“ Il partigiano Montezemolo ” Storia del capo della resistenza militare nell’Italia occupata

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Il partigiano Montezemolo Storia del capo della resistenza militare nell’Italia occupata

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“ Il partigiano Montezemolo ” Storia del capo della resistenza militare nell’Italia occupata. Montezemolo, un eroe italiano. Il 29 luglio 1944 il generale Harold Alexander, comandante in capo delle Forze Alleate in Italia, inviò una lettera privata ad Amalia di Montezemolo: - PowerPoint PPT Presentation

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“Il partigiano Montezemolo”Storia del capo della resistenza militare

nell’Italia occupata

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Montezemolo, un eroe italianoIl 29 luglio 1944 il generale Harold Alexander, comandante in capo delle Forze Alleate in Italia, inviò una lettera privata ad Amalia di Montezemolo:«Dear Marchesa Montezemolo,Desidero esprimere la mia profonda ammirazione e la mia gratitudine per l'opera inestimabile e coraggiosa svolta da Suo Marito a vantaggio degli Alti Comandi Alleati ed Italiani durante l'occupazione germanica di Roma.Nessun uomo avrebbe potuto far di più, e dare di più alla causa del suo Paese e degli Alleati di quanto Egli fece: ed è ragione di rimpianto per me che Egli non abbia potuto vedere gli splendidi risultati della sua inalterabile lealtà e sacrificio personale. Con Lui l'Italia ha perduto un grande Patriota e gli Alleati un vero amico (…)»

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I Cordero sono un’antica famiglia dell’aristocrazia piemontese, della quale sin dal secolo XII è accertata l’esistenza a Mondovì. I due motti dei Cordero sono «Honneur et fidelité» e «Ad astra tendit».

Nel 1901, il 26 di maggio, di domenica, emette il primo vagito Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, in un austero palazzo di Roma in via XXIV maggio, a pochi passi da Piazza Venezia.

Le origini di Montezemolo, detto Beppo

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Il nonno garibaldino, la famiglia “fedele” ai Savoia

Il nonno Giuseppe DezzaCon i genitori Demetrio e Luisa Dezza e i fratelli Renato e Guido

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La Grande Guerra, il caporale Montezemolo

Giugno 1918: volontario nel 3° Reggimento Alpini

Il 31 agosto 1918 Beppo è destinato al 1° Reggimento Alpini sui Monti Lessini, in Val d’Adige, nel Veronese, dove ha il battesimo del fuoco e in men che non si dica - neppure un mese - il 24 settembre guadagna già i galloni di caporale. Un titolo di cui andrà sempre fiero, così come del fatto che nella Grande Guerra furono «contemporaneamente al fronte ben 17 membri della famiglia Montezemolo», nei suoi vari rami. Nel libricino sulla famiglia, Montezemolo, al fianco del proprio nome, della data di nascita, del suo matrimonio e del titolo di studio («dottore in ingegneria»), annotò di suo pugno «Caporale degli alpini».

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23 agosto 1923: il matrimonio con Amalia Dematteis, detta Juccia

cosa non vera e impossibile.

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Una grande famiglia: la moglie e cinque figli

«A me bambino di questo zio Beppo aveva colpito una cosa strana - ricorda Saverio Ripa di Meana -. Le lettere iniziali di tutti i nomi della moglie e dei 5 figli formavano il nome per esteso della zia Juccia. Mi spiegarono che era un acrostico: A di Amalia, M di Manfredi, A di Andrea, L di Lidia, I di Isolda e A di Adriana, si componevano, appunto, in Amalia. Solo più tardi percepii il significato pregnante di quella unità, che si manifestò nella saldezza e nella comunione di una famiglia e che rappresentò per lo zio Beppo, fino alla sua morte, la fonte cui afferrare il senso della vita»

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Il soldato pluridecorato

- Colonnello più giovane dell’Esercito italiano (ad appena 41 anni)- Medaglie d’oro, d’argento e di bronzo al valor militare- Croce di guerra al valor militare- Croce di Ferro tedesca di prima e di seconda classe- Cavalierato dell’Ordine militare di Savoia

