschitziana sugliinsiemi limitati contenuti in I ×R;

• | f (x, y1)− f (x, y2)| ≤ L|y1 − y2| per ogni x ∈ I, y1, y2 ∈ R

sono entrambe sufficienti per la 8.8Consideriamo la disequazione differenzialez′(x) ≤ ω(x, z(x))

z(x0) ≤ a

L’esistenza di soluzioni della disequazione è ovvia conseguenza del teoremadi esistenza per le equazioni; non così si può ovviamente dire dell’unicità.

Si può tuttavia provare il seguente notevole risultato

Teorema 8.21 Se z è una soluzione della disequazione definita su un inter-vallo J e se y è la soluzione del problemay′(x) = ω(x, y(x))

y(x0) = a

Allora si haz(x) ≤ y(x)

Dimostrazione. Sia u(x) = z(x)− y(x), si ha u(x0) ≤ 0; supponiamoche esista x1 > x0 tale che u(x1) > 0. Dal momento che u è continua esisteξ tale che u(ξ) = 0 e u(x) > 0 per x ∈ (ξ , x1].

Inoltre,

u′(x) = z′(x)− y′(x) ≤ ω(x, z(x))−ω(x, y(x)) ≤≤ |ω(x, z(x))−ω(x, y(x))| ≤ L|z(x)− y(x)| = L|u(x)|

Poichè si ha

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196 o.caligaris - p.oliva

ddx|u(x)| = d

dx

√〈u(x), u(x)〉 =

2〈u′(x), u(x)〉2√〈u(x), u(x)〉

≤ |u′(x)||u(x)||u(x)|

otteniamod

dx|u(x)| ≤ |u′(x)| ≤ L|u(x)|

e, per il lemma di Gronwall

0 < u(x1) ≤ u(ξ)eL(x1−ξ) = 0

il che è assurdo. 2

Teorema 8.22 Supponiamo che α : [x0, +∞) −→ R sia continua, β :R+ −→ R+ sia continua e ∫ +∞

0

1β(s)

ds = +∞

Allora il problema u′(x) = α(x)β(y(x))

u(x0) = u0

ammette soluzioni definite per x ≥ x0.

Dimostrazione. Separando le variabili si ottiene

u′(x)

β(u(x))= α(x)

ed integrandoB(u(x)) = A(x)

doveB(u) =

∫ u

u0

1β(s)

ds

A(x) =∫ x

x0

α(s)ds

Per le ipotesi fatte B è crescente, invertibile e dal momento che

limu→+∞

B(u) =∫ +∞

x0

1β(s)

ds + k = +∞

possiamo affermare che B assume tutti i valori positivi, inoltre evidentementeA assume solo valori positivi e possiamo affermare che

u(x) = B−1(A(x))

è definita per x ≥ x0 2

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complementi di analisi matematica 197

Teorema 8.23 Supponiamo che f : [x0, +∞)×Rn −→ Rn sia continua elipschitziana in y, uniformemente rispetto ad x, sugli insiemi limitati.

Supponiamo inoltre che esistano α : [x0, +∞) −→ R continua, β :R+ −→ R+ continua e crescente, con∫ +∞

0

1β(s)

ds = +∞

tali che| f (x, y)| ≤ α(x)β(|y|).

Allora il problema y′(x) = f (x, y(x))

y(x0) = y0

ammette soluzioni definite per x ≥ x0.

Dimostrazione. Utilizzando le ipotesi si ha che ddt |y(x)| ≤ α(x)β(|y(x)|)|y(x0)| = |y0|

Per cui se u è la soluzione del problema di cui al teorema precedente conu0 = |y0| si ha

|y(x)| ≤ u(x)

Poichè u è definita per x ≥ x0, |y| ed y si mantiene limitata e quindi èprolungabile per x ≤ x0

2

8.6 Dipendenza continua dai dati iniziali

Le soluzioni di un problema di Cauchy evidentemente cambiano se i dati delproblema cambiano, ma è importante conoscere quali alterazioni subiscono.

In particolare è utile sapere se piccoli cambiamenti dei dati provochinopiccoli cambiamenti delle soluzioni.

La questione è evidentemente importante in quanto i problemi di Cauchysono di grande utilità nella modellistica matematica e non è realistico sperareche le funzioni ed i dati che entrano a definire un modello matematico de-scrivano il fenomeno da studiare senza alcun margine di errore o che non siintroducano errori di approssimazione dovuti ai calcoli.

Lo scopo dello studio della dipendenza dai dati è perciò di fornire una stimadelle modificazioni introdotte dall’approssimazione dei dati nelle soluzioni.

L’applicazione del Lemma di Gronwall permette di stabilire alcuni risultatinell’enunciare i quali supponiamo verificate le ipotesi di esistenza ed unicitàdella soluzione di un problema di Cauchy.

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198 o.caligaris - p.oliva

Siano y e z tali chey′(x) = f (x, y(x)) x ∈ Iδ

y(x0) = y0

z′(x) = f (x, z(x)) x ∈ Iδ

z(x0) = z0

Iδ = [x0 − δ, x0 + δ];Allora si ha

|y(x)− z(x)| ≤ |y0 − z0|eL|x−x0|

per ogni x ∈ Iδ.

Infatti

|y(x)− z(x)| ≤ |y0 − z0|+∣∣∣∣∫ x

x0

| f (t, y(t))− f (t, z(t))|dt∣∣∣∣ ≤

≤ |y0 − z0|+∣∣∣∣∫ x

x0

L|y(t)− z(t)|dt∣∣∣∣

e si conclude per il lemma di Gronwall.

Siano y e w tali chey′(x) = f (x, y(x)) x ∈ Iδ

y(x0) = y0

w′(x) = g(x, w(x)) x ∈ Iδ

w(x0) = y0

Iδ = [x0 − δ, x0 + δ];Allora si ha

|y(x)− w(x)| ≤∣∣∣∣∫ x

x0

| f (t, w(t))− g(t, w(t))|dt∣∣∣∣ eL|x−x0|

per ogni x ∈ Iδ.

Infatti

|y(x)− w(x)| ≤∣∣∣∣∫ x

x0

| f (t, y(t))− g(t, w(t))|dt∣∣∣∣ ≤

≤∣∣∣∣∫ x

x0

| f (t, y(t))− f (t, w(t))|dt∣∣∣∣+

+

∣∣∣∣∫ x

x0

| f (t, w(t))− g(t, w(t))|dt∣∣∣∣ ≤

≤∣∣∣∣∫ x

x0

| f (t, w(t))− g(t, w(t))|dt∣∣∣∣+

+

∣∣∣∣∫ x

x0

L|y(t)− w(t)|dt∣∣∣∣

AnTot.TEX— [ Content/Analisi-11.tex] 25 settembre 2018—08:52:38

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complementi di analisi matematica 199

ed ancora si conclude per il lemma di Gronwall.

Siano y e w tali chey′(x) = f (x, y(x)) x ∈ Iδ

y(x0) = y0

u′(x) = f (x, u(x)) x ∈ Iδ

u(ξ0) = y0

Iδ = [x0 − δ, x0 + δ];Allora si ha

|y(x)− u(x)| ≤ M|ξ0 − x0|eL|x−x0|

per ogni x ∈ Iδ.

Infatti

|y(x)− u(x)| =∣∣∣∣∫ x

x0

f (t, y(t))dt−∫ x

ξ0

f (t, u(t))dt∣∣∣∣ ≤

≤∣∣∣∣∫ ξ0

x0

f (t, u(t))dt∣∣∣∣+ ∣∣∣∣∫ x

x0

[ f (t, y(t))− f (t, u(t))]dt∣∣∣∣ ≤

≤ M|ξ0 − x0|+∣∣∣∣∫ x

x0

L|y(t)− u(t)|dt∣∣∣∣

ed anche qui si conclude per il lemma di Gronwall.I tre risultati precedenti consentono di affermare che

Se ye v sono tali chey′(x) = f (x, y(x)) x ∈ Iδ

y(x0) = y0

v′(x) = g(x, v(x)) x ∈ Iδ

u(ξ0) = v0

Iδ = [x0 − δ, x0 + δ];Allora si ha

|y(x)− v(x)| ≤ |y(x)− z(x)|+ |z(x)− w(x)|+ |w(x)− v(x)|

per ogni x ∈ Iδ.

8.7 Stabilità.

I precedenti risultati assicurano in altre parole che piccoli cambiamenti deidati del problema inducono piccoli cambiamenti nei valori delle soluzioni. Essituttavia perdono significato qualora si considerino valori grandi dell’ampiezzaa dell’intervallo Iδ.

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200 o.caligaris - p.oliva

In tal caso infatti, anche supponendo che le soluzioni del problema di Cau-chy siano definite sulla semiretta x ≥ x0, le maggiorazioni ottenute tendonoall’infinito.

Lo studio del comportamento delle soluzioni di una equazione differenzialesulla semiretta x ≥ x0 si definisce studio della stabilità.

A meno di considerare una equazione ottenuta con un semplice cambio divariabili, ci si può sempre ricondurre allo studio della stabilità della soluzioneidenticamente nulla.

Infatti z è soluzione di

y′(x) = f (x, y(x)) , x ≥ x0

se e solo se la funzione identicamente nulla risolve

y′(x) = f (x, z(x) + y(x))− z′(x), x ≥ x0

La stabilità assume particolare rilevanza nel caso in cui il problema diCauchy sia autonomo, sia cioè della formay′(x) = f (y(x))

y(x0) = y0

Supporremo verificate le seguenti ipotesiSia f : A −→ A, A = y ∈ Rn : |y| < ae supponiamo che

| f (y1)− f (y2)| ≤ LB|y1 − y2|

∀y1, y2 ∈ B ,B ⊂ A, limitato,

f (0) = 0.

