Volontari per lo Sviluppo

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Migranti in sciopero Yemen terra promessa Cantieri di cooperazione Africa web 2.0 IL MARABOUT IMPRENDITORE Sviluppo e spiritualità secondo l’Islam V p S Volontari per lo sviluppo La rivista di chi abita il mondo Poste Italiane S.p.A. - Sped. in abb. post. DL. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 1 CNS/CBPA/TORINO - marzo 2010 - anno XXVII - foto: Francesco Laera

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La rivista di chi abita il mondo

Transcript of Volontari per lo Sviluppo

Migranti in sciopero Yemen terra promessa Cantieri di cooperazione Africa web 2.0

IL MARABOUT IMPRENDITORESviluppo e spiritualità secondo l’Islam VpS

Volontari per lo sviluppoLa rivista di chi abita il mondo

Poste Italiane S.p.A. - Sped. in abb. p

ost. DL

. 353/2003 (conv. in L. 2

7/02/2004 n.46) a

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VII - foto: Francesco Laera

IN PRIMO PIANO8 IMMIGRATI A MUSO DUROGli scioperi degli immigrati nei paesi del Nord

VOCI DAL SUD16 IN CORSA PER I SAHARAWIMaratona solidale nel deserto algerino

19 NEMICI-AMICIIsraeliani e palestinesi uniti in un’associazione

COOPERAZIONE37 LO SVILUPPO E’ DENTRO DI SE’Quando mistica e crescita economica vanno a braccetto

40 CINEMA AFRICANO PER TUTTIIl festival del Coe a Milano

IL PERSONAGGIO47 LADY MEDIA KABULUn’afgana alla direzione di un network di media

PERCORSI PIONIERI50 AFRICA ON LINELa rivoluzione digitale dei giovani attivisti

PERCORSI EDUCATIVI53 GENITORI NEL MONDO GLOBALESu VpS i consigli di un esperto pedagogista

VpSn.02/2010

Reportage e notizie daicinque continenti,

progetti di solidarietà,proposte di turismoalternativo, consumocritico e molto altro

volontariperlosviluppo.it

Rubriche6 @ Volontari13 Da non perdere14 Mondo news28 Volontari cercasi43 Osservatorio cooperazione44 Altroturismo46 Attivati56 Multimedia58 La terra che vorrei59 Il mondo in pellicola60 Cose buone dal mondo62 L’esperto risponde

Benvenuti Amici dei Popoli!

VpSLarivistadichiabitailmondo

Da quest’anno si unisce al gruppo editoriale VpS l’ong Amici dei Popoli, con sede centrale a Bologna,

che dal 1974 realizza progetti di sviluppo nel Sud del mondo, specializzandosi soprattutto nella crea-

zione di infrastrutture e opere pubbliche, e negli interventi di formazione e reinserimento familiare,

scolastico e professionale per ragazzi di strada. Oggi AdP è presente in Rwanda, Repubblica

Democratica del Congo, Burundi, Argentina e Uruguay. Oltre ai progetti di sviluppo, l’ong si impegna

da sempre nel sensibilizzare l’opinione pubblica del Nord circa il mancato sviluppo di tanti paesi, gli

squilibri economici che ne sono alla base e il ruolo della società civile e dei singoli cittadini. In que-

st’ottica di promozione dell’informazione sul territorio italiano si colloca la nuova collaborazione di

Amici dei Popoli con VpS. Certi che il loro apporto contribuirà ad arricchire di idee e stimoli nuovi la

rivista, e in attesa di lavorare insieme proficuamente, auguriamo loro il più caloroso benvenuto!

Reportage

Dossier

22 Bosaso-Aden sola andata

29 Cantieri di cooperazione

50 mila profughi l’anno sbarcano in Yemen

I campi di lavoro Ibo, un trampolino per lavorare al Sud

20 marzo. Ore 00.01. È il caos, anzi la paralisi. I cantieri edili si fermano di colpo. Chiudono le fabbriche. Si raffreddano iforni a ciclo continuo nelle aziende di ceramica. Vuoti i mercati ortofrutticoli. Chiusi ristoranti, alberghi e pizzerie. Tra lefamiglie si scatena il panico: scompaiono badanti, colf e baby-sitter. È boom di ricoveri d’anziani e di disabili negli ospedali.La sanità è in tilt. Si fermano i campionati di calcio, basket e pallavolo. Molte parrocchie restano senza preti. Tremano lecasse dell’Inps. Nessuno se lo aspettava: “Blacks Out” – lo sciopero degli immigrati – avrebbe paralizzato il paese.Qualcuno se lo è immaginato prima che accadesse. Vladimiro Polchi, autore televisivo e teatrale, ci ha addirittura scrittoun libro, “Blacks Out”, edito da Laterza, nel quale racconta una giornata senza immigrati: lui che si alza e trova l’edicolachiusa, entra nel bar e non sono arrivati i cornetti, deve occuparsi della madre rimasta senza assistenza, e via così finoalla sera, cercando di capire cosa è successo a quella parte del paese che contribuisce a far funzionare le cose.

Scioperi epocaliIl passo dalla finzione alla realtà, in questo caso, è davvero breve. In Europa a fare da apripista è la Francia: lo scorsonovembre un comitato organizzatore presenta manifesti dal titolo “24 heures sans nous”. Gli immigrati indicono unosciopero e la data scelta è il primo marzo. Proprio quando il ministro dell’Immigrazione Besson invita i francesi a recarsiin prefettura proclamandosi orgogliosi della propria “francesità”, i nuovi cittadini (bianchi, neri, magrebini) decidono didire con i fatti ciò che dovrebbe essere evidente: senza di noi il paese non va avanti. L’idea attecchisce in Italia, dove il 17gennaio nasce ufficialmente il “Comitato primo marzo” dopo che le quattro organizzatrici, due italiane e due immigrate,hanno radunato su Facebook un gruppo di oltre 35 mila sostenitori.Secondo l’Eures se tutti i quattro milioni e mezzo di immigrati che vivono in Italia incrociassero le braccia si avrebbe unaparalisi di molti settori chiave, a partire dal quello dei servizi alle famiglie (dove gli stranieri sono oltre il 67%), scriveVladimiro Polchi nella parte “seria” e super documentata del suo libro. In Italia almeno 300 mila famiglie ricorrono quoti-dianamente all’aiuto di una colf o una badante straniera. Gli immigrati sono decisivi anche in agricoltura e pesca (20,9%della forza lavoro), edilizia (19,7%), alberghi e ristoranti (20,9%), l’industria conciaria (15,7%), quella meccanica (14,6%) epiù in generale l’industria nel suo complesso. Questo se ci si limita a considerare il lavoro regolare. Perché, tra lavoronero e sfruttamento degli irregolari, le quote sono ben più alte, soprattutto tra i braccianti agricoli. Basta andare nellapiana di Gioia Tauro durante la raccolta delle arance, in Sicilia nel periodo della vendemmia, nei campi dove si coltivano ipomodori in Puglia.

