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Centro Diurno & Prima Accoglienza “IL FARO”

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Centro Diurno & Prima Accoglienza “IL FARO”

PROGETTO POLIFUNZIONALE SPERIMENTALE SOCIO-EDUCATIVO PER 06-13 ANNI

CENTRO DIURNO

& PRIMA ACCOGLIENZA

IL FARO

Indice

1. Premessa...........................................................................................................................................................3

2. Analisi contesto.............................................................................................................................................3

3. L’idea progettuale........................................................................................................................................5

4. Un Faro nella vita di famiglie e minori............................................................................................7

5. I valori di riferimento................................................................................................................................8

6. Il Faro nell’arcipelago salesiano..........................................................................................................8

7. Gli obiettivi e i riferimenti educativi generali.............................................................................9

8. I risultati previsti.........................................................................................................................................9

9. La metodologia educativa......................................................................................................................10

10. La metodologia gestionale................................................................................................................11

11. Organigramma e professionalità previste................................................................................12

12. Le attività del centro............................................................................................................................13

13. I processi di lavoro de Il Faro..........................................................................................................14

14. I rapporti con il territorio..................................................................................................................19

15. Attività comunicative e di sistematizzazione teorica.........................................................21

16. Dettaglio del Piano Finanziario del Progetto.........................................................................22

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1. Premessa

I Salesiani del Centro Italia, in coerenza con il proprio carisma e missione, hanno negli ultimi anni dedicato un particolare impegno ad adeguare le proposte educative alle difficoltà e complessità dei minori di adesso, sperimentando una serie di servizi e diffondendone le migliori pratiche.

Ad Ancona la richiesta di interventi di questo tipo è segnalata da più parti. I ragazzi in difficoltà hanno alle spalle famiglie problematiche e spesso incapaci di esplicitare richieste di sostegno, e rappresentano una presenza, silenziosa ma molto grande, per tutta la comunità locale. L’appello, ancorché inespresso, riguarda l’intera comunità di Ancona: l’esclusione non è infatti un problema tecnico o un deficit dei singoli ragazzi, ma è un fallimento di tutti, e lavorare per l’inclusione significa coinvolgere, migliorandola, tutta la comunità in cui viviamo.

In questo senso, ogni progetto che si occupi di promuovere accoglienza ed educazione ai minori deve essere un progetto comunitario e coinvolgere i soggetti del contesto in un percorso condiviso, fin dal momento dell’ideazione. Il presente documento ha quindi lo scopo di prima traccia che possa aiutare una costruzione condivisa.

2. Analisi contesto

In un mondo che ormai impone a tutti di relazionarsi con dinamiche globali, di essere parte di un unico sistema di rapporti virtuali, in cui si è coinvolti, spesso senza volerlo, in comunicazioni con estranei di provenienza sconosciuta, che possono accedere ai nostri spazi privati, anche se virtuali, contattarci, farci proposte, diffondere le nostre informazioni, siamo tutti molto più vulnerabili.

Abbiamo facilmente accesso a moltissime informazioni e conoscenze, perennemente disponibili, e il web rappresenta un universo che accompagna ognuno di noi nelle scelte e nelle difficoltà quotidiane. Abbiamo l’illusione di trovare risposte ai dubbi e ai problemi, ma anche al bisogno di rapporti, di affetto, di appartenenza, mentre la comunicazione virtuale rischia di allontanarci dalla realtà e di estraniarci reciprocamente.

È un fenomeno unico nella storia umana, delle cui conseguenze non abbiamo ancora reale consapevolezza; come se fossimo parte di un esperimento che può cambiare lo stesso significato della convivenza.

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In questo esperimento, i bambini sono i più a rischio, in particolare quelli che non hanno una famiglia solida che li sostenga, fornisca riferimenti, valori, sicurezza e li aiuti a costruire la propria capacità di scelta e valutazione.

Un richiamo si sta affermando sempre più forte e condiviso: i bambini, oltre ai diritti di sussistenza, di educazione e di affetto hanno diritto a contesti sicuri di appartenenza che svolgano funzione protettiva e incoraggiante la loro crescita.

Occorre evitarne il più possibile lo sdradicamento, e questo è vero in particolare per i bambini che hanno già subito percorsi migratori.

Nella risoluzione del 24 febbraio 2010, A/RES/64/142, Guidelines for the Alternative Care of Children l’Assemblea generale delle Nazioni unite ha adottato la risoluzione contenente le attese linee guida relative all’accoglienza dei minori fuori famiglia. L’Assemblea riafferma e raccomanda la Dichiarazione universale dei diritti umani e la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo. L’allontanamento del bambino deve mirare a non separarlo dai fratelli, garantendo a lui un ambiente familiare il più vicino possibile al proprio, che sia tenuto in luoghi vicini alla sua residenza abituale, per ridurre al minimo la sensazione di sradicamento.

La questione si presenta con forza nel territorio di Ancona: infatti, nelle Marche, “quasi il 60% dei minorenni accolti in struttura è stato inserito in Comunità educative, che sono 36 (in regione) pari a circa il 38% delle residenze utilizzate. Ben 44 minorenni (quasi il 9% del totale) sono stati accolti in 21 strutture extraregionali (…). Ancora meno utilizzata è la comunità alloggio per adolescenti che, invece, potrebbe essere un ottimo strumento per gestire la fase di sgancio e di autonomia dei tanti adolescenti/quasi adulti accolti nelle comunità educative” (“I minori fuori dalla famiglia nella Regione Marche”, Rapporto 2013 dell’Osservatorio Regionale Politiche Sociali).

Si tratta quindi di promuovere la nascita di strutture che garantiscano adeguata accoglienza favorendo la vicinanza ai familiari e al contesto emotivo di appartenenza del minorenne.

In questo passaggio è fondamentale sottolineare l’aggettivo “adeguata”. Il principio dell’adeguatezza indica la necessità di assicurare che l’opzione dell’accoglienza scelta e il periodo definito di tale accoglienza siano appropriati. In tale contesto occorre definire quindi il progetto “adeguato” per ogni bambina/o e ragazzo/a e contestualmente assicurare l’appropriatezza dei “luoghi” dell’accoglienza.