Sia f : A −→ A , A = y ∈ Rn : |y| < a tale che

• f sia continua in [x0, +∞)× A,

•| f (y1)− f (y2)| ≤ LB|y1 − y2|

∀y1, y2 ∈ R ∀B ⊂ R limitato,

• f (0) = 0

Le condizioni assunte assicurano che la soluzione del problema di Cauchyy′(x) = f (x, y(x))

y(x0) = y0

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complementi di analisi matematica 201

esiste per x ∈ [x0, x0 + δ] , con δ opportuno ed è ivi unicamente determinata.In accordo con il teorema di prolungabilità considereremo sempre soluzioni

definite su un intervallo massimale a destra che indicheremo con [x0, b).Le condizioni assicurano inoltre che la funzione identicamente nulla, y(x) ≡

0 , x ≥ x0 , è soluzione del problema di Cauchy con dato iniziale nullo ,y0 = 0.

Definizione 8.12 Diciamo che la soluzione nulla è stabile per l’equazionedata se per ogni ε > 0 esiste δε > 0 tale

che se |y0| < δε, la soluzione del problema di Cauchy è definita per x ≥ x0

e si ha|y(x)| < ε

per ogni x ≥ x0.

Definizione 8.13 Diciamo che la soluzione nulla è asintoticamente stabileper l’equazione data se è stabile e se esiste δ > 0 tale che per |y0| < δ ,

limx→+∞

y(x) = 0.

8.7.1 Stabilità per i sistemi lineari.

E’ facile provare un criterio di stabilità per i sistemi lineari.

Consideriamo il sistema lineare

y′(x) = Ay(x).

Sia G una matrice fondamentale del sistema; allora la soluzioneidenticamente nulla è stabile se e solo se

|G(x)| ≤ K , ∀x ≥ x0

inoltre la soluzione nulla è asintoticamente stabile se e solo se

limx→+∞

|G(x)| = 0

Infatti le soluzioni del sistema lineare possono essere scritte nella forma

y(x) = G(x)C , c ∈ Rn

mentre le soluzioni del problema di Cauchy sono date da

y(x) = G(x)G−1(x0)y0

Pertanto‖y(x)‖ ≤ ‖G(x)‖‖G−1(x0)‖‖y0‖

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202 o.caligaris - p.oliva

Ciò permette di concludere sulla sufficienza delle condizioni proposte per lastabilità e l’asintotica stabilità della soluzione nulla. Inoltre

G(x) = (y1(x), y2(x), ...., yn(x))

dove yk(x) è la soluzione del problema di Cauchy con dato iniziale yk(x0) =

ek (indichiamo con ek gli elementi della base canonica di Rn.

8.7.2 Stabilità per i sistemi non lineari, (Criterio di Lyapunov).

Nel caso dei sistemi non lineari

Teorema 8.24 Se esiste una funzione differenziabile V : A −→ R tale cheV(0) = 0, V(y) > 0 se y ∈ A \ 0. e se accade che

〈∇V(y), f (y)〉 ≤ 0 ∀y ∈ A

allora la soluzione nulla è stabile per l’equazione.Se di più

〈∇V(y), f (y)〉 < 0 ∀y ∈ A \ 0

la soluzione nulla è asintoticamente stabile.

Dimostrazione. Si ha

minV(y) : |y| = ε = m > 0

e, dal momento che V(0) = 0, esiste δ < ε tale che

V(y) < m se |y| < δ

Sia ora y0 ∈ A , |y0| < δ, sia y(x) la soluzione massimale del problemadefinita in [x0, b), e sia v(x) = V(y(x)); si ha

v(x0) = V(y0) < m

ed inoltre

v′(x) = 〈∇V(y(x)), f (y(x))〉 ≤ 0 per x ∈ [x0, b) .

Pertantov(x) ≤ v(x0) < m per x ∈ [x0, b)

e se esistesse x ∈ [x0, b), con |y(x)| ≥ ε , per il teorema dei valori intermedisarebbe possibile trovare x′ ∈ [x0, x con |y(x′)| = ε e si avrebbe

v(x′) = V(y(x′)) ≥ m

il che è assurdo.Ne viene che y(x) è limitato per x ∈ [x0, b) e pertanto b = +∞ per il

teorema di prolungabilità.

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complementi di analisi matematica 203

Per quel che riguarda il secondo enunciato osserviamo che, essendo ovvia-mente provata la stabilità della soluzione nulla, si ha∀ε > 0 ∃δε > 0 tale che se |y0| < δε

|y(x)| < ε per x ≥ x0,

inoltre come precedentemente vistov(x) = V(y(x)) è decrescente per x ≥ x0.Pertanto

limx→+∞

v(x) = λ ≥ 0 e v(x) ≥ λ se x ≥ x0;

se fosse λ > 0 si potrebbe scegliere η > 0 tale che, se |y| < η, V(y) < λ.Allora, dal momento che V(y(x)) ≥ λ si avrebbe |y(x)| ≥ η; sia

m = max〈∇V(y), f (y)〉 : η ≤ |y| ≤ ε < 0,

si hav′(x) ≤ m < 0 se x ≥ x0

ev(x) ≤ v(x0) + m(x− x0).

Facendo x→ +∞ si ottiene v(x)→ −∞, il che è assurdo.Pertanto

limx→+∞

V(y(x)) = limx→+∞

v(x) = 0.

Selim

x→+∞y(x) 6= 0

esisterebbe xn → +∞ tale che |y(xn)| ≥ ε0 > 0 e

V(y(xn)) ≥ minV(y) : ε0 ≤ |y| ≤ ε = ξ0 > 0

e ciò è assurdo. 2

Possiamo anche formulare un risultato di instabilità può invece essere cosìriformulato.

Teorema 8.25 Supponiamo che esistano un aperto G ⊂ A e due funzioniV : G −→ R differenziabile, k : R −→ R+ continua, tali che

〈∇V(y), f (y)〉 ≥ k(V(y)) > 0 ∀y ∈ G \ 0

Supponiamo inoltre che

• 0 < V(y) ≤ M ∀y ∈ G

• V(y) = 0 se y ∈ ∂G ∩ A

• 0 ∈ ∂G.

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204 o.caligaris - p.oliva

Allora la soluzione nulla è instabile.

Dimostrazione. Per la continuità di V e per la (iii), ∀δ > 0 ∃y0 ∈ G taleche |y0| < δ e 0 < V(y0) < δ.

Sia v = V(y0); se la soluzione nulla fosse stabile per l’equazione (30.12)potremmo affermare che la soluzione y(x) di (30.11) è definita per x ≥ x0.

Sia oraξ = supx : y(x) ∈ G ,

come nel teorema 30.23 si può vedere che ξ = +∞; pertanto se v(x) =

V(y(x) si ha 0 ≤ v(x) ≤ M e

v′(x) ≥ k(v(x)).

Ne deduciamo che ∫ v(x)

v

dsk(s)

≥ x− x0

e, detta K una primitiva di 1/k si ha

K(v(x))− K(v) ≥ x− x0.

Dal momento che K è crescente

K(M) ≥ K(v(x)) ≥ K(v)− x0 + x per x ≥ x0

il che è assurdo. 2

8.7.3 Stabilità in prima approssimazione.

Molto spesso, per studiare la stabilità di un sistema non lineare si procedeallo studio della stabilità del sistema lineare ottenuto usando lo sviluppo diTaylor del primo ordine della funzione che compare a secondo membro. Talesistema si chiama sistema linearizzato ed è interessante conoscere sotto qualicondizioni la stabilità del sistema linearizzato è sufficiente per la stabilità delsistema originale.

Questo tipo di studio si chiama studio della stabilità in prima approssima-zione.

Teorema 8.26 Sia P una matrice n× n e siano A = y ∈ Rn : |y| < a ed f : A −→ R, tali che f (0) = 0, f è continua e

limx→0

f (x)

|x| = 0.

Consideriamo il sistemay′(x) = Py(x) + f (y(x))

y(x0) = y0

Allora, se P ha tutti gli autovalori con parte reale negativa, la soluzionenulla è stabile per il sistema.

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complementi di analisi matematica 205

Dimostrazione. Se |y| < σ si ha

| f (y)| ≤ α

2K|y|;

e per il seguito è lecito supporre che a < σ.Sia G la matrice fondamentale principale del sistema linearizzato y′ = Py

e sia y la soluzione definita in un intervallo massimale [x0, b); posto

z(x) = G(x− x0)y0 +∫ x

x0

G(x− t) f (y(t))dt

si ha

z′(x) = G′(x− x0)y0 +∫ x

x0

G′(x− t) f (y(t))dt + G(0) f (y(x)) =

= P(

G(x− x0)y0 +∫ x

x0

G(x− t) f (y(t))dt)

+ f (y(x)) =

= Pz(x) + f (y(x))

ez(x0) = y0

Tenuto conto del fatto che

y′(x) = Py(x) + f (y(x)) , y(x0) = y0

si ha(z− y)′(x) = P(z− y)(x) , (z− y)(x0) = 0

da cuiz(x) ≡ y(x)

Pertantoy(x) = G(x− x0)y0 +

∫ x

x0

G(x− t) f (y(t))dt

ed inoltre, poiché gli autovalori di P hanno parte reale negativa

|G(x− t)| ≤ Ke−α(x−t) , x0 ≤ t ≤ x.