La parola agli organizzatori«I fatti di Rosarno sono accaduti dopo la nostra proposta di organizzare lo sciopero degli immigrati anche in Italia» diceStefania Ragusa, del comitato promotore. «Ma non c’è dubbio che quanto accaduto in Calabria rende ancora più evidenteil fatto che è arrivato il momento di affrontare alcuni nodi. Il nostro gruppo su Facebook e i comitati che abbiamo costi-tuito sul territorio sono composti da stranieri e italiani insieme, per il semplice fatto che rappresentano uno spaccatoreale della nostra società. Ciò che ci ha sorpreso è il riscontro immediato che abbiamo avuto dalle persone dopo il lancio

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Immigrati a muso durodi Emanuela Citterio

Ha cominciato la comunità ispanica negli Stati Uniti nel 2006, poi i lavoratori stranierifrancesi l’anno passato e adesso le migliaia di cittadini provenienti da paesi lontani inItalia. Gli scioperi degli immigrati nei paesi del Nord del mondo si fanno sempre più fre-quenti. Per ribadire con i fatti che questi paesi ormai non possono più fare a meno diloro. E rivendicare maggiori diritti e più attenzione alla loro situazione.

In primo piano

Quattro milioni e mezzo di lavoratori immigrati regolari chiedono più giustizia nel nostro paese:il 67% degli impiegati nei servizi alla persona, 20,9% in agricoltura e pesca, 19,7% in edili-zia, 20,9% nell’alberghiero, 15,7% nell’industria conciaria, 14,6% in quella meccanica.

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della proposta, e soprattutto dopo Rosarno».«Se ho una carta di soggiorno, ovvero un documento che mi permette di stare in questo paese per tutta la mia vita, noncapisco perché i miei figli, nati qua, non possono avere la cittadinanza italiana» dice un’altra delle quattro promotricidello sciopero, Daimarely Quintero. Di origine cubana, è in Italia dal ’95 e lavora per la Cisl. «I minori figli di immigratisono i nuovi cittadini di domani, quindi ci dovrebbe essere tutto l’interesse a farli sentire tali sin dalla nascita».Cittadinanza, diritti del lavoro, ma anche la questione dei tempi di rilascio del permesso di soggiorno sono tra i primiobiettivi del comitato italiano. «Il primo marzo sarà solo l’inizio di un percorso di richieste politiche» afferma StefaniaRagusa. «Non è accettabile che le persone debbano aspettare un anno e mezzo per avere in mano un documento scadu-to. Partiremo da queste priorità, dalla burocrazia che rende difficile la vita agli immigrati, fino a rivendicare la necessitàdi cambiare la legge Bossi-Fini e il pacchetto sicurezza, norme che come si è visto non funzionano, anzi creano clandesti-nità».Lo sciopero del primo marzo ha un valore soprattutto simbolico, spiega Ragusa: «Serve a dare un segnale forte, a farcapire quanto sono importanti gli immigrati nella nostra società». Per chi non può astenersi dal lavoro sono previstetutta una serie di alternative: astenersi dagli acquisti, non mandare soldi a casa, non fare telefonate. Insomma, fermarsicomunque. In qualsiasi modo, per un giorno. Nella storia dell’immigrazione c’è un precedente di successo. Negli StatiUniti nel maggio 2006 un gruppo di ispanici organizzò una protesta analoga. Volevano contestare un progetto di leggeche intendeva criminalizzare l’immigrazione clandestina. Per un giorno non sono andati a lavorare, e neanche a consu-mare, sono rimasti a casa. Una giornata morta.

I fatti di Rosarno sono accaduti dopo la proposta di organizzare lo sciopero degliimmigrati. Segno che è arrivato il momento di affrontare alcuni nodi

11In primo piano

L’analisiIl primo marzo è una data da ricordare? Ha segnato un nuovo protagonismo dei cittadini immigrati in Italia? «Il protagonismodegli immigrati in Italia c’è già» afferma Giuseppe Sciortino, uno dei maggiori esperti di immigrazione in Italia, che da qualchemese si trova negli Stati Uniti per un anno di ricerca all’Università di Yale. «Nel sindacato molti immigrati fanno ormai partedella classe dirigente. La battaglia per la cittadinanza è condotta dagli immigrati, soprattutto di seconda generazione, ovveroquelli nati in Italia, che hanno una prospettiva e progetti di vita diversi dagli immigrati di prima generazione, che si sentonoitaliani a tutti gli effetti e magari hanno rapporti inesistenti o conflittuali con la patria d’origine dei genitori».Le sfide in Italia sono altre, secondo Sciortino: «La mobilità sociale, la qualità del sistema educativo, il riconoscimento dellapresenza culturale degli immigrati sul nostro territorio». «Serve soprattutto una prospettiva di lungo periodo» sottolinea. «InItalia la fase di gestione dell’emergenza c’è stata, ora bisogna affrontare un fenomeno che è diventato stabile e parte inte-grante della nostra società usando strumenti diversi». «Per esempio ci dimentichiamo che un quinto degli stranieri presenti inquesto momento in Italia è a scuola. Sono bambini e giovani: optare oggi per un forte investimento educativo su di lorosignifica risparmiare in futuro». Un altro nodo fondamentale da affrontare, afferma Sciortino, è «l’economia sommersa, cherappresenta in Italia un quarto del mercato del lavoro. Una specie di buco nero che attrae l’irregolarità, lo sfruttamento e ilconflitto. Il caso di Rosarno dimostra che non si può gestire il fenomeno migratorio se manca il controllo del territorio. Inalcune situazioni, per farla breve, vale di più un ispettore del lavoro che dieci poliziotti. Ci sono paesi che l’hanno capito: laFrancia, gli Usa e anche la Spagna. Negli Stati Uniti una delle condizioni poste dal Congresso all’approvazione di una nuovasanatoria è che siano previste sanzioni agli imprenditori che assumono in nero».

