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§ PARAGRAFO RIVISTA DI LETTERATURA & IMMAGINARI

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§PARAGRAFORIVISTA DI LETTERATURA & IMMAGINARI

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ParagrafoRivista di Letteratura & Immaginari

pubblicazione semestrale

Redazione

FABIO CLETO, DANIELE GIGLIOLI, MERCEDES GONZÁLEZ DE SANDE,FRANCESCO LO MONACO, FRANCESCA PASQUALI, VALENTINA PISANTY,

LUCA CARLO ROSSI, STEFANO ROSSO, AMELIA VALTOLINA

Segreteria di Redazione

STEFANIA CONSONNI

Ufficio 211Università degli Studi di Bergamo

P.za Rosate 2, 24129 Bergamo - tel: +39-035-2052744 / 2052706email: [email protected] - web: www.unibg.it/paragrafo

webmaster: VICENTE GONZÁLEZ DE SANDE

La veste grafica è a cura della Redazione

La responsabilità di opinioni e giudizi espressi negli articoliè dei singoli collaboratori e non impegna la Redazione

Questo numero è pubblicato con il contributo del Dipartimento di Lettere,Arti e Multimedialità e del Dottorato di Ricerca in Teoria e Analisi del Testo

© Università degli Studi di BergamoISBN – 978-88-95184-50-0

Sestante Edizioni / Bergamo University PressVia dell’Agro 10, 24124 Bergamo

tel. 035-4124204 - fax 035-4124206email: [email protected] - web: www.sestanteedizioni.it

Stampato da Stamperia Stefanoni - Bergamo

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QUESTIONI

§1. FRANCESCO GHELLI, Il potere del consumo fra storia e immagina-rio. Note in margine a L’impero irresistibile di Victoria de Grazia

§2. NUNZIA PALMIERI, L’epistolario di Umberto Saba. Storia di un’edi-zione mancata

§3. MARCO TOMASSINI, Il viaggio dell’eroe. Luther Blissett e le epifa-nie del molteplice

FORME

§4. FRANCESCA CAMURATI, Quando la tradizione è più forte della realtà.Il modello ariostesco nella Araucana di Alonso de Ercilla

§5. GIULIANA ZEPPEGNO, Sergio Toppi illustra Friedrich Dürrenmatt

LETTURE

§6. ANTONELLA AMATO, Rilke, Nietzsche, e il Compimento dell’amoredi Musil

§7. SUYENNE FORLANI, Per un’analisi del messaggio pubblicitario russo

§8. SARA PANAZZA, Zoomorfismi dell’anima. Epifanie di decentramentoin Argo e il suo padrone di Svevo

I COLLABORATORI DI QUESTO NUMERO

NUMERI ARRETRATI

ParagrafoIII (2007)

Sommario

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Scoprire non significa soltanto trovare cose nuove, ma in primoluogo riconoscere nella realtà ciò che l’immaginazione e una fedetradizionale davano per esistente. Veder realizzate queste meravi-glie era una conquista dello spirito non meno importante dei suc-cessi utilitari delle imprese.Leonardo Olschki, Storia letteraria delle scoperte geografiche, 1937

1. Dopo aver considerato per lungo tempo La Araucana come cronaca inversi dell’impresa spagnola in Cile, la critica si è dedicata a studiare ilpoema epico di Alonso de Ercilla (1533-1594) in quanto prodotto lette-rario.1 La focalizzazione dell’analisi si è quindi spostata dalla valutazionedel grado di aderenza della narrazione alla realtà storica allo studio dellescelte estetiche adottate nella stesura del poema.

La Araucana è il primo grande testo letterario che racconta parte dellascoperta e della conquista e, come tale, si configura quale modello di lin-gua letteraria per la materia americana e ha profonda ripercussione sullapoesia e il teatro del Siglo de Oro spagnolo. Poiché le cronache furono ge-neralmente scritte con l’obiettivo di costituirsi in quanto discorso storico,questo poema rappresenta il primo tentativo di finzionalizzare personaggiindigeni. In effetti, sebbene Ercilla affermi di aver scritto parti del poema

1 Le edizioni dei poemi cui si fa riferimento sono Alonso de Ercilla y Zúñiga, La Arau-cana (1590), a cura di Marcos Morínigo e Isaías Lerner, Madrid: Castalia, 1979, e Ludo-vico Ariosto, Orlando Furioso (1532), a cura di Lanfranco Caretti, Torino: Loescher,1960. In seguito si utilizzeranno le sigle LA e OF, seguite da numero di canto, ottava e(dove necessario) verso. La Araucana è composta di tre parti pubblicate in tre momentidifferenti: I parte (canti I-XV), 1569; I e II (canti XVI-XXIX), 1578; III (canti XXX-XXXVII),1589 e infine l’edizione completa integrale nel 1590. Il Furioso appare per la prima voltanel 1516 ma l’edizione definitiva, completamente rivista e ampliata, è del 1532.

§4

Francesca Camurati

Quando la tradizione è più forte della realtàIl modello ariostesco nella Araucana di Alonso de Ercilla

PARAGRAFO III (2007), pp. 69-90

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sul campo di battaglia o nei riposi notturni, oggi sappiamo che La Arau-cana è “l’invenzione letteraria di una realtà fisica e di un avvenimento sto-rico, che sostituisce i fatti stessi senza però snaturarli, e che fa di Ercillaun vero e proprio fondatore della letteratura cilena e del linguaggio epicoispano-americano”.2

Nato a Madrid da famiglia nobile, Ercilla arriva in Perù nel 1556, al se-guito del Viceré Andrés Hurtado de Mendoza. L’anno seguente si uniscealla spedizione che avrebbe dovuto sottomettere gli agguerriti araucani nelsud del Cile, territorio di cui era stato nominato governatore García Hur-tado de Mendoza, figlio di Andrés. I diciotto mesi passati sui campi di bat-taglia costituiscono la parte decisiva dell’esperienza americana di questosoldato-poeta. Nonostante ciò, solo una parte del poema deriva dall’osser-vazione diretta dei fatti accaduti durante la campagna bellica: la prima par-te dell’opera narra infatti gli avvenimenti antecedenti l’arrivo di Ercilla inCile e, nel corso di tutto il poema, episodi di carattere amoroso, leggenda-rio, mitologico o favoloso si intercalano al tema centrale dell’opera. Così,anche nei passi in cui il poeta sembra registrare in presa diretta quanto ac-cade intorno a lui, operano – come si tenterà di dimostrare nelle prossimepagine – non solo esigenze di tipo estetico, ma anche fantasia e invenzionecanalizzate da sovrastrutture culturali ed esigenze politiche. Nel poema diErcilla, infatti, la narrazione di fatti storici e di invenzione è modellata dal-le convenzioni generiche e filtrata dalla posizione ideologica i cui ideali po-litici e principi etici sono identificabili con quelli del potere imperiale.3 Nei

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2 José Miguel Oviedo, Historia de la literatura hispanoamericana, Vol. 1, De los orígenesa la Emancipación, Madrid: Alianza, 1995, p. 162. Laddove non altrimenti indicato, latraduzione è mia. Già i contemporanei di Ercilla sembrano aver considerato La Araucanacome fonte storica, sebbene Pierce e Dumas rifiutino questa idea dopo aver studiato ap-profonditamente le cronache contemporanee al poema. Dal canto loro, Menéndez Pidale Medina, facendo leva sulle dichiarazioni dello stesso autore circa l’autenticità della nar-razione, sottolineano il carattere “estremamente realista” dell’opera. In particolare, Medi-na arriva ad affermare che le figure femminili indigene presenti nel poema sono solo par-ziale ricreazione letteraria di persone e fatti che l’autore conobbe durante la sua esperien-za in terra americana. Cfr. Frank Pierce, La poesía épica del Siglo de Oro, Madrid: Gredos,1961; Claude Dumas, “Reflexions sur quelques points d’histoire dans La Araucana”, Bul-letin de la Faculté des Lettres de Strasbourg, 43, 1965, pp. 735-49; José Durand, “Caupo-licán, clave historial y épica de La Araucana”, Revue de Littérature Comparée, 52:2-4,1978, pp. 367-89; José Toribio Medina, La Araucana de don Alonso de Ercilla y Zúñiga,Santiago: Edición del Centenario, 1918 e “Las mujeres de La Araucana de Ercilla”, Hi-spania, 11:1, 1928, pp. 1-12.

