Voce di Popolo 13 07 · 2012. 1. 27. · E allora in coro esultiamo e con entusiasmo gridiamo Con...

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Settimanale di informazione, attualità e cultura dell’Arcidiocesi di Foggia-Bovino ANNO XIV - N. 13 FOGGIA 05.04.2007 1,00 Dopo la sua morte, come sappiamo dai racconti evangelici, Gesù viene calato giù dalla croce e, avvolto in un lenzuolo, viene deposto in un sepolcro nuovo, nella roccia, chiuso da un grosso masso. Il corpo senza vita di Cristo giace ora nel sepolcro. La pietra è stata collocata al suo posto. Tutto sembra finito. Le pa- role che Gesù aveva pronunziato, quan- do era con i suoi, non sembrano avve- rarsi. È il momento, invece, in cui tutto comincia. È il radunarsi degli apostoli. È il rinascere delle speranze: la Pasqua si avvicina. Il cuore di Dio, infatti, batte ancora, preannunciando la danza della vita, della risurrezione. L’ultima parola sulla nostra esistenza non appartiene alla fal- sità, all’ipocrisia, all’odio, alla divisione, alla sopraffazione, alla morte. L’ultima parola appartiene all’amore, più forte della morte, ma che ha bisogno di passa- re attraverso di essa per generare la vi- ta: «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muo- re, produce molto frutto» (Gv 12,24). Invece, dopo poche ore, la «bocca» ostruita di quel sepolcro ha cominciato a parlare. Da quel sepolcro, testimone muto della risurrezione, è uscito il canto della gioia, la danza della luce. È uscita la nostra speranza intrisa di immortali- tà. Facendo nostre le parole dell’aposto- lo Paolo, possiamo cantare l’inno: «La morte è stata ingoiata per la vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?» (1 Cor 15, 54-55). Gesù è veramente risorto. Tutto quel- lo che aveva detto e preannunziato si è veramente realizzato. Pertanto, non ha senso cercarlo nel luogo dove stanno i morti. Gesù non è più nel passato, ma vive nel presente ed è proiettato verso il futuro come ogni vivente. Così è anche per noi: non troveremo Gesù, il Risorto, vivo, presente e operante in mezzo a noi, rovistando nel sepolcro, ripensando alla nostra realtà di morte, fermando il no- stro sguardo ad una tomba vuota, ma accogliendo ogni giorno la Parola di Dio che è la promessa di Gesù, diventata la chiave interpretativa per comprendere la nuova esperienza di salvezza. A tutto ciò siamo, allora, chiamati: a percorrere con fiducia il cammino che porta dalla nostra realtà di smarrimento, di dubbio, di paura, di peccato, ad incontrare Gesù, il Vivente, nella nostra storia personale e comunitaria, nella quotidianità della nostra giornata per giungere ad escla- mare, prima, e ad annunziare, dopo, che il Signore è veramente risorto! Il Direttore

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  • Settimanale di informazione, attualità e cultura dell’Arcidiocesi di Foggia-Bovino

    ANNO XIV - N. 13 FOGGIA 05.04.2007

    1,00

    Dopo la sua morte, come sappiamo dai racconti evangelici, Gesù viene calato giù dalla croce e, avvolto in un lenzuolo, viene deposto in un sepolcro nuovo, nella roccia, chiuso da un grosso masso.

    Il corpo senza vita di Cristo giace ora nel sepolcro. La pietra è stata collocata al suo posto. Tutto sembra finito. Le pa-role che Gesù aveva pronunziato, quan-do era con i suoi, non sembrano avve-rarsi. È il momento, invece, in cui tutto comincia. È il radunarsi degli apostoli. È il rinascere delle speranze: la Pasqua si avvicina.

    Il cuore di Dio, infatti, batte ancora, preannunciando la danza della vita, della risurrezione. L’ultima parola sulla nostra esistenza non appartiene alla fal-sità, all’ipocrisia, all’odio, alla divisione, alla sopraffazione, alla morte. L’ultima parola appartiene all’amore, più forte della morte, ma che ha bisogno di passa-re attraverso di essa per generare la vi-ta: «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muo-re, produce molto frutto» (Gv 12,24).

    Invece, dopo poche ore, la «bocca» ostruita di quel sepolcro ha cominciato a parlare. Da quel sepolcro, testimone muto della risurrezione, è uscito il canto della gioia, la danza della luce. È uscita la nostra speranza intrisa di immortali-tà. Facendo nostre le parole dell’aposto-lo Paolo, possiamo cantare l’inno: «La morte è stata ingoiata per la vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?» (1 Cor 15, 54-55).

    Gesù è veramente risorto. Tutto quel-lo che aveva detto e preannunziato si è veramente realizzato. Pertanto, non ha senso cercarlo nel luogo dove stanno i morti. Gesù non è più nel passato, ma vive nel presente ed è proiettato verso il futuro come ogni vivente. Così è anche per noi: non troveremo Gesù, il Risorto, vivo, presente e operante in mezzo a noi, rovistando nel sepolcro, ripensando alla nostra realtà di morte, fermando il no-stro sguardo ad una tomba vuota, ma accogliendo ogni giorno la Parola di Dio che è la promessa di Gesù, diventata la chiave interpretativa per comprendere la nuova esperienza di salvezza. A tutto ciò siamo, allora, chiamati: a percorrere con fiducia il cammino che porta dalla nostra realtà di smarrimento, di dubbio, di paura, di peccato, ad incontrare Gesù, il Vivente, nella nostra storia personale e comunitaria, nella quotidianità della nostra giornata per giungere ad escla-mare, prima, e ad annunziare, dopo, che il Signore è veramente risorto!

    Il Direttore

  • 2 Voce di Popolo

    Il primo anniversario della “nascita al cielo” del Fondato-re e Presidente emerito dell’U.G.C.I. sezione di Foggia dott. Francesco Montanino è sta-to commemorato durante l’an-nuale celebrazione della “Pa-squa del Giurista”, che è ormai considerato un immancabile appuntamento per tutti gli ope-ratori del diritto che si ricono-scono nella fede in Cristo.

    Durante l’omelia il nostro consulente ecclesiastico, don Michele Di Nunzio, ha eviden-ziato che le riflessioni sulla “giu-stizia” del ritiro quaresimale di quest’anno hanno trovato la lo-ro concretizzazione in France-sco Montanino, colui che ha po-sto la Giustizia di Dio alla base della giustizia tra gli uomini.

    Le sue doti di cristiano esem-plare e giurista competente, equilibrato e leale sono sta-te ricordate anche dal Presi-dente del Tribunale di Foggia, dott. Francesco Infantini, il qua-le commosso ed emozionato ha

    confessato di ispirarsi all’amico e collega “Ciccio” nel quotidia-no esercizio delle sue delicate funzioni.

    Ma il ricordo più forte è sta-to quello della famiglia Monta-nino che dalla voce di una del-le figlie, flebile e quasi treman-te, per una genetica riservatez-za e discrezione nel manifestar-si in pubblico, ha recitato que-sta preghiera:“Signore Dio, ad un anno di distanza dalla morte di papà, nonostante il dolore per il di-stacco fisico sia ancora forte-mente vivo in noi, nel ricor-darlo in questa celebrazione, non possiamo far altro che fis-sare gli occhi su di te, unico vero Dio che sei sempre stato per lui al primo posto, al di so-pra di tutti e di tutto.Ogni sua parola e ogni suo ge-sto sono sempre scaturiti dalla profonda fede in Te e nella Tua Mamma, la Vergine Maria, il cui nome per volontà sua noi figli portiamo.Lo ricordiamo in chiesa, ingi-nocchiato tra i banchi, le mani giunte, in silenziosa Tua ado-razione con la coroncina del Santo Rosario sempre con sé.Lo ricordiamo generoso, di-sponibile, disinteressato, schi-vo, deciso sempre a compor-tarsi, come soleva dire lui, “se-condo coscienza”, una coscien-za fondata sulla Tua Parola e i Tuoi insegnamenti.Ti benediciamo e Ti glorifi-chiamo, Signore, per l’amore immenso che hai elargito a lui e che lui ha trasmesso a noi.Ti ringraziamo per l’esempio che ha dato nel corso della sua vita che ci fa alzare lo sguardo

    per contemplare la Tua infini-ta grandezza.Ti preghiamo di aiutarci tutti a mettere in pratica i suoi in-segnamenti nella speranza di poterlo riabbracciare un gior-no nella Tua gloria.Grazie Signore!”

    Il dott. Montanino sarà anche ricordato il prossimo 21 aprile nel corso di un convegno dal ti-tolo “La laicità e le laicità” che si svolgerà alle ore 16,00 presso l’Aula Magna del Liceo Classico V. Lanza di Foggia.

    Raffaella Della Vista Consigliere U.G.C.I.

    Sez. di Foggia

    Va t i c a n o

    Voce di Popolo

    Settimanale di informazione, attualità e cultura dell’Arcidiocesi di Foggia-Bovino

    anno XIV n. 13 del 5 aprile 2007

    Direttore responsabileAntonio Menichella

    Hanno collaborato

    Antonella Caggese, Damiano Bordasco, Stefano Caprio, Donato Coco,Antonio Daniele, Enzo D’Errico, Francesca Di Gioia, Francesco Galiano, Letizia Lorusso, Giovanni Monaco, Vito Procaccini, Valerio Quirino, Giustina Ruggiero, Lucio Salvatore,Francesco Sansone, Ricciotti Saurino, Emilia Tegon.

    Editore: NED S.r.LDirezione, redazione e amministrazionevia Oberdan, 13 - 71100 - FoggiaTel./Fax 0881.72.31.25e-mail: [email protected]

    Progettazione grafica e Stampa:Grafiche Grilli srl

    La collaborazione è volontaria e gratuita. Articoli e foto, anche se non pubblicati, non si restituiscono.

    Chiuso in redazione il 4.04.2007

    In ricordo di don Ciccio

    L’UNIONE GIURISTI CATTOLICI HA RICORDATO IL GIUDICE MONTANINO E HA CELEBRATO LA PASQUA DEL GIURISTA

    E voi chi dite che io sia?

    “ Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio Vivente”.Così rispose Pietro.Ed io cosa dico?Tu sei l’Amore che crea.Tu sei il Verbo, la Parola che illumina.Tu sei la Misericordia che perdona.Tu sei il Medico che guarisce.Se vuoi, puoi guarirmi.Tu sei la Via che porta al Cielo.Tu sei la Verità che ci fa liberi.Tu sei la Vita che vince la morte.Tu sei il grande profetaChe sei venuto a dare la rispostaAlla domanda più profonda del nostro essere.Tu sei la vittima innocente dei nostri peccati.Tu sei il Maestro che ci insegna la via del Cielo.Tu sei la resurrezione e la vitaE risusciti Lazzaro morto da quattro giorni.Tu asciughi le lacrime di chi soffre e piange.Tu ti trasfiguri sul TaborPer dire agli Apostoli:“Non scandalizzatevi della croce”.Tu sei l’agnello immolatoPer redimere l’uomo dal peccato.Tu, trafitto dai chiodi e dalla lancia,apri con le tue ferite la porta del Cielo.Tu, vincendo la morte, risorgi per dire:“Io sono il Signore Dio dell’Universo”.Tu sei il vittorioso che dice al mondo:“Non c’è speranza in nessun altro se non in me”.E allora in coro esultiamo e con entusiasmo gridiamoCon Maria Maddalena:“Rabbuni! Maestro mio! Tu sei il Dio immortale che vince la morte !E Gesù dice:“Non c’è salvezza se non in me. Ed ora, vàe annunzia ai fratelli che sono risorto”.Ecco la nostra vocazione, ecco il nostro dovere:annunziare al mondo che Cristo, speranza nostra,è risorto.

    Don Carlo Franco

    Trittico pasqualeI

    La pietra del sepolcro è rotolata.Le donne accerta l’angelo che è vivoIl Crocifisso. Alla morte per sempreogni potere morendo ha sottratto.

    Il lieto annuncio il desiderio ha accesoardente di incontrarlo: la sua assenza affama di visione. Ogni paroladi lui risuona inedita nel cuore.

    Colui che viene il nostro tempo assume.È gravida l’attesa di presenzaNella memoria i giorni si fan brevi,dischiusi sono al suo ritorno certo.