In queste pagine: immigrati al lavoro in diversi ambiti d’attività: dalla raccolta dei pomodori in Puglia all’edilizia, dal facchinaggio alla cura degli

anziani. In Italia si calcola che almeno 300 mila famiglie ricorrano quotidianamente all’aiuto di colf o badanti straniere. (foto: Bilderberg)

I fantasmi di RosarnoLo scorso anno a Rosarno i braccianti italiani iscritti all’Inps risultavano essere 1.600, quelli extracomunitari appena 36.Numeri analoghi nei comuni limitrofi. A Gioia Tauro dichiaravano 600 lavoratori agricoli italiani e solo 19 immigrati. «Eppureper vedere le migliaia di immigrati africani al lavoro bastava andare nei campi» afferma Tiziana Barillà, dell’OsservatorioAfricalabria, nato nel 2008 dopo il ferimento di due giovani ivoriani che si erano ribellati al racket che gestiva la raccolta dellearance. Rosarno non sa cosa siano gli ispettori del lavoro: «Qui non si sono mai visti» dice Barillà, «vige un sistema che si basasul fatto che non ci sono controlli. Le condizioni di vita dei lavoratori immigrati a Rosarno, associazioni come Caritas, Medicisenza frontiere e il nostro osservatorio le denunciano da anni. Evidentemente le cose non sono cambiate perché c’è un inte-resse economico: si tratta di una massa incredibile di persone che rappresentano una forza lavoro che costa pochissimo.Bisogna vedere chi è a trarne vantaggio. Secondo il nostro osservatorio non sono i piccoli agricoltori o il mercato della fruttada banco ma la grande industria agroalimentare». «Il timore più grande è che Rosarno diventi un precedente in Calabria»afferma Tiziana Barillà. «Ci sono luoghi con le stesse caratteristiche che sono delle polveriere, da Foggia a Castelvolturno. ARosarno si sono incrociati due elementi pericolossissimi: la cultura della violenza diffusa dalla n’drangheta e la xenofobia.Non bisogna dimenticare che Rosarno conta 400 affiliati alla n’drangheta su 15 mila abitanti. Il comune è stato sciolto permafia e tutti quelli dei paesi vicini sono sotto commissariamento. Speriamo che la voce di tante persone che cercano dicostruire modelli di convivenza diversi si faccia sentire».

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Non capisco perché i miei figli, nati qua, non possono avere la cittadinanza italia-na. I minori figli di immigrati sono i nuovi cittadini di domani

Minicorsi su rac-colta fondiLa Scuola di fund rai-sing di Roma proponevari laboratori per chivuole approfondire leproprie conoscenzenell’ambito della rac-colta fondi. Lunedì 15marzo si svolgerà ilworkshop “Networkfund raising”, dedica-to alla creazione e svi-luppo di reti socialicome base per la rac-colta fondi. Venerdì 19marzo, invece, si trat-terà il tema “Farefund raising con lefondazioni filantropi-che”.Info: www.scuolafun-draising.it

AutocostruzionesostenibileLa Scuola di pratichesostenibili del Parcoagricolo sud di Milanopropone, all’internodel corso annuale dipermacultura, unmodulo sull’autoco-struzione. Il 20 e 21marzo si parlerà dicome realizzare unedificio sano, energe-ticamente sostenibilee piacevole da vivere.Verranno illustrati iprincipali criteri del-l’architettura bio-sostenibile e presenta-ti alcuni strumentiutili al recupero di edi-fici esistenti e allarealizzazione di piccolecostruzioni.Info: www.scuoladi-pratichesostenibili.it

Volontariato perl’infanzia“Aiutare i bambini”promuove vari modulidi formazione perfuturi volontari. AMilano, il 20 e 21marzo, si terranno dueincontri: “Culture del-l’infanzia”, sullemodalità di interventoe relazione con i bam-bini, e “Laboratorio dieducazione allo svi-luppo”, per organizza-re momenti di incontropresso scuole e altrerealtà sui temi dellacooperazione e dellasolidarietà.Info: www.aiutarei-bambini.it

Pratiche di guari-gioneTra gli incontri pro-mossi dal Centrointerculturale di Torinosegnaliamo, il 24marzo alle ore 18, l’in-contro-dibattito“Pratiche di guarigio-ne”, organizzato inoccasione dell’inaugu-razione dell’omonimamostra, a cura diMamre onlus, costitui-ta da foto e video ededicata alla medici-na tradizionale africa-na (Nigeria, Marocco eUganda). Sarà presen-te Francesca VallarinoGancia, etnopsicotera-peuta e direttore delCentro Mamre.Info:www.comune.torino.it/cultura/intercultura.it

Il Tavolo nazionaledella Rete di economiasolidale propone uncorso per gli animatoridelle reti locali, chesono ormai una realtàin tutta Italia. Dal 19al 21 marzo si svolge-rà a Como il moduloincentrato sul tema“Potere, comunicazio-ne, governance deiprocessi” (prenderedecisioni, condividere isaperi, gestire i grup-pi). Un altro modulo siterrà a Vicchio (Fi) dal7 al 9 maggio, con iltitolo “Condividere lepratiche, creare unamemoria condivisa,apprendere dalleesperienze”.Info:www.retecosol.org

Da non perdere a cura di Elena Poletti

Facciamo la cosa giustaTorna a FieraMilanoCity, il 12-14 marzo, Fa’la cosa giusta!, fiera del consumo criticoe degli stili di vita sostenibili. Stand, seminari e incontri per saperne di più sull’eco-nomia solidale. Novità di quest’anno: una sezione dedicata all’abbigliamento (criticalfashion) e una sulla cura degli spazi verdi (dal davanzale al guerrilla gardening).Nella fiera si svolgerà anche la “Scuola di Alt(r)a Amministrazione”: due giorni distudio di buone pratiche per le amministrazioni locali.Info: www.falacosagiusta.org

Reti & solidarietà

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BOSASO - ADEN SOLA ANDATATesto e foto di Matteo Fraschini Koffi da Mayfa

Reportage

Tornato alla ribalta per gli attentati di Al Qaeda, lo Yemen è uno dei paesi più instabili del MedioOriente. Eppure oltre 50 mila profughi all’anno attraversano il Golfo di Aden per raggiungerlo da tuttoil Corno d’Africa, in cerca di una vita migliore.

