Volontà di fine vita: una prospettiva comparata, giurisprudenziale e de jure condendo

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il Corriere giuridico 3 Speciale 2/2011 Sommario Volontà di fine vita: una prospettiva comparata giurisprudenziale e de jure condendo PARTE I: LA DISCIPLINA E LA GIURISPRUDENZA SULLE VOLONTÀ DI FINE VITA IN PROSPETTIVA NAZIONALE E COMPARATA 1. Introduzione 5 2. La manifestazione di volontà in ambito medico e il rispetto della dignità della persona 7 3. Il principio di autodeterminazione, il consenso informato e la capacità di intendere e volere 11 4. Il paziente in grado di intendere e volere e la manifestazione della volontà di interrompere i trattamenti sanitari. L’esperienza comparatistica 15 5. Il paziente terminale incapace: esperienza comparatistica 24 6. L’amministrazione di sostegno e le volontà di fine vita 34 7. La Corte europea dei diritti umani e le decisioni sul fine vita 37 PARTE II: IL DISEGNO DI LEGGE IN TEMA DI DICHIARAZIONI ANTICIPATE DI FINE VITA 1. Introduzione: le scelte terminologiche del legislatore: testamento biologico, direttive o dichiarazioni anticipate di trattamento? 41 2. L’ iter parlamentare del disegno di legge «Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento» 43 3. Art. 1. Tutela della vita e della salute 45 4. Art. 2. Il consenso informato 48 5. Art. 3: le dichiarazioni anticipate di trattamento 51 6. Art. 4. Forma e durata della dichiarazione anticipata di trattamento 54 7. Art. 5. Assistenza ai soggetti in stato vegetativo 55 8. Art. 6. Fiduciario 56 9. Art. 7. Ruolo del medico 57 10. Art. 8. Disposizioni finali 58

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Questa pubblicazione offre una analisi dettagliata della giurisprudenza nazionale e comparata in tema di testamento biologico. Altresì si presenta uno studio dettagliato sulle disposizioni del ddl "Calabrò" approvato in prima lettura durante la XVII legislatura

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Volontà di fine vita: una prospettiva comparata giurisprudenziale e de jure condendo

PARTE I: LA DISCIPLINA E LA GIURISPRUDENZA SULLE VOLONTÀ DI FINE VITA IN PROSPETTIVA NAZIONALE E COMPARATA

1. Introduzione 5

2. La manifestazione di volontà in ambito medico e il rispetto della dignità della persona 7

3. Il principio di autodeterminazione, il consenso informato e la capacità di intendere e volere 11

4. Il paziente in grado di intendere e volere e la manifestazione della volontà di interrompere i trattamenti sanitari. L’esperienza comparatistica 15

5. Il paziente terminale incapace: esperienza comparatistica 24

6. L’amministrazione di sostegno e le volontà di fine vita 34

7. La Corte europea dei diritti umani e le decisioni sul fine vita 37

PARTE II: IL DISEGNO DI LEGGE IN TEMA DI DICHIARAZIONI ANTICIPATE DI FINE VITA

1. Introduzione: le scelte terminologiche del legislatore: testamento biologico, direttive o dichiarazioni anticipate di trattamento? 41

2. L’iter parlamentare del disegno di legge «Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento» 43

3. Art. 1. Tutela della vita e della salute 45

4. Art. 2. Il consenso informato 48

5. Art. 3: le dichiarazioni anticipate di trattamento 51

6. Art. 4. Forma e durata della dichiarazione anticipata di trattamento 54

7. Art. 5. Assistenza ai soggetti in stato vegetativo 55

8. Art. 6. Fiduciario 56

9. Art. 7. Ruolo del medico 57

10. Art. 8. Disposizioni finali 58

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il CorrieregiuridicoMensile di giurisprudenza civile, legislazionee opinioni

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Dichiarazione di fine vita e testamento biologico

Volontà di fine vita:una prospettiva comparatagiurisprudenziale e de jurecondendodi Elena Falletti

Il presente contributo analizza le prospettive più recenti in tema di manifestazione della volontà sui tratta-menti terapeutici di fine vita. Esso è suddiviso in due parti: la prima riguarda l’analisi comparatistica legisla-tiva e giurisprudenziale del rifiuto di ricevere trattamenti terapeutici di pazienti capaci ovvero incapaci di in-tendere e volere, mentre la seconda concerne l’esame dettagliato del disegno di legge S 10 - C 2350 «Di-sposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di tratta-mento» in discussione al Parlamento.

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PARTE I: LA DISCIPLINA E LA GIURISPRUDENZA SULLE VOLONTÀDI FINE VITA IN PROSPETTIVA NAZIONALEE COMPARATA

1. Introduzione

Esistono nel linguaggio molte metafore per affronta-re il tema dell’ineluttabile, generalmente tutte rife-rite al movimento: “il viaggio senza ritorno”, il “pas-saggio”, “andarsene”, “lasciare l’esistenza terrena” ecosì via. In tutte queste espressioni linguistiche èpresente l’azione attiva del soggetto: passare dalla si-tuazione di esistenza in vita alla morte. La morte èsempre stata considerata nel corso della storia del-l’umanità come uno degli eventi più naturali, al pa-ri del venire al mondo, cioè la nascita. Tuttavia ne-gli ultimi decenni l’intervento della tecnologia hamutato in modo sostanziale queste fasi. L’evoluzionescientifica ha consentito la scoperta di terapie e tec-nologie in grado di far proseguire la vita anchequando non vi sarebbe più la possibilità fisica dellasopravvivenza. Tale trasformazione avviene neglianni Cinquanta del Novecento quando per la primavolta la medicina “comincia ad essere efficace” (1).Siffatta nuova efficienza terapeutica comporta duecambiamenti culturali e sociali: da un lato la naturadel ricovero ospedaliero, dall’altro il rapporto delle

persone con la morte. Sotto il primo profilo, l’ospe-dale non è più il luogo di ricovero dei pellegrini edegli indigenti, ma diventa “il centro medico in cuisi guarisce e si lotta contro la morte” (2). Sotto il se-condo profilo gli storici osservano che a partire dalSecondo dopoguerra non si muore più in casa pro-pria circondati dai familiari, ma in ospedale perchéquesto è il luogo dove si erogano le cure che non sipossono più somministrare a casa (3). La morte,dunque, diventa un “fenomeno tecnico ottenutocon l’interruzione delle cure, cioè in modo più o me-no confessato, con una decisione del medico e del-l’èquipe ospedaliera” (4). Fino ad epoca recente non

Note:

(1) A. Santosuosso, Diritto, scienza, nuove tecnologie, Padova,2011, 67.

(2) P. Cavana, La morte ed i suoi riti: mutamenti culturali ed evo-luzione legislativa in Italia, in Dir. eccl., 2009, 13 ss.

(3) P. Cavana, op. cit.; K. A. Chamberlain, Looking for a “GoodDeath”: The Elderly Terminally Ill’s Right to Die by Physician-As-sisted Suicide, 17 Elder L.J. 61, 2009, 64.

(4) P. Cavana, op. cit.; P. Veronesi, Il corpo e la Costituzione, Mi-lano, 2007, 275; M. D. Marty, Euthanasie, rapport. Commissiondes questions sociales, de la santé et de la famille, AssembléeParlamentaire, Conseil de l’Europe, Strasbourg, 10 September2003, http://assembly.coe.int/Mainf.asp? link=/Documents/WorkingDocs/Doc03/FDOC9898.htm. Osserva la Corte Supre-ma degli Stati Uniti nel caso Cruzan che «the advance of medical

(segue)

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era necessario fare ricorso ad alcun “strumentarioconcettuale per la semplice ragione che la medicinanon era in grado di prolungare la vita, almeno nellamisura che costituisce un incubo per molti nostricontemporanei” (5). In precedenza il credo religiosoera l’esclusivo dominus del passaggio dalla vita vissu-ta in salute alla malattia e da qui alla morte, al pun-to che il rimodellamento del rito liturgico del mo-mento della morte, ovvero il funerale, fu uno dei piùaccesi ambiti di scontro tra la Chiesa cattolica e laChiesa luterana riformata (6). Oggi lo scenario sisvolge tra ospedali, case di cura per lungodegenti,aule di tribunale e dibattiti parlamentari.L’intervento della tecnologia nel prolungamentodella vita anche in condizioni innaturali ha aperto ildibattito sull’ammissibilità della scelta del pazientedi fruire o meno di tali tecniche curative. Sul puntola dottrina è impegnata ormai da anni in un ferocedibattito, non immune da influenze religiose, eti-che, filosofiche, mentre la giurisprudenza, tanto do-mestica tanto straniera, ha proposto soluzioni nonomogenee. Ai fini della ricostruzione di tale com-plesso panorama, questo elaborato è stato organizza-to come segue: nella prima parte si dà conto delle le-gislazioni e delle giurisprudenze comparate e nazio-nali sul tema del fine vita che, essendo generico esfuggente, riesce a ricomprendere gli orientamentimaggioritari su uno dei punti cardine del rapportotra diritto, scienza e tecnologia; la seconda parte èconcentrata sull’analisi del ddl S 10 - C 2350, cono-sciuto come “ddl Calabrò” che dovrebbe introdurrenell’ordinamento italiano la formalizzazione delconsenso medico informato e la disciplina delle di-rettive anticipate di trattamento.In via preliminare parrebbe opportuno proporre unadefinizione di alcuni concetti utilizzati in questo de-licato ambito: eutanasia, accanimento terapeutico elibera autodeterminazione della volontà del pazien-te di non ricevere più i trattamenti medici che gliconsentirebbero di continuare a vivere. La definizione di eutanasia proposta dall’Enciclope-dia collaborativa Wikipedia (7) definisce l’eutana-sia, “letteralmente buona morte (dal greco!"#$v$%&$, composta da !"-, bene e #$v$'(), morte),il procurare intenzionalmente e nel suo interesse lamorte di un individuo la cui qualità della vita siapermanentemente compromessa da una malattia,menomazione o condizione psichica”. Altre fontipiù autorevoli, come l’Enciclopedia Treccani (8),specificano invece che l’eutanasia sia da ricondursiad una “azione od omissione che, per sua natura enelle intenzioni di chi agisce (e. attiva) o si astienedall’agire (e. passiva), procura anticipatamente la

morte di un malato, allo scopo di alleviarne le soffe-renze”.Entrambe le definizioni non sono soddisfacenti per-ché non consentono di distinguere i casi in cui sia ilpaziente ad autodeterminare la propria scelta. Sulpunto, il Comitato Nazionale di Bioetica distingueaddirittura sette ipotesi (9) di possibili significati deltermine eutanasia in senso giuridico. La prima di es-se riguarda la situazione che “consegue al rifiuto, li-bero, attuale e consapevole, del paziente di sottopor-si alla terapia necessaria alla sopravvivenza”; la se-conda ipotesi concerne l’eutanasia passiva propria-mente detta, cioè quella in cui “si lascia morire unmalato sospendendogli intenzionalmente le cure or-dinarie necessarie alla sopravvivenza”; la terza ipote-si di eutanasia riguarda la “sospensione dell’accani-mento terapeutico”; la quarta ipotesi è relativa alla“eutanasia lenitiva”, ovvero quella “causata dall’usodi farmaci somministrati per addolcire i dolori intol-lerabili del malati terminali”; la quinta è relativa al-l’ipotesi unanimemente rifiutata della “eutanasia eu-genetica”; la sesta ipotesi si riferisce all’“eutanasiaprecoce”, mentre la settima consiste “nell’eutanasiaattiva su paziente non consenziente”.Da queste fattispecie occorre distinguere cosa sial’accanimento terapeutico, al fine di delineare incosa si differenzia da un sospensione volontaria del-le cure. A questo proposito va sottolineato che taleespressione rappresenta un artificio retorico conno-tato negativamente, mentre l’art. 16 del Codice dideontologia medica qualifica l’accanimento tera-peutico sotto un profilo di natura più scientifica,ovvero: “l’ostinazione in trattamenti diagnostici eterapeutici da cui non si possa fondatamente atten-dere un beneficio per la salute del malato e/o un mi-glioramento della qualità della vita”. L’art. 39 dellamedesima fonte si ricollega a questa definizione af-fermando che “in caso di compromissione dello sta-

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Note:

(segue nota 4)technology capable of sustaining life well past the point wherenatural forces would have brought certain death in earliertimes» (Cruzan v. Director, DMH 497 U.S. 261, 1990.

(5) S. Spinsanti, Accompagnare la morte, in La buona morte, acura di L. Novati, Brescia, 2009, 86.

(6) D. MacCullogh, Riforma. La divisione della casa comune eu-ropea (1490 - 1700), Roma, 2010, 734.

(7) http://it.wikipedia.org/wiki/Eutanasia

(8) Voce “Eutanasia” in Enc. Treccani online: http://www.treccani.it/enciclopedia/eutanasia/

(9) Comitato Nazionale di Bioetica, Questioni bioetiche relativealla fine della vita umana, Roma, 1995, 61 ss.

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to di coscienza del paziente il medico deve prose-guire nella terapia di sostegno vitale finché ritenu-ta ragionevolmente utile, evitando ogni accani-mento terapeutico”. Secondo il Comitato di Bioeti-ca, invece, esso può essere definito come «un trat-tamento di documentata inefficacia in relazione al-l’obiettivo a cui si aggiunga la presenza di un rischioelevato e/o una particolare gravosità per il pazientecon un’ulteriore sofferenza, in cui l’eccezionalitàdei mezzi adoperati risulta chiaramente sproporzio-nata agli obiettivi della condizione specifica” (10).È evidente come codesto concetto sia alquanto va-go e lasci al medico un ampio margine di valutazio-ne, tuttavia la dottrina suggerisce l’applicazione diun giudizio di proporzionalità che compari le condi-zioni cliniche del malato e il beneficio concreto chenello specifico caso il trattamento terapeutico può,o meno, determinare (11). Seppure nel nostro ordi-namento non esista una definizione legislativa (12)di accanimento terapeutico, il codice di deontolo-gia medica sopperisce a questo vuoto normativo. Daun lato esso prevede che il medico, “anche tenendoconto della volontà del paziente”, debba astenersidall’ostinazione in trattamenti terapeutici dai qualinon ci si possa fondatamente attendere un benefi-cio per la salute ovvero per la qualità della vita delpaziente (art. 16); dall’altro in caso di compromis-sione dello stato di coscienza del paziente il medicodeve proseguire nella terapia di sostegno vitale fin-ché ritenuta ragionevolmente utile, evitando ogniaccanimento terapeutico (art. 39). Vi sono dunquedue elementi: uno soggettivo, riferibile alla valuta-zione o finanche al carattere “ostinato” del curante,l’altro oggettivo concernente la compromissionedello stato di coscienza del malato. La giurispruden-za ha condannato l’utilizzo di pratiche di accani-mento terapeutico quando violativi dei principi co-stituzionali di tutela della dignità della persona (13)ovvero quando ingiustificatamente invasive dellasfera personale del paziente (14), soprattutto quan-do costui si trova in stato vegetativo persistente. Sitratte di quella condizione ove è presente “un qua-dro clinico (derivante da compromissione neurolo-gica grave) caratterizzato da un apparente stato divigilanza senza coscienza, con occhi aperti, fre-quenti movimenti afinalistici di masticazione, atti-vità motoria degli arti limitata a riflessi di retrazio-ne agli stimoli nocicettivi senza movimenti finali-stici” (15)Questo è il punto più delicato di tutti, ovvero la va-lidità della volontà manifestata dal soggetto riguar-do ai trattamenti che intende, o non intende, subirequando questi si trova in condizioni di incapacità

perché paziente terminale o in stato vegetativo per-sistente (16) (o stato vegetativo permanente o comavigile). Si tratta del nodo gordiano nel dibattito po-litico e giuridico svoltosi dopo le vicende Englaro eWelby che ha portato alla redazione del ddl S10 - C2350 approvato in seconda lettura della Camera deiDeputati il 12 luglio 2011 e in corso di nuovo esamepresso il Senato della Repubblica.

2. La manifestazione di volontà in ambito medico e il rispetto della dignità della personaIl mutamento di natura antropologica dell’approcciodella fase terminale della vita ha sollevato questioninuove su diversi fronti. Innanzitutto, l’influenza del-la tecnologia in un terreno che per secoli è stato cosìstrettamente dominato dalla religione ha spalancatoun’area di confronto sconosciuto in precedenza. Sitratta della suddivisione del dibattito tra “chierici”,nel senso di portatori di istanze religiose nell’ambitodella disciplina dei confini della vita, e “laici”, nelsenso di fautori delle esigenze del rispetto della vo-lontà su di sé da parte del soggetto che rivendica lapropria autodeterminazione. Come è stato osservatoda autorevole dottrina (17), l’orizzonte del dibattito

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Note:(10) Comitato Nazionale di Bioetica, Questioni bioetiche relativealla fine della vita umana, cit., 29 ss.

(11) E. De Septis, Questioni biogiuridiche di “fine vita”, Relazio-ne presentata al corso di formazione del Consiglio Superiore del-la Magistratura “Bioetica e diritto: una riflessione interdisciplina-re”, Roma 24 maggio 2011, 10 consultata su www.csm.it

(12) In realtà il ddl S 10 - C 2350 ne dà una definizione implicitaall’art. 1, supra, II, §3.

(13) Trib. Roma, 15-16 dicembre 2006 in Banca dati De Jure.

(14) Cass. 16 ottobre 2007, n. 21748, in Corr.giur., 2007, 12,1676, con nota di Calò.

(15) Comitato Nazionale di Bioetica, L’alimentazione e l’idratazio-ne di pazienti in stato vegetativo persistente”, Roma, 2005, 1. Indottrina si vedano, A. Andronio, Il consenso alla prestazione del-le cure medico-chirurgiche nella CEDU e nella giurisprudenza ita-liana, in Giur. merito, 2011, 2, 300; C. Brignone, Punti fermi, que-stioni aperte e dilemmi in tema di rifiuto di cure: la prospettiva ci-vilistica, in Dir. fam., 2010, 3, 1311.

(16) La dottrina osserva che si tratta di uno stato “evanescente”poiché si risolve in una prognosi “meramente probabilistica piut-tosto che in una diagnosi certa” (P. Veronesi, Il corpo e la Costi-tuzione, cit., 226). Il paziente in stato vegetativo permanentenon è morto ai sensi di legge, infatti non si verifica il venire me-no di tutte le funzioni dell’encefalo, mentre respirazione e soste-gno alimentare avvengono per vie artificiali, mentre il malato nonpercepisce né ha coscienza di sé o dell’ambiente a lui circostan-te, non soffre la mancanza di alimenti, né percepisce la presen-za di altri (P. Veronesi, op. cit.).

(17) S. Rodotà, Laicità e potere sulla vita, in Lezioni di laicità, inQuaderni Laici, n. 3, Torino, 2011, 43 ss.

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non è più soltanto individuabile nel rapporto tra idue poteri che tradizionalmente si sono confrontatisulla questione, cioè Stato e Chiesa; o della crescen-te secolarizzazione che caratterizza la società odierna.Esso riguarda direttamente la persona del cittadino,diventato protagonista istituzionale, come affermatosia nella Costituzione, ai sensi dell’articolo 2, sia nelPreambolo della Carta dei diritti fondamentali del-l’Unione Europea, secondo cui “l’Unione pone lapersona al centro della sua azione”.Inoltre, lo sviluppo della conoscenza ha interagitoper lungo tempo con il modello etico tradizionalesecondo quale gli orientamenti dei pazienti non era-no considerati un vincolo per il medico: questi pren-deva le decisioni per il bene dei pazienti, come unbuon padre di famiglia nel rispetto del principio“Doctor knows best”, applicato sia per le conoscenzediagnostiche e terapeutiche sia per quelle etiche, inparticolare in materia di qualità e quantità dei trat-tamenti terapeutici da somministrare sul finire dellavita (18). Ulteriormente, a fronte di questa deriva paternali-stica medica, da un lato, e in conseguenza dell’au-mento della cultura e quindi della consapevolezza,da parte dei cittadini (19), dall’altro, si è negli an-ni sviluppato il riconoscimento del principio delconsenso informato. Esso rappresenta l’antitesi del“privilegio terapeutico” (20) del medico e consen-te all’individuo di manifestare la propria volontàrelativamente a tutti i trattamenti medici (inter-venti chirurgici, protocolli terapeutici, sommini-strazioni di farmaci) che un soggetto debba esseresottoposto durante il decorso di una terapia sanita-ria (21). Secondo autorevole dottrina il consensoinformato rappresenta “il fondamento della praticasanitaria” (22) attraverso il quale si raggiungerebbel’equilibrio tra etica, protezione della dignità delpaziente e della sua qualità della vita. Il principiodel consenso informato riveste un ulteriore e fon-damentale significato, ovvero di limite all’invasi-vità degli interventi esterni, specialistici comequelli medici o autoritari come quelli statali, sullapersona interessata al trattamento medico da som-ministrare. In gioco entrano valori superiori di na-tura costituzionale ai sensi degli articoli 2, 3, 13 e32 della Costituzione (23), nonché fondamentalistabiliti dagli art 1 e 3 della Carta europea dei di-ritti fondamentali dell’Unione Europea. Sotto ilprimo profilo, l’art. 13 Cost. riguarda il diritto algodimento di una libertà molto ampia garantendoall’individuo di salvaguardare la propria salute e lapropria integrità fisica, giudicando il valore dellapropria vita e, di conseguenza, della propria morte,

in particolare “la capacità di determinare il mo-mento in cui è opportuno per se stesso uscire dallavita” (24). L’art. 32, invece, riguarda la tutela deldiritto alla salute qualificato come fondamentaledell’individuo: anche i trattamenti sanitari obbli-gatori previsti per legge non possono “in nessun ca-so violare il limite imposto dal rispetto della perso-na umana”. La dottrina sostiene che questa dichia-razione è una delle “più forti” di tutta la Costitu-zione in quanto impone al legislatore un limite in-valicabile “ancora più incisivo di quello previstodall’art. 13 per la libertà personale” (25), il qualeammette limitazioni sulla base della legge e conprovvedimento motivato del giudice. L’art. 32 del-la Costituzione costituirebbe, quindi, l’habeas cor-pus che limita l’invasività del potere sul corpo del-la persona umana, presidio invalicabile al quale innessun caso si può mancare di rispetto. Libertà eautodeterminazione della persona trovano supremaprotezione nell’art. 3 della Costituzione che attra-verso l’esplicito riferimento alla dignità pone le ba-si per delineare l’habeas corpus sulla persona chenon si limita al tradizionale concetto di libertà fisi-ca, ma si estende tutelando la libertà morale e diautodeterminazione (26). A simili conclusioni ar-gomentative conduce la lettura degli artt. 1, 2 e 3della Carta dei diritti fondamentali dell’UnioneEuropea. Come è noto, l’art. 1 protegge la dignitàumana affermando che essa è “inviolabile” e debbaessere “rispettata e tutelata”. Essa si identifica conla persona, è un valore intrinseco a questa in quan-to tale ed è un “character indelebilis che non appar-tiene a chi se la merita, ma spetta a chiunque sen-

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Note:(18) S. Spinsanti, op. cit., 88 ss. Sul mutamento di paradigma nelrapporto tra medico e paziente, specie in tema di fine vita: F. G.Pizzetti, Alle frontiere della vita: il testamento biologico tra valoricostituzionali e promozione della persona, Milano, 2008, 71 ss.

(19) P. Borsellino, Bioetica tra “morali” e diritto, Milano, 2009,113.

(20) M. Mori, Manuale di bioetica. Verso una civiltà biomedicasecolarizzata, Firenze, 2010, 300.

(21) A. Andronio, Il consenso alla prestazione delle cure medico- chirurgiche nella CEDU e nella giurisprudenza italiana, in Giur.merito, 2011, 2, 300.

(22) M. Mori, Manuale di bioetica, cit., 300.

(23) Sull’esplicito rimando a detti articoli contenuto nel testo del-l’art. 1 del ddl S 10 - C 2350, si veda supra, II, §3.

(24) V. Pugliese, Nuovi diritti: le scelte di fine vita tra diritto costi-tuzionale, etica e deontologia medica, Padova, 2009, 26.

(25) S. Rodotà, Laicità e potere, cit., 45.

(26) S. Rodotà, Antropologia dell’homo dignus, 2010, consultatosu www.europeanrights.eu, 3.

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za distinzione di sorta” (27). Nell’ambito della di-scussione sulle decisioni relative al confine estre-mo della vita il parametro della dignità deve usciredall’astrattezza dei canoni filosofici generali per ve-nire relazionato con la prospettiva del singolo pa-ziente nel rispetto delle sue convinzioni personalisia fisiche che psichiche, del suo carattere indivi-duale e della sua privacy (28). Nello specifico rapporto tra dignità della persona eautodeterminazione della volontà, attraverso la ma-nifestazione del consenso informato (29) il pazientepuò scegliere di accettare o rifiutarsi di sottoporsi acure mediche, ovvero di manifestare anticipatamen-te le direttive alla cessazione di trattamenti terapeu-tici (30), anche a rischio della vita stessa. In casocontrario la persona verrebbe “costretta a continua-re a vivere” poiché imprigionata in un mondo inna-turale, che può essere contrario ai suoi valori di rife-rimento e con la rappresentazione che ha di sé e del-la sua idea di dignità, “non solo per l’oggi, ma ancheper il domani, quando non sarà più in grado di espri-mersi” (31). Si tratta di una questione legata al fattoche la scienza medica è ora in grado di prolungareartificialmente la vita attraverso l’uso di tecnologiedi sostegno o di sostituzione delle parti vitali del cor-po umano lesionate, come nel caso di respirazione,idratazione, alimentazione artificiale, ovvero tra-pianti di organi e di arti, senza occuparsi delle deli-berazioni del paziente sulla sua qualità del vivere(32). Sul punto relativo al rispetto della dignità del-la persona umana, la Carta dei diritti fondamentalidell’Unione Europea è stata interpretata dalla giuri-sprudenza (33) in combinato disposto con gli artt. 2e 32 della Costituzione, nonché con l’art. 5 dellaConvenzione di Oviedo (34). Per quanto concerne la tutela della vita, previstodall’art. 2 della Carta dei diritti fondamentali del-l’Unione Europea, la dottrina reputa che in questoambito esso sia strettamente connesso con l’art. 3della Carta stessa che disciplina il diritto all’inte-grità della persona. Sul punto si inserisce la questio-ne della facoltà del paziente (ovvero di suo congiun-to o di suo rappresentante) di rinunciare a cure otrattamenti che lo mantengano in vita “artificial-mente” (35). La Corte europea dei diritti umaniaveva affrontato la questione nel noto caso Prettycontro Regno Unito di Gran Bretagna (36) aprendoun dibattito in tema di autodeterminazione. Tale di-battito deve essere affrontato alla luce del bilancia-mento di due elementi: da un lato dal necessarioconsenso informato espresso liberamente dal pazien-te e dall’altro lato assicurando l’inviolabilità delladignità umana (37). In questo senso si inserisce l’art.

3 della Carta europea dei diritti fondamentali, ilquale garantisce alla persona umana la sua integritàfisica e psichica, ponendo un limite, attraverso lamanifestazione del consenso informato, alla invasi-vità di elementi esterni provenienti tanto dalla sfera

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Note:(27) M. Olivetti, Art. 1, in R. Bifulco, M. Cartabia, A. Celotto,L’Europa dei diritti. Commento alla Carta dei diritti fondamentalidell’Unione Europea, Bologna, 2001, 41; G. Pistorio, Art. 1, in G.Bisogni, G. Bronzini, V. Piccone, La Carta dei diritti dell’UnioneEuropea, Taranto, 2009, 39.

(28) R. Dresser, Human Dignity and the Serious Hill Patient, inHuman Dignity and Bioethics. Essay Commissioned by the Pres-ident’s Council on Bioethics, Washington D. C., 2008, 505.

(29) La dottrina definisce il consenso informato come “facoltànon solo di scegliere tra le diverse possibilità di trattamento me-dico, ma anche (il suo “risvolto negativo”) di eventualmente ri-fiutare la terapia ovvero di decidere di interromperla (D. Simeoli,Il rifiuto di cure: la volontà presunta o ipotetica del soggetto in-capace, in Giust. civ., 2008, 7-8, 1727B).

(30) A. Ruggeri, Il testamento biologico e la cornice costituzionale(prime notazioni), 2009, in www.associazionedeicostituzionalisti.it,8 ss.; G. Ferrara, La Costituzione e il caso Englaro, Relazione tenu-ta in occasione del seminario ASTRID del 5 marzo 2009, Il potere,le regole, i controlli: la Costituzione e la vicenda Englaro, inwww.astrid-online.it.

(31) F. G. Pizzetti, Alle frontiere della vita, cit., 37; V. Zambrano,Eutanasia, diritto alla vita e dignità del paziente, in Rass. dir. civ.,1990, 894.

(32) The very essence of the Convention is respect for humandignity and human freedom. Without in any way negating theprinciple of sanctity of life protected under the Convention, theCourt considers that it is under Article 8 that notions of the qual-ity of life take on significance. In an era of growing medical so-phistication combined with longer life expectancies, many peo-ple are concerned that they should not be forced to linger on inold age or in states of advanced physical or mental decrepitudewhich conflict with strongly held ideas of self and personal iden-tity (Corte europea dei diritti umani, 29 aprile 2002, Pretty controRegno Unito di Gran Bretagna, in www.echr.coe.int), supra, I,§7.

(33) Cass., 16 ottobre 2007, n. 21748, cit.; Trib. Sassari, 14 luglio2007, cit.; In dottrina, R. Andorno, The Oviedo Convention: A Eu-ropean Legal Framework at the Intersection of Human Rightsand Health Law, in “Journal of International BiotechnologyLaw”, 2, 2005, 133.

(34) Convenzione per la protezione dei Diritti dell’Uomo e delladignità dell’essere umano nei confronti dell’applicazioni dellabiologia e della medicina: Convenzione sui Diritti dell’Uomo e labiomedicina firmata a Oviedo il 4 aprile 1997 e ratificata dall’Ita-lia con la legge 28 marzo 2001, n. 145. L’art. 5, rubricato “Rego-la generale”, stabilisce che: «(1) Un intervento nel campo dellasalute non può essere effettuato se non dopo che la persona in-teressata abbia dato consenso libero e informato. (2). Questapersona riceve innanzitutto una informazione adeguata sulloscopo e sulla natura dell’intervento e sulle sue conseguenze e isuoi rischi. (3). La persona interessata può, in qualsiasi momen-to, liberamente ritirare il proprio consenso».

(35) C. Meoli, Art. 2. Diritto alla vita, in La Carta dei diritti dell’U-nione Europea. Casi e materiali, cit., 56 ss.

(36) Corte europea dei diritti umani, 29 aprile 2002, Pretty controRegno Unito di Gran Bretagna, consultabile su www.echr.coe.int.

(37) C. Meoli, op. cit., 57.

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pubblica quanto da quella privata altrui. Secondoautorevole dottrina, l’art. 3 della Carta dei dirittifondamentali dell’Unione Europea consente la rea-lizzazione del principio di “autodeterminazione bio-logica” (38), estendendo il principio dell’habeas cor-pus al consenso informato quale manifestazione deldiritto di libertà e rispetto della dignità di ogni sin-gola persona. Queste garanzie essenziali al contemperamento deldiritto alla vita e del diritto di autodeterminazioneindividuale hanno il ruolo di arginare fenomeni diabuso accaduti in passato e tristemente noti. Ci siriferisce alle politiche di sterilizzazione e del pro-gramma eugenetico attuati in Germania negli An-ni Trenta del Novecento durante il dominio nazi-sta, precedente alla realizzazione dell’Olocausto.Da un lato venne organizzato un atroce modello disterilizzazione genetica che prevedeva che “solo lepersone sane potessero avere figli” (39), mentredall’altro si concretizzò “la salvezza del Volk (popo-lo) tramite l’eliminazione degli incurabili” (40).Tale teoria ebbe effetti spaventosi in Germania,provocando la morte di diverse centinaia di mi-gliaia di pazienti e non restò isolata, in quanto an-che in altri ordinamenti, come negli Stati Uniti oin Gran Bretagna, esisteva una deriva eugeneticadella scienza (41). Al termine della Seconda Guer-ra Mondiale, quando vennero alla luce le atrocitàcommesse compiute dai medici nei campi di con-centramento nazisti, si sviluppò un dibattito eticoe medico che portò nel 1947 alla formazione delCodice di Norimberga (42), il quale poneva allabase del rapporto tra medico paziente la manifesta-zione consenso libero ed informato di quest’ultimo(43). Il principio del consenso informato rappre-senta il fondamento (44) del rapporto tra medico epaziente nonché il passaggio dal rapporto paterna-listico al rispetto del principio di autonomia e del-la libertà di cura (45),, nonché il raggiungimentodi un punto di equilibrio tra due posizioni di cono-scenza così distanti. Secondo una opinione preva-lente in dottrina e in giurisprudenza, il principiodel consenso informato rappresenta una forma dirispetto per la libertà dell’individuo e un mezzo peril perseguimento dei suoi migliori interessi (46),che si sostanzia non solo nella facoltà di sceglieretra le diverse possibilità di trattamento medico

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Note:(38) S. Rodotà, Laicità e potere sulla vita, in Lezioni di laicità, cit., 47.

(39) M. Picozzi, O. Ferrario, L’ombra del nazismo. Legiferare sul-

la fine della vita: rischi e paure, Napoli, 2009, 52. R. J. Lifton, Imedici nazisti, Milano, 1988, 40; G. Agamben, Homo sacer. Ilpotere sovrano e la nuda vita, Torino, 1995, 150.

(40) M. Picozzi, O. Ferrario, L’ombra del nazismo, cit. 62. I dueautori ricostruiscono il percorso dell’idea propugnata già in epo-ca guglielmina da A. Jost, il quale nel 1895 scrisse nel suo testo:“Il diritto alla morte” che «l’eutanasia, applicata non solo agli in-curabili ma anche a psicopatici, deficienti, infanti ritardati odeformi, fu collocata in una dimensione terapeutica. Stroncareuna vita indegna di vita costituiva, nella loro Weltanschauungomicida, solo un trattamento terapeutico, un lavoro terapeuti-co». Tali idee vennero riprese da un noto giurista, K. Binding, eda un altrettanto illustre psichiatra, A. Hoche, nel testo “Il per-messo di annientare una vita indegna di vita” (N. M. Gorsuch,The Future of Assisted Suicide and Euthanasia, Princeton, 2006,37; M. Picozzi, O. Ferrario, L’ombra del nazismo, cit., 63). Os-serva Agamben che secondo Binding «non resta al diritto altrapossibilità di considerare l’uomo vivente come sovrano sullapropria esistenza», ne conseguirebbe «la necessità di autorizza-re l’annientamento della vita indegna di essere vissuta». Attra-verso queste parole, Binding introduce per la prima volta nel di-battito europeo il concetto di eutanasia insieme al giudizio sulvalore (ovvero sul disvalore) della vita come tale (G. Agamben,Homo sacer, cit., 151).

(41) A questo proposito si ricorda una delle più controverse de-cisioni della Corte Suprema Americana, Buck v. Bell (Buck v.Bell, 274 U.S. 200, 207 (1927), distinguished in Skinner v. Ok-lahoma, 316 U.S. 535 (1942) relativa alla sterilizzazione forzata diuna minorenne minorata mentale (N. M. Gorsuch, The Future ofAssisted Suicide, cit., 34). In quegli anni ben 29 Stati americanipromulgarono leggi per la sterilizzazione obbligatoria di individuiconsiderati appartenenti a categorie definite “degenerate”, co-me i “pazzi criminali” o sofferenti patologie psichiatriche. Analo-ghe iniziative vennero prese in Gran Bretagna, Svizzera, Norve-gia, Danimarca, Svezia, Finlandia, Estonia, Cuba, Cecoslovac-chia, Yugoslavia, Lituania, Lettonia, Ungheria, Turchia (M. Picoz-zi, O. Ferrario, L’ombra del nazismo, cit. 44; P. Proctor, Racial Hy-giene, Cambridge, 2000, 97). A differenza della genetica, l’eu-genetica non ha mai avuto alcuno statuto scientifico, anche seprese forma da una visione deviata delle teorie del darwinismosociale. Detta inaccettabile teoria sosteneva che l’indebolimen-to della razza fosse provocato da due fattori: uno relativo alla cu-ra dei deboli, che avrebbe minato il normale decorso della natu-ra, e l’altro inerente al convincimento che poveri e disadattati siriproducevano sempre più velocemente (P. Proctor, Racial Hy-giene, cit., 15).

(42) J. Levi, Medicine, the Holocaust and the Doctor’s Trial, in J.Rozenberg, Bioethical and Ethical Issues, Surrounding the Trialsand Code of Nuremberg Nuremberg Revisited, New York, 2003,111; P. Weindling, “No Mere Murder Trial”: The Discourse onHuman Experiments at the Nuremberg Medical Trial, in V.Roelke, G. Maio (eds) Twentieth Century Ethics of Human Sub-jects Research, Stuttgart, 2004, 176.

(43) Il consenso informato riveste natura di principio fondamen-tale in materia di tutela della salute in virtù della sua funzione disintesi di due diritti fondamentali della persona: quello all’auto-determinazione e quello alla salute (Corte cost., 23 luglio 2009,n. 253); In dottrina C. Coraggio, Il consenso informato: alla ricer-ca dei principi fondamentali della legislazione statale, in Giur. co-st., 2008, 4981.

(44) P. Casali, A. Santosuosso, Il consenso informato nella speri-mentazione clinica, in A. Santosuosso, (a cura di), Il consensoinformato, Tra giustificazione del medico e diritto del paziente,Milano, 1996; 169 ss; A. Andronio, Il consenso, cit.

(45) C. Botti, voce “Consenso”, in Dizionario di Bioetica, Roma -Bari, 2002, 59; G. Ferrando, La sperimentazione sull’uomo, inBarni, M., Santosuosso, A., (a cura di), Medicina e diritto, Mila-no, 1995, 238 e dottrina ivi citata.

(46) Cass. 16 ottobre 2007 n. 21748, cit.

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(47), ma pure nella possibilità di rifiutare la terapiadecidendo consapevolmente di interromperla, inossequio al principio personalistico che caratterizzala Costituzione, “la quale vede nella persona uma-na un valore etico in sé e ne sancisce il rispetto inqualsiasi momento della sua vita e nell’integralitàdella sua persona” (48). Nella categoria generaledel consenso informato rientra senz’altro il c.d. te-stamento biologico (traduzione imprecisa della lo-cuzione inglese “living will”) attraverso il quale unsoggetto dispone della eventuale sospensione ditrattamenti sanitari nel caso si trovasse nell’inca-pacità di manifestare una valida volontà poiché haraggiunto il confine estremo della sua vita, ondeevitare a terzi l’incriminazione per omicidio volon-tario ovvero omicidio del consenziente. Certa dottrina, specie di lingua inglese, pone in re-lazione il movimento eutanasico basato sul darwini-smo sociale che ha tristemente accolto proseliti suentrambe le sponde dell’Atlantico con l’attuale di-battito sull’autodeterminazione in materia di finevita (49) affermando che il dibattito in materia hapotuto riaffiorare perché impostato non più in ter-mini di progresso sociale ovvero biologico, ma di au-tonomia individuale e di privacy. La medesima dot-trina ammette che questo mutamento è stato possi-bile con l’avanzamento della ricerca scientifica e delmiglioramento delle cure mediche che consentonoalla medicina di ritardare la morte più a lungo diquanto si poteva pensare fosse possibile. In questonuovo contesto i fautori della sospensione delle cu-re mediche rivendicano il ruolo dell’autodetermina-zione nel contrasto della prepotenza della scienzamedica sul soggetto debole in stato comatoso. Stru-mento della difesa del singolo contro l’invadenzadell’evoluzione medico-scientifica sarebbe l’espres-sione del consenso informato contenuta nel testa-mento biologico. Nel nostro Paese il testamentobiologico è al centro di un dibattito giuridico e poli-tico, con importanti risvolti culturali, sociali e reli-giosi, molto controverso scaturito da alcune vicendeche hanno colpito l’opinione pubblica e, come giàaccennato, è in corso di approvazione in Parlamen-to.

