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Anche in Italia, come in Francia e in Germania, all'ini- zio del Novecento scatta una molla espressionista. Dal Simbolismo si mutua una pittura sintetica, dove l'à plat serviva a dare forme snel- le, tutte di superficie. Tali soluzioni miravano a riconnettere il "basso" all'"alto", a conferire cioè una nuova dignità a una realtà data in modo velo- ce, in sintesi appunto. E ciò che rimane impor- tante è che una tale "superficialità" mette in evidenza il succo delle cose restituendone le ragioni profonde, i simbo- li, in una forte contesta- zione dell' Impressioni- smo o dei Naturalismi precedenti dei quali si rifiuta il principio di vero- simiglianza e dunque quella fedeltà che per tan- ti secoli si era avuta nei confronti della prospettiva rinascimentale ai fini di una razionalizzazione dei dipinti. Scompare una visione allo specchio, bel- la quanto si vuole, ma ormai superata grazie alla consapevolezza di una sopraggiunta sofisticazio- ne della cultura, ormai in grado di ragionare in modo più concettuale. Ma presto, per tornare al tema proposto, le visioni aureolate e mistiche del Simbolismo sono rimpiaz- zate da visioni immanenti, quelle che servono ad acchiappare il mondo in modo via via più crudo. A que- sto punto siamo di fronte a nuovi sismi, a scosse violen- te che deformano e decostruiscono visi e individui, cogliendoli spesso in fasi di rivolta o di dolore in un cli- ma aspro che deve ormai fare a meno degli aiuti e del- le giustificazioni dall'"alto". Ciò che rimane in comune fra Simbolismo e Espressionismo è il principio astratti- vo che però quest'ultimo movimento gioca alla luce di due principi fondamentali. Ora infatti si ricorre a un particolare primitivismo e a una precisa deformazione, termini questi che, circa venti anni fa, costituivano il titolo di un mio inter- vento per una mostra, a cura di Renato Barilli e mia, Espressionismo ita- liano, che si era tenuta alla Mole Antonelliana di Torino. Del resto spesso i primitivismi ritornano, in una molteplicità di ripeti- zioni differenti, come si vede bene allora dal recu- pero dell'arte negra o oceanica dei compagni di strada francesi e tedeschi o più avanti nelle fasi pro- testatarie degli anni Trenta e anche nelle soluzioni brut dell' Informale fino alla Transavanguardia e alle ultimissime, "barba- re" riprese dell'arte africa- na ed extraeuropea, pro- prio quelle che hanno ora il compito e il potere di vivacizzare i climi di eccessiva calma piatta del nostro vecchio continente. Ma quali sono le ulteriori caratteristiche dell'Espres- sionismo italiano? Vediamo subito che, a dif- ferenza dei cugini di oltralpe, i centri di elabo- razione del nuovo lin- guaggio sono tanti, come del resto era sempre suc- cesso in tutta la storia del- la cultura italiana, legata nei secoli a molte capitali. Ma anche in questo caso, nonostante numerose varianti e minidiversità, lo stile, pur declinato in maniere differenti, rimane fattore uni- ficante. E Magri, Viani, Rosai, Carlini e Lippi, tutti nati negli anni Ottanta dell'Ottocento come gli espressioni- sti francesi e tedeschi, sono gli artisti che in Toscana, pur con molte contestazioni, enucleano un nuovo stile Il mondo incantato di Alberto Magri di Alessandra Borgogelli PERIODICO SEMESTRALE DELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE “L’ARTE IN ARTE” URBINO copia gratuita Arte, letteratura, musica e scienza ANNO II N. 3 Giugno 2008 Arte Il quadro del Guerrieri di Saltara e la replica di Strada in Casentino di Renzo Savelli pag. 3 Una citta' un palazzo una collezione Pesaro, palazzo Montani Antaldi e le sue raccolte artistiche di Anna Maria Ambrosini Massari pag 4 Musica Arti e musiche del novecento Musica jazz e pittura astratta di Catervo Cangiotti pag. 10 Taccuino L’anima dell’Associazione di Oliviero Gessaroli pag. 18 Scienza Ieri, oggi, domani… di Flavio Vetrano pag. 12 Sperimentazione del laser scanner terrestre applicato ai Beni Culturali: il caso dell'Abbazia di Santa Maria del Monte in Cesena. di Andrea Castellani pag. 15 Letteratura I "Capitoli del giuoco dei Tarocchi" di Matteo Maria Boiardo con la "Illustrazione" di Pier Antonio Viti da Urbino (3 a parte) di Luciano Ceccarelli pag. 8 Alberto Magri, Il bucato 1913 Tonino Guerra, o della poesia della vita intervista di Maria Lenti pag. 6 VIVARTE.qxd 21/07/2008 17.56 Pagina 1

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Anche in Italia, come in Francia e in Germania, all'ini-zio del Novecento scatta una molla espressionista. DalSimbolismo si mutua una pittura sintetica, dove l'à platserviva a dare forme snel-le, tutte di superficie. Tali soluzioni miravano ariconnettere il "basso"all'"alto", a conferire cioèuna nuova dignità a unarealtà data in modo velo-ce, in sintesi appunto. E ciò che rimane impor-tante è che una tale"superficialità" mette inevidenza il succo dellecose restituendone leragioni profonde, i simbo-li, in una forte contesta-zione dell' Impressioni-smo o dei Naturalismiprecedenti dei quali sirifiuta il principio di vero-simiglianza e dunquequella fedeltà che per tan-ti secoli si era avuta neiconfronti della prospettivarinascimentale ai fini diuna razionalizzazione deidipinti. Scompare unavisione allo specchio, bel-la quanto si vuole, maormai superata grazie allaconsapevolezza di unasopraggiunta sofisticazio-ne della cultura, ormai ingrado di ragionare inmodo più concettuale. Ma presto, per tornare altema proposto, le visioniaureolate e mistiche delSimbolismo sono rimpiaz-zate da visioni immanenti,quelle che servono adacchiappare il mondo in modo via via più crudo. A que-sto punto siamo di fronte a nuovi sismi, a scosse violen-te che deformano e decostruiscono visi e individui,cogliendoli spesso in fasi di rivolta o di dolore in un cli-ma aspro che deve ormai fare a meno degli aiuti e del-le giustificazioni dall'"alto". Ciò che rimane in comunefra Simbolismo e Espressionismo è il principio astratti-

vo che però quest'ultimo movimento gioca alla luce didue principi fondamentali. Ora infatti si ricorre a unparticolare primitivismo e a una precisa deformazione,

termini questi che, circaventi anni fa, costituivanoil titolo di un mio inter-vento per una mostra, acura di Renato Barilli emia, Espressionismo ita-liano, che si era tenuta allaMole Antonelliana diTorino. Del resto spesso iprimitivismi ritornano, inuna molteplicità di ripeti-zioni differenti, come sivede bene allora dal recu-pero dell'arte negra ooceanica dei compagni distrada francesi e tedeschio più avanti nelle fasi pro-testatarie degli anni Trentae anche nelle soluzionibrut dell' Informale finoalla Transavanguardia ealle ultimissime, "barba-re" riprese dell'arte africa-na ed extraeuropea, pro-prio quelle che hanno orail compito e il potere divivacizzare i climi dieccessiva calma piatta delnostro vecchio continente.Ma quali sono le ulterioricaratteristiche dell'Espres-sionismo italiano? Vediamo subito che, a dif-ferenza dei cugini dioltralpe, i centri di elabo-razione del nuovo lin-guaggio sono tanti, comedel resto era sempre suc-cesso in tutta la storia del-la cultura italiana, legata

nei secoli a molte capitali. Ma anche in questo caso,nonostante numerose varianti e minidiversità, lo stile,pur declinato in maniere differenti, rimane fattore uni-ficante. E Magri, Viani, Rosai, Carlini e Lippi, tutti natinegli anni Ottanta dell'Ottocento come gli espressioni-sti francesi e tedeschi, sono gli artisti che in Toscana,pur con molte contestazioni, enucleano un nuovo stile

Il mondo incantato di Alberto Magri

di Alessandra Borgogelli

PERIODICO SEMESTRALE DELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE “L’ARTE IN ARTE” URBINO copia gratuita

Arte, letteratura, musica e scienza ANNO II N. 3 Giugno 2008

Arte

Il quadro del Guerrieri diSaltara e la replica di Strada

in Casentinodi Renzo Savelli

pag. 3

Una citta' un palazzo una collezione Pesaro, palazzo

Montani Antaldi e le sue raccolte artistiche

di Anna Maria Ambrosini Massaripag 4

Musica

Arti e musiche del novecento Musica jazz e pittura

astrattadi Catervo Cangiotti

pag. 10

Taccuino

L’anima dell’Associazionedi Oliviero Gessaroli

pag. 18

Scienza

Ieri, oggi, domani…di Flavio Vetrano

pag. 12

Sperimentazione del laser

scanner terrestre

applicato ai Beni Culturali:

il caso dell'Abbazia di Santa

Maria del Monte in Cesena.di Andrea Castellani

pag. 15

Letteratura

I "Capitoli del giuocodei Tarocchi"

di Matteo Maria Boiardocon la "Illustrazione"

di Pier Antonio Viti da Urbino (3a parte)

di Luciano Ceccarelli pag. 8

Alberto Magri, Il bucato 1913

Tonino Guerra, o della poesia della vita

intervista di Maria Lenti pag. 6

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dove le forme si contorcono fino a pervenire alla maschera, al grado zeroin una perfetta messa in scena di diversi giochi delle parti. Così si conte-stano i fenomenismi precedenti e si preferisce puntare allo stereotipo deldolore, della protesta, della disfatta ricorrendo alle categorie del grottescoe del tragico. Ma va notato subito che il clima artistico toscano, e italianoin genere, si avvale di un recupero della cultura autoctona, a differenza diquello straniero che, come ho già accennato, guarda a mondi extraeuropei.Credo poi sia molto importante sottolineare che il nostro Espressionismosi presenta con due facce diverse, parti però di una stessa medaglia, l'unatragica, quella di Viani e Carlini, l'altra candida e innocente, quella diMagri o del primo Rosai. Ed è proprio Alberto Magri a sfidare la dura real-tà grazie all'assunzione di una grafia deformante magnificamente usatasecondo un principio di docta ignorantia. Ed è sempre lui che riguarda eripete differentemente le vecchie storie dei Lorenzetti, di Duccio o di tuttaquella schiera di maestri e maestrini che avevano ammantato chiese epalazzi dal Duecento in poi. Ma Magri gioca anche sui riciclaggi delle sto-rielline incantate e sospese delle predelle antiche e le reinventa rimanendofedele al loro principio paratattico. Si tratta di un universo "candido" mol-to vicino a quello del trentino Garbari, fatto di figurine semplici semplicidi diretta derivazione dagli incantati mondi infantili perduti nella memoriae di là recuperati con un'ottica di fanciullino smaliziato. Sono le piazze deipaesi, i bucati stesi al sole, le vendemmie, le case coloniche, i giochi deibambini a scorrere lenti nelle nuove "predelle". Oppure si disarticolano suimuri formelle di case "buone" o "cattive" proprio come i buoni o i cattivigoverni dell'arte senese, riproponendo gli stereotipi della vita quotidiana.E proprio per conservare quel poco di antico e di primitivo che ciascuno dinoi si porta dietro, Magri inventa una tecnica particolare e costruisce le sueopere e il suo piccolo mondo "a calce, sopra tavole preparate con succes-sivi strati di gesso, a tempera col latte", arrivando così, come nota nel '14Giosuè Borsi, suo felice recensore, a risultati che hanno "l'apparenza e ipregi della pittura a fresco…la delicatezza limpida, senza i toni sordi e levernici metalliche, bioccose e bituminose della pittura a olio". La leggerez-za e la smaterializzazione delle opere di Magri deve molto all'assunzionedi un segno grafico graffiante, che interviene quasi in silenzio con una fun-zione deformante. Così si evolvono quelle sintesi toscane che Fattori e iMacchiaioli avevano portato avanti, in piena consapevolezza però che ilNaturalismo aveva fatto il suo tempo e che bisognava ritornare alle origi-ni. Ciò è così vero che Magri disarticola la narratività del dipinto e soprat-tutto immette delle scritte che nominano le cose rappresentate, in un'ulte-riore soluzione di ripresa del passato remoto, sia di quello legato all' infan-zia, sia di quello legato alla cultura continuando a incantarci con il suo par-ticolare primitivismo, non molto lontano da quello "fantastico" che neglistessi anni interveniva nei lavori del marchigiano Osvaldo Licini.

DITORIALE

Alberto Magri La cattiva madre - la maldicenza

(particolare da casa in disordine), 1914

Alberto Calavalle è nato e risiede in Urbino. E' stato docente diLetteratura italiana e storia negli istituti superiori. Ha collaboratoai servizi giornalistici della sede Rai di Ancona. E' stato collabo-ratore didattico presso l'Università degli studi di Urbino. Scrivesu alcuni periodici. Ha pubblicato: il libro di racconti Il tempo

dei cavalli, ristampato dagli allievi della Scuola del Libro diUrbino con incisioni originali; il romanzo Sulla frontiera della

Vertojbica; il libro di poesie Infinito passato Urbino; il libro disaggi e racconti brevi Finestre sulla città; il libro di Racconti

urbinati.

