VOCE · del continente, si è occupata in questi giorni, se non altro per la rara singolarità...
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Di re t to re Roap . o Propr.
alfonso di GiovannaRedattore
FRANCO la barbera
iMrtfjofw Anuntruitmiiorw Agrigento • Via Ateneo, 296 • T «L 23052
^lui Tribunal* Sciocca N. 1 dei 7-1 Ì959
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UNA CO PIA L . 100
VOCEdi Sambuca
In 3• pag.
Il cammino della Gloria
Redazione d'America. FELIX VETRANO 25 Wyckoff Avenue
BROOKLYN 37 - N. Y.
Anno VI - Febbraio 1964M E N S I L E DI V I T A C I T T A D I N A SpecL Abb. Postale III gruppo
P A T A T É | ■e cipolle *
La cronaca dei quotidiani piemontesi e, in genere del continente, si è occupata in questi giorni, se non altro per la rara singolarità della cosa, di episodi di protesta, inerente alla crisi agricola, che non possono non fare riflettere, data la persuasività della maniera, piuttosto vivace e croncreta, con cui si sono svolti.
I Coltivatori Diretti di Cuneo, il 17 febbraio, spedivano 50 quintali di patate al Ministro Moro, e a quelli dell Agricoltura e del Commercio. Domenica 23 febbraio, migliaia di sacchetti contenenti cipolle e patate sono state regalate, a Tortona e nell'Alessandrino, agli automobilisti e ai passanti per le arterie nazionali. Se questi episodi li colleghiamo con altri simili e più desolanti avvenuti nell'estate scorsa a Verona, dove i contadini, hanno rovesciato per le vie cittadine svariati quintali di mele piuttosto che cederle sul mercato a L. 5 al chilo, il nostro rammarico si fa più profondo e la nostra preoccupazione più viva.
Ormai, si sa da lutti, la crisi agricola è in pieno sviluppo da parecchi anni e investe anche le nostre contrade, in maniera più tragica che non il continente, dove almeno gli agricoltori possono prendersi il lusso, quando le cose non vanno per il verso, di regalare cipolle e patate e di coprire le piazze delle loro città di frutta raccolta. Da noi la crisi ha raggiunto l’essenza stessa dell'agricoltura per cui, invece di produrre e svendere (cedere « a te pigliatillu »), oggi non si coltivano più i terreni o non li si coltiva come si dovrebbe ad evitare l’autodistruzione di quanto si può raccogliere.Qualche anno fa abbiamo segnato quello che è av
venuto a Ribera, dove i contadini avrebbero dovuto cedere le susine e le pesche a L. 5 al chilo al commerciante grossista che le avrebbe portato sul mercato a L. 100. Quei coltivatori hanno lasciato marcire la frutta, a titolo di concimazione, ai piedi delle piante.
E ' in atto, in alcune zone della nostra provincia, la raccolta del primaticcio dei piselli; orbene i contadini saranno presi alla gola e dovranno cedere il frutto delle loro fatiche ad un prezzo di gran lunga inferiore al prezzo con cui i mercanti li rivenderanno sulle piazze di Palermo, di Roma o di Milano. Si arriva così all’assurdo che il commerciante realizza il triplo di quanto possa percepire il produttore. E la crisi scava solchi sempre più profondi.
A parte il carattere generale, in campo MEC, delle varie crisi ed in specie di quella agricola, la nostra crisi agricola regionale, ed in particolare quella provinciale, presenta aspetti del tutto sui generis che si è sprofondata in abissi irraggiungibili da undecennio a questa parte.
Le cause? Da queste colonne, in più occasioni, abbiamo tentato di scoprirle e di additare agli organi responsabili i rimedi per riuscire, in parte, a creare, per lo meno, quelle elementari infrastrutture, idonee a rilanciare, appena si presenta la volta buona per l’agricoltura, l’attività più peculiare, dal punto di vista sociale ed economico, della nostra provincia. Ma i nostri uomini si interessano di problemi di «alta politica»; questi invece sono problemi di « terra» ai quali non si degnano-di dedicare le loro preoccupazioni.
Noi abbiamo ripetutamente insistito perchè si desse grande sviluppo ed incoraggiamento alla creazione dei consorzi tra coltivatori alto scopo di tutelare i loro interessi; che si creassero industrie conserviere capaci di fagocitare il sopraprodotto senza detrimento dell’economia agricola; che venissero tra-
A. D. G.
(Segue in 4.a pag.)
Cose del passalo che vanno in malora
Il Teatro Comunale e gli I r c lf muoiono ili giorno in giornoPer il teatro, cantato da Vincenzo Navarro, si chiede una soluzione anche moderna ma che non mortifichi la tradizione • All’Amministrazione del Comune spetta l ultima parola
Quattro anni fa, anno secondo del nostro mensile, N. 3 - Marzo I960, pubblicavamo sotto il titolo «Il TEATRO COMUNALE DI SAMBUCA », il seguente articolo, che riportiamo qui sotto per intero, allo scopo di puntualizzare un grosso problema al quale nessuno vuole pensare.
« La Voce di Sambuca »- Anno II. n. 3 - Marzo 1960 « Il Teatro Comunale di Sambuca ».
Il Teatro Comunale di Sambuca, che sorge nei pressi della Porta di S. Maria, fu edificato verso l'anno 1849-1850, da parte di un gruppo di cittadini cui stavano a cuore le sorti della gioventù intellettuale e il progresso sociale del paese.