Hassan, somalo sui 50 anni, ha il corpo ossuto e lo sguardo deciso. Si capisce da come parla che ha

visto molto nella vita. Gli lascio finire il piatto di pane e fagioli che ha davanti. Sono due giorni che non

mangia, non beve e non dorme, navigando le acque del Golfo di Aden con più di 100 persone su una

barca strapiena, e rischiando la pelle per arrivare in Yemen, tra le mete più ambite dai migranti del

Corno d’Africa e uno dei paesi più instabili del Medio Oriente. A nord è in corso una ribellione combat-

tuta dal 2004 dagli Houthi, gruppo sciita che pretende dal governo di Ali Abdullah Saleh maggiore rico-

noscenza. I bombardamenti yemeniti e statunitensi alla fine dell’anno scorso hanno provocato decine

di morti e una gran massa di rifugiati, spesso irraggiungibili da stampa e organizzazioni umanitarie. A

sud invece si intensifica la presenza di Al Qaeda, che va reclutando numerosi adepti. Lo prova l’attacco

terroristico all’ambasciata Usa a settembre 2008, e la chiusura per qualche giorno a inizio gennaio

dell’ambasciata americana, francese e britannica per le minacce degli estremisti islamici. Hassan però,

al contrario dei suoi compagni di viaggio, non è in cerca di una vita migliore in Yemen o in Arabia

Saudita. Non ha attraversato il golfo per lasciare per sempre la Somalia. Lo scopo del suo arrivo è più

semplice: le medicine. «Nel mio villaggio non ne abbiamo più» dice, «non solo per la mia famiglia, ma

anche per altri membri del clan. Questa volta, la terza, sono venuto solo con l’intenzione di tornare in

Somalia con le medicine, io stesso ho problemi di stomaco».

TRAVERSATA DELLA DISPERAZIONENel centro d’accoglienza di Mayfa, cittadina a qualche km a est della costa yemenita cui si può arriva-

re solo con la scorta di agenti della polizia locale, l’ong italiana Intersos, in stretto coordinamento con

l’Alto commissariato per i rifugiati dell’Onu (Acnur), lavora per il monitoraggio dei rifugiati del Corno

d’Africa che arrivano in Yemen. «Ci sono gli ospedali, ma non buoni, e tutti i medici hanno lasciato il

paese» continua Hassan. «Qui sono il più vecchio. Molti di questi giovani hanno ricevuto un’istruzione

o hanno dei business, ma si sono sentiti costretti a lasciare la Somalia per la guerra. Io invece devo

andare a Mukallah, poi torno a casa». La prima volta che ha fatto questo viaggio Hassan ha pagato 400

$ Usa per dieci giorni su una nave che da Bosaso (capitale commerciale e portuale del Puntland, regio-

ne semi autonoma a nord della Somalia, ndr) raggiungeva Mukallah, cittadina portuale dello Yemen. «È

la via legale», afferma con un sorriso amaro, «ma stavolta non avevo abbastanza soldi, così ho scelto

la via illegale. Sono arrivato questa mattina, ma non è stato facile. La marina militare, per arrestare i

cinque trafficanti armati che ci trasportavano, ha iniziato a sparare e ci hanno buttato in acqua. Molti

di noi sono dispersi, probabilmente morti». Secondo la polizia locale, tra i 3 e i 5 mila rifugiati aspetta-

no di attraversare il golfo da Bosaso. Sono stati 322 i morti durante la traversata da gennaio a settem-

bre di quest’anno, con 924 imbarcazioni e 46.700 immigrati che hanno raggiunto lo Yemen in fin di

vita. Il viaggio costa 120-150 $ Usa, pagati ai trafficanti, di solito tre per imbarcazione, armati di coltelli

e pistole per mantenere la disciplina in alto mare. Vicino alla riva, per via del pattugliamento della guar-

dia costiera yemenita, gli immigrati vengono buttati in acqua, e se riescono a raggiungere la spiaggia

vengono caricati sui camion di un’organizzazione umanitaria locale che, in un paio d’ore, li porta al

centro di Mayfa. Ma per la maggior parte di loro lo Yemen è solo un luogo di passaggio.

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In queste pagine:

immagini del campo

profughi di Kharaz; i

rifugiati somali vengono

condotti qui

direttamente dai camion

dell’Acnur, mentre gli

altri (eritrei ed etiopi)

devono arrangiarsi con

mezzi pubblici o a piedi.

Sono stati 322 i morti durante la traversata del Golfo da gennaio a settembre di quest’an-no, con 924 imbarcazioni e 46.700 immigrati che hanno raggiunto lo Yemen in fin di vita

25Reportage

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DA TUTTO IL CORNO D’AFRICAOltre ai somali, ci sono immigrati in arrivo dalle aride aree dell’Etiopia che ogni anno mietono vittime e

sono in perenne bisogno di aiuti umanitari. Altri vengono dall’Eritrea, il cui regime sembra isolarsi sem-

pre più dalla comunità internazionale. Da inizio anno, secondo l’Acnur, sono più di 50 mila i migranti e

quasi mille le imbarcazioni che hanno raggiunto lo Yemen. «Questa sera non finiremo presto» dice

Marco Procaccini, profiling officer per Intersos, ong che da anni assiste anche centinaia di migliaia di

sfollati a Jowhar, in Somalia centrale. «Sono venuti in tanti, dovremo lavorare fino a notte inoltrata».

Il centro di Mayfa attraversa periodi di grande affollamento, soprattutto tra agosto e ottobre. Non si

hanno stime precise, ma le agenzie umanitarie registrano e intervistano tutte le persone che passano

dal centro: «Non sono riuscita a salvarla» ripete allo staff di Intersos Asha, somala sui 30 anni, pensan-

do alla sorella, «ho cercato di afferrarle la mano, ma le onde erano troppo forti e nella barca nessuno

mi ha aiutato. L’ho vista portar via dalla corrente». Asha, essendo somala, come la maggior parte di

quelli che attraversano il Golfo di Aden, ha diritto allo status di rifugiata “prima facie” in Yemen. Ma il

processo è diverso per suo marito, un degli Oromo, comunità che vive nell’omonima regione etiope.