Con questo numero Vivarte entra nel suo secondo anno di vitaed è con orgoglio che quanti lavorano alla sua realizzazionevivono questo momento, visto i consensi che la rivista ha rac-colto nelle due uscite semestrali dello scorso anno. Sull'ondadei successi ottenuti nelle passate edizioni, anche il terzonumero si caratterizza per i contributi intellettuali di grandespessore. L'impegno economico dei Soci dell'Associazione"L'Arte in Arte" e degli sponsor che ringraziamo, è ancora unavolta largamente ripagato dalla ricchezza dei contenuti che icollaboratori offrono in modo gratuito.Grazie dunque per il prezioso contributo intellettuale genero-samente offerto da tutti gli studiosi che collaborano a questonumero: ad Alessandra Borgogelli per accompagnarci nelmondo incantato di Alberto Magri; a Renzo Savelli per pro-porci una lettura e una storia delle opere del Guerrieri; adAnna Maria Ambrosini Massari per la guida alla conoscenzadelle ricche collezioni d'arte di palazzo Montani Antaldi; aTonino Guerra per la sua poesia della vita; a LucianoCeccarelli per l'impegno e la passione certosina con cui haportato a termine i "Capitoli del giuoco dei Tarocchi" diMatteo Maria Boiardo; a Catervo Cangiotti per le appassiona-te riflessioni sulla musica jazz e la pittura astratta; a FlavioVetrano per accompagnarci in un viaggio affascinante nellascienza tra ieri, oggi e domani; al giovane Andrea Castellaniche ci rivela come la tecnologia moderna può essere applicataai Beni culturali; ad Oliviero Gessaroli che ci racconta la vitadell’Associazione.Vorrei ancora tornare a Tonino Guerra intervistato da MariaLenti, perché mi pare che la lezione di vita che traspare dallesue parole sia da non perdere. Tutti, finché le devastazioni del"progresso" lo permetteranno e perché possano essere evitate,dovremmo tornare infatti a guardare la natura con i suoi occhipoetici presi dall'incanto di una piccola cascata d'acqua chescende intorno a un vecchio mulino abbandonato, o dell'acquache si distende nel corso del torrente Storena come un velo trale rocce che "toccano l'infanzia del mondo". Tutti dovremmofare il possibile per non disperdere la ricchezza culturale deldialetto che lui chiama "una grande lingua" forse per la digni-tà che gli discende dal fatto di essersi affermato nei secoli sul-la parola forgiata dalla saggezza e l'esperienza di tante genera-zioni. Tutti dovremmo tornare ad avere rispetto per la natura,a godere della bellezza poetica di certi luoghi che lo ispiranoa valorizzare "i luoghi dell'anima", a curare il recupero di ope-re nate dalle "grandi domande" dell'uomo ed ora abbandonatecome la Pieve dell'Uso di Montetiffi, dove egli vorrebbe che cifosse la fontana della "Sorgente delle preghiere". Tutti,aggiungo, ricordando una poesia di Tonino Guerra che accom-pagna un suo film, dovremmo saper ascoltare la parola e ilsilenzio di certi luoghi dello spirito: sarà - come raccogliere ilrumore - gorgogliante di una piccola - sorgente …"."Tutti "afferma con convinzione, concludendo la sua intervista "dob-biamo aggrapparci alla bellezza della poesia".

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Renzo Savelli è nato e vive aFossombrone ed è laureato in lingue eletterature moderne. In veste di auto-re, co-autore o curatore ha scrittodiversi libri di storia locale dedicatialla sua città (musica, seta, comunitàebraica, rocca, guida turistica), a S.Ippolito (guida turistica e PalazzinaSabatelli) e ad Isola del Piano (1°volume). Attualmente sta completan-do una nuova opera dal titolo"Francesco Guerrieri da Fossombrone- L'uomo, l'artista, il cittadino" inoccasione del 350° della morte delgrande pittore forsempronese.

Il quadro del Guerrieri di Saltara

e la replica di Strada in Casentinodi Renzo Savelli

originale in latino, si trova in G. Viroli, Idipinti d'altare della Diocesi di Ravenna,Cento (FE) 1991, p. 476.3Claudio Pizzorusso ha decifrato con diffi-coltà l'iscrizione riemersa nello stipite dellaporta da lui così trascritta: "FRANCESCOGUERRIERI DA FOSSOMBONE PINGE-BAT A.D.1650". Cfr. M. Cellini,Apparizione della Vergine con il Bambino

Gesù a S. Antonio da Padova, in AA. VV.,"Il Seicento in Casentino dalla Controrifor-ma al tardo Barocco", Firenze 2001, pp.294-95.

Verso la metà degli anni '40 delXVII secolo si verificò una fortissi-ma ascesa del culto di S. Antonio daPadova. Non a caso nel consigliogenerale di Fossombrone dell'11marzo 1645 si discusse di aggregar-lo agli altri "Santi Protettori" dellacittà1, "essendo questi al presente ingrandiss.ma venerat.ne nella Cri-stianità per i grandissimi et infinitimiracoli che si sentono fare dallaMaestà suprema di Gesù Cristo per ilmerito di d.o glorioso santo". E' dun-que a partire da questo rinnovato fer-vore religioso che possiamo datare leprime opere del Guerrieri di sogget-to antoniano, tema sul quale egli tor-nerà ripetutamente. Un motivo cheebbe molto successo è quello del-l'apparizione del Bambinello a S.Antonio, ricordato nel Liber Mira-

colorum, dove si narra come il santoera stato ospitato da un cittadino che"movendosi qua e là per la sua casa,mentre il beato Antonio se ne stavasolo nella camera a pregare, vide dinascosto, attraverso la finestra, unfanciullo bellissimo e giocondoaccarezzare Sant'Antonio che loteneva nelle sue braccia e non cessa-va di contemplarne il viso. Quel cit-tadino, stupito e commosso per labellezza del fanciullo, andava pen-sando donde potesse essere venutoun bimbo così grazioso. Ma questi,ch'era il Signore Gesù, rivelò al bea-to Antonio d'esser visto da quel citta-dino.2 Questo motivo duale fra ilbambino Gesù, spesso rappresentatocol ramo di giglio in mano, e il san-to di Padova, connotato sempre ecomunque da Dottore della chiesagrazie al libro, diventò popolare nel-l'arte alla fine del '400. Esso tuttaviaebbe la variante della presenza delBambino non da solo, ma in braccioalla madre, come appare nella giu-stamente famosa grande pala diBrera del 1636 di Antonie Van Dick(1599-1641). La scena si svolgeall'aria aperta: il santo, inginocchiatoper terra, riceve le carezze delBambinello, che non sta ritto in pie-di, ma è seduto sulle ginocchiamaterne. Il libro di preghiere è ada-giato a terra, ma non vi è traccia delramo di gigli. Il Guerrieri, ripartendodal Liber Miracolorum, ma allo stes-so tempo innovando, lo riproponevaall'interno, in uno spazio delimitato eperciò più intimo e confidenziale, inun rapporto non più a due, ma a tre econ l'aggiunta di cori angelici. Laprima di tali opere fu probabilmente

la bella tela de La Vergine colBambino e S. Antonio da Padova,predisposta per la chiesa delGonfalone di Saltara (PU), ma davari anni collocata nella chiesa di S.Maria del Soccorso, a breve distanzadall'altra. Il quadro (cm. 230 x 150),opportunamente restaurato, è di unadolcezza e di una tenerezza indicibi-li: mentre nella stanza della casa,ove era ospitato, leggeva da solo ilmessale, eccolo ricevere la visita delBambino Gesù e della Madonna.Antonio si inginocchia a piedi nudisul pavimento, estasiato e stupito,ancora incredulo del privilegio con-cessogli. Il Bambino, sorretto dallamadre e in piedi sul messale aperto,si sporge verso di lui e lo accarezzasul mento. La Madonna fa altrettan-to ponendogli affettuosamente lamano sulla nuca. Il volto del santo èancora giovanile, ma l'ampia calvi-zie e il grigio dei capelli indicanoun'età più avanzata. Al centro, inalto, in una corona di luce dorata, stalo Spirito Santo mentre dieci puttiniosservano la scena. Appoggiato sulpavimento l'immancabile ramo digiglio. In un angolo del quadrovediamo il padrone di casa che, atti-rato forse da quell'improvviso chia-rore che filtrava da sotto l'uscio, apresilenziosamente la porta per sbircia-re dentro la stanza e resta anch'egliimmobile e senza parole, "stupito ecommosso", quasi paralizzato dallospettacolo imprevisto e del tuttoinimmaginabile. Come senza parolesaranno rimasti i fedeli di fronte allespiegazioni del miracolo da parte delparroco. Dopo il restauro non sonoemersi né riferimenti al pittore, né ladata di esecuzione, per la qualeabbiamo tuttavia una prova indiretta.La chiesetta del Gonfalone fu termi-nata infatti nel 1649, come attestatodal portale d'ingresso principale, chenel fregio riporta la scritta: "ANNODOMINI 1649". Il quadro piacquedavvero molto anche a BaccioRampini, cittadino di Strada inCasentino (De Strata Florentiae),ma residente a Fossombrone nel ruo-lo di "fattore del Ser.mo Gran Ducadi Fiorenza" con il compito di curarele rendite dei beni già dei duchid'Urbino presenti nel territorio for-sempronese. La sua presenza è atte-stata attraverso atti consiliari e rogitinotarili per circa un decennio (1644-1653). Il Rampini ebbe certamentel'occasione di apprezzare il bel qua-dro, forse in casa del pittore mentre

era ancora in esecuzione, di scriver-ne al suo amico o congiuntoGatteschi a Strada e di svolgere ilruolo di intermediario inviandoglimagari il disegno preparatorio delquadro di Saltara e suggerendoglialcune piccole varianti di propriaidea o su spunto del committente.L'opera del Guerrieri era collocatanella pieve di S. Martino in Vado eprecisamente nel secondo altare adestra, sicuramente eretto col solitogiuspatronato proprio dalla famigliaGatteschi, ascritta al patriziato loca-le. Il quadro, recentemente restaura-to, ha rivelato la firma del Guerrierie la data "A.D. 1650"3. A seguito deilavori effettuati negli anni '70 nellapieve di S. Martino, tesi a riportarlaalla semplicità e alla nudità iniziali,sono stati tolti tutti gli altari, cosìoggi è possibile ammirare la replicadel quadro di Saltara nella Cappelladella Visitazione al centro di Strada.

1Consigli, vol. 37, aa. 1643-45, c. 339r, inA.C.F.2Il brano qui riportato, tradotto dal testo

La Vergine con il Bambino e Sant'Antonio da Padova, chiesa di S. Maria delSoccorso, Saltara. La replica si trova nella Cappella della Visitazione

a Strada in CasentinoAndrea Emiliani "Giovanni Francesco Guerrieri da Fossombrone"

Cassa di Risparmio di Fano 1991

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Una città un palazzo una collezionePesaro, palazzo Montani Antaldi

e le sue raccolte artistichedi Anna Maria Ambrosini Massari

A conclusione del lavoro di studio,restauro e catalogazione delle colle-zioni, la Fondazione della Cassa diRisparmio di Pesaro ha inauguratonel 2005 il nuovo allestimento delleproprie raccolte d'arte, conservatenella prestigiosa sede di PalazzoMontani Antaldi, progettato in stileneoclasssico dall'architetto Tomma-so Bicciaglia, formatosi alla scuoladel maggiore artista pesarese delsecolo XVIII, Giannandrea Lazza-rini. Le stanze del piano nobile, dovesono state allestite le collezioni arti-stiche e di rappresentanza furonoeseguite "a guazzo" tra il 1777 e il1781, dagli allievi di Lazzarini, prin-cipalmente Carlo Paolucci e il nipo-te Placido Lazzarini. Si ispirano allestorie dell'Eneide, come in altripalazzi marchigiani, quali il Bona-ccorsi di Macerata e a imitazione delpalazzo reale di Torino, della dimorasabauda di Moncalieri, dove leavventure di Enea erano state raffi-gurate per rappresentare metaforica-mente le fatiche militari di CarloEmanuele III nella guerra di seces-sione polacca. I Montani, infatti,attivi presso la corte dei Savoia, han-no poi voluto decorare una dellestanze del palazzo con lo stemmadella casa reale ben prima dell'Unità.La collezione è formata da dipinti,disegni, incisioni, ceramiche e ungruppo prestigioso e cospicuo di car-te geografiche dei secoli XVI-XIXriguardanti l'antico Ducato di Urbi-no. La ricchezza delle raccolte, giàpiù volte utilizzate in questi ultimianni, per mostre in Italia e all'esteroe il loro carattere profondamentelegato alla storia e all'identità dellacittà e del territorio, arricchiscono ilruolo di Pesaro come città d'arte,individuando, peraltro, una partico-lare sezione della sua storia artistica,meno rappresentata in altre istituzio-ni cittadine, quella relativa alle ope-re d'arte moderna locale. L'organiz-zazione dei materiali è stata divisa indue fondamentali sezioni, quelladedicata a pittura e ceramica dalQuattro all'Ottocento, marchigiana eitaliana o straniera, sistemate nellesale affrescate del Palazzo, e quelladelle opere novecentesche, semprecomprendenti pittura e ceramica,allestite nella zona adiacente, cheospitava in precedenza uffici dellaBanca delle Marche. Un autonomospazio, in questo contesto, è riserva-to anche alle collezioni grafiche, conle oltre 300 preziosissime carte geo-

grafiche dell'antico Ducato diUrbino, manoscritte e a stampa,sciolte nella gran parte dei casi maanche presenti in volumi. Tra inumerosi e notevoli disegni va alme-no ricordato quello di SimoneCantarini, preparatorio al dipintocon Giudizio di Paride, anch'esso diproprietà della Fondazione. DiGiannandrea Lazzarini è presente ungruppo di cinquanta disegni conarchitetture e paesaggi. La collezio-ne conserva i sei disegni a carbonci-no nero, quasi cartoni a grandezzanaturale, preparatori per le vetratedella Cattedrale di Pesaro, opera diAlessandro Gallucci che raffiguranosanti e beati protettori della città. Per quanto riguarda lo sviluppo arti-stico regionale, la collezione consen-te di tracciare alcune delle sue lineeprincipali. Il notevole campionariodi opere si snoda a partire dalla pre-ziosa tavola di Giovanni Antonio daPesaro, con una magica teoria disanti attoniti e pieni di ingenua poe-sia. Il Cinquecento è illuminato dal-la tavola di Federico Zuccari con laVisione di santa Caterina dé Vigri,eseguita un anno prima della morte eoggetto di una tormentata vicenda,strettamente legata alle polemichesollevate dal soggiorno bolognesedel pittore, che aveva destato odi eantipatie coi suoi atteggiamenti arro-ganti. Giovan Francesco Guerrieri eSimone Cantarini testimoniano lelinee principali dell'evoluzione arti-stica e delle influenze che, anchegrazie a loro, alimenteranno glispunti più interessanti della culturafigurativa marchigiana nel Seicento.Recente l'acquisto della fulgida teladi Cantarini con Sacra famiglia e la

Trinità, che va ad affiancare gli altriimportanti dipinti del pittore mentre,del Guerrieri, troviamo una notevoleSanta Cecilia e la possente pala conCrocifissione e dolenti. Alcuni trattisalienti della pittura settecentesca,nelle sue specializzazioni di genere,trovano testimonianza nei paesaggidi Antonio Francesco Peruzzini eAlessio De Marchis. Un caso a par-te, nella collezione dei dipinti, ècostituito dal gruppo di sette tele conStorie di Tobiolo e dell'Arcangelo