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Settembre 1937, volontario in Spagna

Il maggiore Montezemolo è un anticomunista di ferro e un cattolico osservante e quindi non è insensibile agli argomenti della propaganda fascista contro il «pericolo rosso» rappresentato dalla Repubblica spagnola, di cui la stampa italiana denuncia il carattere anticlericale. E così, a fine estate del 1937 si arruola «volontario in servizio non isolato all’estero» nel Corpo Truppe Volontarie italiano. Assegnato al comando Genio, il 12 ottobre è nominato capo di stato maggiore del Comando della II Brigata Mista Flechas Negras, “Frecce Nere”, il cui motto è Agredir para vencer.

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Italia in guerra: le missioni in AfricaNel corso delle missioni Beppo sfiora più volte la morte, meritando “sul campo” una medaglia di bronzo, attribuitagli per il prezioso apporto dato alle manovre militari di assalto a Tobruk, in Cirenaica, dove si trova in ricognizione nell’aprile del 1941. Tobruk è un avamposto militare alleato strategico per gli anglo-americani, in particolare per la marina britannica, trovandosi sulla via per Il Cairo. Nelle fasi del lungo assalto a questa fortezza, si legge nella motivazione della medaglia, il giovane ufficiale piemontese interviene a bloccare la precipitosa ritirata di alcuni nostri reparti che sono in difficoltà di fronte all’attacco delle forze alleate, rincuorando le truppe, organizzando la difesa e ristabilendo «una situazione compromessa»

MEDAGLIA DI BRONZO AL VALOR MILITARE

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Montezemolo e il distacco dal fascismo

Anche Beppo ha perso la fiducia nella possibilità dell’Italia di vincere la guerra. I suoi giudizi su Hitler e Mussolini sono diventati sferzanti.«A casa diceva apertamente che Hitler era un invasato - ricorda il figlio Andrea -. Aveva capito la gravità degli sviluppi del conflitto e non prevedeva un lieto fine per Mussolini e il fascismo».

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25 luglio 1943: la caduta del fascismo

«26 Luglio 1943 - annota sul suo diario Juccia -. Ricevetti una telefonata di Beppo, mi disse che da 48 ore non dormiva per il grande lavoro, ma che era felice!».Il ruolo di Montezemolo nel “colpo di stato” organizzato da Casa Savoia è di rilievo. Non a caso Badoglio - che ha deciso di stabilire la sede del governo al Viminale - gli affida un compito assai delicato e di fiducia: recarsi a Palazzo Venezia e sottrarre i documenti più importanti dall’ufficio del duce.

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Capo della segreteria di Badoglio

Al Viminale Badoglio organizza il suo staff. Ha bisogno di ufficiali validi e fidati, e allora chiama Montezemolo allo Stato Maggiore dell'Esercito e lo invita a dirigere la sua segreteria particolare. Il 30 luglio Beppo prende il posto di Nicolò De Cesare, arrestato assieme a Mussolini a Villa Savoia.Anche in questo incarico Montezemolo dimostra realismo e senso pratico. Pur essendo profondamente deluso dal fascismo, dal quale ha preso le distanze da tempo, non ritiene che tutte le misure adottate nel Ventennio debbano essere abolite o modificate. «Non è il caso di tornar ad allagare apposta le paludi Pontine!», ripete spesso a collaboratori ed amici

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Le faticose trattative per l’armistizioC’è anche Montezemolo tra gli alti ufficiali ai quali pensano Badoglio e il Comando Supremo per contattare gli Alleati. «Gli fu richiesto di incontrare i rappre-sentanti inglesi in assoluta segre-tezza - racconta il figlio Andrea – assumendo la falsa identità di colonnello della sanità. Benché si trattasse di un incarico molto rischioso, egli accettò. Ma poi la missione venne annullata».Alla fine la scelta ricade sul generale Giuseppe Castellano, fedelissimo di Ambrosio, che il 12 agosto parte alla volta di Madrid e qualche giorno dopo riesce ad incontrare a Lisbona l'ambasciatore inglese, Sir Samuel Hoare, e i generali Bedell Smith (americano) e Strong (britannico), inviati del generale Eisenhower, comandante supremo delle forze alleate in Europa, che gli mostrano la prima bozza dell’armistizio, in 12 punti. L’armistizio viene firmato il 3 settembre, in un uliveto nella zona di Cassibile, sotto una tenda militare, dallo stesso generale Castellano