Mentre è possibile fare il viaggio da Mayfa a Kharaz, dove è allestito un campo di rifugiati che ospita

più di 14 mila persone, sui camion dell’Acnur che verso le quattro di mattina trasportano unicamente i

somali fino a destinazione, per il resto delle comunità immigrate è diverso. I non-somali, eritrei ed etio-

pi soprattutto, hanno 10 giorni dalla registrazione a Mayfa per raggiungere un ufficio Acnur ad Aden o

Sanaa con i mezzi pubblici o a piedi, e chiedere lo status di rifugiato.

RAGIONI NOBILILe storie dei migranti del Corno d’Africa non sono solo tragiche però. Come nel caso di Ahmed e

Mohamed, cugini originari di Mogadiscio: «Io sono qui per ritrovare Ayaan, mia moglie» spiega sorri-

dente Mohamed, «per questioni familiari ci siamo sposati in segreto, così lei ha deciso di trasferirsi in

Yemen, e qualche settimana fa mi ha telefonato dicendo che sta bene e mi aspetta». Ma perché il

cugino è con lui? «Come vede io non posso camminare per colpa della mia gamba che mi costringe a

usare un bastone. Ahmed capisce le mie ragioni e ha deciso di accompagnarmi, spesso mi porta sulla

schiena». Ahmed dà una pacca alla spalla di Mohamed e lo prende in giro, dicendo che per colpa sua

ha bevuto tanta acqua nell’aiutarlo a scendere dalla barca. «Ma è mio cugino» conclude Ahmed, «e il

suo viaggio ha una ragione nobile».

27Reportage

Il campo profughi di Kharaz ospita più di 14 mila persone, ma solo i somali sonoportati a destinazione, gli altri devono arrivarci con mezzi propri

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AAA volontari cercasi

InformarVI il servizio informativo di Volontari nel mondo – FOCSIV, gestisce la ricerca di risorse umane per attività dicooperazione internazionale attraverso un’apposita Banca Dati Volontari Internazionali. Ad essa è collegato il Servizio Selezionedei candidati Volontari Internazionali della Federazione. Info: tel. 06/6876706 - www.focsiv.it

Codice: 180/09COORDINATORESEDEDove: UgandaDurata: 1 anno rinno-vabileDisponibilità: imme-diataRuolo: coordinare leattività dei progetti incorso, rappresentarel’organizzazione nelpaese, curando i rap-porti istituzionali conle autorità locali,donatori e agenzieinternazionali.Requisiti: almeno 10anni di esperienzaprofessionale ingestione di progetti neipvs con ong, ottimaconoscenza della lin-gua inglese.Contratto: privatoInfo: tel. 06/6876706E-mail:[email protected]

Codice: 181/09VETERINARIO/AGRONOMODove: MaliDurata: 1 anno e 6mesiDisponibilità: imme-

diataRuolo: responsabileprogetto, coordina-mento, amministrazio-ne degli interventi pre-visti, appoggio tecnicoai partner del progetto.Requisiti: competenzesul settore zootecniconei pvs, ottima cono-scenza della linguainglese, buona cono-scenza della linguafrancese.Contratto: privatoEnte finanziatore: UeInfo: tel. 06/6876706E-mail:[email protected]

Codice: 100/10COORDINATOREPROGETTO FOODFACILITYDove: Etiopia Durata: 2 anniDisponibilità: imme-diataRuolo: capacitàgestionali e ammini-strative/procedurali,supervisione e coordi-namento delle attivitàdello staff, capacità dimediazione con par-tner e istituzioni.Requisiti: laurea inscienze agrarie, agro-business e simili,almeno 3 anni di coor-dinamento di pro-grammi di sicurezzaalimentare, conoscen-za della lingua ingle-se.Contratto: privato

Info: tel. 06/6876706E-mail:[email protected]

In ItaliaAUCI cerca:VOLONTARIODove: RomaDurata: minimo 3 mesiRuolo: assistenteorganizzativo e ammi-nistrativo.Requisiti: diploma/lau-rea in discipline eco-nomiche, giuridiche,sociali, esperienza nelsettore no profit; pre-feribile conoscenzadella lingua inglese efrancese.Info: tel. 06/30154538E-mail: [email protected]

Nei SudRTM cerca:RESPONSABILEPROGETTO SICU-REZZA ALIMENTA-REDove: MadagascarDurata: 2 anni previoperiodo di formazioneDisponibilità: aprile2010Ruolo: il candidatodovrà collaborare conl’équipe locale nellagestione delle attivitàdi animazione agrico-le, sociali, costruzionepozzi, corsi di forma-

zione agricola.Requisiti: non sonorichiesti titoli specifici.Francese preferenziale,disponibilità adapprendere la lingualocale.Contratto: privatoInfo: tel.0522/514205E-mail: [email protected]

RESPONSABILEATTIVITA’ EDUCA-TIVEDove: KosovoDurata: 1 anno previoperiodo di formazioneDisponibilità: luglio-agosto 2010Ruolo: il candidatodovrà collaborare conl’équipe locale nellagestione dei progettiformativi di Rtm inKosovo rivolti a bambi-ni e ragazzi.Requisiti: non sonorichiesti titoli specifici.Inglese preferenziale,disponibilità adapprendere la lingualocale.Contratto: privatoInfo: tel.0522/514205E-mail: [email protected]

IBO cerca:FISIOTERAPISTI ELOGOPEDISTI PERCAMPI DI LAVORODove: TanzaniaDurata: da 1 a 6 mesi

Requisiti: laurea infisioterapia o logope-dia (o studenti dell’ul-timo anno). Ai volonta-ri è richiesto di inserir-si in un programma diriabilitazione dei bam-bini già avviato.Info: tel. 0532/243279E-mail: [email protected]

VOLONTARI PERCAMPI DI LAVORODove: MessicoDurata: da 1 a 6 mesiAttività: ripristino erecupero delle risorsenaturali e idriche deivillaggi della regione.Requisiti: non compe-tenze specifiche, mavoglia di coinvolgersiin prima personainsieme agli abitanti.Info: tel. 0532/243279E-mail: [email protected]

VOLONTARI PERCAMPI DI LAVORODove: EcuadorDurata: da 1 a 6 mesiAttività: sostegno alCentro educativo e allacomunità localeRequisiti: capacità diadattamento, sensibi-lità e attenzione allapersona e all’impegnosociale.Info: tel. 0532/243279E-mail: [email protected]

