Vittoria Aganoor - Lettere a Marina Sprea Baroni (1881-1909)

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Letters of a famous Italian poetess of the nineteenth century to a friend noblewoman

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Rimasta vedova, probabilmente nei primi anni Ottanta,[14] la nobildonna si divideva tra viaggi, soprattutto a Bologna per andare a trovare lafiglia Silvia sposata al conte Giuseppe Pasolini Zanelli, e la sua dimora di Bassano, continuando a corrispondere con l’amica Giuseppina inun intrecciarsi di scambi d’intimità ed emozioni o semplicemente di banali ragguagli sulla vita quotidiana. Tuttavia, quando potevano, le duedonne s’incontravano rinnovando il rapporto cameratesco e complice di quel caro passato che si rimpiange sempre con accoratorammarico,[15] e del resto vedersi di persona era importante per entrambe.Scrive infatti Giuseppina: … sarei tanto tanto contenta di rivederti, di passare una giornata con te, che l’avrei per tutto veramenteaffettuoso e generosissimo questa visita che mi lasci sperare! A voce io pure avrò a raccontarti tante cose che difficilmente potrei affidare auna lettera! Dunque conto vederti, carezzo questa cara speranza come una seducente promessa … verrai proprio? …Quando penso al gran bene che ci siamo volute … e a tutte le vicende, le peripezie, le accidentalità della nostra vita, sento che è bisogno ilvederci almeno di tanto in tanto, e conforto quindi d’intrattenerci da cuore a cuore di ciò che c’interessa, e che è la vita dello spirito![16]Col tempo l’amica Marina divenne per gli Aganoor una di famiglia, quasi e per certi versi più di una parente. Tu sempre affettuosa pensi anoi e ci auguri gioie; noi ti ricambiamo con tutta l’anima e ti riguardiamo come una parente prediletta, le scrive Vittoria Aganoor nel 1890da Basalghelle,[17] e ancora nel 1891, sempre da Basalghelle, le ribadisce: se tu sentissi come spesso parliamo di te e con che affetto!proprio sai noi ti calcoliamo più che una vera parente, giacché vi hanno parenti coi quali non esiste nessun rapporto d’intimità e ditenerezza, mentre a te ci lega tanto cemento di ricordi, di consuetudine, di fiducia, di gratitudine, senza parlare della stima e dellasimpatia e insomma del vivo affetto in una parola.[18] E questo affetto era reciproco, come di nuovo testimoniano le parole di Vittoria: buona e intelligente creatura che hai tanto tesoro di bontàe t’interessi di chi ti è caro come fosse un parente tuo.[19]

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Così, non solo Vittoria Aganoor, ma anche le altre quattro figlie di Giuseppina Pacini, Angelica, Maria, Elena e Virginia, si trovarono quasiinconsapevolmente legate a Marina Baroni da un affetto molto profondo, nato dalla precoce conoscenza e dall’abituale frequentazione avuta sindall’infanzia; la poetessa da Perugia nel 1905 glielo rammenta con parole intrise di un senso di predestinazione: tu che ho amata fino dabambina per istinto, per presentimento, e che sempre amai di più.[20] Per questa ragione tutte e cinque le sorelle Aganoor tennero con la contessa bassanese una corrispondenza più o meno regolare per tutta ladurata della loro vita; di questa corrispondenza rimangono, oltre all’epistolario di Vittoria e a quello, di cui sì è già detto, di GiuseppinaPacini, due lettere di Angelica, quattro di Virginia e due di Maria, mentre di Elena non ne rimane nessuna.[21] Figlietta e mammina I rapporti tra Vittoria Aganoor e Marina Baroni furono inevitabili, quasi predestinati vista la frequentazione epistolare e interpersonale diquest’ultima come amica di famiglia e soprattutto come intima e confidente della madre Giuseppina. Inizialmente però il loro legame dovetteessere piuttosto superficiale e segnato, almeno da parte di Vittoria, da un affetto e da un rispetto abbastanza formali; d’altra parte il divariogenerazionale che le divideva era cospicuo e influiva sul giudizio della giovane che il 31 Dicembre 1878 scrive a Giacomo Zanella: Io detesto“La donna e la famiglia” e quel che è peggio, giacché esclude ogni attenuante non saprei dire il perché: dico un perché plausibile che deiperché ce ne ho io, ma potrebbero anche sembrare privi di senso comune. Guardi se non è ingiustizia questa: io quel periodico lo conoscopuramente di nome e da parecchi anni non ne ho inteso parlare né in bene né in male so solo che un tempo vi scrivea la Baroni e forse perquest’unica circostanza innocentissima e certo ingiustamente mi par debba avvolgersi d’un’aria di saccenteria opprimente.[22]Tuttavia tra la giovane poetessa e la più attempata nobildonna i rapporti coll’andare del tempo si approfondirono sempre di più e talmente che,nello scambio epistolare e non solo in quello, la prima divenne la figlietta e la seconda la mammina.[23] Scrive Vittoria nel 1888, chiarendoil legame che la unisce all’amica: Sì sì io sono un poco anche tua davvero; non fosse che per il gran bene che tu vuoi alla Mamma mia;aggiungi a questo il grandissimo bene che io voglio a te e quello che tu mi vuoi. Vedi bene che posso davvero dirmi un poco la tuafiglietta.[24]Se l’affetto fu dunque la fonte da cui scaturirono le lettere di Vittoria Aganoor a Marina Baroni, a questo sentimento ben presto siaccompagnarono la stima e la comprensione reciproca, unite ad una comunione del sentire che non significarono mai però per nessuna delledue donne rinuncia alle proprie individualità e al proprio temperamento.[25]Possono pertanto essere definite lettere d’amicizia, di vera e rara amicizia, quelle che uscirono dalla penna di Vittoria Aganoor. Scritte colcuore, senza paura di mettere a nudo la più intima disposizione d’animo e con la consapevolezza di essere di volta in volta compresa oredarguita, criticata o esortata, ma sempre con l’imparzialità e il disinteresse di chi vuole unicamente il bene dell’altra, esse rappresentano unimportante documento dei rapporti tra due aristocratiche signore sul finire dell’Ottocento e nei primi anni del Novecento.Proprio considerare queste lettere come documenti storici e tenere in conto il tanto tempo ormai trascorso dalla loro stesura autorizza inqualche modo a superare la soglia del privato che certamente la poetessa non avrebbe gradito venisse oltrepassata da estranei, le sue parole,indirizzate al senatore Fedele Lampertico, che intendeva pubblicare alcune lettere di famiglia inviate a Giacomo Zanella, parlano chiaramenteanche ai posteri: Ma Ella sembra scordarsi egregio Senatore che quelle lettere erano di sorelle, di figlie, di amiche intimissime a un fratello,a un padre a un amico strettissimo che ci aveva conosciute bambine e col quale parlavamo (e quindi scrivevamo) con lo stesso abbandono,con la stessa fiducia con cui si fa un dialogo intimo, con un amico intimo. Molte segrete vicende di famiglia, molti pensieri e moti del cuore sono là dentro che non avremmo svelato a nessun altro che a Lui; dico allo Zanella. Chi avrebbe pensato che un giorno altri avrebbeper ragioni affatto estranee alla famiglia nostra interrogato, analizzato, notomizzato quei nostri pezzi d’anima, quelle nostre espansioniaperte a chi per tempo per affetto, per consuetudini, per ricordi, per cento legami era in contatto continuo col nostro spirito, e capiva,intendeva, perdonava, giustificava anche le nostre più “irragionevoli debolezze”?[26]Nondimeno dal suo epistolario traspare un po’ di quella donna che ella è stata e non soltanto colei che fu in umile e pur orgogliosa dedizione,una poetessa e solo una poetessa, come la definì Matilde Serao.[27] Pertanto si è infranta la privacy di queste lettere d’amicizia per cercare dicapire e di illuminare dall’interno, attraverso lo svelamento della sua umanità più nascosta, la sfuggente e ritrosa figura di letterata che VittoriaAganoor fu, ma lo si è fatto in punta di piedi e con rispetto, come colui che entra in una casa mentre gli abitanti sono momentaneamente fuorie un po’ di disordine gli fa comprendere meglio le loro abitudini e la loro quotidianità e per questo li sente più vicini e simili a se stesso.La voce di Vittoria Aganoor Dispiace che il racconto di questa salda amicizia di una vita debba avere forzatamente una sola voce narrante, quella di Vittoria Aganoor,mancando le lettere di Marina Baroni, essenziali per una ricostruzione maggiormente organica e completa del loro rapporto amichevole, tantopiù perché pure l’insieme della corrispondenza aganooriana presenta delle perdite.Una lacuna piuttosto estesa sembra potersi individuare tra il 1° Giugno 1882 e il 10 Febbraio 1888, periodo completamente mancante ditestimonianze epistolari, non pare infatti, almeno leggendo la corrispondenza di Giuseppina Pacini Aganoor alla Baroni e quella dell’Aganoorstessa a Giacomo Zanella di quegli anni, che vi fossero motivi seri per cui la poetessa dovesse smettere di scrivere all’amica. Altre perdite,forse dovute a smarrimenti magari della stessa destinataria o anche all’inefficienza delle poste, come talvolta lamenta la Aganoor medesima,sono ipotizzabili qui e là, ma sono di estensione minore. L’epistolario Aganoor infatti sembrerebbe essere mutilo delle lettere comprese tra il20 Novembre 1896 e il 19 Aprile 1897, tra il 14 Dicembre 1897 e il 29 Settembre 1898, tra il 25 Dicembre 1901 e il 13 Luglio 1902, tra il19 Agosto 1905 e il 21 Novembre 1906 e tra il 21 Novembre 1906 e l’8 Agosto 1907. Inoltre si può plausibilmente ipotizzare che la poetessaabbia scritto all’amica anche dopo il 21 Dicembre 1909, data dell’ultima lettera conservata, ciononostante non ci sono elementi concreti asostegno di questa congettura.Dunque il cuore pulsante di questo corpus epistolare, costituito da ben 147 lettere inedite, che vanno dall’11 Novembre 1881 al 21 Dicembre1909, non può che essere Vittoria Aganoor, fatto abbastanza ovvio dal momento che è lei a scrivere. Tuttavia questa circostanza cosìincontrovertibile non significa che ella si lasci andare e si abbandoni facilmente a dire di sé ogni cosa di fronte alla sua mammina, la suainterlocutrice, quell’unica persona che pure la conosceva sin da bambina e che di lei sapeva più di chiunque altro, salvo forse alcuni intimi trai quali il suo amatissimo maestro Giacomo Zanella.[28] Ogni più intima confessione, qualsiasi vicenda o evento per lei coinvolgente,qualunque cosa l’annoi, la preoccupi o la rallegri, insomma tutto ciò che la emoziona e la tocca più o meno profondamente, nelle lettere èpresente, ma è sempre tenuto sotto stretta sorveglianza, spesso detto per allusioni, con quel codice di comunicazione tipico dellaconversazione parlata, come lo definisce la stessa Aganoor, [29] comprensibile ed esplicito per la destinataria e non del tutto agilmenteaccessibile per il lettore estraneo.Ad ogni modo la lettura di queste lettere d’amicizia a Marina Baroni, proprio per il loro carattere più intimo e confidenziale, amichevole

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appunto, e talvolta quasi minimalista, rispetto a quelle della stessa Aganoor ad altri destinatari, permette di farsi un’idea piuttosto chiara dellavita casalinga e familiare della poetessa, anche se lei non perde mai il controllo sempre frenata com’è dalla sua naturale e irriducibileriservatezza.In realtà sembrano pagine più da ascoltare che da leggere e questo non perché presentino un qualche valore eufonico o artistico, anche se talunesono pagine piuttosto poetiche nel loro empito espressivo, ma perché da esse scaturisce la voce della donna Aganoor nelle sue più diversearticolazioni e sfaccettature umane, voce che supera la liricità, spesso dominata dalla ragione, dei suoi versi e tocca il cuore dell’ascoltatorediventando, pur a insaputa dell’autrice, quasi autobiografia.Tale diviene per esempio quando, pur esprimendosi in forma impersonale per gran parte del discorso, salvo recuperare nello sfogo finale laprima persona, descrive lucidamente la sua condizione in seno alla famiglia: L’energia nostra si rompe mille volte alla debolezza altrui, allacaparbietà delle circostanze, alla tirannia delle nostre speciali condizioni o di famiglia, o di abitudini, o delle diverse indoli che cicircondano e formano il piccolo mondo in cui ci moviamo, in cui viviamo più o meno vegetalmente da mane a sera e da sera a mane. Lanostra pertinacia nei propositi non vale, se non è assistita, spronata, sostenuta gagliardamente da altre volontà, da altri propositi,dall’assiduo pensiero e cura del nostro avvenire di chi ci sta intorno, in quanto all’antiveggenza dell’avvenire amica mia, è d’essa appuntoche talora ci prostra. Oh se tu potessi capire come in qualche momento io mi vedo dinanzi l’inevitabile squallore dell’avvenire, il desertoimmenso che la nostra o l’altrui imprevidenza ci ha preparato pel futuro![30] O di nuovo quando, sempre con molto autocontrollo e senzaalzare la voce, solleva ancora appena appena un lembo del velo steso sulla sua situazione personale, della quale per altro la Baroni dovevaessere perfettamente a conoscenza: Mia buona amica, il mondo io credo sia infondo tutto così; degli sforzi verso il bene da un lato, deipoveri risultati, dei vani sacrifici, della inutile fatica.Dall’altro, il desiderare solo e sempre ciò che ci è malsano, perché ci è conteso, e un chiamarci infelici e tiranneggiati perché amati e curatie protetti contro il male. Il mondo è così; per cui io ti assicuro non desidero non oso desiderare nulla; temo che la sofferenza sia unacondizione di vita … umana, dopo chi sa? dopo un po’ di gioia l’avremo certo, non è vero Mammina mia?[31]E’ evidente che ella si sente intrappolata, e in qualche modo schiacciata, dalla sua numerosa famiglia, ma nello stesso tempo ha bisogno di questa protezione; da questo porto sicuro e accogliente, e al quale è legatissima, non si sente o forse non ha la forza di staccarsi e quindi sidibatte in un conflitto interiore che, seppur velatamente, sente di poter confessare alla sua Marina.Dai primi fogli conservati si ascolta la sua voce levarsi più cristallina. Sono le lettere di gioventù, le prime tre dell’epistolario tutte spedite daNapoli l’11 Novembre 1881, il 23 Gennaio 1882 e il 1° Giugno 1882, quando l’entusiasmo per il futuro ella non l’aveva ancora perduto sottoi colpi delle disillusioni amorose e della vita quotidiana. In seguito, a partire dalla prima lettera del 1888, una vena malinconica siimpadronisce via via di lei e gli accenni alla giovinezza che passa e al tempo che fluisce inesorabile si fanno più dichiarati nei momenti dimaggiore sconforto, oppure striscianti si insinuano indiscreti tra le righe di discorsi apparentemente sereni, specie in quelle lettere scrittedurante i mesi sul far della primavera. Si tratta spesso di sfoghi accorati, in cui la poetessa ancora combatte strenuamente per non lasciarsiandare e per conquistare la rassegnazione e la pace interiore necessarie per accettare il suo stato; proprio in questi momenti sapere che Marina leè vicina col cuore e con la mente la conforta enormemente: Quanto mi fa bene il pensiero che tu pensi spesso a me e mi compatisci e miauguri qualche gioia nell’avvenire! Io non spero più; scendo rapidamente una china che non ha ritorni, la giovanezza mi sta ormai allespalle e davanti a me non vedo che le amare scure ombre dei ricordi e dei rimpianti.[32] Ma non sempre i pensieri dell’amica lontana sonosufficienti, e allora, nei momenti di più nero scoramento, il presente diviene per lei l’unica consolazione: Alla mia età gli orizzonti sistringono; le rosee ubbie della giovanezza se ne sono ite, e nell’avvenire non vedo alcuna promessa per me; dunque vivo dell’ora presente,cercando contentarmi del bene che Dio mi dà nella salute dei miei. Ecco Mammina buona lo stato presente della mia anima.[33]Poi, soprattutto all’indomani del matrimonio della sorella Virginia (26 Ottobre 1892), si comincia a sentire una donna sempre più rinchiusatra le pareti domestiche, spinta a questo pure, ma non solo, dall’invecchiare progressivo e dalla salute instabile dell’adorata madre, della qualeera diventata l’unico sostegno, fino a fare di questo affetto sicuro quasi la sola ragione per esistere. La sua vita è ormai diventata un quietotran tran, a cui ora si sottomette con docilità e che descrive all’amica con apparente quanto freddo distacco: Avrei voluto scriverti subito e alungo, ma ti assicuro, che pur facendo una vita delle più ritirate (come si dice) (figurati da che sono a Venezia ho messo una sola volta ilnaso fuori di casa!) pure non trovo tempo di far nulla, dovendo scrivere quotidianamente alle molte lontane sorelle e occuparmi della miaMamma e farle un po’ di lettura e tante cosine; e poi viene qualcuno (vediamo pochissima gente non facendo io mai visite, ma gli amiciintimi vengono spesso a tenerci compagnia, e la Rosanna Marcello trova un gran gusto a stare qualche ora da noi, parlando in milanesecon la sua compaesana, del suo andamento di casa e d’altro) e insomma la giornata va via che si voleva fare un mondo di cose e non s’èfatto niente.[34]Amici e conoscenti, intellettuali e persone in vista frequentano talvolta la sua casa, ella si dedica ai suoi studi, scrive versi e li manda a rivisteletterarie, acquista una qualche fama, corrisponde con le sorelle lontane, con amici e letterati famosi del suo tempo, malgrado ciò il mondoreale è come se restasse fuori dal portone di casa Aganoor, e se vi entra rimane circoscritto dai limiti rappresentati dall’impatto provocato nelmondo interno della casa, figura dell’animo della scrivente e filtro attraverso il quale ogni avvenimento deve inevitabilmente passare. Pochiinfatti e marginali, in alcune sue lettere, sono le allusioni ad avvenimenti d’attualità anche di notevole rilevanza storica che in quel periodo si succedevano in Italia e all’estero;[35] tanti e frequenti sono al contrario i fatti minimi accaduti ai vicini, agli amici e ai conoscenti cheimpressionano in positivo o in negativo la mente di Vittoria e quindi sono per lei degni di nota in quanto appartenenti a pieno titolo al suomondo. Sono gli elementi essenziali di quella conversazione parlata per cui le sue lettere diventano una conversazione scritta, come se ella sitrovasse comodamente seduta nel salotto di casa in presenza dell’amica Marina a discorrere con lei del più e del meno. Gli immaginaridialoghi con l’amica assente-presente si sviluppano spesso in un botta e risposta spontaneo e vivace, in cui Vittoria Aganoor cerca diprevedere le obiezioni, le confutazioni, i giudizi e perfino i pensieri più riposti dell’interlocutrice lontana, talvolta ricreando per lei sulla cartaanche il clima casalingo nel quale sta scrivendo la lettera: Oh povera la mia, la nostra Marinella! 22 giorni sofferente e noi non sapernenulla! Grazie a Dio tu ora sei entrata in prima convalescenza ma bada che mai più si devon fare misteri con le tue creaturette di Veneziache sai quanto bene ti vogliamo! La Beppa ti manda con un lungo bacio tenerissimo un mondo di raccomandazioni; dice che tu non facciaimprudenze, che ti abbi gran cura, che cerchi di mangiare cose nutrienti e ricostituenti; …(non mi lascia scrivere, gridandomi dalla cameravicina le cose che vuole che ti dica!…)Sì Marina mia, usati ogni riguardo; in questa malvagia stagione i riguardi non sono mai troppi! Che cosa hai avuto? Febbre e raffreddoremi figuro; febbre reumatica, vero? e l’affetto predomina in te anche quando sei tormentata dal male, e i miei versi ti tornavano in mente,buona e adorabile creatura![36]E’ abbastanza prevedibile che nella sorta di prigione in cui si era volontariamente rinchiusa, certo per amore e abnegazione verso la madre, maanche per provvedersi di una difesa dal mondo esterno, la morte improvvisa di quella nel 1899 avesse la forza di un fiume in piena, facendosaltare tutti gli equilibri faticosamente costruiti e mettendola nuovamente di fronte alla vita sola e senza schermi protettivi. Così questo dolorestraziante, che sempre rimarrà indelebile nel suo animo anche se sopito e controllato dalla ragione, la condurrà verso una luce inaspettata, laspingerà ad uscire dal suo guscio e ad accettare nel 1901 la proposta di matrimonio del deputato perugino Guido Pompilj.

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Ma per arrivare a questa luce Vittoria Aganoor dovette percorrere un buio tunnel costellato di sensi di colpa e permeato da un’opprimentesensazione di vuoto e di perdita insuperabili, come testimoniano le molte lettere del 1899 e del 1900 a Marina Baroni; inoltre dovette chiarirea se stessa cosa sarebbe stato meglio per lei.[37] Del travaglio interiore che sicuramente l’angustiò in questo momento di difficile scelta nonvi è traccia alcuna nell’epistolario a Marina Baroni e con tutta probabilità non solo non le scrisse nulla, ma nemmeno ne fece parola dipersona, come sembra di poter dedurre dalla lettera del 7 Ottobre 1901 inviatale da Venezia, nella quale le comunica l’imminente matrimonio,notizia che per l’amica dovette essere come un fulmine a ciel sereno:Marina cara, mammetta mia. Subito dopo le sorelle ecco io scrivo a te la grande novella che fra gl’indifferenti susciterà chiose e canzonature per la mia età, pocoindicata per le nozze. Mi sono fidanzata a Guido Pompilj, un alto cuore un alto ingegno, e mi sposerò alla fine del novembre prossimo.Ecco detto tutto.[38]Anche dopo le nozze, celebrate a Napoli il 28 Novembre 1901, le lettere alla vecchia amica intima di sempre continuano, perché l’affetto nonmuta e il legame non si spegne con il cambiamento di stato anagrafico, tuttavia sono meno frequenti, talvolta sono molto brevi, talaltra sonosemplici cartoline o biglietti postali. Questa corrispondenza più tarda, dal 25 Dicembre 1901 al 21 Dicembre 1909, parla con una voce didonna maggiormente protesa verso l’esterno, eppure sempre gelosa di sé e del proprio essere più intimo e per nulla cambiata dalla famacrescente di poetessa e dal nuovo ruolo di moglie di un uomo pubblico. In alcune di queste lettere, oltre ai ragguagli sulla salute, sui rapporticon le sorelle e il marito e sull’andamento della vita quotidiana in generale, si possono cogliere qua e là episodi di mesto ripiegamentointeriore. Vittoria ritorna con la memoria ai bei momenti trascorsi con l’amica e ai luoghi visitati insieme e le scrive: Se ricordo la nostragita a San Zennone?! Io, (rammento bene) dissi allora: “Questo giorno mi sarà fisso nella memoria sempre; io vi correrò col pensiero comea una rara ora serena, nel seno della natura innocente, vicina a un’amica sicura e alta, e rivedrò come ora vedo, quella vallata, questicolli, quei monti, la piccola chiesa; tutto”;[39] immagina la sua Marina a Ca’ Rezzonico, precisando con malinconia di vederla in quellacamera piena di sole dove passai ore carissime; di dove guardavo lungamente le statue laggiù del giardino e l’orizzonte lontano, doveancora qualche sogno vagava…;[40] vagheggia il ritorno al passato, pregustando per un momento ad occhi aperti che sogno sarebbe davveroche le cinque sorelle un tempo bambine gioconde, si ritrovassero nel tuo splendido nido in questa luminosa primavera, ritornando tuttaviaquasi subito alla triste realtà del presente che la fa prorompere quasi in un grido soffocato: Ma anche quanta tristezza! Mentre l’età ha portatoi suoi malanni, gli acciacchi, le melanconie! Resti nella rimembranza quel passato di letizia! [41]Infine, nell’ultima lettera conservata, datata 21 Dicembre 1909, la poetessa chiude il racconto dell’amicizia di una vita con l’augurio fervidoalla sua Marina perché questi giorni di memorie amare siano consolati dallo spirito dei tuoi cari perduti, perché tu ne senta la voceaffidatrice nell’anima tua, perché tu ne veda la luce vivificante aprirti gli orizzonti benedetti dalle rivelazioni ultramondane, e a ogni cosatogliendo ogni ombra di squallore nella promessa sicura d’una pace ben altrimenti salda e dolce che la vita non offre.[42]

Vittoria, forse già malata,[43] sarebbe morta di lì a pochi mesi per i postumi di un intervento chirurgico; come risulta da una lettera dellasorella Virginia, qualche tempo prima di morire, mentre era ancora in ospedale, aveva chiesto e ottenuto dal marito che, dopo la guarigione, laconducesse a trascorrere alcuni giorni dalla sua cara amica Marina a Ca’ Rezzonico[44], ma il destino non le permise di realizzare questodesiderio. Non solo chiacchierette L’epistolario di Vittoria Aganoor a Marina Baroni, lo si è già detto, è costituito da lettere d’amicizia, vale a dire lettere in cui l’autrice parlaall’amica come se ella fosse presente e insieme fossero sedute in salotto a chiacchierare del più e del meno in assoluta confidenza e intimità,eppure non si tratta di semplici chiacchierette[45] di donne. Certamente in un buon numero di esse la poetessa dà e chiede notizie sullasalute, informa sull’andamento familiare e sugli avvenimenti personali, confessa le sue gioie, i suoi dolori, le sue preoccupazioni, parla dellebanali minuzie quotidiane. In molte altre però tocca tematiche di altra importanza e di notevole interesse.Vittoria torna di continuo sul tema della morte, trattandosi di un corpus di lettere che copre l’arco di una vita, ciò è abbastanza ovvio, infattisia lei sia l’amica in questo lungo periodo vengono inevitabilmente toccate dalla perdita di amici e persone care. Il tema è molto sentitodalla poetessa, tanto che è presente anche in larga parte della sua produzione poetica, ma nelle lettere alla Baroni è vissuto senza schermi equalche volta ella lascia sfogare il suo dolore con forza irrazionale. Quando nel 1888 muore il suo maestro Giacomo Zanella ella prorompesconsolata: Tutto finito, tutto finito; ora non vi ha più niente di lui, niente niente niente. Senti scusami questo sfogo, ma non posso, proprionon posso ordinare le idee, regolare il periodo. Non so ancora bene se sia vero, sono come sbalordita e non so ancora farmi una precisaragione di questa scomparsa d’un essere così singolare, così buono, così caro, così vivo in tutta la mia vita, in tutto il mio cuore, in tutto ilmio passato, da bambina in poi, fino a ieri, fino ad ora, fino a poco tempo fa.[46] E anni dopo, all’indomani della morte della madreGiuseppina, confessa, annientata dal dolore, di aver buttato giù quattro righe all’amica come tutta avvolta in una grande nebbia.[47]Nel bisogno di individuare per sé, ma anche per la contessa bassanese colpita troppo di frequente da morti dolorose di persone care, conforto econsolazione per poter continuare a vivere la Aganoor si interroga e, nella logica e razionale necessità di cercare una spiegazione a ciò cheaccade all’umanità, trova la risposta nella fede in una vita futura. Il suo ragionamento è molto semplice: anche se di fronte alla morte sirimane annichiliti, c’è possibilità di uscita trovando in noi la forza di reagire perché non è possibile, non è verosimile che tutto finisca qui[…] un giorno qualche immensa dolcezza proverà la nostra anima se sarà qui stata forte e generosa; è certo. Che miserabili pene cisembreranno allora questi nostri formidabili schianti, e che vera pienezza di vita godranno allora i nostri spiriti! Questo presentimento (ein me ti assicuro è lucido e vivo) d’un futuro così diverso da questa nostra stupida vita umana, non è già un segno, una prova, che quelfuturo lo avremo?[48]A questa fede in una vita futura si lega anche la sua certezza nel fatto che chi sparisce ci vede e ci veglia; noi dobbiamo unicamente pensare ainostri cari, e a fornire, impavidi e inalterati la giornata nostra[49] pensando ancora una volta a un dopo necessario, che giustifichi questonostro dolorare così seguito e acuto e inutile (che a noi sembra inutile) e avvinghiamoci in questa certezza.[50] Pertanto, come suggeriscealla Baroni, stringiamoci più strettamente noi, i pochi rimasti, da questo assiduo naufragio della vita, e procediamo, con gli occhi a quellaluce che lasciarono partendo i nostri cari; promessa e speranza d’un dopo che non può mancare.[51]Nel filo di questo ragionamento la vita e la morte risultano per Vittoria Aganoor strettamente intrecciate tra di loro, inestricabilmente unitedalla fede nel dopo che aspetta ognuno come ricompensa, nell’eternità dello spirito dunque, e che cancella la netta separazione tra il mondo deivivi e il mondo dei morti, ipotizzando un rapporto continuo coi cari perduti, rapporto che si esplica nel vegliare amoroso di questi ultimi suchi è rimasto. In una lettera a Domenico Gnoli ella confessa dispiaciuta io non so “descrivere” la mia fede, io non so altro che “sentirla”.In realtà prima di questa confessione ella, rispondendo alla domanda postale dallo Gnoli stesso: “Quale educazione religiosa avete avuto in

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famiglia?”, era stata molto chiara. Infatti, dopo aver spiegato che il padre Edoardo era strettissimo osservante, mentre la madre era credentema mai stretta osservante delle prescrizioni cattoliche nelle pratiche materiali, la Aganoor continua: Io… credo “fermamente” che l’universonon sia il risultato d’una “combinazione chimica” …, e di più, sento che in me non è tutto senso, egoismo, istinto intolleranza e superbia,questi inevitabili fermenti del nostro sangue, della nostra carne dei nostri nervi e delle nostre più note provincie cerebrali, ma che inmisteriose pieghe del mio pensiero, appaiono come luci improvvise, illuminanti qualcosa d’indistinto e lontano ma non “miraggio” e nonsogno, presentimenti o ricordi di anima, non so dire, che mi “forzano” a sollevarmi da quel fanghetto in cui solitamente guazza lanostra… diremo “SALMA”, e mi suscitano la forza della rinuncia e del sagrificio, del freno a certi miei selvaggi impeti, dell’umiltà e delperdono. E “credo”, “credo”, “credo”. Io non sono “molto” osservante di pratiche religiose ma “credente”; a modo mio ma credente, emi pare che chi si contenta di andare a messa tutte le domeniche e confessarsi una volta al mese e mangiare di magro il venerdì, sia menocredente di me.[52]Si inserisce nell’ottica d’un dopo che non può mancare il valore dato dalla poetessa all’occupazione, all’attività, al lavoro. Anche su questoargomento vertono di frequente i colloqui a distanza con l’amica Marina, colpita spesso da dolorosi accadimenti e tormentata da preveggenzetenebrose che ne prostrano continuamente lo spirito.Nella visione di Vittoria Aganoor l’occupazione e l’attività costante sono importantissime per superare i momenti bui dell’esistenza e leangherie del destino, quel destino crudele che quasi mai realizza i sogni e le aspettative presagite nell’esuberante giovinezza. Ella spiega:L’attività, qualunque essa sia, il lavoro ci facciano scordare, o almeno non ci permettano, di troppo accarezzare, ravvivare con la fantasia,per la strana voluttà di angoscia che è talora in noi, i nostri ricordi.[53]Si tratta di una filosofia di famiglia; la madre Giuseppina Pacini Aganoor, col particolare buon senso che la distingueva, scrive infattiall’amica bassanese lapidariamente: l’occupazione è vita,[54] una massima assorbita nell’intimo e tenuta in gran conto dalla figlia Vittoria perla quale metterla in pratica ogni giorno è un’utilissima e insostituibile terapia: Eh già a voler vivere meno male è pur necessario diventare unpo’ filosofi che diamine! Così mia carissima, io, appena finito di scriverti, mi porrò a confezionare col pensiero un qualche cosa prosa oversi, che, se mi riesce bene, farò poi leggere anche a te. […] Occuparmi voglio; questo è l’importante, e venga poi fuori un fiore o unmostro poco importa se la confezione di quel fiore o di quel mostro m’ha impedito di filar nebbia o tesser nuvole.[55]Il suo dedicarsi assiduamente alla poesia rientra, almeno in parte, nella terapia dell’occupazione, ma se in apparenza la poetessa sembrasminuire i suoi versi come frutto di un’attività necessaria per superare le angosce e il grigiore della vita quotidiana, ciò non deve in alcunmodo trarre in inganno. Fare poesia non è un passatempo per Vittoria Aganoor, molte volte parla all’amica lontana della fatica dello scrivere,dello studio assiduo, dell’attenzione continua, dell’applicazione intensa a questa attività tutt’altro che ludica per lei.[56] Non si tratta certo dichiacchiere da salotto mondano, bensì di pagine in cui spicca ben chiara la coscienza delle difficoltà oggettive di essere donna e di esserepoeta, dualismo conflittuale che l’Aganoor vorrebbe superato e composto nell’essere considerata poeta in senso assoluto e senza etichette.All’amica, che le aveva scritto il giudizio di due suoi ospiti su di lei come poetessa, risponde con parole indispettite spia della pienaconsapevolezza di sé e della serietà del suo lavoro poetico: In quanto all’avermi giudicata una “cara e amabile” poetessa permettimi ch’ionon ne vada orgogliosa. Sono due gentili aggiunti, buoni per una donnina mondana; ma confesso che chi studia, e suda (in certo modo) perfar qualcosa che non sia assolutamente indegno dell’arte, non può certamente apprezzare simili epiteti i quali evidentemente ne velanocortesemente altri due: insulsa, scipita.Io non dico di non meritarli, anzi li meriterò certo ma tu potevi risparmiarmi un po’ d’amaro, tacendo il responso dei due poeti commensalivostri.[57]A questo suo sfogo orgoglioso si addice perfettamente la già citata definizione che di lei diede Matilde Serao: ella fu, in umile e purorgogliosa dedizione, una poetessa e solo una poetessa.[58] Chiaramente le dà molto fastidio, e non riesce a nasconderlo, il fatto che la suaattività poetica venga considerata un’occupazione secondaria, quasi un hobby da signorina di buona famiglia, mentre ella vorrebbe che il fruttodel suo lavoro venisse giudicato per le qualità effettive, non con paternalismo e condiscendenza tipicamente maschili in quanto poesiacomposta da una rappresentante del gentil sesso. Come molte letterate del suo tempo, Vittoria Aganoor cerca il progresso individuale esoggettivo, cioè l’accettazione da parte dell’opinione pubblica della normalità dello scrivere come professione e “status sociale”,[59] perquesto nella lettera da Venezia, 13 Giugno 1898 indirizzata a Domenico Gnoli ella sbotta un po’ stizzita: Ah! noi povere donne come siamogiudicate piccine, meschine “miserine” da voialtri fortissimi eletti![60]Non si può infine trascurare di segnalare una presenza, forse di poco spicco ad una prima lettura, che accompagna lo scrivere dell’Aganoor aMarina Baroni e fa da sfondo o addirittura diventa protagonista dell’amichevole conversare. Questa presenza è costituita dalla natura con le suemutazioni stagionali e con le sue variazioni atmosferiche.Dotata di una sensibilità metereopatica, facilmente individuabile da numerose sue affermazioni che spiegano come il suo umore fosse spessoinfluenzato dalle condizioni del tempo, la poetessa abbina alle descrizioni di avvenimenti o, più di frequente, di stati d’animo riferimenti aifenomeni naturali, traendo da questi anche spunti per trovare conforto e speranza, o semplicemente spiegazioni plausibili, in diverse suesituazioni emozionali.Spesso bisogna sottolineare che, trattandosi di lettere d’amicizia e non di prosa letteraria, il discorso aganooriano si serve di topoi piuttostobanali e scontati: l’autunno, per esempio, è stagione malinconica e per eccellenza legata alla commemorazione dei defunti o, ancora, un raggiodi sole che sbuca luminoso dalle nuvole suscita sensazioni e disposizioni d’animo positive, tuttavia è il valore di vissuto in prima persona dicui ella li pervade che li fa balzare agli occhi del lettore, pur rimanendo in queste circostanze immagini accessorie e comprimarie.Invece in certi casi la natura nel proprio dispiegarsi davanti allo sguardo colmo di stupore della poetessa diventa protagonista e le ispirapagine di prosa poetica, magari partendo da un banale argomento, come quello dei caloriferi: E non stanno per isbocciare le viole, e sulontani smisurati terrazzi di aeree magioni mille valletti non istanno ora svolgendo e battendo e spazzolando gli sterminati tappeti checopriranno tra poco le nostre belle praterie? Quando la natura distende i suoi verdi velluti, noi li togliamo dai nostri salotti, vergognosidel confronto, e i caminetti cessano dal brontolare e i caloriferi dal rovinare i polmoni della gente. Evviva dunque la Primavera e persuadiSilvia che non istarà molto a venire il buon tepore e l’azzurro, e dei caloriferi non saprà che fare. Proprio mentre ti scrivo un bel raggio disole mi ride sul foglio, in questa piccola zona d’oro quante visioni di campi, di monti, di strade bianche tra due siepi fiorite, di ripeerbose, di giovinezza, di Aprile![61]Ma in alcuni momenti, soprattutto in certe lettere inviate dopo la morte della madre Giuseppina, la natura, che per lei era sempre statasimbolo e buona compagna del suo sentire, diventa leopardianamente matrigna, come se l’Aganoor non la percepisse più vicina e partecipe, o,più probabilmente, come se ella stessa non si sentisse più partecipe del mondo, divisa e separata da tutto e da tutti pietrificata nella solitudinedi un’indicibile sofferenza. Ella allora affida alla conversazione in absentia con la sua mammina lo sgomento e il mal celato senso di rabbia difronte alla natura che, indifferente e impassibile, continua ad essere florida e lussureggiante come prima: Il padrone della villa è, come giàsaprai, assente sicché potemmo a tutto nostro agio girare per i viali deserti, e soffermarci a lungo dinanzi al meraviglioso panorama delgolfo, delle ville sparse, della città più lontana e il Vesuvio infondo. Tutta quella bellezza ci pareva inutile ormai, mentre i due giovani e

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brillanti occhi che lo contemplavano estasiati, poco più di un anno fa credo, sono chiusi per sempre.E a noi pure, cui la recente ferita è così bruciante, e a noi pure tutta quella pompa di colori e di luce faceva male. Come? due tombe sisono spalancate divorando la nostra gioia e il sole è sempre trionfalmente luminoso, e il cielo sempre beatamente turchino, e questo marepar ridere del suo lido magico, compiacersi delle sue isole fascinatrici e ancora i pendii sono tutti in fiore, e ancora gli aranci mandanofolate d’intenso odore e tutto è in festa ancora? ah che cosa è per il vasto mondo lo sparire d’un umano? generazioni e generazioni sonoscomparse, regni e regni caduti, città e città inabissate … E per questo? E una crisi ministeriale commove e perturba le menti; e, e i piccoliumani si riuniscono in una piccola Camera per discutere sui destini … umani! Poveri ciechi che siamo![62]Evidentemente in questa occasione si è venuta a creare una stonatura tra il suo spirito prostrato dalla sofferenza e la rigogliosa naturadell’estate; il disgiungimento è quindi inevitabile, ma solo momentaneo, d’altra parte il mondo naturale coi suoi ciclici mutamenti, centraleanche nella produzione poetica aganooriana, è per lei irrinunciabile, quasi fosse un alter ego.Specialmente la stagione preferita da Vittoria Aganoor, qualche volta scritta anche con la maiuscola, la primavera, simbolo della vita che sirisveglia dal lungo sonno invernale, torna frequentemente nelle lettere a Marina Baroni. Alla poetessa basta un timido raggio di sole o il donodi un piccolo fiore per richiamarla alla memoria o presagirla foriera di rinascita e novità, di consolazione e di conforto, pur se effimeri epasseggeri nel doloroso destino di ogni vita umana.[63]Come scrisse Benedetto Croce parlando dell’opera poetica di Vittoria Aganoor: La vita è dolore; e piena di cose belle e dolci, che sonolenimenti, ma insieme incitamenti allo strazio: - questo ella sente e non teorizza. Il vero canto filosofico dell’Aganoor non sono gli inni allagioia o alla fratellanza, ma è l’ode alla “Primavera”, che ogni anno torna al mondo consolatrice e melanconica, perché consapevole dellatransitorietà perpetua della sua consolazione e del perpetuo ritorno dei mali.[64] Le poesie conservate nelle lettere Di grande rilievo nell’economia complessiva di queste lettere d’amicizia a Marina Baroni sono i componimenti poetici di Vittoria Aganoor,la quale, sin da giovanissima, si era dedicata alla poesia sotto la guida magistrale del vicentino Giacomo Zanella.[65]Ella, poiché stimava tantissimo la mammina Marina e teneva in gran conto le sue opinioni e i suoi giudizi, visti i trascorsi letterari, masoprattutto in quanto aveva una confidenza filiale con lei, d’abitudine le inviava versi semplicemente per farglieli leggere o molto spesso persottoporli al suo vaglio critico e talvolta, se capitava, anche a quello del grande poeta Giosuè Carducci, amico piuttosto intimo del conteGiuseppe Pasolini Zanelli, marito della figlia della contessa bassanese.[66]Per questo motivo in diverse lettere Vittoria Aganoor inserisce il testo manoscritto di alcune sue poesie. I componimenti conservati in questocorpus epistolare sono:Pioggia d’autunno (lettera da Napoli, 23 Gennaio 1882, Epistolario in corso, XII. 3. 3048);Paesaggio romano (lettera da Napoli, 1° Giugno 1882, Epistolario in corso, XII. 3. 3049, pubblicata in volume col titolo Paesaggio estivo),Desiderio inconsulto (fascicolo separato, s. l., ante 6 Settembre 1882, Epistolario in corso, XII. 3. 3);Fantasmi di grandi (lettera da Basalghelle, 10 Febbraio 1888, Epistolario in corso, XII. 3. 3050);Note (lettera da Basalghelle, 29 Aprile 1888, Epistolario in corso, XII. 3. 3051, senza titolo nella lettera);I cavalli di San Marco (due copie identiche una allegata alla lettera da Basalghelle, 30 Gennaio 1890 e l’altra in fascicolo separato,Epistolario in corso, XII. 3. 3066);2 Novembre (lettera da Basalghelle, 16 Novembre 1890, Epistolario in corso, XII. 3. 3068);Agonia e In treno (lettera da Basalghelle, 22 Febbraio 1894, Epistolario in corso, XII. 3. 3083);Nova primavera, (lettera da Venezia, 28 Marzo 1894, Epistolario in corso, XII. 3. 3084, senza titolo nella lettera);Sotto le stelle (lettera da Basalghelle, 25 Ottobre 1894, Epistolario in corso, XII. 3. 3085);Mai (fascicolo separato, s. l., s. d., Epistolario in corso, XII. 3. 2);Natale 1895 (lettera da Venezia, 16 Dicembre 1895, Epistolario in corso, XII. 3. 3095);E’ nel mio sogno (lettera da Venezia, 21 Marzo 1896, Epistolario in corso, XII. 3. 3097);Natale (lettera da Perugia, 30 Dicembre 1903, Epistolario in corso, XII. 3. 3155);Passeggiata francescana (lettera da Perugia, 18 Agosto 1907, Epistolario in corso, XII. 3. 3169);Quale ballata mai (lettera in versi da Cava dei Tirreni, Casa Della Corte, s. d., Epistolario in corso, XII. 3. 1);O abitanti dell’italo stivale (fascicolo separato, s.l., s. d., Epistolario in corso, XII. 3. 3066).Inoltre nella lettera da Venezia, 24 Aprile 1889 (Epistolario in corso, XII. 3. 3059) Vittoria Aganoor afferma di aver inviato alla Baroni le suepoesie Alba e Prima luce che non si sono conservate; così come non si sono conservati il bozzetto in prosa intitolato Dal vero e la poesiaAbenezer, che la poetessa dice di aver spedito nella lettera da Basalghelle, 28 Ottobre 1895 (Epistolario in corso, XII. 3. 3090), e unatraduzione dal russo di cui ella parla in quella da Venezia, 19 Aprile 1897 (Epistolario in corso, XII. 3. 3103).[67]La maggior parte dei testi poetici rinvenuti tra le lettere a Marina Baroni furono pubblicati con più o meno varianti dalla stessa Aganoor neisuoi volumi Leggenda eterna e Nuove liriche[68] o nel volume postumo VITTORIA AGANOOR, Poesie complete, a cura di LUIGIGRILLI, Firenze 1912 (2^ edizione 1927).Tre poesie, oltre alla lettera in versi indirizzata a Marina Baroni o forse alla figlia di lei, Silvia, invece non sono mai state pubblicate dallapoetessa né dal Grilli: Note, 2 Novembre e O abitanti dell’italo stivale. In seguito Note e 2 Novembre furono presentate per la prima volta alpubblico nel 1923 da Venanzio Todesco nel suo contributo Per la cronologia di alcune liriche di Vittoria Aganoor;[69] recentemente PatriziaZambon le ha ripresentate insieme a O abitanti dell’italo stivale, per la prima volta pubblicata, in ANTONIA ARSLAN-PATRIZIAZAMBON, Inediti aganooriani.[70]Oltre a mandare sue poesie, nelle lettere alla Baroni la poetessa, come parlando del più e del meno, discute alcune sue composizioni. Talvoltarileva lucidamente imperfezioni e manchevolezze di determinati versi, come nella lettera da Basalghelle, 29 Aprile 1888, riferendosi allapoesia Note, quando scrive: Senti: in quanto ai versi, te li scrivo quì dietro, ma non ne sono molto contenta; non sono in un buon periodoné per creazione né per ripulimento.[71]Qualche altra volta li difende cercando di chiarirli all’interlocutrice; così accade nella lettera da Venezia, 2 Febbraio 1895: Ora mi proverò adifendere le strofe incriminate d’Inferma.Parole come impresseSul foglio con un ferroRovente… Così a noi parve, e che ardesseIl foglio etc. etc.

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E alzammo gli occhi a guardare se i nostri libri, le carte, i nostri famigliari oggetti, (che sono i compagni e gli amici nostri,) stesserofermi al loro posto, ignavamente, mentre la nostra ultima fede (cioè la fiducia, la speranza, la credenza e la sicurezza in un essere caro, inun carattere da noi stimato, in una promessa che ci riposava etc. etc. etc.) andava in precipizio.Ecco Marina mia il pensiero che evidentemente ho male espresso giacché tu non l’hai afferrato bene.[72]In alcuni casi spiega l’humus fertile da cui certi testi poetici erano scaturiti; nella lettera da Venezia, 16 Dicembre 1895, parlando della stesuradella poesia Natale 1895 e confessando il suo debito verso l’amica, scrive: La tua lettera tutta vibrante di pietà e di apprensione per i nostripoveri fratelli lontani mi ha suggestionata, come ora si dice, e nel pensiero del vicino Natale scrissi alcune strofe che ti mando e che sonopiù tue che mie. E’ davvero un crepacuore questa tragedia africana….[73] Inoltre le capita anche di dover riconoscere la sterilità di ispirazione da cui certe liriche d’occasione avevano preso forma scritta senzasoddisfarla; per esempio nella lettera da Basalghelle, 29 Settembre 1898, accennando alla forzata composizione di Per nozze, sbottaindispettita: Quei banalissimi versi che avrai veduti (non so proprio perché) riportati dal “Fanfulla” del 21 Settembre e dal “DonChisciotte” del 22, voglio tu sappi ch’io li scrissi per forza e pregata e seccata da quel Boccafurni che presentò l’album dellaBrunamonti.[74]Ancora seguendo la traccia epistolare, frammentaria per lo più in quanto gli argomenti si trovano dispersi ora qui ora là senza una qualcheorganicità e continuità espositiva da parte dell’autrice, si possono ripercorrere le vicende di un certo numero di poesie nella pubblicazione inrivista e del volume Leggenda eterna si è in grado di fissare alcuni momenti salienti.Per di più, di contorno a questa sua attività letteraria, è possibile scorgere, seppur di sfuggita, qualche aspetto del mondo intellettuale a leicontemporaneo e individuare qualche accenno, anche biografico, ad alcuni personaggi illustri di quegli anni da Giosuè Carducci a GiacomoZanella, da Enrico Nencioni ad Antonio Fogazzaro, da Ada Negri ad Alinda Bonacci Brunamonti, da Cesare Pascarella a Domenico Gnoli, daEnrico Panzacchi ad Oscar Chilesotti, con taluni dei quali la poetessa intratteneva pure una corrispondenza.Soprattutto bisogna sottolineare che l’invio di poesie, il manoscritto delle quali purtroppo non sempre si è conservato e dell’esistenza delquale si sa in quanto la Aganoor nel testo della lettera afferma di averlo allegato, è estremamente importante dal punto di vista critico poiché,come già acutamente spiegava Venanzio Todesco, ci è guida preziosa per determinare la data di composizione di molte delle liriche cheresero famoso il nome dell’Aganoor. Di alcune di esse, inoltre, troviamo qui una redazione diversa da quella della stampa: il confrontoquindi ci serve a stabilire la scrupolosità artistica dell’autrice e a seguirla nella sua opera di correzione e di ripulimento, che non è iltravaglio di una prima stesura, ma il trapasso da una redazione definitiva ad una ulteriormente elaborata.[75]Infine è interessante segnalare l’esistenza in questo epistolario di una breve prosa letteraria, che la poetessa aveva scritto su una pergamena dalei confezionata per spedirla come regalo alla Baroni. L’Aganoor ricopia il testo da lei vergato sulla pergamena in fondo alla lettera daVenezia, 18 Maggio 1892 che accompagna il dono, per facilitarne la lettura da parte della destinataria. Questa composizione è stata di recentepubblicata per la prima volta da Patrizia Zambon a p. 32 del già citato ARSLAN-ZAMBON, Inediti aganooriani. Caratteristiche delle lettere d’amicizia L’epistolario aganooriano a Marina Baroni è una raccolta di lettere che, seguendo la nota classificazione ciceroniana, possono essere definitefamiliares,[76] o più semplicemente, come si è ritenuto corretto chiamarle sino ad ora, d’amicizia. Entrambe le definizioni tengono conto siadel contenuto, in pratica vicende dell’anima di Vittoria Aganoor, sia delle caratteristiche del modus scribendi, tutto teso per volontàdell’autrice a realizzare su carta la spontaneità e la colloquialità tipiche della conversazione parlata. Date queste premesse, nel corpus epistolare a Marina Baroni, proprio perché si tratta di lettere d’amicizia, la lingua, lo stile, il lessico nonsono per nulla formali e ricercati, se non in parte nelle prime missive conservate dove la Aganoor utilizza ancora in segno di rispetto la terzapersona per rivolgersi alla contessa amica di famiglia.Ripetuto è l’uso di vezzeggiativi, diminutivi, superlativi assoluti affettuosi e colloquiali, nonché di certe parole e di certi modi di dire diorigine dialettale in nome della loro maggiore efficacia espressiva, ma anche molto più confidenziali tra due amiche.L’intento perseguito è evidentissimo: l’autrice vuole comunicare, parlare alla destinataria come se ella fosse presente. Le frequenti ripetizioniin apertura di lettera, del tipo Cara, cara la mia Marina, sembrano quasi mimare la festosa accoglienza sull’uscio della visitatrice da partedell’Aganoor felice di vederla e di poter discorrere con lei.La stesura dei testi sembra essere avvenuta in presa diretta, non pare infatti che la poetessa usasse fare delle minute per queste lettere e ciòrisulta lampante ad un semplice sguardo d’insieme ai fogli colmi di correzioni e cancellature poste in corso di scrittura e non in fase direvisione.La grafia talvolta è poco chiara, quando il pensiero detta più velocemente di quanto possa andare la mano; in altre occasioni poi caratterienormi e molto distanziati denunciano la fretta o la concitazione mentale del momento.[77] La punteggiatura qualche volta manca o èinsufficiente e l’ortografia risulta spesso oscillante e in certi casi non corretta sotto l’urgere del concetto da esprimere.Inoltre, laddove Vittoria Aganoor ha molto da dire all’amica niente la preoccupa, persino i limiti materiali imposti dal foglio di carta non laostacolano: ella prende liberamente possesso di ogni piccolo spazio bianco offertole dalla pagina e, nel momento in cui questo viene amancarle, per non perdere il filo del discorso, si spinge a scrivere anche trasversalmente sopra il testo già redatto in precedenza. Esemplare aquesto proposito è la lettera da Vena d’oro, 22 Luglio 1889 a Silvia, figlia dell’amica Marina, in cui l’autrice scrive in uno stato di concitazione che si riflette sulla stesura materiale del testo attraverso una grafia poco chiara, che diventa quasi incomprensibile e indecifrabileallorché, presa dall’incalzare delle sue argomentazioni, la situa sopra le righe precedentemente vergate.[78]Ma la Aganoor non sta scrivendo prosa letteraria, sta colloquiando con un’amica lontana ed è perciò valida soprattutto qui, per queste letterealla Baroni, la giustificazione che ella manda a Domenico Gnoli: Non sono più i tempi di certi rigori; almeno le lettere si scrivono come lapenna getta nel momento più o meno frettoloso dello scrivere e occorre, anche nei fratelli illustri un po’ d’indulgenza o la cosa diventaimpossibile, dico di corrispondere con i pezzi grossi della letteratura. Io poi ho poco tempo e corro sempre scrivendo come sospinta daquella tal bufera infernale, commetterò talora anche qualche sfarfallone ortografico e grammaticale […]Ah talora un po’ d’anarchia fa tanto bene!Nelle mie lettere ce n’è un po’ troppa e lei ha ragione; talora lascio un periodo senza coda, talora mi riesce di fabbricarlo senza testa, matanto riesco ugualmente a farmi capire, e questo io credo sia il punto importante, specialmente nelle lettere.[79]Infinite poi sono le sottolineature, sovente in gradatio da una a tre, che ella usa come segno grafico caratterizzante per mettere in rilievo già alprimo colpo d’occhio una parola o un concetto, ma non solo, le servono anche per esprimere graficamente e visivamente lo stato emotivo delsuo animo tanto sensibile. Allo stesso modo ella adopera le numerose ripetizioni di parole identiche, spesso da un minimo di due ad unmassimo di quattro, al fine di reiterare o enfatizzare un’espressione o un concetto per lei importante.Frequenti sono i puntini sospensivi, il più delle volte impiegati in nome di quella sua sorveglianza interiore, ma, è pensabile, del tuttointelligibili dalla destinataria nel loro significato più recondito, come se volesse dire: “Marina non dico di più, tanto tu sai perfettamente ciò

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che intendo”.Ella era ben conscia dei “difetti” delle sue lettere tant’è che, con spirito alquanto ironico, scrive a Domenico Gnoli: Questa che vede qui inalto è la chiesa della Salute, o cioè della Madonna della Salute e ad essa mi raccomando mattina e sera perché mi tenga nella suaprotezione e mi dia forza bastevole a difendermi contro gli attacchi dei miei buoni amici alla mia calligrafia, alla mia grammatica, alle miesottolineature e alla mia (ahimè) “indeterminatezza”.[80]Sono tutti espedienti che non sembrano rispondere ad un intento letterario e artistico dell’autrice; sembrano al contrario servirle perrappresentare sul supporto scrittorio, attraverso una sorta di gestualità grafica, se così si può definire, la conversazione parlata tra due careamiche lontane, altrimenti fatta, se fossero state effettivamente l’una accanto all’altra, di discorsi e accompagnata da espressioni del volto eatteggiamenti del corpo, a volte più chiari ed eloquenti di qualsiasi parola effettivamente pronunciata. E’ per questa ragione che sono stati tuttifedelmente mantenuti e riprodotti o sono stati segnalati, per non privare di spontaneità e di calore umano queste lettere d’amicizia.Descrizione del corpus epistolare L’insieme delle lettere di Vittoria Aganoor a Marina Baroni, a tutt’oggi ancora inedito, è costituito da 147 lettere e 5 testi poetici in fascicoloseparato, che coprono un arco di tempo che va dall’11 Novembre 1881 al 21 Dicembre 1909.Esse si trovano nella Biblioteca del Museo Civico di Bassano del Grappa (VI) da 12 Gennaio 1923 grazie al legato della figlia di MarinaBaroni, Silvia Baroni Pasolini, e sono segnate Epistolario in corso, XII. 3. 3047-3192.Due di queste lettere, una da Vena d’oro (BL) del 22 Luglio 1889 e segnata Epistolario in corso, XII. 3. 3065, l’altra senza data e senza luogodi provenienza e segnata Epistolario in corso, XII. 3. 3192, sono indirizzate alla figlia di Marina Baroni, Silvia Baroni Pasolini.Una lettera da Basalghelle del 2 Ottobre 1888 fu scritta metà da Vittoria Aganoor e metà da sua madre Giuseppina Pacini Aganoor e porta lasegnatura Epistolario in corso, XII. 1. 3037, perché è conservata, nella stessa biblioteca, nel plico della corrispondenza della seconda.Un’altra lettera da Venezia del 13 Febbraio 1892 è inserita tra quelle della sorella Maria conservate presso la stessa biblioteca ed è segnatapertanto Epistolario in corso, XII. 2. 3044, ma è sicuramente di Vittoria Aganoor sia per la grafia, sia, soprattutto, per la firma. Infineun’altra ancora, segnata Epistolario in corso, XII. 3. 3175, risulta mancante dal 2-470, come a suo tempo segnalò l’archivista della Bibliotecadel Museo Civico di Bassano del Grappa.Gli autografi delle lettere di Vittoria Aganoor a Marina Baroni sono per lo più in buono stato di conservazione; sono senza busta, ma quasitutte portano data e luogo di provenienza di mano della mittente; soltanto 18 mancano del luogo o della data o presentano una dataincompleta.Le lettere sono state disposte nell’ordine cronologico ricostruito mediante le datazioni originali apposte dall’autrice e, quando queste eranoassenti, ricavando le date dai riferimenti interni alle lettere stesse, tutti i riferimenti o le congetture che hanno portato alla datazione sono statiesplicitati in nota. Le date congetturate sono state segnalate tra parentesi quadre.Per semplicità di fruizione le lettere sono state numerate progressivamente con numeri romani, mentre a fianco di questi è stata riportata incorsivo la relativa segnatura della Biblioteca per facilitarne il ritrovamento in quanto la trascrizione degli autografi non segue l’ordine datodall’archivista.Criteri di trascrizione Durante la trascrizione delle lettere sono state conservate, come dall’originale, le oscillazioni grafiche, l’alternanza delle scempie e dellegeminate, le particolarità di tipo ortografico e sintattico e l’uso della punteggiatura. Sono state mantenute inoltre le maiuscole, lesottolineature e i puntini sospensivi in quanto rappresentano una caratteristica peculiare della prosa epistolare di Vittoria Aganoor.Per quanto riguarda i titoli delle opere e delle riviste letterarie citate, quando sono stati segnalati dall’autrice con la sottolineatura sono statiresi in corsivo e la sottolineatura e stata mantenuta, quando l’autrice non li ha segnalati in nessun modo sono stati resi in corsivo.Inoltre sono stati resi in corsivo i termini stranieri, latini e quelli dialettali.Si avverte che, oltre a chiarire riferimenti e congetture per la datazione di alcune lettere e ad informare su eventuali interventi sul testo odifficoltà di lettura dello stesso, nelle note si è cercato:di fornire, quando era rilevante, anche alcune caratteristiche fisiche della lettera, come illustrazioni, tipo di carta, intestazioni, etc;di identificare, non riuscendovi sempre, le varie persone nominate dall’autrice;di chiarire alcuni particolari inerenti a fatti, persone e situazioni ai quali accenna la Aganoor;di dare notizie sui testi poetici che la poetessa inviava alla Baroni o ai quali alludeva durante il suo discorso.Si è inoltre ritenuto utile riprodurre in coda a qualche lettera il testo di alcune poesie, seguendo la lezione del volume VITTORIAAGANOOR, Poesie complete, a cura di LUIGI GRILLI, Firenze 1912, quando, pur non essendosi conservato il manoscritto, l’autrice affermadi averle inviate alla destinataria con la lettera, per offrire al lettore una maggiore completezza. Anche di questi interventi integrativi si è datonotizia nelle note. Le lettere dell’appendice Anche tutte le lettere di Giuseppina Pacini Aganoor, di Virginia Aganoor Mirelli, di Angelica Aganoor e di Maria Aganoor indirizzate aMarina Baroni trascritte in appendice sono conservate dal 12 Gennaio 1923 presso la Biblioteca del Museo Civico di Bassano del Grappa (VI)per legato della medesima figlia della contessa bassanese.Il corpus epistolare di Giuseppina Pacini Aganoor a Marina Baroni è costituito da 14 missive appartenenti al periodo dal 19 Giugno 1872 al 3Agosto 1897. Di queste, 12 lettere portano la segnatura Epistolario in corso, XII. 1. 3032-3043, mentre una senza luogo di provenienza edatata 19 Giugno 1872 e un’altra da Basalghelle datata 21 Novembre 1888 sono segnate rispettivamente Epistolario in corso, XVIII. 3. 5473e 5474. Una lettera da Basalghelle del 2 Ottobre 1888 fu scritta metà da Giuseppina Pacini Aganoor e metà dalla figlia Vittoria Aganoor e,pur essendo conservata nel plico della corrispondenza materna con segnatura Epistolario in corso, XII. 1. 3037, è stata trascritta nel corpusdelle lettere della figlia anziché in appendice.Gli autografi delle lettere di Giuseppina Pacini Aganoor a Marina Baroni sono in buono stato di conservazione e, pur mancando di busta,sono tutte datate, magari in modo incompleto, dalla mano dell’autrice. Le lettere di Virginia Aganoor Mirelli sono 4:Oderzo, 26 Ottobre 1902 (Epistolario in corso, XIV. 16. 4228);Napoli, 19 Maggio 1910 (Epistolario in corso, XIV. 16. 4229);[Oderzo], 13 Ottobre 1811 (Epistolario in corso, XIV. 16. 4230);Torre del Greco, s.d. (Epistolario in corso, XIV. 16. 4231).Tutte sono in buono stato di conservazione. Le lettere di Angelica Aganoor sono 2:

