VOCE · del continente, si è occupata in questi giorni, se non altro per la rara singolarità...

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Di rettore Roap. o Propr. alfonso di Giovanna Redattore FRANCO la barbera iMrtfjofw Anuntruitmiiorw Agrigento • Via Ateneo, 296 • T «L 23052 ^lui Tribunal* Sciocca N. 1 dei 7-1 Ì959 Abbonamento annuo . L. 1.000 Benemerito ........................ » 2.000 Sostenitore ................. » 3.000 Estero ......................... $ 5 Servitevi del c/e p. 7,8724 UNA COPIA L. 100 VOCE di Sambuca In 3 pag. Il cammino della Gloria Redazione d'America. FELIX VETRANO 25 Wyckoff Avenue BROOKLYN 37 - N. Y. Anno VI - Febbraio 1964 MENSILE DI VITA CITTADINA SpecL Abb. Postale III gruppo PATATÉ| e cipolle * La cronaca dei quotidiani piemontesi e, in genere del continente, si è occupata in questi giorni, se non altro per la rara singolarità della cosa, di episodi di protesta, inerente alla crisi agricola, che non possono non fare riflettere, data la persuasività della ma niera, piuttosto vivace e croncreta, con cui si sono svolti. I Coltivatori Diretti di Cuneo, il 17 febbraio, spedivano 50 quintali di patate al Ministro Moro, e a quelli dell Agricoltura e del Commercio. Domenica 23 febbraio, migliaia di sacchetti contenenti cipolle e patate sono state regalate, a Tortona e nell'Alessan drino, agli automobilisti e ai passanti per le arterie nazionali. Se questi episodi li colleghiamo con altri simili e più desolanti avvenuti nell'estate scorsa a Verona, dove i contadini, hanno rovesciato per le vie cittadine svariati quintali di mele piuttosto che ce derle sul mercato a L. 5 al chilo, il nostro ramma rico si fa più profondo e la nostra preoccupazione più viva. Ormai, si sa da lutti, la crisi agricola è in pieno sviluppo da parecchi anni e investe anche le nostre contrade, in maniera più tragica che non il continente, dove almeno gli agricoltori possono prendersi il lus so, quando le cose non vanno per il verso, di rega lare cipolle e patate e di coprire le piazze delle loro città di frutta raccolta. Da noi la crisi ha raggiunto l’essenza stessa dell'agricoltura per cui, invece di produrre e svendere (cedere « a te pigliatillu »), oggi non si coltivano più i terreni o non li si coltiva co me si dovrebbe ad evitare l’autodistruzione di quanto si può raccogliere. Qualche anno fa abbiamo segnato quello che è av venuto a Ribera, dove i contadini avrebbero dovuto cedere le susine e le pesche a L. 5 al chilo al com merciante grossista che le avrebbe portato sul mer cato a L. 100. Quei coltivatori hanno lasciato marcire la frutta, a titolo di concimazione, ai piedi delle piante. E' in atto, in alcune zone della nostra provincia, la raccolta del primaticcio dei piselli; orbene i con tadini saranno presi alla gola e dovranno cedere il frutto delle loro fatiche ad un prezzo di gran lunga inferiore al prezzo con cui i mercanti li rivenderanno sulle piazze di Palermo, di Roma o di Milano. Si arriva così all’assurdo che il commerciante realizza il triplo di quanto possa percepire il produttore. E la crisi scava solchi sempre più profondi. A parte il carattere generale, in campo MEC, delle varie crisi ed in specie di quella agricola, la no stra crisi agricola regionale, ed in particolare quella provinciale, presenta aspetti del tutto sui generis che si è sprofondata in abissi irraggiungibili da un decennio a questa parte. Le cause? Da queste colonne, in più occasioni, ab biamo tentato di scoprirle e di additare agli organi responsabili i rimedi per riuscire, in parte, a creare, per lo meno, quelle elementari infrastrutture, idonee a rilanciare, appena si presenta la volta buona per l’agricoltura, l’attività più peculiare, dal punto di vi sta sociale ed economico, della nostra provincia. Ma i nostri uomini si interessano di problemi di «alta politica»; questi invece sono problemi di « terra» ai quali non si degnano-di dedicare le loro preoccupa zioni. Noi abbiamo ripetutamente insistito perchè si desse grande sviluppo ed incoraggiamento alla crea zione dei consorzi tra coltivatori alto scopo di tute lare i loro interessi; che si creassero industrie con serviere capaci di fagocitare il sopraprodotto senza detrimento dell’economia agricola; che venissero tra- A. D. G. (Segue in 4.a pag.) Cose del passalo che vanno in malora Il Teatro Comunale egli I r c lf muoiono ili giorno in giorno Per il teatro, cantato da Vincenzo Navarro, si chiede una soluzione anche moderna ma che non mortifichi la tradizione • All’Amministrazione del Comune spetta l ultima parola Quattro anni fa, anno se condo del nostro mensile, N. 3 - Marzo I960, pubblica vamo sotto il titolo «Il TEA TRO COMUNALE DI SAM BUCA », il seguente artico lo, che riportiamo qui sot to per intero, allo scopo di puntualizzare un grosso pro blema al quale nessuno vuo le pensare. « La Voce di Sambuca » - Anno II. n. 3 - Marzo 1960 « Il Teatro Comunale di Sambuca ». Il Teatro Comunale di Sambuca, che sorge nei pressi della Porta di S. Ma ria, fu edificato verso l'an no 1849-1850, da parte di un gruppo di cittadini cui sta vano a cuore le sorti della gioventù intellettuale e il progresso sociale del paese. Di questo teatro parla il Navarro, che ne visse la co struzione e che così espres se sull'Arpetta: « Nuovo splendidissimo ornamento sorge in Sambu ca: un teatro costruito tut to di pianta e degno della moderna civiltà. Esso si va perfezionando a spese dei benemeriti cittadini Dome nico Giacone Dott. Salvato re Merlini, dott. Salvatore Ciaccio, Notaro Giuseppe Giacone; Antonio Oddo di Mario, e del dott. Gioacchi no La Genga di Emanuele Esso non è ancora del tut to compiuto, poiché vi man cano gli adorni, pure fa bel la mostra di sè per tre bel lissime file di palchi, e per un grande palcoscenico, do ve l’egregio scenografo Pla L'antico acquedotto, «gli archi» caratteristico monumento che lentamente si distrugge cido Carini, specialmente per vivezza di cromatica ec cellenza di prosperità ha spiegato tutta la sua am mirabile valentia. Del nostro Teatro Comu nale parla pure l’Abate Amico nel Dizionario Geo grafico della Sicilia. Degni di nota in questo Teatro sono, parla il Giaco ne ne la « Storia di Sambu ca »: la grande volta della platea costruita in gesso ed il magnifico arco armonico, E’ pure ammirabile il sipa rio e la varia scenografìa consistente in una bella gal leria, un bel salotto, una camera con porta nel cen tro, un sotterraneo ed un bosco, in meritata lode del Carini. Per la pianta e per tutte le opere di costruzione del teatro ne fu direttore il Gia cone. E parlando di lui co sì si esprime il Navarro: « E per te Adranon qui in riva sorge e pur per altri cittadini onesti or bello e intero un nobil teatro, che di aurea civiltate un segno porge... ». (Segue in quarta pagina) Per i Sambucesi d’America T EI Il teatro comunale che oggi va in rovina Dagli Stati Uniti d'America e dal Sud America, ac cettiamo solamente abbonamenti «c per via aerea » il cui importo è di I 5.00. Questa decisione la prendiamo allo scopo di ov viare gli incovenienti derivanti dal ritardo del recapito del nostro giornale. In tal modo siamo sicuri di non ricevere più lo lamentele che parecchi abbonati fanno per avere rice vuto con ritardo o per non avere ricevuto affatto il no* stro mensile. Pertanto a partire dal mese di marzo non inviere- mo più il giornale a quei vecchi abbonati che non rin novassero al più presto l'abbonamentol PER USA E SUO AMERICA SOLO PER AIR MAIL VIA AEREA % . 5.000 Fate pervenire il vostro abbonamento al nostro re dattore USA: Felix Vetrano 25 Wyckoff Avenue BROOKLYN 37 - N. Y. oppure al nostro Direttore: ALFONSO DI GIOVANNA Via Atenea, 296 - AGRIGENTO