Di questo teatro parla il Navarro, che ne visse la costruzione e che così espresse sull'Arpetta:
« Nuovo splendidissimo ornamento sorge in Sambuca: un teatro costruito tutto di pianta e degno della moderna civiltà. Esso si va perfezionando a spese dei benemeriti cittadini Domenico Giacone Dott. Salvatore Merlini, dott. Salvatore Ciaccio, Notaro Giuseppe Giacone; Antonio Oddo di Mario, e del dott. Gioacchi no La Genga di Emanuele Esso non è ancora del tut to compiuto, poiché vi man cano gli adorni, pure fa bel la mostra di sè per tre bel lissime file di palchi, e per un grande palcoscenico, dove l’egregio scenografo Pla
L'antico acquedotto, «gli archi» caratteristico monumento che lentamente si distrugge
cido Carini, specialmente per vivezza di cromatica eccellenza di prosperità ha spiegato tutta la sua ammirabile valentia.
Del nostro Teatro Comunale parla pure l’Abate Amico nel Dizionario Geografico della Sicilia.
Degni di nota in questo Teatro sono, parla il Giacone ne la « Storia di Sambuca »: la grande volta della platea costruita in gesso ed il magnifico arco armonico, E’ pure ammirabile il sipario e la varia scenografìa consistente in una bella galleria, un bel salotto, una camera con porta nel centro, un sotterraneo ed un bosco, in meritata lode del Carini.
Per la pianta e per tutte le opere di costruzione del teatro ne fu direttore il Gia
cone. E parlando di lui così si esprime il Navarro:
« E per te Adranon qui in riva sorge e pur per altri cittadini onesti or bello e intero un nobil teatro, che di aurea civiltate un segno porge... ».
(Segue in quarta pagina)
Per i Sambucesi d ’America
T E I
Il teatro comunale che oggi va in rovina
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Pag. 2 La Voce di Sambuca
P A N O R A M A G E O F I S I C O
Questo nostro PaeseLa Signora V in ce n za C ip o lla
ci ha lasciali per sem pre
D I S T R I B U Z I O N E D E L L E C O L T U R E
Di tanto in tanto si scrive sul nostro Comune per quanto riguarda le sue caratteristiche paesaggistiche, per le note dominanti del suo buon popolo operoso e tranquillo, per le sue tradizioni storiche, e forse mai è stato scritto qualcosa sulle sue note geofisiche, a erudizione degli stessi abitanti.
Vogliamo perciò in questa sede dime qualcosa anche se in maniera molto e- lementare, e crediamo di fare cosa buona e gradita.
Sambuca di Sicilia sorge sul declivio di una pittoresca collina alle falde del Monte Genuardo, una delle più alte vette della Sicilia, dalla quale è possibile vedere estesi e vaghissimi panorami
La sua latitudine è di gradi 37,40 a Nord dell’Equa- tore e la longitudine di gradi 10,45 ad Oriente del Meridiano di Greenwich.
Ha una superficie territoriale di ettari 9.558 e comprende la parte Nord-Occidentale della Provincia di Agrigento, confinando a Nord con il Comune di Contessa Entellina (Palermo), a Sud con il Comune di Sciacca, a Ovest con i Comuni di S. Margherita Be- lice e Menfi, a Est con il Comune di Giuliana.
I suoi confini sono in gran parte costituiti da linee naturali A nord infatti il confine passa sulla cresta del Gruppo Montuoso: Serralunga, Castagnola e Monte Genuardo; a Sud per il Corso del Torrente Rin- cione, a Est è limitato dal Torrente Landori, a Ovest dai Valloni La Cava e Gua- ricciola.
II Terreno si estende da
quota 90 nella parte bassa del Torrente Rincione a quota 1180 del Monte Genuardo. L’Altitudine Media è tra i mt. 350 e i mt. 600,
L'Abitato è ai piedi della zona montuosa con l'altitudine di mt. 300 sul livello del mare.
Geologicamente il terreno comprende numerose formazioni che vanno dai terreni del Secondario a quelli del Terziario; mancano il primario ed il quaternario. Il recente copre limitate superfici dell’ultima parte del Torrente Rincione. E' fresco nel periodo Autunno - Invernale, caldo ed asciutto nelle altre stagioni.
Più particolarmente la più antica formazione geologica si riferisce al TRIAS con la Dolomia rosea e grigia a consistenza compatta, talvolta farinosa od arenacea, poi il LIAS (Calcare semi-cristallino), ed appresso il Giurese (Calcare-Marnoso)
Queste formazioni si riscontrano sul Monte Genuardo (parte bassa costituita dalla Dolomia, parte media dal LIAS, e cima dal Giurese).
Si ritrovano pure formazioni di LIAS a Portella di Gioja, in Contrada Vanera e a S. Biagio.
Il cretaceo ha notevoli e- stensioni tra Rocca Rossa e Monte Gioja.
Ma lo sviluppo più evidente è assunto dal Terziario che vi appare con l'Eocene, il Miocene ed il Pliocene. Il primo e cioè l’Eocene ha anche notevoli quantità di argille scagliose che ricoprono il limite Sud-Orientale del Territo-
DI C I L ’ A N T I C U . . .a cura di Adirano di Terrevecchia
“IM iii ’nceica di li tUiccMmi e [tesidu, ti uidaMi’’
(%uùx ut ce\ca dette cù-tdiceMe e fie>uLo- le (Udacce)
ovvero della sfortuna
Il proverbio va perifrasato così: « Mi affatico per trovare il poco e perdo il molto... ».
Viene citato a significare la sfortuna che perseguita il lavoratore in genere e il contadino in particolare, specie nelle pessime annate di raccolto.
L'efficacia del proverbio è
messa in evidenza dal rapporto tra « saccosimi » (cordicelle con cui si legano le bisacce) e « visazzi » (i ben capaci sacchi di lana), che evidenzia al tempo stesso la gravità della perdita su- lita.
1 contadini, lo citano frequentemente.
rio (Contrada S. Giacomo); il Miocene, ricco di argille sabbiose, lo si trova nelle Contrade Sparacia e Serro- ne; il Pliocene ricade nel Bacino Carboy.
