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PSICOLOGIA DELL’EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE volume 11 Numero 3 – anno 2009

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PSICOLOGIA DELL’EDUCAZIONE

E DELLA FORMAZIONE

volume 11

Numero 3 – anno 2009

volume 11

Numero 3 – anno 2009

SIPEFSOCIETÀ ITALIANA DI PSICOLOGIA

DELL’EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONEwww.sipefitalia.net

PSICOLOGIA DELL’EDUCAZIONE

E DELLA FORMAZIONE

SIPEF

Società Italiana di Psicologia dell’Educazione e della Formazione

www.sipefitalia.net

PSICOLOGIA DELL’EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE

Direttore responsabile: Giancarlo Tanucci Università degli Studi di Bari

Direttore scientifico: Felice Carugati Alma Mater Studiorum Università di Bologna

Comitato scientifico: P. Boscolo Università di Padova G.V. Caprara Università di Roma Sapienza Bianca De Bernardi Università di Verona Anne-Nelly Perret-Clermont Università di Neuchâtel Guido Sarchielli Alma Mater Studiorum Università di Bologna Vega Scalera, Università di Roma Tor Vergata Patrizia Selleri Alma Mater Studiorum Università di Bologna

Segreteria di redazione: Roberto Baiocco Università di Roma Sapienza Michela Cortini Università di Bari Laura Palmerio Università di Roma Tor Vergata Valeria Tortora Università di Roma Tor Vergata Alessandro Stirpe SIPEF [email protected]

Editore: Aracne Editrice s.r.l. Via R. Garofalo, 133 a-b 00173 Roma

Registrazione presso il Tribunale di Roma n. 12/2009 del 16/01/2009 ISSN: 1128-6881 ISBN: 98-88-548-5199-3Covered by PsycINFO

PER ISCRIVERSI ALLA SIPEF Per iscriversi alla SIPEF è necessario inviare il proprio curriculum vitae a [email protected] all’attenzione del Presidente Nazionale o del Presidente Regionale di pertinenza. Dopo l’approvazione da parte del Consiglio Scientifico si potrà pagare la quota associativa annuale. € 50,00 per i nuovi iscritti € 78,00 per i rinnovi L’iscrizione comprende: - Abbonamento annuale alla rivista “Psicologia dell’Educazione e della Formazione” Aracne Editrice - Newsletter della SIPEF con contributi realizzati dai Soci e dalla Redazione Bonifico bancario n. 15958/31 intestato a: Società Italiana di Psicologia dell'Educazione e della Formazione (SIPEF) c/o Banca di Roma Tesoreria Universitaria “La Sapienza” P.le Aldo Moro - 00185 Roma Codice ABI 3002 Codice CAB 03371 Conto corrente postale n. 89459002 intestato a: Società Italiana di Psicologia dell'Educazione e della Formazione (SIPEF) Via dei Marsi, 78 c/o Dip. Psicologia Sviluppo e Socializzazione - 00185 Roma Per ricevere la newsletter della SIPEF dopo aver provveduto al versamento della quota, inviare una mail con i propri dati (indirizzo al quale si vuole ricevere la rivista ed email per la newsletter) a: [email protected]

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INDICE

volume 11numero 3anno 2009

Dina Guglielmi Job Demands-Resources Model: uno strumento 7

\\S. Simbula per la valutazione dei fattori di rischio nella scuola

M. Depolo

Mirko Vecchiarelli Dispersione in istruzione: come intervenire? 35

Elisabetta Crocetti Identità scolastica e rete sociale degli adolescenti 73

Erika Cherubini

Augusto Palmonari

Claudio Giovanni Cortese Fattori di student satisfaction in un corso 103

Simona Ricotta di laurea in scienze infermieristiche

Laura Gerbaudo

Benedetto Violante

Valentina Grion Assegnare il voto in condotta nella scuola: 131

Rossella Giolo diverse dimensioni del costrutto

“buon comportamento scolastico”

in docenti e studenti

Rivista di Psicologia dell’Educazione e della Formazione 2009, Vol. 11 n. 3

7

Job Demands-Resources Model: uno strumento

per la valutazione dei fattori di rischio nella scuola

In confronto con altre professioni, l’insegnamento è conside-

rato un lavoro ad alto stress. Uno dei recenti modelli teorici ine-renti stress e burnout è il modello Domande-Risorse Lavorative (JD-R). Lo scopo dello studio è testare il modello nel contesto scolastico italiano. 235 insegnanti hanno risposto a un questio-nario su risorse (influenza/partecipazione e sviluppo personale), domande lavorative (iniquità e conflitto lavoro-famiglia), benes-sere e comportamenti di cittadinanza organizzativa. I risultati delle analisi (mediante modelli di equazioni strutturali) mostra-no che il burnout è un mediatore tra domande lavorative e be-nessere, mentre l’engagement è un mediatore tra risorse lavora-tive e comportamenti di cittadinanza organizzativa. Questo stu-dio fornisce indicazioni per la valutazione dello stress lavoro-correlato e le relative strategie di intervento nella scuola.

Introduzione

Nelle ultime tre decadi lo stress lavorativo e il burnout sono stati

oggetto di numerosi studi che hanno identificato negli insegnanti una

categoria particolarmente a rischio in questo senso (Chaplain, 2008;

Montgomery & Rupp, 2005). Non va dimenticato che negli ultimi an-

ni la scuola è stata, ed è tuttora, protagonista di profondi cambiamenti

(come riforme politiche, mutamenti del mercato del lavoro e di ordine

8 D. GUGLIELMI, S. SIMBULA, M. DEPOLO

sociale) che hanno influito sulla figura dell’insegnante, sul suo ruolo e

sulla sua funzione. E’ spesso sull’insegnante che vengono riversate le

aspettative di famiglie, studenti, istituzioni e opinione pubblica. Le ec-

cessive richieste lavorative, spesso da soddisfare in tempi ristretti, e la

discrepanza tra queste e le effettive risorse di cui gli insegnanti di-

spongono per fronteggiarle, sono spesso identificate come principali

fattori stressanti (Santavirta, Solovieva e Theorell, 2007).

