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Energia - Sorgenia Sorgenia, fondata e controllata da CIR e partecipata da Verbund, il principale gruppo energetico austriaco, è uno dei principali operatori nel mercato italiano dell’energia elettrica e del gas naturale. Sorgenia opera nelle fasi dell’approvvigionamento, della vendita e della fornitura sia nel comparto elettrico sia nel gas naturale. Presidente e CEO di Sorgenia è Andrea Mangoni. Sorgenia è il secondo fornitore elettrico delle aziende italiane, preceduto solo da Enel. La società si è dotata di un parco di generazione ad alta efficienza e basso impatto ambientale, composto da quattro centrali a ciclo combinato alimentate a gas naturale in Lombardia, Molise, Puglia e Lazio e da impianti di produzione da fonti rinnovabili in Italia e Francia. La società è indirettamente azionista di Tirreno Power, uno dei maggiori produttori italiani di elettricità. Sorgenia ha una capacità installata di oltre 5.000 MW e può contare su circa 500.000 clienti totali. Dal 2005 Sorgenia è registrata presso l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas come ESco (Energy Service Company), ovvero società specializzata nei servizi per l’efficienza energetica. Il gruppo Sorgenia ha chiuso il 2012 con ricavi per 2,6 miliardi di euro, un EBITDA di 57,1 milioni di euro post svalutazioni per 44,3 milioni di euro e un risultato netto negativo per 196,8 milioni di euro penalizzato dalla negativa congiuntura economica e di settore e dai mutati contesti regolatori. Sorgenia: impianti di generazione in Italia e Francia

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Energia - SorgeniaSorgenia, fondata e controllata da CIR e partecipata da Verbund, il principale gruppo energetico austriaco, è uno dei principali operatori nel mercato italiano dell’energia elettrica e del gas naturale. Sorgenia opera nelle fasi dell’approvvigionamento, della vendita e della fornitura sia nel comparto elettrico sia nel gas naturale. Presidente e CEO di Sorgenia è Andrea Mangoni.  Sorgenia è il secondo fornitore elettrico delle aziende italiane, preceduto solo da Enel. La società si è dotata di un parco di generazione ad alta efficienza e basso impatto ambientale, composto da quattro centrali a ciclo combinato alimentate a gas naturale in Lombardia, Molise, Puglia e Lazio e da impianti di produzione da fonti rinnovabili in Italia e Francia. La società è indirettamente azionista di Tirreno Power, uno dei maggiori produttori italiani di elettricità. Sorgenia ha una capacità installata di oltre 5.000 MW e può contare su circa 500.000 clienti totali.  Dal 2005 Sorgenia è registrata presso l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas come ESco (Energy Service Company), ovvero società specializzata nei servizi per l’efficienza energetica.  Il gruppo Sorgenia ha chiuso il 2012 con ricavi per 2,6 miliardi di euro, un EBITDA di 57,1 milioni di euro post svalutazioni per 44,3 milioni di euro e un risultato netto negativo per 196,8 milioni di euro penalizzato dalla negativa congiuntura economica e di settore e dai mutati contesti regolatori.    Sorgenia: impianti di generazione in Italia e Francia

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Sorgenia al «round finale» con 21 banchedi Cheo Condina2 marxo 2014

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Argomenti: Struttura delle società | Sorgenia | Pier Francesco Saviotti | Banco Popolare | Italia | Intesa Sanpaolo | Ubi Banca | De Benedetti | Unicredit

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Pier Francesco SaviottiDomani, a Milano, si terrà l'attesa riunione plenaria tra il management di Sorgenia e tutte le 21 banche creditrici. È la prima volta che ciò accade dopo il meeting dello scorso 18 dicembre, quando Sorgenia presentò il nuovo piano industriale chiedendo uno stralcio al debito di 600 milioni (su 1,8 miliardi complessivi). Sarà una giornata clou visto che, molto probabilmente, vedrà anche la partecipazione, al tavolo delle trattative, del socio di controllo Cir e che, per mercoledì prossimo, risulta già convocato un cda di Sorgenia, chiamato a fare il punto della situazione, anche alla luce della grave crisi di liquidità della società.

Il vertice di domani, insomma, potrebbe rivelarsi cruciale - alcuni arrivano a dire decisivo - per il salvataggio del gruppo: o porrà le basi per trovare un accordo sui punti principali per la ristrutturazione del debito oppure, in caso di nuovo muro contro muro, la controllata di Cir potrebbe trovarsi costretta a considerare strade alternative, quali le procedure concorsuali, per risolvere l'emergenza.