Sebbene ogni ambiente che si definisca come familiare abbia nell’accoglienza, nella presenza affettiva, nei riferimenti educativi i propri valori fondanti, la complessità dei rapporti che si creano in tali ambienti con soggetti fragili come i bambini, richiede di

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tradurre questi principi con una riflessione e un approfondimento assolutamente rigorosi sul piano scientifico e metodologico. Inoltre, occorre porre particolare cura alla formazione specifica degli educatori in relazione alle diverse funzioni educative, tutelari e riparative da svolgere con particolare attenzione per l’accoglienza di minori vittime di violenza. L’approccio relazionale a tal fine adotta modalità centrate sui bisogni dei minorenni accolti ed elimina tutto ciò che può configurarsi come soddisfacimento del bisogno dell’organizzazione o della persona che accoglie. In altri termini, la vita dei bambini necessita la massima attenzione sia nella comprensione dei loro bisogni, sia nella costruzione delle risposte e occorre avere uno sguardo complessivo e competente.

Il loro disagio è anche espressione del disagio delle loro famiglie, con tensioni, conflitti, sofferenze, problematiche sempre più marcate; è il disagio dei contesti in cui essi si collocano, la scuola, con le difficoltà che essi impongono al gruppo classe e insegnanti, le situazioni di ritrovo informale, con problematiche di progressiva ghettizzazione e crisi rispetto ai coetanei, fino a degenerare in eventi di microcriminalità.

L’età preadolescenziale è quella in cui si sommano insicurezze, ricerca di conferme e sviluppo della propria identità; i minori in questa fase sono resi particolarmente vulnerabili con la carenza delle funzioni genitoriali e quindi di modelli comportamentali significativi.

Per molti ragazzi si tratta di rischiare di assumere decisioni che ne possono compromettere l’intera esistenza.

Nei casi dei minori di famiglie in difficoltà, le soluzioni proposte dal sistema dei servizi tentano di differenziarsi e diversificarsi per evitare di essere solo parzialmente adeguate. Per molti ragazzi e per le loro famiglie, la fase di difficoltà può infatti essere solo momentanea, oppure riguardare aspetti limitati (come il rapporto con la scuola), e scelte più radicali come l’adozione, l’allontanamento o l’affido piuttosto che sostenere rischiano di creare fratture e pericolosi percorsi di etichettatura, con vissuti di colpa e crisi in termini di autostima.

3. L’idea progettuale

Il progetto si rivolge a chiunque sia sensibile al tema della vita dei minori. Fin da subito abbiamo incontrato soggetti pubblici e privati che lavorano con e per i minorenni svantaggiati, che hanno mostrato interesse e volontà di collaborare. Una chiara

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percezione del “costo sociale” dei minori sul territorio anconetano è stata fornita dal Tribunale dei Minori che ha evidenziato come le forti e crescenti carenze genitoriali, che sempre più spesso si trasformano in “separazione coniugali”, creano l’urgenza di strutture di accoglienza soprattutto per la fascia preadolescenziale (6-13). Tale necessità è sentita dal Tribunale come drammatica, anche per la chiusura di una comunità per minori, “L’Ancora”, a cui il Tribunale e i servizi facevano riferimento per vari casi.

Il Faro sarà un Centro Diurno che si caratterizzerà per la presenza di un gruppo di minori, dai 6 ai 13 anni, con una équipe di operatori che offre servizi volti ad integrare o sostituire le funzioni familiari temporaneamente compromesse accogliendo il minorenne in un contesto educativo che si adegua a lui. Coerentemente con la proposta di Don Bosco, il principio da cui parte questa proposta è che il migliore approccio all’educazione sia quello preventivo. Al centro di questo modello c’è l’idea di proporre un contesto aperto ma strutturato, in cui i minori possano sperimentare sia un clima famigliare, sia una serie di attività che rispondano all’insieme dei fabbisogni dei ragazzi, promuovendo al contempo una serie di relazioni amicali che favoriscano lo sviluppo positivo.

Come Salesiani abbiamo già sviluppato alcune esperienze di Comunità Educative per Minori, rivolti a ragazzi in difficoltà, all’interno di Parrocchie/Oratori, che hanno dato risultati molto importanti, consentendo di identificare tre assunti fondanti.

1. Si è sperimentato come per i ragazzi dai 6 ai 13 anni il gruppo di pari possa costituire il principale riferimento e strumento sia educativo, sia espressivo; un gruppo che per sua natura è aperto e inclusivo, ma che, per ragazzi con disagio più marcato, deve essere anche un gruppo ristretto, più protetto e professionalmente presidiato.

2. Un secondo assunto di queste esperienze è la centralità del rapporto tra progetto educativo e pastorale oratoriana, sia per allargare la rete relazionale dei ragazzi, sia per includerli nel contesto evitando la ghettizzazione, situazione che può innescarsi in progetti che si limitino a rivolgersi a particolari utenze.

3. Terzo assunto è il ruolo della comunità, ovvero la promozione di attività e relazioni allargate con il sistema allargato che è in rapporto alla Comunità Educative per Minorenni, con un investimento dei rapporti con scuola, altre associazioni, famiglie, contesti formativi e ludici che favoriscano il moltiplicarsi delle opportunità per i minori, in un’ottica di welfare generativo.

Descrizione sintetica del servizio

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Sarà proposto un servizio costituito da due differenti attività.

Una comunità diurna che accoglierà quotidianamente un gruppo di minori e un ambiente di pronta accoglienza, destinato ad offrire immediata ospitalità anche notturna a bambini che si trovassero in stato di emergenza.

COMUNITA’ DIURNA

Il Centro Socio Educativo Diurno sarà un luogo di accoglienza che offrirà servizio a favore di minori che si trovino in una situazione di rischio evolutivo e momentaneo disagio. La principale funzione sarà di prevenire l’allontanamento dalla famiglia con particolare attenzione per minorenni in uscita dai percorsi di tutela residenziali.A tal fine garantirà il supporto ad alcune funzioni tipiche della famiglia, (aiuto scolastico, educazione alla convivenza, utilizzo del tempo libero, etc..) e l’accompagnamento protetto durante la giornata (con eventuale somministrazione di pranzo e/o cena) sviluppando azioni di integrazione socio educativa e ricreativo-culturali.Accoglierà almeno 8 minori di età compresa tra i 6 e i 13 anni (sono previste eccezioni per chi ha un’età superiore ai 13 nel caso si tratti di fratelli o sorelle) e sarà aperto 11 mesi all’anno (escluso agosto), prevalentemente durante la fascia pomeridiana, per un numero di circa ore 7,30 dal lunedì al venerdì e a secondo il PEP circa ore 2,30 il sabato e la domenica; per ogni minorenne accolto è prevista una Progettualità Educativa Personalizzata. Si garantirà la presenza di un operatore per ogni 4 utenti.