3. Il principio di autodeterminazione,il consenso informato e la capacità di intendere e volereIl principio di autodeterminazione è l’elemento checollega la dignità con la libertà, “principi che im-mediatamente la sottraggono ai condizionamentiderivanti, in primo luogo dalla logica di mercato”(50). Autorevole dottrina (51) ricostruisce il per-

corso evolutivo del concetto di autodeterminazioneattraverso un percorso storico: da un lato, in a pro-spettiva più generale, attraverso il richiamo allaMagna Charta del 1215, attraverso la quale il pote-re reale si autolimitò nei confronti dell’eserciziodella giurisdizione sui baroni. Si tratta di un puntodi partenza di una “negoziazione complessa” cheporterà nel corso della Storia “a quella autolimita-zione dello Stato sovrano come atto di fondazionedei diritti pubblici subiettivi (52)”. Su queste basioggi quando in materia di autodeterminazione siparla di libertà si intende la libertà “positiva” con laquale “è possibile, ma anche necessario leggere leformule positive dei singoli diritti costituzionali co-me chiavi che aprono le porte di qualsiasi manife-stazione di libertà” (53). Secondo questa dottrinal’autodeterminazione, e le sue varianti lessicali co-me privacy, autonomia individuale, libertà positiva,rivelano il fondamento dei diritti della persona(54), dall’altro lato, l’autodeterminazione opera nelgià ricordato ambito più specifico del consenso allecure mediche. L’evoluzione dell’autolimitazione delpotere medico sulla decisione della migliore terapiada somministrare al paziente è più repentina e re-cente rispetto alla lungo percorso intrapreso nellalimitazione al potere regio e concerne la dolorosa eterribile scoperta dei già ricordati esperimentiscientifici accaduti nei campi di sterminio di nazi-sti. Onde evitare che si ripetessero siffatte crudeltàdi fronte alle quali le antiche parole ippocratiche:«sceglierò il regime per il bene dei malati secondole mie forze e il mio giudizio, e mi asterrò dal recardanno e offesa. In tutte le case che visiterò entrerò

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Note:(47) R. F. Iannone, La cura del paziente e l’acquisizione del con-senso informato: la Cassazione estende l’obbligo di informazio-ne alle variazioni effettuate nel corso dell’intervento chirurgico,in Giust. civ., 2011, 2, 433.

(48) R. F. Iannone, op cit., L. Mengoni, La tutela giuridica della vi-ta materiale nelle varie età dell’uomo, in Riv. trim. dir. proc. civ.,1982, 1121 ss.

(49) N. M. Gorsuch, op. cit., 39.

(50) S. Rodotà, Laicità e potere sulla vita, cit., 54.

(51) S. Rodotà, Il nuovo habeas corpus: la persona costituziona-lizzata e la sua autodeterminazione, in Trattato di Biodiritto, a cu-ra di S. Rodotà, P. Zatti, Milano, I, 176.

(52) S. Rodotà, Il nuovo habeas corpus, cit.

(53) M. Cartabia, I “nuovi diritti”, in Stato, chiese e pluralismoconfessionale, febbraio 2011, in www.statoechiese.it, 14.

(54) M. Cartabia, op. cit. Questa autrice osserva che «nella li-bertà positiva, o “autodeterminazione” la libertà dalle costrizioniesterne diviene assenza di legami e liberazione da ogni forma dicondizionamento fattuale e relazionale, ed esprime l’immaginedi un uomo che intende essere padrone di se stesso».

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per il bene dei malati, astenendomi da ogni offesa eda ogni danno volontario»risultavano svuotate del loro significato e della lororagion d’essere, il Codice di Norimberga, ripreso poida altri documenti (55), stabilì che il consenso uma-no fosse assolutamente necessario (56). Ne conse-gue che l’affermazione della libertà e dell’autonomiaindividuali si estenderanno agli interi rapporti tramedico e paziente per giungere al riconoscimento“alla persona del diritto al governo della propria vi-ta, al pieno esercizio della sovranità sul proprio cor-po” (57). Non solo questa rivoluzione collegata al ri-conoscimento della manifestazione del consensoinformato modifica gerarchie sociali statiche da se-coli, come quelle tra medico, soggetto colto edesperto, e paziente, soggetto silente, sottoposto almedico a causa della asimmetria conoscitiva, ma de-finisce una nuova categoria generale della persona,perché “consentire equivale ad essere”, (58) essereliberi e sovrani su di sé. Infatti, l’autodeterminazio-ne si può identificare “con il progetto di vita realiz-zato o perseguito dalla persona (…) irriducibile aschemi formali, governato da un esercizio ininter-rotto di sovranità che permette quella libera costru-zione della personalità che troviamo iscritta in testaalla nostra e ad altre costituzioni” (59). Questa ricostruzione trova conforto nel dettato co-stituzionale, precisamente negli artt. 2, 13 e 32, co.2. Secondo autorevole dottrina (60) siffatto combi-nato disposto riconoscerebbe il diritto fondamenta-le alla pianificazione anticipata delle cure quale“estensione” del diritto all’autodeterminazione ri-spetto ai trattamenti medici, anche oltre le sogliedella capacità, da un lato; nonché quale diritto stret-tamente collegato alla dignità e all’identità umananonché allo sviluppo della personalità rispetto alleesigenze artificialmente garantite in condizioni diincoscienza, dall’altro lato. L’unico strumento checonsentirebbe tale estensione del diritto di autode-terminazione è la manifestazione della volontà del-l’individuo, attraverso l’espressione del consensoinformato libero e attuale (61). Tale impostazioneha trovato accoglimento nella giurisprudenza dellaCorte costituzionale, la quale ha riconosciuto allamanifestazione del consenso informato una funzionedi sintesi di due diritti fondamentali della persona:quello all’autodeterminazione e quello alla salute,“in quanto, se è vero che ogni individuo ha il dirittodi essere curato, egli ha, altresì, il diritto di riceverele opportune informazioni in ordine alla natura e aipossibili sviluppi del percorso terapeutico cui puòessere sottoposto, nonché delle eventuali terapie al-ternative; informazioni che devono essere le più

esaurienti possibili, proprio al fine di garantire la li-bera e consapevole scelta da parte del paziente”(62). Al momento, il principio del consenso informato èriconosciuto dall’art. 5 della Convenzione per laprotezione dei diritti dell’uomo e la dignità dell’esse-re umano riguardo alle applicazioni della biologia edella medicina (Convenzione sui diritti dell’uomo ela biomedicina) (63). Esso afferma un principio ge-nerale, secondo cui “Un intervento nel campo dellasalute non può essere effettuato se non dopo che lapersona interessata abbia dato consenso libero einformato” (64). Questa persona riceve innanzituttouna informazione adeguata sullo scopo e sulla natu-

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Note:(55) Tra le dichiarazioni internazionali successive alla Dichiarazio-ne di Norimberga, in via puramente esemplificativa si ricordano,la Dichiarazione di Helsinki nel 1964 (World Medical Association,Declaration of Helsinki: Recommendations Guiding Doctors inClinical Research, World Medical Journal, 1964, 281). Si trattadel codice deontologico sviluppatosi traendo linfa dalla prece-dente Dichiarazione di Ginevra emanata nel 1948 dalla Associa-zione Medica Mondiale. La Dichiarazione di Ginevra dell’Asso-ciazione Medica Mondiale è stata adottata nel 1948 ed ulterior-mente emendata negli anni 1968, 1984, 1994, 2005 e 2006 (sivedano il testo originale e le successive modifiche sul sito delWorld Medical Association, http://wma.net, in dottrina, K. M.King, A Proposal for the Effective International Regulation of Bio-medical Research Involving Human Subjects, 34 Stan. J. Int’l L.163, 1998, 178).

(56) S. Rodotà, Il nuovo habeas corpus, cit., 179.

(57) S. Rodotà, Il nuovo habeas corpus, cit.

(58) S. Rodotà, ult. op. loc. cit.

(59) S. Rodotà, Laicità e potere sulla vita, cit. 49.

(60) F. G. Pizzetti, Alle frontiere della vita, cit., 184.

(61) F. G. Pizzetti, op. cit., 94.

(62) Corte cost., 23 dicembre 2008, n. 438. In dottrina, R. Bal-duzzi, D. Paris, Corte costituzionale e consenso informato tra di-ritti fondamentali e ripartizione delle competenze legislative, inGiur. cost. 2008, 6, 4953.

(63) Convenzione per la protezione dei diritti dell’uomo e la di-gnità dell’essere umano riguardo alle applicazioni della biologia edella medicina (Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedici-na), sottoscritta a Oviedo il 4 aprile 1997, entrata in vigore il 1° di-cembre 1999 ratificata nell’ordinamento italiano con la legge 28marzo 2001, n. 145 (http://conventions.coe.int/Treaty/ita/Treaties/Html/164.htm). In dottrina, A. Bompiani, Consiglio d’Eu-ropa, diritti umani e biomedicina. Genesi della Convenzione diOviedo e dei Protocolli, Roma, 2009; E. Furlan, (a cura di), Bioe-tica e Dignità Umana. Interpretazioni a confronto a partire dallaConvenzione di Oviedo, Milano, 2009.

(64) In dottrina, F. Troncone, Brevi note sugli aspetti civilistici delconsenso informato in tema di attività medico-chirurgica, in Giu-st. civ., 2011, 191; P. F. Gigliotti, Il consenso informato e la car-tella clinica, in Dir. economia assicur., 2010, 1003; P. Laake, H.Breien Benestad, B. Reino Olsen, Research methodology in themedical and biological sciences San Diego, 2007, 60; G. VanOverwalle, Human Rights’ Limitations in Patent Law, in Intellec-tual property and human rights: a paradox, (W. Grosheide, ed.),Chelthenham, 2010, 252.

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ra dell’intervento e su rischi e conseguenze, mentreall’art. 6 la Convenzione si occupa di proteggere “lepersone che non hanno la capacità di dare consen-so”. La persona interessata può, in qualsiasi momen-to, liberamente ritirare il proprio consenso. Di pari interesse e rilevanza sono gli artt. 5, 6 e 7della Dichiarazione Universale dell’UNESCO sullabioetica e i diritti umani. L’art. 5 stabilisce un rico-noscimento espresso dei principi di autonomia e re-sponsabilità degli individui nell’assunzione di ognidecisione medica. L’art. 6 afferma che “qualsiasi in-tervento medico a fini di prevenzione, diagnosi e cu-ra deve essere eseguito con il consenso preventivo,libero e informato della persona coinvolta, basato suinformazioni adeguate (65)”. Infine, l’art. 7, in rela-zione alla fattispecie inerente alla persona priva dicapacità di prestare consenso, prevede che, inconformità alla legge nazionale, l’autorizzazione al-l’intervento medico debba essere ottenuta in accor-do con il miglior interesse del malato (66). Si tratte-rebbe della realizzazione del diritto di pianificare an-ticipatamente le proprie cure, in previsione della si-tuazione in cui il paziente non possa esprimere leproprie preferenze in modo informato e attuale at-traverso la formulazione di un testamento biologicoper mezzo del quale tale diritto può venire esercitatoin concreto dal titolare, anche nel caso sia soprav-venuta la sua incapacità di intendere e volere (67),situazione non reputata ammissibile per il pazienteincapace, il quale in ragione della sua incapacità,perderebbe il diritto di autodeterminarsi (68).Vi sarebbe una contrapposizione profonda e insana-bile tra i fautori della corrente a favore dell’autode-terminazione e quelli della corrente solidaristica.Esistono due tipi di criticità che impediscono lacomposizione di tale frattura, il primo relativo all’at-tuale silenzio della legge relativamente alla manife-stazione di autodeterminazione di ciascuna personain pieno possesso della propria capacità. Si tratta diun elemento di natura soggettiva e relativo alle ca-ratteristiche di ciascun individuo. Il secondo ele-mento è relativo ai citati fattori di influenza esterni,connessi a elementi oggettivi presenti in un certocontesto storico e sociale. Per quanto concerne l’aspetto individuale e perso-nale della manifestazione della propria autodetermi-nazione relativamente alla fase finale della vita sidevono affrontare due questioni: da un lato la pre-senza ovvero l’assenza della capacità di intendere edi volere da parte del dichiarante e dell’altro la mo-dalità di manifestazione di tale volontà.Secondo una interpretazione tradizionale e pacifica-mente condivisa, la capacità di agire è la capacità di

disporre dei propri diritti e di assumere impegni me-diante manifestazioni di volontà (69). Come ha osser-vato la giurisprudenza, “il rifiuto delle terapie, sempreche sia espresso con volontà cosciente da parte del pa-ziente, può essere giustificato non solo dal suo credoreligioso (...), ma anche da una precisa concezione eti-ca della vita, compendiantesi nel rifiuto di vivere le fa-si conclusive della propria esistenza, il processo di mo-rire, in modo non conforme alla “dignità umana”, (70)quando ad interrompere la relazione medico-pazientesi intrometta la più avanzata tecnologia. Il consenso siporrebbe quindi a fondamento di ogni atto medico,“sia questo minimo (ad es., un iniezione di glucosio, o,una emotrasfusione), ovvero, massimo (es., un delica-to intervento chirurgico), dato che entrambi questi at-ti, mancando la volontà dell’interessato, possono vio-lare la sua ‘libertà personale’, alterandone il benesserepsico-fisico (71)”. Nel caso di paziente capace, qualo-ra vi sia stato rifiuto consapevole da parte del malatonon sussiste alcun obbligo giuridico di intervento daparte del sanitario, “dato che anzi sorge l’obbligo dinon iniziare o di sospendere le cure, dal momento cheil suo intervento si scontrerebbe con l’opposta volontàdel titolare del diritto ed anzi costituirebbe fonte di re-sponsabilità” (72). Il problema sembrerebbe porsiesclusivamente quando il paziente, a causa delle suecondizioni, terminali ovvero croniche e irreversibili,veda minare “seriamente la capacità di intendere e vo-lere” individuale (73). Altra autorevole dottrina, in-vece, osserva che tale circostanza non è più certa inquanto la differenza tra paziente consapevole e pazien-te incapace sembrerebbe svanire e l’autodeterminazio-ne “diventa controversa anche per i pazienti coscientie capaci” (74) con la pretesa di far prevalere il diritto

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Note:(65) C. Cupelli, La disattivazione di un sostegno artificiale tra agi-re ed omettere, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2009, 1145, n. 17.

(66) In relazione alle possibili influenze del paternalismo sulle de-cisioni relativemente ai pazienti non in grado di intenere e di vo-lere, J. F. Martin, Art. 7. Persons without the capacity to con-sent, in (H. A. M. J. ten Have, M. S. Jean, The UNESCO Univer-sal Declaration on Bioethics and Human Rights: Background,Principles and Application, Paris, 2009, 139).

(67) F. G. Pizzetti, op. cit., 93.

(68) F. G. Pizzetti, ult. op. loc. cit.

(69) P. Trimarchi, Istituzioni di diritto privato, Milano, 2009, 58.

(70) Trib. Modena, 23 dicembre 2008, in Banca dati Dejure.

(71) Trib. Modena, 23 dicembre 2008, cit.

(72) Trib. Modena, 23 dicembre 2008, cit.

(73) P. Cendon, I malati terminali e i loro diritti, cit., 266.

(74) A. Santosuosso, Diritto, scienza, nuove tecnologie, cit., 76.Va sottolineato, però, che questo Autore considera detto pas-saggio solo temporaneo e “critico destinato nel seguito ad es-sere superato”.

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alla vita sugli altri diritti e libertà garantite dalla Co-stituzione, come se si trattasse di un diritto superiore.Detta questione riguarda il rapporto tra evoluzionetecnologica e autodeterminazione, elemento comu-ne tanto in situazioni di capacità del paziente, quan-to in situazioni di incapacità e fondato su una certadiffidenza nei confronti della consapevolezza dei pa-zienti sulle conseguenze del rifiuto di una terapia,come se sia capaci, quanto incapaci si trovassero incondizioni di inferiorità, non in grado di valutarecompiutamente tutti gli aspetti concernenti il con-senso alla terapia. Questa corrente di pensiero si an-nida nell’opinione, presente soprattutto in ambitosanitario, che ha rinvigorito il paternalismo medico(75) quale elemento di riferimento nella cura medi-ca. Altra dottrina, ispirata dalle esperienze compara-tistiche di modello inglese, osserva che nel caso delpaziente non in grado di intendere e volere, adesempio in stato vegetativo permanente, “il princi-pio del consenso si arresta di fronte all’impossibilitàdi prestarlo e allora solo il medico può fare scelte chetengano conto della necessità terapeutica e del mi-glior interesse del paziente” (76). L’adozione di talemodello ha comportato che nell’accertata “oltre ra-gionevole dubbio l’irrecuperabilità della situazione”è stata adottata la scelta della limitazione terapeuti-ca e quindi la sospensione sia dei trattamenti medi-ci sia della somministrazione di idratazione e ali-mentazione artificiali (77). Secondo la citata dottri-na questa soluzione rappresenterebbe un limite con-divisibile alla “filosofia interventistica dell’agire aoltranza (78) perché impedirebbe la sospensione deidiritti costituzionali a causa delle condizioni medi-che in cui versano, poiché l’art. 32 Cost. conterreb-be in sé anche un diritto a essere preservati dall’ab-bandono nelle sole mani altrui in riferimento alledecisioni che potrebbero essere in contrasto con gliinteressi o la volontà nota ovvero presumibile deisoggetti incapaci (79).Per quanto concerne il tema della manifestazionedel consenso informato da parte del paziente vi sonodue opinioni contrapposte. Da un lato vi è chi affer-ma che sia «precluso al medico di eseguire tratta-menti sanitari se non acquisisca dal paziente un con-senso libero ed informato che è presupposto espres-sivo del suo diritto primario di accettazione, rifiuto einterruzione della terapia, fino al rischio stesso dellavita, sulla base delle convinzioni etiche, religiose,culturali e filosofiche che ne improntano le determi-nazioni, con la conseguenza che si rivela legittimo ilrifiuto o la richiesta di interruzione di un trattamen-to salvifico da parte della persona nel pieno possessodelle proprie capacità» (80). Invece, come anticipa-

to, coloro che negano il diritto del paziente a poterpianificare le cure muovono da una differenza di na-tura ontologica tra il malato lucido e il malato inca-pace, il quale perderebbe in ogni caso il suo diritto diautodeterminazione rispetto alle cure, neanche semanifestato precedentemente, fino ai limiti dell’ac-canimento terapeutico (81). In giurisprudenza dimerito a questo proposito è stato affermato che «al-la luce degli artt. 2 e 32 della Carta costituzionale ècorretto ritenere che l’applicazione di un trattamen-to, terapeutico o di alimentazione, anche invasivo,indispensabile a mantenere in vita una persona noncapace di prestarvi consenso costituisca comporta-mento, non solamente lecito, ma addirittura dovu-to, espressione di quel dovere di solidarietà che l’or-dinamento richiede ai consociati al fine di garantirela tutela della persona in tutte le forme in cui la stes-sa si esprime» (82).

Note:(75) Il paternalismo medico rappresenta quella corrente eticache prescrive di agire, ovvero di omettere di agire, per il bene diuna persona senza il suo assenso. I motivi fondanti una siffattaopinione riguardano proprio la superiore cultura del medico ri-spetto al paziente, nonché la presunta circostanza che il pazien-te, a causa della sua sofferenza, non sia in grado di deliberare au-tonomamente per se stesso, cosa che sarebbe in grado di fareuna volta superata la patologia cui è affetto (S. Pollo, voce “Pa-ternalismo”, in Dizionario di Bioetica, a cura di E. Lecaldano, Ro-ma - Bari, 2002, 212. Altra dottrina definisce questo movimentocome “vitalismo ippocratico” mettendo in evidenza come i pa-zienti, anche malati da molti anni, vengano considerati alla stre-gua di minori o irresponsabili “che non sanno quali siano le con-seguenze di certe scelte, e non hanno bisogno di operatori sani-tari che facciano di tutto per convincerli alla cura, desistendo so-lo dopo pertinace (ed eroico) diniego (M. Mori, Manuale di bioe-tica, cit., 320).

(76) P. Borsellino, “Bioetica tra “morali” e diritto, cit., 302; G.Ferrando, Stato vegetativo permanente e sospensione dei trat-tamenti medici, in Testamento biologico. Riflessioni di dieci giu-risti, cit., 150. Nella giurisprudenza inglese la decisione di riferi-mento è Airdale NHS Trust v. Bland, supra, I, § 5.

(77) P. Borsellino, op. cit., 303.

(78) P. Borsellino, ult. op. loc. cit.

(79) P. Borsellino, ult. op. loc. cit. In giurisprudenza si rimanda allanotissima Cass. 16 ottobre 2007, n. 21748, cit. Altra dottrina ar-gomenta sui medesimi presupposti ma giunge a conclusioni op-poste: S. Amato, Esiste in dovere di curarsi? In Rinuncia alle curee testamento biologico. Profili medici, filosofici e giuridici, a curadi M. G. Furnari, A. Ruggeri, Torino, 2010, 13; A. Bompiani, Rifiu-to e rinuncia al trattamento sanitario, in Rinuncia e cure, cit., 21.

(80) Trib. Firenze, 22 dicembre 2010, in Banca dati Dejure.

(81) Per una ricostruzione della dottrina, si veda F. G. Pizzetti, Al-le frontiere della vita, 93.

(82) Trib. Lecco, 20 dicembre 2005 - 2 febbraio 2006. Tale deci-sione, relativa alla complessa vicenda Englaro, vede i giudici af-fermare che «nel caso che qui interessa, il comportamento do-veroso è finalizzato a tutelare e conservare la vita di una perso-na, vale a dire non un modo in cui questa si esprime, bensì la suapiù profonda essenza, il presupposto indefettibile per l’esercizio

(segue)

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4. Il paziente in grado di intendere e volere e la manifestazione della volontàdi interrompere i trattamenti sanitari.L’esperienza comparatistica

Le prime esperienze di sospensione dei trattamentivitali di pazienti in stato terminale o con patologieestremamente invalidanti in grado di intendere evolere si svilupparono in diritto comparato.Uno di questi riguarda la legislazione dello Stato ame-ricano dell’Oregon (83) che nel 1997 promulgò ilDeath with Dignity Act (84) (DWDA) che consenteai malati terminali adulti e capaci residenti nello Sta-to di ottenere e autosomministrarsi dosi letali di far-maci prescritti all’uopo da medici (85). Questa legge èstata emanata dopo che negli Stati Uniti esplose loscandalo relativo ad un controverso medico che prati-cava la “dolce morte” su richiesta dei pazienti (86).Siccome essa esplicitamente autorizza i pazienti capa-ci, quindi in grado di intendere e volere di esprimere laloro volontà di terminare la loro vita chiedendo il ri-conoscimento del “right to die”, la legge è stata impu-gnata dal Federal Departmen of Justice nel tentativodi restringerne l’interpretazione sulla base del Con-trolled Substances Act (CSA) (87), cioè lo statuto fe-derale che disciplina la somministrazione dei farmaciletali che i medici dell’Oregon potevano prescriverenei casi di suicidi assistiti ai sensi del Death with Di-gnity Act. I termini del CSA oggetto dell’operazioneermeneutica erano: public interest (interesse pubblico),public health (salute pubblica) and safety (sicurezza), elegitimate medical purpose (legittimo scopo medico)(88). Il caso giunse di fronte alla Corte Suprema degliStati Uniti (89), la quale risolse affermando che leprescrizioni del CSA non autorizzavano l’AttorneyGeneral a bandire la somministrazione controllata difarmaci potenzialmente letali in presenza di una leggestatale che consentisse ciò (90). La questione, quindi,verteva non sul potere del paziente capace di rinun-ciare alle cure salvifiche, ma sul c.d. Check and Balan-ce dei poteri tra stato federale e stati, nella prospettivache negli Stati Uniti è sempre e comunque rilevante ildiritto alla privacy quale non interferenza del pubblicopotere nelle decisioni individuali, a partire dal notissi-mo caso Roe v. Wade (91).

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Note:

(segue nota 82)da parte della medesima di qualsiasi diritto. L’impossibilità delsoggetto interessato di manifestare la propria volontà circa iltrattamento “salva vita” ne esalta e non ne sminuisce il caratte-re doveroso».

(83) Recentemente una analoga disposizione legislativa è sta-ta implementata anche nel vicino stato di Washington: si trattadel Wash. Rev. Code §§ 70.245 (2008) (Washington Death

with Dignity Act) approvato con referendum dagli elettori delloStato. Fino ad allora i tentativi di introdurre una siffatta norma-tiva vennero sempre bocciati dal legislatore statale (R. C.Stern, H. J. DiFonzo, Stopping for Death: Re-Framing Our Per-spective on the End of Life, 20 U. Fla. J.L. & Pub. Pol’y 387,2009, 421.

(84) Si tratta dell’Oregon Death with Dignity Act, emanato il 27ottobre 1997 e le cui previsioni stabiliscono che una richiesta dierogazione di farmaci atti a provocare la morte in un pazientesofferente di malattia terminale può essere effettuata in formascritta solo da un paziente ultradiciottenne capace di intendere edi volere che manifesti il suo consenso informato rispetto alleconseguenze dell’atto medico richiesto. Questa legge disponealtresì la redazione di rapporti annuali relativi alla quantità e qua-lità di richieste pervenute e delle loro conseguenze. Secondol’ultimo rapporto pubblicato nel 2010 (e disponibile online al sitoweb di seguito indicato) tali richieste provenienti da pazienti ter-minali in grado di intendere e di volere sono state 96 dei quali 59hanno portato a termine la loro volontà eutanasica(http://public.health.oregon. gov/ProviderPartnerResources/EvaluationResearch/DeathwithDignityAct/Pages/index.aspx).Per quanto concerne la dibattuta, e secondo la nostra sensibilitàinaccettabile, prospettiva di analisi costi/benefici dell’applicazio-ne della legge si veda, A. R. Page, What’s the Cost of Living inOregon These Days? - A Fresh Look at the Need for Judicial Pro-tections in the Death with Dignity Act, 22 Regent U.L. Rev. 233,(2009/2010); In dottrina C. Casonato, Il consenso informato. Pro-fili di diritto comparato, in Studi di diritto comparato,www.cortecostituzionale.it, 15 ss.

(85) E. Fortuna, Il consenso informato e l’eutanasia nella casisti-ca giudiziaria di Stati Uniti, Europa e Italia, in Riv. it. medicina le-gale, 2008, 4-5, 991; K. L. Tucker, F. B. Steele, Patient Choice atthe End of Life: Getting the Language Right, http://ssrn.com/abstract=1138811, 2008.

(86) Ci si riferisce a Jack Kevorkian, in seguito condannato (Peo-ple v. Kevorkian, 527 N.W.2d 714 (Mich. 1994) a 8 anni di prigio-ne e morto il 3 giugno 2011 (http://en. wikipedia.org/wiki/Jack_Kevorkian). Sul punto si vedano: P. Kim, Navigatingthe Maze of End-of-Life Decisions Regarding the Rejection ofLife Sustaining Treatment, Medical Futility, Physician-AssistedDeath, and Abortion, 14 SMU Sci. & Tech. L. Rev. 127, 2010,152; C. Bollman, A Dignified Death? Don’t Forget About thePhysically Disabled and Those Not Terminally Ill: An Analysis ofPhysician-Assisted Suicide Laws, 34 S. Ill. U. L. J. 395, 2010,395.

(87) 1 U.S.C. §§801-971 (2000). Entrato in vigore nel 1970 e lacui ratio riguarda il controllo della produzione, distribuzione,somministrazione e possesso di farmaci e altre sostanze poten-zialmente pericolose per gli individui, per la salute pubblica e peril benessere. K. A. Chamberlain, Looking for a “Good Death”:The Elderly Terminally Ill’s Right to Die by Physician-AssistedSuicide, 17 Elder L.J. 61, 2009, 70.

(88) K. A. Chamberlain, op. cit.; J. Pickett, Can Legalization Im-prove End-of-Life Care? An Empirical Analysis of the Results ofthe Legalization of Euthanasia and Physician-Assisted Suicide inthe Netherlands and Oregon, 16 Elder L.J. 333, 2009, 344; O. C.Snead, The George W. Bush Administration: A Retrospective:Public Bioethics and the Bush Presidency, 32 Harv. J.L. & Pub.Pol’y 867, 2009, 902.

(89) Gonzales v. Oregon, 546 U.S. 243, 2006.

(90) P. Kim, op. cit., 146. Si segnala l’opinione dissenziente delJustice Scalia il quale affermava che «seppure la proibizione o ladeterrenza del suicidio assistito non sia certamente tra i potericonferiti agli Stati Uniti dalla Costituzione, tuttavia esso concer-ne la moralità pubblica (bonos mores) tradizionalmente compitodei poteri di polizia degli Stati».

(91) 410 U.S. 113 (1973). In dottrina, J. Wagner De Cew, In Pur-suit of Privacy: Law, Ethics, and the Rise of Technology, 1997,Ithaca, 95.

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In Olanda il dibattito sulla legalizzazione del suici-dio assistito si è esplicitato dopo che nel 1981 la se-zione criminale della Rechtbank di Rotterdam ave-va predisposto delle linee guida per valutare i com-portamenti dei sanitari nei suddetti casi (92), men-tre nel 1984 la Corte Suprema olandese affermò chequalora tali linee guida fossero state strettamente os-servate il medico non sarebbe stato punibile (93).Analoghe linee guida vennero adottate dalla So-cietà Reale dei medici olandesi (94) mentre nel1991 il procuratore generale della Corte Supremapubblicò uno studio sulle sentenze aventi ad oggettopratiche eutanasiche, noto come Remmelink Re-port (95). Nel 1993, il Parlamento olandese emanòuna disposizione legislativa che consentiva di prati-care l’eutanasia in specifiche condizioni, ma dall’al-tro rifiutò di estendere l’immunità ai medici per tut-ti i casi eutanasia poiché per l’ottenimento del’im-munità era richiesto il rigoroso rispetto delle lineeguida (96). A causa dell’alta percentuale di casi eu-tanasici non dichiarati dai medici (97), probabil-mente per il timore di venire perseguiti, il legislato-re olandese prima modificò la legge sulla sepoltura(Wet op de lijkbezorging) disponendo che qualora ilmedico avesse correttamente praticato l’eutanasiasarebbe rimasto immune dall’incriminazione (98),tuttavia la giurisprudenza non era concorde sull’ap-plicazione di tale immunità, cosicché il legislatoreapprovò e la Regina d’Olanda promulgò la “(L)eggedel 12 aprile 2001, concernenti revisione dell’euta-nasia e del suicidio assistito e la modifica del codicepenale e la Sepoltura e Cremazione (Legge sulla ces-sazione della vita su richiesta e suicidio assistito)”(99). All’art. 1, lett. b), essa definisce il suicidio as-sistito quale assistenza intenzionale ad un soggetto acommettere suicidio ovvero fornirgli i mezzi per far-lo. In Olanda il suicidio assistito è punito con la re-clusione non superiore a dodici anni, a meno chenon sia stato commesso da un medico che abbia sod-disfatto i criteri di diligenza, ovvero che fosse pre-sente (100): a) la convinzione che ci fosse una ri-chiesta volontaria e consapevole del paziente; b) laconvinzione che ci fosse la sofferenza duratura e in-sopportabile del paziente; c) Il paziente sia informa-to sul suo stato e sulle sue prospettive; d) il pazientesia giunto alla conclusione che in relazione alla suasituazione non esistano alternative ragionevoli; e)che il paziente abbia potuto disporre di almeno unaltro consulto medico, il quale abbia emesso un pa-rere scritto sui punti da a) a d); f) che la morte siastata provocata dal farmaco eutanasico sommini-strato dal medico con la dovuta diligenza.La dottrina osserva che secondo il dettato legislati-

vo il trattamento eutanasico può essere sommini-strato anche ai pazienti minorenni ultrasedicenni,qualora abbiano manifestato una dichiarazionescritta. Nel processo decisionale devono essere coin-volti anche i genitori, ma il minore ultrasedicennepuò prendere in autonomia la sua deliberazione an-che se in contrasto con i desideri genitoriali. (101)Anche in questo caso il medico dovrà fare le valuta-zioni precedentemente esaminate, mentre per il pa-ziente minorenne di età compresa tra i dodici e i se-dici anni è comunque prevista la manifestazione divolontà dell’esercente la potestà genitoriale ovverodel tutore (102). Le operazioni di controllo sulla

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Note:(92) K. Ebbott, A “Good Death” Defined by Law: Comparing theLegality of Aid-in-Dying Around the World, 37 Wm. Mithell L.Rev, 170, 2010, 184; J. M. Scherer, R. J. Simon, Euthanasia andthe Right to Die: A Comparative View, Lanham, 1999, 10.

(93) J. M. Scherer, R. J. Simon, Euthanasia and the Right to Die,op. cit.

(94) K. Ebbott, op. cit., 185.

(95) Sui contenuti del Remmelink Report, si veda P. J. Van DerMaas, J. J. Van Delden, L. Pijnenborg, C. W. Looman, Euthana-sia and other medical decisions concerning the end of life,Lancet. 1991 Sep 14;338(8768):669-74.

(96) K. Ebbott, op. cit.

(97) S. Gevers, Euthanasia: Law and Practice in The Nether-lands, 2 Brit. Med. Bull 326, 1996, 327; K. Ebbott, op. cit.

(98) K. Ebbott, op. cit., 186; S. Gevers, Euthanasia, cit., 332.

(99) Wet van 12 april 2001, houdende toetsing van levens-beëindiging op verzoek en hulp bij zelfdoding en wijziging vanhet Wetboek van Strafrecht en van de Wet op de lijkbezorging(Wet toetsing levensbeëindiging op verzoek en hulp bij zelfdod-ing), consultabile su https://zoek.officielebekendmakingen.nl/stb-2001-194.html. E. Fortuna, Il consenso informato e l’eu-tanasia nella casistica giudiziaria di Stati Uniti, Europa e Italia,cit., 991.

(100) K. Ebbott, op. cit., 187; D. Achilles, Examining the Gronin-gen Protocol: Comparing the Treatment of Terminally-Ill Infantsin The Netherlands with Treatment Given in the United Statesand England, 28 Wis. Int’l L.J. 795, 2011, 804 ss.

(101) K. Ebbott, op. cit., 188; N. M. Gorsuch, The Future of As-sisted Suicide and Euthanasia, cit., 104.

(102) Il dibattito sulle decisioni di fine vita che coinvolgono mi-nori o neonato ha portato la comunità medica olandese a redige-re un protocollo, c.d. Protocollo Groeningen, al fine di disciplina-re in modo rigido il ricorso alla sospensione delle terapie ovverodell’accelerazione del decesso nel caso di bambini. Si tratta didecisioni relativi a casi molto gravi e “specialissimi” dove l’équi-pe pediatrica che ha deciso per l’applicazione ha espresso pare-re unanime con l’apporto di uno specialista esterno oltre all’ac-quisizione del consenso dei genitori e la successiva archiviazio-ne del caso da parte della magistratura inquirente (C. Vezzoni, InOlanda non è in atto una deriva eugenetica. Breve nota sul pro-tocollo di Groningen, in Bioetica, 2006, 259). Il protocollo preve-de la coesistenza di cinque requisiti: “1) la certezza di diagnosi eprognosi infauste; 2) la presenza di una sofferenza insopportabi-le, senza speranza e con una qualità della vita molto povera; 3)consenso dei genitori; 4) consultazione con un medico indipen-dente e che questi si trovi d’accordo con le conclusioni del col-

(segue)

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somministrazione di farmaci eutanasici è a carico dicinque commissioni regionali che vagliano l’operatodei sanitari coinvolti, segnalando alla magistraturaeventuali irregolarità e pubblicando rapporti annua-li (103). L’esperienza olandese si distingue per l’ap-proccio pragmatico delle problematiche di fine vitapoiché di fronte ai dubbi di natura etica ed a seguitodella constatazione che nei paesi sviluppati la tec-nologia ha consentito di spostare il limite della vitasempre più avanti, medici e pazienti si trovano difronte a situazioni che provocano una risposta indi-viduale diversa a seconda dei soggetti, sfuggendo aduna risposta universalmente valida per tutti. Il legi-slatore olandese ha scelto da un lato di non imporreuna soluzione predeterminata (ad esempio proiben-do l’eutanasia in modo assoluto), dall’altro ha con-sentito alle pratiche che presentassero aspetti pro-blematici di emergere dalla clandestinità ed esseresottoposte ad un esame minuzioso. Ne consegue chel’emersione della criticità consente di prevenireogni forma di abuso nel rapporto asimmetrico cheesiste tra medico e paziente, riducendo il margine didiscrezionalità dei medici (104).Il Belgio presenta una legislazione (105) che, a dif-ferenza di quella olandese, regola apertamente l’eu-tanasia e consente la somministrazione sia di farma-ci eutanasici, sia di cure palliative, sulle quali la ri-cerca scientifica non si è fermata (106), risolvendo apriori il dubbio etico che il suicidio assistito ovverol’eutanasia possano essere scartati quali opzioni discelta se il malato fosse messo nelle condizioni dinon percepire la sofferenza e il dolore. In questo mo-do la scelta del paziente di ricorrere alla sommini-strazione del farmaco eutanasico viene ricondottaad una manifestazione di pura autonomia individua-le. L’art. 2, co. 1, della Loi relative à l’euthanasie sta-bilisce esplicitamente che l’eutanasia è un atto rea-lizzato da un terzo che mette intenzionalmente finealla vita di una persona su richiesta di costei. L’art. 2definisce le modalità della procedura: il medico nonè perseguibile per aver somministrato il farmaco eu-tanasico se, nel rispetto della legge: a) il paziente èmaggiorenne o minore emancipato, capace di inten-dere e volere al momento della richiesta; b) la do-manda è formulata volontariamente dopo riflessionie ripensamenti e dalla quale non risultino pressioniesterne; c) il paziente si trovi in una situazione me-dica senza speranza e la sofferenza psichica o fisicasiano costanti e insopportabili e siano conseguentida un incidente ovvero una patologia grave e incu-rabile. Il secondo comma statuisce che è dovere delmedico informare il malato del suo stato di salute,della sua speranza di vita e consultarsi con il pazien-

te sulla domanda di eutanasia proponendo terapiealternative ovvero cure palliative. Dopo diverse in-terviste il medico deve giungere con il paziente allaconvinzione che non ci sia altra soluzione ragione-vole nella sua situazione e, di nuovo, la legge ribadi-sce che la domanda sia volontaria e che vi sia un ne-cessario consulto con un medico diverso sull’irrepa-rabilità del decorso della malattia.L’art. 3 in materia di direttive anticipate presentamolti spunti di interesse: esso consente ai soggettimaggiorenni o minori emancipati capaci che, inprevisione del caso in cui non possano più manife-stare la loro volontà, dichiarino per iscritto di auto-rizzare un medico a somministrare loro un farmacoeutanasico se il suddetto medico constati: a) che sitratti di una patologia provocata da incidente o damalattia grave e incurabile; b) che il soggetto sia in-cosciente; c) che la situazione sia irreversibile se-condo le conoscenze e lo stato attuale della scienza.La dichiarazione può designare dei fiduciari, classifi-cati in ordine di preferenza, che mettano il medicoal corrente della volontà del paziente. La dichiara-zione delle direttive anticipate può essere scritta inqualunque momento, datata e firmata dal dichiaran-te in presenza di due testimoni maggiorenni, senzainteressi materiali in conflitto. La dichiarazione havalore per cinque anni e può essere modificata inqualsiasi momento. Come si vedrà la soluzione belgain materia di dichiarazioni anticipate è opposta aquella italiana presente nel ddl S 10 - C 2350. An-che il Lussemburgo si è dotato di una legge sull’euta-nasia e sul suicidio assistito analoga a quelle olande-si e belga, va comunque segnalato che per raggiun-gere questo risultato, il ducato dovette affrontareuna riforma costituzionale per superare la contra-rietà del Granduca Henri all’approvazione di siffattanormativa.

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Note:

(segue nota 102)lega curante e 5) l’esecuzione della procedura eutanasica se-condo gli standard medici condivisi (D. Achilles, Examining theGroningen Protocol, cit., 186 ss.; S. Foratti, Il protocollo di Gro-ningen. Conversazioni con Edourad Verhagen, in Bioetica, 2008,503).

(103) K. Ebbott op. cit., 188.

(104) C. Vezzoni, op. cit., 262.

(105) Loi relative à l’euthanasie, 28 mai 2002. In dottrina, Y. En-glert, Belgique, l’évolution du débat, in P. Letellier, (a cura di),Regard éthique: L’euthanasie. Volume II Perspectives nationaleset européennes, Strasbourg, 2004, 15 ss.; L.Van den Block, N.Bossuyt, V. Van Casteren, L. Deliens, Le lit de mort en Belgique,Bruxelles, 2009.

(106) L. Ferry, A. Kahn, Faut-il legaliser l’euthanasie? Parigi,2010, 230 - 231.