A tal proposito, Kyriacou (2001) mette in evidenza le principali

fonti di stress per gli insegnanti. Tra queste si segnalano in particolare:

l’indisciplina degli studenti, lo scarso riconoscimento sociale per la

professione, i conflitti con i colleghi e i superiori, la pressione tempo-

rale, oltre alle scarse opportunità di carriera. Sulla stessa linea,

l’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute nel lavoro (2008), ri-

porta i risultati di un’indagine condotta dai sindacati degli insegnanti

(ETUCE, 2007), nella quale si evidenziano cinque principali fonti di

stress per gli insegnanti: carico di lavoro, sovraccarico di ruolo, au-

mento del numero di studenti per ogni insegnante, grave indisciplina

degli studenti, mancanza di supporto da parte della dirigenza. Da ciò

si evince che molteplici fattori potenzialmente stressanti possono ave-

re un impatto sul benessere dell’insegnante, ma anche sulle scuole in

cui lavorano e sugli allievi (Wilson, 2003), avendo spesso come inde-

siderabili conseguenze l’aumento dell’assenteismo, delle supplenze,

del turnover, dei pre-pensionamenti e in genere la diminuzione della

qualità globale di un servizio di importanza cruciale come

l’educazione dei giovani.

La necessità di prestare attenzione allo stress in ambito lavorativo

trova un forte riscontro anche nelle politiche comunitarie. Valutare e

gestire lo stress lavoro-correlato è una delle priorità nelle politiche eu-

ropee per la salute e la sicurezza sul lavoro. L’Accordo europeo sullo

stress sul lavoro del 2004 si muove in questa direzione. Scopo

dell’Accordo è “migliorare la consapevolezza e la comprensione dello

stress da lavoro da parte dei datori di lavoro, dei lavoratori e dei loro

rappresentanti, attirando la loro attenzione sui sintomi che possono in-

dicare l’insorgenza di problemi di stress da lavoro”. In relazione al fe-

nomeno dello stress lavorativo, diversi approcci teorici (Karasek,

1979; Siegrist, 1996) hanno studiato le caratteristiche dell’ambiente

lavorativo e individuato in fattori (o rischi) di natura psicosociale i

8 D. GUGLIELMI, S. SIMBULA, M. DEPOLO

sociale) che hanno influito sulla figura dell’insegnante, sul suo ruolo e

sulla sua funzione. E’ spesso sull’insegnante che vengono riversate le

aspettative di famiglie, studenti, istituzioni e opinione pubblica. Le ec-

cessive richieste lavorative, spesso da soddisfare in tempi ristretti, e la

discrepanza tra queste e le effettive risorse di cui gli insegnanti di-

spongono per fronteggiarle, sono spesso identificate come principali

fattori stressanti (Santavirta, Solovieva e Theorell, 2007).

A tal proposito, Kyriacou (2001) mette in evidenza le principali

fonti di stress per gli insegnanti. Tra queste si segnalano in particolare:

l’indisciplina degli studenti, lo scarso riconoscimento sociale per la

professione, i conflitti con i colleghi e i superiori, la pressione tempo-

rale, oltre alle scarse opportunità di carriera. Sulla stessa linea,

l’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute nel lavoro (2008), ri-

porta i risultati di un’indagine condotta dai sindacati degli insegnanti

(ETUCE, 2007), nella quale si evidenziano cinque principali fonti di

stress per gli insegnanti: carico di lavoro, sovraccarico di ruolo, au-

mento del numero di studenti per ogni insegnante, grave indisciplina

degli studenti, mancanza di supporto da parte della dirigenza. Da ciò

si evince che molteplici fattori potenzialmente stressanti possono ave-

re un impatto sul benessere dell’insegnante, ma anche sulle scuole in

cui lavorano e sugli allievi (Wilson, 2003), avendo spesso come inde-

siderabili conseguenze l’aumento dell’assenteismo, delle supplenze,

del turnover, dei pre-pensionamenti e in genere la diminuzione della

qualità globale di un servizio di importanza cruciale come

l’educazione dei giovani.

La necessità di prestare attenzione allo stress in ambito lavorativo

trova un forte riscontro anche nelle politiche comunitarie. Valutare e

gestire lo stress lavoro-correlato è una delle priorità nelle politiche eu-

ropee per la salute e la sicurezza sul lavoro. L’Accordo europeo sullo

stress sul lavoro del 2004 si muove in questa direzione. Scopo

dell’Accordo è “migliorare la consapevolezza e la comprensione dello

stress da lavoro da parte dei datori di lavoro, dei lavoratori e dei loro

rappresentanti, attirando la loro attenzione sui sintomi che possono in-

dicare l’insorgenza di problemi di stress da lavoro”. In relazione al fe-

nomeno dello stress lavorativo, diversi approcci teorici (Karasek,

1979; Siegrist, 1996) hanno studiato le caratteristiche dell’ambiente

lavorativo e individuato in fattori (o rischi) di natura psicosociale i

JOB DEMANDS-RESOURCES MODEL NEL CONTESTO SCOLASTICO 9

principali antecedenti dello stress lavorativo, della salute e del benes-

sere dei singoli lavoratori e della stessa organizzazione. I fattori di ri-

schio psicosociale definiti come “quegli aspetti di progettazione, or-

ganizzazione e gestione del lavoro, nonché i rispettivi contesti am-

bientali e sociali, che potenzialmente possono arrecare danni fisici o

psicologici” (Cox e Griffith, 1996, pp. 129-130), la loro valutazione e

il loro impatto sulla salute e sulla sicurezza sono divenuti oggetto di

un crescente numero di ricerche nell’ultimo decennio (Cox e Rial-

Gonzàlez, 2002; Kompier, 2005; Theorell e Hasselhorn, 2005).

A questo proposito, la letteratura di riferimento ci offre molti

esempi relativi a ricerche che hanno cercato di individuare quali po-

tessero essere gli antecedenti e le conseguenze del benessere dei lavo-

ratori, promuovendo anche l’utilizzo di modelli (e.g. Karasek, 1979;

Siegrist, 1996) che potessero in qualche modo spiegare come e in qua-

li condizioni le persone sviluppano vissuti di malessere vs benessere

nell’ambiente lavorativo. Tuttavia questi modelli si sono focalizzati

principalmente su esiti negativi, come problemi di salute, stress e bur-

nout (Bakker e Demerouti, 2007).

Questo lavoro, che intende studiare lo stress lavorativo nella scuo-

la, deve però tenere in considerazione che i risultati di ricerca, accanto

ai dati relativi alle condizioni stressanti che caratterizzano il lavoro

dell’insegnante (Cavalli, 2000; Chaplain, 2008; Montgomery e Rupp,

2005) sottolineano come la maggioranza degli insegnanti non siano in

burnout bensì siano motivati e riconoscano al lavoro una fonte di gra-

tificazione importante (Hakanen, Bakker e Schaufeli, 2006; Roth, As-

sor, Kanat-Maymon e Kaplan, 2007; Rudow, 1999).