SERVIZIO DI PRIMA ACCOGLIENZA

Questo sarà un servizio sperimentale la cui articolazione operativa sarà definita progressivamente in fase attuativa.Si tratterà di un servizio di Pronta Accoglienza con la capacità di accogliere i minorenni (non più di 4), di età compresa tra i 6 e i 13 anni (sono previste eccezioni per chi ha un’età superiore ai 13 nel caso si tratti di fratelli o sorelle), per i quali sia necessario provvedere ad un allontanamento urgente dal nucleo familiare o si siano venuti a trovare in una situazione di abbandono in ogni momento del giorno o della notte, per 365 giorni l’anno, senza, quindi, la necessità di un preventivo piano di azione.Sarà “una struttura educativa residenziale a carattere comunitario, caratterizzata dalla continua disponibilità e temporaneità dell'accoglienza di un piccolo gruppo di minori con un gruppo di educatori che a turno assumono la funzione di adulto di riferimento” (Legge regionale 6 novembre 2002, n. 20).Il carattere di temporaneità dell’intervento determina la necessità di strutturare modalità e prassi di accoglienza finalizzate alla specificità dei bisogni e, conseguentemente, all’individualità del progetto educativo che deve porsi come primo obiettivo il rientro in famiglia (il rimpatrio assistito, nel caso di minori stranieri). Qualora per un minore ospite, venissero alla luce (dall’osservazione, dai colloqui o dalle indagini familiari) situazioni e circostanze che sconsiglino o addirittura impediscano, il rientro del minore nel proprio nucleo familiare, sarà compito dell’Ufficio Minori del Comune, individuare una struttura di

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seconda accoglienza che possa ospitare il minore e seguirne il graduale inserimento. Il presupposto fondamentale dei CPA è quello di fornire immediata assistenza materiale, educativa e psicologica, tenendo conto del fondamentale diritto del minore a vivere nella propria famiglia. Il progetto d’intervento per ogni minore accolto si articola in diverse fasi:

- Soddisfazione immediata ai bisogni primari ( alimentazione, igiene, abbigliamento, assistenza medico – sanitaria).

- Analisi del bisogno materiale e psicologico (circostanze e cause dell’allontanamento dalla famiglia).

- Individuazione della risposta più confacente al bisogno manifestato o emerso.

- Formulazione del progetto d’intervento, in accordo con tutti i Servizi ed Organi competenti, coinvolti a diverso titolo nell’interesse del minorenne.

- Dimissione del minorenne, per il rientro in famiglia o per l’inserimento in seconda accoglienza.

Occorre sottolineare come in fase di attuazione sarà avviata una progettazione congiunta con i soggetti deputati ad occuparsi di minori richiedenti accoglienza, per la definizione di dettaglio di tutte le caratteristiche strutturali, funzionali e procedurali in conformità ai vincoli di legge e alla richieste degli enti invianti, regolate da appositi accordi formali.Tale processo di condivisione progettuale varrà anche come valutazione e sviluppo di fattibilità laddove si definiranno operativamente tutti gli elementi in termini di risorse, adeguatezza alle normative, garanzie in termini di processi di accoglienza e dismissione, competenze e professionalità richieste ed ogni altra condizione che possa assicurare un servizio adeguato alla complessità dei bisogni dei minori in stato di momentanea necessità abitativa.

4. Un Faro nella vita di famiglie e minori

Il Faro è un progetto che ha una profonda identità simbolica e metaforica, che orienterà gli incontri, costruirà le relazioni e connoterà i percorsi dei singoli e del gruppo.È un riferimento statico, in un mare che costringe al movimento e che, con la propria immensa forza, può far perdere la direzione fino a distruggersi contro gli scogli. Il Faro è una fonte di luce specialmente nei momenti di difficoltà, soprattutto nella notte; non assume il controllo della navigazione sostituendosi ai naviganti, ma fornisce coordinate certe permettendo di compiere le scelte in autonomia e in sicurezza.La luce sovrasta la costa per ampi spazi ed è visibile a tutti, rappresenta un punto di riferimento comune che permette a tutti di muoversi con consapevolezza, non solo per chi rischia di perdersi, ma anche per chi vuole viaggiare, progettare esplorazioni o nuovi percorsi comuni. Il Faro aiuta a guardare nella stessa direzione, anche se da punti di vista differenti.

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Nella vita dei minori e delle famiglie, il Faro sarà una presenza sicura nella tempesta impetuosa della vita, fatta di rischi, eventi traumatici, correnti improvvise, alle quali esso opporrà una solidità inattaccabile, come compagno disponibile ma anche come rifugio per ritrovare la quiete e le energie.È oggetto al contempo reale e mitico, che rimanda ad un passato di avventure fantasticate, al contatto col mare e con gli uccelli migratori, spiagge sconosciute e solitarie camminate; ma anche metafora dell’amore trascendente, di una guida spirituale e della fiamma divina per vegliare sul mare che sta attraversando "la notte oscura". Una "nauta", quella del mare, caratterizzata dalla superficie instabile delle acque e dai fenomeni minacciosi e imprevedibili della tempesta, che nell’oscurità rappresenta ancor di più una potenza misteriosa, una forza non domabile dall'uomo. Il Faro è l’immagine di Dio che come “Luce” domina questo spazio pieno di incognite e ribadisce il limite fissato: "Fin qui giungerai e non oltre e qui si infrangerà l'orgoglio delle tue onde". Il Faro che, senza grandi ambizioni, parte da questa cittadina anconetana per raggiungere tanti minorenni italiani e stranieri e farli conoscere e comunicare tra di loro.Il progetto traduce il significato emotivo del Faro in una serie di principi valoriali e metodologici. Essi sono da intendersi come patto etico tra chiunque sia coinvolto nel progetto e quindi come dovere, ma anche come diritto, con particolare attenzione ai destinatari.Tali principi derivano da numerose sperimentazioni che trovano nel contesto di Ancona occasione per innovarsi ed aggiornarsi alle necessità locali.

5. I valori di riferimento

1. Diritto all’uguaglianza, intesa come rimozione delle possibilità di discriminazione attribuibili alla condizione sociale, religiosa, legale.

2. Diritto alla partecipazione, come diritto alla comprensione e alla valutazione delle attività.

3. Diritto alla riservatezza, relativa alle informazioni che i bambini ritengono personali e da non condividere.

4. Diritto alla dignità, come universale riferimento del valore della persona.5. Diritto alla sicurezza, intesa come integrità fisica e psicologica.