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In Germania la legge sul Patientenverfügung (107) haformalizzato ciò che la giurisprudenza tedesca avevagià acquisito già nel 1994 con la c.d. Kemptener Ur-teil (108) e confermato in un orientamento costante(109) con una condivisione diffusa dell’istituto daparte dei cittadini. Preliminarmente alla sommariaanalisi dell’istituto, si osserva che l’ordinamento te-desco, memore delle tragiche esperienze del passato(110), ha inteso implementare i principi della tute-la della dignità contenuti nella Grund Gesetz nelsenso del riconoscimento del diritto di libero svilup-po della personalità di ciascun individuo attraversola sua autodeterminazione, anche quale rinunciadella vita artificialmente sostenuta (111). La dottri-na osserva da un lato la nuova legge accoglie la vin-colatività delle disposizioni autodeterminative per isanitari, mentre dall’altro non risolve, né potrebbe, iproblemi concreti relativi dei precisi confini dellatutela dell’integrità della persona alla fine della vi-ta” (112). La legge tedesca interviene sul piano so-stanziale, modificando la normativa sulla Betreuung(amministrazione di sostegno) (113) con l’introdu-zione delle disposizioni sulla Patientenverfügung (di-sposizioni del paziente) ai §§ 1901 e seguenti delBGB da un lato e dall’altro lato con la modifica dialcune disposizioni sulla volontaria giurisdizione sulpiano processuale. Nello specifico, il §1901: a) affer-ma che il paziente maggiorenne capace di manife-stare il consenso può redigere in forma scritta la pro-pria determinazione sul consenso ovvero il rifiuto disottoporsi a certi esami diagnostici, cure e interven-ti medici per il caso in cui si trovasse nell’incapacitàfutura di disporre di sé e della propria volontà. Qua-lora questa ipotesi si verificasse, l’amministratore disostegno valuta l’attualità delle determinazioni pre-determinate dal paziente: in caso affermativo l’am-ministratore di sostegno deve esternare e rendere ef-ficaci le disposizioni contenute nel Patientenverfü-gung, mentre nel caso negativo si presenta una criti-cità non minore nella nuova disciplina. Posto che lalegge tedesca non attribuisce alcun termine di sca-denza per la Patientenverfügung, anche se è sempremodificabile, può succedere che nel frattempo il pa-ziente muti i propri orientamenti etici, filosofici ov-vero religiosi, senza però incidere sulla dichiarazioneformalizzata, mentre dall’altro l’evoluzione dellascienza medica può rendere superata la realtà sullabase della quale il paziente a suo tempo rese le sueconvinzioni. Quid facere in caso di sopravvenuta in-capacità del paziente? La risposta non è agevole e indottrina sono state elaborate più proposte. Vi è chiafferma che la responsabilità ricadrebbe sull’ammi-nistratore di sostegno il quale avrebbe il compito di

verificare l’attualità delle disposizioni, interpretan-dole nell’interesse del paziente e tenendo conto an-che di semplici comportamenti spontanei realizzatidal paziente che contraddicano le dichiarazioni del-la Patientenverfügung (114). Una autorevole posizio-ne sostiene che l’amministratore di sostegno è tenu-to a perseguire il best interest del paziente e qualora idubbi permangano risolvere giudizialmente la que-stione attraverso il coinvolgimento dell’autorità giu-diziaria (115), a meno che non ci si trovi in un casodi urgenza e quindi prevale il principio in dubio provita; principio al quale è stato fatto più volte riferi-mento durante i lavori preparatori della Patienten-verfügungsgesetz (116). Il Bundesgerichtshof ha recen-temente orientato la soluzione di tali perplessità conuna decisione secondo la quale qualora ci sia stata lamanifestazione di volontà della persona, il distaccodegli apparecchi di ventilazione artificiale ovvero dialimentazione e idratazione artificiali non è penal-

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Note:(107) Drittes Gesetz zur Änderung des Betreuungsrechts (BGBII, 2286) nota come Patientenverfügungsgesetz. In dottrina, S.Patti, Disposizioni di fine vita: la legge tedesca, in Famiglia, Per-sone, Successioni, 2009, 964.

(108) BGH, 1StR357/94, BGHSt, 40, 257. Si trattava di un casoanalogo a quello Englaro, infatti il BGH aveva riconosciuto legitti-ma la richiesta dei famigliari di un paziente in SVP di staccare imacchinari che lo tenevano in vita sulla base della ricostruzionedella volontà presunta del malato incapace partendo dalle sueopinioni manifestate in precedenza e dai suoi convincimenti eti-co - filosofici (F. G. Pizzetti, Alle frontiere della vita, cit., 537).

(109) OLG Frankfurt am Main, 15 luglio 1998, 20 W 224/98, inNJW, 1998, 2749; OLG Karlsruhe/Freiburg, 29 ottobre 2001, 19Wx 21/01 in NJW, 2002, 685; OLG Frankfurt am Main, 22 no-vembre 2001. In dottrina, F. G. Pizzetti, ult. op. loc. cit.

(110) Supra, I, §2.

(111) F. G. Pizzetti, Alle frontiere della vita, cit., 536; S. Patti, Di-sposizioni di fine vita, cit., 566.

(112) S. Patti, op. cit. Il dibattito è particolarmente sentito pressocoloro che manifestano un credo religioso cristiano, sia esso diorientamento protestante ovvero cattolico. Di fronte a questanuova formulazione la Evangelische Kirche in Deutschland(EKD), protestante, e la Deutsche Bishofskonferenz (DBK), cat-tolica hanno elaborato un modello comune di “Christliche Pa-tientenvorsorge”, una living will cristiana, commentata e dispo-nibile al sito web www.ekd.de/patientenvorsorge.

(113) Attraverso l’implementazione di questa disposizione la dot-trina osserva che il legislatore tedesco conferma la tesi secondocui l’amministratore di sostegno è il soggetto più idoneo a rac-cogliere e realizzare le disposizioni di fine vita di un soggetto inun ambito così delicato (S. Patti, Disposizioni di fine vita, cit.,964; Id., L’autonomia decisionale della persona alla fine della vi-ta, in Testamento biologico. Riflessioni di dieci giuristi, Milano,2006, 12 ss.).

(114) S. Patti, Disposizioni di fine vita, cit., 965.

(115) Deutscher Ethikrat, Patientenverfügung. Stellungnahme,Berlin, 2005, 56.

(116) S. Patti, ult. op. loc. cit.

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mente punibile anche se può portare il paziente allamorte (117).In Svizzera, la disciplina in materia di fine vita è al-quanto peculiare, poiché le fonti multilivello “con-federale e cantonale, e di varia natura, pubblica eprivata” (118), creano un sistema di prassi distantedal diritto positivo. Infatti, il codice penale svizzerodel 1937 si occupa di pratiche eutanasiche solo inmaniera indiretta, ovvero punisce diversi casi diomicidio (“intenzionale”, “passionale”, “su richiestadella vittima motivato da pietà”), ma non quello incui vengano somministrate sostanze analgesiche perporre fine a sofferenze, le quali abbiano come effetticollaterali, anche non voluti, l’accelerazione del tra-passo (eutanasia attiva) ovvero nel caso in cui il pa-ziente rinunci a iniziare o a continuare trattamentidi sostegno vitali e che siano stati espressamente ri-fiutati da un paziente cosciente, ovvero che un ma-lato caduto in stato di incoscienza abbia in prece-denza dichiarato di rifiutarli (119). Al fine di chiari-re l’interpretazione delle fonti in materia, l’Accade-mia Svizzera delle Scienze Mediche ha emanato del-le Direttive medico etiche (120) che, seppure nonsiano fonti del diritto, rappresentano un “parametrodi riferimento della massima importanza per la valu-tazione della liceità del comportamento tenuto dalcorpo medico negli aspetti della pratica da esse rego-lati” (121). Nel 2009, la medesima autorità ha ema-nato delle direttive in materia di testamento biolo-gico (122).

4.1. La giurisprudenza comparata in materia di pazienti terminali capaci di intendere e volereFormante giurisprudenziale e formante legislativo sisono nuovamente incrociati in un caso più recentedi un autotrasportatore, malato terminale di cancroe capace di intendere e volere, che domandava giu-dizialmente la somministrazione di una dose letaledi farmaco da parte del suo medico, senza che questivenisse incriminato. La Corte Suprema del Monta-na (123), con una maggioranza di 4 giudici contro 3,ha affermato che il paziente ha diritto di chiedere lasomministrazione letale del farmaco e che il mediconon può essere incriminato per omicidio se eseguetale richiesta. La Corte Suprema del Montana si èperò limitata ad affermare che non esistono indica-zioni nell’ordinamento statale relative all’incrimi-nazione del medico che aiuti il suo paziente a mori-re, anzi questo silenzio legislativo rifletterebbe i de-sideri dei pazienti terminali e riguarderebbe l’inequi-vocabile riconoscimento del diritto del paziente ter-minale all’autodeterminazione sulla fine della sua

vita. Sotto questo profilo sarebbe incoerente incri-minare il medico che aiuti il paziente a realizzare ilsuo desiderio di morire, poiché l’azione del medicoche accoglie la richiesta del paziente di porre termi-ne alla sua malattia irreversibile non è contrario al-la public policy nel caso tali farmaci siano autosom-ministrati da pazienti terminali, capaci e competen-ti. Ne consegue quindi che il medico non è imputa-bile per omicidio (124).Nello stesso senso si segnala una pronuncia della“Supreme Court of Western Australia” che ha deci-so sulla richiesta di interruzione delle cure di assi-stenza da parte di un paziente tetraplegico (125) ingrado di intendere e volere, quindi né paziente ter-minale, né sottoposto a tutela. La manifestazione divolontà in questione riguarda la sospensione deitrattamenti vitali somministrati dalla società di assi-stenza. Da un lato vi è la volontà di chi vuole inter-rompere codesti trattamenti, dall’altro vi è la giusti-ficazione di chi questi trattamenti deve eseguirli:non somministrando i farmaci salvavita gli operato-ri sanitari potrebbero venire incriminati per assi-stenza al suicidio, cioè una fattispecie sanzionata pe-nalmente dall’ordinamento australiano. I giudici au-straliani hanno risolto il caso applicando i principidel common law affermando che la decisione sullasospensione dei presidi medici di idratazione e ali-mentazione artificiale concerne in via diretta la li-bertà di ciascuno di decidere come vivere la propriavita nel rispetto del principio di autodeterminazionee di autonomia (126).

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Note:(117) Bundesgerichtshof, 25 giugno 2010 - 2 StR 454/09. In dot-trina, E. Vigato, La sentenza del Bundesgerichshof sulla interru-zione del sostegno vitale, Quad. cost., 2011, 132.

(118) C. Tripodina, Il diritto nell’età della tecnica. Il caso dell’eu-tanasia, Napoli, 2004, 344; M. Aquino, L’esperienza svizzera in S.Semplici (a cura di ), Il diritto di morire bene, Bologna, 2002, 344;E. Calò, Il testamento biologico tra diritto e anomia, Milano,2008.

(119) C. Tripodina, Il diritto nell’età della tecnica, cit., 345.

(120) Betreuung von Patientinnen und Patienten amLebensende, 2004, consultato su http://samw.ch/de/Ethik/Richtlinien/Aktuell-gueltige-Richtlinien. html

(121) C. Tripodina, op. cit.

(122) Patientenverfügungen, 2009, http://samw.ch/de/Ethik/Richtlinien/Aktuell-gueltige-Richtlinien. html

(123) Baxter v. Montana, 2009 MT 449, 31 dicembre 2009.

(124) R. C. Stern, J. h. DiFonzo, op. cit., 419.

(125) In the matter of Brightwater Care Group v Rossiter.

(126) (Airedale National Health Service Trust v. Bland, 1993 AC789, 826). L’approccio di tipo comparatistico effettuato dai giudi-canti australiani è molto interessante. Nel caso in esame si è ve-

(segue)

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È principio generalmente accettato nel common law(127) che il consenso informato sia necessario al fi-ne di intraprendere legittimamente un trattamentomedico. Conseguentemente viene riconosciuto alsoggetto nel pieno possesso delle sue capacità il di-ritto al rifiuto di ogni trattamento medico, ogni pra-tica medica o ogni servizio medico per la sommini-strazione del quale sia necessario il suo consenso,anche se il rifiuto del trattamento possa portare aconseguenze irreparabili come la perdita della vitadel paziente stesso. Questo principio va applicatosenza riguardo alle ragioni che hanno portato il pa-ziente a quella scelta senza indagare se la scelta siarazionale o irrazionale. Vi è un ulteriore effetto diquesto principio: se il medico o chi somministratrattamenti medici eseguono un trattamento con-trario ai desideri del paziente capace di intendere edi volere, costoro violano la legge commettendo untrespass, cioè una interferenza illecita contro l’altruipersona, nei confronti di quel paziente (128).In Canada, la Corte Suprema del British Columbia(129) ha recentemente rigettato una istanza propo-sta da una associazione, la “Farewell Foundation forthe Right to Die”, i cui membri si prefiggono di aiu-tare nel suicidio, atto sanzionato penalmente in Ca-nada (130), i malati terminali che considerino la lo-ro vita preda di intollerabili sofferenze. La questioneverteva sul fatto che l’associazione instava per l’im-munità nell’aiuto al suicidio di quattro pazienti cheesplicitamente volevano rimanere anonimi per mo-tivi di privacy. Il giudice, dopo aver esaminato le ra-gioni della carenza di interesse ad agire in capo al-l’associazione, ha stabilito che l’istanza non potevaessere accolta nemmeno sotto il profilo del pubblicointeresse poiché se da un lato l’anonimato completodegli istanti impediva l’analisi delle loro reali condi-zioni di salute, dall’altro attraverso questa istanza siintendeva legittimare il modello svizzero di aiuto alsuicidio senza assistenza medica, attraverso una pro-nuncia giudiziale e ciò non è consentito dall’ordina-mento canadese (131). In ambito europeo sono sali-te alla ribalta diverse decisioni provenienti tanto dagiudici nazionali quanto da quelli sovranazionali.Nel Regno Unito di Gran Bretagna il dibattito è sta-to molto acceso, in particolare nei casi di Ms B., MsPretty (132) e Ms Purdy in grado di intendere e divolere.Il caso di Ms B. (133) concerne una donna di qua-

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Note:

(segue nota 126)rificata la circostanza rilevata da autorevole dottrina circa l’utiliz-zo di materiali di diritto straniero nella decisione di casi naziona-li: in questi casi la comparazione giuridica interviene utilmente in

soccorso delle corti quando i giudici devono decidere questionialtamente tecniche o problemi “eticamente connotati” (B.Markesinis, J. Fedtke, Giudici e diritto straniero, Bologna, 2009,195), poiché contiene riferimenti espliciti a precedenti inglesi,neozelandesi, canadesi ed anche a un precedente statunitenseformulato dal noto giudice Benjamin Cardozo, il quale riconobbeil diritto di “ogni essere umano negli anni adulti di determinarecosa fare con il proprio corpo”. (Schloendorff v. Society NewYork Hospital 211 NY 125 (1914).

(127) Bouvia v Superior Court of Los Angeles County 179 CalApp 3d 1127 (1986), 1137 and 1139 - 1141); Canada (Nancy B vHotel-Dieu Quebec (1992) 86 DLR (4th) 385; Malette v Shulman(1990) 67 DLR (4th) 321, 328); the United Kingdom (AiredaleNHS Trust v Bland, 857 (Lord Keith) and 864 (Lord Goff); Ms B vAn NHS Hospital Trust [16] - [21]); New Zealand (Auckland AreaHealth Board v Attorney General [1993] 1 NZLR 235, 245) andAustralia (Hunter and New England Area Health Service v A, [9]- [15]).

(128) Per quanto concerne il secondo profilo prettamente dome-stico analizzato, quello penale, la Supreme Court of Western Au-stralia si concentra soprattutto sull’analisi del comportamentoomissivo della Brightwater qualora i suoi operatori non sommini-strassero più i presidi medici al paziente. Ai sensi del Criminal Co-de of Western Australia, il combinato disposto tra §262 (Doveredi provvedere alle necessità vitali) e §259 (Trattamenti medici einfermieristici) impone alla Brightwater il dovere giuridico di con-tinuare a somministrare a Mr Rossiter i trattamenti di cui neces-sita per poter continuare a vivere: qualora Brightwater sospen-desse codesti trattamenti si verificherebbe inevitabilmente l’e-vento morte del paziente, causato proprio dalla sospensione deitrattamenti vitali. Ciò vorrebbe significare che se in common lawnon si possono somministrare trattamenti medici contro la vo-lontà del paziente, il Criminal Code imporrebbe l’esercizio dell’a-zione penale qualora non si somministrassero i citati presidi. Oc-correrebbe quindi indagare se il legislatore, con la stesura di sif-fatta previsione espressa in un linguaggio strettamente imperati-vo, volesse esattamente questo risultato. Tuttavia nelle circo-stanze di questo caso sembrerebbe paradossale che sia penal-mente condannabile un comportamento consentito dalla com-mon law, ovvero che vengano imposti doveri giuridici contrari al-la common law. La previsione del §262 Criminal Code riguarda icasi nei quali i pazienti non autosufficienti e incapaci a provvede-re alle loro necessità vitali non siano neanche in grado di inten-dere e di volere; quindi l’ordinamento penale pone a carico deisoggetti che li hanno in cura il dovere giuridico sanzionato penal-mente di provvedere alla somministrazione di tutto ciò che con-sente di mantenerli in vita. Tale però non è il caso di Mr Rossiter,il ricorrente, il quale non è più autosufficiente, ma è perfetta-mente lucido e cosciente della sua situazione, in grado di espri-mere liberamente il consenso informato, e quindi in grado diprendere le decisioni sulla sua vita e anche sulla sua morte. I giu-dici, infine, riconoscono anche a Mr Rossiter il diritto a vedersisomministrare cure palliative, onde ridurre le sue sofferenze,successivamente alla sospensione dei trattamenti salvavita.

(129) Odgen v. British Columbia Registrar of Companies, 2011BCSC 1151, 17 agosto 2011.

(130) Criminal Code, R. S. C. 1985, c. C-46 s. 241 (b).

(131) Nelle pagine conclusive della sua opinion il giudice LynnSmith ha suggerito all’istante associazione di intervenire in unacausa similare promossa dalla British Columbia Civil LibertiesAssociation Carter et al. v. Attorney General of Canada, ancorapendente, dove alcuni malati terminali irreversibili hanno chiestoche venissero loro sospese le terapie che li mantengono in vita.La decisione della Corte è prevista per il 15 novembre 2011.

(132) Supra, I §7.

(133) Ms B and An NHS Hospital Trust [2002] EWHC 429 (fam).In dottrina, L. Violini, A. Osti, Le linee di demarcazione della vitaumana, in M. Cartabia (a cura di) I diritti in azione, cit. 233; S.Amato, op. cit.

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rantaquattro anni, affetta da una rara patologia chel’ha resa completamente paralizzata. La donna ha re-datto un living will secondo il quale richiedeva la so-spensione dei trattamenti sanitari ove si fosse trova-ta “in una situazione di sofferenza dovuta alle condi-zioni del trattamento (134)”, ma che nel momentoin cui si è trovata nella necessità dell’inserimento diun respiratore artificiale il suo living will non vennerispettato dai medici poiché costoro reputarono chei termini del medesimo fossero troppo vaghi per es-sere presi in considerazione. Dopo un interventochirurgico che apparentemente ne migliorava lecondizioni, Ms B. tornò a richiedere la disconnessio-ne del respiratore che la teneva in vita, ma vennesottoposta a due visite psichiatriche che verificasse-ro le capacità mentali della paziente, la quale si ri-volse alla High Court. Il giudice, esaminate le peri-zie, sentenziò che la ricorrente fosse “assolutamentein grado di prendere qualsiasi decisione sul tratta-mento medico che desidera(sse) ricevere, compresala scelta di interrompere la respirazione artificiale eche tale competence sussiste(sse) già in precedenza”(135). Il giudice dichiarò la responsabilità della di-rezione dell’ospedale per non aver trasferito l’inte-ressata ad altro reparto, “dove le sue richieste avreb-bero potuto trovare un diverso ascolto”, riconoscen-dole un risarcimento del danno subito a titolo di ne-gligence (136). Siccome il caso Pretty (137) ha conosciuto nel 2002il giudizio della Corte europea dei diritti mani si ri-manda la sua analisi nel paragrafo dedicato a quellagiurisprudenza. A seguito di quella decisione i giudi-ci inglesi hanno modificato il loro orientamento de-cidendo il caso Purdy (138). Si tratta di una giovanedonna, Mrs Purdy, sofferente di una patologia dege-nerativa, la sclerosi multipla, che nel volgere di po-co tempo la costringerà a letto senza la possibilità dimuoversi e di parlare, dipendente in tutto dall’assi-stenza di terzi, rendendo la vita a lei intollerabile. Lasignora si è rivolta al Director of Public Prosecutionsaffinché questi non incrimini il marito che l’accom-pagnerà in Svizzera per sottoporsi a suicidio assistito,colà consentito. I giudici della House of Lords si so-no posti due questioni: a) l’applicabilità della leggeinglese (in particolare del Suicide Act 1961, il qualeprevede la pena edittale di 14 anni per l’aiuto ap-portato al suicida) e b) il diritto alla riservatezza sucome Mrs Purdy decida di vivere, ovvero porre fine,alla propria vita in nome del principio di autonomiapersonale. Per quanto concerne il punto a), le dispo-sizioni del Suicide Act 1961 vincolano i cittadini bri-tannici non solo sul suolo della Madrepatria, maovunque si trovino e pongano in essere atti diretti

ad agevolare un suicidio. Per quanto concerne ilpunto b) la House of Lords riconosce che l’art. 8.1della Convenzione europea per la salvaguardia deidiritti umani e delle libertà fondamentali sancisce ildiritto alla riservatezza nel senso di affermazionedelle proprie inclinazioni e decisioni. Sul punto, laradicale differenza tra il Pretty case e il Purdy case ri-siederebbe nella circostanza che Mrs Pretty preten-deva il riconoscimento da parte dello Stato dell’esi-stenza del diritto a morire, diritto che venne negatotanto dagli giudici nazionali, quanto dalla Corte eu-ropea dei diritti umani. Mrs Purdy, invece, invoca ilproprio diritto di autodeterminazione e l’immunitàper la persona, nella fattispecie il marito, che, vistala sua impossibilità fisica, la aiutasse a concretizzaretale diritto. In considerazione del contrasto insana-bile tra l’attuale formulazione della Sect. 2.1 del Sui-cide Act 1961 e la legittimità del desiderio di MrsPurdy, i giudici della House of Lords ordinano al Di-rector of Public Prosecution di delineare le circostanzeteoriche di incriminazione, cosicché il marito di MrsPurdy possa appoggiare la moglie nel suo desideriosenza venire incriminato.

4.2. La Giurisprudenza nazionale: i casi Nuvoli e WelbyLa giurisprudenza nazionale si è occupata di rilevan-ti casi di pazienti in grado di intendere e volere chemanifestassero la loro volontà di interrompere le cu-re ovvero i trattamenti terapeutici che li tenevanoin vita. Il primo caso che ha aperto lo specifico sentiero in-terpretativo relativo al rifiuto del consenso ai tratta-menti terapeutici da parte di soggetti sofferenti di

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Note:(134) A Santosuosso, Diritto, scienza, nuove tecnologie, cit., 78.

(135) Ms B and An NHS Hospital Trust [2002]; A. Santosuosso,op. cit.

(136) Ms B and An NHS Hospital Trust [2002];, A. Santosuosso,op. cit.. Nella dottrina italiana si è voluto leggere un elemento ul-teriore nella decisione inglese, ovvero che «non è possibile por-re sullo stesso piano una scelta per la vita e una scelta per lamorte. Il costo sociale ed emotivo dell’una non è il costo socialeed emotivo dell’altra. Lo leggiamo tra le righe della sofferta deci-sione che ha autorizzato (…) nel Regno Unito Miss B a interrom-pere il trattamento» (S. Amato, Esiste un dovere di curarsi?, cit.,13. Si osserva invece che il giudicante, nonostante la sua perso-nale opinione apparentemente discorde, ha riconosciuto alla pa-ziente la capacità di intendere e volere, il diritto di autodetermi-narsi e la validità del suo living will.

(137) Supra, I, §7.

(138) House of Lords, [2009] UKHL 45. In dottrina, J. Waldron,Torture, Suicide and Determinatio, 2010, http://ssrn.com/abstract=1722308, 14; J. Finnis, The Lords’ Eerie Swan-song: A Note on R (Purdy) V Director of Public Prosecutions,2009, Oxford Legal Studies Research Paper No. 31/2009.

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malattie degenerative, ma in grado di intendere evolere è stato deciso dal Tribunale di Sassari (139),relativamente a Giovanni Nuvoli, un ex arbitro dicalcio colpito dalla sclerosi laterale amiotrofica, eseppur capace di intendere e volere, completamentebloccato dalla sua malattia nel movimento e nell’e-spressione. Per superare questa sua grave disabilitàfisica il paziente presenta istanza di nomina di am-ministratore di sostegno al fine di compiere determi-nati atti conseguenti alla sua autodeterminazioneterapeutica. La comprensibile esternazione di dettadichiarazione riguarda il compito adempiuto dal sin-tetizzatore vocale, attraverso il quale l’infermo inter-loquisce con il giudice che dà esatto conto dell’espe-rito interrogatorio del paziente. In precedenza questinon riusciva a formalizzare le proprie volontà di in-terrompere l’utilizzo del respiratore, artificiale inquanto il sintetizzatore vocale MYTOBII attraversoil quale l’infermo manifestava il proprio volere, nonveniva riconosciuto dalla legge italiana quale stru-mento valido con cui manifestare volontà aventi ri-lievo giuridico, tanto che nessuno degli interpellati(né i notai, né la Polizia Municipale), aveva intesoattestare quanto espresso dal malato attraverso dettaapparecchiatura (140).Nel provvedimento il giudice tutelare relaziona del-l’escussione testimoniale esperita sul paziente attra-verso la citata apparecchiatura, il quale in presenzadi testimoni, esplicitamente ha manifestato la vo-lontà di interrompere le cure e che «in caso sia stac-cato il respiratore i medici non provvedano a riat-taccarlo» (141). Il provvedimento del giudice tute-lare del Tribunale di Cagliari sottolinea la necessitàdi avvalersi di strumenti tecnici al fine di consentirealle persone non in grado di esprimersi compiuta-mente di manifestare la loro volontà, senza che visiano sostituti, tutelando la loro dignità ai sensi del-l’art. 2 Cost. e realizzando pienamente il dispostodell’art. 3, co. 2, della Carta fondamentale indivi-duando il «mezzo più mezzo più congruo ed opportu-no per rimuovere l’ostacolo che impedisce a quellastessa persona, a causa della sua malattia, di espri-mersi in modo autonomo, limitandone di fatto la li-bertà e determinando situazioni di disuguaglianze ri-spetto agli altri cittadini, in particolare rispetto aquelli che conservando come lui la piena capacitàhanno nondimeno conservato anche l’espressioneverbale o scritta» (142). Ciò ha consentito al giudi-ce tutelare di non procedere a nomina di ammini-stratore di sostegno per la manifestazione della vo-lontà del malato, che era autonomo grazie al sinte-tizzatore vocale, mentre ha proceduto, invece, a no-mina di amministratore di sostegno per l’attività

materiale di redazione degli atti e delle istanze, di-rette a pubbliche amministrazioni ed enti, necessariper porre in essere il distacco (143).A differenza del caso Nuvoli, passato quasi sotto si-lenzio, nonostante l’importanza del principio di di-ritto elaborato, la vicenda di Pier Giorgio Welby hainfiammato il dibattito politico, istituzionale e giuri-dico, costringendo l’opinione pubblica a confrontar-si apertamente con il tema dell’autodeterminazionedelle terapie di sostegno vitale. Welby, infatti, decisedi imporre sulla scena politica il suo caso di malato didistrofia muscolare non più in grado di vivere se noncoadiuvato da macchinari, scrivendo un appello alPresidente della Repubblica, ove invocava il rispettodella sua libera autodeterminazione di staccarsi, sen-za soffrire, dalle tecniche di sostegno vitale (144),tuttavia senza ottenere riscontri concreti. Successi-vamente, il paziente depositò ex art. 700 c.p.c. un ri-corso ai fini di ordinare ai medici che lo avevano incura di interrompere la terapia di assistenza respira-toria, esercitata con il ventilatore polmonare, ormaicontro la sua volontà. Il giudice civile emanò unasentenza di inammissibilità che, in concreto, ma-scherava una pronuncia di “non liquet” (145) poiché

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Note:(139) Trib. Sassari, 14 luglio 2007. In dottrina, F. Mazza Galanti, Ilsintetizzatore vocale e la manifestazione di volontà del malato,Giur. merito 2008, 5, 1264; A. Ferrato, Il rifiuto alle cure e la re-sponsabilità del sanitario: il caso Nuvoli, in Resp. civ. e prev.,2009, 5, 1148.

(140) Trib. Sassari, 14 luglio 2007, cit.

(141) Trib. Sassari, 14 luglio 2007, cit.

(142) Trib. Sassari 14 luglio 2007, cit.

(143) G. Pagliani, Trattamenti sanitari, fine vita e amministrazio-ne di sostegno, in Giur. merito, 2009, 7-8, 1776.

(144) Osserva Welby, in un passaggio della sua lettera che co-glie la questione di fondo, oltre il dibattito ideologico che ha in-quinato l’iter procedimentale del d.d.l. S 10 - C 2350, che«Quando affrontiamo le tematiche legate al termine della vita,non ci si trova in presenza di uno scontro tra chi è a favore del-la vita e chi è a favore della morte: tutti i malati vogliono guari-re, non morire. Chi condivide, con amore, il percorso obbligatoche la malattia impone alla persona amata, desidera la sua gua-rigione. I medici, resi impotenti da patologie finora inguaribili,sperano nel miracolo laico della ricerca scientifica. Tra desideri esperanze, il tempo scorre inesorabile e, con il passare del tem-po, le speranze si affievoliscono e il desiderio di guarigione di-venta desiderio di abbreviare un percorso di disperazione, primache arrivi a quel termine naturale che le tecniche di rianimazio-ne e i macchinari che supportano o simulano le funzioni vitaliriescono a spostare sempre più in avanti nel tempo. Per il mo-do in cui le nostre possibilità tecniche ci mantengono in vita,verrà un giorno che dai centri di rianimazione usciranno schieredi morti-viventi che finiranno a vegetare per anni. Noi tutti pro-babilmente dobbiamo continuamente imparare che morire è an-che un processo di apprendimento, e non è solo il cadere in unostato di incoscienza» (P. G. Welby, Lettera aperta al Presidentedella Repubblica, Giorgio Napolitano, 21 settembre 2006, inBioetica, 2007, 151).

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aveva affermato che il divieto di accanimento tera-peutico è «un principio solidamente basato sui prin-cipi costituzionali di tutela della dignità della perso-na, previsto nel Codice deontologico medico, dalComitato Nazionale per la Bioetica, dai trattati in-ternazionali, in particolare dalla Convezione Euro-pea, nonché condiviso anche in prospettiva moralereligiosa (146)». Tuttavia esso non troverebbe realiz-zazione concreta in quanto «lascia il posto all’inter-pretazione soggettiva ed alla discrezionalità nella de-finizione di concetti, sì di altissimo contenuto mora-le e di civiltà e di intensa forza evocativa (primo fratutti “la dignità della persona”), ma che sono inde-terminati e appartengono ad un campo non ancoraregolato dal diritto e non suscettibile di essere riem-pito dall’intervento del Giudice, nemmeno utilizzan-do i criteri interpretativi che consentono il ricorsoall’analogia o ai principi generali dell’ordinamento»(147). La dottrina ha criticato tale decisione, controla quale anche il pubblico ministero presentò recla-mo (148), affermando che il giudice avrebbe potutodecidere applicando direttamente la normativa co-stituzionale, anche ai rapporti tra privati, in questocaso medico e paziente, come da prassi giurispruden-ziale consolidata e condivisa (149). Il “vuoto norma-tivo” cui riferisce il giudice civile non riguarderebbel’autodeterminazione del paziente, ma il ruolo delmedico, che però dovrebbe trovare copertura proprioin quell’autodeterminazione, in quanto il paziente inquesto caso era “adulto, cosciente e consenziente”(150). Come venne successivamente ricostruito,(151) nei giorni posteriori alla sentenza romana,Welby decise comunque di procedere e, attraversol’associazione “Luca Coscioni”, contattò un medicoanestesista, che acconsentì di staccargli il respiratoreartificiale, provocandone così il decesso. Anche se ilpercorso terreno di Welby si era concluso, la vicendagiudiziaria che ne seguì fu alquanto complessa: da unlato si instaurò un procedimento di natura deontolo-gica presso l’ordine dei medici di Cremona, ove ilmedico anestesista era iscritto; dall’altro si aprì unprocedimento penale volto a indagare se il medicoavesse infranto le norme penali sanzionatorie dell’o-micidio del consenziente. Sotto il primo profilo l’Or-dine dei Medici di Cremona archiviò all’unanimità ilcaso, stabilendo che non vi fu violazione del codicedeontologico (152), mentre sotto il secondo profilola questione fu più articolata e riguardò in prima bat-tuta l’imputazione coatta ex art. 409, 5° comma,c.p.p., del sanitario per omicidio del consenziente inquanto il gip incaricato affermò che «il diritto allavita, nella sua sacralità, inviolabilità e indisponibi-lità, costituisca un limite per tutti gli altri diritti che,

come quello affermato dall’art. 32 Cost., siano posti atutela della dignità umana» (153). Su questa base ilgiudice distinse l’autodeterminazione della personache sia in grado di compiere autonomamente i propriintendimenti, da quello in cui il paziente deve rivol-gersi ad un terzo, in questo caso il medico anestesi-sta-rianimatore, che rivesta un ruolo attivo. Perciò«Significativa è la previsione del reato di istigazioneo aiuto al suicidio di cui all’art 580 cp; mentre non èprevista alcuna sanzione per l’autore del gesto (ov-viamente in caso di tentato suicidio), è penalmenterilevante la condotta di chi istiga o aiuta l’autore acompiere l’atto. La ragione appare evidente, e cioè siintende sanzionare la condotta di chi interviene atti-vamente nella sfera decisionale di soggetti che si tro-vano in una situazione di forte sofferenza psicologica.Il presupposto giuridico di tali figure criminose è, ap-punto, l’inviolabilità e l’indisponibilità del diritto al-la vita» (154). Questa visione “sacra” della vita, sep-pure autorevolmente sostenuta (155), è stata rigetta-ta sia dalla dottrina (156) sia dalla successiva deci-sione del giudice dell’udienza preliminare romanoche ha definitivamente archiviato il caso ricono-scendo la legittimità della condotta del medico, ilquale «stacca il respiratore meccanico da paziente af-fetto da gravissima distrofia fascio-scapoloomerale su

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Note:(145) Sullo specifico caso, N. Lipari, Il ruolo del giudice nella cri-si delle fonti del diritto, Riv. trim. dir. proc. civ., 2009, 2, 479; F. Vi-ganò, Decisioni mediche di fine vita e “attivismo giudiziale, Riv.it. dir. e proc. pen., 2008, 4, 1594.

(146) Trib. Roma, 16 dicembre 2006, in Resp. civ. e prev., 2007,1, 73.

(147) Trib. Roma, 16 dicembre 2006, cit.

(148) Documento consultato sul sito webhttp://www.lucacoscioni.it/ricorso_della_procura_di_roma_avverso_lordinanza_del_giudice_angela_salvio_avverso_richiesta_welby.

(149) G. Alpa, Nota a Tribunale di Roma del 16 dicembre 2006, inResp. civ. e prev., 2007, 1, 78.

(150) G. Alpa, op. cit.

(151) Trib. Roma, 17 ottobre 2007 in Banca dati De Jure.

(152) Ordine provinciale dei medici chirurghi e degli odontoiatridi Cremona, Commissione disciplinare, Provvedimento di archi-viazione (1° febbraio 2007), Bioetica, 2007, 2, 136.

(153) Trib. Roma, Ufficio del Giudice delle Indagini Preliminari, or-dinanza, 7 giugno 2007, in Bioetica, 2007, 2, 165.

(154) Trib. Roma, 7 giugno 2007, cit.

(155) W. Hofling, Esiste un diritto a morire? In Atti della XIV As-semblea della Pontificia Accademia della Vita, 2008, disponibilesu http://www.academiavita.org

(156) I. J. Patrone, Due sentenze in tema di consenso informatoe di trattamento sanitario, in Bioetica, 2008, 25A; C. Cupelli, Ladisattivazione di un sostegno artificiale tra agire ed omettere,Riv. it. dir. e proc. pen., 2009, 3, 1145; A. Taruffo, Rifiuto di curee doveri del medico, id., 2008, 1, 437.

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richiesta dello stesso, così cagionandone la morte,benché integri il fatto tipico e l’elemento psicologicodel delitto di omicidio del consenziente di cui all’art.579 c.p., va considerata lecita in quanto scriminata,ex art. 51 c.p., dall’adempimento del dovere di ri-spettare la volontà consapevole ed informata del pa-ziente di interrompere la terapia in atto» (157). In-fatti la condotta di colui che rifiuta una terapia sal-vavita costituisce esercizio di un diritto soggettivo ri-conosciutogli in ottemperanza al divieto di tratta-menti sanitari coatti sancito dalla Costituzione.

5. Il paziente terminale incapace:esperienza comparatisticaIn più parti nel mondo la giurisprudenza si è con-frontata con il più difficile dei casi, ovvero quandola tecnica è così invasiva sul corpo del paziente daconsentire il proseguimento della sua vita fisica, an-che in assenza di coscienza e precedente autodeter-minazione, costringendo il malato in uno stato di“non essere” involontario. La questione concerneuno dei punti più delicati nell’equilibrio della capa-cità di riconoscere empatia alle pretese giuridichealtrui: ovvero la considerazione della sacralità dellavita e quindi se la vita, anche altrui, è disponibilepure per gli incapaci che, in precedenza al fattorescatenante l’incapacità, abbiano o meno manifesta-to la propria determinazione sul punto. Nonostantele differenti cause provocanti l’incapacità, come peresempio lo stato vegetativo permanente, tutti i casidi pazienti incoscienti hanno almeno due tratti incomune. Da un lato, i corpi invalidi dei malati inco-scienti sono stati strumentalizzati da soggetti a variotitolo coinvolti (come i congiunti del malato, espo-nenti del mondo politico e religioso, medici, opinio-ne pubblica) che hanno recitato la difesa delle loroposizioni, sia ideologiche sia professionali; dall’altrolato, la soluzione della vicenda terrena del pazienteincapace in stato terminale è stata delegata alle de-cisioni giudiziarie.Nell’ordinamento inglese, una delle decisioni piùimportanti riguarda la sentenza Airdale NHS Trustvs. Bland (158), dove viene affermato esplicita-mente che il principio “of the sanctity of human life isnot absolute” (159). I fatti riguardavano un adole-scente tifoso di una squadra di calcio rimasto vitti-ma degli scontri avvenuti durante una partita chelo hanno ridotto in stato vegetativo permanente eper tre anni è stato tenuto in vita con ventilazione,alimentazione e idratazione artificiali. La cortecciacelebrale del ragazzo controllava ancora le funzionirespiratorie, cardiache e digestive, tuttavia non vierano speranze di un suo risveglio. I genitori e il

personale ospedaliero presentarono domanda giudi-ziale se fosse legale il distacco dei trattamenti vitaliartificiali somministrati ad un paziente incosciente,senza speranza di recupero, che non avesse mai da-to indicazioni riguardo alla sua autodeterminazio-ne. I giudici inglesi hanno ritenuto che non vi fosseun obbligo assoluto a carico del medico di prolun-gare la vita del paziente con ogni mezzo possibile(160). Il principio che la House of Lords elabora af-ferma che: «Il trattamento medico, comprese l’ali-mentazione artificiale e la somministrazione di so-stanze antibiotiche, può legalmente non esseresomministrato a un paziente non cosciente senzasperanza di recupero, pur sapendosi che ne conse-guirà la sua morte in breve tempo» (161). Il criterioadottato è quindi quello della valutazione del bestinterest del paziente: nel caso in questione, infatti laprosecuzione dei trattamenti non avrebbe apporta-to alcun beneficio al giovane, tuttavia questa valu-tazione deve essere effettuata in via giudiziale. Neconsegue, quindi, che la morte del malato non co-stituisce reato perché «se il prolungamento di un si-stema di sostegno vitale di tipo invasivo non è nelmigliore interesse del paziente, il medico non hapiù l’obbligo di mantenere il paziente in vita» equindi la morte «viene considerata come dipenden-te in via esclusiva dalle lesioni o dalla malattia allequali la sua condizione è attribuibile» (162).

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Note:(157) Trib. Roma, 17 ottobre 2007, cit.