3 Il poema è dedicato a Filippo II e la conquista dei territori araucani fa parte di un di-

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venti anni impiegati per arrivare alla pubblicazione completa del poema,l’autore ebbe occasione – e anche la necessità – di rivedere e cambiare ilpiano originale dell’opera nata per dare testimonianza poetica della guerradi conquista in quella regione che oggi è parte del territorio cileno.

La diffusa catalogazione dei personaggi della Araucana in personaggistorici (gli spagnoli) e personaggi poetici (gli autoctoni)4 ha dato avvio auna riflessione sulla costruzione dell’immagine dell’americano nel poemadi Ercilla, e in particolar modo della figura femminile. Se gli autoctoni,in quanto personaggi esotici, selvaggi ma anche ‘inaspettatamente’ valo-rosi, assolvono nel poema alla funzione di stupire il lettore e di provocaremeraviglia, gli spagnoli si rivelano prevedibilmente prodi, instancabili eardimentosi poiché incarnano i valori della cavalleria e dell’eroismo se-condo i canoni del tempo. Di Ercilla, Morínigo scrive: “Da poeta qual è,gli risulta più facile immaginare che vedere. Racconta ciò che vede e can-ta ciò che immagina, ma è poco quello che può vedere e molto quello chepuò immaginare. E così è La Araucana. Un poema storico con moltopoema e poca storia”.5

La distinzione operata da Morínigo è da leggersi alla luce del dibattitoteorico che si sviluppa in Italia e in Spagna negli anni in cui Ercilla scrivele tre parti della sua opera. Si delineano in quel momento due tendenzefiglie di scuole e modi diversi di intendere la poesia: la linea ‘verista’, chedifende un’idea di poesia che deve trattare la materia storica con rigorosaaderenza alla supposta verità, e la posizione ‘verosimilista’, che sostiene lapossibilità di allontanarsi dal ‘vero’ e difende la libertà di ricreare verosi-milmente la storia.6 Si tratta di un dibattito sorto dal contrasto tra leistanze culturali laiche dell’Umanesimo e le nuove necessità didattiche epropagandistiche della chiesa controriformista. In questo clima, il nuovoauge della Poetica di Aristotele dà origine a non poche polemiche sul con-cetto di poesia come imitatio e sul suo fine ultimo. In tale contesto, la

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segno imperiale: “La Araucana è a uno dei suoi livelli di significazione più importanti[…] un testo panegirico e anche apologetico, cioè politico”. Isaías Lerner, “América y lapoesía épica áurea: la versión de Ercilla”, Edad de Oro, 10, 1991, p. 127.

4 Marcos Morínigo, “Españoles e indios en La Araucana”, Filología, 15, 1971, pp. 205-13.5 Marcos Morínigo, “Introduzione”, in LA, p. 38.6 Le denominazioni di ‘verista’ e ‘verosimilista’ sono prese da José Durand, op. cit. Si

consideri inoltre che i limiti della nozione di verosimile erano una volta molto più flessi-bili di quanto non lo siano oggi, come, d’altra parte, le categorie di vero e obiettivo eranopiù salde.

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Gerusalemme Liberata del Tasso può essere considerato il più illustre ten-tativo di conciliare il platonismo umanistico con l’aristotelismo.7

2. Ercilla e la tradizione epica spagnola – che, come segnala Bataillon,8 èsempre rimasta piuttosto fedele al vero e raramente si è lasciata trasportareda fantasie e chimere – si discostano non poco dalla tradizione epica italia-na, la cui massima espressione – l’Orlando Furioso – abbonda di elementi esituazioni fantastiche quali incantesimi, pozioni, fonti dell’eterna giovinez-za, ippogrifi e voli lunari.9 Tuttavia, l’opera dell’Ariosto è riconosciuta dal-la critica come il principale modello adottato da Ercilla nella stesura dellasua opera. Il presente saggio si propone di offrire alcune riflessioni sul ruo-lo della tradizione letteraria codificata nella costruzione dei personaggifemminili americani attraverso un’analisi comparata di alcuni passaggi deidue poemi menzionati, in apparenza molto diversi tra loro. A questo sco-

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7 La diffusione della Poetica, scarsa nel Medioevo e nell’Umanesimo, si incrementa no-tevolmente a partire da una nuova traduzione commentata dell’opera da parte del padova-no Francesco Robortello (1548). Tuttavia, la questione era già stata oggetto di dibattitonelle accademie e nei circoli culturali delle corti e aveva avuto risonanza internazionale.L’elaborazione dei Discorsi dell’arte poetica del Tasso è testimonianza dell’evoluzione deldibattito: quest’opera, infatti, composta tra il 1561 e il 1562, durante il primo soggiornopadovano del giovane Tasso, è il frutto delle riflessioni provocate dalle lezioni tenute daCarlo Signorelli sulla Poetica presso l’università di Padova. Tuttavia, la prima edizione del-la citata opera del Tasso è del 1578, posteriore alla Gerusalemme Liberata ma immediata-mente precedente alla sua revisione. Nel 1594, a Napoli, il Tasso pubblica una nuova edi-zione, con cambiamenti profondi, di quest’opera teorica: il titolo diventa Discorsi del poe-ma eroico e in essa si abbandona la tesi edonistica della poesia a favore della tesi didatticapoiché, nella rinnovata concezione del poeta, il fine dell’arte non è più il diletto – in ade-sione alle tesi dell’aristotelismo della scuola padovana – bensì l’educazione, d’accordo coni dettami della Controriforma. Questa oscillazione tra posizioni così diverse ha originatoquello che la critica definisce il ‘bifrontismo’ della Gerusalemme Liberata, ossia la convi-venza nel poema di concezioni teoriche opposte come la ‘verista’ e la ‘verosimilista’ – perusare la terminologia di Durand – e la ‘fantastica’, il cui modello è Ludovico Ariosto.

8 Marcel Bataillon, “L’idée de la découverte de l’Amérique chez les espagnols du XVIe

siècle”, Bulletin Hispanique, 55:1, 1953, pp. 23-55.9 L’entità del successo della formula dell’Ariosto è dimostrata non solo dal gran numero

di ristampe del Furioso, ma anche dall’abbondante numero di imitazioni – alcune dellequali anticipano addirittura l’uscita dell’edizione definitiva –, di versioni dialettali, tradu-zioni in altre lingue (sia in verso che in prosa), riduzioni musicali e trasfigurazioni pittori-che apparse fin dalla prima edizione dell’opera. Si segnala inoltre che la prima traduzionedel Furioso è proprio quella castigliana (realizzata da Jerónimo de Urrea e pubblicata adAnversa nel 1549) ma è lecito supporre che negli ambienti spagnoli del tempo molti po-tessero avvicinarsi al testo nella sua versione originale poiché tra loro l’italiano era parlatoda soldati, letterati e uomini di governo.