6. Il Faro nell’arcipelago salesiano

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Il Faro sarà un servizio inserito nella rete della Federazione S.C.S. Salesiani per il Sociale, che in tutta Italia realizza interventi educativi e sociali in generale, in favore di utenze disagiate, con particolare attenzione ai minori.La Federazione sarà il riferimento metodologico, valoriale e di condivisione di pratiche, che consentirà al progetto di reperire e trasferire ad Ancona le migliori esperienze realizzate a livello nazionale dalle realtà associate.Con la Federazione S.C.S. il progetto condividerà l’attenzione al rigore metodologico e alla sistematizzazione teorica delle scelte e delle sperimentazioni.In termini di tradizione e di ispirazione valoriale, i riferimenti comuni saranno quelli della tradizione salesiana, sintetizzabili nella complessità della risposta ai bisogni dei ragazzi (educativo, di socializzazione, di formazione, spirituale), nell’approccio preventivo, nell’attenzione alla personalizzazione delle proposte, nel rispetto delle differenti culture e sensibilità, nell’apertura all’accoglienza. Secondo l’approccio dei centri per minori della Federazione un ruolo centrale lo svolgerà la Comunità Educativo Pastorale animata dalla comunità salesiana. E’ formata da tutte le persone – educatori, animatori, volontari, personale specializzato, genitori – che a diverso titolo sono coinvolti nel progetto dell’opera e che supporteranno il Faro in ogni attività, in particolare offrendo una rete di risorse per i minori.In tal senso, l’ottica salesiana è concentrata nel cambiamento della comunità allargata. Il lavoro educativo di queste opere, mentre prepara e aiuta i giovani per un inserimento nel territorio, intende promuovere anche una trasformazione della mentalità dell’ambiente, e collaborare a trasformare la realtà sociale. Nella continua riflessione sulla realtà di povertà ed emarginazione che ci circonda, agisce sul contesto in cui vive il giovane, soprattutto la famiglia, suscitando una sistematica collaborazione tra le diverse istituzioni e gli educatori presenti.

7. Gli obiettivi e i riferimenti educativi generali

L’obiettivo generale è di favorire il recupero del percorso di crescita armoniosa e della sicurezza emotiva necessarie ai bambini, promuovendo relazioni positive con il contesto sociale.

Gli obiettivi specifici saranno:

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- promuovere la costituzione di un gruppo coeso e affettivamente accogliente;

- promuovere l’appartenenza e le relazioni positive con la comunità salesiana;

- promuovere percorsi di educazione secondo valori di condivisione e di impegno comune;

- promuovere il recupero e il sostegno nei percorsi scolastici;

- promuovere il rapporto dei bambini con il contesto sociale attraverso l’utilizzo dei servizi territoriali, del tempo libero, socio-assistenziali e socio-sanitari e di ogni altra risorsa formale e informale presente disponibile;

- promuovere il potenziamento delle proprie capacità e attitudini;

- favorire il consolidamento dei rapporti tra soggetti attivi sul territorio, per creare una rete solidale allargata.

8. I risultati previsti

Il progetto Il Faro mira ad avere obiettivi definiti sul piano operativo, ma anche risultati intesi come esito più ampio e diversificato degli obiettivi stessi. Il servizio si propone quindi una prospettiva di cambiamento che va oltre i singoli progressi dei minorenni, identificando priorità e direttrici strategiche che orienteranno l’azione e che costituiranno la crescita complessiva del minorenne.Ogni attività e metodologia sarà quindi inscritta in una o più delle seguenti priorità, tradotte in risultati di seguito delineati.

I risultati del progetto saranno:1. sviluppo di un’identità sicura e consapevole nei minori;2. sviluppo della capacità di rapportarsi a relazioni amicali con ragazzi e contesti

contenenti opportunità differenziate;3. sviluppo della capacità di rapportarsi a una rete di adulti e risorse strutturate in

ambito ludico, sportivo, culturale;4. sviluppo della capacità emotiva di gestione delle difficoltà e delle emozioni

depressive, dolorose o di frustrazione;5. sviluppo di atteggiamenti propositivi e esplorativi;6. sviluppo della capacità di apprendere e valutare se stessi;

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7. sviluppo della capacità di assunzione di responsabilità.

9. La metodologia educativa

La metodologia principale sarà basata sull’attenzione al contesto, un ambiente protetto integrato alla comunità salesiana, che si porrà come luogo in cui, sia dal punto di vista strutturale, sia dei metodi e del clima relazionale, si promuoverà l’appartenenza, una quotidianità fatta di ritmi rassicuranti, relazioni significative con gli adulti e con i pari, fiducia e positività. Parallelamente alla dimensione di gruppo, si porrà attenzione a quella del singolo bambino, tramite il progetto educativo personalizzato formulato per ogni accolto, che accompagnerà nel superamento del disagio personale e relazionale, e agirà per la predisposizione del progetto di crescita personale. Gli strumenti principali del lavoro educativo sono dunque l’attenzione alla condivisione, alla ritualità dello stare insieme, in cui l’individualità di ognuno è protetta all’interno dei valori comuni del vivere insieme.Relativamente al metodo educativo, si seguirà un approccio in cui l’educazione non sarà fornita tramite indicazioni verbali e richiami, ma tramite la condotta degli stessi operatori (che si porranno come soggetti di identificazione) e la condivisione di principi fondanti la vita del Centro. Questa dimensione professionale espressa dell’équipe socioeducativa attraverso la presa in carico, la cura, l’accompagnamento alla crescita del minorenne e l’organizzazione della vita del centro, si esprime necessariamente attraverso la pratica operativa ed intenzionale orientata all’esercizio di funzioni e azioni educative e di cura agite nella quotidianità. Tale approccio sarà per il minorenne guida (contenimento – normatività) e rispecchiamento (empatia, metallizzazione) e si configurerà come “esperienza riparativa” che aiuti progressivamente il minorenne nell’elaborazione della sua storia e delle gravi carenze e/o traumi subiti e conseguentemente all’apertura verso una rinnovata fiducia nella figura dell’adulto e successivamente ad un’apertura verso la costruzione di nuovi legami familiari e/o rinnovate relazioni con la famiglia d’origine/rete parentale. In tale contesto, saranno promossi metodi educativi positivi e un approccio orientato alla gestione costruttiva dei conflitti, escludendo l’utilizzo di metodi educativi di stampo istituzionale/istituzionalizzante, come minacce e ricatti (anziché ascolto empatico e spiegazioni attente con confronto sui contenuti e sulle motivazioni delle richieste/regole);

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escalation del tono della voce come modalità frequente per ottenere il rispetto delle regole e delle richieste; imposizione rigida di regole non spiegate, non condivise e non costruite con anche la partecipazione dei bambini e dei ragazzi. Tali metodi (tipici degli istituti, ma anche di molte famiglie disfunzionali) pongono al centro dell’azione “educativa” il “potere” dell’adulto di usare la “forza” derivante dal suo ruolo “istituzionale” quale metodo rapido e apparentemente efficace di ottenere il rispetto di una regola ma, in realtà, sul medio/lungo periodo, non fanno altro che confermare al bambino che degli adulti non ci si può fidare perché ostili, emotivamente “distanti” e psicologicamente violenti. Pertanto, è necessario che le scelte metodologiche rispondano all’interesse e ai bisogni preminenti dei bambini e degli adolescenti anziché alle esigenze burocratico/organizzative e personali degli adulti accoglienti e/o degli educatori. Si avrà in questo una esplicita attenzione alla complessità dei bisogni di socializzazione, affettività, supporto psicologico, educazione e formazione.