I venti dominanti sono quelli di Ponente e di Levante: quest'ultimo nel mese di maggio assume carattere impetuoso.
Le precipitazioni nevose; gravitano sul Gruppo del Monte Genuardo e anche sulla Gran Montagna.
II Clima ha una temperatura media annua di 17,2 con un massimo di 38. ed un minimo di 0,9.
L 'Idrografia è costituita dal Vallone Guaricciola, Vallone Fondacazzo, Vallone Landore, Vallone S. Giacomo, Torrente Rincione; il Vallone Landore pur svolgendosi nel Territorio di Sambuca alimenta il Fiume Verdura nel Territorio di Ribera.
L 'Orografia è costituita dal Gruppo Montuoso del Genuardo (mt. 1180) e dalla G r a n M o n t a g n a (mt. 800?).
Distribuzione delle colture: dalle risultanze Catastali può farsi la seguente classifica circa la superficie a- graria e forestale: a Seminativi semplici:
ettari 5.900 a Seminativi Arborati:
ettari 496 a terreni irrigui:
ettari 20 a Vigneti: ettari 134 a Oliveti: ettari 200
a Mandorleti: ettari 12 a Pascoli (in parte oggi rimboschiti): ettari 2.300
rimboschimen to : ettari 190
Incolti: ettari 33 Totale Superficie agraria e Forestale: ettari 9,285
La superficie dei seminativi che prima corrispondeva a circa il 73% della superficie agraria e Forestale, oggi è notevolmente ridotta per l’esodo della manodopera.
I pascoli hanno buona cotica erbosa; quà e là taluni sono infestati da Empelode- sma Tenax (disa) e di Cha- maerops Cumilis (palma nana).
II Bosco più antico è sul Monte Genuardo: in ottimo stato di conservazione e ben curato dai proprietari, è costituito da Rovere e Leccio, ed è allevato a Ceduo.
E' in via di costituzione il Rimboschimento della Gran Montagna.
M- JR.
PROBLEMI DI IRRIMCIABILE SOLUZIONEIl Vallone del Pisciaro, la
Piazza Collegio, la Via Educandario e la Via S. Lucia rimangono ancora dei desolati posti intransitabili, e pensare che alcune di queste vie sono arterie di transito quotidiano e molto importanti.
Ci risulta che il Progetto
per la sistemazione delle dette strade interne è stato redatto dall’Ufficio Tecnico Comunale ed avviato all’On. Assessorato Regionale per i LL. PP. e che è stato approvato in sede Tecnica.
Noi ci auguriamo che presso l'Assessorato competente si voglia ancora una
Lu pilligrinaggiu di Paulu VIPaulu VI in Terrasanfal O granni avvinimentu dighu di memoria!La fama nta lu munnu già si spanni e scrivi già 'na pagina di storia!
Arrivatu chi fu nta lu Giordanu, dunni Gesù si fìci vattiari,Paulu VI la so santa manu vagnau cu l’acqui e si misi a prigari,
Traslu a Gerusalemmi. Circunnatu di Crisfu l'Illustrissimu Vicariu da un populu Astanti, entusiasmatu, iniziau la Via di lu Calvariu.
Vitti lu Munti di l'Olivi, vitti di Giosafà la Vaddi mistiriusa dunni omini boni e mmalidìtti si truvirannu un ghiornu a la rinfusa.
Lassau Gerusalemmi e ad Israeli juncìu e Nazarèni visitau dunni a la Virginedda Gabrieli la nascita di Cristu annunziau.
Vitti lu Mari di la Galilea, di li Beatitudini lu Munti dunni Gesù a la genti plebea dissi paroli chi 'un sarannu smunti.
Turnau a Gerusalemmi e doppu tanti binidizionì dati a varii populi, o meravigghial, abbrazzau fìstanti lu Patriarca di Custantinopulil
Parlau lu nostru Papa di cuncordia e la parola d'Iddu non fu vana; vosi livari ogni trista discordia tra la chiesa ortodossa e la rumana.
Di Bittilemmi visitau la Grutta e ci purtau la Chiesa a lu Signuri ed a l'umanità prisenti tutta parlau di beni, di paci e d'amuri..
E tutta Roma cu 'na gioia tanta, doppu lo so ritornu, ripitia:« Cu Paulu VI nni la Terrasanta avvìnni 'na secunna Epifania) »
Pietro La Genia
volta dimostrare sensibilità per i problemi della viabilità interna di Sambuca e si voglia quindi finanziare il detto progetto al più presto per vedere cosi cancellate autentiche vergogne indegne per l'Anno di Grazia 1964.
D’altra parte ci auguriamo che l’Amministrazione Comunale voglia provvedere a far preparare il proget* to per la sistemazione della Via Concezione in maniera da vedere così completato tutto l'anello viario della cosiddetta Via detle Processioni.
P R E C I S A Z I O N E
Nel numero di gennaio 1964, seconda pagina seconda colonna terzo capoverso « Contrada Adragna », si è parlato di un progetto aP" provato in linea tecnica per la somma di L 20 milioni
. senza specificarne la destinazione
S i sarebbe dovuto dire che detta somma riguarda l'ampliamento della ||lf idrica nella Corttradra di Adragna.
Leggale a diffonde**
H a . 'V o c edi yfamiot*
Il 21 gennaio 1964, come da noi annunziato nell’ultimo numero del nostro giornale, si è spenta a Sambuca la sig.ra Vincenza Cipolla nata Salvato, madre di Joe Cipolla e suocera di Felice Vetrano e Salvatore Montana.
Era nata a Sambuca di Sicilia il 19 Dicembre 1893.
Il “ Piano verde “Ha già avuto inizio il Can
tiere di Lavoro per la Alberatura delle Vie seguenti: Corso Umberto I-, Via Cir- cumvallazione, Via del Cimitero e Stradale di Adragna.