    IIVuoto è il sepolcro. Qui la storia ha il nuovocominciamento. È sorto il giorno ottavo.Inaugura la grazia l’eccedenzaDell’inimmaginabile salvezza.

    La dignità perduta nell’assenso all’allettante mortifero inganno qui ridonata. E ciò che fu all’inizio oggi è l’immeritata figliolanza.

    Agl’invitati al convito pasquale offre il Risorto il pane sostanzialeche nutre e accresce il bisogno di vitadi comunione con Dio e con tutti.

    IIIInviate son le donne dal Risortoai testimoni per l’annuncio scelti.L’appuntamento è dato in Galilea.Non è la tomba il luogo dell’incontro.

    Gli unguenti ed i profumi qui lasciatiattestano l’urgenza di riempireil mondo dell’inedita notizia.La sfida inerme accogli delle donne.

    La fede non necessita di nuoveapparizioni. Il dubbio si zittiscecon l’adesione all’Evento narratoda testimoni colti di sorpresa.

    Don Donato Coco

    Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

    e alla Federazione Italiana Settimanali Cattolici

  • 3N. 13 del 5 aprile 2007

    Il processo di beatificazione di Gio-vanni Paolo II ha superato lunedì 2 aprile una meta decisiva, concludendo la fase diocesana prima di passare a es-sere istruito dalla Santa Sede. La chiusu-ra solenne ha avuto luogo a mezzogior-no nella Basilica di San Giovanni in La-terano, la cattedrale del Vescovo di Ro-ma, alla presenza del Cardinale Ca-millo Ruini, Vescovo vicario del Papa per questa diocesi.

    Nel suo discorso, pronunciato nel se-condo anniversario della morte di Ka-rol Wojtyla, il porporato ha presentato il rapporto con Dio nella preghieracome il segreto della sua vita. “In real-tà, dietro il vigore inesausto della sua te-stimonianza alla verità di Cristo stava la saldezza rocciosa della sua fede”, ha constatato. Era la fede “di un uomo che in certo senso ha già visto il Signore, ha avuto esperienza diretta della presenza misteriosa e salvifica di Dio nel proprio spirito e nella propria vita, e perciò, alla fine, non può essere scosso o reso incer-to dal dubbio, ma sente prepotente den-tro di sé il bisogno e il dovere di offrire e di trasmettere a tutti la verità che sal-va”. “Con questo atteggiamento Giovan-ni Paolo II ha potuto, in anni non facili,

    confermare la Chiesa intera nella fede”, ha spiegato il porporato. Poi, di fron-te all’emozione dei presenti, il Cardinal Ruini ha ricordato gli ultimi momentidella vita terrena di Karol Wojtyla. Con l’aiuto dei presenti nella sua stanza, ha ricordato, recitò “tutte le preghiere quo-tidiane: fece l’adorazione, la meditazio-ne e anticipò perfino l’Ufficio delle let-ture della domenica”. “A un certo pun-to disse con voce debolissima a Suor To-biana Sobotka, suo vero angelo custo-de, ‘Lasciatemi andare dal Signore’. Poi entrò in coma e nella sua stanza fu ce-lebrata la Messa prefestiva della dome-nica della Divina Misericordia”. “Monsi-gnor Stanislao riuscì ancora a dargli, co-me Viatico, alcune gocce del Sangue di Cristo”. “La Divina Misericordia è sta-ta al centro della sua spiritualità e del-la sua vita: da Lei ha imparato a vincere il male con il bene”, ha concluso Ruini. Tra i pellegrini c’erano numerosi polac-chi, accompagnati dal Cardinale Sta-nislaw Dziwisz, attuale Arcivescovo di Cracovia, che lunedì sera ha presieduto una veglia di preghiera nelle grotte va-ticane. I giornalisti hanno potuto distin-guere nella Basilica la religiosa francese, suor Marie Simon Pierre, della Con-gregazione delle Piccole Suore delle ma-ternità cattoliche, che il 2 giugno 2005, vicino a Aix-en-Provence, è guarita im-provvisamente dal morbo di Parkinson. La guarigione della suora, oggi quaran-taseienne, viene attribuita dal postula-tore della causa, monsignor Slawomir Oder, all’intercessione di Giovanni Pao-lo II. Il processo di beatificazione passa ora alla Congregazione vaticana per le Cause dei Santi, il cui Prefetto è il Car-dinale portoghese José Saraiva Mar-tins. Parlando questo lunedì ai micro-foni della “Radio Vaticana” il Cardinale Saraiva Martins ha detto “che Giovan-ni Paolo II è stato dispensato dai 5 anni dopo la morte, prescritti dal Diritto ca-nonico per iniziare la causa di beatifica-zione, ma non è dispensato dal proces-so stesso”.

    C h i e s a U n i v e r s a l e e I t a l i a n a

    [ don Stefano Caprio ]

    Chiesa UniversaleIl Papa beato subito

    Giovani, confessatevi spesso, così avrete una rinnovata capacità di ama-re che vi aiuterà nell’impresa di cam-biare il mondo, portandovi la civiltà dell’amore.

    È il messaggio che Benedetto XVI ha rivolto ad alcune migliaia di gio-vani che hanno riempito mercoledì 28 marzo la basilica di San Pietro. Tanti che non sono neppure riusciti ad entra-re tutti, ma sono stati salutati dal Pa-pa. E per la prima volta nel suo pon-tificato, Benedetto XVI ha confes-sato alcune persone – giovani - rin-novando così una tradizione che era stata instaurata da Giovanni Paolo II. Ma, a differenza di quanto faceva papa Wojtyla, che scendeva nella Basilica di San Pietro il Venerdì santo e ammini-strava il sacramento come un qualun-que confessore, Benedetto XVI l’ha fat-to nell’ambito di una celebrazione pe-nitenziale in vista della Giornata della gioventù.

    Il Papa, in qualche modo, ha anche evidenziato la corretta celebrazione di tale rito, con la parte comunitaria e la confessione individuale. È stata una lunga liturgia, dedicata alla “speri-mentazione della misericordia di Dio”, secondo la definizione che Benedetto XVI ha dato della confessione, al qua-le da Erbil si sono uniti, nella preghie-ra, alcuni giovani iracheni. Ai giova-ni, il Papa ha proposto una riflessio-ne sul tema della Giornata: “Come io vi ho amato così amatevi anche voi gli uni gli altri”. “Quello odierno – ha detto – è un appuntamento che assume un profondo ed alto significato: è infat-ti un incontro intorno alla croce, una celebrazione della misericordia di Dio che nel sacramento della confessione ognuno di voi potrà sperimentare per-sonalmente”. Benedetto XVI ha prose-guito affermando che nel cuore di ogni uomo “mendicante di amore, c’e sete di amore” ed ha ricordato che già Giovan-ni Paolo II nella sua prima enciclica, la Redemptor Hominis scriveva che

    “l’uomo non può vivere senza amo-re. La sua vita è priva di senso se non gli viene rivelato l’amore, se non lo spe-rimenta, lo incontra e lo fa proprio, non vi partecipa”. “Tanto più ciò vale per il cristiano, anzi, se non incontra l’amo-re vero non può dirsi nemmeno cristia-no”. Nella “Deus Caritas est”, poi, lo stesso Benedetto XVI ha ricordato di aver scritto che il cristianesimo all’ini-zio è “un incontro con una persona che dà la vita” è l’incontro con l’amo-re di Dio per noi, che “iniziato con la creazione, s’è fatto visibile nel mistero della croce”, che “rivela la pienezza del-l’amore di Dio per noi”. Ma “questa sera accostandovi al sacramento della con-fessione – ha detto il Papa ai giovani - potrete fare l’esperienza del dono gra-tuito che Dio ci fa della sua vita”, affin-ché “diveniamo creature nuove”. E do-po “siate preparati ad usare l’amore con le vostre famiglie, i vostri amici ed anche con chi vi ha offeso”; “siate pre-parati ad offrire testimonianza di au-tentico amore cristiano negli ambienti di studio, di lavoro, nelle comunità par-rocchiali, gruppi, movimenti, associa-zioni, in ogni ambito della società”.

    VaticanoL’importanza della confessione

    “La Delegazione della Santa Sede os-serva con preoccupazione l’emergere di un apparente dilemma fra il rispetto do-vuto alle religioni ed il diritto alla libertà religiosa, come fossero aspetti incompati-bili che si escludono a vicenda. Al contra-rio, sono valori complementari che non possono sussistere l’uno senza l’altro”. Lo ha affermato l’Arcivescovo Silvano M. Tomasi, Nunzio Apostolico ed Osserva-tore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzio-ni Specializzate a Ginevra, nel suo inter-

    vento alla IV Sessione ordinaria del Con-siglio dei Diritti dell’Uomo, sul tema del-la libertà religiosa. Nel corso della storia - ha detto Mons. Tomasi - si sono verifica-ti deplorevoli episodi di fanatismo religio-so con tragici risultati sociali. Tuttavia le religioni sono tra quei fattori sociali che, insieme alla scienza, hanno maggiormen-te contribuito al progresso dell’umani-tà attraverso la promozione dei valori cul-turali, artistici, sociali ed umanitari. Quin-di ogni religione che predica o tollera la violenza, l’intolleranza e l’odio si rende in-

    Chiesa Universale La libertà religiosa

    degna di questo nome.” L’Arcivescovo ha poi sottolineato che “il rispetto per la per-sona umana e la sua dignità, implica il ri-spetto della sua libertà in materia religio-sa di professare, praticare e manifestare pubblicamente la propria religione, senza essere ridicolizzato, insultato, discrimina-to. Rispettare la religione significa rispet-tare coloro che hanno scelto di seguirla e praticarla liberamente e pacificamente, in privato e in pubblico, individualmente e collettivamente”. L’Osservatore Perma-nente della Santa Sede ha proseguito: “Il soggetto della religione ed il soggetto del-la libertà è sempre la persona umana,la cui dignità è all’origine dei diritti fon-damentali. Il rispetto per ogni religione è basato alla fine sul rispetto che è dovuto a tutti quelli che, nell’esercizio della loro libertà, la seguono e la praticano.”

  • Parola, in cui viene letta la Pas-sione di Cristo secondo l’evan-gelista Giovanni. In questa ce-lebrazione, la Preghiera Uni-versale o Preghiera dei fedeli viene proclamata in modo più solenne: le dieci intenzioni di preghiera per le necessità del mondo, introdotte da un dia-cono o da un sacerdote, ven-gono concluse ciascuna con l’orazione del celebrante. Quin-di comincia l’Adorazione della Santa Croce; un diacono o un sacerdote accompagnano pro-cessionalmente al presbiterio una croce intonando o recitan-do per tre volte l’”Ecce lignum crucis”, a cui il popolo rispon-de “Venite adoremus”. Succes-sivamente, la croce viene espo-sta per l’adorazione dei fede-li. Seguono i riti di comunione e dal luogo della reposizione, vengono portate le ostie con-sacrate la sera prima che ven-gono distribuite al popolo. Al termine dell’Orazione sul po-polo, senza alcuna benedizio-ne e senza segno di croce, i ce-lebranti fanno ritorno in sacre-stia in silenzio.

    Sabato SantoNella liturgia della Chiesa

    cattolica, la Veglia pasquale è la solenne celebrazione del-la Risurrezione del Signore e costituisce la celebrazione più importante dell’anno liturgicoperché in essa viene celebrata la vittoria sul peccato e sulla morte di Cristo. La Veglia Pa-squale si articola in quattro parti: a) Liturgia del Fuo-co: il popolo dei fedeli si radu-na fuori dalla chiesa, che vie-ne lasciata completamente al buio, senza luci né candele ac-cese. Dopo un breve saluto ini-ziale, il celebrante benedice il fuoco contenuto in un bracie-re e dal fuoco nuovo viene ac-ceso il Cero pasquale, simbolo

    della Luce di Cristo che vince le tenebre della morte. Quin-di il diacono, portando il cero pasquale, guida la processione che entrerà in chiesa, intonan-do per tre volte “Lumen Chri-sti” a cui il popolo risponde dicendo “Deo Gratias”. Giun-ta la processione al presbite-rio, viene riposto e incensato il Cero pasquale e il libro, dal quale un diacono o un canto-re, intona l’inno dell’Exultet,in cui viene proclamato l’an-nuncio pasquale; b)Liturgia della Parola: essa consta di sette letture tratte dall’Anti-co Testamento, di un’episto-la e del Vangelo, allo scopo di ripercorrere la storia della re-denzione attraverso le pagine bibliche che narrano l’origi-ne della vita in Dio, del patto con Abramo, della liberazione dalla schiavitù in Egitto e del-le tante opere prodigiose com-piute da Dio nei secoli. Al ter-mine delle letture dell’Antico Testamento, il celebrante into-na il Gloria a cui segue il suo-no delle campane e l’accensio-ne delle candelesull’altare; c) Liturgia Battesimale: soli-tamente nella notte di Pasqua si celebra il Battesimo; dopo le Litanie dei Santi, si benedi-ce l’acqua, in cui i battezzan-di riceveranno il Sacramen-to, immergendo in essa il Ce-ro Pasquale. Dopo la rinnova-zione delle promesse battesi-mali. Poi il celebrante asperge tutto il popolo, affinchè tutta l’umanità possa rinascere con Cristo a nuova vita. d) Segue la Liturgia Eucaristica, ar-ticolata come in tutte le cele-brazioni. Al termine della Mes-sa di Resurrezione, il celebran-te dà la solenne benedizione, concludendo così una grande celebrazione che era comin-ciata il Giovedì santo con la Messa in Coena Domini.