I valori di riferimento trasversali saranno tradotti in metodi educativi, dando priorità al gruppo come contesto di appartenenza ma anche come scelta di vita, e all’educazione al rispetto delle regole e della legalità. Questo orientamento generale sarà supportato da una serie di strumenti specifici del lavoro educativo, che orientano l’agire quotidiano tramite le evoluzioni dei percorsi di gruppo e individuali: sono gli strumenti fondamentali per il funzionamento (diario di bordo, griglie di osservazione, progetto educativo scritto, schede di verifica, verbali degli incontri, relazioni periodiche).Occorre sottolineare come tali strumentazioni saranno costruite e approfondite dallo staff, che assumerà la responsabilità metodologica della traduzione operativa.

Le attività proposte ai bambini saranno concordate e condivise per quanto possibile con le loro famiglie.

Si cercherà di coinvolgere i genitori fin dal momento dell’accoglienza nel percorso educativo dei loro bambini (rapporti con la scuola, educazione sociale, questioni sanitarie, attività del tempo libero).Rilevante è l’attiva promozione del legame con il territorio, inteso non come insieme di soggetti istituzionali, ma come rete informale di amicizie e rapporti solidali a cui il bambino inizia ad appartenere. Per questo, il progetto Il Faro si porrà anche come agente stimolante delle relazioni, come facilitante l’impegno comune, con volontari, sostegno informale, presenza affettiva e amicale.

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Questa funzione è peraltro in piena sintonia con la storia e la missione salesiana ad Ancona, caratterizzata proprio da un orientamento inclusivo e aperto alla comunità locale.

10. La metodologia gestionale

Il Faro assume, nella propria gestione di insieme una serie di scelte trasversali, che ogni professionista e persona recepisce e fa propri.

La prima è l’approccio progettuale, che ha la funzione di rendere la collaborazione trasparente e chiaramente coordinata, in funzione di scelte condivise.Questo comporta un investimento in un modello a responsabilità diffuse, in cui ogni soggetto assume direttamente la gestione del proprio ruolo, proponendone una traduzione professionale in specifiche attività. La qualità educativa della struttura si misurerà anzitutto dalla capacità di riconoscere e valorizzare la passione educativa, le potenzialità e i saperi professionali di ogni operatore. La prima accoglienza da realizzare con molta attenzione, pertanto, è quella degli educatori e delle educatrici da parte dei responsabili e una reciproca accoglienza tra tutti gli operatori della struttura. In questo sarà determinante l’investimento nel gruppo di lavoro. Nella struttura socio-educativa non si educa da soli, ma insieme; è quindi prioritario mettere in atto modalità di reciproca accoglienza che rendano possibile e feconda la partecipazione a una progettazione educativa coerente e uno stile veramente condiviso. In questa prioritaria accoglienza degli educatori teniamo presente la diversità di genere e l’importanza educativa della valorizzazione di questa diversità. L’accoglienza per educare si vuole estendere anche alla realtà territoriale in cui si svolge il lavoro educativo e, in questo senso, essa significherà accoglienza delle persone che operano negli altri servizi territoriali, intessendo scambi fecondi con loro. L’interazione con il contesto, l’apertura alla storia del territorio può consentire di divenire un riferimento significativo a livello sociale, educativo e culturale e svolgere funzioni di integrazione anche in ottica multiculturale e interculturale.Ulteriore scelta collegata alle precedenti e l’investimento in trasparenza interna ed esterna nei processi gestionali, sia come dovuta rendicontazione alla comunità, sia come più generale processo di miglioramento.Tale diffusione e evidenza pubblica è retta da una specifica attenzione alle professionalità e alle competenze impiegate, coerenti con funzioni e compiti.

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Parallelamente, si investirà sulla dimensione di procedure lavorative condivise e costruite in modo partecipativo; ogni soggetto avrà quindi consapevolezza del proprio ruolo in riferimento al processo generale e ai ruoli degli altri.

11. Organigramma e professionalità previste

- Il personale del Centro sarà in possesso del titolo di educatore o titoli equipollenti o, in alternativa in possesso diploma di scuola media superiore, con una anzianità di servizio documentata almeno triennale nelle strutture per minori o equipollenti, a titolo remunerativo con esclusione del servizio prestato a titolo volontario.

- La struttura sarà dotata di un coordinatore, in possesso di una laurea in discipline psico pedagogiche, o del titolo di educatore con tre anni di esperienza documentata o, in alternativa, di operatori in possesso di diploma superiore, con una esperienza professionale di coordinamento almeno triennale nelle strutture per minori o equipollenti. Il coordinatore è individuato tra gli educatori presenti nel Centro.

- All’interno del Centro opereranno anche dei volontari/tirocinanti: con idonee caratteristiche e a cui si fornirà adeguata formazione e monitoraggio. Il ruolo dei volontari mai potrà essere sostitutivo degli operatori/educatori e/o di altre figure professionali previste nel centro, ma possibile risorsa complementare.

Nello specifico la struttura prevede:

- un coordinatore/responsabile;- educatori (il numero sarà definito per garantire la presenza di un operatore ogni 4

minorenni);- uno psicologo, con la funzione di monitoraggio dei processi educativi e di

consulenza sulle relazioni;- un’assistente sociale che ha il ruolo di presidiare e costruire i rapporti con i servizi

territoriali;- un supervisore organizzativo, che ha il compito di presidiare la qualità complessiva

del servizio, facilitando la risoluzione attiva dei problemi da parte dello staff.

La declinazione specifica delle funzioni sarà attuata con lo stesso staff in un percorso partecipato di progettazione di gruppo.

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12. Le attività del centro

La programmazione

Le attività del centro si basano su una programmazione fissa, che costituisce l’organizzazione nella quale possono inserirsi ulteriori iniziative.

Il tempo avrà una funzione essenziale nell’accogliere e consentire la partecipazione ai ragazzi. Fa parte dei limiti e dei confini che hanno funzione di tutela ma anche di orientamento educativo, per minori che spesso non hanno avuto contesti strutturati e definiti che li aiutassero a regolare la propria esistenza.