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Di re t to re Roap . o Propr.

alfonso di GiovannaRedattore

FRANCO la barbera

iMrtfjofw Anuntruitmiiorw Agrigento • Via Ateneo, 296 • T «L 23052

^lui Tribunal* Sciocca N. 1 dei 7-1 Ì959

Abbonamento annuo . L. 1.000B e n e m e r i t o ........................ » 2.000Sostenitore.................» 3.000E s te ro ......................... $ 5

Servitevi del c/e p. 7,8724

UNA CO PIA L . 100

VOCEdi Sambuca

In 3• pag.

Il cammino della Gloria

Redazione d'America. FELIX VETRANO 25 Wyckoff Avenue

BROOKLYN 37 - N. Y.

Anno VI - Febbraio 1964M E N S I L E DI V I T A C I T T A D I N A SpecL Abb. Postale III gruppo

P A T A T É | ■e cipolle *

La cronaca dei quotidiani piemontesi e, in genere del continente, si è occupata in questi giorni, se non altro per la rara singolarità della cosa, di episodi di protesta, inerente alla crisi agricola, che non possono non fare riflettere, data la persuasività della ma­niera, piuttosto vivace e croncreta, con cui si sono svolti.

I Coltivatori Diretti di Cuneo, il 17 febbraio, spedivano 50 quintali di patate al Ministro Moro, e a quelli dell Agricoltura e del Commercio. Domenica 23 febbraio, migliaia di sacchetti contenenti cipolle e patate sono state regalate, a Tortona e nell'Alessan­drino, agli automobilisti e ai passanti per le arterie nazionali. Se questi episodi li colleghiamo con altri simili e più desolanti avvenuti nell'estate scorsa a Verona, dove i contadini, hanno rovesciato per le vie cittadine svariati quintali di mele piuttosto che ce­derle sul mercato a L. 5 al chilo, il nostro ramma­rico si fa più profondo e la nostra preoccupazione più viva.

Ormai, si sa da lutti, la crisi agricola è in pieno sviluppo da parecchi anni e investe anche le nostre contrade, in maniera più tragica che non il continente, dove almeno gli agricoltori possono prendersi il lus­so, quando le cose non vanno per il verso, di rega­lare cipolle e patate e di coprire le piazze delle loro città di frutta raccolta. Da noi la crisi ha raggiunto l’essenza stessa dell'agricoltura per cui, invece di produrre e svendere (cedere « a te pigliatillu »), oggi non si coltivano più i terreni o non li si coltiva co­me si dovrebbe ad evitare l’autodistruzione di quanto si può raccogliere.Qualche anno fa abbiamo segnato quello che è av­

venuto a Ribera, dove i contadini avrebbero dovuto cedere le susine e le pesche a L. 5 al chilo al com­merciante grossista che le avrebbe portato sul mer­cato a L. 100. Quei coltivatori hanno lasciato marcire la frutta, a titolo di concimazione, ai piedi delle piante.

E ' in atto, in alcune zone della nostra provincia, la raccolta del primaticcio dei piselli; orbene i con­tadini saranno presi alla gola e dovranno cedere il frutto delle loro fatiche ad un prezzo di gran lunga inferiore al prezzo con cui i mercanti li rivenderanno sulle piazze di Palermo, di Roma o di Milano. Si arriva così all’assurdo che il commerciante realizza il triplo di quanto possa percepire il produttore. E la crisi scava solchi sempre più profondi.

A parte il carattere generale, in campo MEC, delle varie crisi ed in specie di quella agricola, la no­stra crisi agricola regionale, ed in particolare quella provinciale, presenta aspetti del tutto sui generis che si è sprofondata in abissi irraggiungibili da undecennio a questa parte.

Le cause? Da queste colonne, in più occasioni, ab­biamo tentato di scoprirle e di additare agli organi responsabili i rimedi per riuscire, in parte, a creare, per lo meno, quelle elementari infrastrutture, idonee a rilanciare, appena si presenta la volta buona per l’agricoltura, l’attività più peculiare, dal punto di vi­sta sociale ed economico, della nostra provincia. Ma i nostri uomini si interessano di problemi di «alta politica»; questi invece sono problemi di « terra» ai quali non si degnano-di dedicare le loro preoccupa­zioni.

Noi abbiamo ripetutamente insistito perchè si desse grande sviluppo ed incoraggiamento alla crea­zione dei consorzi tra coltivatori alto scopo di tute­lare i loro interessi; che si creassero industrie con­serviere capaci di fagocitare il sopraprodotto senza detrimento dell’economia agricola; che venissero tra-

A. D. G.

(Segue in 4.a pag.)

Cose del passalo che vanno in malora

Il Teatro Comunale e gli I r c lf muoiono ili giorno in giornoPer il teatro, cantato da Vincenzo Navarro, si chiede una soluzione anche moderna ma che non mortifichi la tradizione • All’Amministrazione del Comune spetta l ultima parola

Quattro anni fa, anno se­condo del nostro mensile, N. 3 - Marzo I960, pubblica­vamo sotto il titolo «Il TEA­TRO COMUNALE DI SAM­BUCA », il seguente artico­lo, che riportiamo qui sot­to per intero, allo scopo di puntualizzare un grosso pro­blema al quale nessuno vuo­le pensare.

« La Voce di Sambuca »- Anno II. n. 3 - Marzo 1960 « Il Teatro Comunale di Sambuca ».

Il Teatro Comunale di Sambuca, che sorge nei pressi della Porta di S. Ma­ria, fu edificato verso l'an­no 1849-1850, da parte di un gruppo di cittadini cui sta­vano a cuore le sorti della gioventù intellettuale e il progresso sociale del paese.