Raffaele, opere di GiannandreaLazzarini e allievi, ciclo ampiamen-te documentato negli scritti dell'arti-sta pesarese, cui fu commissionatonel 1768 da una famiglia nobile diOsimo, che l'ha conservato finoall'acquisizione da parte della

Federico Zuccari, (Sant'Angelo in Vado, 1539/'43-1609)Santa Caterina de' Vigri, tempera su tavola, 269x184cm

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Fondazione, nel 1999. Gli allievi delLazzarini decorano il Palazzo ed unallievo, Giovan Battista Consoli, èautore di un delizioso olio su pietracol Ritratto di Carolina di Brun-

swick che apre lo scenario sugli annifinali del primo decennio dell'Ot-tocento, quando Pesaro attraversavauna stagione assai vivace della suavita sociale e artistica, illuminata, tral'altro, dall'inaugurazione del Teatrodel Sole - poi Rossini - nel 1818. Nel 1817 Carolina, principessa diSassonia, moglie divorziata del futu-ro re d'Inghilterra Giorgio IV, si sta-bilì a Pesaro, rimanendoci circa treanni, riunendo la nobiltà cittadinanella sua dimora, la bella Villa delmarchese Eleonori, ridenominataVilla Vittoria, in un clima di accatti-vante mondanità ma anche di raffi-nata cultura, di cui fu protagonistaeccellente proprio il marcheseAntaldo Antaldi, in quegli anni pro-prietario del Palazzo, che si legò aCarolina di una profonda amicizia,tanto da sostenerla al momento delprocesso londinese per adulterio, nel1821, fin quasi a rovinarsi. Ma,accanto alla pittura marchigiana dal'400 all''800 - contrappuntata dainflessioni linguistiche di altre regio-ni italiane e culture europee, cuisono riservate due stanze, laFondazione ha diretto i suoi acquistisoprattutto nel settore costituito dal-la pittura pesarese, tra la secondametà dell'Ottocento e la prima metàdel Novecento. Le opere ne docu-mentano i principali protagonisti,molto noti anche a livello del colle-zionismo nazionale, come AnselmoBucci, Fernando Mariotti, Alessan-dro Gallucci, Nino Caffè, AldoPagliacci. Di Nino Caffè, sono pre-senti opere meno scontate dentro lasua produzione più stereotipata,come Il circo del 1942, esercitazionesugli impressionisti sempre influen-zata dagli amici artisti pesaresi, inprimo luogo Alessandro Gallucci. DiCaffè anche lo straordinario Grande

pannello - misura 297x390 cm - colracconto lieve di un attimo rubato auna giornata di sole. Autentico capo-lavoro di Alessandro Gallucci è ildipinto del 1938 dal titolo Il merca-

to, insostituibile, rarissima testimo-nianza dello sguardo fugace e tardi-vo dell'artista, al grande ceppo stili-stico e programmatico della PitturaMetafisica e del grande movimentodi "Novecento". Struggente e inquie-tante il Ritratto di donna (Rosetta)

di Fernando Mariotti, del 1924, pit-

Scuola di Guannandrea Lazzarini, Commiato di Enea da Anchise, 1777-1781,pittura del soffitto di una stanza del piano nobile di Palazzo Montani Antaldi

tore documentato da diverse opere,tappe significative della sua evolu-zione.Anche la generazione successiva aquella dei citati maestri è ben rappre-sentata in collezione, con testi fine-mente selezionati, a cominciare dalnome di rilevanza internazionale diGiuliano Vangi, toscano che ha lega-to a Pesaro molta parte della vita edell'attività, rappresentato nelle col-lezioni della Fondazione dallavibrante statua in bronzo, rame, oroe lega di nichel, raffigurante unaRagazza con treccia, acquistata dopola mostra che la Fondazione ha dedi-cato all'artista nel 2000. Non poteva-no mancare i lavori di OscarPiattella, rappresentato da tre operesullo scorcio degli anni Cinquanta edi Renato Bertini. A comporre ilventaglio delle raccolte dellaFondazione, una parte di centraleimportanza è riservata alle cerami-che. Unica al mondo si può definirela collezione di ceramica Tre eQuattrocentesca della Fondazione,composta di circa cinquanta pezzi,acquistati con grande lungimiranzanel 1988, quando l'importanzastraordinaria della produzione cera-mica pesarese medievale era ancorain corso di definizione, grazie aglistudi di Paride Berardi, confluiti nelvolume del 1984, L'antica maiolica

di Pesaro dal XIV al XVII secolo,che dimostravano, con preziosidocumenti, le radici antiche dellastoria ceramica pesarese. Importantee varia anche la rappresentanza set-tecentesca nel settore della ceramica,coi noti pezzi decorati alla Rosa diPesaro della fabbrica Callegari eCasali, ricchissimi di decori e tipolo-gie, con esempi che si distendono sututto l'arco della produzione dellaceleberrima fabbrica pesarese e nerappresentano i quattro periodi, tra1763 e 1816, rispettivamente anno diinizio e scioglimento della società.Alla fabbrica faentina Ferniani, inun'epoca che oscilla tra secondo eterzo quarto del Settecento sono daricollegare i due bellissimi vasi dapompa, esemplari rarissimi nel lorogenere, recanti quattro stemmi cardi-nalizi della famiglia Albani. Il Novecento è rappresentato daipezzi dei principali protagonisti delsettore a Pesaro, fra i quali spicca ilnome di Bruno Baratti, con la stupe-facente serie di dodici piatti coi mesieseguiti nel 1985.

Anna Maria Ambrosini Massari,ricercatore e docente al corso dilaurea in Scienze dei BeniCulturali, della Facoltà di Letteree Filosofia dell' Università diUrbino e al Corso di Scienze dellaComunicazione della Facoltà diSociologia della stessa Università,presso la sede di Pesaro-Studi. Sioccupa di pittura e grafica traCinque e Seicento, con particolareattenzione ad argomenti di areamarchigiana ed emiliana.Numerosi studi e articoli sonoinoltre indirizzati alla storia delcollezionismo e alla storiografiaartistica.

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Tonino Guerra nel suo studio

versità di Urbino lei ha racconta-

to, anni fa, il suo ritorno a casa

dalla prigionia…Mio padre era, a differenza

di mia madre, uno che non facevané carezze né baci, perché il roma-gnolo riteneva che queste frivolez-ze, queste cose affettuose fosseromolto femminili e potessero farpensare… Con ciò non si deve pen-sare che sotto il romagnolo non fos-se un grande sentimento. Anchequando, incontrando un amicomagari dopo dieci anni, la frase piùcommovente era questa: "Ma come,sei ancora vivo?". …molto commo-vente, perché vuole nascondere unincontro eccessivamente affettuoso.E mio padre… Io non volevo met-terlo in difficoltà il giorno del mioritorno dalla Germania. Ero arrivatoa piedi. Davanti a casa, un gruppo dipersone. Sapendo della sua difficol-tà a dimostrare davanti a tutti unmomento di grande tenerezza, misono fermato a quattro metri da lui.Lui era sulla porta col sigaro in boc-ca. Mi ha chiesto: "Hai mangiato?".Ed io: "Ma certo, ma figurati, èandato tutto bene". M'è passatodavanti e se ne andava via. Io vole-

Questo è un modo, non dico nuovodi poesia, ma un modo per ricavareper la gente un modo caldo e serenodi vivere, un modo che ti fa riflette-re, un modo che ti permette di ritro-vare te stesso.Il suo esordio poetico nel dialetto

romagnolo…

Il dialetto, che purtroppo,anche in Romagna, stanno dimenti-cando - il novanta per cento dellepersone non lo sa più parlare -, èuna grande lingua. Il dialetto ha ilsudore, le ombre, il dialetto ha i tre-mori che occorrono. Il dialetto è unalingua che conoscevano tutti i roma-gnoli e quindi tutti i contadini. Iofaccio sempre questo esempio. Seun contadino romagnolo uccide lamoglie, chiamato in tribunale, più diventi parole non dice. "Sa, non lo socosa è successo… Allora, c'era uncoltello lì, siccome lei mi ha offeso,…". Se l'avvocato gli chiede di par-lare in dialetto, diventa una personaeccezionale, diventa un grandescrittore: "Dunque le voglio dire cheerano quindici giorni che piovevasempre. Pioveva, pioveva. E ioandavo fuori nei campi a prendere icavoli, se no andavano a finir malee mia moglie diceva: se entri in casasporchi la casa (stava pulendo itavoli). E, be', se no che cosa man-giamo? E no, non si mangia. E'meglio non mangiare che pulire lacasa, dice lei. Io dico: ma no, non èvero...il lavoro che ho fatto… Ecominciamo a litigare e…". Litigioraccontato in modo stupendo."…poi lei mi comincia a guardaremale, mi comincia a dire che daquando m'ha sposato sono statosempre così, testardo, cattivo…Io?...". Eccola, quindi, unadiscussione stupenda perché lui nonha paura di sbagliare, di dire dasseinvece di desse. Lui il dialetto lo saalla perfezione. Perdere questo capitale enorme,che avevamo tutti in Romagna, è undifetto, grave anche per i ragazziperché era un aiuto eccezionale perscrivere. Dava la possibilità di nondire 'se parlo bene o parlo male….',sai che puoi dire quello che vuoi.Raccogli brani di poesia da tutte leparti quando parli in dialetto, il tuomodo di raccontare ha le parabole,la fantasia… Un modo strambo cheè quello giusto per darti un'emozio-ne.In un incontro pubblico all'uni-

La sua opera letteraria e artistica

è permeata della memoria che

nutre e si rinnova, del legame tra

natura e uomo. Adesso, a che cosa

sta lavorando?

Tutto quello che cerco difare sono racconti poetici. Adessosto facendo fontane. Le ultime addi-rittura sono "Pagine bianche d'ac-qua", sulle quali ci sono resti difavole, ci sono pietre. Questo tentodi fare, qualche cosa che abbia poe-sia: perché io non sono un architet-to, un pittore alla Picasso. Io sonoun pittore che racconta. C'è semprein me l'idea di trasmettere notizie,favole, racconti anche in dialetto.Qui, lei vede, sono circondato daquesto mondo sgangherato di libri,oggetti e ricordi. E' che ho bisognodi compagnia e io ricevo moltodagli oggetti che mi sono intorno.Vicinanza alle cose, agli oggetti,

non sezionamento ma circolarità

dell'esistenza. E' necessaria, anco-

ra?

Mi pare di sì: oggi più diprima. Per esempio, qui a Pennabilliè stata fondata l'Associazione"Tonino Guerra". C'è chi si preoccu-pa di trovare tutti i miei libri, i mieidisegni, i miei appunti, ecc., unmateriale che si vuole sia completoperché possa servire a qualche stu-dioso, a qualcuno che ha bisognodelle parole. Io, invece, vorrei chel'Associazione si interessasse dellecose che desidero siano fatte. Adesso vorrei preparare "i luoghidell'anima". Sono stato a vedere unmulino abbandonato, un piccoloborgo sotto Pennabilli, soltantoalcuni ruderi con, attorno, dellecascate d'acqua. Un incanto. Vorreiche lo si pulisse da tutti gli spiniper far arrivare anche gli studenti aguardare l'acqua. L'acqua che noiabbiamo perso, che crediamo diconoscere, bisogna vederla, toccar-la, averne il godimento. E averne ilracconto. Più su, sopra Bascio, c'è una stradache porta al torrente Storena: qui cisono tutte le pietre precipitate neltempo dalla nascita del mondo.Tutte le pietre sono là e dentro han-no un velo d'acqua. E' il più bello, ilpiù grande giardino giapponese cheabbia mai visto. Va curato. Si puòfare anche un parco di cento metri, ibambini ci devono andare a questerocce, toccarle, perché in questocaso toccano l'infanzia del mondo.

Tonino Guerra, o della poesia della vitaIntervista di Maria Lenti

vo stare nel gioco di questa difficol-tà: "Ma dove andate?". Si gira: "Hoda fare. Non posso mica stare a par-lare". Entro dentro casa e nellasaletta, avevamo una saletta, c'eranotanti che volevano sapere dellaGermania ed io chiedevo delle cosedella guerra, se avevano bombarda-to, quando entra uno con una vali-getta. Dico: "Cerca qualcuno?". "Sì,cerco lei". "Cerca me?". "Sì, sono ilbarbiere. Mi manda suo padre".…L'affetto, la tenerezza. Lui conun'occhiata ha visto che avevo untantino di barba in più.La sua presenza nella cultura ita-

liana è forte. Sarebbe importante

una presenza più assidua degli

intellettuali per fare andare

meglio le cose, perché le cose sia-

no dette piuttosto che rincorse,

non dimenticate: per l'oggi, per

questo tempo che spesso brucia le

energie?

Non sono un indovino.Certo potrebbe essere molto como-do specialmente se in provincia sifermassero delle persone e desseroun'occhiata. Io, che sono qui aPennabilli e cerco di dare una mano,vedo che ci sono molte difficoltà.

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Maria Lenti è nata a Urbino e quivive. Ha pubblicato poesie (Un

altro tempo, Albero e foglia,

Sinopia per appunti, Versi alfabe-

tici, Il gatto nell’armadio) e rac-conti (Passi variati, Due ritmi una

voce), saggi su scrittori e artistiitaliani. Collabora a riviste e aquotidiani. E’ stata deputata alparlamento per il PRC).

