WAVe11 numero 9

8

Click here to load reader

description

W.A.VE. Workshop di progettazione architettonica dell'università Iuav di Venezia

Transcript of WAVe11 numero 9

Page 1: WAVe11 numero 9
Page 2: WAVe11 numero 9

2

Di Giacomo cecchettoLa diversità tra Pasquale Lovero e le esponenti del gruppo agency, carolyn Butterworth e Renata tyszczuk, si coglie già dalla soglia dell’auditorium del cotonificio. il primo arriva con il carrello di diapositive fotografiche e una cartella di appunti. Le seconde espongono un lavoro che subito rivela spirito di sperimentazione. L’introduzione di esther Giani insinua qualche dubbio sulle apparenze, non a torto. Si tratta di due esperienze diverse per formazione, provenienza culturale e geografica, ambito d’intervento ed esiti progettuali, ma sono entrambe frutto di ricerca sulla città e sull’edificio. Ricerca dall’anima creativa che tenta di rispondere ai problemi della società. Le due componenti di agency si presentano delineando la loro storia. Sono un gruppo di docenti e ricercatori provenienti dalla Scuola di architettura dell’Università di Sheffield, con una grande eterogeneità di interessi, formazione e impegno nella didattica, ma accomunati dallo stesso spirito critico, dalla dedizione all’insegnamento universitario e dal metodo di lavoro in team. agency opera con strumenti alternativi, come la grande quantità di domande riportate su di un dépliant, perché ritenute adeguate a indagare la trasformazione della realtà urbana. Viene sottolineato il quesito che pone il problema di come possa l’architettura lasciare l’ambito più strettamente accademico per raggiungere la strada, metafora del quotidiano. È poi presentato lo strumento didattico Live Projects ideato da agency, con cui il gruppo di docenti di Sheffield cerca di dare risposte concrete alla città, entrando in stretta relazione con le persone che la abitano. i lavori proposti agli allievi, infatti, hanno sempre un committente reale, e per quanto possano essere diverse le richieste e le risposte, si raggiunge comunque un incontro finale tra studenti e committenza. Questo avvicina la didattica tanto alla realtà urbana, quanto ai soggetti che richiedono l’intervento, siano essi pubblica amministrazione, organizzazioni, associazioni o privati. Le due docenti illustrano quindi alcune proposte dei Live Projects, che rivelano immediatamente l’eterogeneità dei risultati. Progetto è tanto edificio quanto intervento di web design o semplice definizione di uno scenario, purché il segno lasciato sulla città sia tangibile e offra risposte reali alle persone per trasformare la realtà. L’intervento di Lovero è disarmante nella sua chiarezza e segna anche a partire dalle sole immagini una distanza da agency nell’approccio al problema dell’urban regeneration. il primo punto su cui si sofferma il docente iuav è proprio la definizione del problema, così «generico da generare dei sospetti». La rigenerazione urbana pone innanzitutto la questione della preesistenza, che è presenza non solo di edificato, ma soprattutto di abitanti, coinvolti nel processo di trasformazione. il secondo problema è quello delle competenze: quali sono le figure che partecipano alla rigenerazione urbana? Quale ruolo hanno docenti, pubblica amministrazione, architetti, urbanisti? Lovero volutamente non fornisce una risposta ma la polemica è chiara. ancor più chiara alla luce di

un esempio di intervento urbano, il caso dell’ospedale al mare del Lido di Venezia (per il quale si rimanda a «W.a.Ve.» n. 3). il fatto che l’iter di trasformazione dell’area sia gestito da un commissario ha creato conseguenze notevoli, sia sul piano amministrativo sia su quello progettuale. Le potenzialità di rigenerazioni sono state congelate, perché «Spaziante non è il barone haussmann», e l’intervento è «subordinato al calcolo economico finanziario». allo stesso modo «mossetto non è Spada», il fautore della nascita, ad inizio Novecento, del Lido che oggi conosciamo. È emblematica l’esclusione della pubblica amministrazione e dell’iuav dalla progettazione, poiché il professor alberto cecchetto è intervenuto nella trasformazione dell’area non come docente di questa università ma come libero professionista. Lovero illustra quindi due suoi progetti di ricerca per Porto marghera e per Vicenza. Qui la distanza dal lavoro di agency si fa ancor più chiara. egli affronta tutte le scale urbane e architettoniche e usa un impianto figurativo molto più tradizionale,pur nella ricercatezza e nell’innovazione delle proposte. Resta ferma l’attenzione ai processi sociali e alla loro ricaduta sul tessuto urbano.il dibattito che segue pone domande fondamentali. il divario di approccio e di esiti tra gli antagonisti è incolmabile. il coinvolgimento delle persone nel progetto, secondo Lovero pone quesiti di modalità e fine dell’operazione. Dall’altro lato questo è carattere immanente del lavoro di agency tanto quanto la multidisciplinarietà e l’eterogeneità delle risposte. ma le differenze non si fermano a questo: diverso è l’approccio alla didattica, diversa la definizione delle proposte, diverso il concetto stesso di progetto. e anche quando, tramite la mediazione di esther Giani, le idee convergono sui principi base di quest’ultimo problema, i volti degli interlocutori non sembrano affatto convinti. ed è certamente un buon segno, perché pone l’attenzione sulla vivacità creativa che caratterizza il tema della rigenerazione urbana, così come il problema generale della definizione stessa di architettura. e non sempre, in questi casi, la convergenza è auspicabile.