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L’8 settembre 1943

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La difesa di Roma

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La difesa di Roma

Sui giornali della sera appare il seguente comunicato dell’Agenzia Stefani: «Le trattative iniziate ieri fra le Autorità militari italiane e tedesche si sono concluse oggi, 10 settembre, alle ore 16 con l’accettazione di un accordo secondo il quale viene stabilito che le truppe tedesche debbono sostare al margine della città di Roma, salvo l’occupazione della Sede dell’Ambasciata di Germania, dell’E.I.A.R. e della centrale telefonica tedesca. S. E. il Generale Calvi di Bergolo è stato nominato Comandante di Roma ed avrà alle sue dipendenze una Divisione di Fanteria [la divisione "Piave" (ndA)] per l’ordine pubblico della Capitale, oltre, beninteso, tutte le forze di polizia»

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Il Fronte militare clandestino

L’opera di Montezemolo e la costituzione del Fronte militare clandestino consentirono di sottrarre uomini e mezzi all'esercito della Rsi e ai bandi Graziani, con un'intensa opera di arruolamento e di propaganda che coinvolse ufficiali dello Stato Maggiore e del Sim del disciolto esercito, più vari elementi della Marina, dell'Aviazione, dei Carabinieri, della Polizia e della Guardia di Finanza, compresi molti civili, tra cui sacerdoti, come don Pietro Pappagallo e don Giuseppe Morosini, ed esponenti della nobiltà romana, come la cugina Fulvia Ripa di Meana, che collaborò attivamente al Fronte

Ingegner Giacomo Cateratto, poi professore Giuseppe Martini

MONTEZEMOLO: «Bisogna ricominciare ogni cosa da capo e far vedere al tedesco di che cosa sia capace il popolo italiano tutto unito contro di lui»

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Il Fronte militare clandestino

L'attività del Fronte si dispiegò sia all’interno della capitale (con le cosiddette bande interne) che nel Lazio e nelle regioni nell’Italia centrale e settentrionale (con le bande esterne) ed attraversò quasi tutte le modalità di "resistenza" attiva e passiva:

il sabotaggio delle linee ferroviarie e telefoniche; gli scontri armati (anche se quasi esclusivamente fuori la città di Roma; l'attività di intelligence del Centro R; l'aiuto alle bande partigiane, ai renitenti, ai prigionieri alleati e agli ebrei

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Il Fronte militare clandestino

Il Fronte si attivò anche per aiutare i renitenti alla leva e al lavoro obbligatorio, gli ex prigionieri alleati e gli ebrei che erano sfuggiti alla retata del 16 ottobre 1943. Montezemolo si servì a tal fine dell’opera di Ettore Basevi, capo dell'Ufficio Stampa del Centro, che con incredibile audacia aveva sottratto un notevole quantitativo di carta filigranata al Poligrafico dello Stato. Furono falsificati:

mezzo milione di carte annonarie 3.000 tessere dell'organizzazione Todt 50 mila carte d'identità 20 mila attestazioni di presentazione alle chiamate alle armi 3.000 dichiarazioni di riforma militare 35 mila licenze di convalescenza documenti di ogni genere, tra cui anche 1.000 certificati di battesimo per gli ebrei

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Il Fronte militare clandestino e il CLN

Fin dall'inizio il patriota Montezemolo, come lui stesso amava definirsi, ebbe il merito di rifuggire da ogni tentazione «autonomistica», svolgendo un'importante opera di mediazione fra il Governo Badoglio e il Cln, tanto da meritare sul campo il riconoscimento dei partiti che, quando si trattò di avere rapporti con Brindisi, scelsero lui come interlocutore e non il ministro della guerra Sorice (che pure si trovava a Roma) né un generale. Nelle sedute clandestine con il Cln, dimostrò doti di equilibrio e di conciliazione tra le opposte tendenze. Ebbe ottimi rapporti con Bonomi, Amendola, Brosio e Bauer.