(158) [1993] 2 WLR 316, [1993] 1 All ER 821, [1992] UKHL 5,[1993] AC 789

(159) Lord Goff of Chieveley, “Here, the fundamental principle isthe principle of the sanctity of human life - a principle long recog-nised not only in our own society but also in most, if not all,civilised societies throughout the modern world, as is indeed ev-idenced by its recognition both in article 2 of the European Con-vention of Human Rights, and in article 6 of the InternationalCovenant of Civil and Political Rights. But this principle, funda-mental though it is, is not absolute. Indeed there are circum-stances in which it is lawful to take another man’s life, for ex-ample by a lawful act of self-defence, or (in the days when capi-tal punishment was acceptable in our society) by lawful execu-tion. We are not however concerned with cases such as these.We are concerned with circumstances in which it may be lawfulto withhold from a patient medical treatment or care by meansof which his life may be prolonged. But here too there is no ab-solute rule that the patient’s life must be prolonged by suchtreatment or care, if available, regardless of the circumstances”.Airdale NHS Trust v. Bland, cit. In dottrina, P. Veronesi, Il corpo ela Costituzione, cit., 327.

(160) Airdale NHS Trust v. Bland, cit. In dottrina, C. Tripodina, op.cit., 293.

(161) Airdale NHS Trust v. Bland, cit. In dottrina, Tripodina, ult.op. loc. cit.

(162) Airdale NHS Trust v. Bland, cit. Tripodina, ult, op. loc. cit.

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Il precedente Bland è stato tenuto in somma consi-derazione in una decisione molto recente della HighCourt relativamente alla sospensione dei trattamen-ti vitali a una donna in stato vegetativo permanentea seguito di una encefalite virale (163). La donna,nonostante i lunghi anni di degenza, dimostrava an-cora segni vitali minimi e, seppure i suoi congiuntiavessero esposto che la paziente in precedenza avevadichiarato di non voler essere tenuta artificialmentein vita, le sue condizioni non erano tali da giustifi-care un distacco dai sostegni vitali. Al contrario, ilgiudicante ha invitato tutte le persone coinvolte: fa-miliari, personale di cura, medici, a predisporre in-sieme una cura che “le offra maggiori opportunitàesperienziali” (164).Sulla sponda opposta dell’Atlantico il dibattito intema di sospensione delle cure vitali ai pazienti ter-minali incapaci è stato approfondito sia sotto unprofilo giurisprudenziale, sia dottrinale. Una delleprime esperienze giudiziarie riscontrabili negli StatiUniti riguarda il caso di una giovane ventenne che aseguito di una prolungata anossia celebrale era cadu-ta in stato vegetativo permanente (165). I genitoridella ragazza, seppur cattolici, chiesero il distaccodelle apparecchiature che la tenevano in vita, poi-ché sostenevano questo sarebbe stato il suo volere; imedici rifiutarono perché non era ancora intervenu-ta la cessazione irreversibile di tutte le funzioni cele-brali, ma solo quelle afferenti alla corteccia celebra-le, secondo gli standard di morte legale adottati dal-la comunità scientifica in quegli anni (166). Rivol-tisi ai giudici i genitori dapprima si videro rifiutare larichiesta in primo grado perché al right to die non erariconosciuta natura di diritto costituzionale e poiperché da un lato era necessario tutelare il best inte-rest dei pazienti con menomazioni così gravi e dal-l’altro lato tale best interest era garantito dall’opinio-ne dei medici curanti, contro la cui opinione nonera possibile contrastare, neppure con strumenti giu-ridici. La Corte Suprema del New Jersey ribaltò ladecisione di prime cure riconducendo il right to dienell’alveo del right to privacy, protetto costituzional-mente sia a livello statale sia a livello federale (167).Secondo questa interpretazione esiste il diritto delmalato di poter rifiutare qualsiasi cura, anche quelleche gli garantiscono la sopravvivenza. Sul punto chela decisione ineriva una persona non in grado di in-tendere e volere i giudici del New Jersey osservaro-no che qualora il right to privacy non potesse essereesercitato direttamente dal suo titolare, esso potevaessere fatto valere, anche nei confronti dei medici,dai sostituti, come un parente ovvero un tutore no-minato dal giudice.

A seguito della decisione Quinlan, la California fu ilprimo stato americano a disciplinare le “advance di-rectives” (168) ispirandosi ai principi stabiliti dallaSupreme Court of New Jersey con l’emanazione delNatural Death Act nel 1976 (169) promosso a segui-to della conclusione del caso Quinlan. Esso concer-neva la redazione della living will e recepì i bisogni ditutela della dignity e della privacy quali fundamental ri-ghts dell’individuo di controllare le decisioni relativealla salute qualora un soggetto si trovasse in condi-zioni irreversibili nelle quali il prolungamento dell’e-sistenza in vita “può causare sofferenze senza appor-tare beneficio alcuno” (170). Il Natural Death Actcaliforniano consente ai cittadini maggiorenni diesprimere le proprie volontà relativamente alla som-ministrazione di terapie di sostentamento vitale, pre-vedendo la possibilità di redigere una apposita “ad-vance directive” contenente disposizioni dirette al me-dico in caso in cui siano presenti le condizioni di in-capacità terminale (171). Il Natural Death Act è sta-

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Note:(163) [2011] EWHC 2443 (Fam)

(164) [2011] EWHC 2443 (Fam), cit.

(165) Si tratta del caso In Re Quinlan, 70 N. J. 10; 355, A. 2d 647,1976. In dottrina, J. K., Weinberg, Whose Right Is It Anyway? In-dividualism, Community, and the Right to Die: A Commentaryon the New Jersey Experience, 40 Hastings L.J. 119, 1988; E. A.Lyon, The Right to Die: An Exercise of Informed Consent, Not anExtension of the Constitutional Right to Privacy, 58 U. Cin. L.Rev. 1367, 1990; A. E. Clark, The Right to Die: The Broken Roadfrom Quinlan to Schiavo, 37 Loy. U. Chi. L.J. 385, 2006; F. G.Pizzetti, Alle frontiere della vita, cit., 402.

(166) F. G. Pizzetti, op. cit.

(167) LA dottrina osserva che l’argomentazione inerente al rightto privacy risente della elaborazione da parte della Corte Supremadell’individuazione di sfere di decisioni ove il soggetto deve esse-re immune dall’influenza dei pubblici poteri nel suo processo de-cisorio. Tra le diverse decisioni della Corte Suprema su questopunto la più nota è Roe v. Wade (410 U. S. 113 (1973, 93 St. C.705, 1973) in tema di aborto (F. G. Pizzetti, op. cit., 404, n. 10).

(168) R. Cerchia, Le “advance directives” nei Paesi di commonlaw, prospettive per il nostro ordinamento, in Riv. Dir. Civ., 2005,732.

(169) R. Cerchia, op. cit.; C. Tripodina, op. cit., 324; S. Fry-Re-vere, T. Reher, M. Ray, Death: A New Legal Perspective, 27 J.Contemp. Health L. & Pol’y 1, 2010.

(170) F. G. Pizzetti, Alle frontiere della vita, cit., 407; E. A. Lyon,The Right to Die: An Exercise of Informed Consent, Not an Ex-tension of the Constitutional Right to Privacy, 58 U. Cin. L. Rev.1367, 1990.

(171) Si tratta di un documento predeterminato dalla legge chedeve essere sottoscritto in presenza di due testimoni non legaticon il dichiarante da vincoli di parentela ovvero affinità, né desti-natari di beni in caso di sua successione ereditaria. Esso è sem-pre modificabile, ma acquista efficacia nel momento in cui il sog-getto redattore perde la capacità di fornire indicazioni inerenti aitrattamenti medici. Essa comunque perde efficacia dopo cinqueanni, se non confermata nell’anno precedente (F. G. Pizzetti, op.cit., 407; R. Cerchia, op. cit.).

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to il modello legislativo per altri Stati americani sul-la regolazione anticipata delle cure in presenza dicondizioni invalidanti irreversibili che provocasserol’incapacità di intendere e volere (172). Il diritto costituzionale a manifestare i propri orien-tamenti in tema di “advance directives” venne rico-nosciuto dalla Corte Suprema nel caso Cruzan v. Di-rector, Missouri Department of Health (173). Sitrattava nuovamente di una donna ridotta in statovegetativo permanente a seguito di una lesione cele-brale dovuta a un incidente stradale. Anche in que-sto caso i genitori della giovane, nominati suoi tuto-ri legali, dopo tre anni di stato vegetativo perma-nente senza miglioramenti richiedevano ai medicidi procedere all’interruzione della somministrazionedi alimentazione e idratazioni artificiali poiché que-sta sarebbe stata la volontà della figlia espressa loroin un tempo anteriore all’incidente. Anche in que-sto caso, come nel precedente Quinlan, i medici siopposero affermando che la paziente autonomamen-te manifestava attività celebrali relative a funzionivitali basilari come respirazione, metabolismo, cir-colazione e pressione sanguigna. In questo caso igiudici di prime cure riconobbero ai tutori la con-cessione dell’autorizzazione dei supporti artificiali inquanto la common law formatasi negli anni prece-denti, proprio a partire dal caso Quinlan, aveva ri-conosciuto a tutti i pazienti il diritto fondamentaledi accettare o rifiutare qualsiasi trattamento tera-peutico, anche attraverso la manifestazione di vo-lontà dei tutori legali (174). Siccome la donna eraricoverata in un ospedale pubblico, lo Stato del Mis-souri impugnò la decisione davanti alla Corte Su-prema statale che rovesciava la decisione dei giudicidi primo grado stabilendo che non vi era una provaeffettiva e convincente sulla manifestazione dellavolontà di Nancy Cruzan relativamente al distaccodelle apparecchiature che la mantenevano in vita(175). I genitori, quindi, si rivolsero alla Corte Su-prema degli Stati Uniti ottenendo un writ of certio-rari sull’incostituzionalità della legge dello Stato delMissouri che individuava nel “clear and convincingevidence test” uno standard probatorio troppo elevatoal fine di accertare l’effettiva volontà del paziente inmateria di interruzione di cure mediche. La rispostadella Corte Suprema fu chiara e a favore dei Cruzan:la fonte del diritto di autodeterminare la sommini-strazione di trattamenti vitali risiedeva non solo nelcommon law federale, ma nel due process clause delXIV Emendamento che riconosce a ciascun cittadi-no il diritto, esercitabile attraverso il due process oflaw, il fundamental liberty interest di accettare o menoqualsiasi cura proposta dai medici, comprese quelle

attuate mediante la somministrazione di sostanzenutritive artificiali (176). In realtà, la Corte Supre-ma non riconosce un vero e proprio right to die, ma lalibertà di decidere se venire sottoposti o meno atrattamenti medici incidenti la propria sfera corpo-rale e personale, compresi dispositivi di alimentazio-ne, idratazione e respirazione artificiale. In altri ter-mini, l’opinione di maggioranza della Corte Supre-ma riconosce il diritto al governo del proprio corpo(177), tuttavia attribuisce allo Stato la posizione ditutore della vita dei cittadini nonché garante dellaloro libera autodeterminazione, specie quando sononelle condizioni di incapacità (178). A questo pro-posito la Corte Suprema riconosce allo Stato il po-tere di stabilire un alto standard probatorio della vo-lontà del paziente nei confronti di coloro che sonoincaricati di eseguire tali volontà, aprendo la stradaalla legislazione sui living will, molto più sicuri rispet-to all’escussione di testimonianze orali (179). Sullascia della decisione Cruzan il Congresso ha accolto imoniti della Corte Suprema approvando il PatientSelf Determination Act (180).La Corte Suprema è successivamente intervenutasulla questione in due casi decisi lo stesso giorno:Washington v. Glucksberg (181) e Vacco v. Quill(182). Le istanze presentate in questi due casi nasce-

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Note:(172) Per una rassegna comparatistica sul tema, che esula daquesta trattazione, si rimanda alle opere citate di F. G. Pizzetti, al-le pagine 409 ss.; di R. Cerchia, alle pagine 732 ss.

(173) Cruzan v. Director, DMH 497 U.S. 261 (1990). La bibliogra-fia sul caso è sterminata, a titolo esemplificativo si citano: B. J.Fireside, Cruzan v. Missouri: The Right to Die Case, BerkeleyHeights, 1999; L. Pearl, Cruzan V. Missouri: The Right to Die,Tarrytown, 2008.

(174) F. G. Pizzetti, op. cit., 425; P. Kim, Navigating the Maze ofEnd-of-Life Decisions Regarding the Rejection of Life SustainingTreatment, Medical Futility, Physician-Assisted Death, and Abor-tion, 14 SMU Sci. & Tech. L. Rev. 127, 2010.

(175) F. G. Pizzetti, op. cit., 426.

(176) F. G. Pizzetti, op. cit., 428; K. A. Chamberlain, Looking for a“Good Death”: The Elderly Terminally Ill’s Right to Die by Physi-cian-Assisted Suicide, 17 Elder L.J. 61, 2009, 67.

(177) F. G. Pizzetti, op. cit., 429; C. Tripodina, op. cit., 333 ss.

(178) F. G. Pizzetti, op. cit., 430; C. Tripodina, ult. op. loc. cit.

(179) F. G. Pizzetti, op. cit., 432; C. Tripodina, ult. op. loc. cit.

(180) Il Patient Self-Determination Act 1990 disciplina la stesuradel consenso informato in forma scritta. In dottrina, P. Ulrich,The Patient Self-Determination Act: Meeting the Challenges inPatient Care, Washington, 1999; D. B. Clarke, The Patient Self-Determination Act, in Health care ethics: critical issues for the21st century (E. E. Morrison, J. F. Monagle, eds), Sudbury, 2009(2nd ed.), 123 ss.

(181) Washington v. Glucksberg, 521 U. S. 702, 1997.

(182) Vacco v. Quill, 521 U. S. 793, 1997.

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vano da un tentativo di estendere i principi espressidalla Corte Suprema nel caso Cruzan. Per quantoconcerne la prima decisione, tre pazienti capaci emalati terminali rivendicavano il diritto a morirecon dignità attraverso il suicidio assistito da un me-dico, chiedendo l’estensione del liberty interest pro-tetto dal XVI Emendamento anche al suicidio assi-stito. La Corte ha rigettato questa istanza perché seda un lato essa concernerebbe scelte di natura poli-tica ad essa precluse, dall’altro tale diritto per esserericonosciuto dovrebbe essere profondamente radica-to nella società e nella tradizione della Nazione, co-sa non vera per gli Stati Uniti in quel momento eneppure in altre democrazie occidentali (183). Nel-la vicenda Vacco v. Quill, invece, la questione por-tata ai giudici della Corte Suprema concerneva unapresunta incostituzionalità per disparità di tratta-mento che si verificherebbe ogni volta di fronte allesimili richieste di “morte dignitosa” si tratti diversa-mente tra la proibizione di sostanze che acceleranoil decesso da una parte e la liceità di rifiuti di tratta-menti sanitari che impediscono la morte, dall’altra(184). La Corte ha respinto questa impostazione af-fermando che non è contraria alla Costituzione, inquanto non irragionevole, una disciplina che per unverso riconosce a tutti il diritto a rifiutare un tratta-mento medico non voluto, anche se vitale, ma dal-l’altro proibisce a chiunque di richiedere il suicidioassistito poiché nel primo caso si realizzerebbe il de-corso naturale della malattia non più contrastatodalle malattie, mentre nel secondo caso vi è un in-tervento eutanasico attivo (185).Il riconoscimento effettivo del diritto a rifiutare itrattamenti sanitari, anche vitali, non desiderati hasopito il dibattito americano per qualche tempo.Tuttavia esso si risvegliò quando sui media statuni-tensi e internazionali si è raccontata la conclusionedella vicenda terrena di Terri Schiavo (186). Il ca-so si segnala per l’elevata litigiosità (187) tra il tu-tore dell’incapace Terri, ovvero suo marito, favore-vole al distacco dei macchinari che tenevano in vi-ta la donna, e i suoi genitori, contrari (188). Suc-cessivamente il contenzioso si è ripetuto tra poteregiudiziario e potere legislativo, in una situazioneche a tratti ricorda il violento scontro istituzionaleverificatosi nel nostro Paese in occasione della di-partita di Eluana Englaro. Nonostante le posizionidei genitori a favore del mantenimento in vita diTerri fossero sempre stati soccombenti nei diversigradi di giudizio, perché il tutore e marito, favore-vole al distacco era riuscito a dimostrare che la mo-glie versava in inequivocabile stato vegetativo per-manente, da un lato, e dall’altro che era stata rico-

struita in modo convincente la volontà della mo-glie di non rimanere attaccata a respiratori e ali-mentatori artificiali (189). Esauriti i rimedi giudi-ziari, andò in scena lo scontro tra i poteri, giudizia-rio federale (che appunto emise le sentenze a favo-re della sospensione dei trattamenti vitali, come ri-chiesto dal marito) e legislativo, tanto statale quan-to federale (per impedire il compimento degli effet-ti di quelle decisioni, ovvero la morte di Terri). Ilprimo passo fu mosso dal Governatore, Jeb Bush,fratello del presidente allora in carica, George W.Bush, che convocò una sessione speciale delle dueCamere legislative della Florida, che in tempi bre-vissimi e sull’onda dell’emozione popolare, emanò

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Note:(183) F. G. Pizzetti, op. cit., 436; K. A. Chamberlain, op. cit., 68.

(184) F. G. Pizzetti, op. cit., 436; K. A. Chamberlain, op. cit., 70.

(185) F. G. Pizzetti, op. cit., 439.

(186) Terri Schiavo cadde in stato vegetativo permanente per 15anni a seguito di una anossia celebrale provocata da un arrestocardiaco che l’aveva colpita mentre era in casa propria, nono-stante l’intervento immediato dei soccorsi e dei successivi ten-tativi sperimentali di rianimazione (F. G. Pizzetti, op. cit., 442).

(187) Le decisioni possono essere riassunte come segue:“Schiavo I”, relativamente alla assenza di living will e alla rico-struzione della volontà della paziente di accettare o meno tecno-logie di sostegno del fine vita (Florida Second District Court ofAppeal, “In re Guardianship of Theresa Marie Schiavo, Incapaci-tated. Robert Schindler and Mary Schindler, Appellants, v. Mi-chael Schiavo, as Guardian of the person of Theresa MarieSchiavo, Appellee, Case Number: 2D00-1269”); “Schiavo II”,sul primo tentativo di distacco della paziente dai macchinari chela tenevano in vita, (Florida Second District Court of Appeal, “Inre Guardianship of Theresa Marie Schiavo, Incapacitated. RobertSchindler and Mary Schindler, Appellants, v. Michael Schiavo, asGuardian of the person of Theresa Marie Schiavo, Appellee,”and “Michael Schiavo, as Guardian of the person of TheresaMarie Schiavo, Appellant, v. Robert Schindler and MarySchindler, Appellees,” Case Numbers: 2D00-1269, 2D01-1836,and 2D01-1891,”); Schiavo III & IV, sulla configurabilità dello Sta-to Vegetativo Permanente nella paziente (Florida Second DistrictCourt of Appeal, “In re: Guardianship of Theresa Marie Schiavo,Incapacitated. Robert Schindler and Mary Schindler, Appellants,v. Michael Schiavo, as Guardian of the person of Theresa MarieSchiavo, Appellee, Case Number: 2D01-3626”; - 06); FloridaSecond District Court of Appeal, “In re: Guardianship of TheresaMarie Schiavo, Incapacitated. Robert Schindler and MarySchindler, Appellants, v. Michael Schiavo, as Guardian of theperson of Theresa Marie Schiavo, Appellee,” Case Number:2D02-5394”).

(188) Questi accusavano il genero di volersi liberare della moglie,senza divorziare, per godere della sua eredità e rifarsi una vitacon una nuova compagna (F. G. Pizzetti, op. cit., 443, n. 96).

(189) F. G. Pizzetti, op. cit., 445. J. M. Beermann, Federal CourtSelf-Preservation and Terri Schiavo, 54 Buffalo L. Rev. 553,2006; W. Gruber, Life and Death on Your Terms: The Advance Di-rectives Dilemma and What Should Be Done in the Wake of theSchiavo Case, 15 Elder L.J. 503, 2007; A. Meisel, Suppose theSchindlers Had Won the Schiavo Case, 61 U. Miami L. Rev. 733,2007.

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un provvedimento, (190) noto come Terri’s Law, ilquale, seppure generale ed astratto, doveva impedi-re il distacco dei sostentamenti artificiali, vanifi-cando gli effetti delle sentenze. Infatti, si trattava diun provvedimento che autorizzava il Governatoread emanare un order per impedire il distacco dell’a-limentazione e nutrizione artificiale nei confrontidi un paziente che entro una data specifica, il 15 ot-tobre 2003, non avesse lasciato alcuna advance di-rective scritta. Nel caso di Terri già era notorio chetale advance directive non esistesse, per questo l’orderavrebbe cessato la sua validità entro 15 giorni dallasua entrata in vigore, garantendo l’immunità a co-loro che, in contrasto al provvedimento giuridizia-rio, avessero obbedito all’order (191). Tutto risolto?No, perché se da un lato il Governatore Jeb Bushordinò il ripristino della nutrizione artificiale aTerry, che nel frattempo era rimasta priva di ali-mentazione e idratazione artificiali per una settima-na, dall’altro la Corte Suprema della Florida annul-lò la Terri’s Law per violazione del principio dellaseparazione dei poteri (192). A questo punto la bat-taglia si spostò a livello federale: infatti da un lato laCorte Suprema Federale negò il writ of certiorari(193) rendendo inefficace l’order del Governatore eautorizzando così una terza nuova sospensione deitrattamenti vitali. Contestualmente, la House ofRepresentative emanò una serie di mandati di com-parazione davanti ad alcune commissioni legislati-ve per audizione delle parti coinvolte, compresaTerri (194), che naturalmente non poteva interagi-re con nessuno, ma si trattava di un escamotage tec-nico per impedire l’interruzione dei trattamenti. In-tanto, il Congresso approvò il Senate Bill n. 686(195), promulgato dal Presidente George W. Bushcome Private Act for the Relief of the Parents of The-resa Marie Schiavo (ovvero Private Law n. 103-3)che conferiva ai genitori una facoltà extra ordinemdi agire davanti alle corti federali, e non statali, perriesaminare l’intero caso, senza riconoscere alcundiritto sostanziale nuovo (196). A questo punto lestrade costituzionalmente percorribili dai genitoridi Terri si rivelavano impervie: da un lato, venivaloro consentito di godere di un “strappo” alle com-petenze delle giurisdizioni, dall’altro, vi era un giu-dicato secondo il quale Terri manifestò la volontàdi non essere sottoposta a trattamenti medici, posi-zione riconosciuta anche agli incapaci dalla CorteSuprema dopo il caso Cruzan. Tuttavia, la vicendasi chiuse in modo naturale con la sopravvenutamorte della donna (197).Recentemente il dibattito sul fine vita di persone instato vegetativo permanente ha coinvolto giurisdi-

zioni di tradizioni culturali non occidentali, come laCorea del Sud ovvero l’India. Nel primo caso laCorte Suprema della Corea del Sud (198) ha con-sentito che venissero sospesi i trattamenti vitali auna paziente settantaseienne colpita da lesioni cele-brali. La Corte ha argomentato che siccome il risve-glio della paziente era impossibile e la morte inevi-tabile senza l’uso del respiratore artificiale, imporrealla malata l’estensione dei trattamenti vitali avreb-be rappresentato una violazione della sua dignità.Nel secondo caso la Supreme Court of India (199)ha dichiarato ammissibile il ricorso all’eutanasiapassiva per il malato terminale qualora la richiestavenisse inoltrata al giudice da una commissione diesperti e di familiari del paziente. Il caso verteva unapaziente ricoverata in una struttura ospedaliera da37 anni, cioè da quando venne aggredita da un col-lega di lavoro, violentata e strangolata. Nonostantele violenze subite la donna, ora sessantenne, soprav-visse, senza mai riprendere completamente cono-scenza. Infatti la paziente non è vigile, anche se ma-nifesta segni interpretati dai medici e dai parentiche la seguono come manifestazioni di volontà o digradimento rispetto a quello che le accade intorno.Un giornalista, attivista per i diritti umani, ha depo-sitato una istanza ai giudici affinché venisse autoriz-zata la sospensione delle cure alla donna. Con unadecisione di ampio respiro comparatistico la supre-ma corte indiana ha rigettato l’istanza, poiché il ri-corrente non ha alcun legame con la paziente. Tut-tavia la Corte ha prospettato una soluzione origina-le per siffatti casi. Seppure l’eutanasia attiva riman-

Note:(190) Si tratta del Public Law 03 - 418, 2003, Fla. Stat. 418. Indottrina, F. G. Pizzetti, op. cit., 448; S. G. Calabresi, The TerriSchiavo Case: In Defense of the Special Law Enacted by Con-gress and President Bush, 100 Nw. U.L. Rev. 151, 2006.

(191) F. G. Pizzetti, op. cit.

(192) Bush v. Schiavo, 885, So. 2D, 321 (Fla 2004).

(193) 125 S. Ct. 1086, 2005.

(194) Si tratta di subpoenas emanati il 18 marzo 2005. In dottri-na, F. G. Pizzetti, op. cit.

(195) Il Senato approvò la “seconda Legge Terry” il 21 marzo2005. In dottrina, F. G. Pizzetti, op. cit.

(196) F. G. Pizzetti, op. cit., 454.

(197) Avvenuta il 31 marzo 2005. La successiva autopsia pose inevidenza che il cervello della donna subì danni celebrali irreversi-bili (F. G. Pizzetti, op. cit.).

(198) Supreme Court en banc Decision 2009 Da17417 DecidedMay 21, 2009 [Withdrawal of Futile Life-Extending MedicalTreatment Device, etc.].

(199) Supreme Court of India, 7 marzo 2011, Aruna RamchandraShanbaug v. Union of India & Ors, Writ petition (CRL.) NO(s).115/2009, M. Katju, G S. Misra (Judges).

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ga illecita nell’ordinamento indiano, sarebbe possi-bile in certi casi consentire all’interruzione dei sup-porti vitali attraverso una autorizzazione giudiziaria.Questa può venire concessa solo dopo che la sospen-sione dei trattamenti medici venga chiesta al giudi-ce dal governo e dai famigliari più stretti del pazien-te e che sia avallata dal parere di tre esperti medici.

5.1 La giurisprudenza nazionale: il caso EnglaroMolte delle scelte in tema di fine vita adottate nelddl S 10 - C 2350 si sono formate nei giorni in cui haconosciuto termine la vicenda terrena di Eluana En-glaro, una donna caduta in stato vegetativo perma-nente nel 1992, a ventidue anni di età, e decedutadiciassette anni dopo, a seguito di una accanita bat-taglia legale che ha visto protagonisti i familiari, inparticolare il padre, contrastato dal mondo politicoed ecclesiale, invece che i medici (casi Quinlan eCruzan) o i familiari medesimi (caso Schiavo). Sitratta di una vicenda molto nota e la cui memoria èancora alquanto viva nella memoria dell’opinionepubblica italiana, quindi la si tratterà sommariamen-te evidenziando gli aspetti più problematici, fonda-mentalmente due. Da un lato, l’assenza della provascritta della manifestazione di volontà autodetermi-nativa, poiché la giovane, prima di rimanere vittimadel sinistro, dichiarò alle amiche che avrebbe prefe-rito morire piuttosto che ritrovarsi ridotta come unsuo conoscente ospedalizzato che lei andò a trovare(200). Sulla affidabilità, e quindi validità quale ma-nifestazione autodeterminativa, di quella dichiara-zione riportata dalle testimonianze degli amici e deifamiliari si basarono diverse decisioni tanto di legit-timità quanto di merito (201). Essa era fondamenta-le per giustificare il distacco della paziente dalle ap-parecchiature che la tenevano in vita senza che i sa-nitari procedenti venissero accusati di omicidio. Dal-l’altro lato, la qualificazione di accanimento terapeu-tico, quindi terapia inutile al miglioramento dellecondizioni della paziente, della somministrazione dialimentazione e idratazione artificiali. La Corte di Cassazione aveva stabilito per il casoEnglaro un principio giuridico che fece molto discu-tere, ovvero «Ove il malato giaccia da moltissimianni (nella specie, oltre quindici) in stato vegetati-vo permanente, con conseguente radicale incapa-cità di rapportarsi al mondo esterno, e sia tenuto ar-tificialmente in vita mediante un sondino nasoga-strico che provvede alla sua nutrizione ed idratazio-ne, su richiesta del tutore che lo rappresenta, e nelcontraddittorio con il curatore speciale, il giudicepuò autorizzare la disattivazione di tale presidio sa-

nitario (fatta salva l’applicazione delle misure sugge-rite dalla scienza e dalla pratica medica nell’interes-se del paziente), unicamente in presenza dei seguen-ti presupposti: (a) quando la condizione di stato ve-getativo sia, in base ad un rigoroso apprezzamentoclinico, irreversibile e non vi sia alcun fondamentomedico, secondo gli standard scientifici riconosciutia livello internazionale, che lasci supporre la benchéminima possibilità di un qualche, sia pure flebile, re-cupero della coscienza e di ritorno ad una percezio-

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Note:(200) App. Milano, 8 luglio 2008, in Banca dati De Jure. In dottri-na, A. Guarneri, Profili giuridici della fine della vita umana, in Re-sp. civ. e prev., 2009, 1707.

(201) Le decisioni possono essere riepilogate come segue: Trib.Lecco, decr. 2 marzo 1999, che dichiara l’indisponibilità del dirittoalla vita ex art. 579 c.p.; App. Milano, decr. 31 dicembre 1999,che dichiara la domanda inammissibile poiché il dibattito sulla na-tura dei trattamenti di idratazione e alimentazione artificiali è an-cora aperto; App. Milano, 17 ottobre - 10 dicembre 2003, che di-chiara la domanda inammissibile a causa del vuoto legislativo sul-la manifestazione di volontà terapeutica dell’incapace; Cass., sez.I, ord. n. 8291 del 20 aprile 2005 (in Corr. giur., 2005, 6, 788 connota di Calò) che dichiara il discorso inammissibile perché assen-te il curatore speciale ex art. 78 c.p.c.; Trib. Lecco, decr. 20 di-cembre 2005 - 2 febbraio 2006, che dichiara il ricorso inammissi-bile per carenza di rappresentanza sostanziale; App. Milano, decr.16 dicembre 2006, che rigetta la domanda nel merito perché nelbilanciamento tra diritti fondamentali alla vita e all’autodetermina-zione terapeutica prevale il primo; Cass., sent. n. 21748 del 16 ot-tobre 2007, dove viene stabilito da un lato che per sospendere itrattamenti vitali lo stato vegetativo permanente deve essere ir-reversibile, dall’altro lato in assenza di manifestazione scritta, ènecessario ricostruire la volontà attraverso l’analisi del suo vissu-to e delle sue convinzioni. Qualora manchi uno dei due requisiti,l’autorizzazione alla sospensione dei trattamenti deve essere ne-gata; App. Milano, decr. 25 giugno - 9 luglio 2008 (in Corr. giur.,2008, 9, 1281, con nota di Calò), che applica il principio giuridicostabilito dalla Cassazione; Cass., S.U., sent. n. 27145, 11-13 no-vembre 2008, che dichiara inammissibile il ricorso del Procurato-re Generale della Repubblica di Milano; Ricorso Camera dei de-putati depositato in cancelleria il 17 settembre 2008 ed iscritto aln. 16 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2008 e Ricorso delSenato della Repubblica ed iscritto al n. 17 del registro conflitti trapoteri dello Stato 2008, entrambi basati su un’asserita invasivitàdella magistratura ordinaria in un ambito nomogenetico, violativodella separazione dei poteri dello Stato; Corte cost., ord. n. 334del 8 ottobre 2008 che rigetta il conflitto di attribuzione afferman-do da un lato che la vicenda processuale non appare terminata,dall’altro che il legislatore è libero di legiferare in qualsiasi mo-mento; Corte europea dei diritti dell’uomo, Sezione II, Ada Rossiet al. c. Italie (Requête no 55185/08) dove la Corte europea dei di-ritti umani dichiara inammissibile il ricorso perché i ricorrenti nonsono direttamente coinvolti nel contenzioso; TAR Lombardia -sez. Milano del 26 gennaio 2009 che annulla l’atto amministrati-vo del Direttore Generale della Direzione generale Sanità dellaGiunta Regionale Lombardia, adottato in data 3 settembre 2008,che rifiuta la sospensione del trattamento sanitario della ricorren-te; Decreto di Archiviazione GIP di Udine, 10 gennaio 2010, chedispone l’archiviazione del procedimento penale a carico del pa-dre e di altre 13 persone coinvolte nella sospensione dei tratta-menti vitali cui era sottoposta Eluana Englaro.fonte:http://www.unipvlawtech.eu/la_lunga_vicenda_giurisprudenziale_del_caso_englar.html).

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ne del mondo esterno; e (b) sempre che tale istanzasia realmente espressiva, in base ad elementi di pro-va chiari, univoci e convincenti, della voce del pa-ziente medesimo, tratta dalle sue precedenti dichia-razioni ovvero dalla sua personalità, dal suo stile divita e dai suoi convincimenti, corrispondendo al suomodo di concepire, prima di cadere in stato di inco-scienza, l’idea stessa di dignità della persona. Ovel’uno o l’altro presupposto non sussista, il giudice de-ve negare l’autorizzazione, dovendo allora essere da-ta incondizionata prevalenza al diritto alla vita, in-dipendentemente dal grado di salute, di autonomiae di capacità di intendere e di volere del soggetto in-teressato e dalla percezione, che altri possano avere,della qualità della vita stessa» (202).Le argomentazioni giustificatrici di siffatto principiogiuridico hanno analizzato il tema del fine vita conuno degli approcci più efficaci e realistici, ovverol’analisi comparatistica in questo caso utile a verifi-care come di fronte a percorsi umani che possono es-sere variabili, ma raggiungono comunque la destina-zione finale comune, gli ordinamenti di altri Paesibilanciano i valori in gioco: l’autodeterminazione, latutela dell’integrità fisica e della vita, il persegui-mento del miglior interesse del paziente. I giudici dilegittimità richiamano gli articoli 1 e 3 della Cartadei diritti fondamentali dell’Unione Europea a tute-la della dignità e dell’integrità fisica e psichica dellapersona, nonché l’art. 2 della Convenzione europeadei diritti fondamentali come interpretato dallaCorte di Strasburgo nel caso Pretty. Sul punto affer-mano che seppur sia vero che non esista nella CE-DU un diritto al suicidio assistito, tuttavia «l’impo-sizione di un trattamento medico senza il consensodi un paziente adulto e mentalmente consapevoleinterferirebbe con l’integrità fisica di una persona inmaniera tale da poter coinvolgere i diritti protettidall’art. 8.1 della Convenzione (diritto alla vita pri-vata); e che una persona potrebbe pretendere diesercitare la scelta di morire rifiutandosi di accon-sentire ad un trattamento potenzialmente idoneo aprolungare la vita» (203). Naturalmente viene ri-chiamata anche la Costituzione repubblicana, cherappresenterebbe come affermato dalla dottrina“qualcosa di nuovo, anzi di antico” (204), al qualesancisce l’esclusione della coazione in tema di trat-tamenti sanitari e quindi il riconoscimento della fa-coltà di rifiutare le cure o di interromperle. Si trattadi una facoltà compresa nei diritti inviolabili dellapersona stabiliti dall’art. 2 e si collega direttamenteal principio di libera autodeterminazione individua-le sul proprio corpo riconosciuto tanto nell’art. 13,quanto nell’art. 32 della Costituzione.

Dottrina e opinione pubblica si sono spaccate, senzarisparmiarsi reazioni emotive. Gli oppositori espo-nevano tre ragioni: due di natura sostanziale, ovveroil principio della sacralità della vita (205) e l’irragio-nevolezza della ricostruzione di una volontà presun-ta (206), e una di natura processuale: ovvero la nonstabilità del giudicato in un procedimento di volon-taria giurisdizione (207). I sostenitori della decisio-ne della Cassazione argomentavano sulla base del ri-conoscimento da parte dell’organo di nomofilachiadel principio di autodeterminazione, e quindi dellavalidità del consenso informato (208) formalmenteespresso, ovvero ricostruito attraverso testimonian-ze, e della stabilità di un giudicato relativo al rico-noscimento di diritti assoluti (209). Vi era una ulte-riore sfumatura nella dottrina, ovvero tra chi soste-neva la necessità di una legge in materia di manife-stazione delle volontà di fine vita poiché è nel Par-lamento e non nella Magistratura che risiede la le-gittimazione democratica (210) e chi invece vedeva

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Note:(202) Cass., 16 ottobre 2007, n. 21748, cit.

(203) Cass. 16 ottobre 2007, n. 21748, cit.

(204) J. I. Patrone, op. cit., 28A. Nello stesso senso, A. Santo-suosso, L’autunno in cui le Corti riaprirono, in Bioetica, 2008,49A.

(205) M. Gorgoni, Libertà di coscienza v. salute; personalismo in-dividualista v. paternalismo sanitario, in Resp. civ. e prev., 2009,1, 126.

(206) Per le diverse posizioni sul punto si veda: Comitato nazio-nale di bioetica, Rifiuto e rinuncia consapevole al trattamento sa-nitario nella relazione paziente-medico, Roma, 2008.

(207) E. Giacobbe, La parola è d’argento, il silenzio è d’oro: a pro-posito di autodeterminazione e scelte di fine vita, in Giust. civ.,2010, 3, 764.

(208) A. Santosuosso, Diritto, scienza, nuove tecnologie, cit., 83.

(209) C. App. Milano, 9 luglio 2008, cit., dove si afferma che «Ef-fetto, questo del giudicato o di una preclusione ad esso equiva-lente, nemmeno incompatibile (forse è il caso di precisarlo, perquanto possa apparire superfluo) con la struttura formale delpresente procedimento, ancorché basata sul modello cd. came-rale, considerata la natura della pronuncia terminativa cui il pro-cedimento tende: essa implica, infatti, all’evidenza, una decisio-ne su diritti soggettivi (per di più costituzionalmente garantiti, co-me il diritto alla vita, all’autodeterminazione terapeutica, alla li-bertà personale), idonea ad assumere efficacia definitiva (sia perdifetto di ulteriore impugnabilità nel merito, ma anche - come ef-fetto correlato all’oggettiva natura della materia trattata - a causadell’efficacia definitiva che, sulla residua aspettativa di vita diEluana non potrebbe non avere un provvedimento di autorizza-zione all’interruzione del sostegno vitale di cui è stata chiesta lapronuncia; oltre che in ragione del fatto stesso che il ricorsostraordinario per cassazione ex art. 111 Cost. sia stato ritenutoammissibile dalla Suprema Corte, tale ammissibilità potendopredicarsi solo in caso di impugnativa riguardante diritti, avversouna decisione atta a divenire definitiva), sì da essere equiparabi-le a una sentenza in senso sostanziale».

(210) F. Viganò, Decisioni di fine vita e attivismo giudiziale, in Riv.it. dir. e proc. pen., 2008, 4, 1594.

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tale opzione quale un limite alla libertà personale(211). Altra dottrina ha affermato che non è acco-glibile ai sensi di legge l’istanza che chiede l’autoriz-zazione giudiziale al compimento di “operazioni ma-teriali necessarie per interrompere il trattamento sa-nitario in corso al posto dell’interessato impossibili-tato a compierlo” (212).Nel frattempo il caso Englaro proseguiva davanti al-la Corte d’appello di Milano che aveva applicato ilprincipio giuridico summenzionato da un lato verifi-cando l’irreversibilità dello stato vegetativo perma-nente cui era affetta la paziente, dall’altro rico-struendo la volontà della medesima attraverso testi-monianze. Sotto il primo profilo la Corte rinviavaalla decisione di merito (213) sulla quale già era ca-duto il giudicato, riepilogandone comunque i conte-nuti (214), ovvero che lo stato vegetativo perma-nente in cui versava Eluana Englaro era irreversibileda almeno sedici anni, non essendo intervenuti nelfrattempo miglioramenti o mutamenti delle suecondizioni cliniche. Sotto il secondo profilo la Cor-te ha proceduto a ricostruire nel dettaglio la perso-nalità della paziente sia giovandosi delle testimo-nianze già prodotte nel già citato giudicato (215),sia riferendosi a diversi episodi della adolescenza eprima giovinezza della donna raccontati dal padre(216) «per le modalità con cui sono state espresse,avendo potuto notare questa Corte il suo atteggia-mento pacato, ma fermo e preciso nel delineare la fi-gura di Eluana» (217). Le affermazioni paterne sulcarattere della paziente vennero confrontate daigiudici milanesi con le testimonianze delle amichedella giovane, in quanto costoro hanno «offerto undecisivo contributo conoscitivo, tanto più credibilein quanto tali amiche hanno quasi tutte frequentatoEluana sin dall’infanzia (e dunque hanno avuto mo-do di conoscerla profondamente) e non hanno rife-rito solo di singoli episodi, ma hanno tratteggiatoanch’esse una sorta di modello personologico diEluana» (218). Ottemperati i contenuti stabilitinella decisione della sentenza della Cassazione21748/2007, la Corte d’appello di Milano (219) au-torizzò la sospensione dei trattamenti vitali (220) al-

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Note:(211) J. I. Patrone, “Art. 3. Diritto all’integrità della persona”, inLa Carta dei diritti dell’Unione Europea. Casi e materiali, Taranto,2009, 70.