Allora|y(x)| ≤ Ke−α(x−x0)|y0|+

∫ x

x0

α

2e−α(x−t)|y(t)|dt

da cuieα(x−x0)|y(x)| ≤ K|y0|+

∫ x

x0

α

2eα(t−x0)|y(t)|dt

e per il lemma di Gronwall

eα(x−x0)|y(x)| ≤ K|y0|eα(x−x0)/2

e

(30.14) |y(x)| ≤ K|y0|e−α(x−x0) ≤ K|y0| , ∀x ≥ x0

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206 o.caligaris - p.oliva

Pertanto si ha, se 0 < ε < σ e |y0| < ε/K,

|y(x)| < ε , ∀x ∈ [x0, b)

e con le solite argomentazioni circa la prolungabilità delle soluzioni si vedeche deve essere b = +∞.

Passando al limite per x → +∞ nella si conclude anche l’asintoticastabilità. 2

Si può inoltre dimostrare che qualora la soluzione sia instabile per il sistemalinearizzato allora anche il sistema di partenza è instabile.

8.8 Equazioni differenziali di tipo particolare.

# Equazione di Eulero.Siano ai ∈ R , i = 0, 1, .., n− 1, e consideriamo l’equazione

xny(n)(x) +n−1

∑i=0

aixiy(i)(x) = 0.

Ci limitiamo per semplicità ad illustrare il procedimento per il caso n = 2, es-sendo banale l’estensione al caso generale. Consideriamo pertanto l’equazione

(A2.1) x2y”(x) + axy′(x) + by(x) = 0 , a, b ∈ R

Cerchiamo prima soluzioni definite per x > 0; la (A2.1) assicura che

(A2.2) e2ty”(et) + aety′(et) + by(et) = 0 , ∀t ∈ R

Definito z(t) = y(et) si ha z′(t) = ety′(et)

z”(t) = e2ty”(et) + ety′(et) = e2ty”(et) + z′(t)

e la (A2.2) si può riscrivere come

e2te−2t[z”(t)− z′(t)] + aete−tz′(t) + bz(t) = 0

da cui

(A2.3) z”(t) + (a− 1)z′(t) + bz(t) = 0

che è lineare a coefficienti costanti.Se z è una soluzione di (A2.3), allora

y+(x) = z(lnx)

è soluzione di (A2.1) per x > 0 .Per cercare le soluzioni definite per x < 0, si considera w(t) = y(−et);

operando come prima si ottiene w”(t) + (a− 1)w′(t) + bw(t) = 0.

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complementi di analisi matematica 207

Pertanto la soluzione di (A2.1), per x < 0, è data da

y−(x) = w(ln(−x))

. Posto

y(x) =

y+(x), x > 0

y−(x), x < 0

se y ∈ C2(R) allora è soluzione di (A2.1) su tutto R .Alternativamente si può risolvere l’equazione cercando soluzioni del tipo

xα ((−x)α), α ∈ C.# Equazione di Bernoulli.Siano a, b ∈ C0(I), I ⊂ R intervallo; α ∈ R, α 6= 0, 1 .Consideriamo il problema di Cauchyy′(x) = a(x)y(x) + b(x)[y(x)]α

y(x0) = y0

(se α = 0, 1 l’equazione diventa lineare).Poiché deve essere y(x) > 0, supponiamo y0 > 0; allora, dividendo per

[y(x)]α si ottiene

y′(x)[y(x)]−α = a(x)[y(x)]1−α + b(x).

Se poniamo

z(x) =[y(x)]1−α

1− α

ci riduciamo al seguente problema linearez′(x) = (1− α)a(x)z(x) + b(x)

z(x0) = y1−α0 /(1− α)

Per esponenti α naturali e per opportuni razionali, è sufficiente supporrey(x) 6= 0 .

# Equazioni del primo ordine in forma non normale.Consideriamo il problema x = f (y′(x))

y(x0) = y0

supponiamo f derivabile e invertibile e sia p0 tale che f (p0) = x0 . Si ha

y′(x) = f−1(x) , y(x) = y0 +∫ x

x0

f−1(u)du

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208 o.caligaris - p.oliva

e

y( f (p)) = y0 +∫ f (p)

f (p0)f−1(u)du =

= y0 +∫ p

p0

f−1( f (s)) f ′(s)ds =

= y0 +∫ p

p0

s f ′(s)ds =

= y0 + p f (p)− p0 f (p0)−∫ p

p0

f (s)ds

Postog(p) = y0 + p f (p)− p0x0 −

∫ p

p0

f (s)ds

è immediato stabilire che il grafico della soluzione y si può rappresentareparametricamente mediante le x = f (p)

y = g(p)

# # #

Consideriamo il problemay(x) = f (y′(x))

y(x0) = y0

e supponiamo f derivabile e invertibile e sia p0 tale che f (p0) = y0; suppo-niamo inoltre f−1(y) 6= 0 per ogni y; allora

y′(x) = f−1(y(x))

e separando le variabili si ottiene

y′(x)

f−1(y(x))= 1

∫ y(x)

y0

duf−1(u)

= x− x0

∫ f−1(y)

f−1(y0)

f ′(t)t

dt = x− x0.

Perciò, definendo

g(p) = x0 +∫ p

p0

f ′(t)t

dt

si ottiene che il grafico della soluzione è rappresentato, in forma parametrica,da x = g(p)

y = f (p)

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complementi di analisi matematica 209

# Altre equazioni del primo ordine.Consideriamo un’equazione del tipoy′(x) = f (x, y(x))

y(x0) = y0

Supponiamo che f sia omogenea di grado 0 , e supponiamo x, x0 6= 0.Cerchiamo soluzioni della forma y(x) = xu(x). Si ha

y′(x) = xu′(x) + u(x)

per cui dovremo determinare u in modo che

xu′(x) + u(x) = f (x, xu(x))

ed essendo f omogenea di grado 0

u′(x) =f (1, u(x))− u(x)

x

e ci si è ricondotti ad una equazione a variabili separabili.

# # #

Consideriamo ora problemi del tipoy′(x) = f(

ax+by(x)+ca′x+b′y(x)+c′

)y(x0) = y0

con f continua, a, b, c, a′, b′, c′ ∈ R.Supponiamo che a′x0 + b′y0 + c′ 6= 0.Occorre considerare due casi:

(i) det

(a ba′ b′

)6= 0

in questo caso esiste (x, y) ∈ R2 tale che

ax + by + c = 0

a′ x + b′y+c′ =)

ponendo ξ = x− x, η(ξ) = y(ξ + x)− y ci si riconduce al problema η′(ξ) = f(

aξ+bη(ξ)a′ξ+b′η(ξ)

)η(x0 − x) = y0 − y

che è del tipo precedentemente considerato.det

a b

a′ b′

= 0

b 6= 0

25 settembre 2018—08:52:38 AnTot.TEX— [ Content/Analisi-11.tex]

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210 o.caligaris - p.oliva

esiste allora k ∈ R tale che a′ = ka e b′ = kb; posto

z(x) = ax + by(x)

il problema dato diventaz′(x) = a + b f(

z(x)+ckz(x)+c′

)z(x0) = ax0 + by0

che è a variabili separabili.# Alcune equazioni del secondo ordine.Consideriamo il problema

f (y”(x), y′(x), x) = 0

y(x0) = y0

y′(x0) = y1

Se poniamo y′(x) = z(x) , siamo immediatamente condotti a considerarei due problemi del primo ordine f (z′(x), z(x), x) = 0

z(x0) = y1

y′(x) = z(x)

y(x0) = y0

# # #

Consideriamo il problemaf (y”(x), y′(x), y(x)) = 0

y(x0) = y0

y′(x0) = y1

Se z ed y risolvono i seguenti problemi di Cauchy f (z′(y)z(y), z(y), y) = 0

z(y0) = y1

y′(x) = z(y(x))

y(x0) = y0

si hay”(x) = z′(y(x))y′(x) = z′(y(x))z(y(x))

e pertanto y risolve il problema dato.Osserviamo che, se y1 6= 0, è sempre possibile supporre y localmente

invertibile e definitaz(t) = y′(y−1(t))

si ha equivalenza tra i problemi considerati.

# # #

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complementi di analisi matematica 211

Consideriamo il problema di Cauchyy”(x) = f (y(x))

y(x0) = y0

y′(x0) = y1

con f continua. Supponiamo y′(x) 6= 0 (y1 6= 0), moltiplicando ambo imembri dell’equazione per y′(x) si ottiene

y”(x)y′(x) = f (y(x))y′(x)

e ∫ x

x0

y”(s)y′(s)ds =∫ x

x0

f (y(s))y′(s)ds∫ y′(x)

y1

udu =∫ y(x)

y0

f (v)dv

E’ pertanto immediato ricavare

[y′(x)]2 = 2∫ y(x)

y0

f (v)dv + y21

e ci si riconduce a [y′(x)]2 = 2∫ y(x)

y0f (v)dv + y2

1

y(x0) = y0

Osserviamo che l’equazione considerata rientra anche nel tipo consideratoprecedentemente.