    4 Voce di PopoloFocus

    Il Triduo Pasquale, nucleo centrale di tutta la celebrazio-ne liturgica della Chiesa, è la contemplazione della Passio-ne, della Morte e della Risur-rezione del Signore. Esso, se-condo il Rito Romano, ha inizio con i Vespri del Giovedì Santo e si conclude con i Vespri del giorno di Pasqua. Le celebra-zioni liturgiche del Triduo Pa-squale sono tre: la Messa ve-spertina in Coena Domini del Giovedì Santo, l’Azione litur-gica del Venerdì Santo e la Ve-glia Pasquale che fa da prelu-dio alla Risurrezione di Gesù. Caratteristica delle celebrazio-ni citate è che esse sono orga-nizzate come un’unica liturgia;infatti la Messa in Coena Domi-ni non termina con il tradizio-nale ite missa est, bensì in si-lenzio; l’azione liturgica del ve-nerdì non comincia con l’usua-le saluto e con il Segno della Croce, e termina nel silenzio; inoltre, anche la solenne Veglia

    Pasquale comincia senza il sa-luto presidenziale: il Triduo Pasquale costituisce pertan-to un’unica solennità, la più im-portante di tutto l’anno liturgi-co cattolico.

    Giovedì SantoLa Messa in Coena Domini,

    celebrata nella serata del Gio-vedì Santo, è la prima celebra-zione liturgica del Triduo Pa-squale; in essa si fa memoria dell’Ultima Cena del Signore,nella quale Gesù istituì i Sacra-menti dell’Eucarestia e del Sa-cerdozio, e consegnò ai disce-poli il comandamento dell’amo-re “Amatevi gli uni gli altri co-me io ho amato voi”. Due sono i gesti che caratterizzano i riti di introduzione di questa litur-gia: all’ingresso il celebrante può incensare gli oli benedet-ti dal Vescovo nella Messa Cri-smale del mattino, ed alla pro-clamazione dell’inno del Gloriavengono fatte suonare le cam-

    pane che, da questo momento e fino alla notte di Pasqua ta-ceranno. Dopo la Liturgia del-la Parola si compie il rito della lavanda dei piedi che richia-ma l’umile gesto di Gesù che la-vò i piedi dei suoi discepoli per mostrare loro il suo compito di ‘servitore dell’umanità’. Dopo la distribuzione della Comu-nione, la pisside contenente le ostie consacrate rimane espo-sta sull’altare per una breve adorazione; quindi, accompa-gnata dall’inno Pange linguao da un altro canto, comincia una processione fino all’alta-re di reposizione del Santis-simo Sacramento, al luogo in cui viene custodito il Pane Eu-caristico per tutta la notte e fi-no al giorno seguente per l’ado-razione e la preghiera. Quindi l’assemblea si scioglie in silen-zio, senza benedizione o segno di croce.

    Venerdì SantoDalla Messa vespertina del

    Giovedì Santo fino alla Veglia Pasquale non vi sono più Cele-brazioni Eucaristiche. Nel po-meriggio del Venerdì Santo in-fatti si celebra una semplice Li-turgia in cui viene consumata l’Eucarestia consacrata il gior-no precedente. Essa prende il nome di Azione liturgica del-la Passione del Signore. Tradi-zionalmente tale celebrazione era officiata alle ore 15, ora nel-la quale, secondo i Vangeli, Cri-sto esalò l’ultimo respiro; oggi, secondo necessità, essa viene spostata ad ora più tarda, ma comunque sempre nel pome-riggio. L’altare è interamente spoglio e la celebrazione inizia in rigoroso silenzio: non è pre-vista alcuna antifona introita-le o canto d’ingresso. I conce-lebranti, giunti al presbiterio, si prostrano a terra per qualche secondo mentre tutto il popolo si inginocchia in silenziosa pre-ghiera. Segue la Liturgia della

    La liturgia del Triduo Pasquale

    Agenda dell’Arcivescovo7 - 15 aprile 2007

    07/04 Alle ore 8,30 Ufficio delle Letture e Lodi a S. Domenico. Dal-le ore 10,00 in Curia auguri pasquali dell’Arcivescovo. Alle ore23,00 Veglia Pasquale alla Collegiata – SS. Annunziata in S. Mar-MarMarco in Lamis.

    08/04 Alle ore 11,00 Celebrazione Eucaristica della Risurrezione delSignore a S. Domenico. Alle ore 18,00 S. Messa di Pasqua nellaConcattedrale di Bovino.

    10/04 Alle ore 17,00 presso la Curia Vescovile giuramento del nuovoModeratore Generale della comunità Magnificat Dominum.

    11/04 Incontro con i preti giovani alle ore 19,30 presso la parrocchiaB.M.V. Madre della Chiesa.

    13/04 Ore 10,00 Consiglio Episcopale presso la Curia. Alle ore 17,00partecipa alla chiusura del programma di un giovane della co-munità “Salute, cultura e società”.

    14/04 Ore 9,30 convegno di Studi sulla sordità presso l’aula magna diEncomia (Via Caggese).

    15/04 Ore 17,30 Santa Messa presso la palestra “Taralli” per l’Associa-l’Associal’Associazione Azzurri d’Italia.

    A cura della segreteria del vescovo tel. 0881.72.33.81

    [ Francesco Sansone ]

  • 5N. 13 del 5 aprile 2007 focus

    La Confraternita di Maria Ss. dei Sette Dolori e Terz’ordine dei Servi di MariaLa chiesa dell’Addolorata ri-

    sale al 1741, fu voluta dal ve-scovo Mons. Emilio Cavalie-ri, zio di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, e costruita con il con-tributo dello stesso, della Con-grega e di privati. Ha la faccia-ta in stile barocco ottocentesco con l’interno a forma ellissoida-le. La confraternita omonima fu fondata ed eretta nel 1711 nel-la Chiesa di Santa Maria di Lo-reto (oggi S. Eligio) dal predet-to Vescovo di Troia, poi traslo-cata nel 1715 nella Chiesa del Soccorso e nel 1741 trasferitasi nell’attuale Chiesa in piazza Ad-dolorata (ex largo Sassi).

    Nella Chiesa vi sono tre al-tari in marmo; quello centrale consacrato alla Vergine Addo-lorata si trovava nella Chiesa di San Bernardino dei Frati Mino-ri Osservanti di Troia e fu acqui-stato dalla Congrega il 13 feb-braio 1815. Prima dell’approva-zione della Regola l’elezione de-gli amministratori del Sodalizio avveniva nel Venerdì di passio-ne, con cartellone di invito ot-to giorni prima. La regola fu ap-provata da Ferdinando IV il 31 gennaio1767 e ottenne il decre-to di sanatoria sulla fondazione il 26 agosto 1857.

    Secondo la Regola la Congre-ga è tenuta a fare tre processio-ni: nel venerdì di Passione (ri-masto invariato - a Foggia as-sume l’aspetto di una vera rap-presentazione altamente sugge-stiva al momento dell’incontro tra i simulacri di Maria SS. ve-stita a lutto e Gesù in piazza XX Settembre); nella terza dome-nica di settembre in onore dei trionfi della Vergine Addolora-ta (successivamente modificata per l’istituzione della festività in onore della Beata Vergine Ad-dolorata il 15 settembre); l’al-tra il 23 agosto in onore di San Filippo Benizi (anche questa ri-masta invariata).

    L’insegna della Confraternita è un sacco con cappuccio di la-na blu, una croce di lana bianca sul petto e i lembi stretti con un legaccio di seta dello stesso co-lore. Nelle processioni occupa il primo posto tra le Congreghe.

    Il 3 aprile 1765 la Congre-ga deliberò di ammettere nella Confraternita le donne, dando loro il nome di Consorelle. Il 29 marzo 1950 con retroscritto del Generale dell’Ordine dei Ser-vi di Maria in Roma M. Gargia-ni, Vicario Generale, e succes-siva approvazione del 1° aprile 1950 di S. E. Monsignor Fortu-

    nato Maria Farina venne eretto in seno alla Congrega il Terz’Or-dine dei Servi di Maria.

    Fu approvato che i Terziari avrebbero continuato a porta-re l’abito blu, la cintura e la co-rona dell’Addolorata. Nell’art. 2 della Regola è scritto che l’abito completo si compone di una tu-nica di lana nera, stretta ai fian-chi da una cintura di cuoio e con la Corona dell’Addolorata pendente dal lato destro, di uno scapolare pure di lana nera, lun-go quanto la tonaca. Per le don-ne il velo nero e uno scapolare consistente in un nastro di co-lore blu con due abitini, l’uno con l’immagine dell’Addolora-ta e l’altro di San Filippo Beni-zi. Perché i sette giovani nobili fiorentini, fondatori dell’Ordine dei Servi di Maria, uscendo un giorno dell’anno 1223, per rac-cattare in città il puro necessa-rio a sostentare la loro vita gra-ma e penitente, furono prota-gonisti di un fatto straordina-rio: molti neonati (tra i quali S. Filippo Benizi di appena cin-que mesi, entrato tra i Servi nel 1254, fu ordinato sacerdote nel 1259 e nove anni più tardi Prio-re Generale dell’Ordine, fino al-la morte avvenuta nel 1285) si agitarono festivi tra le braccia materne e con inarticolate vo-ci li acclamarono i Servi di Ma-ria, esortando le madri a far lo-ro l’elemosina. Dunque furono nominati sette confratelli per ri-farsi alla tradizione storica della nascita dei Servi di Maria.

    La devozione all’AddolorataLa devozione alla Madonna

    Addolorata trae origine dai pas-si del Vangelo, dove si parla del-la presenza di Maria Vergine sul Calvario, prese particolare con-sistenza a partire dalla fine del-l’XI secolo e fu anticipatrice delle celebrazioni liturgiche, che saranno successivamente istituite. Ricordiamo il “Liber de passione Christi et dolore et planctu Matris eius” di igno-to (erroneamente attribuito a s. Bernardo), che costituisce l’ini-zio di una documentazione let-teraria e porta alla composizio-ne in varie lingue del “Pianto della Vergine”.

    Testimonianza di questa de-vozione è il popolarissimo ‘Sta-bat Mater’ in latino, attribuito a Jacopone da Todi, il quale com-pose in lingua volgare anche le famose ‘Laudi’; da questa devo-zione ebbe origine la festa dei “Sette Dolori di Maria SS.” Nel secolo XV si ebbero le prime ce-lebrazioni liturgiche sulla “com-passione di Maria” ai piedi del-

    la Croce, collocate nel tempo di Passione.

    A metà del secolo XIII, co-me già detto nel 1233, sorse a Firenze l’Ordine dei frati “Servi di Maria”, fondato dai SS. Sette Fondatori e ispirato dalla Vergi-ne. L’Ordine che già nel nome si qualificava per la devozione al-la Madre di Dio, si distinse nei secoli per l’intensa venerazione e la diffusione del culto dell’Ad-dolorata; il 9 giugno del 1668, la S. Congregazione dei Riti per-metteva all’Ordine di celebrare la Messa votiva dei sette Dolo-ri della Beata Vergine, facendo menzione nel decreto che i Fra-ti, portavano l’abito nero in me-moria della vedovanza di Maria e dei dolori che essa sostenne nella passione del Figlio.