Tonino Guerra intervistato da Maria Lenti

Tonino Guerra, progetto della fontana

“Sorgente delle preghiere”

Non per cattiveria, ma è difficileche un'autorità, sindaci o altro,prenda in considerazione quello chele viene suggerito. Hanno le loropreoccupazioni. Io ho scritto i "Sette messaggi alsindaco" e fin da allora, vent'anni fa,ho spiegato che i sindaci dovrebbe-ro pensare non solo ai tubi dellefogne, alle pasticche per gli amma-lati… Devono avere anche dellecose poetiche, devono dire che dob-biamo costruire le piramidi… anchese non è vero, perché bisogna crea-re questo viaggio magico, bisognaaiutare ad avere dei sogni. Guardoperò anche alle cose pratiche.Sarebbe bello che gli uffici tecniciavessero attenzione al paesaggio.Non si possono far dipingere dellecase bianche in mezzo ai boschi: chiviene dalla pianura, e vuole trovareun mondo selvaggio, antico, si trovain una dentiera. Il 29 di maggio sono andato aRimini per parlare a tutti i sindaci,per consigliare ad ogni paese quelche si può fare perché qualcunoarrivi nei nostri paesi. Penso di ave-re delle idee non di grande spesa. Soche non ci sono i soldi, però ognisindaco potrebbe far piantare quat-tro o cinque piante tutti gli anni,valorizzare le piante più antiche delsuo comune, perché le piante anti-che sono anche, per esempio secon-do i russi, un aiuto alla forza dellepersone. Ogni volta che un russovede una pianta antica e grossa l'ab-braccia: per ricevere un po' della suaforza. Bisognerebbe trovare il modo, noiche siamo in un percorso verso lacompleta ignoranza perché leggia-mo poco, specialmente le donneche credono soltanto ai rossetti e aichirurghi plastici, di vitalizzare lacultura, ché la cultura abbellisce gliuomini, la cultura abbellisce la pel-le del viso… Come si fa a viveresenza leggere, affogati dalle imma-gini della televisione, spesso nonbella come invece dovrebbe essereperché la televisione è un grandestrumento. Tiene compagnia allepersone anziane che vivono nellevalli più sperdute, tiene compagniaagli ammalati. Però, che sia una bel-la televisione. Presente e futuro….I rimpianti?

No. Perché io sono unpoeta, sono legato alla parola equindi ancora adesso cerco di fare

delle cose. Alcune, i fanali di Tolstojper esempio, o le ultime fontane diSantarcangelo, le ho realizzate. Altre le sto pensando e, anche,attuando: il recupero delle chieseabbandonate, le chiese con le lorograndi domande, la Pieve dell'Usodi Montetiffi nel comune diSogliano al Rubicone, nel cui centrovorrei che ci fosse la fontana della"Sorgente delle preghiere", oSant'Arduino di Pietrarubbia, altre,tutte con le loro traversie per lediscussioni con i sindaci, gli ammi-nistratori. Certo, dentro la mia etàsento che ci sono delle ombre didebolezza, ma spesso, se uno è lega-to alla poesia, dimentica di essereanziano. Io insisto che tutti dobbia-mo aggrapparci alla bellezza dellapoesia, perché ti può salvare neimomenti di grande sconforto. Tuttoqui.

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Scrittore, poeta, narratore, autore ditesti per il teatro, di libri illustrati dalui, tradotto in Russia, in Germania,in Portogallo, Spagna, Messico,ecc., soggettista e sceneggiatorecinematografico (ha collaboratocon, tra altri, Anghelopulos,Antonioni, Bellocchio, Bolognini,De Santis, De Sica, Fellini, Giraldi,Lattuada, Monicelli, Petri, Rosi,Taviani, Tarkovskij), ToninoGuerra, nato a Santarcangelo diRomagna nel 1920, oggi vive aPennabilli (Pesaro e Urbino). Qui, nei sotterranei del trecentescoOratorio di Santa Maria dellaMisericordia, ha sede l'Associazio-ne che porta il suo nome, istituitagrazie alle Province di Pesaro eUrbino e di Rimini, ai comuni diSantarcangelo e di Pennabilli, allaComunità Montana Alta Valmarec-chia: uno spazio che è museo ( visono esposti, tra quadri e libri evideoteca, dei mobilacci disegnatida Tonino Guerra e realizzati dasapienti artigiani del luogo. E le"Lanterne di Tolstoj", tratte dai libridi scrittori russi e dai prototipi anco-ra esistenti in Russia, dovute allavisionarietà del poeta Guerra e allamano del fabbro Aurelio Brunelli) eluogo di incontri con un pubblicovario, con studenti, visitatori instan-cabili delle sue realizzazioni in tuttaquella parte di alto Montefeltro e diRomagna. Attirati e sorpresi, giàanni fa, da quell' "Orto dei fruttidimenticati", il primo intervento di

Tonino Guerra, che stupì per lo scat-to singolare e nuovo del recuperodel paesaggio. Per conoscere Tonino Guerra biso-gna vedere le sue opere nelle diver-se località, fontane, chiese, piccoli-grandi parchi, e studiarne, gustarne ititoli: la poesia, come senso in avan-ti delle cose di cui "parla", è inven-zione, il bisticcio è voluto, nuovaogni volta. (Le opere, fino al 2005,sono raccolte, illustrate e arricchitedelle parole di Guerra, nel suoPoesie nel paesaggio, per Rambertidi Rimini). Cifra poetica, la sua, che significaanche rispetto della e attenzione allapolis, (anche al di là di quantofarebbe già supporre la sua militan-za nella sinistra, che non è un miste-ro), amore della natura, del lavoro edella storia dell'uomo, sentimentodel paesaggio: valori da non disper-dere, da conservare, da vitalizzare,se del caso da recuperare, perchévivano nella quotidianità, non comecontorno ma come essenza. Tonino Guerra è, in parte, qui. I suoifilm, i romanzi, le poesie dirannomolto altro. A noi, stretti a volte trail desiderio di cose belle e esterni(nel loro largo raggio) che poco losono, a chi si occupa della cosa pub-blica, il compito di fare uscire (eriuscire) tale essenza: che spicchi ilvolo per farci vivere.

("Vivarte", il suo direttore OlivieroGessaroli, l'intervistatrice sono gratialla dott.ssa Rita Giannini Direttoredel Museo Tonino Guerra per la suacollaborazione).

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I "Capitoli del giuoco dei Tarocchi"di Matteo Maria Boiardo

con la "Illustrazione"di Pier Antonio Viti da Urbino (3a parte)

di Luciano Ceccarelli

Nel gioco veramente de la Gelosia

le dece carte sono di colore azurroo vero celesto, e in esse sonodepinti ochi, come quei da i qualinel animo del geloso el crescier dela gelosia procede. E ne la prima èuno, grandetto, con un breve disopra; e ne le altre secondo elnumero ordinato, con lo breve inmezo, nel quale li terzetti si scrivo-no che incominciano da Gelosia, sìcome li doi dicti giochi d'Amore ede Speranza incomenzavano da illoro; con el numero nel modo giàscripto, che a Gelosia sùbitosegue. Del qual gioco le quatrofigure sono in questa forma depin-te. La prima in luoco di fante èArgo, che geloso fu oltra modo,dubitando che Io, dàtali in custodiada Junone, non li fusse tolta; et èdepinto carico per tucta la facciad'ochi, con uno ochio ne la sinistramano e ne la diricta uno bastone dapastore, con una vesta pastoraletòcca in qualche parte de celestecolore; a i piedi del quale è unpavone, cum la coda diritta, in cheegli da Junone fu tramutato; et hasopra el capo suo el terzetto che deesso brevemente ragiona. Il caval-lo è per Turno figuarato: el qualeper gelosia da Enea fu vinto, comein Virgilio si lege; et è sopra uncavallo di tucte arme armato, deazuro colorite, con uno ochio inmano e con tre versi che lo manife-sta sopra el capo. La Regina diGelosia, per Junone in questo gio-co se dipinge; perciò che ella sem-pre fu gelosa oltra mo' di Jove, et èregalmente de azuro vestita, sopraun carro di due rote de azuro pun-tato, tirato da doi pavoni; con unoochio in mano, e con la Iride, cheda capo a piedi la circunda, dictoda gli altri lo arco celeste, e conuna aurea corona, sopra la qualesono li versi, che di lei ragionano.L'ultima figura di questo gioco è ilRe di Gelosia, per Vulcano signifi-cato, lo quale, di Venere geloso, atutti li dei, diligentemente obser-vandola, la manifestò in adulterio,ritrovandola con Marte per l'accu-sazione del Sole, che, per lo cer-chio suo correndo, la scorse. Et èdipinto nudo, col martello ne ladritta mano; e ne la sinistra una alad'amore sopra una ancudine; et hadrieto li sui piedi uno foco; e sopra

el bracio che tiene l'ala, uno ochio;coperto ne le parte men belle conun celeste drappo che sopra lespalle se lega cum doi groppi; et hauna corona d'oro in capo; e desopra uno terzetto che lo manife-sta: che è lo ultimo de tucto elCapitulo de Gelosia. Li ternarii delquale sono per tucte le quatordecicarte disposti, come sono quelli deli doi già scripti; el primo terzetto ala prima carta adaptando, et ilsecondo a la seconda; e così de lealtre. Li quali tucti versi integranouno Capitulo che incomenza:Gelosia un vero amor non pòsmarrire,Che si uno amante va cum purafede,Amor il premia al fin del suo servi-re.Gelosia è dura cosa, ove esservedeCommodo al concorrente nelloamore:Ché al spesso supplicar segue mer-zede.Gelosia tristo rende un lieto core,Ma spesso è causa ancor, dove ellasprona,Condurre un che ama a un virtuosoonore.Gelosia quando vien non si propo-naContrastargli alcun mai, ché sforzaogniuno:Ma el saper tollerarla è cosa bona.Gelosia ciascun cerca, e poi cia-scunoLa fuge; e prima ogniun voriasapere,Poi di saper vorebbe esser digiuno.Gelosia sempre non debbia volereIl concorrente per nimico; anziesso,Se vincer vôl, de' pazienza avere.Gelosia se te gionge a veder pres-soA la cosa che tu ami el tuo rivale,Stimi che 'l parli sempre a tuo inte-resso.Gelosia ove si pone è sì gran male,Che medicina non se trova a lei;E si troppo oltra va, cosa è morta-le.Gelosia non vien manco fra li dei,Che fra gli omini faccia; eccoJunoneDel suo Jove gelosa, ah casi rei!Gelosia di certezza mai non poneAlcuno in strada, e al ver non apre

porte,E tien fra speme e dubio le perso-ne.Gelosia d'Argo e de sue viste acor-teNon fu secura mai, fin che nel pie-deCon nome de Io non li fur l'ormesporte.Gelosia Turno re, promisso eredeDel re Latino, indusse a mortalguerra:E morto fu, ché morte indi proce-de.Gelosia Juno dea più volte in terraFece venir per varii amor di Jove,Ché mai non posa un cor che in séla serra.Gelosia fe' Vulcano in forme nove Pigliar Venere e Marte entro larete,E il Sol ne fece manifeste proveCon gli ecclipsi soi, segni e come-te.

Finito el terzo gioco, del quartoragionaremo, che è il giuoco delTimore, nel quale le scutiche sedescrivono, come li dardi nel giocod'Amore. Queste sono depinte conuno manico de legno lungo assai;et in capo cum tre draghi un pocointorti; et tali scutiche o vero fla-gelli, perché da ognuno sono temu-te...Timor un'alma tien tanto dubiosaCh'ella ha poca ragion di viver lie-ta,Qual mai non gode e sempre è pau-rosa.Timor, dov'è qualche pericol, vietaPigliar piacere, e tanto un om favile,Che l'animo ragion mai nonacquieta.Timor tremar fa l'angel ne l'ovileSe di fuor sente il lupo, e sì stachiuso,Che appena intrar gli può il ventosottile.Timor quattro destrier d'un carro al'usoSotto una virga tiene a un giogostretti;E molti in servitù, che non gliexcuso.Timor ci tien talor, che i nostrieffettiNon possiam dimostrar, che assaine offende,Ché compagni al timor sono i

Giasone come Cavaliere di Fanti

rispetti.Timor fa sempre che un non si dif-fende,Ma supplice ai contrasti se dimo-straE senza arme adoprar vinto se ren-de.Timor, se tu ti accosti armati ingiostraLa lor virtù sarà sotto te morta;Dove tu sei, sempre la fronte ilmostra.Timor obturba i sensi, e facciasmortaRende, e termito il cor per lui sisente,E l'occhio il mostra con sua vistatorta.Timor non ha sol di quel ch'è pre-senteDubbio: ma teme, ben che sia lon-tano,Il periculo, e a sé pargli imminen-te.Timor de certo è a imaginarlovano,E dove timor regna, ogniun con-correChe invalido quel corpo sia e malsano.Timor Fineo tra gli omini una tor-re,

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quale nude si vedano depinte, cumli aurei capelli giù per le spalle;occultate ne le men belle parte cumveli bianchi e suttili, in guisa cheesse non occultarse, ma cum lebracia tenere il velo, a chi vi mira,pare; et una guarda l'altra come seinsieme ragionassino. A piedi de lequale si vede una Fenice, che vol-ga in se stessa il beco, e dentro adun rogo, cum l'ale aperte, stando.Et hanno queste Gratie la Feniceper sua; percioché esse in una eta-de se trovano in uno solo sugetto.Sopre le qual Garzie sono tre versiassai acconciamente posti.