# Equazione di Riccati.Consideriamo l’equazione

y′(x) + a(x)y2(x) + b(x)y(x) + c(x) = 0

con a, b, c funzioni continue. L’equazione può essere ridotta ad una equazionedi Bernoulli mediante la sostituzione

y(x) = w(x) + z(x)

essendo w una soluzione dell’equazione data.# Equazione di Clairaut.Consideriamo l’equazione

y(x) = xy′(x) + g(y′(x))

con g ∈ C1 .Derivando (supponendo y ∈ C2) si ottiene

y”(x)(x + g′(y′(x))) = 0

25 settembre 2018—08:52:38 AnTot.TEX— [ Content/Analisi-11.tex]

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212 o.caligaris - p.oliva

da cuiy”(x) = 0 oppure x = −g′(y′(x))

e ci si riconduce ad equazioni precedentemente considerate.# Equazione di D’Alembert-Lagrange.Consideriamo l’equazione

y(x) = x f (y′(x)) + g(y′(x))

con f , g ∈ C1 .Derivando, e supponendo y”(x) 6= 0 e f (x) 6= x ∀x, si ha

1y”(x)

+x f ′(y′(x))

f (y′(x))− y′(x)+

g′(y′(x))

f (y′(x))− y′(x)= 0.

Se y’ è invertibile, posto z = (y′)−1, si ottiene

z′(p) +z(p) f ′(p)

f (p)− p+

g′(p)

f (p)− p= 0.

8.9 Equazioni differenziali di tipo particolare.

# Equazione di Eulero.Siano ai ∈ R , i = 0, 1, .., n− 1, e consideriamo l’equazione

xny(n)(x) +n−1

∑i=0

aixiy(i)(x) = 0.

Ci limitiamo per semplicità ad illustrare il procedimento per il caso n = 2, es-sendo banale l’estensione al caso generale. Consideriamo pertanto l’equazione

(A2.1) x2y”(x) + axy′(x) + by(x) = 0 , a, b ∈ R

Cerchiamo prima soluzioni definite per x > 0; la (A2.1) assicura che

(A2.2) e2ty”(et) + aety′(et) + by(et) = 0 , ∀t ∈ R

Definito z(t) = y(et) si ha z′(t) = ety′(et)

z”(t) = e2ty”(et) + ety′(et) = e2ty”(et) + z′(t)

e la (A2.2) si può riscrivere come

e2te−2t[z”(t)− z′(t)] + aete−tz′(t) + bz(t) = 0

da cui

(A2.3) z”(t) + (a− 1)z′(t) + bz(t) = 0

che è lineare a coefficienti costanti.

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complementi di analisi matematica 213

Se z è una soluzione di (A2.3), allora

y+(x) = z(lnx)

è soluzione di (A2.1) per x > 0 .Per cercare le soluzioni definite per x < 0, si considera w(t) = y(−et);

operando come prima si ottiene w”(t) + (a− 1)w′(t) + bw(t) = 0.Pertanto la soluzione di (A2.1), per x < 0, è data da

y−(x) = w(ln(−x))

. Posto

y(x) =

y+(x), x > 0

y−(x), x < 0

se y ∈ C2(R) allora è soluzione di (A2.1) su tutto R .Alternativamente si può risolvere l’equazione cercando soluzioni del tipo

xα ((−x)α), α ∈ C.# Equazione di Bernoulli.Siano a, b ∈ C0(I), I ⊂ R intervallo; α ∈ R, α 6= 0, 1 .Consideriamo il problema di Cauchyy′(x) = a(x)y(x) + b(x)[y(x)]α

y(x0) = y0

(se α = 0, 1 l’equazione diventa lineare).Poiché deve essere y(x) > 0, supponiamo y0 > 0; allora, dividendo per

[y(x)]α si ottiene

y′(x)[y(x)]−α = a(x)[y(x)]1−α + b(x).

Se poniamo

z(x) =[y(x)]1−α

1− α

ci riduciamo al seguente problema linearez′(x) = (1− α)a(x)z(x) + b(x)

z(x0) = y1−α0 /(1− α)

Per esponenti α naturali e per opportuni razionali, è sufficiente supporrey(x) 6= 0 .

# Equazioni del primo ordine in forma non normale.Consideriamo il problema x = f (y′(x))

y(x0) = y0

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214 o.caligaris - p.oliva

supponiamo f derivabile e invertibile e sia p0 tale che f (p0) = x0 . Si ha

y′(x) = f−1(x) , y(x) = y0 +∫ x

x0

f−1(u)du

e

y( f (p)) = y0 +∫ f (p)

f (p0)f−1(u)du =

= y0 +∫ p

p0

f−1( f (s)) f ′(s)ds =

= y0 +∫ p

p0

s f ′(s)ds =

= y0 + p f (p)− p0 f (p0)−∫ p

p0

f (s)ds

Postog(p) = y0 + p f (p)− p0x0 −

∫ p

p0

f (s)ds

è immediato stabilire che il grafico della soluzione y si può rappresentareparametricamente mediante le x = f (p)

y = g(p)

# # #

Consideriamo il problemay(x) = f (y′(x))

y(x0) = y0

e supponiamo f derivabile e invertibile e sia p0 tale che f (p0) = y0; suppo-niamo inoltre f−1(y) 6= 0 per ogni y; allora

y′(x) = f−1(y(x))

e separando le variabili si ottiene

y′(x)

f−1(y(x))= 1

∫ y(x)

y0

duf−1(u)

= x− x0

∫ f−1(y)

f−1(y0)

f ′(t)t

dt = x− x0.

Perciò, definendo

g(p) = x0 +∫ p

p0

f ′(t)t

dt

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complementi di analisi matematica 215

si ottiene che il grafico della soluzione è rappresentato, in forma parametrica,da x = g(p)

y = f (p)

# Altre equazioni del primo ordine.Consideriamo un’equazione del tipoy′(x) = f (x, y(x))

y(x0) = y0

Supponiamo che f sia omogenea di grado 0 , e supponiamo x, x0 6= 0.Cerchiamo soluzioni della forma y(x) = xu(x). Si ha

y′(x) = xu′(x) + u(x)

per cui dovremo determinare u in modo che

xu′(x) + u(x) = f (x, xu(x))

ed essendo f omogenea di grado 0

u′(x) =f (1, u(x))− u(x)

x

e ci si è ricondotti ad una equazione a variabili separabili.

# # #

Consideriamo ora problemi del tipoy′(x) = f(

ax+by(x)+ca′x+b′y(x)+c′

)y(x0) = y0

con f continua, a, b, c, a′, b′, c′ ∈ R.Supponiamo che a′x0 + b′y0 + c′ 6= 0.Occorre considerare due casi:

(i) det

(a ba′ b′

)6= 0

in questo caso esiste (x, y) ∈ R2 tale che

ax + by + c = 0

a′ x + b′y+c′ =)

ponendo ξ = x− x, η(ξ) = y(ξ + x)− y ci si riconduce al problema η′(ξ) = f(

aξ+bη(ξ)a′ξ+b′η(ξ)

)η(x0 − x) = y0 − y

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216 o.caligaris - p.oliva

che è del tipo precedentemente considerato.det

a b

a′ b′

= 0

b 6= 0

esiste allora k ∈ R tale che a′ = ka e b′ = kb; posto

z(x) = ax + by(x)

il problema dato diventaz′(x) = a + b f(

z(x)+ckz(x)+c′

)z(x0) = ax0 + by0

che è a variabili separabili.# Alcune equazioni del secondo ordine.Consideriamo il problema

f (y”(x), y′(x), x) = 0

y(x0) = y0

y′(x0) = y1

Se poniamo y′(x) = z(x) , siamo immediatamente condotti a considerarei due problemi del primo ordine f (z′(x), z(x), x) = 0

z(x0) = y1

y′(x) = z(x)

y(x0) = y0

# # #

Consideriamo il problemaf (y”(x), y′(x), y(x)) = 0

y(x0) = y0

y′(x0) = y1

Se z ed y risolvono i seguenti problemi di Cauchy f (z′(y)z(y), z(y), y) = 0

z(y0) = y1

y′(x) = z(y(x))

y(x0) = y0

si hay”(x) = z′(y(x))y′(x) = z′(y(x))z(y(x))

e pertanto y risolve il problema dato.

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complementi di analisi matematica 217

Osserviamo che, se y1 6= 0, è sempre possibile supporre y localmenteinvertibile e definita

z(t) = y′(y−1(t))

si ha equivalenza tra i problemi considerati.

# # #

Consideriamo il problema di Cauchyy”(x) = f (y(x))

y(x0) = y0

y′(x0) = y1

con f continua. Supponiamo y′(x) 6= 0 (y1 6= 0), moltiplicando ambo imembri dell’equazione per y′(x) si ottiene

y”(x)y′(x) = f (y(x))y′(x)

e ∫ x

x0

y”(s)y′(s)ds =∫ x

x0

f (y(s))y′(s)ds∫ y′(x)

y1

udu =∫ y(x)

y0

f (v)dv

E’ pertanto immediato ricavare

[y′(x)]2 = 2∫ y(x)

y0

f (v)dv + y21

e ci si riconduce a [y′(x)]2 = 2∫ y(x)

y0f (v)dv + y2

1

y(x0) = y0

Osserviamo che l’equazione considerata rientra anche nel tipo consideratoprecedentemente.

# Equazione di Riccati.Consideriamo l’equazione

y′(x) + a(x)y2(x) + b(x)y(x) + c(x) = 0

con a, b, c funzioni continue. L’equazione può essere ridotta ad una equazionedi Bernoulli mediante la sostituzione

y(x) = w(x) + z(x)

essendo w una soluzione dell’equazione data.# Equazione di Clairaut.