    Successivamente, papa Inno-cenzo XII, il 9 agosto 1692 auto-rizzò la celebrazione dei Sette Dolori della Beata Vergine nel-la terza domenica di settembre, ma la celebrazione ebbe anco-ra delle tappe, mentre il culto si diffondeva. Il 18 agosto 1714 la Sacra Congregazione appro-vò una celebrazione dei Sette Dolori di Maria, il venerdì pre-cedente la Domenica delle Pal-me e papa Pio VII, il 18 settem-bre 1814 estese la festa liturgica della terza domenica di settem-bre a tutta la Chiesa, con inseri-mento nel calendario romano.

    Infine, papa Pio X (1904-1914) fissò la data definitiva del 15 settembre, subito dopo la celebrazione dell’Esaltazio-ne della Croce (14 settembre), con memoria non più dei “Set-te Dolori”, ma più opportuna-mente come “Beata Vergine Maria Addolorata”. Quindi, la storia della devozione alla Ma-ter Dolorosa nei secoli si è ma-nifestata attraverso riti diversi: la via Matris, la Corona, la De-solata. Nella via Matris Doloro-sae si contemplano i sette acer-bissimi dolori di Maria Vergine (erano cinque, estesi poi al nu-mero sacro di sette, cioè le set-te spade che trafiggono la Vergi-ne): Profezia di Simeone, Fuga in Egitto, Smarrimento di Ge-sù nel tempio, Incontro di Ge-sù con la Croce, Crocifissione di Gesù, Deposizione dalla Cro-ce o Compianto o Pietà, Sepol-tura di Gesù.

    La Via Matris ebbe la mas-sima diffusione nel XIX seco-lo, grazie ai seguaci dei Servi di Maria; in particolare del Beato Giuseppe Frassinetti (Fondato-re dei Figli di S. Maria Immaco-lata 1804-1868 e Priore a San-ta Sabina in Genova), che nel 1859 stampò un libretto intito-lato “La Via Matris”. Dalle rifles-

    Chiesa e culto dell’Addolorata

    sioni di Sant’Alfonso Maria dei Liguori “Sopra ciascuno dei Set-te Dolori di Maria SS.”, medita-ti in forma della Via Crucis. Il successivo libretto, oggi in uso, porta la data del 1911. Egli fu seguace di Sant’Alfonso (auto-re della Theologia moralis defi-nito da lui stesso il “napoletano meraviglioso”). L’innamoramen-to per Sant’Alfonso fu un dono che gli fece lo studioso Giannelli (docente di Teologia a Genova). Per sua fortuna il Frassinetti si era incontrato con il Giannelli e fu così che si formò alla scuola del Liguori invece che a quella di Giansenio, difatti Sant’Alfon-so fu per il giovane chierico il fa-ro che lo salvò dallo smarrirsi. Il Reverendo Manfredo Paolo Fa-lasca (autore della vita del Bea-to Frassinetti) vive attualmente presso il Convento dei Figli di S. Maria Immacolata in Roma.

    La prima edizione della Via Matris, ricavata dalla riflessio-ne sopra ciascuna dei Sette Do-lori di Maria SS. contenute nel-l’opera di Sant’Alfonso dei Li-guori “Le Glorie di Maria” fu pubblicata nel 1859. Nella pub-blicazione del 1911 sono ripor-tate queste parole del Frassi-netti: «Affinché non vi manchi quell’ammirabile divota sempli-cità che contraddistingue tut-te le opere ascetiche del Santo, per quanto è possibile si conser-vano le sue parole medesime” e “avendo l’esperienza dimostra-to che la divota pratica della Via Crucis è modo di meditare la Passione di Nostro Signore Gesù Cristo molto vantaggioso e gradito al popolo cristiano al-la previsione, si argomentò che

    sarebbe stata ugualmente cosa utile e gradita ai fedeli se loro si proponessero a meditare i dolo-ri di Maria SS. sulla stessa nor-ma, appellandola Via Matris. Al-la previsione corrisponde l’ef-fetto, ed estesa a più luoghi que-sta devozione venne arricchita dal Santo Padre Gregorio XVI delle indulgenze che si riporta-no in fine».

    La pratica del Settenario cor-risponde a due periodi dell’an-no ben definiti: la settimana precedente la Santa Pasqua ed in settembre la settimana pre-cedente la ricorrenza della festa della Vergine Maria Addolorata (15 Settembre). Presso la Chie-sa dell’Addolorata alle ore 18,30 si riuniscono confratelli e con-sorelle. I primi con l’abito nero, come già descritto, e le seconde con lo scapolare ed il velo ne-ro per la recita del Santo Rosa-rio. Alle ore 19, 00 assistono al-la celebrazione della Santa Mes-sa (al momento della comunio-ne solo i confratelli si portano ai piedi dell’Altare l’uno accan-to all’altro). Dopo la Santa Mes-sa, il Rettore, in forma solenne, espone il Santissimo Sacramen-to e, affiancato da alcuni con-fratelli di fronte alla statua del-la Vergine, legge la Corona dei sette Dolori con meditazione e recitazione di un Pater e set-te Ave Maria intercalati da can-ti e suppliche. Alla fine, c’è l’ele-vazione dell’ostia e la preghiera conclusiva con le litanie.

    Prof.ssa Rina Di Giorgio Cavaliere Centro di Ricerche di Storia

    Religiosa in Puglia

  • 6 Voce di Popolo

    Tre incontri in Italia, organiz-zati da Unicef Italia e Caritas Italiana, per analizzare la condi-zione dei minori di origine stra-niera nel nostro Paese. Il ter-zo e ultimo si è tenuto lo scor-so 30 marzo a Foggia, presso la Biblioteca Provinciale e ha vi-sto una buona partecipazione di operatori e addetti ai lavori che hanno con forza manifesta-to l’urgenza e la volontà di ap-portare modifiche ad uno stato di fatto che non sembra essere sufficientemente tenuto in con-siderazione dalle forze politiche e sociali.

    Il rapporto Caritas Unicef sul-la condizione dei minori stra-nieri in Italia dice che bambini e adolescenti di origine stranie-ra sono più di 600.000, 7.500 dei quali non sono accompagnati, quindi sono nella condizione di minori abbandonati e provengo-no da circa 150 Paesi diversi. In Puglia, ce ne sono circa 60.000, il 19% sul totale dei minori stra-nieri presenti in Italia; quelli in-seriti nelle scuole dell’obbligo sono 8.673, un dato non così al-to se si pensa che nella sola Mi-lano ce ne sono quasi il doppio. Il fenomeno, però, in controten-denza con l’andamento nazio-nale, negli ultimi anni tende a salire. Questo indica che la real-tà migratoria in Puglia, da sem-pre considerata e vissuta come terra di passaggio, sta cambian-do connotati: la regione, infat-ti, sta divenendo un luogo dove gli stranieri decidono di fermar-si e di far crescere i propri figli, anche se Foggia, in questo qua-dro, fa differenza e rimane an-cora legata ai lavori stagionali

    che impegnano per qualche me-se all’anno i lavoratori stranieri che, finito l’impegno di lavoro, si trasferiscono nel Nord Italia.

    Ad aprire il convegno è stata Maria Tricarico, direttrice del-la Caritas Diocesana di Foggia che ha subito focalizzato la con-dizione di minori e adolescenti stranieri nel contesto locale, il-lustrando un quadro abbastan-za buono: “Il grande problema per gli stranieri in generale qui a Foggia – ha dichiarato la di-rettrice – è ancora la presenza di pregiudizi, di paure legate al diverso, di luoghi comuni che fanno sì che per uno straniero sia molto difficile prendere in affitto una casa. Ma, è proprio dai più piccoli che si può par-tire per superare questo limi-te. Fortunatamente i minori, in-seriti in contesti scolastici, non sono destinatari di pregiudizi, ma vengono accettati in manie-ra naturale e spontanea portan-do poi questa conoscenza nelle loro famiglie, al di là del colore della pelle e del paese di nasci-ta”. Alle parole della Tricarico, hanno fatto eco quelle di Anto-nio Sclavi, Presidente di Uni-cef Italia: “Il problema maggio-re è legato alle aree metropoli-tane – ha affermato Sclavi – è lì che bisogna intervenire subito. E gli scambi di buone prassi che portano a conclusioni operative e condivise non può che andare in questa direzione”.

    Il convegno ha analizzato la condizione dei minori stranieri in Italia attraverso quattro cana-li tematici affidati a relatrici di grande esperienza nei vari set-tori, accoglienza, scuola, salu-

    te e devianza. Una panoramica su come i minori stranieri ven-gono accolti nel nostro paese e nelle nostre strutture sociali è stata illustrata da Angela Mon-gelli, sociologa dell’Universi-tà di Bari. “Il problema dell’ac-coglienza è ancora forte in Pu-glia – ha affermato la dottores-sa –. L’indice di integrazione è medio basso e sicuramente mi-nore rispetto ad altre regioni del sud Italia. Nel contesto pu-gliese c’è da fare un distinguo: mentre le zone di Taranto, Bari e Lecce stanno procedendo be-ne, Foggia e Brindisi hanno an-cora molto da lavorare su que-sto aspetto”. E anche nel mer-cato del lavoro queste due ulti-me province hanno un indice di inserimento più basso rispetto alla media regionale e naziona-le. A focalizzare la condizione dei minori stranieri nelle scuole pugliesi è stata Rita Goffredoche opera presso l’Ufficio Sco-lastico regionale che prima di tutto riconosce che la realtà di questi bambini, negli ultimi an-ni è sempre più al centro di in-dagini e analisi, aspetto fonda-mentale per affrontare il feno-meno: “Negli ultimi anni – ha raccontato la Goffredo – sem-pre più stranieri sono presen-ti nelle scuole superiori e, se in un primo momento la loro scel-ta era indirizzata verso gli isti-tuti tecnici e professionali, oggi c’è una buona presenza anche nei licei. I loro rendimenti sco-lastici sono molto buoni e, spes-so, migliori di quelli dei compa-gni di scuola italiani: sono mol-to motivati e più abituati al sa-crificio, con famiglie alle spalle a cui rendere conto”. Pone, poi, l’accento sull’importanza della comunicazione e del ruolo dei mediatori linguistici culturali, figure fondamentali per l’inseri-mento e l’integrazione scolasti-ca degli stranieri e sulla necessi-tà per gli insegnanti di fare pro-grammazione in ottica multicul-turale, tenendo in grande atten-zione la presenza di minori stra-nieri, la loro cultura diversa e la loro provenienza. È questo, se-condo la Goffredo, il salto che la scuola è chiamata a fare.

    Il tema della devianza mino-rile straniera è stato presenta-

    to da Concetta Potito, giudi-ce minorile del Tribunale dei minori di Bari, partendo da due aspetti principali: da una parte la non emergenza del fenomeno in Puglia, dove su circa 250 mi-nori detenuti presso il Fornel-li, 4-5 sono stranieri, tendenza identica a quella delle altre re-gioni meridionali, e d’altra parte la necessità e l’urgenza di dotar-si di un quadro normativo più adeguato alle caratteristiche del fenomeno dei minori abbando-nati: “Quando si parla dei mino-ri stranieri deviati – ha spiegato il giudice – ci si riferisce a mino-ri abbandonati, o perché redu-ci da un affidamento non anda-to a buon fine o perché arriva-ti in Italia senza famiglia e privi di qualsiasi riferimento parenta-le, o perché sono in fuga dal lo-ro Paese, quindi nella condizio-ne di profughi o rifugiati. E’ fa-cile in assenza di punti di riferi-mento essere assoldati da orga-nizzazioni malavitose che si ser-vono dei minori perché a loro è eventualmente imputabile una pena più leggera”. Una figura molto importante dovrebbe es-

    sere quella del tutore, una sorta di “angelo custode” che si pren-de cura del minore, ma che oggi nella pratica non viene ben rea-lizzata. Insomma, c’è molto da fare anche a livello legislativo.