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Firenze, 10 Marzo 1882 (Epistolario in corso, XVIII. 2. 5471);[Basalghelle], 20 gennaio 1913 (Epistolario in corso, XVIII. 2. 5472).Entrambe sono in buono stato di conservazione. Le missive di Maria Aganoor sono costituite da una cartolina postale, piuttosto malridotta, da Venezia del 25 Dicembre 1892 con segnaturaEpistolario in corso, XII. 2. 3045 e una lettera acefala, quindi mancante di luogo di provenienza, di data e di destinatario, segnata Epistolarioin corso, XII. 2. 3046. Tra questa corrispondenza è conservata una lettera, segnata Epistolario in corso, XII. 2. 3044, che è però, come si è giàdetto, della sorella Vittoria.Tutti gli autografi di Giuseppina Pacini Aganoor, di Virginia Aganoor Mirelli, di Angelica Aganoor e di Maria Aganoor sono stati ordinati etrascritti seguendo gli stessi criteri utilizzati per l’insieme delle lettere di Vittoria Aganoor.Vittoria Aganoor: cenni biografici La nobile e ricca famiglia degli Aganoor era originaria dell’Armenia e da qui, dopo alcuni trasferimenti in Oriente, nel 1835 giunse in Europadove si stabilì in successione prima a Parigi, poi a Venezia e infine a Padova.Vittoria Aganoor nasceva proprio qui a Padova, ultima di cinque figlie, il 26 Maggio 1855 da Edoardo e dalla milanese Giuseppina Pacini.Ella, con le sue sorelle Angelica, Maria, Elena e Virginia, passò l’infanzia e la prima giovinezza nella città di Sant’Antonio, dimorando nellacasa detta degli Armeni in Prato della Valle non molto distante dall’antica Basilica di Santa Giustina, dove si erano sposati i suoi genitori edove era stata battezzata.Andrea Maffei e Giacomo Zanella furono i suoi primi maestri.Intorno alla metà degli anni Settanta del XIX secolo, Vittoria con tutta la sua famiglia si trasferì precipitosamente a Napoli a causa del primomanifestarsi dei problemi psichici della sorella Maria. Soltanto negli anni Ottanta gli Aganoor poterono ritornare nel Veneto, fissando a lorodimore la villa di campagna di Basalghelle, nei pressi di Mansuè, vicino ad Oderzo (TV), e la casa di Venezia al Ponte dei Greci n. 3405.In tutti questi anni la Aganoor aveva continuato gli studi e affinato il suo talento poetico. In seguito cominciò a collaborare con alcune rivisteitaliane, pubblicando alcune sue liriche e facendosi così conoscere nell’ambiente letterario. Tuttavia ella conduceva una vita piuttosto ritirata eschiva, dedicandosi alla cura dell’anziana madre e tenendosi in contatto col mondo soprattutto per mezzo di una fitta rete di corrispondenzacon amici e letterati, tra cui spiccavano Enrico Nencioni, Domenico Gnoli e Neera.Dopo la morte della madre nel Marzo 1899, la Aganoor per esaudire un desiderio di lei decise di dare alle stampe una raccolta di versi che uscìa Milano per i tipi dell’editore Treves nel 1900 col titolo Leggenda eterna. Il volume riscosse un notevole successo e nel 1903 ne fuapprontata una seconda edizione a Torino. Nel frattempo, il 28 Ottobre 1901, la poetessa, non più giovanissima, si era sposata col deputatoperugino Guido Pompilj ed era andata a vivere a Perugia.Nel 1908 diede alle stampe una seconda raccolta di versi dedicati al marito intitolata Nuove liriche.Morì nella notte tra il 7 e l’8 Maggio 1910 a causa delle complicazioni di un intervento chirurgico per l’asportazione di un tumore alle ovaie.Il marito, poche ore dopo la sua morte, si suicidò sul suo cadavere per l’incapacità di vivere senza di lei. La duplice morte suscitò dolore eturbamento in tutta Italia e all’estero.Bibliografia essenziale TESTI AGANOOR V., Leggenda eterna, Milano, Treves, 1900;AGANOOR V., Leggenda eterna, 2^ ed., Torino, Roux e Viarengo, 1903;AGANOOR V., Nuove liriche, Roma, Biblioteca della Nuova Antologia, 1908;AGANOOR V., Poesie complete, a cura di L. GRILLI, Firenze 1912;AGANOOR V., Lettere a Vittorio Betteloni (1877, 1903, 1906), in BETTELONI V., Discorso commemorativo. Carteggio e bibliografia, acura di G. BIADEGO, Verona 1912, pp. 74 e 77-80;AGANOOR V., Lettera a Maria Villari Nono, in VILLARI L. A., Storia di autografi, Sarno 1914, pp. 44-47;AGANOOR V., Poesie complete, a cura di L. GRILLI, Firenze 1927;AGANOOR V., Lettere a Domenico Gnoli, a cura di B. MARNITI, Caltanissetta-Roma 1967;AGANOOR, V., Lettere a Giacomo Zanella (1876-1888), a cura di A. CHEMELLO, Mirano (VE) 1996;ARSLAN A., Un’amicizia tra letterate: Vittoria Aganoor e Neera (con 23 lettere inedite), in Quaderni Veneti, V (1988), pp. 35-74;ARSLAN A.- ZAMBON P., Inediti aganooriani, in Quaderni Veneti, V (1988), n. 7, pp. 7-32;CALCATERRA C., Un romanzo vissuto di Vittoria Aganoor, in La lettura, 1° Febbraio 1924, pp. 129-138;CAVALLI G., Spigolature dall’Epistolario Aganoor I-III, in Padova e la sua provincia, XII (1966), n. 2, pp. 3-6; n. 4, pp. 14-17; n. 5, pp.14-19;PIMPINELLI P., Lettere d’amore a Vittoria Aganoor, in Perugia, novembre-dicembre 1956, pp. 7-13;PIMPINELLI P., Lettere di Leopoldo Tiberi a Vittoria Aganoor , in Bollettino della deputazione di storia patria per l’Umbria, LXX(1973), fasc. I, pp. 41-86;PIMPINELLI P., Lettere di Enrico Nencioni a Vittoria Aganoor , in Bollettino della deputazione di storia patria per l’Umbria, LXX(1973), fasc. II, pp. 141-187;ZAVATTI S., Lettere inedite di Vittoria Aganoor e delle sue sorelle, in Padova e la sua provincia, XIX (1973), n. 2, pp. 10-13. STUDI ALINOVI A., Vittoria Aganoor Pompilj, Milano 1921;BALDACCI L., Vittoria Aganoor, in Poeti minori dell’Ottocento, I, Milano-Napoli, 1958, pp.1173-1182;BORGESE G. A., In morte di Vittoria Aganoor, in La vita e il libro, 2°, Bologna 1928, pp. 172-175;BOSCO U., Vittoria Aganoor Pompilj, in Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti, I, Roma 1935 e ss., p. 833;CAVALLI G., Da “Barlumi” (reminiscenze): Vittoria Aganoor, in Padova e la sua provincia, XI (1965), nn. 11-12, pp. 3-8;CAVALLI G., L’aspetto umano di Vittoria Aganoor, in Padova e la sua provincia, XV (1969), nn. 8-9, pp. 26-30;COLUMMI CAMERINO M., Vittoria Aganoor, il sogno, la ragione. Appunti su “Leggenda eterna” , in Quaderni Veneti, V (1988), n. 7,pp. 91-102;COSTA ZALESSOW N., Vittoria Aganoor, in Scrittrici italiane dal XIII al XX secolo. Testi e critica, Ravenna 1982, pp. 248-253;CROCE B., Vittoria Aganoor, in Letteratura della nuova Italia, II, Bari 1943, pp. 377-384;DI GIOVANNA M., La poesia Vittoria Aganoor, in Atti dell’Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Palermo, serie IV, XXXIII (1973-74),Parte II, fasc. I, pp. 19-73;

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DRAGO A., La poetessa e il deputato, in I furiosi amori dell’Ottocento, Milano 1946, pp. 267-298;FERRUGGIA G., Leggenda eterna di Vittoria Aganoor, in Rassegna Nazionale, 114 (1900);FIOCCHI S., La lirica di Vittoria Aganoor tra autobiografia e dannunzianesimo, in Quaderni Veneti, VI (1989), n. 10, pp. 169-179;FIOCCHI S., Vittoria Aganoor, in Le stanze ritrovate: antologia di scrittrici venete dal Quattrocento al Novecento, a cura di A. ARSLAN,A. CHEMELLO e G. PIZZAMIGLIO, Mirano 1991, pp. 243-251;FRABOTTA B. M., Alle soglie di una perduta femminilità: la Contessa Lara e Vittoria Aganoor, in Empoli, III (1983), pp. 59-71;GUAZZARONI T., Vittoria Aganoor Pompilj, in Rivista di Roma, 14 (1910), nn. X-XI, pp. 340-342;La Favilla, XII (1910), luglio-agosto, (fasc. in memoria di V. Aganoor e G. Pompilj);MANCINI F., La poesia di Vittoria Aganoor, Firenze 1959;MORETTA P., Vittoria Aganoor Pompilj, Teramo 1921;NADIN BASSANI L., Su un autografo di Vittoria Aganoor, in Quaderni Veneti, X (1993), n. 18, pp. 187-196;RUSSI A., Vittoria Aganoor, in Dizionario Biografico degli Italiani, II, Roma 1960 e ss., pp. 360-362;Roma letteraria, giugno 1910 (fasc. in memoria di V. Aganoor);SERAO M., Vittoria Aganoor, in Rivista di Roma, 14 (1910), nn. X-XI, pp. 342-344;TODESCO V., Un’amicizia di Vittoria Aganoor, Foligno 1923;TODESCO V., Per la cronologia di alcune liriche di Vittoria Aganoor, Padova 1964.VITTORIA AGANOORLETTERE D’AMICIZIA A MARINA BARONI (1881-1909) I. Epistolario in corso XII. 3. 3047[81]

Napoli[82], 11 Novembre 1881 Buona Contessa.Che cara lettera di Mamma affettuosa e indulgente!Quanto Le sono grata d’aver rubato un po’ di tempo ai suoi ospiti e alle sue occupazioni per donarlo a me e dirmi tante dolci cose tanteamorevoli parole!Peccato che il dover rinunciare a vederla questo inverno me ne abbia amareggiato il piacere! Le assicuro che solo la speranza di aver spessoSue nuove, sebbene lontana, mitiga in parte il mio rincrescimento! Quanto sarei felice se quella cattiva della Silvia[83] volesse far belli i mieipoveri versi colla sua musica! ma temo di mostrarmi troppo esigente pregandola di questo; quella bionda madonna[84] ha sempre a suadisposizione tante paroline dorate per dire di no alla gente con tutto il garbo del mondo!Basta oggi stesso le scrivo e vedremo se si commove!Il titolo di quella mia cosina che Le mandai è brutto davvero ed io La faccio arbitra di modificarlo o mutarlo come meglio Le parrà. Sono cosìcontenta che non Le siano dispiaciuti quei miei versi. Quando Ella sarà a Venezia e avrà finito di preparare i suoi quartieri d’inverno e Lasaprò riposata e tranquilla, gliene manderò altri; ora non voglio rubarle il suo tempo in questi ultimi giorni di villeggiatura che Le darannotanto da fare, un po’ per gli ospiti, un po’ per le disposizioni da prendersi per la partenza e per mille altre cose. Intanto sappia che non è puntocompassione quella ch’io sento per Lei ma invece ammirazione, tenerezza, affetto vero e forte e una grande grande gratitudine pel bene ch’Ellaa sua volta mi vuole e mi dimostra e che mi fa tanto tanto felice. Dia per me La prego un bacio al caro Tiberio e uno al fiero e intelligentePierino che spero si rammenti ancora di me; tutti i miei ricambiano con affetto i suoi saluti, io Le mando il meglio del mio cuore affezionatissima sua Vittoria II. Ep. in corso XII. 3. 3048Napoli, 23 Gennaio 1882 Gentile Contessa.Avrei risposto subito alla Sua carissima che mi scriveva da Venezia, ma qui in casa s’ebbe una specie di piccolo ospedale. La Mamma primafu non bene alcuni giorni; appena usciva di letto lei, l’Elena[85] s’ammalava con una gastrite complicata che la tenne a letto dieci buonigiorni; e finalmente venne la volta della Maria, presa d’artrite con febbre forte tanto da sgomentarci seriamente. Ora che Le scrivo siamo,ringraziando Dio, tutti sani e a me non par vero. Sono lieta ch’Ella si trovi bene in Venezia e che la cara Silvia e anche i bambini godanosalute, par che l’inverno sia mite da per tutto quest’anno, qui poi Le assicuro è una perfetta primavera. In questi giorni è qui con noi loZanella[86] venuto a Napoli per trattenersi un mese; si gira per musei con lui, si fanno lunghe passeggiate e conversazioni dilettose senzaapparato ma cento volte più utili di cento lezioni regolari, io cerco profittare il più che posso della sua bontà e della sua dottrina eimmagazzinare per quando non avrò più quella guida preziosa. Cercherò di scrivere la poesietta ch’Ella mi chiede per la buona Silvia, matemo che, come sempre, mi risponderà che non ha il tempo di musicare i miei versi. Lei veramente me lo dice sempre in un modo moltoamabile ma tanto me lo dice, ed io non vorrei parerle indiscreta insistendo.La vecchia Plattis con Maria è a Roma in festa e dovrebbe a giorni venire a Napoli, non sapevo di questa risurrezione economica dei Plattis ene sono davvero lieta; povera Maria, ha proprio bisogno di un po’ di pace![87]

Le scrivo dei martelliani che non parlano di morte né d’amore[88] ed aspetto ch’Ella me ne dia il suo parere. Intanto permette che le mandi unlungo lungo bacio in pensiero? Vittoria sua Pioggia d’autunno[89]Questa mane è piovuto; m’entra nell’ampia stanzaDalle aperte finestre, quella cara fragranzaDi pioggia che ridesta cento sogni scordati.Abbazie scure scure, monaci incappucciati,Vecchie selve, dimora solitaria di maghiDalla bacchetta d’oro, grotte profonde e laghiTetri, dal fondo verde d’alighe lunghe e di folte

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Torte chiome ribelli di naiadi, sepolteSotto quell’acque. A quando a quando, il sol percoteLa parete di centro e muta tinte e noteA quel mobile mondo di fantasmi. E’ fuggitaOgni strana sembianza; ecco il sole, la vita,La giovinezza, il vero! Che riti seduttoriChe inviti in quel raggio d’autunno! “Fuori”(sembra dir) “l’aria è fresca, i prati sono ancoraVerdi, e madonna Cerere d’auree messi coloraI campi; oggi risplendo a festa, ma non giuroD’esser l’ugual domani; lo sapete è sicuroSolo l’istante, l’ora fugge e i maligni fatiV’invidiano le gesta. Dunque fuori, sui pratiAlle colline, avanti, che l’inverno è alle porteEd avrò un bel risplendere se le foglie sian morteE la neve distesa sulle zolle deserteDi vita!” Intanto splende, dalle finestre aperteM’entra un’ondata bianca e m’invade la stanzaE spia per ogni dove come un bimbo in vacanza.Fruga tra i libri, scherza sul minuto lavoroDei stipi, ad ogni oggetto dà una pagliuzza d’oroE ride! Io vorrei correre ai colli alti, al divinoAer libero e fresco, ma… sopra il tavolinoUn nero volumone mi guarda, fa il cipiglio,M’ammonisce, borbotta. Come è ingrato il consiglioChe mi dà quel maestro, inflessibile e grave!Il cielo è così bello, l’aria così soave!Forse è l’ultimo giorno di festa… Oh che mi serbiTu libro tenebroso? Forse dei veri acerbiE null’altro… No, meglio l’istante spensierato,Il sogno, anche se breve, il fantasma, evocatoDa un raggio bianco e un ramo di gocciole coperto.…………………………………………………………Corriamo ai prati, ai colli, all’aperto, all’aperto. III. Ep. in corso XII. 3. 3049Napoli, 1 Giugno 1882 Carissima Contessa. E’ davvero un’eternità che non Le scrivo, pure se sapesse quanto ho pensato a Lei e parlato di Lei! In questi due mesi gli ospiti e le visite sisuccedettero con cara continuità e fra le persone venute a veder noi o meglio questa Napoli incantevole molti amici comuni come gli sposiGiuliani-Lugo[90], lo Stoppani[91], il Maffei[92], il Righi[93] e altri, ai quali può pensare se non trovai maniera di esprimere tutto il granbene che Le voglio. E a scriverle m’accinsi cento volte, ma poi pensavo: “E se l’annoiassi colle mie tiritere, co’ miei versi? So che mi vuolbene ma pure quando l’animo è stretto da pensieri e ricordi dolorosi, ogni altro racconto, ogni altra parola, molesta. Ora finalmente, la smaniadi sapere di Lei, della salute Sua, del Suo umore, della vita che fa, mi ha riposto un’altra volta la penna in mano, e non c’è caso, bisogneràche mi legga… e che mi risponda anche, e presto; ha capito Mammina[94]? Mi chiede se torneremo nel Veneto questo anno e sono costretta arisponderle: “no”. Un’infinità di circostanze ce ne hanno tolta la possibilità e prima di tutte la malattia avuta dal Malcolm[95] che gli lasciòuno strascico di molestie e di doglie per cui non poté occuparsi di far allestire per la nostra venuta quella tal villa sul Trevisano[96] dove sipensava passare i mesi dell’estate. Mi chiede anche con gentile affetto dei miei studi, e con dolore debbo dirle che mi trovo in un periodo diperfetta inerzia; leggo leggo, “mi balocco coi libri”, come dice il De Amicis, ma in quanto a fare qualcosa che valga, niente niente e niente.Guardi, l’altrieri ho scritto un sonetto, e glielo copio qui, tanto perché veda che procuro di stare in esercizio anche quando sono a corto diidee; ma il fatto è che davvero da un certo tempo mi sento il cervello vuotino tanto e il cuore idem. Ora basta parlarle di me; mi dica invece,La prego, della cara Silvia che mi ha completamente scordata, de’ suoi bimbi, della sua musica; Ella cara buona Contessa continui a volermibene e mi risponda presto presto. Vittoria sua La mamma Le manda saluti e baci. Paesaggio romano[97]

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Maligne vampe per la pianuraSterposa l’erbe arrossano; lontanoD’un acquedotto la ruina oscuraPar la grande ombra d’un curvo titano. La cicala il sopor meridianoSola rompe in sua stridula misura;Muggito non s’ascolta o canto umanoIn quell’immenso tedio di natura. Fugge il ramarro e va tra sasso e sassoMentre nell’alto il gracidar si spandeD’un corvo in vetta alla cadente mole; Più lunge ecco venir con torvo passoUn bufalo solingo e far più grandeQuel gran deserto cui sovrasta il sole. IV. Ep. in corso, XII. 3. 3[S.l., anteriore 6 Settembre 1882] [98] Desiderio inconsulto E non saperlo dir ciò che nell’intimoDi quest’anima mia, s’agita e fremeSenza mai posa! e non poterlo esprimereQuesto ch’è vita ed è tormento insieme! Non è amor, non è amore! Oh questo giovaneCor, l’ha creduto, e vaneggiò di morte;Ora ben sa, che dell’amor, quest’impetoÈ più fiero, più nobile, più forte. Spesso la sera quando cessa il fervidoMoto dell’opre, e di lontano un cantoVaga per la campagna, e appar la lucciola,L’ignota forza m’ha strappato il pianto Dinanzi al mar che furioso ai turbiniCommetteva battaglia, e l’alte antenneGiungea mugghiante, quell’arcano palpitoEbbra, immota, per lunghe ore mi tenne. E quando in cielo s’accendeva il fulmineFra le negre montagne, e lunge il tuonoParlava con solenne ira alle nuvole,Mi volle assorta ad ascoltare il suono, E avrei voluto come il turbo, un liberoVolo drizzar da quest’angusto sito,Per un istante le grandi ali stendereSul picciol mondo, e stringer l’infinito; Avrei voluto quale nibbio spingermiLassù lassù, tra quelle forze in guerraCercar, strappare il gran mistero, e chiuderloNei forti artigli per addurlo in terra. Non è amor, non è amore. Oh questo giovaneCor l’ha creduto e vaneggiò di morte,Ora ben sa che dell’amor, quest’impetoÈ più fiero, più libero, più forte. [99] Vittoria AganoorV. Ep. in corso, XII. 3. 3050Basalghelle, 10 Febbraio 1888[100] Cara cara cara,sono confusa dalla tua[101] immensa generosità, sono poi tanto e tanto contenta di possedere questo prezioso autografo che non trovo leparole per esprimerti la mia gratitudine e la mia gioia. Ma tu devi compiere la gentile e splendida opera scrivendomi due righette firmate da tein cui dirai: “Ti do questa lettera del Canova[102] ch’io ebbi etc. etc.” e là dirai come la avesti. Tu intendi bene che tutto questo servirà ad

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autenticare con un documento (diciamo così) umano, dico firmato col tuo nome, l’autografo del divino Canova. In quanto a me puoi crederese non mi metterò subito subitisssimo all’opera per tentare di far cosa non assolutamente indegna della tua Grande bontà. Intanto miacarissima ti mando due sonetti che qualcuno mi fa credere non siano il diavolo; desidero molto che tu me ne dica il parere tuo e della Silviacarissima. Non oso chiedere quello del conte Pasolini che so occupatissimo in istudi e affari importanti. Ad ogni modo ti sarò gratissima semai potrai farglieli leggere e dirmene la sua impressione insieme alla vostra alla quale tengo tantissimo[103]. Scrivimi anche presto ti pregoqualcosa di rassicurante sulla tua salute. Perché metterti in viaggio se non ti senti bene? perché non attendere? abbiti cura, te ne prego propriocon fervore; pensa che se non badi alla tua salute non potrai poi seguire il viaggio e la tua Silvia soffrirà più di te vedendoti soffrire! Dunquesii buona, abbiti cura e continua a voler bene alla tua tuissima Vittoria La Mamma sta bene e ti manda tanti bacioni insieme ai saluti di tutti, affettuosissimi. Fantasmi di grandi[104] INon dai gelidi marmi in cimiteroChiusi al lume dell’albe e dei tramonti,Ma nell’aperta maestà dei montiMa dall’oceano all’urlo battagliero, Ecco gli spettri, dalle ardite frontiCinte di sol, balenano al pensiero,Ecco gli eroi, gli apostoli del veroGli assetati di liberi orizzonti. O di nobili spiriti alto drappelloO legione di santi e cavalieriCome a pensarvi l’anima s’accende,Come il cor trema di superbo amore! Passano: a Omero, Achille in armi, splende;All’Alighier sorride Rafaello;Michelangiol sorride all’AlighieriHeine saluta il corso imperatore. IIPassano i grandi in una luce accolti,Passa dei forti la vincente schiera,E smisurata su quei mille voltiSpiegasi al vento un’unica bandiera.Turbina La gran parola che beffar gli stoltiSul labaro divin rifulge altera;Santo Ideal! chi la tua voce ascoltiPiù superba dolcezza indarno spera. Passano i grandi, e l’un dell’altro accanto,Chè del tempo nel mar, di mille fiumiS’adegua il vario flutto e il bollor misto. color Così stretti ad un solo ordine santoPassan flamini e re, gregarii e numi.E sovra tutti sfolgorante, Cristo. Vittoria AganoorVI. Ep. in corso, XII. 3. 3051Basalghelle, 29 Aprile 1888 Cara eccellente creatura!La tua lettera alla Mamma[105] (come del resto tutte le tue lettere) mi ha commossa. Come sei affettuosa, come pensi sempre a ciò chepotrebbe giovare o piacere a quelli che ami, quanto sei buona e quante cose intendi e indovini, con l’acutezza non solo della tua intelligenzasingolare, ma anche con la divinazione del cuore! Ti voglio tanto bene, e te ne voglio (se è possibile) sempre di più. Senti: in quanto ai versi,te li scrivo qui dietro, ma non ne sono molto contenta; non sono in un buon periodo né per creazione né per ripulimento; tu fanne quello checredi. Volevo rendere una impressione dell’effetto che fa in generale la musica; intitolai Note[106] per ciò questi versi. Il metro non è cattivo enon difficile ad esser musicato, ma non so se alla Silvia piaceranno. Scrivo anche a lei due righe e glieli mando in ogni modo; vedrà il buonvolere se non altro. Va bene? Addio cara e grazie di tutto e sopra tutto al bene che ci vuoi.Un bacione lungo e tenerissimo dalla tua Vittoria

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[Note][107] Nell’aria salgonoVoci e fantasmiDi rimembranzeCome sul vesperoOmbre di nuvoleDalle mutevoliStrane sembianze. Detti che giunseroVani all’orecchioGià disattentoOr dolci echeggianoD’un tratto e l’animaNe intende l’intimoSenso e l’accento. Tornano ingenuiSorrisi e teneriVolti scordati.Un’onda tremulaSotto la candidaLuna, una liberaFesta di prati. Torna d’un ultimoSguardo, d’un vivoSguardo d’addioTutta la perfidaDolcezza; … o palpitiO angoscie, o lagrimeDate all’obblio! Di fuor sen volanoLe note, spandonsiNell’ombra foltaNarrando storieDolci e terribili…Muta ed immobileLa notte ascolta. Vittoria AganoorVII. Ep. in corso, XII. 3. 3052Basalghelle, 19 Maggio 1888 Marina mia…! Ora lo saprai anche tu[108], e puoi figurarti il nostro dolore; tu lo sai, lo Zanella fu per noi più che amico e maestro carissimo,non so dire, ma mito al suo ricordo vanno le mie più fervide e care e giovanili speranze, le mie gioie prime degli studi, l’orgoglio dei primitrionfi, così limitati e così immensi per quell’età cara; tutta la bontà, il suo affetto, che mi circondava, che ci circondava d’una custodia sicura,non so dire, qualcosa di alto e forte, qualche cosa di buono che mi affidava e mi proteggeva, che mi dava un po’ di fede nel mio ingegno,molta fede nell’affetto suo. Tutto finito, tutto finito; ora non vi ha più niente di lui, niente niente niente. Senti, scusami questo sfogo, manon posso, proprio non posso ordinare le idee, regolare il periodo. Non so ancora bene se sia vero, sono come sbalordita e non so ancora farmiuna precisa ragione di questa scomparsa d’un essere così singolare, così buono, così caro, così vivo in tutta la mia vita, in tutto il mio cuore,in tutto il mio passato, da bambina in poi, fino a ieri, fino ad ora, fino a poco tempo fa.Scusami; io ti dovrei ringraziare tanto e tanto dei tuoi doni carissimi, ma tu intendi il mio smarrimento di quest’ora. Ti scriverò meglioancora quando sarò più quieta intanto ti bacio e ti ringrazio e ti voglio bene tanto bene; sempre più bene e ti prego a volermene a tua voltasempre.Stringiamoci stringiamoci, per carità, soccorriamoci consoliamoci, finché dura questa notte di spasimo che è la vita, poi ci ritroveremo tutti aldi là, tutti insieme e sereni e quieti per sempre. Tua Vittoria Mi ripeto le tue parole: “Cantami l’amore e la vita.” Sì sì ecco la vita, ecco l’amore.VIII. Ep. in corso, XII. 3. 3053Basalghelle, 20 Giugno 1888 Cara amica buona! Quanto quanto ti sono grata dell’affetto, dell’interesse che mi dimostri e quanto bene ti voglio! Tu sai dire quello checonsola e rinfranca, sempre, ma mia buona e vera amica io temo molto che il bene che m’auguri io non potrò raggiungerlo mai.Il dolore a lungo andare inasprisce, io mi sento divenire ogni dì più insofferente, più inquieta, più scontenta, più inutile. Spero molto ditrovare qualche svago a Venezia, cercherò di divertirmi, di trovare molto piacere alla vita, di stordirmi e di esser gaia. Veramente ti confessoche in qualche momento io vedo un gran buio intorno a me, un gran squallore e mi abbandono a molto lugubri considerazioni cercandovi unsupremo conforto. Non è solo, ti confesso, la morte dello Zanella che m’abbia immersa in questo stato d’animo, forse non lo ha chedeterminato o accresciuto.

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Tutto è forse, e tutto sta, nel mio carattere, che per poco mi dà illusioni e speranze, anche per quell’infinito bisogno che ne avrei, e per pocoanche ricade nella conoscenza dell’inutilità d’ogni sogno, nell’impossibilità di raggiungere un po’ di bene. Ma vedrai! a Venezia farò ilpossibile per svagarmi e divertirmi e chi sa che un po’ ubbriaca di leggierezze mondane io non torni poi in questa solitudine claustrale, ormaiacquetata e rassegnata per sempre.Addio cara e buona creatura affettuosa; ti bacia con tenerezza viva e schietta la tuaVittoriaIX. Ep. in corso, XII. 3. 3184La Punta [Longarone (Belluno)], 17 Agosto [1888] (Villa Malcolm)[109] Cara cara! La tua lettera da Venezia fu mandata a Basalghelle e da Basalghelle a Longarone, qui, dove siamo giunte ieri tornando daPaneveggio. Sicuro Marinetta mia! ci siamo già state a Paneveggio e con grande benessere della Mamma che da quell’aria ebbe grandissimogiovamento alla salute, il posto è magnifico davvero, ma quell’alberguccio mi era (a confessartelo schiettamente) supremamente antipatico;però ho visto con molto piacere giungere il giorno della partenza. La posta veniva lassù così in ritardo e mi sentivo così divisa dal mondo!Ora siamo qui ove resteremo fino a lunedì per non passare subito dal freddo ai bollori della pianura. Quanto quanto piacere mi ha fatto iltrovar qui la tua cara lettera affettuosa! quanto piacere Marina mia. Sì sì io sono un poco anche tua davvero; non fosse che per il gran bene chetu vuoi alla Mamma mia; aggiungi a questo il grandissimo[110] bene che io voglio a te e quello che tu mi vuoi. Vedi bene che posso davverodirmi un poco la tua figlietta. La Mamma mi incarica di mandarti per lei tanti bacioni; dice che non t’ha scritto non sapendo bene dovedirigere le lettere e poco fidandosi della posta di Paneveggio; ma che ora ti scriverà subito. Sono tanto contenta che tu sia stata a Bologna eabbi visto l’asinello del nostro comune amico e ti sia piaciuto. Appena a Basalghelle ti manderò una copia del sonetto che tu non hai potutoleggere; qui non l’ho e non lo rammento bene.Io spedisco questa lettera a Bassano come tu mi dici e spero te la mandino subito a Vitriolo. Questo, ad ogni modo, puoi credere, che non hoposto tempo in mezzo a risponderti; e che dell’indugio non ho nessuna colpa. Ti voglio tanto tanto bene, un bene forte e riconoscentedavvero, e ti prego di continuare a volermene anche tu sempre. Saluta per me Silvia e porgile i saluti della Mamma e sorelle e ricordaci tutteal conte Pasolini[111] se è con voi. A te la Mamma manda tante carezze e tutte tutte saluti e parolette tenerissime. Io ti butto le braccia alcollo e ti do tanti tanti tanti baci. La tua Vittoria X. Ep. in corso, XII. 1. 3037[112]Basalghelle, 2 Ottobre 1888 Carissima AmicaIn questi giorni ho voluto scriverti cento volte, ma prima non ne ebbi il coraggio. La morte di quell’ottimo e dotto amico tuo deve certamenteaver messo molta altra ombra nella tua vita, povera e cara creatura, e io non trovavo le parole che avrei voluto per consolarti e farti un po’ dibene. L’autunno è qui, e tanta melanconia cade su tutti in questa stagione, e qualcosa di così grave pesa sull’anima di tutti, che le paroleserene, i lieti conforti non si trovano più, almeno finché dal nero coperchio di nuvole non scappi fuori qualche raggio di sole, qualche sorrisodi cielo e di speranza.Dove sei ora? Io ti mando questa mia lettera a Bassano, e spero che ad ogni modo te la faranno avere. Se può farti bene il pensiero che ti sivuole contenta, che per te si ha dell’affezione fortissima e schietta e caldissima, io vorrei ripetertelo cento volte e sai che non ti direi chepallidamente la verità.Addio carissima e scrivimi e dimmi che ci vuoi bene e che sei forte. Tutti ti mandano saluti e baci, io ti stringo forte e bacio tanto tanto. La tua VittoriaMarina mia…? ad ogni caro nostro che se ne va, pure coll’annichilore nel cuore e le lagrime calde negli occhi, contiamoci noi pochi superstitiche ci amiamo e restringendo le file cementiamo l’affetto che ci legava ai nostri poveri morti!… è la sola consolazione che ci resta! …Io non tiho scritto prima per forza maggiore, un reuma al collo e alla spalla nonmi concedeva movimenti della mano destra. Ora sto meglio … e accarezzo sempre il caro progetto di farti una visita… ma ho qui gente dadue settimane; ho qui Pastorello che riparte a giorni, ho avuto dei Napoletani, ho avuto la Sig. Ballatore col marito colonnello del I°Bersaglieri, il Tenente colonnello Falta, la Flornel… Selmi lo si attende e in 2 settimane Malcolm fu qui fino a ieri e ritornerà sabato…Temetti che le ragazze avrebbero avuto obbligo vero di fare una urla a Mogliano per salutare la Marcello che è partita ieri per il suo mese diservizio presso la Regina, e non fu loro possibile assentarsi pure per ore. Ma spero però riescire nel mio intento di venire a Bassano, almenoverso la metà del mese ad ogni modo te ne scriverò… Intanto Marina cerca d’essere serena… capisco bene e lo sento pur io l’intenso cruccioche mette nell’anima la perdita di un antico amico, a cui è legata tanta parte della vita nostra… Ma pensiamo che noi pure seguiamo dapressoquei pellegrini nostri che hanno toccata la meta prima di noi… è dall’alto che dobbiamo, potendo, guardare il consiglio di chi finisce e di chicomincia… addio Marina mia, goditi il bene dell’essere colla tua figliuola coi nipoti nei mali rivivi… vedrai che potrai gustare un bene chet’invidio tanto! Saluta Silvia! A te un bacione caldo dell’affetto Giuseppina tuaXI. Ep. in corso, XII. 3. 3054Basalghelle, 10 Ottobre 1888 Carissima creatura buona.Ho letto alla Mamma la tua affettuosissima lettera ed essa e tutte noi ti ringraziamo caldamente per le tue offerte care e generosissime. Per oranon ci è possibile di moverci perché aspettiamo in settimana qualcuno, ma credi che almeno una o due di noi verremo certo a Ca’Rezzonico[113] un dì o l’altro e con quanta gioia puoi figurarti.Anche il tempo ora è pessimo, la campagna si fa triste e se un po’ di sole non viene, guai all’umore! Ora siamo soli e naturalmente quandopartono ospiti simpatici la casa sembra un po’ triste e un po’ sola, ma il pensiero che potrò passare con te qualche giorno mi sorride assai emi vi rifugio come in un bel sogno sereno.Quanto sarò felice anche di rivedere la cara Silvia, felice nella felicità dei suoi figliuoli, nella coscienza del proprio ingegno e della sua forza divolere!Io mi sento riprendere dall’amore allo studio ma senza molta fede in me; però se posso ancora trovar modo di ingolfarmi un po’ nei libri e neiquaderni, anche a fondo perduto, ne ringrazierò Dio…

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Torno appena da una passeggiata solitaria ma assai igienica; vedendo sprizzare fuor dalle nuvole un bel raggio di sole smisi di scriverti e mene andai a continuare la mia conversazione con te all’aria aperta. M’ero portato un libro ma lessi poco a dir vero e ora, riseduta innanzi allascrivania, mi par davvero di continuare con te le chiacchierette fatte per via. L’ospite illustre di cui mi parli dev’essere quell’amico delleAlexander[114], vero? poeta e critico se non m’inganno. E’ perché è infelice? contami un po’ la sua storia. Del resto, cara te, genio o nongenio, io credo davvero che una volta varcato il bel praticello fiorito e fragrante dell’infanzia spensierata, tutti ad ogni modo, precipitiamo inuna bassa maremmetta di cure, di affanni, di ansie, di dubbi, quando non sia di dolori e d’angoscie. Che cosa vuoi farci? l’occupazione sai, èl’unico porto, è l’unica consolazione, ma non sempre l’occuparsi è possibile; quando si può strappare il proprio pensiero dalla croce a cuitalora s’avvinghia con voluttà di spasimo, e riportarlo sovra oggetti più riposanti, vuol dire che non vi è poi in quell’allacciamento moltatenacità, vuol dire che il nostro volere e la nostra ragione non sono ancora annichiliti dal dolore. E’ appunto questo che dobbiamo far sempre;non lasciarci mai annientare le forze più logiche del nostro io; il tempo ci aiuta in parte, ma il primo impulso deve venire da noi. Va bene?Vedi che piccola savietta son divenuta? Eh già a voler vivere meno male è pur necessario diventare un po’ filosofi che diamine! Così miacarissima, io, appena finito di scriverti, mi porrò a confezionare col pensiero un qualche cosa prosa o versi, che, se mi riesce bene, farò poileggere anche a te. Solo non ho molta fede nella mia fantasia e non giungo che molto difficilmente a far comparire qualche visione nellacameretta oscura del mio cervello, quando… la visione non viene di per se. Occuparmi voglio; questo è l’importante, e venga poi fuori unfiore o un mostro poco importa se la confezione di quel fiore o di quel mostro m’ha impedito di filar nebbia o tesser nuvole. Addio cara carabacia ti prego per me la Silvia ricordami al Conte Pasolini e tu lasciati stringere forte forte e baciare dalla tua VittoriaXII. Ep. in corso, XII. 3. 3055Basalghelle, 25 Dicembre 1888 Marina mia, mi piace di chiamarti così e son certa che a te non dispiace.Quanto mi fa bene il pensiero che tu pensi spesso a me e mi compatisci e mi auguri qualche gioia nell’avvenire! Io non spero più; scendorapidamente una china che non ha ritorni, la giovanezza mi sta ormai alle spalle e davanti a me non vedo che le amare scure ombre dei ricordie dei rimpianti.[115] Pazienza; io godo intanto di sapere che qualcuno è felice e godo tanto più pensando che forse io non sono estranea a certegioconde ore altrui.Il mio grande desiderio è ora di trovare qualche svago nell’occupazione e intanto un’inerzia una svogliatura d’ogni cosa mi ha presa chedavvero non so vincere. Io spero che tu verrai a tenerci a Venezia un po’ di misericordiosa compagnia; se sapessi come sono efficaci le paroledegli amici come te, i conforti dei cuori come il tuo!Virginia va benino;[116] ma guai, io penso, se non continuerà ad aversi immensi riguardi! Anche la Mamma sta abbastanza bene e tutte lealtre sorelle pure e il Papà ti mandano saluti e auguri di bene con fervore ed affetto.La Mamma ti manda un particolare bacione e io te ne do tanti tanti tanti. Vittoria tuaXIII. Ep. in corso, XII. 3. 3056Venezia, 2 Febbraio 1889 Cara creatura buona. Perdonami se non ti parlai dei cavalli[117] che tu vorresti veder galoppare baldamente alle felici terre della gloria… ma tiassicuro non ho ancora la testa ai versi; mi provai, ma sì! Ben altri pensieri e ben altre cure mi galoppano in mente amica mia adorabile, e saibene che la Musa vuole sereno animo e pacato. Ho riveduta la tua Loredana; fui da lei ed essa venne poi qui con la sorella sua; la cognataMarianna fa di tutte e due elogi veramente entusiastici; si vede e s’intuisce la bontà di quelle anime quasi subito[118].L’Amleto[119] mi è piaciuto ma ti confesso che non ne sono entusiasta; mi pare pieno di musica già sentita; e bene rimacinata ma io sonodopo tutto una grande profana in questo genere e potrei ben dire degli enormi spropositi. Sono tanto contenta che tu abbi trovato i librettid’opera che cercavi; come in tutto riveli il culto delle memorie mia cara creatura, e come in tutto quello che operi è un pensiero alto eaffettuoso. Baciami ti prego la Silvia e ricordami al Conte Pasolini; tu abbiti tante tante tenere carezze che ti dicano tutto il gran bene che tivoglio e la viva, calda riconoscenza per l’interesse efficace e caro che mi dimostri, e che, ad ogni modo e per sé stesso, mi fa tanto tanto tantobene.Sii sempre serena e la coscienza della tua bontà ti compensi della pena che ti dai per il benessere altrui. Tutti ti mandano saluti affettuosissimiio ti bacio ancora e ancora. Vittoria tuaXIV. Ep. in corso, XII. 3. 3057Venezia, 8 Febbraio 1889 Cara Amica buona. Tu sei una delle pochissime creature che sentono veramente e fortemente pena della pena altrui e piacere dell’altrui bene;vorresti vedere tutti contenti o almeno sereni e quelli che tu ami più che tutti; ma sulle qualità di quelli che tu ami ti fai spesso straneillusioni e non vedi il vero qual’è. I tuoi consigli savissimi io cercherò di seguire, ma credimi amica buona “oriente non v’ha per la miastella”. Basta; ad ogni modo non mi credere visionaria… né ostinata nei miei pensieri; ti proverò che all’occasione saprò essere docile, sopratutto con te.Le Paolucci furono da noi mercoledì ma non eravamo in casa e così subito io fui ieri da loro. Trovai la Marchesa gentilissima e puoi figurartiche il tema dei nostri discorsi fosti unicamente tu; la figliuola era fuori ma la madre mi assicurò che verranno prestissimo a vederci tutt’e due.Dalla tua Loredana andremo, non dubitare e ti dirò la mia seconda impressione, benché la prima fu già buonissima. Cara Marina! Cara cara! tu dunque anche sogni di me? ed io che talora (guarda che ingratitudine e che brutti pensieri!) mi sento così sola nel mondo come se nessunonessuno nessuno mi volesse più un’ombra di bene, come se fossi diventata indifferente anche ai miei e una grande nuvola d’obblio, un grangelo mi serrasse d’ogni parte e mi separasse per sempre da tutti! Brutti vaneggiamenti che passano, si sa. No, ti giuro, in me l’energia ed ilcoraggio non mancano, ma talora mi pare anche inutile l’energia inutile il coraggio contro certe beffarde malignità del destino. Però tu hairagione ad ogni modo; finché siamo vivi combattiamo; teniamo fronte alla sorte, e Dio ci aiuti. Tutte in casa stanno discretamente bene e timandano saluti e bacioni, io ti dico tante tante cose col cuore e ti voglio molto bene; tu compatiscimi sempre e tienimi per la tua figlietta Vittoria La morte di quello zio di Pasolini di cui mi parli, quale influenza vuoi che abbia “riguardo alla suocera”? e tu per ora non andrai più a Faenza?

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Vedi, voglio sapere tutto tutto di te, mammina mia.XV. Ep. in corso, XII. 3. 3058Venezia, 20 Febbraio 1889 Cara Marina buona.Il tuo dono regale, gentile quanto splendido, artistico quanto affettuoso, stupendamente ideato e stupendamente eseguito, suscitò esclamazionientusiastiche d’ammirazione e riconoscenza da tutti; puoi figurarti la festa di Virginia! Ne rimase da prima proprio confusa e non esagerodavvero, poi fu un inno alla tua bontà, al tuo affetto, al tuo gusto, alla singolare gentilezza della tua anima. Ora quel magnifico oggetto destail plauso d’ognuno e il tuo nome corre mille volte dalle nostre labbra agli orecchi altrui accompagnato da molte care e schiette parole diaffezione profonda. Come e quanto ti ringrazio anch’io d’aver dato a questa nostracara un piacere così delicato una compiacenza così intensa con questa nuova prova di premurosa tenerezza! Grazie con tutta l’anima amicaeccellente e amatissima!Ora rispondo una per una alle tue domande.Sì, la Sarah[120] mi è parsa un’artista veramente forte e vera; l’avevo già sentita a Napoli alcuni anni fa, ma mi parve anche migliorata ora. Tuhai ragione riguardo alla tendenza, che prevale oggi, nel scegliere spettacoli piuttosto tetri, ma mi pare abbi torto quando dici che “dovrebberoinsegnarci a domare il dolore con la fiera energia dell’anima nostra, la pertinacia nei propositi e la seria antiveggenza dell’avvenire”. L’energianostra si rompe mille volte alla debolezza altrui, alla caparbietà delle circostanze, alla tirannia delle nostre speciali condizioni o di famiglia, odi abitudini, o delle diverse indoli che ci circondano e formano il piccolo mondo in cui ci moviamo, in cui viviamo più o meno vegetalmenteda mane a sera e da sera a mane. La nostra pertinacia nei propositi non vale, se non è assistita, spronata, sostenuta gagliardamente da altrevolontà, da altri propositi, dall’assiduo pensiero e cura del nostro avvenire di chi ci sta intorno; in quanto all’antiveggenza dell’avvenire amicamia, è d’essa appunto che talora ci prostra[121]. Oh se tu potessi capire come in qualche momento io mi vedo dinanzi l’inevitabile squalloredell’avvenire, il deserto immenso che la nostra o l’altrui imprevidenza ci ha preparato pel futuro! Amica mia buona io non vorrei parlarti dicose tristi, ma non ho niente di gaio da raccontarti, e ricado nei miei lamenti infecondi.Vediamo pochissimi amici; non abbiamo profittato né profitteremo di nessun invito a balli o serate in riguardo a Virginia che non potrebbevenire con me. Ecco Marina cara risposto a tutte le tue domande. Si vivacchia, senza scopo e senza gusto, tanto per andare innanzi, così allameglio, visto che una volta venuti al mondo pel piacere altrui, bisogna starci fino che piaccia a Dio di lasciarvici, si soffra o no, ci si annoi ono. Del resto grazie di tutto amica buona e credi all’affetto vero e intenso della tua VittoriaMille saluti a Silvia ti prego e al Conte Pasolini.XVI. Ep. in corso, XII. 3. 3059Venezia, 24 Aprile 1889 Cara Marina mia.Da ieri sto proprio meglio e il gran desiderio di scriverti mi fa ora star bene adirittura. Ho avuto febbre, reuma, male di capo fortissimo, centodiavoli e cento malanni che stanno tutti per andarsene, se Dio vuole e la primavera mi assiste. La Maria, che anch’essa fu tormentata da unaleggiera artrite, ora migliora e spero possa presto lasciare il letto anch’essa. La Mamma procede nella convalescenza e oggi ha una bella cerarosea che fa piacere. L’Angelica è partita con nostro gran dolore, ma aveva anch’essa bisogno assoluto d’un po’ di riposo e di svago e serestava si sarebbe ammalata anch’essa; così da un lato ne sono contenta per lei. Mia buona e cara Mammina speriamo dunque che il Maggio ciporti un po’ di pace, non oso dire di gioia; speriamo ci ridoni a tutte la salute e il sereno; ne abbiamo tanto e tanto bisogno! Tu mia buonamammina quanto sei affettuosa e cara e tu sapessi che bene mi fa quel vedere che ti sono spesso nel pensiero e quasi mi vegli col tuodesiderio costante del mio bene! Ecco l’Alba e la Prima Luce che mi chiedevi, forse te le mando troppo tardi, ma tu scusa la malatina se soloora risponde a quella tua carissima lettera tutta piena d’una premura gentile come una fragranza di fiori primaverili. Grazie di tutto di tutto esempre mia adorabile Mammina e credi che ti voglio un bene grande grande grande e non chiedo che l’occasione di provarti quanto i tuoiconsigli mi siano sacri. Bacioni e saluti da tutti da me un abbraccio stretto stretto stretto pieno di gratitudine. Vittoria tua Mille saluti fervidi alla Silvia cara e ricordi pieni d’amicizia al Conte Pasolini da parte di tutti. [Alba[122] Un giorno tu dagli odorati poggidi Betania l’incredula fissaviGerusalemme, e tutto intorno il vastoorizzonte splendea nei raggi obliquidel tramonto; laggiù gli alti obelischidai lampi d’oro, i portici fuggentie i delubri di porfido, un superbostuolo parean di taciti gigantiche sfidassero il cielo. I tardi onoriresi coi marmi preziosi e l’oroagli scherniti un dì bianchi profetisul tuo labbro di martire un sorrisosuscitavano amaro, e il negro drammadell’insano giudizio, e l’onte, e l’aspravia del Golgota infame, e il lungo strazio,tutto al tuo core onniveggente apparve.che sospiri d’amore a te veniano,Tiberiade, dal divino pettodel Nazareno! Che saluti ardentiall’azzurro tuo lago!… Ecco, alle rive

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s’accalcano le turbe; ecco, dall’ondagiunge agli umili, ai miseri, agli oppressila gran parola, e le convalli, e i montie tutta quanta Galilea ne suona.un inno immenso si levò dai corisenza speranza, una dolcezza novaallora entrò le solitarie casedi chi spregiato e servo a ingiusti dommiscordato avea di chiudere nel pettoun’anima, divin tempio di Dio;allor l’abietta peccatrice, a cuiogni varco negavan di salvezzail fariseo, lo scriba e il sacerdote,finalmente potè sorger dal fangoe riveder l’azzurro e aver speranzadi perdono; non più curve le testeall’insana superbia; un novo regno,nova legge verrà che spinga i grandiai piccini allacciarsi, e il mondo, in vastotempio mutato di fratelli, un’albavedrà di feste immaginate in cielo.e la legge del cor quella, il gran regnoquello sarà della giustizia… Eccelsa,divina visione! Oh, ma lontanoè Magdalo, Gesù; lunge i tranquilliboschi di Galilea, gli ameni laghiche aveano echi robusti ai forti accentidel tuo labbro ispirato; innanzi hai l’ondabruna d’Asfalte, desolata imagod’un’anima perduta e senza sensod’amore; innanzi hai la dorata tanadelle giudaiche belve, sitibondedel sangue tuo… Pur così presso alloral’alba credevi, o Cristo! A noi che tantadal tuo fulgido giorno età divide,che tu sognavi. Quanto sangue e quantecladi in tuo nome! Che crudel vicendadi fugaci vittorie e di sconfitteimmensurate! Or tu dagli alti cieli(come dai colli un dì Gerusalemme)guardi a questo ribelle ingrato mondoche, vivo, poco ti comprese, e spento,tosto risorto ti gridò, per farsiteco avaro di pianto… Un’altra schierade’ tuoi veri seguaci oggi combattecon l’arme del pensiero; oh, ma la nebbiaè folta intorno ai cori; oh, ma crudelipiù d’allora, o Gesù, sono i tuoi figli,né ancor si cessa d’inchiodar sul legnoinfame del disprezzo i pochi e fortisoldati tuoi che van gridando al mondo:- Guai a voi che ai fratelli impor sul dorsonon esitate enormi pesi, al pondode’ quali inorridite; a voi sventurache negate le preci e il tetto umilesottraete alle vedove! Insensatie ciechi; guai a voi che alzate cippie monumenti ai grandi del pensiero,e dite : “Oh noi macchiate non avremmole nostre man nel loro sangue!” e intantosempre a chi s’alza con l’idea scagliateil vituperio e l’ignominia. – E’ pressol’alba, sorgete! – van gridando ancoragli apostoli di luce, e ancora un premio

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s’hanno di beffe, e ancor seguono e vannoimpavidi alla croce e soffron tuttal’agonia del veder tanta crudeleumanità che non comprende; e vannogridando sempre e ancor: - Prossima è l’oradei conculcati e degli oppressi; ha graziachi prima si ravvede! – E il mondo, ciecoEpicureo, sorride, e sovra i drappid’oro sdraiato, incredulo risponde,sbadigliando:- Quell’alba? Oh, è lungi ancora! – Prima luce Nell’acqua scura, sono ancor riflessitenui di stelle; ancor l’ultime vocii bisbigli sommessipare udir della notte,e intanto l’alba ha rottel’ombre, e diresti che sull’erbe passinolievi brividi; i velitolgon leggieri a flessuosi steliancora umidi e chinigli aliti mattutini. dove sen va la tacita correnteoltre quell’arco? E sulla via, qual metatrae quella sparsa gentedall’assonato andare?il fiume corre al marealla battaglia degli irosi turbini,alla superbia de’ scogli tenaci,e di quei fiumi i poveri seguacinon pur la lotta invita,la lotta del lavoro e della vita? Chi sulla tela quest’albor severofermò, questo del ver rapida scenalucente di pensiero,quante volte nell’orache precede l’auroralà stette, innanzi al fiume, all’aer gelido!Tutto tacea nel gran desio del sole,venne l’Arte e gli disse parole;pungea la brezza, era lontano il maggio,e l’Arte disse: scaldati al mio raggio.] XVII. Ep. in corso, XII. 3. 3060Venezia, 27 Aprile 1889 Grazie sempre adorabile Mammina della tua premura e della tua vera affezione. Non temere; a Basalghelle non andremo che fra otto o diecigiorni, giacché la Maria comincia solo ora a riaversi dalla sua dolorosa artrite e io stessa non posso occuparmi delle mie cosucce da riporre cheun po’ per giorno non essendo del tutto rimessa in salute. La Mamma continua bene e la campagna e la buona stagione farà il resto. Miabuona Mammina tu ci vedi andare mal volentieri in quel solitario angolo campestre e col tuo desiderio affettuoso vorresti invece tante tantecose improbabilissime. Leggendo per esempio quel che mi dici di quel tuo amico io sorrido[123]. Ma non pensi amica buona quali e quantedebbono essere le giuste pretese d’un uomo come lui, ricco, intelligente, stimato, e con un carattere aureo quale tu lo descrivi? Non pensi poiquali invece e quante sono le deficenze della tua figlietta, non più giovanissima, non mai stata bella, che ha per tutto bagaglio di qualitàmorali un po’ di rettitudine e un mediocre ingegno? A questo tu non pensi, resa cieca dall’affetto e dal desiderio del mio bene, e i tuoi sognivedi tutti realizzabili, e ti illudi che altri veda alla tua maniera, e s’innamori di chi tu ami, solo perché tu ti senti trascinata ad essi per la solaforza della bontà tua, della tua anima bisognosa di far del bene e di giovare altrui.Io sorrido leggendo questa tua lettera ove traspare una speranza materna che m’intenerisce, e ti voglio sempre più bene, e pure dicendoti esapendoti una incorreggibile fantastica[124] ti proclamo la più adorabile creatura della terra.Addio e saluti e ricordi da tutti dalla Mamma in particolare; un bacione lungo dalla tua figlietta Vittoria P. S. Abbiamo ricevuto la partecipazione del matrimonio di Silvio ma della sposa non so nulla. Anch’io mi stupii vedendola figlia d’uningegnere. Bravo Silvio che seppe mettere da parte le superstizioni aristocratiche.[125]XVIII. Ep. in corso, XII. 3. 3061Venezia, 2 Maggio 1889

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“Legga l’acclusa e mi dica cosa gliene pare”.Ho letto mia dolce, buona, cara, ma incorreggibile fantastica; ho letto, e riletto, ammirando il fino senso, l’alto carattere dell’amico tuo e mistupisco che tu non abbi capito niente[126]. Ma come? non ti pare abbastanza esplicito, abbastanza reciso? ma se te lo ricanta su tutti i toni,in tutti i ritmi, con una varietà di metri e di movenze mirabile, e non si accontenta d’una frase, ma ne infila cento e una più dell’altra chiara elimpida, ed energica, e tutte dicono una cosa sola e la martellano perché non abbia a sfumare tra le righe e la inchiodano sulla carta perchét’entri bene in mente e non ti esca più, e tu non capisci e t’ostini a seguire i tuoi sogni e non intendi ragione? Se vi ha qualcosa che “mipiace” in questo scritto? ma tutto mi piace, dalla prima all’ultima parola; vi è tutta la virile franchezza dell’uomo integro che pur stimando edamando altamente chi gli dà un consiglio che non gli torna, risponde schietto e deciso: non voglio[127]. Tutto tutto mi piace di questa letteraaffettuosa e gagliarda, dove non è ombra di perplessità, dove sono dette con tanta delicata fierezza tante e tante cose tutte vere e profonde e conil confidente abbandono di chi dice tutto quanto il pensiero suo a un’amica che giudica come tu meriti d’essere giudicata; ma non vela perniente i propri propositi fermamente radicati. E tu non hai inteso? ma non basterebbe (senza citarne mille altre) quella frase: … “meglio vale ilnon tentare, e di quello che malgrado tutta la migliore volontà di seguire i suoi buoni consigli io farò nel caso attuale”. E non ti basta? madimmi Mammina mia originale; se io mi fossi “gettata innanzi al tuo sogno a testa bassa”, se t’avessi fatto tutte le dichiarazioni che tu michiedevi “sul mio onore” etc. etc. come mi sentirei ora umiliata da questa risposta dell’amico tuo!? pensa un po’! T’avessi per esempio detto:io son qua, pronta e beata, non chiedo di meglio, fa conto del mio assenso fin d’ora… E poi mi fosse capitato tra capo e collo questa docciagelata, questo rosario di no che non finisce mai? Pensa un po’ Mammina mia e figurati che razza di compiacimento sarebbe stato il mio.Basta; io vedo in tutto questo il tuo affetto che ti vela qualche volta la realtà della vita, la verità delle cose, e ti voglio sempre più bene e semi fossi oggi stata vicina, pur sgridandoti, pur dicendotene magari di tutti i colori, ti avrei dati tanti di quei baci da soffocarti. Tu resteraisempre in certe cose una bambina bizzarra, adorabile e sognatrice, assorta in un mondo di combinazioni buone e gentili e benefiche, ma createdal pensiero, ma non realizzabili ma non probabili almeno. E chi ti conosce a fondo ti vorrà sempre un gran bene, un bene speciale, un benenuovo, come una gran tenerezza indefinibile come quella che desterebbe una buona fata del bel tempo antico, con gli occhi ancora pieni divisioni romantiche, assorta in ricordi di mondi scomparsi, di gentili magie, di scene paradisiache. Addio cara cara cara ti bacio cento volte. Vittoria tua P.S. Ti rimando la lettera; queste due lettere viaggeranno insieme; è strano. Scritte da due esseri che non si videro mai, che non si vedrannoprobabilmente mai; viaggeranno insieme, ti giungeranno chiuse nella stessa busta; è strano non è vero? Addio ancora. XIX. Ep. in corso, XII. 3. 3062Basalghelle, 16 Maggio 1889 Mia buona Mammina originale.Ah non ti basta ancora? Il tuo amico per evitare il pericolo di incontrarmi e avere la gioia di fare la mia conoscenza, fugge in Australia,difilato; fugge, non per metafora ma per davvero, in capo al mondo; e non ti basta ancora? Oh se la fede d’una vita migliore, d’una forzagiusta e misericordiosa che ci veglia fosse in ciascuna povera anima vivente così forte, come la tua nel tuo sogno! Basta! ma non posso far ameno di sorridere quando leggo certi tuoi periodi strani. “Ti consiglio solo[128] di pensarvi qualche volta seriamente”.Ma Mammina mia tutta la mia buona volontà in questo caso non vale. Basterebbe per esempio un dolce sguardo d’una bella Australiana e ilmio Principe nero che ne farebbe allora dei serii pensieri d’una sconosciuta? Egli, il mio principe nero, è (tu dici) per poco laggiù; per pocovorrà dire io penso in questo caso un paio d’anni; è vero? Nessuna paura che in questo frattempo qualche Europeo venga a rapirmi da questoangolo solitario e verde dove me ne sto nascosta, tu dici; e va bene, ed è giusto; solo non hai pensato che di qua a due anni io avrò i capelliun po’ meno neri; avrò qualche grinzetta sulle guance, un po’ più di pallore su tutto il volto e insomma sarò molto meno affascinante diadesso che pur faccio scappare il mio Principe nero solo a sentir snocciolare il rosario delle mie qualità morali. Cara la mia Mammina vedibene che molte cose ti sfuggono.Ora ti dirò che la Mamma sta bene e il resto della famiglia anche non va male, meno la Maria che poveretta appena dopo 4 giorni dal nostroarrivo, s’è messa a letto di nuovo con febbre e dolori artritici. Quei benedetti reumatismi quando prendono qualcuno non lo lasciano più.Basta speriamo nel buon caldo clemente.Non lessi il discorso del Carducci ma lo leggerò; mi pare sia pubblicato dall’Antologia e abbiamo questo periodico. [129] I Cavalli di SanMarco te li manderò presto, come sono, giacché proprio li vuoi; ma non sono in vena di correzioni, così te li mando, ma non contenta delfatto mio. Li debbo copiare, così sarà per un altro giorno. Lessi sui giornali del Chilesotti[130] un costante e limpido ingegno quello, chedavvero onora la patria sua.La Mamma ti manda tanti baci e saluti tenerissimi e così tutte le sorelle; io ti butto le braccia al collo, e ti bacio, e ti ribacio con vivo e fortee sempre più forte affetto di figlietta.XX. Ep. in corso, XII. 3. 3063[131]Basalghelle, 6 Giugno 1889 Adorabile Mammina.Ti scrivo in fretta perché sono su le mosse per Cavarzere; le insistenze delle buone Salvadego[132] hanno finalmente deciso Virginia e me adandare a passarvi due o tre giorni; la cosa si è stabilita quasi subito, e ora che stavo appunto correggendo quei benedetti Cavalli che nonfiniscono di finirmi[133]. Tu scusami sempre; appena tornata da Cavarzere, ti prometto che te li manderò. Ti inchiudo in questa, la letteradell’amico tuo che “non vuol lasciarsi aiutare” com’egli stesso dichiara esplicitamente. Sei un bel tomo tu!…In quanto ai miei ritratti, tu non ne dovresti aver bisogno, tu che come le Mammine affettuose come tu sei, dovresti tenere sempre la miaimagine “scolpita in cuore”, ma insomma il tuo è sempre un desiderio gentile e che vorrei appagare; sgraziatamente fruga e rifruga nei cassettie nelle carte mie non trovai nessuna fotografia migliore di quelle che ti diedi a Venezia. Non ho che quella copiata dal pastello delloXimenes[134], che poco mi somiglia a dir vero ma tanto te la mando come riproduzione d’un’opera d’arte e nel tuo salotto farà il suo effetto.Aspetto il “lavoro del tuo giovane amico di vent’anni or sono”.Saprai che la mia salute va a gonfie vele; a furia di ferro, di passeggiate, di china etc. etc. son ridivenuta grassa e rosea e di buon umore; vabene?[135] Addio cara, cento bacioni; e appena tornerò da Cavarzere ti scriverò una lettera infinita. Ancora tanti baci dalla tua figlietta VittoriaXXI. Ep. in corso, XII. 3. 3064Basalghelle, 16 Luglio 1889