25 settembre 2018—08:52:38 AnTot.TEX— [ Content/Analisi-12.tex]

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218 o.caligaris - p.oliva

Consideriamo l’equazione

y(x) = xy′(x) + g(y′(x))

con g ∈ C1 .Derivando (supponendo y ∈ C2) si ottiene

y”(x)(x + g′(y′(x))) = 0

da cuiy”(x) = 0 oppure x = −g′(y′(x))

e ci si riconduce ad equazioni precedentemente considerate.# Equazione di D’Alembert-Lagrange.Consideriamo l’equazione

y(x) = x f (y′(x)) + g(y′(x))

con f , g ∈ C1 .Derivando, e supponendo y”(x) 6= 0 e f (x) 6= x ∀x, si ha

1y”(x)

+x f ′(y′(x))

f (y′(x))− y′(x)+

g′(y′(x))

f (y′(x))− y′(x)= 0.

Se y’ è invertibile, posto z = (y′)−1, si ottiene

z′(p) +z(p) f ′(p)

f (p)− p+

g′(p)

f (p)− p= 0.

8.10 Qualche integrale notevole.

Proviamo che ∫ +∞

0

sin xx

dx =π

2=∫ +∞

0

sin2 xx2 dx.

Dall’uguaglianza (22.2). si ha infatti

π

2=∫ π

0

(12

+n

∑k=1

cos kt

)dt =

=∫ π

0

sin((n + 1/2)t)2 sin(t/2)

dt =

=∫ π

0

sin ntt

dt +∫ π

0sin nt

(1

2 tan(t/2)− 1

t

)dt +

12

∫ π

0cos nt dt =

=∫ π

0

sin ntt

tdt + ωn =∫ nπ

0

sin xx

+ ωn =∫ +∞

0

sin tt

dt

non appena si sia provato che

lim ωn = lim∫ π

0sin nt

(1

2 tan(t/2)− 1

t

)dt = 0.

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complementi di analisi matematica 219

Si ha, posto

h(t) =1

2 tan(t/2)− 1

t

che h è continua su (0, π) e può essere prolungata per continuità su [0, π];pertanto ωn è il coefficiente di Fourier della funzione h ed essendo la serie diFourier convergente, risulta ωn → 0. Questo fatto può anche essere provatodirettamente osservando che∫ π

0sin nth(t)dt =

=12

∫ π

0sin nth(t)dt +

12

∫ π

0sin nth(t)dt =

=12

∫ π

0sin nth(t)dt +

12

∫ π+π/n

π/nsin n(s− π/n)h(s− π/n)ds =

=12

∫ π/n

0sin nth(t)dt− 1

2

∫ π+π/n

πsin nth(t− π/n)dt+

+12

∫ π

π/nsin nt[h(t)− h(t− π/n)]dt

e, poiché h è limitata e uniformemente continua su [0, π],

∣∣∣∣∫ π

0sin nth(t)dt| ≤

≤ πM2n

+πM2n

+12

sin nξ|h(ξ)− h(ξ − π/n)|(π − π/n) ≤ ε

E’ anche utile stabilire l’andamento della funzione

g(α) =∫ α

0

sin tt

dt.

Evidentemente g è definita per ogni α reale e, dal momento che la funzioneintegranda è pari, è sufficiente studiare g per α ≥ 0.

Si hag(0) = 0 e lim

α→0g(α) =

π

2,

ed anche

π

2=∫ +∞

0

sintt

dt =+∞

∑k=0

∫ (k+1)π

sin tt

dt =

=+∞

∑k=0

(−1)k∫ (k+1)π

sin tt

dt =+∞

∑k=0

(−1)k ak

Evidentemente ak è una successione decrescente a 0 e, per il teorema 19.21la serie ad ultimo membro è convergente a π/2 e si ha(∫ π

0−∫ π

π

)sin t

tdt ≤ π

2≤∫ π

0

sintt

dt.

25 settembre 2018—08:52:38 AnTot.TEX— [ Content/Analisi-12.tex]

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220 o.caligaris - p.oliva

Inoltre g è crescente in (2kπ, (2k + 1)π) e decrescente in ((2k + 1)π, 2kπ),assume minimo assoluto in 0 e massimo assoluto in π per cui

R(g) = [0,∫ π

0

sintt

dt] .

D’altra parte,

∫ +∞

0

sin2xx2 dx = − sin2x

x∣∣+∞0 +

∫ +∞

0

sin2xx

dx =

=∫ +∞

0

sinxx

dx .

# # #

Proviamo che

∫ +∞

0e−x2

dx =π

2.

(∫ +∞

0e−x2

dx)2

=

(lim

a→+∞

∫ a

0e−x2

dx)2

=

= lima→+∞

∫ a

0

∫ a

0e−(x2+y2)dxdy =

=∫

R+×R+

e−(x2+y2)dxdy =

= limR→+∞

∫S(0,R)∩(R+×R+)

e−(x2+y2)dxdy =

= limR→+∞

π

2

∫ R

0ρe−ρ2

dρ =π

4

A meno di un cambio di variabile si ha anche, se a > 0∫ +∞

−∞e−ax2

dx =(π

a

).

# # #

Proviamo che, per a > 0

F(ω) =∫ +∞

−∞e−ax2

cosωxdx =(π

a

)e−

ω24a .

Tenendo conto che

|e−ax2cosωx| ≤ e−ax2

, | − xe−ax2sinωx| ≤ xe−ax2

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complementi di analisi matematica 221

si ha

F′(ω) = −∫ +∞

−∞xe−ax2

sin ωxdx =

=e−ax2

2asinωx

∣∣+∞−∞ −

∫ +∞

−∞ω

e−ax2

2acosωx dx =

= − ω

2aF(ω)

Pertanto F è l’unica soluzione del problema di CauchyF′(ω) + ω2a F(ω) = 0

F(0) =∫ +∞−∞ e−ax2

dx =(

πa)

eF(ω) =

a

)e−

ω24a .

Come immediata conseguenza si ottiene che

∫ +∞

−∞e−ax2

e−iωxdx =

=∫ +∞

−∞e−ax2

cosωxdx− i∫ +∞

−∞e−ax2

sinωxdx =

=(π

a)

e−ω24a

25 settembre 2018—08:52:38 AnTot.TEX— [ Content/Analisi-12.tex]

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222 o.caligaris - p.oliva

8.11 L’equazione del calore.

Si consideri una sbarra omogenea infinita, adiabatica, avente inizial-mente una distribuzione di temperatura u0(x) (x denota l’ascissa sullasbarra).

L’andamento della temperatura nello spazio e nel tempo u(x, t) saràregolato nella seguente maniera: se Q indica la quantità di calore e Tla temperatura, si ha, in una porzione della sbarra, di lunghezza ∆x esezione S,

∆Q = cσS∆x∆T.

D’altro canto la quantità di calore che fluisce attraverso la sezione adascissa x è

∆Q = KST′(x)∆t

per cui, a meno di costanti,

∆T∆t

=T′(x + ∆x)− T′(x)

∆x

e, al limite per ∆x e ∆t → 0 , si ha che la temperatura u(x, t) devesoddisfare il seguente problema alle derivate parzialiut = uxx

u(x, 0) = u0(x)

Cerchiamo una soluzione u : R× R+ −→ R tale che u, ux, uxx sonocontinue, assolutamente integrabili in x

|ut(x, t)| ≤ φa(x) ,∫ +∞

−∞φa(x)dx < +∞ , ∀t ≥ a > 0 .

Supponiamo inoltre che u0, u′0, u′′0 siano continue e assolutamenteintegrabili in R.

Poniamov(ω, t) = F (u(·, t))(ω)

v0(ω) = F (u0)(ω) = v(ω, 0).

AvremoF (uxx(·, t))(ω) = −ω2v(ω, t)

e

∂tF (u(·, t))(ω) =

∂t

∫ +∞

−∞u(s, t)e−iωsds =

=∫ +∞

−∞ut(s, t)e−iωsds = F (ut(·, t))(ω).

Applicando la trasformata di Fourier all’equazione, si ha

F (ut(·, t)− uxx(·, t)) = 0

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complementi di analisi matematica 223

evt(ω, t) + ω2v(ω, t) = 0 , v(ω, 0) = v0(ω).

Ne viene

v(ω, t) = e−ω2tv0(ω) = F (k(·, t))(ω)F (u0)(ω)

essendo

k(x, t) =e−x2/(4t)

2(πt), t > 0

e perciòv(ω, t) = F (k(·, t) ∗ u0)(ω).

Ne segue cheF (u(·, t)) = F (k(·, t) ∗ u0)

e per l’iniettività della trasformata di Fourier, se t > 0,

u(x, t) = (k(·, t) ∗ u0)(x) =1

2(πt)

∫ +∞

−∞e−

s24t u0(x− s)ds =

=1π

∫ +∞

−∞e−z2

u0(x− 2zt)dz =

=1

2(πt)

∫ +∞

−∞e−

(x−u)24t u0(u)du.

Dall’ultimo membro e dalle ipotesi su u0 segue immediatamente lacontinuità di u(·, t) per t > 0 . In modo analogo si prova la continuitàdi ux e uxx.

Poiché u′0 è assolutamente integrabile su R, u0 è limitata e dalpenultimo membro si ha

limt→0+

u(x, t) = u0(x).