    Infine, Milena Lo Giudice,pediatra palermitana e membro della Commissione ministeriale Salute e Immigrazione, conclu-de il convegno con una relazio-ne tra i minori stranieri e l’aspet-to sanitario: anche qui la funzio-ne della comunicazione viene messa in primo piano: “I medi-ci devono imparare a comuni-care sia con i bambini stranie-ri che con le loro famiglie – ha sottolineato il medico – prima ci deve essere conoscenza del paziente, provenienza e cultu-ra e poi si può pensare di inter-venire con competenza. In fon-do, loro sono e saranno sempre di più il futuro del nostro Paese ed è grazie a loro se l’Italia con-tinuerà ad automantenersi: se non ci fossero loro, con il tasso di natalità del nostro Paese, in-feriore alla media europea, sa-remmo una Nazione destinata all’estinzione”.

    V i t a d i D i o c e s i

    Convegno Unicef Caritas sulla condizione dei minori stranieri in Italia[ Antonella Caggese ]

    IL DOSSIER CARITAS UNICEF METTE IN LUCE UN UNIVERSO ANCORA SCONOSCIUTO: CIRCA 600.000 BAMBINI IN ITALIA DEI QUALI 60.000 IN PUGLIA, CON VOGLIA DI STUDIARE E DI VIVERE IN ITALIA

    Dalla parte dei piccoli stranieri

    Giorno 13 aprile 2007 al-le ore 19,00 presso l’Aula ma-gna dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Giovan-ni Paolo II” di Foggia, sito in Via Oberdan, n. 23, si ter-rà un convegno organizzato dal Gris di Foggia. Tema del-l’incontro sarà Koinonia, Gio-

    vanni Battista Gallinaro, Fra Elia. A relazionare sarà Luigi Corrente.

    Per informazioni ci si può ri-volgere alla sezione del Gris di Foggia mandando una e-mail a: [email protected]

    GrisGruppo Ricerca Informazione

    Socio-Religiosa

  • 7N. 13 del 5 aprile 2007 B r e v i d a l l e P a r r o c c h i e

    “La famiglia al centro dell’amore”

    Si è tenuta nel pomeriggio di lunedì 2 aprile, una suggesti-va Via Crucis organizzata dal-la Scuola per l’Infanzia e Pri-maria “Concettina Figliolia” di Foggia. A precedere la Via Cru-cis dal tema “La famiglia come centro dell’amore”, è stato un lungo momento di formazione umana e spirituale dei genitori che ha portato a riflettere (con incontri a cadenza settimana-le) per tutto il mese di marzo,

    su diverse tematiche cruciali per la crescita dei più piccoli e la loro educazione a livello edu-cativo-scolastico ma anche re-lazionale –familiare. Tanti sono stati i relatori illustri chiama-ti dalle Suore Canossiane a so-stegno di questo progetto for-mativo: Don Vincenzo Filici, don Graziano de Col, don Sil-vano Cassola, la dott.ssa Pru-denza Schirone, Rita Policino e Maria Liliana Ugoletti. Culmine del percorso intrapreso anche il momento vissuto alla luce della Passione di Cristo, simbo-licamente ricordata dalle suo-re proprio nel giorno del II an-niversario della morte di Gio-vanni Paolo II. Sono stati padre Leonardo Marcucci, cappella-no degli Ospedali riuniti di Fog-gia, e don Graziano de Col, ret-tore del Santuario dell’Incoro-nata a guidare la via Crucis che si è snodata attraverso 7 signi-ficative stazioni precedute dal-la riproposizione dell’ingresso

    di Cristo a Gerusalemme con i bambini impegnati in una labo-riosa coreografia con le palme innalzate insegno di gioia e fe-sta per l’arrivo del Redentore. La prima tappa è stata poi al-l’orto del getzemani, la secon-da al pretorio (dove Gesù è sta-to spogliato e coronato di spi-ne), poi la terza con le cadute, la quarta con l’incontro di Gesù con sua madre, la V con Gesù che incontra i cirenei (simbo-licamente rappresentati dai ci-renei di oggi), la sesta con Gesù inchiodato sulla croce, la setti-ma con la morte di Gesù sulla croce e la settima con la sugge-stiva Resurrezione.

    Alla fine del cammino dolo-roso, adulti e bambini hanno ricordato la scomparsa di pa-pa Giovanni Paolo II e, dopo aver assistito alla proiezione di un video con i momenti salienti del Suo Pontificato, alle 21 e 37, ora esatta della sua morte, i più piccoli hanno intonato un can-

    to finale scritto dal maestro An-tonello Tonti dedicato proprio al Santo Padre dal significativo titolo: “Grazie”.

    Tanto l’impegno profuso non solo dalle suore, che hanno pensato e organizzato la sera-ta (scrivendo anche i testi del-la via crucis), ma anche di in-segnati, genitori e persino dei bambini coinvolti in questi me-si in un progetto chiamato “Sul-le tratte di Gesù”, che è sfocia-to in una interessante mostra

    di elaborati grafici tutt’ora vi-sibile nell’atrio dell’Istituto. A rincuorare tutti per l’attenzione all’infanzia e all’istruzione cat-tolica, anche la presenza del-l’Arcivescovo mons. Tambur-rino che ha ricordato ai presen-ti l’attenzione che bisogna ave-re nel tempo pasquale ai conte-nuti e ai momenti che si cele-brano vivendo la Pasqua con lo spirito di una rinascita interio-re: “Una pasqua dentro di noi, per tutti noi”.

    [ Francesca Di Gioia ]

    Si è svolto nella serata di domenica l’atteso appunta-mento organizzato dal Servi-zio diocesano per la pastora-le giovanile in ricordo di Gio-vanni Paolo II. Dopo alcuni in-contri per vicaria e la serata di sabato animata dalle sentinel-le del mattino, è stata la vol-ta dello scenario della faccia-ta “nuova” della Cattedrale a fare da sfondo ad un ricordo gioioso e commosso del “Papa dei giovani” nel secondo anni-versario dalla morte (2 aprile 2005).

    Tanti gli artisti in erba che si sono alternati sul palco dan-do vita ad un recital canoro di tutto rispetto. A presentare la manifestazione una giovane rivelazione della diocesi Fran-cesco Preite. Tanti i ragazzi che hanno seguito la kermes-se musicale affollando, com-

    plice anche la mite serata pri-maverile, fino a tarda ora, il sa-grato della Chiesa Madre. Ad allietare il pubblico anche di-vertenti gag messe in scena da alcuni ragazzi della par-rocchia del “Sacro Cuore” che hanno avuto come liet-mo-tiv la nuova campagna pro-mozionale per la lotteria-tor-mentone dell’oratorio. Ed in-fine, dopo i saluti del respon-sabile del gruppo, don Danie-le d’Ecclesia, anziché andare tutti “a nanna”, il sacerdote ha invitato i tanti giovani presen-ti a trattenersi per trascorrere mezz’ora di sano divertimento a ritmo di musica techno sotto lo sguardo vigile del parroco della Cattedrale don Antonio Sacco, questa volta complice della bagarre notturna.

    Francesca Di Gioia

    Pastorale Giovanile“In ricordo di Giovanni Paolo II”

    L’Associazione Presepisti Dauni “Vito Erriquez”, in col-laborazione con la parrocchia Sant’Anna e con il patrocinio della Provincia di Foggia, ha presentato domenica 1 aprile, una Mostra di Diorama Pasqua-li dal titolo: “La Gioia della Ri-surrezione di Gesù”.

    È così che una vecchia can-tina terrazzana, restaurata dai Frati Cappuccini del Convento di Sant’Anna, sita appena alle spalle della chiesa, diventa un luogo caratteristico all’allesti-mento di una mostra di Diorami Pasquali realizzati da diversi ar-tisti, soci dell’Associazione, che inscenano la Passione di Cristo. L’Associazione Presepisti Dauni è un vero e proprio circolo di ar-tisti, di amici accomunati dal-

    Chiesa di Sant’AnnaMostra di presepi pasquali

    la passione per quest’arte tipica-mente italiana e fortemente senti-ta nel Meridione della nostra pe-nisola”.

    Intervista al presidenteAntonio Di PietroQuando nasce l’Associazio-

    ne Presepisti Dauni “Vito Er-riquez” e quali sono gli obiet-tivi?

    “L’Associazione è nata un anno fa, dall’aggregazione di un grup-po di amici appassionati di pre-sepi. Attualmente siamo 10 soci, per i quali proponiamo per i nuo-vi iscritti dei corsi di presepi, te-nuti nel laboratorio nella nostra sede, appena di fronte la faccia-ta della chiesa di Sant’Anna. Ab-biamo preparato anche una targa con il nostro logo che troverà po-sto di fianco al cancello di entra-ta della sede. Nella mostra di og-gi ci proponiamo di interpretare il percorso della vita di Cristo, in-scenando alcune situazioni della Via Crucis”.

    I Diorami Pasquali sono una novità o si tratta di una antica tradizione?

    “Si tratta di un’antica tradizio-ne nata in Germania, dove veni-vano raffigurati i Fastenkrippe, Diorama Pasquali appunto, una sorta di figurine di carta che rap-presentavano scene della vita di Cristo. L’Associazione ha inteso mostrare, sotto forma di presepi, l’opera di Philipp Schuhmacher (1866-1944), composta da disegni

    su carta che rappresentano sette scene quaresimali con 37 figure: la preghiera di Gesù nell’orto de-gli ulivi, la flagellazione, lo scerno dei soldati, Gesù che percorre la via del Calvario, la Crocifissione, compianto sul Cristo morto, la Ri-surrezione di Gesù. L’opera origi-nale cartacea è attualmente con-servata nel museo di arte etnica del Tirolo austriaco”.

    Siete gli unici in Italia a rea-lizzare “presepi pasquali”?

    “Non siamo noi i precursori, ma ci sono molti altri gruppi in Italia, anche se nel meridione que-sta passione è maggiore”.

    Ci può spiegare la scelte del-l’ubicazione della mostra?

    “Abbiamo scelto tra i locali del-la Parrocchia di Sant’Anna pro-prio la grotta di terrazzani restau-rata dai Frati Cappuccini, i qua-li hanno rifinito un bell’ambienti-no, che anche se piccolo per una mostra, lo abbiamo preferito, in quanto luogo caratteristico del-le tradizioni di Foggia antica, e in questo modo, lo si rende fruibile come bene culturale”.

    Un grande contributo alla ma-nifestazione è stato dato dal socio il maestro presepista Ciro Inicor-baf, nominato per l’occasione Di-rettore artistico della mostra. Es-sa resterà aperta fino al 10 apri-le con i seguenti orari: festivi ore 10.30/12.30 - 17.30/19.30; feriali ore 17.30/19.30”.

    Valeria Nanni

  • 8

    Visita dell’Arcivescovo Mons. Francesco Pio Tamburrino, del rappresentante del Comune di Foggia, dottor Angelo Masciello, Sr Marisa Mazzeo, superiora delle Suore Oblate del Sacro Cuore di Gesù di Foggia, don Ivone Cavraro, Parroco di Segezia e Matteo Lauriola, in Guinea Bissau ospiti della Diocesi di Bissau

    e delle Suore Oblate del Sacro Cuore di Gesù nell’ambito del Gemellaggio Arcidiocesi di Foggia-Bovino ed Istituzioni civili e Diocesi di Guinea Bissau, dal 23 marzo al 29 marzo 2007.

    23 marzo - Giunti all’ae-reoporto di Bissau siamo stati accolti da Sua Ecc.za Dom Josè Camnate Ve-

    scovo di Bissau. Visto dei passaporti, ritiro

    dei bagagli e partenza con due fuoristra-da per la missione di N’Dame (Ma-ria Regina degli Apostoli fon-data nel 1984 dal P.I.M.E.) attualmente gestita della Suore Oblate del Sacro Cuore di Ge-

    sù. A parte la capita-

    le Bissau, dove ci sono strade asfaltate e palazzi in

    muratura, le altre strade sono ster-rate e accidentatissime e si proce-de quasi a passo d’uomo con sob-balzi e scossoni, attraversando zo-ne di boscaglie abitate da gruppi di famiglie in case costruite con bloc-chi di argilla asciugati al sole e co-perture di lamiera ondulata o pa-

    glia. Visitiamo la missione, quindi la celebrazione della Santa Mes-sa nella Cappellina, poi la cena e il meritato riposo.