Nel tentativo quindi di superare i limiti sopra citati e di utilizzare

un approccio più esaustivo che includa sia indicatori negativi sia posi-

tivi del benessere lavorativo, è stato proposto e sviluppato un nuovo

modello, il Job-Demands-Resources Model (JD-R; Modello delle Ri-

chieste e delle Risorse lavorative: Demerouti, Bakker, Nachreiner e

Schaufeli, 2001; per una review si veda: Bakker e Demerouti, 2007).

L’idea di fondo è che una situazione lavorativa sana non si sviluppa

soltanto grazie all’assenza di fattori negativi, ma può essere raggiunta

promuovendo caratteristiche positive.

Questa attenzione sul funzionamento ottimale dell’essere umano,

sulle potenzialità piuttosto che sulle debolezze o disfunzioni rientra in

10 D. GUGLIELMI, S. SIMBULA, M. DEPOLO

quel movimento più generale definito Positive Psychology (PoP) (Se-

ligman e Csikszentmihalyi, 2000). Tale approccio sta conoscendo una

crescente diffusione, anche per l'evidente vantaggio di focalizzarsi su-

gli antecedenti dei successi organizzativi e non solamente sugli effetti

negativi delle condizioni di lavoro. Vanno tuttavia prese in considera-

zione le recenti critiche di Hackman (2009), il quale sottolinea alcuni

limiti metodologici e concettuali dell'approccio PoP, in particolare per

quanto riguarda il rischio di una sovrastima del ruolo delle variabili di

livello individuale.

Il Work Engagement e le sue relazioni con il burnout I presupposti sopra esplicitati relativi alla PoP possono essere rintraccia-

ti anche all’interno della psicologia occupazionale positiva, declinabile

come studio e impiego delle risorse umane e delle capacità psicologiche

che possono essere misurate, sviluppate e gestite efficacemente al fine di

migliorare la performance nel contesto lavorativo (Luthans, 2002). Una ta-

le inversione di tendenza ha costituito terreno fertile per lo studio di un co-

strutto relativamente nuovo, ossia il Work Engagement. Recentemente infatti, accanto al burnout classicamente studiato ne-

gli insegnanti (Byrne, 1999; Kyriacou, 2001) da più parti si è avvertita

la necessità di capire se esistesse una situazione opposta a questo fe-

nomeno, una sorta di stato positivo, che permettesse ai lavoratori di

sentirsi coinvolti nel proprio lavoro (Schaufeli e Salanova, 2008).

Il Work Engagement può essere definito come “uno stato mentale

positivo relazionato al lavoro e caratterizzato da Vigore (Vigor), Dedi-

zione al lavoro (Dedication) e Assorbimento nel lavoro (Absorption).

Più che ad una condizione specifica e momentanea, si riferisce ad uno

stato cognitivo-affettivo più persistente, non focalizzato esclusivamen-

te su un oggetto, un evento o una situazione particolare” (Schaufeli,

Salanova, Gonzáles-Romá e Bakker, 2002, pag. 74).

Così come l’esaurimento emotivo e la depersonalizzazione sono

considerate le dimensioni centrali della sindrome del burnout (Schau-

feli e Taris, 2005) il vigore e la dedizione sono considerate come le

componenti centrali dell’engagement (Schaufeli e Bakker, 2004) e co-

stituiscono concettualmente gli opposti delle due componenti del bur-

nout sopra citate.

10 D. GUGLIELMI, S. SIMBULA, M. DEPOLO

quel movimento più generale definito Positive Psychology (PoP) (Se-

ligman e Csikszentmihalyi, 2000). Tale approccio sta conoscendo una

crescente diffusione, anche per l'evidente vantaggio di focalizzarsi su-

gli antecedenti dei successi organizzativi e non solamente sugli effetti

negativi delle condizioni di lavoro. Vanno tuttavia prese in considera-

zione le recenti critiche di Hackman (2009), il quale sottolinea alcuni

limiti metodologici e concettuali dell'approccio PoP, in particolare per

quanto riguarda il rischio di una sovrastima del ruolo delle variabili di

livello individuale.

Il Work Engagement e le sue relazioni con il burnout I presupposti sopra esplicitati relativi alla PoP possono essere rintraccia-

ti anche all’interno della psicologia occupazionale positiva, declinabile

come studio e impiego delle risorse umane e delle capacità psicologiche

che possono essere misurate, sviluppate e gestite efficacemente al fine di

migliorare la performance nel contesto lavorativo (Luthans, 2002). Una ta-

le inversione di tendenza ha costituito terreno fertile per lo studio di un co-

strutto relativamente nuovo, ossia il Work Engagement. Recentemente infatti, accanto al burnout classicamente studiato ne-

gli insegnanti (Byrne, 1999; Kyriacou, 2001) da più parti si è avvertita

la necessità di capire se esistesse una situazione opposta a questo fe-

nomeno, una sorta di stato positivo, che permettesse ai lavoratori di

sentirsi coinvolti nel proprio lavoro (Schaufeli e Salanova, 2008).

Il Work Engagement può essere definito come “uno stato mentale

positivo relazionato al lavoro e caratterizzato da Vigore (Vigor), Dedi-

zione al lavoro (Dedication) e Assorbimento nel lavoro (Absorption).

Più che ad una condizione specifica e momentanea, si riferisce ad uno

stato cognitivo-affettivo più persistente, non focalizzato esclusivamen-

te su un oggetto, un evento o una situazione particolare” (Schaufeli,

Salanova, Gonzáles-Romá e Bakker, 2002, pag. 74).

Così come l’esaurimento emotivo e la depersonalizzazione sono

considerate le dimensioni centrali della sindrome del burnout (Schau-

feli e Taris, 2005) il vigore e la dedizione sono considerate come le

componenti centrali dell’engagement (Schaufeli e Bakker, 2004) e co-

stituiscono concettualmente gli opposti delle due componenti del bur-

nout sopra citate.

JOB DEMANDS-RESOURCES MODEL NEL CONTESTO SCOLASTICO 11

In particolare, il Vigore è caratterizzato da alti livelli di energia e

resilienza, dal desiderio di investire impegno nel proprio lavoro,

dall’abilità a non affaticarsi facilmente, anche quando si presentano

degli ostacoli che appaiono difficili da superare.