Usando il teorema 27.13 si prova la assoluta integrabilità di u, ux , uxx

.Analogamente si verificano le ipotesi su ut .

8.12 Equivalenza di norme in Rn.

Sia ‖ · ‖a una norma in Rn; si ha

‖x‖a = ‖n

∑i=1

xiei‖a ≤n

∑i=1|xi|‖ei‖a ≤ K‖x‖1

essendoK = max‖ei‖a.

Quindi la funzione ‖ · ‖a è continua e, dal momento che

x ∈ Rn : ‖x‖1 = 1

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224 o.caligaris - p.oliva

è compatto è lecito considerare

H = min‖x‖a : ‖x‖1 = 1;

si ha H > 0 e‖x‖a

‖x‖1=∣∣∣∣ x‖x‖1

∣∣∣∣a ≥ H.

Pertanto, per ogni x ∈ Rn si ha

H‖x‖1 ≤ ‖x‖a ≤ K‖x‖1

e tutte le norme in Rn sono equivalenti.

8.13 Qualche disuguaglianza notevole.

In questa appendice vogliamo brevemente giustificare alcune disugua-glianze che sono spesso usate e di cui si fa uso anche nel testo.

E’ d’obbligo osservare che queste possono essere interpretate in sen-so più generale nel contesto degli spazi normati di dimensione infinita,ma per i nostri scopi ciò non si renderà necessario.

Indichiamo con F 2 l’insieme delle funzioni f : [a, b] −→ R tali chef 2 ed f risultano integrabili su [a, b].

Osserviamo che F 2 è uno spazio vettoriale: infatti se f , g ∈ F 2, siha

| f (x)g(x)| ≤ ( f 2(x) + g2(x))/2

e

( f (x) + g(x))2 = f 2(x) + g2(x) + 2 f (x)g(x) ≤ 2( f 2(x) + g2(x)).

Inoltre f g è integrabile su [a, b].Ciò consente di definire in F 2 un prodotto scalare mediante la

〈 f , g〉 =∫ b

af (x)g(x)dx

e di conseguenza‖ f ‖2

2 = 〈 f , f 〉.Utilizzando le tecniche descritte in fondo alla pag. 74 si prova che

|〈 f , g〉| ≤ ‖ f ‖2‖g‖2

‖ f + g‖2 ≤ ‖ f ‖2 + ‖g‖2.

Analogamente possiamo considerare lo spazio vettoriale 2 delle suc-cessioni ak tali che ∑ a2

k < +∞ e, tenendo conto del fatto che

|ab| ≤ (a2 + b2)/2,

si ottengono le disuguaglianze

|∑ akbk| ≤ (∑ a2k)1/2(∑ b2

k)1/2

(∑(ak + bk)2)1/2 ≤ (∑ a2k)1/2(∑ b2

k)1/2.

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complementi di analisi matematica 225

8.14 Il fenomeno di Gibbs.

I grafici delle ridotte di una serie di Fourier relativa ad una funzioneche presenta ’salti’ (diciamo che una funzione f presenta un salto inx0 se f (x0+) 6= f (x0−) ed entrambi sono reali) mettono in evidenzacome, in prossimità dei punti di ’salto’ la convergenza della serie diFourier non sia uniforme (si vedano i grafici a pag. 67). In prossimitàdi tali punti infatti si verifica una ’impennata’ dei grafici delle ridottestesse.

Tale comportamento può essere illustrato più precisamente comesegue

Sia f ∈ F 2 e sia x0 ∈ [−π, π) un punto di salto per f ; posto

σ = f (x0+)− f (x0−),

detta F la serie di Fourier di f ed Fn la sua ridotta n-esima, si ha(Teorema 20.22)

F(x0) = σ/2

ed inoltre esiste xn → x0, xn ≥ x0, tale che, se

GM = lim Fn(xn)

si ha

GMσ/2

=2π

∫ π

0

sins

ds = 1.17897974447216727023.. > 1

Questo fatto è noto come ’fenomeno di Gibbs’ ed è stato studiato inseguito a constatazioni sperimentali del fenomeno.

Per stabilire quanto abbiamo affermato cominciamo a considerare lapiù semplice funzione che presenta un ’salto’ che, nell’attuale contestoè data da:

φ(x) =

(x− π)/2 , sexin[0, π)

−(x + π)/2 , sex ∈ [−π, 0)

Si potrebbero ovviamente considerare funzioni più semplici dal pun-to di vista formale (ad esempio la solita funzione a gradino) ma nelnostro caso una simile scelta comporterebbe la perdita di notevolisemplificazioni di calcolo.

Consideriamo dunque la serie di Fourier di φ e le sue ridotte Φn.Avremo

Φ(x) =+∞

∑k=1

sin kxk

, Φn(x) =n

∑k=1

sin kxk

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226 o.caligaris - p.oliva

e quindi

x2

+ Φn(x) =x2

+n

∑k=1

sin kxk

=

=∫ x

0

(12

+n

∑k=1

cos kt)dt =

∫ x

0Dn(t)dt =

(si veda il lemma 23.11)

=∫ x

0

sin((n + 1/2)t)2 sin t/2

dt =

=∫ x

0

sin nt2 tan t/2

dt +12

∫ x

0cos nt dt =

=∫ x

0

sin ntt

dt +∫ x

0sin nt

(1

2 tan t/2− 1

t

)dt +

∫ x

0cos ntdt.

Ora non appena si osservi che

12 tan t/2

− 1t

=t− 2 tan t/2

2t tan t/2

è limitata in un intorno di 0, si ha che, comunque si scelga una succes-sione xn → 0 , xn ≥ 0

lim( xn

2+ Φn(xn)

)= lim

∫ xn

0

sin ntt

dt

essendo gli altri due integrali infinitesimi.Ora ∫ xn

0

sin ntt

dt =∫ nxn

0

sin tt

dt

eG = lim Φn(xn) = lim

∫ nxn

0

sin tt

dt.

Se nxn → α , α ∈ [0, +∞] , si ha

G =∫ α

0

sin tt

dt;

pertanto

G ∈ ∫ α

0

sin tt

dt : α ∈ R+ = [0,∫ π

0

sin tt

dt]

ed il valore massimo GM, il più sfavorevole nel nostro caso, che Gpossa assumere è

GM =∫ π

0

sin tt

dt >π

2.

Pertanto se

S =φ(0+)− φ(0−)

2=

π

2si ha

GMS

=2π

∫ π

0

sin tt

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complementi di analisi matematica 227

Più in generale se f ∈ F 2 e se x0 ∈ [−π, π) è un punto di salto perf , posto

σ = f (x0+)− f (x0−)

si ha

f (x) =(

f (x)− σ

πφ(x− x0)

)+

σ

πφ(x− x0) =

= f1(x) + f2(x)

Ora se Fn, F1n , F2

n , sono le ridotte della serie di Fourier di f , f1, f2,rispettivamente si ha

Fn(x) = F1n (x) + F2

n (x)

e, se xn → x0 , xn ≥ x0 , usando il teorema 23.12 si ottiene

G = lim Fn(xn)− σ

2= lim F1

n (xn)− σ

2+ lim F2

n (xn) =

= lim F2n (xn) = lim

σ

πΦn(xn − x0)

e se n(xn − x0)→ π, si ha

GM = lim Fn(xn)− σ

2=

σ

π

∫ π

0

sin tt

dt

onde

GMσ/2

=2π

∫ π

0

sin tt

dt = 1.17897974447216727023.. > 1.

Appendice 8 : Penalizzazione e moltiplicatori di Lagrange.Diamo in questa appendice una semplice dimostrazione del teore-

ma dei moltiplicatori di Lagrange (si vedano i teoremi 25.51, 25.52)che è fondata su un metodo che è solitamente indicato come ’metododi penalizzazione’ e che consente di ridurre un problema di minimovincolato ad un problema di minimo libero.

Teorema 8.27 Siano f , gi : A −→ R, A ⊂ Rn , f , gi ∈ C1(A) , i =

1, .., p, p + 1, .., q. Sia x0 ∈ A e sia δ > 0 , definiamo

Ω(x0, δ) = x ∈ A : gi(x) ≤ 0 , i = 1, .., p ∩ . . .

· · · ∩ x ∈ A : gi(x) = 0 , i = p + 1, .., q ∩ clS(x0, δ)

Supponiamo inoltre che gli indici i siano ordinati in modo chegi(x0) = 0 i = s + 1, .., p

gi(x0) < 0 i ≤ s

e definiamo φ = (gs+1, .., gp, gp+1, .., gq).

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228 o.caligaris - p.oliva

Supponiamo che x0 ∈ intA sia un punto di minimo relativo per f sotto ivincoli gi, supponiamo cioè che esista δ > 0 tale che

x0 ∈ Ω(x0, δ) , f (x0) ≤ f (x) ∀x ∈ Ω(x0, d).

Allora esistono µ, λi ∈ R , non tutti nulli tali cheµ∇ f (x0) + ∑

qi=1 λi∇gi(x0) = 0

µ ≥ 0

λi = 0 i ≤ s

λi ≥ 0 i = s + 1, .., p.

Se di più ∇φ(x0) ha caratteristica massima, si ha µ 6= 0 e si può supporreµ = 1.

Dimostrazione. Definiamo

g+i (x) = maxgi(x), 0),

Φ(x) =p

∑i=1

(g+i (x))2 +

q

∑i=p+1

(gi(x))2

eFn(x) = f (x) + ‖x− x0‖2 + nΦ(x).