CONFERENZA BINATAagency/loveroRICERCA E DIVERGENZA

Um

Be

Rto

Pe

Rto

Sa

Page 3: WAVe11 numero 9

3

Di GiULia toRiNo, cLaUDia chimeNto e emaNUeLe D’aNtRaSSiW riscontra delle differenze tra il suo insegnamento in giap-pone e quello nei nostri WS?SO No, anche se, cambiando con-testo, l’insegnamento varia e si adatta alle circostanze. il rapporto insegnan-te-studente, a mio avviso, è lo stesso in tutto il mondo. Devo riconoscere però che mi sento estremamente a mio agio quando insegno qui.W È difficile rapportarsi con studenti provenienti da differenti anni accademici?SO tra i miei allievi ve ne sono alcu-ni eccellenti del primo anno, mossi da una forte motivazione di imparare. Si vede la loro passione! La vera differen-za tra gli studenti non sta nell’anno di corso, ma nell’entusiasmo che dimo-strano nell’apprendere: curiosità, sen-sibilità per le problematiche, spirito di dedizione, apertura mentale. credo che queste qualità costituiscano le giuste premesse per imparare a fare architettura.W riscontra delle lacune negli studenti che seguono il suo WS?SO trovo che i vostri programmi ac-cademici siano sostanzialmente diversi da quelli dell’università in cui insegno in Giappone. Sono rimasto sorpreso del fatto che qui non venga offerto un panorama globale di storia dell’archi-tettura, ad esempio. in Giappone gli studenti fin dal primo anno apprendo-no la storia dell’architettura dall’antica Grecia fino al XX secolo e riconosco-no i riferimenti in sede di lezione. Per i più giovani è difficile comprendere tut-te le teorie, ma dovrebbero riuscire al-meno a recepire ciò di cui sto parlando a lezione. ad esempio ieri abbiamo di-scusso di mies van der Rohe e ho ri-scontrato una generale superficialità

nella conoscenza del tema. con stu-denti più maturi è più facile approfondi-re il discorso. Non sto avanzando criti-che al sistema italiano, cerco solo di analizzare le differenze. D’altro canto anche far conoscere agli studenti i la-vori dei maestri dell’architettura fa par-te del mio lavoro e del mio piacere.W cosa ne pensa dei primi ela-borati presentati fino ad ora?SO Gli studenti del primo anno non hanno ancora accumulato grandi espe-rienze, se non nella progettazione di una “piccola casa”. È per questo che il salto loro richiesto verso l’urban rege-neration è molto impegnativo. credo che questo problema sia comune a tut-te le scuole di architettura. al primo anno si progettano solo piccoli manu-fatti e si apprendono le prime tecniche di disegno. L’importanza sta nell’inte-grare teoria e pratica, imparando dall’esperienza del passato, senza al-cuna distinzione di lingua e nazionalità. Siamo tutti essere umani, caratterizzati da innumerevoli punti in comune. an-che la nozione di corpo umano ci viene tramandata dall’antichità greca. Pari-menti anche lo spazio architettonico non varia: l’architettura è, ed è sempre stata, al servizio dell’uomo per proteg-gerlo dai fenomeni naturali. W Parlando di questa capacità di guardare al passato e reinter-pretarlo, crede che nell’architettu-ra contemporanea, giapponese e non, questo principio venga colto e messo in pratica?SO Sono piuttosto critico nei con-fronti delle modalità di insegnamento giapponesi. essere critici è di fonda-mentale importanza. Le nuove genera-zioni hanno perso l’abitudine di legge-re, rispetto a trent’anni fa. i livelli di co-noscenza sono molto differenti, più superficiali. tra Giappone e italia un’al-tra sostanziale differenza sta nell’ambi-