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po, si offrono, tra i diversi confronti testuali, anche passi da leggersi infunzione della condivisione di un determinato codice linguistico.

Le differenze tra le due opere sono in alcuni casi sostanziali: innanzituttoErcilla narra un episodio della storia contemporanea, mentre Ariosto intro-duce la distanza – temporale, spaziale e assiologica – necessaria a ogni even-to narrato per acquisire dimensione epica.10 La geografia in cui si muovonoi personaggi dell’autore reggiano, sebbene siano identificabili in una regioneche comprende le penisole italiana e iberica, si sfuma, perde nitidezza e sitrasforma in uno spazio fantastico (l’isola di Alcina, il castello di Atlante).Lo stesso si verifica con la dimensione temporale: l’epoca in cui si svolgono ifatti è riconoscibile, ma il tempo dell’azione si dilata o si riduce in modo to-talmente indipendente dalla scansione temporale reale. I personaggi sonoeroi, hanno o possono acquisire poteri soprannaturali e non hanno nulla incomune con il lettore dell’epoca. Diversa – più moderna – è l’impostazionedell’opera di Ercilla, il quale narra in tempo presente un’esperienza – unaguerra tra personaggi eccezionali che tuttavia sono, in ultima analisi, esseriumani – della quale è testimone e a volte anche protagonista.

Risulta interessante vedere come la geografia americana, che costituisceuno spazio fantastico nell’immaginario dell’uomo europeo, acquisisca inquesto poema caratteri familiari e appaia in molti casi più accessibile dellastessa geografia ariostesca. L’impressione che se ne riceve è che Ercilla nonnecessiti di particolari mezzi retorici per infondere alla materia trattata di-mensione epica, in quanto l’impresa spagnola nel Nuovo Mondo e il valo-re di molti conquistatori avevano già di per sé questo carattere.11 Moltedescrizioni di luoghi della Araucana presentano un alto grado di conven-

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10 Michail Bachtin, “Epos e romanzo” (1938), in Id., Estetica e romanzo, Torino: Einau-di, 1979.

11 “L’espressione in versi sarebbe stata per Ercilla naturale per l’opera intrapresa perchési trattava di una storia di fatti di guerra, cioè di una storia di respiro epico, di una storiache confondeva i propri confini con quelli dell’epica. Nella concezione rinascimentale del-le storie di guerra non era l’epica ad assumere carattere storico, come dice Pierce, bensì ilcontrario: la storia assumeva carattere epico”. Marcos Morínigo, “Españoles e indios enLa Araucana”, cit., p. 207. Non va però dimenticato che la scarsa risonanza della scopertadell’America nelle lettere del tempo – soprattutto in relazione con la portata dell’evento –era determinata anche dalla diffusione del pregiudizio che le arene in cui si distinguevanoi veri eroi e i grandi uomini erano quelle europee: combattere in America non conferiva lostesso prestigio, soprattutto finché l’immagine del nemico americano diffusa era quella deiprimi indigeni incontrati da Colombo. Nonostante ciò, la campagna di Arauco offre a Er-cilla una materia degna di essere raccontata e capace di conferire all’impresa dei conqui-statori spagnoli una dimensione epica.

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zionalismo: il paesaggio è stereotipato fino al punto di riprodurre clichésdella tradizione cavalleresca e, negli episodi d’amore, della tradizione bu-colico pastorale. Si comparino le seguenti ottave; la seconda, tratta dalpoema di Ercilla, presenta un paesaggio ancor più convenzionale di quelloofferto dai versi dell’Ariosto:

E come la via nostra e il duro e felloDistin ci trasse, uscimmo una matinaSopra la bella spiaggia, ove un castelloSiede sul mar, de la possente Alcina.Trovammo lei ch’uscita era di quello,E stava sola in ripa a la marina:E senza rete e senza amo traeaTutti li pesci al lito, che volea.

(OF, VI, 35)

Llegué por varios arcos donde estabaUn bien compuesto y levantado asiento,Hecho por tal manera que ayudabaLa maestra natura al ornamento;El agua clara en torno murmuraba,Los árboles movidos por el vientoHacían un movimiento y un ruidoQue alegraban la vista y el oído.

(LA, XX, 42)

È significativo che il poeta spagnolo non riproduca la diversità del pae-saggio americano, osservata durante i lunghi mesi del suo soggiorno cile-no – incluso durante la stesura di molte ottave, redatte a suo dire in tem-po reale, a volte durante le azioni di guerra, più spesso nei momenti dipausa, sempre con mezzi di fortuna –, ma cerchi piuttosto di inserirsi ne-gli schemi delineati dal genere scelto dimostrando così che la tradizionerisulta essere più forte della realtà stessa.12

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12 L’ipotesi qui proposta non contraddice quella della poetessa cilena Gabriela Mistral:“La meraviglia più grande da raccontarsi in quel poema era la selva di Arauco. Don Alon-so [Ercilla] non la nomina nemmeno. Mi sono domandata, talvolta, se per caso non glifosse successo quello che succede a noi con la Cordigliera: che non la cantiamo perchénon riusciamo a misurarci con essa. Forse quel poeta ha avuto la grande modestia di tace-re il tema massimo di cui non era capace di parlare. La selva araucana non appare in tuttoil poema, così minuzioso perfino nei particolari geografici”, Gabriela Mistral, “Algunoselementos del folklore chileno”, disponibile all’indirizzo http <www.gabrielamistral.uchile.cl/prosa/elfolklore.html>, accesso ottobre 2007.

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Un altro elemento che apparentemente distanzia i due poemi epici èla proposizione della materia da trattare. Ludovico Ariosto, intitolando lapropria opera Orlando Furioso, si inserisce consapevolmente in una tradi-zione riconosciuta e immediatamente identificabile. Continua la narra-zione delle vicissitudini di Orlando dal punto in cui l’aveva interrottaMatteo Maria Boiardo alla conclusione del suo Orlando Innamorato, ac-cettando così la fusione operata da quest’ultimo dei due grandi cicli nar-rativi medioevali, quello carolingio e quello bretone. Tale scelta permetteall’autore di conquistare un pubblico più vasto, che, soprattutto in Italia,era quello che apprezzava la ‘materia di Francia’ – bellica e virile –, e dimantenere altresì una complessità psicologica propria della ‘materia diBretagna’ – cortese e raffinata –, che soddisfaceva il gusto colto dell’uomodi corte. L’Orlando del Boiardo, come quello dell’Ariosto, riunisce in séentrambe le componenti: è questi un guerriero forte e leale, come richie-deva la tradizione della chanson de geste, ed è al contempo un giovane in-namorato, attributo di tale importanza da trasformarsi in motore dell’a-zione e comparire nel titolo dell’opera. Il poema dell’Ariosto rimanda al-l’altro anche nel titolo, che insinua che la follia è la naturale conclusionedell’innamoramento e lo vincola a un modello classico – la tragedia di Se-neca Hercules furens – che suggerisce l’associazione, nella follia, di due fi-gure caratterizzate da valori e virtù esemplari.

Nella proposizione dell’Ariosto, che apre il Furioso, si legge:

Le donne, i cavallier, l’arme, gli amoriLe cortesie, l’audaci imprese io canto,Che furo al tempo che passaro i MoriD’Africa il mare, e in Francia nocquer tanto,Seguendo l’ire e i giovenil furoriD’Agramante lor re, che si dié vantoDi vendicar la morte di TroianoSopra re Carlo imperator romano.

Dirò d’Orlando in un medesmo trattoCosa non detta mai in prosa né in rima:Che per amor venne in furore e matto,D’uom che sì saggio era stimato prima.