Sia δ > 0 tale che

x0 ∈ Ω(x0, δ) , f (x0) ≤ f (x) ∀x ∈ Ω(x0, δ).

Fn ammette minimo assoluto su cl S(x0, δ); supporremo tale minimoassunto nel punto xn ∈ cl S(x0, δ).

E’ intanto ovvio che, a meno di considerare una estratta, xn → x;proviamo di più che x = x0.

Postom = min f (x) : x ∈ cl S(x0, δ)

si ha

m + nΦ(xn) ≤ f (xn) + nΦ(xn) ≤ Fn(xn) ≤ Fn(x0) = f (x0)

e

0 ≤ Φ(xn) ≤ f (x0)−mn

.

Pertanto0 = lim Φ(xn) = Φ(x) e x∈Ω(x0, δ).

Perciò si ha

f (xn) + ‖xn − x0‖2 ≤ Fn(xn) ≤ Fn(x0) = f (x0)

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complementi di analisi matematica 229

ef (x) + ‖x− x0‖2 ≤ f (x0).

Ricordando che x ∈ Ω(x0, δ) si ha

f (x0) + ‖x− x0‖2 ≤ f (x) + ‖x− x0‖2 ≤ f (x0)

e‖x− x0‖2 ≤ 0

da cuix = x0.

Usando il teorema 25.34 e tenendo conto che, se n è sufficientementegrande, xn ∈ S(x0, δ) si ha che

∇ f (xn) + 2(xn− x0) +p

∑i=1

2ng+i (xn)∇gi(xn) +

q

∑i=p+1

2ngi(xn)∇gi(xn) = 0.

Pertanto, posto

Ln = (1, 2ng+1 (xn), .., 2ng+

p (xn), 2ngp+1(xn), .., 2ngq(xn))

eMn = Ln/‖Ln‖,

si ha‖Mn‖ = 1.

Indichiamo

Mn = (µn, λ1,n, .., λs,n, λs+1,n, .., λp,n, λp+1,n, .., λq,n)

essendo µn e λi,n non tutti nulli; inoltre, dal momento che xn → x0 egi(x0) < 0 per i ≤ s, si ha

λi,n = 2ng+i (xn) = 0

per n sufficientemente grande e i ≤ s.Si può allora affermare che

µn(∇ f (xn) + 2(xn − x0)) +q

∑i=1

λi,n∇gi(xn) = 0

conµn, λi,n ≥ 0 per i = s + 1, .., p , λi,n = 0 per i ≤ s.

Poiché ‖Mn‖ = 1 si può supporre, a meno di una estratta,

µn → µ , λi,n → λi , ‖(µ, λ1, .., λq)‖ = 1

onde µ e λi non sono tutti nulli, e λi = 0 per i ≤ s .

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230 o.caligaris - p.oliva

Passando al limite si ottiene

µ∇ f (x0) +q

∑i=1

λi∇gi(x0) = 0.

Infine, poiché λi = 0 per i ≤ s, se fosse µ = 0 si avrebbe che ilsistema

q

∑i=s+1

λi∇gi(x0) = 0

ammette la soluzione non banale (λs+1, .., λq) e perciò la caratteristicadi ∇φ(x0) = (∇gs+1(x0), ..,∇gq(x0)) non potrebbe essere massima. 2

8.15 Curvatura di una linea e di una superficie

8.15.1 Curvatura e torsione di una linea

Sia γ : [a, b]→ R3 una linea nello spazio (γ = γ(u))

Definiamo il vettore tangente alla linea γ nel punto γ(u)

mediante lat(u) =

γ

‖γ‖ (u)

Chiaramente t è un vettore unitario e da 12‖t(u)‖2 = 1

2 possiamodedurre, derivando, che

〈t(u), t(u)〉 = 0 =⇒ t⊥t

Quindi i vettori t e t sono ortogonali e possiamo dire che

Definiamo il vettore normale alla linea γ nel punto γ(u)

mediante la

n(u) =t

‖t‖ (u)

ed infine

Definiamo il vettore binormale alla linea γ nel punto γ(u)

mediante la

b(u) = (t× n)(u)

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complementi di analisi matematica 231

Chiaramente i vettori (t, n, b) sono ortogonali ed unitari; costituisco-no pertanto un sistema di riferimento in R3.

Nel caso in cui la linea γ = γ(s) sia parametrizzata mediante lalunghezza d’arco, è ben noto che

‖γ(u)‖ = 1

, per cui

Se s rappresenta la lunghezza d’arco,

t(s) = γ(s)

n(s) =t(s)‖t(s)‖ =

γ(s)‖γ(s)‖

b(s) = t(s)× n(s)

Si ha inoltre

γ(u) =d

duγ(u) =

ddu

(‖γ(u)‖t(u)) =d‖γ(u)‖

dut(u) + ‖γ(u)‖t(u) =

=d‖γ(u)‖

dut(u) + ‖γ(u)‖‖t(u)‖n(u) = aTt(u) + aNn(u)

per cui aT ed aN sono rispettivamente le componenti tangenziale enormale del vettore γ.

Possiamo inoltre scrivere che

‖t(u)‖ =

∥∥∥∥ dtdu

∥∥∥∥ ==

∥∥∥∥ dtds

∥∥∥∥ ∥∥∥∥ dsdu

∥∥∥∥ =

∥∥∥∥ dtds

∥∥∥∥ ‖γ(u)‖

Definiamo

κ =

∥∥∥∥ dtds

∥∥∥∥curvatura della linea γ; avremo

‖t(u)‖ = κ ‖γ(u)‖

Quindi

aTt(u) + aNn(u) = γ(u) =d‖γ(u)‖

dut(u) + ‖γ(u)‖‖t(u)‖n(u) =

=d

du‖γ(u)‖t(u) + ‖γ(u)‖

∥∥∥∥ dtds

∥∥∥∥ ‖γ(u)‖ n(u) =

=d

du‖γ(u)‖t(u) +

∥∥∥∥ dtds

∥∥∥∥ ‖γ(u)‖2 n(u)

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232 o.caligaris - p.oliva

ed avremo

aTt(u) + aNn(u) = γ(u) =d‖γ(u)‖

dut(u) + κ ‖γ(u)‖2 n(u)

Dal momento che t = γ‖γ‖

t(u)× γ(u) =d‖γ(u)‖

dut(u)× t(u) + κ ‖γ(u)‖2 n(u)× t(u)

eγ(u)× γ(u)

‖γ(u)‖ = κ ‖γ(u)‖2 ‖b(u)‖ = κ ‖γ(u)‖2

e ne deduciamo

κ =γ(u)× γ(u)

‖γ(u)‖3

Nel caso in cui γ = γ(s) sia parametrizzata mediante la lunghezzad’arco s si ha

t(s) = γ(s) , ‖t(s)‖ = ‖γ(s)‖ = 1 , n(s) =t(s)‖t(s)| =

γ(s)‖γ(s)|

Pertanto

(s) = ‖γ(s)‖n(s)

e quindi

Nel caso in cui γ sia parametrizzata mediante la lunghezzad’arco

κ = ‖γ(s)‖

Poichè

b = t× n e n =t

‖t‖avremo

b = t× n + t× n = tt

‖t‖ + t× n = t× n

avremo che b⊥t e, dal momento che t⊥n, si ha b ‖ n e b = τn.Inoltre

n = b× t

n = b× t + b× t = τn× t + κb× n = −τb− κt

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complementi di analisi matematica 233

8.16 Prima Forma Quadratica di una Superficie

Sia

S = S(u, v) = (x(u, v), y(u, v), z(u, v)) = (x, y, z)

una superficie sia

∇S = ∇S(u, v) =

(Su(u, v)

Sv(u, v)

)=

((xu(u, v), yu(u, v), zu(u, v)) = (xu, yu, zu)

(xv(u, v), yv(u, v), zv(u, v)) = (xv, yv, zv)

)

e possiamo calcolare il vettore normale alla superficie mediante la

Su(u, v)×Sv(u, v) = (A, B, C) , N(u, v) =Su(u, v)× Sv(u, v)

‖Su(u, v)× Sv(u, v)‖

Il piano tangente sarà definito dall’equazione

〈N, (x− x0, y− y0, z− z0)〉 = 0 cioè A(x− x0) + B(y− y0) + C(z− z0) = 0

Se u = u(ξ)

v = v(ξ)

allora Γ(ξ)S(u(ξ), v(ξ)) definisce una curva sulla superficie S la cuilunghezza d’arco si può calcolare come

‖Γ(ξ)‖2 =

(d

dξx(u(ξ), v(ξ)))

)2+

(d

dξy(u(ξ), v(ξ)))

)2+

(d

dξz(u(ξ), v(ξ)))

)2=

= (xuu + xvv)2 + (yuu + yvv)2 + (zuu + zvv)2 =

= (x2u + y2

u + z2u)u2 + 2(xuxv + yuyv + zuzv)uv + (x2

v + y2v + z2

v)v2 =

= 〈Suu + Svv, Suu + Svv〉 = ‖Su‖2u2 + 2〈Su, Sv〉uv + ‖Sv‖2v2

Definiamo

E = ‖Su‖2 , F = 〈Su, Sv〉 , G = ‖Sv‖2

avremo allora

‖Γ(ξ)‖2 = Eu2 + 2Fuv + Gsv2

Quindi ‖Γ(ξ)‖2 può essere identificata mediante la forma quadrati-ca

(h, k) 7→ Eh2 + Fhk + Gk2

che si chiama Prima Forma Quadratica Fondamentale della superfi-cie S

Possiamo osservare che

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234 o.caligaris - p.oliva

Eu2 + 2Fuv + Gsv2 = E[(

h2 + 2FE

hk +F2

E2 k2)− F2

E2 k2 +GE

k2]

=

E

[(h +

FE

k)2

+EG− F2

E2

]=

E(

h +FE

k)2

+EG− F2

E

Osserviamo anche che se

Su × Sv = (A, B, C) , ‖N‖ = A2 + B2 + C2

Si haA2 + B2 + C2 = EG− F2

Infatti ciò equivale a

‖Su × Sv‖2 = ‖Su‖2‖Sv‖2 − 〈Su, Sv〉2

cioè a

‖Su‖2‖Sv‖2 sin2 θ = ‖Su‖2‖Sv‖2 − ‖Su‖2‖Sv‖2 cos2 θ

ed infine asin2 θ = 1− cos2 θ

Sia ora Γ(s)S(u(s), v(s)) definisce una curva sulla superficie S para-metrizzata mediante la sua lunghezza d’arco s

Avremo

‖Γ(s)‖2 = Eu2(s) + 2Fu(s)v(s) + Gsv2(s) = 1

• t = Γ è il vettore tangente a Γ; si ha t = Suu + Svv e ‖t‖ = 1.