    24 marzo – Par-tenza per Bigene alle ore 7,00. Du-

    rante il viaggio si attra-versano piantagioni di cadju e

    di mango e vari villaggi.A metà del percorso un imprevi-

    sto ci costringe ad una sosta forza-ta: restiamo in panne per una spia rossa al fuoristrada. Incontria-mo un folto gruppo di giovani che fanno Peregrinatio Mariae a pie-di con i Padri Missionari France-scani, in occasione della Celebra-zione del trentesimo anniversario della Diocesi di Bissau. Alle 11.00 arriviamo nei pressi della Missione di Farim, ma bisogna attraversare il fiume Casceu, la chiatta è in pan-ne. Mentre le auto fanno un lungo percorso per riprenderci sull’altra sponda, attraversiamo il fiume con una canoa.

    Arrivati a Farim si celebra la Santa Messa nella Chiesa con pa-dre Carlo dei Padri Oblati di Maria Immacolata, per poi vivere un mo-mento di convivialità e riposo. Poi abbiamo ripreso il viaggio su stra-de accidentate in vaste aree di fo-reste con villaggi e venditori di car-boni, sale, cumuli di sabbia e varie cibarie locali (mango, papaia, ca-dju ecc.). E poi si dispiegano ai nostri occhi vaste aree di sterpa-glie bruciate e zone sabbiose mi-ste a sale.

    Alle 18.30 arriviamo alla Missio-ne di Bigene, visitiamo la Chiesa,

    la scuola e il Centro Nutrizionale in costruzione. Dei bambini denu-triti se ne occupano dal 1998, an-no della guerra civile in Guinea Bissau, Sr Maria Rosa Buonuomo, delle Suore Oblate del S. Cuore di Gesù, originaria di Deliceto.

    Al calar del sole al pallido chia-rore di una falce di luna, il villaggio si anima di voci ed ombre, di ra-gazzi che si riuniscono nelle strade sterrate e centrali del villaggio.

    Tutte le strade e le case sono al buio, di tanto in tanto si vede qual-che lume a petrolio. Una sola tele-visione, alimentata da batterie, è accesa presso la scuola statale af-follata da giovani vocianti.

    25 marzo – Nella mattinata la Santa Messa nella chiesa di Bige-ne, a cui hanno partecipato circa 200 persone venute a piedi percor-rendo decine e decine di kilome-tri dai villaggi circostanti (fra di lo-ro anche molti bambini che hanno fatto danze e canti bellissimi). Poi la comunità locale offre doni per tutti noi. A seguire c’è un incon-

    tro con 50 personalità rappresen-tative ed istituzionali della città di Bigene e dei villaggi limitrofi, per illustrare il progetto di educazio-ne e formazione agricola, di istru-zione religiosa e sanitaria per veni-re incontro alle esigenze della po-polazione. Il progetto già presenta-to a S. Ecc.za il Vescovo di Bissau Campate, e proposto da Solidau-nia, prevede la collaborazione del-l’Arcidiocesi di Foggia -Bovino, del Comune e della Provincia.

    Sua Ecc.za Francesco Pio Tam-burrino spiega che è molto impor-tante la collaborazione tra le due diocesi: “come un carro carico in salita che se spinto da due buoi cammina, diversamente no. Se sia-mo tutti disponibili potremo porta-re avanti il nostro carro carico di buone cose”.

    Il dottor Angelo Masciello, rap-presentate del comune di Foggia, saluta tutte le personalità di Bi-gene presenti, ringraziandole per l’accoglienza e per i doni ricevu-ti. Anche lui offre un dono da par-

    V i a g g i o i n G u i n e a B i s s a u Voce di Popolo

  • N. 13 del 5 aprile 2007 9

    te delle autorità di Foggia alla cit-tà: un quadretto in legno che rap-presenta la facciata della Basili-ca Cattedrale di Foggia. L’ammi-nistratore (sindaco locale) di Bi-gene ringrazia per il progetto pre-sentato e si dichiara pronto a rac-cogliere il messaggio di aiuto che gli è stato offerto. Il Direttore del-la Scuola Statale, quindi si compli-menta per gli interventi promossi a sostegno di educazione e forma-zione e conferma il suo appoggio, precisando comunque che gradi-rebbero, dalle istituzioni impegna-te, anche un successivo messaggio per confermare la solidarietà e per

    non sentirsi nuovamente abbando-nati. “Sono contento che tornando nelle vostre Parrocchie porterete a tutti il nostro saluto”, dice uno dei convenuti, commosso per la pre-senza di Mons. Tamburrino, e rin-grazia per l’operato delle Suore Oblate. Mons. Tamburrino conclu-de l’incontro ricordando a tutti: “è da molti anni che la nostra presen-za ha dato molti frutti ma adesso si rafforzerà”. A conclusione del-l’incontro cittadino, mentre le au-to fanno il lungo percorso per ri-prenderci sull’altra sponda del fiu-

    me, noi aspettiamo nella missione. Alle 19,00 finalmente attraversia-mo il fiume con la canoa e prose-guiamo con le auto fino a N’Dame.

    26 marzo – Dopo la Santa Mes-sa delle ore 9,00 nella cappellina della Missione N’ Dame, svolge l’incontro con Sua Ecc.za il Vesco-vo di Bissau e la delegazione con il Ministro della Pubblica Istruzione di Bissau, Teherno Djalo, al quale viene presentato il progetto di ge-mellaggio e di aiuto della città di Foggia, Provincia e Arcidiocesi.

    Il dottor Angelo Masciello con-ferma l’amicizia tra i nostri popo-li e dona un quadro ligneo rappre-

    sentante la Chiesa di Montecalva-rio di Foggia. S. Ecc.za Francesco Pio Tamburrino inoltre conferma l’appoggio della Chiesa per la pro-mozione dell’educazione alla scuo-la per creare uno sviluppo endoge-no con formazione di base.

    Il Ministro della Pubblica Istru-zione porge il benvenuto ai rappre-sentanti delle Istituzioni di Foggia: “Vedere una volta per credere mil-le volte”, confermando che con la Chiesa di Bissau ha sempre condi-viso e collaborato, anche essendo egli di professione religiosa musul-

    mana. L’educazione su questa gio-vane popolazione avrà il suo svi-luppo: l’agricoltura è importante, la salute è importante, ma l’edu-cazione deve avere la priorità. Vi-sitando il paese si vede che ci sono tante priorità, ma solo investendo nell’educazione umana si può rag-giungere l’obiettivo concreto dello sviluppo. Il ministro ha sottolinea-to come questa collaborazione co-stituisca una boccata d’ossigeno per la popolazione e il governo lo-cale. La collaborazione di Foggia alimenta la speranza: “Vi ringrazio dal profondo del cuore per la vo-stra visita e siamo contenti dell’im-pegno della Chiesa che è in Bissau e collabora ora con Foggia sulla scuola, da cui la stessa struttura pubblica impara”.

    Alle 12.00 ci rechiamo nella scuola professionale dei Giusep-pini del Murialdo, dove si svolgono corsi di informatica, elettronica ed edilizia. Il direttore dell’istituto è Fratello Giuseppe Negro mentre il parroco è don Pierangelo. Nel po-meriggio visitiamo l’ospedale fran-cescano di Compra, un “lebbrosa-rio” tenuto dalle Suore Francesca-ne missionarie di Maria, con 60 ca-si all’anno e controlli accurati nei vari villaggi in collaborazione con l’A.I.F.O.

    Nel reparto di maternità le mam-me vengono seguite fino a 18 mesi dal parto, e si dà alimentazione so-stitutiva al bambino. Nell’ambula-torio si visitano 3-4mila gestanti al-l’anno con il 10% di sieropositivi-tà e in altri casi circa 700 HIV per anno e la percentuale è di 1/3 ma-schi e 2/3 femmine. Reparto di ma-ternità con cento parti al mese, 25 ostretiche, ambulatorio di primo

    controllo con 20/25 casi nuovi di A.I.D.S. a settimana, con 120/250 visite al giorno.

    27 marzo – Nella mattinata facciamo una escursione in alcuni villaggi limitrofi al Centro di N’Da-me, visitando anche una scuola

    primaria che conta circa 500 alun-ni iscritti, coordinata da Sr Merio-ne delle Suore Oblate del S. Cuo-re di Gesù.

    Poi andiamo in visita alla Clinica Pediatrica costruita da padre Er-manno Battisti del Pime, ove ope-rano medici locali, formati in Ita-lia con borse di studio. Il sacerdo-te mette in evidenza che molti stu-denti vanno all’estero per laurear-si e specializzarsi e difficilmente ri-tornano in Guinea Bissau per man-canza di lavoro. Per questo la cli-nica, oltre che a servire il territo-rio e i bambini che non hanno la possibilità di pagare per essere cu-rati, offre lavoro a personale medi-co locale specializzato. Nella stes-sa clinica spesso vengono accolti bambini rifiutati dalla società lo-cale, come quelli afflitti da disabi-

    lità evidenti o malformazioni, che su consiglio degli “indovini” ven-gono abbandonati o uccisi perchè in questo modo si dà seguito al vo-lere degli dei; proprio questi centri evitano che si compiano questi ef-ferati abbandoni assistendo, lì do-ve venga loro permesso, i picco-

    li rifiutati dalle famiglie di origine. Poi andiamo al centro del Pime e consumiamo il pranzo offerto nel-la casa del Pime in occasione del-l’ottantacinquesimo compleanno di padre Mario e 50° di missione, con la presenza anche dei due ve-scovi della Guinea-Bissau, Camna-te e Zilli, con il Primo Ministro del-la Camera.

    28 marzo – Dopo il pranzo nel-la Curia diocesana e i saluti con il vescovo locale, Mons. Tamburrino e il dottor Masciello ripartono per l’Italia, mentre la delegazione è ri-masta per altri due giorni, visitan-do villaggi di capanne e scuole di formazione.

    [ Matteo Lauriola ]

  • 10 Voce di PopoloN o t e d a l Va t i c a n o

    È stata pubblicata, lo scorso 28 marzo la Nota della Cei sul-la famiglia. Attesa ed annuncia-ta, è arrivata puntuale la presa di posizione dei vescovi italiani. Il documento si inserisce nel va-sto dibattito politico italiano che vede confrontarsi due posizioni opposte: quella cattolica e quel-la laicista. Pertanto, non pote-va mancare la voce dei vescovi quali “custodi di una verità e di una sapienza che traggono ori-gine dal Vangelo”. La Chiesa, di-ce la Nota, “da sempre ha a cuo-re la famiglia e la sostiene con le sue cure e da sempre chie-

    de che il legislatore la promuo-va e la difenda”. Non c’è dubbio “del valore rappresentato dal-la famiglia per la crescita della persona e della società inte-ra”. È questa, infatti, la chiave di lettura per comprendere l’in-tervento, a volte pungente, del-l’episcopato italiano: la socie-tà. I vescovi sottolineano mol-to questa prospettiva sociale nel documento, preferendola a quella propriamente ecclesia-le. Non per cercare consensi, ma per l’assoluta convinzione che “per la società l’esistenza della famiglia è una risorsa in-

    sostituibile”. Si pensi, ad esem-pio, al bene della procreazione per la quale, afferma la Nota, “solo la famiglia aperta alla vi-ta può essere considerata vera cellula della società… È quin-di interesse della società e del-lo Stato che la famiglia sia soli-da e cresca nel modo più equili-brato possibile”. È qui che i ve-scovi motivano la loro contra-rietà a qualsiasi forma di lega-lizzazione delle unioni ritenen-dola “inaccettabile sul piano di principio, pericolosa sul piano sociale ed educativo”.Soprattutto quella che riguarda persone dello stesso sesso, per-ché “si negherebbe la differen-za sessuale, che è insuperabi-le”. Se ciò accadesse, sostengo-no i vescovi, “l’effetto sareb-be inevitabilmente deleterio per la famiglia”. Tuttavia, la difesa della famiglia fondata sul matrimonio (il documento non parla di matrimonio religioso, anzi fa un richiamo alla Costitu-zione italiana, ndr.) “non pregiu-dica il riconoscimento della di-gnità di ogni uomo”. Questo, pe-rò, non significa dare forma giu-

    ridica a qualsiasi tipo di convi-venza o fornire riconoscimenti ideologici, piuttosto garantire risposte pubbliche a esigenze sociali che esulano la dimensio-ne privata dell’esistenza. A tal proposito, i vescovi non espri-mono contrarietà nei confronti di situazioni concrete nelle qua-li garanzie e tutele giuridiche per la persona che convive pos-sono essere utili. Ma con altret-tanta parresia apostolica affer-mano che “questo obiettivo sia perseguibile nell’ambito dei di-ritti individuali, senza ipotizza-re nuova figura giuridica che sa-rebbe alternativa al matrimonio e alla famiglia e produrrebbe più guasti di quelli che vorreb-be sanare”.