La costanza e ripetitività delle attività e delle presenze, sarà uno dei cardini del funzionamento del centro, per garantire la necessaria continuità e quindi atteggiamenti di fiducia reciproca.

Per questo, si propone una scansione della giornata, che sarà in parte flessibile, secondo un processo di miglioramento e di crescita da parte di tutto lo staff, per cui si possono prevedere variazioni e adattamenti per circostanze particolari.

Il Centro Diurno Socio Educativo è aperto 11 mesi (escluso agosto) dal lunedì al venerdì dalle ore 13 alle ore 18 e dalle ore 18 alle ore 19:30 presso l’Oratorio e a secondo il PEP circa ore 2,30 il sabato e la domenica. Nel periodo estivo (giugno-luglio) con l’inizio del “Centro Estivo” dalle ore 9 alle ore 17 che prevede attività presso l’Oratorio, mare (2/3 volte a settimana) una gita a settimana per circa 5 settimane, nonché possibilità di fermarsi dopo le attività del “Centro Estivo” dalle ore 17 alle ore 19:30 in Oratorio.

Descrizione delle attività giornaliere:

- 13 - 14.30: pranzo con regole precise (trattamento alimentare secondo tabelle dietetiche approvate dalla ASL), mentre la collaborazione alla preparazione del tavolo è lasciata ai ragazzi. Ognuno si mette dove vuole. Poi si rimette a posto insieme. Alla fine si lavano i denti, ognuno ha il suo armadietto per lo spazzolino da denti.

- 14.30- 16.30: studio. Iniziano da soli. Uno per tavolo per non distrarsi. Gli educatori sono a supporto di eventuali difficoltà o demotivazioni. I ragazzi possono decidere se collaborare o aiutarsi.

- 16.30: si fa merenda e le cartelle.

- 16.30 – 18: attività sportiva scelta e concordata nel PEP.

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- 18-19.30: i ragazzi vanno a giocare nel cortile dell’Oratorio. Sono liberi di decidere le attività. Si chiude salutandosi.

Le attività

Per quanto riguarda le attività proposte dal centro si prevedono una serie di ipotesi, che saranno definite operativamente in rapporto alle richieste dei ragazzi.

Sottolineiamo che le attività saranno presidiate costantemente da uno psicologo che permetterà esperienze arricchenti anche se emotivamente connotate.

- Attività artistiche (musica, danza, pittura..).

- Cineforum/teatro, visione condivisa di film con laboratorio educativo e esperienze di interpretazione di copioni teatrali come conoscenza e espressione di sé.

- Gruppi sportivi organizzati in collaborazione con le Società Sportive del territorio e in base agli interessi dei ragazzi per favorire l’acquisizione di regole e la condivisione di impegni di gruppo, oltre che per sviluppare reti amicali.

- Uscite didattiche o ricreative con l’obiettivo di conoscere il contesto e apprendere come appartenere, fruendo di tutte le possibilità.

A supporto del percorso di crescita e del PEP (di seguito descritto) si prevedono:

- colloqui con l’educatore tutor, il responsabile o allo Psicologo;

- riunioni di gruppo condotte dalle figure educative come occasione di confronto e crescita condivisa tra pari.

13. I processi di lavoro de Il Faro

Il PEP

Per ogni minorenne è prevista una progettualità personalizzata che si svilupperà attraverso un lavoro concertato tra servizio inviante, centro di accoglienza e, per quanto possibile, lo stesso minorenne e la famiglia di origine.

Per progettualità personalizzata si intendono due livelli di esplicitazione dell’intervento:

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a) Il progetto quadro che definisce la finalità dell’accoglienza (recupero rapporti con la scuola, inserimento in attività esterne, promozione di reti amicali etc.);

b) Il Progetto Educativo Personalizzato (PEP), redatto da parte della Centro, che definisce le azioni a supporto del progetto quadro, i tempi di realizzazione e le responsabilità, e si realizza attraverso: l’osservazione e il monitoraggio delle risorse e delle potenzialità del minorenne, il mantenimento e la cura dei legami familiari ed il raccordo con le risorse scolastiche, di socializzazione e di orientamento alle varie opportunità presenti sul territorio.

Il documento di riferimento è il PEP strutturato come di seguito:

- Premessa: vengono fatte considerazioni generali riguardo il minorenne, la sua condizione psicologica e le attività possibili;

- Validità: si indica il periodo di durata del progetto;

- Obiettivi: vengono delineati gli obiettivi da perseguire;

- Metodologia: per ogni obiettivo viene stabilita la metodologia più adatta al suo perseguimento;

- Indicatori: per ogni obiettivo vengono definiti gli indicatori di verifica;

- Famiglia: si definiscono i rapporti e gli obiettivi minimi di collaborazione.

Le attività a disposizione per la realizzazione del PEP sono le seguenti:

- laboratori di recupero scolastico;

- laboratorio di cucina (legato ad eventi);

- gruppi di discussione su tematiche rilevanti dal punto di vista educativo;

- colloqui individuali a supporto del PEP;

- inserimento del ragazzo/a nelle attività previste dall’oratorio e dalle associazioni che collaborano;

- accompagnamento all’utilizzo del computer e internet;

- attività esterne ludico-ricreative-culturali.

La logica fondante questo strumento è la condivisione e la codifica delle modalità di lavoro ed obiettivi a breve e lungo termine. A tal fine, il PEP verrà delineato sulla base delle singole esigenze a livello sanitario, sociale e psicologico. Saranno così individuati gli obiettivi intermedi di crescita personale in riferimento alla situazione particolare e adeguati al tempo di permanenza. Le attività saranno scelte

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congiuntamente tra gli adulti di riferimento, il centro e il minorenne e terranno conto delle abilità possedute, delle sue caratteristiche peculiari, attitudini, sensibilità, interessi.

Il percorso di inserimento e permanenza nel centro

L’inserimento sebbene sia da intendere flessibile e rimodulato in rapporto ai singoli minorenni, seguirà comunque lo schema già validato in altri centri analoghi.In particolare, in termini sintetici, si seguirà il seguente percorso:

1. Segnalazione scritta dei Servizi Sociali e incontro con i servizi.

2. Presentazione della situazione all’equipe e valutazione delle possibilità di accoglienza; presentazione della documentazione relativa alle condizioni di salute.

3. Elaborazione del progetto iniziale di intervento.

4. Inserimento e osservazione di un mese.

5. Contemporaneamente viene prodotta la seguente documentazione: scheda di osservazione iniziale; un PEP stilato entro 60 giorni dalla presa in carico; schede di verifica in itinere.

6. Inserimento nel gruppo stabile.

In termini analitici, di seguito si descrivono le fasi principali della permanenza al centro

Il percorso: fase di ammissione/osservazione

L’inserimento dei minori nel centro avverrà a seguito dell’invio dei Servizi Sociali.