Dionigi di Siracusa come Re di Flagelli

giallo scuto, con uno spechio inmezo, che tutto el brazo li copre.Et a piedi suoi molte formiche seritrovano, che fra gli altri animaliamatrice de fatica sono. E sopra elcapo un terzetto si lege, come ne lialtri.Desio è lo terzo Trionfo, perAteone significato, lo quale cosedivine desiò di vedere, e, vedendoDiana in una fonte, ignuda si con-verse in cervo, spargendoli essanel volto cum le mane l'acque. Lapictura è de un omo in giupone digiallo listato, e tutto el remanentede morello colore; e le calze deceleste e bianco, in molte listedivise sono. El capo è di cervo, condoi corna longhe e d'oro e di cervi-gno colore, con la bocca aperta; etiene in la sinistra mano uno lasso,e ne la diritta mostra paura: et hadoi cani che lo mordano; et a piediuno leopardo che siede, lo quale èanimale molto desioso in seguirele fiere. E tiene sopra el capo il suoterzettto secondo l'oridine dicto.Ragione per il quarto Trionfo sivede scripta, e la figura che ladimostra è Laura del nostroPetrarca, vestita come Ippolita, etin mano tien un stendardo; et incampo verde si vede un candidoermellino; et ha dinanzi a séAmore, cum le man ligate dietro ecum l'ale spenachiate; e sotto apiedi l'arco e la faretra sua. E dal'un de' canti un zoco d'ape, cum libusi suoi, e cum le ape che intornoad esso volano. Le quale per laragione sono poste, come animaliche ne le sue operazioni cum gran-dissima rasone procede. E sopra elcapo de essa Laura sono versi chedi lei, non cusì dolcemente comeper l' adietro facto fu, ragionano.Nel loco del quinto Trionfo si vedelo Secreto, e per esso Antioco sedipinge, vestito de un manto dimorello che dovrebbe esser scuro;cum biondi capelli e delicata fac-cia; et ha a piedi suoi uno struzzo,lo quale credo che sia per paidireogni cosa dura, e nel suo propriosangue convertirla, non mandan-dola fuori per lo secreto posto. E,sì come a gli altri Trionfi, sopra elcapo suo tre versi di lui si legano.Grazia per lo sexto Trionfo si vede,e ne la pictura è significata per tredonne che sono le tre Grazie: le

mano, rotondo: nel quale e mare, efiumi, e monti, e cittade si vedanodescripte; e sta sopra questo mon-do col pecto e col mento appogia-to, e tiene le gambe retirate: a lequale l'asino si volta con el capo,come se basciare li volesse li piedi;e sopra de sé tiene tre versi, chesono il principio del quintoCapitulo, che per tucti li Trionfi seexpedisse. Ne li quali versi che,insieme cum gli altri, qui di sotto sinotaranno, la figura se manifesta,da me cusì particulare e longamen-te descripta, per essermi de sangueassai congionta.Il primo Trionfo, che è de un pon-to, se dimanda l'Ozio; e la figura èdi Sardanapalo re, se bene miramento, de li Assirii; lo quale a laluxuria e gola dato, non seppe ilregno guidare, e fu il primo cheritrovoe le piume ne le quale sidormisse. Questo mi parve potere,di Sardanapalo ragionando, dire.La figura del quale è delicata: e tie-ne in dosso un manto bianco diceleste colore adaquato, et ha intesta l'aurea corona; e sede sopraun giallo scanno; et sotto el mantoè de morello vestito; et a piedi suoiiace una marmota, che è animalepigro e ocioso e sonnolento; esopra di sé sono li versi posti chelo nominano, li quali incomenzanoper questa parola Ozio. Et in tuctoel Capitulo de Trionfi li terzettiincominzano per quella parola chesignifica la figura del Trionfo sottoad essi dipinta. Et a piede di tucti liTrionfi sono animali di quellamedesima natura che è il Trionfo.El numero de quali Trionfi, dal'Ozio incomenzando, che per l'unoè posto, se ritrova scripto in unocanto del breve, che sopra el capoloro è depinto.El secondo Trionfo, che per ilbinario numero è signato, è laFatiga, la quale per Ippolita èdescripta, che fue per sua grandis-sima fatiga de le Amazone Regina.Questa in forma de una Nynfa èdepinta, col pecto e con la dextramanica di morello; cinta con unocingulo de simile colore, che drie-to a le sue spalle elevato e ritortose dimostra; con uno velo in capoverde; e con il camiso, da la cintu-ra in giuso, bianco. Et ha ne la drit-ta mano una lanza; ne la sinistra un

Converse in saxo col Meduseovolto,Ché a' timidi fortuna non soccorre.Timor Ptolomeo re, subito voltoEbbe contra Pompeo, sol per pauraChe Cesar non gli avesse il regnotolto.Timor non lassò Andromeca secu-raDel figlio, visto Ulixe: e intrar lofeceDel patre Ector entro la sepultura.Timor Dyonisio del tonsore inveceUsoe le proprie figlie, cum carbo-nePer fugir ferro; e al fin non fugìnece,Ché mal se fugge quel che 'l cieldispone.

Poscia che de li quatro giochi de leCarte a pieno è stato da me scripto,de li Trionfi ora ragionare mi biso-gna: e li loro significati, e le pictu-re, e li versi in essi descripti minu-tamente chiarire. Et da ciò chebono principio sia per me dato, daquello che è me, per quello che seha dicto, similimo incomenzarò: equesto dimandase in questo giocoel Matto. Lo quale è dipinto acavallo de uno asino, senza briglia,vestito de rosso, con un capucciogiallo in capo, e cum due campa-nelle rotonde, atacate a due orechieche nel capuccio sono, una perbanda; et ha questo capuccio unaverde coda, sì com' sono le rechie,che da le spalle drieto incomin-ciando, se rivolta inverso el caposuo. Et è cinto cum la veste atornoa torno retirata; et ha la manica lar-ga ne la bocca, con uno friso gial-lo nel orlo, e ne l'ultimo pizzo de ladicta manica è un'altra campanella.E nel piede ha uno stivaletto rivol-to sotto il genochio, e quella parteche si rivolge è gialla; et il resto ède rosso colore. L'altro piede e l'a-tra mano non si vedano per esserein lato tutto dipinto, excepto el vol-to: lo quale è bianco, con doi gran-di e negri ochi, col naso schiazza-to, et con le labbra grosse e la boc-ca aperta, e cum doi ciglia di colo-re negro insieme agiunte, e con lafronte rugosa. E per quello che iovedendolo puotì existimare, parve-mi di vedere la imagine di quelloomo: et oltra queste tucte dictecose, egli tiene uno mondo in

Luciano Ceccarelli è nato inUrbino nel 1942. Nella sua cittàha completato tutto il suo curricu-lum scolastico. Nel 1967 è andatoad insegnare a Cirò Marina (KR),rimanendovi ininterrottamentefino al 1983, concludendo, poi, lacarriera di insegnante di letterenella Scuola Media di Mercatellosul Metauro. Nel settembre del2001 è stato designato come socioordinario dell'AccademiaRaffaello in Urbino, dove tuttoracollabora alle iniziative culturalipatrocinate da quell'antico e insi-gne Sodalizio.

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Dunque Arti e…musiche.Chissà perché, quando si parla dimusica, si tende sempre a differen-ziarla, a tenerla separata dalle altrearti. Forse che la musica è un qual-cosa di diverso dalla pittura, scul-tura e dalla letteratura?Certo che la musica ha caratteristi-che molto singolari che la differen-ziano o, almeno, l'hanno tanto dif-ferenziata fino all'Ottocento, dallealtre Arti. Ci vorrebbe un intero libro dedica-to ad illustrare le argomentazioniaddotte, nel tardo '700 e nell''800,per affermare da una parte la supe-riorità della musica (ad opera dellacultura tedesca, da Hegel aWackenroder) o, dall'altra, la suainferiorità (ad opera della culturafrancese, da Balzac a Rimbaud adApollinaire).Ma, a sgomberare il campo da tut-te queste diatribe ci ha pensatol'avvento del Novecento che, conla sua rivoluzionaria carica didiversità, ha fatto sì che tutte leArti, musica compresa, venisseroaccomunate dalla totale presenzadell'inconscio nei processi creativie, quindi, dalla prevalenza deimeccanismi psicologici.Le analogie formali, strutturali epsicologiche fra tutte le Arti delNovecento, come avremo modo diconstatare, sono talmente suggesti-ve ed illuminanti da usare allo stes-so modo (e per significare le stessecose) segni, colori parole e note;tanto da poter ritenere la natura deisuoni identica a quella della luce(Il suono è luce sotto altra forma,sosteneva Balzac) e da ritenere lospazio sonoro uguale allo spaziogeometrico, in quanto tutti prodot-ti dalla complessa attività psichicadell'uomo.Lo stesso Freud si era convinto chei meccanismi della mente e dellamemoria (che riguardano i feno-meni auditivi e visivi) sono glistessi.Agli inizi del Novecento le scoper-te della fisica hanno dato un colpomortale alle certezze che costitui-vano un baluardo protettivo perl'uomo di fronte al mistero dell'esi-stere.Tutto ciò ha reso l'uomo moltoinsicuro. L'ansia, l'instabilità, l'an-goscia diventano motivi esisten-

ziali che influenzano profonda-mente l'artista del Novecento. Egli,dunque, comincia a riprodurre (inpittura, in poesia, in musica) nonciò che vede ma ciò che sente. Di qui un'arte che non si basa piùsulla rappresentazione della natu-ra, ma si basa su segni, parole,simboli, sulla emissione di unanota magari affrancata da un cen-tro tonale.Tutti bagliori dell'anima, come lidefiniva Andrè Brèton e tutti lega-ti fra loro dal filo dell'inconscio. Per averne conferma basta andarea rileggersi i manifesti "ideologici"dei movimenti culturali che hannodato origine all'arte del Novecento. Kandinsky teorizzava il valore del-l'emozionalità attraverso i simboli,con una pittura astratta che rinun-ciava in maniera totale alla raffigu-razione del soggetto. Tutte cose perfettamente applica-bili alla musica jazz, tanto che ipercorsi misteriosi, affioranti dasegrete solitudini, dei segni e deisimboli di Klee, sono gli stessi deipercorsi armonici e melodici diMonk e Coltrane, due grandissimidella musica jazz.Dunque, sia in musica che in pittu-ra, sia nella poesia che nella lette-ratura, trionfa l'interiorità (la riso-nanza interiore, come la definivaKandinsky) a scapito della rappre-sentazione del visibile e dell'im-mutabile.A questo proposito ricordo i duesaggi di Jung su Picasso e Joyce:Jung definisce Joyce "fratello let-terato" di Picasso, perché il suolibro (l'Ulisse, ovviamente) scom-pone, attraverso le parole, l'imma-gine della realtà in un quadro illi-mitatamente complesso, il cui tonofondamentale è dato dalla melan-conia della oggettività astratta.Gli stessi discorsi si potrebberofare per tanti altri scrittori delNovecento (penso a Cèline, a R.M.Rilke, al Gadda della "Cognizionedel dolore").Nell'Arte del '900, trionfo dell'in-conscio, occorre un grande equili-brio fra cuore e mente, fra emozio-ne e razionalità, fra complessitàtecnica e carica poetica.Baudelaire parlava di equilibrio frail pascolo della ragione e l'ebbrez-za del cuore!

Arti e musiche del novecento

Musica jazz e pittura astrattadi Catervo Cangiotti

Fontana

Picasso

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Pollock

Ebbene, la pittura di Picasso, Kleee Kandinsky è proprio così: sadispiegare i propri sentimentiall'interno di un rigore formaleineccepibile.Ciò accade anche nella musica jazzche forse, fra le musiche del '900, èquella che ha più analogie, sor-prendenti e suggestive, con la pit-tura astratta.L'equilibrio fra preordinazione for-male e complessità tecnica da unaparte e la destrutturazione e ricom-posizione delle linee melodiche edarmoniche, caratteristica fonda-mentale della musica jazz, corri-spondono infatti agli stessi proces-si razionali ed emotivi che hannogenerato tutta l'Arte del '900. Lecomponenti africane del jazz sonofuori discussione. Ma, attenzione,non si pensi minimamente che iljazz sia una musica africana. È unamusica nata dall'incontro fra lacultura africana degli schiaviimportati negli Stati Uniti, la cultu-ra cattolica francese e quella prote-stante dei coloni irlandesi e scoz-zesi.Questa musica, così definitasi aiprimi del '900, nei successivi centoanni di vita si è molto sviluppata,diffusa e modificata continuandosempre ad attingere elementi oradalla cultura bianca, ora da quellanera, essendo stata sin dalle origi-ni, come matrice di nascita, com-pressa ed oscillante fra le due cul-ture. Ad esempio basta ascoltareCharles Mingus e Duke Ellington(neri) o Bill Evans e LennieTristano (bianchi), per avvertirechiaramente che la loro musicanon sarebbe potuta esistere senzal'Africa, ma nemmeno senza Ravele Debussy. Il jazz moderno, sviluppatosi nellegrandi città industriali ha raggiun-to livelli straordinari di complessi-tà armonica. Riflettiamo ora sulla straordinariaanalogia fra musica jazz e pitturadel '900: per la musica jazzl'IMPROVVISAZIONE E' UNFATTO DI FONDAMENTALEIMPORTANZA, DETERMINAN-DO UNA IDENTIFICAZIONEFRA CREAZIONE ED ESECU-ZIONE.In sostanza, l'arte coincide con ilgesto che la crea.

La stessa cosa accade nella pitturainformale; pensiamo all'actionpainting ed a Pollock in particola-re, la cui pittura di grande tensionee drammaticità nasce dal gestocreativo istantaneo. Analogamente ricordo le esplosio-ni sulle tele degli accordi di coloredi un De Vlaminck o di unMatisse, del tutto analoghi alleesplosioni delle note e degli accor-di durante una improvvisazione.LA TELA DEL MUSICISTA DIJAZZ CHE CREA MENTREIMPROVVISA E' IL NASTROREGISTRATO.Senza registrazione non c'è sparti-to musicale in grado di riprodurrela musica jazz.La cultura africana, che ha eserci-tato un'influenza fondamentalesulla musica jazz, ha fortementeinfluenzato anche l'arte di PabloPicasso. I quadrati, i cubi, i trian-goli capaci di deformare la naturasecondo una occulta necessità liri-ca, sono nati dall'amore di Picassoper la cultura e l'arte africane;un'arte ingenua, insieme grossola-na e raffinata, che adotta deforma-zioni plastiche quali espressionidell'interiorità. Così come le tor-mentose deformazioni della musi-ca di Parker, il più grande musici-sta di jazz di tutti i tempi.Tutto ciò è suggestivo ma noncasuale.

ARTE E MUSICA DEL 2000Ho cercato di illustrarvi l'universodelle Arti del Novecento.Ora siamo entrati nel Duemila chesi affaccia all'insegna di troppi etroppo veloci cambiamenti nellaSocietà, nei valori, nei destini del-l'umanità, immersa nel sofferto,tormentato, inarrestabile processodi integrazione di culture, razze ereligioni. La musica e l'arte ingenerale saranno, come sempre,fedeli interpreti di questi cambia-menti. Ma quale musica e qualepittura scaturiranno dal cuore edalla mente degli artisti del 2000?Io mi sento, anagraficamente e cul-turalmente, un uomo delNovecento e, come tale, ho diffi-coltà a districarmi nei complessisentieri dell'arte del 2000.Mi aggiro un po' smarrito fra mini-mal, post-pop, arte povera e post-

Pollock

modern e mi aggiro un po' smarri-to anche nel jazz di oggi, fra que-ste modernità che non riconosco.Ma, come dice A. Baricco, intantola modernità "accade", anche se ionon la vedo.Annette Peacock dice: "vi sonoperiodi in cui le Arti vivono granditrasformazioni e periodi di rilassa-mento nei quali si vive nell'ecclet-tismo, nel plagio e nel riciclaggio".A me sembra che oggi sia questa lasituazione e non vedo all'orizzontegiganti come Picasso o C. Parkerad indicare la strada.Ma, forse, sono io che non vedo.Pazienza, a ciascuno la sua stagio-ne.