• n = t‖t‖ è il vettore normale a Γ; si ha che Γ = κn essendo κ la

curvatura di Γ

• b = t× n è il vettore binormale a Γ

• N = Su×Sv‖Su×Sv‖ è il versore normale a S

• ng = t×N è il versore normale geodesico.

Si calcola che

κn = Γ =dds

(Suu + Svv) =

= Suuu2 + 2Suvuv + Svvv2 + Suu + Svv

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complementi di analisi matematica 235

Inoltre, dal momento che Γ è parametrizzata mediante la lunghezzad’arco, si ha

12‖Γ‖ =

12

quindi 〈Γ, Γ〉 = 〈Γ, t〉 = 0 e Γ è ortogonale a t e, nel sistema di riferi-mento (t,N, ng), possiamo esprimere Γ come combinazione lineare diN e ng.

Avremo cioè cheκn = Γ = κNN + κgng

• κN si chiama curvatura normale di Γ

• κg si chiama curvatura geodesica di Γ

Dal momento che(t,N, ng)

è un sistema ortonormale possiamo calcolare, ricordando che N⊥Su eN⊥Sv,

κN = 〈Γ,N〉 =

= 〈Suu,N〉u2 + 2〈Suv,N〉uv + 〈Svv,N〉v2 + 〈Su,N〉u + 〈Sv,N〉v =

= Lu2 + 2Muv + Nv2

La forma quadratica

(h, k) 7→ Lh2 + 2Mhk + Nk2

si chiama Seconda Forma Quadratica FondamentaleI coefficienti

L = 〈Suu,N〉M = 〈Suv,N〉N = 〈Svv,N〉

sono elementi caratteristici della superficie S.Quindi linee su S aventi lo stesso (u, v) hanno la stessa curvatura

normale.La curvatura geodesica si può calcolare come segue: Si ha

κn = Γ = κNN + κgng

Per definizione ng è ortogonale ad N quindi ng è contenuto nel pianotangente e si ha, per opportuni α, β

κgng = αSu + βSv

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236 o.caligaris - p.oliva

α, β possono essere determinati utilizzando le seguenti uguaglianze.

κg〈ng, Su〉 = α‖Su‖2 + β〈Sv, su〉 = αE + βF

κg〈ng, Sv〉 = α〈Su, sv〉+ β‖Sv‖2 = αF + βG

Inoltre, poichè N⊥Su e N⊥Sv, otteniamo

κg〈ng, Su〉 = κ〈n, Su〉 = 〈Γ, Su〉 =

= ‖Su‖2u + 〈Sv, Su〉v + 〈Suu, Su〉u2 + 2〈Suv, Su〉uv + 〈Svv, Su〉v2 = Eu + Fv + Y

κg〈ng, Sv〉 = κ〈n, Sv〉 = 〈Γ, Sv〉 =

= 〈Su, Sv〉u + ‖Sv‖2v + +〈Suu, Sv〉u2 + 2〈Suv, Sv〉uv + 〈Svv, Sv〉v2 = Fu + Gv + Z

Ne segue che(E FF G

)(α

β

)=

(E FF G

)(uv

)+

(YZ

)Poichè

det

(E FF G

)=√

EG− F2 =√

A2 + B2 + C2 6= 0

la matrice è invertibile e si ha(E FF G

)−1

=1√

EG− F2

(G −F−F E

)

e si ricava (α

β

)=

(uv

)+

1√EG− F2

(G −F−F E

)(YZ

)Possiamo infine studiare come varia la curvatura normale κN, de-

terminandone in particolare massimo e minimo valore.Ricordiamo che, per una curva Γ(s) = S(u(s), v(s)) su una su-

perficie S, parametrizzata mediante la lunghezza d’arco,la curvaturanormale è data da

κN = Lu2 + 2Muv + Nv2

dove L, M, N sono i coefficienti che definiscono la Seconda FormaFondamentale di S.

Il vettore tangente t alla curva Γ(s) si determina mediante la

t = Suu + Svv

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complementi di analisi matematica 237

I vettori Su, Sv costituiscono una base per il piano tangente ad S;tuttavia essi non sono sempre ortonormali.

Possiamo ricavare da essi un sistema ortonormale mediante il pro-cedimento di ortonormalizzazione di Hilbert-Schmidt; possiamo cioèdefinire

t1 =Su

‖Su‖=

Su√E

e t2 =Sv −

⟨Sv, Su√

E

⟩‖Sv −

⟨Sv, Su√

E

⟩‖

Qualche calcolo ci permette di semplificare un po’ l’espressione di t2

t2 =Sv −

⟨Sv, Su√

E

⟩‖Sv −

⟨Sv, Su√

E

⟩‖

=

=1E

ESv − FSu√‖Sv‖2 − 2 〈Sv ,Su〉2

E + 〈Sv, Su〉2 ‖Su‖2

E2 |=

=1E

ESv − FSu√G− F2

E

=ESv − FSu√E2G− EF2

=ESv − FSu√E(EG− F2)

Quindi una base ortonormale per piano tangente ad S è data da

t1 =Su√

Ee t2 =

ESv − FSu√E(EG− F2)

e possiamo esprimere il vettore tangente unitario t nella forma

t = cos θt1 + sin θt2 = cos θSu√

E+ sin θ

ESv − FSu√EW

per qualche valore di θ, essendo W =√

EG− F2

Si ottiene infine che

t = SuW cos θ − F sin θ√

EW+ Sv

√E sin θ

W= Suu + Svv

Di qui possiamo ricavare u, v e sostituire nell’espressione di κN; siha

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238 o.caligaris - p.oliva

κN = L(

W cos θ − F sin θ√EW

)2+ 2M

(W cos θ − F sin θ)√

E sin θ√EW2

+

+ FE sin2 θ

W2 =

=1

EW2 (LW2 cos2 θ + LF2 sin2 θ − 2LFW sin θ cos θ =

2MEW sin θ cos θ − 2MEF sin2 θ + NE2 sin2 θ) =

=1

EW2 ((MEW − LFW) sin 2θ + LW2 cos2 θ+

+ (LF2 − 2MEF + NE2) sin2 θ) =

=1

EW2 ((MEW − LFW) sin 2θ + LW2 1 + cos 2θ

2+

+ (LF2 − 2MEF + NE2)1− cos 2θ

2) =

=1

EW2 ((MEW − LFW) sin 2θ +LW2 − LF2 + 2MEF− NE2

2cos 2θ+

+LW2 + LF2 − 2MEF + NE2

2=

= δ + µ sin 2θ + η cos 2θ

dove

δ =L(W2 + F2)− 2MEF + NE2

2EW2

µ =(ME− FL)W

EW2

η =L(W2 − F2) + 2MEF− NE2

2EW2

Avremo quindi che

κN = δ + µ sin 2θ + η cos 2θ

e se θ0 è scelto in modo che

sin 2θ0 =η√

µ2 + η2

cos 2θ0 =µ√

µ2 + η2

possiamo scrivere che

κN = δ +√

µ2 + η2(cos 2θ0 cos 2θ + sin 2θ0 sin 2θ) = δ +√

µ2 + η2 sin 2(θ + θ0)

Otteniamo quindi che

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complementi di analisi matematica 239

κ1 = max κN = δ +√

µ2 + η2

κ2 = max κN = δ−√

µ2 + η2

κ1 e κ2 sono le curvature principali (Massima e Minima);H = κ1+κ2

2 è la curvatura mediaK = κ1κ2 è la curvatura Gaussiana.Si calcola che

K =LN −M2

EG− F2 , H =GL− 2FM + EN

2(EG− F2)

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Indice

1 Archi E Superfici Nello Spazio. 3

2 Le Serie. 69

3 Le Serie Di Funzioni. 89

4 Le Serie di Potenze complesse 105

5 Le serie di Fourier. 113

6 La Trasformata di Fourier. 131

7 La trasformata di Laplace 147

8 Equazioni E Sistemi Di Equazioni Differenziali Ordinarie. 151

9 Indice analitico 243

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9. Indice analitico

Binomio di Newton, 9 Triangolo di Tartaglia, 8