Di questo teatro parla il Navarro, che ne visse la co­struzione e che così espres­se sull'Arpetta:

« Nuovo splendidissimo ornamento sorge in Sambu­ca: un teatro costruito tut­to di pianta e degno della moderna civiltà. Esso si va perfezionando a spese dei benemeriti cittadini Dome­nico Giacone Dott. Salvato­re Merlini, dott. Salvatore Ciaccio, Notaro Giuseppe Giacone; Antonio Oddo di Mario, e del dott. Gioacchi no La Genga di Emanuele Esso non è ancora del tut to compiuto, poiché vi man cano gli adorni, pure fa bel la mostra di sè per tre bel lissime file di palchi, e per un grande palcoscenico, do­ve l’egregio scenografo Pla­

L'antico acquedotto, «gli archi» caratteristico monumento che lentamente si distrugge

cido Carini, specialmente per vivezza di cromatica ec­cellenza di prosperità ha spiegato tutta la sua am­mirabile valentia.

Del nostro Teatro Comu­nale parla pure l’Abate Amico nel Dizionario Geo­grafico della Sicilia.

Degni di nota in questo Teatro sono, parla il Giaco­ne ne la « Storia di Sambu­ca »: la grande volta della platea costruita in gesso ed il magnifico arco armonico, E’ pure ammirabile il sipa­rio e la varia scenografìa consistente in una bella gal­leria, un bel salotto, una camera con porta nel cen­tro, un sotterraneo ed un bosco, in meritata lode del Carini.

Per la pianta e per tutte le opere di costruzione del teatro ne fu direttore il Gia­

cone. E parlando di lui co­sì si esprime il Navarro:

« E per te Adranon qui in riva sorge e pur per altri cittadini onesti or bello e intero un nobil teatro, che di aurea civiltate un segno porge... ».

(Segue in quarta pagina)

Per i Sambucesi d ’America

T E I

Il teatro comunale che oggi va in rovina

Dagli Stati Uniti d'America e dal Sud America, ac­cettiamo solamente abbonamenti «c per via aerea » il cui importo è di I 5.00.

Questa decisione la prendiamo allo scopo di ov­viare gli incovenienti derivanti dal ritardo del recapito del nostro giornale.

In tal modo siamo sicuri di non ricevere più lo lamentele che parecchi abbonati fanno per avere rice­vuto con ritardo o per non avere ricevuto affatto il no* stro mensile.

Pertanto a partire dal mese di marzo non inviere- mo più il giornale a quei vecchi abbonati che non rin­novassero al più presto l'abbonamentol

PER USA E SUO AMERICA SOLO PER AIR MAIL VIA AEREA %. 5.000

Fate pervenire il vostro abbonamento al nostro re­dattore USA: Felix Vetrano 25 Wyckoff Avenue BROOKLYN 37 - N. Y.

oppure al nostro Direttore: ALFONSO DI GIOVANNA Via Atenea, 296 - AGRIGENTO

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Pag. 2 La Voce di Sambuca

P A N O R A M A G E O F I S I C O

Questo nostro PaeseLa Signora V in ce n za C ip o lla

ci ha lasciali per sem pre

D I S T R I B U Z I O N E D E L L E C O L T U R E

Di tanto in tanto si scri­ve sul nostro Comune per quanto riguarda le sue ca­ratteristiche paesaggistiche, per le note dominanti del suo buon popolo operoso e tranquillo, per le sue tradi­zioni storiche, e forse mai è stato scritto qualcosa sul­le sue note geofisiche, a eru­dizione degli stessi abitanti.

Vogliamo perciò in que­sta sede dime qualcosa an­che se in maniera molto e- lementare, e crediamo di fa­re cosa buona e gradita.

Sambuca di Sicilia sorge sul declivio di una pittore­sca collina alle falde del Monte Genuardo, una delle più alte vette della Sicilia, dalla quale è possibile ve­dere estesi e vaghissimi pa­norami

La sua latitudine è di gra­di 37,40 a Nord dell’Equa- tore e la longitudine di gra­di 10,45 ad Oriente del Me­ridiano di Greenwich.

Ha una superficie territo­riale di ettari 9.558 e com­prende la parte Nord-Occi­dentale della Provincia di Agrigento, confinando a Nord con il Comune di Con­tessa Entellina (Palermo), a Sud con il Comune di Sciacca, a Ovest con i Co­muni di S. Margherita Be- lice e Menfi, a Est con il Comune di Giuliana.

I suoi confini sono in gran parte costituiti da li­nee naturali A nord infat­ti il confine passa sulla cre­sta del Gruppo Montuoso: Serralunga, Castagnola e Monte Genuardo; a Sud per il Corso del Torrente Rin- cione, a Est è limitato dal Torrente Landori, a Ovest dai Valloni La Cava e Gua- ricciola.

II Terreno si estende da

quota 90 nella parte bassa del Torrente Rincione a quota 1180 del Monte Ge­nuardo. L’Altitudine Media è tra i mt. 350 e i mt. 600,

L'Abitato è ai piedi della zona montuosa con l'altitu­dine di mt. 300 sul livello del mare.

Geologicamente il terreno comprende numerose for­mazioni che vanno dai ter­reni del Secondario a quel­li del Terziario; mancano il primario ed il quaterna­rio. Il recente copre limi­tate superfici dell’ultima parte del Torrente Rincio­ne. E' fresco nel periodo Autunno - Invernale, caldo ed asciutto nelle altre sta­gioni.

Più particolarmente la più antica formazione geo­logica si riferisce al TRIAS con la Dolomia rosea e gri­gia a consistenza compatta, talvolta farinosa od arena­cea, poi il LIAS (Calcare se­mi-cristallino), ed appresso il Giurese (Calcare-Marno­so)

Queste formazioni si ri­scontrano sul Monte Ge­nuardo (parte bassa costi­tuita dalla Dolomia, parte media dal LIAS, e cima dal Giurese).

Si ritrovano pure forma­zioni di LIAS a Portella di Gioja, in Contrada Vanera e a S. Biagio.

Il cretaceo ha notevoli e- stensioni tra Rocca Rossa e Monte Gioja.

Ma lo sviluppo più evi­dente è assunto dal Terzia­rio che vi appare con l'Eo­cene, il Miocene ed il Plio­cene. Il primo e cioè l’Eo­cene ha anche notevoli quantità di argille scaglio­se che ricoprono il limite Sud-Orientale del Territo-

DI C I L ’ A N T I C U . . .a cura di Adirano di Terrevecchia

“IM iii ’nceica di li tUiccMmi e [tesidu, ti uidaMi’’

(%uùx ut ce\ca dette cù-tdiceMe e fie>uLo- le (Udacce)

ovvero della sfortuna

Il proverbio va perifrasa­to così: « Mi affatico per trovare il poco e perdo il molto... ».

Viene citato a significare la sfortuna che perseguita il lavoratore in genere e il contadino in particolare, specie nelle pessime annate di raccolto.

L'efficacia del proverbio è

messa in evidenza dal rap­porto tra « saccosimi » (cor­dicelle con cui si legano le bisacce) e « visazzi » (i ben capaci sacchi di lana), che evidenzia al tempo stesso la gravità della perdita su- lita.

1 contadini, lo citano fre­quentemente.

rio (Contrada S. Giacomo); il Miocene, ricco di argille sabbiose, lo si trova nelle Contrade Sparacia e Serro- ne; il Pliocene ricade nel Bacino Carboy.

I venti dominanti sono quelli di Ponente e di Le­vante: quest'ultimo nel me­se di maggio assume carat­tere impetuoso.

Le precipitazioni nevose; gravitano sul Gruppo del Monte Genuardo e anche sulla Gran Montagna.