L'Ing. Catervo Cangiotti e' conti-tolare della Industrie Pica S.p.A. edi varie altre societa' operanti nelsettire edile. E' stato presidente diConfindustria Marche e, primaancora, di Confindustria Pesaro-Urbino. Fino al 2007 e' statodocente, presso l'Universita' diUrbino, di "organizzazione egestione delle risorse umane".Grande appassionato di musicajazz e di tutta l'arte delNovecento, l'Ing.Cangiotti hapubblicato vari saggi e tenutonumerose conferenze su questitemi.

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fig.2 - L'antenna gravitazionale Virgo, situata nella piana di Càscina, vicino Pisa.E' un Interferometro di Michelson con bracci ortogonali di 3 km; alle estremità

sono sospesi specchi tenuti immobili onde permettere di rivelare segnali gravita-zionali tramite il loro movimento indotto. La rivelazione di segnali gravitazionalidal cosmo darebbe il via all'astronomia gravitazionale, permettendo di indagare

sistemi astrofisici di cui tutt'oggi si ignorano dati fondamentali; aprirebbe inoltreuna finestra sul passato più remoto, permettendo di rivelare ed interpretare leincrespature dello spaziotempo originatesi alla nascita dell'universo, circa 15

Miliardi di anni fa.

fig.1 - L'esperimento LISA. Tre piccole astronavi, ai vertici di un triangolo equila-tero di lato 6 Milioni di km, sono collegate da un raggio laser. Un'onda gravitazio-

nale induce un'oscillazione della distanza reciproca, rivelata dalla modulazionedel laser. Il baricentro del triangolo giace sull'orbita terrestre, a circa 150 Milionidi km dal Sole: le tre astronavi ruotano in modo sincrono intorno al baricentro,

mentre il baricentro ruota intorno al Sole con lo stesso periodo della Terra.

fig.3 - Angolo dello Studiolo del Duca Federico con il ciclo degli Uomini Illustri.Nella parte inferiore si vedono, "estratti" dalle tarsie, il Clavicordo e lo SvegliarinoMonastico. Quest'ultimo è raffigurato sull'anta interna superiore destra della porta

che mette in comunicazione lo Studiolo con lo spogliatoio-guardaroba del Duca.Esso è uno svegliarino a muro mosso da peso e contrappeso, usato in tempi pas-sati nei monasteri per scandire le ore di preghiera e la sveglia notturna dei mona-

ci; è lecito pensare che il Duca ne possedesse uno che, opportunamente carica-to, forniva la "sveglia" per le sue preghiere notturne. Il Clavicordo è uno strumen-to a corde multiple, percosso ma con tecnica che consente di tenere (a differenzadell'odierno pianoforte) la corda in tensione/vibrazione sinchè il tasto è abbassa-

to. La rappresentazione nello Studiolo del Duca è così perfetta da rasentare lafedeltà di una fotografia, consentendo preziosi studi su questo strumento di cui

scarsissima è la documentazione.

Ieri, oggi, domani…di Flavio Vetrano

(CalTech), in Pasadena. In unosplendido scenario in cui una vege-tazione tipicamente messicanaadorna austere costruzioni checoprono una vasta area splendida-mente sviluppatasi in forma di par-co, si susseguono laboratori, biblio-teche, aule dove premi Nobel hannoinsegnato, sviluppato ricerche,tenuto conferenze.Nello splendore di una incipienteprimavera, nel Marzo di quest'anno,in una di tali prestigiose sale si èsvolta la riunione per discutere irisultati di Virgo e di LIGO (LaserInterferometry Gravitational Ob-servatory), due esperimenti (il pri-mo europeo, il secondo americano)che indagano i segnali gravitaziona-li provenienti da stelle di neutroni,buchi neri galattici, brillamenti disupernovae ed altri segnali "strani"che potrebbero svelarci ulterior-mente i segreti dell'universo.Questo 2007 è stato un annus mira-bilis, poiché dopo anni ed anni diduro lavoro e di grandiosi investi-menti, i due esperimenti, di fattodue colossali e sofisticate antenne,hanno preso congiuntamente datiimportanti che "oggi", nel 2008,vengono dettagliatamente analizza-ti. I due esperimenti sono molto simili:Virgo, una collaborazione Italo-Franco-Olandese, è un interferome-tro a bracci ortogonali lunghi 3 km(vedi fig.2) situato nella piana diCàscina, vicino a Pisa; la sua realiz-zazione ha richiesto circa dieci annidi duro lavoro dopo un lungo perio-do di progettazione, un investimen-to di alcune centinaia di milioni dieuro e l'impegno di diverse centi-naia di persone tra scienziati, inge-gneri e tecnici. L'Università di Urbino era massic-ciamente presente a questo incon-tro, avendo il suo Istituto di Fisicala responsabilità diretta dell'esperi-mento Virgo.

In coda a simili riunioni scientifi-che, colleghi scienziati, ma piùspesso giornalisti od operatori cul-turali, chiedono con una certa curio-sità come Urbino, notoriamente cul-la dell'arte (o più in generale di quelcomplesso di attività chiamate "finearts") si sia "convertita" sulla strada

L' autunno regalava un tocco squisi-tamente romantico ad Amsterdam,rendendo ancora più affascinante lavarietà di colori che rende così tipi-che le case che si affacciano suicanali di questa "Venezia del Nord". In un salone di una di queste case,destinata attualmente ad accogliereadunanze culturali, in quel giorno dimetà Ottobre 2007 erano riuniti unatrentina di scienziati provenienti daipaesi più industrializzati del mondoper discutere i piani programmaticidi alcuni dei più importanti esperi-menti internazionali. In particolaresi discuteva la pianificazione diLISA (Laser Interferometry SpaceAntenna), un esperimento per laricerca di onde gravitazionali, imisteriosi segnali previsti da AlbertEinstein circa ottanta anni fa e nonancora rivelati direttamente. Taleesperimento (vedi fig.1) prevede lamessa in orbita intorno al Sole di uncomplesso sistema di tre piccole"astronavi" collegate da raggi laser,la cui perturbazione da parte dionde gravitazionali può essere rile-vata con tecniche molto sofisticate.L'impegno finanziario, di alcunecentinaia di miliardi di dollari,richiede il supporto di Paesi distri-buiti su diversi continenti; il lancio,con razzi vettori NASA, avverrà"domani", nel 2020, e l'esperimen-to durerà sino al 2024.Al tavolo delle discussioni scientifi-che vi erano scienziati provenientidai laboratori che avevano respon-sabilità nell'esperimento; era pre-sente anche l'Università di Urbino,col Direttore del suo Istituto diFisica.

L'Oceano Pacifico, visto dalle colli-ne a ridosso di Los Angeles, è di unblu intenso, con onde lunghe che sifrangono spumeggianti sulle spiag-ge sabbiose; anche nei momenti dimaggior calma queste rughe di spu-ma sono imponenti, e donano unamobilità inquieta alla grande massafluida che sembra quasi vestire digioielli eburnei il blu profondo delsuo immenso mantello. Poco aridosso delle bellissime spiagge diSanta Monica, Malibu Beach, LongBeach, veloci strade portano ad unodei santuari della scienza, ilCalifornia Institute of Technology

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della Scienza. Ed è sempre con unapunta di superiorità, difficilmentemascherata, che racconto loro conpiacere la storia di Urbino dei duesaperi, della cultura integrale, diquesto piccolo grande gioiello diciviltà che nel tempo ha saputo con-giungere nel felice segno dell'armo-nia le due colonne portanti del sape-re umano. Di come "ieri" un princi-pe-guerriero, Federico da Monte-feltro (1422-1482), mescolandoabilmente guerra e pace, scienza edarte, rinnovellando nel senso piùalto il mecenatismo cantato daOrazio, portasse un piccolo lembodi terra ornato del titolo ducale alpiù alto livello di civiltà e di equili-brio sociale, costruendo una città informa di palazzo in cui la cultura,l'apertura mentale dell'anfitrione, leelevate e variegate capacità degliospiti, le acute iniziative degli abi-tanti si fusero per scrivere una pagi-na sublime ed irripetibile delRinascimento europeo. L'amore delduca Federico per la Scienza e lasublime passione per l'Arte tra-spaiono in ogni atto della sua vita,respirandosi continuamente in quelpalazzo ducale di Urbino in cui tro-vano testimonianza gli equilibriluminosi di una dimora che, sede diuno dei più grandi guerrieri dell'e-poca, non è già più una fortezza;capace di ospitare un esercito inarme, ha ovunque la leggiadria diun sublime luogo conviviale; posatacome un'aquila sopra un colle a sor-vegliare possibili prede o nemiciinerpicantisi verso la sommità,distende invece le sue ali a protezio-ne di un mondo sublimato da artisti,scienziati, uomini di intelletto pro-tesi alla scoperta dell'Uomo nellasua interezza.Il cuore di questo "nuovo mondo"costruito da Federico è lo"Studiolo" (vedi fig.3), piccoloimmenso spazio in cui la Culturadell'epoca trova una delle sue piùcomplete ed artistiche rappresenta-zioni mai compiute. E' difficileesprimere il sentimento che avvolgeil visitatore che entri in questo mon-do che può definirsi semplicemente"oltre". Ogni piccola superficie del-le pareti trasmette un profondo mes-saggio di armonia colmo di sapien-za: e soprattutto l'atmosfera stessa

che si respira dà valore assolutoall'affermazione che ivi, in quell'e-poca, si raggiunse la perfezione del-la cultura integrale. Sono infatti dis-seminati nelle tarsie tesori, artisticiin sé, che rinviano continuamente aillustri personaggi in ogni campodello scibile o ad allegoriche rap-presentazioni delle arti liberali deltrivium e del quadrivium, le settenobili branche del sapere: rispetti-vamente grammatica, dialettica,retorica e aritmetica, geometria,musica, astronomia (vedi fig.4). El'aspetto forse più innovativo è ilgrande rilievo che le arti del quadri-vio assumono all'interno delloStudiolo, a testimonianza di unambiente cittadino dove la Scienzaera una componente non certoopzionale, con artigiani la cui pro-duzione univa l'estetica dell'artefigurativa alla scienza pura delleproporzioni, della prospettiva, dellameccanica. Intere generazioni diartigiani-scienziati (valga comeesempio la dinastia dei Barocci ilcui capostipite Ambrogio lavoròalla fabbrica del Palazzo Ducale)resero per molti e molti decennifamoso l'ambiente tecnico-scientifi-co urbinate, rendendo possibile l'in-staurarsi di una Fabbrica (poiAccademia) degli Strumenti, in gra-do di rifornire di strumenti scientifi-ci le più importanti Corti europee.Strumenti scientifici e musicalisono illustrati nelle tarsie delloStudiolo con un realismo perfetto,tanto che ne invogliano lo studio el'uso. E con l'occasione dei festeg-giamenti per il cinquecentesimoanno dalla fondazione dell'Ateneourbinate questi strumenti sono ritor-nati a vivere, permettendoci dicogliere meglio la "scienza delDuca", i fermenti culturali che ani-mavano il Palazzo e la Città, ilrespiro della "technè" che permeavaquell'universo umano del Rinasci-mento urbinate. Infatti, nell'ambitodi una mostra celebrativa (vedifig.5) organizzata in occasione dellemanifestazioni "cinquecentenarie",lo strumento informatico della real-tà virtuale ha permesso di ricostrui-re fedelmente, in una dimensioneillusoria ma gestibile e sperimenta-bile "quasi" come la realtà reale, loStudiolo tutto, consentendo di

fig.4 - Armadio del "quadrivium", in cui, oltre ad alcuni libri, un rosario ed un cala-maio, vi sono accuratamente rappresentati i simboli dell'aritmetica, con la tavolet-

ta d'abaco; della geometria, con il mazzocchio, solido geometrico considerato"una sfida alla prospettiva"; dell'astronomia/astrologia, ancora concettualmente

non separate in periodo rinascimentale, rispettivamente con la sfera armillare perlo studio dei moti dei pianeti e del Sole, e con l'astrolabio, qui visto presumibil-

mente come strumento principe per il posizionamento degli astri nella volta cele-ste. La musica (con l'organo) è invece presente nel pannello subito a lato, non

ripreso in figura. Vengono qui mostrate tre immagini di una sola anta: come appa-re nelle tarsie (a sinistra), la riproduzione con il SW digitale (al centro); infine in

realtà virtuale (a destra).

fig.5 - Manifesto della Mostra organizzata dal Gabinetto di Fisica per il cinquecentenario della fondazione dell'Università di Urbino.

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estrarre, manipolare, manovrare inassoluta libertà le componenti diquello splendido ambiente. LoStudiolo di Urbino fu terminato nel1476: a più di cinquecento anni didistanza, con la tecnologia dellarealtà virtuale siamo in grado digodere i dettagli di quella straordi-naria impresa meglio dei suoi per-sonaggi coevi. Si può, come permagia, estrarre tutti gli innumerevo-li strumenti dalle tarsie, e portarlinello spazio libero della stanza inun prodigio di levitazione (vedifig.6); e senza fatica alcuna, possia-mo ruotarli, studiarli, apprezzaredettagli difficilmente identificabilinell'originale. E forse il più granderisultato che emerge da questoapproccio di alta tecnologia è la cer-tezza che gli strumenti rappresenta-ti sono strumenti reali dell'epoca,conosciuti talmente bene dagli arti-sti che ne hanno riprodotto le formesulle tarsie da far ritenere che essiavessero sott'occhio i modelli reali:modelli reali legati alla Corte delDuca, ed infine al Duca stesso, il cuiamore per le scienze è stato più vol-te sottolineato. Siamo così ricondot-ti a considerare la profonda culturache animava la mirabile Corte, chein una stanza, già eccezionale di persè, raduna una cospicua collezionedi strumenti scientifici d'epoca: cer-tamente la più cospicua ed anticaraffigurazione "scientifica" di Urbi-no, non a caso immersa nello splen-dore dell'arte che rende magicamen-te unico il suo Palazzo Ducale.Ma questa testimonianza scientifi-ca, di fatto l'affermazione della rile-vanza che la Scienza rivestiva nelducato, non si esaurisce con il DucaFederico: essa si propaga felice-mente nei secoli, costituendo unadelle forze che daranno continuavitalità all'intero territorio, con inte-re dinastie di artigiani, matematici,tecnici. Tracce profonde di come laScienza abbia felicemente pervasola vita sociale urbinate, come pro-sieguo di quelle robuste radici pre-senti all'epoca di Federico, si trova-no in tutti i reperti cittadini: case,chiese, edifici pubblici ne conserva-no ampie testimonianze; ed ilMuseo Universitario della Strumen-tazione Scientifica (vedi figg. 7-8)raccoglie una mirabile collezione di

strumenti "urbinati" che, figli dellalunga tradizione rinascimentale,possono datarsi principalmente trail diciottesimo ed il diciannovesimosecolo.Così dalle lontane epoche di unariostesco mondo che cantava "…le

donne, i cavalier, le armi e gli amo-

ri…..", attraverso le sontuose rifles-sioni barocche ed un razionalismoilluminista (che in realtà ha solosfiorato la Provincia italiana), laScienza pervade lo splendido duca-to anche durante i fermenti risorgi-mentali, proiettandosi poi lontanonel futuro, perdendo forse un po' delfascino arcano delle lacche cheimpreziosivano l'estetica degli stru-menti, ma allargando i propri oriz-zonti agli spazi immensi dell'indagi-ne cosmica, dove la tecnologia per-mette ora di indagare più compiuta-mente, a distanze incommensurabilinello spazio e nel tempo.