Moglie devota e affettuosa, madre esemplare, resta nella memoria di quanti hanno avuto la fortuna di conoscerla per la preclarità delle sue virtù. Sempre sorridente ed affabile consacrò la sua vita in totale dedizione alla famiglia; il sorriso sulle sue labbra non scomparve neppure tra le sofferenze che, negli ultimi tempi, hanno travagliato il suo corpo. E fu una prerogativa della sua vita affrontare j dolori e le sofferenze con rassegnazione cristiana e fiducia in Dio, insegnando ai figli e a chi le stava vicino a risolvere con fede viva i contrasti più duri della vita. Ai suoi figli lasciò un retaggio non comune di virtù, avendoli educati ai più rigorosi principi della morale e della vita cristiana.
Siamo sicuri che il Signore ha dato a lei il premio dei giusta e che il conforto cristiano consola i congiunti per una sì grave perdita. Dalie nostre colonne vadano a tutti i parenti, al figlio Joe, alla figliuola Mica e sposo. Felice Vetrano, alla figliuola Albertina e sposo, Salvatore Montana, le nostre religiose condoglianze.
||| Voce di Sambuca Pag. 3
:» STORIA « ARTE « ATTUALITA* < [■— ) IL CAMMINO DELLA GLORIASuor Vincenza Maria Amorelli attraverso le note biografiche del Can. Giuseppe M. O ddo - Una lunga vita di
martirio nell’esercizio delle virtù eroiche per la conquista della santità D| M msOLVEINITE
Nei nostri Archivi Parroc- cftiali oltre ai tanti documenti, dichiarazioni giurate, insomma l’insieme del Carteggio riguardante la Causa di Beatificazione della Serva di Dio Suor Vincenza Maria Amorelil, esistono alcuni libretti scritti dai Confessori e Direttori di Spirito della Serva di Dio.
Uno di essi libretti, scritto in ottimo stile latino, a- vente tutto il sapore e la precisione e concisione di Lezioni da Breviario, è dovuto al cuore ed alla valorosa penna di quel grande Uomo di Dio che fu il Decano del Capitolo Cattedrale Agrigentino Monsignor Giuseppe M. ODDO, il quale prima di assurgere gli alti incarichi Diocesani, fu Arciprete della Comunità Sam- bucese e ultimo Direttore Spirituale della Serva dì Dio,
Nel 1847 essendo, venuto Monsignore in Sambuca per procedere alla esumazione del venerabile Corpo della Serva di Dio «per assicurare lo Stesso per la di Lei Canonizzazione » scrisse le note biografiche di cui sopra e le datò sotto il 10 ottobre 1847.
Il giorno 11 ottobre 1847, in cui avvenne la esumazione del Corpo della Serva di Dio, una copia di dette note biografiche scritte dal Decano Oddo fu collocata dentro la Cassa riseppellita e sigillata con il Corpo della Serva di Dio, compiegata dentro una custodia di piombo.
Pensiamo di far cosa gradita ai nostri Lettori dando qui di seguito la traduzione del documento dovuto al cuore ed alla penna di così valido, prestigioso ed autorevole Testimonio delle virtù della Nostra Serva di Dio.
Mario Risolvente
Vincenza nacque a Sambuca Zabut, non senza particolare aiuto di Dio, dai pii genitori Epifanio Amorelli e da Natala Gurrera il 16 settembre 1737 (Fu battezzata il giorno appresso e cioè il 17 settembre dello stesso anno 17371).
La madre sua infatti, durante il parto subì tanti incidenti e si trovò in tanti Pericoli che da tutti si disperava potesse riuscire a portare a compimento la sua decima impresa di maternità.
Consci dela speciale grazia di Dio ricevuta, il felice Parto fu attribuito alle intercessioni dela Bealtissima Vergine dell’Udienza e di » Vincenzo Ferreri; ad Es- Sl infatti la Madre racco
mandava sè stessa e la prole che portava in seno facendo voto che, se fosse u- scita incolume da tanti pericoli, alla prole avrebbe imposto il nome di S. Vincenzo. Il voto che aveva fatto adempì con religiosità e fedelmente e battezzata che ebbe la sua bambina la chiamò « Vincenza ».
La stola dell’innocenza, che ricevette in questo Sacramento conservò illibata sino alla morte e non la contaminò, per tutto il corso della sua vita, mai di alcuna colpa del tutto volontaria.
Infatti Vincenza, educata con pietà e diligenza dai genitori, e prevenuta dalla Grazia di Dio, sin dal primo uso della ragione, dette illustri e chiarì segni di virtù. Respingendo tutti gli allettamenti della puerizia e le attrazioni del mondo, ebbe l’animo così lontano da ogni vanità che cambiava le vesti, peraltro modeste e confacenti al suo stato, approntate per Lei dai genitori, in altre di colore più scuro, dopo averne ottenuto venia dalla madre con reiterale preghiere, e allontanava da sè gli oggetti di oro che Essa chiamava allettamenti del mondo.
Intenta alla orazione e meditazione, più conosceva le divine perfezioni più tendeva con desiderio maggiore a Dio; per la qual cosa avvenne che quasi dalla nascita essendo entrata nella via del fervore, desiderosissima della Divina unione, alimentava continuo il desiderio teso alla realizzazione di ciò.
Appena decenne dedicò la sua verginità con voto perpetuo a Dio e a dodici anni presa dal desiderio di solitudine entrò nel Collegio di Maria, ove dette segni di tutte le virtù e specialmente dell'umiltà, ubbidenza e Carità verso il prossimo: essendosi infatti resa tutta a tutti ora serviva gli ammalati, ora si offriva ad aiutare le consorelle negli uffici più umili della Casa, ora istruiva le fanciulle e godeva presso di esse di tanta autorità ed amabilità che ne correggeva i difetti, ne illuminava l’ignoranza, ne eccitava la neghittosità, ne faceva gli abiti, e da Esse era venerata qual madre, cosa che andava al di là di quanto non lo consentisse la sua tenera età.