Nel caso di ricer-che con un codicedi riferimento ènecessario, invian-do la tua candidatu-ra, specificare nel-l’oggetto del mes-saggio il codice!

di Maurizio Dematteis

Cantieri di cooperazione Dossier

Nel 2009 i 250 volontari, italiani e stranieri, dei campi di lavoro Ibo hanno scelto più di 40 desti-nazioni, con lavori manuali e di animazione. In Ue, il network Ibo ha interessato 2.205 volontari

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Requisiti minimi: esperienza lavorativa nella cooperazione internazionale. Oppure: esperienza pregressa in gestione

dei progetti nei pvs con ong. O ancora: almeno 3 anni di comprovata collaborazione in progetti in pvs. La strada per

l’aspirante volontario internazionale è spesso in salita. Perché senza esperienza è difficile ottenere un incarico. E senza

ottenere un incarico è difficile fare esperienza. Un gatto che si morde la coda. Tuttavia, come testimonia il direttore

dell’Ibo Italia, una strada esiste. Una chiave di ingresso attraverso la quale si può entrare in contatto con il mondo

della cooperazione con i paesi stranieri, fare esperienza e, cosa molto importante, mettere alla prova le proprie atti-

tudini.

«Era il 1990 quando nella mia città, Ferrara, ho partecipato a un campo di lavoro di Ibo Italia» ricorda Dino Montanari.

«Abbiamo recuperato una vecchia cascina di periferia per farne un centro per il volontariato. Attraverso quell’attività

ho conosciuto la realtà di Ibo Italia, i suoi progetti e i campi di lavoro all’estero. Nel ’94 l’associazione si trasferì a

Ferrara, e io cominciai a occuparmi del coordinamento dei campi. Oggi coordino la sede nazionale e lavoro insieme ad

altre 13 persone».

Ibo ItaliaL’Internationale bouworde o Ibo, che significa Soci costruttori internazionali, è un’organizzazione non governativa di

ispirazione cristiana che opera nel campo del volontariato. Fa parte di un network internazionale nato nel 1953 in

nord Europa, con i primi campi di lavoro per la ricostruzione di case destinate ai profughi della Seconda guerra mon-

diale. In Italia Ibo arriva nel ‘57, e nel ‘72 viene riconosciuta idonea dal Ministero degli affari esteri a operare nel set-

tore della cooperazione internazionale. Ibo Italia è stata infatti la prima ong nel nostro paese a realizzare ufficial-

mente un progetto di cooperazione con il Mae. Membro del Comitato di coordinamento per il servizio civile interna-

zionale presso l’Unesco e federata a Volontari nel mondo - Focsiv dal ‘72, Ibo Italia conserva ancora oggi come mis-

sion la “promozione e la crescita della persona e della sua comunità, nei diritti, nelle opportunità di incontro e di tra-

sformazione sociale, perché ognuno possa sentirsi attore consapevole e responsabile di una società più giusta e soste-

nibile”.

«Dal 2000 abbiamo incentivato i nostri progetti di cooperazione internazionale, ma i campi di lavoro rimangono l’at-

tività centrale della nostra associazione» continua il direttore di Ibo Italia. «Lavoriamo molto, anche in collaborazio-

ne con la Focsiv, con i ragazzi delle scuole e delle università per promuovere il coinvolgimento civile nella coopera-

zione internazionale. Promuoviamo le esperienze dei campi di lavoro come punto di partenza, per poi proporre l’espe-

rienza del servizio civile europeo e quella del servizio civile internazionale. Infine, come ulteriore sviluppo, gli interes-

sati possono continuare con un’esperienza da volontari nei nostri progetti di cooperazione internazionale».

Nel 2009 sono stati ben 250, fra italiani e stranieri, i volontari coinvolti nei campi di lavoro Ibo. Le destinazioni scel-

te più di 40 con lavori manuali o attività di animazione. A livello europeo, il network Ibo ha interessato complessiva-

mente 2.205 volontari.

Il fine di questo sforzo collettivo? Sensibilizzare i giovani a una maggiore attenzione verso la società e le sue proble-

matiche, per stimolare la cittadinanza attiva e l’apertura nei confronti dell’altro. I partecipanti ai campi di lavoro sono

portati, volenti o nolenti, a riflettere sulle cause e sugli ostacoli che sono alla base di povertà, discriminazione e disu-

guaglianza, valorizzando le ricchezze di ogni territorio e della sua comunità.

Dossier

Cantieri di cooperazioneAiutare, condividere, costruire. Questi i principi che ogni anno spingono più di 250 giovani apartecipare ai campi di lavoro all’estero dell’ong ferrarese Ibo Italia. Spesso un trampolinodi lancio per la professione di volontario internazionale e cooperante nei Sud del mondo.

I testimoni«La giornata cominciava alle sei del mattino» racconta Daniele Caucci, di ritorno dal cantie-

re di Chincha, in Perù, campo di lavoro allestito per costruire 22 case da donare alle famiglie

locali colpite un anno prima dal terremoto. «Ci si svegliava e si faceva colazione per poi ini-

ziare a lavorare dalle sette fino all’una del pomeriggio, quando ci si fermava per la pausa

pranzo di un’ora, per poi riprendere fino alle cinque. Era dura, e il lavoro non semplice visto

che, come potete immaginare, non si era dotati di molte attrezzature, ma un’aria di serenità

si respirava durante tutto il giorno e aiutava a sentire meno la fatica». Grazie ai ritmi di lavo-

ro serrati, ai quali partecipavano sia volontari internazionali sia squadre di operai provenien-

ti dalle Ande per lavorare gratuitamente, in meno di un anno le case sono state terminate, e

oggi le famiglie vivono già al loro interno.