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«Non facciamo regali a nessuno, nemmeno alla famiglia De Benedetti. - ha dichiarato ieri Pier Francesco Saviotti, ad del Banco Popolare, uno dei principali istituti creditori di Sorgenia insieme con Mps, Intesa Sanpaolo, Unicredit, Ubi Banca, Bpm e Portigon -. Se Cir farà la sua parte, le banche hanno già dichiarato che faranno la loro». Le parole di Saviotti riassumono l'impasse: le principali banche sono pronte a stralciare 450 milioni di debito (tra conversione in equity di 300 milioni e prestito convertendo da 150 milioni) ma pretendono da Cir uno sforzo di almeno 150 milioni di euro (erano partite chiedendo 300 milioni), mentre la holding non intende andare oltre 100 milioni. Ciò al netto delle differenti vedute all'interno della folta pattuglia bancaria, che sta lavorando alacremente in queste ore per presentarsi compatta all'appuntamento di lunedì, quando dovrà incrociare la propria proposta di ristrutturazione con quella del gruppo energetico.

In realtà, non è soltanto una questione di capitali, ma anche di definire pesi e contrappesi adeguati nei futuri assetti azionari e nella governance della "nuova" Sorgenia. Le banche, in assenza di un quadro chiaro per la soluzione del nodo della sovraccapacità produttiva in Italia (che frena in misura rilevante la redditività degli impianti a gas di Sorgenia), preferirebbero utilizzare strumenti partecipativi ibridi, anche se di fronte all'irremovibilità di Cir minacciano di prendere il controllo convertendo i debiti in azioni: sarebbe questo uno dei principali punti di dibattito all'interno della vasta platea bancaria. La stessa Cir, dal canto suo, non intende profondere ulteriori sforzi rispetto a quanto già comunicato al sistema creditizio, specie se la prospettiva è quella di diventare socio di minoranza. Saviotti, ieri, ha anche detto che gli istituti di credito non hanno chiesto un cambio delle strategie di Sorgenia. Segno che l'attuale piano è considerato credibile

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e che, se verrà raggiunto un compromesso sull'equity, il pallino potrebbe restare in mano a Cir.

Entro marzo serve il pianoCheo Condina12 marzo 2014

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Argomenti: Finanziamenti alle imprese | Sorgenia | Vado Ligure | Enel | De Benedetti | Guardia di Finanza | Power | SuezTweet

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MILANOIl sequestro dei nuclei a carbone della centrale di Vado Ligure avviene in un momento cruciale della delicata ristrutturazione del debito da 1,8 miliardi di Sorgenia, anche se le due partite – dal punto di vista finanziario – hanno un legame molto debole, se non quasi inesistente. Vado Ligure, come noto, appartiene al parco impianti di Tirreno Power, la ex genco Enel controllata al 50% dai francesi di Gdf-Suez e partecipata, in trasparenza, al 39% dal gruppo energetico controllato dalla famiglia De Benedetti e col 5,5% a testa da Iren ed Hera. Anche Tirreno Power è alle prese con il forte calo della marginalità sugli impianti a gas e, per questo, sta negoziando il rifinanziamento del debito da 750 milioni in scadenza a luglio. Un debito, vale la pena precisare, che non vede alcuna garanzia fornita da Sorgenia, che in bilancio ha peraltro già svalutato a zero la partecipazione nella ex genco.Le trattative di Tirreno Power con gli istituti proseguono dalla scorsa estate, cioè da quando la

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società ha approvato un bilancio 2012 che evidenziava dubbi sulla continuità aziendale (per il debito in scadenza), oltre a un calo del Mol consolidato a 163 milioni e a perdite nette per 159 milioni, a causa di svalutazioni per 240 milioni. Così, a dicembre, le banche hanno concesso una moratoria sulla rata semestrale del finanziamento in essere solo a fronte della rinuncia, da parte di Gdf Suez e Sorgenia, di alcuni crediti commerciali nei confronti della ex genco. Ora, però, il tempo stringe: entro fine mese verrà presentato alle banche il nuovo piano industriale, propedeutico al rifinanziamento del debito, a fronte di un contributo dei soci che si annuncia limitato. Il business plan vedrà probabilmente la cessione dell'idroelettrico, efficienze di costo ma anche scelte strategiche riguardo le tecnologie da sfruttare e dunque anche sulla centrale di Vado Ligure. Stando al bilancio 2012 di Tirreno Power, il piano per la realizzazione di una nuova unità a carbone nell'impianto ligure, già approvato dal ministero, prevede infatti investimenti per 580 milioni.