II Clima ha una tempera­tura media annua di 17,2 con un massimo di 38. ed un minimo di 0,9.

L 'Idrografia è costituita dal Vallone Guaricciola, Val­lone Fondacazzo, Vallone Landore, Vallone S. Giaco­mo, Torrente Rincione; il Vallone Landore pur svol­gendosi nel Territorio di Sambuca alimenta il Fiume Verdura nel Territorio di Ribera.

L 'Orografia è costituita dal Gruppo Montuoso del Genuardo (mt. 1180) e dal­la G r a n M o n t a g n a (mt. 800?).

Distribuzione delle coltu­re: dalle risultanze Catasta­li può farsi la seguente clas­sifica circa la superficie a- graria e forestale: a Seminativi semplici:

ettari 5.900 a Seminativi Arborati:

ettari 496 a terreni irrigui:

ettari 20 a Vigneti: ettari 134 a Oliveti: ettari 200

a Mandorleti: ettari 12 a Pascoli (in parte oggi rim­boschiti): ettari 2.300

rimboschimen to : ettari 190

Incolti: ettari 33 Totale Superficie agraria e Forestale: ettari 9,285

La superficie dei semina­tivi che prima corrisponde­va a circa il 73% della su­perficie agraria e Foresta­le, oggi è notevolmente ri­dotta per l’esodo della ma­nodopera.

I pascoli hanno buona co­tica erbosa; quà e là taluni sono infestati da Empelode- sma Tenax (disa) e di Cha- maerops Cumilis (palma nana).

II Bosco più antico è sul Monte Genuardo: in otti­mo stato di conservazione e ben curato dai proprieta­ri, è costituito da Rovere e Leccio, ed è allevato a Ceduo.

E' in via di costituzione il Rimboschimento della Gran Montagna.

M- JR.

PROBLEMI DI IRRIMCIABILE SOLUZIONEIl Vallone del Pisciaro, la

Piazza Collegio, la Via Edu­candario e la Via S. Lucia ri­mangono ancora dei desola­ti posti intransitabili, e pen­sare che alcune di queste vie sono arterie di transito quotidiano e molto impor­tanti.

Ci risulta che il Progetto

per la sistemazione delle dette strade interne è stato redatto dall’Ufficio Tecnico Comunale ed avviato all’On. Assessorato Regionale per i LL. PP. e che è stato appro­vato in sede Tecnica.

Noi ci auguriamo che presso l'Assessorato compe­tente si voglia ancora una

Lu pilligrinaggiu di Paulu VIPaulu VI in Terrasanfal O granni avvinimentu dighu di memoria!La fama nta lu munnu già si spanni e scrivi già 'na pagina di storia!

Arrivatu chi fu nta lu Giordanu, dunni Gesù si fìci vattiari,Paulu VI la so santa manu vagnau cu l’acqui e si misi a prigari,

Traslu a Gerusalemmi. Circunnatu di Crisfu l'Illustrissimu Vicariu da un populu Astanti, entusiasmatu, iniziau la Via di lu Calvariu.

Vitti lu Munti di l'Olivi, vitti di Giosafà la Vaddi mistiriusa dunni omini boni e mmalidìtti si truvirannu un ghiornu a la rinfusa.

Lassau Gerusalemmi e ad Israeli juncìu e Nazarèni visitau dunni a la Virginedda Gabrieli la nascita di Cristu annunziau.

Vitti lu Mari di la Galilea, di li Beatitudini lu Munti dunni Gesù a la genti plebea dissi paroli chi 'un sarannu smunti.

Turnau a Gerusalemmi e doppu tanti binidizionì dati a varii populi, o meravigghial, abbrazzau fìstanti lu Patriarca di Custantinopulil

Parlau lu nostru Papa di cuncordia e la parola d'Iddu non fu vana; vosi livari ogni trista discordia tra la chiesa ortodossa e la rumana.

Di Bittilemmi visitau la Grutta e ci purtau la Chiesa a lu Signuri ed a l'umanità prisenti tutta parlau di beni, di paci e d'amuri..

E tutta Roma cu 'na gioia tanta, doppu lo so ritornu, ripitia:« Cu Paulu VI nni la Terrasanta avvìnni 'na secunna Epifania) »

Pietro La Genia

volta dimostrare sensibilità per i problemi della viabi­lità interna di Sambuca e si voglia quindi finanziare il detto progetto al più presto per vedere cosi cancellate autentiche vergogne inde­gne per l'Anno di Grazia 1964.

D’altra parte ci auguria­mo che l’Amministrazione Comunale voglia provvede­re a far preparare il proget* to per la sistemazione della Via Concezione in maniera da vedere così completato tutto l'anello viario della cosiddetta Via detle Proces­sioni.

P R E C I S A Z I O N E

Nel numero di gennaio 1964, seconda pagina secon­da colonna terzo capoverso « Contrada Adragna », si è parlato di un progetto aP" provato in linea tecnica per la somma di L 20 milioni

. senza specificarne la desti­nazione

S i sarebbe dovuto dire che detta somma riguarda l'ampliamento della ||lf idrica nella Corttradra di Adragna.

Leggale a diffonde**

H a . 'V o c edi yfamiot*

Il 21 gennaio 1964, come da noi annunziato nell’ulti­mo numero del nostro giornale, si è spenta a Sam­buca la sig.ra Vincenza Ci­polla nata Salvato, madre di Joe Cipolla e suocera di Felice Vetrano e Salvatore Montana.

Era nata a Sambuca di Sicilia il 19 Dicembre 1893.

Il “ Piano verde “Ha già avuto inizio il Can­

tiere di Lavoro per la Al­beratura delle Vie seguenti: Corso Umberto I-, Via Cir- cumvallazione, Via del Ci­mitero e Stradale di Adra­gna.

Moglie devota e affettuosa, madre esemplare, resta nel­la memoria di quanti han­no avuto la fortuna di cono­scerla per la preclarità del­le sue virtù. Sempre sorri­dente ed affabile consacrò la sua vita in totale dedizio­ne alla famiglia; il sorriso sulle sue labbra non scom­parve neppure tra le soffe­renze che, negli ultimi tem­pi, hanno travagliato il suo corpo. E fu una prerogativa della sua vita affrontare j dolori e le sofferenze con rassegnazione cristiana e fi­ducia in Dio, insegnando ai figli e a chi le stava vicino a risolvere con fede viva i contrasti più duri della vi­ta. Ai suoi figli lasciò un re­taggio non comune di virtù, avendoli educati ai più rigo­rosi principi della morale e della vita cristiana.

Siamo sicuri che il Signo­re ha dato a lei il premio dei giusta e che il conforto cri­stiano consola i congiunti per una sì grave perdita. Dalie nostre colonne vada­no a tutti i parenti, al figlio Joe, alla figliuola Mica e sposo. Felice Vetrano, alla figliuola Albertina e sposo, Salvatore Montana, le no­stre religiose condoglianze.