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Cara Mammina buona.Saprai che ero io un poco in collera con te giacché dopo la mia ultima lettera con la quale accompagnavo quel mio ritratto (che non sonemmeno se ti sia giunto o no) non vidi più ombra di tuo scritto, e mi chiedevo che mai tu potessi avere con la tua figlietta per trascurarlacosì. Noi si fece le pellegrine in questo tempo; fummo dalle Salvadego a Cavarzere, poi dalla Marcello[136] a Mogliano; e sempre contandodi rimanere assenti da casa due o tre giorni, fummo invece trattenute assai più lungamente dalla cortesia di quei buoni amici sicché ora soloposso dirmi rimpatriata, ma per poco giacché la nostra partenza per la Vena d’oro è fissata pel 20 del corrente mese e siamo già alle prese con ibauli. E’ dirti che non veniamo a Venezia, e questa volta non per pigrizia della Mamma; che mi ordinarono perentoriamente la cura alle doccieper la mia anemia, di cui però sto assai meglio. La Maria è a Abano per i bagni caldi, ordinati anch’essi dal Vigna, per l’artrite che mia sorellaebbe a Venezia, così che tra poco non resterà a Basalghelle che il solo Papà; la nostra assenza non sarà però lunga e tra una ventina di giornisaremo di ritorno, ma intanto tu sarai già partita da Venezia e non potremo veder te né la carissima Silvia. Che fatalità! quest’autunno peròverremo certissimo a vederti; ormai ci siamo emancipate e se la Mamma non potrà per la sua pigrizietta verremo noi. Va bene? Anche aCavarzere e a Mogliano si andò sole, la Virginia ed io, accompagnate da un cameriere, per le valigie e il resto; dunque noi che ora siamo bravebrave e davvero che alla nostra tenera età non è miracolo.[137]E tu perché non potresti fare una corsa qui questo settembre? Basalghelle è verde e fiorita ora sai! e non tetra e scura, come in quel brutto,freddo, desolato giorno d’inverno in cui venisti a visitarla. Ora Dio ringraziando, un po’ di sereno è tornato anche fra noi; la salute con esso; etroverai più buonumore e più letizia di allora. Dunque diciamoci a rivederci presto; e tutti sani e allegri. La Mamma ti manda tanti baci evuole ti dica per lei un mondo di cose tenere. Sì ti perdono il tuo lungo silenzio e ti voglio sempre lo stesso bene; Papà e sorelle voglionoesserti ricordati con vivo affetto io ti abbraccio stretta. La tua Vittoria Bacia tanto tanto Silvia per me e dille che ciascuno di noi manda a lei e all’egregio conte Pasolini un’infinità di ricordi affettuosissimi.XXII. Ep. in corso, XII. 3. 3065[138]Vena d’oro, 22 Luglio 1889 Carissima Silvia,appena la tua Mamma mi scrisse della vostra venuta a Venezia le risposi dicendole del nostro grande rammarico di non potervi vedere e goderedella vostra deliziosa compagnia dovendo arrecarci alla Vena d’oro per la cura delle doccie o bagni che mi furono ordinati dal Vigna perl’estate quando fui malata quest’inverno.[139]

Non so come la tua cara Mamma non abbia ricevuta quella mia lettera, che scrissi a posta corrente dirigendola a Bassano.[140]Ora questa tua mi fa ancora più vivo il rammarico di non poter essere costì, dove avremmo passato con te e i tuoi ore così deliziose! Sealmeno ci aveste fatto sapere un po’ prima il vostro proposito! Ma invece da un secolo la tua Mamma non mi scriveva né io sapevo ove fossee quali fossero le sue intenzioni. Almeno avremmo potuto mettere a vostra disposizione la nostra casa che rimase vuota tanto e tanto tempo eche ora solo abbiamo aperta per qualche giorno alla famiglia del nostro famoso Sindaco di Basalghelle, che desiderava far fare i bagni ai suoifigliuoli e non trovava case che gli convenissero. Insomma io sono in collera con voi; e più con la tua Mamma che m’ha tenuto all’oscuro ditutte le sue mosse, e così, ecco non potremo vederci. Mentre, chi sa, qui avrei potuto venire (sapendolo) o un po’ prima, o un po’ dopo,insomma far in modo di potere restarmene con voi almeno qualche giorno. E così niente! Se tu sapessi Silvia quanto quanto me ne duole!Basta, non c’è che fa’ dicono i napoletani; e sfido io! Io spero ormai solo e tutto nell’autunno; allora tu verrai certo a Bassano vero? e iocertamente verrò non fosse che per un giorno a Ca’ Rezzonico. Tutti ti mandano saluti e baci e io non potendo venire e a vederti in partenza timando la mia effige fatta e ridicola come Dio non vuole; è lavoro Trivigiano figurati! Addio ancora e ancora e baciami ti prego la miaMammina buona che questa volta me l’ha fatta brutta e tu voglimi sempre bene Tua Vittoria XXIII. Ep. in corso, XII. 3. 3189Basalghelle, martedì [anteriore al 30 Gennaio 1890][141] Cara mammina mia.Grazie infinite della tua squisita bontà. Leggeremo con molta attenzione e interesse il libro del Branchi[142] e giacché vuoi ti dica la verità, ticonfesso che non conosco la corrispondenza del Panizzi, e che vedrei molto volentieri l’ultima pubblicazione delle fiabe del Gozzi[143]. LaMamma ti manda tanti baci, vuol dica “tante tante tante” cose riconoscenti alla “sua Marina”, che si serba sempre quella singolare “adorabilecreatura” che ha cominciato ad amare e ammirare tanti e tanti anni fa.Il miglioramento procede lento, ma procede; solo la Primavera potrà compir l’opera nostra di cure e di previdenze giacché il freddo sai benequale forte amico sia per certi mali e più per certi malati non più giovani. Cara amica buona! davvero la vita è faticosa per tutti e intendoprofondamente le tue ansie per il piccolo ospite caro che a quest’ora sarà con la sua Mamma. Giunti a piè della china ci prende unico unbisogno estremo di riposo, non si ha più la forza né il volere di reggere altri giovani passi, altre giovani menti che come noi, un tempo,cominciano a movere tra le spine e a delirare tra le chimere. Pace pace pace; anch’io sento che non avrei più pazienza né forza bastante con ibimbi, a meno che non fossero miei, cosa impossibile e inverosimile. Addio cara cara Mammina e voglia sempre bene alla tua Vittoria La Mamma ti bacia ancora e ancora.XXIV. Ep. in corso, XII. 3. 3066[144]Basalghelle, 30 gennaio 1890 Mammina mia buona. Ti rimando i volumi del Merimée[145] che lessi con molto gusto, e il bellissimo libro del Branchi a cui devo oredeliziose; se non che volli trarre da questo interessante lavoro qualche notizia, e nel ricopiare i passi e nelle ricerche per ritrovare quel tal puntoche m’avea colpito a prima lettura, lo malmenai un poco, così che te lo rimando (il volume) un po’ sdruscito e … insomma perdonami. Nonso in qual miglior modo mostrarti la mia gratitudine per la tua gran bontà di avermi mandato con tanta sollecitudine libri così cari, cheinviandoti a mia volta (finalmente eh?) quei benedetti Cavalli di San Marco[146] che non finiscono di finirmi, come diceva il Giusti[147];ma tanto abbili, e dimmene qualchecosa e sappi prima di tutto che non ne sono contenta che in parte, ma se aspetto dell’altro, tu avrai ragione

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di credere ch’io sia una fannullona e invece credimi Mammina mia, appena ho un po’ di pace, l’unico mio porto è quel po’ di studio, senzanaturalmente altro scopo che di tenere lo spirito altino su questo fanghetto umano e basta; ma tu sai quanti dolori e inquietudini, e malannimi han tolto sempre di continuare con un po' di quiete e occuparmi di qualchecosa; e quando si è nella burrasca ti assicuro che i versi fannoschifo. Dunque vedi bene Mammina mia, appena un po’ rimessa da quest’ultima scossa che fu la malattia della Mamma, torno ai miei fedeliquaderni e cerco un po’ di svago sano, nelle visioni del passato. Oggi per esempio è giorno di festa per me, giacché vincendo la mia pigraripugnanza del ricopiare, sono giunta all’ultima parola di questi perfidi Cavalli e te li posso mandare.Spero che tu stia bene e che tutti i tuoi malannucci siano scomparsi. La Mamma continua proprio benino, e quando la vedrai credo che nesarai proprio contenta. Scrivimi presto presto cara Mammina mia e grazie ancora e ancora dei libri. Il Gozzi lo tengo ancora un poco e poi telo rimanderò non certo nello stato miserando di questo volume del Branchi che par stato davvero in mano dei Cannibali tanto è sbranato;dico naturalmente il libro. La mamma ti saluta tanto e tanto e ti bacia con tenerezza. Le sorelle e il Papà ti mandano saluti e ricordiaffettuosissimi; io ti butto le braccia al collo e resto lì per un tempo indeterminato. Vittoria tua I cavalli di San Marco[148] (*)[149] Bianca, deserta stendesila gran piazza al sopor meridiano; [sapor]va d’un cantor girovagol’ultima nota a perdersi lontano, Come i ricordi, o vecchio [ Di San Marco le cupole] San Marco, delle tue cuspidi d’oro, [ meravigliose avvolge un nimbo d’oro,]de’ tuoi santi, dei fulgidi [ma nelle nicchie fulgide]santi che par sbadiglino tra loro. [par che i santi sbadiglino tra loro.] Son tanti anni che dormonoi forti eroi distesi nella fossa,tanti anni che sparironoi cavalieri dalla toga rossa! L’eco della Meloria [Di Barbarossa il fremito,]che a San Marco portò rapido il vento, [che a San Marco portò d’Illiria il vento,]son più di sette secoliche dentro l’onda paludosa è spento,[150]e i vecchi [e invan quei] santi attendono,che un suono, cui li aveva il tempo avezziche un urlo di vittoriadi quel tedio infinito il cielo spezzi. La gloria fu; ma un torpidoSonno, o San Marco, il tuo popolo ha vinto; [sonno San Marco e il suo popolo]ma sovra gli archi fremere sentir devi i cavalli di Corinto, [s’odono ora i cavalli di Corinto;] i cavalli che al fervidosol della Grecia, nel clamor guerriero,baldi passar vedeanoi rapsodi, cantando inni d’Omero, passar d’Epiro i giovaniche Arato incontro all’oppressor traea,passar rombando i plaustrivittoriosi della Lega Achea… O immane ala dei secoli,rombar [pulsar] ti sento; e dagli umani inciampiteco sciolto, lo spiritomigra del tempo per gli aperti campi. Rammenti, [Te vedo] o Roma, o torbidaRoma quei giorni? [Roma, qual’eri.] Il perfido dimonedella follia destavasitorvo allora negli occhi di Nerone, e il forsennato Cesare,s’udia ruggir: “Ciò che non piega, infrango!”E la palmata clamideebbro vedeasi trascinar nel fango. Invan, Claudio, di porporarivestì le corrose assi del soglio!Le forti, romane aquile

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Stridon ferite a piè [appiè] del Campidoglio, e in pugno alto la fiaccolatra gli arsi templi e i portici crollanti,te vedran cupo assorgerei nepoti pigmei d’avi giganti. Io penso io penso … Or passanobianchi veli e lucenti occhi d’almee;sui vespri d’oro, assorgonospettrali [nitidi] i minareti e le moschee. Pur così allora, o vecchiaTracia, il tuo ciel non ti vedea; la manone’ templi tuoi sacrilegaposto ancor non aveva il musulmano, né sui delubri l’aureamezza luna in quei dì, ma grande e tristodi libertà segnacolola terribil s’ergea croce di Cristo. Io vedo io vedo… Incurvasiil mar tra verdi rive; ecco il giocondosorriso aprir Bisanzioa un esultante vincitor del mondo; giovanilmente sorgere [destasi]la ribelle d’un tempo or lieta e doma,e nel fiorente vincere [vince nel magnifico]suo nuovo maggio la superba Roma. E tu passi, o de’ secoliala immane, e paesi e imperii morti spazzi, a novelli popolipreparando [maturando] nel volo ampio le sorti. Ecco giungenti [Son giunte! Eccole] al Bosforo di nove glorie a conquistar [le gloriose! Di novello] l’allorosull’alte antenne svolgersi [cinte, alle antenne attorconsi]le rosse insegne dai rabeschi d’oro. Le insegne sante aprentesi [che s’aprirono]sulla terra e sul mar libero il varco, stemmate dell’aligeroleon, levate al grido di San Marco! Quante vedeste, o bronzeicorsier dagli erti scali, ampie lanciaregallute navi e rapidegalee pugnaci nell’Adriaco mare; quanta echeggiò nel tempioonda di preci, e al puro etere immensoquanti volaron canticie nubi di fragrante arabo incenso; quanti osanna scoppiaronodel Bucintoro al subito raggiare, e quante nozze strinseroin cospetto del sol Venezia e il mare; prima che voi, dal turbinedei fati, come lieve in aere penna,travolti foste ai marginiposati là della cruenta Senna? O non silenzio e tedio [Anche laggiù, non tedio]v’attendeva laggiù non sonni ignavi; [v’attendea di silenzi e sonni ignavi;]sovra possente incudinelà si battean dell’avvenir le chiavi; là posto avea, con vindicebraccio, l’arguta libertà di Francia

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il diritto dei popolie quel dei re dentr’unica bilancia, e ancor bello e terribilecingea [stringea] laggiù repubblicano saioil Corso, e piovea folgorisul Direttorio al sole di Brumaio… Della vecchia basilicaquando tornaste alle colonne, e quandode’ Dogi i figli alzaronomemori a voi le ciglia lagrimando,tradito [ucciso] in Campoformio, tacea l’alto Senato, e uno stranierovessillo ergeasi lugubrein San Marco, dipinto a giallo e nero. Ben le catene scoterevolle, ruggì, di sangue i ferri tinsesuperbamente indomitoil Leon, che [cui] più forte il giogo avvinse, e un dì, co’ gagliardi omeri,spezzato il marmo [levato il sasso] dell’avel, rizzossidinanzi al bieco [torvo] austriaco lunga una schiera di fantasmi rossi, lo stuolo dei Magnificicui cantò il mare i funerali elogi,il grande, il forte, il libero,il glorioso esercito dei dogi. Di Marghera tuonaronoquel giorno a festa i fervidi cannoni,rotti precipitaronogiù dall’aste con l’aquile i pennoni, scoppiò dai petti un unicoplauso, brillò [evviva; sfavillò] l’ardito occhio dei forti;vibrar nell’aria limpidal’esultante s’intese inno dei morti. O adorati [d’adorati] martiri vana ma benedetta opera! O d’eroi [inutile, ma santa opra! O possente]divino impeto. [d’eroi sospiro!] Italiad’orgoglio esulta ripensando a voi. [per voi più forte e più gentil si sente!] Vano vano d’un popoloalto valor! Voi li vedeste, o fiericavalli, i nostri giovanifar muraglia col petto agli stranieri, voi lo vedeste il funebremattin, ch’estenuate larve, intornoa un vessillo si strinsero,voi lo vedeste il maledetto giorno, il giorno che famelicispettri, che agonizzanti anime, in neragramaglia, ricoprironoun’altra volta la rossa bandiera, che le scarne mordendosiman, quegli eroi, dalla plebaglia foltadegli alemanni, viderola repubblica uccisa un’altra volta. O tuoni alti di giubilo,o voci di campane, o nel fulgoredel meriggio svolgentesialta nel vento insegna tricolore! Per voi per voi la torbida [l’Adriaca]pupilla si fè un attimo lucente, [donna schiuse le ciglia semispente,]

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per voi si coloraronoun istante le gote alla morente, l’Adriaca donna l’ultimo [poi sul deserto e tacito]suo riso ebbe per voi, qual per l’amante [suo verde flutto dall’algoso fondo]desiato la vergine [ricadde inerme e lacera]s’ei giunto alfin la trovi agonizzante. [quella che un giorno s’ebbe ai piedi il mondo] “Troppo tardasti!” [“Tardi giungesti!”] in lagrimesclamò il fratello baciando il fratello.“Non siete vivi?” chieseroseveramente i morti di Torcello. “Vivi ma stanchi e torpidi,lo spirito infiacchito, il corpo affranto,le vostre gagliarde animevoi non ci deste, o chiusi in camposanto!” “Per quasi un mezzo secolofisso il pensiero [lo sguardo] ad una meta eccelsa,per quasi un mezzo secoloabbiam vegliato con la man sull’elsa ed or…, compiuto il liberovoto d’Italia e ricomposte l’ire,or pace consentiteci,siamo vecchi… lasciateci morire.” Fremono i morti e fremonoi bei cavalli di Corinto, ardenti,sempre a protervi scalpitipronti e al corso i muscoli possenti. Fremono i morti e ai fremiti [al fremito]dei loro morti, indifferenti o schivi,tenacemente dormonol’orrido sogno dell’ignavia, i vivi. Vittoria Aganoor (*) Una delle molte leggende su questi cavalli dice che appartenevano all’arco di Nerone a Roma, ma Andrea Mustoscidi, Dall’Acqua, Giusti ealtri e altri s’ostinano a giudicarli opera greca di Chio o di Corinto, e può ben darsi che appunto di là li abbia tolti lo stesso Nerone. Di quelche avvenne poi van tutti d’accordo, il Cicognara, il Zanotto, il Selvatico, il Lazzari, il Fulin, il Molmenti ecc. ecc. ed è questo. Da RomaCostantino li portò a Bisanzio; i Veneziani nella conquista di Costantinopoli tolsero questi cavalli all’Iprodromo e Marino Zeno (alcuno diceil Morosini) che ivi era allora primo podestà, li inviò a Venezia nel 1205. Collocati prima nell’Arsenale, poi sulla porta fronte della chiesa diS. Marco, nel 1797 furono trasportati a Parigi ove stettero sull’arco del Carosello, finché Francesco I li restituì a Venezia nel 1815.XXV. Ep. in corso, XII. 3. 3067Basalghelle, 4 Aprile 1890 Cattiva Mammina! Quanto tempo che non mi scrivi più una righetta tenera di saluto! Forse dovevo scriverti io, ma vedendoti così avviatanella tua corrispondenza con la Mamma[151], mi parve quasi turbare i vostri dialoghetti epistolari sui tempi andati e i ricordi dellagiovanezza, mettendo la mia voce tra la vostra. Ma finalmente la levo, e per rimproverarti di non scrivermi più. Qui dopo giorni più d’estateche di primavera siamo caduti (da oggi soltanto però, e lo spero un breve capriccio dell’Aprile) in una musoneria di nuvole e in unaimpertinenza di vento fuor di stagione. La Mamma, nonostante, sta proprio benino ed è già scesa parecchie volte in giardino, e uscita anche dicasa, sotto il buon sole e la buona aria calda dei giorni scorsi. Il buon tempo tornerà e torneremo a farla passeggiare e riprendere così forza ebuon umore. Che debbo dirti di me cara Mammina mia? sono felice del miglioramento della Mamma e non cerco e non spero altro. Alla miaetà gli orizzonti si stringono; le rosee ubbie della giovanezza se ne sono ite, e nell’avvenire non vedo alcuna promessa per me; dunque vivodell’ora presente, cercando contentarmi del bene che Dio mi dà nella salute dei miei. Ecco Mammina buona lo stato presente della mia anima.Tu sempre affettuosa pensi a noi e ci auguri gioie; noi ti ricambiamo con tutta l’anima e ti riguardiamo come una parente prediletta. LaMamma ti dice tante tante cose tenerissime tutti ti salutiamo con molto affetto io ti bacio lungamente. VittoriaXXVI. Ep. in corso, XII. 3. 3068Basalghelle, 16 Novembre 1890 Mammina cara. Sono qui nella mia camera dove entra un clemente raggio di sole e ho riletto poco fa le tue parole pietose e care, clementeraggio d’affetto. Buona e intelligente creatura che hai tanto tesoro di bontà e t’interessi di chi ti è caro come fosse un parente tuo, io ti vogliobene e mi piace di ripetertelo sempre. Noi abbiamo, mia buona, una stagione mite ora, una vera piccola estate di S. Martino; sole, tepore, eniente vento. Così tutto va bene e la Mamma continua ad esser contenta d’essersi decisa a rimanere. Noi pure non desideriamo che un po’ disalute e di pace. Non vi è niente in noi da lodare e da ammirare Mammina, non facciamo che il nostro dovere e talora anche le nostre cureattente e tenaci trovano, in chi ne è fatto segno, intolleranze e ribellioni aspre e parole che feriscono profondamente, il che vuol dire che in noinon è che buon volere, ma pur troppo non riusciamo ad essere infondo che di fastidio e di peso.Mia buona amica, il mondo io credo sia infondo tutto così; degli sforzi verso il bene da un lato, dei poveri risultati, dei vani sacrifici, dellainutile fatica.

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Dall’altro, il desiderare solo e sempre ciò che ci è malsano, perché ci è conteso, e un chiamarci infelici e tiranneggiati perché amati e curati eprotetti contro il male. Il mondo è così; per cui io ti assicuro non desidero, non oso desiderare nulla; temo che la sofferenza sia unacondizione di vita … umana, dopo chi sa? dopo un po’ di gioia l’avremo certo, non è vero Mammina mia? Intanto qui abbiamo il buon sole,il buon tepore, che ci illude ancora, che ci fa credere in una dolce primavera, che ci fa scordare il freddo, triste, nebbioso inverno che ci era giàalle spalle e fu respinto vittoriosamente da questo gagliardo autunno fulgente. Scrivimi Marina cara, dimmi di te, di Pierino, di quel che faSilvia e i suoi. Scriviamoci un po’ più spesso: tu mi fai aspettare mesi e mesi le tue lettere…La Mamma, il Papà, le sorelle ti salutano con vivo affetto io ti bacio e ti stringo forte. Vittoria tua Ti mando dei versi che ho scritto il 2 Novembre era una giornata buia. 2 Novembre[152] Non pensate che immobiliDel buio nell’orroreGiacciano prigionieri i nostri morti!Liberi, allo splendoreDel sole, alle odoroseFeste dell’aria, ai spalancati cieli,Esultano risortiVivo popol di steliViva tribù di rose. Ben v’ha, chi dentro il tumuloNon anco sceso, inerteLo spirto, per le vie del mondo avanza.Ma selve o valli aperte,Albe e fioriti cliviO della notte lo stellato manto,Non han per lui speranza…O morti o morti, quantoSiete di lui più vivi!XXVII. Ep. in corso, XII. 3. 3180Basalghelle, 6 Febbraio [1891][153] Cara Mammina. Fui a Venezia per un paio di giorni, accompagnando la Virginia che desiderava udire la Cavalleria Rusticana[154]; maquella benedetta opera non si dava mai, ed io, cui premeva tornar presto qui dalla Mamma, che mi figuro sempre mancante di qualche curaquando non ci son io, (guarda che razza di superbia!) me ne tornai prima d’aver sentito nulla, lasciando Virginia in buone mani che rimase lìaltri due giorni e si divertì abbastanza. Appena tornata scrissi alla cara Silvia come tu desideravi, e spero che ormai il suo Tiberio siapienamente ristabilito. Ma ora dimmi di te. Ricordati che devi star bene e non lasciarti guadagnare da idee scure e pensare che oltre la Silviahai qui tante figliette che ti vogliono bene davvero, insieme alla loro Mamma che ti riguarda come una sorella carissima. Se tu sentissi comespesso parliamo di te e con che affetto! proprio sai noi ti calcoliamo più che una vera parente, giacché vi hanno parenti coi quali non esistenessun rapporto d’intimità e di tenerezza, mentre a te ci lega tanto cemento di ricordi, di consuetudine, di fiducia, di gratitudine, senza parlaredella stima e della simpatia e insomma del vivo affetto in una parola. Dunque ti raccomando, sta sana e di buon umore. La Mamma staproprio benino e qui poi abbiamo una temperatura così mite adesso che le consente di fare quasi quotidianamente la sua passeggiatina all’ariaaperta. La neve è già quasi scomparsa anche sui campi ed io sto spiando ogni giorno il primo germogliare delle siepi e il primo appariredell’erbetta nuova. Che triste cosa però questo ritorno della primavera sempre giovane, che ci trova più vecchi d’un anno, più rugosi, piùgrigi! Ma tanto è sempre una grande dolcezza non fosse che questo rinovellarsi di sensazioni giovanili, alle prime folate fragranti cherisuscitano i ricordi, e così vivamente del primo affacciarsi alla vita del cuore dei primi palpiti di speranza, dei primi tumulti di trionfo; una“dolcezza amara”, sì, ma sempre dolcezza.Tutti ti salutano con vero affetto, la Mamma ti bacia e io con lei. Vittoria tuaXXVIII. Ep. in corso, XII. 3. 3072[155]Basalghelle, 22 Maggio 1891 Marina cara. Perché non mi scrivi più? So che passasti a tua volta giorni tristi, ma non sento io stessa che dal dolore risorgiamo più forti, piùfidenti in qualche cosa di divino, che deve compatirci, comprenderci e darci finalmente la pace? Martedì faremo una piccola funzione religiosapel Papà; io ti prego di dire quel giorno per lui una speciale preghiera; i fiori che metteremo sulla sua tomba gli ripeteranno così i pensieri e isaluti di quei buoni amici che lo hanno amato e lo amano, lo rammentano con affetto e lo rammenteranno sempre. Addio Mammina cara; laMamma ti dice tante cose dal cuore io ti bacio con tenerezza Vittoria tuaXXIX. Ep. in corso, XII. 3. 3073[156]Basalghelle, 13 Giugno 1891 Marina cara. Vieni quando e come vuoi che per noi sarà sempre una vera e affettuosa festa; saremo felici di conoscere l’amico tuo che abbiamoimparato a stimare altamente di riflesso e di cui abbiamo letto e ammirato i lavori egregi.[157] Basterà tu ci scriva (o ci telegrafi) il giorno el’ora del tuo arrivo a Oderzo perché si possa venirti a pigliare. Non ho più tempo di aggiunger altro per farti giungere questa mia a “postacorrente” come tu desideri; addio dunque e a rivederci presto. Baci e saluti dalla Mamma e da tutti, da me un abbraccio affettuoso

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tua Vittoria XXX. Ep. in corso, XII. 3. 3074[158]Basalghelle, 1° Luglio 1891 Marina cara cara.Rivendico assolutamente la lettera “scritta per me da parecchi giorni” e che non so perché trattenesti. Che cosa dovevo scriverti io miaadorabile sognatrice? Che la tua venuta fu come una visione cara, appena intravista e sparita, che avrei dato non so che cosa per poterti svestiree vestire come quella sera e farti tremar di paura che altri sentisse i nostri discorsi; che ti voglio un gran bene e te ne vorrò sempre; ma tuttoquesto tu lo sai, e le nostre notizie le avevi avute dalla Mamma[159]; sicché attesi a scriverti per poterti dire qualcosa di preciso sulla nostrapartenza. Si parla di moversi ai sei o sette di Luglio; ma la Mamma aspetta prima un’ultima lettera del Maggiorani che le dia le ultimeindicazioni. Domani credo l’avremo.Ad ogni modo, il giorno prima della partenza puoi star sicura che ti manderò un salutino e un avviso.La Mamma sta benino nonostante questo caldo che furoreggia ormai per benino; viaggeremo però, a tappe e nelle ore vespertine, così nondovremo soffrire dell’afa diurna. Sono tanto contenta che da Silvia ti giungano buone notizie! quando le scrivi dille ti prego che si rammentiqualche volta di me. Vedrai che Pierino passerà bene gli esami, ed in ogni modo pensa che hai fatto tutto ciò che stava in te perché ciò fosse.Anche il tuo ospite traverso tutte le sue stramberie, non potrà a meno di esserti molto molto grato di tutto quello che facesti per lui; nondovrà a te anche i suoi trionfi scolastici? senza di te avrebbe potuto studiare ed essere in caso di passar ora gli esami? Vedi dunque che deviesser contenta di te ad ogni modo. La Mamma ti dice tante cose affettuosissime io ti mando un bacione tenero e forte. Vittoria tua P.S. Il tuo egregio e simpatico amico Branchi, scrisse da Monza una cortesissima lettera alla Mamma, e l’altrieri una alla Virginiaannunciandole l’invio di certi fac-simili di antiche miniature ch’egli ebbe la gentilezza di scegliere e mandarci. So che Virginia rispose subitoringraziando e credo anzi che abbia spedito a te la lettera non conoscendo il preciso indirizzo del Branchi. Addio di nuovo e ancora un bacionedalla Vittoria.XXXI. Ep. in corso, XII. 3. 3190Bagni di Nocera Umbra, [Estate 1891][160] Mammina cara. Non ho ricevuto quel bigliettino dove mi davi il tuo indirizzo Veneziano, altrimenti t’avrei scritto subito direttamente, ecredi che l’indugio non provenne che dal dover la mia lettera andarsene a Bassano prima di giungere a te, ché io ti rispondo quasi sempreappena ricevo tue lettere. La Mamma continua bene e per questo appunto prolungheremo di qualche giorno la nostra dimora qui. Ci spaventaanche il caldo che ci attende laggiù in pianura e che a vendicarsi d’averlo fuggito e d’essercene risi, infierirà tanto più terribilmente sulle nostrepovere epidermidi refrigerate da queste brezze montane impregnate di timo e di menta selvaggia. La Mamma e le sorelle ti dicono un mondodi cose affettuosissime e così alla Silvia cara; dà al tuo Pierino e a Tiberio un bacione per me, stringi la mano a Pasolini e tu lasciati fare ilsolletico come quella sera dalla tua scandalosa VittoriaXXXII. Ep. in corso, XII. 3. 3069[161]Venezia, 12 Novembre 1891 Marina mia. Grazie d’avermi scritto; e se puoi fallo ancora; vincere la stupefazione dolorosa in cui ci immerge la sventura e parlare, scrivere,sfogare insomma almeno una parte di quell’enorme cumulo di angoscie che ci sta sull’anima è doveroso e salutare. Io che da tanto poco hoprovato dolori simili, e la torturante vicenda di speranze e spasimi e ancora speranze e ancora spasimi mutati poi solo nell’ultimadisperazione, io posso intenderti meglio forse di altri e ti assicuro che mi figuro già con strana evidenza lo stato dell’animo tuo e di Silvia edel Pasolini…[162] Coraggio coraggio creature desolate! Quell’angiolo della Loredana è con voi e ne godo profondamente sapendo di quantoconforto ti sarà la parola e la compagnia d’una così gentile e affettuosa anima; ricordami a lei ti prego. Quando mi scrivi dammi anchel’indirizzo di Silvia; le scriverò; ma intanto ti raccomando tanto e tanto: coraggio! sia forte forte, sia serena; ti pare proprio che chi se ne va daquesto paese di guai sia da compiangere? e non essendolo non è logico, buono, santo, far tacere il nostro dolore pel bene di chi ci è caro, dichi rimane, di chi ha bisogno di noi? Senti, non è possibile, non è verosimile che tutto finisca qui; credimi, un giorno (e dico giorno per diregiacché allora non vi sarà tramonto) un giorno qualche immensa dolcezza proverà la nostra anima se sarà qui stata forte e generosa; è certo.Che miserabili pene ci sembreranno allora questi nostri formidabili schianti, e che vera pienezza di vita godranno allora i nostri spiriti! Questopresentimento (e in me ti assicuro è lucido e vivo) d’un futuro così diverso da questa nostra stupida vita umana, non è già un segno, unaprova, che quel futuro lo avremo? La Mamma ti bacia e Angelica e Virginia pure. Bacia Silvia per me; ricordami a Pasolini e lasciatiabbracciare stretto stretto dalla tua Vittoria Noi siamo a Venezia da lunedì: Ponte dei Greci.La tua lettera scritta l’otto, mi è giunta qui ieri 11 e capisco che a quest’ora la Silvia non è più con te. XXXIII. Ep. in corso, XII. 2. 3044[163]Venezia, 13 Febbraio 1892 Marina cara.Non tardo un momento a risponderti, come del resto ho fatto sempre, ma tu mi scrivi sempre sulle mosse per qualche nuova destinazione equindi le mie lettere facilmente vanno smarrite. Di noi non ho a dirti niente di nuovo. La Mamma sta benino e noi pure; l’Angelica è allaCava dei Tirreni da circa una ventina di giorni e ci raccomandò, è vero, di andarla a visitare nella primavera e in ogni lettera ci rinnova questaraccomandazione ma la primavera è ancora lontana, e la salute e l’umore e le circostanze etc. etc. potranno sole deciderci a un così lungoviaggio. Fin qui niente di fissato. Io spero che un po’ di calma rassegnata si faccia luogo nell’anima della nostra Silvia; è inutile già finché ciresta una ragione di vivere non dobbiamo disperdere le nostre forze concedendo troppo al dolore, ai ricordi amari, ai rimpianti che logorano.Avanti avanti! verrà sì il giorno della pace, l’ora del guadagnato riposo, verrà sì la fine! ma finché siamo sulla breccia coraggio, avanti! tanto

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bisogna pur vivere, bisogna pur scordare il nostro io per non rammentarci che di chi ha bisogno di noi, di chi sarebbe infelice della nostramancanza. Siamo lieti sinceramente che il conte Pasolini sia ormai in piena convalescenza e penso che questa gita a Parma gioverà a tutti voi.Salutami con grande affetto la Silvia, te ne prego tanto; e dille che, se non le rincresce, (perché so che in certe condizioni d’animo tuttoinasprisce) le scriverò.La Mamma e la Virginia ti dicono mille cose affettuosissime io ti bacio con la solita tenerezza. Vittoria tuaXXXIV. Ep. in corso, XII. 3. 3182Venezia, 6 Aprile [1892][164] Marina cara.Come vedi piglio un foglio grande grande per scriverti giacché mi è tanto caro di parlare con te. La Mamma voleva scriverti lei, anche perringraziarti della tua tanto cara lettera, ma è un po’ raffreddata un po’ stanca per una gita al Lido fatta l’altrieri senza i necessari riguardiinsofferente com’è d’ogni suggerimento un po’ insistente e d’ogni raccomandazione un po’ assidua. Basta, se la caverà con un po’d’infreddatura che passerà con due sudate e di questa stagione poi il sudare è facile.Anche questo caldo venuto tutto d’un tratto, e quest’aria sempre compagna a un sole bruciante non contribuiscono alla buona salute. Me lofiguro, mi par di vederlo il tuo Rezzonico, con dinanzi quelle spianate verdi chiuse da una balaustra tutta bruna di ricordi, e più in làl’orizzonte vasto, l’aspetto della primavera per tutto, e di sopra l’azzurro, e una festa di raggi sovra ogni cosa… Me lo figuro e mi figuro lacondizione del tuo spirito perché anche io ho molto sofferto con intorno molto sole e molta primavera…Via via non commoviamoci; forti si ha ad essere finché siamo nella mischia; l’attività qualunque essa sia, il lavoro ci facciano scordare, oalmeno ci permettano di troppo accarezzare, ravvivare con la fantasia, per la strana voluttà di angoscia che è talora in noi, i nostri ricordi. Sonotanto tanto contenta che quello stupendo acquarello sia giunto sano e salvo a Rezzonico; l’ho innanzi luminoso come quel giorno nello studiodel suo autore. La Mamma appena ricevette la tua lettera scrisse subito alla Elisa Marcello[165] e ne ebbe già un’affettuosa risposta. Ho scrittol’altro giorno alla Agostinelli dando anche a lei le nostre buone notizie anche a proposito degli affari e dell’Elena etc. etc. infatti se le coseseguitano così non possiamo proprio lagnarci con la Provvidenza che mai cessò di aiutarci in molte inquietudini e noie nostre. È il Papà caroche prega per noi.Quanto resterai ancora a Rezzonico? fino a Sabato mi figuro poi andrai a pigliare Pierino e lo porterai ai suoi genitori. Dò tante e tante coseper te alla Silvia; ieri abbiamo visto la Loredana e puoi figurarti quante ne abbiamo dette di te, esecrabile creatura, che noi tutti abborriamo edio in modo speciale. Bernardi Fabbro Pastro[166] ti mandano mille devoti saluti; la Mamma ti dice tante cose grate e tenere e la Virginiapure; io ti bacio e ti sgrido come sempre [sempre] sempre tu non mi ascolti. Addio [cara][167] lavora e scorda e coraggio! Vittoria tuaXXXV. Ep. in corso, XII. 3. 3070[168]Venezia, 29 Aprile 1892 Marina cara. La Mamma lesse con commozione la tua lettera; quanto sei buona, pietosa, alta, amica mia impareggiabile! come deve essertigrata quella giovanetta Baguti dell’affetto che serbi per i suoi, del memore sentimento fraterno che ti conduce spesso a Firenze e ti faconsolatrice e sorreggitrice di chi è nella pena! Puoi figurarti con quanto tenero interesse la Mamma rivedrà la figliuola d’una amica digiovanezza, d’una cara creatura che fu sempre buona e gentile con lei e che meritava ben altra sorte! Io leggo fra le righe che il tuo viaggio aParma e quindi a Piacenza non fu lieto… Coraggio sempre e nella tua coscienza piena di vera luce trova il conforto e il compenso alle tuetante fatiche e battaglie…Posso dirti con vivo piacere che Domenica scorsa ebbero luogo i lotti degli immobili, l’Elena non ebbe la campagna a cui tutte siamoaffezionate e in ispecial modo la Mamma; fu il nostro Papà che pregò per noi.L’Elena partirà presto (almeno così ci disse) per un viaggio con la sua vecchia cameriera, ma prima verrà a salutarci; disse anzi alla Mammache le scriverebbe a quando a quando. Dunque tutto bene nel migliore dei mondi. Qui il tempo è pessimo e quindi i malucci non sono ancoraspariti; Virginia è ancora un po’ raffreddata e la Mamma non s’è del tutto liberata della sua tosse; ma finirà anche questo piagnisteo del cielo ecol sole e il caldo butteremo via tutte le bue.[169] Contiamo partire pel 15 di Maggio e andare a Basalghelle; prima già spero che ti vedremoqui con la tua interessante compagna e fa che sia presto presto. La Mamma e Virginia ti dicono mille cose affettuose e la prima vuole tu diaper lei il benvenuto alla giovinetta che non conosce ma che sente già di amare. Io ti do un lungo lungo e tenero bacio Vittoria tuaXXXVI. Ep. in corso, XII. 3. 3071Venezia, 18 Maggio 1892 Marina cara.Eccoti la falsa vecchia che m’hai chiesta, voglio dire la pergamena lavorata da me, e su cui scrissi le parole che mi venivano dal cuoreconvinto e commosso pensando a te. Te le scriverò più chiaramente qui dietro perché tu non debba perder gli occhi a rintracciarle tra ighirigori della finta vecchiaia che il mio pennello ha voluto imprimere su quella lista di carta pecora. Addio Marina cara ed abbi questo miolavoruccio come un ricordo del mio affetto e del mio grande desiderio che tu possa serbarti serena davvero “ad ogni costo”[170]. La Mamma tibacia e Virginia pure io ti do un buffetto su quelle tue mani care Vittoria tua “La tua anima è tutta scura di tristezza o pellegrina del mondo, e ti volgi ad oriente e ad occaso per aver luce ed aiuto? Irrigidisciti invecenel tuo stesso volere; attingi invece nel tuo stesso volere l’aiuto! Comanda al tuo cuore di non sussultare; comanda al tuo pensiero di nontorturarti; le delusioni non ti prostrino; l’ingratitudine non ti ferisca; l’indifferenza non ti umilii! Tutto ciò è fango; miseria che passa;nebbia fuggevole; stupidi fatti umani; ma il nostro volere, energia viva della nostra anima, vegli sempre, perché il nostro pellegrinaggio sicompia senza cadute o fralezze; sicuri del nostro alto benché ignoto destino”[171] Vittoria Aganoor XXXVII. Ep. in corso, XII. 3. 3075Basalghelle, 23 Agosto 1892

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Marina mia.Grazie della tua lettera dove ho trovato finalmente un po’ di sereno. Almeno hai avuto qualche giorno buono con la tua Silvia e vedrai che lasorte ti darà un po’ di tregua. Perché mi chiedi (cattiva!) se sono ancora la tua Vittoria? Son cose che si chiedono queste? Sapevo che Virginiati dava nostre nuove[172] e me ne rimasi in silenzio, ma per questo? Sai bene ch’io sono sempre attorno alla Mamma mia, e ora più che mai,ché il pensiero di veder allontanarsi una sua creatura la cruccia[173], e per di più, questi calori soffocanti la disturbano. Tutto sommato nonc’è male, ma chi dorme perfettamente bene con questi bollori, e chi digerisce senza fatica in questa afa africana?Prosa dirai; sì prosa, ma che preme ogni giorno e ogni momento e che non si può non curare. Con tutto questo io pubblico della poesia;questo tu pensi con un sorrisetto perfidamente adorabile. Versi, amica mia, versi, e scritti non ora. Sarei felice se li avessi letti anche tu,riveduti e corretti come ora sono nella Antologia[174] e me ne dicessi il tuo parere. Quella tua amica dev’essere davvero molto amabile se liha notati e te ne scrisse; vorrei che tu la ringraziassi per me. Virginia ti manderà subito quel che chiedi; come sei buona e cara e previdenteMarina mia, creatura buona e forte[175] la cui affezione mi rende fiera. La Mamma ti dice tante tante cose affettuose e ti manda un bacioneinsieme a Virginia, io ti butto le braccia al collo come è il mio solito. Vittoria tua L’Elena ci scrive spesso ed è tutta premurosa di aver notizie della Mamma. E’ affaccendatissima nelle migliorie della sua casina che comprò aTarcento, e pare che proprio non abbia più grilli d’altro genere per la testa. Sia lode a Dio. Ciao ancora e un altro bacio.XXXVIII. Ep. in corso, XII. 3. 3076Basalghelle, 4 Ottobre 1892 Marina mia.Io ti dico solo questo. Le nozze di Virginia si faranno il giorno 26 andante, e in forma tutta intima; so il tuo orrore per la gente e il chiasso epuoi credere che come te rifuggiamo da simili cose. Sai anche che la Mamma non sarebbe in condizioni da sopportare le molte seccature chevanno sempre unite agli inviti e alle etichette, dunque puoi essere sicura che saremo assolutamente in famiglia; è per questo appunto che tudevi venire e se non lo facessi lo avremmo come una vera offesa alla nostra vecchia e forte amicizia. Non ti dico altro. So che puoi nonnegarci la grazia che ti chiediamo; non si parla naturalmente di toilettes puoi venire (anzi devi) col tuo solito abito nero, in tutta libertà.Dunque rammentati che non accetteremo scuse di nessun genere; la Mamma (benché lo scrivere l’affatichi molto) mi dice che vuol scrivertianche lei per implorare questo favore, ma io sono certa che ti basterà questa mia lettera franca e che non vorrai dare un dolore a questa tuaantica e diletta amica. Non è vero? Godo della salute di Silvia salutala per me con vivo affetto insieme a tutti i suoi anche da parte dellaMamma e Virginia. Vedi che ti scrivo in fretta e male perché la Mamma è soletta e corro a farle un po’ di lettura mentre Virginia suona aquattro mani col Mirelli, che è fra le altre cose un distinto dilettante di musica.[176] Un bacione dalla tua Vittoria Saluti e ancora bacioni dalla Virginia e in particolare dalla Mamma.XXXIX. Ep. in corso, XII. 3. 3077Basalghelle, 16 Ottobre 1892 Marina cara cara[177].La Mamma è tutta contenta nel pensiero di poterti vedere presto e ti dice mille cose di affetto e di gratitudine. Puoi figurarti se non ci uniamoa lei (Angelica è già qui) e con che fervore di allegrezza!Manda pure la cassa; noi ogni mattina abbiamo a Oderzo un mezzo di trasporto per la spesa e il resto. Virginia ti dice mille cose riconoscentianche in anticipazione e ti prega con me la Mamma e Angelica di ringraziare tanto tanto tanto la cara e buona Silvia per averti persuasa avenire. Dille mille cose amichevoli per noi e a Pasolini pure e tu adorabile Mammina mia prendi un lungo bacione dalla tua Vittoria Telegrafa o scrivi l’ora del tuo arrivo il giorno 25.Ciao ancora cara cara.XL. Ep. in corso, XII. 3. 3078Basalghelle, 10 Novembre 1892 Marina cara.A quest’ora ti sarà giunta la lettera della Mamma[178] che la spedì a Rezzonico, e di qui forse il ritardo. Volle scriverti lei, e sei la sola per laquale non volle ch’io le facessi da segretaria; così io non ti scrissi sicura che avevi nostre nuove da lei. Quanto mi duole che tu sia statamalata! ma per carità abbiti cura Marina cara e non lasciarti vincere dalle memorie tristi, dalle idee scure. Non lo vedi questo bel sole, questosereno? la vita ha dunque ancora dell’azzurro, della luce per noi, e se non per noi per i nostri cari, che è lo stesso, e Pierino, vedrai, vi daràcompiacenze e conforti nell’avvenire. Su! coraggio! guarda il cielo che bontà infinita; che clemenza misericordiosa! Virginia ti scriverà certoappena abbia un po’ di tempo, quand’anche non avesse ricevuta la lettera di Silvia e i proverbi[179]; ma ci scrive di essere ancora in unturbine di visite, di doni, di premure, di affettuosità senza fine e che non ha il tempo che di scrivere le sue nuove concisamente a noi.Compatiscila per ora; il suo indirizzo è: Palazzo Torella, Via Cavallerizza a Chiaia, Napoli.La Mamma sta proprio benino e questa stagione benedetta influisce grandemente all’umore e al benessere suo e d’ognuno; ti bacio con affettointenso insieme ad Angelica. L’Elena è tornata alla sua villa ma quieta e affettuosa, scrive spesso e mi mandò anche ieri un manicarettoconfezionato squisitamente da lei. Dio ce la serbi così! Addio cara abbiti cura e continua a volerci bene che noi te ne vogliamo davvero emolto. Un bacio ancora tua VittoriaXLI. Ep. in corso, XII. 3. 3079[180]Venezia, 25 Gennaio 1893

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Marina cara.Grazie della tua affettuosa premura. Puoi figurarti come questo cumulo di sventure ci abbia attarpate, ma il pensiero dei nostri cari ci mantieneforti e non ci lascieremo vincere dallo scoramento. Malcolm; poi la giovane sposa Fieramosca Fabbro (dopo due o tre giorni di un male cheancora non si sa che cosa fosse) poi Lao Avogadro, un ufficiale di fanteria, molto noto a noi che pare si suicidasse in seguito a una perdita algioco; e poi la Marcello[181]… Ti assicuro che se non fossero le reiterate raccomandazioni per telegramma e per lettera delle nostre lontane, dibadare alla salute, e di serbarci calme etc. etc. sarebbe da abbandonarsi a una vigliacca prostrazione. Ma no sai! la tua Vittoria non lo farà; ciho la Mamma mia che per non turbarmi mi dà l’esempio della calma, dolorosa sì, ma calma; e tornerò presto serena. Chi sparisce ci vede e civeglia; noi dobbiamo unicamente pensare ai nostri cari, e a fornire, impavidi e inalterati la giornata nostra. Non è vero? Bacia la Silvia eprendi un bacione dalla Mamma e da me. Vittoria tuaXLII. Ep. in corso, XII. 3. 3080Venezia, 21 Aprile 1893 Cattiva cattiva Mammina,Perché dirmi tante ingiuste cose? perché sovrattutto scordare il mio nome e scrivere sulla busta della tua lettera: Virginia invece di Vittoria?fortuna che me la portarono lo stesso, perché al Ponte dei Greci non ve ne sono di Virginie ora. No cattiva, anzi perfida; nessun “pensieroindefinibile” mi trasporta lontano dalla mia Mammina adottiva, e mai anzi come ora non ho pensato a te. Quella sera che tu ripetesti allaMamma quei versi ch’ella stessa non rammentava più, benché li avesse pensati e scritti lei tanti tanti anni fa, quella sera, tu devi averloveduto, mi salirono agli occhi vere lagrime di tenerezza per te, mia buona, adorabile anima, per te che hai tanto, così intensamente, cosìcaldamente amato la mia Mamma e continui ad amarla allo stesso modo. Lasciati dunque dire che tu non[182] sai “leggere fra le righe” oaltrimenti vi avresti veduto un accrescimento d’affetto e se è possibile, una nuova tenerezza. Abbiamo tanto pensato a te quando ci disserodella malattia di Giacinta; e sempre andavo ripetendo: “Oh, povera la mia Marina sempre qualche nuova inquietudine qualche nuovo doloredeve turbarla!” Non sapevo della Ridolfi. Coraggio mia buona e speriamo che anche quest’ultima abbia presto a riaversi come la Martini.Scrivimi presto una buona buona lettera, senza ombra di cattiverie e di dubbi sul vero, grande, fortissimo affetto della tua Vittoria La Mamma ti dice tante cose tenere e ti bacia con grande affetto.XLIII. Ep. in corso, XII. 3. 3081Cava dei Tirreni, 21 Luglio 1893 Marina cara.Tu mi hai scritto in un momento scuro scuro e davvero che certi ricordi, certe atroci ricorrenze rinnovano strazii e schianti atrocissimi.Coraggio coraggio amica mia! La grande affaire, “il grande avvenimento degli umani” (come diceva l’Aleardi[183]) non può essere questapallida, triste, amara vita. Consideriamola un necessario ponte tra le nostre origini oscure e le misteriose rive che ci attendono, di dove cigiungono barlumi e bagliori di promesse superbe, a cui ci sentiamo attratti da quel velato fascino onnipossente che molti chiamano l’Ideale.Quel che mi turba è il non saperti bene in salute. Che cosa ti senti? che hai? dimmi ti prego! Noi stiamo bene; Virginia pure, ma… niente dinuovo. Maria è con noi; assai migliorata se non guarita; ora è a Napoli con Virginia e i Mirelli per certe operazioncelle di cui abbisognavano isuoi denti. Stiamo provando se la vita di famiglia può giovarle e questo di tenerla con noi è più un esperimento che altro. Elena è stataalquanti giorni a Basalghelle avendo dovuto rinunciare alle sue donne per alquanti giorni le quali avendo malati dei parenti assai gravementele chiesero un permesso. Ci scrive spessissimo e ora chiede consiglio alla Mamma anche per le più minute cose. Guarda un po’ come si muta.Dice che sta mettendo in ordine il suo villino di Tarcento sperando che al nostro ritorno nel Veneto la Mamma voglia onorarla d’una suavisita e tante belle cose. La Mamma sta benone e ti manda affettuosi baci; così Angelica sempre bella, buona, e attiva; una padroncina di casadeliziosa. Grazie di aver scritto alla Berti e speriamo bene; scusa della noia che t’ha data.Perché dici che la Mamma non ha sul suo libro d’oro il Branchi? Manda manda i suoi quattro fogli di scritto che li leggerò con molto piacere,scrive ottimamente e racconta sempre cose interessantissime. Non ho veduto la circolare del De Gubernatis[184]. Che cos’è?Sta serena amica mia adorata; io sono contenta che ormai tu sia sciolta da ogni impegno d’affari e di sorveglianza per Bessica; tu hai bisognodi pace e di piena libertà. La Mamma e Angelica ti dicono ancora mille cose tenere io ti bacio lungamente Vittoria tua XLIV. Ep. in corso, XII. 3. 3082Venezia, 27 Gennaio 1894 Marina cara.L’Angelica pare non venga più per ora; le ultime notizie di treni minacciati, di spranghe tolte alle vie, di fucilate etc. etc. l’hanno un po’, epiù d’un po’ spaventata, e ci scrisse che attende tempo migliore per moversi, anche come stagione[185]. Le scriverò però subito la tuaintenzione gentile di salutarla al suo passaggio e per ora te ne ringrazio io. Come sei buona e affettuosa sempre! Fa leggere i miei versi a chivuoi; furon quasi improvvisati e a dire la verità somigliano un poco a un articolo di giornale, rimato; ma corrono via lesti almeno senzaincespicare per via[186].Il Carducci sai bene che non mi ha sul suo buon libro e tanto meno quei “versacci” lì possono mettermi in buona luce dinanzi a lui; ma ripetofa pur leggere a chi credi quel che ti mando e ti ringrazio anzi della reclame di cui si ha tutti, volere o no, un po’ di bisogno. Di Fambri[187]qui si dice che va lentamente migliorando, anzi pareva che ogni gravità del male fosse vinta; io voglio sperare che la Rita t’abbia scritto giornifa, in un momento di sconforto, ma che ora ogni allarme sia finito. Noi mandiamo quotidianamente a vedere del malato; anche ieri cirisposero: meglio. Dunque speriamo bene. Anche qui abbiamo da tre o quattro giorni nebbia e scirocco; freddo no, ma un’aria umida cheinfracida corpo e anima… Ma tornerà il sole e il sereno clemente… e igienico.Mi duole che Silvia non sia contenta della sua casa; ora forse dei caloriferi quasi quasi si potrebbe fare a meno visto che stanno perispalancarsi le porte, rosee della primavera… Almeno io vado dicendo così alla Mamma, uggità dell’inverno e della nebbia. Ma infatti già nonè qui il Febbraio con i bei giorni tepidi e bianchi“Così chiari che sembra vi si effonda

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Quasi un latte divino…”?Direbbe il D’Annunzio[188]. E non stanno per isbocciare le viole, e su lontani smisurati terrazzi di aeree magioni mille valletti non istannoora svolgendo e battendo e spazzolando gli sterminati tappeti che copriranno tra poco le nostre belle praterie? Quando la natura distende i suoiverdi velluti, noi li togliamo dai nostri salotti, vergognosi del confronto, e i caminetti cessano dal brontolare e i caloriferi dal rovinare ipolmoni della gente. Evviva dunque la Primavera e persuadi Silvia che non istarà molto a venire il buon tepore e l’azzurro, e dei caloriferiallora non saprà che fare. Proprio mentre ti scrivo un bel raggio di sole mi ride sul foglio, in questa piccola zona d’oro quante visioni dicampi, di monti, di strade bianche tra due siepi fiorite, di ripe erbose, di giovinezza, di Aprile!La Mamma ti bacia ed io ti stringo forte e ti bacio a mia volta con affetto vivo. Di’ per me tante cose a Silvia e al Conte e a Pierino. LaMargo ti saluta. Vittoria tua Puoi figurarti con quale piacere conosceremo l’amica tua e il marito suo!XLV. Ep. in corso, XII. 3. 3083Venezia, 22 Febbraio 1894 Marina cara.Quanto ti sono grata delle tue care parole incoraggianti e quanto bene mi fanno! Volere o no si ha tanto bisogno che qualcuno si interessi allenostre piccole prove ai nostri studi e ci approvi o ci ammonisca con affetto sincero.Sono però contenta che il Carducci non sia a Bologna perché quei versi non potevano certo piacergli. A dire il vero son proprio, come t’hodetto, buttati giù senza ombra d’arte, e se esprimono un pensiero giusto e un sentimento sano, la veste è nondimeno assai volgaretta. Tuttosommato mi sarebbe dispiaciuto che il Carducci vedesse quei versi e non mi dispiacerebbe invece che vedesse questi che ti metto qui. Intendiche non voglio già esprimere il desiderio ch’egli li veda, ma solo dire che caso mai egli li vedesse non ne sarei scontenta come degli altri.Non decifrai la parola sottolineata dalla signora Brentari. “Negreggiano” forse? ma non ha capito che quei versi “Ai falsi redentori”[189] sonoappunto una parodia, o una risposta sdegnosa a certi versi della Negri[190] appunto, scritti nello stesso metro e che cominciano appunto così: Sono cento, son mille, son milioni[191]

Son orde sterminate.[192] E va innanzi così dipingendo i diseredati e gli oppressi, che le si fanno intorno chiedendo giustizia.Il pigliare per imitazione quel che non era evidentemente che rifare il verso (come dicono i toscani) non è molto acuto. Non ti pare!Saluti affettuosi dalla Mamma che sta proprio benino. Da me un bacione e cento cose care alla Silvia e a Pierino da Vittoria tua P.S. Dalle lontane buone nuove. La Maria meno male. Fambri è ora in piena convalescenza. Agonia[193] Qui nella stanza solitaria, ov’entraDel bigio cielo lagrimoso[tenebroso] il pocoLume; è la vasta dell’estremo autunno melanconia;Qui tutte le serene ore, le buoneOre, che poco, ahimè, curai nei freddiBagliori assorta di bugiardi sogni; ore gioconde,Fantasmi inafferrabili di morteOre; qui tutte s’adunaro a farmiPiù acerbo e scuro questo scuro giorno fatto d’angoscia…-Ricordi?- una mi chiede – io venni primaCoi ramoscelli di speranza, i verdi [dolci]Rami che pel tuo capo a me commise una pia sorte.Ti trovai rincorrente i vani fochiDelle lucciole vane e me degnandoD’un breve sguardo nel mister dell’ombre sparir ti vidi.-Ricordi?- un’altra dice –io per te scesiLe contrade del sol recando i doniChe la dea dai bendati occhi fidati per te m’aveva;La pellegrina che alle tue dimoreVeniva d’oriente, hai tu corteseAccolta, o non piuttosto al triste occaso

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l’occhio volgesti?--Di’, rammenti? rammenti?- in coro l’ombreRipetono. Tu allor nulla curastiDi noi le luminose, e una malvagia follia ti spinseDelle chimere tra le nebbie e i veliA te accennanti di lontano; (i cantiDi quelle maliarde erravan lenti fra le scogliere.)Non dove al sol danzavano giocondeFanciulle, dietro abbandonando il capoNell’ebbrezza del riso, alto levando [ai polsi strette] serti di rose; [dai forti amanti]Ma sola andavi, o grande taciturna, [o grande e taciturna]Sotto la Luna a cogliere nel ventoDi morte voci qualche eco perduta fra le rovine; [ruine]E fuor dalle corrose [spezzate] urne, e dai verdiTalami di selvagge erbe e di muschi,Ti sorgevano, sciame avido, [sorgeano, legione avida] intorno le fantasie,Le maghe che soltanto hanno soaveIl nome, ma per trista arte d’incantiFan torbidi gli umani occhi del vero alla bellezza.Ed or ci guardi lungamente, e intensoIl desiderio nel tuo sguardo accendeUn poco, [foco] onde traspar l’anima tua per gli occhi orante;Per gli occhi stanchi ove da tempo il piantoPiù non arriva…E’ tardi è tardi! e invanoSupplichevole, a noi tendi le braccia, noi siamo spettri,Noi siamo larve; i teneri virgultiAvvizzir; dalla sorte altro comandoOrmai, pur troppo, non abbiam che farti più triste l’oggi. [l’ora]O fantasmi pietà! sparite, e l’animaPossa scordarvi. E’ vero, alle sottiliMalie create dal pensiero, l’impeto del cor soggiacque,L’ardor soggiacque della bella e forteMia giovanezza, ad [in] inseguir, con ansiaMai paga, la fuggente ala dei canti, l’ala dei sogni,Ed ora stanca (oh come stanca!) io guardoDi quei vaghi e malvagi elfi il migranteStuolo; laggiù nel gran deserto, l’ultimo ecco è scomparso…Ma voi, voi pure, ombre crudeli, inganniNon siete del pensiero? un sogno, un votoSogno voi pure? oh per pietà sparite forse non maiDall’oriente a me veniste i ramiVerdi recando e i fior, forse non maiFoste, voi pur, null’altro mai che larve belle ed inique.Via dunque, via, fantasmi scellerati! [ombre, chimere,]Via dunque velenose ecati, in nome

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Di Dio, lasciate finalmente in pace l’agonizzante!In treno Va nella notte l’anelante spettroTra le fragranze dei vigneti in fiore,Va nella notte e da conquistatoreSchiavo il mio corpo si trascina dietro. Solo il mio corpo, l’inerte persona;Ma dal possente che l’incendio[scintille] esalaRatto si sciolse con un colpo d’alaQuel che laccio terren non imprigiona, Ed a ritroso migra ad un alatoFratel che incontro cupido gli viene;Libere vie liberamente tieneSui vinti gioghi e il mar signoreggiato. Sì, lo spettro che torbido viaggiaLunge si porti il fremito degli ebbriSensi, la smania, [il tumulto] le maligne febbri,Gl’impeti della mia fibra selvaggia, E a te venga, e di raggi e fior si valgaA parlarti d’amor senza parolaTutta l’anima mia, l’anima solaE la tua cerchi, e la si stringa, e salga. Vittoria Aganoor XLVI. Ep. in corso, XII. 3. 3084Venezia, 28 Marzo 1894 Marina cara. Chi sa mai se questa mia ti troverà ancora a Bologna? ad ogni modo la buona Silvia la spedirà al tuo nuovo indirizzo. Quantesventure mi narri cara amica! Davvero che ogni giorno non porti che una nuova disgrazia. Anche noi siamo addoloratissime per la gravemalattia di Valsecchi [194] padre, malattia cardiaca che ora solo accenna a migliorare, ma lentissimamente. Anche il povero Bernardi non haseguitato in bene; pare avesse un piccolo attacco ancora, non grave, ma che lo forza a rimettersi a letto. Insomma guai da ogni parte. E tu cheti facevi una festa di rivedere vecchi amici e fare un giretto esilarante in buona compagnia, eccoti trattenuta da mille vicende tristi! Poveraamica mia! Noi non si sta male; la Mamma non può lagnarsi ed io sto meglio dalla mia anemia; se mi prende il cattivo umore, mi metto atavolino e faccio versi, e talora anche e spesso versacci, ma tanto mi svago e non ci penso su!… Eccoti la mia lirica primaverile; un po’melanconica come il colore del tempo ma piena di “rose” come vedrai. La Mamma ti dice tante cose affettuose io ti mando un bacione e se seiancora a Bologna ti prego di baciare per me la cara Silvia e Pierino e ricordarmi al conte Giuseppe. La tua Vittoria [Nova primavera] [195] Nel gran sereno passano leggiereNuvole, lente nuvole pensoseCome assorte in lontaniRicordi di lontane primavere….Giù, sulla terra, sbocciano le rose,Ma come stanche, pensano i sovraniFiori, d’un’altra, remota stagione; I bianchi fior che il giovanetto AdoneTinse di sangue e le fanciulle grecheRidenti al sole givano cogliendo,In Ciprigna a profonder le corone.O bellissime vergini! le biecheParche, al mirarvi, trattenean l’orrendoFerro, pronto a recidere lo stame; E d’Afrodite pel vasto reameCorreva un ineffabile clamoreFatto di risa, fatto di canzoni,Voci improvvise d’improvvise brame,Flutti di quell’oceano d’amore,E tra i roseti andavano i garzoniVoi rintracciando e il sol benedicea…