Non ancora finito il decennio dall’ingresso nel Collegio di Maria, per disposizione della volontà di Dio, che per Essa disponeva più grandi disegni, suo malgra
do venne tolta dal Collegio dai genitori e ricondotta nella casa paterna.
Per niente allontanandosi dalla sua consueta forma di vivere, era di esempio ed
ammirazione a tutti per lo splendore delle virtù: morta per sè stessa e per il mondo, Essa viveva solo per Iddio, dal quale mai allontanava la sua mente neanche durante il lavoro.
Aborrendo grandemente dai piaceri del mondo, mai si allontanò dal fermissimo proposito di conservare intatta la sua Castità e allontanò da sè, dopo averla più volte ed alquanto fortemente ripresa, una donna che
voleva attrarla all'amore di questo mondo
Avendo pregato il Signore perchè il ricordo di lei si cancellasse dalla memoria di tutti, fatta paga nei suoi voti, fu provata da Dio con vari dolori e malattie e bruciando per ardenti febbri, per un biennio fu costretta a letto e dipoi affetta ancora da altri acerbi dolori del corpo fu lieta di giacere nel letto e per circa sessantacin- que anni vi sostenne pazientissimamente un lungo e duro martiro fino alla morte.
La stessa però affinchè la sua infermità non costituisse fonte di ozio, posti alle spalle dei cuscini, quando le forze glielo consentivano, ora lavorara con le sue proprie mani, ora ricreava il suo spirito con la lettura di pii libri.
Ma Iddio, che i suoi servi suole coprire di celesti delizie, cominciò prestamente ad accumularle sopra di l *i. Rapita frequentemente fuori dei sensi, sostenne
continue ed ammirabili estasi, durante le quali penetròi Misteri Celesti e fu fatta segno a specialissime grazie da parte di Dio; special- mente dopo aver ricevuto il Sacramento dell'Eucaristia, Allora infatti era tanta la elevazione della sua mente in Dio, che a tutti sembrava quasi morta; nè portava in modo veruno ritrarsi dall'estasi, tranne che ne fosse obbligata dalla ubbidienza dal cui timore sempre dipendeva.
Durante queste estasi alcune volte vide il Signore Gesù Cristo veniente con grande splendore che faceva discendere dalle sue cin
que piaghe ai cinque posti del Corpo di Lei, e cioè alle mani, ai piedi ed al costato, nei quali immediatamente apparvero sensibili ferite che emanavano sangue per parecchio tempo.
Da Essa pregato, l'amatissimo Signore coprì questa grazia con una nuova grazia e cioè che Essa sentisse i dolori per le ferite ricevute senza che le stesse fossero appariscenti. Il quale dolore Essa sentiva continuo nel capo ed accresce- vasi sempre il martedì ed il venerdì e per tutto il tempo tra la domenica di Set- tuagesima e la Domenica di Resurrezione, quando era tale e tanto il dolore che soffriva sensibilmente in tutto il Corpo che non a- vrebbe potuto resistere in vita senza un particolare aiuto di Dio.
Munita da tali ed altri presidi sostenne una lunga lotta con i prìncipi delle tenebre Iddio permise che fosse provata dalla aridità,
dalla desolazione e dall'abbandono di tutti e da svariatissime tentazioni, che ne fece un esempio inclito di pazienza e di profondissima umiltà. Donde procedendo nella via della perfezione, ottenne il dono di un'altissima contemplazione della Divina Unione.
Colpita d a ll Amore di Dio languiva ed il suo cuore bruciava di tanto ardore che a stento riusciva a contenerlo nel suo petto tanto che il Signore permise che il suo petto fosse allargato per l'altezza di due costole per circa sei anni prima della Sua morte. Emanava tanto calore nelle parti superiori del suo corpo che la sua faccia era sempre accesa, a- rida la bocca e anche in pieno inverno frequentemente tendeva di temperare con neve, acque gelate e con altri simili lenimenti i brucianti ardori.
Contemplava con sommo ardore e godimento dell'anima i Divini Misteri special- mente la Passione del Cristo Signore e il Divin Sacramento dell’Eucaristia; e desiderando attrarre i cuori degli altri all’amore di Dio, degli stessi Misteri parlava con tanto fervore da eccitare gli animi di chi l’ascoltava ad eccezionale devozione, talora veniva anche presa da tanta forza di amore che, anche se suo malgrado, veniva rapita in estasi dinanzi agli altri.
Nutriva amore sommo alla Vergine Madre di Dio che era solita chiamare madre sua, come Madre dolcissima la venerava con intimo affetto del cuore e chiedeva che dagli altri fosse venerata.
Coltivò e praticò in maniera singolare la Carità verso il prossimo per quanto stava in Lei; fè risplendere la sua carità verso il prossimo sia povero, sia ammalato, che provato da qualsiasi altra tribolazione, specialmente verso ì peccatori e per la toro salute si offriva tutti i giorni pronta a qualsiasi tormento, nè erano alieni dalla sua carità coloro i quali con rimproveri, prove e ogni genere di ingiurie la mortificavano: infatti non solo riceveva con pazienza, somma mansuetudine ed ilarità del viso tali prove, ma ricambiava i suoi avversari con particolare amore, e per essi pregava continaumente Le anime Sante del Purgatorio aiutava con suffragi e preghiere quotidiane.