(212) C. Castronovo, Autodeterminazione e diritto privato, in Eu-ropa e diritto privato, 2010, 1070; G.U. Rescigno, Dal diritto di ri-fiutare un determinato trattamento sanitario secondo l’art. 32,comma. 2, Cost, al principio di autodeterminazione intorno allapropria vita, in Dir. pubbl., 2008, 85.

(213) Tale stato vegetativo permanente venne diagnosticato per

la prima volta nel 1992 e ribadito nella sentenza della Corte d’ap-pello di Milano del 15 novembre/16 dicembre 2006 (C. App. Mi-lano, 9 luglio 2008, cit.).

(214) C. App. Milano, 9 luglio 2008, cit. Traendo dunque le som-me dalle indagini strumentali e sintomatologiche compiute, ilprof. Defanti ha confermato la conclusione, diagnostica e pro-gnostica, già risalente al 1996, secondo cui: «la paziente si trovain uno stato vegetativo permanente, cioè irreversibile. Nessunrecupero della vita cognitiva è ormai possibile. Le indagini ora ef-fettuate, e in particolare la risonanza magnetica, corroborano l’i-potesi del danno assonale diffuso come meccanismo fisiopato-logico del danno cerebrale che ha portato al tragico sbocco at-tuale» [N.B.: enfasi grafiche qui ed ora aggiunte]. Tale conclu-sione, di carattere clinico, rispondeva e risponde dunque piena-mente, nella sua elaborazione inferenziale-scientifica, proprio aquei criteri - distillati alla luce degli studi e degli standards inter-nazionali - cui ha fatto riferimento sia la Relazione redatta dal ci-tato Gruppo di lavoro, che la Suprema Corte nella sentenza dicassazione con rinvio, ponendo in evidenza come lo Stato Vege-tativo di Eluana, da reputarsi tale in ragione della obiettivamenteaccertata irreparabile lesione cerebrale (per consolidata altera-zione/atrofia di alcuni tessuti corticali e subcorticali, del mesen-cefalo e degli assoni, ossia della sostanza bianca che interessal’encefalo e il tronco cerebrale con conseguente disconnessioneanche tra queste due parti, senza più evidenza di una coscienzadi sé e dell’ambiente, di risposte comportamentali intenzionali ovolontarie a stimoli esterni, di comprensione o espressione dellinguaggio, pur in presenza di riflessi del tronco cerebrale con-servati), abbia certamente assunto carattere irreversibile per lasua straordinaria durata, cui corrisponde, peraltro, quel paralleloe necessario prolungarsi del periodo di osservazione medica(che va ben oltre il limite dei dodici mesi necessario e sufficien-te, come s’è visto, per un’attendibile prognosi di Stato Vegetati-vo Permanente/Irreversibile nei casi da etiologia traumatica) cheintegra uno dei parametri - insieme alla natura delle lesioni cere-brali e alla perdita di funzionalità di tipo percettivo, cognitivo edemotivo - cui riferirsi per valutare la rispondenza della diagnosi-prognosi (svolta in concreto) a “standard scientifici riconosciutia livello internazionale”.

(215) Ci si referisce a App. Milano, 15 novembre / 16 dicembre2006, cit.

(216) E ripresi nelle lettere della madre (App. Milano, 9 luglio2008, cit.).

(217) App. Milano, 9 luglio 2008, cit. Onde evitare qualsiasi equi-voco su possibili conflitti di interessi, la Corte milanese ricostrui-sce anche i rapporti economici collegati alla degenza della ra-gazza: da un lato i costi del suo ricovero, coperti completamen-te dal Servizio sanitario nazionale, dall’altro l’assenza di ipoteticiassi ereditari, essendo la paziente nullatenente.

(218) App. Milano, 9 luglio 2008, cit.

(219) Avverso tale decreto venne presentato ricorso in Cassa-zione dichiarato inammissibile dai supremi giudici di legittimità asezioni unite con provvedimento 27145/2008 per difetto di legit-timazione.

(220) Per tutte le precedenti considerazioni, in conclusione, pon-derate anche alla luce di quella «logica orizzontale compositivadella ragionevolezza» indicata dalla Suprema Corte - bilancia-mento in cui non può non trovare spazio sia la valutazione dellastraordinaria durata dello stato vegetativo permanente (e quindiIrreversibile) di Eluana, sia la, altrettanto straordinaria, tensionedel suo carattere verso la libertà, nonché la inconciliabilità dellasua concezione sulla dignità della vita con la perdita totale ed ir-recuperabile delle proprie facoltà motorie e psichiche e con lasopravvivenza solo biologica del suo corpo in uno stato di asso-luta soggezione all’altrui volere, tutti fattori che appaiono e cheè ragionevole considerare nella specie prevalenti su una neces-sità di tutela della vita biologica in sé e per sé considerata -, l’i-stanza di autorizzazione all’interruzione del trattamento di soste-

(segue)

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la paziente Eluana Englaro stabilendone le modalità(221). Contro entrambe queste decisioni ambedue i ramidel Parlamento italiano sollevarono un conflitto diattribuzione nei confronti della magistratura pressola Corte costituzionale sostenendo che la decisione21748/2007 esulava dalla funzione nomofilatticadella Corte di cassazione, ma invadeva l’ambito no-mogenetico del Parlamento (222), da un lato men-tre dall’altro applicava principi non ricavabili nel-l’ordinamento italiano, neppure attraverso canoniermeneutici, invadendo l’ambito legislativo dellaCamera dei deputati (223).La Corte costituzionale si pronunciò su detto con-flitto di attribuzioni con una ordinanza di inammis-sibilità. Secondo i giudici costituzionali gli organigiudiziari che si sono pronunciati sulla vicenda han-no adottato provvedimenti «aventi tutte le caratte-ristiche di atti giurisdizionali loro proprie e, pertan-to, spieganti efficacia solo per il caso di specie - co-me meri schermi formali per esercitare, invece, fun-zioni di produzione normativa o per menomare l’e-sercizio del potere legislativo da parte del Parlamen-to, che ne è sempre e comunque il titolare» (224).Inoltre, le censure mosse riguardano critiche allamodalità di interpretazione della legge, mentre laCorte costituzionale non rappresenta un ulterioregrado di impugnazione contro le sentenze dei giudi-ci di legittimità ed infine che se la vicenda la qualeha originato il giudizio non appar(iva) esaurita. Infi-ne, «il Parlamento può in qualsiasi momento adot-tare una specifica normativa della materia, fondatasu adeguati punti di equilibrio fra i fondamentali be-ni costituzionali coinvolti. E perciò, “non sussi-ste(va) il requisito oggettivo per l’instaurazione deiconflitti sollevati» (225).Esauriti i rimedi interni, alcune associazioni a difesadel diritto alla vita e in rappresentanza di malati in-curabili, e quindi di potenziali vittime (226), si rivol-sero alla Corte europea dei diritti umani di Strasbur-go per sentire condannare l’Italia per non aver ga-rantito il diritto alla vita della paziente Englaro, cer-cando di ottenere un provvedimento analogo al casoPretty, tuttavia la Corte di Strasburgo dichiarò irrice-vibile il ricorso poiché presentato da soggetti non le-gittimati perché carenti di interesse ad agire (227). Nella vicenda non poteva mancare il versante di di-ritto amministrativo, tanto regionale quanto statale,anzi ministeriale. Sotto il primo profilo si segnala iltentativo di impedire che il distacco dal sostegno vi-tale avvenisse presso l’hospice cui la paziente era ri-coverata, situato a Lecco, ovvero in tutta la Lom-bardia. Tale tentativo era confezionato con la veste

di un atto del direttore generale della Direzione ge-nerale sanità della Giunta regionale adottato in da-

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Note:

(segue nota 220)gno vitale artificiale, così come proposta dal tutore di Eluana En-glaro e condivisa dalla curatrice speciale, va inevitabilmente ac-colta, a tale decisione non potendo sottrarsi i decidenti, perquanto non senza partecipata personale sofferenza (App. Mila-no, 9 luglio 2008, cit.).

(221) Resta solo da precisare, sebbene possa apparire ultroneoalla luce degli stessi accorgimenti suggeriti dal tutore istantequanto alle modalità con cui attuare l’interruzione del trattamen-to di sostegno vitale, ma accogliendosi un esplicito richiamo del-la Suprema Corte a impartire qualche ulteriore disposizione pra-tica e cautelativa, che, in accordo con il personale medico e pa-ramedico che attualmente assiste o verrà chiamato ad assistereEluana, occorrerà fare in modo che l’interruzione del trattamen-to di alimentazione e idratazione artificiale con sondino naso-ga-strico, la sospensione dell’erogazione di presidi medici collatera-li (antibiotici o antinfiammatori, ecc.) o di altre procedure di assi-stenza strumentale, avvengano, in hospice o altro luogo di rico-vero confacente, ed eventualmente - se ciò sia opportuno ed in-dicato in fatto dalla miglior pratica della scienza medica - con per-durante somministrazione di quei soli presidi già attualmenteutilizzati atti a prevenire o eliminare reazioni neuromuscolari pa-radosse (come sedativi o antiepilettici) e nel solo dosaggio fun-zionale a tale scopo, comunque con modalità tali da garantire unadeguato e dignitoso accudimento accompagnatorio della per-sona (ad es. anche con l’umidificazione frequente delle mucose,somministrazione di sostanze idonee ad eliminare l’eventualedisagio da carenza di liquidi, cura dell’igiene del corpo e dell’ab-bigliamento, ecc.) durante il periodo in cui la sua vita si prolun-gherà dopo la sospensione del trattamento, e in modo da ren-dere sempre possibili le visite, la presenza e l’assistenza, alme-no, dei suoi più stretti familiari (App. Milano, 9 luglio 2008, cit.).

(222) Senato della Repubblica, Relazione sulla «Questione se ilSenato debba promuovere conflitto di attribuzione tra poteri delloStato innanzi alla Corte costituzionale con riguardo alla sentenza n.21748, resa dalla Corte di cassazione - Prima sezione civile, in da-ta 16 ottobre 2007, e alle decisioni successive e consequenzialiadottate da altri organi di giurisdizione, a proposito del noto casodella giovane Eluana Englaro», a conclusione di una procedurad’esame della materia svolta, ai sensi dell’articolo 50, comma 1,del Regolamento, nelle sedute del 21 luglio 2008, disponibile suhttp://www.senato.it/leg/16/BGT/Schede/docnonleg/16304.htm.

(223) Camera dei Deputati, Deliberazione per l’elevazione di unconflitto di attribuzione innanzi alla Corte Costituzionale nei con-fronti della Corte di cassazione e della Corte di appello di Milano,30 luglio 2008, http://www.camera.it/412?idSeduta=0 4 6 & r e s o c o n t o = s t e n o g r a f i c o & i n d i c e = c r o n o l o g ico&tit=00090&fase=.

(224) Corte cost., ord., 8 ottobre 2008, n. 334. In dottrina, G.Gemma, Parlamento contro giudici: un temerario conflitto di at-tribuzioni sul «caso Eluana», in Giur. cost., 2008, 5, 3723; T.Groppi, Il caso Englaro: un viaggio alle origini dello Stato di dirit-to e ritorno, 2009, www.astridonline.it.

(225) Corte cost. ord. 8 ottobre 2008, n. 334.

(226) I. Anrò, Il caso Englaro di fronte alla Corte europea dei di-ritti dell’uomo: un confronto con la Corte di giustizia delle Co-munità Europee circa la legittimazione ad agire delle associazio-ni a difesa dei diritti dell’uomo, in Forum di Quaderni costituzio-nali, 2009.

(227) Si veda supra § 7 nella parte dedicata alla giurisprudenzadella Corte di Strasburgo e infra, in relazione al caso Pretty ePurdy. Si tratta comunque della decisione Corte europea dei di-ritti umani, Ada Rossi et. al. Contro Italia, 16 dicembre 2008.

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ta 3 settembre 2008, con il quale si affermava l’im-possibilità di attuare il dispositivo del decreto dellaCorte d’appello milanese. Oltre ai profili penalisticiche questo diniego poteva comportare, la reazionefu di impugnare il suddetto atto al tribunale ammi-nistrativo regionale che con la sentenza 214/2009(228), “il diritto costituzionale di rifiutare le cure(229)”. Secondo i giudici amministrativi lombardi ildiritto alla salute contiene una duplice connotazio-ne, cioè come diritto “condizionato” ovvero “a ne-cessaria intermediazione amministrativa”, anchenella sua configurazione quale libertà di autodeter-minazione terapeutica (230), tuttavia è questa a pre-valere, e quindi l’atto regionale venne annullato.Sotto il secondo profilo si segnala l’atto di indirizzodel ministro del Welfare emanato il 16 dicembre2008 in materia di “Stati vegetativi, nutrizione eidratazione”, volto ad impedire che nelle strutturesanitarie pubbliche e private si dia corso alla sospen-sione di nutrizione e idratazione artificiali, stigma-tizzata come una forma di “abbandono del malato”(231). Tale atto, di difficile inquadramento formale(232), quasi atto ad personam, fa riferimento al suointerno alla Convenzione delle Nazioni Unite suidiritti delle persone con disabilità, firmata a NewYork il 13 dicembre 2008 e recepita in Italia con lalegge successiva all’emanazione dell’atto di indirizzoministeriale, cioè con la legge 3 marzo 2009, n. 18.Preliminarmente va osservato che la Convenzionedi New York riconosce il diritto del disabile all’ac-cesso alle cure e ai trattamenti salvavita, questi nonpossono venire imposti d’autorità, poiché l’art. 3.adel testo convenzionale richiamato nel disposto deldisegno di legge invoca «Il rispetto per la dignità in-trinseca, l’autonomia individuale compresa la li-bertà di compiere le proprie scelte e indipendenzadelle persone» (233), mentre l’art. 4, 1° comma, in-troduce il principio di non discriminazione: «GliStati Parti si impegnano ad assicurare e promuoverela piena realizzazione di tutti i diritti umani e le li-bertà fondamentali per tutte le persone con disabi-lità senza discriminazioni di alcun tipo basate delladisabilità». Ricavare da tale Convenzione il signifi-cato dell’obbligatorietà della somministrazione dialimentazione e idratazione artificiale significafraintenderne il significato (234), equivoco mante-nuto nel ddl S 10 - C 2350 (235), in contrasto con ilprincipio del consenso informato. Dopo la pronuncia del decreto autorizzativo, l’effet-tivo distacco dei trattamenti vitali avvenne il 7 feb-braio 2009 (236), dando vita ad uno scontro istitu-zionale (237) molto violento tra Consiglio dei mini-stri e Presidenza della Repubblica relativamente al

rifiuto della necessaria firma presidenziale del decre-to legge che, nelle intenzioni dei promotori, avrebbedovuto imporre la prosecuzione delle cure terapeuti-che alla donna ricoverata (238) ed invece provocòuna crisi istituzionale risolta solo dalla triste circo-stanza della morte della paziente, avvenuta il 9 feb-

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Note:(228) Specificamente, T.A.R. Milano Lombardia, 26/01/2009, n.214, sez. III.

(229) In dottrina, si veda V. Molaschi, Riflessioni sul caso Engla-ro. Diritto di rifiutare idratazione ed alimentazione artificiali e do-veri dell’amministrazione sanitaria, in Foro amm. TAR, 2009, 4,981.

(230) V. Molaschi, op. cit.

(231) V. Molaschi, op. cit.; F. G. Pizzetti, L’atto del Ministro Sac-coni sugli stati vegetativi, nutrizione e idratazione, alla luce deiprincipi di diritto affermati dalla Cassazione nel caso Englaro,2008, in http://www.astrid-online.it/.

(232) Autorevole dottrina ha sottolineato come il suddetto attopossa aver avuto una duplice valenza: da un lato intervenire di-rettamente d’autorità sul giudicato formatosi sul caso Englaro,dall’altro lato il tentativo di ripristinare «la funzione statale di in-dirizzo e coordinamento, sostanzialmente “cancellata” dallariforma del Titolo V della Costituzione, in virtù della soppressionedi ogni riferimento all’interesse nazionale nella Carta costituzio-nale» (V. Molaschi, Riflessioni sul caso Englaro, cit.; M. Ainis,Eluana e i giudici obbedienti, La Stampa, 18 dicembre 2008,http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=5375). Infatti, la legge 5giugno 2003, n. 131, all’art. 8 ha stabilito che «nelle materie dicui all’articolo 117, terzo e quarto comma, della Costituzione nonpossono essere adottati gli atti di indirizzo e di coordinamento dicui all’articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e all’articolo 4del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112», escludendo per-ciò la funzione esaminata anche in ambito sanitario (V. Molaschi,op. cit.).

(233) Il testo inglese dell’art. 3 della Convenzione recita: «Theprinciples of the present Convention shall be: 1. Respect for in-herent dignity, individual autonomy including the freedom tomake one’s own choices, and independence of persons; 2. Non-discrimination; 3. Full and effective participation and inclusion insociety; 4. Respect for difference and acceptance of personswith disabilities as part of human diversity and humanity; 5.Equality of opportunity; 6. Accessibility; 7. Equality betweenmen and women; 8. Respect for the evolving capacities of chil-dren with disabilities and respect for the right of children withdisabilities to preserve their identities».

(234) V. Molaschi, op. cit.

(235) Supra, II, §5.

(236) http://it.wikipedia.org/wiki/Eluana_Englaro#L.27attuazione_del_protocollo.

(237) In dottrina, D. Simeoli, Il rifiuto di cure, cit., 1727.

(238) Si veda a questo proposito il testo della lettera che il capodello Stato ha inviato al Presidente del Consiglio il 6 febbraio2009 prima che il CdM approvasse il decreto, disponibile suhttp://www.astrid-online.it/Libert—di/TESTAMENTO/index.htm.In dottrina, G. Serges, Il rifiuto assoluto di emanazione del de-creto legge, in Giur. cost., 2009, 1, 469. N. Viceconte, La so-spensione delle terapie salvavita: rifiuto delle cure o eutanasia?Riflessioni su autodeterminazione e diritto alla vita nella giuri-sprudenza delle corti italiane, in “Rivista dell’Associazione italia-na dei costituzionalisti”, 1, 2011.

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braio 2009 (239). Come verrà analizzato in seguito,molte delle divisioni e delle prese di posizione ideo-logica maturate durante la vicenda Englaro sonostate recepite nel ddl S 10 - C 2350.

6. L’amministrazione di sostegno e le volontà di fine vitaA seguito dell’onda emotiva provocata dall’intrusi-vità dell’intervento governativo in una sfera perso-nalissima di autodeterminazione i cittadini iniziaro-no a registrare video con le proprie dichiarazioni divolontà in materia di sospensione dei trattamentisanitari da caricare su YouTube (240), mentre molticomuni italiani pensarono di istituire dei registri do-ve formalizzare tali volontà, iniziativa che però haincontrato il veto ministeriale per incompetenza deisuddetti enti locali in materia, poiché essi avrebberousurpato le funzioni del legislatore nazionale (241).Nel frattempo la giurisprudenza di meritò promosseuna svolta iniziando ad utilizzare lo strumento del-l’amministrazione di sostegno al fine di conferire va-lidità giuridica alle volontà dei ricorrenti attraversol’incarico ad un amministratore di sostegno di ren-derle esecutive (242). Va osservato che l’applicazione dell’istituto del-l’amministrazione di sostegno nell’ambito dellamanifestazione del consenso informato in caso ditrattamenti medici conosceva già una certa analisidottrinaria (243) nonché una diffusa esperienzaapplicativa (244). Certa dottrina aveva osservatoche «nelle intenzioni del legislatore, l’amministra-zione di sostegno è destinata a coprire l’intero spet-tro delle incapacità, comprese quelle che riguarda-no la sfera della persona; dall’altro nella convinzio-ne che, nel caso di specie, di fronte alla necessitàdel trattamento suggerito, l’incapace non è in gra-do di manifestare una volontà pienamente co-sciente delle conseguenze a cui può andare incon-tro in ipotesi di rifiuto» (245). Le critiche a questaposizione sostenevano che all’amministratore disostegno non possa essere attribuito in nessun casoil compito di prestare il consenso ad un trattamen-to sanitario per conto del beneficiario, poiché la l.n. 6/2004 restringerebbe l’applicabilità dell’istitutodell’amministrazione di sostegno ai soli casi in cuiil soggetto conservi una residua capacità di inten-dere e di volere (246). Nonostante tali perplessità,questo istituto venne utilizzato nei casi in cui pa-zienti fedeli al credo dei Testimoni di Geova inten-dessero manifestare il rifiuto alle trasfusioni di san-gue durante gli interventi chirurgici, anche a ri-schio della vita (247). In siffatte situazioni la giuri-sprudenza ha sottolineato la necessità del «rispetto

dell’obbligo dei sanitari di svolgere la propria pro-fessione secondo il codice deontologico e secondo

Note:(239) http://www.corriere.it/cronache/09_febbraio_09/eluana_morta_885dbb4e-f6df-11dd-9c7e-00144f02aabc.shtml. Il GIP ar-chiviò il procedimento penale a carico del padre e del personaledella clinica che attuò il protocollo il 10 gennaio 2010.

(240) F. Giubilei, Su YouTube impazza il testamento biologico, ar-ticolo pubblicato sul sito de “La Stampa” online il 9 febbraio2009 e consultabile su http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200902articoli/40819girata.asp.

(241) Ministero dell’Interno, Ministero del Lavoro e delle Politi-che Sociali, Ministero della Sanità, Registri per la raccolta delledirettive anticipate di trattamento, 19 novembre 2010.

(242) Trib. Modena, 13 maggio 2008; Trib. Prato, 8 aprile 2009;Trib. Modena, 14 maggio 2009; Trib. Firenze 22 dicembre 2010.Contra, Trib. Varese, 25 agosto 2010. Tutte le decisioni sono sta-te consultate sulla Banca dati De Jure. In dottrina, G. Gennari, Lavia giurisprudenziale al testamento biologico?, in Resp. civ. eprev., 2008, 9, 1828.

(243) Si erano espressi a favore dell’applicazione dell’ammini-strazione di sostegno nella manifestazione del consenso infor-mato, tra gli altri, G. Ferrando, “Protezione dei soggetti deboli emisure di sostegno”, in S. Patti (a cura di), La riforma dell’inter-dizione e dell’inabilitazione, Milano, 2002, 125 ss.; E. Calò, Lanuova legge sull’amministrazione di sostegno. Commento alla L.9 gennaio 2004, in Corr.giur., 2004, 7,861. In senso critico, G.Bonilini, Testamento per la vita e amministrazione di sostegno,in Testamento biologico. Riflessioni di dieci giuristi, a cura dellaFondazione Umberto Veronesi, Milano, 2006, 189.

(244) Trib. Modena, 28 giugno 2004, Trib. Modena, 15 settembre2004, Trib. Cosenza, 24 ottobre 2004, Trib. Cosenza, 28 ottobre2004, Trib. Roma, 20 dicembre 2005, Trib. Bari, 27 dicembre2006, Trib. Milano, 5 aprile 2007; Trib. Siena 18 giugno 2007;Trib. Modena, 19 marzo 2008; Trib. Modena, 20 marzo 2008;Trib. Modena, 26 novembre 2008; Trib. Modena, 2 febbraio2009; Trib. Palermo, 9 dicembre 2010. Altro giudice ha rigettatol’istanza di apertura del procedimento di amministrazione di so-stegno per la manifestazione del consenso informato perchétrattavasi di situazione d’urgenza nella quale non occorre il con-senso all’agire del medico, giustificato dallo stato di necessità,ma il dissenso, specificamente. Afferma il giudice che «potreb-be ostacolare l’intervento in stato di necessità solo un dissenso,chiaro libero e consapevole manifestato dall’interessato (checon tali caratteristiche va rispettato), ma neppure questa circo-stanza sussiste per la signora Dxxx attesa la storia clinica dellapaziente, quale emerge dalla stessa prescrizione del medico cu-rante» (Trib. Trieste 11 marzo 2009).

(245) F. Ruscello, “Amministrazione di sostegno” e tutela dei“disabili”. Impressioni estemporanee su una recente legge, inStudium iuris, 2004, 2, 149 ss..

(246) Trib. Torino, 26 luglio 2007.

(247) Trib. Roma, 20 dicembre 2005; Trib. Modena, 16 settem-bre 2008, in Dir. Famiglia, 2009, 1, 261. In senso difforme, Trib.Genova, 6 marzo 2009, in Banca dati De Jure, secondo il qualeIn materia di diritto alla salute è certamente possibile incaricarel’amministratore di sostegno della rappresentanza dell’ammini-strato nell’esprimere il “consenso informato”, inteso come con-senso espresso rispetto a scelte terapeutiche previa assunzionedelle adeguate informazioni sui relativi costi e benefici; non è, in-vece, possibile incaricare l’amministratore di esprimere, comun-que e in ogni caso, un “dissenso” al trattamento terapeutico sul-la base di una precedente scelta del tutto personale del titolaredel diritto di anteporre il proprio convincimento religioso al benedella vita.

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le regole dell’arte, è principio comunemente affer-mato che quando, il paziente non sia in grado dimanifestare il proprio consenso al trattamento sa-nitario, quest’ultimo è giustificato nei limiti con-sentiti dallo stato di necessità ed il consenso si pre-sume» (248). Tuttavia è altrettanto necessario bi-lanciare detta situazione con il diritto all’integritàfisica e alla libertà religiosa (249), supplendo allamancanza di specifiche indicazioni scritte con l’e-spletamento di una dettagliata istruttoria consisti-ta nell’assunzione di sommarie informazioni e testi-monianze concordi nell’evidenziare che il pazienteaveva espresso l’univoca volontà «di non soggiace-re ad emotrasfusioni anche in caso di pericolo divita e pur in assenza di cure alternative, data la suaqualità di ministro di culto della Congregazionedei Testimoni di Geova» (250).Il primo provvedimento di richiesta di sospensionedi trattamenti vitali effettuato con l’intervento del-l’amministrazione di sostegno è stato erogato, comegià ricordato, (251) nel caso Nuvoli, dove il compi-to dell’amministratore di sostegno consisteva nell’e-sclusiva azione di redigere materialmente tutti gliatti e le istanze rivolte ad enti o a pubbliche ammi-nistrazioni o autorità, che per la loro validità o per laloro natura necessitino di formulazione scritta, limi-tandosi a riportare le volontà del paziente comeespresse con il sintetizzatore. All’amministratore disostegno, quindi, veniva delegato un mero ruolo discrivano.La svolta successiva avvenne a seguito della vicendaEnglaro ed ebbe molto più eco presso l’opinionepubblica. Si trattava del provvedimento del Tribu-nale di Modena del 5 maggio 2008 (252). Esso ri-guardava la richiesta di paziente malata terminale diSLA (sclerosi laterale amiotropica) la quale invoca-va «un indispensabile sostegno per sostituirla, unavolta sopravvenuta la sua incapacità, nell’atto di di-niego del consenso alla specifica pratica medica»,nel caso di specie una tracheostomia, modalità inva-siva di respirazione artificiale. Infatti, le condizionidella paziente erano irreversibili in conseguenza del-la rapida progressione del morbo provocando unarapida e prevedibile aggravamento della patologia.Infatti, una volta che la muscolatura del torace nonfosse (stata) più in grado di aspirare e i successivi in-terventi rianimativi ordinari fossero insufficientiprovocando una situazione di soffocamento tale daindurre la persona in uno stato confusionale provo-candone l’incapacità e costringendo i sanitari a in-tervenire con una tacheostomia per praticarle laventilazione forzata, situazione rifiutata dalla pa-ziente. Si trattava dunque di una situazione clinica

assimilabile a quella in cui si trovava PiergiorgioWelby (253). Siccome si è trattato del provvedimento di riferi-mento per l’utilizzo giudiziario dell’amministrazionedi sostegno in tema di direttive anticipate di fine vi-ta e ha avuto una certa influenza anche nella reda-zione delle limitazioni stabilite dal ddl S 10 - C 2350se ne analizzano compiutamente i vari punti. Nelvalutare l’applicabilità dell’amministrazione di so-stegno quale mezzo di manifestazione del consensoinformato della paziente in tema di direttive antici-pate sul fine vita il giudice richiama immediatamen-te le norme costituzionali che individuano i principinon negoziabili dell’ordinamento giuridico. Specifi-camente quelli protetti dagli artt. 2, 13 e 32 dellaCostituzione già ampiamente trattati nella nota sen-tenza Englaro (254) e che cristallizzano la regola«per cui è precluso al medico di eseguire trattamen-ti sanitari senza che si dia quel consenso libero einformato del paziente che si concretizza in un dirit-to fondamentale di quest’ultimo sotto il triplice e tu-telato profilo di accettare la terapia, di rifiutarlanonché di interromperla» (255) nel rispetto delleconvinzioni personali e dell’autonomia individuale.

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Note:(248) Trib. Roma, 20 dicembre 2005, cit.

(249) Sul punto, il giudice romano si esprime nei seguenti termi-ni: «nel caso concreto, tuttavia, ed alla luce della moderna con-cezione secondo la quale la legittimità del trattamento medicodipende dal consenso informato del paziente piuttosto che dal-l’autolegittimante fine di tutelare il bene della salute, l’applica-zione del principio del consenso presunto costituirebbe paleseviolazione del valore della persona, implicitamente consacratonella disposizione di cui all’art. 32, comma 2, della Carta Costitu-zionale, e dell’espressione dell’identità religiosa del sig. X.F., es-sendo a confronto diritti inviolabili della persona costituzional-mente riconosciuti e garantiti quali il diritto all’integrità fisica e lalibertà religiosa, il cui ordine di priorità non può essere determi-nato o, peggio, alterato, dall’attuale impossibilità dell’interessatodi esprimere la propria volontà; non è in grado di farlo autono-mamente, può pertanto essere attribuito ad un amministratoredi sostegno provvisorio, (...) l’incarico di manifestare ai sanitari lavolontà a suo tempo espressa» (Trib. Roma, 20 dicembre 2005,cit.).

(250) R. Masoni, Vivere è un diritto, non un obbligo: amministra-zione di sostegno e consenso ai trattamenti sanitari e di fine vi-ta, in dir. fam., 2008, 2, 676.

(251) Supra, I, §4.2.

(252) Trib. Modena, 13 maggio 2008, in Corr. giur., 2008, 9, 1287e in Banca dati De Jure, G. Paliani, Trattamenti sanitari, fine vitae amministrazione di sostegno, in Giur. merito, 2009, 7-8, 1776;G. Ferrando, Amministrazione di sostegno e rifiuto di cure, in Dir.fam. e pers., 2009, 277. In senso critico, F. Gazzoni, Continua lacrociata parametafisica dei giudici-missionari della c.d. “mortedignitosa”, in Dir. fam., 2009, 1, 288.

(253) Supra, I §4.2.

(254) Cass. 16 ottobre 2007, n. 21748, cit.

(255) Trib. Modena, 13 maggio 2008, cit.

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Da queste prime considerazioni il giudice fa discen-dere importanti conseguenze di ordine giuridico: a)l’imperatività e l’immediata applicazione delle nor-me costituzionali senza necessità di alcun interven-to legislativo, in particolare l’art. 32 che tutela il di-ritto alla salute in quanto diritto di importanza pri-maria; b) tra questi diritti rientra il rifiuto (ovvero lavolontà interruttiva) di terapie c.d. “salvifiche” inquanto non esiste un dovere pubblico di cura “pro-prio di uno Stato etico, peraltro ripudiato dai costi-tuenti” (256); c) il rifiuto di cure (ovvero la volontàinterruttiva non sono configurabili come fenomenieutanasici perché consentono il completamento delpercorso biologico naturale (257).Secondo il giudice, qualora l’incapace abbia lasciatodisposizioni specifiche di volontà volte ad escluderetrattamenti artificiali salvifici che lo mantengano invita nello stato vegetativo è dovere dell’ordinamen-to rispettare codesta espressione autodeterminativa(258), senza bisogno di ulteriore intervento legisla-tivo poiché la realizzazione di tale volontà può esse-re demandata all’amministratore di sostegno ai sen-si dell’art. 408, 2° comma c.c., il quale afferma che«L’amministratore di sostegno può essere designatodallo stesso interessato in previsione della propriaeventuale futura incapacità mediante atto pubblicoo scrittura privata autenticata». La ratio di questanorma è innovativo e riguarda la tutela privilegiatadella persona «rispetto al patrimonio, ai creditori ealla stessa famiglia» (259). Tutela che secondo ilgiudicante sarebbe doverosa perché «l’art. 32 dellaCostituzione non garantisce il diritto a morire ma ildiritto che il naturale evento della morte si attui conmodalità coerenti all’autocoscienza della dignitàpersonale quale costruita dall’individuo nel corsodella vita attraverso le sue ricerche razionali e le sueesperienze emozionali» (260).Questo decreto è stato molto dibattuto in dottrina,ma ha avuto un seguito giurisprudenziale maggiorita-rio. L’effetto imitativo è partito dalla medesima Cu-ria che ha emanato il primo decreto, ovvero dal Tri-bunale di Modena (261), con una sostanziale diffe-renza: l’istante non era un soggetto debole sottopostoa cura di patologie in corso per le quali doveva esse-re manifestato un consenso informato, ma un sogget-to pienamente capace di intendere e volere, sano,che attraverso l’amministrazione di sostegno inten-deva formalizzare una volta per tutte le sue “dichia-razioni anticipate di trattamento” già depositatepresso un notaio (262). Se sotto un profilo di naturasociale è possibile osservare che tale istanza è statamossa dietro all’onda emotiva provocata dalla tragi-ca conclusione del caso Englaro, dall’altro è possibile

notare come un istituto previsto per la cura di perso-ne in stato attuale di incapacità ai sensi dell’art. 405c.c. venga riadattato per una situazione di incapacitàche ancora non esiste e che addirittura potrebbe mu-tare, specie nell’autodeterminazione curativa (263).Quale risposta dà il giudice a questa istanza apparen-temente così vaga e irrituale? Innanzitutto il giudiceafferma che “la non attualità” dell’istanza non è mo-tivo preclusivo perché occorre sottolineare «l’inci-denza probabilistica di eventi, non preannunciati néprevedibili ma con conseguenze lesive immediate etali da porre la persona in uno stato vegetativo irre-versibile: dall’ictus all’infarto del miocardio, dal-l’infortunio sul lavoro al sinistro stradale» (264). Intali situazioni, infatti, l’esistenza di una scrittura con-tenente le “direttive anticipate di trattamento” con-

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Note:(256) Trib. Modena, 13 maggio 2008, cit.

(257) A questo proposito, osserva il giudice modenese che «nonè improprio osservare, di fronte all’utilizzo così confuso e impro-prio del termine eutanasia nell’attuale dibattito italiano, che nes-suno dei vari casi su cui oggi si controverte è riferibile a quellafattispecie, che è la sola ragionevolmente appropriata, introdottae regolamentata dagli ordinamenti olandese e belga che hannolegittimato l’accelerazione del percorso biologico naturale per lapersona capace di intendere e volere, che, affetta da sofferenzeinsopportabili e senza prospettive di miglioramento, chiede levenga praticato un farmaco mortale, se non in grado di auto-somministrarselo, ovvero (e si parla, nell’ipotesi, di suicidio assi-stito) di fornirglielo in modo che possa assumerlo». In dottrina,sul punto, R. Masoni, Amministrazione di sostegno e direttiveanticipate di trattamento medico-sanitario: contrasti, nessi e re-lazioni, in Giur. mer., 2010, 1, 104, in particolare, n. 21.

(258) Trib. Modena, 13 maggio 2008, cit.

(259) Trib. Modena, 13 maggio 2008, cit.

(260) Trib. Modena, 13 maggio 2008, cit., R. Masoni, op. cit.

(261) Trib. Modena, 5 novembre 2008.

(262) Tale scrittura recitava: La scrittura in data 17 settembre2008 è, per quanto qui interessa, del seguente testuale tenore:«In caso di malattia allo stato terminale, malattia o lesione trau-matica cerebrale, irreversibile e invalidante, malattia che mi co-stringa a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artifi-ciali che impediscano una normale vita di relazione, chiedo e di-spongo di non essere sottoposto ad alcun trattamento terapeu-tico, con particolare riguardo a rianimazione cardiopolmonare,dialisi, trasfusione, terapia antibiotica, ventilazione, idratazione oalimentazione forzata e artificiale. Chiedo inoltre formalmenteche, nel caso in cui fossi affetto da una delle situazioni soprain-dicate, siano intrapresi tutti i provvedimenti atti ad alleviare lemie sofferenze, compreso, in particolare, l’uso di farmaci oppia-cei, anche se essi dovessero anticipare la fine della mia vita»(Trib. Modena, 5 novembre 2008, cit.).

(263) Specifica infatti il ricorrente: «per il tempo di eventuale per-dita della capacità autodeterminativa e sempre che, nel frattem-po, non sia intervenuta manifestazione di volontà contraria, i po-teri-doveri di autorizzazione alla negazione di prestare consensoai sanitari a sottoporlo alle terapie individuate nella scrittura pri-vata anzidetta nonché di richiedere ai sanitari coinvolti di porre inessere, nell’occasione, le cure palliative più efficaci» (Trib. Mo-dena, 5 novembre 2008, cit.).

(264) Trib. Modena, 5 novembre 2008, cit.

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fezionata ai sensi dell’art. 408, comma 2, c.c., è inconcreto idonea a fornire efficace tutela del dirittoall’autodeterminazione, diritto “primario ed assolu-to”, in modo più celere che con consueta nomina diamministratore di sostegno per la negazione del con-senso alle cure, e alla negazione alle terapie indeside-rate ma «doverosamente praticate dai sanitari, inesecuzione dei propri obblighi professionali e deon-tologici» (265). In altri termini, il giudice affermache non si tratta di una tutela anticipata, ma dellavalutazione di un evento sotto il profilo probabilisti-co, senza che vengano meno i principi di tutela co-stituzionale. Il giudice modenese, attraverso l’istitutodell’amministrazione di sostegno, ha riconosciuto at-traverso un provvedimento giudiziario la validità deltestamento biologico (266). Si tratta di una scelta condivisibile o di un forzaturadegli strumenti ordinamentali?La dottrina ha manifestato perplessità nei confrontidi siffatta “supplenza del giudiziario” (267) che ha di-viso il dibattito tra coloro che affermano si tratti diuna indebita strumentalizzazione dell’’istituto (268)e coloro che ne approvano l’applicabilità a questi ca-si considerata la sua versatilità (269), o addiritturaun limite all’invadenza del c.d. “Stato etico” (270).Anche la giurisprudenza ha dato risposte contrad-dittorie: la maggior parte delle corti hanno seguitoquesta interpretazione (271), motivando che nel ri-spetto del principio costituzionale di uguaglianza trapazienti in grado di intendere e volere e pazienti in-capaci, si consente loro, anche se non ancora sog-getti a sofferenza, di esprimere il proprio diniego al-le cure “ora per allora” (272).Altre corti hanno rigettato l’istanza (273) specifican-do la non attualità della situazione nella quale neces-siterebbe la nomina dell’amministratore di sostegno(274), ovvero il rischio di duplicare, e quindi compli-care la procedura, che di per sé è facilmente instaura-bile (275), ovvero ancora motivando con la potenzia-le paralisi del sistema a causa dell’apertura di milionidi “inutili” amministrazioni di sostegno (276).

7. La Corte europea dei diritti umani e le decisioni sul fine vitaNel corso degli anni la giurisprudenza della Corteeuropea dei diritti umani in tema di fine vita ha su-bito una interessante evoluzione: dalle prime pro-nunce di chiusura, ovvero di rimando alla disponibi-lità degli Stati del loro margine di apprezzamento(277), a decisioni che manifestano una certa apertu-ra sulle questioni inerenti all’autodeterminazionenelle fasi terminali della vita. Uno delle prime e più interessanti decisioni è Wid-

mer contro Svizzera (278), dove la Commissione eu-ropea per i diritti umani ha dichiarato inammissibi-le l’istanza dei figli di una persona ottantaduenne,vittima di eutanasia passiva nell’ospedale dove eraricoverato. Le indagini effettuate dalle autorità sviz-zere verificarono l’adeguatezza delle procedure svol-te presso la struttura sanitaria, cosicché il caso ven-ne archiviato. In questa circostanza la Commissioneeuropea per i diritti umani osservò che il codice pe-nale svizzero conteneva norme penali incriminatricidegli omicidi, anche per quelli conseguenti a negli-genza ovvero a imprudenza colpevole, fattispecie direato statisticamente frequenti negli ospedali. Per-ciò la Commissione stabilì che lo Stato svizzero ave-va predisposto strumenti giuridici sufficienti adadempiere l’obbligazione positiva prevista dall’art. 2CEDU in difesa della vita e che il legislatore svizze-ro non poteva essere condannato per essersi specifi-camente astenuto dall’introdurre una fattispecie in-criminatrice dell’eutanasia passiva. Il caso Sanles Sanles contro Spagna (279) concernela vicenda di un uomo tetraplegico da più di vent’an-ni a seguito di un incidente stradale, che adì le giuri-sdizioni spagnole, compresa la procedura di amparoalla Corte costituzionale, per il riconoscimento del

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Note:(265) Trib. Modena, 5 novembre 2008, cit.