Sorgenia, prima intesa con le banche sul debito di Tirreno Powerdi Cheo Condina29 dicembre 2013

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Argomenti: Ristrutturazioni d'imprese | Tirreno Power | Andrea Mangoni | Italia | Guardia di Finanza | Massimo Orlandi | Enel | Cir | Gdf Suez

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MILANO - I negoziati sulla ristrutturazione del debito da 750 milioni di Tirreno Power, la ex genco controllata al 50% da Gdf-Suez e partecipata al 39% da Sorgenia (con il 5,5% a testa figurano anche Hera e Iren), avrebbero raggiunto un primo, importante punto di svolta. In particolare, dopo una lunga trattativa iniziata la scorsa estate, le banche creditrici avrebbero accordato una moratoria sul rimborso semestrale, previsto per fine mese, a fronte di una sorta di stand still "commerciale" concesso dai soci alla partecipata. In sostanza, Gdf-Suez e Sorgenia avrebbero rinunciato ad alcuni crediti, legati alla fornitura di materie prime, nei confronti dell'ex genco Enel per un importo di poco inferiore a 50 milioni.

Non si è trattato di un intervento sul capitale, ma è stata comunque una mossa che ha dimostrato l'atteggiamento costruttivo degli azionisti e in ogni caso ben accetta dalle banche. Insomma, un ottimo punto di partenza per la trattativa, anch'essa già avviata e probabilmente destinata a concludersi nel primo trimestre del 2014, sul riscadenzamento della maxi rata da 750 milioni in scadenza a luglio e prevista dal finanziamento erogato nel lontano 2007 da un consorzio guidato da Unicredit. Anche in questo caso, è plausibile che venga raggiunto un risultato positivo a fronte di un nuovo piano industriale attualmente in elaborazione che vedrà - oltre a interventi di efficientamento e alla cessione degli asset fotovoltaici (circa 6 MW) - gli azionisti contribuire, seppur non in misura massiccia, al rilancio della società. Uno scenario che permetterebbe a tutti gli attori della partita di uscire dall'impasse senza particolari oneri, ma che - è bene precisare - è tutt'altro che scontato, viste che solo qualche

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settimana fa c'era chi agitava lo spettro del concordato preventivo.

Tirreno Power, come gli altri gruppi energetici italiani ed europei, paga il drastico calo della redditività degli impianti termoelettrici (in portafoglio ne ha per oltre 3 GW). Già nel bilancio 2012, Gdf Suez aveva iscritto svalutazioni legati agli asset termoelettrici nel nostro Paese per 294 milioni. A luglio scorso, Tirreno Power ha poi approvato un bilancio 2012 in rosso per 159 milioni a causa di rettifiche sugli avviamenti pari a 240 milioni. L'arrivo di Andrea Mangoni al vertice di Sorgenia al posto di Massimo Orlandi, avvenuto sempre quest'estate, ha poi contribuito a un'ulteriore rettifica del valore di Tirreno Power nel bilancio della controllata di Cir, dove è stato praticamente portato a zero.

La partita di Tirreno Power rappresenterà uno snodo cruciale non solo per Sorgenia, chiamata in questi mesi a una delicata ristrutturazione sul debito da 1,75 miliardi, ma anche per il futuro di Gdf Suez in Italia e per il ruolo del termoelettrico nel nostro Paese. La ex genco è una società che ha prodotto utili fino al 2011 (quando erano arrivati a 42 milioni), ma ora abbisogna di una ristrutturazione e di investimenti: per il sito a carbone di Vado Ligure, con la realizzazione di una nuova unità da 460 MW, il bilancio 2012 parlava di 580 milioni. Non è un caso che gli stessi amministratori, nel bilancio 2012, anche a fronte del debito da 750 milioni in scadenza a luglio, abbiano messo nero su bianco i propri dubbi sul principio della continuità aziendale. Un possibile sostegno potrebbe venire dall'introduzione immediata del capacity payment (una sorta di remunerazione per la flessibilità d'uso delle centrali a gas) da parte del Governo. Una mossa che favorirà tutti gli operatori del settore (a partire da Enel e A2A), anche se l'Autorità per l'energia elettrica deve

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ancora definire il quantum del provvedimento e gli impianti che ne beneficeranno già a partire dal 2014.