Cara con tutti ed affabile, ostile e dura piuttosto con sè stessa, dichiarò guerra al
la sua carne: custodi infatti sin dalla puerizia i sensi con somma diligenza e mortificò il suo corpo recalcitrante allo spinto con ogni genere di mortificazione. Infine contro sè stessa si serviva di cihzi e catenelle, così portava le catenelle di ferro alle braccia, gambe ed ai lombi di giorno e di notte, oltre che aveva intessuto le vesti di piccoli oggetti acuminasi, ciò che tuttavia temperò solamente dietro ordine del Confessore. Sottoposta ai digiuni al di là di ogni resistenza umana, per otto anni si astenne da ogni cibo e se qualche volta per compiacere la mamma prendeva qualche cosa, immediatamente tutto rimetteva senza alterazione e solamente per alcun tempo riteneva, tre volte al giorno, una piccola quantità di esso; per il resto del tempo di sua vita faceva uso dei cibi come si trattasse di medicine, tanta ne era la parsimonia e tutti ne restavano ammirati.
Raramente mezz’ora, rarissimamente un’ora intera dedicava al sonno per più anni e passava le sue varie notti veglianti nell'orazione frequente e intenta alla meditazione delle cose celesti; nessun riposo infine concedeva al suo corpo e se qualche sollievo gli accordava ciò faceva per ubbidienza.
Era presa tanto dal desiderio di soffrire che oltre ai sacrifìci volontari e dolori del corpo che soffriva per il Signore, quando le mancasse alcuna insolita tribolazione a Lui ne chiedeva quasi fosse abbandonata.
La fama di queste virtù diffusa per tutto il Reggio e per te altre regioni resero grande il Nome di Vincenza e da ogni parte venivano a Lei ammalati e anche gente vessata da tribolazioni e altri si raccomandavano alle sue preghiere per problemi ardui e duri.
Essa poi oltre la grazia delle guarigioni e il dono delle profezie, risplendè in maniera magnifica nella penetrazione delle coscienze e nella conocsenza degli spiriti.
Malgrado le sue eccelse virtù e i divini carismi fossero ammirati non solo dal popolo, sibbene anche dai superiori e da uomini illustri, Essa rimaneva tanto umile da desiderarne di essere ignorata da tutti e con somma diligenza nascondeva agli altri tutte le grazie che aveva ricevuto da Dio; giacché chiamava s i stessa peccatrice, scellerata, ingrata e barbara vipera.
(segue in 4. pag.)
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Pag. 4 LA VOCE DI SAMBUCA
CASA DEL FANCIULLO: 21 FEBBRAIO 1960 - 21 FEBBRAIO 1964 Cose del passalo che vanno in malora
CONSUNTIVODI QUATTRO ANNI DI ATTIVITÀ’
Il 2) febbraio è una data importante e fondamentale per la Nostra Casa del Fanciullo: il 21 febbraio 1960, appena quattro anni fè, ebbe inizio la nostra grande O- pera che prima di ogni altra cosa fu un ATTO DI FEDE PROFONDA NELLA DIVINA PROVVIDENZA.
Di Fede infatti si è trattato se allora si è saputo dare inizio ad un'Opera, la cui spesa prevista si aggirava nell'ordine dei sessanta milioni, con solo pochissimi soldini in cassa (solo L. 300 mila lire!).
E la nostra sconfinata fiducia nella Divina Provvidenza è stata premiata: a distanza di quattro anni non so-lr> |* p r im a j-^iotra non è ri
masta lì solitariaV*<{imentica- ta, ma sù di essa se s^hq^ta- te collocate mille e mille at tre con la Benedizione di Dio
Il cammino della Gloria
continuai, dalla 3.
Benemerita dei vivi e dei defunti, sopraggiunti acerbissimi dolori a completamento del suo desiderio di soffrire, dal quale era sempre presa, confortata da tutti i Sacramenti della Santa Chiesa, non senza, grazie soprannaturali lieta assistè alla fine della sua vita tra il coro dei Sacerdoti. E ra il 7 aprile 1824, mercoledì della Settimana di Passione.
Appena fu conosciuta la notizia della morte di Vincenza, dalle proprie abitazioni, uscì tanta moltitudine di gente dei due sessi che a stento il Corpo di Lei potè essere portato in Chiesa, ove fu celebrato un funerale con sommo e profondo dolore e le lacrime di tutti.
La Chiesa Madre ove il Suo corpo fu esposto per tre giorni e tumulato, a stento riusciva a contenere la moltitudine dei pellegrini e dei forestieri, giacché artigiani ed agricoltori per poter assistere ai funerali da celebrarsi nel terzo giorno si astennero dal lavoro.
Come se ancora vivesse, il corpo di Lei restò flessibile e fu rinchiuso in una cassa assicurata con tre chiavi e fu seppellito.
Sebbene tolta agli occhi del corpo, tuttavia il nome di Vincenza vive nel cuore di tutti ed al suo sepolcro frequentemente accorrono concittadini e forestieri per raccomandarsi alle sue preghiere.
Sambuca Zabut giorno 10 ottobre 1847.
— Decano Giuseppe Maria ODDO, già Arciprete di questa Terra di Sambuca e Direttore della Serva di Dio Suor Vincenza M. Amoretti.
e l'aiuto dei Buoni.La nostra Casa del Fanciul
lo, frutto dell'ardimento delle nostre buone e brave Suore Orsoline del SS. Crocifisso, del coraggio della Superiora Amelia, della solidarietà di tutti i Sambucesi d'America verso la loro Patria dì origine, nella quale l'Opera veniva a sorgere, oggi è una grande realtà, bella e meravigliosa.
Ricordiamo quel 21 febbraio dell'Anno 1960, di quattro anni fà, quando il Rev.mo Monsignor Calogero CUMBO, Vicario Generale della Diocesi, circondato da mille e mille Sambucesi, grandi e piccini, benedisse e pose la PRIAAA PIETRA della nostra OPERA.