(OF, I, 1, 2)

Il famosissimo chiasmo del primo verso colloca al centro la materia belli-ca ma pone pure in evidenza – agli estremi del verso – l’opposto temacortese, intrecciando in questa schematica ma efficace sintesi la materia

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dei due grandi cicli medievali. Inoltre, la varietà della materia che il poetasi propone di cantare è ribadita nel secondo verso.

La proposizione che apre l’esordio della Araucana pone al centroun’altra tematica e annuncia l’intenzione di allontanarsi dalla linea dell’A-riosto e del Boiardo:

No las damas, amor, no gentilezasDe caballeros canto enamorados,Ni las muestras, regalos y ternezasDe amorosos afectos y cuidados;Mas el valor, los hechos, las proezasDe aquellos españoles esforzados,Que a la cerviz de Arauco no domadaPusieron duro yugo por la espada.

(LA, I)

Nonostante gli sforzi di Chevalier per dimostrare che questa ottava sia so-lamente una convenzionale dichiarazione di intenti e non una nitida pre-sa di posizione nei confronti dell’epica di stampo ariostesco, lo studiocongiunto delle tre parti, anche alla luce degli eventi intervenuti nel lentoprocesso di elaborazione dell’opera, fa supporre il contrario.13 Dicendoquesto non si vuole sminuire l’importanza del modello ariostesco per l’o-pera di Ercilla, ma piuttosto mettere in evidenza che in origine, nelle in-tenzioni dell’autore, vi era la volontà di allontanarsi da alcuni aspetti pe-culiari della materia dell’Ariosto: il fantastico e le tematiche amorose ecortigiane. Si tratta di un’intenzione che si palesa nella prima parte delpoema anche attraverso la rapidità con cui si liquida un tema ricco dipossibilità narrative come l’incostanza della donna.14

Tuttavia, sembra che nel corso dell’elaborazione della Araucana il poe-ta stesso abbia sofferto le conseguenze della scelta iniziale e abbia avverti-to la monotonia derivata dal trattamento esclusivo della materia bellica.Inoltre, tornato in Europa, dove si dedicò a completare il poema e a pre-

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13 Maxim Chevalier, L’Arioste en Espagne (1530-1650). Recherches sur l’influence du “Ro-land Furieux”, Bordeaux: Institut d’Etudes Ibériques et Ibéro-Américaines de L’Universitéde Bordeaux, 1966 e “La épica culta”, in Id., Lectura y lectores en la España del siglo XVI yXVII, Madrid: Turner, 1976.

14 Nel primo canto della Araucana si ribadisce l’intenzione di trattare solo temi bellici:“Venus y Amón aquí no alcanzan parte, / Sólo domina el iracondo Marte” (I, 10). Per ladenigrazione delle donne: “Que al fin son las mujeres variables / Amigas de mudanzas ymudables” (IV, 30) e “Que la mujer cruel, eslo de veras” (X, 7).

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parare le diverse edizioni, sorsero nuove esigenze e ambizioni letterarie.Ercilla ampliò allora il poema e vi inserì nuovi elementi – la glorificazionedel popolo spagnolo e del monarca Felipe II – e sentì probabilmente an-che la necessità di mettersi al passo con le mode letterarie del momento,dimostrando le proprie doti di poeta anche in tematiche pastorali e amo-rose. La seconda parte del poema è infatti ricca di episodi che interrom-pono la monotonia del tema della campagna di Arauco – la battaglia diSan Quintino, la battaglia di Lepanto, gli episodi legati alla figura delmago Fitón, l’evocazione del personaggio virgiliano Didone, alcuni episo-di amorosi e varie digressioni – ma già a partire dagli ultimi canti dellaprima parte – XIII, XIV e XV – si assiste a un cambiamento nella materiatrattata e, di conseguenza, anche nel registro poetico adottato. Nei canticitati appaiono le riflessioni sulla univocità dei temi affrontati fino a quelmomento, la rivalutazione della materia amorosa e il primo degli episodiintrodotti per rompere la monotonia: il tragico amore di Guacolda e Lau-taro. Ercilla apre il canto XV dichiarando la necessità della presenza di te-matiche amorose in poesia, non solo come materia degna di essere canta-ta ma anche come elemento di varietà all’interno di un componimento,finalizzato a mantenere desta l’attenzione del lettore. Inoltre, cita esplici-tamente Dante, Ariosto, Petrarca e l’Ibero Garcilaso de la Vega, traccian-do così una linea nella quale sembra volersi inserire per dimostrare di es-sere pregevole cantore sia di argomenti bellici che cortesi:

¿Qué cosa puede haber sin amor buena?¿Qué verso sin amor dará contento?¿Dónde jamás se ha visto rica venaQue no tenga de amor el nacimiento?No se puede llamar materia llenaLa que de amor no tiene fundamento;Los contentos, los gustos, los cuidados,Son, si no son de amor, como pintados.

Amor de un juicio rústico y groseroRompe la dura y áspera corteza,Produce ingenio y gusto verdaderoY pone cualquier cosa en más fineza:Dante, Ariosto, Petrarca y el Ibero,Amor los trujo a tanta delgadezaQue la lengua más rica y más copiosaSi no trata de amor, es desgustosa.

(LA, XV, 1 e 2)

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3. È proprio negli episodi amorosi che si è vista maggior affinità tra il Fu-rioso e La Araucana, cioè laddove il poeta spagnolo non racconta quelloche vede ma canta quello che immagina. In questi episodi, pensati comeornamento retorico e come contrappunto agli episodi bellici, l’autore tra-lascia l’intenzione documentaristica che lo contraddistingue in altri passie crea figure letterarie ispirate a personaggi ed episodi dell’Ariosto. Leuniche figure femminili presenti nel poema sono indigene e a loro sonodedicati tre episodi completi (Guacolda, Tegualda e Laura), due scene(Lauca e Fresia) e alcuni riferimenti di carattere generale.15 Significativa èla differenza di registro tra i riferimenti generali e gli episodi e le sceneche hanno come protagonista una donna indigena. Mentre in questi ulti-mi la donna è prodotto di una costruzione idealizzata secondo i canonidella poesia cortese, nei primi è presentata come un essere umano indiffe-renziato immerso nella massa indigena barbara e primitiva.

La costruzione letteraria dei personaggi femminili mette in discussio-ne un’eventuale corrispondenza con la realtà cilena ad eccezione della ci-tazione delle donne guerriere, probabilmente l’unico momento in cui siricorda un uso autoctono.16 La presenza del tema della donna guerriera èvolta anche a comunicare al lettore la dimensione straordinaria del Nuo-vo Mondo – l’inversione dei tradizionali ruoli maschile-femminile parte-cipa dell’immagine di ‘mondo al contrario’ spesso associata all’America –ma è anche dovuta alla diffusione che acquisisce il mito delle amazzoni inqueste regioni, come testimonia l’opera teatrale di Tirso de Molina Ama-zonas en las Indias (1635).

La critica concorda nell’individuare nel racconto delle peripezie di Isa-bella e Zerbino nel Furioso la principale fonte dei tre episodi amorosi(Guacolda e Lautaro, Tegualda e Crepino e Glaura e Cariolán) narratinella Araucana.17 L’episodio che risente maggiormente dell’influenza del-

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15 Didone, l’altra presenza femminile forte del poema, si inscrive in modo differentenell’opera in quanto è protagonista di una digressione di intenzione moralizzante orienta-ta a restaurare l’onore di cui Virgilio privò ingiustamente la regina di Tiro. Gli episodicompleti presentano l’evoluzione della situazione amorosa nella sua interezza, mentre lescene si limitano a offrire un momento particolare della relazione.