«Dagli accenni che Beppo spesso mi fa - scrive nel suo diario Fulvia Ripa di Meana - mi pare che egli mi riporti a storie di un secolo addietro quando gli italiani di tutte le tendenze politiche, di tutti i partiti erano affratellati da un unico grande nome: l’Italia»

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Il Fronte militare clandestino

L’azione militare più importante della Resistenza romana, le bombe contro i treni militari sulle linee Roma-Cassino e Roma-Formia, fu realizzata con l’apporto determinante dell’ufficiale piemontese. Nella notte tra il 20 e il 21 dicembre la banda dei Castelli Romani, guidata da Pino Levi Cavaglione, con la collaborazione del Fronte Militare Clandestino porta a termine un’azione spettacolare dal punto di vista bellico. Vengono fatti saltare in aria, quasi nello stesso momento, un convoglio carico di esplosivi mentre è in viaggio tra i caselli 14 e 15 della Roma-Cassino, nei pressi di Labico, e il ponte Sette Luci della ferrovia Roma-Formia, a circa 25 km da Roma, mentre vi transita un treno carico di militari tedeschi, provocando circa 400 tra morti e feriti. Gli ordigni per gli attentati sono stati forniti dai generali Sabato Martelli Castaldi e Roberto Lordi e confezionati dal minatore Marcaurelio Trovaluci. L'azione fu anche riprodotta cinematograficamente da Nanni Loy nel film Un giorno da leoni.

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La taglia su Montezemolo

A novembre i tedeschi e i fascisti mettono su Montezemolo una grossa taglia di 2 milioni di lire. La sua cattura è ambita. È il capo della resistenza badogliana ed è depositario di svariati segreti politici e militari, per i delicati incarichi ricoperti presso il Comando Supremo italiano e come capo della segreteria di Badoglio. È stato lui ad aprire i cassetti dell’ufficio di Mussolini a Palazzo Venezia, all’indomani dell’arresto del duce. Ha collaborato con il Sim, i servizi segreti militari. Si è interessato dell’oro della Banca d’Italia, consegnato ai tedeschi dal Governatore Vincenzo Azzolini. Ha presenziato all’incontro di Feltre del 19 luglio 1943 tra Hitler e Mussolini.

Dal diario di Fulvia Ripa di Meana: «Montezemolo sa che i tedeschi ormai lo ricercano rabbiosamente. Hanno le sue fotografie ed ognuno dei loro arrestati viene frustato a sangue perché confessi che conosce Montezemolo, dove può essere Montezemolo, che cosa fa Montezemolo».

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Il Fronte militare clandestino: le cifre

16.500 aderenti alle formazioni del Fronte, tra ufficiali, soldati e civili

2.300 realmente attivi nella resistenza

su un totale di circa 14 mila partigiani

250 caduti tra militari e civili

di cui almeno 50 fucilati alle Fosse Ardeatine, più 23 tra Forte Bravetta e La Storta

27 medaglie d'oro al valor militare

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Manfredi Azzarita, un capitano coraggioso

Manfredi Azzarita (Venezia, 19 luglio 1912 – Roma, 24 marzo 1944) è stato un militare e partigiano italiano; capitano di Cavalleria del Regio Esercito Italiano, fu fucilato dai nazisti alle Fosse Ardeatine, all’età di 32 anni. I genitori erano il giornalista Leonardo Azzarita di Molfetta e Luigia Del Prà di Venezia.

Manfredi crebbe a Roma, conseguendo la maturità al Liceo Visconti. Laureatosi in Scienze politiche all’Università “La Sapienza” Roma, si trasferì negli Stati Uniti, proseguendo gli studi presso l’antica e prestigiosa Accademia Bowdoin College, nel Maine.

Fu uno dei Segretari del Centro Italiano di Studi Americani, creato per favorire lo scambio culturale tra Italia e America, il paese dal quale aveva imparato ad amare la democrazia e la libertà.