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Fumavan l’are sacre a CitereaE su quel mar di vergini e di roseFissava immota i grandi occhi paganiBianca tra i fior l’effigie della Dea…Più non fumano adesso le corroseAre, e polvere son le bianche maniCh’arder facean la vita ed il piacere… Tornano chiare e tepide le sere,Torna l’Aprile, tornano le roseEd a sognar ritornano gli umani…Ma nel sereno passano leggiereNuvole, lente nuvole pensoseCome assorte in lontaniRicordi di lontane primavere. Vittoria AganoorXLVII. Ep. in corso, XII. 3. 3185Cava dei Tirreni, 21 Agosto [1894][196] Marina cara.Ho pensato inutile l’insistere con altre lettere a te o a G. tra tante raccomandazioni non si sarebbe badato alla mia e se dovrò conoscere la tuaamabile amica preferisco non sia in questa occasione. Ho fatto quel che potevo per l’Albanese e Dio provvederà per il resto. Ora tu sarai giàtornata a Bassano e sarà con te la cara Silvia e Pierino. Godi la pace di Ca’ Rezzonico senza tormentarti con pensieri bui, e cerca di serbartisana e serena. Noi stiamo tutte bene e sebbene il caldo sia un po’ aumentato da tre o quattro giorni non possiamo proprio lagnarci e l’ariamarina e montana non manca mai in questo fresco angolo di mondo. Di colera si parla sì e no, e finché non ne sia sparita anche l’ultimaombra non ci moveremo di qua. Facciamo una vita tranquillissima e la Mamma si fa ogni giorno più bella e gagliarda, sicché non possiamodesiderare di più. Le Alexander[197] mi scrivono da Lugano ove mi dicono di trovarsi benone per tutti i riguardi. La Francesca sta traducendoin inglese quei miei versi A mio Padre e puoi figurarti quanto questo mi faccia piacere. Addio carissima. Tutte ti salutano con vivo affetto ein particolare la Mamma. Io ti bacio con tenerezza Vittoria tua Saluta e bacia per me la cara Silvia ti prego e Pierino. Ricordi a Pasolini se è con voi.XLVIII. Ep. in corso, XII. 3. 3085Basalghelle, 25 Ottobre 1894 Marina cara.La Mamma ti scrisse[198] e da lei tu fosti informata di me, di noi tutti; ora però tocca a me farmi viva e venirti a parlare in persona… oquasi; con immenso piacere certo, giacché se non ti ho scritto, ho molto spesso pensato a te, e gioito con te della pace che finalmente ticonsentiva la sorte. Dagli Agostinelli pare anche che una relativa serenità sia tornata; dopo quelle orrende angoscie anche il meglio può parerbene. Gli sposini nostri son qui, lieti e sani, ma pensano già a ripigliare il volo per le più miti aure partenopee; forse Virginia resterà ancoraqualche settimana ma prima della fine di Novembre sarà certo a Napoli ancora. Invece aspettiamo Angelica che verrà a consolarcidell’abbandono Mirelliano, forse ai primi di Dicembre. Anch’essa sta bene e si diverte in placide gite ottobrali con vecchie e simpaticheamiche. Dalle altre pure ottime nuove. Io per farmi perdonare il lungo silenzio lirico, ti metto qui dei versi, e te ne mando altri sottofascia,benché rammento bene che molti altri che ti mandai mesi fa, non ebbero pur un cenno di critica, sia pur feroce, dalla mia Marina. La Mammasta benone e insieme a Virginia e Cesco ti manda saluti affettuosissimi; io ti bacio con tenerezza e ti prego di scrivermi presto. Noi siamosulle mosse per Venezia ma ti dirò in altra mia con più precisione ogni cosa. Tua vecchia amichetta Vittoria Sotto le stelle[199] Dormono i campi, non s’ode una voce.Solo un passo, che maleDiscerno, ove sia volto,Un passo lieve, ritmico, veloce,Io nel silenzio della notte ascolto. Va, va, va, quel notturno pellegrino,E benché mai non resti,E benché sempre a un modoSegua rapido e uguale il suo camminoIo nella notte lontanar non l’odo. Va, va, va, come mi passasse accostoSempre sempre e fuggisseSempre un persecutore,Va, va, il fantasma nell’ombre nascostoChe cammina col ritmo del mio cuore. Io sento, io sento che una qualche stilla

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Di vita, egli passandoMi beve; ai miei pensieriRuba un sogno, al mio sguardo una scintilla,Lorda di polve i miei capelli neri. Io sento ch’egli porta a dei lontaniCuori, l’oblio dei votiChe travolse il destino;L’oblio dei cari dì senza domani,L’oblio a me che a ricordar m’ostino. Vittoria AganoorXLIX. Ep. in corso, XII. 3. 3188Venezia, 1° Dicembre [1894][200] Marina cara amica incomparabile!Lessi alla Mamma la tua lettera e quella del povero “Nella”. Ne fu commossa ma dolcemente, perché il veder ricordato, amato, da una animacome la tua, un essere caro, è assai consolante, e fa pensare a certe misteriose corrispondenze, messe in dubbio dai più, degli spiriti ormailiberi da ogni impaccio terreno con noi. Come devono esultare quelle essenze vaganti (se ancora qualcosa della loro indole umana serbano)vedendosi fatti segno a desideri alti, a rimpianti, a ricordi sempre vivi e fervidi di tenero affetto! Grazie[201] Marina mia, ora e sempre per ilbene che hai voluto, e che vuoi alla mia Mamma cara e a tutti quelli che le furon cari! Come son pochi i cuori che ti somigliano! Avrei volutoscriverti subito e a lungo, ma ti assicuro, che pur facendo una vita delle più ritirate (come si dice) (figurati che da che sono a Venezia homesso una sola volta il naso fuori di casa!) pure non trovo tempo di far nulla, dovendo scrivere quotidianamente alle molte lontane sorelle eoccuparmi della mia Mamma e farle un po’ di lettura e tante cosine; e poi viene qualcuno (vediamo pochissima gente non facendo io maivisite, ma gli amici intimi vengono spesso a tenerci compagnia, e la Rosanna Marcello trova un gran gusto a stare qualche ora da noi,parlando in milanese con la sua compaesana, del suo andamento di casa e d’altro) e insomma la giornata va via che si voleva fare un mondo dicose e non s’è fatto niente. Ma tu verrai vero? e faremo le belle chiacchierette insieme e sarà un gusto! Vieni presto cara e donaci tutto iltempo che potrai! La Mamma ti bacia con tenerezza riconoscente, ed io con lei, stretta in un triplice amplesso. Vittoria tuaL. Ep. in corso, XII. 3. 3086Venezia, 24 Gennaio 1895 Oh povera la mia, la nostra Marinella! 22 giorni sofferente e noi non saperne nulla! Grazie a Dio tu ora sei entrata in prima convalescenza mabada che mai più si devon fare misteri con le tue creaturette di Venezia che sai quanto bene ti vogliano! La Beppa ti manda con un lungobacio tenerissimo un mondo di raccomandazioni; dice che tu non faccia imprudenze, che ti abbi gran cura, che cerchi di mangiare cosenutrienti e ricostituenti;… (non mi lascia scrivere, gridandomi dalla camera vicina le cose che vuole che ti dica!…)Sì Marina mia, usati ogni riguardo; in questa malvagia stagione i riguardi non sono mai troppi! Che cosa poi hai avuto? febbre e raffreddoremi figuro; febbre reumatica, vero? e l’affetto predomina in te anche quando sei tormentata dal male, e i miei versi ti tornavano in mente,buona e adorabile creatura! Guarda che combinazione; nell’ultimo numero della Rassegna Nazionale (che ti mando e che tu mi rimanderai acomodo) viha una poesia intitolata Inferma[202] in cui appunto accenno a quella specie di processione che talora passa innanzi ai febbricitanti, di figure odi parole.Parlo appunto del riapparire innanzi alla mente di certe parole; quelle che più ci colpirono lette o udite nella vita, e talora anche sognate dadesti. Tu leggerai con la solita indulgenza e ti svagherai per cinque minuti. Del resto allegri amica mia e fa presto a tornar nuovamente bella eforte come l’ultima volta, ché se ti ritorniamo a ghermire puoi star certa che non ti lascieremo così presto sgattaiolare come il 1° Gennaiod’infausta memoria. Baci teneri dalla tua Beppa, da Angelica che ti riscriverà anche lei e tanti tanti dalla tua Vittoria P.S. Altro che li ricevette i forti[203] la Beppa e dice che te ne scrisse subito tanto che tu poi riscrivesti[204]. Ad ogni modo te ne ringraziaancora vivamente perché fecero furori e a noi andarono in tanto sangue.LI. Ep. in corso, XII. 3. 3087Venezia, 2 Febbraio 1895 Cara cara la mia Marinella! Abbiti cura e guarisci presto presto; cioè rinforzati bene bene, che guarita lo sei già, e vedrai che passeremoinsieme delle belle giornate e faremo le risate che già facemmo negli ultimi giorni del ’94 qui a Venezia. Ora mi proverò a difendere le strofeincriminate d’Inferma.Parole come impresseSul foglio con un ferroRovente… Così a noi parve, e che ardesseIl foglio etc. etc.E alzammo gli occhi a guardare se i nostri libri, le carte, i nostri famigliari oggetti, (che sono i compagni e gli amici nostri,) stessero fermi alloro posto, ignavamente, mentre la nostra ultima fede (cioè la fiducia, la speranza, la credenza e la sicurezza in un essere caro, in un carattereda noi stimato, in una promessa che ci riposava etc. etc. etc.) andava in precipizio.Ecco Marina mia il pensiero che evidentemente ho male espresso giacché tu non l’hai afferrato bene. Ti rinnovo anche da parte della tua Beppae di Angelica le fervide raccomandazioni per la tua salute; non commettere imprudenze, non far troppe bravure, nutriti di cibi ricostituenti;non esporti al freddo; ubbidisci in tutto e per tutto al bravo Velo, un dottore che molte più importanti città v’invidiano, e starai benone. Dissiall’Angelica quel che la riguarda; ti manda saluti e baci affettuosi. Saprai che la tua buona amica Marianna Giarrè Billi, mi scrive talora perdarmi nuove del Nencioni[205] malato. Ho notizie dirette da lui, ma egli detta solo poche righe; la Marianna invece essendo la moglie delmedico curante può dirmi più e meglio. Il Nencioni (non lo seppe) ma fu gravissimo; ora solo accenna a migliorare. Scrissi alla Mariannaanche della tua malattia e della tua guarigione. Davvero che sei un bell’originale! Parli di passare un mese a Firenze e a Pisa questa Primavera.

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E Venezia? Venezia dove vi sarà fra l’altro l’esposizione e dove c’è la tua Beppa e le tue creaturette, le sue figliuole?…“Vergognosa!”[206] ti dirò anch’io come fai tu quando mi copri di vituperi d’ogni specie! A rivederci presto Marinella cara e coi baci dellaBeppa e di Angelica prendine uno di lunghissimo e tenerissimo dalla tua VittoriaLII. Ep. in corso, XII. 3. 3088Venezia, 7 Maggio 1895 Marina cara. Grazie della tua cara lettera a cui, come vedi rispondo a volta di corriere. Quanto siamo contente di saperti riavuta di salute erinfrancata anche nel morale! hai ben ragione di dire che la miglior medicina è un po’ di sereno e di affetto, senza le quali cose le farmacie nongiovano a nulla. Grazie infinitamente anche delle buone nuove che mi dai del Nencioni; speriamo nel caldo e nello stabilirsi della stagione!Noi stiamo bene e la Mamma fu già a vedere l’Esposizione[207] con me senza risentirne troppo per stanchezza. Naturalmente che dopo tantimesi di immobilità le gambe non potevano essere elastiche, ma se comincerà a moversi di frequente ne avrà generale giovamento.I Mirelli saran qui in fin di mese e l’Angelica ci promette di ritornare nel Veneto alla fine di Giugno o ai primi di Luglio. Dalle altre buonenuove. E tu? e la Silvia così artista, non vi sentite attratte da queste meraviglie d’arte, da questa mostra veramente e indiscutibilmenteimportantissima e interessante al massimo grado! Spero di sì e che vi vedremo presto, vero?… Ma quella (o meglio codesta…) benedettaBologna è la grande fascinatrice e insieme al mago Carducci non vi lascierà sciogliervi dalle sue malie.A proposito di poeti, di versi, e di malie ecco che ti mando una poesiola della quale voglio il tuo schietto e chiaro parere. Leggila con calma,e magari rileggila, poi dimmi se ti piace o no e perché. Il titolo primo era “Mai”[208], per rendere più chiara “l’orrenda parola”, (la quale peraltro potrebbe benissimo anche essere invano, o nulla etc. etc.), ma per esprimere con più chiarezza l’idea fondamentale della composizioncellala intitolai Incontro al sogno. Scrivimi presto e se insieme al tuo mi manderai il parere del Mago, e che questo parere non sia mortificantetanto meglio naturalmente!La tua Beppa ti dice mille e mille cose affettuose ed io ti bacio con tenerezza Vittoria tua Alla Silvia un mondo di cose care da me e dalla Mamma, ricordaci al Conte e a Pierino.P.S. Sulla busta vedrai un indirizzo molto complicato ed incerto, gli è che io ho il vostro ultimo indirizzo ed è Palazzo Montanari. Ora tumetti sulla tua lettera di nuovo Bianconcini e non mi ci so più trovare…LIII. Ep. in corso, XII. 3. 2[209][S.l., s.d.] Mai Sotto la luna i mille cavalieri,Come a squillo che chiami alla raccolta,Vanno, volano, avanti a briglia sciolta,Curvi sull’onda dei cavalli neri. Ciechi, folli, non vedono sui vaghiPoggi il grappolo offrirsi dalle viti,Né i casolari lampeggiar gl’invitiDi pace, in riva agli assopiti laghi. No, no, no! Volo [Solo] luminoso, alato,Bello d’una terribile bellezzaCon voce di comando e di carezzaChiama il Sogno da tanti anni sognato. Laggiù laggiù tenacemente chiamaE laggiù l’orda tenebrosa [turbinosa] volaIgnara, [credula] dove una crudel parolaSpegnerà il foco dell’accesa brama. Sta l’orrenda parola nel profondoDell’abisso che attira avido e inghiotteChi le malie sfidando della notteCorre ai miraggi che non son del mondo. Ma che val? ma che importa? Il sogno mente,Tutto è invano! Che importa?… tanto! [Avanti] io sonoCon voi fratelli! E sprono e sprono e spronoIl mio cavallo disperatamente. Vittoria Aganoor[210]LIV. Ep. in corso, XII. 3. 3089Venezia, 4 Luglio 1895 Con “la Marina” eravamo furiose[211]; ecco detta la parola giacché lo vuoi sapere. Mi ero fatta una festa di rivederti quel giorno, e la miaMamma pure buttando via la pigrizia, volle alzarsi prestissimo (per lei) e far toilette in fretta per farti la sorpresa di farsi trovar pronta egodersi la tua compagnia quell’ultima mattina. Aspetta aspetta…! Niente! Sai? (mi disse la Mamma) la Marina avrà pensato bene di non partiroggi e verrà certo a desinare con noi per compensarci della delusione di questa mattina. E in questo pensiero ci torna la speranza. Ma sì!

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aspetta aspetta… niente! Poi venne quella tua lettera scellerata, che invece che di scuse era tutta piena di rimproveri. Non ci volea altro permettere il colmo al nostro risentimento. Ma tu, cattiva e cara creatura, tutta piena di malie che legano a te stranamente, sai poi farti perdonareogni peccato, e attacchi per evitare le accuse, e ne sai dir tante e così benino e di così carine, che voglia o non voglia bisogna finire col buttartile braccia al collo e baciarti con maggior tenerezza di prima. Così faccio e non me ne pento. Anche qui fa caldo ma la casa è per fortuna moltoventilata e non ci si sta male. Saprai poi che i Mirelli sono, invece che qui, a Londra tutt’e due, e occupandosi pur d’affari trovan modo didivertirsela un mondo coi parenti e i conoscenti di là e le loro lettere sono tante strofe d’inno all’Inghilterra, alla gentilezza degli inglesi, allebellezze di quella città (di Londra), alla season, etc. etc. Noi resteremo qui aspettando il ritorno dei profughi. La Mamma ti bacia contenerezza perdonando tutte le tue malefatte. Ieri non si sentì bene, se no ti avrebbe scritto lei stessa oggi, ma io la pregai di non affaticarsi innessun modo finché non si rimetta perfettamente. Un abbraccio stretto dalla tua Vittoria Tanti e affettuosissimi saluti a Silvia e Pierino.Congratulazioni per il buon esito degli esami di Pierino.LV. Ep. in corso, XII. 3. 3090Basalghelle, 28 Ottobre 1895 Marina cara. Davvero che avrei più “d’un mondo” di ragioni per giustificare il mio silenzio, e la prima è che fui io a scriverti per ultima e chela visita delle sorelle fu piuttosto che una visita una apparizione, giacché sono già ripartite da un mese. Le mie “allegrie autunnali” poi siriassumono in questo, che una nostra vicina, la Parpinelli, (l’unica nostra vicina) colpita da gravissima nefrite, fu sempre, (da che siamo qui)tra la vita e la morte, ed ora pur troppo sembra si avvicini alla fine. Figurati che razza di buon umore poteva regnare in questo nostro eremo,già triste di per se, come tu sai. La “vecchia amica” poi, fu non solo ricordata molto dalla Vittoria e dalla Beppina, ma quest’ultima dedicòad essa parecchie ore della sua giornata, ricamando a sua intenzione un sacchetto per chiavi che le manderà quanto prima. Ti mando dei versimiei giacché ne vuoi, ma in quanto al volume… che fare? il Nencioni non è ancora forte, ed io non oso fare da me dopo quel suo desiderio diparlarne al Treves etc. etc.[212]I Valsecchi stan meno male; rassegnati alla loro sventura e consolati dallo scambievole affetto. Furono a Vicenza coi parenti Quirini, ora sonoormai da qualche tempo a Venezia.Ti mando anche un mio bozzetto, un po’ scettico, ma che spero non ti dispiacerà.[213] Dimmene qualcosa e così dell’Abenezer per il qualericevetti dal Fogazzaro[214] una lettera addirittura entusiastica e così dal Panzacchi[215]. Vedi che divengo una persona d’importanza! Cara lamia Marinella, abbiti cura e guardati dai primi freddi, poi quest’inverno vientene a Venezia da noi e lasciati coccolare dalla tua Vittoria e dallatua Beppina. Un bacione da me e da lei. Ti abbraccio stretta stretta Vittoria tua [Abenezer[216] Abenezer è un vecchio, un mesto e dolcevecchio dagli occhi azzurri, due strani occhiche forse han molto pianto (io dico: “forse”),ma in un tempo lontano; ora son limpidicome il ciel, dopo un lungo temporale.Abenezer dinanzi alla sua nerascrivania, tra i volumi neri, e tuttocoperto anch’egli d’una nera toga,oggi non è tranquillo, oggi non trovacarta né penna docili, gli cadedi mano tutto, i suoi libri rifiutanod’aprirsi obbedienti… E’ forse l’ariatroppo viva, Abenezer?… Dalle apertefinestre entra un odore, un fresco odoredi foglie nove e di cielo sereno…Ecco, ha smesso Abenezer di cercaretra’ i suoi volumi, e sulla sedia, inerte,con gli occhi alla campagna ampia, rimaneperso in un sogno antico…Eh via che l’orafugge! - E’ già in piedi, ad ogni libro togliela polvere con cura e piega e ammontale carte sparse; ad ogni oggetto assegnaun posto novo e nella stanza, a manoa mano, tutto par sorrida e brilli…Abenezer, chi aspetti? In festa fruscianole tende alle finestre, entra più fortel’odor del novo verde e dei nascentifiori…. Il cielo ha il color di quel lontanoAprile… ti ricordi?…Son passatitanti anni!… Ora Abenezer si risiede;nessun invero aspetta, e chi potrebberammentarsi di lui? Nessuno aspetta

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Abenezer, nessuno! Un core amiconon ebbe mai; tutti son morti i pochiparenti; tutti! Ed Abenezer cercada tanti anni, nei libri, una parolache gli riveli, perché nacque e vissesempre infelice… Il bene? egli lo fecequanto e come potea, sempre; non ebbemai conforto d’altrui. Ma spera, e crede,crede all’anima sua possente e vivaoltre i secoli. Ancora un breve esilioe ascenderà poi libera, all’ignotameta per gradi… Come in festa tuttobrilla d’intorno! un’ospite, un’attesaospite certo dee venir… Più intensonella tepida sera arriva il dolceodor dell’erbe e dei nascenti fiori.Abenezer, sta pronto! Eccola, viene,viene!… Come gli palpita e sussultail vecchio cor! come si velan gli occhinell’attesa!…Ella viene! eccola! Alfinequalcun lo cerca!… nella rosea seraella venne per lui, per lui traversole praterie di mammole coperte,tutta impregnata di fragranze e il grembopieno di rose. Bianca nella biancaveste; gli occhi sereni, il labbro schiusoa una parola come un soffio lieve,per man lo prende e gli bisbiglia: -Vieni!-] LVI. Ep. in corso, XII. 3. 3091[217]Basalghelle, 3 Novembre 1895 Marinella cara e perfida!O io mi sono espressa assai male o tu hai letto quel mio povero bozzetto con molta poca attenzione. Altro che “acciuffato” te lo ha quell’altra!e non lo dico, e non lo dichiaro? la leggiera ironia con cui condisco la cosa non è certo così profonda da velare il vero; e il vero è,evidentemente, che quel loiolesco[218] marito tornò e ritornò dall’altra […]ndo a transazione paradossale […..] propria coscienza; […]i la caramoglie come svago ideale e immacolato, agli eccessi e alle stanchezze dell’intemperanza sensuale.[219] In quanto al mio Abenezer son tantocontenta che ti sia piaciuto e quell’accenno al giungere per gradi all’ignota meta è un’allusione a una delle varie credenze sull’evoluzionisuccessive delle anime una volta sciolte dal corpo etc.etc..Non ho qui le novelle della Percoto[220], ma appena a Venezia me le procurerò certo. Finalmente ti mando per pacco postale la borsetta dellaMamma; (cioè fatta da lei per te) essa dice che tu […] puoi accoglierla […] giacché il tuo affetto per la Beppa te la farà parer bella anche secosì modesta. Io per empire la scatola vi ho messo delle fave che ti faran ridere; la borsetta la troverai infondo alla scatola. Io poi ti perdonotutte le cattiverie che mi dici, o scellerata donna! ma tanto già puoi ben dirne e farne, ti si deve voler bene per forza. Io non voglio nienteaffatto che tu mi rimandi il bozzetto e i versi; quando mai potranno servirti …. ad accendere il foco in queste rigide giornate di precoce[inv]erno. Copriti bene bene, [ti rac]comando; flanella, flanella [flanel]la! hai capito? Dalle lontane ottime nuove. La povera Parpinelli se ne èita e dopo ventiquattr’ore la figlia Annita mi partecipava ufficialmente il suo fidanzamento con un tal Carli, tutt’altro che ottimo partito. Adogni modo l’inopportunità di tanta fretta nel far parte di questo fatto così stonante con l’angoscia che dovrebbe suscitare una perdita simile inuna figlia mi fece restar di sasso. Che te ne pare? Dalla mia Mamma cara tanti baci “alla sua Marina” e da me un pizzicotto sulle tue bellemani e un buffetto che non meriti altro o atroce creatura! Cia[o!] ciao! Tua Vittoria LVII. Ep. in corso, XII. 3. 3092Venezia, 23 Novembre 1895 Marina cara. Un altro dei nostri più vecchi e cari amici che scompare! Povero Verga [221]! così inaspettatamente, in pochi giorni! Tu ti figuriil nostro dolore, tu che sai quale antica e salda amicizia ci legasse a lui. Ma così è il mondo e la vita. Ad ogni passo un amico, un compagno,un consigliere, un fratello, resta per via, e noi procediamo sempre più tristi e fiacchi e soli alla meta ultima. Ma coraggio e avanti! non è al dìlà la vera alba e la vera pace? dunque avanti? Tu parli amica mia adorabile di “tramonti cerebrali” e questa tua lettera è piena di luce e calorespirituale. Vi è un bellissimo tema di poesia (Il pane dei morti) vi è un racconto tristissimo di disgrazia avvenuta, ma fatto come tu sola sai.Vi è un cenno politico e un annunzio d’arte a proposito del Minghetti.[222] Che cosa vuoi di più? Ah se tu leggessi certe lettere di giovanetteeleganti moderne, esserini che s’affacciano alla vita cinte d’aurora i capelli!…tu non parleresti davvero di tramonti alludendo[223] a te.Mentre ti scrivo fiacca che è un piacere. Siamo già in inverno? e tu quando verrai a vederci? Non ti geli in cotesto tuo palazzonegrandiosamente gelido, dove solo una folla di dame e cavalieri di paggi e prenci potrebbe svegliare le antiche eco gioconde d’un tempo erisuscitare la spensierata gaiezza d’un tempo? Ah il veder nevicare da Ca’ Rezzonico dev’esser triste, ed io vedo da qua i tuoi lucenti occhi nerifissi sulla muta campagna, mentre un popolo di ricordi ti assale, ti stringe, ti soffoca. Lascia il tuo regno mesto, la tua reggia solitaria e tornafra la gente viva, e sciogliti per un poco almeno dalle ombre innumerevoli e tiranniche delle memorie!

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La Mamma ti manda bacioni ed io con lei. Io poi per di più ti pizzico il mento e ti graffio le mani. Tua Vittoria LVIII. Ep. in corso, XII. 3. 3093Venezia, 2 Dicembre 1895 Marina caraTu al povero pan nero che ti si manda, rispondi con della squisita focaccia e ancora meglio con dei forti deliziosi e dei fiori rarissimi in questastagione. Che debbo dirti? Appena li tolsi fuori dal cestino, quei soavi esserini ci parlarono di te con la loro anima fragrante e la tua Beppanon rifiniva dal lodarne la bellezza la freschezza l’inebbriante odore. Cara cara affettuosa amica! Ma io sono inquieta per la tua salute. Nella tuacartolina mi dicevi che le stufe t’avean fatto male, senz’altro. Io voglio sapere che sorta di male ti fecero e come stai ora.Se ti annoia lo scrivere mi basterà una cartolina, due righette brevi brevi. Bada che li aspetto a volta di posta! E grazie ancora e ancora senzafine per questo tuo carissimo dono e abbiti dalla tua Beppa e da me tanti e tanti baci tenerissimi. Bada che aspetto ansiosa tue nuove! Vittoria tua LIX. Ep. in corso, XII. 3. 3094Venezia, 5 Dicembre 1895 Marina cara.Le nostre due lettere debbono essersi scontrate per via. Mentre io ti ringraziavo dei deliziosi fiori, e ti chiedevo nuove della tua salute, tu michiedevi di quelli e mi dicevi di questa. Quanto sono e siamo contente di saperti ora guarita dalla tosse e con buoni propositi pei primi diGennaio. Vedremo poi se manterrai le promesse! Guai a te se vi manchi. Vuoi credere che anche oggi che ti scrivo le bellissime tuberose e leviolette tue olezzano ancora nei loro vasetti sul tavolo vicino a cui lavora la mia Mamma ed io le leggo? Così ci sentiamo in tre, con la nostraMarina fra noi, che ci carezza e quasi ci veglia con la fragranza dei suoi fiori. Cara! Abbiti cura per carità che con questo tempaccio è cosìfacile prendersi un malanno! Hai sentito del povero Valmarana[224] di Vicenza impazzito improvvisamente e furiosamente?Tante congratulazioni al tuo Pierino per il suo ingresso all’Università. Ha un grande ingegno e molto gusto artistico; farà strada nel mondo!L’Eleonora è dunque rifiorita? lo sai quell’epigramma del Montanari[225]?Ho fondamento da sperar che IreneSarà bellina e fresca anche in vecchiaia,Perocchè l’egoismo è una ghiacciaiaChe conserva le carni molto bene.Bellino eh? La mia Mamma (che è poi la tua Beppa) ti manda saluti teneri e baci idem. Io ti abbraccio stretta stretta e ti mordo un tantino laguancia destra…E se non sei contenta … peggio per te. Vittoria tuaLX. Ep. in corso, XII. 3. 3095Venezia, 16 Dicembre 1895 Marina cara![226]La tua lettera tutta vibrante di pietà e di apprensione per i nostri poveri fratelli lontani mi ha suggestionata, come ora si dice, e nel pensierodel vicino Natale scrissi alcune strofe che ti mando e che sono più tue che mie. E’ davvero un crepacuore questa tragedia africana e forse ilpeggio non è ancora venuto. Basta speriamo in Dio![227]Noi stiamo bene grazie al Cielo ma il tempo è pessimo. Dalle lontane tutte ottime nuove e solo soffriamo degli altrui dolori. Quel poveroValmarana di Vicenza impazzito è p[u]re un grande schianto pe[l] [228] Fogazzaro di cui è nipote. Spero che il Mocenigo[229] trionferà deltifo; è giovane e sarebbe davvero troppo acerbo ch’egli lasciasse desolata così presto quella povera sposina! Oggi han fatto i funerali dellanonna della Olga Montenegro la Kisenchuich; ed è morta oggi una delle infinite Albrizzi sposata in Cicconi. Lutti per tutto. La Mamma timanda baci tenerissimi ed io con lei raccomandandoti sempre di averti cura in questa stagione malignissima. Tua Vittoria Natale…1895![230] E’ Natale!… o fratelliLontani, o creatureChiuse dentro gli avelli;O fantasmi scomparsiDell’oblio nelle immense sepolture A voi tendo le braccia,A voi volgo smarritaLa lagrimosa faccia,A voi, che me vedesteIl limitare ascender della vita. Oh tornatemi intorno!Oh ch’io da voi, siccomeIn quel lontano giorno,Dir oda: “E’ l’ora; vieni,Vieni!” e chiamarmi oda da voi per nome!

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La mia piccola manoTeneramente presa,Come in quel dì lontanoIo senta dalle vostre,E sia notte, e laggiù brilli la chiesa. Così per l’ampia strada,Tra i notturni misteri, [piena d’ombre e misteri]Da voi protetta io vadaNulla temendo, e sianoTutti pieni di luce i miei pensieri. Io non sappia che oscuroD’imminenti procelleCi sta sopra il futuro,Io sogni come allora,In quella notte, un gran sogno di stelle! Nulla io sappia del folleMondo; di forsennateStragi per poche zolle;Di madri che ai figliuoliTendono invan le braccia disperate. Nulla io sappia; e soltantoCome allora, nel suono.Anzi nell’ampio [o piuttosto nel] cantoDelle campane, io sentaUna grande promessa e un gran perdono. LXI. Ep. in corso, XII. 3. 3096Venezia, 12 Febbraio 1896 Cara Marina buona!Anche tra svaghi intellettuali e feste di natura e d’affetto, sai trovar modo e tempo per occuparti degli altrui interessi. Io ti sono molto[231]riconoscente di questa notizia sulle azioni Monte dei Paschi e ne parlerò al Righi, giacché mi sembrerebbe un ottimo impiego di capitale. Macosa vai mai brontolando sulla tua “vecchiaia”? sei là fresca e bella come una sposa; giri in lungo e in largo per l’Italia, come una trottola;oggi sulle rive del Piccolo Reno, domani su quelle dell’Arno, il dì dopo a pochi chilometri dal Mediterraneo…. E non basta; fai nuoviprogetti e tra pochi giorni chi sa mai da quali latitudini mi scriverai ancora lagnandoti dei riguardi che t’impone l’età!! La Virginia sta benonee l’Angelica pure e la Maria verrà definitivamente a casa questa primavera.[232] La stagione è anche qui divina e se il tempo seguita cosìd’inverno si potrà dire di non averne visto. Ma il Marzo potrebbe farne qualcuna delle sue e bisogna non illudersi troppo.Quì niente di nuovo. La Dolfin si diverte abbastanza e da che è a Venezia mi pare imbellita. Davvero sai! Glielo dissi e asserì d’essersiingrassata da che è qui. Mi è tanto simpatica povera ragazza!Nencioni mi scrive d’una sua ricaduta inacerbita anche dalla paura presa per il terremoto dell’altra notte a Spoleto e Firenze. Dalla Billi[233]non ebbi lettere; è un secolo che non mi scrive. La tua Loredana invece la vidi e sta benone. Mi chiese subito di te con vivo interesse einsieme ti si tagliarono un po’ i panni addosso. Già tu hai molti nemici e desti generalmente un odio feroce. La tua Beppa ti manda baciteneri e saluti e ricordi e raccomandazioni di non farne troppe, di averti gran cura e di seguitare a darci tue nuove. Devo smettere perché michiamano e voglio spedire via questa epistola sconclusionata oggi stesso. Ti porta se non altro un bacio e una folata di sincero affetto dalla tua Vittoria LXII. Ep. in corso, XII. 3. 3097Venezia, 21 Marzo 1896 Marina cara.Farai bene a venire e presto giacché solo in persona potrai farti perdonare l’obblio del s. Giuseppe. La tua Beppa l’altrieri era circondata difiori, di doni, di gente e assordata d’augurii, ma essa ogni tanto mi diceva: “La Marina la s’ha minga ricordà de mi!”Fino alla sera aspettò e sperò una tua letterina, un tuo biglietto, e il dì dopo fu lo stesso; ora questa tua carta ti giustifica in parte, un po’ lastanchezza del viaggio, un po’ le noie dell’installamento, turbano e confondono i pensieri, ma … insomma ti aspettiamo. Non ricevetti ancoral’opuscolino del Rugarli[234] ma lo riceverò spero, e così spero ritroverai la sua lettera visto che, come dici, mi riguarda. Sempre qualcosa ditriste deve assalirti ogni tanto e toglierti la pace. Povero bimbo e […]iera[235] madre, ma la vita è così. Anche l’Italia attraversa un momentoassai torbido, e per volgersi che si faccia non si vede lume. I poeti, si rifugiano nel sogno, … ed io tanto per darmi l’aria di poeta faccio lostesso. Il mio (sogno) te lo metto qui; ti darà, se non altro una illusione di tranquillità vasta. Un bacione dalla tua Beppa imbronciata[236] eun altro dalla tua Vittoria (volta)[237] E’ nel mio sogno[238] E’ nel mio sogno un prato tutto verde;

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solitario, tra duespalle di monte, e l’erba trema al soffiodell’ombra….Di là, nel sole, cantano;ma il canto va lontano e poi si perde.Più solitario restae più silenziosonel mio sogno, quel prato tutto verde. Vittoria AganoorLXIII. Ep. in corso, XII. 3. 3098Venezia, 15 Aprile 1896 Marina cara.Perché dici che la tua Beppa non ti perdonò? non ti scrissi subito il suo completo perdono? certo che la pace si sarebbe fatta meglio venendotu qui come avevi promesso, ma bisogna rassegnarsi. Non vedendo più tue nuove scrissi alla Agostinelli la quale subito mi informò di te,dicendomi che avevi passate le Feste a Bassano e eri partita da pochi giorni. Io vidi qui Guido Fusinato[239] che mi chiese con moltointeresse affettuoso di te e del Pasolini. Io lessi con immenso[240] interesse la storia di Kuk il montanaro. Che meraviglioso traduttorequesto Rugarli! quanta vera poesia, che vastità epica in certi passi di questo poema sconosciuto! quanto dovrebbero tutti esser grati a chi lotradusse, e in così squisito modo!Grazie infinite a te d’avermelo mandato, e a lui che ebbe il pensiero cortesissimo di mandarmelo. Quando lo vedi digli tutta la miaammirazione e la mia gratitudine.In quanto all’avermi giudicata una “cara e amabile” poetessa permettimi ch’io non ne vada orgogliosa. Sono due gentili aggiunti, buoni peruna donnina mondana; ma confesso che chi studia, e suda (in certo modo) per far qualcosa che non sia assolutamente indegno dell’arte, nonpuò certamente apprezzare simili epiteti i quali evidentemente ne velano cortesemente altri due: insulsa, scipita.Io non dico di non meritarli, anzi li meriterò certo, ma tu potevi risparmiarmi un po’ d’amaro, tacendo il responso dei due poeti commensalivostri. Con tutto questo io non ti voglio meno bene Marinella cara, giacché so che non certo per mortificarmi tu mi riferisti quei duedisastrosi aggettivi, e quindi ti bacio con la solita tenerezza pregandoti di dire per me mille cose affettuose all’adorabile Silvia e al tuo Pierinobuono e bravo e stringere la mano per me al conte Pasolini.La Mamma ti manda un bacione lungo e conta su questa tua nuova promessa di venire a vederci ai primi di Maggio.Un abbraccio ancora stretto stretto dalla tua povera bistrattata Vittoria LXIV. Ep. in corso, XII. 3. 3099Venezia, 4 Maggio 1896 Marina cara.Scusami se non ti ho risposto subito, ma in questi giorni eran tante e tali le faccenduole che mi tiravano d’ogni parte, da farmi anche un po’perder la testa e credere d’aver scritto mentre non l’avea fatto che col pensiero. Oggi solo che tornata un po’ in calma, (ebbi a preparare e darl’ultima mano al quartierino della nostra Mary, ora tornata a casa definitivamente e di ottimo umore)[241] oggi solo dunque che mi è datorisedermi con un po’ di quiete alla mia scrivania, vedo che fra le molte inrisposte è anche la tua cara lettera del 27 u. s. aprile e rileggendolami viene il dubbio che tu sia già partita da Bologna senza avvisarmi come avevi promesso. Ma spero di no e spero anche che mi perdonerail’involontario ritardo (ho tanto pensato a te in questi giorni) anche e appunto mentre stavo attendendo a ordinare il meno male ogni cosa,ammirando te che trovi tempo per tutto infondo e hai fatto di Ca’ Rezzonico un paradiso, così, senza parere, senza apparente movimento efatica. Una gran adorabile creatura che sei! Ma viceversa ti odio perché non vuoi venire a vederci, mentre vai poi da un capo all’altro delmondo con la disinvoltura e senza bisogno di cameriere né di niente.Al tuo cortese amico conte Rugarli scrissi subito ringraziando molto e riscrissi anche ieri in seguito a una sua nuova promessa di altro dono.La Mamma ti manda baci teneri ma non so rinunciare alla speranza di vederti presto qui. Tante cose per la cara Silvia e il conte e Pierino daparte di tutti noi. La Mary manda a te e a Silvia mille saluti affettuosi. Io ti “strucco”[242] fortissimamente e ti odio! Tua Vittoria LXV. Ep. in corso, XII. 3. 3100[243]Venezia, 22 Luglio 1896 Marina cara.Ebbi tue notizie dalla Mary cui tu scrivesti e seppi anche dal Rugarli e degli esami felicemente passati da Pierino e del tuo arrivo. Aspettavopoi di sapere dove ti saresti posata per scriverti. Noi stiamo benone e anche il caldo fin qui non ha abusato della nostra tolleranza. Frequentiacquazzoni, ci hanno imparadisate e non v’è proprio da lagnarsi. Parlai con lo Schio[244] della Bastianello e lo feci “inquietare” (comedicono i napoletani) sospettando rapporti sentimentali[245] fra lui e lei. Si rise molto. Mi disse d’averle letto il Silenzio[246]; il quale ti diròche fu a quest’ora tradotto in armeno[247] e va ripubblicandosi su parecchi periodici con cappelli elogiosi. Già non s’è mai detto abbastanzache il silenzio[248] è d’oro io aggiungerò che è anche dispensatore di celebrità. Vorrei farti ridere perché sento da questa tua lettera che il tuoumore non è quale io vorrei che fosse. Vedrai che il diavolo non è poi così brutto come si dipinge, e forse tu esageri con la fantasia certeombre che una folata di vento buono sperderà. Almeno io te l’auguro con tutto il cuore. La Mary seguita serena e affettuosa e non v’è che dapregar Dio perché ce la serbi sempre così. Ti manda saluti teneri e la tua Beppa pure con tanti baci fraterni. Strano fatto quello che miracconti del giovine Martinozzo figliuolo dell’Acquarone tuo amico! “Le son fila di Dio” direbbe se fosse vivo il tuo Aleardi. Noi restiamoqui per ora e sarai certo informata appena si parlerà di andare verso il verde e le modeste onde del nostro Rasego.[249] “Baderò di non sedurre”ma credi pure che alla mia età non si ha a fare una gran fatica per astenersene. Dalle lontane tutte ottime nuove. Saluti affettuosi alla caraSilvia e Pierino e al Conte a te un bacione tenero dalla tua

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Vittoria LXVI. Ep. in corso, XII. 3. 3101Basalghelle, 8 Settembre 1896 Marina perfida e cara!Tu mi canzoni… e non lo merito. Tu dici che il mio “regno è nelle sublimi sfere” e sai bene ch’io non ambisco a nessun genere di dominioma mi accontento dell’umile ufficio di suddito, dolce ufficio però quando il nostro signore è l'affetto. Tu lo sai, io ti voglio molto bene, ecerto se mi sarà possibile io verrò con Virginia o con la Maria a farti una visitina. Intanto permetti ch’io te la faccia in effige e visto che ilsole mi fece la corte assistito dal sapiente fotografo, ti sembrerò carina.Sì, mia buona, adorabile amica, la morte del povero Nencioni[250] mi addolorò molto e tanto più che da un certo tempo egli parevamigliorare e mi scrisse sei giorni prima della catastrofe, dicendo sentirsi proprio benino. Infatti morì di febbre infettiva per una pustolamaligna che gli venne sul labbro. Ma non parliamo di cose tristi. Tu fra poco sarai circondata dai tuoi cari e godrai di vederli sani e sereni.Anche tu vedrai che non sarai più molestata dalle tue gengive. Una volta che la postema è apparsa non c’è più da temere. Ma bada di nonfartela bruciare o cauterizzare in nessun modo; quella sarà la tua valvola di sicurezza. Sono orgogliosa della simpatia di cui m’onora la tuaamica Farinola che m’auguro di conoscere un dì o l’altro. Ti prego di porgere alle carissime Alexander i nostri più amichevoli saluti. Prestoscriverò alla impareggiabile Francesca con la quale sono in debito d’una lettera. Che ottime e sante creature!La Mamma sta proprio benino e l’aria della campagna le giova. Maria invece ha qualche disturbo viscerale di nessuna gravità ma che lamolesta da qualche tempo. Ora il latte e l’aria buona spero la rimetteranno in ordine. I Mirelli saran qui prima del 20. Dalle altre, ottimenuove.Godo che il tuo amico Branchi venga a vederti perché so quanto ti è amico e come gli siete tutti affezionati. Ma la gran vita affannata che fa! equando mai finirà di vivere nell’altro mondo? I Valsecchi madre e figlio sono in giro pel Tirolo e la sorella della Busetto è dallo zio a SanDaniele. Vuoi credere? Un momento prima che mi giungesse questa tua lettera, stavamo parlando con la Mamma di te, ed io le dicevo:“Perché non potremmo andare insieme un dì o l’altro a Rezzonico?” “E’ troppo lontano per me” mi rispose lei; e intanto mi portarono la tualettera.La tua “Beppa” ti manda bacioni teneri e la Mary saluti affettuosissimi.Io al solito ti salto al collo e ti strucco. Tua Vittoria Bacia per me la Silvia cara e stringi la mano a Pierino e al Conte Giuseppe. Tante cose alle care Alexander.LXVII. Ep. in corso, XII. 3. 3102Venezia, 20 Novembre 1896 Marina cara.Nella tua ultima lettera del Settembre mi accusavi di non volerti più il bene d’una volta. Ero molto triste per la recente morte del Nencioni,ero molto nervosa, e quella tua accusa mi attristò forse più di quanto avrebbe dovuto, come una cattiveria e un’ingiustizia. Sapevo cheVirginia ti scriveva e io mi chiusi in un silenzio un po’ (e più d’un po’) imbronciato, che il tempo perfido, il malessere della Mamma, equindi quello della Mary non fecero che radicare più fortemente. Un triste autunno amica mia, anzi tristissimo e fatto più desolato dall’aspettodelle campagne allagate, devastate, dalle misere vendemmie, dall’umore dei contadini e dal dirotto pianto del cielo.[251] Tu perdonamidunque, (non di non esser venuta, ché la salute non ci permise proprio nemmeno di pensare di lasciare la Mamma per un solo giorno), ma diaver taciuto tanto tempo con te Marina cara, mentre tu avresti preferito lo sfogo del mio umor nero e dei miei sdegni; Perdonami sempre etutto! Ora la Mamma sta meglio; è tornato un po’ di sole; anche la Mary s’è riavuta e aspettiamo l’Angelica in Dicembre. Ecco che un po’ dicalma si fa intorno e anche dentro il mio spirito. Ma non posso dirti Marina mia quale e quanta perdita fu per me la morte del Nencioni! Mispronava, mi sgridava, mi consigliava, mi voleva bene; s’interessava alle mie prove, lo sentivo fratello e maestro, guida e rifugio. Io non sodirti, ma non so rassegnarmi alla sua sparizione[252].Poveri Talin! quanto ci attristò il pensiero di quei poveri figliuoli e di tutti!…E tu starai nel tuo palazzone tutto l’inverno? non verrai a Venezia almeno per qualche giorno? Spero che il sole ormai riderà anche costà suibelli affreschi del tuo regale ingresso e sui mobili di noce scolpito. Un tempo per ogni punto d’oro che il sole mettesse sovra un oggetto,germogliava un sogno o una speranza nella nostra matta mente dei sedic’anni. Ora!… se non si sogna e non si spera più non vuol dire che ilsole non sia più una grande e bella cosa e l’anima e il corpo se ne inebbriano sempre.Baci dalla tua Beppa e da Maria e cento dalla tua Vittoria LXVIII. Ep. in corso, XII. 3. 3103Venezia, 19 Aprile 1897[253] Ah cara Marina che bella bella improvvisata ci avresti fatta venendo a passare la Pasqua con noi! Tu parli di “pessima stagione” ma qui lastagione è deliziosa; azzurro, sole, tepore, quasi costanti. Bassano fa il matto al vedere. Vuol dire che partita rimessa non è sempre partitaperduta e potrai ben compensarci di questa tua intenzione naufragata. Tu mi dici di gran belle e care cose amica mia buona e carissima ma iosono presa da una grandissima inerzia e non avrei davvero voglia né forza di riunire in volume le mie liriche.Alla povera Villamarina[254] hai sentito che è morta la madre? mi telegrafò poco prima della sventura scusandosi di non poter riscrivermi alungo per la grave malattia della madre. Povera donna! a quell’età avrà sentito anche più intensamente il dolore di quel distacco.Qui niente di nuovo. Oggi avremo Righi che porta il violoncello (finalmente) e domani verrà la Canevaro[255] a cantare accompagnata da mee da lui. Faremo un po’ di musica unicamente per la Mamma; non ci sarà nessuno fuori di noi. Una gran Mamma carezzata! non ti pare? Orala tua Beppa sta proprio benino ed è docile e seguita il suo regime piuttosto duro ma salutare. Ti manda saluti affettuosissimi e baci; così laMary.Non ti ho mandato Abenezer perché lo conosci; invece avrai ricevuto una mia traduzione dal russo (da una versione letterale in prosa) chenessunocredette una traduzione e che pure è[256].

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Ti strucco teneramente e ti voglio tanto bene Tua VittoriaLXIX. Ep. in corso, XII. 3. 3104Basalghelle, 6 Ottobre 1897 Marina cara e cattiva.Ti mando un bacio benché nella tua ultima a Cesco[257] io abbia cercato invano un saluto per me… Virginia ti dirà che fui indisposta e chenon sono ancora del tutto in chiave; i malatini non van trascurati o si avviliscono. Hai capito? Dì per me alla Silvia cara, tante cose affettuosee porgile le mie fervide congratulazioni per avere contribuito, con la sua ospitalità al Carducci, e forse coll’incitamento, alla creazione dellabellissima Ode alla Chiesa di Polenta[258]. Ricordami al conte Pasolini e a Pierino e tu scordati completamente della povera Vittoria LXX. Ep. in corso, XII. 3. 3105Basalghelle, 11 Ottobre 1897 Marina cara. Anche i Forti Bassanesi possono assumere talora un significato così delicatamente affettuoso da commovere chi li riceve. Queltuo ultimo pensiero per le tue amichette lontano ci ha veramente intenerite e la Mary si unisce a me nel ringraziartene senza fine. Virginia eCesco sono tornati così entusiasti della bontà tua e di tutti i tuoi che la Mamma vuole ti mandi in un lungo suo bacio l’espressione della suariconoscenza fervida, sapendo bene come tu le legga in cuore senza bisogno di lunghe discorse. Io mi sto curando con molto scrupolo, te loassicuro, e prima di tutto appunto per amore della mia Mamma che sarebbe così desolata di vedermi seriamente inferma. Non si tratta ora chedi un po’ di clorosi[259], e l’aria ossigenata e qualche altro rimedio mi rimetteranno meglio di prima. Ora il dottore mi raccomanda distarmene fuori il più che posso, a piedi o in carrozza, e così faccio; di non scrivere molto, di non leggere molto, insomma vegetare il piùpossibile. “Obbedisco”.Addio cara cara Marina. Un'altra anima buona e alta ci ha abbandonate. So quanto affetto ti legava al buon Bernardi[260] e mi figuro il tuodolore. Ebbene, stringiamoci più strettamente noi, i pochi rimasti, da questo assiduo naufragio della vita, e procediamo, con gli occhi a quellaluce che lasciarono partendo i nostri cari; promessa e speranza d’un dopo che non può mancare. Baci dalla tua Beppa tenerissimi, dalla Mary edalla tua Vittoria Alla cara Silvia mille cose affettuose e ricordi amichevoli al conte e Pierino e alle Alexander se sono ancora costà.LXXI. Ep. in corso, XII. 3. 3106Basalghelle, 22 Ottobre 1897 Marina cara.Perché non vieni, e non vieni subito se davvero senti il buono e affettuoso bisogno d’esserci vicina? Puoi credere se ne saremmo beate! Ma tutiri sempre fuori i tuoi affari le tue occupazioni domestiche e per di più trovi il pretesto che Basalghelle è melanconica e chi sa quanti altrisogni. Puoi pensare quanto vuoto lascierà anche qui la partenza dei Mirelli. Della nostra Virginietta è inutile dire, ma tu hai ben ragione diosservare che Cesco ci guadagna un tanto ad essere conosciuto nell’intimità. Non voglio ora tesserne le lodi, giacché io ormai lo riguardoveramente come un fratello e la modestia di sorella non mi permette di dirne troppo bene, ma non posso far a meno di darti piena ragione.Non ho punto parlato a Virginia della Croce Rossa, ma udendo che oggi ti avrei scritto mi disse: “Fa il piacere, dì alla cara Marina che tengadue numeri anche per noi; voglio avere la possibilità di vincere quel bel regalo della Regina”. La Mary è pure felicissima di essere dellapartita, e la tua Beppa pure vuol esserlo ed io che s’intende. Così eccoti cinquanta lire e tu poi sceglierai per noi i numeri che vorrai. Noiintanto ci ciberemo di “speranza buona ”. E grazie d’aver pensato anche a noi.Io sto meglio. Vado molto fuori di casa, a piedi e in carrozza perché il medico dice che ho gran bisogno d’aria ossigenata. Mi fa ancheprendere una quantità di medicine come t’ho detto e insomma speriamo così di vincere quello ch’egli chiama la mia denutrizione nervosa. Noiabbiamo qualche visita di simpatici amici, come i Revedin, i Brandolini[261] (questi ultimi vennero anche l’altrieri col vecchio D’Adda[262]

a invitarci cortesemente a colazione da loro) ma di ospiti fin ora solo Righi, e Santini[263] (che venne quando fui malata) e Valsecchi. Oraverrà Pastro e Salvadego ma siamo agli sgoccioli e ai primissimi di Novembre faremo vela per Venezia. Vediamo spesso i Morpurgo, iFabbro; il Pera[264] e i soliti vicini. La sera vi è sempre la partita a tresette con Parpinelli, il Parroco e Don Lorenzo.Addio cara o piuttosto a rivederci. Verrai? Baci dalla tua Beppa, dalla Maria, da Virginia. Omaggi e ricordi riconoscenti da Cesco e da me unabbraccio strettissimo e tenerissimo Vittoria tuaLXXII. Ep. in corso, XII. 3. 3107Venezia, 14 Dicembre 1897 Marina cara. Scrissi al Carducci esternandogli come meglio seppi la mia gratitudine devota. Gli mandai anche il mio ritratto, anzi due mieiritratti. Ma è naturale che non m’abbia risposto, perché fu anche troppa degnazione la sua mandandomi l’Ode.[265] Alla cara Silvia io saròsempre gratissima.La salute migliora. Io esco di casa due volte al giorno e l’aria aperta e il moto mi giovano assai. La Mamma bene e così Maria. Dalle lontaneottime nuove.Non pigliare più reumi e abbiti un po’ di cura in questa stagione piena di trabocchetti. Io spero che anche quest’anno farete una gita a Napolifacendo felici i Mirelli. Vorrei scriverti tante belle cose, ma sono stupida e per di più qui la cronaca è muta. Un po’ in anticipazione ma timando gli auguri buoni per le Feste e sai se ti desidero con tutto il cuore salute e pace, a te e a tutti i tuoi. Dalla tua Beppa baci teneri e cosìda Maria. Da me un abbraccio stretto stretto. Tua Vittoria

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LXXIII. Ep. in corso, XII. 3. 3108[266]

Basalghelle, 29 Settembre 1898[267] Marina cara.Sei tu la “cattiva” che non mi scrivi da secoli e ti lagni di me che pur ti diedi sempre mie nuove, anche brevemente. Alla Vena d’oro nonavevo mai un momento per scrivere[268]; ora sono qua a dirti che stiamo tutte bene e solo un po’ uggite da questa piova che s’è messa giùtenace e melanconica né accenna a voler smettere. I Mirelli non verranno da noi quest’autunno e questo anche contribuisce a tenerci di cattivoumore; verranno invece quest’inverno; per di più, l’Angelica che ci fu cara e previdente compagna in questa nostro viaggetto (si occupò essasola della Mamma per darmi modo di far la cura e svagarmi per tutto il mese che fummo a Belluno e Vena d’oro) se ne torna a Cava, dovelasciò molti affarucci sospesi, e per poter poi tornare da noi verso il Febbraio. Tutto questo, come puoi figurarti, ci rattrista. La tua Beppa staproprio benino, ed ebbe gran vantaggio dall’aria dei monti; ti manda saluti dei più teneri e baci fraterni e materni. Anche dall’Elena abbiamobuone nuove. Ci scrive a quando a quando. Ora è sua ospite la Lucrezia Salvadego Scudellari[269], che sgraziatamente cadde malata di artritein sua casa. Alla Silvia dirai che proprio s’è scordata di me e me la bacerai ugualmente con vivo affetto; ricordami ti prego e ricordaci alconte Pasolini e Pierino che m’auguro di saper presto riavuto completamente dalle febbri avute. E il Beltrame[270] di che soffre? Lolasciammo così bene alla Vena d’oro! faceva lunghe passeggiate, ed esercizi ginnastici senza risentirsi per niente. Che cosa ha? digli che fumimeno[271]; imponiglielo tu che egli ama con tanta devozione profonda. Mi parlava sempre di te con un vero culto. Diglielo anche da partemia che fumi meno, sarà una raccomandazione di più. Alle care Alexander dì tante cose per noi, e tu non dirmi più cattiverie; tu che saiquanto ti si vuol bene tutte e la tua “figlietta” in particolare. Non ti ricordi? Scrivimi presto [272] e dimmi che non sei più in collera con me eche mi vuoi sempre bene. Saluti e baci ancora dalla tua Beppa e sorelle mie e uno di lungo e tenerissimo (bacio) dalla tua Vittoria Quei banalissimi versi che avrai veduti (non so proprio perché) riportati dal Fanfulla del 21 Sett. e dal Don Chisciotte del 22, voglio tu sappich’io li scrissi per forza, e pregata e seccata da quel Boccafurni che presentò l’album della Brunamonti[273].LXXIV. Ep. in corso, XII. 3. 3109[274]Basalghelle, 28 Ottobre 1898 Marina cattivissima. L’ultima mia lettera ti chiedeva una risposta e tu tardasti fino ad ora a riscrivermi e lo fai dicendo delle cose ingiuste eperfidissime[275] e attacchi per non essere attaccata. Sei una scellerata[276] proprio genuina. Ma io ti voglio e ti vorrò sempre beneugualmente a tuo marcio dispetto. Proprio questa mattina scrivendo all’Antonietta[277] (che non mi fa mai aspettare le sue risposte,specialmente quando le fo delle domande) mi lagnavo di te e l’incaricavo di rimproverarti da parte mia appena ti vedesse, pel tuo lungosilenzio. Io sono qui, distesa sulla poltrona, con una malaugurata distorsione al piede sinistro guadagnatami cadendo di bicicletta. Figuratiche irritazione per me il non potermi movere e chi sa per quanti giorni, ma la colpa è mia e non posso nemmeno imprecare alla sorte. La sorteè il nostro capriccio. I miei poveri piedi m’avevano servito per tanti anni così bene, così fedelmente; perché volli affidarmi a due miserabiliruote d’acciaio, perfide e traditrici? Ben mi sta, ed ora… soffriamo in silenzio[278]. Godo vivamente che il tuo Pierino sia guarito. Ti sapevoinquieta per lui e mi faceva tanta pena. Spero che quest’inverno ci vedremo a Venezia e ci racconterai ogni cosa. Noi dovevamo partire ora matarderemo di qualche giorno per questa mia malaugurata avventura. Oggi il medico mi ha fatto una nuova fasciatura e mi ha dato buonesperanze, tra una settimana salperemo credo. Intanto il bel sole ride di fuori e m’irride. Un bel turchino si stende e si curva sulla campagnaancora tutta verde, e come una parvenza di primavera è nell’aria; una primavera un po’ stanca, un po’ languida, ma così dolce e mite esentimentale! Mah! ed io qui a guardarla dalle finestre, … dolorando (direbbe Leopardi). Senti: sai tu d’un ultimo amore dell’Aleardi per unasignorina scrittrice, romana, e dimorante a Roma, che aveva per nome Adele? non ne so il cognome; so solo che viveva con uno ziopittore[279]. Ne sai qualche cosa? ma tu chi sa quando mi risponderai!Dalla tua Beppa bacioni tenerissimi e da Maria pure.Io ti butto le braccia al collo e ti stringo forte forte da farti gridare, perfida creatura adorata. Tua Vittoria LXXV. Ep. in corso, XII. 3. 3110[280]Basalghelle, 3 Novembre 1898 Marina cara.Sono già guarita e m’affretto… a dirtelo sicura di farti piacere. Tu finisci la tua letterina con una saporita perfidia e io ti perdono e anzi ti doun bacione perché le perfidie saporite mi piacciono; ma sappia la mia cara scellerata ch’io non “calpestai” mai nessun fiore, e nessun fiore delresto venne mai a porsi sotto i miei piedi. Saprai che il tuo Rugarli[281] mi mandò un suo lavoro e io gli scrissi subito un amabilissimobiglietto ringraziando. Sei contenta? Io credo che tu non legga interamente le mie lettere giacché mi pareva proprio d’averti scritto che iMirelli stanno bene ma questo autunno non vennero qui, contando invece venire a Venezia nell’inverno per passare le feste e il capo d’annocon noi[282]. Anche ti ho chiesto se sapevi niente di una certa signorina di nome Adele, (il cognome non lo so) di cui l’Aleardi fuinnamorato negli ultimi anni, e la quale si dava aria di letterata, con poca fortuna, e viveva a Roma con uno zio pittore di poca fama. Ne sainiente? Avemmo due giorni (ieri e ierl’altro) ospite il conte Gnoli [283], che era stato a Bologna a parlare col Carducci per la Rivista d’Italia ealtre ragioni letterarie. Lo trovò sofferente per non so che male a un dente, e un po’ giù di morale. Chi mai ti ha detto o fatto sognare ch’ioabbia “in uggia” il grande maestro? non ti dissi invece la mia grande superbia quando ricevetti la sua Ode alla chiesa di Polenta con cortesiparole? e come gli risposi subito ringraziando umilmente ed entusiasticamente?[284] fu lui che mi fece cascar d’alto una sua breve risposta,fatta attendere per un paio di mesi e poi alla mia pronta e riconoscentissima replica non si fece più vivo. I superuomini vanno adorati adistanza, troppo davvero (come dice Pascarella[285]) sono alti sopra di noi, e la nostra voce arriva loro appena, come eco affievolita di stonatezampogne.Ma gli entusiasmi del Pascarella sarebbero proprio così feroci se il Carducci non avesse scritto quella prefazione a Villa Gloria? Vanitas… equel che segue. Fanghetto umano, e … null’altro. Chi discute il merito di quel grandissimo? ma certi feticismi finiscono coll’impazientare.