(266) Trib. Modena, 5 novembre 2008. In dottrina, R. Masoni,Amministrazione di sostegno e direttive anticipate di trattamen-to medico-sanitario, cit.

(267) R. Masoni, op. cit.

(268) F. Gazzoni, Continua la crociata, cit.

(269) C. Brignone, Punti fermi, cit.

(270) F. Botti, op. cit.

(271) Trib. Modena, 23 dicembre 2008; Trib. Treviso, 7 giugno2011; Id., 14 gennaio 2011; Trib. Firenze, 22 dicembre 2010;Trib. Roma, 31 maggio 2010; Trib. Mantova, sez. dist. Castiglio-ne delle Stiviere, 12 gennaio 2011;Trib. Cagliari, decr. 22 ottobre2009; Trib. Prato, decr. 8 aprile 2009.

(272) Trib. Modena, 23 dicembre 2008, cit.

(273) Trib. Varese, 25 agosto 2010; Trib. Genova, 6 marzo 2009;Trib. Firenze, 8 aprile 2009; Trib. Roma, 1° aprile 2009; Trib. Ca-gliari, decr. 14 dicembre 2009.

(274) Trib. Firenze, 8 aprile 2009, cit.

(275) Trib. Varese, 25 agosto 2010, cit.

(276) C. App. Firenze, decr. 3 luglio 2009, contra sul punto Trib.Varese, 25 agosto 2010, cit.

(277) N. Lettieri, L’art. 2 della convenzione sui diritti umani sul di-ritto alla vita, in Giur. Merito, 2009, 9, 2312.

(278) EcommHR 10/2/1993, Widmer v. Switzerland, App20427/92, inedito. In dottrina, C. Focarelli, Euthanasia, MaxPlanck Enciclopaedia of Public International Law, 2009,http://www.mpepil.com

(279) ECommHR, 28 aprile 2004, Sanles Sanles c. Spagna, inwww.echr.coe.int

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diritto alla non interferenza dello Stato nella sua de-cisione di porre fine alla sua vita. L’amparo si fondavasul riconoscimento dei diritti alla dignità umana, allibero sviluppo della personalità, alla vita, all’inte-grità fisico-psichica e ad un processo equo ai sensi de-gli artt. 10, 15 e 24 della Costituzione spagnola. Nel-le more del giudizio di amparo, il paziente morì assi-stito da anonimi, mentre la procura aprì un’inchiestacontro ignoti per aiuto al suicidio. L’unica erede in-stò di riassumere il giudizio di amparo per vedere ri-conosciuti i diritti rivendicati, e in conseguenza, lalegittimità del suicidio assistito. Tuttavia la Corte co-stituzionale spagnola stralciò il procedimento dalruolo in quanto quelli oggetto dell’istanza avevano lanatura di diritti personalissimi e quindi non trasmis-sibili iure hereditatis da un lato, mentre dall’altro l’or-dinamento spagnolo non poteva riconoscere il dirit-to al suicidio assistito come delineato nell’amparopresentato dal de cujus perché il suicidio assistito conl’intervento di terzi era previsto come reato dalla leg-ge spagnola e non poteva essere considerato un dirit-to fondamentale riconoscibile attraverso un amparo.L’erede ha adito la (Commissione? Corte?) di Stra-sburgo per lamentare la violazione dell’art. 8 dellaCEDU a causa dell’interferenza dello stato spagnolonell’impedire gli effetti pratici della scelta del decujus sul porre termine alla propria esistenza da un la-to e mentre dall’altro lamentava l’irragionevole du-rata ex art 6 CEDU del procedimento di amparo. Igiudici strasburghesi hanno dichiarato l’istanzainammissibile innanzitutto: sotto il primo profilo,perché non esisterebbe ai sensi della Convenzioneun diritto alla vita dignitosa ovvero alla morte digni-tosa: l’azione posta in essere dal de cujus concerneval’accesso a farmaci che avrebbero consentito di porrein essere un suicidio assistito e tale richiesta, non tra-sferibile in via ereditaria, può essere riconosciuta so-lo a livello nazionale; sotto il secondo profilo la diffi-coltà e la delicatezza della materia consentono ai giu-dici aditi di trattare il caso loro sottoposto in terminipiù ampi rispetto ai criteri stabiliti dalla giurispru-denza formatasi sull’art. 6 CEDU.Di fronte alle istituzioni europee è molto conosciu-to è il caso di Mrs Diane Pretty, una signora inglesesofferente di una malattia degenerativa del sistemanervoso che citò il Regno Unito di Gran Bretagnadavanti alla Corte europea dei diritti umani perchénon garantiva al marito l’immunità dall’imputazio-ne del reato di omicidio del consenziente qualoral’avesse aiutata a morire a causa dell’insostenibilitàdelle sue sofferenze (280). Le argomentazioni delladonna, la cui capacità di intendere e volere non èmai stata posta in dubbio, soprattutto perché agì in

giudizio quando ancora non era ancora completa-mente soccombente alla malattia, sono molto inte-ressanti, ma eluse dalla Corte europea dei dirittiumani, alla quale Mrs Pretty si rivolse per vedereaccertata la violazione dell’art. 2 della Convenzio-ne europea per la salvaguardia dei diritti umani edelle libertà fondamentali da parte del Suicide Act1962 nella parte in cui non autorizzava il suo co-niuge a staccarle su sua richiesta i macchinari che latenevano in vita senza causare la sua incriminazio-ne per omicidio (281). La Corte ha affermato che ildiritto alla vita protetto dall’art. 2 della CEDU pos-sa essere interpretato includendo anche un aspettonegativo, poiché non comprende obiettivi quali laqualità della vita ovvero le garanzie su come viverela propria vita. L’aspetto di natura fondamentale daesso protetto concerne la tutela dalle interferenzedegli Stati. Solo attraverso una distorsione lingui-stica gli si può attribuire un significato diametral-mente opposto, ovvero un diritto a morire o un di-ritto di autodeterminazione nel senso di conferireall’individuo la possibilità di scegliere la mortepiuttosto che la vita, né con le proprie mani, né at-traverso mani altrui ovvero l’assistenza della pub-blica autorità. La Corte conclude affermando cheseppure la CEDU non possa essere interpretata a fa-vorire il suicidio assistito, altrettanto vero è checiascuno Stato sottoscrittore può regolare il suici-dio assistito per mano propria ovvero di terzi e checomunque ciò non viola l’art. 2 CEDU.Questa decisione è stata criticata da certa dottrinaperché essa condivisibilmente osserva che dire che«l’opposto del diritto alla vita è il diritto di moriresignifica confondere la vita come fenomeno biologi-co e la vita come contenuto di un diritto. Se in ter-mini biologici l’opposto della vita è la morte, in ter-mini giuridici l’opposto del diritto alla vita è il do-vere di vivere» (282). La Corte stessa pare rendersiconto della debolezza delle sue argomentazioni,tant’è che nella sentenza Ada Rossi contro Italia

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Note:(280) Corte europea dei diritti umani, 29 luglio 2002, Pretty v.United Kingdom, in www.echr.coe.int. In dottrina, A. Andronio, Ilconsenso alla prestazione delle cure medico-chirurgiche, cit.,300; N. Lettieri, L’art. 2 della convenzione sui diritti umani, cit.,2312; C. Casonato, Il consenso informato, cit., 9.

(281) A. Andronio, op. cit.; N. Lettieri, op. cit.

(282) A. Santosuosso, Diritto, scienza, nuove tecnologie, cit., 73ss. L’Autore altresì afferma: «Peraltro il diritto alla vita, pur se ir-rinunciabile come diritto, per restare un diritto, deve essere libe-ro nei suoi atti di esercizio: questi non possono che essere ri-messi alla libera determinazione del suo titolare, che potrà sce-gliere anche di rifiutare i trattamenti salvavita. A ragionare diver-samente si arriva all’inammissibile trasformazione del diritto allavita nel dovere di vivere».

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(283), in realtà relativa al caso Englaro, dichiara l’i-nammissibilità dell’istanza: da un lato, perché i ri-correnti non erano né direttamente né indiretta-mente coinvolti nelle circostanze del caso e dunquenon avevano interesse a ricorrere, dall’altro lato,perché il ragionamento della Corte parte da un pre-supposto differente, ovvero dal riconoscimento deldiritto alla libertà scelta individuale (284).La vicenda motrice dell’istanza di David e CarolGlass contro il Regno Unito di Gran Bretagna haprovocato due decisioni: una sull’ammissibilità delladomanda (285), accolta parzialmente e la secondacon la sentenza vera e propria (286). Si tratta di uncaso di particolare interesse per la delicatezza dellavicenda e per la scarsità di decisioni sul punto: ovve-ro quale valenza ha il principio del consenso infor-mato anche manifestato da colui che esercita la po-testà genitoriale, qualora il minore sia incapace enon in grado di interagire con l’esterno. La vicendariguarda la somministrazione a David, minore disabi-le psichico e fisico, ricoverato in rianimazione peruna grave patologia polmonare. Sulla somministra-zione di farmaci morfinici al bambino ci fu un vio-lento scontro fisico tra la madre e i medici. La primacercava di impedire al personale sanitario l’iniezionedi morfina, i secondi sostenevano che la sommini-strazione dell’oppiaceo fosse la terapia corretta nelperseguimento del best interest del minore, in ogni ca-so la madre era contraria e alcuna autorizzazione giu-diziaria era stata chiesta, né concessa. La donna,esauriti i rimedi giudiziari interni che le diedero tor-to, si è rivolta alla Corte europea dei diritti umaniche ha dichiarato ammissibile la sua istanza sul man-cato rispetto dell’integrità fisica e morale ai sensi del-l’art. 8 CEDU da parte del personale sanitario che haagito senza coinvolgere né l’esercente la potestà ge-nitoriale responsabile del minore, né le corti cheavrebbero potuto decidere nell’interesse del minore enel rispetto della legge, avocando a sé la pienezza del-la decisione. In altri termini: ai medici è stato lascia-to troppo potere? Il Governo inglese ha difeso l’ope-rato dei sanitari sostenendo che essi abbiano sommi-nistrato il farmaco nel rispetto dell’art. 8.2 CEDU inquanto necessario ai fini rianimativi del minore poi-ché le circostanze fattuali erano eccezionali e vi era ilrischio della morte del paziente. La Corte ha affer-mato che la somministrazione di morfina al minore èstata fatta senza un previo confronto con la madre,avvenuto invece in precedenza per altre terapie, eche non è possibile stabilire con certezza che in quel-le condizioni l’ipotetico consenso materno potesseessere libero espresso e informato (ex art. 5 della ri-chiamata Convenzione di Oviedo), mentre è chiaro

che la madre, anche se ipoteticamente l’avesse mani-festato, in un secondo momento l’ha revocato cam-biando la sua opinione, che avrebbe dovuto essere ri-spettata e non opposta. Proprio per la circostanza diaver somministrato al minore incapace una terapiasenza l’autorizzazione né della madre, né di una corteche risiede la violazione dell’art. 8 CEDU.La questione dell’eccessivo potere decisionale deimedici inglesi è stata nuovamente portata all’atten-zione dei giudici di Strasburgo dall’istanza di un pa-ziente maggiorenne e capace di intendere e volere,Oliver Leslie Burke, ma sofferente di una malattiadegenerativa che gli impedisce di muoversi ed espri-mersi, nonostante conservi la lucidità mentale(287). In previsione del definitivo obnubilamentodella sua volontà il ricorrente desiderava formalizza-re il suo desiderio di morire senza l’intervento disupporti artificiali e senza che i medici decidesseroper lui. Anche se nel Regno Unito la materia era di-sciplinata dalle General Medical Council Guidance(GMCG), il ricorrente pensava che queste lasciasse-ro troppo spazio ai sanitari rispetto all’autodetermi-nazione del singolo, soprattutto in relazione al di-stacco dai sostentamenti artificiali, che potrebberoessere distaccati quando il paziente si venisse a tro-vare in una “condizione molto grave”, senza il con-senso del malato che rischierebbe di morire denutri-to e disidratato. Il ricorrente non voleva che la deci-sione sul prolungamento delle sue condizioni di vitavenisse preso dai sanitari, quindi agì in giudizio in-vocando gli artt. 2 (diritto alla vita), 3 (divieto del-la tortura), 8 (diritto al rispetto della vita privata efamiliare), 14 (divieto di discriminazione). Secondoil giudice di primo grado il General Medical Coun-cil Guidance (Withholding and Withdrawing Life-prolonging Treatments: Good Practice and Deci-sion-making (August 2002) (288) era criticabilesotto alcuni aspetti, in particolare non lasciava suffi-ciente spazio alla volontà del paziente che richiedes-

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Note:(283) Corte europea dei diritti umani, 22 dicembre 2008, AdaRossi et al. contro Italia in www.echr.coe.int

(284) A. Santosuosso, Diritto, scienza, nuove tecnologie, cit., 75.

(285) Corte europea dei diritti umani, 18 marzo 2003 David andCarol Glass v. United Kingdom, in www.echr.coe.int.

(286) Corte europea dei diritti umani, 9 marzo 2004, David andCarol Glass v. United Kingdom, in www.echr.coe.int.

(287) Corte europea dei diritti umani, 17 maggio 2006, Oliver Le-slie Burke v. United Kingdom, in www.echr.coe.int.

(288) Le direttive sono state modificate nell’agosto 2010, la ver-sione precedente, risalente al 2002, è reperibile a questo sitoweb: http://www.gmc-uk.org/Withholding_and_withdrawing_guidance_for_doctors.pdf_33377901.pdf.

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se una cura piuttosto che la rifiutasse, come nel casotemuto dal ricorrente ovvero dei trattamenti di ali-mentazione e idratazione artificiali che verrebberocomunque sospesi in caso di condizioni “molto gra-vi” del paziente anche non terminale. Il giudiziod’appello invece ribaltò il giudizio di prime cure af-fermando i timori del paziente fossero non attuali eche non vi fosse motivo per il paziente di temere sul-la sospensione dei trattamenti vitali né che questifossero in grado di prolungare la sua vita. Infatti so-lo il medico, valutate le condizioni generali del pa-ziente a seconda delle circostanze del caso, sarebbein grado di prendere le opportune decisioni sullasomministrazione dei sostegni vitali nel persegui-mento del best interest del paziente. Caduto il giudi-cato sulla decisione interna, il paziente ricorse aigiudici di Strasburgo, lamentando nuovamente laviolazione dei citati articoli della CEDU poiché lelinee guida inglesi non prendevano in considerazio-ne la gravità della sua sofferta malattia consistente,secondo la sua istanza, in una “morte prolungata” inviolazione dell’art. 2; non lo proteggevano da untrattamento umano e degradante realizzato nellaforma della sospensione dei trattamenti vitali facen-dolo rischiare di morire per disidratazione e malnu-trizione in violazione dell’art. 3; lo privavano di unimportante aspetto della sua personale autonomiadecisionale in quanto consentiva ai medici di nonprendere in considerazione le sue “advance directives”per il tempo in cui non sarebbe stato più in grado dimanifestare la sua volontà o divenuto incapace inviolazione dell’art. 8; una volta impossibilitato a co-municare i suoi desideri lo avrebbero discriminatonei confronti di coloro che erano in grado di formu-lare in maniera autonoma le loro volontà in viola-zione dell’art. 14 CEDU. Il ricorrente, quindi, chie-deva la condanna del Regno Unito perché non gliconsentiva di far valere le proprie autodeterminazio-ni nei confronti dei medici qualora caduto in statodi incapacità. La Corte di Strasburgo, tuttavia, di-chiarò la sua istanza inammissibile sotto tutti i profi-li richiamati perché se da un lato era vero che non cifosse un pericolo imminente che alimentazione eidratazione artificiali venissero sospese con il rischioche egli morisse malnutrito e disidratato, dall’altroera presente nell’ordinamento inglese una forte pre-sunzione a favore del prolungamento della vita dovepossibile, in accordo con lo spirito della Convenzio-ne, come già accertato nel citato caso Glass.La decisione Haas contro Svizzera (289) è interes-sante perché concerne il diritto all’accesso alle pro-cedure di suicidio assistito legalmente previste nellostato svizzero (290) da parte di un paziente sofferen-

te un disturbo bipolare della personalità da oltreventi anni, durante i quali tentò due volte il suicidioe venne ricoverato in cliniche psichiatriche per lun-ghi periodi. Da qualche anno il ricorrente si eraiscritto all’associazione Dignitas, che ha quale scoposociale l’assistenza al suicidio, al fine di ottenere ilfarmaco necessario, però prescrivibile solo da unmedico, per porre in essere il suo proposito. La que-stione sottoposta dal ricorrente prima ai giudici sviz-zeri e poi alla Corte di Strasburgo è la seguente: l’ob-bligo di prescrizione medica del farmaco è conformeal rispetto dell’articolo 8 della CEDU? I giudici zuri-ghesi prima e svizzeri dopo sostengono che l’art. 8non prescrive agli Stati membri un obbligo positivodi creare le condizioni che consentano la commis-sione di un suicidio assistito senza alcun rischio. IlTribunale affronta una questione che sarà fatta pro-pria anche dai giudici di Strasburgo, come ampieparti della motivazione dei giudici svizzeri, ovvero ladifferenza tra la volontà di suicidarsi come manife-stazione di una malattia mentale, che può essere cu-rato, ovvero «la volontà di morire basata sulla mani-festazione di un pensiero proveniente da una perso-na capace di comprendere nel momento in cui espri-me tale proposito» (291). Secondo la legge svizzerasolo in questa seconda circostanza è ammessa la pre-scrizione del farmaco letale a una persona sofferentedi malattia mentale. La Corte infatti, sempre ade-rendo alla ricostruzione dei giudici svizzeri, osservache il medico che volontariamente assiste al suici-dio di un paziente, può accogliere la richiesta di que-sti solo se non esiste alcuna opzione medica alterna-tiva (292). Questa assistenza non può essere impostaal medico, che è comunque tenuto a rispettare la di-ligenza professionale e i limiti di legge. La Cortequindi rigetta all’unanimità la richiesta del malatopoiché ritiene che i limiti posti dalla legge all’acces-so al farmaco letale siano finalizzati a garantire la sa-lute, la sicurezza, la prevenzione di reati: tutte restri-zioni giustificate ai sensi dell’art. 8.2 CEDU al dirit-to al rispetto della vita privata, soprattutto in consi-derazione che secondo l’esperienza e gli studi psi-chiatrici sulla malattia mentale l’obbligo di prescri-zione medica è uno strumento fondamentale per

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Note:(289) Corte europea dei diritti umani, 20 giugno 2011, Haas c.Suisse, in www.echr.coe.int. In dottrina, D. Butturini, Note a mar-gine di Haas contro Svizzera, luglio 2011, http://www.rivistaaic.it/articolorivista/note-margine-di-corte-edu-haas-contro-svizzera.

(290) Si veda sul punto la già citata decisione della Commissionedei diritti umani, 10 febbraio 1993, Widmer c. Svizzera.

(291) D. Butturini, op. cit.

(292) Supra, I, §4.

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proteggere la vita e la volontà delle persone vulne-rabili (293). In conclusione, la Corte afferma che laConvenzione va letta nel suo complesso e nello spe-cifico l’art. 8 va interpretato e bilanciato congiunta-mente all’art. 2 CEDU. Da tale operazione erme-neutica discenderebbe l’obbligo «in capo a ciascunoStato membro di impedire che una persona sottopo-sta alla sua giurisdizione ponga fine alla propria vitase la sua decisione non è libera, consapevole e co-sciente» (294). La dottrina (295) osserva che nelladecisione Haas la Corte dei diritti umani ha svoltoun mutamento di orientamento rispetto alla decisio-ne Pretty, riconoscendo che l’autodeterminazione“include anche a scegliere come concludere la pro-pria vita” e detta pretesa trova fondamento non solonell’art. 8, ma anche nell’art. 2 CEDU.Sul caso Koch contro Germania la Corte europeadei diritti umani ha al momento emanato la solapronuncia di ricevibilità (296). I fatti possono esse-re riassunti come segue: Il ricorrente è vedovo di unapaziente tetraplegica a seguito di una caduta dallescale. La donna, quindi, era in grado di intendere edi volere, ma era incapace completamente di muo-versi ed era collegata con un respiratore artificiale.Considerata la sua vita come non degna di esserevissuta la signora aveva fatto istanza alle autorità te-desche affinché le venisse somministrato una dosedi farmaco letale al fine di porre termine alla sua esi-stenza presso il proprio domicilio. Il Bundesinstitutfür Arzneimittel und Medizinprodukte rifiutò in ot-temperanza dell’art. 2.2 della Grund Gesetz sullaprotezione sulla tutela della vita, nonché sulla basedel §5.1 del Betäubungsmittelgesetz, legge che disci-plina la somministrazione dei narcotici, secondo laquale i farmaci possono essere erogati solo per cura-re ed in supporto alla vita, non per agevolare il sui-cidio. Nel motivare il rifiuto le autorità altresì ri-chiamavano l’art. 8 CEDU, in quanto esso non po-teva essere invocato per imporre agli Stati contraen-ti obblighi positivi in aiuto al suicidio. La donna inogni caso poneva fine alla sua vita presso la clinicaDignitas (297). In seguito, il marito contestò pressole Corti tedesche il rigetto della richiesta al Bunde-sinstitut für Arzneimittel. I giudici dichiararonoinammissibile l’istanza sia perché il ricorrente nonera titolare del presunto diritto vantato, sia perchénon erano stati violati i diritti della defunta. HerrKoch quindi si rivolse alla Corte europea dei dirittiumani affermando da un lato che era stato violato ildiritto alla morte dignitosa della moglie, diritto ar-gomentato principalmente sull’art. 8 CEDU e dal-l’altro lato veniva contestata la violazione dell’art.13 CEDU da parte dello Stato tedesco poiché nel-

l’ordinamento nazionale non vi erano strumentigiuridici per rendere effettivo il diritto rivendicato.La Corte ha dichiarato la causa ricevibile. La sen-tenza definitiva è prevista per i prossimi mesi.

PARTE II: IL DISEGNO DI LEGGE IN TEMA DI DICHIARAZIONI ANTICIPATE DI FINE VITA

1. Introduzione: le scelte terminologichedel legislatore: testamento biologico,direttive o dichiarazioni anticipate di trattamento?

Alla luce dell’ampio excursus di legislazione, dottrinae giurisprudenza, anche comparata, sopra effettuatosi può tentare di analizzare i principi contenuti nelddl S 10 - C 2350. Raramente come nel caso delledeterminazioni di fine vita si è utilizzata una certaparola, o un suo sinonimo, per attribuire diversa va-lenza al concetto da essa espresso. Cosa significano lelocuzioni fin qui utilizzate quasi come equivalenti?“Direttive anticipate di trattamento”, “testamentobiologico”, “biotestamento”, “living will”, “dichiara-zioni anticipate di fine vita”, “autodeterminazione”“alleanza terapeutica” hanno tutte la stessa valenzaconcettuale? Si riferiscono tutte alle disposizioni vo-lontaristiche individuali sul confine estremo della vi-ta? L’importanza della terminologia in questo ambitoè primaria. Attraverso l’uso accorto del linguaggiosettoriale, tanto medico quanto giuridico, si possonorivelare gli orientamenti politici, etici, ideologici suibilanciamenti tra i valori fondamentali di tutela del-la persona: il diritto alla salute, il consenso informa-to, la libertà individuale, il diritto all’autodetermina-

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Note:(293) D. Butturini, op. cit.

(294) I. A. Colussi, Quando a Strasburgo si discute di fine vita...Casi e decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo in temadi eutanasia e suicidio assistito, Relazione tenuta al convegnoL’impatto delle innovazioni biotecnologiche sui diritti della perso-na. Uno studio interdisciplinare e comparato, Napoli 19 - 21 mag-gio 2011, disponibile sul sito www.biodiritto.eu.

(295) I. A. Colussi, op. cit. .; G. Bonanno, Esiste un obbligo di pro-tezione da se stessi? Le risposte della giurisprudenza europea,21 novembre 2011, in www.diritticomparati.it.

(296) Corte europea dei diritti umani, 31 maggio 2011, Koch con-tro Germania, disponibile su www.echr.coe.int

(297) Nonostante la paziente fosse straniera: recentemente in-fatti a Zurigo si è tenuto un referendum al fine di bloccare l’ac-cesso ai non residenti ai servizi come quelli predisposti da Digni-tas. Il referendum è stato bocciato dall’80% dei votanti (Dolcemorte, Zurigo boccia il referendum, Suicidio assistito anche ainon residenti, La Repubblica, 15 maggio 2011,http://www.repubblica.it/esteri/2011/05/15/news/zurigo_s_assistenza_suicidio-16278314/).

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zione. Il dibattito politico avvenuto nelle more del-l’approvazione del DDL S 10 - C2350 è stato inqui-nato da un forte scontro tra posizioni ideologiche. Ilprincipio di autodeterminazione è stato il Convitatodi pietra al tavolo della discussione. Esso infatti èguardato con sospetto da una certa visione dellabioetica e politica italiana di matrice cattolica, laquale teme che detto principio venga utilizzato qua-le grimaldello per scardinare il principio della “sacra-lità della vita umana” sino a giustificare la legittima-zione dell’eutanasia (298). Il suddetto dibattito si èsvolto nel corso di molti anni, cioè da quando la tec-nologia posta al servizio della ricerca medica ha con-sentito la creazione e l’utilizzo di strumenti meccani-ci ausiliari in grado estendere i confini della vitaumana provocando la dipendenza del corpo non piùautonomo dalla macchina che lo tiene in vita. Va ri-cordato che il principio di sacralità ovvero di indi-sponibilità della vita umana è il cardine delle visionietiche e confessionali (allora si parla di “sacralità”)ovvero non confessionali (e quindi ci si riferisce alla“indisponibilità” della vita umana). La dottrina os-serva che il dibattito su questo principio si nutre dilinfa sempre più abbondante proporzionalmente al-l’invasività della tecnica sulle terapie di sostegno vi-tale. In realtà nelle prassi mediche si tende a porre unlimite all’impiego di terapie qualora i malati non sia-no più in grado di reagire o “addirittura avviati alprocesso del morire” (299).La dottrina non offre una definizione unitaria di co-sa sia il testamento biologico, anche se tutte le con-dividono un’idea di fondo, cioè manifestare le pro-prie volontà sul trattamento terapeutico da riceverein caso di grave sofferenza fisica o psichica. Adesempio, secondo il centro studi della Camera deideputati per “testamento biologico” «si fa riferimen-to all’espressione di volontà, mediante un documen-to scritto, da parte di un soggetto, fornita in condi-zioni di lucidità mentale, con il quale vengono det-tate indicazioni anticipate di trattamento circa leterapie che intende o non intende seguire nell’even-tualità in cui dovesse trovarsi nella condizione di in-capacità ad esercitare il proprio diritto ad acconsen-tire o meno alle cure proposte per malattie o lesionitraumatiche cerebrali irreversibili o invalidanti, ma-lattie che costringano a trattamenti permanenti conmacchine o sistemi artificiali che impediscano unanormale vita di relazione» (300). Si tratta di unaenunciazione verbosa, molto dettagliata, che neltentativo di precisare quanto più possibile i limitidel testamento biologico rischia di veder sfumare ilcontenuto dell’altro piatto della bilancia degli inte-ressi in gioco, ovvero quale sia il ruolo del medico, il

suo dovere deontologico e del rischio che costui pos-sa venire sottoposto a procedimento penale per omi-cidio del consenziente nel caso in cui la volontà au-todeterminativa del paziente non sia adeguatamen-te formulata. Questo rischio è stato fatto notare dal-la dottrina che evidenziando la problematicità dellaredazione di tale volontà altresì sottolinea la diffi-coltà di precisare in termini concreti la situazioneastratta di infermità nella quale il dichiarante po-trebbe ipoteticamente venirsi a trovare (301).Scorrendo altre definizioni dottrinarie si trovano ul-teriori tentativi di precisazione dei contenuti, adesempio vi è chi definisce il testamento biologicoquale volontà espressa «per iscritto - pensando acontesti di futura incapacità o inconsapevolezza - lapropria volontà rispetto alle misure sanitarie che po-tessero un giorno consigliarsi, nei suoi confronti, oche rispondessero comunque a un certo tipo di rou-tine (ospedaliera, chirurgica, farmacologica, aneste-siologica, tecnologica, etc.,) in situazioni di malattiaterminale» (302). Altri, si esprimono in termini di«documento scritto in cui, in anticipo e magari mol-ti anni prima, quando è sano, consapevole e capace,l’interessato lascia non solo disposizioni circa la pro-pria fine nel caso essa avvenga quando a perso la ca-pacità decisionale, ma anche indica un fiduciarioche decida per lui ove si presentassero situazioni nonpreviste nel testamento» (303). Secondo una posi-zione espressa dalla dottrina, e condivisa dal Comi-tato nazionale per la bioetica (304), il testamentobiologico è «un documento con il quale una perso-na, dotata di piena capacità, esprime la sua volontàcirca i trattamenti ai quali desidera o non desideraessere sottoposta nel caso in cui, nel decorso di una

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Note:(298) C. Vigna, Autonomia, autodeterminazione e fine vita, in Ri-nuncia alle cure e testamento biologico. Profili medici, filosoficie giuridici, a cura di M. G. Furnari, A. Ruggeri, Torino, 2010, 192.

(299) L. Orsi, Il principio di indisponibilità della vita umana: unasopravvivenza culturale, in Bioetica, 2007, 4, 117.

(300) Camera dei deputati, Servizio Studi, Dipartimento affari so-ciali, Titolo: Consenso informato e dichiarazioni anticipate di trat-tamento - AA.C. 2350, 625, 784, 1280, 1597, 1606, 1764-bis,1840, 1876, 1968-bis, 2038 e 2124 - Schede di lettura e norma-tiva di riferimento, XVI Legislatura, consultato sul sito Internetwww.camera.it, in data 22 agosto 2011, 8.

(301) L. Ballestra, Efficacia del testamento biologico e ruolo delmedico, in Testamento biologico. Riflessioni di dieci giuristi, cit.,89 ss.

(302) P. Cendon, R. Bailo, F. Bilotta, P. Cecchi, I malati terminali ei loro diritti, Milano, 2003, 318.

(303) M. Mori, Manuale di Bioetica, cit., 317.

(304) Ci si riferisce al parere del Comitato nazionale di bioeticasulle “Dichiarazioni anticipate di trattamento” del 18 dicembre2003 (http://www.governo.it/bioetica/pareri.html).

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malattia o a causa di traumi improvvisi, non fosse ingrado di esprimere il proprio consenso o il propriodissenso informato» (305).Altra dottrina (306) invece preferisce esprimersi nelsenso di “direttive anticipate” onde evitare il riferi-mento alle disposizioni testamentarie ed essere og-getto di confusione giuridica essendo decisioni sutrattamenti su persona vivente invece che su dispo-sizioni sul patrimonio del de cujus.La giurisprudenza, nella notissima decisione Engla-ro, parla di “testamento di vita”, ovvero la raccoltadi elementi relativi alla personalità del soggetto chevalgano «comunque a delineare, unitamente alle al-tre risultanze dell’istruttoria, la personalità di Eluanae il suo modo di concepire, prima di cadere in statodi incoscienza, l’idea stessa di dignità della persona,alla luce dei suoi valori di riferimento e dei convin-cimenti etici, religiosi, culturali e filosofici cheorientavano le sue determinazioni volitive» (307). La dottrina più autorevole ha acutamente osservatoil mutamento della valenza terminologica del dise-gno di legge: prima si parlava proprio di “testamentobiologico”, attraverso il quale non era possibile na-scondere il riferimento ad uno degli atti di disposi-zione più liberi che esistano nell’ordinamento, fattisalvi gli obblighi della successione necessaria, ovveroquello del testatore, visto che nessuno può imporglila destinazione dei suoi beni dopo la morte. Al con-trario, nel disegno di legge S 10-C 2350 questa im-postazione viene rovesciata e la volontà viene degra-data a “dichiarazione” con la quale la volontà del le-gislatore si sostituisce a quella dell’interessato (308).Sotto un profilo de jure condendo, il ddl S 10 - C2350 è rubricato “Disposizioni in materia di alleanzaterapeutica, consenso informato e dichiarazioni an-ticipate di trattamento”. Si tratta di scelte termino-logiche dal preciso significato, in particolare perquanto concerne l’“alleanza terapeutica” (309) daun lato e delle “dichiarazioni anticipate di tratta-mento” contenute nel titolo del ddl dall’altro. Va ul-teriormente evidenziato che l’art. 3 del disegno dilegge sminuisce ancora l’importanza della volontàdella persona riconducendola a “orientamenti einformazioni utili per il medico”.

2. L’iter parlamentare del disegno di legge«Disposizioni in materia di alleanzaterapeutica, di consenso informato e didichiarazioni anticipate di trattamento»Il disegno di legge S 10 - C 2350, conosciuto anchecome “ddl Calabrò”, dal nome del suo relatore dimaggioranza quando il disegno di legge venne di-scusso in Senato, è il risultato di una complessa rico-

struzione testuale proveniente da tredici disegni dilegge presentati al Senato della Repubblica (310) edodici presso la Camera dei deputati (311).

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Note:(305) F. G. Pizzetti, Alle frontiere della vita, cit., 7.

(306) A. Santosuosso, Diritto, scienza, nuove tecnologie, cit., 90.

(307) Cass. 16 ottobre 2007, n. 21748, cit.

(308) S. Rodotà, Laicità e nuovi diritti, cit., Torino, 2009, 65.

(309) G. Alpa, Il disegno di legge sul testamento biologico. Notelessicali, 2009, in www.astrid-online.it

(310) Essi sono: DDL S 10 primo firmatario Marino, «Disposizio-ni in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontàanticipate nei trattamenti sanitari al fine di evitare l’accanimentoterapeutico, nonché in materia di cure palliative e di terapia deldolore», presentato in data 29 aprile 2008; DDL S 51 primo fir-matario Tommasini: «Disposizioni in materia di consenso infor-mato e di dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario», pre-sentato nella stessa data; DDL S 136, primo firmatario Poretti,«Disposizioni in materia di consenso informato e di dichiarazionidi volontà anticipate nei trattamenti sanitari», presentato nellastessa data; DDL S 281, primo firmatario Anna Maria Carloni,«Disposizioni in materia di consenso informato e di dichiarazionidi volontà anticipate nei trattamenti sanitari», presentato nellastessa data; DDL S 285, primo firmatario Emanuela Baio, «Dis-posizioni in materia di consenso informato», presentato il 30aprile; DDL S 483, primo firmatario Piergiorgio Massidda,«Norme a tutela della dignità e delle volontà del morente», pre-sentato in data 12 maggio 2008; DDL S 800 primo firmatario,Adriano Musi, «Direttive anticipate di fine vita», presentato il 18giugno 2008; DDL S 972, primo firmatario Umberto Veronesi,«Disposizioni in materia di consenso informato e di dichiarazionianticipate di volontà» presentato il 31 luglio 2008; DDL S 994,primo firmatario Emanuela Baio, «Disposizioni in materia didichiarazione anticipata» di trattamento presentato il 4 agosto2008; DDL S 1095 primo firmatario Fabio Rizzi «Disposizioni atutela della vita nella fase terminale» presentata il 7 ottobre2008; DDL S 1188 primo firmatario Laura Bianconi, «Norme perl’alleanza terapeutica, sul consenso informato e sulle cure pallia-tive» presentato il 6 novembre 2008; DDL S 1323, primo fir-matario Gianpiero D’Alia, «Indicazioni anticipate di cura», pre-sentato il 20 gennaio 2009; DDL S 1363, primo firmatario Este-ban Juan Caselli «Disposizioni a tutela della vita» presentata il 5febbraio 2009; DDL S 1368, primo firmatario Gianpiero d’Alia,«Disposizioni in materia di accanimento terapeutico», presenta-to il 6 febbraio 2009. Tutti i testi sono stati assorbiti in un testounificato e approvati il 26 marzo 2009 e quindi trasmessi all’altroramo del Parlamento.

(311) Essi sono: DDL C 625, primo firmatario Paola Binetti, «di-sposizioni in tema di consenso informato», presentato il 30 apri-le 2008; DDL C 784 Sabina Rossa, primo firmatario, «Disposizio-ni in materia di consenso informato e di direttive di trattamentosanitario», presentato il 6 maggio 2008; DDL C 1280, primo fir-matario Anna Maria Farina Coscioni, «Disposizioni in materia diconsenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate neitrattamenti sanitari», presentato il 10 agosto 2008; DDL C 1597primo firmatario Paola Binetti «Disposizioni sulle cure da presta-re alla fine della vita come forma di alleanza terapeutica», pre-sentato il 4 agosto 2008; DDL C 1606 primo firmatario BarbaraPollastrini, «Disposizioni in materia di consenso informato e didichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari al finedi evitare l’accanimento terapeutico, nonché in materia di curepalliative e di terapia del dolore», presentata il 4 agosto 2008;DDL 1364 bis, primo firmatario Roberto Cota, «Disposizioni a tu-tela della vita nella fase terminale» (testo risultante dallo stralciodegli articoli da 6 a 13 della proposta di legge 1764, deliberato

(segue)

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Dall’analisi testuale è possibile trarre la ratio e la ri-costruzione delle circostanze politiche di approva-zione. I disegni di legge hanno alcuni punti in co-mune tra loro: pongono la definizione del consensoinformato, spesso richiamandosi alla Convenzionedi Oviedo, delineano cosa siano le DAT, (direttive odichiarazioni - a seconda dei casi - anticipate di trat-tamento), rifiutano l’accanimento terapeutico. Inalcuni casi disciplinano anche l’accesso, la modalitàdi fruizione e il finanziamento delle cure palliative,materia poi stralciata e disciplinata con specificanormativa, ovvero la Legge 15 marzo 2010, n. 38,“Disposizioni per garantire l’accesso alle cure pallia-tive e alla terapia del dolore” (312). In altri casi pre-sentano proposte interessanti che non sono stateprese in considerazione nella stesura finale del testo.Tra queste vanno segnalate la proposta di stabilirel’età minima per la manifestazione del consenso a 14anni (313), valorizzando la volontà del minore an-che per il tempo successivo alla perdita della capa-cità naturale o della capacità di comunicare. Secon-do altri, le dichiarazioni di volontà anticipate avreb-bero dovuto essere vincolanti sia per i medici sia peri giudici (314). Vi è chi proponeva la redazione diun piano di cura (315), il quale avrebbe dovutocomprendere la cartella clinica e la dichiarazione diconsenso informato, oppure l’istituzione di una“informativa periodica biennale” attraverso la qualetutti i soggetti iscritti presso il registro nazionale te-lematico (proposta in realtà accolta dall’art. 8 delddl S10 - C 2350) avrebbero potuto modificare ocancellare le proprie dichiarazioni anticipate di vo-lontà (316).Vi sono due ulteriori aspetti che emergono dall’ana-lisi dei disegni di legge in questione. Da un lato unaspecie di furore definitorio, recepito in ampia partedal testo unificato ora in fase di approvazione in se-conda lettura presso il Senato (317), attraverso ilquale il legislatore sembrerebbe voler mettere “nerosu bianco” alcuni concetti delicati sottraendoli all’e-voluzione medica ovvero sociale e pure all’interpre-tazione giurisprudenziale evolutiva, impedendo cosìdi raccogliere il mutamento del sentire comune, si-tuazione consentita dai principi generali dell’ordi-namento grazie al consueto utilizzo di norme inbianco, clausole generali ovvero formule vaghe(318). Dall’altro lato si osservano le reiterate ridon-danze e ripetitività di alcune previsioni già presentinell’ordinamento a puro scopo di sottolineatura dimatrice ideologica di posizioni politiche, quasi deli-neando sul caso concreto, nello specifico il caso En-glaro, previsioni normative che per loro natura de-vono essere generali ed astratte.