Blitz quotidiano del 15 novembre 2013Sorgenia): dieci indagati per “disastro ambientale”Pubblicato il 15 novembre 2013 07.56 | Ultimo aggiornamento: 19 novembre 2013 16.15

di Redazione BlitzTAG: carbone, cir, gdf suez, savona, sorgenia

Sorgenia, Tirreno power: dieci indagati per "disastro ambientale", superperizia in arrivo

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VADO LIGURE, SAVONA – Una decina di indagati per “disastro ambientale” e una superperizia commissionata dalla Procura di Savona in arrivo: importanti novità sulla Tirreno Power, società che possiede la centrale a carbone a Vado Ligure (Savona). La Tirreno Power è controllata al 50% da Gaz de France (Gdf-Suez) e partecipata al 39% da Sorgenia del Gruppo Cir della famiglia De Benedetti, insieme alle utility Iren ed Hera, che ne detengono indirettamente il 5,5% a testa.

Riporta La Stampa del 14 novembre:“La superperizia (ma tecnicamente è una «consulenza») commissionata dalla Procura di Savona sulla Tirreno Power, depositata quest’estate e che ha portato a una svolta nell’inchiesta sulla centrale, passata da «ignoti» a «noti» e all’individuazione del reato di «disastro ambientale», uscirà dalle stanze al sesto piano di Palazzo di Giustizia per entrare negli uffici ambiente di Regione, Provincia di Savona, Comuni, Ministero dell’Ambiente. Oltre naturalmente all’Osservatorio salute e ambiente istituito nell’ottobre 2012 dalla Regione proprio per monitorare la centrale e informare la popolazione.Insomma, le amministrazioni che, pur vincolate dal segreto d’ufficio, potrebbero avere interesse a conoscere quei dati. Lo ha comunicato ieri il procuratore Francantonio Granero senza precisare però «quando» materialmente la corposa consulenza sarà trasmessa agli enti amministrativi. Il documento, frutto di due anni di lavoro dei consulenti, ha una parte epidemiologica in cui si valutano le conseguenze per la salute dei cittadini nel territorio di influenza della centrale, e una parte ambientale che analizza i dati sulle emissioni in atmosfera, ma non soltanto, dei residui di lavorazione”.Del 4 novembre è la notizia degli indagati, sempre de La Stampa:“Spuntano i primi alcuni indagati (secondo indiscrezioni sarebbero una decina) per «disastro ambientale». La conferma ufficiale è arrivata oggi dal procuratore Francantonio Granero che però ha ritenuto, per motivi legati allo sviluppo delle indagini che sono tuttora in corso, di non svelare né i nomi né il numero esatto delle persone iscritte nel registro degli indagati. Le quali per il momento potrebbero anche non essere state ancora informate dell’iscrizione a loro carico.La svolta della Procura potrebbe confermare che il lavoro investigativo ha messo i primi punti fermi per quanto riguarda ruoli, comportamenti e responsabilità. Oltre ai dirigenti e tecnici della centrale, direttamente coinvolti nella produzione di energia elettrica con il carbone e nelle emissioni in atmosfera, è possibile che l’inchiesta coinvolga anche altre figure, ad esempio tecnici e amministratori pubblici ai quali competeva il ruolo di controllo sulle emissioni e in generale sulle «ricadute» che la centrale ha avuto nel corso degli anni sul territorio circostante”.Il Giornale del 6 novembre è più duro:“Le ipotesi di reato comprendono disastro ambientale, omicidio colposo, lesioni colpose. Nella zona della centrale si registrano picchi abnormi di mortalità per cancro, certificati da esami epidemiologici eseguiti dai consulenti della procura di Savona: un migliaio di morti in più rispetto alla media nazionale. Secondo l’Istituto tumori di Genova, nel decennio 1988-’98 sono morte di cancro 112 persone su 100mila contro una media nazionale di 54. I sospetti sono tutti