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Ecco!Cara Francesca! così modesta e così alta! Mi rammento bene di Nordise mi fa piacere che si ricordi di noi. Seguita pure a canzonarmi parlandodelle tue lettere che non “meritano risposta” e delle mie “preziose”… Bada che sei tu che mi bistratti, e la “poetessa illustre”[286]… (poveraignota che tu per la prima calpesti) ti perdona magnanimamente.Baci dalla tua Beppa e dalla Mary e un abbraccio da strangolarti dalla tua maltrattata Vittoria Noi saremo a Venezia mercoledì prossimo.XXVI. Ep. in corso, XII. 3. 3111[287]Venezia, 7 Dicembre 1898 Marina cara.A quest’ora spero che la piccola indisposizione sia già scordata e ti porgo i miei rallegramenti schietti non solo per la riconquistata salute deltuo Pierino ma anche per quel che mi dici rapporto al proposito fatto dai Pasolini di lasciare Bologna. A dirti la verità io mi sorprendevovivamente che persistessero a tenervi radice, non curando il pericolo dei contatti etc. etc. Finalmente pare che l’abbian capita, ed è davverosalutare per ogni riguardo. I Mirelli saran qui verso il 15 e certamente resteranno tra noi oltre il capo d’anno. Allora guai se non vieni avederci e a vederli! L’Elena sappi che si è messa in buona[288] con noi, e quando è a Venezia ci visitiamo ed essa mostra alla Mamma unatenerezza che non ti dico. E’ grassa grassa, ma sta bene e beata del riavvicinamento alla famiglia. Ora è a Tarcento, ma lunedì sarà qui diritorno (sai che ha una bella casa di sua proprietà qui in campo S. Stefano e messa assai bene) e subito verrà a vederci. Ci scrive spesso einsomma tutto bene nel migliore dei mondi, … finché dura; perché sai che d’un tratto essa dà un “repeton”[289] come dicono qui, e tuttol’edificio di relativo accordo precipita come un castelletto di carte. Basta, speriamo che seguiti bene. La mia Mamma è, grazie a Dio, un fiore.Si lagna che le gambe non le fanno buon servizio; ma figurati che si alza alle 2 o alle tre, e poi si mette a sedere in salotto e sta lì tutto ilgiorno o a leggere o a scrivere, o a ricevere e ti domando se può pretendere che le gambe serbin il vigore che solo l’esercizio potrebbeimprimere! Ma insomma ti assicuro che fa la meraviglia di tutti la tua Beppa! Ella ti manda saluti affettuosissimi e baci teneri e così Mariache pur essa sta bene. Dalla tua figlietta poi mille abbraccetti stretti stretti e la raccomandazione di averti cura e di star serena. Ancora unbacione dalla tua Vittoria LXXVII. Ep. in corso, XII. 3. 3112[290]Venezia, 21 Gennaio 1899 Marina cara. E’ tarda sera e il mio pensiero corre a te col desiderio di darti qualche sollievo, di suscitarti idee meno tristi. So bene che èimpossibile, ma il mio è un bisogno e lo seguo[291]. Oggi i Mirelli ci lasciarono. Sperarono fino all’ultimo di ricevere una parola daiPasolini, avendo pregato il conte Giuseppe di scriver loro se si fermavano a Cesena a Faenza o dove, essendo proposito di essi Mirelli diandar da loro almeno per poche ore prima di ripartire per Napoli, sentendo un vero bisogno di vederli, di stare insieme sia pure pochimomenti, ma nessuna risposta venne. Sono ben compatibili poveretti, ma io per questo non oso di scrivere alla Silvia temendo inasprire ilsuo dolore con le mie parole. Poveri poveri! Io mi vado chiedendo: “Ma non può esserci dunque qualche rifugio anche per l’angoscia piùacerba! ma non deve trovarsi qualche farmaco, qualche parola, qualche consiglio che medichi se non guarisca la ferita rovente?! Io non trovo,io non trovo! Sì[292], tu avevi il presentimento. In tutte le tue lettere v’è come un fantasma che ti minaccia e turba anche le tue feste diaffetto, e mette dell’amaro nelle tue parole. Io ho rilette molte tue lettere di quest’ultimo tempo; il presentimento d’una rovina indefinibile maorrenda vi traspariva, e in qualche momento s’affacciava evidente. Chi sa dire, chi sa spiegare certi misteri?, e che cosa sappiamo noi infondo;e certe sapienze, certe previsioni della nostra anima che ci turbano quasi e anzi in contrasto con la nostra ragione, con tutto ciò chematerialmente ci parla ci persuade e ci assicura del contrario, queste antiveggenze senza derivazione di fatti e di cause umane, non ci affermanoMarina cara che tutto non è ciò che l’occhio vede e l’orecchio ode e la mano tocca, ma al di fuori di questo vi è un vasto, profondo, infinitomondo inconoscibile, dove forse i nostri grandi dolori divengono meschini incidenti umani, e la nostra piccola ragione un’insignificanteillusione nostra. Pensiamo Marina a un dopo necessario, che giustifichi questo nostro dolorare così seguito e acuto e inutile, (che a noisembra inutile) e avvinghiamoci a questa fede e acquietiamoci in questa certezza. La tua Beppa ti manda tanti tanti baci e vorrebbe ti dicesserotutto il bene che ti vuole; così la Maria che ti scriverebbe ma da qualche giorno ha gli occhi che per lieve flussione[293] non le fan buonservizio. Da me cara un abbraccio stretto che ti dica tutto. Vittoria tuaLXXVIII. Ep. in corso, XII. 3. 3113[294]Venezia, 21 Febbraio 1899 Marina cara.La buona Alice Spigardi mi scrisse che non saresti rimasta a Firenze oltre il 15 del corrente e non sapeva dirmi ove poi saresti andata. Orainvece mi scrive che resterai costà fino alla metà di Marzo.La Parolini Agostinelli mi scriveva che eri a Roma…Insomma dimmi tu precisamente quel che conti fare, nell’ultima tua dicevi che la Silvia ti avrebbe raggiunta a Firenze. E invece? Povera ecara Silvia! e poveri tutti voi! Silvia mi ha scritto, una cara e affettuosa lettera alla quale non tornai a rispondere (le avevo già scritto). Checosa dirle? Altre parole oltre le già note, occorrerebbero a consolare certi irreparabili mali. Innanzi a una così completa rovina non v’è che dapiangere; non c’è altro. Ed ora viene la primavera… A che pro? perché (penserà la Silvia e penserai tu e quel povero padre) perché ancora tantosole e tante rondini e tante fragranze e tanto azzurro? perché ormai tutto questo? e a Venezia, Marina mia, non conti venire? E’ così silenziosaquesta città, così fatta per chi soffre! Sembra avere tutte le più complicate intuizioni del dolore! La Mamma la tua Beppa ti manda un baciodei più teneri. Lo scrivere la affatica assai, altrimenti ti avrebbe detto direttamente quanto ha sofferto e soffre pensando a te, a Silvia, a voitutti. Da Mary tenerezze fervide. Da me un abbraccio stretto stretto.Tua “figlietta” Vittoria

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LXXIX. Ep. in corso, XII. 3. 3114[295]Venezia, 14 Marzo 1899 Marina mia. Nella costernazione di questi giorni quell’annunzio ti fu mandato, da chi non sapeva della fraterna affezione che ti legava allanostra povera cara. Io non ebbi la forza di scriverti, non ebbi testa a niente, ancora sono come tutta avvolta in una grande nebbia che non mi fatrovar le parole. Morì senza sofferenze. Questo posso dirti, e questo vado ripetendo a trovare un filo di conforto, che non trovo. Fu unprecipizio. Era a letto da due giorni per precauzione; di ottimo umore; aveva desinato da poco; ebbe una vertigine dalla quale uscì con laparola inceppata,… ma ancora la speranza c’era, e dopo quarantotto ore… tutto era finito; finì in un sopore quieto. Ecco; ormai la mia vitanon ha più alcuno scopo. E’ dirti tutta la mia desolazione e la rovina immensa di tutto. Nel suo testamento la Mamma ricordò la sua Marina. Tua Vittoria Tutte le sorelle sono qui.LXXX. Ep. in corso, XII. 3. 3115[296]Napoli, 18 Maggio 1899 (Monte di Dio, 70) Marina cara.So che Virginia ti ha scritto dandoti nostre nuove[297], ma mi è caro farlo io ora, tanto più che ieri fummo più anche del solito insieme a tecol pensiero e col cuore. Andammo a vedere il giardino Magnaguti a Posillipo e puoi figurarti se tu e i Pasolini non foste l’unico tema dellanostra melanconica conversazione. Il padrone della villa è, come già saprai, assente sicché potemmo a tutto nostro agio girare per i vialideserti, e soffermarci a lungo dinanzi al meraviglioso panorama del golfo, delle ville sparse, della città più lontana e il Vesuvio infondo. Tuttaquella bellezza ci pareva inutile ormai, mentre i due giovani e brillanti occhi che la contemplavano estasiati, poco più d’un anno fa credo,sono chiusi per sempre[298].E a noi pure, cui la recente ferita è così bruciante, a noi pure tutta quella pompa di colori e di luce faceva male. Come? due tombe si sonospalancate divorando la nostra gioia e il sole è sempre trionfalmente luminoso, e il cielo sempre beatamente turchino, e questo mare par rideredel suo lido magico, compiacersi delle sue isole fascinatrici e ancora i pendii sono tutti in fiore, e ancora gli aranci mandano folate d’intensoodore e tutto è in festa ancora? ah che cosa è per il vasto mondo lo sparire d’un umano? generazioni e generazioni sono scomparse, regni eregni caduti, città e città inabissate… E per questo? E una crisi ministeriale commove e perturba le menti; e, e i piccoli uomini si riunisconoin una piccola Camera per discutere sui destini… umani[299]! Poveri ciechi che siamo!Di noi tu sai già da Virginia. Stiamo bene di salute, grazie a Dio; l’umore… è quel che può essere. L’Elena è a Cava con Angelica ma tutt’edue saran qui tra un paio di giorni pel mio anniversario[300]. Poi l’Elena ripartirà pel Veneto e l’Angelica tornerà a Cava aspettandoci. Non soquando potrò andarvi perché Virginia mostra dolersi quando parlo di partire né io vorrei farlo tanto presto trovandomi benissimo qui. I Mirellici circondano di cure squisitamente affettuose né trascurano mezzo per svagarci in modo alto e consentaneo alla nostra condizione. Qualcheintimo amico, fra i più intellettuali (passami la parola) è spesso nostro commensale, e la sera due o tre conoscenze (non più) vengono atenerci compagnia. La principessa di Moliterno[301], che è anch’essa in lutto, è spesso a desinare qui ed è beata di poter passare la seraudendo una conversazione interessante o ascoltando la lettura d’una commedia. V’è qui il Traversi (Giannino) [302] e ci legge qualche suascena, alcune delle quali veramente felice. Il prof. Cimino, il marchese dal Pezzo, Verdinois, il Picche del Fanfulla, il vecchio e caro conteGaetani sono i nostri fedeli[303]. Scrivimi presto di te, di Silvia. Saluti da tutti e dei più affettuosi da me un lungo bacio Tua figlietta Vittoria LXXXI. Ep. in corso, XII. 3. 3116[304]Cava dei Tirreni, 9 Agosto 1899 Marina cara. Proprio ieri scrivendo all’Antonietta Agostinelli le dicevo d’aver scritto a te e alla Silvia, ma di non averne ancora avuta risposta.Poco dopo mi giunse questa tua cara, ma piena d’ineffabile tristezza.Come intendo quanto devi aver sofferto in quel tuo amaro pellegrinaggio in quei luoghi tanto cari a lui! Certo qualche dolcezza sarà pur statanella memoria tenera e devota che del vostro amato serbano tutti laggiù, ma più cocente si fa il rimpianto dei nostri cari quando ne vediamo laluminosa traccia lasciatasi dietro. Perché mai la Silvia non si fermò alcun poco ancora a Rezzonico? Anche Faenza deve esser pur piena distrazianti ricordi; dunque perché preferirla a Bassano dove sarebbe stata vicina a te, alla sua Mamma? ah fu molto colpita dalla sorte, è vero, fuatroce il destino con lei, ma pure, poter ancora dir: Mamma! e sentirsi rispondere, dovrebbe essere pure un’immensa consolazione. Se tusapessi Marina cara, quante volte, la sera, quando rientro nella mia camera, e so che tutti sono andati a dormire, provo un bisogno invincibiledi chiamare la mia Mamma ad alta voce. “Mamma!” Mamma mia, che mi volevi tanto bene, che io adoravo; Mamin[305] caro, perché mi haiabbandonata così?” Questo e altro dico e piango e piango e sento come qualcosa che mi solleva l’anima e mi par di sentirmi rispondere: “Mano, sono sempre con te, non senti?” Non vi è minuto della giornata ch’io non ricordi o un suo atto, o una sua parola, o un suo scherzo, o unsuo bacio. Tutto io le dicevo, ed essa mi chiedeva, s’interessava d’ogni cosa che mi riguardava; le lettere che ricevevo, i miei studietti, i versi,le letture, ogni cosa. Oh davvero che solo le Mamme sanno come si voglia completamente bene[306]! La Silvia ha ancora tutto questo! Tudunque sei stata a Faenza. Almeno, essendo Pasolini assente, avrai potuto parlarle da cuore a cuore, dirle tutto quello che ti stava sull’anima,anche riguardo i tuoi sgomenti per l’avvenire etc. etc. Tu mi dici che il povero Piero era “presago della sua sorte”; dunque era malato ancheprima di partire per Lizzano[307], e sapeva di esser grave? come mai? e lo fecero viaggiare così malato? spiegami te ne prego! Anche dellagiovinetta “scelta dalla madre sua e poi negata” non sapevo nulla. Fu dunque il dolore morale anche che lo prostrò?Noi stiamo di salute bene. Virginia che era un poco fiacchetta ha dai bagni di mare grande vantaggio. Angelica attenta e affettuosa padroncinadi casa fa tutto ciò che è in lei per renderci più piacevole questa dimora. Mary bene. Virginia vuole ti dica che non aveva alcuna “speranza”, eche le basta di star bene in salute; in quanto al resto i figliuoli sappiamo quanto dolore posson dare… Io resterò qui ancora tutto il mese poiandrò dall’Elena a Tarcento; le ho promesso di starmene un poco anche con lei, ma puoi star sicura che una volta nel Veneto verrò certo primao dopo a vederti Marina cara, e a parlare con te dei nostri cari perduti. Sì scrivo qualche poco; ti manderò presto qualche verso. Sì manderòpresto anch’io alla Ruspoli un ricordino. E’ un ventaglio di merletto Veneziano; spero piacerà. Saluti da tutti dei più affettuosi, e da me unbacio di figlietta.

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Tua VittoriaLXXXII. Ep. in corso, XII. 3. 3117[308]

Tarcento, 10 Ottobre 1899 (Friuli)[309] Marina cara.Ti so felice con la tua figliuola, o se non felice, riscaldata dalla sua presenza, dal suo affetto, unico rifugio tuo, unica tua consolazione, e tiauguro che ti resti ancora per alcuni giorni vicina. Silvia può avere altro scopo che di beneficare chi soffre e chi beneficherebbe con maggiorfervore della sua Mamma? della sua Mamma che ha tanto bisogno di conforto, di carezze, di cure? oh l’avessi ancora io la mia Mamma!quanto rimorso mi prende talora pensando alle poche ore che non fui con lei, alle pochissime volte che non le risposi sorridendo, … alle oremie tristi nelle quali non seppi nasconderle la mia pena! ah se tu sapessi Marina cara, come mi sento mordere, proprio mordere il cuorequando simili ricordi mi attraversano! oh potere rivederla, carezzarla le cento volte per quell’unica carezza che forse non le feci allora, starmenecon lei sempre sempre sempre, sorriderle sempre, scordare il mio io, tutto tutto per lei!!Troppo tardi! e vorrei dire a tutte le figliuole del mondo: “La vostra Mamma, ricordatevene! non l’amerete mai mai mai abbastanza. Ho quiSantimaria[310] e devo finire.Saluti da Mary ed Elena un bacio a Silvia per ciascuna di noi a te un abbraccio stretto tua VittoriaLXXXIII. Ep. in corso, XII. 3. 3118[311]Tarcento, 28 Ottobre 1899 Marina cara.Sì, ho ricevuto la tua cara cara lettera del 20, ma sempre qualcosa: gli ospiti a cui dovevo fare fedele compagnia, o qualche escursione suimonti, venne a rubarmi il quarto d'ora tutto per me che avrei voluto per scriverti tranquilla e a lungo. La tua lettera di iersera all’Elena citoglie ogni speranza di vederti per ora, né il tempo più invita a moversi, che già la nebbia scende a farci scordare le luminose clemenze deigiorni scorsi, e l’inverno giunge rapido tra questi monti così prossimi all’alpe. Questa primavera dunque? ma chi sa che prima tu non venga aVenezia? lasciacelo sperare. Povera Silvia! da quanto tu mi dici essa è sempre più desolata e la compagnia del “cavalleresco” tuo genero nonpuò sollevarla. Io le scriverò ancora; ma che cosa possono le parole a certi strazii d’ogni ora? Tu intanto soffri per te e per lei; solo le Mammehanno il potere di soffrire così. In Silvia unico scampo, unico rifugio, può essere il pensiero di te, della sua Mamma, di renderle meno dure lepene col calore del suo affetto, di renderla più resistente al dolore con la propria forza di volere; sopprimere, per quanto è possibile il proprioio e non pensare che a te; già è inutile, non c’è altro, e Dio ti serbi lunghi e lunghi anni al suo affetto, giacché tu sei la sua indispensabilecondizione di vita. Questa è la verità, che forse la Silvia ora non discerne intera, ma che pure è. Abbiti cura, riguardati dal freddo. Io contoandare il 2 Nov. a Basalghelle; voglio essere vicina alla mia Mamma adorata anche con la persona; ne sarà contenta cara Mamma mia! LaMary pare m’accompagnerà; poi andremo finalmente a Venezia; non ci dobbiamo lasciar cogliere dall’inverno qui. Angelica ci raggiungerà aVenezia il 5 o il 6 di Novembre. Addio cara e buona amica fedele della mia Mamma e nostra. Baci da Mary ed Elena che ti scriverà presto eun abbraccio stretto stretto dalla tua VittoriaLXXXIV. Ep. in corso, XII. 3. 3119[312]Venezia, 12 Novembre 1899 Marina cara.Grazie della tua lettera che aspettavo, non avendo avuto più riscontro della mia ultima. Il 2 Nov. andai a Basalghelle, dalla mia Mamma;avevo un vero bisogno di sentirmi, anche materialmente vicina al posto dove è tanta parte di quello che essa fu. Quella visita mi fece bene.Nel piccolo cimitero era quel giorno una pace che non ti so dire. Molto sole, sole bianco, d’autunno, ma appunto quello che non stonava conla mia disposizione di spirito; molti fiori, e una quiete! Tutte le cose parevano dirmi: “Un po’ di pazienza! non occorre infondo che un po’ dipazienza e poi verrai anche tu, qui, vicina alla tua Mamma e al tuo papà caro, per sempre!!” Anche la Mamma mi disse parole di coraggio, erammentai quelle che mi diceva spesso da viva: “Ricordati ch’io sarò sempre con te, con voi, lo stesso!” Quante volte me lo disse! e piùquando qualche malessere le faceva pensare al giorno della separazione… Tornai, dopo quasi sette mesi, a Venezia più forte. L’altrieri ciraggiunse la buona Angelica che resterà con noi fin dopo capo d’anno. Anche l’Elena è qui da 3 giorni ma parte domani avendo, ella dice,molto da fare in campagna. Sento che la Silvia ti si mostra più tenera e questo mi fa un vero piacere. Forse non faresti male ad andare un po’a Cesena con lei appena ti sentissi più rinfrancata di salute. Noi cara e buona amica nostra dopo il lungo vagabondare di più che mezzo anno,sentiamo la necessità d’un po’ di riposo e per ora non ti prometto una nostra visita a Rezzonico, ma forse tu potresti venire a Venezia e sai chevi è sempre una cameretta per te, e le nostre braccia spalancate. Saluti e baci da tutte le sorelle (meno Virginia che te li mandò direttamente) eda me un abbraccio stretto stretto stretto. Tua VittoriaLXXXV. Ep. in corso, XII. 3. 3120[313]Venezia, 21 Novembre 1899 Marina cara.Ne scrissi anche all’Isabella Bertoncelli, ma ora il Valsecchi mi dice che il Cav. Angelo Muzzarelli abita non lontano da Ca' Rezzonico, equindi tu forse lo conosci e potresti influire molto sulla sua decisione. Ora ti dico subito di che si tratta. Questo cav. Muzzarelli possiedesulla Riva degli Schiavoni, proprio accosto alle Prigioni del Ponte della Paglia, una casa che mi è simpaticissima, perché ben esposta al sole.Io vorrei comprarla, e quindi vorrei sapere se egli è disposto a venderla. So che da non molto gli è morta la moglie e questo potrebbe influiresulla cosa, potendo riuscirgli triste l’abitare una casa ormai deserta per lui. Insomma vedi di investigare, e potendo, indurlo a cedermi quellostabile. Siccome ne scrissi già all’Isabella vedi di metterti d’accordo con lei; pare ch’Ella non conosca di persona il Muzzarelli, giacché in unasua che ricevo ora mi dice: “Gliene farò parlare da amici, ma ora è a Brescia.”Di quel che farai per contentarmi ti ringrazio fin d’ora con un bacio.Ed ora cara Marina ti dico di noi. Cesco Mirelli fu malato di febbre gagliarda (40 e linee) tanto da far temere ai medici si trattasse diperniciosa. Ora grazie a Dio pare entrato in convalescenza. La Mary ebbe malato un dito, ma ora anch’esso migliora. L’Elena è tornata aTarcento, avendo ella dice, tanti lavori ai quali sovraintendere. E qui abbiamo la nostra buona Angelica venuta a tenerci pietosa compagnia

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fino al Capo d’anno e qualche giorno in là. La salute è buona e questa è la nostra cronaca. Dimmi ora di te amica mia, Mammetta cara, e diSilvia e di tutto. Le sorelle ti mandano saluti teneri io ti abbraccio strettamente. Tua VittoriaLXXXVI. Ep. in corso, XII. 3. 3121[314]Venezia, 27 Novembre 1899 Marina cara. La tua Silvia sarà già ripartita e tu sarai sola di nuovo nel gran palazzo papale. Ma la tua attività ti gioverà certo a sfuggire taloraalla morsa dei ricordi… Così anch’io, mi do da fare, mi agito, cammino, scrivo, e più che altro per combattere l’assalto delle memorie chenell’inazione si avventano dilaniatrici sul nostro povero cuore già tanto frugato dalla sventura. Per questo ora cerco una casa da comprare e piùche altro per poter farvi dentro qualcosa, ordinarla, migliorarla, e nel lavoro trovar requie. La buona Isabella ti avrà detto che il marito suoparlò col Muzzarelli il quale rispose non sapersi ancora[315] decidere, il che infondo vorrebbe dire che non è assolutamente contrario all’ideadel vendere. Ora perché egli non creda che le offerte di compera gli vengano da diverse persone, digli pure (se lo vedi) che i Bertoncelliparlarono in mio nome, e che io sono la stessa che gli fa ora parlare da te. La situazione (come ne scrissi all’Isabella) è questa; ch’io o debbodare fra un mese la disdetta al mio presente padrone di casa, o resto legata a lui per un altr’anno. Ora naturalmente vorrei sapere con qualchesollecitudine se il Muzzarelli vende o fitta; io entrerei anche nell’idea del fittare, benché desideri grandemente avere una casa mia, per potervicome ti dissi, lavorar dentro in accomodi, e darmi da fare, e occuparmi, mentre in una casa di affitto non c’è gusto a spender denaro: Tucapisci Mammetta mia! Tanto desidero di possedere qui una mia casa, che non sarei lontana dal comprare questa stessa ove ora abito, qualorail Muzzarelli persistesse a non voler vendere. Questa dove abito ha degli inconvenienti, ma una volta mia potrei in gran parte rimediarvi. Oratu sai come stanno le cose, per cui mi raccomando di farmi sapere nel tempo più breve possibile (dentro un mese) qualcosa di preciso circa ladecisione del Muzzarelli; digli pure francamente tutte le ragioni su esposte, ragioni che mi fanno desiderar una risposta non troppo lontana.Dalla Maria e Angelica saluti teneri e un bacio dalla tua figlietta Vittoria Ora Mirelli sta bene. Grazie cara!L’Elena è a Tarcento e in grandi faccende per certi lavori sul Torre, un torrente che passa innanzi alla sua casa.LXXXVII. Ep. in corso, XII. 3. 3122[316]Venezia, 3 Dicembre 1899 Marina cara. Dunque rinunciamo anche alla casina sulla Riva. Tanto, a poco a poco, muore in me anche il desiderio d’ogni cosa. A quando aquando cerco avvinghiarmi a un sogno, o a un’ombra di sogno, o a una chimera, per occuparmi, per darmi da fare, per stordirmi, ma al primoostacolo ricasco nell’inerzia degli svogliati, degli sfiduciati, dei naufraghi della vita. Che cosa sono io se non una naufraga? Vecchia ormai,senza famiglia, senza scopo, senza aspirazioni. Vado innanzi così giorno per giorno, non avendo più innanzi a me la magnifica illusione deldomani che da giovani ci tien desti la notte ed ha una consolazione per ogni nostro dolore. Ma basta di me. Rispondendo alla tua cara ultimati dirò che la casina sulla Riva non la vidi internamente, ma chi la conosce mi dice che le stanze sono belle e spaziose e molte, anche dietro.Eppoi la mia idea sarebbe stata anche d’ingrandirla di lato appunto per darmi da fare per occuparmi. Ora non v’è più da pensarvi. Penseremoad altro.Quanto godo che la tua Silvia ti sia stata più tenera del solito e abbia trovato un certo lenimento nella bellezza dei luoghi, quasi rifatti nuovial suo sguardo! Vedrai che tornerà presto. E tu intanto abbiti gran cura, la stagione è perfida; luce e luce, ma folate gelide e brusche cadute ditemperatura al vespero. Copriti bene bene ed evita di passare improvvisamente da un locale caldo all’aria esterna te lo raccomando tantoMammetta mia tanto[317] cara! L’Angelica e la Maria ti mandano saluti affettuosissimi. Quando verrai? Ti preparo una cameretta tutta al sole;non elegante bada! ma calda e sana. Un abbraccio stretto dalla tua Vittoria LXXXVIII. Ep. in corso, XII. 3. 3123[318]Venezia, 20 Dicembre 1899 Marina cara.Vidi ieri la buona Loredana e si parlò di te e di Silvia. Sento che forse non passerai le Feste con lei non volendo tu che venga nella bella maun po’ fredda Bassano di questa stagione e tu non potendo metterti in viaggio con questi rigori. Ma da Bassano a Venezia il tratto è breve.Perché non verresti a passare le Feste con noi, con le tue figliette? Dirti quanto cara ci sarebbe la tua presenza specialmente in questi giorniamaramente cari, che negli anni scorsi ci raccoglievano tutti intorno alla nostra Mamma adorata, è inutile, tu lo intendi bene! Chissà che tupossa? che festa sarebbe per noi, che festa vera e intima di affetto e di evocazioni! Io spero; ma ad ogni modo e fin d’ora t’auguro salute equella vigoria di anima che hai mostrata finora. Senza questa, è inutile, non si va innanzi in questa ripidissima erta della vita, divoratrice dienergie d’ogni genere. E grazie cara Mammetta mia per le parole tue di eccitamento a non lasciarmi vincere dalla sfiducia nell’esistenza; grazie,per trovare, tu, così torturata dal destino, parole consolatrici per gli altrui dolori.La Mary è in un bonissimo periodo ringraziando Dio e spero che duri.[319]Il Muzzarelli ha recisamente dichiarato che non vende né fitta la sua casa, e io ora, mi sono rassegnata a restar qui, almeno per un altr’anno.Non temere per Silvia; vedrai che si riavrà dalla naturale inerzia che ora la tiene come in un sogno; è tua figlia, e anch’essa ha energie mentaliche la salveranno; ti vuol bene, e il pensiero di te le sarà un rifugio salutare e certo. Le bozze di stampa mi saran mandate dopo la baraondadel Natale. Penso che in Marzo o Aprile si pubblicherà il volumetto[320]. Ho mandato una lirica per Silvia all’editore Montanari di Faenzache pubblica un albo di prose e versi in memoria del povero Pietro[321]. Certo ho scritto col cuore.Arrivederci presto? Tanti baci dalla tua Vittoria Da Angelica e Mary saluti e baciLXXXIX. Ep. in corso, XII. 3. 3125[322]Venezia, 7 Gennaio 1900

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Marina cara cara.Un bacio lungo per la cara promessa di venire presto presto fra noi; e un bacio alla Silvia tua. Come sono contenta di saperla con te; comel’approvo di venire, di stare spesso con la sua Mamma; cara cara Silvia! Ebbi da Zanchetta una lettera squisitamente cortese, della quale tiprego di ringraziarlo bene bene; me la scrisse, diremo così, in risposta a una mia cartolina con la quale lo ringraziavo dei suoi bigliettid’augurio. Sì che la Elena ebbe i forti e penso te ne avrà già ringraziato direttamente; ne fu tanto lieta! Dunque dimmi il giorno e l’ora del tuoarrivo e vengo a pigliarti alla stazione e ti piglio in braccio e ti porto con me. Va bene? Il sole dovrà pur ricomparire anche lui se non hamesso le muffe e si vergogna a farsi vedere così imbrattato. Tanti baci da Mary e dalla tua Vittoria Silvia cara, ti bacio con tanta tenerezza!XC. Ep. in corso, XII. 3. 3126[323]Venezia, 23 Gennaio 1900 Marina mammetta cara!Ti mando la lettera di Silvia; non c’è caso di rimoverla dai suoi progetti. E tu? hai viaggiato tranquilla? hai preso freddo? sei giunta bene? ela notte hai dormito? Vorrei sapere tutto. Abbiti cura che poi dobbiamo ritrovarci fra non molto sane e forti e andare incontro a quellaformidabile necropoli di glorie e grandezze lontane, di regni e potenze scomparse che è Roma, vivaio di sogni inesauribile e diammaestramenti filosofici. Scrivimi. Io lo farò spesso e ti dirò di noi e dei tuoi amici, e se in casa T. si va verso le nozze o no etc. etc.Questa mattina mi giunse inaspettato e prezioso dono uno stupendo ritratto del Carducci con scritto di suo pugno:“A Vittoria Aganoor Giosuè Carduccirisorto.”Spedii subito un telegramma di ringraziamenti entusiastici e sono davvero felice di tanta bontà. Addio per oggi e cento baci dalla tua VittoriaXCI. Ep. in corso, XII. 3. 3127[324]Venezia, 3 Febbraio 1900 No Marinetta mia,lo schema del prof. Spagnolo[325] non mi persuade per niente. Nessuno si è mai sognato di numerare gli anni dallo zero. Si è invece dettosempre 1, 2, 3, etc. etc. dalla nascita di Cristo. Cioè 12 mesi, o 24, o quello che era. Nessuno può mai aver detto: è passato un anno dallanascita di Cristo se l’anno non era veramente compiuto, e così d’un bimbo non si dice mai ha un anno, se l’anno non è compiuto. Vediquindi che tutti i computi del mondo non possono persuadermi, perché è il punto di partenza che è sbagliato; se non si vuol tener conto diquella preposizione articolata (dalla) allora è finita. E di questo, ti prego, non parliamo più o io m’invelenisco e non c’è proprio gusto perchétanto io resto con la mia opinione, venisse anche il Padre Eterno a ragionare diversamente.Parliamo invece di te, cara e buona e coccolona di Mammetta! Abbiti cura, tanta tanta; qui l’influenza non fa malanni, ma a Firenze e Roma èun orrore.[326] Non è proprio il caso di moversi per ora.Spero che Silvia non sarà andata a Roma. Dimmene qualcosa e rimandami la sua lettera. Puoi tenere quanto vuoi il libro dellaGiacomelli[327]. L’Elena è rimasta qui; non so quando vada in campagna. In complesso sta bene, ma si muove poco, e dovrebbe invece farmolto esercizio.Dimmi sempre della povera Remondini[328]. E tu Mammetta cara cara abbiti tanta e tanta cura e tanti e tanti baci dalla tua Vittoria Dalla Mary tenerezze e dall’Elena pure. Tutti gli amici comuni si ricordano devotamente e Valsecchi in particolare.XCII. Ep. in corso, XII. 3. 3128[329]Venezia, 3 Marzo 1900 Marina cara.Né i Mirelli, né l’Angelica vengono più per l’Aprile ma alla metà di Maggio. Impossibile quindi incontrarli a Roma se non rimandando ilnostro viaggetto. Qui il freddo è tornato pure abbastanza rigido e non consiglia ai viaggi mentre l’influenza ha ripreso la sua vigoria e seminai malati in ogni casa. Non potresti tu stessa rimandare la tua gita? non ti sembra imprudente moversi ora che il tempo passa dal tepore alghiaccio così repentinamente? Qui melanconie per tutti. Il buon Pastro è malato e, non mi pare lievemente; la Favaretti madre della c.ssaViola è morta l’altro ieri. Gino Marcello[330] migliora assai lentamente se pur migliora. Davvero non v’è sereno per nessuno. Noi andremofacilmente il 9 a Basalghelle a stare un poco con la nostra Mamma… speriamo che il tempo non ci sia nemico.[331]Ed ora un bacione lungo e tenerissimo dalla tua VittoriaXCIII. Ep. in corso, XII. 3. 3129[332]Venezia, 26 Marzo 1900 Marina cara cara.Hai fatto benissimo a non moverti; avrai veduto che tempo scellerato e come sarebbe stato seccante il trovarsi in giro con quella pioggia equella fanghiglia. Non ho vedute le Tiepolo dopo la loro sventura. Mandai loro un biglietto con le nostre condoglianze. Sì, il buon Pastromigliora e davvero miracolosamente; ormai (pare) che ogni pericolo sia scongiurato. L’Elena ora sta benone e partirà domani o dopo per lacampagna. Io vado correggendo le bozze del famoso volume[333], ma me le mandano a spizzico. Quando Dio vorrà sarà finita anche quellanoia. Se l’inerzia che mi tiene in questo momento potesse esser vinta dal mio volere io vorrei essere a Firenze il 21 Aprile per l’inaugurazionedel monumentino al povero Nencioni[334]; ma ora, sia la stagione, sia un malumore tenace, non so far progetti un po’ stabili e saldi. Tutto

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mi annoia. Io spero Mammetta cara che ormai anche costà l’influenza abbia fatto fagotto e tu possa uscire un poco al buon sole alla buona ariatiepida. Tristissima stagione la primavera per i dolorosi, ma pure consente almeno qualche passeggiata sotto l’azzurro, in compagnia dei nostricari ricordi tanto cari e tanto laceranti. Vero! Addio cara Marinetta mia. Abbiti cura, tanta cura e voglia sempre bene alla tua Vittoria Da Maria saluti affettuosi.XCIV. Ep. in corso, XII. 3. 3130[335]Cava dei Tirreni, 19 Giugno 1900 (Prov.a di Salerno)Villa Angelica Marina mia cara tanto![336]Le tue parole mi giunsero come carezze. Quanto bene mi vuoi, Mammetta mia, e come godi del po’ di bene che senti dire di me! Il Carduccimi scrisse parole assai cortesi e le debbo in gran parte a te, a voi, amiche sue, che gli parlaste di me sempre con tanto affetto!Tu pensi, cara! a mandar anche fuori d’Italia il mio volumetto e mi fai una réclame di cui lo stesso Treves[337] dovrebbe esserti molto grato.Come? non ti parlai di Roma? Fui a colazione appunto dalla tua Giacinta (che trovai un po’ malandata in salute e d’aspetto) e puoi pensare senon si parlò di te. Mi pare proprio d’avertene scritto. Il giorno che fummo a pranzo dai Ruspoli, la Laura non poté venire essendo appunto daiVenosa ove il Pascarella lesse non so quali suoi sonetti. Ora ti assicuro Marina che quel nome posso dirlo e scriverlo con la massima calma,come quello d’una persona qualunque e mi pare un sogno d’aver tanto sofferto per lui[338]. Noi resteremo qui ancora fino a sabato, dopo aNapoli. Là sentiremo che cosa il medico suggerisce a Virginia come stazione climatica per l’estate e poi torneremo nel Veneto. Io contereipassare tutto il Luglio a Venezia, poi andrei a Varallo per le doccie delle quali ho gran bisogno. Prima o dopo ti vedrò di certo. Da Angelica,Maria, Virginia e Cesco saluti dei più affettuosi. Da me tanti tanti baci e dei più teneri. Vittoria tua Ricordami a tutti i comuni amici. XCV. Ep. in corso, XII. 3. 3124[339]

Varallo Sesia, 9 [Agosto 1900][340] Cara cara Marina mia.Sì sì verremo, e facilmente il 16 sera; ma ti telegraferò con più precisione l’ora e il giorno. Verrà certo anche l’Elena e ti ringrazia fin d’oradella tua affettuosa ospitalità che accetterà di gran cuore insieme a me. La Maria è ancora a Napoli con i Mirelli, e precisamente a Posillipoove si sottraggono al grande calore di questi giorni.Quando saremo a Tarcento nella villetta dell’Elena anche la Maria verrà con noi. Angelica è alla sua Cava dove riordina la sua villa dopol’invasione nostra, e ai primi del Novembre verrà a Venezia insieme a me e Maria.Quanto ci sarà caro rivedere anche le buone Alexander! Puoi esser sicura che io resterò con te quanto più mi sarà possibile, ma ti dirò tutte leragioni che non mi consentono una lunga dimora a Rezzonico, dopo tanto vagabondare. Sono cinque mesi che giro Marina mia, ed ora unasete mi prende di stabile quiete, tra gli oggetti miei famigliari, i libri miei, le mie carte, le mie memorie amare e tenere a un tempo. Tuintendi, tu che hai le più fini intuizioni dell’anima. Arrivederci presto, sì, cara cara Marina mia, amica mia vera, amica della mia Mammaadorata, il cui caro viso mi è sempre innanzi, e mi guarda e mi sorride, e talora con una tenera pietà che mi fa piangere. Ti bacio e ti abbracciostretta. Tua Vittoria Dall’Elena ancora ringraziamenti e saluti dei più affettuosi.XCVI. Ep. in corso, XII. 3. 3131[341]Tarcento, 21 Settembre 1900 Marina cara. Di quale lettera mi parli? L’ultima tua fu all’Elena e vi erano alcune parole per me che mi ferirono: “Scrivere a te sarebbe statotentare la sorte” (tu dicevi) e “la mia lettera non avrebbe avuto riscontro come non l’ebbe la tua amica Giacomelli etc. etc.” Ebbene Marinacara, tu sei molto ingiusta. Fui io l’ultima a scriverti, e non vi fu mai[342] tua lettera che non riscontrassi. Ora in questa tua a me mi sei piùumana, ed eccoti subito a dirti che io conto fermamente di venire da te nell’autunno ma non così subito. L’Elena non ci lascia movere per ora,tanto più che io venni qui da pochissimi giorni e sarebbe strano che ripartissi subito. Io conterei venire da te verso il 18 o 19 d’ottobre. Ti va?No, non fui a Venezia a vedere la Regina che penso desideri d’esser lasciata in pace. Ti dissi del magnifico ritratto suo che mi mandò, con unadedica deliziosa scritta da lei stessa e con la data del 29 Luglio? Sicuro! Proprio poche ore prima della sera fatale in cui veniva assassinato ilRe Ella, la povera inconscia, scriveva sotto un suo ritratto parole gentili per me, e la Villamarina me lo mandava dopo alquanti giornidicendomi che quella data mi avrebbe reso più prezioso il dono.[343] Mi duole molto della sventura dei Zanchetta. Povera gente! Le sorelleMaria ed Elena stanno benone e ti mandano saluti e baci dei più affettuosi. Anche dall’Angelica e dai Mirelli buone nuove. Salutami ti pregotutti i comuni amici che si rammentano di me e porgi le mie condoglianze al Zanchetta, così buono e gentile. Ti mando un fascicoletto dovesi parla di Leggenda Eterna; è tolto dalla Rassegna Nazionale dove scrisse del mio libro anche lo Zardo, ma questo articolo dellaFerruggia[344], scrittrice assai nota e stimata, mi piacque fra gli altri per la schiettezza dell’entusiasmo che rivela e che mi ha, te lo confesso,commossa. Anche il Musatti scrisse nell’Ateneo, e l’Ortolani nell’Iride e il D’Alessio nell’Adriatico (tutti in questi ultimi giorni), ma questoche ti mando mi pare il più originale articolo, benché molti abbiano trovato che quello del deputato Alessio (nell’Adriatico del 7 corrente) siafra i più importanti. Quello non l’ho, ma puoi trovarlo facilmente penso a Bassano. Tanti baci dalla tua VittoriaXCVII. Ep. in corso, XII. 3. 3132[345]

Venezia[346], 16 Ottobre 1900 Marina cara.

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S’è dovuto battagliare con l’Elena perché ci lasciasse venir via “nel più bel momento della stagione” (ella diceva) ma ora siamo qui econtiamo venire senza meno da te, da voi, tanto tanto care. Solo troviamo qui qualche affare da sbrigare dopo la lunga assenza e non ci saràpossibile muoverci prima del 19 o 20 corrente invece del 18. Il ritardo come vedi non è che di due giorni e spero che la Silvia ci aspetterà;sarei tanto dolente di non poterla vedere! La Mary ti manda con me tanti baci e ne manda con me alla Silvia cara. Arrivederci presto carissimee intanto vogliateci bene. Tua Vittoria Telegraferò il giorno e l’ora dell’arrivo. Il giorno (ripeto) se non sarà il 19 sarà certamente il 20. Scusa la fretta Marina cara! Ma ho intornotutto ancora in disordine e non so da qual parte volgermi per cominciare a mettere un po’ in aspetto ogni cosa ancora in baule.XCVIII. Ep. in corso, XII. 3. 3191[347]

Tarcento, Prov. di Udine [post 22 Ottobre 1900 e ante 28 Ottobre 1900][348] Marina cara cara!Abbiamo sempre parlato di te durante il viaggio, e delle tue cure materne, e del tuo affetto e del tuo grande dolore … Anche a Treviso, dovela Morosini volle trattenermi a colazione parlai di te, essendo venuto il discorso sulla Benzon ed essa (la Nina) sa di voi tutti e disse a Fiano:“Non sapete? è quella signora di cui vi parlai tanto che perdé da poco l’unico nipote; tanto bravo e intelligente e buono.” Puoi figurarti se nonmi chiese di te, della nostra permanenza a Rezzonico, e come risposi. Così Marina cara tu fosti con me sempre, anche avendoti lasciata aquella triste stazione. Ma tu verrai, vero? tu verrai in questa quiete e ti farà bene, tanto bene e parleremo di lui, e della tua Silvia e della parolacalmante che ci viene dalla solenne bellezza della Natura.Tanti sparirono prima dei nostri cari, e noi pure spariremo, e questi monti e quest’azzurro, e questo verde e questa vastità di campagnapermarrà. Noi avremo un domani certo avremo un domani, giacché la comprensione nostra è sproporzionata alla nostra vita fugacissima, etutto questo impeto di passioni che è in noi non può finire inutilmente sotto una spanna di terra. L’Elena ti bacia e ti scriverà presto io tiabbraccio stretta stretta e ti carezzo con affetto intenso. Tua Vittoria Scrivimi. Dimmi se la Silvia viene presto e se Chiumini portò buone nuove. XCIX. Ep. in corso, XII. 3. 3187[349]

Venezia, 28 Ottobre sera [1900] [350] Marina, mammetta mia!Questa mia lettera non partirà certo questa sera, giacché sono le undici passate e fino a poco fa ho dovuto raccontare alla Mary tutta la mia vitadi questi giorni, e le tue cure squisite, la tua affettuosità veramente tenera, e le care gite e la gente veduta, e ogni cosa, con particolari infiniti.Questa mia lettera dunque non partirà certamente questa sera; ma io non potrei andarmene a letto, benché un poco stanca, senza starmene untantino con te, come le sere scorse, senza mandarti col pensiero quei bacetti che ti davo là, al sommo dello scalone, prima di entrare nella miacamera, là presso la balaustra che dà sul vasto androne pieno di penombre misteriose; dinanzi al fanale che guarda come un grande occhiofavoloso la fuga dei fantasmi e dei sogni che si rincorrono da tanta vicenda di anni per gli atrii e le sale di Ca’ Rezzonico…Cara cara Marinetta buona che mi avvolgesti in questi giorni come in un caldo manto di tenerezza, io non ti ho detto niente, tutto mi parevasemplice e naturale, come è semplice e naturale sentirsi amati dalla propria mamma…Ecco. Per questo io non ti ho detto niente e non ti dico niente ora. Sappi solo (ma certo tu lo sai e lo senti) che mi hai fatto molto bene. Cosìavessi potuto farne un poco a te! Scriverò subito alla Silvia. Ora vado a letto e sognerò te, e il prato innanzi al tuo palazzo, e quella statuainfondo laggiù, pensosa e misteriosa fra il verde. Ti abbraccio stretta stretta Tua VittoriaC. Ep. in corso, XII. 3. 3133[351]Venezia, 30 Ottobre 1900 Marinetta mia tanto cara!La tua lettera, scritta prima di ricevere la mia, mi ha proprio intenerita. Come potevi credere che non ti avrei scritto subitissimo? E intanto miscrivevi tu, tante paroline, dolci come carezze. Dall’Angelica non ebbi ancora lettere perché ero io in debito, ma scrissi subito e ti saprò dire,appena mi risponda, come sta di salute. Parlai alla Mary dell’Angiolina e benché l’età di lei le sembri poca per le nostre idee, pure sentendoda me che si tratta d’una donnina savia e a tutta prova per fedeltà, acconsente a provarla. Tu le dirai cara Marina, che per ora noi le si darebbe12 lire il mese; in proseguo e vista la sua capacità, e a seconda del suo servizio attento e preciso, potremo naturalmente aumentare. Essadovrebbe stirare (roba d’amido ve ne è mai, e solo qualche colletto l’estate, o polsini), badare alla biancheria, fare le stanze e la sera, se occorre(quando v’è gente a pranzo, aiutare ad asciugare qualche piatto in cucina); le piccole appendici, i piccoli dettagli del servizio le si diranno quie li imparerà stando con noi e pigliando in pratica le nostre abitudini. Quando verrebbe? Noi per ora abbiamo una donna che si manderebbe incampagna, venendo l’Angelina; dobbiamo quindi sapere quando l’Angelina verrebbe, per non mandarla su due piedi. Che festa sarà se tul’accompagni! Sia davvero la benvenuta se porta te; e starai qualche giorno con noi? Dimmi di sì e dimmi press’apoco quando sarà perché iopossa preparare la donna che abbiamo ad andarsene. Tu intendi. Dimmi se han preso l’uccello nel tubo della stufa e se stai bene e se mi vuoibene sempre e tanto. Baci da Mary e da me un lungo abbraccio stretto stretto Tua VittoriaCI. Ep. in corso, XII. 3. 3134Venezia, 7 Dicembre 1900 Marina cara. Scusami ti prego se non risposi subito alla tua, ma nei giorni che fu qui il Santamaria[352] la mia corrispondenza rimase un po’indietro ed ora mi piovono i rimproveri anche delle sorelle. Perciò volevo riprendermi, e trascurai di rispondere alle lettere ultime. Non tiaddolorare per non aver abbracciato l’Elena, essa non giunse né quel giorno, né il dì dopo, e solo mercoledì. Le dissi di te e dei salutiaffettuosi che lasciasti per lei e li ricambia con tenerezza. Quanto mi duole della povera Maria Bianchi e di quelle povere creature che lestanno attorno palpitando ansiose di speranza e di terrore! povera mamma sua! L’Angelina non va male, io la riprendo con carità quando cade

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in qualche negligenza e cerco di abituarla al regime di casa. Già non si può dire alla prima se una donna può o no andare, bisogna vederlanelle diverse circostanze, e all’opera, varie volte; poi si giudica. Scrissi alla Silvia del nostro ramingare dalla stazione a casa Tiepolo (cosìdesolatamente miserabile!) e da casa Tiepolo alla stazione, per farla sorridere. Le scrissi anche che saremmo tanto felici s’ella volesse venire apassare qualche tempo con noi. Ma chi sa se vorrà. Grazie della lettera della Browning. Tu spendi delle grosse somme per farmi la réclame eio te ne sono molto riconoscente, ma cosa vuoi? dubito un poco che quella povera vecchia capisca e gusti la poesia italiana. Mi pare che quelgiorno parlasse anche a stento l’italiano, figurati poi!… Basta speriamo che il volumetto lo legga il fratello, voglio dire il nipote.E anche l’Alba Agostinelli peggiora? Ma vi è un’epidemia di tifo costà? mentre poi l’acqua è così buona? Forse qualche canale scoperto einquinato da qualche lavanderia? una ragione ci deve pur essere! I medici come la spiegano?Abbiti cura Marinetta mia cara e non strapazzarti e copriti bene, e mangia un poco di più. Hai capito? E adesso prendi un bel bacio dalla tua Vittoria Dalla Maria tante cose d’affetto.CII. Ep. in corso, XII. 3. 3135[353]Venezia, 12 Dicembre 1900 Marina cara. Grazie mille per la tua lettera e per quella inclusa. Capisco che Nuova York non è Washington, ma insomma ci vuol altro, ed èsempre una grande raccomandazione quella al console generale d’Italia. Poveri Agostinelli e poveri Bianchi! I primi già piombati nel dolore,gli altri sospesi tra un’ultima speranza e la minaccia suprema. Ah che pena! E quando si pensa che la vita non è altro che un lungo e quasiseguito succedersi di queste angoscie e di questi schianti, e che se vi è una pietosa tregua è così breve che appena se ne avverte il riposo, viendavvero di chiedersi: “perché?”…Ma bisogna guardare più in là e sperare e credere in qualche cosa che giustifichi in certo qual modo questa nostra lunga, agonia.Anche qui le giornate sono luminose ma fredde; mi scrive padre Giacomo Inyverdeus degli Armeni che il loro vescovo andato a Roma peraffari fu preso da polmonite e versa in grave stato. La stagione è insidiosa, giacché al sole fa caldo; poi si scantona in qualche callettaaduggiata, ed ecco che qualche malanno sta in agguato per pigliar subito al varco. Per me non temere, che mi ho tutti i riguardi. Abbine tuinvece, che vi badi assai poco; copriti bene, ti raccomando, e il mattino non ti levare troppo per tempo. Hai capito? e prendi un lungo bacionedalla tua Vittoria Dalla Maria e dall’Elena tante cosette d’affetto.CIII. Ep. in corso, XII. 3. 3136[354]Venezia, 23 Dicembre 1900 Marina cara.Vorrei scriverti un letterone, ma oggi le amiche intime vennero a vedermi per il mio onomastico e se ne andarono solo poco fa che quasi èl’ora del pranzo, così non potrò che ringraziarti in fretta della tua cara lettera e augurarti forza e coraggio per passare il meno tristementepossibile questi giorni di strazio e di schianti per chi ha molti dolori da rammentare e molti posti vuoti intorno a sé. Sono tanto e tantocontenta che la cara Silvia t’abbia fatto buona e affettuosa compagnia. Ti vuol bene e sente più [c]he[355] mai quanto tu le sei necessaria.Domenica, l’Elena fu a colazione con noi. Domani poi verrà a passare tutta la giornata e la notte, e il dì dopo e la notte dopo, per nontornarsene a casa di sera dopo il desinare. Dalle lontane buone nuove. Si parlò tanto di te anche oggi, e io penso a te tanto intensamenteMarina cara, in questi giorni di memorie intime, di feste familiari e serene, di doni scambiati, di speranze infantili.Coraggio! Io scrivo alla Ricci[356] ogni tanto; non “spesso”; essa è però una buona amica per me e credo mi voglia bene veramente. Pastropartirà pel Cairo il 27 corrente, va a passarvi l’inverno. Cantalamessa[357] fu l’altrieri a desinare con noi e col Fogazzaro e Piucco e laPascolato[358]; sta benone, e mi chiese di te, e m’incaricò di ossequi quando ti scrivessi. L’Angelina… fa quel che può. Bisognerà vedere secol tempo s’impratichisce specialmente nello stirare in cui è proprio deboletta. Ma è una buona creatura e può darsi che migliori.Ricambia al carissimo Prof. Spagnolo i cortesi saluti e tu insieme ai saluti affettuosi della Mary e dell’Elena, prendi un abbraccio strettostretto dalla tua VittoriaCIV. Ep. in corso, XII. 3. 3137[359]Venezia, 14 Gennaio 1901 Marinetta cara.Il tuo duraturo silenzio mi diceva che lo scrivere ti era duro, e io lo capivo benissimo, specialmente in quei giorni di feste intime e care. Io tiavevo scritto e non vedevo risposta. Seppi invece che avevi scritto all’Elena e che quindi non eri malata. Intanto mi giunse il volumepubblicato per il povero Pierino e pensai che non mi scrivessi impressionata anche amaramente da quel riandare gli episodi delle amichevolitestimonianze d’affetto.[360] Il ritratto del tuo povero nipote riuscì assai male. Vero? perché non copiarono fedelmente quella sua ultimafotografia, così bella? Tu hai fatto benissimo a startene tappata intanto in cotesta deliziosa camera dove io passai ore indimenticabili,guardando il giardino, il panorama lontano, le nuvole e i sogni del cielo e le visioni del passato che mi passavano innanzi.Abbiti cura sempre; la temperatura è anche qui ancora polare. La “mia Musa” tace. Ti sono piaciuti i versi per la povera Silvia? certo furonoscritti col cuore. Fogazzaro non pubblicò ancora il suo romanzo riunito; lo dà fuori a puntate sull’Antologia ogni 15 giorni, ma spero che lopubblicherà presto anche prima che ne esca la fine sul periodico di Roma, e allora sta sicura che te lo manderò subito.[361] Di quale “maritodella mia amica” mi parli? della Ricci? Mi consta che ora sta benone ed essa mi scrive lettere così felici da suscitarmi una vera invidia. Maforse tu parli d’altri? sarà bene tu dica il nome per esser più chiara. Anche la Laura Ruspoli è una mia buona amica, ma non credo tu parli disuo marito. Anche Rosanna Marcello è una mia buona amica. Forse appunto tu parlavi di Gino Marcello? Certo non è ancora guarito, ma vameglio molto. Ricambierò subito il cortese saluto dell’illustre prof. Martelli e tu confessagli che mi mandasti in gran ritardo il suo biglietto.Io sto discretamente bene, e la Mary pure… La Canevaro parte posdomani per Roma dove resterà un mese: la duchessa è guarita e comincia arassegnarsi. Alla Silvia scriverò presto. Sono in debito con tutti anche gli amici più cari. Tanti baci dalla tua Vittoria

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CV. Ep. in corso, XII. 3. 3138[362]Napoli, 14 Maggio 1901 Marina cara cara! Io sono qui dopo un delizioso giretto per la dolce Umbria[363], e ancora ho gli occhi e l’anima pieni di quegli orizzontimeravigliosi, sui quali passano, divini fantasmi, le madonne e gli arcangeli del Perugino e del Signorelli.Trovai Virginia bene, benché un po’ raffreddata, giacché va troppo in carrozza scoperta, mentre la temperatura è ancora assai bassa, e tiraun’arietta niente piacevole. Ma ieri la feci stare a letto fin tardi (la Virginia, non l’arietta) e oggi sta meglio. Vidi l’Angelica e Maria chevennero qui da Cava per poche ore. Maria al solito, l’Angelica migliorata dai suoi disturbi artritici. Io resterò qua tutto il maggio e poi andròcoi Mirelli a Cava dei Tirreni da Angelica per passarvi il Giugno. Nel Luglio non so bene che farò, ma vorrei tornare a Venezia.Dell’Angelina già ti dissi che non intendiamo affatto riprenderla. Lo dissi anche a lei, e lo capì anche da sé, perché non è solo incapace, maamantissima del pettegolezzo, di riportare cose sentite dire dagli altri servitori, esagerando e anche inventando, suscitatrice di malumori, e diliti; e questo è il peggio. Desiderosa sempre di uscire, di divertirsi, senza alcuna serietà di propositi. Sarà bene che trovi un marito e si sposi;ma a fare la cameriera non riuscirà mai.Oggi o domani andrò con Virginia dal Ierace[364] e te ne scriverò subito la mia impressione. La villa Magnaguti la visitai l’altr’anno.[365] LaTittoni venne ieri, ma Virginia non riceveva perché a letto; ma la vedremo presto e non scorderò di presentarle i tuoi saluti. Mi chiamano acolazione e vi è Campolattaro commensale. Debbo correre. Scrivimi qui. Ti bacio con tanta tenerezza Vittoria tua Dai Mirelli saluti dei più affettuosi. Ancora un bacio.CVI. Ep. in corso, XII. 3. 3139[366]Castellamare di Stabia (Villa Moliterno), 15 Luglio 1901 Marina cara. Anch’io sono scusabile se non ti ho scritto prima. A Napoli ebbi Virginia malata (dolori alle reni, perdite abbondanti eprolungate, etc etc.) quasi per un mese, ed avendole il medico prescritto assoluto riposo, io la facevo pazientare a letto con lunghe letture echiacchierette etc etc. Il dottore le prescrisse poi i bagni di Castellamare e Virginia mi pregò di accompagnarla qui, né io ebbi cuore dirifiutarle quel che mi chiedeva, non vedendola ancora del tutto riavuta. Ora, grazie a Dio posso dirti che Virginia sta proprio benino e varifiorendo di giorno in giorno. Qui la temperatura è mitissima anzi deliziosa. Abbiamo alle spalle il bosco di Quisisana, davanti il mare, el’aria è sempre fresca e impregnata di selva o di salsedine. Questa villa poi è un incanto, e la buona principessa che ci vuole ospiti sue fino aoggi (domani ella parte per Aix e la villa resta fittata ai Mirelli per tutta la stagione) ci colmò di tante e tali bontà che a enumerarle ci vorrebbeun volume. Basterà dire che la sua ospitalità può quasi andar a pari con la tua, e come te ci fece trovare sulle toilettes e sulle scrivanie ogniutile cosa, perfino i bolli da lettere come fai tu. Mary è ad Abano con la cameriera Adele (sai quella che era dell’Elena e che se ne andò da leiper un nulla) una buona e brava ragazza che ci affida completamente. La Lisa Salvadego sposata al conte Cavalli ha una villa vicina ad Abanoe vanno a trovarla spesso e Mary va da loro. Questa ci scrive contenta della sua cura di fanghi. Io poi, a sua insaputa la feci raccomandareparticolarmente al De Giovanni[367] che è il direttore medico dello stabilimento, e va ogni tanto da Padova a sorvegliare. Infatti egli le feceun esame accuratissimo e le prescrisse la cura da seguirsi. Angelica mi aspetta a Cava col muso, e vi andrò in Agosto, ma ora sono qui efaccio anch’io questi bagni ferrati che mi giovano molto per l’anemia. L’Elena so che è a Tarcento e godo che abbia la compagnia delle buoneamericane come tu mi dici. Io vedi che per ora non posso tornare nel Veneto, e non potrò farlo penso, che in Settembre. Allora, se mi vorraiverrò a Rezzonico. Da Ierace andai 4 o 5 volte e sempre era fuori, così non vidi ancora il busto del povero Piero, ma i Mirelli dicono che èsomigliantissimo. Cesco ti bacia la mano. Virginia ti bacia. Io ti stringo stretta stretta stretta Vittoria tua CVII. Ep. in corso, XII. 3. 3183Castellamare di Stabia (Villa Moliterno), 16 Agosto [1901][368] Marinella mia cara tanto.Le gallette te le ho mandate io perché sono bonissime col latte, il caffè, etc e leggierissime. Sono tanto contenta che tu le abbia accolte bene escusami cara se non ho risposto ancora alle domande tue su quella penna che con la mia terribile amnesia ho totalmente scordata. Per quantoio abbia pensato non so farmi tornare in mente quale penna io abbia donato alla Ruspoli. Sai che pel suo matrimonio le regalai dei merletti.Non saprei proprio ricordarmi nulla della penna di cui mi parli. Alla Maria, ogni anno faccio un piccolo dono pel suo onomastico, marammento più nemmeno cosa le regalai quest’ultima volta. Dunque Silvia fu a Napoli? Poveretta! non ebbe cuore di rivedere Virginia, e forsenoi eravamo già qui, e tanto meno pensò a fare una corsa a Castellamare. Come l’avrei riveduta volentieri! e i Mirelli? pensa! Avrai sentitodella disgrazia toccata ai Della Seta Agostini. Il loro figlio maggiore, a 18 anni, morì in poche ore di appendicite. Che orrore! Io parto di quilunedì prossimo, 19, per Cava dei Tirreni, giacché l’Angelica non vuol più sentir parlare di dilazioni, e d’altra parte volendo io essere aVenezia per la metà di Settembre, debbo affrettarmi giacché altrimenti non resterei nemmeno un mese con lei. Certo verrò a Rezzonico caro,bello, indimenticabile, dalla mia Marina, dalla mia Mammetta adorata.Virginia ora sta proprio bene e la lascio tranquilla affatto. Anche Angelica pare abbia avuto gran giovamento dai bagni di mare che fece aVietri e anche la Mary pare stia meglio dai suoi dolori alle mani.L’Elena fu a Venezia ed ora tornò a Tarcento. Ma come mai vuoi che se la prenda con te se le buone Alexander non si decidono ad andare dalei? Sarebbe bene ingiusta! Salutamele ti prego le care amiche e baciale per me, e dì loro che non mi dimentichino. Qui facciamo una vita diigienica contemplazione, perché davanti alla villa, fino alle 4 p. m. abbiamo l’ombra, e così stiamo là, fra le palme e i cedri del Libano,guardando il mare col Vesuvio in fondo, e le nuvole e i sogni che recano sulle lor mobili groppe. Qualcuno vien sempre da Napoli acolazione o a pranzo da noi, e la vita si fa molto all’aperto, nel bosco di Quisisana (delizioso) che abbiamo alle spalle o come ti dissi nelparco della villa. Tornando alla penna, penso che da Zifferi l’argentiere sotto le procurative, o anche in merceria dell’Orologio (anzi meglioquesto) da quel nuovo argentiere vicino al negozio di profumerie, a sinistra (andando dall’Orologio in su) troverai quante penne vuoi e a buonprezzo, e se non avessero l’astuccio te lo fan fare in poche ore e poi troverai là altri e molti graziosi oggettini, di ogni prezzo, e potraiscegliere. Da Cesco e Virginia ricordi tanto affettuosi e baci da quest’ultima.Io ti butto le braccia al collo e ti bacio tanto. Vittoria tua

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CVIII. Ep. in corso, XII. 3. 3140[369]Cava dei Tirreni, 3 Settembre 1901 Marinella cara!Sei tornata dalle tue peregrinazioni cara la mia trottola? io tornerò a Venezia il 20, ma avrò da fare e solo in Ottobre verrò a vederti.Tu abbiti cura e non andar troppo in giro. L’Angelica che ora sta bene ti dice tante cose affettuose; anche Virginia sta bene; andrò Domenicada lei. Mary è a Venezia e mi aspetta. Cari bacioni dalla tua VittoriaCIX. Ep. in corso, XII. 3. 3141[370]

Venezia, 7 Ottobre 1901[371] Marina cara, mammetta mia.Subito dopo le sorelle ecco io scrivo a te la grande novella che fra gl’indifferenti susciterà chiose e canzonature per la mia età, poco indicataper le nozze. Mi sono fidanzata a Guido Pompilj[372], un alto cuore un alto ingegno, e mi sposerò alla fine del novembre prossimo. Eccodetto tutto. Lo dirò fra qualche giorno ai più vecchi amici di casa, e il più tardi possibile a tutti gli altri, giacché mi figuro che giudicherannocon sogghigni ironici e poco benevolmente la mia decisione. Poco m’importa; ma ad ogni modo desidero che essi possano divertirsi alle miespalle il più tardi possibile, e però ti raccomando per ora, per alcuni giorni ancora il segreto. Se la cara Silvia è con te ripetile queste mieparole, e che le scriverò subito, appena posso. Intanto sappia che io scrissi a Virginia dicendole le ragioni per cui non la vide a Napoli.Marina mia io ti scrivo in gran fretta dovendo provvedere a mille cose, formalità, noie, etc. etc. indivisibili da questo noioso periodo cheprecede il matrimonio. Intanto io ti prego di mandarmi la tua fraterna e materna benedizione e lascia che io ti abbracci stretta stretta. Vittoria tua Se le Alexander sono con te dì loro la cosa raccomandando il segreto. Scriverò presto a Francesca. CX. Ep. in corso, XII. 3. 3142[373]Venezia, 24 Ottobre 1901 Cara tanto! Il Murri[374] definì il male di Mary: Polineurite, vale a dire infiammazione di nervi per principio artritico e disse che il male nonè grave, ma non indifferente. Ordinò la cura del joduro, in un preparato nuovo: Iodipina Merk. La Mary fu contentissima del Murri e di tutto.Pel nostro stemma sole d’oro in campo azzurro. Pel suo gli chiederò e così per quello di Perugia. Intanto ti mando un bacio dei più teneri tua figlietta Vittoria Dalla Mary tante carezze.CXI. Ep. in corso, XII. 3. 3186Venezia, 28 Ottobre [1901][375] Marina cara.Eccoti gli stemmi che però ti pregherei di rimandarmi al più presto. Il Grifo di Perugia lo avrai subito, ma anche quello sarai così buona difarmelo riavere a volta di posta perché ti sarà facilissimo farlo ricopiare.Scusa la fretta e con un bacione chiudo perché se tu dovessi il mio da fare ti farei pietà.Tua figlietta VittoriaCXII. Ep. in corso, XII. 3. 3143[376]