Quali esempi di questa duplice tendenza è possibilerichiamare il DDL C 625 che se da un lato stabilisceche la persona possiede un “valore etico in sé” (art.1, comma 1), dall’altro lato definisce compiutamen-te lo stato di salute (art. 1, co. 2) che deve essere in-teso come “stato di benessere fisico e psichico, in re-lazione alla percezione che ciascuno ha di sé, com-presi gli aspetti interiori della vita, come avvertiti evissuti dal soggetto nella sua esperienza”.Il DDL S 1096 ribadisce con fermezza il “divieto dieutanasia e di suicidio medicalmente assistito” stabi-lendo che «l’eutanasia, intesa come qualsiasi azioneod omissione che per la sua stessa natura, o nelle in-tenzioni di chi la compie, procura la morte di unsoggetto, con l’intenzione di porre fine ad una con-

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Note:

(segue nota 311)dall’Assemblea il 17 febbraio 2009); DDL C 1840, primo firmata-rio, Benedetto Della Vedova, «Disposizioni in materia di consen-so informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento sanita-rio», presentato il 29 ottobre 2009; DDL C 1876, primo firmata-rio Aniello Formisano, «Disposizioni in materia di consensoinformato e di direttive anticipate nei trattamenti sanitari, non-ché di accanimento terapeutico», presentato il 6 novembre2008; DDL C 1968 bis, primo firmatario Barbara Saltamartini,«Disposizioni in materia di consenso informato ai trattamenti sa-nitari» (testo risultante dallo stralcio del comma 3 dell’articolo 1e degli articoli da 15 a 22 della proposta di legge 1968, delibera-to dall’Assemblea il 17 febbraio 2009); DDL C 2038, primo fir-matario Rocco Buttiglione, «Disposizioni in materia di consensoinformato e di indicazioni anticipate di cura, di accesso alle curepalliative e di assistenza e cura dei pazienti affetti da malattie ra-re», presentato il 22 dicembre 2008; DDL C 2124, primo firma-tario Domenico Di Virgilio, «Disposizioni in materia di alleanza te-rapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate ditrattamento» presentato il 29 gennaio 2009; DDL 2595, primofirmatario Antonio Palagiano, «Disposizioni in materia di consen-so informato, di direttive anticipate nei trattamenti sanitari e diaccanimento terapeutico», presentato 8 luglio 2009. Assorbitida Atto Camera 2350, approvato il 12 luglio 2011 e trasmesso al-l’altro lato del Parlamento. In dottrina, A. Santosuosso, Diritto,scienza, nuove tecnologie, cit., 79.

(312) Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 19 marzo2010. In dottrina, L. Bugada, M. Dal Zotto, E. Franceschinis, N.Realdon, Legge n. 38 del 15 marzo 2010 recante disposizionisulle cure palliative e sulla terapia del dolore: le ricadute profes-sionali per il farmacista nella gestione dei medicinali stupefa-centi, in Sanità pubblica e privata, 2011, 5; I. Ambrosi, M. D’Au-ria, L’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore, in Fam.pers. succ., 2010, n. 5.

(313) DDL S 136 primo firmatario Poretti. Fa un riferimento piùampio al “minore di età” il DDL C 225, primo firmatario Binetti.

(314) DDL S 136, primo firmatario Poretti; DDL S 281; primo fir-matario Carloni; DDL S 994 Baio.

(315) DDL S 1188 primo firmatario Bianconi; DDL S 1323, primofirmatario D’Alia.

(316) DDL S 136, primo firmatario Poretti.

(317) Al 20 ottobre in corso di esame alla 12ª Commissione per-manente (Igiene e sanità) in sede referente.

(318) Su questo problema si veda, C. Luzzati, Le ragioni dei pe-nalisti spiegate ai cittadini, in Cass. pen., 2006, 7-8, 2666.

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dizione di sofferenza conseguente ad uno stato dimalattia, è vietata anche se praticata con il consen-so del soggetto stesso» (art. 1, comma 1). Questo di-vieto viene ripreso nel testo unificato, trasferendoquesti difetti anche al progetto di legge in esame inParlamento in quanto ribadisce elementi già conte-nuti nell’ordinamento, infatti: «Chiunque pratichil’eutanasia e chiunque determini altri al suicidio ov-vero ne agevoli, in qualsiasi modo, l’esecuzione è pu-nibile ai sensi degli articoli 575, 579 e 580 del codi-ce penale, a seconda che la vittima sia consenzientee che l’autore materiale della morte sia il paziente oun soggetto ad esso esterno» (art. 1, comma 4). èevidente il richiamo della fattispecie incriminatriceal caso Welby, con l’intenzione eliminare ogni spa-zio autodeterminativo al paziente nonché la scrimi-nante dell’adempimento del dovere a favore del me-dico. L’estensore di questo progetto di legge motivala sua scelta affermando che «riconoscere un dirittoal suicidio, infatti, rappresenta un paradosso, perchéil suicidio, pur non essendo punito nel nostro ordi-namento per l’impossibilità materiale di condanna-re il colpevole, corrisponde ad una pratica palese-mente contraria al generale orientamento del nostrosistema giuridico a favore della vita», caricando diun disvalore sociale una scelta individuale moltosofferta, la cui percezione da parte dei consociati èconsiderevolmente mutata nel tempo (319).Uno dei temi trasversali presenti nei diversi disegnidi legge concerne la disciplina dell’accanimento te-rapeutico e il rapporto tra questo e la somministra-zione di alimentazione, idratazione e ventilazioniartificiali. Se da un lato la maggioranza dei disegnidi legge presentati tanto presso il Senato quantopresso la Camera vieta la pratica dell’accanimentoterapeutico, in un caso previsto addirittura comefattispecie di reato penalmente perseguibile (320),altri considerano la somministrazione dei sostegnivitali artificiali non configurabile come accanimen-to terapeutico (321), tesi poi accolta nel testo uni-ficato. Vi è tuttavia da rilevare come detta questio-ne abbia assunto una connotazione emotiva chetrascende la sua natura clinica. Infatti nella relazio-ne di presentazione di un ddl si legge che «la deci-sione di interrompere la nutrizione e la idratazioneartificiale deve essere considerata, da un punto divista umano e simbolico, una forma particolarmen-te crudele di “abbandono” della persona e quindivietato» (322). Tuttavia viene fatta una distinzionesul momento di accettazione del presidio medico inquestione: «la installazione con atto chirurgico diausili tecnici per le funzioni vitali sia consideratoun atto terapeutico che il paziente può rifiutare.

Una volta che il sussidio sia stato istallato, la suautilizzazione ordinaria non può costituire un attoterapeutico sproporzionato». In altri termini, unavolta accettato non sarebbero più stati possibili ri-pensamenti. Il redattore del disegno di legge, pergiustificare questa sua opzione, pone sullo stessopiano situazioni terapeutiche del tutto differenti:«si pensi al caso di protesi dentarie artificiali la cuiinstallazione costituisce sicuramente un atto tera-peutico mentre il loro uso nella masticazione no.Gli ausili possono essere rimossi solo sulla base diuna indicazione terapeutica (per esempio il pazien-te è guarito e non ne ha più bisogno, ovvero il pa-ziente è peggiorato e non è più in grado di assimila-re le sostanze nutritive oppure l’ausilio si è infettatoe così via)» (323), mentre non viene preso in con-siderazione che il paziente abbia liberamente decisodi non fruirne più.Tale spirito paternalistico che pervade la gran partedei disegni di legge assorbiti nel testo unificato orain discussione per l’approvazione definitiva al Sena-to e che ora si va ad analizzare nello specifico.

3. Art. 1. Tutela della vita e della saluteSin dalla prima lettura dell’art. 1, rubricato “Tuteladella vita e della salute”, è evidente come gli esten-sori del disegno di legge abbiano sposato il principiodella sacralità della vita (324) rispetto al principiodi autodeterminazione, nonostante l’esplicito ri-chiamo, secondo molta parte della dottrina ultro-neo, (325) all’art. 2, relativo alla tutela dei diritti in-violabili, art. 3, inerente al principio di uguaglianzaformale e sostanziale, art. 13, rispetto della libertàpersonale, e art. 32, inerente alla tutela della salute.L’art. 1 co. 1 pone immediatamente in luce alcunecriticità tra il testo normativo e il richiamo ai prin-cipi costituzionali sopra indicati, infatti, il testo allalettera a) afferma che la vita umana è riconosciuta etutelata “quale diritto inviolabile e indisponibile”,negando conseguentemente ogni valenza autodeter-minativa di ciascun soggetto sul proprio corpo e sul-la propria esistenza. Di fronte a questa invadenza le-gislativa nello spazio di autodeterminazione vi è chi

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Note:(319) M. Barbagli, Congedarsi dal mondo. Il suicidio in Occiden-te e in Oriente, Bologna, 2010.

(320) DDL C 2595, primo firmatario Palagiano.

(321) DDL C 1597 primo firmatario Binetti.

(322) DDL S 1368, primo firmatario D’Alia.

(323) DDL S 1368, primo firmatario D’Alia, cit.

(324) P. Borsellino, Bioetica tra “morali” e diritto, cit., 320 ss.

(325) L. D’Avack, Il disegno di legge, cit.

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ha richiamato il modello dello “Stato etico” (326),cioè di uno Stato che facendo sempre maggiore rife-rimento alla biologizzazione della vita, e della suanaturalità, “mette in discussione il diritto di ciascu-no di governarla liberamente” (327), decide per l’in-dividuo stabilendo con norme di legge ciò che ob-bligatoriamente deve andare bene per tutti i conso-ciati. I critici di questa “bioeticizzazione” della vita edella persona richiamano l’autonomia individualecome requisito della responsabilità morale quale ele-mento essenziale della consapevolezza della proprialibertà (328). Tale libertà non sarebbe sopprimibileneppure da un dettato normativo, essendo in palesecontraddizione e violazione dei principi costituzio-nali richiamati nel medesimo art. 1 del testo unifi-cato. Essa quindi rappresenta la modernizzazionedell’antico (e già richiamato) “habeas corpus” relati-vo alla intangibilità da parte del potere pubblico del«nucleo duro dell’esistenza, alla necessità di rispet-tare la persona umana in quanto tale (329)“, di fron-te all’“indecidibile» (330). Altresì esso manifesta ilrifiuto di trasformare il corpo del malato come luogodi manifestazione del potere pubblico, in questo ca-so il legislatore (331). Il testo della lett. b) del primo comma «riconosce egarantisce la dignità di ogni persona in via priorita-ria rispetto all’interesse della società e alle applica-zioni della tecnologia e della scienza». Questo di-sposto sembra essere in palese contraddizione conquanto disposto alla lettera a) poiché il modo piùefficace e lineare di riconoscere ad ogni persona ladignità rispetto alle applicazioni della tecnologia edella scienza è di consentirle di dissentire di venirecollegata ad una applicazione tecnologica in gradodi prolungarle artificialmente la vita anche controla sua volontà. Il limite legislativo all’intrusivitàdella scienza e della tecnologia nell’ambito dellosviluppo della personalità umana è illusorio. Infatti,autorevole dottrina afferma che «sino a poco tempofa la tecnica aveva a che fare con materie inanima-te, da cui produceva mezzi ad uso degli uomini(332). Un tempo la divisione era netta: l’uomo erail soggetto, la “natura” l’oggetto del dominio tecni-co». Le scoperte scientifiche in materia di clonazio-ne, ingegneria genetica, biologia cellulare dimo-strano che l’uomo non è più soltanto il soggetto deldominio tecnico, ma è diventato anche l’oggettodel medesimo. Questa nuova frontiera della evolu-zione scientifica desta diverse preoccupazioni, no-nostante vengano evidenziati da più parti i suoicondivisibili fini, quali il miglioramento della salu-te umana attraverso la scoperta di una nuova tera-pia efficace contro una certa malattia. Alcune voci

della dottrina (333), infatti, sottolineano la diffi-coltà del dibattito in materia, a causa della delica-tezza degli argomenti trattati che riguardano l’esse-re umano nella sua essenza. Alla luce di ciò vieneosservato da più parti che la scala di valori tradizio-nalmente condivisi non riesce più a soddisfare pie-namente il bilanciamento degli interessi coinvolti equindi la dottrina sta elaborando, con fatica, nuoviparametri di riferimento che riescano a contempe-rare un lato lo sviluppo tecnico e scientifico e dal-l’altro le esigenze di tutela dell’individuo. Uno deglistrumenti di difesa dell’integrità individuale in que-sto ambito è rappresentato dal principio del con-senso informato (334), che verrà trattato nel para-grafo successivo.La lett. c) ribadisce la punibilità ai sensi «degli arti-coli 575, 579 e 580 del codice penale ogni forma dieutanasia e ogni forma di assistenza o di aiuto al sui-cidio, considerando l’attività medica nonché di assi-stenza alle persone esclusivamente finalizzate allatutela della vita e della salute nonché all’allevia-mento della sofferenza». Come già accennato si trat-terebbe di una norma ridondante che chiuderebbeogni possibilità di autodeterminazione, e pone sullostesso piano due fattispecie profondamente diversesotto il profilo etico, ovvero il “lasciar morire” e il“provocare la morte (335), le quali sono state tratta-te in modo differente in ordinamenti che non con-sentono l’eutanasia attiva. Come evidenziato dalla dottrina (336), il rispettodel paziente che liberamente rifiuta le cure non im-plica «da parte di un terzo, soprattutto poi del medi-co una ricerca della morte», ma consente l’adempi-mento di un legittimo desiderio del malato dellaprosecuzione artificiale della vita, con la ripresa di

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Note:(326) E. Cattaneo, G. Corbellini, Science under Politics. An ItalianNightmare, EMBO reports, 2011, 12, 19 - 22 doi: 10.1038/em-bor.2010.198.

(327) S. Rodotà, Laicità e nuovi diritti, cit., 63.

(328) E. Lecaldano, Un’etica senza Dio, Bari - Roma, 2006, 33.

(329) S. Rodotà, Laicità e potere sulla vita, cit., 45.

(330) S. Rodotà, op. cit.

(331) S. Rodotà, op. cit., 50, ove questo autore richiama l’operadi B. Duden, Il corpo della donna come luogo pubblico, Torino,1994.

(332) P. Becchi, Questioni vitali. Eutanasia e clonazione nell’at-tuale dibattito bioetico, Napoli, 2001, 99.

(333) J. Baron, Contro la bioetica, 2008, 71 ss.

(334) Supra, II, §4.

(335) L. D’Avack, op. cit.

(336) L. D’Avack, op. cit.

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un «percorso naturale che potrà essere alleviato at-traverso appropriate cure palliative» (337).Quanto disposto dalla lett. c) entra in contraddizio-ne con le previsioni contenute nella lett. e) del me-desimo articolo: Esso «riconosce che nessun tratta-mento sanitario può essere attivato a prescinderedall’espressione del consenso informato nei terminidi cui all’articolo 2, fermo il principio per cui la sa-lute deve essere tutelata come fondamentale dirittodell’individuo e interesse della collettività e nessunopuò essere obbligato ad un determinato trattamentosanitario, se non per disposizione di legge e con i li-miti imposti dal rispetto della persona umana».Se approvata, questa norma introdurrebbe un pro-blema interpretativo fattuale non secondario, ovve-ro quali sono le cure cui il sanitario non può rifiu-tarsi di somministrare? Quali sono le cure che ri-marrebbero nella disponibilità autodeterminativadel paziente? Si propongono alcuni esempi: come sipuò comportare il medico di fronte ad una richiestalibera, consapevole e informata di un paziente sof-ferente di patologie renali di rifiutare la dialisi(338)? Di rifiutare l’amputazione di un arto incan-crenito (339)? O la trasfusione di sangue per l’ade-rente alla confessione dei Testimoni di Geova(340)? In questi casi, vista la probabile morte delpaziente conseguente al rifiuto della terapia rischiadi aprire un contenzioso giudiziario ove chiaramen-te, al contrario, lo scopo era di chiudere gli spazi diincertezza.Ulteriormente il legislatore cade nella trappola defi-nitoria di una attività tecnica come quella medica,sovrapponendosi alla disciplina deontologica. A chiarimento di ogni ulteriore dubbio, la lett. d) ri-badisce l’obbligo del medico di «informare il pazien-te sui trattamenti sanitari più appropriati» e rinnovail contenuto della lett. c) dello stesso articolo, non-ché dell’art. 2, comma 4, sul “divieto di qualunqueforma di eutanasia”, specificando la priorità dell’al-leanza terapeutica tra medico e paziente, «che ac-quista peculiare valore proprio nella fase di fine vi-ta». Trattasi questa di affermazione didascalica chenon aggiunge valore giuridico al testo legislativo,evidenziandone però la natura paternalistica. La lettera f) stabilisce il divieto di accanimento te-rapeutico, evitando però di indicarlo esplicitamen-te, ma facendo riferimento, come spesso nel testodel disegno di legge, a una definizione, ovvero: vie-ne garantito che «in casi di pazienti in stato di finevita o in condizioni di morte prevista come immi-nente, il medico debba astenersi da trattamentistraordinari non proporzionati, non efficaci o nontecnicamente adeguati rispetto alle condizioni clini-

che del paziente o agli obiettivi di cura». Questa for-ma di accanimento terapeutico viene qualificatadall’aggettivo “straordinario”, lasciando spazio aitrattamenti ordinari, che sembrerebbero essere irri-nunciabili, come esplicitamente previsto nel succes-sivo art. 3 in materia di somministrazione di alimen-tazione e idratazione artificiale. Il secondo comma dell’art. 1, modificato rispetto altesto approvato in Senato il 26 marzo 2009, stabili-sce che «(L)a presente legge garantisce, nell’ambitodegli interventi già previsti a legislazione vigente,politiche sociali ed economiche volte alla presa incarico del paziente, in particolare dei soggetti inca-paci di intendere e di volere, siano essi cittadini ita-liani, stranieri o apolidi, e della loro famiglia». Dalcontenuto del testo emergono due elementi: da unlato non viene affrontato direttamente il problemadel reperimento delle risorse finanziarie rinviando laquestione a “politiche sociali ed economiche”, dal-l’altro la esplicitazione delle categorie di soggetti cuidette politiche sarebbero indirizzate, ovvero capacied incapaci (ma con particolare premura per questiultimi), con la ripetuta specificazione dell’indiffe-renza del possesso o meno di un passaporto italiano,considerato che nel nostro Paese le cure sanitarie so-no accessibili a qualunque paziente, “in particolaredei soggetti incapaci di intendere e di volere, sianoessi cittadini italiani, stranieri o apolidi, e della lorofamiglia”. Di fronte a codesto specifico disposto, ci sipotrebbe chiedere quale rilevanza potrebbero averele norme di diritto internazionale privato da un lato,ovvero il possibile status di clandestino dello stra-niero soggiornante dall’altro, qualora costui venga atrovarsi in condizioni di incapacità. Il dettato nor-mativo è ambiguo perché se da un lato è chiaramen-te interventista garantendo «politiche sociali edeconomiche volte alla presa in carico del paziente»,dall’altro riconosce di operare «nell’ambito degli in-terventi già previsti a legislazione vigente», lascian-do ampio margine interpretativo.

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Note:(337) L. D’Avack, op. cit.

(338) Trib. Firenze, 22 dicembre 2010, cit.; Trib. Pistoia, 8 giugno2009, in Banca dati De Jure.

(339) G. Guastella, «Preferisco la morte all’amputazione», Cor-riere della Sera, 31 gennaio 2004; G. Filetto, Donna col piede incancrena ieri la prima operazione, La Repubblica - Genova - 9marzo 2004; F. Caccia, Non vivrò senza gambe, fatemi morire,Corriere della Sera, 8 giugno 2004.

(340) Trib. Milano, 13 dicembre 2008, in Riv. it. medicina legale,2009, 1, 20; Trib. Modena, 16 settembre 2008, in Dir. fam.,2009, 1, 261. App. Milano 19 agosto 2011, in www.personaedanno.it. Contra, Cass. 15 settembre 2008, n. 23676, in Resp.civ. e prev., 2009, 1, 122.

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Il terzo comma dell’art. 1 recepisce le diverse propo-ste già contenuti dei disegni di legge assorbiti relati-vamente all’accesso dei malati terminali «o in con-dizione di morte prevista come imminente» l’acces-so alle terapie contro il dolore «secondo quanto pre-visto dai protocolli delle cure palliative, ai sensi del-la normativa vigente in materia», contenuta nellalegge 15 marzo 2010, n. 38.

4. Art. 2. Il consenso informatoLa dottrina (341) osserva che nel nostro ordina-mento il principio del consenso informato ai tratta-menti terapeutici, seppure radicato nel testo costitu-zionale, è diventato effettivo incidendo sull’eroga-zione delle prestazioni terapeutiche soltanto a parti-re dagli anni Novanta sia per la promulgazione diframmentate disposizioni legislative, (342) sia peropera della giurisprudenza che ne ha precisato i re-quisiti, le modalità di redazione censurando l’insuffi-cienza della semplice sottoscrizione di moduli gene-rici. Al momento è ancora assente una definizionelegislativa unitaria. Vi è stato un intervento legisla-tivo regionale in relazione all’uso di sostanze psico-trope su bambini e adolescenti (343), censuratoperò dalla Corte costituzionale (344) poiché la re-gione legiferante «non si è limitata a fissare una di-sciplina di dettaglio in ordine alle procedure di rila-scio del suddetto consenso», ma ha individuato «isoggetti legittimati al rilascio del consenso informa-to (genitori o tutori nominati), nonché le modalitàcon le quali esso deve essere prestato (scritto, libero,consapevole, attuale e manifesto)» (345); invece lanorma regionale «disciplina aspetti di primario rilie-vo dell’istituto nell’ambito considerato, sempre inassenza di analoga previsione da parte del legislatorestatale» (346), perciò «il consenso informato deveessere considerato un principio fondamentale inmateria di tutela della salute, la cui conformazione èrimessa alla legislazione statale» (347). Il legislatore statale ha previsto una definizione diconsenso informato all’art. 2 del ddl S10 - C 2350.Al primo comma, nel testo dell’articolo pare rie-cheggiare un riferimento all’art. 5 della Convenzio-ne di Oviedo dal momento che esso prevede cheogni trattamento sanitario sia attivato previo con-senso libero e informato. Il primo comma aggiungeulteriori requisiti: tale consenso deve essere consa-pevole, esplicito e attuale.Il secondo comma si concentra sulle modalità speci-fiche di manifestazione del consenso informato. Es-se sono alquanto dettagliate e prevedono che: «l’e-spressione del consenso informato sia preceduta dacorrette informazioni rese dal medico curante in

maniera comprensibile circa diagnosi, prognosi, sco-po e natura del trattamento sanitario proposto, be-nefici e rischi prospettabili, eventuali effetti collate-rali nonché circa le possibili alternative e le conse-guenze del rifiuto del trattamento». Il comma terzodel medesimo articolo pone l’equivalenza “alleanzaterapeutica - consenso informato”, come se la primafosse perfettamente sovrapponibile al secondo, inquanto: «l’alleanza terapeutica costituitasi all’inter-no della relazione fra medico e paziente ai sensi delcomma 2 si esplicita in un documento di consensoinformato, firmato dal paziente, che diventa parteintegrante della cartella clinica». Sia dottrina (348), sia la giurisprudenza (349) uti-lizzano da tempo l’espressione “alleanza terapeuti-

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Note:(341) A. Pioggia, Consenso informato ai trattamenti sanitarie am-ministrazione della salute, in Riv. trim. dir. pubbl., 2011, 127.

(342) I riferimenti al consenso informato nella normativa vigentesi possono ritrovare nelle leggi 26 giugno 1967, n. 458 e 16 di-cembre 1999, n. 483 in materia di trapianti, nella legge 13 mag-gio 1978, n. 180 sui trattamenti sanitari obbligatori (TSO), nellalegge 22 maggio 1978, n. 194, sulla tutela sociale della maternitàe sull’interruzione volontaria della gravidanza legge 4 maggio1990, n. 107 in materia di attività trasfusionali, al d. lgs. 17 mar-zo 1995 n. 230 sull’impiego di radiazioni ionizzanti) al d. m. 15 lu-glio 1997 relativo alla sperimentazione clinica dei farmaci ai d. m.15 gennaio 1991 - d. m. 26 gennaio 2001 sul trattamento degliemoderivati, nella legge 19 febbraio 2004, n. 40, sulla procrea-zione medicalmente assistita. Si trovano inoltre riferimenti im-portanti al consenso informato e alle sue caratteristiche nel Pia-no sanitario nazionale 2006-2008 e nel nuovo codice di deonto-logia medica del 2006. In dottrina, si veda A. Pioggia, Consensoinformato, cit.

(343) Legge della Regione Piemonte 6 novembre 2007, n. 21(Norme in materia di uso di sostanze psicotrope su bambini edadolescenti).

(344) Corte cost., 23 dicembre 2008, n. 438, cit.

(345) Corte cost., 23 dicembre 2008, n. 438, cit.

(346) Corte cost. 23 dicembre 2008, n. 438, cit.

(347) Corte cost. 23 dicembre 2008, n. 438, cit.

(348) G. La Monaca, C. Sartea, S. Anzillotti, Tra autonomia pro-fessionale e autonomia del paziente: discrezionalità nelle scelteterapeutiche e posizioni di garanzia.limiti e doveri del medico al-la luce dei più recenti orientamenti giurisprudenziali, in Dir. fam.,2010, 1391; F. Troncone, Brevi note sugli aspetti civilistici delconsenso informato in tema di attività medico-chirurgica, in Giu-st. civ., 2011, 191.

(349) Cass. pen., 1° dicembre 2004, in Guida al diritto, 2005, 14,101; Corte cost. 26 giugno 2002, n. 282, la quale afferma che:«poiché la pratica dell’arte medica si fonda sulle acquisizioniscientifiche e sperimentali, che sono in continua evoluzione, laregola di fondo in questa materia è costituita dalla autonomia edalla responsabilità del medico che, sempre con il consenso delpaziente, opera le scelte professionali basandosi sullo stato del-le conoscenze a disposizione. Autonomia del medico nelle suescelte professionali e obbligo di tener conto dello stato delle evi-denze scientifiche e sperimentali, sotto la propria responsabilità,configurano, dunque, un altro punto di incrocio dei principi diquesta materia».

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ca” (350): si tratterebbe di uno “spazio di incontro”dove medico e paziente interagiscono «senza pater-nalismi o accenti autoritari, da un lato, e, dall’altrolato, senza un’autodeterminazione svincolata dalcontesto e dalla relazione». L’alleanza terapeuticariuscirebbe a bilanciare ragionevolmente l’autode-terminazione del paziente e l’autonomia professio-nale comprensiva di libertà di scelta della cura delmedico. Essa rappresenterebbe l’antitesi dei moduliprecompilati di consenso informato, poiché attra-verso di essa il sanitario raccoglie «un’adesione ef-fettiva e partecipata, non solo cartacea, all’inter-vento» (351).Il concetto di alleanza terapeutica non è ancora pa-cificamente accettato dalla dottrina. Le voci criti-che affermano che esso è indicativo dello svela-mento della matrice ideologica ad esso sotteso, vi-sto che la prima “alleanza” cui si fa riferimento è diorigine biblica tra Dio e l’umanità a seguito «casti-go purificatore del diluvio, provocato dal dilagaredel peccato e della violenza (cfr. Gn. 9.5-6)» (352).La conferma della radice religiosa di tale termine siradica nella pratica della circoncisione rituale daparte delle religioni monoteiste (353). Altre auto-revoli voci affermano che tale concetto mascheral’atto medico, «privo della specifica copertura costi-tuzionale allorché vi faccia difetto la componenterelazionale», la quale si esprime attraverso la mani-festazione del consenso informato (354). Taluno af-ferma che nell’alleanza terapeutica, specie per comeè stata impostata dal legislatore nel ddl S10 - C2350, sia insito un pericolo di «manipolazione del-la personalità che comporta un travisamento possi-bile dell’identità della persona al fine di fornirleuna visione di sé e farle intravedere la possibilità diuno star bene diverso del quale è parte essenzialel’accettazione di ogni cura e la delega di ogni deci-sione ai sanitari» (355). Si tratterebbe dunque diuna «categoria relazionale che si è fatta strada, mache è subdola e dispregiativa dei diritti della perso-na interessata quando chiama in causa soggetti di-versi dai protagonisti del rapporto duale, promuo-vendoli al rango di coro greco dei persuasori più omeno occulti e interessati» (356). I fautori del concetto di “alleanza terapeutica” sotto-lineano che essa rappresenta il passaggio dal rappor-to tradizionale a due poli paziente - medico ad unmodello “relazionale ramificato e composito” checomprende anche altri medici specialisti, famigliarie da persone terze, come lo psicologo, che godono lafiducia del paziente e che lo possono indirizzare ver-so la sua adesione alle cure necessarie al suo mante-nimento in vita (357).

La giurisprudenza di merito e quella di legittimitàsembrano condividere questo concetto. I giudici dimerito affermano che «la scienza sanitaria ha datempo abbandonato l’idea che l’atto medico sia unprocesso unilaterale e di natura tecnica cui la vo-lontà del paziente possa solo accedere senza recarvialcunché di proprio: la determinazione del tratta-mento terapeutico deve essere frutto di un rapportodialettico tra medico e paziente, costruendo cosìquella che è stata chiamata “alleanza terapeutica”,in cui il primo mette le proprie competenze profes-sionali, il secondo il proprio vissuto, i propri valori,le peculiari esigenze, per trarne, assieme, una curache assicuri la guarigione e rispetti il vissuto del pa-ziente, gli fornisca cioè il “benessere”, concetto nonsovrapponibile alla semplice assenza di malattia»(358). Mentre la giurisprudenza di legittimità, nellagià citata decisione Englaro, afferma che «la salutedell’individuo non possa essere oggetto di imposizio-ne autoritativo-coattiva. Di fronte al rifiuto dellacura da parte del diretto interessato, c’è spazio - nelquadro dell’“alleanza terapeutica” che tiene uniti ilmalato ed il medico nella ricerca, insieme, di ciò cheè bene rispettando i percorsi culturali di ciascuno -per una strategia della persuasione, perché il compi-to dell’ordinamento è anche quello di offrire il sup-porto della massima solidarietà concreta nelle situa-zioni di debolezza e di sofferenza; e c’è, prima anco-ra, il dovere di verificare che quel rifiuto sia infor-mato, autentico ed attuale. Ma allorché il rifiuto ab-bia tali connotati non è possibile disattenderlo in

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Note:(350) Si tratta di un concetto introdotto in medicina successiva-mente al suo impiego in psicoanalisi. Esso venne utilizzato per laprima volta da Elisabeth Rosemberg Zetzel, che lo definì quale:«rapporto positivo tra analista e paziente, che mette in gradoquest’ultimo di impegnarsi produttivamente nel lavoro di analisi»(E. Zetzel, W. W. Meissner, Psichatria psicoanalitica, Torino,1976, 357, riportato da F. Botti, Il pluralismo religioso come anti-doto allo Stato etico, 2011, in www.forumcostituzionale.it).

(351) F. Troncone, op. cit.

(352) M. Canonico, Eutanasia e testamento biologico nel magi-stero della chiesa cattolica, in Dir. fam., 2010, 1, 335.

(353) Per una ricostruzione storica e religiosa del fenomeno, siveda il parere del Consiglio Nazionale di Bioetica, La circoncisio-ne: profili bioetici, Roma, 1998, 4.

(354) M. Barni, La autolegittimazione dell’attività medica e la vo-lontà del paziente, in Resp. civ. e prev., 2009, 10, 2170.

(355) F. Botti, Il pluralismo religioso, cit., 4.

(356) M. Barni, op. cit.

(357) Comitato nazionale di bioetica, Rifiuto e rinuncia consape-vole al trattamento sanitario nella relazione paziente - medico,Roma, 28 ottobre 2008, 14.

(358) Trib. Minorenni Milano, 21 gennaio 2011, in Banca Dati DeJure.

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nome di un dovere di curarsi come principio di ordi-ne pubblico» (359).L’art. 2, comma 3, del ddl S 10 - C 2350 disciplinaconcetto e contenuto dell’alleanza terapeutica affer-mando che: «L’alleanza terapeutica costituitasi al-l’interno della relazione fra medico e paziente ai sen-si del comma 2 può esplicitarsi, se il medico lo ritie-ne necessario o se il paziente lo richiede, in un docu-mento di consenso informato firmato dal paziente edal medico. Tale documento è inserito nella cartellaclinica su richiesta del medico o del paziente». Tut-tavia, alla luce di quanto disposto, entrambe le situa-zioni riferite alle tipologie di alleanza terapeuticaprospettate dalla giurisprudenza tanto di legittimitàquanto di merito parrebbero essere più vicine all’ideadi consenso informato rispetto al concetto di allean-za terapeutica promosso sia dal comitato di bioeticasia dal legislatore. Infatti è interessante notare comeil 4° comma dell’art. 2 del ddl S10 - C 2350 discipli-ni anche sotto il profilo terminologico il negato con-senso alla terapia proposta dal medico. Tale manife-stazione di volontà può essere resa dal paziente inqualunque momento e «deve essere esplicitato in undocumento sottoscritto dal soggetto interessato chediventa parte integrante della cartella clinica». Inquesto modo l’alleanza terapeutica non può rappre-sentare un rapporto paritario tra paziente che espri-me la propria autodeterminazione, anche negativa, emedico curante, perché essa definisce solo l’ipotesi diadesione del paziente alla terapia illustrata dal sani-tario. A questo proposito, infatti, si segnala una cor-rente di pensiero di matrice medica che, provocato-riamente, si chiede se la formalizzazione del rapportotra medico e paziente in una dichiarazione cartacea«non favorisca, anzi ostacoli, l’espressione del dirittodi ognuno a vivere con consapevolezza le scelte dellapropria malattia» (360). Secondo questa voce criti-ca, l’intervento legislativo provoca la perdita intrin-seca del diritto all’informazione in sé, poiché la suaespressione viene ridotta a supporto di un consenso«di cui si apprezza principalmente la consistenza for-male» (361). A sostegno di tale posizione si osservache l’espressione del consenso informato coinvolgeesclusivamente medici, mettendo quindi da parte ilpersonale ospedaliero che con i pazienti divide piùtempo, ovvero gli infermieri che sono i professionistii quali conoscono meglio la capacità di recepire e va-lutare, anche emotivamente, il contenuto delleinformazioni (362). I commi dal 6 al n. 9 del citato art. 2 disciplinano lamanifestazione del consenso informato di un sogget-to incapace di intendere e volere, concretizzando lavalenza “paternalistica” dell’alleanza terapeutica de-

lineate dal legislatore de jure condendo. Infatti, essen-do collegato all’attualità della manifestazione, unconsenso manifestato da un soggetto capace in pre-cedenza ad un avvenimento che ponga il suddetto instato di incoscienza ovvero in pericolo di vita vienemeno. Infatti, la legge afferma che il consenso è re-quisito non richiesto per subire il trattamento even-tualmente non voluto dal paziente, come ad esem-pio, nel caso della trasfusione di sangue chiaramenterifiutata dal testimone di Geova ovvero per quantoconcerne la perdita di valore giuridico della stessa“dichiarazione anticipata di trattamento” (363).Per quanto concerne il caso del soggetto incapace,l’art. 2, comma 6, del ddl S 10 - C 2350 afferma cheil consenso informato è prestato con la firma del do-cumento da parte del tutore dell’interdetto. La leggenon specifica se si tratta del documento integrantel’alleanza terapeutica, ovvero se l’alleanza terapeuti-ca è propria del solo paziente in grado di intendere evolere. Nel caso di soggetti inabilitati e minoriemancipati il consenso è firmato congiuntamentedall’interessato incapace e dal curatore. Nel caso diamministrazione di sostegno, qualora il decreto dinomina preveda l’assistenza ovvero la rappresentan-za i materia sanitaria il d.d.l. lascia aperta la valuta-zione concreta al giudice che può delegare la sotto-scrizione del consenso dal solo amministratore di so-stegno ovvero congiuntamente al beneficiario. Siosserva che la disciplina prevista dal co. 6 prevede lasola ipotesi di manifestazione di accettazione dellecure, ovvero di alleanza terapeutica, ma esclude il ri-fiuto poiché «essa è adottata avendo come scopoesclusivo la salvaguardia della salute dell’incapace».Ne consegue quindi che il solo soggetto ammesso avalutare concretamente in cosa consista è il medico.Analoga disciplina è prevista per il comma 7 che re-

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Note:(359) Cass. 16 ottobre 2007, cit. Nello stesso senso si orienta lapiù recente Cass. 9 febbraio 2010, n. 2847 (in Foro it., 2010, 7-8,I, 2113) dove si afferma che: «L’informazione cui il medico è te-nuto in vista dell’espressione del consenso del paziente vale an-che, ove il consenso sia prestato, a determinare nel pazientel’accettazione di quel che di non gradito può avvenire, in una sor-ta di condivisione della stessa speranza del medico che tutto va-da bene; e che non si verifichi quanto di male potrebbe capitare,perché inevitabile. Il paziente che sia stato messo in questa con-dizione - la quale integra un momento saliente della necessaria“alleanza terapeutica” col medico - accetta preventivamente l’e-sito sgradevole e, se questo si verifica, avrà anche una minorepropensione ad incolpare il medico».

(360) S. Castellano, L’obiettivo dell’articolo intitolato “Contro ilconsenso informato”, in Bioetica, 2011, 293.

(361) S. Castellano, op. cit., 294.

(362) S. Castellano, ult. op. loc. cit.

(363) Supra, II, §5.

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gola il consenso informato manifestato dal minore,al quale viene concesso di manifestare i suoi deside-ri e le sue richieste, che devono essere “attentamen-te valutati”, ma non gli è concesso di intervenireesprimendosi compiutamente, rivendicando la “pro-prietà della sua persona” (364). La dottrina sottoli-nea che la manifestazione del consenso al tratta-mento terapeutico di minori apre un fronte “delica-tissimo” (365), come il problema dell’effettiva capa-cità concreta raggiunta dal minorenne, spesso matu-rato più in fretta proprio per il confronto con la sof-ferenza e la malattia. È giusto quindi limitarsi al suo“attento ascolto”, ma a delegare la manifestazionedel consenso agli esercenti la potestà parentale nel-l’ottica obbligata dello “scopo esclusivo (del)la sal-vaguardia della salute psico-fisica del minore”? Per-ché non lasciargli più spazio? Quale ruolo ha, in que-sto specifico ambito, la medicina c.d. difensiva? Es-sendo il destinatario della manifestazione del con-senso un soggetto terzo rispetto a chi la esprime de-ve prevalere l’orientamento del medico ovveroquello dei genitori? La risposta degli esperti è impo-stata verso la gradualità e la prudenza nell’approccio“dialogico” con la famiglia, specie in presenza di ge-nitori separati, e non solo unilaterale del medico(366). Al contrario, l’art. 2, comma 7, del ddl S 10 -C 2350 dispone che il minore venga ascoltato “at-tentamente le sue richieste e i suoi desideri” ma lasua volontà, ovvero quella espressa dagli esercenti lapotestà parentale su di lui, non venga presa in con-siderazione, in quanto «la decisione di tali soggetti(quindi minore compreso) è adottata avendo comescopo esclusivo la salvaguardia della vita e della sa-lute psico-fisica del minore». Questo approccio par-rebbe essere confermato dal comma 8 dell’art. 2 delddl S10 - C 2350, il quale afferma perentoriamenteche per tutti gli incapaci, siano essi minori, interdet-ti, inabilitati, il personale sanitario è tenuto, in as-senza di un dichiarazione anticipata di trattamento,ad operare avendo sempre come scopo esclusivo lasalvaguardia della vita e della salute del paziente. Ilcomma, però, non accenna ai beneficiari di ammini-strazione di sostegno che, come è noto, non rientra-no nelle suddette tra categorie. Quid iuris? La dispo-sizione è applicabile estensivamente anche a loro,ovvero si fa riferimento al solo art. 2.6, consentendoall’amministrazione di sostegno di esprimere il con-senso al trattamento? Anche se l’intenzione del legi-slatore sembrerebbe indirizzata nel senso della primaipotesi, sarebbe preferibile la seconda, in modo dalasciar maggior spazio al beneficiario che potrebbeesprimersi attraverso il suo amministratore di soste-gno.

Come anticipato l’art. 2, comma 9, rappresenta unodei punti cardine dell’intero impianto normativodel ddl S 10 - C 2350, poiché stabilisce che il con-senso informato non sia richiesto, e quindi al pa-ziente seppure cosciente e capace non venga neppu-re data la possibilità di condividere il percorso di al-leanza terapeutica, «quando ci si trovi in una situa-zione di emergenza, nella quale si configuri una si-tuazione di rischio attuale e immediato per la vitadel paziente». Oltre alla pessima tecnica legislativa,si ripropongono i medesimi evidenti problemi di cri-ticità e illegittimità costituzionale già emersi nelcommento dell’art. 1 del ddl S 10 - C 2350 perchéobbligando il paziente, tanto capace quanto incapa-ce, a subire un intervento medico “di Stato”, impo-sto per legge, lo si limita nella sua libera autodeter-minazione personale ex art. 13 e di cura ex art. 32della Costituzione.