I soggetti legalmente deputati procederanno con una richiesta cui seguirà un processo di valutazione congiunta.

Il responsabile richiederà la documentazione e svolgerà una riunione con i referenti del Servizio inviante per un primo approfondimento, per raccogliere orientamenti progettuali.

Nel caso si condivida l’opportunità di un inserimento, si definiranno le modalità e i tempi, tramite un confronto tra il servizio e referenti pubblici ed eventuali adulti significativi.

A seguito dell’accettazione, il Servizio sociale condividerà la documentazione necessaria all’accoglienza del minorenne (documenti personali e sanitari, schede di inserimento).

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Il giorno dell’inserimento sarà auspicata la presenza del referente del servizio inviante che potrà concordare con il minorenne e gli operatori le modalità di affiancamento e monitoraggio.

Per ogni utente sarà predisposta una cartella individuale in cui sono raccolti dati generali, anamnesi, esami ematici, esami e referti specialistici, griglie per le uscite/entrate economiche, progetto e valutazioni personali, ed ogni altra informazione rilevante.

Il percorso: fase d’inserimento

Nel primo periodo, orientativamente di un mese, si procederà con l’osservazione e la conoscenza del minorenne, in cui vi sarà totale disponibilità, con una attiva promozione di rapporti amicali con il resto del gruppo.Nella seconda fase si definirà e svilupperà il PEP, con gli obiettivi prefissati e costanti aggiornamenti sia sul diario interno, sia tramite relazioni scritte ai servizi invianti. In questa fase vengono attivate tutte le risorse necessarie e ad ogni livello (psicologico, individuale, familiare, di gruppo, scolastico, sociale, ecc..), in modo da garantire un intervento multidimensionale.In particolare si avrà attenzione alla pianificazione e presidio di:

- protezione della persona (tutela e sorveglianza) gestiti da tutti gli educatori;

- assistenza sociale (contatti con il territorio, rapporti con la famiglia, scuola, etc.) coordinati dal responsabile di struttura.

Uno strumento essenziale di monitoraggio e gestione sarà il Diario giornaliero del Faro in cui ogni ragazzo potrà essere monitorato nel tempo.

Ogni settimana si svolgerà una riunione tra lo staff in cui si discuteranno gli eventi problematici e significativi e condivideranno valutazioni e decisioni.

Il centro sarà comunque un luogo aperto in cui si favorirà l’ingresso di soggetti esterni vicini ai bambini.

Il percorso: chiusura del PEP e l’accompagnamento all’autonomia

Al raggiungimento degli obiettivi si potrà concordare la fine del periodo di permanenza nel centro, con l’inizio di una vita indipendente o con l’inizio di un ulteriore progetto.

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Si agirà per un progressivo distacco che, in condizioni naturali, è la prima fase verso l’autonomia.

Piuttosto che un semplice processo conclusivo, il Faro dedicherà a questo momento una particolare attenzione metodologica, trattandosi di un aspetto critico e determinante.

Per i minorenni in fase di distacco si possono ripresentare rischi opposti. Alcuni ragazzi/e possono infatti, riacquisita una certa sicurezza, reinserirsi in modo del tutto autonomo, ma ancora prematuramente, in quegli ambienti che hanno prodotto il disagio, siano essi famiglia, gruppi di coetanei, scuola.

Altro rischio, opposto, è che, al termine dell’esperienza nel centro, i minorenni non si sentano in alcun modo capaci di affrontare autonomamente la propria vita, vivendo una dipendenza e un’impossibilità di distacco.

Per evitare che il percorso di maturazione non subisca contraccolpi o regressioni occorre non abbandonare i ragazzi/e, anche se apparentemente sembra abbiano una propria sicurezza.

Occorre supportare il passaggio ad una graduale autonomia tramite una responsabilizzazione dei ragazzi/e e l’affiancamento in attività esterne al centro, ma ancora presidiate dagli operatori.

Si supporteranno i minorenni nell’esplorazione delle opportunità offerte dal contesto; si svilupperà una progressiva integrazione in altri contesti di socializzazione, ludici, culturali; si supporteranno i minorenni nella relazione con la famiglia, all’interno del percorso di autonomia e maturazione personale.

Il risultato atteso è la maggiore autonomia del ragazzo/a, ovvero la sua capacità di costruirsi una condizione di positivo inserimento nelle reti amicali e sociali.

Sul piano dei metodi di intervento, vi saranno colloqui periodici con i minorenni da parte degli operatori (prevalentemente il responsabile e lo psicologo) che saranno finalizzati a condividere le valutazioni e le decisioni con il ragazzo, esplorando allo stesso tempo i suoi vissuti e le potenziali criticità.

Le azioni da realizzare saranno poi tradotte in termini semplici e pratici, e si verificherà la reale comprensione da parte dell’utente, con esempi semplici e casi reali.

Il progetto, nella sua parte attuativa, sarà sotto la responsabilità condivisa tra ragazzo/a e degli operatori (prevalentemente gli educatori) che lo sosterranno emotivamente e praticamente nelle sviluppo delle attività.

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Vi sarà, in questo, una particolare attenzione a non sostituirsi al minorenne nello svolgere quanto deciso insieme, ma a dare episodicamente un sostegno pratico, che abbia anche il fine di trasferire a lui/lei competenze.

Il processo di realizzazione fortemente centrato sul protagonismo del minorenne, intende promuovere un’autonomia che sia realmente esito dell’acquisizione di capacità. Si garantirà invece la costante presenza degli operatori, che, anche grazie alla supervisione e alla propria professionalità, manterranno un ruolo di strumento e supporto alle volontà del minorenne, senza mai sostituirsi a lui.

Archivio della documentazione

Il centro si impegna a predisporre e tenere un sistema di documentazione relativa al servizio, alla sua evoluzione, agli ospiti ed alla organizzazione della vita comunitaria.Tale sistema, costantemente aggiornato, raccoglie e conserva la documentazione di seguito indicata:

- il progetto del servizio, i suoi aggiornamenti periodici e ogni altro documento prodotto dal progetto, utile alla memoria del servizio;

- i dati quantitativi del servizio (flusso delle ammissioni e delle dimissioni, presenze giornaliere degli ospiti, presenze del personale);

- il percorso personale di ogni soggetto ospitato (cartella personale): documentazione d’ingresso: relazione sociale da parte dei servizi invianti, eventuale relazione psicologica, scheda sanitaria, provvedimenti dell’autorità giudiziaria, documenti amministrativi (documenti anagrafici; permesso di soggiorno; provvedimento di impegnativa di spesa da parte dell’Ente competente);

- sintesi delle riunioni di valutazione dell’ammissione;

- registrazioni sulla fase di osservazione dell’ospite;

- progetto educativo personalizzato e suoi aggiornamenti;

- registrazioni sull’osservazione dei rapporti con la famiglia;

- sintesi delle riunioni per decidere le dimissioni;

- le annotazioni sull’attività dell’educatore (diario giornaliero);

- le riunioni del “gruppo di lavoro” (verbali);

- protocolli relativi ai rapporti con i servizi del territorio.