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appuntati sulla centrale della Tirreno Power, che da quarant’anni brucia fino a 4000 tonnellate di carbone al giorno e dal 2002 appartiene a un gruppo che ha tra i maggiori azionisti di riferimento la Cir dei De Benedetti.Sono due i filoni d’inchiesta aperti nel 2011 dopo le denunce di gruppi ambientalisti. Il sostituto procuratore Danilo Ceccarelli indaga sull’ipotesi di inquinamento mentre il sostituto Chiara Maria Paolucci si occupa dei reati di disastro ambientale e omicidio colposo; i magistrati sono coordinati dal procuratore Granero. Nei giorni scorsi un consulente della procura ha acquisito ulteriore documentazione nella sede della Tirreno Power. Finora il fascicolo era contro ignoti.Nel palazzo di giustizia di Savona sono depositati quattro esposti che chiedono di fare luce sulle emissioni inquinanti delle gigantesche ciminiere a carbone di Vado: due sono di privati cittadini, il terzo è firmato da numerose associazioni ambientaliste mentre l’ultimo denuncia presunte responsabilità della politica locale (comune, provincia, regione) e degli organi di controllo. Sotto accusa sono le autorizzazioni ad ampliare l’impianto e, di conseguenza, la mancata vigilanza e l’omessa denuncia dei danni che esso provocherebbe alla collettività. Secondo gli ambientalisti, in particolare, la regione Liguria guidata da Claudio Burlando avrebbe concesso i nulla osta al progetto di potenziamento dell’impianto sotto la minaccia dell’azienda di chiudere la centrale e dirottare all’estero un investimento di 1,2 miliardi di euro.Come a Taranto per l’inchiesta sull’Ilva, l’inchiesta di Vado Ligure coinvolge la salute pubblica, i posti di lavoro, le coperture politiche, gli enormi interessi economici legati a importanti nomi dell’imprenditoria italiana: tra tutti, quello del gruppo che fa capo ai De Benedetti. I figli dell’editore di Espresso e Repubblica controllano il 39 per cento della centrale attraverso Sorgenia (gruppo Cir). L’azionariato di Tirreno Power è diviso a metà (50 per cento a testa) tra la multinazionale francese Gdf Suez ed Energia Italiana Spa.A sua volta, Energia Italiana è controllata da Sorgenia (78 per cento) cui si aggiungono (con l’11 per cento ciascuna) le multiutility quotate Hera e Iren, ex aziende municipalizzate di città come Torino, Genova, Bologna e l’intera dorsale emiliano-romagnola. Un blocco politico-economico legato alla sinistra. D’altra parte, la sinistra governa Vado Ligure dal dopoguerra. Anche il sindaco Attilio Caviglia, eletto nella lista civica «Vado Viva», è un uomo di sinistra essendo stato il numero 2 della precedente amministrazione guidata da Carlo Giacobbe, Pd. Ieri Caviglia ha commentato laconicamente la notizia dei primi dieci avvisi di garanzia: «È un passaggio chiave ma i vadesi si attendono risposte chiare ed efficaci». Tirreno Power, da parte sua, «esprime ancora una volta la certezza di avere operato e di continuare a operare nel pieno rispetto di tutte le leggi e norme vigenti, fin da quando è divenuta proprietaria degli impianti di Vado Ligure»”.Sono stati sollevati dubbi sull’improvvisa accelerazione delle indagini, che in realtà è legata a contingenze interne alla Procura di Savona, come spiegava la Stampa del 20 settembre:“Nelle ultime settimane l’inchiesta ha avuto un’accelerazione, legata al deposito – a fine giugno – della maxiperizia stilata dai consulenti della Procura e costata due anni di lavoro e numerose riunioni congiunte tra pm ed esperti. Esaminata la perizia nella sua stesura conclusiva, archiviata la pausa ferie e anche vista l’imminente partenza da Savona dei sostituti che affiancano il procuratore Granero: Chiara Maria Paolucci per un prestigioso incarico all’Ufficio legislativo del ministero e Danilo Ceccarelli per una

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missione in Kosovo, in Procura si è deciso di stringere i tempi. Tanto che, come ha precisato ieri il procuratore Granero, il lavoro della polizia giudiziaria è ora teso alla valutazione della «natura delle condotte» all’interno di Tirreno Power. Il che, tradotto dal gergo giuridico, sta a significare che si è passati, evidentemente dopo aver consolidato una o più ipotesi di reato, a individuare i possibili responsabili. Già ieri a Palazzo di giustizia l’avvocato savonese di riferimento di Tirreno Power (Fausto Mazzitelli) ha avuto contatti con i magistrati che si occupano del fascicolo. E ha anticipato che, se e quando ci saranno le condizioni tecniche (i nomi) verrà immediatamente chiesto l’accesso agli atti dell’imponente fascicolo. La «discovery», che ormai sembra imminente, chiarirà anche quali sono le strategie della Procura in fatto di accuse”.

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