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Manfredi Azzarita e il FMC di Montezemolo

Dopo l’8 settembre Azzarita “insofferente all’occupazione tedesca […] si prodigò, in Roma e dintorni, per organizzare gruppi e movimenti armati clandestini, dimostrando fermezza di propositi, decisione e carattere adamantino”.

Azzarita, infatti, fu tra i fondatori del gruppo clandestino guidato dal tenente colonnello Alessandro Fossi, insieme a superiori, colleghi, amici e familiari, assumendo in particolare il comando della sezione di informazioni militari e politiche.

Durante la lotta clandestina Azzarita allacciò contatti con il Fronte Clandestino Militare di Montezemolo, con le altre organizzazioni antifasciste di Roma e soprattutto tenne i collegamenti col Comando della V Armata americana e con il Governo Badoglio, insediato nell’Italia meridionale.

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Lo sbarco ad Anzio: 22 gennaio 1944

Alle 2 di notte di sabato 22 gennaio, dopo aver avvertito i partigiani col messaggio cifrato «la zia è malata e sta per morire», 36 mila uomini e 18 mila automezzi delle forze alleate sbarcano sulle spiagge di Anzio e di Nettuno. Con l’operazione

Shingle (“Gatto selvatico”), inizia la battaglia per Roma, una delle più dure e sanguinose combattute in Europa nella seconda guerra mondiale

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L’arresto: 25 gennaio 1944

Il 25 gennaio, intorno alle 15, Armellini esce di casa, accompagnato dallo stesso Multedo. Appena fuori dal portone, Multedo s’accorge che sono sorvegliati da cinque uomini in borghese in evidente appostamento e da due automobili che sembrano attendere qualcuno. «Non alzi lo sguardo, continui a camminare», dice sottovoce al generale.

Come voltano l’angolo, compaiono Montezemolo e De Grenet, che vengono fermati e arrestati dai poliziotti italiani.

Il travestimento di M - baffi finti e occhiali cerchiati d’oro - non è servito. Beppo finge stupore e dichiara di essere il professor Martini, estraendo dalla tasca il documento falso, ma i poliziotti non gli danno retta: conoscono benissimo la sua identità.

De Grenet si divincola e prova a reagire, ma Montezemolo lo blocca, dicendogli che è inutile. Pochi passi e i poliziotti italiani li consegnano alle SS tedesche, che sono in attesa a bordo di due automobili nere, parcheggiate all’angolo con via dei Martiri Fascisti.

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I biglietti dal carcere

Se tutto andasse male Juccia sappia che non sapevo di amarla tanto: rimpiango solo lei ed i figli.Confido in Dio. Però occorre aiutarsi. Io non posso che resistere e durare. Lo farò per quanto umanamente possibile.Insistete per la soluzione totale (Vaticano chieda internamento). Se vuole può ottenerlo e risolve tutto.Beppo

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Manfredi Azzarita, l’arresto e il martirio

I tedeschi riuscirono ad identificarlo grazie alle informazione ottenute sotto tortura da un prigioniero e la mattina del 18 marzo lo arrestarono.

Condotto Regina Coeli e poi trasferito a Via Tasso, Azzarita condivise la cella di Montezemolo e fu sottoposto a torture, ma non parlò. Una settimana dopo fu ucciso alle Ardeatine.

A Manfredi Azzarita venne conferita postuma la medaglia d'oro al valor militare. Il presidente del Consiglio Bonomi scrisse in sua memoria la seguente epigrafe:

Nella immane strage barbarica – del 24 marzo 1944 – di cui Roma serberà imperituro ricordo – è caduto – il dott. Manfredi Azzarita – Dal puro sangue dei suoi martiri – l’Italia rinnovata – trarrà la fede nel suo avvenire.