Venezia, 9 Novembre [1901][377] Marina cara. Io non so se ti ho ringraziato dei forti squisiti, assaporati con religione anche dal mio fidanzato e pei quali la Mary m’incaricò didirti tante cose grate. Tu ad ogni modo mi scuserai perché in questi giorni ho la testa in giro. Finalmente la data del mio matrimonio s’èpotuta fissare al 28[378] corrente e il 18 parto per Napoli. Ora sto benone Marina cara e sono tanto felice! Ti bacia con tenerezza la tua figlietta Vittoria La Mary benino. CXIII. Ep. in corso, XII. 3. 3144[379]Venezia, 12 Novembre 1901 Marina tanto cara, mammetta mia buona. S. Zenone![380] caro ricordo d’un tramonto indimenticabile. Cara tanto! Che buone ore ho passatocon te! io spero che tu verrai a Perugia e ne passeremo insieme delle altre. Vero? Ho l’acqua alla gola pel tempo che incalza e le tante cose cheho ancora da disporre. Scusami per carità se ti scrivo in cartolina. Ricevo rimproveri d’ogni parte per aver scordato di partecipare a molti amiciil mio fidanzamento. Non hanno proprio pietà. Ridi? Sì cara manda a Perugia grifo e leone, quando vorrai, e grazie sempre e comunque delbene che mi vuoi. Tua VittoriaCXIV. Ep. in corso, XII. 3. 3145[381]Perugia, 25 Dicembre 1901 (Natale)

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Marina cara! Tu non mi scrivi da un secolo e io nella baraonda di quegli ultimi giorni a Napoli, e nella mia nuova vita qui, turbata dallamalattia di Guido che mi diede una pena immensa, so appena se ti ho ringraziata del tuo veramente magnifico e artistico dono, che destal’ammirazione più viva in quanti lo vedono. Ho come in ombra d’averti scritto poche righe, per dirti l’immediata impressione mia che fuintensa; ma ti promettevo una lunga lettera e quella non venne finché intanto Guido s’ammalò.[382] Egli andò un mattino per tempissimo aMonte del Lago, per affari del Consorzio, e tornò la sera tardi, con un freddo acuto e un vento sferzante. Per dirti brevemente la cosa siammalò di pleurodimia, che, come già senti dal nome, ha con la pleurite una grande affinità. Puoi figurarti la mia angoscia, data anchel’indole di Guido, poco credente nei medici e nelle medicine, sprezzante dei rimedi etc. etc. Basta. Un po’ la sua complessione robusta, unpo’ le pennellature di jodio e i cataplasmi e il chinino (ebbe anche parecchie febbri abbastanza alte) ora va stando meglio, ma s’alza solo unpoco d’ore nella giornata ed è ancora parecchio debole.Il tempo poi da una settimana e più è pessimo, e questo anche contribuisce a ritardare la guarigione completa. Ma era naturale che questa nubesi alzasse sul mio cielo, altrimenti sarei stata troppo felice. Una casa deliziosa, un marito intelligente, buono, innamorato, pieno di premurefinissime, di attenzioni squisite; e tutto questo alla mia età! Proprio la sorte doveva malignare un poco[383]. Ma speriamo che se la sia cavatacon questa paura che m’ha messo, e felicemente sparita. Ora non occorrono che dei grandi riguardi, tanto più data questa perfida stagione. La Mary è al Vomero (Napoli) al Bertolinis Palace Hotel, che le fu indicato come ottima esposizione per passarvi l’inverno. Lì si trovabenissimo, e me ne scrive lettere entusiastiche. Vede ogni giorno Virginia e anche di salute sta proprio benino. Virginia ottimamente, eAngelica bene. L’Elena è a Tarcento. Eccoti detto tutto di tutte noi. Di me ti dirò che passate le prime inquietudini forti per la salute diGuido, ripresi l’appetito, e quest’aria di Perugia ti assicuro che mi è molto confacente. Mangio e dormo come non ho mai fatto, e dicono cheingrasso. Sei contenta? Scrivimi di te e della tua vita, e se mi vuoi sempre bene. Io non posso volertene di più cara cara Marina mammettamia, e la mia grande gratitudine te la dico con un bacio intensamente tenero, perché con parole non saprei. Guido vuole ti presenti i suoiomaggi augurandosi di poterti conoscer presto di persona mentre gli ho già tanto parlato e gli parlo tanto di te. E io ti butto le braccia al colloe ti strucco! La tua figlietta VittoriaCXV. Ep. in corso, XII. 3. 3146Perugia, 13 Luglio 1902 Mammina mia cattiva, e tanto cara.Ma non sai che io mi andavo chiedendo: “Che cosa ha la Marina cara che non mi scrive più?” Puoi credermi[384] se ti dico che certo una mialettera (l’ultima) deve essersi smarrita per via giacché io non ebbi da te alcuna risposta e rispondendo con una cartolina a un cortese salutodello Zanchetta, lo pregai di portarti i miei saluti e di chiederti perché non mi scrivevi più.Il rimprovero che mi fai riguardo a Silvia è meritato… in parte, giacché quando ti scrissi che non avrei potuto fermarmi a Bologna nel ritorno,ti chiedevo anche dove era Silvia e non mi rispondesti niente.[385] Ora le scrivo subito, e sono certa che mi perdonerà, tanto più quando leavrò detto che tornata da Venezia trovai qui Guido (che m’avea preceduto) malato non lievemente di bronchite e avendo avuto nell’inverno lapleurite, più debole, tanto da impensierirmi davvero. Sai che quando si hanno dei cari malati si perde la testa, e quindi allora non pensai discrivere a Silvia. In seguito credei forse d’averlo fatto e io stessa fui raffreddata e non bene, insomma chiedo indulgenza. Ma da te ero io cheaspettavo una parola, mammetta cattiva. Tra qualche giorno andremo a Montecatini per una diecina di giorni, poi di nuovo qua, giacchéGuido deve trovarsi pel Consiglio Provinciale di cui è presidente. In seguito non so dove andremo, ma Perugia essendo più che altro unastazione estiva, non sarei punto dolente di rimanermene tranquilla anche qui. Vedremo. Ad ogni modo tu scrivimi subito[386] due righebuone e mandami un bacetto in ricambio di quello tenerissimo che ti dà in ispirito la tua Vittoria CXVI. Ep. in corso, XII. 3. 3147[387]Perugia, 21 Settembre 1902 Mammetta cara! Dopo 26 giorni di febbri infettive ecco finalmente il meglio viene. Io respiro e te lo scrivo subito pensando al bene che mivuoi e ci vuoi. Ti bacia con tenerezza la tua Vittoria CXVII. Ep. in corso, XII. 3. 3148[388]Perugia, 26 Settembre 1902 Cara Mammetta. Sì il mio povero malatino[389] mi ringrazia sempre con tanto e tanto affetto delle mie cure, e dice che senza me non sa comepotrebbe vivere, e aggiunge tante cose tenere che mi commovono. La febbre ha ceduto. Ora bisogna vincere la debolezza grandissima, la grandepressione. Figurati che la notte la sua temperatura scende a 35 e 5! Ma le forze torneranno se Dio vuole. La Mary è ora a Tarcento conl’Elena. Io ti mando un abbraccio stretto La tua Vittoria CXVIII. Ep. in corso, XII. 3. 3149[390]San Remo, 28 Febbraio 1903 (Savoy Hotel) Cara la mia Mammetta.Vedi? Sono ancora a San Remo, e sola, perché Guido se ne andò verso la sua politica, e non tornerà che martedì o mercoledì, dopo ventigiorni di assenza. Sta ormai proprio bene, se non che quella benedetta gamba gli dà sempre un po’ di dolore a quando a quando e un po’ sigonfia verso il piede etc. etc. ma succede sempre così. Dopo il tifo quegli strascichi sono inevitabili. Qui io ho vissuto propriodeliziosamente questi tre mesi. Un tepore divino, un tempo quasi sempre sereno, e tanta e tale cortesia da confondermi. Figurati che Virginiasarebbe qui nel suo elemento, giacché gl’inviti a pranzi a colazioni a balli fioccano che è un piacere. Io ne accettai sempre uno su dieci, pocoamante come tu sai della vita mondana, ma con tutto questo dovetti movermi ad ogni modo. Ti mando anzi una corrispondenza anonima che,pregata, mandai al Giornale d’Italia. Quirti la voleva firmata, ma non ci sentii da quell’orecchia. Te la mando perché completerà questa mia

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lettera.[391]

Il mio volume è finalmente uscito[392], e figurati che delle buone inglesi e americane vedendolo nelle vetrine dei librai se lo comprarono (purnon comprendendo che pochissimo l’italiano) solo per aver il gusto di farvi scrivere su il mio nome. Cosa che feci ben volontieri. Così,essendo qui all’albergo, ormai conosciuta, a molti venne la voglia di comprarsi il volume, tanto più sapendo che vi era il mio ritratto (moltomal riuscito del resto) e così ho fatto, senza volerlo, gli affari dell’editore.D’Italiani qui, a questo stesso Hotel vi sono i Somaglia, i Dal Pozzo, i Lurani. Ora poi si ammalò di polmonite il conte della Somaglia e futelegrafato alla madre sua, alla madre di sua moglie, e così è un trio di suocere magnifico, perché anche la Lurani è la suocera di Dal Pozzo,fratello della Somaglia.Tutti sono molto cortesi con me e, manco a dirlo, tutti si sono già forniti del libro.Spedisco questa mia alle Alexander perché non so il tuo indirizzo di Firenze. Ora penso che forse sei già partita, argento vivo che sei. Ad ognimodo sapranno dove mandartela. Ti dà tanti e tanti baci la tua Vittoria CXIX. Ep. in corso, XII. 3. 3150[393]Perugia, 25 Aprile 1903 Tu, cara Marinetta mia, mi hai comunicato limpidissimamente le tue luminose impressioni, e le visioni magnifiche che affascinarono i tuoiocchi e l’anima tua. Anche la Canevaro che fu in Sicilia ora, mi scrive con entusiasmo di Taormina, della via da Palermo a Messina, e di tuttaquella luce, quei fiori, quella bellezza di memorie e di natura che fanno di moltissime parti di quell’isola privilegiata, un paradiso.Ma tu mi hai anche dipinto, dirò così, la linea morale degli abitanti, e il loro modo d’essere, e le loro maniere urbane etc. etc. e mi hai fattocrescere la voglia di visitare quei paesi di sogno. Ma sì!Ti ho spedito un giornale con una mia lirichetta che dipinge al vero questa svogliata e pallida Primavera umbra che par venuta per forza, e mifa ripensare con desiderio a S. Remo, tutto caldo nel sole e tutto giocondo di fiori.[394] Te la mandai nell’ Unione Liberale perché dopoaverla pubblicata nel Marzocco vi feci alcune altre correzioni, e al giornale di qui che la chiedeva per ripubblicarla, la diedi riveduta e ripulita.Mandai il giornale anche alla cara Silvia a Faenza. Ho fatto bene? A Bassano qualcuno ha comprato il mio libro? Sullo Sport e Salon, ungiornale di Vienna, pubblicarono un lungo articolo in mio elogio, e accompagnato da un bel ritratto che si procurarono dal Contarini diVenezia, il quale non chiede di meglio per farsi un po’ di réclame. Questo per compensarmi degli orrendi ritratti (?!) che pubblicarono di meil Fracassa, il Secolo XIX, il Fieramosca e uno peggio dell’altro; ma accompagnati da articoli elogiosi sicché non posso proprio lagnarmi e, senza parlare dei giornali e periodici italiani, che tutti, lungamente o brevemente parlarono con molti elogi di questa seconda edizione[395], tidirò che perfino un giornale di Boston il Transcript, ne parlò riportando una conferenza del conte di Campello sugli scrittori italiani, nellaquale mi incensa molto cortesemente. Ti dico queste cose perché so che a te fa piacere tutto ciò che fa onore alla tua figlietta, e tu sai che nonlo faccio certo per vanagloriuccia. Fra poco vedrai la mia Villa Medici [396], una mia nuova lirica anche questa che spero ti piacerà. Vedimammetta mia che non istò in agio e non mi addormento su quella umile foglietta di alloro che ho colta. La mia Mamma di lassù so che miguarda e mi sorride. Cara Mamma mia! e sorride anche a te che mi vuoi tanto bene, e ti ringrazia dall’alto. Ti bacia con tenerezza La tua Vittoria CXX. Ep. in corso, XII. 3. 3151Perugia, 8 Maggio 1903 Cara la Mametta Marinella!Che tenerezza mi ha fatto la tua cartolina e come mi prova sempre di più l’interesse che prendi anche ai piccoli fatti che mi riguardano!Se ricordo la nostra gita a San Zennone?! Io, (rammento bene) dissi allora: “Questo giorno mi sarà fisso nella memoria sempre; io vi correròcol pensiero come a una rara ora serena, nel seno della natura innocente, vicina a un’amica sicura e alta, e rivedrò come ora vedo, quellavallata, questi colli, quei monti, la piccola chiesa; tutto.E quell’altra nostra gita alle fonti del…? (non so più il nome) ah che sorso di bellezza e di pace lassù, che candore di paesaggio e disensazioni! Ti ricordi? ah che sete talora di scordare il fango del mondo, il fango della vita, il fango degli uomini! Quando sui giornali iorivedo accennare all’affare Murri[397], o narrare qualche altro fatto di simil genere, penso al caro Papà mio, che leggendo i fogli, sclamavaspesso: “Meglio meglio non esser nati, e non sapere tante turpitudini!” Poi si riprendeva subito e come pentito aggiungeva: “Mio buon Gesùsia fatta la vostra volontà.” Io lo dico anche in quei miei versi A mio padre che tu certo hai letto in Leggenda Eterna.[398]Povero e caro papà mio!Io non credo che verrò presto nel Veneto. Fui così lungamente assente da casa che sento ora il bisogno di starvi un poco tranquilla e di pièfermo; ma sempre relativamente e molti mesi non starò certo senza vedere le sorelle e la mia Mammetta cara, anch’io vorrei essere a Napoli, aVenezia, a Cava dei Tirreni tutto ad un tempo, e questo non è possibile. Quando sarà che io possa trovarmi con tutte le mie sorelle ad untempo e con te mammetta mia? Forse mai più. Mai più! che parole amare e tristi e cattive! ed esprimono invece una cosa che più spessosuccede nella vita. Certi fatti non si rinnovano che molto raramente in condizioni identiche, e si potrebbe quasi dire d’ogni vicenda: mai più;intendendo: mai più così; in quelle stesse disposizioni, in quelli stessi luoghi, con tutte quelle stesse persone, e insomma come allora.Io sarò contenta sapere che la tua Etrusca ti è tornata. Ne eri tanto contenta e ti faceva così buona compagnia! E la cara Silvia è poi venuta?Ti bacia con tenerezza la tua VittoriaCXXI. Ep. in corso, XII. 3. 3152Perugia, 24 Giugno 1903 Cara la mia Marinetta sempre più cara. Sei tuttavia a Bessica? Io spero di no, perché io temo che l’opera tua pietosa fra quella gente, ti affatichi troppo e ti stremi. La conferenza omeglio il discorso di Guido non fu pubblicato, ed egli stesso ne ha solo qualche appunto. Cercherò di farglielo scrivere tutto in seguito; ora èa Roma.Ebbi qua i Mirelli 8 giorni e puoi figurarti se ne fui beata. Ora sono a Basalghelle tutt’e due, perché Cesco poté finalmente ottenere il posto a

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Benevento (a due ore appena da Napoli) e partendo da Aquila se ne andò per una quindicina di giorni dalla Virginia.La Mary è a Salsomaggiore di dove partirà il 27. L’Elena a Venezia; l’Angelica alla sua Cava dei Tirreni. Dalla Silvia non ho notizie diretteda molto tempo. Le mandai la mia Primavera ma non ne ebbi nemmeno un cenno di ricevuta. Non oso mandarle la mia Villa Medicitemendo che mi accusi di persecuzione. E’ in collera con me? So che ebbe il Carducci lungamente ospite; come sta veramente quel nostrogrande poeta, e genuinamente grande, non come certi spacciatori di parole difficili, e di bestemmie preziose.Le Alexander stanno bene? anche di esse non ho da tempo nuove. Tu abbiti cura Marina mia, e non esigere troppo dalle tue energie; pensa chenon bisogna abusare del proprio tesoro. Io sarei così infelice, proprio infelice se ti sapessi malata, e tu non devi dare questo dispiacere grandealla tua figlietta. Come dici bene della mia adorata mamma! come l’hai amata e compresa e apprezzata al suo giusto valore. Ella aveva tutte leintuizioni, e tutte le divinazioni direi. Una forza di comprensività, (anche in filosofia e psicologia) straordinaria avrebbe, davvero, potuto faremoltissimo, se le avessero dato tempo e pace.[399] Questa l’ebbe forse soltanto negli ultimi anni di sua vita. Che gioia era per me quando lasentivo dirmi: “Questi sono i migliori giorni.” Una lettura alta e limpida come la divertiva! lavorava, ricamava, e io le leggevo, ed era beata.O leggeva da se, e me ne diceva le sue impressioni e i suoi giudizi…Tempo lontano e caro! Scrivimi che stai bene Marinetta mia e prendi tanti e tanti baci dalla tua figlietta Vittoria CXXII. Ep. in corso, XII. 3. 3153[400]Monte del Lago (Passignano sul Trasimeno), 1° Novembre 1903 (sera) Amica-mammetta cara. Sei tu che mi rimproveri di scriverti poco! Basta! vengano pure anche i rimproveri purché mi venga qualcosa da te.Una triste campana suona oggi e pare ci attiri più vivamente alla memoria dei nostri perduti. Sempre sempre, ogni giorno ogni ora ci sono incuore ma quando tutte le foglie cadono e i soli crisantemi ornano gli orti, e il vento freddo comincia, e pare che tutta tutta la natura dica: “èfinita”; essi ci parlano con più tenerezza e, direi, con più desiderio. Pare dicano: “a che l’indugio? non lo sapete che l’inverno sta per venire, eche noi aspettiamo?” E il sole sembra così lonta[no][401] in questi giorni! e le memorie del passato ci avvinghiano strette, e tutto ciò che nelpresente ci è caro e lieto, impallidisce, e si affonda, dinanzi alla resurrezione più viva dell’usato, di care, adorate immagini di tenere parole chequei labbri non ci ripeteranno mai più.Io ho innanzi allo spirito il piccolo quieto cimitero di Basalghelle, e poco fa, intrecciando pochi fiori per i morti di qui, io pensavo che avreipotuto posarli su quella pietra lontana, su quella porta di mistero, dove è tanta parte di chi ho amato, carezzato, curato, coll’adorazione piùprofonda.[402]Ma essi anche di lontano mi sentono, mi vegliano, mi parlano; io li so vicini a me sempre e mi vado ripetendo le parole che ella mi dicevatanto spesso: “Ricordati che quando io non sarò più, anche allora, io ti sarò sempre accanto.”[403]Io ti scrissi Marinella cara di aver rimesso la gita a Cava dei Tirreni, e posso dartene la mia parola d’onore; se le lettere se le mangia la postadi Bassano o di Perugia io non ci ho colpa. Stiamo appunto per lasciare il Lago, che, veramente fino a ieri fu luminoso e giocondo come dimaggio. Oggi solo quasi a commemorare il triste giorno di domani, il cielo s’è messo al buio e tira vento, e le foglie cadono cadono tutte,sotto la pioggerella che mette i brividi a guardarla. Tu avessi veduti i tramonti dei giorni scorsi! veri manti d’ostro e di foco gettati sulle ondee infondo al cielo, dietro ai monti, neri a quel violento sfondo di fiamme. Ma ora si fa fagotto e si torna in città. Guido ti porge i suoiomaggi e io ti mando tanti tanti baci teneri. Io mi sento vicina a te, nella sala scura, dove mi figuro vederti pensare a loro che hai tanto amatoe che ami tanto Vittoria tua, la tua figlietta CXXIII. Ep. in corso, XII. 3. 3154[404]Perugia, 4 Dicembre 1903 Cara la mia Marinetta.Mi domandi nell’ultima tua se ci rivedremo nell’anno venturo. Ma sfido io! o vieni tu o vengo io, ma puoi star sicura che non lascieròpassare ancora molti mesi senza riabbracciare la mia Marina! quanto sei meravigliosa nella volontà e nella energia! Ti ho veduta sorvegliare edirigere quei tanti operai, dalla tua finestra, e mi son detta che vi ha più giovanezza in te che in molti giovani. Il lavoro e l’occupazione sono ibenedetti amici e consolatori e fai bene a stringerti ad essi. Io questo gennaio andrò un po’ a Roma e quindi dalla Virginia e dalla Angelicache reclamano da due anni una mia visita. Guido è lì a Roma ora ma tornerà presto.E’ sicuro dove sei? come stai? Ti bacia con viva tenerezza la tua figlietta VittoriaCXXIV. Ep. in corso, XII. 3. 3155Perugia, 30 Dicembre 1903 Cara Mammetta furbetta anzi che no.Tu hai adottato un buon sistema: quando senti di meritarti un rimprovero, attacchi tu per prima, e si resta lì attoniti e non si sa che pesci sipigliare. Ma come? sei tu che mi accusi di “peccaminoso silenzio”, quando fui io, io, io, (e non dica mica di no la mia diplomatichetta dimammina! veh!) l’ultima a scriverti? Certo t’avrei scritto ugualmente oggi, perché ti giungesse domani il mio bacio e l’augurio di gioia no,ma della rassegnazione, e della benefica attività, che aiuta i più feriti dalla sorte, a vivere.Dio ti concede la gagliardia fisica e morale, e te la conceda per lunghi anni ancora; il lavoro, e tanto più se diretto al bene altrui, come il tuo,dà vere gioie, e perfino i ricordi più amari vi trovano mitigamento e consolazione.Io sto bene, e non mi moverò che alla fine del mese per Napoli e Cava, avendo persuaso Guido che Roma, in carnevale, sarebbe per me troppofaticosa. Vi andremo così al ritorno dalle provincie meridionali. Le sorelle, grazie a Dio, stan tutte bene, e non so capire come nessuna tiabbia scritto, benché in questi giorni di baraonda postale, ferroviaria, telegrafica etc. etc. tutto sia perdonabile. I nostri più cari amici sannoche il desiderio del loro bene è in noi costante e non si afferma solo e appunto a fine e a principio d’anno. Bisogna invece ringraziare iconoscenti dei calendari che inviano, dei dispacci, dei doni cortesi, dei dolci etc. etc. ed è un affar serio a non voler commettere scortesie conindugi troppo lunghi.Mirelli non è più ad Aquila dal passato estate; è a Benevento; ma già è scontento anche di quella residenza e Guido è daccapo in moto perfarlo andare a Napoli addirittura. Ringrazia ti prego la contessa Remondini del suo ricordo gentile e ricambia cordialmente i suoi saluti di cuile sono gratissima. Povero Zanardelli[405]! davvero quello che dici è ben giusto, e poco prima ch’io ricevessi la tua lettera Guido mi dicevapress’appoco le stesse parole tue. E ti porge i suoi omaggi devoti.

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Ti bacia teneramente la tua figlietta Vittoria Natale[406] Sognavo di plaghe sereneed ecco dal sonno mi stornadi cento campane il clamore.E’ dunque Natale? ma vieneancora? ma sempre ritornala Festa che lacera il cuore? Sì, lacera il cuor ma lo sana. [cuore ma sana]Ne strappa il veleno dagli anni,l’ardor del pensiero ribelle,e puro, ad un’ora lontanalo revoca ignaro d’affanniincontro alle vergini stelle. Vittoria Aganoor Pompilj Queste due strofette furono pubblicate in un numero di Natale di Milano ma non avendone copia te le ho trascritte qui, pensando ti siano piùcare scritte di mio pugno.P. S. Alla Spigardi ho fatto conoscere una signora di Firenze (Orvieto) che le dà lavoro e le usa molte cortesie. Anch’io diedi lavoro alla Alicee gliene feci dare da Virginia.CXXV. Ep. in corso, XII. 3. 3156[407]Venezia, 4 Febbraio 1904 Cara. Son qua e conto venire a farti una visita e a chiederti da colazione. Domani vado a Padova. Dovresti scrivermi o telegrafarmi se mi vuoiDomani o Lunedì. Martedì io riparto per Perugia, ma non senza averti ved[uta] [...]nido. Che festa rivederti! Ti bacia teneramente la tua Vittoria Saluti da Maria. Omaggi da Guido.CXXVI. Ep. in corso, XII. 3. 3157[408]Perugia, 28 Febbraio 1904 Cara tanto! Il 4 o il 5 io sarò a Venezia e tu fammi sapere al Ponte dei Greci se sei a Bassano o dove. O tu vieni a Venezia, o io verrò aBassano tra una corsa e l’altra, ma ti vedrò certo. Va bene così? Omaggi da Guido e bacioni teneri dalla tua Vittoria Guido vide non molto fa a Roma la Martini e stava bene.CXXVII. Ep. in corso, XII. 3. 3158[409]Venezia, 5 Marzo 1904 (ore 9.15) Studiato orario impossibile piacere venir io ricevo ora tua lettera respinta Perugia accetto generosa offerta venire tu – Partiamo mercoledì baciteneri- Vittoria CXXVIII. Ep. in corso, XII. 3. 3181[410]

Venezia, 5 marzo sera [1904][411] Cara Marinetta mia. Tu hai veduto il mio primo e spontaneo impulso che era di venire a vederti io! Ma gli orari studiati poi, ci dimostraronoimpossibile una gita a Bassano dalla mattina alla sera, e avendo il tempo contato e avendo preso impegni di far colazione e pranzo da amici inquesti giorni, sarebbe impossibile star fuori 48 ore consecutive. Aggiungi che stasera, appena giunta da Padova, la Mary mi dice che l’Elena èvenuta da campagna per vedermi, e non potrei piantarla domani. Aggiungi che tanto più sapendoti non malata ma indisposta, non verrei certoa Rezzonico con Guido per turbarti in certo modo, non potendo tu a meno di dolerti del non poter essere alzata al mio arrivo etc. etc. Ma crediMammetta mia, che mentre ora ci è necessario tornare a Perugia martedì o mercoledì al più tardi, contiamo altrettanto sicuramente tornare quitra non molto e allora prenderò le mie misure meglio e ti vedrò ad ogni modo. Anche la Mary si lagna perché le facciamo poca compagnia …insomma non essere in collera con me se non posso venire. La tua lettera diretta qui, fu rimandata da Venezia a Perugia e la ebbi stamaneprima di partire. Ti telegrafai dalla stazione. Ti bacia teneramente la tua Vittoria Omaggi da Guido. Saluti da Mary. CXXIX. Ep. in corso, XII. 3. 3159[412]Perugia, 24 Marzo 1904 Cattiva Marinetta. So che stai bene ma intanto non mi scrivi, né puoi essere in collera con me, che ti provai quanto era in me viva la voglia

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di vederti avendoti subito scritto che sarei venuta io. Se non venni tu sai che non fu colpa mia, e che il tuo piccolo malessere anche me nedistolse, sicura che venendo mentre eri indisposta ti avremmo recato non lieve disturbo. Ma io torno presto nel Veneto e non con la fretta concui venni ora, dovendo trovarmi per forza qui quel dato giorno per affari e promesse fatte a una società di cui m’han fatto mio malgradopresidente. Tu ad ogni modo scrivimi e non trattar male la tua povera figlietta Vittoria Omaggi devoti da Guido.CXXX. Ep. in corso, XII. 3. 3160Perugia, 27 Dicembre 1904 Marina mia.La tua povera “figlietta”, ti domanda in nome della tua Beppa[413] di rivolgerle una parola d’affetto. Io ti mando con tutto il cuore l’auguriofervido di bene, il bene possibile in questa vita. Ti avrei scritto per Natale ma lo passai al letto di Guido malato di bronchite. Tristi Feste lemie pensando ai tempi lontani, e al ceppo e all’infanzia e ai genitori adorati, e ai loro amici più cari; e tu sai se eri tra i primissimi! Sii buonaMarina, non mi contristare più a lungo col tuo silenzio; è la tua Beppa che te ne prega per me e che ti dice: “Se credi che la Vittoria abbiamancato non venendo a vederti per eccesso di riguardo, sapendoti indisposta, perdonale, non ha peccato per mancanza d’affetto, credimiMarina; sai che non ti ho mai mentito!”Non la senti la voce della tua Beppa? e nemmeno a lei vorrai credere? Io ti bacio con tanta tenerezza e aspetto una tua parola. Sii buona! La tua figlietta VittoriaCXXXI. Ep. in corso, XII. 3. 3161Perugia, 3 Gennaio 1905 Mammetta cattiva e sempre più cara!Che amara ingiusta lettera mi hai scritta! No Marina cara, t’inganni proprio atrocemente. Guido ti vuol bene schiettamente appunto perché sache io ti amo profondamente e fervidamente e di te gli raccontai tutta la tenerezza per la mia Mamma cara e la bontà e l’affetto fedele ericambiato fino all’ultimo. Non dire cose tristi, cose che fan tanto male! Tu “non mi ami più”? No, io non lo posso credere e non lo credo, esono sicura invece che la tua figlietta ti è ancora nel cuore sempre. “Smarrita la fede”? d’essere “al di fuori della mia vita”, tu[414] che sei perme come un’emanazione di bellezza morale e di forza intellettuale e lo fosti sempre? tu che sei per me come qualcosa della mia Mamma, acui io sono sempre vicina col pensiero; della mia Mamma che mi pare ti abbia lasciato partendo il compito di volermi bene per lei? tu che hoamata fin da bambina per istinto, per presentimento, e che sempre amai di più, e che il non poter venire a vedere quel giorno mi torturòallora e poi come proprio qualcosa di roditore? Credimi[415]; sarebbe troppo lungo dirti tutte le infinite ragioni, di riguardo, di difficoltà, dimancanza assoluta di possibilità, stretta com’ero dagli affari che mi avevano chiamata a Venezia, e da quelli che mi aspettavano qui, quel datogiorno; credimi e dammi un lungo lungo bacio che mi compensi di tutti quelli che non m’hai mandati in questo tempo di crudele silenzioverso la tua figlietta che ti adora. A Guido non dissi nemmeno i tuoi ingiusti sospetti; son certa che se ne sarebbe rattristato ed offeso come diuna vera ingiuria.Cento baci dalla tua Vittoria Scrivimi presto te ne prego tanto!Scusa la carta indecente non vidi che era rotta in fondo. CXXXII. Ep. in corso, XII. 3. 3162[416]Perugia, 14 Febbraio 1905 Cara cara cara![417]

Sì sì, “la sferza, il Knut,”[418] tutto quel che vorrai, ma ch’io sia ancora la tua “figlietta” la tua Vittoria, la “Titì” della tua Beppa amata, lapiccola amica che ti vuol tanto e tanto bene! Io sono tornata da Napoli ove fui per Virginietta che stava non bene, per anemia, ma che ora pareormai avviata alla salute piena, purché non si rimetta alla vita troppo faticosa per lei, dei viaggi, della società, del ricevere e far visite etc. etc.Tornai stanca, e per ora quindi non potrei muovermi, ma in Marzo Guido vorrebbe che andassi a Roma, e allora chi sa tu sarai tornata diSicilia e farai tappa a Roma con Silvia e il senatore. Che gusto se veniste allora a Roma! Credi forse che non sia anche in me la smania dirivederti? Vedrai come ti divorerò di baci, per tutto il silenzio interminabile con cui m’hai punita! Guido è a Roma e mi disse che l’altra seraandò appunto dalla Martini che trovò bene.Dio ti benedica sempre per questa tua lettera cara; seguita a star bene, a volermi bene e a presto presto, sento che ci rivedremo. La tua Vittoria che ti abbraccia strettaCXXXIII. Ep. in corso, XII. 3. 3163Perugia, 25 Marzo 1905 Marinetta sempre più cara. Guido andò a Roma per il 20, avendo anche da lavorare per il Consiglio superiore del Lavoro, di cui è membro.Vedi che era al suo posto; ma io non avevo da intervenire né a quelle sedute, né a quelle tempestose della Camera, e non sentendomi ancoraper niente “fiera” come dicono i popolani toscani, restai a curare la mia convalescenza che ora grazie a Dio è finita. Dunque hai veduto il buonPio X[419] ed hai subito pensato alla cara nostra Virginietta. Quanto e come teneramente sei buona e materna! Da Faenza ebbi l’altra tua, ementre sono perfettamente d’accordo con te (e lo dissi) che si tratta in Virginia semplicemente d’una fase che tutte più o meno attraversano,non ho poi capito alcune tue frasi sibilline, che, per quanto mi sia scervellata, non arrivo a indovinare a che e a chi vogliano alludere. “Ed èappunto che sia mancata per inesperienza e per troppe affrettate premure la necessaria pace e il dovuto silenzio ch’ella è turbata e sofferente.” Questo tu dici. Ma che cosa vuoi dire? Francamente non so. Né so che cosa abbia potuto “toglier la pace” a Virginia; e di che “silenziomancato” tu voglia parlare. Tu Marinetta cara puoi parlarmi apertamente, come a una figliuola. Che cosa ti parve di capire che turbasse laVirginietta? Una cosa posso dirti. Quando, chiamata e richiamata (resti fra noi) da Cesco, (mentre gli avevo risposto, sapendo non trattarsi di

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cosa allarmante, che il movermi da Perugia allora mi era “disastroso” per un cumulo di ragioni) chiamata dunque e richiamata,telegraficamente[420] anche, andai. Virginia allora era malata; non mangiava, non dormiva etc. etc…. Dopo 18 giorni di cure assidue, e diriposo, (letto, e non veder gente e parlare e leggere di cose serene, e qualche puntura di metarsile) dopo 18 giorni dico, Virginia era un’altra.Mangiava, dormiva, avea ripreso il suo equilibrio. Allora me ne andai, raccoman[dan]do[421] di non ricominciare troppo presto ilmovimento, le scale, il veder gente, parlare, ascoltare, affaticarsi etc. etc. So che le scale, e quelle di casa Mirelli che, come sai, sonofaticosissime, furon fatte subito, per passeggiate, visite etc. Si ricominciò subito ad occuparsi dei conti di casa, della casa nuova che stannoallestendo etc. etc., a smettere le punture che avean fatto miracoli etc. etc. Io seguitai a scrivere lettere teneramente consigliatrici; capii cheseccavano, smisi. A tutti quelli che mi chiesero di Virginia dissi essersi trattato di passeggiera anemia, subito vinta. Ecco tutto. Ora spiegamitu di che si lagna Virginia o che cosa è sorto dopo la mia partenza.Tu hai perfettamente ragione quando dici che la vorresti a Rezzonico o in Sicilia o altrove. Ed io pure; in qualunque posto che non fosse là,dove le preoccupazioni per l’allestimento della nuova casa tengono Cesco in continuo moto, faccenda, orgasmo tanto da agitare anche i piùtranquilli esseri. Figurarsi una creatura un po’ debole per la frequente perdita etc. etc. e che naturalmente non può a meno di interessarsi epreoccuparsi a sua volta di ciò che occupa Cesco, e lo mette in balia di 20 persone che vengono nella giornata a chiedergli ordini e darglinotizie, come l’ingegnere; il tappezziere; il muratore; il suo uomo d’affari; etc. etc. etc. etc. etc. Non so poi che cosa infondo debbadimenticarsi Virginia. Chi non si ammala? per questo? ed esser dimenticata; perché? La sua malattietta fu saputa sì e no. E poi? Spiegami unpoco ti prego e prendi tanti baci dalla tua figlietta VittoriaCXXXIV. Ep. in corso, XII. 3. 3164[422]Perugia, 10 Luglio 1905 Marina cara. La tua lettera non dice nulla che io non sapessi; ma mi nasconde ancora il tuo apprezzamento, circa il male e la cura usata conVirginia. Sembrerebbe tu volessi dire che, perché furono chiamati i medici e le sorelle la Virginia si ammalò; ma questo è talmenteinverosimile, anzi assurdo, che io non posso credere di aver interpretato bene le tue parole. Prima di quella tal notte cui tu accenni, (e che fututt’altro[423] che di abbattimento) molto[424] prima, Virginia non istava bene moralmente, ed era perfettamente come tu la vedesti poi;l’unica differenza stava in una (o più) diversa preoccupazione da quella che a te espose (“la famosa notte”) come ora ne ha altre, e sono tutteforme diverse e morbose di uno stesso male. E infatto è chiaro, che una persona sana non si affanna perché fu una notte malata; e non credeche la gente non l’ami e non la stimi più per questa ragione; né la rispettino più etc. etc. Tu bene intendi che tutte queste sono formemorbose, dovute all’esaurimento nervoso; e ora sono mutate, e muteranno forse ancora.La verità è, e non mai abbastanza ripetuta, che, il suo male, derivando appunto da abbondanti emorraggie etc. e da una vita di strapazzo e difatica (basterà ti dica che il suo dottore Lauro mi disse allora: “Era un anno che io raccomandavo alla duchessa una vita più quieta e di riposo;ebbene, sa lei che fece per seguire le mie prescrizioni? pigliò su e andò in Olanda, e tornò naturalmente molto più snervata di prima!”)Il suo male dunque bisognava d’una cura ricostituente, e infatto, in venti giorni di riposo completo, di buon cibo, di svago sereno, (letture,discorsi esilaranti, raccontini giocondi etc.) e punture di ferro, noi avevamo ottenuto umore normale, e qualche volta veramente lieto; (tantoche alla vigilia della mia partenza rise di cuore con noi a proposito d’una monaca che non sapea parlare il tedesco e masticava l’italiano comeuna turca) ritorna ai pensieri consueti, e all’appetito, e il poter riguardare al male avuto con quieto giudizio e il riconoscere di aver unatendenza ad esagerarsi ogni cosa, e che non vi era infondo che da ringraziare Dio per la protezione che evidentemente concedeva a tutti noi, etc.etc. Guido conversò con lei per ore serenamente, ed essa ripeteva: “Vedi? ora io mi sento proprio rasserenata! Come fa bene il discorrere conchi oltre alla grande intelligenza, ha il perfetto equilibrio e la bontà etc. etc.!”Ebbene; quando io partii, mi disse: “Sta pur tranquilla Vittorietta mia che ora sto proprio bene, e Dio ti benedica pel bene che m’hai fatto.”L’Angelica restò un po’ ancora e la lasciò in piena convalescenza.Ma Cesco rimasto solo, e stanco al vedere, della vita tranquilla e di non veder gente etc., buttò all’aria tutto il nostro regime. Mentre aVirginia era giovato il riposo, il letto, il cibo; (da cui erano esclusi tutti gli eccitanti) e niente più convivenza intima col marito etc. etc.; eglila fece uscire; fare lunghe passeggiate; visite; bere caffè e thè, veder gente, far gite etc. etc. e mentre io la supplicavo di smettere, prevedendola ricaduta, questa naturalmente avvenne, ed ora le cose non vanno meglio per nulla. Ecco la verità. Egli seguita a chiederci consiglio e a far asuo modo; ed ora, l’Angelica, (che poveretta dopo una gravissima malattia, resipola faviale con minaccia di meningite) venne a Venezia asostituirmi presso l’Elena, dove io rimasi due mesi, dopo i quali mi sentii stremata tanto da bisognare d’un sorso di quiete in casa mia,l’Angelica andrà a Cava dove è ora, nella sua villa, la Virginia; ma con Cesco sarà difficile possa far nulla; e non potrà sgraziatamente chesoffrire, come facciamo tutte da un certo tempo, senza trovar rimedio e logorando a nostra volta la salute nostra. Io a furia di inquietudini e dipalpiti mi sono “aggiustata per le feste” (direbbe il caro Mamin) e un medico che mi ascultò a Venezia mi dichiarò senza molti complimenti,che ho una lesione all’aorta[425]; poco male, perché tanto se non è oggi è domani per tutti; ma questo ti dica che le sofferenze non mi sonomancate, specialmente in questo ultimo periodo.Tu poi finisci la tua lettera con una frase delle più sibilline “essendo io di parere diverso dal vostro”; ma quale parere? che la Virginia siamalata? o sul metodo di cura? quello non è un parere, è un fatto; il riposo l’avea risollevata fino alla guarigione; il movimento, e il così dettosvago, la prostrò da capo e fu peggio di prima. E che vuoi dire quando dici che “amando la povera Virginia” non vuoi “impigliarti in un affaredolorosissimo”? Altra sciarada! Forse che noi non l’amiamo, e non più di te? e che cosa, secondo te, bisognerebbe fare? Da che è sola conMirelli, migliora forse?? Ti bacio sicura che non vi è intenzione meno che affettuosa nella tua lettera. Vittoria tua CXXXV. Ep. in corso, XII. 3. 3165Perugia, 15 Luglio 1905 Marina mia. E’ proprio così; quella famosa notte non segnò che una nuova forma, più grave, del male, che datava già da parecchio. Nessuna“forte impressione” ne fu la causa; ma un lento crescere dell’esaurimento, perché cresceva l’anemia, e quindi una tendenza a esagerarsi ognicosa. Prima fu il pentimento d’aver comprato una nova casa; e il dolore di lasciar la vecchia, che prese proporzioni inverosimili. Poi l’idea diaver colpe immaginarie. Poi di pericoli altrettanto immaginari che correva Cesco andando o venendo da Benevento dove allora era. Etc. etc.etc. E il non voler mangiare e il non volersi curare.Cesco ricorse a noi, e per combinazione io arrivai la mattina dopo a quella famosa notte, ma sarei andata ugualmente perché da giorni pregatadi andare. Seppi solo giunta a Napoli della notte etc. etc. A voce potrei dirti più e meglio; ma già tu capisci. Ora la Virginia è nella villa diAngelica, e Cesco, non si sa perché, non trova che là stia bene e parla di portarla in posto più isolato. Dice che a questo lo consigliano imedici, ma io non lo credo. Ora già l’Angelica va a vedere da sé e ne saprò qualcosa di più chiaro. Io non mi sento la forza di muovermi ora,

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bisognando invece di grande riposo dopo tanti affanni e fatiche fisiche e morali. Bada di non accennare a nessuno di ciò che disse il medicodel mio cuore; guai se giungesse all’orecchio della Mary! Se ne affannerebbe tanto da non averne più pace; e può ben darsi che poi non siavero. Che cosa sanno i medici?E tu Marina mia vedo che ancora mi vuoi bene e pensi alla salute della tua povera “figlietta”, sì cara, mi avrò cura, non fosse che per non dardolore a chi mi vuol bene. Ah se davvero fosse un male (quello di Virginia) di quelli che possono guarirsi col mutamento d’aria, Rezzonicosarebbe ben indicato, tanto più con l’aggiunta dell’affetto tuo intelligente. Ma vedi Marinetta cara, in quel genere di mali vi è granderesponsabilità per la sorveglianza e il resto. Talora in quello stato nervoso, possono volersi far del male; e questo è il grave pericolo!M’intendi? Basta. Dio ci aiuti e ci protegga. Ti bacio con tenerezza anche per la tua offerta così veramente materna! tua figlietta VittoriaCXXXVI. Ep. in corso, XII. 3. 3166Perugia, 19 Agosto 1905 Marina mia. Anche a me Cesco scrive che il miglioramento s’accentua, e ieri io (dietro suo consentimento) scrissi una lunga lettera allaVirginietta, non dando punto importanza al suo male e dicendo aver sentito che migliora sempre… e che tra poco ci rivedremo. etc. etc. Dioci aiuti e i cari nostri. Puoi figurarti che a Napoli dove Virginia era così nota e voluta bene, non era possibile rimanesse ignorata la suamalattia, tanto più che invece di tenerla in casa e un po’ appartata dalla gente, Cesco le faceva far visite, la faceva visitare dagli altri, e lelasciava dire… tutto quello che il suo stato morboso le suggeriva. Puoi figurarti se occorreva di più perché si diffondesse per ogni dove cheVirginia era malata… di nervi. Questo oltre al resto rimproverai a Cesco; mentre il non veder gente, il farla stare in riposo etc avrebbe anchegiovato alla cura; e vedi che ora se migliora, è appunto perché i medici prescrissero l’assoluto isolamento dalla società, e l’aria aperta, il verde,il riposo etc. etc. Speriamo bene dunque i nostri cari ci proteggano. Aspetto l’Elena posdomani. Baci teneri dalla tua Vittoria Omaggi devoti da Guido.CXXXVII. Ep. in corso, XII. 3. 3167Perugia, 21 Novembre 1906[426] Marina cara. Quanto ti sono grata di questa tua lettera affettuosa! Se non scrivo spesso, tu sai bene però, come io non possa volerti unamillesima parte di bene di meno d’un tempo, e passami la frase sgangherata, perché già tu intendi ugualmente. Da che Guido è alla Consultaio debbo attendere a una infinità di cose alle quali egli prima attendeva, e se tu fossi qua, vedresti che in qualche giorno ho appena tempo direspirare. Pensa che in questo momento siamo senza fattore, e io sono spesso al telefono a dar ordini e far domande campestri, rurali, agrarie equel che vuoi mentre di campagne non me ne sono mai intesa. Non ti parlo poi del subisso di raccomandazioni che mi capitanoquotidianamente tra capo e collo, e che anche quelle mi rubano un tempo indiavolato. Ma intanto, con chi posso, parlo sempre di te (percompensarmi della languida corrispondenza) e ier sera in teatro, parlai di te tutta la sera col prefetto Re e la sua moglie che mi vollero conloro, mentre io a teatro ci vado tanto poco e tanto poco volontieri. Ad ogni modo, appena seppi che il Re fu a Bassano alcun tempo, comesotto prefetto, o Consigliere delegato, chiesi subito se ti avessero conosciuto, e udito che sì, lascia fare a me a parlare di te e della Silvia edel gran bene che ci voleste sempre e del gran bene che vi voglio e di te, di te, di te, che hai l’energia d’una vera eroina, e di Silvia e di tutto.Io li conosco poco questi Re perché sono appena venuti, si può dire, sostituendo il prefetto Dallari che da qui passò a Bologna, ma mi paionobuona gente. Come erano giudicati a Bassano?La Silvia potrà ben dire d’avere e prolungato e confortato la vita del povero nostro poeta! Ma certo che ormai, quando lascia la dimora el’ambiente dei Pasolini, per tornare tra le gretterie di tutte le maniere, intellettuali e materiali, di casa sua, deve sentirsi morire.[427]

Anch’io “adoro”[428] Rezzonico, e spesso, molto più spesso che tu non immagini, mi tornano innanzi le sue statue tra il verde; il giardinosotto la Luna rischiarante il palazzo Magnifico, con le scalinate regali, e i leoni, e la “Barchessa” e i cancelli, dando all’edificio un’apparenzadi sogno, di dimora incantata, nel gran silenzio che la circonda. E intanto, pur nella pace, mi par di udire tante voci di passato alzarsi daibossi, dagli alberi, dalla immobilità delle torri; e ti rivedo, forte e sola diritta e valente, dominare la tua reggia, con l’intelligente attività, conla altezza della ribellione al Fato, che ti voleva attarpare, e di cui fosti più forte.Ti posso dare una buona nuova. L’Angelica, andata a trovare la Virginia, la trovò assai assai migliorata, così mi scrive, e “(aggiunge) tale dafarmi proprio sperare in una prossima completa guarigione”; così fosse! Lo spero con tutta l’anima! e allora Marina cara quando starà propriobene, andremo a trovarla insieme. Io ho scritto parecchie volte a Guido per Tattara, benché Guido faccia te lo assicuro, quanto è in lui peraccontentarlo ma, ti avrà detto, che ora deve chiarirsi prima un’inchiesta etc. Tu hai veduta l’Esposizione; io non mi sono mossa dall’Umbriaper tutta l’estate, né avrei potuto movermi. Scrivimi. Ti bacia con tenerezza la tua VittoriaCXXXVIII. Ep. in corso, XII. 3. 3168Perugia, 8 Agosto 1907[429] Marinetta mia. Perché mi dici cose amare! Io una “mondana”? ma puoi così calunniare la tua “figlietta” che ti vuol tanto bene, che tu conoscitanto e di cui sai l’orrore per ogni genere di mondanità? A Roma, per forza dovetti andare un po’ in giro; né, data la posizione di Guido avreipotuto esimermi sempre da accompagnarlo ai balli, ai pranzi, alle ambasciate, a Corte etc. ma fu cosa di soli due mesi, a capo dei quali misentii così stanca che fatta una corsa a Napoli per rivedere Virginia che trovai quasi guarita; e Angelica a Cava, me ne tornai alla mia Perugia,dove l’apertura dell’Esposizione e la visita della Regina Madre[430], e la venuta di amici e conoscenti per la Mostra, non mi consentirono, èvero quel riposo che vi avrei desiderato e sperato, ma, ad ogni modo una vita ben più consentanea alle mie tendenze e gusti. Ora poi, sbollitala curiosità, diminuiti i visitatori, godo di ben altra tranquillità[431]. Avrei potuto andare in Olanda con Guido [432], o raggiungerlo poi, enon lo feci appunto nella previsione della vita ufficiale che mi avrebbe aspettato anche là, di pranzi e gite e feste, per me massacranti. LaRobillau Francesetti, che, pur raggiunse il marito il 15 Luglio, mi scrisse invitandomi ad andare con lei, ma non mi lasciai smovere, eaffretto invece col desiderio il ritorno di Guido che mi scrive anch’esso molto desideroso del ritorno, mentre lo scirocco olandese dopo unastagione invernale lo attarpa.Ecco la mondana, Marina cattiva! Dimmi invece di te. Non istai bene? e la Silvia non è con te? Perché dici quest’anno ancora più triste e buiodei passati? Scrivimi Marinetta, Mammetta cara.Io ti stringo al cuore e ti bacio con infinita tenerezza.

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Tua VittoriaCXXXIX. Ep. in corso, XII. 3. 3169Perugia, 18 Agosto 1907 Marinetta cara.Mi figuro che sarai ancora con la tua Silvia alla quale ti prego dare per me un bacio proprio di cuore. Da quanto non mi scrive!Sono tanto lieta che tutto sia accomodato. Benché il pensiero dell’avvenire non possa sgomentare, pure intendo benissimo che anche unaraffica passeggiera può scompigliare e turbare parecchio. Da un lato, i pensieri materiali, e la tirannia degli affari, possono talora servire astrappare il pensiero da tenaci e strazianti ricordi; ma insomma giunti a una certa ora della vita, occorre intorno a sé avere almeno un po’ dicalma, se non di pace. E spero che presto, niente più ti darà preoccupazioni del genere cui accennavi. E per mettere una nota fresca e lirica(dirò così) in questa mia lettera, ti scriverò qui dietro alcuni versi, accompagnati da un bacio tenerissimo della tua figlietta Vittoria Passeggiata francescana[433] Santo Francesco, un triste parmi udirefischiar di serpi sotto gli arboscelli.Io non odo che il placido stormiredella pineta, e l’inno degli uccelli. Santo Francesco, vien per la silvestrevia, dallo stagno, un alito che pute.Io sento odor di timo e di ginestre;io bevo aria di gioia e di salute. Santo Francesco, qui si affonda, e ormaivien la sera, e siam lungi da le celle.Leva gli occhi dal fango, uomo, e vedraifiorire nei celesti orti, le stelle. V. A. P.CXL. Ep. in corso, XII. 3. 3170[434]Perugia, 6 Dicembre 1907 Marina cara. Guido non poté rimanere con me che pochi giorni giacché dopo così lunga assenza il Ministro lo reclamava ad alte grida. Fa ognitanto qualche corsa per un paio di giorni, ma niente di più. Ci scriviamo però ogni giorno e viviamo spiritualmente insieme. Io, (appunto nelperiodo dell’Esposizione) mi affaticai un poco, ed ora sto facendo una cura di riposo e quasi direi di ozio, avendomi detto il medico che è ilmigliore dei rimedi per l’esaurimento nervoso, sia pur lieve. Sto poi (a te mammetta cara posso ben dire ogni cosa!) sto poi attraversandoquel famoso periodo critico che sai, e questo anche mi da un po’ di malessere, il quale sparirà col finire del suddetto periodo, il quale mi diceil medico, non ha un termine fisso, tutt’altro, e talora, dopo l’arresto, può durare parecchi mesi, prima che l’organismo si sistemi e ritrovi ilsuo equilibrio da capo.[435] Virginia sta sempre meglio, e forse appunto perché quel tale periodo è terminato per lei. Eccoti detto ogni cosaMarinetta mia. Aspetto con molto interesse le lettere del Carducci alla Silvia. Fece egregiamente a pubblicarle per chiudere la bocca agli stoltie calunniatori[436]. Tanti baci dalla tua figlietta VittoriaDimmi di te che spero benissimo.CXLI. Ep. in corso, XII. 3. 3171[437]Perugia, 19 Dicembre 1907 Cara cara Mammetta mia. Fa presto presto a guarire e non dire cose tristi e assurde. Tu sei, per fibra e gagliardia, più giovane di moltegiovani e devi serbarti all’affetto nostro per molti e molti anni ancora. Cara Marinetta! Ti vedo in quella camera piena di sole dove passai orecarissime; di dove guardavo lungamente le statue laggiù del giardino e l’orizzonte lontano, dove ancora qualche sogno vagava… Ora nonpenso che ad avermi cura e la poesia tace, aspettando. Guido verrà posdomani e resterà con me alcuni giorni per le Feste e Capo d’anno. Miscrive ogni giorno ed è tanto buono e affettuoso con me, tanto più ora! Ti mando tanti teneri baci e ti prego di baciare la cara Silvia per meappena giunge. Fa presto a guarire la tua figlietta VittoriaCXLII. Ep. in corso, XII. 3. 3172[438]Perugia, 17 Marzo 1908 Marinetta cara Mammetta adorata! Ho voluto saperti tornata al tuo nido per scriverti ed ecco la tua letterina me ne dà avviso. Cattiva![439] cheparli di “scrupolo per l’incomodo dato”!! mentre io non trovo parole che valgano ad esprimere bene la mia gioia, nel rivederti sempre la stessasana, forte, adorabile Mammetta, dagli occhi ancora pieni di comando, di tenerezza; e la mia gratitudine immensa per esser venuta,incontrando fatica e disagi, a vedere la tua figlietta, la figlia della tua Beppa cara, e di averle consacrato una giornata di dolcezza vera. Tu,nonostante la scorza un po’ brusca e rude del mio Guido, lo hai inteso e lo conosci bene e sai che è un vero galantuomo e un ottimo cuore;quindi puoi figurarti se non divide ossia se non sente anch’egli, per le persone che io amo profondamente come te, stima e affetto grandi. Futanto felice anche lui di vederti con me, e solo dolente che una combinazione impreveduta ci abbia tolto di non poterti dar completa ospitalitàe degna della nostra reginetta di Ca’ Rezzonico.Abbracci stretti e lunghi e tenerissimi dalla tua Vittoria

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CXLIII. Ep. in corso, XII. 3. 3173[440]Perugia, 12 Maggio 1908 Cara cara Marinetta mia! Che sogno sarebbe davvero che le cinque sorelle un tempo bambine gioconde, si ritrovassero nel tuo splendido nidoin questa luminosa primavera! Ma anche quanta tristezza! mentre l’età ha portato i suoi malanni, gli acciacchi, le melanconie! Resti nellarimembranza quel passato di letizia! Io non sto peggio, ma non bene ancora. Spero nell’estate. Ti mando tanti teneri baci Vittoria tuaCXLIV. Ep. in corso, XII. 3. 3174Perugia, 18 Agosto 1908 Mammina cara. Ho qui davanti la bellissima e carissima Ca’ Rezzonico e mi par di vederti passeggiare là innanzi ai due leoni ben noti, e aifiori del giardino, respirando la buona aria di coteste colline benedette.Porgi ti prego per me un vivo ringraziamento alla Marchesa Farinola per aver scritto anche il suo nome su questa cara cartolina, come cortesesaluto che ricambio di tutto cuore. Anche a Tattara ricambio il ricordo e porgigli i miei buoni auguri che presto possa raggiungere unadestinazione a lui simpatica.A Scabia poi dì molte cose amichevoli per me e digli che lo rammento bambino, e che mi sarebbe molto caro sapere di tutti i suoi cherammento bene.Dimmi ora delle Alexander. So dalla Mary che fu costà, della caduta della cara Francesca e della contusione al femore. Spero sia in via diguarigione e porgile ti prego i miei affettuosi auguri e saluti con un bacio. Così alla cara signora Lucia che sento ancora piena di vigore.Cara cara Marinetta mia. Saprai che esco appena da una nuova battosta. Una tonsillite folliculare con febbre alta che mi costrinse a letto alcunigiorni. Ora mi sono liberata, ringraziando Dio, ma certo non giovò a rinfrancarmi. Coraggio e avanti. Abbiti cura tu e sta sempre bene pertutti quelli che ti amano come la tua figlietta VittoriaCXLV. Ep. in corso, XII. 3. 3176[441]Perugia, 28 Ottobre 1908 Marinetta cara. Non so che cosa abbia scritto il Giornale d’Italia che in questi giorni non ho letto, avendo qui ospiti la Mamma e lasorellastra di Guido[442], a cui, naturalmente, tengo un po’ di compagnia, ma ciò che posso dirti con tutta sicurezza (in viariservatissima[443]) è che Guido fece quanto era in lui per attenuare la punizione inflitta all’amico comune. Quell’unico voto contrario a quellapunizione, fu il suo, e fu lui, che presso il Ministro, esponendogli le ragioni per cui giudicava troppo severo il giudizio, ottenne che lasospensione d’un mese dal grado e dallo stipendio, si riducesse alla sola sospensione di quest’ultimo, il che diviene, come tu intendi, cosa dinessuna o almeno di poca importanza. E tutto ciò che anche per l’innanzi sarà possibile fare per il T. Guido lo farà, per quanto gli è consentitoe sperando che dal suo lato il T. si studi di non dare più alcuna ragione di scontento ai superiori. Ecco Marinetta cara la verità delle cose, eauguriamoci che per l’avvenire nessuna nube venga a oscurare la carriera dell’amico tuo. Raccomandagli anche tu, ogni maggiore esattezza intutti i suoi atti etc.Io sto benino proprio e queste giornate di grazia che prolungano deliziosamente l’estate, (purtroppo con gran danno delle campagne, ma congrandissimo vantaggio del nostro fisico così bisognoso di luce e di tepore) contribuiscono al mio benessere, così difficile a serbare durante lanebbia e i rigori dell’inverno. Omaggi da Guido che è qui al solito ingolfato nel lavoro e da me un lungo bacio. La tua figlietta Vittoria CXLVI. Ep. in corso, XII. 3. 3177Perugia, 12 Gennaio 1909 Mammetta cara. Perché non mi puoi scrivere una lettera. Così cominciavi una tua cartolina del 22, e appunto allora avevo Guido a letto conl’influenza, e con l’influenza passò a letto le Feste, e si portò poi altri giorni la tosse forte, alzato. A te poi è inutile dica il frastornamento deigiorni di fine d’anno e del principio del nuovo. E poi… il terremoto![444] Non lasciano respirare con domande di denaro, con Fiere, conconcerti, con lotterie, con la Croce Rossa (di cui sgraziatamente presiedo la Legazione Dame) etc.! E poi sulla scrivania monti di lettere, einvio di libri, di oggetti, di doni, pei quali non ho ancora ringraziato i donatori; e poi ancora gli operai per la casa, che mettono la luceelettrica; l’acqua, e fanno gli accomodi necessari etc. etc.Ecco Marinetta cara perché non ti scrivevo “una lettera” né mi sentivo di mandarti sempre una semplice cartolina. Oggi mi sono alzata pertempo, e mentre ancora tutti dormono in casa, io sono qui nel mio studiolo, calduccio ancora dal foco di iersera, a scriverti, un po’ menfrettolosamente dal solito.Cara cara Marinetta mia, quanto bene ti voglio! e che gioia sarà per me ritrovarti e aspettarti a Roma! Io conto esservi il 1° di Febbraio, oalmeno ai primissimi di Febbraio, Vi sarai tu allora? Fa, te ne prego, di non venirmi né prima né dopo; ossia piuttosto dopo, perché io aRoma resterò, almeno un paio di mesi, sicché se vieni dopo mi ci trovi di certo. Appunto conto farvi vita tranquilla per quanto me loconsentiranno le esigenze dei miei doveri; ma certo andrò il meno possibile nel mondo, e faremo, se Dio vuole, qualche buona trottatainsieme, non è vero Marinetta mia? e parleremo della nostra Cara scomparsa, ma sempre vicina alla nostra memoria e al nostro cuore. In uncerto Almanacco con infondo pagine bianche per annotazioni, Ella scriveva sempre le cose più notevoli della giornata, quasi tutti i giorni.L’ultima cosa che notò con parole di dolore fu, ricordo bene, la morte del povero Pierino.[445] Da quel giorno non scrisse più nulla, e pure,benché già non stesse più bene, passarono due mesi prima della sua dipartita. Misteri. Ti bacio e abbraccio stretta con tanta tenerezza e saròtanto felice di rivederti a Roma! La tua figlietta Vittoria P. S. Anche a me parve veramente che Guido facesse assai bene col T. mitigando con la sua parola i giudizi troppo severi, e facendogli poiassegnare una onorevole destinazione.