    Alla luce di queste conside-razioni, i vescovi fanno appel-lo alla coscienza dei cattolici impegnati in politica. Lo fanno richiamando la recente Esor-tazione Apostolica Sacramen-tum caritatis nella quale, dice Benedetto XVI, che “i politici e i legislatori cattolici, consapevo-li della loro grave responsabili-tà sociale, devono sentirsi inter-

    pellati dalla loro coscienza, ret-tamente formata, a presentare e sostenere leggi ispirate ai valori fondati nella natura umana. Tra i quali rientra la famiglia “fonda-ta sul matrimonio”. Per questo, secondo i vescovi, il cristiano che sostenesse la legalizzazio-ne delle unioni di fatto si trove-rebbe in una situazione di forte incoerenza. La scelta dei politi-ci cattolici è forte ed impegna-tiva e se ne comprende tutta la fatica che si vive in “un conte-sto culturale come quello attua-le, nel quale la visione autenti-camente umana della persona è contestata in modo radicale. Ma anche per questo i cri-stiani sono chiamati a impe-gnarsi in politica”.

    I vescovi italiani su questo te-ma si sono espressi in maniera inequivocabile. Ora spetta al le-gislatore fare tesoro del magi-stero episcopale. In particola-re, il cristiano impegnato in po-litica non perda questa occasio-ne unica per affermare la pro-pria cattolicità senza se e sen-za ma.

    Inaccettabili e pericolose le unioni di fatto

    NOTA DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA SULLA FAMIGLIA

    [ Lucio Salvatore ]

    Discorso del Papa ai Vesco-vi europei in occasione del 50° anniversario dei Trat-tati di Roma

    Lo scorso 24 marzo, Benedet-to XVI ha ricevuto in udienza, nella Sala Clementina del Vati-cano, i partecipanti al Congres-so promosso dalla Commissio-ne degli episcopati della Comu-nità europea (Comece). Il Con-vegno si è tenuto in occasione dei 50 anni dei Trattati di Ro-ma, coi quali si diede inizio alla futura Europa all’indomani del

    Il ruolo fondativo del Cristianesimo nell’Europa di oggi

    secondo conflitto mondiale. Nel suo discorso, il Papa ha ripreso il tema dell’unità europea richia-mando l’attenzione su tre pun-ti fondamentali: la sua identità,l’essenzialità del cristianesi-mo e il compito dei credenti.Innanzitutto, egli dice, dopo que-sti cinquant’anni, si registra con soddisfazione la riconciliazione tra Oriente ed Occidente, legati da una storia comune, ma sepa-rati nel passato “da una cortina d’ingiustizia”. Tuttavia, sostiene il Papa, “si deve purtroppo con-statare che l’Europa sembra in-camminata su una via che po-trebbe portarla al congedo dal-la storia”. E ciò a causa del con-tinuo calo demografico, crean-do così enormi difficoltà nel-la coesione sociale. Sul proces-so dell’unificazione, Benedetto XVI sottolinea come esso non sia condiviso da tutti, in quanto “i vari capitoli del processo eu-ropeo sono stati scritti senza te-ner conto delle attese dei citta-dini”. È qui che il Pontefice insi-

    ste sull’importanza dell’identità del continente, affermando chia-ramente “che non si può pensa-re di edificare un’autentica “casa comune” europea trascurando l’identità propria dei singoli po-poli. Si tratta infatti di un’iden-tità storica, culturale e mora-le, prima ancora che geografica, economica o politica; un’identi-tà costituita da un insieme di va-lori universali, che il Cristianesi-mo ha contribuito a forgiare, ac-quisendo così un ruolo non sol-tanto storico, ma fondativo nei confronti dell’Europa. Tali valo-ri, che costituiscono l’anima del Continente, devono restare nel-l’Europa del terzo millennio co-me fermento di civiltà”.

    Dall’importanza dell’identità dei popoli all’essenzialità del Cristianesimo, in cui una va-sta maggioranza di loro continua oggi ad identificarsi. Benedet-to XVI richiama, ancora una vol-ta, i governi dei paesi membri a non eludere questo elemento es-senziale della nuova Europa. Si

    chiede il Papa, se è contradditto-rio che “l’Europa odierna, men-tre ambisce di porsi come una comunità di valori, sembri sem-pre più spesso contestare che ci siano valori universali ed as-soluti? Questa singolare forma di apostasia da se stessa, prima ancora che da Dio, non la indu-ce forse a dubitare della sua stes-sa identità?”. Se la comunità dei popoli europei non rispetta l’au-tentica dignità dell’essere uma-no, non fa il bene di nessuno”. È indispensabile, dice il Papa, che “l’Europa si guardi da quell’at-teggiamento pragmatico, oggi largamente diffuso, che giustifi-ca sistematicamente il compro-messo sui valori umani essenzia-li. Tale pragmatismo, presenta-to come equilibrato e realista, in fondo tale non è, proprio perché nega quella dimensione valoriale e ideale, che è inerente alla natu-ra umana”.

    Una identità cristiana essen-ziale dell’Europa che è difficile, secondo il Pontefice, per i cri-

    stiani difendere strenuamente. Non solo difficile da difendere, ma anche osteggiata nel dibatti-to pubblico, squalificando il con-tributo dei cristiani “con l’accusa di voler tutelare ingiustificati pri-vilegi.”. Benedetto XVI delinea, infine, il compito di quanti sono impegnati nell’edificare l’Unione Europea, “realistica ma non cini-ca, ricca di ideali e libera da inge-nue illusioni, ispirata alla peren-ne e vivificante verità del Vange-lo”, riconoscendo e valorizzan-do gli elementi positivi presenti nell’odierna civiltà, “denuncian-do però con coraggio tutto ciò che è contrario alla dignità del-l’uomo”.

    Nel giorno in cui i Capi di Sta-to e di governo dei paesi membri rilanciano la coesione dei popoli del vecchio continente, la Chiesa ancora una volta ha fatto sentire la sua voce. Forse disattesa co-me nel recente passato, ma cer-tamente profetica nella prospet-tiva futura.

    L.S.

  • 11N. 13 del 5 aprile 2007

    Il tema della serata, “Che c’entra la bel-lezza con la scienza?” è intrigante e gli or-ganizzatori (la Cappella dell’Università e il Circolo culturale Arché) hanno chiama-to a presentarlo un esperto, il prof. Gio-vanni Comelli, docente di Fisica generale all’Università di Trieste.

    Si entra subito in argomento, per osser-vare come i due termini, scienza e bellez-za, esprimano concetti lontani. La scienza è precisa, fredda, asettica, oggettiva, men-tre la bellezza scalda il cuore, dà emozio-ni, è soggettiva e non è misurabile. Appa-rentemente non v’è dunque possibilità di incontro e di confronto. Nel concetto di bellezza è insito un rapporto che si instau-ra tra l’osservatore e lo spettacolo al qua-le assiste; il rapporto è soggettivo e per-tanto riferibile al solo osservatore. Occor-re allora approfondire il concetto, supe-rando la cortina della banalità, per sco-prire alla radice del fenomeno esteriore una profondità di senso che lo rende og-gettivo e valido per tutti. In questa ricer-ca del profondo l’uomo deve recuperare l’innocenza del bambino e la sua capaci-tà di stupirsi. Così scriveva lo scienziato Isaac Newton (1642-1727): “Non so cosa pensa il mondo di me, a me sembra di es-sere stato solo un fanciullo che gioca sul-la spiaggia e scopre un sassolino, mentre il grande oceano della verità si stende ine-splorato davanti a lui”.

    Il relatore ricorda la celebre novella di Pirandello, “Ciàula scopre la luna”. Vi si narra di un garzone che lavorava nella mi-niera di zolfo e che aveva paura del buio della notte da quando lo scoppio di una

    mina aveva squarciato il petto del figlio del suo padrone. Da allora andava a letto prima che imbrunisse. Un giorno dovet-te continuare a lavorare dopo il tramon-to del sole, sicché quando a notte inoltra-ta riemerse in superficie rimase sorpreso dal chiarore della luna. “E Ciàula si mise a piangere, senza saperlo, senza volerlo, dal gran conforto, dalla grande dolcezza che sentiva, nell’averla scoperta, là, men-tr’ella saliva pel cielo, la Luna, col suo am-pio velo di luce, ignara dei monti, dei pia-ni, delle valli che rischiarava, ignara di lui, che pure per lei non aveva più paura, né si sentiva più stanco, nella notte ora pie-na del suo stupore”.

    Dalla commozione di questo sentimen-to panico, da questo disperdersi nell’im-mensità dell’universo scaturisce l’ansia di esplorazione che è la molla della scienza. La natura ci stupisce con i suoi misteri, ma non si nega alla conoscenza che l’uo-mo cerca di perseguire in ogni modo. Una tappa fondamentale di questo percorso è stata la scoperta e l’adozione del metodo scientifico. Il suo progressivo affinamen-to ha spalancato ampi orizzonti che han-no alimentato una fiducia illimitata nel-la scienza, sfociata nell’ideologia scienti-sta. L’evoluzione e la crisi di questa ideo-logia meriterebbe una trattazione ad hoc.Tornando al metodo scientifico, una valu-tazione più attenta delle sue risorse rive-la che, con lo stesso progredire delle co-noscenze, altri aspetti del reale emergo-no; sono intriganti almeno quanto quel-li appena risolti e, soprattutto, si manife-stano in una miriade di rivoli che atten-

    dono a loro volta di essere esplorati. L’an-sia inestinguibile della ricerca è destinata perciò a continuare, ma i risultati non so-no sempre appaganti, specie se rapporta-ti agli sforzi profusi.

    L’attrattiva verso la scoperta del miste-ro comunque rimane e grande è l’emo-zione quando una parte anche piccola di quel mistero viene svelata, dopo tanta fa-tica e frustrazione.

    Uno spirito superioreOggi abbiamo superato quella fase ot-

    timistica del pensiero scientifico, quando scoperte clamorose avevano fatto ritene-re di essere giunti alla sommità, tanto che l’attività ulteriore sarebbe servita soltan-to per le rifiniture secondarie. Abbiamo cioè preso atto della limitatezza dei risul-tati conseguiti, rispetto al lavoro che re-sta da compiere per proseguire sulla via della conoscenza, ma questo è un obiet-tivo che si sposta sempre in avanti, per-ché non sono alla nostra portata le leggi che regolano l’universo. È una conclusio-ne alla quale era giunto nel secolo scorso un genio assoluto come Albert Einstein (1879-1955): “Chiunque sia seriamente impegnato nella ricerca della scienza sco-pre nelle leggi dell’universo la presenza di uno spirito immensamente superiore a quello dell’uomo, uno spirito di fronte al quale le nostre misere forze devono farci sentire umili”. Dobbiamo inoltre osserva-re che l’efficacia del metodo scientifico è certamente enorme, ma limitatamente al suo ambito. La realtà è multiforme e non si presta ad essere indagata soltanto sot-to il profilo scientifico; ci sono altri ambiti per i quali sono richieste altre tecniche di ricerca. “L’uomo – scriveva François Ja-

    cob – deve avere delle ragioni per vivere e per morire, e non è la scienza a poter-gliele dare”.

    Perché allora dovremmo insistere nel-l’approccio scientifico? La domanda si pone con particolare interesse special-mente oggi, considerando che gli accessi dei giovani alle facoltà scientifiche sono praticamente dimezzati in Italia e altrove. Stiamo smarrendo proprio quel nesso cui abbiamo accennato all’inizio, quella corri-spondenza tra il nostro modesto piccolo e la magnificenza del tutto.

    Nella consapevolezza di questo rap-porto si annida il fascino della bellezza. Non è facile trovarla; lo abbiamo ricor-dato su queste colonne (Voce di Popolodel 21 dicembre 2006, “La bellezza del sa-cro”): “Bisogna cercarla la bellezza, per-ché non sempre è appariscente, può an-che non manifestarsi immediatamente, e allora occorre predisporsi a raccoglierne le tracce, senza lasciarsi contagiare dalla frenesia del tempo”.