16 Oltre a una menzione nel prologo, al tema sono dedicate le prime otto ottave delcanto X.

17 Guacolda e Lautaro: XIII, 43-57 e XIV, 1-12; Tegualda e Crepino: XX, 26-79 e XXI, 1-12; Glaura e Cariolán: XXVIII, 1-38. Per la critica si vedano invece – oltre ai già citatiMaxim Chevalier, L’Arioste en Espagne e Marcos Morínigo, “Introduzione” – Lía SchwartzLerner, “Tradición literaria y heroínas indias en La Araucana”, Revista Iberoamericana,

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l’Ariosto è quello di Tegualda e Crepino, in cui si rileva anche la presenzadi elementi provenienti dalle ottave dedicate a Doralice e Mandricardo,un’altra coppia le cui sventure sono cantate nel poema dell’Ariosto.18 Ilraffronto di alcuni passi rende evidenti le affinità non solo tematiche maanche strutturali delle narrazioni, come la presentazione dell’eroina indi-gena, che parla in prima persona tracciando la propria genealogia per par-te di padre senza menzione alcuna della figura materna:19

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38:81, 1972, pp. 615-25; Juan Diego Vila, “El personaje de Tegualda y su doble inicia-ción (histórica y poética) en La Araucana de Ercilla”, Signos, 25:31-32, 1992, pp. 213-25.

18 Per meglio apprezzare l’analisi comparata qui proposta, si considera utile tracciareuna sintesi della storia di Isabella e Zerbino che, a differenza degli episodi amorosi dellaAraucana, non è limitata allo spazio narrativo di alcuni canti o ottave ma si snoda perbuona parte del poema. Orlando si aggira per un bosco alla ricerca dell’amata Angelica,quando vede una luce filtrare da una grotta. Incuriosito, vi entra e vi trova una vecchia,Gabrina, che sorveglia una giovane fanciulla, Isabella, che acconsente alla richiesta di Or-lando di raccontare la propria storia. In prima persona, Isabella dirà di essere saracena, fi-glia di Maricoldo, re di Galizia, e di essersi innamorata di Zerbino, un giovane cristianoche ha saputo mostrare il suo valore nel corso di un palio organizzato dallo stesso Mari-coldo. La fase dell’innamoramento viene succintamente descritta da Isabella che si dilungaperò nel racconto delle peripezie seguite alla decisione di sottrarsi alla tutela del padre equindi di fuggire per poter coronare il suo sogno d’amore con Zerbino. Questi, non po-tendosi occupare personalmente della fuga, affida al suo uomo di maggior fiducia, Odori-co, il compito di portare la sua amata oltre i confini del regno. Una tempesta provoca ilnaufragio dell’imbarcazione su cui si trovano Isabella e Odorico, che riescono a salvarsiinsieme ad altri due membri dell’equipaggio. In seguito, a causa dei giochi sleali di Amo-re, i sentimenti di Odorico nei confronti di Isabella variano a tal punto che questi si sba-razza dei servitori sopravvissuti con lo scopo di rapire la giovane. Le urla di protesta di Isa-bella attraggono però l’attenzione di una masnada di ladroni che la sequestrano e la rin-chiudono in una grotta in attesa del momento propizio per venderla come schiava. È inquesta grotta che Orlando la trova. Come il prode cavaliere salva Isabella e se ne assume laprotezione viene raccontato in terza persona da un narratore onnisciente. Nel canto XX, viè l’incontro fortuito tra Zerbino e Gabrina, la quale rivela al giovane che Isabella è viva,contrariamente a quanto questi credeva. Nel canto XXIII, Zerbino viene salvato da mortecerta dal tempestivo intervento di Orlando che, oltre a restituirgli la libertà, lo ricongiun-ge con l’amata. Finalmente i due giovani sono di nuovo insieme e Orlando prosegue ilsuo viaggio alla ricerca dell’infedele Mandricardo, con cui ha in sospeso un duello per ilpossesso di Durindana, la famosa spada che fu di Ettore. Nel XXIV canto, Zerbino ha l’oc-casione di dimostrare la sua gratitudine a Orlando che, ormai folle, vaga per il bosco: nel-la lotta con Mandricardo, impossessatosi senza dritto alcuno di Durindana, Zerbino cadeferito a morte. Isabella, consolata da un eremita, rinuncia al proposito di togliersi la vita esi ritira in convento.

19 L’assenza di un qualsiasi riferimento alla linea di discendenza materna è propria diuna società di stampo patriarcale ma rientra anche nella tradizione letteraria del periodo,in particolare del poema epico.

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Yo soy Tegualda, hija desdichadaDel cacique Brancol desventurado,De muchos por hermosa en vano amada,Libre un tiempo de amor y de cuidado;Pero muy presto la fortuna, airadaDe ver mi libertad y alegre estado,Turbò de tal manera mi alegriaQue al fin muero del mal que no temia.

(LA, XX, 37)

Isabella son io, che figlia fuiDel re mal fortunato de Gallizia.Ben dissi fui; ch’or non son più di lui,Ma di dolor, d’affanno e di mestizia.Colpa d’Amor; ch’io non saprei di cuiDolermi più che de la sua nequizia,Che dolcemente nei principii applaude,E tesse di nascosto inganno e fraude.

(OF, XIII, 4)

Tegualda, con perfetta retorica cortese, dichiara la propria condizione disventurata e, come Isabella, si dice figlia del dolore. Entrambe si dichiara-no vittime di Amore. L’accusa nei confronti di Amore, capriccioso e mute-vole, affiora in vari momenti: Isabella gli rimprovera di aver fatto innamo-rare di lei Odorico, il fedele servitore dell’amato Zerbino a cui viene affi-data la fuga della bella saracena e che, approfittando della sua condizioneprivilegiata, la rapisce e mette in moto un’improbabile serie di disavventu-re che culmineranno con la morte di Zerbino. Dal canto suo, Tegualda la-menta l’ostinazione dimostrata da Amore nel farla invaghire di un giovanestraniero, Crepino, che sarebbe morto in battaglia un solo mese dopo lenozze. Le peripezie delle due eroine vengono raccontate in prima personaai due eroi che le soccorrono e che, secondo la tradizione, diventano anchefigura protettrice e confidente. Entrambe le donne vengono generosamen-te soccorse da un eroe che è ‘altro’ da loro, che è cioè straniero e professauna religione differente: nel Furioso è Orlando che trova Isabella prigionie-ra in una grotta; nel caso della Araucana, invece, è il poeta stesso che trovaTegualda che vaga tra i cadaveri rimasti sul campo di battaglia alla ricercadelle spoglie dell’amato. Orlando e Ercilla svolgono qui il ruolo conven-zionale dell’eroe che si fa carico della fanciulla in difficoltà malgrado la dif-ferenza di confessione religiosa o l’appartenenza alla fazione avversaria.