E ricordiamo altresì le parole pronunciate dal Monsi gnore che metteva in risalto 'ardimento, la generosità e
spirito di sacrifìcio della Vadre Amelia e delle Sue
Suore, le quali per l'attuazio- na dì una grande idea non si trattennero dal varcare l'O- ceano in cerca di buoni coo- pe atori, e come l'Opera si pr< spettasse tipicamente cri- sti. ina.- una Casa che servisse di asilo a tanti fanciulli pe farne dei veri e buoni citi adinì del Regno di Dio.
Dggi salutiamo il quarto Ar ni versano di quell'avveni- m«nto che per le sue vicenda ci fece più volte pensare a Don Bosco Santo quando cqn pochi centesimi dette ini- zip a quella grande Opera Sàlesiana nella Città di Roma.I E la salutiamo con la gioia
r el cuore vedendola ormai c reatura nata, prospera e bel-1 ». Pur nella sua incompletez-2 a, la nostra CASA già tro- \ asi nel suo secondo anno di < tfività: nell'anno decorso infatti ebbe inizio il modernissimo ASILO DI INFANZIA
quest'anno 1964 anche il ensionato per Anziani Soli
tari ed il Ricovero dei Bambi- t i poveri e bisognosi.
E la salutiamo con gioia e <on intima soddisfazione seI lensìamo che in quattro an-
il cammino non sempre è tato facile, non senza osta
coli, e non sono mancate an
che le malignità e le lotte.Ma tutto è stato superato
con l'aiuto di Dio e con quello delle anime buone. Siamo peraltro certi di aver compiuto un'Opera che glorifica il Signore e ne esalta la Provvidenza; siamo altresì convìnti di aver fatto un'Opera buona, decente, e- legante anche MA NON OPtiRA DI LUSSO.
Qualche volta qualcuno ha creduto poterci rimproverare che si è fatto un opera di Lusso.
Ribadiamo in questa occasione un concetto: quello che oggi sì vede è frutto semplicemente di buon gusto e di saggezza. Certamente non spendono di meno quelli che fabbricano male e senza buona fantasia.
Noi nell'impiegare le somme che la Divina Provvidenza ci ha fatte pervenire per mezzo dei Buoni (e primo fra tutti il carissimo e tanto meritevole Dottor Nicolas Maggio!) ci siamo fatti guidare da idee precise, da buona fantasia, da buon gusto e anche da ottimo calcolo nel sapere spendere bene.
E da ciò è venuto fuori il MIRACOLO che oggi lascia stupefatti e meravigliati quanti forse spesso parlano o balbettano della Provvidenza, ma che in Essa non sempre sinceramente e profondamente credono.
Mario Risolvente
eaiìDcmacriiFCD
Dopo cinque anni di encomiabile attività e cioè dalla sua costituzione avvenuta nell’Agosto 1958, lascia la teggenza dell'Agenzia della Cassa di Risparmio V.E. di Sambuca di Sicilia il Dottor Michele SORTINO trasferito all'Agenzia di Sciacca, suo luogo di residenza.
Viene a sostituirlo il Dottor Ignazio Pirrone proveniente dall’Agenzia di Naro.
Al Dottor Sortino i nostri migliori auguri per la sua successiva carriera; al Dottor Pirrone il nostro più cordiale benvenuto e gli auguri di buon lavoro!!!
offerte pervenute alla nostra “ Casa”- Il signor Franco Cata-
lanello ha offerto una coperta letto per i fanciulli in suffragio della propria mamma Gallo Angela;
- Joe e Giacoma Maggio da Chicago hanno inviato la somma di $. 100 raccolti tra buoni amici per la nostra Casa del Fanciullo;
3). - il signor Benito Vac- caro il giorno 1. febbraio ha donato un pranzo ai nostri bam
bini per ima grazia ricevuta;
4). - una pia signora daSambuca che vuole mantenere l’incognito ha offerto la somma di L. 50.000;
5). - il signor Maggio Luigida Chicago ha inviato $ 5 per la nostra Casa;
6). - la signora GiacomaCannova in Maggio da Chicago ha inviato la somma di $ 10 per un pranzo ai nostri piccoli per il giorno di S. Giuseppe.
làegue dalla 1. pag.)x tempi camoiarono; cani
biarono le coniazioni ueiie ìamigué eu u teatro lu trascurato. il taoDricato - il tavolato ilei paicoscemco, le scfeùe aei carmi tutto an- uava in rovina, un opera ai grande ornamento per il paese, un'opera frutto di premurose cure e considerevole spesa, rischiava di andare perduta.
lui allora che intervenne il Comune, che in data i tebbraìo 1886 con un contratto notarile, ne divenne il proprietario. Nasceva cosi n teatro Comunale.
La rappresentanza comunale dell epoca si diede subito da tare: vennero iniziate ben presto le opere di restauro, burono riparati i muri esterni, i tetti e per l'occasione tu costruito in mezzo alla volta il lucernario.
Ci fu una gara entusiasta tra i falegnami ed ebanisti per i lavori in legno, mentre fu cura del pittore adornista Domenico Ferrara decorare il Teatro.
Ed il Teatro cittadino cominciò così a vivere la sua intensa vita: in esso vi sono stati esibizioni di compagnie dialettali, di lingua, circhi equestri, spettacoli cinematografici. Veglioni... L'attività recente si chiude all’anno 1956 circa, data in cui è sorta unà questione tra il Comune, proprietario del Teatro, e la Ditta chelo aveva in affìtto. La questione ormai si è risolta, e proprio il 1 marzo il Comune ha avuto consegnato il suo Teatro.