    Ecco, sembra che oggi ci manchi pro-prio il tempo e siamo vittime dell’ansia del risultato immediato, del successo re-pentino, del colpo di fortuna che risol-va come d’incanto ogni problema. L’ap-plicazione severa, l’impegno responsabi-le sembrano decisamente fuori moda e la stessa capacità di concentrazione è mes-sa a dura prova dallo schiamazzo rumo-roso e dalla superficialità incosciente che inquinano il nostro vivere quotidiano.

    Bisognerebbe allora recuperare, con l’innocenza del fanciullo, lo stupore ini-ziale, per riscoprire l’armonia tra la bel-lezza e la scienza, rinnovando con Goe-the l’impegno ad esplorare l’esplorabile e a venerare l’inesplorabile.

    V i t a d i D i o c e s i

    La bellezza e la scienzaL’ARMONIA TRA I DUE CONCETTI SI SCOPRE SE SI RECUPERA IL NESSO TRA IL PARTICOLARE E IL TUTTO

    Quinto appuntamento del ciclo “Solo lo stupore conosce”[ Vito Procaccini ]

  • F a m i g l i a & v i t a

    Il messaggio principale dei vangeli sul matrimonio è racchiuso nella risposta di Gesù alla domanda dei farisei concer-nente il ripudio: “È lecito a un uomo ri-pudiare la propria moglie per qualsia-si motivo?” (Mc 10, 2; Mt 19, 3 – 12). Essi facevano riferimento a uno dei maggio-ri testi del giudaismo, alla tradizione at-tribuita a Mosè, che nel Deuteronomio offriva un quadro della pratica del ripu-dio: “Se un uomo ha preso una donna e ha vissuto con lei da marito, qualo-ra poi avvenga che essa non trovi gra-zia ai suoi occhi, perché egli ha trova-to in lei qualcosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio e glielo con-segni in mano e la mandi via da casa” (Dt 24, 1) .

    Su questo brano, scrive Luca Tosoni (Uno sguardo accogliente: temi di spi-ritualità coniugale) si erano accese vi-vaci discussioni, tanto da dividere i rab-bini in due scuole. Da una parte, la scuo-la di Smammai che ammetteva il divor-zio solo in caso di adulterio, dall’altra, la scuola di Hillel che ammetteva il divor-zio per qualsiasi motivo. I farisei dando per scontato che Gesù fosse per il divor-zio, gli si avvicinarono perché prendes-se posizione e si schierasse tra le diver-se scuole di pensiero.

    Scrive H. Balthensweiler (Il matri-monio nel nuovo Testamento) riguardo al Vangelo di Matteo che i farisei chiese-ro a Gesù di prendere posizione rispetto ad una domanda reale. La risposta indi-ca un’altra direzione. In fondo la doman-da non viene affatto accolta, Gesù sotto-linea invece che non c’è alcun divorzio. Dio ha creato all’inizio l’uomo come ma-schio e femmina e marito e moglie sono parte uno dell’altra e divengono una car-ne sola, l’ordinamento divino non deve essere turbato dall’uomo. Mosè non ha comandato il divorzio ma lo ha solo per-messo. Gli israeliti, infatti, a causa del-la durezza del loro cuore non potevano raggiungere l’ideale che Dio aveva incul-cato dalle origini dell’umanità e prima del peccato dei progenitori, per questo Mosè permise il divorzio, ma alle origini non era così. Per questo scrive G. Leo-

    nardi (CredOggi n. 23) Gesù definisce il ripudio come prescrizione umana di Mosè, non corrispondente alla volontà di Dio e da Dio semplicemente tollerata, perché non poteva ottenere di più.

    Originariamente Dio ha inteso diver-samente il matrimonio. Il matrimonio è qualcosa che scaturisce direttamen-te dalle mani di Dio e mantiene il suo si-gnificato a partire dalla situazione origi-naria.

    Il divorzio continua Tosoni è il rifiu-to del progetto di Dio. Il riferimento alla Genesi apre una nuova visuale, non più offuscata dal peccato dell’uomo. La con-cessione che Mosè aveva fatto perde va-lore con la venuta stessa di Gesù. Non si tratta di una mera legge che vieta il di-vorzio, ma di qualcosa di ben più profon-do: la chiamata dell’uomo e della donna alla pienezza dell’amore, resa possibile da Gesù, che libera dal peccato e riporta il matrimonio nella condizione origina-ria così come era stata stabilita nel pro-getto creazionale di Dio.

    La prima novità che Gesù porta con-siste proprio nella continuità con il pro-getto di Dio creatore. Il nuovo non cor-risponde all’inedito o al mai visto, ben-sì all’originario. È nuovo ciò che corri-sponde in pienezza all’originario proget-to e quindi si manifesta come autenti-co, cioè pienamente corrispondente al-l’idea originaria.

    Con questa presa di posizione Ge-sù si pone come fondamento e speran-za della coppia cristiana. Di conseguen-za, ogni coppia cristiana è chiamata nel-la realtà quotidiana a vivere e a fonda-re questa speranza. La centralità di Cri-sto ci dà la prospettiva dalla quale dob-biamo partire. Comprendere fino in fon-do quanto detto è sentirci figli dell’amo-re che si è donato fino in fondo.

    Conclude Tosoni che il matrimonio si basa sulla fedeltà e sull’umiltà, come spazio lasciato a un Altro. Nella relazio-ne di coppia Dio è vicino: Il Dio cristia-no è il Dio fedele: è un Dio che è pronto a scommettere di nuovo anche quando umanamente tutto sembra perduto. Non abbandona il suo popolo, lo cinge d’af-fetto e di tenerezza. Egli è un Dio folle-mente innamorato di noi, anche quando umanamente tutto sembra perduto.

    [email protected]

    [ Fra Francesco Galiano ]

    [ Don Ricciotti Saurino ]

    Dove sei?Domenica di Pasqua Risurrezione del SignoreAnno C 08.04.2007

    At 10,34.37-43; Sal 117; Col 3,1-4; Lc 24,1-12

    “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”

    L’umanità custodisce le pro-prie certezze sigillandole nelle tombe… È lì che corre a cercar-le ogni volta che la nostalgia, il ri-cordo e l’affetto per una perso-na diventano struggente deside-rio di incontro.

    È lì che anche la nostra umani-tà addolorata si reca per trovare conforto e per esprimere tenerez-za a Colui che, col nostro amore, non siamo riusciti a strappare alla gola della morte. Gli aromi e i fio-ri nelle nostre mani, come le lacri-me agli occhi, non sono l’omaggio alla ‘signora’ di tutti gli uomini, né sono l’illusorio profumo che esor-cizza il lento decomporsi… sono, invece, l’espressione del bene che si vuole allo Scomparso e sono il segno del gioioso desiderio di un nuovo incontro di cuori.

    Come incontrarLo ancora? Ba-sta forse illudersi che avvenga nel mutismo e nell’oscurità di un se-polcro?

    Le sorprese di Dio non si spen-gono neppure col buio di una morte, e soprattutto Lui non delu-de mai il desiderio di quelli che lo amano e Lo cercano sinceramen-te… Il Padre ha lasciato fare tutto secondo il rituale umano, quasi a dare piena soddisfazione all’uma-nità che ha spinto Suo Figlio fino in fondo… fino alla sepoltura.

    Oltre… l’uomo non sa anda-re… l’oltre appartiene alla sua alleata, che cancella, ingoiando nel suo ventre, ogni possibilità di ritorno.

    Ma non sarà certo un possen-te masso rotolato dagli uomini ad ostacolare l’incontro con Colui che ha squarciato i cieli per farsi vici-no…. Non sarà certo la morte a mortificare la Vita…

    Essa esplode con potenza come il chicco sepolto nel terreno… e come la gemma nuova, che sol-leva con vigore la dura corteccia, torna alla luce del sole…

    Stupore e meraviglia! La pietra è ribaltata… ma il sepolcro è vuo-to!!!

    Illusione? Scherzo? ... o nuova presenza?

    Forse è l’invito a cercare anco-ra… e sempre… Ma dove?

    Dove sei? Si chiedono le donne cercando nelle vicinanze del se-polcro… Dove sei? Si chiede Pie-tro guardando con gioia le ben-de, segno evidente della sconfit-ta della ‘vincitrice’ morte… Dovesei? Ci chiediamo noi anche oggi, e continueremo a chiedercelo fino a quando frugheremo negli angoli bui della tomba.

    Egli non è tra i morti, bensì tra i vivi… Egli è la Vita che è passa-ta in quel sepolcro, ma non è più lì…

    Ora il Vivente accompagna ogni uomo e gli vive accanto!

    È il giardiniere per la Maddale-na… il pescatore che attende i discepoli sulla riva del lago… lo straniero che accompagna i due viandanti diretti ad Emmaus…

    È la presenza silenziosa ed effi-cace per quanti ‘ricordano’ e por-tano nel cuore le Sue parole e ‘fanno’ il memoriale che permette di riconoscerLo vivo e Risorto.

    Dal sepolcro vuoto partono i va-neggianti annunciatori del Viven-te, portando nei loro occhi la gioia della vicinanza di quel Cristo vivo per essere misericordioso verso tutti coloro che custodiscono nel cuore la Sua Parola.

    Ciò che Dio ha unito l’uomo non separi

    La Parola della Domenica12 Voce di Popolo

  • 13N. 13 del 5 aprile 2007

    La presentazionedel libroÈ stato il dott. Costanzo Ma-

    strangelo, presidente dell’AS.SO.RI., domenica 1° aprile, a premiare con una targa com-memorativa e il libro presenta-to per l’occasione, quasi cento ospiti della serata di gala. Mo-tivo della targa e della pubbli-cazione la ricorrenza dei 25 an-ni di presenza dell’Associazione sul territorio. Tanti i premiati il-lustri (dall’ex sindaco di Foggia Paolo Agostinacchio al Provve-ditore agli Studi dott. Mellino, all’Assessore regionale alle Poli-tiche Sociali Elena Gentile), tra i premiati anche il parroco di San Pio X don Antonio Menichella, per il ruolo fondamentale svolto sul territorio e per aver messo in rete le strutture amministra-tive, educative, sociali presenti, facendo da collante alle diverse realtà operanti.

    Ricordato, nella serata, anche il prezioso contributo dato, ne-gli ultimi anni, all’Associazione, dall’arcivescovo mons. Tambur-rino.

    Presentazione di S.E. mons. TamburrinoUn seme è diventato albero“Non deve sfuggire alla nostra

    Chiesa diocesana il significato della nascita e di venticinque an-ni di vita dell’AS.SO.RI. Si tratta

    di una realtà che oggi si impone per la visibilità delle sue struttu-re, ma soprattutto per il signifi-cato profondamente evangeli-co della sua esistenza nel nostro territorio e nella nostra Comu-nità ecclesiale. È il piccolo se-me del regno di Dio che, pianta-to tra le nostre case, è cresciuto, fino a diventare un albero, “tan-to che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi ra-mi” (Mt.13,32). Si, l’AS.SO.RI. è proprio questo: la presenza del Regno tra gli uomini, dove si fa spazio alla Giustizia, all’amore e alla pace. La Signoria di Dio si realizza in mezzo agli uomini, quando “i più piccoli” dei nostri fratelli vengono accolti nel no-me di Cristo e possono abitare con piena dignità di fratelli tra gli altri cittadini. Quando il 28 novembre 1981, venne fondata l’Associazione, la nostra Comu-nità pose un segno di doverosa attenzione verso dei fratelli me-no fortunati, diversamente abi-li, bisognosi del supporto e del-l’amore di altri fratelli per espri-mere i significati più belli e i do-ni più reconditi delle loro esi-stenze, che altrimenti sarebbero andati perduti o atrofizzati in vi-te seminascoste ed emarginate. L’Associazione ha conosciuto inizi difficili: la sua sede sociale dovette migrare da un luogo al-l’altro, finchè l’albero potè pian-tare le radici nella sua sede at-tuale.L’intelligenza e l’operosità dei soci fondatori, l’attenzione del quartiere e della parrocchia San Pio X, la solidarietà delle pubbliche istituzioni e ammini-strazioni, resero possibile la vi-ta ad una realtà sociale tra le più significative di Foggia e del ter-ritorio. La molteplicità delle ini-ziative che ogni giorno fanno dell’AS.SO.RI. una fucina incre-dibile di attività, non corrispon-de soltanto al fervore instanca-bi