Un altro elemento che accomuna i due episodi è il processo per cui la

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sventura delle figlie diventa disgrazia anche dei padri nell’ottica di una cul-tura che insegna che le colpe dei figli ricadono sui padri e viceversa. Seb-bene i protagonisti (sia maschili che femminili) delle sfortunate storie d’a-more appartengano a culture diverse da quella dell’eroe e del cantore deipoemi, si esprimono tutti attraverso i modi dell’Occidente europeo: nono-stante siano due le culture rappresentate, la cultura europea assorbe tutto egli unici codici che operano attivamente sono appunto quelli della culturadominante di cui queste opere sono espressione. Non solo le protagonistefemminili degli episodi commentati sono ‘altre’ in relazione con il loro sal-vatore, ma sono ‘altre’ anche in rapporto all’uomo che amano e per il qua-le hanno rinunciato al loro mondo. Il tema dell’appartenenza a culture ereligioni diverse è uno dei maggiori motori di conflitto, soprattutto nellestorie d’amore. La scoperta del Nuovo Mondo ha offerto un’ennesima va-riante al già ampio spettro di possibilità a disposizione degli autori ma, co-me si può dedurre dall’episodio qui commentato, il tema della relazionecon l’altro si riduce a un mero motivo ornamentale, a una superficiale de-corazione esotica. I seguenti versi ne sono un’ulteriore conferma:

Que si soy extranjero y no merezcoHagas por mí lo que es tan de tu oficio,

(LA, XX, 52, 1-2)

Pero Crepino, el joven extranjero,Que así de nombre propio se llamaba

(LA, XX, 65, 1-2)

E perché vieta la diversa fede(essendo egli cristiano, io saracina)Ch’al mio padre per moglie non mi chiede,Per furto indi levarmi si destina.

(OF, XIII, 10, 1-4)

Tegualda, come Isabella, conosce il futuro sposo in una competizione or-ganizzata dal padre e, ovviamente, ne risulta vincitore. Anche questo tema,come altri qui già enunciati, è un topos della tradizione cavalleresca e dellapoesia cortese che ebbe ampia diffusione in Spagna come in Italia. Anchela tradizione bucolica gioca un ruolo importante in questi poemi: negliepisodi commentati si evidenzia, ad esempio, nel ruolo di fanciulle noninteressate all’amore e reticenti a tessere amicizie maschili e nei paesaggiche fanno da cornice, ma anche da specchio, all’incontro tra i futuri sposi.

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Le invettive all’incostanza della Fortuna e alla tirannia d’Amore ac-compagnano le riflessioni sulla labilità del confine tra la felicità e il dolo-re. Amore e morte sono temi universali che nelle ottave del Furioso e dellaAraucana trovano un trattamento stilistico analogo:

Già mi vivea di mia sorte felice,Gentil, giovane, ricca, onesta e bella:Vile e povera or sono, or infelice;E s’altra è peggior sorte

(OF, XIII, 5, 1-4)

Quivi il crudo tiranno Amor, che sempreD’ogni promessa sua fu disleale,E sempre guarda come involva e stempreOgni nostro disegno razionale,Mutò con triste e disonesto tempreMio conforto in dolor, mio bene in male;(OF, XIII, 20, 1-6)

Si ricordi anche la chiusura dell’ottava che apre il lungo racconto in cuiIsabella narra parte della sua storia: “Colpa d’Amor; ch’io non saprei dicui / Dolermi più che de la sua nequizia, / Che dolcemente nei principiiapplaude, / E tesse di nascosto inganno e fraude.” (OF, XIII, 4, 5-8).

Il tema dell’amore tiranno è introdotto nella Araucana da Ercilla che,assumendo su di sé il duplice ruolo di protagonista e narratore dell’incon-tro con Tegualda, partecipa del suo dolore: “Vi que verdad en todo medecía / Y que el pérfido amor, ingrato y ciego, / En busca del marido latraía” (LA, XX, 34, 4-6).

Tuttavia, Ercilla non fa altro che riprendere le parole di Tegualda chesottolineano la dimensione negativa dell’amore a causa del dolore chepuò causare: “al fin muero del mal que no temía” (LA, XX, 37, 8).

Al fin se fue, llevándome el contentoY dejando turbados mis sentidosPues que llegué de amor y pena juntoDe solo el primer paso al postrer punto.

(LA, XX, 60, 4-8)

Hoy hace justo un mes, ¡oh suerte dura,Qué cerca está del bien la desventura!

(LA, XX, 72, 7-8)

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In modo del tutto simile sono costruite anche la dichiarazione del doloreprovocato nelle donne dalla richiesta avanzata dai soccorritori – Orlandoe Ercilla – di raccontare il motivo della loro disperazione, la conseguentenarrazione delle proprie sventure e la manifestazione della speranza chetale dolore le conduca finalmente alla morte:

– Ben che io sia certa, – dice – o cavalliero,Ch’io porterò del mio parlar supplizio,Perché a colui che qui m’ha chiusa, speroChe costei ne darà subito indizio;Pur son disposta non celarti il vero,E vada la mia vita in precipizio.E ch’aspettar poss’io da lui più gioia,Che’l si disponga un dì voler ch’io muoia?

(OF, XIII, 3)

Ella dijo: “¡Ay de mí!, que es imposibleTener jamás descanso hasta la muerte,Que es sin remedio mi pasión terribleY más que todo sufrimiento fuerte;Mas, aunque me será cosa insufrible,Diré el discurso de mi amarga suerte;Quizá que mi dolor, según es grave,Podrá ser que esforzándole me acabe.

(LA, XX, 36)

Il desiderio di seguire l’amato anche nella morte sfocia nella furia che ladonna rivolge contro se stessa: in entrambi i casi analizzati si manifestacome violenza fisica che la giovane esercita su alcune parti del propriocorpo – il volto, in particolare le guance, e la chioma – e che si estendepoi alla figura femminile nella sua totalità, intesa come essere umano vivoche si contrappone all’amato, ormai corpo morto:

Né alle guancie né al petto si perdona,Che l’uno e l’altro non percuota e fragna;E straccia a torto l’auree crespe chiome,Chiamando sempre invan l’amato nome.

In tanta rabbia, in tal furor sommersaL’avea la doglia sua, che facilmenteAvria la spada in se stessa conversa,

(OF, XXIV, 86, 5-8 e 87, 1-3)

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Así, furiosa por morir, echabaLa rigurosa mano al blanco cuello,Y no pudiendo más, no perdonabaAl afligido rostro ni al cabello,Y aunque yo de estorbarlo procuraba,Apenas era parte a defendello,Tan grande era la basca y ansia fuerteDe la rabiosa gana de la muerte.

(LA, XXI, 10)

Nel momento in cui la disperazione minaccia di sfociare nel suicidio, appa-re una figura maschile che consola la donna e la dissuade dal togliersi la vita.Nella Araucana è ancora il poeta che, come già segnalato, è narratore e co-protagonista dell’episodio; nel Furioso, invece, il ruolo è interpretato da uneremita. Tuttavia, la funzione è la stessa e la “eloquenza, pazienza e ragioniefficaci” dell’asceta si traducono nella “gran persuasión y ruego” di Ercilla:

Il venerabile uom, ch’alta bontadeAvea congiunta a natural prudenzia,Et era tutto pien di caritade,Di buoni esempi ornato e d’eloquenzia,Alla giovan dolente persuadeCon ragioni efficaci pazïenza;

(OF, XXIV, 88, 1-6)

Después que algo las ansias aplacaronPor la gran persuasión y ruego míoY sus promesas ya me aseguraronDel gentílico intento y desvarío,

(LA, XXI, 11, 1-4)

4. L’altro episodio d’amore in cui si palesa l’influenza del modello cortese,in particolar modo ariostesco, nella costruzione dei personaggi femminilidella Araucana è quello di Guacolda e Lautaro che, a differenza di quellodi Tegualda e Crepino, costituisce un momento eminentemente lirico eprivo di azione. Per la costruzione e le numerose reminiscenze verbali didiscendenza petrarchesca, il dialogo tra i due protagonisti ricorda quellotra Doralice e Mandricardo, celebrato dall’Ariosto nel tredicesimo cantodel suo poema. Si tratta del colloquio che precede il duello che vedrà af-frontarsi Ruggiero e Mandricardo e il cui vincitore avrà diritto a portarel’insegna dell’aquila bianca che un tempo fu di Ettore. Entrambi i dialoghi