Ieri, oggi, domani…intorno all'Artedei torricini ducali, la Scienza con-tinua a volare, alta, curiosa, indaga-trice.

fig.6 - Come per magia gli oggetti sono stati estratti dalle tarsie e galleggiano nel-lo spazio: la realtà virtuale consente di ruotarli, spostarli, "guardarli da vicino" e"rimetterli a posto" come se lo Studiolo improvvisamente si materializzasse ren-

dendo magicamente tridimensionale il mondo bidimensionale delle sue tarsie.

fig.7 - Un piccolo scorcio del Museo della Strumentazione Scientificadell'Università di Urbino, con alcuni armadi ottocenteschi in cui sono collocatioriginali strumenti scientifici di interesse storico. Il Museo, ricco di parecchie

centinaia di strumenti di pregio, costituisce una delle più belle e pregiate raccolteuniversitarie di strumentazione scientifica d'epoca; sicuramente una delle più

complete ed omogenee testimonianze della Scienza tra fine settecento, ottocentoed inizi del novecento. Situato nell'ex Collegio dei Nobili nel centro cittadino,

sede degli Scolopi sino all'ottocento inoltrato, sta pienamente riprendendo la suafunzionalità dopo i funesti terremoti del 1997 e 1998 che avevano arrecato ingen-

tissimi danni alle strutture.

fig.8 - Un fine strumento del tardo settecento posseduto dal Museo: trattasi di undilatometro lineare, adatto a misurare i diversi coefficienti di dilatazione dei solidi

in seguito a riscaldamento. Fabbricato a Torino dal meccanico Paolo Lana, fudonato all'Università di Urbino nei primissimi anni dell'ottocento.

Flavio Vetrano è ProfessoreOrdinario presso L’Università diUrbino “Carlo Bo”, del cui Istitutodi Fisica è Direttore da molti anni.Membro di Accademie e Societàscientifiche nazionali ed internazio-nali, è stabilmente “Incaricato diRicerca” presso L’INFN, IstitutoNazionale di Fisica Nucleare. Haricoperto e ricopre ruoli di respon-sabilità in grandi progetti interna-zionali, in particolare nel settoreche oggi si definisce “AstroparticlePhysics”. Rinvenuto quasi per casoun giacimento di strumentazionescientifica di interesse storico,auspice l’allora Rettore Carlo Bo,si è adoperato per fondare unMuseo Universitario che valoriz-zasse tale ricchezza culturale,memoria storica e patrimonio del-l’intera città di Urbino.

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di misura diverse, ma hanno incomune l'obiettivo di convertire laforma fisica dell'oggetto in uninsieme di punti che ne descrivonola superficie. In fase di scansione sifa in modo che tutto l'oggetto ven-ga acquisito da parte dello strumen-to, evitando una selezione a prioridi punti ma curando che non esista-no porzioni dell'oggetto prive diinformazione.Le fasi in cui si è articolato il rilie-vo dell'Abbazia sono riassumibilinei seguenti punti: 1) Progetto delle prese.2) Calibrazione del sensore. 3) Acquisizione dei dati.4) Controllo della qualità dei datirilevati sul campo.5) Ripetizione dei punti precedenti(3 e 4) in caso il controllo dia esitinegativi.6) Elaborazione dei dati:

a) Generazione delle nuvole di

Combinando il risultato del lasercon quello delle immagini acquisi-te, è possibile ottenere una visualiz-zazione real-time di ogni singolopunto della nuvola, con il propriovalore RGB. Queste caratteristicherendono oggi il laser scanner lamacchina ideale per il rilievo diedifici, monumenti e oggetti, even-tualmente a supporto di strumenta-zioni topografiche e fotogramme-triche. Sicuramente il sistema èentrato, e con molto successo, nelcampo del rilievo dei beni culturali;l'applicazione laser discussa nelpresente articolo ne è un esempio.Parlando di scansione laser si fariferimento al processo di digitaliz-zazione operato dagli scanner, iquali convertono informazioni ditipo analogico, (misure di angoli edistanze) in forma digitale nellaveste di coordinate tridimensionali.I laser scanners utilizzano tecniche

Immagine 1.

Sperimentazione del laser scanner terrestre

applicato ai Beni Culturali: il caso dell'Abbazia di

Santa Maria del Monte in Cesena.di Andrea Castellani

Il rilievo laser e topografico dellacupola dell'abside e di tutta la zonadell'altare è stata effettuato dalDISTART (Università di Bologna),prima che i lavori di restauro aves-sero inizio. Si è dovuto procederead un restauro massiccio delle zonelesionate perché in dette aree eranopresenti vistose fratture, nate a cau-sa dei movimenti del terreno eanche per le infiltrazioni di acquadegli agenti atmosferici che hannocreato delle crepe di diverse dimen-sioni tra gli affreschi, i qualirischiavano di staccarsi dalle pareti.L'acquisizione è stata eseguita nelgennaio 2007, con uno scannerGS200 GX della Trimble (Imma-gine 1); a causa di un "black hole"non rilevato all'atto della scansione,è stata effettuata un'altra campagnanel febbraio 2007. L'elaborazionedei dati è stata eseguita nelLaboratorio di Topografia, Foto-grammetria e Rilevamento Geolo-gico del DISTART nei mesi succes-sivi. I laser scanner 3D rappresenta-no una soluzione eccezionalmenteversatile per l'acquisizione di gran-di quantità di dati tridimensionali intempi brevi, mantenendo sempreuna precisione relativamente eleva-ta. Gli scanner "Long Range Scan-ner", come quello adottato per ilrilievo nell'ambito del presente stu-dio, utilizzano una tecnologia detta"del tempo di volo" (TOF, time of

flight). Essi calcolano la distanzamisurando il tempo trascorso dall'i-stante di emissione dell'impulsolaser all'istante in cui fa ritorno allostrumento dopo la riflessione sullasuperficie colpita. Questi strumentiriescono a misurare una magliamolto fitta di punti (per esempio 3mm x 3 mm a 100 m), creando unanuvola di punti (cloud). La velocitàdi scansione può arrivare fino a5000 punti al secondo (classe GS),in un raggio di 350 metri. Questistrumenti sono anche dotati di unpiccolo motore che permette allostrumento di ruotare, e quindi dieffettuare delle scansioni con ango-li di veduta di 360° in un'unica ses-sione, ottenendo ottime precisionidell'ordine del millimetro. Tuttiquesti strumenti oggi vengonoaccoppiati con fotocamere digitali,in genere calibrate dal punto divista fotogrammetrico, che forni-scono diversi vantaggi.

La domanda che ci siamo posti èstata: quale aiuto può fornire la tec-nologia moderna, quando bisognaintervenire per restaurare delle ope-re di elevato contenuto storicocome un'Abbazia affrescata? Per rispondere abbiamo fatto unavalutazione sul campo. Abbiamoutilizzato la tecnica del laser scan-ner terrestre nel pre-restaurodell'Abbazia di Santa Maria delMonte in Cesena. Prima di descri-vere le varie fasi del rilievo in situ ele tecniche post-rilievo in laborato-rio ci soffermiamo sulla storiadell'Abbazia. I primi riscontri scrit-ti che riguardano l'origine dell'Ab-bazia e del suo monastero risalgonointorno al 1042. In questo docu-mento si fa riferimento all'atto del1026 nel quale viene ricordato ilVescovo S. Mauro di Santa Mariadel Monte. Ciò significa che inquell' anno esistevano già una chie-sa, non ancora Abbazia, e un mona-stero benedettino. Intorno al 1050 ilmonastero poteva contare su vastipossedimenti e alla fine del Due-cento appariva come una dellestrutture religiose più ricche dellacittà. La zona venne fortificata nel1356 da Francesco II Ordelaffi,signore di Forlì in lotta contro letruppe papali, e così in quegli anniil monastero e la chiesa vennerogravemente danneggiati. Bisognaricordare che nei secoli seguenti laChiesa venne ristrutturata e amplia-ta fino ad incorporare lo stessomonastero.Nel XX secolo l'Abbazia rimase alcentro della vita civile e religiosadella Romagna e ne fu protagonistanegli anni della Prima e dellaSeconda Guerra Mondiale. Duranteil periodo 1915-18, il monastero fuimpiegato per l'accoglienza dei pro-fughi cacciati dalle proprie terre, inquel momento invase dalle popola-zioni Slave. Nella Seconda GuerraMondiale il monastero divennerifugio sia per i profughi che per iCesenati, tutti ospitati nei suoi sot-terranei. Nell'ottobre del 1944, inpiena guerra, l'Abbazia cadde sottoun bombardamento, e venne dan-neggiata in maniera molto grave.La chiesa fu abbattuta e buona par-te del monastero crollò.Naturalmente negli anni seguenticon l'aiuto della popolazionel'Abbazia venne ricostruita.

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mazioni di modelli tridimensionalinon completi. Nel caso di un ogget-to avente dimensioni ridotte, unascansione può essere sufficiente adescriverlo completamente. Questopurtroppo non accade se l'oggettoche si vuole rilevare presentadimensioni elevate: in questo caso ènecessario effettuare più scansionidell'oggetto e da posizioni differen-ti. Per digitalizzare solamente lacupola sono state necessari cinquestazionamenti, mentre per il rilievocompleto dell'Abbazia circa quindi-ci. Naturalmente ogni scansioneeffettuata è riferita ad un propriosistema di riferimento locale dellostrumento, quindi successivamentebisognerà allineare le varie scansio-ni. Questo lavoro di editing dei datiè stato svolto in laboratorio. Ilmetodo più utilizzato per l'allinea-mento è quello di posizionare alcu-ni adesivi riflettenti (markers, tar-gets) o entità geometriche di alli-neamento (sfere) nella zona di rico-primento tra le due scansioni adia-centi. Questi punti sono facilmentericonoscibili all'interno di unanuvola di punti e permettono l'alli-neamento automatico di due scan-sioni da parte del software di edi-ting. Dopo l'unione di tutte le sin-gole nuvole in un' unica (Immagine2), si è passati alla creazione di unasuperficie (mesh) che renda piùverosimile l'oggetto rilevato. Lacreazione di questa rete a magliatriangolare irregolare (Triangular

Irregular Network, TIN), è definitadai lati di triangoli nello spazio, icui vertici corrispondono ai puntiacquisiti nello spazio 3D. La gene-razione dei triangoli non è casuale,ma avviene secondo precise regole:in accordo con il criterio diDelaunay. Ogni triangolo-superfi-cie in questo modo descrive unapiccola parte di piano nello spazio3D. La triangolazione TIN diDelaunay è il metodo più sempliceed utilizzato in letteratura informa-tica, in quanto garantisce:- triangoli ben proporzionati (il

più possibile equilateri);- la posizione planimetrica deipunti rispetto ad un piano assuntocome riferimento per l'oggetto(proiezione ortogonale); alcuni pro-grammi invece del piano di riferi-mento si basano sul valore massimodegli angoli ammesso tra le facce

punti.b) Registrazione manuale

o automatica delle nuvole.c) Pretrattamento dei dati e fil-

traggio.d) Segmentazione automatica.e) Classificazione automatica.f) Controllo di qualità.g) Modellazione (genera-

zione di Mesh e Texture).h) Editing delle superfici.i) Controllo di qualità

finale.j) Generazione dei prodotti

finali voluti.Il progetto di un rilievo laser deveessere fatto considerando degliaspetti importanti, primo tra tutti iltipo di laser scanner. Infatti oggi ilmercato propone strumenti dallecaratteristiche molto differenti: esi-stono strumenti in grado di acquisi-re l'ambiente a loro circostante inquasi tutta la totalità, senza che visia alcuna necessità di spostare lostrumento, mentre ne esistono altriin grado di acquisire invece soloscene di ampiezza limitata comenel nostro caso. In particolare, nelrilievo laser scanner l'oggetto darilevare assume grande importanza,e gli aspetti di cui tenere conto sonosia la geometria sia la dimensione.A parità di altre condizioni (passodi scansione, precisione), tanto piùvicino al laser scanner sarà l'ogget-to, tanto maggiore sarà il numero dipunti su una stessa porzione dioggetto, quindi maggiore sarà larisoluzione. In fase di progetto delrilievo bisognerà prevedere anche ilnumero di stazionamenti da effet-tuare con lo strumento e progettaregli spostamenti. Nel nostro caso èstata utilizzata una risoluzione di unpunto ogni cm a 25m. La progetta-zione del rilievo deve tener contoanche della precisione che si vuoleraggiungere e dei prodotti che sivogliono ottenere, ovverosia delloscopo del rilievo. Il nostro scopoera quello di avere un prodotto dibuona qualità, con una tolleranzadel millimetro. Naturalmente nonbisogna tralasciare l'impegno eco-nomico che si è disposti ad affron-tare. Nel progetto di un rilievomediante un sistema a scansionefisso, bisogna anche considerare laforma dell'oggetto e studiarla inmodo da non tralasciare zone sco-perte che possano comportare for-

Immagine 3

Immagine 4

Immagine 2

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dati, fornendo, come risultato, un'immagine metrica. L'immagine chesegue è l'ortofoto con scalimetro(Immagine 4), e essendo a tutti glieffetti una foto metrica possiamofare delle misure. Avere a disposi-zione un ricco database in formadigitale di un oggetto consente unampio numero di applicazioni. Sipossono realizzare dei modelli vir-tuali riferiti non solo alla situazioneattuale ma anche a situazioni delpassato, ricostruite appoggiandosiad informazioni di archivio e conovvie ipotesi semplificative legatealla non disponibilità di dati metri-ci dell'epoca (Immagine 5-6). Altriutilizzi del modello digitale sono:ortofoto di precisione, immaginesolida, modelli fisici costruiti constampanti 3D o fresatrici.