Possiamo ben dire che la storia si ripeter il teatro come è attualmente ha bisogno di restauri: siamo certi che il Comune senza frapporre indugio si darà da fare per ottenere il necessario stanziamento. Un Teatro è un pò il segno di una civiltà, è una palestra di progresso intellettuale di formazione. Dobbiamo quindi far sì che al più presto la cittadinanza abbia il Teatro rimesso a nuovo. Qualsiasi progetto per il futuro è fuor di luogo, tuttavia ci permettiamo di suggerire la creazione del Piccolo Teatro Sambucese, che giovandosi delle prestazioni delia gioventù serva a portare sulle scene i più autorevoli e discussi lavori del teatro contemporaneo, allineando il nostro popolo alle correnti di pensiero contemporanee.
Rivolgiamo la nostra preghiera all’Assessore al Turismo e Spettacolo perchè intervenga finanziando i necessari lavori di restauro.
Spesso, in campo regionale, si parla di creare ex novo ora una cosa ora un’altra.
Ma non sarebbe più opportuno volgere la nostra attenzione a ciò che già esiste e che ha bisogno di qualche ritocco per diventare perfettamente funzionale?
11 tema, su cui ritorniamo a distanza di quattro anni, è sempre attuale e scottante. lì perchè scottante non se ne vuole parlare. L'Amministrazione Comunale, se non andiamo errati, quattro anni fa, concluse una lunga lite per riavereil Teatro Comunale che a- veva ceduto in aifìtto ad una società dì privati cittadini. Si sperava che, in seguito ad una tale vittoria riportata coram judicibus, ne venisse fuori qualcosa di buono; un impegno magari che dinnanzi alla cittadinanza ed alla pubblica opinione, e principalmente di fronte alla storia di Sambuca, giustificasse la controversia deU'Amministrazione per riottenere subito lo stabile.
Preveniamo la risposta deU’Amministrazione Comunale, che già conosciamo, e dalla cui presunta ineluttabilità gli amministratori non sono stati sin’ora capaci di svincolarsi.
L'Ufficio Tecnico Comunale, tempo addietro, aveva pensato ad una vasta progettazione di restauri. Tutto fu sospeso quando il Genio Civile, in ottemperanza a nuove disposizioni di legge, sentenziò che il Teatro Comunale di Sambuca non presenta gli accorgimenti ed i requisiti indispensabili per essere dichiarato funzionale m ordine agli spettacoli. Corridoi troppo angusti, porte di accesso ai palchetti non regolamentari, Uscite di sicurezza poco conformi ai moderni criteri di costruzione ecc...
In base a questo verdetto il Comune si sentì disar
mato e trovò così bella formulata la scusa per scrollarsi d'addosso una similerogna.
A quanto ci risulta, da al-lora ad oggi, nessuna nuova soluzione è stata escogitata dall'Amministrazione per vedere quello che c ’è da fare del Teatro Comunale.
Intanto si richiede una soluzione. Non è una grave colpa mandare in malora una gloria delle nobili tradizioni culturali di Sambuca?
Non c ’è niente da fare! D’accordo! Ma non si potrebbe escogitare una progettazione di salvataggio di quanto è salvabile riattando il vecchio edificio in conformità alle esigenze moderne di sicurezza, di garanzia e di stabilità?
E se anche quest’altra soluzione presentasse insor: montabili difficoltà perchè non pensare a collocare al suo posto un grande « auditorium » con palcoscenico da servire esclusivamente per convegni, concerti, assemblee, esibizioni teatrali a carattere drammaticQ- cul turale?
Auspichiamo una soluzione, anche moderna, che non mortifichi la tradizione e che, anzi, innestandosi in essa continui le glorie del passato.
E poiché siamo in tema di « cose del passato » chiediamo aH’Amministrazione Comunale se conta di interessarsi ai restauri dell'antico acquedotto, volgarmente chiamato « Archi » e che costituisce una delle più belle attrattive cittadine oltre ad essere un monumento artistico indiscutibile.
PATATE E CIPOLLE(Segue dalla 1. pag.)
sformate in rotabili tutte le trazzere; che si portasse la luce elettrica nelle campagne; che si desse la possibilità ai nostri coltivatori di abitare in campagna senza far loro sentire la nostalgia della città che oltre ad offrire conforti offre maggiore guadagno; che si riuscisse a tamponare l’emorraggia dell’emigrazione a tutto guadagno dell’incremento agricolo, tosto che l'agricoltura venisse seriamente curata e liberata dalla grande malattia dalla quale è affetta.
Purtroppo di tutto questo i maggiori responsabili della vita politica siciliana e provinciale non se ne occupano. Di tanto in tanto si legge su qualche quotidiano, i cui corrispondenti, presi dall'euforia dei discorsi e delle promesse, scrivono iperboliche corrispondenze: «Importante riunione alla Cantora di Commercio per studiare i problemi della nostra agricoltura »; oppure «Riunione di studiosi presso la sede del Partito tale dei tali per risolvere i problemi agricoli»; e ancora: «/ parlamentari del Partito X si sono impegnati a salvare le sorti della nostra agricoltura»! Ma la realtà resta quella che è: da dieci anni non si fa nulla per l'agricoltura.Da un quinquennio a questa parte si vanno distri
buendo i miliardi del « Piano Verde », di cui parecchi proprietari terrieri, si servono per prestarli, ottenuti che li abbiano, ad usura, a dei poveri infelici; altri piccoli coltivatori ottengono prestiti al 496, ed essi, a loro volta li cedono al 12 e al 15%; altri infine non ottengono nulla e si contentano di pagare le sole tasse dando a pascolo gli spezzoni che possiedono.
Piaghe mollo dolorose sono quelle della nostra agricoltura e vorremmo fotografarle tutte per dire la nostra grave parola nella sola speranza che s i corra al più presto possibile ai rimedi.I rimedi però vanno applicati con urgenza, acuta-
tezza e, trattandosi di un mate a carattere epidemico, su scala programmatica.