to lavorativo. in italia è difficile per un giovane architetto sperimentare e co-struire prima dei trentacinque anni, in Giappone è normale iniziare intorno ai venticinque. Vi racconto un breve aneddoto: circa dieci anni fa, un mio caro amico, Francesco Dal co, pubbli-cando una mia casa sulla rivista «casa-bella», mi ha definito un “architetto bambino”. avevo almeno trentacinque anni! Sono rimasto sorpreso perché in Giappone ero ormai un uomo di mezza età! Noi abbiamo molte possibilità di cominciare a lavorare da giovani e quindi anche di accumulare notevoli esperienze come progettisti. oggigiorno l’ambizione più diffusa tra i giovani architetti è il raggiungimento della fama, del successo e della ric-chezza, senza curarsi delle necessarie precedenti tappe. Penso che questa attitudine sia scorretta: bisogna diven-tare colti, leggere molti libri. come ac-cade a una molla: da giovani bisogna caricarsi al massimo, assorbire energia, per poterla poi rilasciare nel periodo di maturità. Non si deve però iniziare a progettare troppo tardi. Data la situa-zione italiana, consiglio ai giovani archi-tetti di viaggiare e fare molte esperien-ze all’estero.

okadaTradizioni e TradimenTiiNteRViSta a SatoShi okaDa VeNeZia, 7 LUGLio 2011

aN

DR

ea

Gia

co

me

tti

Page 4: WAVe11 numero 9

Di coNcita PiaZZaW rispetto al tema generale dei WS, qual è la sua idea di urban regeneration, e come si adatta al tema che lei propone?PL La locuzione urban regeneration è un po’ generica. Se s’intende per urban regeneration un processo mirante a risollevare le sorti e le condizioni delle città, o di porzioni di città, in grande crisi, bisognerebbe subito chiedersi quali differenti compiti potrebbero essere riconosciuti all’urbanistica e all’architettura. Si tratta di compiti differenti, complementari ma differenti. Per quanto riguarda il tema scelto, mi è sembrato opportuno mettere a fuoco la condizione di profonda crisi in cui versa il Lido di Venezia, scegliendo l’area dell’ex ospedale al mare per proporre un edificio polifunzionale costituito da snack-bar, gabinetti pubblici, edicola e fermata dei bus. Gli studenti dovrebbero intenderla come occasione utile per prendere posizione nei confronti delle tendenze in atto, utilizzando gli strumenti dell’architettura. Viene quindi chiesto un progetto di architettura su di un tema limitato e determinato. in considerazione della breve durata del WS, sono stati proposti due schemi guida. tra questi gli studenti devono scegliere quello da sviluppare.W c’è un motivo nella sua scelta di lavorare in una zona vicina a quella dell’anno scorso?PL il fatto che anche per quest’anno la scelta sia caduta di nuovo su un’area-progetto al Lido è una coincidenza, ma posso aggiungere che anch’io, come altri colleghi, mi sono ritrovato negli ultimi anni a rilevare la sua strategicità

proprio dal punto di vista della operabilità disciplinare anche in ambito didattico.W gli studenti saranno chiamati a progettare diversi edifici separati, come scritto nel programma iniziale, o uno unico, come da lei appena detto?PL No, si tratta di un edificio unico. ho proposto questa nuova dizione agli studenti dopo essermi reso conto che quella di “unità insediativa” non era risultata chiara. L’impegno è quello di evitare le soluzioni isolate, ad esempio la fermata del bus come artefatto isolato, i gabinetti pubblici un altro artefatto, e così via. È un unico edificio polifunzionale all’interno del quale i quattro servizi potrebbero avere dei trattamenti differenti. Di qui l’utilità di due schemi guida: l’uno comporta la diversificazione, l’altro, invece, è all’insegna del compattamento.W lei pensa che ci sia una problematica principale rispetto alle altre, nella costruzione del centro polifunzionale? PL i problemi maggiori su cui gli studenti sono chiamati a riflettere sono due. il primo è rappresentato dalla problematica del corpo umano, denominatore comune ai quattro servizi. il secondo è di carattere politico-sociale, in quanto con questo edificio si cerca di ribadire l’importanza di un presidio a favore dei residenti e dei turisti. Sia i residenti sia (diversamente) i turisti non possono essere considerati come soggetti da utilizzare per giustificare a posteriori scelte di carattere urbanistico. Puntare su questi servizi vuol dire riconoscere che quell’area avrebbe bisogno di un presidio di servizi pubblici