«Essere solidali significa condividere le condizioni di dolore e privazione delle persone cui si

va incontro» dice Tommaso Pepe, impegnato in un campo di lavoro presso Giurcani, in

Romania orientale, finalizzato alla ristrutturazione di una vecchia azienda agricola da conse-

gnare a un gruppo di ragazzi disabili. «Un campo di lavoro significa partecipare alle difficol-

tà di altri uomini, calarsi fisicamente in quella realtà e sostenerne il peso. Solidarietà che poi

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I campi mirano a sensibilizzare i giovani a una maggiore attenzione verso la società,stimolando la cittadinanza attiva e l’apertura nei confronti dell’altro

Come funzionano i campi? Il caso MessicoCosa fare dal momento che i “grandi della terra” riuniti a Copenhagen non sono riusciti a met-tersi d’accordo per promuovere ricette responsabili a livello ambientale? Semplice, in attesa chei governi del mondo prendano coscienza, iniziamo a rimboccarci le maniche. E a tal fine IboItalia, in collaborazione con l’associazione locale Cuerpos de conservaciòn Guanajuato (Ccg),propone un campo di lavoro e solidarietà presso la Sierra Santa Rosa, nello Stato di Guanajuato,Messico centrale, 370 km a nord-ovest da Città del Messico. Strategica dal punto di vistaambientale e naturalistico, questa regione mantiene una funzione di regolazione del ciclo del-l’acqua e della temperatura dell’area ed è considerata indispensabile da organismi nazionali einternazionali ai fini delle rotte migratorie di volatili che si spostano dal Canada all’Americacentrale. Purtroppo l’utilizzo del suolo per il pascolo intensivo, il taglio illegale di risorse foresta-li, l’inquinamento dei fiumi con scarichi domestici e residui dell’industria mineraria, e il prolife-rare di discariche abusive hanno portato il luogo a uno stato di progressivo degrado. Ecco allorache i volontari Ibo saranno impegnati, insieme agli abitanti delle 54 comunità della Sierra, inlavori manuali per il risanamento dei corsi d’acqua, rafforzamento degli alvei dei torrenti ecostruzione di piccoli terrazzamenti per trattenere le acque. In questo modo, a beneficiarne nonsarà solo l’ambiente naturale, ma anche gli abitanti dei villaggi della Sierra. Ci sarannomomenti di conoscenza delle comunità e sarà possibile partecipare all’organizzazione di corsiriguardo le tecniche di conservazione e lavorazione di piante medicinali. I volontari sarannoospitati presso il Ceda (Centro di educazione dinamica ambientale) spazio rurale di cinque etta-ri situato all’interno della Sierra, e presso famiglie o alloggi per studenti durante i giorni di per-manenza nella città di Guanajuato (patrimonio mondiale dell’Unesco). I campi in Messico sonodi tre settimane, i periodi da marzo a settembre. Info: www.iboitalia.org

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si lega al senso del riscatto, dell’agire assieme a quelle persone, ed è il valore della cooperazio-

ne, affinché qualcosa cambi: calarsi nelle difficoltà e al tempo stesso lavorare per venirne fuori.

E infine, naturalmente, la scoperta: vedere con i propri occhi, direttamente, la diversità del

mondo, di paesaggi e di persone, l’ampiezza delle sfumature e delle stranezze possibili, la dif-

ferenza di combinazioni e d’esperienze». Anche Alessandro ha svolto un periodo lavorativo

all’interno del campo di Giurcani, e spiega: «Questa attività mi ha permesso di conoscere situa-

zioni che in Italia non vengono prese minimamente in considerazione, né attraverso i canali

dell’informazione generalista né all’interno delle scuole. Consiglio caldamente questa esperien-

za alle persone interessate a svolgere un’attività caratterizzata da una forte valenza sociale e

che hanno la volontà di impegnarsi, con umiltà e senza pregiudizi».

Croazia, altro paese, altra esperienza: «Il campo mi ha lasciato un qualcosa cui non so dare un

nome», dice Davide Grindato, reduce da un’esperienza di condivisione con ragazzi autistici nel

villaggio di Brezovicka. «Ne ho ricavato una serenità nella vita di tutti i giorni che non avevo

prima di partire, e che ho sempre invidiato nelle altre persone. Ho cominciato ad avvertirla

all’interno del campo di lavoro in Croazia, pur stando a contatto con realtà e situazioni molto

forti. Situazioni per le quali molti amici mi avevano sconsigliato di intraprendere questa espe-

rienza, essendo io una persona particolarmente sensibile. Oggi sono felicissimo di non averli

ascoltati».

Il caso di Sara Bernardini poi è emblematico: avvicinatasi al mondo della cooperazione proprio

con un campo di lavoro Ibo Italia, oggi è impegnata in Swaziland, dove svolge l’attività di coo-

perante. «La mia partecipazione è stata il primo passo nella mia crescita professionale» raccon-

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ta. «Ho lavorato in Kenya, presso l’ospedale St. Orsola catholic hospital a Matiri, Tharaka

District. E questa prima esperienza mi ha permesso di acquisire maggiore coscienza di ciò che

volevo e che mi attendeva. Mi ha quindi permesso di dire ‘dai forse ce la possiamo fare...’. Nel

2006-2007 ho svolto un anno di servizio civile, sempre a Matiri in Kenya, e successivamente

sono tornata come laboratorista all’interno del progetto di cooperazione “Prevenzione della dif-

fusione dell’infezione da Hiv-Aids. Oggi sono impegnata in Swaziland».

Una traccia indelebileQuella di Martina, reduce da un’esperienza forte in Guatemala, è una delle tante testimonian-

ze dei giovani reduci dai campi di lavoro Ibo che fa capire la profondità di questa esperienza:

«Erano le 8 della mattina e stavo cercando di fare la valigia di fretta, quando qualcuno suona

al campanello. Era Yennifer, una delle ragazzine del laboratorio di teatro. Non era ancora anda-

ta a scuola ed era venuta a portarmi un regalo e una lettera prima che arrivasse il taxi. Il rega-

lo l’ho scartato davanti a lei, mentre la lettera mi ha detto di leggerla quando fossi rimasta sola.

L’ho abbracciata forte forte continuando a ripetere “muchas gracias” come un disco incantato.

Non avevo parole per dire altro. Yennifer è andata via salutandomi con le lacrime agli occhi.

Davide, dopo un campo tra i ragazzi autistici del villaggio di Domagoj, dice: «Ne horicavato una serenità nella vita di ogni giorno che non avevo prima»

Ha circa 13 anni, è spiritosa, vivace, talvolta sfacciata e fa sempre ridere. Quando la guardavo

mi sembrava di vedermi alla sua età, e questo ci ha fatto legare immediatamente con grande

intensità. Più tardi, in aeroporto, ho letto la lettera. Immediatamente una grande commozione

mi ha pervaso: parole bellissime, profonde, scritte col cuore, che mi hanno fatto tornare alla

mente ogni secondo del campo. In quel momento anche il più piccolo e insignificante dettaglio

delle settimane passate acquistava un valore inestimabile e la mia mente correva su e giù per

la strada dalla casa alla scuola, dalla scuola alla biblioteca, alla scuola elementare dove anda-

vo qualche pomeriggio, alla gelateria dove assieme a Yennifer e agli altri abbiamo mangiato

una quantità esagerata di choco-fres.