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CXLVII. Ep. in corso, XII. 3. 3178[446]Perugia, 21 Luglio 1909 Marina cara.Il saluto che ti mandò Guido fu proprio spontaneamente da lui mandato a te. Io non sapevo nemmeno che Roberti fosse deputato e il figliodi Tiberio R.Guido ti vuol bene davvero, non fosse pel bene che tu vuoi alla sua “Nina” com’egli mi chiama e come mi chiami spesso anche tu, cara, cara,Mammetta mia.Chi sa davvero che questo settembre non si possa finalmente realizzare la nostra sognata visita a Ca’ Rezzonico! Ma figurati che Guido, puravendo sommo bisogno di passare almeno una ventina di giorni a Salsomaggiore per inalazioni (va soggetto l’inverno a frequentiabbassamenti di voce e raucedini etc.) avrà solo al 20 Settembre possibilità di moversi, perché il Ministro se ne va ora e non tornerà a Romache il 18 Settembre. Ora tu intendi quanto ci sarà difficile, dopo la cura, trovar un po’ di tempo e per andare a Venezia, dove la Mary cireclama per qualche giorno almeno, e per venire da te. Certo (e puoi esserne certa) che tutto ciò che è possibile lo farò per riuscire nell’intento.Ne sarei felicissima, e tu puoi bene immaginarlo.Ho scritto a Guido per Eleonora Negri, e certo farà quanto può, ma sgraziatamente credo non dipenda affatto da lui. Vedrai che, ad ogni modo,li passerà gli esami questa volta, mentre, da quanto mi dici, non deve essere dipeso che da una momentanea depressione per stanchezza quellasua risposta.Quello che non giungo a capire è come Silvia non possa starsene un po’ a Rezzonico. Gli affari si fanno, penso, da vicino e da lontano ad unmodo. Ma forse io ho torto.Ti mando un subisso di baci tenerissimi. La tua Vittoria CXLVIII. Ep. in corso, XII. 3. 3179[447]

Perugia, 21 Dicembre 1909[448] Marina Mammetta mia.A te prima, mando l’augurio mio fervido perché questi giorni di memorie amare siano consolati dallo spirito dei tuoi cari perduti, perché tune senta la voce affidatrice nell’anima tua, perché tu ne veda la luce vivificante aprirti gli orizzonti benedetti dalle rivelazioni ultramondane, ea ogni cosa togliendo ogni ombra di squallore nella promessa sicura d’una pace ben altrimenti salda e dolce che la vita non offre. Cara caraMarinetta mia dammi tue nuove e dimmi anche di Silvia. Ha raggiunto un po’ di quiete? è con te? come ha raccolto la sua vita? Ho quiGuido finalmente alleggerito (dopo tre anni e mezzo!) dal peso del sottosegretariato, e mi pare uno scolaro in vacanza tanto ha riacquistato ilsuo umore sereno e la sua libertà di spirito. Da fare ne ha sempre, e appena si riapra la Camera tornerà al suo dovere, ma intanto gode un po’la sua casa e i suoi comodi e pur lavorando a cento cose si sente più sciolto e padrone di sé.Salute e sereno mia Mammetta cara e scrivimi e prendi tanti baci teneri dalla tua figlietta Vittoria Se Silvia è da te baciala per me molto affettuosamente. CXLIX. Ep. in corso, XII. 3. 3192[449][S.l., s.d.] Dica contessa Silvia, oh non Le pareChe sia lungo il silenzio ed il rigore?E non le dice il coreChe non è questo il modo di trattare. D’un rigo, oh La mi creda, aveva dirittoIo che de’ miei trionfi Le ho mandatoIl racconto stampato![450]E son due buoni mesi che Le ho scritto. La supplicai di scrivermi, e Lei zitta,Di mandarmi quel tal ritratto e nullaChe cosa mai Le frullaIn quella bionda testolina?… E giacché non trovo la rima smetto i versi e torno alla più trattabile prosa. Ma davvero Silvia che t’ho mai fatto perché tu debba trattarmi aquesto modo? Perché non hai più risposto alle mie lettere e perché infine non mi dai più segno di vita? Se vuoi ch’io ti perdoni scrivimipresto e mandami la fotografia o per lo meno dimmi perché non me la vuoi mandare.Io ti mando un bacio e voglio mi fai sentire se me lo rendi Vittoria tua P. S.Fa il piacere mandami il nome del pezzo che ci hai sonato sui motivi della Biondina in gondoleta mi pare, col numero preciso dell’opera; tene sarò gratissima. CL. Ep. in corso, XII. 3. 1[451]Cava dei Tirreni (Casa della Corte), [s.d.] Quale ballata mai, quale canzone

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Verrò a cantare sotto il tuo balcone?Ti commovono i lai, le serventesiO gli stornelli dei nostri paesi?Che debbo far perché il tuo crudo coreRisponda … alle mie lettere? v’è un fioreChe a chi lo fiuta dà l’obblio; l’avrestiPer sventura fiutato?E in un simile caso sciaguratoChi sarà che ti desti?Forse cotesto vago menestrelloDal lungo naso e dal lungo cappelloDal giubbettino,Dal chitarrino,Dai gran stivali,Dai grossi occhiali,Tutto vezzosoE desiosoSol di cantareCanzoni careStrofe cocentiTutte lagrime, fremiti e lamenti?Non credo, e in vece sua mi raccomandoAl genio mio, che per l’immenso mondoDa genio vagabondoViaggia poetando.Spero ch’ei ti commovaSe mai ti trovaO per lo menoCh’egli ti seguitiE ti perseguitiFinchè seccataE nauseata da un sì sublimeFlagel di rime tu gli risponda, com’è tuo dovereAlmeno con un calcio … a tuo piacere!E qui si segna di sì atroce istoriaL’eroina infelice; alias Vittoria. CLI. Epistolario in corso, XII. 3. 3066[452][S.l., s.d.]………………………………………………………………………[453] O abitanti dell’italo stivale,Nella grande allegrezza che ci destaQuesto gran carnovaleDi gente onesta, Provvediamo a due grandi sventuratiCh’ebbero un giorno trionfi sovraniEd ora son trattatiPeggio dei cani. Io li ho veduti trascinarsi a stentoE farsi largo tra un popol d’uscieriFin dentro il ParlamentoE i ministeri. Ma furono presi a scappellotti, e spintiFuori dai nostri padri arditi e forti,Tanto che più che vintiSon mezzi morti. Non ne udite il garrire lamentoso?Oggi dunque che l’ira nostra è saziaDiamo loro il pietosoColpo di grazia. E scriviamo senz’ombra di livoreSovra la loro pietra funerale:- “Qui giacciono: l’OnoreE l’Ideale.” V. A.APPENDICE

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LETTERE DI GIUSEPPINA PACINI AGANOOR I. Epistolario in corso, XVIII. 3. 5473[S.l.][454], 19 Giugno 1872 Marina mia,Felice[455] potrà accompagnarti ad Hischl[456], abbenchè si trovi convalescente da un riscaldo avuto con febbri, per cui è dimagrato, etuttavia un po’ debole. Puoi credere se la possibilità di questo tuo viaggio mi sia di consolazione, poiché mi dice che Paolo non è peggioratoe sperate rimetterlo in salute.Scrivimi adunque quando ti sia necessario Felice e rispondi all’affettuoso bacio di Giuseppina AganoorII. Ep. in corso, XII. 1. 3032Napoli, 24 Marzo 1880 Marina mia!Ove sei? … non dovrei crederti ancora a Firenze perché so volevate essere ad ogni costo in Bassano il primo d’aprile, avevate prima disoffermarvi per salute a Bologna, rincasati non potete essere ancora e tardandomi di darti un bacione e una buona stretta di mano, indirizzo lamia lettera a Firenze che ad ogni modo ti verrà inviata ove sei, spero.Grazie adunque dall’anima per esserti ricordata del mio povero onomastico, grazie doppiamente per la desiderata e lusinghiera notizia che hainotata alle mie figliole che l’Abate Stoppani[457] le onorasse col Genio dei suoi pregevoli lavori, e di parole d’inizio care e amorevoli … Inmezzo a tante squisite cortesie io non posso che parlarti della nostra affettuosa gratitudine dalla quale sono spinta a scriverti colla febbreindosso che mi sono presa con costipazione forte, aggiunta, che da un [po’] [458]mi tiene a letto!Né è a ripetere che Arcoleo Tulinani e i pochi amici nostri che ebbero il bene di vederti, ti ricordano con vivo desiderio e sentitissima stima, evogliono esserti rammentati.La famosa commediola, e voudville di beneficienza avrà luogo finalmente il prossimo martedì 30 aprile venturo della Società dell’unione,come sai dalla sola frase così bene redatta da un balordo facente funzione di segretario in assenza del superiore … appena avrà avuto effetto, larappresentazione s’intende non la famosa anche te ne scriverò.Se il Mascini ci sarà davvero cortese d’una sua visita, ne sarà pure lusingata la brava Duchessa Moraschieri che ha vivissimo desiderio diconoscerlo, così come la Duchessa di Bovino, entrambe Filangeri come sai. E ora prendo un decotto e mi caccio sotto le coperte per vedere dismaltire il mio grosso raffreddore di petto. Se sentissi che tosse mi affanna Marina mia! …Speriamo passi, intanto salutami Alessandro tuo e voglimi bene sempre Giuseppina tua Le ragazze hanno scritto a Silvia e Vittoria ed Elena le due sole che avessero disponibile una loro fotografia l’hanno spedita allo Stoppani insegno di gratitudine.III. Ep. in corso, XII. 1. 3034Basalghelle, [fine] 1884[459] Marina mia! come vedi siamo ancora qui a goderci le brezzoline gelate, che i monti Carnioli ci prodigano generosamente! ma d’intorno gliabeti e i pini ci sorridono col loro verde, le giornate bellissime e il sole caldo ci incoraggiano a lunghe trottate e passeggiate igieniche. Incasa i caminetti funzionano bene, e amici buoni e generosi non ci lasciano soli sicché … a Napoli non andremo che nella prima quindicina diGennaio … e io mi vi dispongo assai a malincuore, perché vorrei finire qui in questa campagna senza troppe commozioni questi sgomoli divita che mi restano! ma …Anche a me, sai, sembra strano l’essere nel Veneto da tanti mesi senza avere potuto ancora darti un bacio! … ma a Padova non si andò che nelLuglio e per pochi giorni, nell’Agosto e Settembre ebbi ad accompagnare in Cadore Edoardo poi due delle figliole, e si stette nella villaMalcolm alcune settimane, facendo gite pei monti e valli a Val di Zoldo-Comelico-Belluno etc. etc. etc. Poi i Salvadego essendo stati da noiuna ventina di giorni insistettero perché si facesse loro una visita a Cavarzere e così sia … il fatto è che chi è a capo di numerosa famigliacome è la mia, è schiavo, dipende d’ognuno de’ suoi, è costretto a sagrificare ogni pur giusto e santo desiderio ecco.Dunque Marina mia, appena sarà fissato il giorno della partenza per Padova te ne darò avviso. Non posso dirti verrò io a Bassano perché aPadova ci fermeremo pochissimi giorni, i soli necessari agli apparecchi del viaggio per Napoli.Ma sarei tanto tanto tanto contenta di rivederti, di passare una giornata con te, che l’avrei per tutto veramente affettuoso e generosissimoquesta visita che mi lasci sperare! A voce io pure avrò a raccontarti tante cose che difficilmente potrei affidare a una lettera! Dunque contovederti, carezzo questa cara speranza come una seducente promessa… verrai proprio? …Quando penso al gran bene che ci siamo volute … e a tutte le vicende, le peripezie, le accidentalità della nostra vita, sento che è bisogno ilvederci almeno di tanto in tanto, e conforto quindi d’intrattenerci da cuore a cuore di ciò che c’interessa, e che è la vita dello spirito! …E ti bacio ora porgendoti i saluti affettuosi di Edoardo e figlioli mentre vorrai mandarli a Silvia tua GiuseppinaIV. Ep. in corso, XII. 1. 3035Oderzo, ov. Basalghelle (Villa Aganoor), 23 Maggio 1885 Non ti sei fatta più viva con me, malgrado le mie lettere da Napoli!Ora siamo qui da due settimane , e ti prego dammi tue nuove e quelle dei tuoi cari!! … Noi sgraziatamente abbiamo trovato qui di che farcidisamare questo angolo tranquillo, che ci procurò tante ore belle nell’anno passato …Certi lavori consorziali nel Rasego, fiumicello che attraversa il nostro piccolo parco, vi hanno portato la devastazione più vandalica! unpittoresco e poetico laghetto tutto a verdi velature di salici, e una cascatella tanto tanto carina sono scomparsi, vecchi abeti, lauri secolari cheombreggiavano un ponticello e un chiuso di predilezione, sradicati! … e in quella vece emergono dappertutto dei monti di terriccio e di ghiaieingratissime: … stiamo accomodando s’intende, ma per quanto si faccia! … le ragazze ne piansero di dolore e di dispetto! … in altra stagionesi potrà in parte rimediare, ma ora le piante giovani che vennero sostituite qui e là, sono la speranza dell’avvenire, ma per i vecchi l’avvenirenon è promessa ma minaccia.

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A proposito! morto Mamiani![460] morto Vittor Ugo[461]… a un giorno di distanza? … Maffei,[462] poveretto ha ora 86 anni! rimane ora ilsolo d’ottantina della letteratura che cammina col secolo e invecchia con lui! ... l’ultima volta che lo vidi, mi disse: “Finchè vive Mamiani hoancora con chi ricordare un’ora del passato vissuta con un vivente tuttora con me! … tutti gli amici e conoscenti, tutti i miei coetanei mihanno preceduto …” pover uomo, mi scrivono da Milano sia molto giù ora! … Ma io ti parlo di me e degli altri, senza sapere in qualidisposizioni d’animo ti trovi questa mia. Dammi adunque tue nuove se non ti è discara una mia lunga chiacchierata! Mercoledì vado aVenezia e vi resterò fino a Sabato, quindi a Padova … Un bacione dalla tua vecchia Giuseppina e affettuosi saluti dalle sue figliole!V. Ep. in corso, XII. 1. 3033Napoli, 17 Marzo 1888 Marina cara!Come potevo scriverti a Roma, quando la tua lettera non mi diceva quanto vi saresti rimasta, né portava pure alcuna traccia d’indirizzo?… e sìche avevo grande desiderio di dirti tante e tante cose molto sentite, e aggiungervi saluti ad espressioni d’affetto delle figliole e di stimaamichevole di tutti che ti hanno conosciuta … ma … e ancora avevo ad annunciarti il rinvenimento del tuo orecchino, che ci è stato portato daun ignoto galantuomo, e che io ho già consegnato a Cattina Palma da tre giorni in Napoli, povera buona figliuola che sospira al suo ritorno inBassano tardivo. [Dei][463] tuoi figlioli non parlo, sono proprio gioielli, la Silvia bella buona brillante intelligente e tanto amabile tanto cara!… Pasolini un vero gentiluomo estimatissimo temperato in tutto e simpatico assai assai! … se la vita ti ha date gravi amarezze, ti ha serbatepure le grandi consolazioni … e pensa che sei almeno sollevata dalle tormentose incertezze sull’avvenire dei tuoi! … così la fortuna, cosa sonole vane e vaporose compiacenze di qualche buon ora paragonate alla serena pace che lungo il tuo viaggio può darti la tua casa, aspettando lastagione che schiuderà a te la tua giovane famiglia cara.Tutti ti ricordano e ti stringono la mano, ed io ti bacio e ribacio GiuseppinaVI. Ep. in corso, XII. 1. 3036Basalghelle, 11 Ottobre 1888 Aspettavo a scriverti per poterti dire finalmente potrò levar l’ancora il tale e tal giorno e essere a Bassano colla tal corsa ma sì inutile ilprocrastinare … gente che viene, gente che va e alcuni, come la penna del Pastro, scrivono: Siamo in giro, ci fermeremo ore, di qui, di là perqualche visita arrivo, ma aspettatevi il mio arrivo da un dì all’altro e in queste condizioni come possiamo muoverci? Sebbene bruci divoglia di vederti colla tua Silvia e i suoi figlioli cari? … e t’assicuro che di svago hanno proprio bisogno queste figliole e forse Virginia piùancora che Vittoria, l’Elena forse verrebbe con noi trattandosi di rivedere te e Silvia che siete tra le pochissime persone che stanno sul suobuon libro; ma è anche tutt’occupata di una villetta con pochi campi che a sua preghiera le abbiamo acquistato qui presso, e di cui agognavada tempo l’esclusiva proprietà, i campi non sono molti, ma la casetta e alcune capanne che vi sono annesse verranno dal suo gusto artisticotrasformate in chalett, in camere da studio, etc. etc., chi frenerà poi quella capricciosa fantasia, che temo sarà abisso in cui piomberanno nonsolo le sue grosse economie, ma basta non scrutiamo l’avvenire. Credo non averti detto ancora il piacere che mi ha dato la riappacificazionetua cogli Agostinelli siete così sicuri, c’è del buono anche in quella Famiglia, a cui ti lega la triste memoria della povera Lisa e poi, seanalizzi bene, tutti, ma tutti hanno un lato che sa di guasto e di poco simpatico, e molto angoloso, il buono sta nel sapere chiudere l’occhiosul brutto, e ingrandisce possibilmente con logica lente, perdona la figura bislacca, il bello e il buono che pur si trova cercando nel più degliumani e così sia. Ti dirò poi che l’Antonietta pure mi partecipava con molto compiacimento il novello riaccordo tra le due famiglie e come tidissi già, da un pezzo la mi scriveva di te con molta amicizia etc. etc.Vittoria mi dice d’averti scritto ieri [464]… oggi si è rimessa a’ suoi studi che trascurava da un pezzo, l’occupazione è vita; presto avrò conme e per tre o quattro mesi l’Angelica; mi sorride il pensiero del suo arrivo e della sua permanenza ma mi rattristo già all’idea della suaripartenza, ha una casa a sé, dei sentieri a sé, la casa di mamma non è più la sua … e la mamma ha così poco da vivere ancora! … come correil tempo vertiginosamente, mio Dio e come tutto si muta, si vaporizza, si obblia! … sono triste triste Marina mia, però la tua lettera serena dimadre contenta mi ha fatto del bene, e mi pare vederti nel tuo salotto coi nipotini, colla Silvia … beata te! Per l’avvenire della tua figliolanon c’è buio pauroso … o ma lasciamo i piagnistei e abbiti i saluti affettuosi di Edoardo e figliole col bacio fervido di Giuseppina tuaVII. Ep. in corso, XVIII. 3. 5474Basalghelle, 21 Novembre 1888 Marina mia! …Del tuo cuore non ho dubitato mai, e ti sono tanto tanto grata dell’interesse che prendi alle nostre pene, però la nostra malatina va riprendendoforze e salute, e pare che la causa paurosa di questo suo male non fosse affatto di quella gravezza che si temette da principio; ora i medici cirassicurano completamente, tutti gli organi studiati esaminati rispondono perfettamente alle esigenze di una costituzione sana, sicché nonoccorre più a rimetterla in buon assetto che cure attente e pazienti, ma noi tutti da quel triste fatto dei lunghi deliqui che l'incolsero a Trevisosiamo ancora vibranti e sofferenti, quasi ammalate più dell’ammalata stessa, e la nostra medicina sarà riposo e quiete, medicine che civerranno pure da queste povere solitudini che ti sono tanto antipatiche. Tu però, lasciatelo dire, sei molto ingiusta verso di me, avezza cometu sei all’indipendenza di chi vive spesso sola o con ristretta famiglia, non sai farti idea giusta dei legami, delle strettoie […][465] chi ècondannato a pesare molti interessi a combattere molte volontà, a vincere numerosi ostacoli prima di poter realizzare un progetto caro,soddisfare un desiderio per quanto vivo sia. Ho avuto numerosi ospiti tutto l’autunno dal 22 Agosto, nostro ritorno dal Tirolo e dal Cadore,fino al 3 Novembre, giorno in cui partimmo in comitiva da Basalghelle per Treviso coi più ridenti progetti, e dove c’incolse la malattia diVirginia; a Treviso eravamo coi Ballata Zotto Zannini Pastro - I conti Salvadego, padre fratello e signorine ospiti a Paese del Barone Onesti,ci attendevano per ritornare assieme a Basalghelle - Sartori da Milano, Bossi pittore, insomma tutta una legione di amici graditissimi, a cuidovetti telegrafare che non avrei più potuto riceverli!! … e ti prego sii buona con me poveretta, e non pensare alle cattiverie accarezzatecrudelmente come quella di non volermi scrivere che in casi eccezionali.Dirai poi all’Antonietta da che sento con piacere che la vedi spesso come ieri abbiamo ricevuto la visita del suo Alberto, venne da San Poloove ospita dai Papadopoli, e vi ritornò per l’ora di pranzo.Lasciandoci Pastro, di nuovo desiderato, insigne medico indulgentissimo da Virginia che volle alzarsi e ottenere altre promissioni nonfacilmente concesse dagli altri…E per noi tutte dirai molte cose del cuore alla Silvia tua, di cui anche Alberto Agostinelli magnificò la coltura e l’ingegno eccezionale, cosìcome la modestia il carattere e l’erudizione di Pasolini, e che tu possa essere felice sempre Marina mia, nella bontà e solidi meriti de’ tuoifiglioli e nipoti!! in questo sia tu beatissima sola e vera.

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Ti bacia la vecchia tua GiuseppinaVIII. Ep. in corso, XII. 1. 3038[466]Basalghelle, 23 Dicembre 1888 Marina mia. tu devi credermi ingrata, immemore!! non ti ho scritto quando tu scrivevi colmavi di amabilità le mie figliole; non ti ho scrittoquando eri per staccarti dolorosamente dalla tua Silvia!!Ma sapessi Marina mia: quanto buio ho nell’anima io sempre forte e superiore a tante difficoltà piombate nella vita, non mi riconosco più!Sento che lascerò presto queste figliole senza avvenire, senza un raggio lieto nel loro orizzonte, e me ne accoro, e divento paurosa pusillanime.La mia salute non è buona affatto, lo stomaco ha ripreso l’antica inerzia, e mi sforzo di nascondere questo malessere alle figliole, sforzo chemi accascia sempre più.Col giorno 9 di Gennaio, se nulla insorge, si andrà a Venezia, Angelica è con noi e questo mi conforta. Virginia sta proprio benino, Vittoria èsempre trista, ma buona affettuosissima e ti è assai riconoscente dell’affetto che le porti, e che ricambia con intensità, io pure te ne sono tantotanto grata! e dimmi a Venezia ci vedremo? io potrò escire ben poco nell’anno, si starà molto in casa, e a proposito metto la nota comica intutto questo De profundis, eccola colla certezza che non mi rivedrai cogli abiti dalle lunghe code che ti facevano ridere un po’ crudelmente …perché è non espresso ma sottinteso che non mi si farà escire di sera … assieme.Come ardentemente ti vedrei contenta, Marina mia, è inutile te lo dica.Ti voglio tanto bene lo sai! e in te posso sempre parlare a cuore aperto e riepilogare tutte le memorie della mia vita tenebrosa.Tutti qui ti porgono voci affettuose e calde di bene! io, come ti bacio? Giuseppina tua […][467]IX. Ep. in corso, XII. 1. 3039Venezia, 2 Maggio 1889 Cara Marina mia!Ti saluto e bacio prima di lasciare Venezia che quest’anno mi lascia la più brutta e malaugurata impressione per i tanti giorni bui e monchiche vi ho subiti! già oramai per me non vi è più angolo della terra che possa darmi una gioia e una speranza, se ne togli la vista e l’affetto deipochi amici cari che mi rimangono!Ma non parliamo di queste sempiterne miserie, flagello dell’umanità di tutti i tempi che furono sono e saranno. Della mia salute è megliotacere: ho un orecchio otturato, la testa con cento locomotive, e dolori e per essere più che modeste! coll’appendice di palpitazioni e mancanzedi respiro di cui non parlo qui in casa per non dare pene maggiori etc. etc. Sabato adunque andremo in campagna, non ne vedo l’ora; quellapovera squallida solitaria ci ha pur data qualche ora di riposo sereno! Ma questa trista Venezia coi suoi rii puzzolenti, i neri palazzi e le caseche ti parlano di distruzione e d’obblio irrevocabile, questo sciame di castelli vuoti, il ronzio di gondolieri, e pescatori, e barcaioli che noncantano più il Tasso e l’Ariosto e nemmeno le canzonette veneziane, ma sudano scontenti per la pagnotta e il litro quotidiano, e imprecanocontro i patrizi altra volta loro feticci, e contro i borghesi che erano avezzi a obbedire e rispettare! …In piazza, in società l’aborrita lingua Tedesca di vent’anni a dietro è la lingua indispensabile e non si ha veneto che si rispetti che non debbaparlarla almeno pappagallescamente! ...In campagna si ha silenzio e pure i grilli, le cicale, gli usignoli continuano i loro canti striduli o melodiosi come ai tempi della nostragiovinezza! Non hanno cambiato loro sotto l’influenza potente del vertiginoso progresso! stazionari! non mi tormentano colla loroinquietudine feconda di tempeste e bizzarrie, né collo spettacolo di miserie a cui non posso rimediare! amen, che chiacchierata! … che capad’oro avresti fatto, come dicono i Napoletani.E ora devo attendere alla nomenclatura dei bauli e casse! … se vedessi cha ammassi di roba! … peggio di una emigrazione di massa! …Volevo dare un saluto all’Antonietta e glielo darò dopo tante sue lettere gentili e buone. Salutamela tu, te ne prego, e dille le scriverò unalunga lettera da campagna.A te tanti tanti baci dalla tua brontolona Giuseppina che ti vuole sempre un gran bene.X. Ep. in corso, XII. 1. 3040Basalghelle, 19 Gen. 1891 Marina mia! E’ un secolo che non mi fu dato scriverti direttamente; volevo farlo tante e tante volte, ma le mie trepidanti infermiere me nedistolsero sempre offrendomisi a segretarie nella tema che la più breve e mite occupazione possa nuocere alla vecchia valetudinaria; sebbene,malgrado l’atroce stagione, la mia salute vada piuttosto migliorando che peggiorando. Oggi adunque con una giornata tutta sole e teporePrimaverili, mi è concessa la benedizione di dirti di mio pugno che ti voglio un bene grande, che ti sono teneramente grata di tutte leamabilità di cui colmi le mie figliole, facendole liete delle più gradite prove d’affetto! l’affetto vivo solido sincero, che è la sola veraconsolazione della vita! qui nel nostro squallido romitaggio non vivono che del reciproco affetto di famiglia rinfocolato da quello degli amicibuoni e memori di noi tra i quali tu sei prima. Vuoi un quadretto della nostra vita intima? letture in comune lavorando, Virginia minia,Vittoria dipinge o disegna, poche ore consacrate alle care corrispondenze, altre di letture o studi individuali nella propria camera. Io sto quasiin permanenza qui su, nel salotto ove qualche ospite come il Pufassi o il Conte Galli che da Palermo venne a stare un mese con noi, o ilcolonnello conte Zatta in guarnigione a Belluno che ci dona i suoi permessi e le sue licenze sempre brevi per i nostri desideri, e il pittoreSartori innamorato dei vecchi pagliai ancora esistenti nel Trevigiano e Friuli mentre non se ne trovano più nel resto dell’alta Italia, e qui vistudia gli effetti d’aria etc. e l’avvocato Marzolo di Padova, che amministra i redditi delle nostre case, appunto in Padova, e che quando lopuò, sebbene di rado assai, viene a portarci le novelle Patavine, e il Dottor Pastro che passa con noi qualche settimana; e pochi altri ci fannosentire di non essere del tutto staccati dal resto dell’umanità ed amici buoni che come te, sebbene meno stretti di te Marina mia (che amocome figliola) come il Verga, il Rossi da Milano, il Verdinois da Napoli, il Maggiorani da Roma ci mandano libri e espressioni di buonaamicizia che aiutano queste figliole a far scorrere non del tutto ingratamente le lunghe giornate invernali; ora mentre ti scrivo Vittoria è apasseggio col Pastro, l’Elena coll’Ingegnere Banfi, Virginia al piano.Dalla Cava notizie buone, e il proposito di ritornare a Basalghelle colle prime dolcezze dell’Aprile! … la sera alle 10, qui domina la quiete eil silenzio più solenne non interrotto che dall’abbaiare dei nostri grossi mastini vigili custodi delle nostre notti.Ma come spesso nelle lunghe ore di veglia penso a te Marina mia, e ti riveggo in palazzi di montagna e rifaccio con te i cari dialoghi d’untempo tanto lontani che mi sono sempre tanto vivi nella memoria del cuore e ti bacio e ti sono vicina con un bacio dalla vecchia Giuseppinache ti vuole tanto bene.

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XI. Ep. in corso, XII. 1. 3041[468]Basalghelle, 22 Giugno 1891 Che schianto Marina mia nel vederti partire! vecchia e ammalata ho così minaccioso e incerto il domani, che allo staccarmi da una personacara, sento rotto ancora uno di quei fragili anelli che mi tengono tuttavia alla vita vissuta! e tu sai quante memorie di dolori e di affetti cari digiovinezza mi legano a te che fosti quasi la mia famiglia in collegio, e poi sempre memore di quel passato che ebbe ineffabili conforti dallasimpatia intelligente e scambievole di sentimenti di pensieri … di aspirazioni …Credo non averti detto intera, baciandoti, la grata impressione e la cara memoria che serberò e serberemo tutti sempre dalla conoscenza delbravo e simpaticissimo tuo amico Branchi, poche persone nella mia lunga vita mi lasciarono scolpita nell'animo l'assieme, direi perfetto, diquesto gentiluomo equilibrato, distinto, superiore, così naturale nei modi modesto con alti pensieri, larga erudizione, e cuore eccezionale: …grazie Marina mia d’avercelo fatto conoscere ed apprezzare … e grazie con un bacio caldo, lungo come quello che vorrei darti così di sovente echissà quando e se mai lo potrò di persona. Oggi sto discretamente, e per questo mi è permesso scrivere questo rigo.L’Elena è partita questa mattina per Padova, è andata a fare da matrina di battesimo al neonato della Elisa Salvadego in Cavalli, la qualepartorì Sabato a notte. Angelica, Virginia e Vittoria sono qui con me e ti salutano dal cuore e baciano.Io di nuovo ti tengo stretta al petto la Giuseppina tua P. S. Ti prego salutami l’Antonietta Agostinelli, l’Isabella e la Silvia.XII. Ep. in corso, XII. 1. 3042Basalghelle, 6 Novembre 1892 Marina mia! Eccoti il rigo che tanto amorevolmente mi hai chiesto e che t’invio di gran cuore e con grande compiacimento. Già immagini cheVittoria mia buona voleva farmi da segretaria al solito, ma le ho fatto rimettere a più tardi il piacere d’intrattenersi colla sua mamminad’adozione affettuosa, e come vedi, sono io che direttamente ti porgo le lietissime nuove degli sposi felicissimi, accolti festosamenteall’arrivo da amici e parenti, coperti di fiori, di doni, di festeggiamenti senza fine; Virginia trovò l’appartamento destinatole così elegante ecompletato così deliziosamente in previdenza di ogni elegante uscita, che dice sembrarle essere un sogno di fate sua precisa espressione …non aggiunge altro, che vi si sottintende il mio intenso desiderio che tanto completo benessere, la cui più solida base ha a mia pienatranquillità il carattere buono e solido e l’affettuosità di Mirelli, abbia la maggior possibile durabilità!Già poi urgiamo di godere del contento dei nostri cari fino a che è loro concesso, poi adoperiamoci a tutta lena per lenire i dolori le contrarietàe combattere per quanto si può contro le asperità della vita?Senza egoismo, con forte volontà guardiamo tutto dall’alto, ora che per lunga esperienza ci è dato di farlo … e molte cose che ci danno peneacute e preoccupazioni moleste, si andranno rimpicciolendo in forza dell’attesa cui le vediamo … la vita: catene di meschinità dolorose deischianti egoistici … di morbose vanità … che col tempo si risolvono nell’annientamento, voglio dire nella trasformazione, … e nel vuoto.Tutto che fu cessa d’essere! … Ma io ti rattristo con questo mio radolage filosofico da ottagenaria! … perdonami … e lascia ti baci per me,Vittoria e Angelica. Anche Virginia ci minaccia per esserti ricordata con affetto riconoscente e ti scriverà prestissimo. Ti stringe col cuore latua GiuseppinaXIII. Ep. in corso, XII. 1. 3043Venezia, 3 Agosto 1897 Marina mia!Questa volta sei stata brava scrivendoci subito, e buona colla tua vecchia Giuseppina rendendole conto del modo con cui impiegasti le ore chegià ti dividevano da noi facendo parte di quel caro passato che si rimpiange sempre con accorato rammarico. Ma la tua lettera era proprio unadelle tue migliori, perché calma e serena come io vorrei sempre il tuo spirito, talvolta triste e inquieto quando lo lasci in baliadell’immaginazione che ti spinge a pensare ipotesi magari sul destino de’ tuoi cari, o ti esalta con entusiasmi esagerati! … eri proprio buonadolce e brava figliola, come ti vorrei sempre, Marina mia cara! e contenta assai assai della tua affettuosità fedele mi sono posta subito alloscrittoio per godermi un quarto d’ora beato conversando con te! ma che? … il pormi a scriverti fu il segnale, o meglio l’attrazione molesta diun mondo di visite, prima la Morosini, poi il Dottore Samaritani, quindi il deputato Santini con sorella e figlietto! e poi e poi: sinché vennesuonata la campana del desinare; ieri poi ho detto con Vittoria oggi spero mi si permetterà di scrivere a Marina, ne ho tanto desiderio! e ripresiil foglietto vergine del giorno innanzi!!! lo crederesti? Subito mi si annunciarono i Conti Zoppola, poi Zoppola di Dresnè e […][469] chesposò la bellissima Rumena, quindi; la Frigerio, poi Checco Salvadego, e finalmente Marina chi mi scese dalle nuvole? … la TeresitaFusinato sposata a Bianco Birotto, o della Ronca, ora di Verona; e ancora il Tenente Notarbartolo di marina, fidanzato alla Centamini? … nevuoi di più? … oggi per avere pace ho fatto escire ad una passeggiata igienica la Vittoria in compagnia di una signorina amica nostra, Virginiaè escita in gondola per visite ed io ho fatto dire alla porta, che le sig.ne sono escite ed io sto dormendo! Ed eccomi qui che da vera testasventata (come mi sta bene questo attributo in età sì fresca) … ho riempiuto quattro facciate di corbellerie senza interesse, senza senso, hosciupato il poco tempo di cui mi si concede l’uso, senza dirti la mia compiacenza per le lodevoli fortunate gesta del nostro bravo Pierino,senza parlarti a lungo, come mi ero proposta di te, de’ tuoi, e di noi, e senza dirti tutto il bene che vi unisce alle mie figliole, ti vuole la tuadecrepita Giuseppina Noi non andremo a Basalghelle che al chiudersi del mese. LETTERE DI VIRGINIA AGANOOR MIRELLI I. Ep. in corso, XIV. 16. 4228Oderzo, 26 Ottobre 1902 (Villa Virginia)Cara Marina mia,sono 10 anni che qui in questa nostra verde e tranquilla villetta, si celebrarono le mie nozze, e tu pure eri tra noi amica nostra buona ecara![470] E come sarei stata felice averti pure vicina ora! Festeggiamo, ma abbastanza lietamente questo decimo anniversario, con alcuniamici buoni e con Teodora Marcello Salvadori, venuta per combinazione da Trento, proprio in questi giorni, e che se ti rammenti fu una delle

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mie due brides maids[471]. L’altra era la mia Vittoria, che purtroppo, come tu mi scrivi non è in un momento troppo sereno. La nuovaricaduta di Pompilj ci preoccupa grandemente e il pensiero di lei, ci offusca la nostra serenità[472]. Non ti ho scritto come ti avevo promesso,una lunga lettera dopo la mia cartolina perché non puoi credere quante piccole faccenduole inezie se vuoi, ma che spesso s’impongono comeaffari gravi m’abbiano rubato il tempo che avrei tanto voluto dedicare ai miei più cari amici lontani.Elena che è qui, a cui lessi le tue righette affettuose, si ripromette di scriverti presto un letterone, che ti assicuri che ti vuol sempre un granbene. E’ anche lei inquieta per le nuove cause da Perugia. Vittoria ci scrisse ancora stamani, ed è appunto della sua, come della nostraopinione, di mutar aria, appena il Guido sia al caso di mettersi in via; e si rivolgeranno certo verso qualche luogo ove la temperatura sia piùmite che a Perugia. Noi partiremo per Napoli il 3 di Nov. e faremo tutta una corsa senza fermarci per via essendo già stati assenti da Napoliquanto più si poteva; si apria fino all’ultimo termine. Cesco ti ringrazia di tutte le cose affettuose e lusinghiere che dici di lui: ad Hamburgo,punto del famoso congresso, s’ebbero festeggiamenti; onori; inviti a gite, pranzi, teatri, etc. etc. quanto al congresso, fu serio, ma … non sose abbia raggiunto lo scopo pel cui fu fatto.Quando i Pasolini verranno costà, dì loro tante e tante cose amichevoli per noi. Cesco ti bacia le mani, come Elena ed io ti abbracciammoteneramente Virginia tuaII. Ep. in corso, XIV. 16. 4219[473]Napoli, 19 Maggio 1910 (Palazzo Mirelli Aganoor) Marina, amica mia, amica nostra cara.Cesco t’avrà detto, come anche in mezzo al mio grande dolore, abbia pensato allo schianto della tua anima, quando ti fosse giunta la feralenovella, e avrei voluto che te ne prevenissero prudentemente, che cercassero di ammorbidirti il colpo; ma, tu lo sai se fu possibile. Oh se tul’avessi vista come era bella e serena anche dopo morta la nostra Vittoria![474] E sai? in questi due ultimi mesi della sua vita, in quelle primesettimane, anzi nei primi giorni dopo la prima operazione, che i chirurghi infami pretendevano riuscitissima, una delle sue più ardentiaspirazioni era quella di venire a trovarti a Rezzonico; e una mattina in cui parlavamo di te, delle cure che tu avevi avuto per me, appunto neltuo bel nido d’ora, del bene che mi avevi fatto, e dal quale deriva in gran parte la mia salvazione, ella si faceva promettere dal marito didonarle alcuni giorni del suo tempo operoso, per venirli a passare con te, al caldo del tuo affetto santo. E si rise allora per quelle suepretese di promesse formali, e se ne parlò a lungo, in conversare giocondo. Dopo alcuni giorni tornammo a Napoli, sicuri della sua guarigionesollecita, che si mutò in così raccapricciante catastrofe.Delle sue ultime volontà, avrai letto sui giornali, che si dilettano di entrare nelle cose più intime delle famiglie. Ella lascia erede di tutto ilmarito, e siccome questi a sua volta lascia erede del proprio la sorella uterina, ogni cosa andrà a lei. Vedi quali sono i decreti del dispensatored’ogni bene! La tua povera Beppa ha tanto penato e studiato perché non andasse sperduta la fortuna della nostra casa e quindi delle sue creatureed ora … E ciò che mi duole l’anima non è il vedere andare ad estranei il denaro, ma i ricordi sacri di famiglia, le antiche gemme di famiglia,i doni delle sorelle e dei parenti, mentre non sappiamo ancora se vi sieno clausole nel testamento di quella nostra perduta. Marina mia, Elenaci scrive d’aver avuto una tua buona e affettuosa letterina cui rispose subito, sebbene non stesse bene; so che Mary ti scrisse ieri qui dalla miascrivania che guarda la terrazza, e di dove si vede l’alto Eucaliptus che Vittoria chiamava il suo amico.Marina nostra ricordami alla tua Silvia, dille tante cose affettuose per me, e tu abbiti l’amicizia in noi abbracci VirginiaIII. Ep. in corso, XIV. 16. 4230[Oderzo], 13 Ottobre 1911 (Villa Virginia)[475] Cara cara la mia Marina. Lo supposi subito che tu avresti creduto, vedendo il cumulo di lettere che Galli per eccesso di zelo pensò di respingerci costà, che noiavessimo avuta l’intenzione di restare a Rezzonico più lungamente! Ma non capisci creatura mia cara, che fu un sacrificio vero e grande pertutti tre il lasciare te e le delizie di cui ci circondasti nei giorni che fummo costà? Ma avevamo purtroppo un impegno precedente per martedì,quello di portare un saluto ed un addio ad una amica che partiva e che non istava punto bene, e la Elena dal canto suo ci attendeva essendosiaffrettata a venire a Basalghelle per noi.Se tu volessi capire come lasciammo il nostro cuore presso a te, non ci rimprovereresti così ingiustamente, mentre è una vera crudeltà lostuzzicare la ferita del prossimo. Se sapessi che strappo fu per noi l’abbandonare cotesto luogo di godimenti, di sereno, di eletto. Ti volevoscrivere subito ieri per dirti: cattiva, cattiva, ma ebbi l’emicrania e con ciò una colazione dall’Elena e un mondo di gente al mio the delGiovedì.Ora abbiamo giovedì incantevoli, come deve essere bello Rezzonico!Prenditi un bacione che non meriteresti ma che non posso a meno di darti coll’anima. Ossequi da Cesco e Celestino e bacioni ancora da VirginiettaIV. Ep. in corso, XIV. 16. 4231Torre del Greco (Golfe de Naples), [s. d.] [476](Grand Hotel Santa Teresa-Station Climaterique-Maison de premier ordre-Ouverte toute l’année) Amica mia. Quand’ebbi la cara tua cartolina, ti telegrafai subito per informarti del nostro novello soggiorno, ma nello stesso tempo,credendoti già in via per Napoli, ti scrivevo una lunga lettera colà, incaricando i nostri domestici di consegnartela. In quella ti davo tutte lenorme perché tu potessi recarti qui colla nostra carrozza che parte da casa tutti i giorni per questa volta, e che sarebbe venuta a prendertiall’Albergo all’ora che tu avessi desiderato, etc. etc.Ma siccome fino ieri non sapemmo più nulla di te ti scrivo a Roma, per dirti come sia grande il desiderio di vederti; Cesco comincia amigliorare, e se la miglioria continua, forse martedì o mercoledì si spererebbe poter essere di ritorno a Napoli. Intanto, se Cesco si rimetterà inchiave, si conterebbe recarci a Roma per qualche giorno, essendoci ciò necessario per affari anzi se Cesco non potesse dovrei recarmivi io; e tue Silvia potreste essermi provviste compagne nelle mie peregrinazioni. Dimmi dunque bene i tuoi progetti, se puoi o no trattenerti a Romaancora qualche giorno, o quando precisamente sarai a Napoli, perché voglio vederti ad ogni costo, abbracciarti, e starmene un poco con te.Dimmi dunque tutto. Cesco ti ossequia, rammentaci a Pasolini ed abbiti un nuvolo di baci per te e Silvia da Virginia tua

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LETTERE DI ANGELICA AGANOOR I. Ep. in corso, XVIII. 2. 5471Firenze, 1° Marzo 1882 Mia amatissima MarinaDimani ricorre a te e a noi, che tanto ti amiamo, un giorno di gravi rimembranze, ed io non posso mancare in questa circostanza di porgere ate quei conforti di parola, che l’amicizia ispira a tutte le anime gentili.Se da una parte i ricordi di ciò che perdesti ti serran l’animo, dall’altra parte ti confortino i perenni sensi d’amicizia e d’amore, che tutti noiaffezionatissimi a te ti serbiamo finché ci basti la vita.La condizione nostra è comune a tutte le altre cose mortali, perciò nulla rileva il compiangere estinti che mai ritorneranno al giorno, masibbene è debito nostro conservar di essi la più tenera, pia e religiosa memoria. Quindi è che io con queste poche parole, mia amatissimaMarina, vengo a fare con te quel migliore ufficio che l’amicizia mi detta, e che sento dal profondo dell’animo ispirarmi in tuo sollievo.Mi conforta in tutto questo il pensare che hai a fianco la tua amata Silvia con i suoi figli, la quale e ora e sempre sarà largo fonte diconsolazioni all’anima tua bisognosa di non comuni conforti.Baciami Silvia, i bambini e stringi la mano per Felice al suo marito, e tu, cara, abbiti un affettuoso abbraccio dalla tua amica AngelicaII. Ep. in corso, XVIII. 2. 5472[s.l.], 20 Gennaio 1913[477] Cara Marina.Prima di partire per Cava, ti mando un mio bacio colla preghiera di aver cura alla salute e non lasciarti abbattere da idee nere.Tu mi domandi del Mirelli, e io sono della tua opinione riguardo alla pazienza avuta colla povera Virginia quand’era malata e alla buonacompagnia ch’egli le fece sempre.Il mondo maligno lo accusa ora di molte cose, ma io non mi sono mai accorta di nulla e non lo credo capace di quel che dicono. Con noi poiegli si è condotto male assai, specie con me a cui mostrò sempre grande amicizia e che appena morta la povera Virginia venne da me per avereun po’ di consolazione e rimase due giorni sì, l’altro no finché non fece la risoluzione di partire per Venezia e Basalghelle, lasciandomi crederea passare con noi le feste di Natale. Questo suo viaggio non mi andava a genio e glielo dissi, ma egli era fermo e partì. Il risultato fu – grandiscenate colla Mary, la quale accasciata dal dolore per la perdita di Virginia credeva di trovare le istesse disposizioni anche in lui, mentre,invece di parlare della grave perdita, toccò subito il tasto interessi, tasto che si evitava sempre con lei trattandosi delle sue cose, e ciò la feceuscire di carreggiata e da allora non si rimise più. Sarebbe lungo raccontare tutto. Il testamento della Virginia lo lasciava erede universale contre legati a noi sorelle – all’Elena la villa di Basalghelle (ché le terre erano già state vendute a quest’ultima) con una somma relativa agli oneri,alla Mary e a me 65 mila lire ch’erano del mutuo Selmi (somma che si era costituita in dote) e che sono state investite altrimenti. Con me ilMirelli non fece mai allusione a non riconoscere il legato, anzi parlandomi amichevolmente mi faceva osservare che i capitali della Virginiaerano quasi tutti immobilizzati e che avrei dovuto aver pazienza e prendermi un’iscrizione sul palazzo. Risposi naturalmente che gli avreilasciato tutto il tempo necessario e che anzi non parlasse per ora di interessi. Così si tirò avanti fino al giugno e di tanto in tanto veniva apranzo da me ed eravamo eccellenti amici. Quando un bel dì mi capita come il solito e desidera parlare col mio avvocato. Vi andammoinsieme e là scoppia la bomba. Dopo un quadro di miseria, egli dichiara di non riconoscere il legato, ma che farebbe qualche sacrificio percontentare i desideri della Virginia. Io non potendone più per il modo poco corretto di trattare simili affari dinanzi ad un estraneo senza primaavermene fatto cenno presi la parola così: “Prima che il mio avvocato parli io sento il bisogno assoluto di dirti che io elemosine non nevoglio, se ho diritto di avere il legato, dal momento che hai messo la cosa sopra un terreno benevolo lo esigo senza un centesimo di meno senon ho diritto non voglio niente proprio.” Il mio avvocato e molti altri dicono che abbiamo ragione e la transazione offerta da Mirelli era cosìpoco dignitosa da non poterla accettare. Io gli ho offerto di tenersi il capitale al 4 per cento niente mi si rispose quindi per forza la causa collaMary poi profittando del suo stato aveva altre idee. Questa è tutta la verità.Ciao e voglimi bene AngelicaLETTERE DI MARIA AGANOOR I. Epistolario in corso, XII. 2. 3045[478]

Venezia, [25 Dicembre 1892][479] Mia CarissimaPossa il nuovo anno portarti consolazioni [e spe]ranze, possa compensarti in sorrisi e confo[rti.] [Tu]tte le pene e le lagrime di cui ti fa così[…] […]nti largo in anni tardi[480]. Tua aff.ma Mary Aganoor Per scriverti queste poche parole ho dovuto mettere a più riprese la mano nell’acqua caldissima. II. Ep. in corso, XII. 2. 3046[481][S.l., s.d.] […]…………………………………………………………………………[482]La Mamma quando passò dal collegio in casa Aganoor, credo mancasse di quella pratica necessaria di tutto quell’assieme più adatto perconvivere in un ambiente smisuratamente diverso di quello in cui aveva vissuto; libera pensatrice, di carattere fiero schietto ed altrattantoassoluto, che sorge in un essere superiore per idee e principii, dotata di fervida immaginazione, di quell’immaginazione che si fa alle volte piùviva in quell’età in cui mancando di esperienza e di guida ci sentiamo più facilmente inclinate a meditare sull’ordine degli eventi, meditazioneche spesso lasciandoci il cuore invaso dallo sconforto ci conduce pure il pensiero a vagare in uno spazio d’illusioni, di speranze che nonpossiamo definire ma che intanto ci fanno vivere anche per poco in un mondo migliore. Credo che in queste disposizioni di spirito la Mamma

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abbia messo piede in quella dimora. Mary TAVOLA RIASSUNTIVA LETTERE DI VITTORIA AGANOOR 1881 I- Napoli, 11 Novembre Epistolario in corso, XII. 3. 3047 1882 II- Napoli, 23 Gennaio Epistolario in corso, XII. 3. 3048III- Napoli, 1° Giugno Epistolario in corso, XII. 3. 3049IV- [S. l., anteriore 6 Settembre] Epistolario in corso, XII. 3. 3 1888 V- Basalghelle, 10 Febbraio Epistolario in corso, XII. 3. 3050VI- Basalghelle, 29 Aprile Epistolario in corso, XII. 3. 3051VII- Basalghelle, 19 Maggio Epistolario in corso, XII. 3. 3052VIII- Basalghelle, 20 Giugno Epistolario in corso, XII. 3. 3053IX- La Punta, 17 Agosto Epistolario in corso, XII. 3. 3184X- Basalghelle, 2 Ottobre Epistolario in corso, XII. 1. 3037XI- Basalghelle, 10 Ottobre Epistolario in corso, XII. 3. 3054XII- Basalghelle, 25 Dicembre Epistolario in corso, XII. 3. 3055 1889 XIII- Venezia, 2 Febbraio Epistolario in corso, XII. 3. 3056XIV- Venezia, 8 Febbraio Epistolario in corso, XII. 3. 3057XV- Venezia, 20 Febbraio Epistolario in corso, XII. 3. 3058XVI- Venezia, 24 Aprile Epistolario in corso, XII. 3. 3059XVII- Venezia, 27 Aprile Epistolario in corso, XII. 3. 3060XVIII- Venezia, 2 Maggio Epistolario in corso, XII. 3. 3061XIX- Basalghelle, 16 Maggio Epistolario in corso, XII. 3. 3062XX- Basalghelle, 6 Giugno Epistolario in corso, XII. 3. 3063XXI- Basalghelle, 16 Luglio Epistolario in corso, XII. 3. 3064XXII- Vena d’Oro, 22 Luglio Epistolario in corso, XII. 3. 3065 1890 XXIII- Basalghelle, martedì [anteriore 30 Gennaio] Epistolario in corso, XII. 3. 3189XXIV- Basalghelle, 30 Gennaio Epistolario in corso, XII. 3. 3066XXV- Basalghelle, 4 Aprile Epistolario in corso, XII. 3. 3067XXVI- Basalghelle, 16 Novembre Epistolario in corso, XII. 3. 3068 1891 XXVII- Basalghelle, 6 Febbraio Epistolario in corso, XII. 3. 3180XXVIII- Basalghelle, 22 Maggio Epistolario in corso, XII. 3. 3072XXIX- Basalghelle, 13 Giugno Epistolario in corso, XII. 3. 3073XXX- Basalghelle, 1° Luglio Epistolario in corso, XII. 3. 3074XXXI- Bagni di Nocera Umbra, [Estate] Epistolario in corso, XII. 3. 3190XXXII- Venezia, 12 Novembre Epistolario in corso, XII. 3. 3069 1892 XXXIII- Venezia, 13 Febbraio Epistolario in corso, XII. 2. 3044XXXIV- Venezia, 6 Aprile Epistolario in corso, XII. 3. 3182XXXV- Venezia, 29 Aprile Epistolario in corso, XII. 3. 3070XXXVI- Venezia, 18 Maggio Epistolario in corso, XII. 3. 3071XXXVII- Basalghelle, 23 Agosto Epistolario in corso, XII. 3. 3075XXXVIII- Basalghelle, 4 Ottobre Epistolario in corso, XII. 3. 3076XXXIX- Basalghelle, 16 Ottobre Epistolario in corso, XII. 3. 3077XL- Basalghelle, 10 Novembre Epistolario in corso, XII. 3. 3078 1893 XLI- Venezia, 23 Gennaio Epistolario in corso, XII. 3. 3079XLII- Venezia, 21 Aprile Epistolario in corso, XII. 3. 3080XLIII- Cava dei Tirreni, 21 Luglio Epistolario in corso, XII. 3. 3081

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1894 XLIV- Venezia, 27 Gennaio Epistolario in corso, XII. 3. 3082XLV- Venezia, 22 Febbraio Epistolario in corso, XII. 3. 3083XLVI- Venezia, 28 Marzo Epistolario in corso, XII. 3. 3084XLVII- Cava dei Tirreni, 21 Agosto Epistolario in corso, XII. 3. 3185XLVIII- Basalghelle, 25 Ottobre Epistolario in corso, XII. 3. 3085XLIX- Venezia, 1° Dicembre Epistolario in corso, XII. 3. 3188 1895 L- Venezia, 24 Gennaio Epistolario in corso, XII. 3. 3086LI- Venezia, 2 Febbraio Epistolario in corso, XII. 3. 3087LII- Venezia, 7 Maggio Epistolario in corso, XII. 3. 3088LIII- [S. l., s. d.] Epistolario in corso, XII. 3. 2LIV- Venezia, 7 Luglio Epistolario in corso, XII. 3. 3089LV- Basalghelle, 28 Ottobre Epistolario in corso, XII. 3. 3090LVI- Basalghelle, 3 Novembre Epistolario in corso, XII. 3. 3091LVII- Venezia, 23 Novembre Epistolario in corso, XII. 3. 3092LVIII- Venezia, 2 Dicembre Epistolario in corso, XII. 3. 3093LIX- Venezia, 5 Dicembre Epistolario in corso, XII. 3. 3094LX- Venezia, 16 Dicembre Epistolario in corso, XII. 3. 3095 1896 LXI- Venezia, 12 Febbraio Epistolario in corso, XII. 3. 3096LXII- Venezia, 21 Marzo Epistolario in corso, XII. 3. 3097LXIII- Venezia, 15 Aprile Epistolario in corso, XII. 3. 3098LXIV- Venezia, 4 Maggio Epistolario in corso, XII. 3. 3099LXV- Venezia, 22 Luglio Epistolario in corso, XII. 3. 3100LXVI- Basalghelle, 8 Settembre Epistolario in corso, XII. 3. 3101LXVII- Venezia, 20 Novembre Epistolario in corso, XII. 3. 3102 1897 LXVIII- Venezia, 19 Aprile Epistolario in corso, XII. 3. 3103LXIX- Basalghelle, 6 Ottobre Epistolario in corso, XII. 3. 3104LXX- Basalghelle, 11 Ottobre Epistolario in corso, XII. 3. 3105LXXI- Basalghelle, 22 Ottobre Epistolario in corso, XII. 3. 3106LXXII- Venezia, 14 Dicembre Epistolario in corso, XII. 3. 3107 1898 LXXIII- Basalghelle, 29 Settembre Epistolario in corso, XII. 3. 3108LXXIV- Basalghelle, 28 Ottobre Epistolario in corso, XII. 3. 3109LXXV- Basalghelle, 3 Novembre Epistolario in corso, XII. 3. 3110LXXVI- Venezia, 7 Dicembre Epistolario in corso, XII. 3. 3111 1899 LXXVII- Venezia, 21 Gennaio Epistolario in corso, XII. 3. 3112LXXVIII- Venezia, 21 Febbraio Epistolario in corso, XII. 3. 3113LXXIX- Venezia, 14 Marzo Epistolario in corso, XII. 3. 3114LXXX- Napoli, 18 Maggio Epistolario in corso, XII. 3. 3115LXXXI- Cava dei Tirreni, 9 Agosto Epistolario in corso, XII. 3. 3116LXXXII- Tarcento, 10 Ottobre Epistolario in corso, XII. 3. 3117LXXXIII- Tarcento, 28 Ottobre Epistolario in corso, XII. 3. 3118LXXXIV- Venezia, 12 Novembre Epistolario in corso, XII. 3. 3119LXXXV- Venezia, 21 Novembre Epistolario in corso, XII. 3. 3120LXXXVI- Venezia, 27 Novembre Epistolario in corso, XII. 3. 3121LXXXVII- Venezia, 3 Dicembre Epistolario in corso, XII. 3. 3122LXXXVIII- Venezia, 20 Dicembre Epistolario in corso, XII. 3. 3123 1900 LXXXIX- Venezia, 7 Gennaio Epistolario in corso, XII. 3. 3125XC- Venezia, 23 Gennaio Epistolario in corso, XII. 3. 3126XCI-Venezia, 3 Febbraio Epistolario in corso, XII. 3. 3127XCII- Venezia, 3 Marzo Epistolario in corso, XII. 3. 3128XCIII- Venezia, 26 Marzo Epistolario in corso, XII. 3. 3129XCIV- Cava dei Tirreni, 19 Giugno Epistolario in corso, XII. 3. 3130XCV- Varallo Sesia, 9 [Agosto] Epistolario in corso, XII. 3. 3124XCVI- Tarcento, 21 Settembre Epistolario in corso, XII. 3. 3131

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XCVII- Venezia, 16 Ottobre Epistolario in corso, XII. 3. 3132XCVIII-Tarcento,[post 22 Ottobre/ante 28 Ottobre] Epistolario in corso, XII. 3. 3191XCIX- Venezia, 28 Ottobre sera Epistolario in corso, XII. 3. 3187C- Venezia, 30 Ottobre Epistolario in corso, XII. 3. 3133CI- Venezia, 7 Dicembre Epistolario in corso, XII. 3. 3134CII- Venezia, 12 Dicembre Epistolario in corso, XII. 3. 3135CIII- Venezia, 23 Dicembre Epistolario in corso, XII. 3. 3136 1901 CIV- Venezia, 14 Gennaio Epistolario in corso, XII. 3. 3137CV- Napoli, 14 Maggio Epistolario in corso, XII. 3. 3138CVI- Castellamare di Stabia, 15 Luglio Epistolario in corso, XII. 3. 3139CVII- Castellamare di Stabia, 16 Agosto Epistolario in corso, XII. 3. 3183CVIII- Cava dei Tirreni, 3 Settembre Epistolario in corso, XII. 3. 3140CIX- Venezia, 7 Ottobre Epistolario in corso, XII. 3. 3141CX- Venezia, 24 Ottobre Epistolario in corso, XII. 3. 3142CXI- Venezia, 28 Ottobre Epistolario in corso, XII. 3. 3186CXII- Venezia, 9 Novembre Epistolario in corso, XII. 3. 3143CXIII- Venezia, 12 Novembre Epistolario in corso, XII. 3. 3144CXIV- Perugia, 25 Dicembre Epistolario in corso, XII. 3. 3145 1902 CXV- Perugia, 13 Luglio Epistolario in corso, XII. 3. 3146CXVI- Perugia, 21 Settembre Epistolario in corso, XII. 3. 3147CXVII- Perugia, 26 Settembre Epistolario in corso, XII. 3. 3148 1903 CXVIII- San Remo, 28 Febbraio Epistolario in corso, XII. 3. 3149CXIX- Perugia, 25 Aprile Epistolario in corso, XII. 3. 3150CXX- Perugia, 8 Maggio Epistolario in corso, XII. 3. 3151CXXI- Perugia, 24 Giugno Epistolario in corso, XII. 3. 3152CXXII- Monte del Lago, 1° Novembre Epistolario in corso, XII. 3. 3153CXXIII- Perugia, 4 Dicembre Epistolario in corso, XII. 3. 3154CXXIV- Perugia, 30 Dicembre Epistolario in corso, XII. 3. 3155 1904 CXXV- Venezia, 4 Febbraio Epistolario in corso, XII. 3. 3156CXXVI- Perugia, 28 Febbraio Epistolario in corso, XII. 3. 3157CXXVII- Venezia, 5 Marzo Epistolario in corso, XII. 3. 3158CXXVIII- Venezia, 5 Marzo sera Epistolario in corso, XII. 3. 3181CXXIX- Perugia, 24 Marzo Epistolario in corso, XII. 3. 3159CXXX- Perugia, 27 Dicembre Epistolario in corso, XII. 3. 31601905 CXXXI- Perugia, 3 Gennaio Epistolario in corso, XII. 3. 3161CXXXII- Perugia, 14 Febbraio Epistolario in corso, XII. 3. 3162CXXXIII- Perugia, 25 Marzo Epistolario in corso, XII. 3. 3163CXXXIV- Perugia, 10 Luglio Epistolario in corso, XII. 3. 3164CXXXV- Perugia, 15 Luglio Epistolario in corso, XII. 3. 3165CXXXVI- Perugia, 19 Agosto Epistolario in corso, XII. 3. 3166 1906 CXXXVII- Perugia, 21 Novembre Epistolario in corso, XII. 3. 3167 1907 CXXXVIII- Perugia, 8 Agosto Epistolario in corso, XII. 3. 3168CXXXIX- Perugia, 18 Agosto Epistolario in corso, XII. 3. 3169CXL- Perugia, 6 Dicembre Epistolario in corso, XII. 3. 3170CXLI- Perugia, 19 Dicembre Epistolario in corso, XII. 3. 3171 1908 CXLII- Perugia, 17 Marzo Epistolario in corso, XII. 3. 3172CXLIII- Perugia, 12 Maggio Epistolario in corso, XII. 3. 3173CXLIV- Perugia, 18 Agosto Epistolario in corso, XII. 3. 3174CXLV- Perugia, 28 Ottobre Epistolario in corso, XII. 3. 3176 1909