e privati, inteso a favorire il radicamento dei residenti e un soggiorno temporaneo più agevole per i turisti.W In questo senso, la struttura sarà rivolta più ai turisti o ai residenti?PL Dato che la prospettiva è in favore di una ri-qualificazione di parte dell’area settentrionale del Lido, è chiaro che bisognerebbe riguardare con attenzione anche i turisti – compresi anche quelli che potrebbero arrivare una volta che fosse rilanciato l’aeroporto Nicelli – attratti da un ventaglio di offerte più articolato e qualificato.W nel programma lei accennava al Mose e ai possibili problemi legati alla sua messa in funzione. Quali potrebbero essere questi problemi?PL Partendo dalla constatazione che, con il 40% di opere già compiute, a giudizio di alcuni specialisti alcuni esemplari della fauna marina ne hanno già fatto le spese, direi che, a prescindere dal funzionamento delle paratie, lo sconvolgimento dell’ecosistema è già iniziato. trattandosi di una riconfigurazione dell’intero quadro insediativo, un aspetto che finora non è stato inserito nel dibattito riguarda gli effetti indotti, a cui bisognerebbe dedicare più attenzione. Sperando che il sistema basato sulle paratie funzioni, se si dovesse scoprire che quest’opera ciclopica funzionerà soltanto in parte, saremmo tutti nei guai: non soltanto chi decide, ma anche coloro i quali subiscono le decisioni.

4

LoVeroiL Lido come siTo sTraTegico deLLa LagunaiNteRViSta a PaSQUaLe LoVeRo VeNeZia, 7 LUGLio 2011

aN

DR

ea

Gia

co

me

tti

Page 5: WAVe11 numero 9

5

Di FRaNceSca BaDiN e eLeNa caZZUFFi «Signorine, sarete mica delle spie?». ci apostrofa con fare inquisitorio Pasquale Lovero, docente del WS “insieme integrato di servizi al Lido di Venezia”. «certamente, siamo della redazione del giornale!», rispondiamo all’unisono. «allora mi raccomando, vendete le informazioni al migliore offerente e, se necessario, fate il triplo gioco!», si raccomanda con un ghigno alla “gemello cattivo” di Giovanni Rana. Rimaniamo di stucco. i suoi occhi brillano attraverso gli occhiali corbusiani dalla montatura in tartaruga. Sono le 14:30 di venerdì 30 giugno. il ritrovo è al vaporetto a Santa marta. Direzione Lido. Nell’attesa un capannello di studenti si raduna intorno al mentore. Noi esterni tendiamo le orecchie, Lovero parla a ultrasuoni, ma grazie a dio la flemma con cui espone gli argomenti ci aiuta a decifrare il labiale. introduce la visita al Lido: i sopralluoghi possono essere utili a condizione che lo studente registri sensazioni e stimoli in autonomia, ma sempre col filtro dello strumento didattico. «La fotografia non è così attendibile, disegnate!» continua il docente. «Segnatevi le quote!». enunciando il tema del WS mette tra parentesi le polemiche sulla ristrutturazione della nuova darsena e anche il progetto per il porto turistico a San Nicolò.Dopo il viaggio in vaporetto finalmente sbarchiamo al Lido. Sorprendiamo alcuni studenti a spalmarsi tintura di iodio e a lisciarsi la treccia: si sentono già in vacanza questi, complici la brezza marina e l’aria salmastra. ma la spiaggia è ancora distante. Saliamo come un gregge su un autobus urbano che ci porterà nei pressi dell’area-progetto. ma prima di arrivarci attraversiamo la zona dismessa dell’ospedale, un quartiere che sembra uscito dal film Gli avvoltoi hanno fame di Don Siegel. orribile. e da qui, tra sterpaglie falciate alla bell’e meglio e zanzare grosse come Boeing ah-64 apache, arriviamo al famoso luogo dell’intervento. in pratica un lotto triangolare con una rotonda al centro. Lovero chiarisce che l’area di lavoro non comprende il percorso pedonale esistente ma si svilupperà tenendone conto, e invita a pensare fin dall’inizio almeno un’alternativa. Seduta stante mostra agli studenti le strade battute dai passanti: sono la riprova del fatto che, qualunque sia lo sforzo progettuale a livello di percorsi, in ogni caso è l’utente a vincere. Quest’ultimo non è disposto a seguire il tragitto prestabilito lungo i lati del terreno inerbato ma vuole attraversarlo in lungo in largo. L’idea di Lovero prevede l’abbattimento dei pioppi presenti all’interno dell’area di risulta su Piazzale Ravà mantenendo però due alberi di pregio (quelli più grandi), valorizzando la macchia. inoltre è prevista l’abolizione di una delle due fermate dell’autobus: una sola è sufficiente, si tratta di una rotonda. in sostanza il progetto sarà una sorta di fortilizio teso a rispondere alle ragioni degli abitanti e dei turisti (i quali, realizzato l’intervento, saranno più numerosi). Gli studenti potranno contare su due schemi guida per la scelta materica e la realizzazione del manufatto: acciaio oppure calcestruzzo e muratura. ma la visita non finisce qui, il docente vuole portarci a vedere il luogo in cui è previsto il mose. e così riprendiamo a camminare. Dopo l’interminabile transumanza ci fermiamo a un piccolo chiosco per la defatigante granita, e poi di corsa a vedere la pensilina della biglietteria di alessandro Scarpa, e infine, attraverso via morandi, l’ex ingresso al porto (ora in cemento) nell’area di San Nicolò dal quale si scorge l’aeroporto Nicelli.