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||| Voce di Sambuca Pag. 3

:» STORIA « ARTE « ATTUALITA* < [■— ) IL CAMMINO DELLA GLORIASuor Vincenza Maria Amorelli attraverso le note biografiche del Can. Giuseppe M. O ddo - Una lunga vita di

martirio nell’esercizio delle virtù eroiche per la conquista della santità D| M msOLVEINITE

Nei nostri Archivi Parroc- cftiali oltre ai tanti docu­menti, dichiarazioni giurate, insomma l’insieme del Car­teggio riguardante la Causa di Beatificazione della Ser­va di Dio Suor Vincenza Ma­ria Amorelil, esistono alcu­ni libretti scritti dai Con­fessori e Direttori di Spirito della Serva di Dio.

Uno di essi libretti, scrit­to in ottimo stile latino, a- vente tutto il sapore e la precisione e concisione di Lezioni da Breviario, è do­vuto al cuore ed alla valoro­sa penna di quel grande Uomo di Dio che fu il Deca­no del Capitolo Cattedrale Agrigentino Monsignor Giu­seppe M. ODDO, il quale pri­ma di assurgere gli alti in­carichi Diocesani, fu Arci­prete della Comunità Sam- bucese e ultimo Direttore Spirituale della Serva dì Dio,

Nel 1847 essendo, venuto Monsignore in Sambuca per procedere alla esumazione del venerabile Corpo della Serva di Dio «per assicura­re lo Stesso per la di Lei Canonizzazione » scrisse le note biografiche di cui so­pra e le datò sotto il 10 ot­tobre 1847.

Il giorno 11 ottobre 1847, in cui avvenne la esumazio­ne del Corpo della Serva di Dio, una copia di dette no­te biografiche scritte dal Decano Oddo fu collocata dentro la Cassa riseppelli­ta e sigillata con il Corpo della Serva di Dio, compie­gata dentro una custodia di piombo.

Pensiamo di far cosa gra­dita ai nostri Lettori dando qui di seguito la traduzione del documento dovuto al cuore ed alla penna di così valido, prestigioso ed auto­revole Testimonio delle vir­tù della Nostra Serva di Dio.

Mario Risolvente

Vincenza nacque a Sam­buca Zabut, non senza par­ticolare aiuto di Dio, dai pii genitori Epifanio Amorelli e da Natala Gurrera il 16 set­tembre 1737 (Fu battezzata il giorno appresso e cioè il 17 settembre dello stesso anno 17371).

La madre sua infatti, du­rante il parto subì tanti in­cidenti e si trovò in tanti Pericoli che da tutti si di­sperava potesse riuscire a portare a compimento la sua decima impresa di ma­ternità.

Consci dela speciale gra­zia di Dio ricevuta, il felice Parto fu attribuito alle in­tercessioni dela Bealtissima Vergine dell’Udienza e di » Vincenzo Ferreri; ad Es- Sl infatti la Madre racco­

mandava sè stessa e la pro­le che portava in seno fa­cendo voto che, se fosse u- scita incolume da tanti pe­ricoli, alla prole avrebbe im­posto il nome di S. Vincen­zo. Il voto che aveva fatto adempì con religiosità e fe­delmente e battezzata che ebbe la sua bambina la chia­mò « Vincenza ».

La stola dell’innocenza, che ricevette in questo Sa­cramento conservò illibata sino alla morte e non la con­taminò, per tutto il corso della sua vita, mai di alcu­na colpa del tutto volonta­ria.

Infatti Vincenza, educata con pietà e diligenza dai ge­nitori, e prevenuta dalla Grazia di Dio, sin dal pri­mo uso della ragione, det­te illustri e chiarì segni di virtù. Respingendo tutti gli allettamenti della puerizia e le attrazioni del mondo, ebbe l’animo così lontano da ogni vanità che cambia­va le vesti, peraltro mode­ste e confacenti al suo sta­to, approntate per Lei dai genitori, in altre di colore più scuro, dopo averne ot­tenuto venia dalla madre con reiterale preghiere, e allontanava da sè gli ogget­ti di oro che Essa chiamava allettamenti del mondo.

Intenta alla orazione e meditazione, più conosceva le divine perfezioni più tendeva con desiderio mag­giore a Dio; per la qual co­sa avvenne che quasi dalla nascita essendo entrata nel­la via del fervore, desidero­sissima della Divina unione, alimentava continuo il desi­derio teso alla realizzazio­ne di ciò.

Appena decenne dedicò la sua verginità con voto per­petuo a Dio e a dodici an­ni presa dal desiderio di so­litudine entrò nel Collegio di Maria, ove dette segni di tutte le virtù e specialmente dell'umiltà, ubbidenza e Ca­rità verso il prossimo: es­sendosi infatti resa tutta a tutti ora serviva gli am­malati, ora si offriva ad aiu­tare le consorelle negli uf­fici più umili della Casa, ora istruiva le fanciulle e gode­va presso di esse di tanta autorità ed amabilità che ne correggeva i difetti, ne illuminava l’ignoranza, ne eccitava la neghittosità, ne faceva gli abiti, e da Esse era venerata qual madre, cosa che andava al di là di quanto non lo consentisse la sua tenera età.

Non ancora finito il decen­nio dall’ingresso nel Colle­gio di Maria, per disposi­zione della volontà di Dio, che per Essa disponeva più grandi disegni, suo malgra­

do venne tolta dal Collegio dai genitori e ricondotta nella casa paterna.

Per niente allontanandosi dalla sua consueta forma di vivere, era di esempio ed

ammirazione a tutti per lo splendore delle virtù: mor­ta per sè stessa e per il mon­do, Essa viveva solo per Id­dio, dal quale mai allontana­va la sua mente neanche durante il lavoro.

Aborrendo grandemente dai piaceri del mondo, mai si allontanò dal fermissimo proposito di conservare in­tatta la sua Castità e allon­tanò da sè, dopo averla più volte ed alquanto fortemen­te ripresa, una donna che

voleva attrarla all'amore di questo mondo

Avendo pregato il Signore perchè il ricordo di lei si cancellasse dalla memoria di tutti, fatta paga nei suoi voti, fu provata da Dio con vari dolori e malattie e bru­ciando per ardenti febbri, per un biennio fu costretta a letto e dipoi affetta anco­ra da altri acerbi dolori del corpo fu lieta di giacere nel letto e per circa sessantacin- que anni vi sostenne pazien­tissimamente un lungo e du­ro martiro fino alla morte.

La stessa però affinchè la sua infermità non costi­tuisse fonte di ozio, posti alle spalle dei cuscini, quan­do le forze glielo consenti­vano, ora lavorara con le sue proprie mani, ora ri­creava il suo spirito con la lettura di pii libri.

Ma Iddio, che i suoi ser­vi suole coprire di celesti delizie, cominciò prestamen­te ad accumularle sopra di l *i. Rapita frequentemente fuori dei sensi, sostenne

continue ed ammirabili esta­si, durante le quali penetròi Misteri Celesti e fu fatta segno a specialissime gra­zie da parte di Dio; special- mente dopo aver ricevuto il Sacramento dell'Eucaristia, Allora infatti era tanta la elevazione della sua mente in Dio, che a tutti sembra­va quasi morta; nè portava in modo veruno ritrarsi dal­l'estasi, tranne che ne fosse obbligata dalla ubbidienza dal cui timore sempre di­pendeva.