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Via Rasella: 23 marzo 1944

Alle 15,52, al segnale convenuto (Calamandrei si toglie il cappello), Rosario Bentivegna accende la miccia con il fornello di una pipa e scappa via. Una forte carica di tritolo esplode al passaggio del reggimento in via Rasella, davanti a palazzo Tittoni.L'assalto continua con bombe a mano e colpi di pistola. Ha inizio una sparatoria. I militi altoatesini sparano verso le finestre degli edifici più vicini, ritenendo che da lì siano stati lanciati gli ordigni esplosivi, ma i gappisti riescono a fuggire senza perdite di uomini. Nell’attacco, muoiono 32 elementi del battaglione Bozen e 110 rimangono feriti, oltre a 2 vittime civili (il bilancio salirà nei giorni successivi a 42).

Page 33: “ Il partigiano Montezemolo ” Storia del capo della resistenza militare nell’Italia occupata

Fosse Ardeatine: 24 marzo 1944I romani vengono informati dell’eccidio la mattina del 25 marzo. I giornali riportano un comunicato

dell’agenzia Stefani, nel quale tuttavia si tace sul luogo dell’esecuzione:

«Nel pomeriggio del 23 marzo 1944, elementi criminali hanno eseguito un attentato con lancio

di bombe contro una colonna tedesca di polizia in transito per via Rasella. In seguito

a questa imboscata, 32 uomini della polizia tedesca sono

stati uccisi e parecchi feriti.La vile imboscata fu eseguita da comunisti-badogliani.

Sono ancora in atto le indagini per chiarire fino a che punto questo criminoso fatto è da attribuirsi ad

incitamento anglo-americano.Il comando tedesco è deciso a stroncare l’attività di questi banditi scellerati.

Nessuno dovrà sabotare impunemente la cooperazione italo-tedesca nuovamente affermata. Il comando tedesco, perciò, ha ordinato che per

ogni tedesco assassinato dieci criminali comunisti-badogliani saranno fucilati. Quest’ordine è già stato eseguito».

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Montezemolo ist am GESTORBEN

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La liberazione di Roma: 4 giugno 1944

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La scoperta delle Fosse Ardeatine: luglio 1944

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Fosse Ardeatine oggi: il mausoleo

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Via Tasso oggi: il Museo Storico

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La Memoria violata, la Memoria aggredita

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Sulle tracce di Montezemolo…

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Sulle tracce di Montezemolo…

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Sulle tracce di Montezemolo…

Ugo Finetti, nel suo libro La resistenza cancellata, si è preso la briga di censire i manuali di storia in cui il nome di Montezemolo è stato «sistematicamente cancellato». Praticamente quasi tutti

La vicenda di Montezemolo rappresenta un caso esemplare di come la storiografia abbia per troppo tempo oscurato o sottovalutato personaggi e movimenti della Resistenza di matrice moderata

Piero Calamandrei spiega bene il senso profondo della scelta compiuta da uomini come Giuseppe Montezemolo in quei drammatici momenti: “Era giunta l’ora di resistere; era giunta l’ora di essere uomini; di morire da uomini per vivere da uomini”

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Le quattro Resistenze…Solo nell’ultimo decennio è stata avviata una seria riflessione sulle altre forme di partecipazione alla guerra di liberazione: 1.la resistenza dei militari all'indomani dell'8 settembre a Roma, a Cefalonia, in Corsica, a Corfù, in Albania, in Jugoslavia e il «no» degli Imi nei campi di concentramento tedeschi all’adesione alla Rsi; 2.la deportazione politica;3.l’attività informativa e di sabotaggio delle formazioni militari autonome e il contributo bellico del Corpo Italiano di Liberazione all’avanzata alleata nell’Italia occupata; 4.l’opposizione senz’armi di tanti civili (in particolare donne) che collaborarono in vario modo con gli Alleati e i partigiani

Museo del Vittoriano, Roma

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Ma per settant’anni… Montezemolo è stato dimenticato… E il Fronte

militare clandestino è stato un’”Armata del silenzio”…

Andrea Rossi: “E’ un po' come se di Carlo Pisacane, eroe del Risorgimento, o di Enrico Toti, l’eroe della Grande Guerra, si fosse iniziato a parlare alla fine degli anni ‘80...”

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Fino ad oggi…