La Dedizione fa riferimento ad un elevato coinvolgimento nel pro-

prio lavoro, unito alla manifestazione di un sentimento di entusiasmo,

orgoglio, abnegazione e devozione per il lavoro.

Per spiegare una simile relazione concettuale, è stato proposto un

modello bidimensionale, costituito da attivazione (activation) e identi-

ficazione (pleasure); il continuum dell’attivazione, vede da una parte

l’esaurimento e dall’altra il vigore; l’identificazione, invece, è attra-

versata da disaffezione lavorativa e dedizione. L’engagement quindi

sarebbe caratterizzato da alti livelli di energia e una forte identifica-

zione con il lavoro, mentre il burnout sarebbe definito da bassi livelli

di energia uniti ad una mancanza di identificazione con il proprio la-

voro (Schaufeli e Bakker, 2004).

In linea con queste considerazioni, in questo studio solo le due

componenti centrali del burnout (esaurimento e depersonalizzazione) e

del work engagement (vigore e dedizione) sono state esaminate nelle

analisi effettuate.

Il Job Demands-Resources Model

Il Job Demands-Resources Model sostiene che benché ogni professio-

ne si contraddistingua per fattori di rischio specifici in rapporto al feno-

meno del burnout e del work engagement, questi possono essere classifi-

cati in due categorie di ordine superiore denominate richieste e risorse lavorative (job demands e job resources) che sono differentemente rela-

zionate a specifici outcomes, ed evocano due relativi processi psicologici

indipendenti. Pertanto il modello qui discusso si pone come griglia di let-

tura applicabile a qualsiasi tipo di attività lavorativa, indipendentemente

dalle particolari richieste e risorse in essa contemplate.

“Le job demands (JD) sono gli aspetti fisici, psicologici, sociali e

organizzativi che richiedono sforzi fisici e/o psicologici intensi e che

pertanto sono associati a certi costi fisiologici e/o psicologici. Sebbene

le job demands non siano necessariamente negative, esse possono di-

venire stressors nel momento in cui affrontare queste domande richie-

12 D. GUGLIELMI, S. SIMBULA, M. DEPOLO

de sforzi tali che i costi associati a tali sforzi sono talmente elevati da

suscitare risposte simili a depressione, ansia o burnout” (Demerouti et

al., 2001, pag. 501).

Nel presente studio, sono state considerate in particolare due specifi-

che job demands: il conflitto lavoro/famiglia e l’iniquità percepita. Il con-

flitto lavoro/famiglia è una forma di conflitto inter-ruolo nel quale le ri-

chieste di ruoli lavorativo e familiare sono incompatibili, cosicché la par-

tecipazione al ruolo o lavorativo o familiare è più difficile a causa della

partecipazione all’altro ruolo (Greenhaus e Beutell, 1985). Diversi studi

hanno dimostrato che esperire un simile conflitto tra l’ambito lavorativo e

quello familiare, può avere conseguenze negative per il benessere, come

burnout e depressione (Allen, Herst, Bruck e Sutton, 2000).

Relativamente all’iniquità, come è noto le persone cercano la reci-

procità nelle relazioni interpersonali e organizzative (Adams, 1965).

Quando percepiscono che la relazione non è equa (si pensi ad esempio

ad un insegnante nel suo rapporto con gli studenti o con i colleghi) si

sentono motivati a ristabilire l’equità (Schaufeli, 2006). Nel momento

in cui tale mancanza di reciprocità diviene cronica, è possibile che si

sviluppino vissuti di burnout (e.g., Farber, 1991; Van Horn, Schaufeli

e Enzmann, 1999).

“Le job resources (JR) si riferiscono a quegli aspetti fisici, psicologici,

sociali, od organizzativi del lavoro che riducono le domande del lavoro e

i costi psicologici e fisiologici associati; sono funzionali al raggiungimen-

to degli obiettivi di lavoro; stimolano la crescita, l’apprendimento e lo

sviluppo personale” (Demerouti et al., 2001, pag. 501).

Nel presente studio si è fatto particolare riferimento a due job re-

sources: la possibilità di sviluppo personale sul lavoro e l’influenza e

la partecipazione. Per quanto concerne le opportunità di sviluppo per-

sonale (es: possibilità di apprendimento sul lavoro), esse appaiono

particolarmente importanti per gli insegnanti italiani in quanto rappre-

sentano un’importante risorsa per fronteggiare i cambiamenti introdot-

ti recentemente dalle riforme del sistema scolastico (es. nuovi compiti

derivanti dall’autonomia delle scuole, valutazione della prestazione

del corpo docente). Per quanto riguarda il controllo sul lavoro, nume-

rosi studi dimostrano il legame tra la possibilità di esercitare

un’influenza sulle proprie decisioni lavorative e il work engagement

(Hakanen et al., 2006).

12 D. GUGLIELMI, S. SIMBULA, M. DEPOLO

de sforzi tali che i costi associati a tali sforzi sono talmente elevati da

suscitare risposte simili a depressione, ansia o burnout” (Demerouti et

al., 2001, pag. 501).

Nel presente studio, sono state considerate in particolare due specifi-

che job demands: il conflitto lavoro/famiglia e l’iniquità percepita. Il con-

flitto lavoro/famiglia è una forma di conflitto inter-ruolo nel quale le ri-

chieste di ruoli lavorativo e familiare sono incompatibili, cosicché la par-

tecipazione al ruolo o lavorativo o familiare è più difficile a causa della

partecipazione all’altro ruolo (Greenhaus e Beutell, 1985). Diversi studi

hanno dimostrato che esperire un simile conflitto tra l’ambito lavorativo e

quello familiare, può avere conseguenze negative per il benessere, come

burnout e depressione (Allen, Herst, Bruck e Sutton, 2000).

Relativamente all’iniquità, come è noto le persone cercano la reci-

procità nelle relazioni interpersonali e organizzative (Adams, 1965).

Quando percepiscono che la relazione non è equa (si pensi ad esempio

ad un insegnante nel suo rapporto con gli studenti o con i colleghi) si

sentono motivati a ristabilire l’equità (Schaufeli, 2006). Nel momento

in cui tale mancanza di reciprocità diviene cronica, è possibile che si

sviluppino vissuti di burnout (e.g., Farber, 1991; Van Horn, Schaufeli

e Enzmann, 1999).

“Le job resources (JR) si riferiscono a quegli aspetti fisici, psicologici,

sociali, od organizzativi del lavoro che riducono le domande del lavoro e

i costi psicologici e fisiologici associati; sono funzionali al raggiungimen-

to degli obiettivi di lavoro; stimolano la crescita, l’apprendimento e lo

sviluppo personale” (Demerouti et al., 2001, pag. 501).