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sono suppliche dell’amata finalizzate a convincere l’amato a fare o a nonfare qualcosa che presente come fatale per la sua vita. Nell’episodio delpoema in lingua spagnola, Guacolda interpreta un sogno fatto da Lautarocome presagio di morte e lo esorta a non aspettare il levarsi del sole e a ve-stire immediatamente le armi per poter affrontare un eventuale attacco ne-mico. Lo supplica piangendo e facendo appello all’amore che gli tributa eper il quale ha sacrificato la libertà. Nel poema italiano, Doralice cerca, in-vano, di convincere il prode Mandricardo a non affrontare Ruggiero induello all’alba. Lei lo prega cioè di non fare qualcosa e, secondo le conven-zioni del genere, lo fa piangendo e invocando l’amore che lui sente per leie di cui dà prova costantemente. La situazione è praticamente la stessa, co-sì come i ragionamenti atti a persuadere l’amato:

“Si aquella voluntad pura, amorosa,Que libre os di cuando más libre estaba, […]Por ella os juro y por aquel tormentoQue sentí cuando vos de mí os partistes […]Que a lo menos me deis este contento(si alguna vez de mí ya tuvistes),Y es que os vistáis las armas prestamenteY al muro asista en orden vuestra gente.”

(LA, XIII, 52-53)

Ma se gli è ver che ’l vostro amor sia quelloChe vi sforzate di mostrarmi ognora,Per lui vi prego, e per quel gran flagelloChe mi percuote l’alma e che m’accora,Che non vi caglia se ’l candido augelloHa ne lo scudo quel Ruggiero ancora.Utile o danno a voi non so ch’importi,Che lasci quella insegna o che la porti.

(OF, XXX, 34)

Anche nei comportamenti della figura maschile vi è una quasi totale so-vrapposizione: Lautaro, come Mandricardo, cerca di rassicurare l’amataenumerando le imprese che lo hanno visto vincitore e chiede, pur non ri-manendo insensibile alle preoccupazioni e alla tristezza dell’amata, di nonessere turbato da presagi tanto tristi.20

Il dialogo tra le coppie costituisce in entrambi i poemi un momento

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20 Cfr. LA, XIII, 57, 1-4 e XVIII, 48, 50, 51 e 54 e OF, XXX, 37 e 39-42.

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molto commovente, una pausa lirica e di quiete all’interno di opere in cuil’azione è protagonista. Riappare il binomio amore-morte, configurando-si in questo caso come unica consolazione dell’amata che ancora una vol-ta è costruita attraverso i topoi della poesia cortese: la cieca fede nell’indis-solubilità dei destini degli innamorati e il desiderio della figura femminiledi precedere l’amato nel cammino verso la morte.21

La figura di Guacolda acquisisce nell’opera certa consistenza nono-stante l’autore non tracci di lei nessuna descrizione. Il personaggio della“bella Guacolda” – questo è l’unico accenno all’aspetto fisico dell’eroina –si costruisce e si sostiene su un unico sentimento: l’angoscia. È l’angosciadi colei che conosce con certezza il tragico destino che aspetta l’amato eche tuttavia non può fare nulla per contrastarlo. Dopo l’appassionato dia-logo notturno, Guacolda scompare, non se ne fa più menzione nell’arcodi tutto il poema: l’episodio amoroso è concluso e la narrazione bellicatorna ad assorbire tutto l’interesse.

Il tema della fedeltà è costantemente presente nella costruzione deipersonaggi delle ‘dame indigene’ a cui viene attribuita una virtù apparte-nente a una tradizione a loro estranea, analoga a quella che anima anchele eroine saracene dell’Ariosto come Isabella, la quale giura a Zerbinomoribondo eterna fedeltà. Tuttavia Doralice, anch’essa dichiaratasi eter-namente fedele a Mandricardo, assume, dopo la morte di questi, com-portamenti diversi da quelli promessi. In Doralice, l’Ariosto canta il to-pos della donna incostante e, in certa misura, la giustifica, in quanto lapossibilità di concedersi a un altro si rivela l’unica possibilità di salvezzaper una vedova rimasta sola al mondo. La possibilità di venir meno allesue promesse di fedeltà è contemplata solo perché essa è saracena, appar-tiene allo schieramento degli infedeli e quindi il comportamento descrit-to può rientrare nella proiezione europea di questa cultura. Guacolda,invece, che solo nominalmente è un’indigena, rimane eternamente fede-le all’amato poiché il suo personaggio è costruito sul modello della damadi corte.

5. L’episodio di Glaura e Cariolán (XXVIII, 1-44), il terzo degli episodiamorosi completi della Araucana, conferma la preponderanza dell’imma-ginario culturale europeo nella rappresentazione della realtà americana.

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21 Cfr. LA, XIII, 47 e OF, XXX, 36. Queste stesse promesse sono pronunciate da Isabelladurante l’agonia di Zerbino: OF, XXIV, 80-81.

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La narrazione delle vicende di Glaura è introdotta da un esordio che pre-senta una riflessione-ammonizione del poeta sull’incostanza della Fortunae sulla contiguità del bene e il male, dell’amore e il dolore, della felicità ela disperazione e sulla labilità del confine che li separa, come se il terminepositivo portasse in sé anche l’antitesi negativa. Questa tematica, quienunciata dal narratore-protagonista, ha notevole rilievo anche nei di-scorsi delle altre eroine del testo e nelle parole di Isabella e Doralice. Eancora una volta, come Isabella e Tegualda, la “bella joven” prende la pa-rola e si presenta tracciando una linea genealogica di discendenza in cuinon appare alcuna presenza femminile: “Mi nombre es Glaura, en fuertehora nacida, / Hija del buen cacique Quilicura, / De la sangre de Frisoesclarecida, / Rica de hacienda, pobre de ventura” (LA, XXVIII, 7, 1-4).

Glaura riprende il discorso sulla mutevolezza della Fortuna avviato daErcilla sottolineando, come già avevano fatto Tegualda e Isabella, la cele-rità con cui è passata da uno stato di felicità – in cui la famiglia, costituitaessenzialmente dalla figura paterna, le offriva sostegno e protezione – auno stato di tristezza, solitudine e vulnerabilità. Causa del drastico cam-biamento è “el invidioso amor tirano” che fa innamorare Fresolano diGlaura dando avvio a una serie di avvenimenti che questa volta non sfo-ceranno in tragedia. Non ponendo freno alla passione non corrisposta,Fresolano tradisce la fiducia accordatagli dal padre di Glaura, suo cugino,e ricalca il comportamento che già fu di Odorico nel Furioso. Glaura rie-sce a salvarsi dalle insidie di Fresolano solo grazie all’irruzione di unosquadrone di spagnoli che, oltre a Fresolano, uccide il padre di Glaura.Sola e disperata, la giovane si rifugia sui monti dove incontra due malfat-tori che si rivelano ancor più pericolosi di Fresolano; è qui che entra inscena Cariolán che la salva e passa rapidamente dal ruolo di benefattore aquello di consorte.