Durante queste estasi al­cune volte vide il Signore Gesù Cristo veniente con grande splendore che face­va discendere dalle sue cin­

que piaghe ai cinque posti del Corpo di Lei, e cioè al­le mani, ai piedi ed al co­stato, nei quali immediata­mente apparvero sensibili ferite che emanavano san­gue per parecchio tempo.

Da Essa pregato, l'amatis­simo Signore coprì questa grazia con una nuova gra­zia e cioè che Essa sentis­se i dolori per le ferite ri­cevute senza che le stesse fossero appariscenti. Il qua­le dolore Essa sentiva con­tinuo nel capo ed accresce- vasi sempre il martedì ed il venerdì e per tutto il tem­po tra la domenica di Set- tuagesima e la Domenica di Resurrezione, quando era tale e tanto il dolore che soffriva sensibilmente in tutto il Corpo che non a- vrebbe potuto resistere in vita senza un particolare aiuto di Dio.

Munita da tali ed altri presidi sostenne una lunga lotta con i prìncipi delle te­nebre Iddio permise che fosse provata dalla aridità,

dalla desolazione e dall'ab­bandono di tutti e da sva­riatissime tentazioni, che ne fece un esempio inclito di pazienza e di profondis­sima umiltà. Donde proce­dendo nella via della perfe­zione, ottenne il dono di un'altissima contemplazio­ne della Divina Unione.

Colpita d a ll Amore di Dio languiva ed il suo cuore bru­ciava di tanto ardore che a stento riusciva a contenerlo nel suo petto tanto che il Signore permise che il suo petto fosse allargato per l'altezza di due costole per circa sei anni prima della Sua morte. Emanava tanto calore nelle parti superiori del suo corpo che la sua faccia era sempre accesa, a- rida la bocca e anche in pie­no inverno frequentemente tendeva di temperare con neve, acque gelate e con al­tri simili lenimenti i bru­cianti ardori.

Contemplava con sommo ardore e godimento dell'ani­ma i Divini Misteri special- mente la Passione del Cri­sto Signore e il Divin Sacra­mento dell’Eucaristia; e de­siderando attrarre i cuori degli altri all’amore di Dio, degli stessi Misteri parlava con tanto fervore da ecci­tare gli animi di chi l’ascol­tava ad eccezionale devozio­ne, talora veniva anche pre­sa da tanta forza di amore che, anche se suo malgrado, veniva rapita in estasi di­nanzi agli altri.

Nutriva amore sommo al­la Vergine Madre di Dio che era solita chiamare madre sua, come Madre dolcissima la venerava con intimo af­fetto del cuore e chiedeva che dagli altri fosse vene­rata.

Coltivò e praticò in ma­niera singolare la Carità verso il prossimo per quan­to stava in Lei; fè risplen­dere la sua carità verso il prossimo sia povero, sia am­malato, che provato da qual­siasi altra tribolazione, spe­cialmente verso ì peccatori e per la toro salute si offri­va tutti i giorni pronta a qualsiasi tormento, nè era­no alieni dalla sua carità coloro i quali con rimpro­veri, prove e ogni genere di ingiurie la mortificavano: infatti non solo riceveva con pazienza, somma mansuetu­dine ed ilarità del viso ta­li prove, ma ricambiava i suoi avversari con partico­lare amore, e per essi pre­gava continaumente Le ani­me Sante del Purgatorio aiutava con suffragi e pre­ghiere quotidiane.

Cara con tutti ed affabile, ostile e dura piuttosto con sè stessa, dichiarò guerra al­

la sua carne: custodi infatti sin dalla puerizia i sensi con somma diligenza e mortifi­cò il suo corpo recalcitran­te allo spinto con ogni ge­nere di mortificazione. Infi­ne contro sè stessa si servi­va di cihzi e catenelle, così portava le catenelle di fer­ro alle braccia, gambe ed ai lombi di giorno e di notte, oltre che aveva intessuto le vesti di piccoli oggetti acu­minasi, ciò che tuttavia tem­però solamente dietro ordi­ne del Confessore. Sottopo­sta ai digiuni al di là di ogni resistenza umana, per otto anni si astenne da ogni ci­bo e se qualche volta per compiacere la mamma pren­deva qualche cosa, imme­diatamente tutto rimetteva senza alterazione e solamen­te per alcun tempo riteneva, tre volte al giorno, una pic­cola quantità di esso; per il resto del tempo di sua vita faceva uso dei cibi come si trattasse di medicine, tanta ne era la parsimonia e tut­ti ne restavano ammirati.

Raramente mezz’ora, ra­rissimamente un’ora intera dedicava al sonno per più anni e passava le sue varie notti veglianti nell'orazione frequente e intenta alla me­ditazione delle cose celesti; nessun riposo infine conce­deva al suo corpo e se qual­che sollievo gli accordava ciò faceva per ubbidienza.

Era presa tanto dal desi­derio di soffrire che oltre ai sacrifìci volontari e dolori del corpo che soffriva per il Signore, quando le man­casse alcuna insolita tribo­lazione a Lui ne chiedeva quasi fosse abbandonata.

La fama di queste virtù diffusa per tutto il Reggio e per te altre regioni resero grande il Nome di Vincenza e da ogni parte venivano a Lei ammalati e anche gente vessata da tribolazioni e al­tri si raccomandavano alle sue preghiere per problemi ardui e duri.

Essa poi oltre la grazia delle guarigioni e il dono delle profezie, risplendè in maniera magnifica nella pe­netrazione delle coscienze e nella conocsenza degli spi­riti.

Malgrado le sue eccelse virtù e i divini carismi fos­sero ammirati non solo dal popolo, sibbene anche dai superiori e da uomini illu­stri, Essa rimaneva tanto umile da desiderarne di es­sere ignorata da tutti e con somma diligenza nasconde­va agli altri tutte le grazie che aveva ricevuto da Dio; giacché chiamava s i stessa peccatrice, scellerata, ingra­ta e barbara vipera.

(segue in 4. pag.)

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Pag. 4 LA VOCE DI SAMBUCA

CASA DEL FANCIULLO: 21 FEBBRAIO 1960 - 21 FEBBRAIO 1964 Cose del passalo che vanno in malora

CONSUNTIVODI QUATTRO ANNI DI ATTIVITÀ’

Il 2) febbraio è una data importante e fondamentale per la Nostra Casa del Fan­ciullo: il 21 febbraio 1960, appena quattro anni fè, eb­be inizio la nostra grande O- pera che prima di ogni al­tra cosa fu un ATTO DI FE­DE PROFONDA NELLA DIVI­NA PROVVIDENZA.

Di Fede infatti si è tratta­to se allora si è saputo dare inizio ad un'Opera, la cui spesa prevista si aggirava nell'ordine dei sessanta mi­lioni, con solo pochissimi sol­dini in cassa (solo L. 300 mi­la lire!).

E la nostra sconfinata fi­ducia nella Divina Provviden­za è stata premiata: a distan­za di quattro anni non so-lr> |* p r im a j-^iotra non è ri­

masta lì solitariaV*<{imentica- ta, ma sù di essa se s^hq^ta- te collocate mille e mille at tre con la Benedizione di Dio

Il cammino della Gloria

continuai, dalla 3.