Nel presente studio si è fatto particolare riferimento a due job re-

sources: la possibilità di sviluppo personale sul lavoro e l’influenza e

la partecipazione. Per quanto concerne le opportunità di sviluppo per-

sonale (es: possibilità di apprendimento sul lavoro), esse appaiono

particolarmente importanti per gli insegnanti italiani in quanto rappre-

sentano un’importante risorsa per fronteggiare i cambiamenti introdot-

ti recentemente dalle riforme del sistema scolastico (es. nuovi compiti

derivanti dall’autonomia delle scuole, valutazione della prestazione

del corpo docente). Per quanto riguarda il controllo sul lavoro, nume-

rosi studi dimostrano il legame tra la possibilità di esercitare

un’influenza sulle proprie decisioni lavorative e il work engagement

(Hakanen et al., 2006).

JOB DEMANDS-RESOURCES MODEL NEL CONTESTO SCOLASTICO 13

Generalmente le JD e le JR sono negativamente correlate e questo

significa che alte JD possono prevenire la mobilitazione di JR, mentre

alte JR possono ridurre le JD.

Esse possono evocare due processi differenti, ma al tempo stesso

collegati, che giocano un ruolo nello sviluppo dello strain e della moti-

vazione. Un processo energetico (detto anche health impairment pro-cess) nel quale elevate richieste esauriscono le risorse mentali e fisiche

dei lavoratori e possono pertanto portare al burnout, il quale a sua volta

ha un impatto negativo sul benessere e determinati outcomes compor-

tamentali. E un processo motivazionale nel quale le risorse incrementa-

no l’engagement, il quale a sua volta ha un impatto positivo sul benes-

sere e su certi esiti comportamentali (ad es: commitment organizzativo,

comportamenti di cittadinanza organizzativa). Le risorse sono viste co-

me probabili fattori che promuovono la motivazione estrinseca e/o in-

trinseca al lavoro perché necessarie ad affrontare le richieste e a rag-

giungere gli obiettivi. Burnout ed Engagement vengono pertanto ad es-

sere due mediatori del processo energetico e motivazionale.

Figura 1: Adattamento del Job Demands-Resources Model (Adattato da: Bakker

e Demerouti, 2007). Nota: CCO=Comportamenti di cittadinanza organizzativa

Work

Engagement Fattori

Protettivi

CCO

Fattori

Nocivi

Burnout Salute

Mentale

14 D. GUGLIELMI, S. SIMBULA, M. DEPOLO

Questo lavoro, in linea con la PoP, si basa sul Job-Demands Resour-

ces Model e fa riferimento ad una classificazione dei fattori di rischio

come stressor o domande lavorative di diversa natura. Oggigiorno infat-

ti dopo l’approvazione del nuovo decreto riguardante la prevenzione

della salute e della sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 81/2008), i fattori di ri-

schio psicosociale necessitano di un particolare monitoraggio anche se

non esiste ancora un consenso scientifico e professionale sulla loro de-

finizione e misurazione. Alla luce di queste considerazioni, è necessario

trovare strumenti adeguati per valutare questi fattori di rischio (Tabanel-

li et al., 2008). Nel presente lavoro, abbiamo operazionalizzato, in linea

con il modello considerato, i fattori psicosociali come job demands e

job resources. In particolare, abbiamo inteso le JD come fattori psicoso-

ciali nocivi e le JR come fattori psicosociali protettivi.

Metodo

Obiettivi e ipotesi

Sulla base della letteratura considerata, l’obiettivo generale di que-

sto lavoro è quello di definire se, nel contesto scolastico, i fattori di ri-

schio psicosociale influiscono sul benessere lavorativo attraverso la

considerazione simultanea sia dei fattori che possono essere definiti

“nocivi” rilevati attraverso le job demands e il processo che porta al

burnout e ad esiti negativi sulla salute da esso innescati, che dai fattori

psicosociali che possono essere definiti “protettivi” operazionalizzati

come job resources e il processo che porta a maggior engagement e

ad esiti positivi ad esso associati.

Nello specifico, si intende verificare il Job-Demands Resources

Model all’interno del contesto italiano testando le seguenti ipotesi:

H1: I fattori nocivi (conflitto lavoro/famiglia e iniquità percepita) hanno

un impatto sulla salute mentale attraverso la mediazione del burnout.

H2: I fattori protettivi (influenza e partecipazione e sviluppo perso-

nale sul lavoro) hanno un impatto sui comportamenti di cittadinanza

organizzativa (CCO) attraverso la mediazione del work engagement.

H3: Fattori nocivi e protettivi sono negativamente correlati.

Il modello ipotizzato è graficamente illustrato in Figura 1.

14 D. GUGLIELMI, S. SIMBULA, M. DEPOLO

Questo lavoro, in linea con la PoP, si basa sul Job-Demands Resour-

ces Model e fa riferimento ad una classificazione dei fattori di rischio

come stressor o domande lavorative di diversa natura. Oggigiorno infat-

ti dopo l’approvazione del nuovo decreto riguardante la prevenzione

della salute e della sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 81/2008), i fattori di ri-

schio psicosociale necessitano di un particolare monitoraggio anche se

non esiste ancora un consenso scientifico e professionale sulla loro de-

finizione e misurazione. Alla luce di queste considerazioni, è necessario

trovare strumenti adeguati per valutare questi fattori di rischio (Tabanel-

li et al., 2008). Nel presente lavoro, abbiamo operazionalizzato, in linea

con il modello considerato, i fattori psicosociali come job demands e

job resources. In particolare, abbiamo inteso le JD come fattori psicoso-

ciali nocivi e le JR come fattori psicosociali protettivi.

Metodo

Obiettivi e ipotesi

Sulla base della letteratura considerata, l’obiettivo generale di que-

sto lavoro è quello di definire se, nel contesto scolastico, i fattori di ri-

schio psicosociale influiscono sul benessere lavorativo attraverso la

considerazione simultanea sia dei fattori che possono essere definiti

“nocivi” rilevati attraverso le job demands e il processo che porta al

burnout e ad esiti negativi sulla salute da esso innescati, che dai fattori

psicosociali che possono essere definiti “protettivi” operazionalizzati

come job resources e il processo che porta a maggior engagement e

ad esiti positivi ad esso associati.