WS LOVEROSoPrallUogoal lIDo DI veneZIa

GiU

Lia

ca

RR

aR

o

Page 6: WAVe11 numero 9

6

CONFERENZAProgettI recentI DI reSIDenZe a baSSo coSto In ItalIa, gerManIa e cInaGIORGIO MACOLA E SERGIO PASCOLO AL WS CROSET

LEZIONESPlenDore e MISerIa DI Un caPannoneFRANCESCO GASTALDI AL WS MARINI

aLBeRta meNeGaLDo e micheLe BRiDaarriva trafelato Francesco Gastaldi, reduce da un consiglio di facoltà. ciò non gli impedisce però di iniziare con piglio deciso il suo intervento. Parla del modello economico del Nordest, della sua genesi e della crisi. Supporti alla sua presentazione sono una serie di libri e articoli. Dal rifiuto della concezione di un Paese diviso in Tre Italie (a. Bagnasco, 1977) alla nascita del modello economico de Il distretto industriale (G. Becattini, 1996). il successo del Nordest sta nelle realtà imprenditoriali private, spesso a conduzione familiare, nate da attività artigianali e dalla maturazione di saperi locali.Nel secondo dopoguerra il Veneto era un territorio depresso, «come è stato possibile allora realizzare questo miracolo economico, che ha trasformato la regione in una nuova eldorado?», chiede Gastaldi. e, puntando l’indice, coinvolge gli studenti: «Non c’è nessun figlio di imprenditore? Raccontaci la storia della tua famiglia!». Dalle parole dei presenti escono storie di nonni emigrati a torino o in america Latina, altri rimasti nella loro terra. chi è stato più furbo, ci chiediamo a posteriori e riflettiamo sui destini inaspettati del modesto abitante veneto, poi arricchitosi, o dell’operaio della Fiat alla ricerca di un nuovo status. anche la creatività ha certo giocato un ruolo fondamentale, una creatività di piccole comunità,

di filiere di settore, unita a una buona dose di istinto animale, capace di rendere competitiva a livello internazionale la realtà frammentaria del tessuto veneto. Questo modello di sviluppo è stato molto criticato per la scarsa trasparenza politica e l’assenza di regole. i costi collettivi e i problemi di ordine urbanistico, alcune delle conseguenze, paiono innegabili. tuttavia, sostiene Gastaldi, se il modello si è imposto significa che è portatore di benefici e interprete di tendenze reali. i veri problemi nascono quando allo sviluppo economico non corrisponde un’adeguata crescita delle infrastrutture. iniziano le rivendicazioni e il malessere si aggrava con la crisi internazionale. Questo, in estrema sintesi, è lo scenario di oggi. La competitività globale, i nuovi interessi, la prepotente presenza cinese: arrivano la delocalizzazione e il crollo. Però alcuni dati testimoniano come il Nordest possa avere un ruolo trainante per l’economia del Paese e come il suo Pil sia al passo con quello europeo. i capannoni industriali abbandonati, tracce tangibili della crisi e rovine di una crescita opulenta, vengono offerti alla creatività degli studenti affinché siano rigenerati.

Di cateRiNa ViGNaDUZZoDa murano a Shanghai, da mestre a Göttingen, in Germania: è l’itinerario low cost che ci propongono gli architetti del social housing Giorgio macola e Sergio Pascolo, ospiti nel WS di Pierre-alain croset. il primo, esponente dello studio veneziano di Gino Valle, mostra due progetti che si innestano nella urban regeneration: il recupero di una zona industriale di murano e la costruzione di edifici residenziali in un quartiere già ampiamente urbanizzato di Venezia mestre. Le residenze dell’intervento muranese si collocano al posto di un capannone di cui si è conservata solo la facciata settentrionale. La preesistenza ha vincolato lo sviluppo delle trentasei unità che presentano un’articolazione complessa risolta dall’incrocio di due alloggi duplex. il risultato è un edificio bifronte: a nord la parte storica conservata, a sud i nuovi volumi. Nel secondo caso, alla periferia ovest di mestre, è la presenza di un forte, oggi trasformato in parco pubblico, a condizionare l’intervento di edilizia convenzionata volto