Benemerita dei vivi e dei defunti, sopraggiunti acer­bissimi dolori a completa­mento del suo desiderio di soffrire, dal quale era sem­pre presa, confortata da tut­ti i Sacramenti della Santa Chiesa, non senza, grazie so­prannaturali lieta assistè al­la fine della sua vita tra il coro dei Sacerdoti. E ra il 7 aprile 1824, mercoledì della Settimana di Passione.

Appena fu conosciuta la notizia della morte di Vin­cenza, dalle proprie abita­zioni, uscì tanta moltitudine di gente dei due sessi che a stento il Corpo di Lei potè essere portato in Chiesa, ove fu celebrato un funera­le con sommo e profondo dolore e le lacrime di tutti.

La Chiesa Madre ove il Suo corpo fu esposto per tre giorni e tumulato, a sten­to riusciva a contenere la moltitudine dei pellegrini e dei forestieri, giacché arti­giani ed agricoltori per po­ter assistere ai funerali da celebrarsi nel terzo giorno si astennero dal lavoro.

Come se ancora vivesse, il corpo di Lei restò flessibile e fu rinchiuso in una cassa assicurata con tre chiavi e fu seppellito.

Sebbene tolta agli occhi del corpo, tuttavia il nome di Vincenza vive nel cuore di tutti ed al suo sepolcro frequentemente accorrono concittadini e forestieri per raccomandarsi alle sue pre­ghiere.

Sambuca Zabut giorno 10 ottobre 1847.

— Decano Giuseppe Ma­ria ODDO, già Arciprete di questa Terra di Sambuca e Direttore della Serva di Dio Suor Vincenza M. Amoretti.

e l'aiuto dei Buoni.La nostra Casa del Fanciul­

lo, frutto dell'ardimento del­le nostre buone e brave Suo­re Orsoline del SS. Crocifis­so, del coraggio della Supe­riora Amelia, della solidarie­tà di tutti i Sambucesi d'Ame­rica verso la loro Patria dì origine, nella quale l'Opera veniva a sorgere, oggi è una grande realtà, bella e mera­vigliosa.

Ricordiamo quel 21 feb­braio dell'Anno 1960, di quattro anni fà, quando il Rev.mo Monsignor Calogero CUMBO, Vicario Generale della Diocesi, circondato da mille e mille Sambucesi, grandi e piccini, benedisse e pose la PRIAAA PIETRA della nostra OPERA.

E ricordiamo altresì le pa­role pronunciate dal Monsi gnore che metteva in risalto 'ardimento, la generosità e

spirito di sacrifìcio della Vadre Amelia e delle Sue

Suore, le quali per l'attuazio- na dì una grande idea non si trattennero dal varcare l'O- ceano in cerca di buoni coo- pe atori, e come l'Opera si pr< spettasse tipicamente cri- sti. ina.- una Casa che servis­se di asilo a tanti fanciulli pe farne dei veri e buoni citi adinì del Regno di Dio.

Dggi salutiamo il quarto Ar ni versano di quell'avveni- m«nto che per le sue vicen­da ci fece più volte pensare a Don Bosco Santo quando cqn pochi centesimi dette ini- zip a quella grande Opera Sàlesiana nella Città di Ro­ma.I E la salutiamo con la gioia

r el cuore vedendola ormai c reatura nata, prospera e bel-1 ». Pur nella sua incompletez-2 a, la nostra CASA già tro- \ asi nel suo secondo anno di < tfività: nell'anno decorso in­fatti ebbe inizio il modernis­simo ASILO DI INFANZIA

quest'anno 1964 anche il ensionato per Anziani Soli­

tari ed il Ricovero dei Bambi- t i poveri e bisognosi.

E la salutiamo con gioia e <on intima soddisfazione seI lensìamo che in quattro an-

il cammino non sempre è tato facile, non senza osta­

coli, e non sono mancate an­

che le malignità e le lotte.Ma tutto è stato superato

con l'aiuto di Dio e con quel­lo delle anime buone. Sia­mo peraltro certi di aver compiuto un'Opera che glo­rifica il Signore e ne esalta la Provvidenza; siamo altre­sì convìnti di aver fatto un'Opera buona, decente, e- legante anche MA NON OPtiRA DI LUSSO.

Qualche volta qualcuno ha creduto poterci rimproverare che si è fatto un opera di Lusso.

Ribadiamo in questa occa­sione un concetto: quello che oggi sì vede è frutto sempli­cemente di buon gusto e di saggezza. Certamente non spendono di meno quelli che fabbricano male e senza buona fantasia.

Noi nell'impiegare le som­me che la Divina Provviden­za ci ha fatte pervenire per mezzo dei Buoni (e primo fra tutti il carissimo e tanto meritevole Dottor Nicolas Maggio!) ci siamo fatti guida­re da idee precise, da buona fantasia, da buon gusto e an­che da ottimo calcolo nel sa­pere spendere bene.

E da ciò è venuto fuori il MIRACOLO che oggi lascia stupefatti e meravigliati quan­ti forse spesso parlano o bal­bettano della Provvidenza, ma che in Essa non sempre sinceramente e profondamen­te credono.

Mario Risolvente

eaiìDcmacriiFCD

Dopo cinque anni di en­comiabile attività e cioè dal­la sua costituzione avvenu­ta nell’Agosto 1958, lascia la teggenza dell'Agenzia della Cassa di Risparmio V.E. di Sambuca di Sicilia il Dot­tor Michele SORTINO tra­sferito all'Agenzia di Sciac­ca, suo luogo di residenza.

Viene a sostituirlo il Dot­tor Ignazio Pirrone prove­niente dall’Agenzia di Naro.

Al Dottor Sortino i nostri migliori auguri per la sua successiva carriera; al Dot­tor Pirrone il nostro più cordiale benvenuto e gli au­guri di buon lavoro!!!

offerte pervenute alla nostra “ Casa”- Il signor Franco Cata-

lanello ha offerto una coperta letto per i fan­ciulli in suffragio del­la propria mamma Gallo Angela;

- Joe e Giacoma Maggio da Chicago hanno in­viato la somma di $. 100 raccolti tra buoni amici per la nostra Ca­sa del Fanciullo;

3). - il signor Benito Vac- caro il giorno 1. feb­braio ha donato un pranzo ai nostri bam­

bini per ima grazia ri­cevuta;

4). - una pia signora daSambuca che vuole mantenere l’incognito ha offerto la somma di L. 50.000;

5). - il signor Maggio Luigida Chicago ha inviato $ 5 per la nostra Casa;

6). - la signora GiacomaCannova in Maggio da Chicago ha inviato la somma di $ 10 per un pranzo ai nostri picco­li per il giorno di S. Giuseppe.

làegue dalla 1. pag.)x tempi camoiarono; cani

biarono le coniazioni ueiie ìamigué eu u teatro lu tra­scurato. il taoDricato - il tavolato ilei paicoscemco, le scfeùe aei carmi tutto an- uava in rovina, un opera ai grande ornamento per il paese, un'opera frutto di premurose cure e conside­revole spesa, rischiava di andare perduta.

lui allora che intervenne il Comune, che in data i tebbraìo 1886 con un con­tratto notarile, ne divenne il proprietario. Nasceva co­si n teatro Comunale.