5. Art. 3: le dichiarazioni anticipate di trattamentoL’art. 3, rubricato “Contenuti e limiti della dichiara-zione anticipata di trattamento” disciplina le moda-lità di stesura e la validità del documento presentan-do diverse criticità. Al primo comma si afferma che “nella dichiarazioneanticipata di trattamento il dichiarante, in stato dipiena capacità di intendere e di volere e di compiu-ta informazione medico-clinica, con riguardo adun’eventuale futura perdita permanente della pro-pria capacità di intendere e di volere, esprime orien-tamenti e informazioni utili per il medico, circa l’at-tivazione di trattamenti terapeutici, purché inconformità a quanto prescritto dalla presente legge”.Le scelte terminologiche del legislatore hanno unpreciso significato limitativo. Infatti da un lato siparla di “piena capacità di intendere e di volere” e di“compiuta informazione medico - clinica”, dall’altrolato il testo non si esprime in termini di “volontà”,termine dal pregnante significato giuridico collegatoall’autonomia decisionale del dichiarante, ma nesminuisce la portata riferendosi a semplici “orienta-menti e informazioni utili” al medico. In questo mo-do il legislatore espropria i pazienti coscienti e capa-ci dall’espressione della loro autonomia ponendoli

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Note:(364) A. Santosuosso, Se i giovani hanno ragione anche quandosbagliano, in S. Benzoni, G. P. Cesaro, P. Lovati, P. Vizziello, Pri-ma dei 18 anni. L’autonomia decisionale del minore in ambito sa-nitario, Milano, 2010, 8.

(365) A. Santuosuosso, Se i giovani, cit., 10.

(366) G. Masera, La competenza decisionale dei minori affetti dapatologie oncologiche, in “Prima dei 18 anni”, cit., 51 ss.

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nelle esclusive mani del sanitario, come confermatodal primo comma del successivo art. 4.Per quanto concerne i trattamenti, il testo approva-to dalla Camera modifica il riferimento alle cure og-getto di dichiarazioni anticipate nel senso che inprecedenza esse riguardavano i generici “trattamen-ti sanitari”, mentre in seconda lettura si parla aper-tamente di trattamenti terapeutici, che possono es-sere anche collegati alle cure terminali, vero ogget-to di questa disciplina. Si presenta così una discrasiacon l’art. 1, comma1, lett. e), il quale fa riferimentoal generico concetto di “trattamento sanitario”. Il“trattamento sanitario”, di cui l’art. 1, comma 1,lett. e), e al quale si applica la disciplina del consen-so informato, è un concetto vago e onnicomprensi-vo che comprenderebbe ogni presidio sanitario e te-rapeutico: dalla semplice analisi delle urine al tratta-mento di chirurgia estetica, dall’estrazione dentalealla trasfusione di sangue, dalla visita in pronto soc-corso al trapianto e così via. Invece, la manifestazio-ne di “orientamenti e informazioni utili” relativa-mente ai trattamenti terapeutici effettuata dall’art. 3co. 1 riguarderebbe solo le situazioni di cura di unapatologia e quindi tale disposto normativo parrebbeessere una norma speciale rispetto al carattere gene-rale dell’art. 1, comma 1, lett. e). Tuttavia si osservache detta specialità non sembrerebbe essere giustifi-cata, neanche sotto un profilo costituzionale, poichéestende esponenzialmente i limiti all’autonomia pri-vata del paziente in ambito medico a qualsiasi tera-pia cui questi potrebbe essere sottoposto, non sol-tanto a quelle relative ai casi di fine vita, inficiandoil principio di libera autodeterminazione ed espro-priando il soggetto dichiarante della sua autonomiasanitaria, entrambe tutelate ai sensi degli artt. 13 e32 Cost. Infatti, sia autodeterminazione e autono-mia sanitaria non vengono meno in caso di sommi-nistrazione di trattamenti terapeutici, i quali com-prendono situazioni cliniche più diverse ove vienesomministrata una terapia.Davvero il legislatore ha voluto essere così invaden-te rispetto all’autodeterminazione del singolo? Dal-l’esame dei lavori preparatori e anche dall’analisi deltesto unificato la risposta parrebbe essere positivapoiché da più parti è stato affermato che la rinuncia«per costituire espressione di un valore di libertà ta-le da incrinare lo stesso “valore vita” - deve esserepienamente consapevole, cioè formulata nella co-scienza di un rischio attuale alla vita, non bastandoinvece una volontà espressa in vista di un futuro chesi spera mai si realizzi. In altre parole, non si può col-locare sullo stesso piano un pericolo attuale e con-creto alla vita e una manifestazione di volontà

espressa quando questo pericolo non era lontana-mente configurabile» (367). Questa posizione puògiustificare da un lato la qualificazione di “orienta-menti e utili informazioni” alla volontà di una per-sona capace che nella situazione ipotetica in cui de-cide di redigere le proprie dichiarazioni anticipate ditrattamento si trova in uno stato di salute ottimale,dall’altro renderebbe in ogni caso inutile siffatta di-chiarazione perché essa non ha valore in caso tantodi incapacità, quanto in situazione di urgenza o dipericolo imminente per la vita del soggetto, essendonon vincolante per il medico ai sensi del successivoart. 4 del medesimo testo unitario. Ulteriormente, se approvata in vita definitiva, talelegge vanificherebbe l’intera disciplina del consensoinformato: sia quella speciale già contenuta in diver-se disposizioni dell’ordinamento italiano (368), siaquella generale introdotta dalla legge 28 marzo2001, n. 145, di recepimento della più volte citataConvenzione di Oviedo sulla biomedicina e i dirittifondamentali, in virtù del principio della lex poste-rior relativo alla successione delle fonti normativenel tempo.Ossessionato dalle definizioni dettagliate, quindi ri-petitive, il legislatore prevede che il dichiarante nel-la sua dichiarazione anticipata possa “anche” rinun-ciare esplicitamente ad ogni o ad alcune forme par-ticolari di trattamenti sanitari in quanto di caratteresproporzionato o sperimentale, mentre al terzo com-ma si ribadisce ancora una volta che nella dichiara-zione anticipata «il soggetto non può inserire indi-cazioni che integrino le fattispecie di cui agli artico-li 575, 579 e 580 del codice penale» chiaro riferi-mento al divieto di eutanasia e al suicidio assistito. Il quarto comma dell’art. 3 dispone che «anche nelrispetto della Convenzione delle Nazioni Unite suidiritti delle persone con disabilità, fatta a New Yorkil 13 dicembre 2006, alimentazione e idratazione,nelle diverse forme in cui la scienza e la tecnica pos-sono fornirle al paziente, devono essere mantenutefino al termine della vita, ad eccezione del caso incui le medesime risultino non più efficaci nel forni-re al paziente in fase terminale i fattori nutrizionalinecessari alle funzioni fisiologiche essenziali del cor-po. Esse non possono formare oggetto di dichiarazio-ne anticipata di trattamento». Questo comma pre-senta due distinte criticità:da un lato il riferimento alla Convenzione ONU sui

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Note:(367) Relazione di presentazione del DDL S 1188, primo firmata-rio Bianconi, cit.

(368) Supra, II, § 4.

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diritti delle persone con disabilità, il quale riprendenei contenuti l’atto di indirizzo ministeriale del 16dicembre 2008 (369), confermandone lo stravolgi-mento nel significato. Infatti, la citata Convenzio-ne, recepita con legge 3 marzo 2009, n. 18 (370),non impone al disabile un trattamento medico magli garantisce l’autodeterminazione sulle scelte di vi-ta (371), anche relativamente alla tutela della salu-te. All’art. 3 della Convenzione si riconosce espres-samente «l’importanza per le persone con disabilitàdella loro autonomia ed indipendenza individuale,compresa la libertà di compiere le proprie scelte»,mentre all’art. 12, 4 comma, della stessa si stabilisceche «Gli Stati devono assicurare che le misure rela-tive all’esercizio della capacità giuridica rispettino idiritti, la volontà e le preferenze della persona, chesiano scevre da ogni conflitto di interesse e da ogniinfluenza indebita, che siano proporzionate e adattealle condizioni della persona, che siano applicateper il più breve tempo possibile e siano soggette aperiodica revisione da parte di una autorità compe-tente, indipendente ed imparziale o di un organogiudiziario». In materia di tutela della salute, laConvenzione di New York si adegua al quadro nor-mativo predisposto dalla Convenzione di Oviedo,specificandolo alle esigenze delle persone incapaci,sottolineando la necessità dell’intervento del legalerappresentante dell’incapace e inserendo queste fi-gure in una procedura di autorizzazione di naturagiudiziaria (372).Dall’altro lato il quarto comma fa riferimento a «ali-mentazione e idratazione, nelle diverse forme in cuila scienza e la tecnica possono fornirle al paziente»:si presuppone quindi il richiamo alle forme di soste-gno vitale artificiale, intese nella forma più ampiapossibile, presente e futura. Quella attuale più diffu-sa consiste nella PEG (Percutaneous EndoscopicGastronomy tube), la quale prevede l’inserimentonel tubo digerente di un sondino che fornisce l’ali-mentazione e l’idratazione artificiale direttamentenello stomaco. Secondo la definizione delineata dal-le “Linee Guida sulla Nutrizione Artificiale” (373)l’alimentazione artificiale è «una procedura terapeu-tica mediante la quale è possibile soddisfare inte-gralmente i bisogni nutrizionali di pazienti altrimen-ti non in grado di alimentarsi sufficientemente pervia naturale». Si tratta dunque di trattamenti tera-peutici somministrabili solo dietro prescrizione me-dica (374). Non sono dunque riferibili alla vulgatapopolare del “cibo e acqua”, ma «composti chimici,soluzioni e preparati che implicano procedure tec-nologiche e saperi scientifici» (375). Ne consegui-rebbe quindi che sono dei farmaci e al pari dei far-

maci sarebbero liberamente disponibili secondo levolontà del paziente. Il riferimento che l’art. 3, com-ma 4, del ddl S 10 - C 2350 esplicita chel’«l’alimentazione e l’idratazione, nelle diverse for-me in cui la scienza e la tecnica possono fornirle alpaziente» è preoccupante perché sottomette la vo-lontà del singolo di autodeterminarsi all’invasivitàdella tecnologia, nel senso decisamente contrario alrispetto della dignità umana (376) effettuato dallegià citate fonti costituzionali e internazionali. Fino ache punto è accettabile che la artificialità indottadall’uso di tecnologie prevarichi sulla libera volontàdel paziente? Infatti il disposto normativo stabilisce

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Note:(369) V. Molaschi, op. cit.; C. Tripodina, A chi spettano le deci-sioni politiche fondamentali sulle questioni eticamente contro-verse? (Riflessioni a margine del “caso Englaro”), Giurispruden-za Costituzionale, 2008, 4069.

(370) Rubricata “Ratifica ed esecuzione della Convenzione delleNazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Proto-collo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzio-ne dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle personecon disabilità” e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 61 del 14marzo 2009. In dottrina, A. De Amicis, La L. 3 marzo 2009, n. 18di ratifica della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dellepersone con disabilità: i principi e le procedure, in Giur. merito,2009, 10, 2375.

(371) Trib. Varese, 6 ottobre 2009.

(372) Trib. Palermo, 9 dicembre 2009, in Fam. e dir., 2010, 494 -495. Ne consegue quindi che tutte le norme a tutela dell’incapa-ce, da intendersi come persona diversamente abile, che ai sensidell’art. 1, comma 2, sono coloro che “presentano durature me-nomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali”, devono es-sere orientate all’applicazione secondo i seguenti principi: a) lamisura deve essere adattata e proporzionata ai bisogni e allecondizioni della persona; b) la misura deve essere applicata per ilpiù breve tempo possibile. Quindi, l’applicazione delle normeconcernenti “le persone prive in tutto o in parte di autonomia dicui al titolo XII del libro I del codice civile” riguardano in partico-lare il beneficiario dell’amministrazione di sostegno, all’inabilita-to, all’interdetto. In materia di tutela della salute, intesa in questocaso come diritto all’accesso alla terapia più efficace, la Conven-zione di New York assicura al paziente incapace il diritto a nonvenire discriminato a causa del suo stato, con la possibilità di ac-cesso alla cura attraverso la procedura dell’amministrazione disostegno.

(373) Linee Guida SINPE per la Nutrizione Artificiale Ospedalie-ra, consultabili su www.sinpe.it/LineeGuida.aspx; Comitato Na-zionale di Bioetica, L’alimentazione e idratazione dei pazienti instato vegetativo persistente, Nota integrativa (sottoscritta da M.Barni, L. Battaglia, C. Caporale, I. M. Coghi, L. D’Avack, C. Fla-migni. S. Garrattini, L. Guidoni, D. Neri, A. Piazza, M. L. Scarpel-li, M. Schiavone), Roma, 30 settembre 2005, 8.

(374) M. Galletti, S. Zullo, Lo stato vegetativo tra etica, religionee diritto, Firenze, 2009, 112 ss.

(375) Comitato Nazionale di Bioetica, L’alimentazione e idratazio-ne dei pazienti in stato vegetativo persistente, Nota integrativa(sottoscritta da M. Barni, L. Battaglia, C. Caporale, I. M. Coghi, L.D’Avack, C. Flamigni. S. Garrattini, L. Guidoni, D. Neri, A. Piazza,M. L. Scarpelli, M. Schiavone), Roma, 30 settembre 2005, cit.

(376) S. Rodotà, La legge e i dilemmi della libertà, in Il dolore e lapolitica, a cura di A. Boraschi, L. Manconi, Milano, 2007, 22 ss.

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che dette alimentazione e idratazione artificiali de-vono essere mantenute fino al termine della vita,«ad eccezione del caso in cui le medesime risultinonon più efficaci nel fornire al paziente in fase termi-nale i fattori nutrizionali necessari alle funzioni fi-siologiche essenziali del corpo». È coerente con l’ir-rilevanza della libera autodeterminazione della per-sona considerare il paziente attraverso il suo corpo,le cui funzioni sono l’unico elemento di rilevanzagiuridica al fine del distacco del sostegno artificiale.Il quinto comma prevede che la dichiarazione anti-cipata di trattamento assuma “rilievo”, e non vali-dità essendo un documento non vincolante, appenaviene accertato che il soggetto «si trovi nell’incapa-cità permanente di comprendere le informazioni cir-ca il trattamento sanitario e le sue conseguenze peraccertata assenza di attività cerebrale integrativacortico - sottocorticale (377) e, pertanto, non possaassumere decisioni che lo riguardano». In questocomma il legislatore si esprime nuovamente nel sen-so di trattamento “sanitario” e non “terapeutico”, fa-cendo sorgere legittimamente il dubbio che i duetermini possano essere intesi come sinonimi, anchese concettualmente tali non sono. Inoltre, con lastretta definizione delle condizioni dell’attività cere-brale del paziente, il legislatore invade anche lacompetenza medica, lasciando all’esperto il solo ac-certamento fattuale delle condizioni, perché quelloscientifico è già predeterminato per legge. Il quintocomma predispone che tale accertamento debba es-sere certificato da un organo collegiale formato daquattro sanitari, ovvero un anestesista rianimatore,un neurologo, dal medico curante e dal medico spe-cialista della patologia che affligge il paziente ogget-to dell’analisi. Il legislatore non dimentica di con-temperare le esigenze sanitarie con quelle finanzia-rie, poiché stabilisce che tale collegio debba essereformato «senza nuovi o maggiori oneri a carico del-la finanza pubblica» e, nel pieno rispetto dello spiri-to di questo disegno di legge, la scelta dei sanitarinon è devoluta alla fiducia del paziente ovvero deisuoi familiari, ma, «ad accezione del medico curan-te, sono designati dalla direzione sanitaria dellastruttura di ricovero o, ove necessario, dall’aziendasanitaria locale di competenza».

6. Art. 4. Forma e durata della dichiarazioneanticipata di trattamentoL’art. 4, co. 1, del ddl 2350, è il cuore dell’intero di-segno di legge e nega la vincolatività delle dichiara-zioni anticipate di trattamento, a differenza delleesperienze di regolamentazione normativa del testa-mento biologico negli ordinamenti stranieri. Perché

siffatta chiusura nei confronti dei pazienti? Indipen-dentemente dalla loro capacità ovvero incapacità diintendere e volere? Infatti, a differenza della Con-venzione di Oviedo, il disegno di legge tratta tuttiallo stesso modo, cioè negando l’autodeterminazio-ne e ponendo le decisioni così delicate relative allescelte vitali di una persona nelle mani di medici innome di “un’alleanza terapeutica” che risulta esserefittizia (378) a causa degli scarsi spazi lasciati liberidal legislatore all’autonomia del paziente e dallamancata vincolatività, e quindi carente di autorevo-lezza, delle stesse dichiarazioni anticipate di tratta-mento. Che il medico sia eccessivamente preponde-rante viene stabilito dallo stesso comma, che attri-buisce al sanitario l’esclusivo potere di raccoglieretali dichiarazioni, scartando anche per esempio ilpubblico ufficiale deputato per eccellenza alla certi-ficazione di veridicità di manifestazioni di volontà,ovvero il notaio. Anzi, per sottolineare la assolutapredominanza del sanitario il disegno di legge attri-buisce a lui il ruolo notarile, ovvero la sottoposizio-ne contestuale della sua firma, quindi la necessariasottoscrizione delle medesime in sua presenza. Senzasottoscrizione medica le dichiarazioni non avrebbe-ro valore alcuno, per quanto già poco ne abbiano,essendo non vincolanti. La lettura del comma suc-cessivo aiuta a comprendere meglio la ratio di unadisposizione che appare tanto assurda e limitativadella libera autodeterminazione. Si tratta infatti diuna modifica apportata durante l’approvazione deltesto unitario presso la Camera dei deputati ed essaasserisce che: «Eventuali dichiarazioni di intenti oorientamenti espressi dal soggetto al di fuori delleforme e dei modi previsti dalla presente legge nonhanno valore e non possono essere utilizzati ai finidella ricostruzione della volontà del soggetto». Sitratta della reazione del legislatore alle statuizionidella magistratura relativamente alla ricostruzioneeffettuata per testimoni da parte della Corte d’ap-pello di Milano in adempimento del principio giuri-dico stabilito dalla nota sentenza 21748/2007 cheha provocato il sollevamento del conflitto di attri-buzioni da parte di entrambi i rami del Parlamentodi fronte alla Corte costituzionale (379). Del pari, siosserva che tale disposto incide sui quei casi di rifiu-

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Note:(377) Anche in questo caso si rileva come il riferimento alla spe-cificità della per accertata assenza di attività cerebrale integrati-va cortico-sottocorticale possa riferirsi ai contenuti motivazionalidelle sentenze della Corte di cassazione 17 ottobre 2007, n.21748 e C. App. Milano, 9 luglio 2008, ambedue relative al casoEnglaro.

(378) L. D’Avack, op. cit.

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to trasfusionale di sangue riconosciuti come valididalla magistratura ordinaria anche sulla base dellaricostruzione della volontà del paziente ovvero sullasua semplice appartenenza alla Congregazione deiTestimoni di Geova, ovvero al possesso dello scritto“no sangue” (380). Al fine di escludere le possibilitàdi intervento giudiziario, la Camera dei deputati insede di approvazione del ddl 2350 ha soppresso l’art.8 del testo del ddl S 10, che prevedeva l’autorizza-zione giudiziaria in caso di assenza di fiduciario(381) e attribuendo questo ruolo ai famigliari. Tut-tavia non si può tacere che il giudice ordinario per-mane il referente naturale in caso di violazione didiritti fondamentali.Il terzo comma afferma che, escluso il caso in cui ilsoggetto sia divenuto incapace, la durata della vali-dità della dichiarazione anticipata di trattamento èdi cinque anni, che decorrono dal momento dellacontestuale redazione in forma scritta con la sotto-scrizione di medico e paziente. Il comma 4 afferma che il soggetto può revocare ov-vero modificare in ogni momento la sua dichiarazio-ne, ma esso non chiarisce se tale modifica, ovvero re-voca debba essere sottoscritta sia dal soggetto interes-sato, come letteralmente prevede la norma, o anchedal medico che aveva contestualmente sottoscritto laprima versione delle dichiarazioni anticipate. Il comma 5 afferma che tale dichiarazione compila-ta ai sensi dei commi 1 e 2 deve essere inserita nellacartella clinica dal momento in cui “assume rilievodal punto di vista clinico”, senza specificare quando:se dal momento del ricovero ovvero della diagnosidella patologia sofferta dal paziente, ovvero nel mo-mento in cui essa viene stesa e sottoscritta nel casoil paziente, neoricoverato, non l’avesse mai redattain precedenza. Di fronte a questo dubbio si può no-tare come emerga nuovamente la confusione con-cettuale tra consenso informato e dichiarazione an-ticipate di trattamento.Il comma 6 stabilisce che in condizioni di urgenza,ovvero «quando il trattamento versa in pericolo divita immediato la dichiarazione anticipata di tratta-mento non si applica». Come già accennato questadisposizione negherebbe a una certa categoria di cit-tadini che, in condizioni di ricovero d’urgenza, vo-lessero negare il loro consenso alla trasfusione disangue, in obbedienza al credo dei Testimoni diGeova, non solo il diritto alla loro libera autodeter-minazione, ma ci si potrebbe chiedere se il rifiuto diricevere una trasfusione di sangue, anche a rischiodella vita, possa venire assimilato al diritto di prati-care la loro fede religiosa. Questo è solo un esempiotra quelli emersi nella realtà.

Va comunque osservato che in questo specifico casoil legislatore escluderebbe la possibilità di scelta seaderire o meno alle determinazioni del paziente la-sciata al medico nei casi non urgenti, risultando es-sere impositivo addirittura sul sanitario.

7. Art. 5. Assistenza ai soggetti in stato vegetativoIl testo dell’art. 5 del ddl S 10 - C 2350, formato daun unico comma, ha subito una profonda modificadurante l’approvazione presso la Camera dei deputa-ti rispetto al precedente vagliato dal Senato. Esso èdedicato esclusivamente alla cura dei soggetti in sta-to vegetativo permanente.Esso dispone che «Al fine di garantire e assicurarel’equità nell’accesso all’assistenza e la qualità dellecure, l’assistenza ai soggetti in stato vegetativo rap-presenta livello essenziale di assistenza secondo lemodalità previste dal decreto del Presidente delConsiglio dei ministri 29 novembre 2001, pubblica-to nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficialen. 33 dell’8 febbraio 2002». Siffatto Decreto è rubri-cato “Livelli essenziali di assistenza” ed è stato mo-dificato con fonte di pari valenza il 5 marzo 2007.Prosegue il disposto normativo dell’art. 5 ddl S 10 -C 2350 che «l’assistenza sanitaria alle persone instato vegetativo o aventi altre forme neurologichecorrelate è assicurata attraverso prestazioni ospeda-liere, residenziali e domiciliari secondo le modalitàpreviste dal citato decreto del Presidente del Consi-glio dei ministri e dell’accordo sancito tra il Mini-stro della salute, le regioni e le province autonomedi Trento e di Bolzano sulle Linee di indirizzo perl’assistenza alle persone in stato vegetativo e stato diminima coscienza, adottato dalla Conferenza unifi-cata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28agosto 1997, n. 281, (382) e successive modificazio-

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Note:(379) Le sentenze richiamate sono: Cass. 17 ottobre 2007, n.21748; App. Milano, 9 luglio 2008, Corte cost., ord. 8 ottobre2008, n. 334.

(380) In giurisprudenza, Trib. Modena, 16 settembre 2008, cit.;App. Cagliari, 16 gennaio 2009, in www.personaedanno.it

(381) L’art. 8 prevedeva che: «1. In assenza del fiduciario, in ca-so di contrasto tra soggetti parimenti legittimati ad esprimere ilconsenso al trattamento sanitario, la decisione è autorizzata dalgiudice tutelare, su parere del collegio medico di cui all’articolo7, o, in caso di urgenza, sentito il medico curante. 2. L’autorizza-zione giudiziaria è necessaria anche in caso di inadempimento odi inerzia da parte dei soggetti legittimati ad esprimere il con-senso al trattamento sanitario. 3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2,il medico è tenuto a dare immediata segnalazione al pubblico mi-nistero».

(382) «Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Con-ferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le pro-

(segue)

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ni, nella riunione del 5 maggio 2011. L’assistenza do-miciliare, di norma, è garantita dalla azienda sanita-ria locale competente della regione nel cui territoriosi trova il soggetto in stato vegetativo».La ratio di questo articolo è rintracciabile nell’ema-nazione del già citato provvedimento adottato il 16dicembre 2008 dal Ministro del Lavoro, salute e po-litiche comunitarie, indirizzato ai Presidenti delleRegioni e delle Province Autonome di Trento e Bol-zano con il quale sono state dettate le disposizioni egli indirizzi volti a garantire sempre la nutrizione el’alimentazione nei confronti delle persone in statovegetativo persistente e quindi anche contro la vo-lontà espressa in senso contrario. Tale atto venne al-lora impugnato da associazioni a difesa dei diritti deicittadini davanti al TAR Lazio per violazione degliartt. 2, 32, co. 2 e 117 della Costituzione, dell’art. 3della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Eu-ropea, avente stesso valore giuridico dei Trattati apartire dal 1° dicembre 2009. Il TAR Lazio, invece,dichiarò non rientrante «nella giurisdizione del giu-dice amministrativo la controversia nascente dal-l’impugnazione di un provvedimento teso a rendereomogenee le pratiche in campo sanitario con riferi-mento a profili essenziali come l’alimentazione e l’i-dratazione nei confronti delle persone in stato vege-tativo persistente, alle quali va riconosciuto il dirit-to di rifiutare determinate cure mediche» (383). Seda un lato la cognizione della lesione di diritti sog-gettivi appartiene al giudice ordinario, dall’altro la-to il TAR Lazio valuta il difetto di giurisdizione pu-re sotto il profilo della questione dell’imposizione diun identico trattamento a tutti i malati affetti dallepatologie descritte su tutto il suolo nazionale, anchedi coloro dei quali sia stata accertata la volontà di ri-fiuto. Si tratta di un punto fondamentale poichénon è sufficiente una previsione legislativa comequella in commento ovvero come quelle contenutenegli artt. 2, 3 e 4 del ddl S 10 - C 2350 per soppri-mere la valenza di diritti inviolabili costituzional-mente tutelati (384).

8. Art. 6. FiduciarioL’art. 6 del ddl S 10 - C 2390 disciplina il ruolo delfiduciario, cioè colui che può venire nominato daldichiarante nella dichiarazione anticipata di tratta-mento e che è l’unico soggetto legalmente autorizza-to ad agire nell’interesse esclusivo e migliore del pa-ziente, operando sempre solo secondo le dichiarazio-ni legittimamente esplicitate dal soggetto nella suadichiarazione. In altri termini, il fiduciario è l’unicosoggetto verso il quale la dichiarazione anticipata ditrattamento del paziente abbia valore di volontà e

sia vincolante. Il fiduciario deve essere maggioren-ne, capace di intendere e volere e accettare esplici-tamente la nomina attraverso la sottoscrizione delladichiarazione. In questi termini l’art. 6 del ddl S 10- C 2350 esclude che l’accettazione del fiduciariopossa essere tacita, implicita o fattuale. Il secondo comma del medesimo articolo prevedeche il dichiarante possa sostituire il fiduciario, inqualsiasi momento e senza obbligo di motivazionema con le medesime modalità previste per la nomi-na, quindi anche il nuovo fiduciario deve sottoscri-verla. La scelta terminologica caduta sul verbo “so-stituire” esclude una possibile coesistenza contem-poranea tra “vecchio” e “nuovo” fiduciario, ma non

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Note:

(segue nota 382)vince autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le ma-terie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle provin-ce e dei comuni, con la Conferenza Stato - città ed autonomie lo-cali», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 202 del 30 agosto1997 (Rettifica G.U. n. 217 del 17 settembre 1997).

(383) Tar Lazio, sez. III quater, 12 settembre 2009, n. 8650, inBanca Dati De Jure.

(384) Tar Lazio, 12 settembre 2009, cit., e giurisprudenza ivi ri-chiamata, ad esempio, il Trib. Nola, 22 gennaio 2009, il quale af-ferma che: «Nel caso del diritto alla salute o di altri diritti essen-ziali di pari rango a causa del carattere esistenziale di inerenza al-la persona che essi rivestono, la rilevanza centrale del principiodi autodeterminazione vale a qualificarli come veri e propri dirittidi libertà (ed in questo senso, la risoluzione del Parlamento Eu-ropeo (EU) del maggio 1997 garantisce ai cittadini la più ampia li-bertà possibile di “Scelta Terapeutica”). Ne discende che ognisoggetto leso nella sua integrità psico-fisica non ha solo il dirittodi essere curato, ma vanta una pretesa costituzionalmente qua-lificata di essere curato nei termini in cui egli stesso desideri,spettando solo a lui decidere a quale terapia sottoporsi o, even-tualmente, a quale struttura più idonea affidare le sue aspettati-ve di celere e sicura guarigione. Tali principi, già direttamenteevincibili dalla nostra carta costituzionale, hanno trovato piena at-tuazione nel D.lgs. n. 502 del 1992 di riforma del nostro sistemasanitario, laddove, essendosi aperto definitivamente il mercatodelle prestazioni sanitarie ai produttori privati attraverso il siste-ma dell’accreditamento, si è proprio inteso valorizzare ed attua-re, in un’ottica costituzionalmente orientata, la libertà di sceltacurativa del paziente, attraverso il passaggio da una visione mo-nopolistico/pubblicistica del settore sanitario ad una visione libe-rista ed elastica del medesimo, fondata sul pluralismo dell’offer-ta». Nello stesso senso, il Trib. Milano 16 dicembre 2008, n.14883, il quale stabilisce che: «Sulla base della legislazione ema-nata in ambito sanitario (si richiama l’art. 33, l. istitutiva del S.s.n.n. 833/78 che qualifica i trattamenti sanitari come, di norma, vo-lontari) e delle pronunce giurisdizionali, il sistema giuridico si ca-ratterizza attualmente in materia di autodeterminazione consa-pevole del paziente per una soglia particolarmente elevata deiconsensi ai trattamenti sanitari, sostenuta da uno scopo di rangoelevato qual è il diritto alla salute. È proprio questa soglia chequalifica il rapporto fra medico e paziente imponendo al medicodi non attribuire alle sue valutazioni e decisioni, per quanto og-gettivamente dirette alla salvaguardia del diritto alla salute delpaziente, una forza di giustificazione dell’intervento che esse diper sé sole non hanno o, meglio, non hanno più come in passa-to - giacché devono rapportarsi con un altro diritto di rango co-stituzionale qual è quello della libertà personale che l’art. 13 qua-lifica come inviolabile».

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chiarisce le possibili modalità di notifica o di comu-nicazione al primo fiduciario dell’avvenuto avvicen-damento. Dal medesimo tenore letterale del terzocomma è negata la possibilità della nomina con-giunta di due o più fiduciari, mentre la legge tacesulla possibilità che il fiduciario accettante diventiincapace successivamente all’incapacità del dichia-rante. Il settimo comma, invece, garantisce al fidu-ciario la possibilità di rinunciare all’incarico, «co-municandolo al dichiarante o, ove quest’ultimo siaincapace di intendere e di volere, al medico respon-sabile del trattamento terapeutico». Quest’ultimoinciso consente di ipotizzare che la figura del fidu-ciario sia prevista solo in caso di somministrazioni ditrattamenti terapeutici e non in presenza di sempli-ci trattamenti sanitari. Il quarto comma afferma che il fiduciario è legitti-mato a richiedere al medico e a ricevere dal medesi-mo ogni informazione sullo stato di salute del di-chiarante. Questo disposto, se approvato, potrebberappresentare una soluzione ragionevole per far siche anche i componenti delle quelle coppie convi-venti more uxorio, siano esse di orientamento etero-sessuale quanto omosessuale, possano seguire il per-corso terapeutico del loro convivente superando illimite esclusivo di informativa ai soli stretti con-giunti ovvero coniugi del paziente.Il quinto comma parrebbe devolvere al fiduciario unruolo che non gli compete, ovvero di vigilanza sulla«somministrazione delle migliori terapie palliativedisponibili, evitando che si creino situazioni sia diaccanimento terapeutico sia di abbandono terapeu-tico». Il disposto normativo attribuisce al fiduciarioun potere che non è garantito neppure al pazientediretto interessato in qualità di titolare del diritto al-la salute. Non va neppure dimenticato che in questomodo il fiduciario si porrebbe come terzo elemento,quello del custode, dell’alleanza terapeutica che nel-le intenzioni del legislatore dovrebbe legare pazien-te e medico, con la netta prevalenza di quest’ultimo.Se da un lato siffatta ricostruzione vuole togliereogni significato autodeterminativo alla volontà delpaziente, che nell’alleanza terapeutica risulterebbeessere la figura più debole di tutte, dall’altro lato sicontrapporrebbe alla figura del medico, spesso senzaaverne le conoscenze tecniche, ma con la libertà dipoter esprimersi in un ambito, quello della salute delpaziente, che non lo riguarda direttamente.Situazione simmetrica è altresì prevista, con effettiancora più paradossali, dal comma 6 del medesimoarticolo, il quale dispone che il fiduciario, se nomi-nato, «si impegna a verificare attentamente che nonsi determinino a carico del paziente situazioni che

integrino fattispecie di cui agli artt. 575, 579 e 580del codice penale», ovvero casi di omicidio, anchedel consenziente, che il legislatore ha inteso sanzio-nare in quanto forme eutanasiche. Il comma apre lospazio ad alcune perplessità: innanzitutto con qualecompetenza un fiduciario, cioè la figura vicina al pa-ziente, ovvero un amico, un parente, il genitore, ilconiuge, il compagno, il figlio, può rendersi contoche sul suo assistito si stia verificando la sommini-strazione di un farmaco letale piuttosto che una so-luzione salina? E qualora ciò malauguratamente pos-sa accadere, il fiduciario può essere passibile di unaqualche imputazione? E in caso di risposta positiva,a quale titolo? Potrebbe essere chiamato a rispon-derne in qualità di correo? Tali perplessità dimostra-no come la ratio che ha mosso il legislatore non siastata quella di regolare nel modo più lineare e sem-plice possibile una fase delicata di sofferenza che po-trebbe colpire qualsiasi persona, la quale, per un im-perscrutabile disegno del destino, potrebbe trovarsinelle condizioni di paziente anche terminale, maevidenzia la presenza di una profonda mancanza difiducia nei confronti degli individui trovatisi in si-tuazioni estreme, togliendo loro la possibilità di sce-gliere e trattandoli come potenziali rei. Qualora il dichiarante non abbia nominato il suo fi-duciario, l’ultimo comma dell’art. 6 del ddl S 10 - C2350 stabilisce che le informazioni, le interazioni ele verifiche di cui ai commi 3, 4, 5 e 6 siano adem-piuti dai familiari individuati dal testo legislativostesso, in riferimento al Libro II, Titolo II, capi I e IIdel codice civile, ovvero parenti e coniuge. Tuttaviala legge non ha previsto soluzione per il caso in cui ilpaziente non abbia né parenti né coniuge e ci si po-trebbe chiedere se in questo caso possa intervenirela nomina di un amministratore di sostegno.

9. Art. 7. Ruolo del medicoIl ruolo del medico è centrale nell’intero impiantolegislativo predisposto dal ddl S 10 - C 2340, mentrel’art. 7 del ddl S 10 - C. 2350 è meramente riepilo-gativo di tutte le disposizioni. Infatti il primo com-ma ribadisce che «gli orientamenti espressi dal sog-getto nella sua dichiarazione anticipata di tratta-mento sono presi in considerazione dal medico cu-rante che, sentito il fiduciario, annota nella cartellaclinica le motivazioni per le quali ritiene di seguirlio meno».Il secondo comma dispone che il medico curante«qualora non intenda seguire gli orientamentiespressi dal paziente nelle dichiarazioni anticipate ditrattamento, è tenuto a sentire il fiduciario o i fami-liari, come indicati dal libro secondo, titolo II, capi

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I e II, del codice civile», cioè gli eredi legittimi incaso di successione ab intestato e «ad esprimere la suadecisione motivandola in modo approfondito e sot-toscrivendola sulla cartella clinica o comunque suun documento scritto, che è allegato alla dichiara-zione anticipata di trattamento». Tale scelta parreb-be valorizzare il concetto di “alleanza terapeutica”che in caso di incapacità del paziente andrebbe si-glata con il suo fiduciario ovvero i suoi più stretticongiunti, tuttavia dimostra che detta alleanza tera-peutica è meramente fittizia e che l’unico in grado didecidere sul destino terapeutico del soggetto è solo ilmedico. A rendere maggiormente enfatica questapredominanza si ricorda che l’art. 8 del ddl S 10, ilquale in specifici casi prevedeva quale soluzione ilricorso al giudice tutelare, è stato soppresso in sededi approvazione alla Camera dei deputati. Il terzo comma predispone che il medico non possaprendere in considerazione gli «orientamenti volticomunque a cagionare la morte del paziente o co-munque in contrasto con le norme giuridiche o ladeontologia medica. Gli orientamenti sono valutatidal medico, sentito il fiduciario, in scienza e co-scienza, in applicazione del principio dell’inviolabi-lità della vita umana e della tutela della salute e del-la vita, secondo i princìpi di precauzione, proporzio-nalità e prudenza». Nel dettato di questo comma èdavvero evidente la riduzione di importanza dellavolontà della persona, ridotta dal testo di legge asemplice spettatrice della cura della sua salute, no-nostante i muti, nel senso che nulla esprimono incontenuti, richiami alla legge e alla deontologia me-dica che, come ampiamente dimostrato nella rico-struzione del percorso giurisprudenziale degli ultimianni, si esprimono nella direzione opposta.

10. Art. 8. Disposizioni finaliLe disposizioni finali predisposte dall’ultimo articolodel ddl S 10 - C 2350 rappresentano un contrappas-so che sembrerebbe essere ironico per delle dichiara-zioni non vincolanti nei confronti del soggetto ver-so il quale sono rivolte, ovvero il medico. Esse isti-tuiscono il «Registro delle dichiarazioni anticipatedi trattamento nell’ambito di un archivio unico na-zionale informatico», disponibile addirittura sul sitoInternet del Ministero della salute, il quale è il tito-lare del trattamento dei dati contenuti nel suddettoarchivio. Come non è obbligatorio redigere delle di-chiarazioni anticipate dal valore meramente simbo-lico, parimenti si è liberi di registrare le suddette di-chiarazioni nell’apposito archivio. Anzi, nonostantela garanzia di rigoroso rispetto dei dati personali inesso contenuti, la legge sembrerebbe istituire una

enorme banca dati sensibili sugli orientamenti per-sonali in materia di bioetica, ovvero i trattamentiterapeutici, e sui rapporti personali, ovvero la nomi-na dei fiduciari. Potrebbero quindi sorgere dubbi sul-l’opportunità di effettuare tale registrazione, oltre ilvalore simbolico.In ogni caso, il secondo comma dell’art. 8 statuiscela modalità di formazione di questo registro, ovvero«Con regolamento da adottare ai sensi dell’articolo17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, en-tro centoventi giorni dalla data di entrata in vigoredella presente legge, il Ministro della salute, sentitoil Garante per la protezione dei dati personali, stabi-lisce le regole tecniche e le modalità di accesso, ditenuta e di consultazione del Registro di cui al com-ma 1. Il decreto stabilisce altresì i termini e le formeentro i quali i soggetti che lo vorranno potrannocompilare le dichiarazioni anticipate di trattamentopresso il medico di medicina generale e registrarlepresso le aziende sanitarie locali, le modalità di con-servazione delle dichiarazioni anticipate di tratta-mento presso le aziende sanitarie locali e le modalitàdi trasmissione telematica al Registro di cui al com-ma 1».Il terzo comma afferma che la dichiarazione antici-pata di trattamento, le copie della stessa, le forma-lità, le certificazioni e qualsiasi altro documento siacartaceo sia elettronico ad esse connesso e da essedipendente non sono soggetti all’obbligo di registra-zione e sono esenti dall’imposta di bollo e da qua-lunque altro tributo. Mentre, il quarto comma si oc-cupa dell’aspetto finanziario disponendo che dalpresente articolo non devono derivare nuovi o mag-giori oneri a carico della finanza pubblica. All’attua-zione del medesimo si provvede nell’ambito delle ri-sorse umane, strumentali e finanziarie già previste alegislazione vigente. Anche tale disposizione è mol-to significativa non solo del reale stato delle finanzepubbliche, ma di quanto il legislatore è intenzionatoad investire ulteriormente nella realizzazione dellemanifestazioni delle volontà terapeutiche dei citta-dini italiani.

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