al recupero di un’area in disuso. La massima trasparenza tra il quartiere esistente e il parco è garantita dall’utilizzo di volumi relativamente sottili, con l’ausilio di una lieve rotazione volta ad aumentare la permeabilità visiva attraverso le costruzioni. L’architetto udinese Sergio Pascolo illustra due quartieri residenziali a Göttingen, città universitaria vicino ad hannover, e uno in cina. interamente pubblico, il primo si colloca nell’area lottizzata di una caserma dismessa, chiamata Zietenterrassen per il terreno declinante generato dai terrazzamenti adibiti a parcheggi dei carri armati. La linea spezzata del complesso schiva la linearità quasi inevitabile dettata dalla forma allungata del lotto: il sistema costruttivo a setti, i vani scala, il fronte compatto rosso a est, le grandi logge aperte a ovest partecipano alla soluzione tipologica che conferisce la forte connotazione della volumetria. L’alloggio centrale costituisce un possibile ampliamento per entrambi gli appartamenti adiacenti, operazione praticabile quasi in corso d’opera che ha facilitato al committente l’attribuzione delle varie unità.

il secondo progetto, di edilizia convenzionata, si pone come luogo ideale per le persone anziane, ma non rinuncia al back to the city, il ritorno alla città che investe le diverse generazioni. organizzati attorno a grandi corti urbane, gli edifici sono generati dall’aggregazione di tipi differenti che rispondono alle altrettanto diverse esigenze. a Shanghai cinque case affiancate su tre piani lambite da un tratto di canale artificiale, poggiano il piede in acqua, con cavane per il posto barca e parcheggi coperti per l’auto. ogni casa è segnalata da forti incisioni che rendono volumetricamente percepibili le unità abitative. Grandi vetrate modulate da schermature, poi non realizzate dalla committenza cinese, si aprono sulle zone living, in un dialogo con l’acqua che si ripercuote sul tipo scelto.

GiU

Lia

ca

RR

aR

o

Um

Be

Rto

Pe

Rto

Sa

Page 7: WAVe11 numero 9

7

venerdì 8 luglio 2011W.a.ve.Workshop di architettura a Venezianumero 9Supplemento aiuav giornale dell’universitàRegistro stampa n. 1391tribunale di VeneziaiSSN 2038-6257

Responsabili scientificimassimiliano ciammaichellamarina montuoriLeonardo Sonnoli

Direzione redazione testi e immaginimarina montuori

Direzione blog/multimediamassimiliano ciammaichella

Direzione redazione graficaLeonardo Sonnoli

TutorStefania catinellaandrea Giambartolomeianna Saccani

Collaboratorimonica Pastoreanna Silvestri

Laboratorio interfacoltà Far/Fdanell’ambito dei workshop estivia.a. 2010-11 Far/Fda_iuav

Redazione testiFrancesca Badinmaria aurora Bonomimichele Bridaeleonora canettiGiulia cavallarielena cazzuffiGiacomo cecchettoclaudia chimentoGiordano covaemanuele D’antrassicaterina epibolimarco Ludovicoargent Lumialberta menegaldomiriam Peraroconcita Piazzaangela Robusti Riccardo RuvoloStefano toniatoGiulia torinocaterina VignaduzzoValentina Volpato

Redazione graficaGregorio carlettichiara costantiniclaudia GalloSara Giubellianna Scorretti

Illustrazione e fotografiaalberto BassanGiulia carraroandrea Giacomettialessio Gobbiscarlo LissaUmberto PertosaFederico maria PivettaLaura PortesanJacopo trabuio

Blogelisa cortelazzoSara Dottoandrea Gambardellaandrea marchesiniLetizia mion

onlinehttp://[email protected]

Tutor di coordinamento Valentina amarillianiel GuxholliRoberta ScapinSami Sinella

Coordinamento generaleesther Giani

le immagini di copertina documentanole strutture temporanee presenti nel paesaggio urbano di venezia.in questo numero foto di carlo Lissa.