Nello specifico, si intende verificare il Job-Demands Resources

Model all’interno del contesto italiano testando le seguenti ipotesi:

H1: I fattori nocivi (conflitto lavoro/famiglia e iniquità percepita) hanno

un impatto sulla salute mentale attraverso la mediazione del burnout.

H2: I fattori protettivi (influenza e partecipazione e sviluppo perso-

nale sul lavoro) hanno un impatto sui comportamenti di cittadinanza

organizzativa (CCO) attraverso la mediazione del work engagement.

H3: Fattori nocivi e protettivi sono negativamente correlati.

Il modello ipotizzato è graficamente illustrato in Figura 1.

JOB DEMANDS-RESOURCES MODEL NEL CONTESTO SCOLASTICO 15

Partecipanti

La presente ricerca ha coinvolto 235 insegnanti di quattro scuole

Secondarie di I grado della regione Emilia-Romagna. Di questi la

maggior parte sono donne (86%) e sono coniugati (66%). Il 15% degli

insegnanti ha un’età inferiore ai 35 anni, il 28% ha un’età compresa

tra i 36 e i 45 anni, il 17% tra i 46 e i 50 anni e infine il 40% dei ri-

spondenti ha un’età superiore ai 50 anni. Inoltre, i partecipanti hanno

un’elevata anzianità lavorativa: infatti il 50% lavora nell’ammi-

nistrazione scolastica da oltre 20 anni. In media gli insegnanti coinvol-

ti nella ricerca lavorano 28.3 ore a settimana (DS=7.98).

Procedura Dopo aver ottenuto il consenso del Dirigente Scolastico di ciascuna

scuola coinvolta, il gruppo di ricerca ha avuto la possibilità di incontrare

gli insegnanti e di presentare così la ricerca durante un collegio dei do-

centi. I questionari sono stati quindi distribuiti ad un totale di 400 inse-

gnanti (tasso di risposta: 59%) ed è stata predisposta un’apposita urna

nell’Aula Insegnanti di ciascuna scuola in modo da assicurare

l’anonimato e la riservatezza delle risposte. La somministrazione è avve-

nuta per tutte le scuole verso la metà dell’anno scolastico.

Strumenti Fattori nocivi

Il Conflitto lavoro/famiglia, in cui ci si confronta con il tema relati-

vo alla possibilità di conciliare in maniera efficace il ruolo lavorativo

con quello familiare, è stato misurato tramite tre items (Guglielmi,

Paplomatas, Simbula e Depolo, 2009) misurati su una scala Likert a 5

punti (da 1=mai a 5=molto spesso). Un esempio di item è il seguente:

Le ansie e le preoccupazioni lavorative interferiscono con la mia pos-sibilità di soddisfare le richieste della mia famiglia.

L’Iniquità percepita è stata misurata tramite 5 items (Van-Yperen,

Hagedoorn e Geurts, 1996; versione italiana: Guglielmi, Paplomatas,

16 D. GUGLIELMI, S. SIMBULA, M. DEPOLO

Simbula e Depolo, 2009) calcolati su una scala a 5 punti (da 1=mai a

5=molto spesso). Esempio di item: Investo nel mio lavoro più di quan-to ricevo in cambio.

Fattori protettivi

Tre items, misurati su una scala a 5 punti (da 1=mai a 5=molto

spesso), sono stati utilizzati per misurare l’Influenza e partecipazione (Agervold e Mikkelsen, 2004; versione italiana: Guglielmi, Paploma-

tas, Simbula e Depolo, 2009) in cui si fa riferimento al fatto di poter

esercitare la propria influenza in particolare sulle decisioni che riguar-

dano la scuola nel suo complesso. Esempio di item: Posso esercitare un’influenza sulle scelte economiche, sulla pianificazione complessiva e sugli obiettivi generali della mia scuola.

La possibilità di Sviluppo personale sul lavoro è stata misurata con

5 items (Agervold e Mikkelsen, 2004; versione italiana: Guglielmi,

Paplomatas, Simbula e Depolo, 2009), su una scala Likert a 5 punti

(da 1=mai a 5=molto spesso). Un esempio di item è il seguente: Il mio lavoro mi da’ opportunità di sviluppo personale.

Burnout

Per misurare il Burnout sono state utilizzate le scale

dell’Esaurimento Emotivo e della Depersonalizzazione del Maslach

Burnout Inventory-Educators Survey (Maslach, Jackson e Schwab,

1996; versione italiana: Simbula e Guglielmi, 2009). La scala

dell’Esaurimento emotivo si compone di 9 items (es: Mi sento emoti-vamente sfinito dal mio lavoro), mentre la scala della Depersonalizza-

zione si compone di 5 items (esempio: Non mi importa veramente di ciò che succede ad alcuni studenti). Entrambe le scale sono state mi-

surate su una scala Likert a 7 punti (da 0=mai a 6=ogni giorno).

Work Engagement

Per misurare il Work Engagement, sono state utilizzate le scale del

Vigore (6 item; es: Nel mio lavoro mi sento pieno di energie) e della

Dedizione (5 item; es: Sono orgoglioso del lavoro che faccio)

16 D. GUGLIELMI, S. SIMBULA, M. DEPOLO

Simbula e Depolo, 2009) calcolati su una scala a 5 punti (da 1=mai a

5=molto spesso). Esempio di item: Investo nel mio lavoro più di quan-to ricevo in cambio.

Fattori protettivi

Tre items, misurati su una scala a 5 punti (da 1=mai a 5=molto

spesso), sono stati utilizzati per misurare l’Influenza e partecipazione (Agervold e Mikkelsen, 2004; versione italiana: Guglielmi, Paploma-

tas, Simbula e Depolo, 2009) in cui si fa riferimento al fatto di poter

esercitare la propria influenza in particolare sulle decisioni che riguar-

dano la scuola nel suo complesso. Esempio di item: Posso esercitare un’influenza sulle scelte economiche, sulla pianificazione complessiva e sugli obiettivi generali della mia scuola.

La possibilità di Sviluppo personale sul lavoro è stata misurata con

5 items (Agervold e Mikkelsen, 2004; versione italiana: Guglielmi,

Paplomatas, Simbula e Depolo, 2009), su una scala Likert a 5 punti

(da 1=mai a 5=molto spesso). Un esempio di item è il seguente: Il mio lavoro mi da’ opportunità di sviluppo personale.