Mentre leggevo la lettera sopra di me c’era il solito splendido cielo azzurro tipico della “terra

dell’eterna primavera” e mi sono sentita in dovere di ringraziare ancora il Guatemala. I visi

gioiosi dei bambini a scuola, le signore che per la strada mi salutavano col solito “buenos dias

que le vaya bien”! Non passava giorno in cui con i polmoni carichi di quell’aria, gli occhi pieni

di quei colori,il cuore palpitante di gioia, non mi sentissi così viva e felice. Rileggevo la lette-

ra di Yennifer e mi chiedevo com’è stato possibile in tre settimane affezionarci tanto recipro-

camente.

È grazie a lei e alle persone come lei, con le quali sono riuscita a legare in fretta, con rapporti

semplici fatti di risate, sguardi complici e infinita simpatia, che mi rimane un ricordo splendi-

do della totalità dell’esperienza, piccoli grandi momenti condivisi che non cambiano la vita, ma

fanno di molto la differenza. Di queste persone ne ho incontrate molte in questo viaggio. E’

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Calendario partenze 2010Tante le proposte per il programma dei campi di lavoro e solidarietà di Ibo Italia nel 2010, in Italia,Europa e nel mondo. Italia: in viaggio per sostenere concretamente realtà impegnate a difendere diritti e costruireuna società più giusta, dalle pendici dell’Etna di Biancavilla (maggio, luglio e agosto, novembre) alquartiere Lame di Bologna (18/07-31/07), dall’eco-museo di Cortemilia (05/07-17/07; 19/07-31/07)alla comunità di Nomadelfia presso Grosseto (25/07-07/08), dalla pianura di Ostellato (15/08-28/08) ai dolci appennini di Vicchio (01/08-15/08).Europa: nei mesi da aprile a luglio, esperienze di due settimane in Albania, Austria, Belgio,Bosnia Herzegovina, Bulgaria, Croazia, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Moldavia, Olanda,Polonia, Repubblica Ceca, Romania.Mondo: a Bujumbura, Burundi, dal 04/07-01/08 al 01/08-29/08, per costruire mattoni di fangoe paglia per le famiglie più povere e per animare workshop di discussione su tematiche socialiinsieme ai ragazzi del Centro giovani Kamenge (CjK), importante luogo di incontro, pace e riconci-liazione. A Iringa, Tanzania (campo aperto a fisioterapisti o logopedisti), da aprile a luglio, per turnidi un mese, i volontari saranno ospiti dell’associazione Nyumba Ali e collaboreranno con il personalelocale inserendosi in un programma di riabilitazione di minori. A El Tejar, Guatemala, dal 13/06 al11/07, oppure dal 11/07 al 08/08, o dal 08/08 al 05/09, o ancora dal 05/09 al 03/10, i volontarisvolgeranno attività di insegnamento e animazione all’interno dell’istituto Cedin (Centro de educa-cion para el desarollo integral del nino), scuola di livello pre primario. Infine a San Nicolas, Ecuador,da aprile a dicembre, per turni di un mese, i volontari daranno assistenza a persone in difficoltà edeseguiranno piccoli lavori di costruzione in una comunità situata nella parrocchia Matriz del cantondi Pujilì, nella provincia del Cotopaxi. Per gli aggiornamenti: www.iboitalia.org

pensando a loro che mentre atterro nella vecchia Venezia mi si stringe un nodo alla gola e si

riempiono gli occhi di lacrime. Sono combattuta tra la voglia di scendere e riabbracciare i miei

e la voglia di mimetizzarmi tra la folla e prendere il primo aereo per il centro America. Ma ora

il mio posto è qui, e non mi resta che chiudere gli occhi per vedere nitido il Guatemala, senti-

re le voci dei bambini, il costante odore di tortillas, la polvere delle strade tra i capelli, la musi-

ca allegra degli autobus che mi accompagnavano nei viaggi tra la selva e la playa.

Ringrazio mentalmente, un’ultima volta, tutte le persone incontrate. Ripenso alla magia del

camminare sentirsi parte del tutto, parlare una lingua diversa e non sentirsi italiani dell’Italia,

ma viaggiatori del mondo. Respirare l’aria magica di un bosco, della giungla, di una finca di

caffè, di un coloratissimo cimitero, delle case della gente in cui siamo entrati e abbiamo con-

diviso quel che c’era, ascoltando le loro storie e immergendoci dentro per istanti brevi ma che

nei miei ricordi dureranno una vita».

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Sara, andata in Swaziland per seguire un campo di lavoro, oggi è diventata cooperan-te e lavora per la prevenzione contro l’Aids nel paese

Come si diventa volontario?Un campo di lavoro e solidarietà con Ibo Italia èun’esperienza di volontariato dalle due alle quattrosettimane per svolgere attività di costruzione, restau-ro, animazione ed educazione, formazione alla pace eai diritti umani, assistenza, tutela dell’ambiente emolto altro ancora. Rappresenta sicuramente il primopasso per affacciarsi al mondo del volontariato e dellacooperazione internazionale. Ai campi in Italia e inEuropa si può accedere all’età di 18 anni, per quellifuori Europa bisogna averne compiuti 21. Ai volontariviene chiesta una quota di iscrizione (110 + 40 eurotessera socio per i campi in Italia ed Europa, e 160 +40 euro tessera socio per i campi nel Sud del mondo)che copre anche l’assicurazione e il pagamento delviaggio. Vitto e alloggio sono garantiti dalla realtà cheaccoglie i volontari.Diventare volontario non è difficile: Ibo Italia organizzaincontri di informazione e formazione per gli interessa-ti. E‘ possibile prenotarsi per un campo direttamentedal sito internet www.iboitalia.org, dove si trovanodescritte tutte le proposte. Scuole e università ricono-scono la partecipazione ai campi come crediti formati-vi. E’ possibile inoltre far valere l’esperienza sulcampo come tirocinio o stage curricolare.