Progetto grafico W.A.VE. 2011Leonardo Sonnoli - tassinari/Vetta, con irene Bacchi (identità visiva), con monica Pastore, anna Saccani, anna Silvestri (quotidiano)

L’università iuav di Venezia, nell’ambito della rubrica “Bee Safe” sulla sicurezza durante il W.a.Ve. 2011, promuove un concorso fotografico finalizzato alla sensibilizzazione degli studenti verso il tema della sicurezza all’interno dell’università. il concorso propone agli studenti di guardare con occhi attenti ciò che accade attorno a loro e fotografare episodi legati al tema della sicurezza nei suoi diversi aspetti. La partecipazione è aperta a tutti gli studenti facenti parte del W.a.Ve. 2011.

MoDalItà DI PartecIPaZIone ogni studente può inviare fotografie in bianco e nero o a colori, in formato digitale. Non c’è limite al numero di immagini da inviare. Per ogni immagine si deve riportare il luogo dove è stata scattata e il titolo. Non sono ammesse rielaborazioni digitali. Le immagini devono essere spedite a [email protected]. tutte le fotografie saranno esposte, con l’indicazione di autore e titolo, nel blog W.a.Ve. 2011. Le fotografie premiate saranno pubblicate sul giornale.ScaDenZe Le immagini devono essere spedite da giovedì 7 Luglio e devono pervenire entro giovedì 14 Luglio 2011.

Le premiazioni avverranno il giorno successivo.PreMI 1° premio: libro W.a.Ve. 2010 in borsa W.a.Ve. 2011 2° premio: quaderno W.a.Ve. 2011 in borsa W.a.Ve. 2011 la gIUrIa È coMPoSta Da Giancarlo carnevale, preside della Facoltà di architettura esther Giani, coordinamento generale W.a.Ve. 2011 tutor di coordinamentoPrIvacy Nel mandare le immagini si rinuncia automaticamente ai propri diritti sulla privacy, si riconosce solo il diritto d’autore.

CONCORSO FOTOGRAFICO bee SaFe “SGUARDO SICURO”

cHe la FeSta FInISca...

Di cateRiNa ViGNaDUZZoUna festa non può riuscire senza imbucati. e questa ne ha avuti una valanga. Parliamo del goliardico vernissage offerto mercoledì 6 luglio da Federico kelly e Federico Borghini all’ultimo piano del magazzino 6. L’intenzione degli anfitrioni, promuovendo gare culinarie e danze “portegne”, è inaugurare la mostra fotografica work in progress sull’ospedale al mare del Lido di Venezia. intenzione nobilissima, ma ignorata dagli ospiti (in)attesi, che manco si filano le foto degli allievi. Negli occhi di noi studenti un solo obiettivo: l’assalto a una tavolata di pantagruelica memoria annaffiata da bevande degne di una sagra paesana. Per un attimo nella mente di alcuni affiora il dubbio semi-esistenziale: «Perché sono qui?». Di fronte a cotanta abbondanza cercano di assumere il tono snob e disinvolto di un Vittorio Sgarbi al Padiglione italia, ma la sensazione è che le fotografie contribuiscano soltanto all’allestimento dell’ameno set. eppure per forza di cose è un evento: avvistati partecipanti vip come mutschlechner, corretti, Narne, docenti dei WS e non! tutti accorsi per ballare sui ritmi sudamericani? altri, per una frazione di secondo, si lasciano invadere dal senso di colpa: «Forse avrei dovuto portare anch’io qualche cibaria?». L’invito parlava chiaro… abbandonata ogni remora, l’“aprite le danze” degli organizzatori scatena l’inferno. Nel miraggio dell’abbuffata gratuita uno tsunami di umanità invade l’aula, la tabula è ben presto rasa e gli “ospiti” si ritirano con scorte sufficienti per un trimestre.ci sembra quasi di ritrovarci nel romanzo di ammaniti, Che la festa cominci, (già ricordato nel n. 1 di «W.a.Ve.») quando una super-festa romana è sconvolta dall’invasione di atleti russi mutanti che emergono dalle catacombe, “surfando” su un getto d’acqua esploso dalle condutture. Se ieri li avessimo visti apparire dall’improvviso scoppio dell’impianto di condizionamento non ci saremmo stupiti più di tanto. L’atmosfera già abbastanza calda assume poi toni surreali: una sirena di allarme risuona per le aule dei magazzini, mentre l’impianto di climatizzazione impazzito fornisce lo spunto a gavettoni diffusi. il caldo fonde i pochi cervelli rimasti ancora attivi, e non c’è neanche uno scoiattolo della celebre pubblicità per raffreddare gli animi. Studenti ormai sazi e troppo “allegri” si lasciano cadere sfiniti, in compagnia di bottiglie di vino e affini, in angoli più o meno remoti dei magazzini. Sembra che l’universitas del microcosmo iuavino abbia perso di vista per un paio d’ore il senso della misura.