Formazione e valutazione “IL FARO” Centro Diurno del Piano Parrocchia S. Famiglia Ancona 22

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Il Faro garantirà un’attività formativa agli operatori a supporto delle attività e degli obiettivi.Tale azione sarà costante e orientata a rispondere a necessità di allineamento delle competenze che nel corso del progetto emergeranno come cruciali.La formazione sarà quindi definita sulla base delle richieste dello staff e strettamente mirata a supportarne le prassi operative.La valutazione avrà una funzione di rilevazione della coerenza interna e del raggiungimento degli obiettivi. Anche in questo caso, si adotterà un approccio partecipativo e sarà progettata e realizzata condividendone le finalità con lo staff e con tutti i portatori di interesse che saranno i principali interlocutori con cui saranno condivisi i risultati della valutazione.

14. I rapporti con il territorio

Collaborazione con i servizi

La collaborazione con i Servizi Sociali sarà continua, per valorizzare le diverse esperienze e professionalità, nel perseguimento degli obiettivi sociali ed educativi definiti. Fra il Centro Diurno ed il Servizio Sociale inviante si proporrà la programmazione di un incontro mensile, al fine di verificare ed aggiornare i progetti educativi personalizzati.

La relazione di collaborazione sarà codificata tramite un protocollo che stabilirà procedure e responsabilità nonché eventuali criteri prioritari per l’inserimento dei minori.

1) Il Centro seguirà un processo di valutazione congiunta con i servizi, in cui si esamineranno le domande di ingresso, formulando una lista di attesa interna al Comune, insieme al gruppo delle AS/Educatore territoriali. Le situazioni dei minori potenzialmente da inserire saranno presentati al coordinamento del Centro che provvederà a definire una fase di accoglienza (max 2 settimane), e a elaborare una relazione di restituzione sul primo periodo di osservazione all’AS Territoriale .

2) Il CD inizierà poi la fase dell’Osservazione individuale del minorenne, al termine della quale fissa un incontro con l’AS/Educatore referente per un incontro di

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restituzione finalizzato alla condivisione del PEP (copia del PEP verrà poi consegnato all’As Referente). Nel caso in cui durante il primo periodo di osservazione emergano da parte del CD limitazioni e/o riserve all’ingresso dei ragazzi, il coordinatore del CD comunica all’AS referente del caso le osservazioni e le motivazioni riscontrate. La restituzione ai genitori verrà valutata caso per caso congiuntamente dall’AS/Educatore territoriale e dagli operatori del CD.

3) Il CD programma incontri di verifica PEP, a cui parteciperanno AS/Educatore Referenti del caso.

4) Il CD raccoglie ogni 6 mesi i dati informativi in base agli indicatori di valutazione. Comunicazioni e segnalazioni urgenti inerenti il singolo caso verranno fatte all’AS/Educatore territoriale di riferimento.

5) Il CD mette a disposizione di ogni singolo AS/Educatore referente tutta la documentazione prodotta in merito all’inserimento e al progetto del singolo caso (diario di bordo, verifiche etc….) .

A richiesta vengono svolti incontri di aggiornamento anche con il Tribunale dei minori.

Rapporto con i coetanei

La presenza radicata sul territorio da parte del Centro don Bosco e il coinvolgimento dei gruppi e delle associazioni della città e la rete fra le realtà presenti saranno le caratteristiche distintive del progetto.

I minori verranno ordinariamente inseriti nelle attività insieme ad altri coetanei per evitare la ghettizzazione e proporre nello stesso tempo il modello educativo “ragazzi/e con ragazzi/e”.

Rapporto con i familiari

Le visite e gli incontri con i familiari dei minori inseriti vengono organizzati concordandoli con il Servizio Sociale inviante e con il Coordinatore del Centro. Il centro è disponibile nel predisporre incontri protetti, in struttura e/o vigilati con la presenza di un educatore.

Collaborazione con le strutture scolastiche

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I rapporti con gli insegnanti degli istituti scolastici frequentati dai minori assistiti saranno costanti, per verificare il perseguimento degli obiettivi didattici. Per ciascun minorenne frequentante il centro diurno si svolgeranno incontri con gli insegnanti per organizzare e verificare i percorsi di recupero scolastico personalizzati.

Rapporti con il volontariato

Il Centro si avvale della collaborazione di volontari sia liberi che associati per lo svolgimento di alcune attività integrative dell’assistenza, del sostegno scolastico e animativo. Con ogni volontario, in base alla disponibilità di tempo e alle loro specifiche competenze, vengono predisposti dei progetti di intervento.

15. Attività comunicative e di sistematizzazione teorica

Workshop Incontri finalizzati all’interazione con i diversi attori della rete socio-istituzionale (Servizi  Sociali, ASL, Scuole), per la co-progettazione  e la gestione integrata degli interventi.

StampaConoscenza a mezzo delle attività promosse all’interno del Progetto  e delle attività promosse dalle Politiche Sociali del Comune.

Sito WebAttivazione di un Sito Web come strumento di monitoraggio sulle risorse formali e informali per i minori e le famiglie e banca dati (anche di tipo qualitativo) sulle problematiche minorili; il Sito potrà riportare anche letture interdisciplinari sulla condizione giovanile e le esperienze più caratteristiche del settore, raccolte dalla rete informatica in tutto il mondo.

Pubblicazioni scientifiche

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Elaborazione di modelli concettuali, maturati dall’esperienza lavorativa, che contribuiscano alla codificazione dell’esperienza di un Centro Diurno Socio – Educativo Semiresidenziale sperimentale.

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16. Piano Finanziario del Progetto

TABELLA 1 - COSTI DIRETTI DEL PROGETTO DA PRESENTARE ALLA FONDAZIONE1 2 3 4 5

DETTAGLIO COSTI IMPORTO COSTI FONDI RACCOLTI

FONDAZIONE CARIVERONA

DONAZIONI

Ristrutturazione

€ 200.000,00

Arredo € 50.000,00

Progettazione € 1.500,00

Gestione Progetto

€ 152.646,00

TOTALE GENERALE € 404.146,00

€ 20.000,00

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