La rappresentanza comu­nale dell epoca si diede su­bito da tare: vennero ini­ziate ben presto le opere di restauro, burono riparati i muri esterni, i tetti e per l'occasione tu costruito in mezzo alla volta il lucerna­rio.

Ci fu una gara entusia­sta tra i falegnami ed eba­nisti per i lavori in legno, mentre fu cura del pittore adornista Domenico Ferra­ra decorare il Teatro.

Ed il Teatro cittadino co­minciò così a vivere la sua intensa vita: in esso vi so­no stati esibizioni di compa­gnie dialettali, di lingua, cir­chi equestri, spettacoli cine­matografici. Veglioni... L'at­tività recente si chiude al­l’anno 1956 circa, data in cui è sorta unà questione tra il Comune, proprietario del Teatro, e la Ditta chelo aveva in affìtto. La que­stione ormai si è risolta, e proprio il 1 marzo il Comu­ne ha avuto consegnato il suo Teatro.

Possiamo ben dire che la storia si ripeter il teatro come è attualmente ha bi­sogno di restauri: siamo certi che il Comune senza frapporre indugio si darà da fare per ottenere il ne­cessario stanziamento. Un Teatro è un pò il segno di una civiltà, è una palestra di progresso intellettuale di formazione. Dobbiamo quin­di far sì che al più presto la cittadinanza abbia il Tea­tro rimesso a nuovo. Qual­siasi progetto per il futuro è fuor di luogo, tuttavia ci permettiamo di suggerire la creazione del Piccolo Teatro Sambucese, che gio­vandosi delle prestazioni delia gioventù serva a por­tare sulle scene i più au­torevoli e discussi lavori del teatro contemporaneo, allineando il nostro popolo alle correnti di pensiero contemporanee.

Rivolgiamo la nostra pre­ghiera all’Assessore al Tu­rismo e Spettacolo perchè intervenga finanziando i ne­cessari lavori di restauro.

Spesso, in campo regio­nale, si parla di creare ex novo ora una cosa ora un’altra.

Ma non sarebbe più op­portuno volgere la nostra attenzione a ciò che già esi­ste e che ha bisogno di qual­che ritocco per diventare perfettamente funzionale?

11 tema, su cui ritornia­mo a distanza di quattro an­ni, è sempre attuale e scot­tante. lì perchè scottante non se ne vuole parlare. L'Amministrazione Comuna­le, se non andiamo errati, quattro anni fa, concluse una lunga lite per riavereil Teatro Comunale che a- veva ceduto in aifìtto ad una società dì privati citta­dini. Si sperava che, in se­guito ad una tale vittoria riportata coram judicibus, ne venisse fuori qualcosa di buono; un impegno magari che dinnanzi alla cittadinan­za ed alla pubblica opinio­ne, e principalmente di fronte alla storia di Sam­buca, giustificasse la contro­versia deU'Amministrazione per riottenere subito lo sta­bile.

Preveniamo la risposta deU’Amministrazione Co­munale, che già conoscia­mo, e dalla cui presunta ine­luttabilità gli amministrato­ri non sono stati sin’ora ca­paci di svincolarsi.

L'Ufficio Tecnico Comuna­le, tempo addietro, aveva pensato ad una vasta pro­gettazione di restauri. Tut­to fu sospeso quando il Ge­nio Civile, in ottemperanza a nuove disposizioni di leg­ge, sentenziò che il Teatro Comunale di Sambuca non presenta gli accorgimenti ed i requisiti indispensabili per essere dichiarato fun­zionale m ordine agli spet­tacoli. Corridoi troppo an­gusti, porte di accesso ai palchetti non regolamenta­ri, Uscite di sicurezza poco conformi ai moderni criteri di costruzione ecc...

In base a questo verdet­to il Comune si sentì disar­

mato e trovò così bella formulata la scusa per scrol­larsi d'addosso una similerogna.

A quanto ci risulta, da al-lora ad oggi, nessuna nuova soluzione è stata escogitata dall'Amministrazione per vedere quello che c ’è da fa­re del Teatro Comunale.

Intanto si richiede una soluzione. Non è una grave colpa mandare in malora una gloria delle nobili tra­dizioni culturali di Sambu­ca?

Non c ’è niente da fare! D’accordo! Ma non si po­trebbe escogitare una pro­gettazione di salvataggio di quanto è salvabile riattan­do il vecchio edificio in con­formità alle esigenze mo­derne di sicurezza, di ga­ranzia e di stabilità?

E se anche quest’altra so­luzione presentasse insor: montabili difficoltà perchè non pensare a collocare al suo posto un grande « au­ditorium » con palcosceni­co da servire esclusivamen­te per convegni, concerti, assemblee, esibizioni teatra­li a carattere drammaticQ- cul turale?

Auspichiamo una soluzio­ne, anche moderna, che non mortifichi la tradizione e che, anzi, innestandosi in essa continui le glorie del passato.

E poiché siamo in tema di « cose del passato » chie­diamo aH’Amministrazione Comunale se conta di inte­ressarsi ai restauri dell'an­tico acquedotto, volgarmen­te chiamato « Archi » e che costituisce una delle più bel­le attrattive cittadine oltre ad essere un monumen­to artistico indiscutibile.

PATATE E CIPOLLE(Segue dalla 1. pag.)

sformate in rotabili tutte le trazzere; che si portasse la luce elettrica nelle campagne; che si desse la pos­sibilità ai nostri coltivatori di abitare in campagna senza far loro sentire la nostalgia della città che ol­tre ad offrire conforti offre maggiore guadagno; che si riuscisse a tamponare l’emorraggia dell’emigrazione a tutto guadagno dell’incremento agricolo, tosto che l'agricoltura venisse seriamente curata e liberata dalla grande malattia dalla quale è affetta.

Purtroppo di tutto questo i maggiori responsa­bili della vita politica siciliana e provinciale non se ne occupano. Di tanto in tanto si legge su qualche quotidiano, i cui corrispondenti, presi dall'euforia dei discorsi e delle promesse, scrivono iperboliche corri­spondenze: «Importante riunione alla Cantora di Com­mercio per studiare i problemi della nostra agricoltu­ra »; oppure «Riunione di studiosi presso la sede del Partito tale dei tali per risolvere i problemi agricoli»; e ancora: «/ parlamentari del Partito X si sono im­pegnati a salvare le sorti della nostra agricoltura»! Ma la realtà resta quella che è: da dieci anni non si fa nulla per l'agricoltura.Da un quinquennio a questa parte si vanno distri­

buendo i miliardi del « Piano Verde », di cui parecchi proprietari terrieri, si servono per prestarli, ottenuti che li abbiano, ad usura, a dei poveri infelici; altri pic­coli coltivatori ottengono prestiti al 496, ed essi, a loro volta li cedono al 12 e al 15%; altri infine non otten­gono nulla e si contentano di pagare le sole tasse dando a pascolo gli spezzoni che possiedono.

Piaghe mollo dolorose sono quelle della nostra agricoltura e vorremmo fotografarle tutte per dire la nostra grave parola nella sola speranza che s i corra al più presto possibile ai rimedi.I rimedi però vanno applicati con urgenza, acuta-

tezza e, trattandosi di un mate a carattere epidemico, su scala programmatica.