Um

Be

Rto

Pe

Rto

Sa

Page 8: WAVe11 numero 9

aVVisi

aTeLier conFerenze BinaTe/LecTures

imPorTanTe

aUDItorIUM Santa Marta28 giugno–8 luglio, ore 17:00

Urban regeneration: esperienze a confronto Urban regeneration: comparing experiencesmoderatore chairman Giancarlo carnevale

8 luglio mazzanti/carnevale

chi comPie atti Di VaNDaLiSmoo Di iNciViLtà e VieNe SoRPReSo a DaNNeGGiaRe Le StRUttURe DeLL’iUaV SaRà PUNito coN SeVeRi PRoVVeDimeNti DiSciPLiNaRi e NoN otteRRà i cReDiti FoRmatiVi PReViSti PeR iL WoRkShoP 2011.

aPertUra IScrIZIone eSaMI tutti gli studenti registrati nei workshop dovran-no provvedere ad iscriversi al relativo esame tra-mite spin dal 1 all’11 luglio. Si ricorda che per l’esame del prof. Navarra ci si dovrà iscrivere con il prof. carnevale.StaMPe La Facoltà mette a disposizione un budget da uti-lizzare presso il centro plottaggi e stampe che si trova all’interno dell’ex convento delle terese. Dalla seconda settimana dei WS ciascun do-cente e/o relativi collaboratori potranno ritirare presso la stanza dell’organizzazione (piano terra Santa marta) un foglio di credito nominale. Si ricorda che questo contributo è inteso per la mostra finale.ServIZI Nei corridoi di ciascuna sede sono stati attrezza-ti contenitori appositi per la raccolta differenziata (carta, plastica, ecc.) e per i materiali scartati dai plastici. Utilizzateli! all’esterno di ciascuna sede è stato attrezzato un luogo apposito per even-

tuali operazioni di verniciatura spray (anche per la colla!) dei modelli o parti di esso.PUlIZIe Nelle aule: tutto ciò che sarà lasciato per terra e su sedie sarà gettato. Usare i sacchetti neri forniti per un eccesso di rifiuti. Lasciarli legati in aula per lo smaltimento. Nei corridoi: tutto ciò che sarà lasciato per ter-ra, su tavoli e sedie sarà gettato. a partire dalla terza settimana a ciascun WS sarà fornito una scopa e una paletta per una pulizia autonoma dell’aula, soprattutto per il giorno della mostra finale!acceSSo bIblIoteca DPa ecceZIonalMente aPerta a tUttI I PartecIPantI DeI WorKSHoPL’accesso alla biblioteca (ii piano Dpa, Santa marta) è consentito, nei limiti delle postazioni disponibili per ragioni di sicurezza, a tutti i par-tecipanti del WS: docenti iuav, docenti esterni, collaboratori e studenti. Si potranno consultare volumi e periodici ed effettuare riproduzioni nel

9W.a

.ve

.—

Workshop di a

rchitettura a Veneziaanno V

venerd

ì 8 lug

lio 2011

Quotidiano dell’U

niversità iuav di Venezia

cotonIFIcIo Santa Marta

piano terraa1 Del Boa2 chun/De matteisb Patestosc crosetD Galantinoe mariniF Bugatti/cattaneog carnevale/GianiI Lovero

piano primol1 Rotal2 kollhoffM1 DeganelloM2 correttin1 agency Schneidern2 Ficarellio1 Spadonio2 mazzanti

MagaZZInI lIgabUe/eDIFIcIo 6

piano terra0.1-0.3 Rossetti0.2-0.4 kéré0.5-0.7 Narne0.8-0.10 Latini

piano primo1.1-1.3 Bricolo1.2-1.4 Supersudaca Rascovsky1.5-1.6 Redazione Wave e blog1.7-1.9 elasticospa Pujatti1.8 mutschlechner

piano secondo2.2 okada2.3 Navarra2.4 kelly/Borghini2.5 De architekten cie Medic + Puljiz

comUNe Di GRiSiGNaNo Di Zocco

rispetto della normativa vigente in materia di di-ritto d’autore. Gli studenti possono accedere a gruppi di 5 (max 10) per volta. La capienza della biblioteca è di 30 posti e occorre consentire la frequentazione all’utenza regolare. Il prestito sarà concesso ai soli docenti Iuav o loro delegati, per uno o più giorni. tutti i volumi pre-stati devono essere caricati a nome di un do-cente iuav. in biblioteca il personale fornirà i mo-duli per la richiesta di accesso e per la delega al prestito. Per altri chiarimenti rivolgersi alla dott.ssa carla Pezzin (biblioteca Dpa, orario ufficio, telefono 041 2571008).