Disponendo del dataset completo sipossono ottenere molte informazio-ni riguardo all'oggetto, calcolarnele dimensioni, le aree di alcune par-ti o di tutto l'oggetto, così come iperimetri, i volumi, le sezioni. Ilpunto più importante è stato quellodi generare attraverso il software ilprodotto finale, quello più richiestodal mercato: l'ortofoto. Per questo,il modello tridimensionale conte-nente la descrizione geometrica,oltre al grado radiometrico dell'og-getto, è oggi uno dei prodotti piùrichiesti nell'ambito architettonico,urbanistico e dei beni culturali. Sipuò definire l'ortofoto come una viaefficace ed economica per rappre-sentare un oggetto in un sistema diriferimento piano (2D), sotto formadi una fotografia dotata di caratteri-stiche metriche, dell'oggetto stesso.La particolarità di questa immaginesta infatti nella sua geometria.L'ortofoto è ottenuta mediante unaproiezione ortogonale dell'oggettosu un piano, in modo che essa risul-ti metricamente corretta.Ora descriviamo il percorso effet-tuato per ottenere la proiezione delmodello, texturizzato, sul piano diproiezione scelto, Al fine di ottene-re una visione foto realistica dell'a-rea analizzata. Innanzitutto, a parti-re dal modello 3D texturizzatobisogna definire:- il piano di proiezione;- la zona interessata per il calcolo

dell'ortho-projection;- la risoluzione dell'immagine

voluta.Quando la difficile forma geometri-ca di alcune costruzioni rende qua-si impossibile tale proiezione, biso-gna suddividere l'oggetto in sotto-classi, più opportune, e successiva-mente decidere dove posizionare ilpiano di proiezione. Nel campo dellaser, il processo di suddivisioneviene comunemente chiamato "seg-mentazione". Con questo termine siintende un qualsiasi metodo effica-ce per la suddivisione di una nuvo-la di punti, anche molto complessa,in entità di dimensione più piccola;tale procedimento è stato applicatoal caso della cupola, per ottenere leotto vele di cui è formata. Per gene-rare l'ortofoto della cupola è statoscelto un piano tangente al suo pun-to più alto e una risoluzione del-l'immagine di 3mm; conseguente-mente il software ha elaborato i

"Allowable angle between faces”

(0~90).Durante la scansione, vengonoacquisite anche immagini digitalida parte dello strumento o del cor-po macchina esterno al laser.Grazie ai valori RGB dei pixel, èpossibile colorare la nuvola di pun-ti, o meglio fare corrispondere adogni punto della nuvola il pixel cor-rispondente sulla foto. Un procedi-mento che porta ad un risultatomigliore è la texturizzazione dellamesh. Tale tecnica è molto utilizza-ta nel campo dei beni culturali. Pertexturizzare le superfici TIN e pro-durre le ortofoto digitali si sfrutta ilprincipio geometrico delle equazio-ni di collinearità, che è alla base delprocesso fotogrammetrico. Taliequazioni esprimono la relazionefra le coordinate assolute X, Y, Z diun punto oggetto (un punto dellanuvola) e le coordinate x, y del cor-rispondente punto immagine (stes-so punto della nuvola impresso sul-l'immagine). In generale, per questiambiti di intervento la riproduzionedelle fotografie sulla superficie delmodello 3D metrico costituisce unnotevole aiuto nello studio e inter-pretazione di un oggetto, anche per-ché non bisogna dimenticare che innumerose situazioni l'immaginefotografica contiene informazioniestremamente preziose sullo statodi conservazione di un bene, sucolori, tracce di umidità, eventualipiccole lesioni, ecc. Dalla nuvola di punti con il lorovalore RGB si considerano queipunti ben riconoscibili che vengononumerati, poi si annotano le lorocoordinate nel sistema di riferi-mento adottato; in questo modo sicostruisce una tabella dove nellaprima colonna si inseriscono i pun-ti presi, nella seconda colonna ivalori delle X, nella terza le Y, nel-la quarta le Z. Al termine si hannosia i punti-immagine (sulla foto) siai punti-oggetto (sul modello 3D).Utilizzando un comando specificodel software di gestione del laser, siè fatto corrispondere ogni punto-immagine scelto nella foto (e pre-sente nella tabella con le propriecoordinate) al punto presente sullasuperficie (tale operazione prendein genere il nome di "collimazionedi punti noti"). Il risultato vienevisualizzato in parte nella foto quidi fianco (Immagine 3).

Andrea Castellani, attualmentevive a Urbino, si è diplomatocome perito chimico all'IstitutoTecnico Statale "Enrico Mattei" diUrbino. Ha proseguito gli studilaureandosi presso l'Universitàdegli studi di Bologna inIngegneria per l'Ambiente ed ilTerritorio, discutendo una tesi infotogrammetria sulla sperimenta-zione del laser scanner terrestrenell’ambito dei Beni Culturali.

Immagine 6

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L'anima dell'Associazionedi Oliviero Gessaroli

diventano validi organizzatori.Già nel 2007 Paola Zago ha orga-nizzato un'esposizione dei lavoridell' Associazione a Vigonza,riscuotendo consensi e approva-zione sia dalle istituzioni che dalpubblico, tanto che l'evento si èripetuto nel mese di Maggio 2008con lo stesso risultato.Il medesimo entusiasmo ha spintoLuca Mucelli, Stefano Cafarri,Fulvio Paci a produrre altre per-formance, a Urbania (2006),Ofagna (2007), Frontone (2008),sempre affiancati da un ormaiesperto gruppo di coordinazionelogistica formato da FrancoCeccaroli, Laura Scopa, PaoloPompei, Nazzarena Bompadre,Martha Belbusti e GabriellaEdifizi. Il tutto secondo lo spiritoche anima l'Associazione, cheintende realizzare così uno deisuoi obbiettivi raggiungere l'arric-

chimento culturale aprendo undialogo con ambienti diversi daquello locale e cooperando conassociazioni ad essa similari. Ilfuturo si preannuncia assai ricco eambizioso, nell'immediato Gabri-ella Edifizi, con altri soci, saràimpegnata con l'Associazione diUrbania Amici della ceramica nelconvento S. Chiara ad Urbino percondividere con le sorelle Clarissemomenti di creatività con l'obbiet-tivo di foggiare secondo la tecnicaRaku, in armonia con l'umiltàfrancescana, semplici oggetti diargilla "… anche quando vi èdistacco con la Chiesa l'arte è pon-te gettato verso la spiritualità,ricerca del bello, immaginazioneoltre il quotidiano. Ed anche scru-tando gli aspetti più sconvolgentidel male, un artista si fa voce diun'attesa di redenzione che è uni-versale" (Papa Wojtyla da Lettera

Gli ultimi eventi realizzatidall'Associazione culturale L'Arte

in Arte testimoniano il grado diautonomia e di capacità organizza-tiva raggiunta dai soci, nonché leaffinità di intenti, la collaborazio-ne e la volontà di essere parte atti-va di ogni iniziativa. Questo vigo-re è linfa vitale per un'organizza-zione che si regge solo sulle pro-prie forze intenzionata a continua-re il percorso intrapreso e a supe-rare gli ostacoli che si interpongo-no alla realizzazione di ambiziositraguardi. Ritengo opportuno inquesto numero di Vivarte lasciarespazio alle persone e non alle loroopere, che fin qui hanno fatto bel-la mostra di sé con inserti di variogenere. Se prendo in mano il pri-mo catalogo redatto dalla Asso-ciazione e via via scorro tutti glialtri, rilevo con soddisfazione cheil tempo non è passato invano: laricerca e il lavoro costante su di sèha lasciato tracce visibili e tangibi-li su ciascuno.Non tragga in inganno la formaespressiva adottata. La tecnica pit-torica e la tecnica plastica esplica-no un differente impatto comuni-cativo e svelano in modo diversol'intimo lavorio compiuto dall'ani-mo dell'artista. Più lieve e sfumatoè quello espresso in pittura che sirivela attraverso il segno, il colore,l'atmosfera soffusa; la ceramica,essendo essa stessa materia, conuna forma implicita tende a rende-re più conclamato il divenireproiettandosi nello spazio vissuto.Non a caso a questo punto è neces-sario formulare un distinguo tracultore della ceramica e hobbistadella ceramica. Il cultore dellaceramica conosce tecniche e nesperimenta di nuove, conosce edomina la materia, scava nel pro-prio intimo per trovare l'essenzada trasfondere alla materia dandovita all'arte interiore. L'hobbista siferma invece alla pratica e all'abi-lità. Ogni mostra scandisce i pas-saggi di questo studio, intesocome escavazione dell'io allo sco-po di raggiungere la ricchezza,non certo di denaro quanto di ric-chezza interiore. In questo sensoesporre le proprie opere diventauna necessità, talmente sentita daisoci, che spesso loro stessi ne

Inaugurazione mostra a palazzo De Peraga a Vigonza 17 maggio 2008

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Inaugurazione mostra Castello di Frontone, Frontone 20 maggio 2008.

Inaugurazione mostra a palazzo del Governatore ad Urbania22 aprile 2006.

agli artisti 1999). Già da tempol'Associazione, in particolareattraverso la rivista Vivarte, haistaurato uno stretto rapporto traarti visive, musica, letteratura escienza, ed ora vuole sperimentareun'attività che fondi arte e scienzaed ha individuato l'interlocutorepiù idoneo alla realizzazione delprogetto nel Museo della Strumen-tazione Scientifica urbinate cheraccoglie antichi e originalissimistrumenti di fisica, tutti identifica-bili come vere e proprie opered'arte (nell'ottocento il fattoreestetico era parte integrante dellalavorazione dello strumento scien-tifico). Non è un caso che espres-sioni come scienziato pazzo o arti-

sta pazzo facciano parte ormai del-l'immaginario comune, evocandopersonaggi come Einstein o VanGoogh.La verità è che il vero scienziato eil grande artista hanno occhi chevedono ben oltre la vista dell'uo-mo mediocre, perché la fantasiapermette loro di scavare nell'uni-verso impercettibile per trovare laverità. Sarà un sodalizio tra ilMuseo del Gabinetto di Fisicadell'Università degli Studi diUrbino "Carlo Bo" e gli artisti del-la Associazione, che realizzerannoopere ispirate a strumenti scientifi-ci, da presentare in un'esposizionedi fine anno. È però mia intenzio-ne in queste righe dare visibilità aicomponenti de L'Arte in Arte

attraverso l'operato concreto e nonartistico, per questo non posso noncitare Susanna Galeotti, il graficodi tutte le nostre pubblicazioni,Vivarte compresa e SilvestroCastellani che tanto s'adopera perla rivista a capo di una schiera diinvisibili che preferiscono dare ilproprio contributo in modo moltodiscreto. Eppure risultano tantopreziosi, visto l'apprezzamentoche Vivarte riscuote. A loro e aquanti offrono il loro contributoscritto gratuitamente, il mio graziepiù sincero e l'auspicio di prose-guire questa appassionante colla-borazione. A conclusione di que-sto lungo discorso un'unica tristeriflessione: tanto entusiasmo, tantafatica, tanti buoni risultati, ma noisoci siamo come l'ebreo errante,senza una sede, dove ritrovarci,

Oliviero Gessaroli, laureato inScienze Geologiche pressol’Università degli Studi “CarloBo”, si occupa di rilevamentotopografico-fotogrammetrico egeologico-tecnico, applicati allediscipline archeologiche. Inoltrecollabora all’anastilosi dei monu-menti a Cirene (Libia) applicandole conoscenze acquisite nel campodella caratterizzazione e del recu-pero dei materiali lapidei.

dove conservare materiale oesporre opere. Alcuni appelli sonocaduti nel vuoto. La nostra Città siè scordata del mecenatismo di untempo … tutto è mercificato. I socicontribuiscono già per realizzarequanto già detto, non possonosostenere altre spese, ma in cam-bio di una sede possono offrire illoro impegno a mantenere vivaquella fiammella dell'arte, chequesto mondo distratto tenta dispegnere un po' ogni giorno.Eppure non si può privare l'animoumano del sentimento, della pas-sione, della sensibilità rendendolosolo pura razionalità.

CHI SIAMO

Claudia AndreaniAnita AureliMartha BelbustiNazzarena BompadreGuerrino BuonalanaStefano CaffarriSilvestro CastellaniGianfranco CeccaroliFrancesco CiniGabriella EdifiziSusanna GaleottiOliviero GessaroliDavide GuidiRegine LuegEmanuela MencarelliLuca MucelliFulvio PaciPaolo PompeiGianfranco RaimondiLaura ScopaSoha Khalil IbrahimAngela TorciviaGuido VanniPaola Zago

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Vivarte

N°3 giugno 2008

Semestrale di arte, letteratura, musica e scienza dell'AssociazioneCulturale "L'Arte in Arte"Via Pallino, 10 61029 Urbino cell. 347 0335467cell. 338 6834621

Registrazione N° 221/07 registro periodico Tribunale di Urbino del 18 maggio 2007

Direttore responsabile

Lara Ottaviani

Redazione

Alberto Calavalle Silvestro CastellaniLuciano Ceccarelli Oliviero GessaroliMaria Giannatiempo López

Collaboratore

Fulvio Paci

Hanno collaborato a questo

numero

Anna Maria Ambrosini MassariAlessandra BorgogelliAlberto CalavalleCatervo CangiottiAndrea CastellaniLuciano CeccarelliOliviero GessaroliMaria LentiRenzo SavelliFlavio Vetrano

Progetto grafico

Susanna Galeotti

Tipografia

Industrie grafiche SATPesaro

Sede legale

Via Pallino, 1061029 Urbino e-mail [email protected]

Alfabeto, Acqueforti (1747-1748)Joannes Nini Urbinas Fecit

La rivista può essere richiesta attraverso e-mail [email protected] scrivendoall’Associazione “L’Arte in Arte”Via Pallino, 1061029 Urbino (PU) ITALIA

Agenzia Generale di UrbinoP.le E. Gonzaga, 2

61029 – URBINO

tel. 0722320262 - 0722327897

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ProvinciaPesaro e Urbino

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