Burnout

Per misurare il Burnout sono state utilizzate le scale

dell’Esaurimento Emotivo e della Depersonalizzazione del Maslach

Burnout Inventory-Educators Survey (Maslach, Jackson e Schwab,

1996; versione italiana: Simbula e Guglielmi, 2009). La scala

dell’Esaurimento emotivo si compone di 9 items (es: Mi sento emoti-vamente sfinito dal mio lavoro), mentre la scala della Depersonalizza-

zione si compone di 5 items (esempio: Non mi importa veramente di ciò che succede ad alcuni studenti). Entrambe le scale sono state mi-

surate su una scala Likert a 7 punti (da 0=mai a 6=ogni giorno).

Work Engagement

Per misurare il Work Engagement, sono state utilizzate le scale del

Vigore (6 item; es: Nel mio lavoro mi sento pieno di energie) e della

Dedizione (5 item; es: Sono orgoglioso del lavoro che faccio)

JOB DEMANDS-RESOURCES MODEL NEL CONTESTO SCOLASTICO 17

dell’Utrecht Work Engagement Scale (UWES, Schaufeli et al., 2002;

versione italiana: Simbula, Guglielmi, Schaufeli e Depolo, 2008). An-

che in questo caso, entrambe le scale sono state misurate su una scala

Likert a 7 punti (da 0=mai a 6=ogni giorno).

Outcomes

Per misurare la Salute Mentale è stato utilizzato il General Health

Questionnaire nella sua versione a 12 item (Goldberg, 1992; versione

italiana: Fraccaroli e Schadee, 1993). Tale scala misura la probabilità

in cui si manifestano problemi psichiatrici minori rilevando aspetti, tra

gli altri, come ansia, autostima, tensione, umore positivo o negativo e

stati d’animo depressivi. Si è fatto riferimento alla struttura bidimen-

sionale (Politi, Piccinelli e Wilkinson, 1994), confermata anche dalle

analisi esplorative e confermative condotte sull’insieme totale degli

items. I primi sei item (scala denominata Social Dysfunction; esempio

item: È stato in grado di concentrarsi sulle cose che faceva?) com-

prendono sentimenti e percezioni di autocompetenza e vengono misu-

rati su una scala Likert a 4 punti (da 0=più del solito a 3=molto meno

del solito) mentre i restanti sei item (scala denominata General Dy-sphoria; esempio item: Ha perso molto sonno per delle preoccupazio-ni?) indagano principalmente aspetti associati a stati depressivi e ven-

gono misurati su una scala Likert a 4 punti (in cui 0=no e 3=molto più

del solito). Pertanto elevati punteggi indicano un peggiore stato di sa-

lute mentale.

Per misurare i Comportamenti di cittadinanza organizzativa sono

state utilizzate e adattate al contesto scolastico due scale tratte dalla sca-

la italiana di cittadinanza organizzativa, curata da Perrone e Chiacchie-

rini (1999). La scala misura: virtù civica (4 items; esempio: Aiuto gli al-tri che hanno una gran quantità di lavoro da svolgere) e altruismo (4

items; esempio: Partecipo a riunioni che non sono obbligatorie, ma che sono considerate importanti). Entrambe le sottoscale sono state misura-

te su una scala Likert a 7 punti (da 1=non descrive per niente la mia si-

tuazione a 7=descrive completamente la mia situazione).

18 D. GUGLIELMI, S. SIMBULA, M. DEPOLO

Analisi dei dati Al fine di testare le ipotesi simultaneamente sono stati utilizzati i

modelli di equazioni strutturali con il metodo della massima verosimi-

glianza, tramite il software AMOS 5 (Arbuckle, 2003). La variabile

latente “fattori nocivi” è rappresentata da due indicatori osservati

(conflitto lavoro/famiglia e iniquità percepita). La variabile latente

“fattori protettivi” presenta anch’essa due indicatori, ossia influenza e

partecipazione e possibilità di sviluppo personale. Il burnout è stato

operazionalizzato con le dimensioni esaurimento emotivo e deperso-

nalizzazione, mentre il work engagement tramite le dimensioni vigore

e dedizione. Per quanto riguarda i due outcomes, la variabile latente

“salute mentale” si compone di due indicatori osservati (social

dysfunction e general dysphoria), così come la variabile latente “com-

portamenti di cittadinanza organizzativa” (altruismo e virtù civica).

Il fit complessivo del modello è stato valutato principalmente attra-

verso quattro indici: il χ², il Comparative Fit Index (CFI), il Non-normed Fit Index (NNFI) e il Root Mean Square Error of Approxima-tion (RMSEA).

Infatti, poichè il χ² risulta sensibile alla numerosità del campione e

al numero di variabili osservate, diversi autori suggeriscono di consi-

derare ulteriori indici come quelli sopra citati al fine di valutare la

bontà del modello (Bentler, 1990; Hu e Bentler, 1999).

Il CFI (Bentler, 1990) varia da 0 a 1 e, per convenzione, se superio-

re a .90 consente di accettare il modello indicando che almeno il 90%

della covarianza osservata è riprodotta dal modello. L’NNFI (Tucker e

Lewis, 1973) per essere accettabile deve essere anch’esso maggiore o

uguale a .90. Tuttavia alcuni autori suggeriscono dei criteri più restrit-

tivi e ritengono che, affinché il modello sia adeguato, tali indici deb-

bano essere uguali o superiori a .95 (Hu e Bentler, 1999).

Infine l’RMSEA (Root Mean Square Error of Approssimation) ha

valore pari a 0 quando il modello si adatta perfettamente ai dati e si

considerano indicatori di un buon adattamento valori compresi tra 0 e

0.05 sebbene siano accettati valori minori o uguali a .08 come indici di

un livello soddisfacente di adattamento (Steiger, 1990).

18 D. GUGLIELMI, S. SIMBULA, M. DEPOLO

Analisi dei dati Al fine di testare le ipotesi simultaneamente sono stati utilizzati i

modelli di equazioni strutturali con il metodo della massima verosimi-

glianza, tramite il software AMOS 5 (Arbuckle, 2003). La variabile

latente “fattori nocivi” è rappresentata da due indicatori osservati

(conflitto lavoro/famiglia e iniquità percepita). La variabile latente

“fattori protettivi” presenta anch’essa due indicatori, ossia influenza e

partecipazione e possibilità di sviluppo personale. Il burnout è stato

operazionalizzato con le dimensioni esaurimento emotivo e deperso-

nalizzazione, mentre il work engagement tramite le dimensioni vigore

e dedizione. Per quanto riguarda i due outcomes, la variabile latente

“salute mentale” si compone di due indicatori osservati (social

dysfunction e general dysphoria), così come la variabile latente “com-

portamenti di cittadinanza organizzativa” (altruismo e virtù civica).