Le vicende dell’episodio di Glaura, qui esposte in sintesi, sono coniatesulla matrice dell’episodio di Isabella: anch’ella si salva dalle disoneste in-tenzioni di Odorico per l’irruzione di una nuova minaccia, una masnadadi ladroni dalla quale è poi opportunamente salvata da Orlando. A parti-re da questo punto, le narrazioni si distanziano, ma tornano a sovrapporsinel momento del riconoscimento tra gli amanti che erano rimasti separatiper cause differenti. Una volta ancora il ritrovamento avviene grazie allamediazione di un benefattore: Ercilla nella Araucana, Orlando nel poemaitaliano. Nel corso del suo racconto, Glaura allude in varie occasioni aldesiderio di morte, sebbene non nei modi verbosi e persuasivi delle prota-

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goniste degli episodi già analizzati in quanto non sa ancora se il marito siastato fatto prigioniero e ridotto in schiavitù oppure ucciso.22

Un ulteriore elemento che avvicina l’eroina indigena alla figura stereo-tipata della dama di corte europea è l’apprensione per la verginità: Glau-ra, come Isabella, si dispera di fronte alla possibilità di perdere con essal’onore: “La preoccupazione per l’onore ispanizza in modo così ovvio ilpersonaggio da spostare l’episodio nei territori della finzione e da renderealtamente questionabili eventuali analogie con la realtà araucana”.23 Oltreall’evidente corrispondenza tematica, rilevabile anche in elementi moltoprecisi, ci sono alcune interessanti reminiscenze verbali che ribadiscono lafiliazione dell’episodio:

Mas presto el invidioso amor tirano,Turbador del sosiego…

(LA, XXVIII, 9, 1-2)

Quivi il crudo tiranno Amor, che sempreD’ogni promessa sua fu disleale,

(OF, XIII, 20, 1-2)

Me comenzó de amar y buscar medioDe dar a su cuidado algún remedio.

(LA, XXVIII, 11, 6-8)Disegnò quivi senza più dimoraCondurre a fin l’ingordo suo appetito;

(OF, XIII, 21, 5-6)

Nella Araucana non vi sono personaggi femminili appartenenti ai dueschieramenti (spagnolo-europeo e indigeno-‘altro’), come invece succede nelFurioso. Nei territori araucani, nell’ultimo scampolo di terra allora cono-

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22 “Muchas veces propuse de matarme, / Mas por torpeza y gran maldad tenía / Queaquel dolor en mí tan poco obrase / Que a quitarme la vida no bastase” (LA, XVIII, 37, 5-8); “Revolví sobre mí, considerando / La maldad y traición que cometía / En no corrercon mi marido a una / Un peligro, una muerte, una fortuna” (LA, XVIII, 34, 5-8); “No sési ya me queje desdichada, / O agradezca a los hados y a mi suerte, / Que me abren puertay que me dan entrada / Para que pueda recibir la muerte” (LA, XVIII, 6, 1-4). In quest’ulti-ma citazione, il timore-desiderio di morte potrebbe essere conseguenza dell’instabilità delruolo di Ercilla – in queste scene, infatti, egli rappresenta il nemico e non ha ancora vesti-to i panni del benefattore – ma anche, trattandosi delle parole immediatamente antece-denti il racconto in prima persona della propria storia, allusione al dolore mortale che po-trebbe causare la stessa narrazione, proprio come nei casi di Isabella e Tegualda.

23 Lidia Schwartz Lerner, op. cit., p. 624.

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sciuto, in un contesto bellico di conquista, non era ipotizzabile incontrareuna vera dama di corte. Le uniche figure femminili sono allora donne au-toctone che, nonostante gli esotici nomi loro attribuiti, sono in tutto e pertutto prodotto convenzionale delle corti europee. Per queste ragioni, forse,Ercilla non dà seguito all’episodio di Guacolda sul modello di Ariosto per-ché convertirla in una donna incostante e infedele non sarebbe stato coeren-te con la configurazione del personaggio fino a quel momento delineato.

La finzionalizzazione di personaggi indigeni si compie attraverso unprocesso di adattamento di nuovi elementi ai modelli predefiniti dellatradizione letteraria. Ercilla prende dalla storia che si dipana davanti aisuoi occhi ciò che stima degno di essere cantato e quando non dispone dimateriale sufficiente inventa luoghi, situazioni e personaggi che passanoattraverso il filtro dell’immaginario europeo. La dimensione culturale acui appartiene l’autore produce una selezione naturale dei materiali poe-tici – poetizzabili sono gli atti eroici, l’esaltazione del valore guerriero, lafierezza del nemico, etc. – e si rivela estremamente produttiva nella co-struzione di personaggi nuovi, per i quali dispone di un vasto catalogo.Le eroine indigene, collocate su uno sfondo storico ben delineato, simuovono su di un terreno assolutamente poetico che risponde perfet-tamente ai precetti della normativa classica aristotelica e si combina con ildesiderio dell’autore di confrontarsi con la materia amorosa, grazie a cuipotrà trovare posto nella tradizione letteraria più ambita e riconosciuta.

6. La tesi che si è cercato di illustrare attraverso l’analisi dei tre episodicentrati sulla figura femminile indigena è confermata anche dalla costru-zione del personaggio di Fresia, in apparenza diametralmente oppostoagli altri. La compagna del valoroso Caupolicán, a cui l’autore non dedicaun episodio completo ma solo una scena, è infatti contraddistinta dallarabbia e la ferocia, che la spingono a comportarsi in modo barbaro, quasibestiale. Poiché Caupolicán – cacique (capo politico locale) che tanto filoda torcere ha dato agli spagnoli fino a quel momento – si arrende all’eser-cito nemico facendosi passare per un soldato semplice nella speranza divedersi risparmiare la vita, Fresia, indignata, rivela agli spagnoli la sua ve-ra identità e lo ripudia insieme al frutto della loro unione:

¡Ay de mí! ¡Cómo andaba yo engañadaCon mi altiveza y pensamiento ufanoViendo que en todo el mundo era llamada

QUANDO LA TRADIZIONE È PIÙ FORTE DELLA REALTÀ / 89

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Fresia, mujer del gran Caupolicano!Y agora miserable y desdichada,Todo en un punto me ha salido vano,Viéndote prisioniero en un desierto,Pudiendo haber honradamente muerto.

[…] Toma, toma tu hijo, que era el ñudoCon que el lícito amor me había ligado;Que el sensible dolor y golpe agudoEstos fértiles pechos han secado.Cría, críale tú que ese membrudoCuerpo en sexo de hembra se ha trocado;Que no quiero título de madreDel hijo infame del infame padre.

Diciendo esto, colérica y rabiosa,El tierno niño le arrojó delanteY con ira frenética y furiosaSe fue por otra parte en el instante.

(LA, XXXIII, 78, 81 e 82)

Fresia rivela una personalità femminile fino al momento inesplorata daErcilla e contrapposta a quella delle altre eroine: non pianti disperati, an-goscia per la probabile morte dell’amato, paura per l’inedita situazione divulnerabilità, bensì rabbia e disprezzo per la viltà e ripudio per il figlio diun uomo rivelatosi debole. Il disonore arrecato si rivela più forte dell’a-more coniugale e materno. E tuttavia, l’immaginario europeo funzionaancora una volta da filtro nella creazione di questo personaggio. Questavolta non è una figura costruita secondo i canoni della poesia cortese maporta comunque su di sé i segni di una visione stereotipata, quella che as-segna all’esotico e al diverso i caratteri dell’eccesso, della barbarie incon-trollata e della furia animalesca.

La donna indigena può essere remissiva come Guacolda, intrapren-dente come Tegualda o barbara come Fresia e non è quindi relegata a unasola possibilità di modo d’essere. Da questa molteplice appartenenza –che rinvia quindi a una visione omologata ma non omogenea dell’altro –in cui albergano anche il conflitto e il paradosso, deriva il dinamismostrutturale dell’opera. Ed è per questo che le opposizioni fondamentalidella narrazione epica – la vittoria e la sconfitta, la libertà e l’oppressione,il valore e la debolezza, il dolore e la gioia – si presentano nella Araucanain una fusione spesso inestricabile.

90 / FRANCESCA CAMURATI