Il fit complessivo del modello è stato valutato principalmente attra-

verso quattro indici: il χ², il Comparative Fit Index (CFI), il Non-normed Fit Index (NNFI) e il Root Mean Square Error of Approxima-tion (RMSEA).

Infatti, poichè il χ² risulta sensibile alla numerosità del campione e

al numero di variabili osservate, diversi autori suggeriscono di consi-

derare ulteriori indici come quelli sopra citati al fine di valutare la

bontà del modello (Bentler, 1990; Hu e Bentler, 1999).

Il CFI (Bentler, 1990) varia da 0 a 1 e, per convenzione, se superio-

re a .90 consente di accettare il modello indicando che almeno il 90%

della covarianza osservata è riprodotta dal modello. L’NNFI (Tucker e

Lewis, 1973) per essere accettabile deve essere anch’esso maggiore o

uguale a .90. Tuttavia alcuni autori suggeriscono dei criteri più restrit-

tivi e ritengono che, affinché il modello sia adeguato, tali indici deb-

bano essere uguali o superiori a .95 (Hu e Bentler, 1999).

Infine l’RMSEA (Root Mean Square Error of Approssimation) ha

valore pari a 0 quando il modello si adatta perfettamente ai dati e si

considerano indicatori di un buon adattamento valori compresi tra 0 e

0.05 sebbene siano accettati valori minori o uguali a .08 come indici di

un livello soddisfacente di adattamento (Steiger, 1990).

JOB DEMANDS-RESOURCES MODEL NEL CONTESTO SCOLASTICO 19

Risultati

Statistiche descrittive

La Tabella 1 presenta le statistiche descrittive (M e DS), le correla-

zioni e i valori di attendibilità (alpha di Cronbach) di tutte le variabili

prese in esame. L’attendibilità per tutte le scale va da .59 a .91, pertan-

to, eccetto per la scala della depersonalizzazione, tutti i valori dell’alfa

di Cronbach soddisfano la soglia di .70 (Nunnally e Bernstein, 1994).

Tabella 1. Statistiche descrittive, correlazioni e attendibilità (alpha di Cronbach)

per le variabili in esame (N=235).

Variabili M SD 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12

1. Esaurimento Emotivo 16.09 10.66 (.88)

2. Depersonalizzazione 2.60 3.23 .47** (.59)

3. Vigore 4.43 .86 -.42** -.39** (.84)

4. Dedizione 4.69 1.05 -.46** -.30** .78** (.91)

5. Conflitto Lavoro/Famiglia 2.16 .89 .56** .31** -.28** -.26** (.79)

6. Inequità 3.28 .94 .48** .24** -.25** -.35** .44** (.80)

7. Influenza/Partecipazione 2.75 .83 -.09 -.03 .32** .30** .03 -.13 (.81)

8. Sviluppo Personale 4.07 .75 -.43** -.32** .63** .78** -.31** -

.35** .30** (.86)

9. Social Dysfunction 1.04 .35 .30** .19** -.30** -.36* .19** .13* -

.25**

-

.34** (.85)

10. General Dysphoria .68 .59 .64** .42** -.31** -.33** .54** .33** -.13 -

.34** .40** (.85)

11. Altruismo 5.12 1.07 -.06 -.13 .39** .38** -.10 -.04 .18** .35** -.13* -.03 (.79)

12. Virtù civica 5.07 1.22 -.06 -.20** .37** .38** -.02 -.10 .35** .33** -

.18** -.07 .53** (.80)

Note: **p<.01; *p<.05

Come si può notare, i fattori nocivi (conflitto lavoro/famiglia e ini-

quità) correlano in maniera significativamente positiva con il burnout

e la salute mentale, mentre correlano in maniera negativa con entram-

be le scale del work engagement. Non si evidenziano correlazioni si-

gnificative tra tali fattori e le scale dei comportamenti di cittadinanza

organizzativa.

I fattori protettivi (influenza e partecipazione e sviluppo personale),

viceversa, mostrano correlazioni significativamente positive con il

20 D. GUGLIELMI, S. SIMBULA, M. DEPOLO

work engagement e con i comportamenti di cittadinanza organizzativa.

Inoltre, la scala dello sviluppo personale correla in maniera negativa

con entrambe le scale del burnout e della salute mentale, mentre la

scala dell’influenza e partecipazione correla negativamente soltanto

con la sottoscala della social dysfunction.

Analisi dei risultati: verifica del modello

Il modello ipotizzato è stato sottoposto a verifica, seguendo la pro-

cedura suggerita da Baron e Kenny (1986) relativa all’analisi di me-

diazione. Innanzitutto, è stato testato l’impatto dei fattori nocivi sulla

salute mentale e dei fattori protettivi sui comportamenti di cittadinan-

za organizzativa (M1). In questo modello il burnout e il work enga-

gement non sono stati inclusi nelle analisi. Il coefficiente standardiz-

zato del path diretto dai fattori nocivi alla salute mentale è pari a .73

(p<.001), mentre il path diretto dai fattori protettivi ai comportamenti

di cittadinanza organizzativa è di .47 (p<.001). Pertanto, ciò dimostra

che esiste una relazione statisticamente significativa tra i predittori e

gli outcomes, prerequisito affinchè la mediazione possa esistere (Ba-

ron e Kenny, 1986). Nel secondo modello (M2) sono stati inseriti en-

trambi i mediatori (burnout e work engagement). Come si può notare

dalla Tabella 2, i risultati rivelano un adeguato fit dei dati al modello.

Infine, è stato confrontato il modello M2 (mediazione totale) con un

altro modello di mediazione parziale (M3) in cui sono stati inseriti ri-

spettivamente anche i paths diretti dei fattori nocivi sulla salute men-

tale e dei fattori protettivi sui comportamenti di cittadinanza organiz-

zativa.

I risultati mostrano come l’inserimento dei paths diretti non miglio-

ra il fit del modello ( Δχ2 (df=2) =.008, p=ns). In linea con questo ri-

sultato, da un’analisi del file di output emerge che la relazione diretta

tra i fattori nocivi e la salute mentale, così come quella tra i fattori

protettivi e i comportamenti di cittadinanza organizzativa non sono

più significative (rispettivamente γ= .04, p=ns; γ= .02, p=ns) quando

vengono inseriti entrambi i mediatori (burnout e work engagement).