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CXLVI- Perugia, 12 Gennaio Epistolario in corso, XII. 3. 3177CXLVII- Perugia, 21 Luglio Epistolario in corso, XII. 3. 3178CXLVIII- Perugia, 21 Novembre Epistolario in corso, XII. 3. 3179 SENZA DATA CXLIX- [S. l., s. d.] Epistolario in corso, XII. 3. 3192CL- Cava dei Tirreni (Casa della Corte), [s. d.] Epistolario in corso, XII. 3. 1CLI- [S. l., s. d.] Epistolario in corso, XII. 3. 3066 LETTERE DI GIUSEPPINA PACINI AGANOOR 1872 I- [S. l], 19 Giugno Epistolario in corso, XVIII. 3. 5473 1880 II- Napoli, 24 Marzo Epistolario in corso, XII. 1. 30321884 III- Basalghelle, [fine] Epistolario in corso, XII. 1. 3034 1885 IV- Oderzo, ov. Basalghelle, 23 Maggio Epistolario in corso, XII. 1. 3035 1888 V- Napoli, 17 Marzo Epistolario in corso, XII. 1. 3033VI- Basalghelle, 11 Ottobre Epistolario in corso, XII. 1. 3036VII.- Basalghelle, 21 Novembre Epistolario in corso, XVIII. 3. 5474VIII- Basalghelle, 23 Dicembre Epistolario in corso, XII. 1. 3038 1889 IX- Venezia, 2 Maggio Epistolario in corso, XII. 1. 3039 1891 X- Basalghelle, 19 Gen. Epistolario in corso, XII. 1. 3040XI- Basalghelle, 22 Giugno Epistolario in corso, XII. 1. 3041 1892 XII- Basalghelle, 6 Novembre Epistolario in corso, XII. 1. 3042 1897 XIII- Venezia, 3 Agosto Epistolario in corso, XII. 1. 3043 LETTERE DI VIRGINIA AGANOOR MIRELLI 1902 I- Oderzo, 26 Ottobre Epistolario in corso, XIV. 16. 4228 1910 II- Napoli, 19 Maggio Epistolario in corso, XIV. 16. 4219 1911 III- [Oderzo], 13 Ottobre Epistolario in corso, XIV. 16. 4230 SENZA DATA IV- Torre del Greco Epistolario in corso, XIV. 16. 4231 LETTERE DI ANGELICA AGANOOR

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1882 I- Firenze, 1° Marzo Epistolario in corso, XVIII. 2. 5471 1913 II- [S.l.], 20 Gennaio Epistolario in corso, XVIII. 2. 5472 LETTERE DI MARIA AGANOOR 1892 I- Venezia, [25 Dicembre] Epistolario in corso, XII. 2. 3045 SENZA DATA II- [S. l.] Epistolario in corso, XII. 2. 3046

[1] Nata a Padova nel 1960, coniugata, un figlio. Laureata in Lettere presso l’Università di Padova nel1989 (tesi: Comento di Cristoforo Landino fiorentino sopra La Comedia di Dante Alighieri fiorentino.Paradiso: Prologo e canti I-VII. Introduzione, trascrizione e note). Laureata in Materie Letterarie pressola stessa Università nel 1999 (tesi: Gli ospedali a Rovigo durante l’episcopato di Giulio Canani (1554-1581)). Ricercatrice free-lance per passione. Risiede a Padova.La biblioteca di Bassano del Grappa, che conserva gli autografi delle lettere inedite di Vittoria Aganoor alla Baroni, ha dato alla curatricel’autorizzazione scritta all’eventuale pubblicazione dell’intero epistolario.[2] Lettera da Basalghelle, 22 Giugno 1891 (Epistolario in corso, XII. 1. 3041).[3] Il plico della corrispondenza di Giuseppina Pacini Aganoor a Marina Baroni è conservato, dal 12 Gennaio 1923 per volontà della figliadella contessa bassanese, Silvia Baroni Pasolini, presso la Biblioteca del Museo Civico di Bassano del Grappa (VI), come risulta dal Registrodegli ingressi della biblioteca stessa, con segnature Epistolario in corso, XII. 1. 3032-3043 e Epistolario in corso, XVIII. 3. 5473-5474 ed èstato interamente trascritto in appendice.Per gli accenni di Vittoria Aganoor a missive della madre a Marina Baroni non conservatesi si vedano le seguenti lettere: Basalghelle, 4Aprile 1890 (Epistolario in corso, XII. 3. 3067), Basalghelle, 25 Ottobre 1894 (Epistolario in corso, XII. 3. 3085) e Venezia, 24 Gennaio1895 (Epistolario in corso, XII. 3. 3086).[4] Giuseppina Pacini Aganoor viene detta di anni 80 nella partecipazione mandata a Domenico Gnoli dalla figlia Vittoria in occasione dellasua scomparsa. Marina Baroni è ancora in vita al 20 Gennaio 1913, come risulta da una lettera inviatale da Angelica Aganoor, sorellamaggiore di Vittoria, e leggibile in appendice (Epistolario in corso, XVIII. 2. 5472).[5] Lettera da Basalghelle, 19 Gennaio 1891 (Epistolario in corso, XII. 1. 3040).[6] Lettera da Basalghelle, [fine] 1884 (Epistolario in corso, XII. 1. 3034).[7] Lettera da Basalghelle, 22 Giugno 1891 (Epistolario in corso, XII. 1. 3041).[8] Lettera da Oderzo, ov. Basalghelle (Villa Aganoor), 23 Maggio 1885 (Epistolario in corso, XII. 1. 3035).[9] Lettera da Basalghelle, 23 Dicembre 1888 (Epistolario in corso, XII. 1. 3038).[10] Queste notizie sono state tratte da VENANZIO TODESCO, Un’amicizia di Vittoria Aganoor , Foligno 1923, p. 1. La villa di Ca’Rezzonico, ora Rezzonico Borella, che si trova nelle immediate vicinanze di Bassano del Grappa (VI), fu edificata nel XVII secolo ed ècostituita da un grande corpo centrale con torri angolari. Interessante il Salone d’onore, che fu decorato da Antonio Canova e da DomenicoPellegrini[11] Il suo nome di battesimo potrebbe essere stato Paolo, se è a lui che allude Giuseppina Pacini Aganoor nella sua lettera del 19 Giugno1872: Puoi credere se la possibilità di questo tuo viaggio mi sia di consolazione, poiché mi dice che Paolo non è peggiorato e speraterimetterlo in salute. (Epistolario in corso, XVIII. 3. 5473). O, forse più probabilmente, potrebbe essere stato Alessandro, se Giuseppinainviando i suoi saluti ad Alessandro tuo intendesse rivolgerli al marito di Marina Baroni (Epistolario in corso, XII. 1. 3032). Purtroppo perònon è stato possibile appurare quale dei due nomi fosse quello corretto, sempre ammesso ovviamente che le allusioni dell’Aganoor fosserorivolte effettivamente al marito dell’amica. [12] ANGELO DE GUBERNATIS, Piccolo dizionario biografico degli italiani, Roma 1895.[13] BRUNO BRUNELLI BONETTI, Musica dell’800: un cenacolo di “filarmonici”, estratto dalle Memorie della R. Accademia di Scienze,Lettere ed Arti di Padova, Scienze morali, Nuova serie vol. LIX, Padova 1943, pp. 1-25; p. 9.Effettivamente von Bulow e Bazzini suonarono in casa di Marina Baroni nel settembre del 1871, come racconta il Brunelli Bonetti a p. 12. Inoltre sempre dalla lettura di questo contributo del Brunelli Bonetti (p. 15) risulta anche che i “filarmonici” si esibirono a Padova e inPrato, oltre alle serate in casa Suman, si aggiunsero i pomeriggi in casa della contessa Aganoor e delle sue intelligentissime figliole,ritornate a domicilio in una sosta di quei lunghi viaggi per cui il Bazzini le aveva giudicate d’“humeur voyageuse”. (31 marzo 1871).[14] Angelica Aganoor il 1° Marzo 1882, forse riferendosi alla perdita del consorte da parte dell’amica, le scrive da Firenze:Mia amatissima Marina dimani ricorre a te e a noi, che tanto ti amiamo, un giorno di gravi rimembranze, ed io non posso mancare inquesta circostanza di porgere a te quei conforti di parola, che l’amicizia ispira a tutte le anime gentili. Se da una parte i ricordi di ciò che perdesti ti serran l’animo, dall’altra parte ti confortino i perenni sensid’amicizia e d’amore, che tutti noi affezionatissimi ti serbiamo finchè ci basti la vita. (Epistolario in corso, XVIII. 2. 5471)

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[15] Lettera da Venezia, 3 Agosto 1897 (Epistolario in corso, XII. 1. 3043).[16] Lettera da Basalghelle, [fine]1884 (Epistolario in corso, XII. 1. 3034).[17] Lettera da Basalghelle, 4 Aprile 1890 (Epistolario in corso, XII. 3. 3067).[18] Lettera da Basalghelle, 6 Febbraio 1891 (Epistolario in corso, XII. 3. 3180).[19] Lettera da Basalghelle, 16 Novembre 1890 (Epistolario in corso, XII. 3. 3068).[20] Lettera da Perugia, 3 Gennaio 1905 (Epistolario in corso, XII. 3. 3161).[21] Le lettere di Virginia Aganoor Mirelli (Epistolario in corso, XIV. 16. 4228-4231 ), di Angelica Aganoor ( Epistolario in corso, XVIII. 2.5471-5472) e di Maria Aganoor (Epistolario in corso, XII. 2. 3045-3046), conservate presso la Biblioteca del Museo Civico di Bassano delGrappa (VI) dal 12 Gennaio 1923 per volontà della figlia di Marina Baroni, Silvia Baroni Pasolini, sono state trascritte in appendice.[22] VITTORIA AGANOOR, Lettere a Giacomo Zanella (1876-1888), a cura di ADRIANA CHEMELLO, Mirano (VE) 1996, p. 66.[23] Vittoria Aganoor usa per la prima volta in questo suo epistolario l’appellativo affettuoso mammina nella lettera da Napoli, 1° Giugno1882 (Epistolario in corso, XII. 3. 3049), appellativo che diventerà col tempo, in variatio con mammetta, d’uso consueto.[24] Lettera da La Punta [Longarone (Belluno)], 17 Agosto [1888] (Villa Malcom) (Epistolario in corso, XII. 3. 3184).[25] Il contrasto tra le forti personalità delle due amiche si può intravedere nelle lettere da Venezia, 27 Aprile 1889 e 2 Maggio 1889 e inquella da Basalghelle, 16 Maggio 1889(Epistolario in corso, XII. 3. 3060-3061), dove Vittoria cerca di districarsi con ironia dall’affettuosaquanto insistente intromissione di Marina, la quale vorrebbe farla fidanzare ad un suo conoscente peraltro poco incline a sottostare alla volontàdella bassanese.[26] Brano tratto da una lettera di Vittoria Aganoor al senatore Fedele Lampertico da Basalghelle, 26 Settembre 1892, leggibile inAGANOOR, Lettere a Giacomo Zanella, pp. 198-199.[27] MATILDE SERAO, Vittoria Aganoor, in Rivista di Roma, 14 (1910), nn. X-XI, pp. 342-344; p. 343.[28] Giacomo Zanella, poeta e maestro dell’Aganoor, era per lei anche un carissimo amico, anzi quasi un padre come testimoniaesaurientemente la già citata raccolta di lettere a lui indirizzate curata da A. Chemello. Quest’ultima nella sua Introduzione, descrivendo ilrapporto intercorrente tra la poetessa e il suo maestro, definisce lo Zanella come il perfetto sostituto di una figura paterna opaca e assente,sia nella vita come nella corrispondenza col vicentino (ADRIANA CHEMELLO, Introduzione, in AGANOOR, Lettere a Giacomo Zanella,p. XIX). Anche nell’epistolario aganooriano a Marina Baroni il padre viene nominato solo di sfuggita e soprattutto nei saluti finali; soltantoin una delle lettere più tarde parla di lui in misura più ampia: Quando sui giornali io rivedo accennare all’affare Murri, o narrare qualchealtro fatto di simil genere, penso al caro Papà mio, che leggendo i fogli, sclamava spesso: “Meglio non esser nati, e non sapere tanteturpitudini!” Poi si riprendeva subito e come pentito aggiungeva: “Mio buon Gesù sia fatta la vostra volontà.” Io lo dico anche in queimiei versi A mio padre che tu certo hai letto in “Leggenda eterna”. (Lettera da Perugia, 8 Maggio 1903 Epistolario in corso, XII. 3. 3151) [29] In una lettera inviata a Domenico Gnoli Vittoria Aganoor spiega: [ …] le dirò che in certi casi le lettere (quasi sempre già) quando nonsono composizioni letterarie, tengono il posto della conversazione parlata, e che solitamente quando si parla e si chiede qualcosal’interlocutore si affretta a rispondere. (VITTORIA AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, a cura di BIAGIA MARNITI, Caltanissetta1967, p. 20).[30] Lettera da Venezia, 20 Febbraio 1889 (Epistolario in corso, XII. 3. 3058).[31] Lettera da Basalghelle, 16 Novembre 1890 (Epistolario in corso, XII. 3. 3068).[32] Lettera da Basalghelle, 25 Dicembre 1888 (Epistolario in corso, XII. 3. 3055).[33] Lettera da Basalghelle, 4 Aprile 1890 (Epistolario in corso, XII. 3. 3067).[34] Lettera da Venezia, 1° Dicembre [1894] (Epistolario in corso, XII. 3. 3188).[35] Vittoria Aganoor accenna nel suo epistolario a Marina Baroni ai seguenti eventi: lo scoppio dei Fasci siciliani (lettera da Venezia, 27Gennaio 1894); la campagna militare dell’Italia in Africa (lettere da Venezia, 16 Dicembre 1895 e 21 Marzo 1896); le alluvioni e i danni intutta Italia (lettera da Venezia, 20 Novembre 1896); la crisi parlamentare italiana dopo i fatti di Milano (lettera da Napoli, 18 Maggio 1899); l’epidemia di influenza in Italia, Francia e altri paesi (lettera da Venezia, 3 Febbraio 1900); l’assassinio del re Umberto I° da parte di GaetanoBresci (lettera da Tarcento, 21 Settembre 1900); il delitto Murri (lettera da Perugia, 8 Maggio 1903); la morte di Giuseppe Zanardelli (letterada Perugia, 30 Dicembre 1903); la Conferenza per la pace dell’Aja (lettere del 1906 e del 1907); il terremoto di Messina (lettera da Perugia, 12Gennaio 1909). Bisogna chiarire tuttavia che, anche quando la poetessa fa riferimento a fatti ed eventi esterni, lo fa sempre nella misura in cuiessi si riflettono su di lei o sull’andamento della vita familiare. Esemplare a questo proposito è l’accenno all’assassinio del re Umberto I°:No, non fui a Venezia a vedere la Regina che penso desideri d’esser lasciata in pace. Ti dissi del magnifico ritratto suo che mi mandò, conuna dedica deliziosa scritta da lei stessa e con la data del 29 Luglio? Sicuro! Proprio poche ore prima della sera fatale in cui venivaassassinato il Re Ella, la povera inconscia, scriveva sotto un suo ritratto parole gentili per me, e la Villamarina me lo mandava dopoalquanti giorni dicendomi che quella data mi avrebbe reso più prezioso il dono. (Lettera da Tarcento, 21 Settembre 1900 Epistolario incorso, XII. 3. 3131).[36] Lettera da Venezia, 24 Gennaio 1895 (Epistolario in corso, XII. 3. 3086).[37] La Aganoor dimostra di essere ormai giunta ad un momento critico della sua esistenza quando scrive all’amica: Tanto, a poco a poco,muore in me anche il desiderio d’ogni cosa. A quando a quando cerco avvinghiarmi a un sogno, o a un’ombra di sogno, o a una chimera,per occuparmi, per darmi da fare, per stordirmi, ma al primo ostacolo ricasco nell’inerzia degli svogliati, degli sfiduciati, dei naufraghidella vita. Che cosa sono io se non una naufraga? Vecchia ormai, senza famiglia, senza scopo, senza aspirazioni. Vado innanzi cosìgiorno per giorno, non avendo più innanzi a me la magnifica illusione del domani che da giovani ci tien desti la notte ed ha unaconsolazione per ogni nostro dolore. (Lettera da Venezia, 3 Dicembre 1899, Epistolario in corso, XII. 3. 3122)[38] - Lettera da Venezia, 7 Ottobre 1901 ( Epistolario in corso, XII. 3. 3141). Anche all’amica scrittrice Neera (pseudonimo di Anna Radius)ella scrisse qualche giorno dopo, il 14 Ottobre, poche parole per metterla al corrente dell’avvenimento: Anna cara – Io non voglio credermiscordata da te. Io non scordai i tuoi consigli e le tue esortazioni fraterne.Sono fidanzata a Guido Pompilj e mi sposerò agli ultimi di Novembre o ai primi del Dicembre. Mandami una parola affettuosa e te ne saràsempre grata l’amica tua Vittoria Aganoor. ( ANTONIA ARSLAN, Un’amicizia tra letterate: Vittoria Aganoor e Neera (con 23 lettereinedite) in Quaderni Veneti, V (1988), pp. 35-74; p. 60).[39] Lettera da Perugia, 8 Maggio 1903 (Epistolario in corso, XII. 3. 3151).

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[40] Lettera da Perugia, 19 Dicembre 1907 (Epistolario in corso, XII. 3. 3171).[41] Lettera da Perugia, 12 Maggio 1908 (Epistolario in corso, XII. 3. 3173).[42] Lettera da Perugia, 21 Dicembre 1909 (Epistolario in corso, XII. 3. 3179).[43] A settembre 1909 probabilmente Vittoria Aganoor era già ammalata, ma forse non conosceva ancora la reale natura del suo male; lo sideduce in modo indiretto dal ricordo di Teresita Guazzaroni, che scrive: L’ultima volta che la vidi, il settembre scorso, molto impallidita eassottigliata ma tuttavia piena di spirito, ella mi condusse […] (TERESITA GUAZZARONI, Vittoria Aganoor Pompilj , in Rivista diRoma, 14 (1910), nn. X-XI, pp. 340-342; p. 341). Inoltre la testimonianza di Antonio Cervesato sostiene che nel Gennaio 1910 le suecondizioni di salute erano tutt’altro che buone: Quando l’irresistibile cortesia delle Signore del Comitato Bonomelli mi chiamò a parlare aPerugia lo scorso gennaio, Essa, già torturata dal male fierissimo e costretta al riposo della campagna, mi ricordò alla Segreteria delComitato, con parole in cui era tutta la bontà di un’antica amicizia e di un’armonica comunione di idee. (ANTONIO CERVESATO,Vittoria Aganoor Pompilj, in La Favilla, XII (1910), luglio-agosto, p. 351).[44] Lettera da Napoli, 19 Maggio 1910 (Epistolario in corso, XIV. 16. 4229).[45] Si tratta di termine aganooriano. Nella lettera da Basalghelle, 10 Ottobre 1888 ella scrive: Torno appena da una passeggiata solitariama assai igienica; vedendo sprizzar fuori dalle nuvole un bel raggio di sole smisi di scriverti e me ne andai a continuare la miaconversazione con te all’aria aperta. M’ero portata un libro ma lessi poco a dir vero e ora, riseduta innanzi alla scrivania, mi par davverodi continuare con te le chiacchierette fatte per via. (Epistolario in corso, XII. 3. 3054).[46] Lettera da Basalghelle, 19 Ottobre 1888 (Epistolario in corso, XII. 3. 3052).[47] Lettera da Venezia, 14 Marzo 1899 (Epistolario in corso, XII. 3. 3114).[48] Lettera da Venezia, 12 Novembre 1891 (Epistolario in corso, XII. 3. 3069).[49] Lettera da Venezia, 25 Gennaio 1893 (Epistolario in corso, XII. 3. 3079).[50] Lettera da Venezia, 21 Gennaio 1899 (Epistolario in corso, XII. 3. 3112).[51] Lettera da Basalghelle, 11 Ottobre 1897 (Epistolario in corso, XII. 3. 3105).[52] AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, pp. 56-57.[53] Lettera da Venezia, 6 Aprile [1892] (Epistolario in corso, XII. 3. 3182).[54] Lettera da Basalghelle, 11 Ottobre 1888 (Epistolario in corso, XII. 1. 3036).[55] Lettera da Basalghelle, 10 Ottobre 1888 (Epistolario in corso, XII. 3. 3052).[56] Esemplare fu la travagliata composizione e rifinitura della poesia I cavalli di San Marco. La Aganoor la dà per finita, ma in attesa direvisione in una lettera a Giacomo Zanella da Basalghelle, 15 Marzo 1888 (AGANOOR, Lettere a Giacomo Zanella, p. 181). Nel febbraio1889 scrive alla Baroni di non esserne ancora soddisfatta (Lettera da Venezia, 2 Febbraio 1889) e il 6 Giugno dello stesso anno le dice che lastava correggendo (Lettera da Basalghelle, 6 Giugno 1889). Finalmente con la lettera da Basalghelle, 30 Gennaio 1890, la invia all’amicaanche se non nella versione definitiva che avrà nel volume Leggenda eterna del 1900.[57] Lettera da Venezia, 15 Aprile 1896 (Epistolario in corso, XII. 3. 3098).[58] SERAO, Vittoria Aganoor, p. 343, dove si legge nella sua interezza il giudizio, assai interessante perché dato da una letterata donna alei contemporanea, riguardante la poesia aganooriana: Leggete quelle pagine [di Leggenda eterna e delle Nuove liriche]: in ognuna di esse, inuna bellezza pura, quasi austera di forma, in una perfezione quasi marmorea di linee, è un sentimento alto, forte, energico che parla, unabontà grave. Non una delle piccole sentimentalità donnesche che, subito, abbassano e rendono mediocre il tono di una poesia femminile:non una di quelle morbose sensibilità che rivelano la debolezza muliebre, nella poesia e nella prosa: non uno di quei capricci che dicono allettore la soverchia e la fastidiosa mobilità dello spirito muliebre: non una di queste tare, non una di queste macchie che deturpano lapoesia di una donna: non una. Ella era, Vittoria Aganoor, una vera poetessa, nella più completa espressione di forza e venustà: ella erauna vera poetessa, per un vigore raro, che mai non diminuì, per un lirismo che conservò tutti i maggiori caratteri di luce e di fiamma, perun impeto che ella seppe frenare, comporre e chiudere in un limite arcano, per una nobiltà di sentimento che si mantenne, sempre, nei cielidel pensiero e dell’amore, per un senso della vita in cui anche la tristezza non fu mai miseria morale e in cui il dolore conservò la sua dotepiù preziosa: la dignità. Ella era una vera poetessa, in cui rifulgeva il rispetto del suo genio e il rispetto della sua poesia; ella scrisse quelche sentiva, in lealtà spirituale assoluta: ella scrisse quanto doveva e non più di quanto doveva: ella obbedì solo al suo buon demone; ellafu, in umile e pur orgogliosa dedizione, una poetessa e solo una poetessa.[59] ANTONIA ARSLAN, Dame, galline e regine. La scrittura femminile fra ‘800 e ‘900, a cura di MARINA PASQUI, Milano 1998, p.45.[60] AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, p. 13.[61] Lettera da Venezia, 27 Gennaio 1894 (Epistolario in corso, XII. 3. 3082).[62] Lettera da Napoli, 18 Maggio 1899 (Monte di Dio) (Epistolario in corso, XII. 3. 3115).[63] La poetessa stessa rivela le sensazioni e i sentimenti provocati in lei dal ritorno della primavera: La neve è già quasi scomparsa anchesui campi ed io sto spiando ogni giorno il primo germogliare delle siepi e il primo apparire dell’erbetta nuova. Che triste cosa però questoritorno della primavera sempre giovane, che ci trova più vecchi d’un anno, più rugosi, più grigi! Ma tanto è sempre una grande dolcezzanon fosse che questo rinovellarsi di sensazioni giovanili, alle prime folate fragranti che risuscitano i ricordi, e così vivamente del primoaffacciarsi alla vita del cuore dei primi palpiti di speranza, dei primi tumulti di trionfo; una “dolcezza amara”, sì, ma sempre dolcezza.(Lettera da Basalghelle, 6 Febbraio [1891] Epistolario in corso, XII. 3. 3180).[64] BENEDETTO CROCE, Vittoria Aganoor, in La letteratura della nuova Italia, II, Bari 1943, pp. 377-384; pp. 383-384.[65] Giacomo Zanella (1820-1888), famoso poeta vicentino, fu uno dei primi maestri dell’Aganoor, come risulta da una sua lettera al senatore Fedele Lampertico da Basalghelle, 14 Settembre 1892 (AGANOOR, Lettere a Giacomo Zanella, p. 196). [66] Tutto ciò risulta chiaramente dalla lettera da Venezia, 22 Febbraio 1894: Quanto ti sono grata delle tue care parole incoraggianti equanto bene mi fanno! Volere o no si ha tanto bisogno che qualcuno si interessi alle nostre piccole prove ai nostri studi e ci approvi o ciammonisca con affetto sincero.Sono però contenta che il Carducci non sia a Bologna perché quei versi non potevano certo piacergli. A dire il vero son proprio, come t’hodetto, buttati giù senza ombra d’arte, e se esprimono un pensiero giusto e un sentimento sano, la veste è nondimeno assai volgaretta. Tutto

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sommato mi sarebbe dispiaciuto che il Carducci vedesse quei versi e non mi dispiacerebbe invece che vedesse questi che ti metto qui. Intendiche non voglio già esprimere il desiderio ch’egli li veda, ma solo dire che caso mai egli li vedesse non ne sarei scontenta come degli altri.(Epistolario in corso, XII. 3. 3083).[67] Nell’epistolario Aganoor a Marina Baroni è conservata anche un’altra lettera, senza luogo di provenienza e senza data, indirizzata allafiglia di lei, Silvia Baroni Pasolini, scritta per metà in versi e per metà in prosa (Epistolario in corso, XII. 3. 3192).[68] VITTORIA AGANOOR, Leggenda eterna, Milano, Treves, 1900 (2^ edizione Torino, Roux e Viarengo, 1903); VITTORIAAGANOOR, Nuove liriche, Firenze, La Nuova Antologia, 1908.[69] VENANZIO TODESCO, Per la cronologia di alcune liriche di Vittoria Aganoor, Padova 1964, p. 6 e p. 10.[70] ANTONIA ARSLAN-PATRIZIA ZAMBON, Inediti aganooriani, in Quaderni veneti, V (1988), n. 7, pp.. 7-32; pp. 30-32.[71] Lettera da Basalghelle, 29 Aprile 1888 (Epistolario in corso, XII. 3. 3051).[72] Lettera da Venezia, 2 Febbraio 1895 (Epistolario in corso, XII. 3. 3087).[73] Lettera da Venezia, 16 Dicembre 1895 (Epistolario in corso, XII. 3. 3095).[74] Lettera da Basalghelle, 29 Settembre 1898 (Epistolario in corso, XII. 3. 3108).[75] TODESCO, Per la cronologia di alcune liriche di Vittoria Aganoor, p. 3.[76] MARCO TULLIO CICERONE, Epistolae ad Familiares, II, 4.1: Reliqua sunt epistolarum genera duo, quae me magnopere delectant,unum familiare et iocosum, alterum severum et grave.[77] Esemplare la lettera da Basalghelle, 16 Ottobre 1892 (Epistolario in corso, XII. 3. 3077).[78] Lettera da Vena d’oro, 22 Luglio 1889 (Epistolario in corso, XII. 3. 3065).[79] AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, pp. 15-16.[80] AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, p. 19.[81] Lettera scritta su carta decorata sull’angolo sinistro da un motivo d’intrecci vegetali dorati con resti malridotti di piccoli fiori secchiincollati, mancante, come tutte le altre, di busta. Si è ritenuto opportuno trascrivere a fianco di ogni lettera la relativa segnatura per facilitarneil ritrovamento, in quanto la numerazione non è sempre continua.[82] Gli Aganoor si erano trasferiti a Napoli da Padova intorno alla metà degli anni Settanta, quando la figlia Maria aveva dato i primi segnidi disturbi mentali in occasione del suo fidanzamento.[83] Silvia era la figlia della contessa Marina Sprea Baroni Semitecolo; era sposata al conte Giuseppe Pasolini Zanelli di Faenza e aveva duefigli, Tiberio e Pierino. Silvia Baroni Pasolini era musicista e aveva musicato diversi componimenti di poeti del suo tempo, tra i quali figuraanche Giosuè Carducci. Tra le sue opere: Che bella luna!: barcarola, parole di S. Busmanti, musica di S. Baroni Pasolini, Milano 1888;Disperata, parole di G. Carducci, musica di S. Baroni Pasolini, Milano 1889; Melodie per canto e pianoforte, musiche di S. BaroniPasolini, Milano 1889; Passa la nave da Arrigo Heine’s verschiedene , parole di G. Carducci, musica di S. Baroni Pasolini, Milano 1889;Sogni e canti, parole di E. Panzacchi, musica di S. Baroni Pasolini, Milano 1889; Vignetta, parole di G. Carducci, musica di S. BaroniPasolini, Milano 1889. Vittoria Aganoor corrispondeva anche con lei, come risulta dalle lettere a Marina Baroni e da due missive indirizzate aSilvia conservate insieme a quelle ricevute dalla madre di questa. In talune lettere a Marina Baroni, ma soprattutto in quella da Basalghelle del29 Aprile 1888, trascritta più avanti, la Aganoor afferma di avere mandato alla Pasolini dei versi affinchè questa li musicasse. VittoriaAganoor aveva già scritto versi per musica musicati dal bresciano Antonio Bazzini, come si legge in una lettera dello stesso del 1° Novembre1872 a Pietro Suman trascritta da Bruno Brunelli Bonetti: Fatto Romanza per Album “Trovatore”, parole Vittoria Aganoor , (BRUNOBRUNELLI BONETTI, Musica dell’800: un cenacolo di “filarmonici”, estratto dalle Memorie della R. Accademia di Scienze, Lettere edArti di Padova, Scienze morali, Nuova serie vol. LIX, Padova 1943, pp. 1-25; p. 16)[84] La sottolineatura è doppia nel manoscritto.[85] Le sorelle Aganoor erano cinque: Angelica, nata nel 1849, Maria, nata nel 1850, Elena, nata nel 1852, Virginia, nata nel 1854 e Vittoria,nata nel 1855.[86] Giacomo Zanella (1820-1888), poeta vicentino, fu uno dei primi maestri di Vittoria Aganoor. Ella stessa, in una lettera da Basalghelledel 14 settembre 1892 indirizzata a Fedele Lampertico, chiarisce come iniziarono i rapporti con lo scrittore vicentino: Lo Zanella era amico dinostri comuni amici; la Mamma desiderò ci divenisse maestro, e fu nel 69 che stringemmo più strette relazioni di studio e d’amicizia,(VITTORIA AGANOOR, Lettere a Giacomo Zanella (1876-1888), a cura di ADRIANA CHEMELLO , Mirano 1996, p. 196). I rapporti siinterruppero quando per la morte della madre, 29 luglio 1872, il poeta si chiuse in se stesso prostrato dalla grave perdita e ripresero soltantoquattro anni più tardi, ma meno assidui e per lo più epistolari in quanto gli Aganoor si erano nel frattempo trasferiti a Napoli.[87] Non si tratta di quella Maria Majocchi Plattis (1864-1930), scrittrice di romanzi e novelle sotto lo pseudonimo prima di Margheritina diCento, e di Jolanda poi, la quale fu legata da amicizia a Vittoria Aganoor e che, come la stessa Plattis afferma, non conobbe mai di persona,(JOLANDA, Una lettera di Vittoria Aganoor , in La Favilla, XII (1910), luglio-agosto, pp. 350-351). Si tratta invece di una componentedella famiglia Plattis, probabilmente una delle figlie della vecchia Plattis di nome anch’essa Maria alla quale la poetessa era particolarmentelegata da amicizia, infatti nel marzo 1882 scriverà con un pizzico di malcelato disappunto allo Zanella: … in quanto a me dovevonaturalmente far tacere il desiderio di “rivedere” qua Maria in così triste emergenza [la morte del marito della sorella di questa, Angelina],(AGANOOR, Lettere a Giacomo Zanella, p. 104).[88] Il verso martelliano, chiamato anche alessandrino, è detto così perché fu ampiamente usato da Pier Iacopo Martelli nella composizionedelle sue tragedie nel XVIII secolo; questo verso è costituito da due settenari piani e per questo lo si definisce anche come settenario doppio oaccoppiato. All’epoca della Aganoor questo tipo di verso veniva un po’ abusato e con esso, come osserva Venanzio Todesco, per l’influenzadella tradizione romantica tuttora viva e per l’efficacia di qualche esempio famoso si narravano lagrimevoli storie, sempre ripetentesi,d’amore seguito spesso da morte tragica. (VENANZIO TODESCO, Per la cronologia di alcune liriche di Vittoria Aganoor , Padova 1964,p. 4).[89] Questa poesia probabilmente fu scritta nell’autunno del 1880. L’ipotesi sembra suffragata da una lettera inviata dalla Aganoor da Napoliad Antelmo Severini il 6 Dicembre 1880, nella quale scriveva: In quei due lunghi mesi[dal settembre 1880 per due mesi ella era stata a Cavadei Tirreni] non credo aver scritto più di dieci lettere e in quanto a versi soli questi pochi martelliani che le mando tirati giù in fretta, nonso più come, tra una cavalcata e un desinare d’amici dopo un’ora di pioggia. (SILVIO ZAVATTI, Lettere inedite di Vittoria Aganoor edelle sue sorelle, in Padova e la sua provincia, XIX (1973), fasc. 2, pp 10-13; fasc. 3, pp. 26-35; fasc. 5, pp. 10-15; fasc. 3, p. 27).Non è possibile nemmeno immaginare quale parere e quali suggerimenti Marina Baroni abbia dato alla poetessa riguardo a questa sua

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composizione, si può solamente constatare che l’edizione a stampa presenta notevoli varianti rispetto a quella del manoscritto allegato allalettera e per questo se ne trascrive il testo da VITTORIA AGANOOR, Poesie complete, a cura di LUIGI GRILLI, Firenze 1912, pp. 59-60:Pioggia d’autunnoQuesta mane è piovuto, e alla mia stanza saledalle aperte finestre quell’odore autunnaledei boschi, che risuscita forme e sogni scordati:abbadie scure e mute; monaci incappucciati;vecchie selve, dimora favolosa di maghidalla bacchetta d’oro; grotte profonde, e laghitetri, dal fondo verde d’alighe lunghe e folte,forse chiome ribelli di naiadi, sepoltesotto quell’acque… A quando a quando il sol percotela parete di contro, e muta tinte e notea quel mobile mondo di fantasmi… E’ fuggitaogni strana sembianza; ecco il sole, la vita,la giovinezza, il vero! Che risi seduttoriche inviti, in quel suo bianco raggio d’autunno! “Fuori!”- sembra dir _ “l’aria fresca, i prati sono ancoraverdi, e Cerere amica d’auree messi colorai campi; oggi risplendo a festa, ma non giurod’esser l’ugual, domani; lo sapete, è sicurosolo l’istante, l’ora fugge e i maligni fativ’invidiano le feste; dunque fuori! sui prati,alle colline! Avanti! che l’inverno è alle porteed avrò un bel risplendere se le foglie sien mortee la neve distesa sulle zolle desertedi vita!” E intanto fulgida dalle finestre aperteentra un’ondata bianca e m’invade la stanzae spia per ogni dove come un bimbo in vacanza;fruga tra i libri, scherza sul minuto lavorodegli stipi; a ogni ninnolo dà una pagliuzza d’oroe ride… Io vorrei correre ai colli alti, al divinoaer libero e fresco, ma … sovra il tavolinoun nero volumone mi guarda, fa il cipiglio,m’ammonisce, borbotta. Come è ingrato il consiglioche mi dà quel maestro inflessibile e grave!Il cielo è così bello! l’aria così soave!Forse … è l’ultimo giorno di festa. O che mi serbitu, libro tenebroso? Forse dei veri acerbie null’altro… No! Meglio l’istante spensierato,il sogno, anche se breve, il fantasma, evocatoda un raggio biamco e un ramo di gocciole coperto…Corriamo ai prati, ai colli, all’aperto, all’aperto! [90] Sono Giovanni Giuliani, nipote di Giambattista Giuliani (1818-1884) letterato e dantista di Canelli, che scrisse Le delizie del parlartoscano, e Antonietta Lugo, discendente della nobile famiglia di Bassano. Si veda GIOVANNI GIULIANI, A’ miei cari nipoti GiovanniGiuliani e Antonietta Lugo nel giorno delle loro nozze. Lettera, Firenze 1882.[91] L’abate Antonio Stoppani (1824-1891) fu scrittore e scienziato, sua l’opera di divulgazione scientifica Il bel Paese (1875).[92] Il poeta e traduttore dal tedesco e dall’inglese Andrea Maffei (1798-1885) fu il primo maestro di Vittoria Aganoor, come chiarì nelGiornale d’Italia all’indomani della morte della poetessa, il 9 maggio 1910, Eugenio Checchi, (VITTORIA AGANOOR, Lettere a DomenicoGnoli, a cura di BIAGIA MARNITI, Caltanissetta-Roma 1967, pp. 271-272).[93] Augusto Righi (1831-1902), avvocato e deputato del Regno d’Italia, divenne senatore nel 1890; probabilmente era l’avvocato difamiglia e sarà l’esecutore testamentario di Giuseppina Pacini, madre di Vittoria Aganoor, come risulta da una lettera di quest’ultima aDomenico Gnoli del 31 Marzo 1899, (AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, p. 147).[94] E’ la prima volta che la Aganoor usa, per rivolgersi alla Baroni, l’appellattivo affettuoso Mammina, che diventerà invece col passare deltempo, in variatio con Mammetta, una consuetudine.[95] Si tratta probabilmente di Alessandro Malcolm, figlio di quel John Malcolm alla memoria del quale Giacomo Zanella dedicò nel 1877un suo sonetto, e che, come suppone Adriana Chemello, potrebbe essere l’amministratore dei beni degli Aganoor , (AGANOOR, Lettere aGiacomo Zanella, p. 45, n. 65). Il Malcom tra l’altro, per incarico della famiglia Aganoor, si era occupato nel 1877 del difficile affare inerentela rottura del fidanzamento della giovane Vittoria con Pasquale Grimani, (AGANOOR, Lettere a Giacomo Zanella, pp. 50 e 54).[96] Si tratta forse della villa di Basalghelle, frazione di Mansuè, nei pressi di Oderzo (TV). Il ritorno della famiglia Aganoor nel Veneto erain realtà ancora lontano. Soltanto nel maggio 1883 la sorella Virginia annuncerà, in una sua lettera all’amica Elisa Salvadego di Padova, chefinalmente stavano allestendo la villa di Basalghelle, dove l’intera famiglia sperava di potersi trasferire nel 1884, (GIULIA CAVALLI,Spigolature dall’Epistolario Aganoor I-III, in Padova e la sua provincia, XII (1966), n. 2, pp. 3-6; n. 4, pp. 14-17; n. 5, pp. 14-19; n. 2, p.6).[97] Questo sonetto sarà dato alle stampe con un altro titolo, Paesaggio estivo, e con alcune varianti tendenti a dare alla composizione una

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maggiore rifinitura poetica, (AGANOOR, Poesie, p. 55). Le varianti sono: abbrustiano al posto di arrossano al verso 2, vasta al posto digrande al verso 4 e crocidar al posto di gracidar al verso 10. Nel manoscritto al verso 8 l’autrice scrisse immensio anziché immensoprobabilmente tratta in inganno dalla parola seguente, tedio.[98] Questa poesia è conservata in un fascicolo a parte (biglietto); non si sa se sia stata spedita alla Baroni allegata ad una lettera oseparatamente. Il termine ante quem si ricava da una lettera di Vittoria Aganoor da Cava dei Tirreni del 6 Settembre 1882 a Giacomo Zanellanella quale ella scrive: Guardi qui, io Le mando una versione greca di quei miei versi ch’Ella sa “Non è amor”. Mi dica com’è.(AGANOOR, Lettere a Giacomo Zanella, p. 113). [99] Nella raccolta in volume dei versi della Aganoor il componimento avrà per titolo solo un punto interrogativo e presenterà numerosevarianti rispetto alla versione del manoscritto, come per esempio l’inversione d’ordine della sesta e della settima quartina e l’omissionedell’ottava strofa. La poetessa inviò la stessa poesia, senza data, senza titolo, con diverse varianti nel testo, ma con lo stesso numero di stroferispetto a quello spedito alla Baroni, anche allo Zanella; si veda a questo proposito AGANOOR, Lettere a Giacomo Zanella, pp. 111-112.Questo è il testo della poesia come si legge nel volume AGANOOR, Poesie, pp. 138-139:?E non saperlo dir ciò che nell’intimodi quest’anima mia s’agita e fremesenza mai posa! e non poterti esprimere,febbre, mia gioia e mio tormento insieme! Non è amor, non è amore! Un tempo, il giovanecor l’ha creduto e sciolse inni alla Morte;ora ben sa che dell’amor, quest’impetoè più fiero, più nobile, più forte. Spesso nell’ora che s’accheta il fervidomoto dell’opre e di lontano un cantovaga per la campagna al mite vespero,l’ignota forza m’ha strappato il pianto; dinanzi al mar che furioso ai turbinicommetteva battaglia e l’alte antennegiungea mugghiante, quell’arcano palpitoebbra, immota, per lunghe ore mi tenne; e quando in cielo s’accendeva il fulminetra le negre montagne, e lunge il tuonoruggir parea strane minacce agli uomini,mi volle assorta ad ascoltarne il suono; e avrei voluto come il nibbio spingermilassù lassù, tra quelle forze in guerra,cercar, strappare il gran mistero e chiuderlonei forti artigli a trarlo sulla terra; avrei voluto, come il nembo, un liberovolo discior da quest’angusto sito,per un istante le vaste ali stenderesul picciol mondo e stringer l’infinito.[100] Non vi sono lettere conservate di Vittoria Aganoor a Marina Baroni appartenenti al periodo compreso tra il 1° Giugno 1882 e il 10Febbraio 1888. Poiché non sembrano esserci stati motivi, almeno leggendo la corrispondenza della madre della poetessa alla Baroni e dellastessa Aganoor a Giacomo Zanella di questi anni, che giustifichino un’interruzione nella corrispondenza, è plausibile localizzare qui una estesamutilazione di questo corpus epistolare.[101] E’ la prima lettera conservatasi in cui Vittoria Aganoor si rivolge col tu alla Baroni. Con ogni probabilità i rapporti tra le due donne,negli anni mancanti di testimonianze, si erano fatti più intimi e confidenziali, come appare evidente anche dal tono dell’intera lettera.[102] Antonio Canova (1757-1820), nato a Possagno (TV), fu scultore neoclassico di fama internazionale ed esercitò una grande influenzasulla scultura europea per la maestria compositiva e la sensualità raffinata delle sue opere. [103] La sottolineatura nel manoscritto è doppia.[104] Le strofe della poesia sono state scritte dall’autrice perpendicolarmente rispetto alla direzione di scrittura delle righe della lettera e sonostate disposte su due colonne parallele per sfruttare l’intero spazio disponibile della facciata. I due sonetti della composizione furono stampaticon poche varianti rispetto al manoscritto, che sono state segnalate a fianco del testo trascritto dal manoscritto stesso dopo aver sottolineato laporzione interessata, (AGANOOR, Poesie, pp. 140-141). Vittoria Aganoor aveva inviato nel 1887 allo Zanella la prima stesura deicomponimenti accompagnata dal seguente invito: Dove trova qualche magagna suggerisca la correzione, La prego; il poeta vicentino non sifece pregare e da quanto risulta da altre lettere dello stesso periodo suggerirà i cambiamenti che porteranno alla stesura definitiva del testo. Perun interessante confronto ecco il testo primitivo dei due sonetti inviato allo Zanella:Fantasmi di grandiI IISugli abissi, dal giogo aspro dei monti, Passano i Grandi in una luce accolti,Nel solenne dei boschi ampio mistero, Passa dei forti la fraterna schiera,Tra le stelle clementi o in riva al fiero E dritta in asta su quei mille voltiOceano, nel baglior d’ignei tramonti, Sventola immensa un’unica bandiera. Passan gli spettri dalle ardite fronti Una parola che beffar gli stolti

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Giganti innanzi al raggio del pensiero, Sul labaro divin sfolgora altera;Santi, eroi, bardi, apostoli del vero Santo ideal, chi la tua voce ascolti,Assetati di liberi orizzonti. Giammai dolcezza più superba spera! O d’ombre anguste fulgido drapello Vanno quei grandi l’un dell’altro accanto,Come a pensarvi l’anima s’accende Che del tempo nel mar, di mille fiumiCome il cor trema di superbo amore! S’adegua il vari flutto e il bollor misto Passano; a Omero, Achille in armi splende, Così stretti a uno stesso ordine santoA l’Alighier sorride Rafaello Passan flamini e re gregarii e numiHeine saluta il corso imperatore. E sovra tutti sfolgorante Cristo.(AGANOOR, Lettere a Giacomo Zanella, pp. 175-180) [105] Marina Baroni era amica di antica data della madre di Vittoria Aganoor e fra le due donne, ex compagne di collegio a Milano,intercorreva una corrispondenza abbastanza frequente. Le lettere di Giuseppina Pacini Aganoor (1819-1899) alla Baroni sono conservate aBassano del Grappa presso la Biblioteca del Museo Civico con segnatura Epistolario in corso, XII. 1. 3032-3041 (sono 12 e vanno dal 24marzo 1880 al 3 agosto 1897) e Epistolario in corso, XVIII. 3. 5473-5474 (sono 2 una del 19 giugno 1872, l’altra del 21 novembre 1888);tutte sono state trascritte in appendice perché aiutano a comprendere meglio quelle della figlia.[106] Il titolo è sottolineato due volte nel manoscritto.[107] Il titolo della poesia non è stato scritto qui dall’autrice, ma soltanto nel testo della lettera. Questi versi furono pubblicati per la primavolta da Venanzio Todesco, che vide in essi la prima versione di quelli pubblicati in seguito dalla Aganoor col titolo Notturno, (TODESCO,Per la cronologia, pp. 6-7); in realtà, come ben chiarisce Patrizia Zambon, se le ultime due strofe di “Note” sono state riprese, con alcunemodifiche, nella poesia “Notturno” di “Leggenda eterna” essa è però nel resto tanto diversa da richiedere che di testi se ne contino due. Ilsecondo comunque esclude definitivamente dalle raccolte aganooriane il primo, del quale la scrittrice si era fin dall’inizio detta scontenta,(ANTONIA ARSLAN-PATRIZIA ZAMBON, Inediti aganooriani, in Quaderni Veneti , V(1988), n. 7, pp. 7-32; pp. 27-28). Per unconfronto tra i due componimenti ecco il testo di Notturno, tratto da AGANOOR, Poesie, pp. 65-66:NotturnoEcco la cerula notte, la placidaNotte d’estate!Miti bisbigli, lucenti palpitiDi stelle, tepide fragranze, entrate! Tutte ad accogliervi mi protendo avidaSul davanzale;Dolce sommergersi dentro la liberaMarea degli esseri che scende e sale! Pensose ascoltano l’ombre del memoreParco; le stanzeDi sotto echeggiano aperte; cantanoSul vecchio cembalo vecchie romanze. Ed ecco, svegliano le note un popoloD’ombre; la menteLe vede in rapida fuga rincorrersi;Il cor la mistica voce ne sente. Parole tornano che un dì si accolseroCon disattentoOrecchio, e parvero scure; ora l’intimoFoco sprigionarsi dal freddo accento. Tornano supplici sorrisi pallidiVolti scordati.Un’onda tremula nel plenilunioBianco, tra il placido sonno dei prati. Torna d’un ultimo sguardo, d’un avidoSguardo d’addio,Tutta la perfida dolcezza (o palpiti,O angosce, o lagrime date all’oblio!) Nell’aria salgono le note a perdersiNell’ombra folta,Narrando storie dolci e terribili.Muta ed immobile la Notte ascolta.[108] Giacomo Zanella, l’antico maestro della scrittrice, era deceduto il giorno prima.[109] Lettera con data incompleta e, come tutte le altre, senza busta, ma alcuni dati interni sembrano convergere con quelli forniti da quellascritta da Giuseppina Pacini, madre di Vittoria, alla stessa Baroni in data 21 Novembre 1888 (Ep. in corso, XVIII. 3. 5474). In particolare laPacini scrive: Ho avuto numerosi ospiti tutto l’autunno dal 22 Agosto, nostro ritorno dal Tirolo e dal Cadore, fino al 3 Novembre, giornoin cui partimmo in comitiva da Basalghelle per Treviso . Prima di tutto nei due scritti c’è una corrispondenza di luoghi: Paneveggio, di cui

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parla la Aganoor, è un altopiano nella valle del Travignolo situato tra San Martino di Castrozza e Predazzo, nell’attuale provincia di Trento,ma che nel 1888, appartenendo all’Impero austro-ungarico, faceva parte della contea del Tirolo, come dice la Pacini (Tirolo, in Enciclopediaitaliana di scienze, lettere ed arti, XXXIII, Roma 1935, pp. 920-922), mentre Longarone, in provincia di Belluno, si trovava e si trovatuttora nel Cadore. Inoltre sembra esservi anche una corrispondenza di date: la poetessa scrive il 17 Agosto affermando che sarebbero ripartiteda villa Malcolm il lunedì seguente, poiché, dati i mezzi di trasporto e le condizioni delle vie di comunicazione del tempo, si può pensare checi volessero almeno due giorni per ritornare a Basalghelle e poiché il lunedì seguente era il 20 Agosto 1888 il giorno di arrivo a Basalghelleverrebbe a coincidere con quello indicato dalla Pacini, cioè il 22 Agosto.[110] - La sottolineatura è doppia nel manoscritto.[111] - Il conte Giuseppe Pasolini Zanelli, magistrato e uomo politico faentino, era il marito di Silvia, figlia di Marina Baroni.[112] Questa lettera fu inviata insieme a quella della madre, trascritta di seguito, ed è conservata nel plico della corrispondenza diquest’ultima di cui porta la segnatura.[113] La villa di Ca’ Rezzonico, ora Rezzonico Borella, a Bassano del Grappa (VI) era la dimora abituale di Marina Baroni. Il palazzoprincipesco, attribuito a Baldassarre Longhena e situato alle porte della cittadina veneta, fu edificato nel XVII secolo ed è costituito da uncorpo centrale e da torri angolari; il Salone d’onore fu decorato da Antonio Canova e Domenico Pellegrini. In questo luogo Vittoria Aganoorvenne ospitata molte volte dall’amica.[114] Lucia e Francesca Alexander erano delle amiche americane, madre pittrice e figlia scrittrice, e vengono nominate più di una volta dallaAganoor nelle sue lettere. Figura particolarmente interessante è Francesca Alexander, la figlia, che come afferma la poetessa stessa in unalettera allo Gnoli era una scrittrice finissima che il Ruskin lodò assai e ai lavori della quale fece quasi sempre la prefazione, (AGANOOR,Lettere a Domenico Gnoli, p. 14). L’ospite illustre a cui fa riferimento potrebbe essere proprio John Ruskin (1819-1900), critico d’arte esociologo inglese, che fu a lungo in Italia per i suoi studi. Riguardo agli scritti di Francesca Alexander si possono vedere in edizionimoderne: FRANCESCA ALEXANDER, Storia del popolo, Antignano 1976 e FRANCESCA ALEXANDER, Canti lungo i sentieri diToscana. Storia del popolo vol. 2 , Firenze 1980, una rielaborazione dagli originali Roadside songs of Tuscany, Christs folk on the Appeninedi Francesca Alexander coi commenti di John Ruskin.[115] Questo motivo della giovinezza, sprecata e ormai sfuggitale dalle mani senza che lei avesse potuto far niente, ritorna molto spesso nellelettere all’amica più anziana.[116] Della salute della sorella Virginia parla ampiamente anche la madre della scrittrice nelle sue lettere alla Baroni rispettivamente del 21novembre e del 23 dicembre 1888 (Epistolario in corso, XVIII. 3. 5474; Epistolario in corso, XII. 1. 3038), entrambe leggibili in appendice.[117] La Aganoor allude alla sua poesia intitolata I cavalli di San Marco, alla quale stava lavorando da tempo e che finalmente le manderàcon la lettera del 30 Gennaio 1890. Nella lettera da Basalghelle, 15 Marzo 1888 a Giacomo Zanella gli aveva scritto: … ora da un po’ digiorni faccio vacanza anch’io; ho finito quel lavorino su San Marco (che mi guarderò bene dal mandarle per ora) e benchè non finisce difinirmi, mi vi affaticai su tanto che adesso sento un vero bisogno di lasciar là per qualche giorno…, (AGANOOR, Lettere a GiacomoZanella, p. 181).[118] Non è stato possibile identificare chi fossero costoro.[119] Si tratta dell’opera in cinque atti composta dal musicista francese Ambroise Thomas (1811-1896). Probabilmente la poetessa aveva giàassistito, e non molto tempo prima, alla messa in scena dell’Amleto, che era in procinto di venire riproposto al teatro la Fenice di Venezia.Dalla recensione della prima dello spettacolo data dal quotidiano padovano Il Veneto del 13 febbraio 1889 risultano chiaramente questecircostanze: Iersera [12 febbraio 1889] la Fenice aveva l’aspetto solenne quale poche volte ebbe a vedere il glorioso teatro. Sebbene Veneziaricordasse da non lontana data le profonde melodie dell’ “Amleto”, pure dal pubblico intelligente traspariva l’impaziente raccoglimento dichi è chiamato a giudicare per la prima volta il lavoro di un grande e vecchio maestro. E il venerando maestro nelle otto volte in cui dovettepresentarsi alla ribalta, mostrò una commozione ch’era pari alla affettuosa gratitudine dei grandi interpreti della Fenice. La signoraCalvè, Litwinne e il signor Kaschmann hanno trascinato all’entusiasmo un pubblico che non sapeva se più applaudire alla potenza dellevoci o alla squisitezza del canto. E dico subito di non aver mai udito una cantante che come la Calvè sia degna del nome di vera artista!Che “Ofelia”! L’ingenuità, la passione, lo strazio dell’abbandono, i deliri della follia, tutto, tutto ha espresso quella voce vellutatarobustissima. Basta la scena della pazzia del 4° atto perché un trillo, o uno spasimo della Calvè faccia scattare in piedi il pubblico, come èsorto quello di Venezia tributando all’artista quel caldo omaggio che nell’entusiasmo non soffre confini. Di questi applausi non può esseregelosa la Sig.a Litwinne, che, come vuol sostenere un critico di qui, è la voce più potente che sia stata udita alla Fenice. Ella non canta cheda 2 anni, ma possiede il metodo e l’arte scenica di una vecchia cantante. L’impressione che prima si riceve dal suo canto è lo sbalordimento. Di Kaschmann sarebbe quasi inutile parlare ai padovani che di lui serbano ricordi indimenticabili. Il registro di questobaritono è uno dei più estesi: di questa dote egli trae partito per dare al suo forte canto ogni tinta e chiaroscuro che meglio renda ilpensiero musicale. Forse più di ogni altro cantante merita di essere chiamato il Rossi del teatro lirico, specie per l’azione drammatica cheegli sostiene nell’ “Amleto”. La musica di quest’opera rispecchia spesso felicemente la profondità del pensiero filosofico della tragediaShakespeariana. Ci pare non sia felice il genere di musica delle danze del quarto atto, e che non corrispondano all’orditura dell’opera. Madinanzi all’esecuzione, diciamo pure, fenomenale della Fenice il pubblico non ardisce giudizi profani e non conosce che l’applauso caldo eunanime agli artisti; la più alta stima e venerazione all’ottuagenario maestro. [120] Si sta parlando con tutta probabilità della famosissima attrice francese Sarah Bernhardt (1843-1923), il cui vero nome era HenrietteRosine Bernard. L’artista nel 1889 era impegnata in una tournee, che la stava portando ad esibirsi in tutti i maggiori teatri italiani e doveandava ottenendo grandi consensi di pubblico e di critica. Il 25 gennaio 1889 il quotidiano di Padova Il Veneto annunciava: SarahBernhardt, che ora ottiene tanto plauso a Roma, passerà al teatro Rossini di Venezia per darvi due rappresentazioni e il 9 febbraioscriveva: A Venezia iersera la Sarah Bernhardt ebbe un vero successo nella “Fedora” : a questo spettacolo forse dovette assistere ancheVittoria Aganoor.[121] Nel manoscritto si trova scritto prosta, probabilmente un semplice errore di scrittura della poetessa.[122] Delle poesie Alba e Prima luce, che l’autrice dice di aver inviato alla Baroni, non ci è giunto il manoscritto; di entrambe si è ritenutoopportuno tuttavia riprodurre il testo per dare una maggiore completezza alla lettera. Alba venne pubblicata nel volume Leggenda eterna dallaAganoor, mentre Prima luce venne accolta soltanto in quello curato dal Grilli dopo la morte della poetessa, (AGANOOR, Poesie, pp. 125-128 e pp. 358-359). [123] E’ la prima di una serie di lettere piuttosto ironiche, in cui la poetessa cerca di districarsi dall’affettuosa intromissione dell’amica che la

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vorrebbe far fidanzare ad un suo conoscente, per altro anche lui poco propenso ad accondiscendere ai desideri della contessa bassanese.[124] La sottolineatura è doppia nel manoscritto.[125] Queste righe sono state scritte dall’autrice sopra il testo della prima facciata della lettera; non di rado infatti Vittoria Aganoor quandofiniva lo spazio a sua disposizione continuava ugualmente a scrivere seguendo il suo pensiero utilizzando spazi bianchi o, come in questocaso, ponendosi di traverso sopra il testo precedente.[126] La sottolineatura è tripla nel manoscritto.[127] La sottolineatura è tripla nel manoscritto.[128] La parola solo nel manoscritto è sottolineata due volte rispetto al resto della frase.[129] Forse Vittoria Aganoor si riferisce al discorso pronunciato da Giosué Carducci alla Palombella in presenza della regina Margherita,intitolato La poesia e l’Italia nella quarta Crociata e pubblicato nella Nuova Antologia del 16 Febbraio 1889. Il Carducci era in relazione distretta amicizia con il conte Giuseppe Pasolini Zanelli, marito della figlia di Marina Baroni, Silvia, e con quest’ultima il famoso poetaintrattenne una cordiale corrispondenza. Spesso dunque il suo nome ricorre nelle lettere della Aganoor all’amica di Bassano e talvolta, contimore frammisto a desiderio, la poetessa fa capire che le avrebbe fatto piacere o addirittura chiede apertamente che i suoi versi gli venganomostrati. A questo proposito si veda più avanti la lettera da Venezia, 22 Febbraio 1894 (Epistolario in corso, XII. 3. 3083).[130] Oscar Chilesotti (1848-1916), di Bassano del Grappa (VI), laureatosi in Giurisprudenza nel 1871 presso l’Università di Padova,abbandonò gli studi giuridici per dedicarsi completamente a quelli musicali a lui più congeniali e di cui divenne ben presto esponente dispicco. Si può infatti affermare che l’opera del Chilesotti rappresenta non solo una delle più importanti espressioni della giovanemusicologia italiana del suo tempo, ma anche un punto di riferimento indispensabile per lo sviluppo delle ulteriori ricerche, (F. FANO,Oscar Chilesotti, in Dizionario Biografico degli Italiani, 24, Roma 1960 e ss., pp. 765-768; p. 767). Interessanti le sue opere, tra cui:OSCAR CHILESOTTI, Sulla lettera-critica di Benedetto Marcello, Bassano del Grappa 1885; OSCAR CHILESOTTI, Da un codice Lauten-Buch del cinquecento, Lipsia 1890; assai importante inoltre per la storia della musica la collezione Biblioteca di rarità musicali da lui curataper la casa editrice musicale Ricordi di Milano, dove si occupò di diversi compositori come Benedetto Marcello (1686-1731), GiovanniPicchi (1600-1625), Orazio Vecchi (1550-1605), Girolamo Frescobaldi (1583-1643), e altri.Vittoria Aganoor qui allude probabilmente alla conferenza sulla musica dei secoli XV e XVI, tenuta alla presenza della regina Margherita dalChilesotti nella sala Palestrina a Roma l’8 Maggio 1889. In quella occasione vennero mostrati diversi strumenti musicali tra cui due liutidella regina, la quale chiese al Carducci di comporre una poesia sul liuto, come egli stesso ricorda in una sua lettera, (GIOSUE’ CARDUCCI,Lettere, I-XXI, Bologna 1938-1960, XVII, 97). La poesia del poeta toscano venne pubblicata da Zanichelli il 31 Ottobre 1889 in edizione dilusso col titolo Il liuto e la lira. A Margherita Regina d’Italia e in seguito accolta nelle Odi barbare.[131] Lettera su carta illustrata da due figurine femminili in rilievo.[132] La famiglia degli Aganoor e quella dei Salvadego erano legate da un’amicizia di vecchia data nata quando quest’ultima, trasferitasi daBrescia a Padova, prese per alcuni anni in affitto un appartamento nella vasta casa degli Aganoor, già eredità Moorat, in Prato della Vallee ivi rimase finchè non furono terminate le ristrutturazioni della casa di Cavarzere (VE), (GIULIA CAVALLI, Da “Barlumi”(reminiscenze):Vittoria Aganoor, in Padova e la sua provincia, XI (1965), nn. 11-12, pp. 3-8; p. 5). Gli Aganoor a Padova vivevano nellacasa chiamata Casa degli Armeni , proprietà della famiglia paterna dall’inizio dell’Ottocento (Moorat era il cognome della madre di EdoardoAganoor, padre della poetessa). In precedenza l’edificio, situato sul lato destro del Prato della Valle guardando dalla Basilica di SantaGiustina, fu adibito prima a piccolo ospedale (XV sec) poi a scuderia, da cui anche il nome di Stallone e infine dal 1778 al 1791 a teatrochiamato anche, dato il precedete uso, Teatro Vacca. [133] - La composizione, ma soprattutto la revisione e la limatura di questa poesia rappresentarono per Vittoria Aganoor un vero tormentopoetico. La locuzione non finiscono di finirmi ritorna leggermente variata anche nella lettera da Basalghelle, martedì [anteriore al 30 gennaio1890], sempre riferita a I cavalli di San Marco, e in una lettera a Domenico Gnoli in cui scrive: anche a me quel “dici” non finiva di finire,(AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, p. 36); inoltre l’aveva già usata in una lettera a Giacomo Zanella del 15 Marzo 1888, anche quialludendo a I cavalli di San Marco, (AGANOOR, Lettere a Giacomo Zanella, p. 181).[134] - Probabilmente si riferisce al ritratto fattole nel 1887 dal pittore palermitano Ettore Ximenes (1855-1926), mentre era ospite degliAganoor con la famiglia, (CAVALLI, Spigolature, III, p. 14), come ella stessa spiegò allo Zanella, che l’aveva accusata di lasciar uscire allapubblica luce le sue fattezze fisiche: Ettore Ximenes mi fece il ritratto in mia casa e il ritratto in mia casa è rimasto; le fotografie delritratto sono date da me, soltanto agli amici più intimi, (AGANOOR, Lettere a Giacomo Zanella, p. 174).[135] - Come risulta da diverse lettere Vittoria Aganoor soffriva di anemia.[136] Rosanna Marcello, moglie di Gino Marcello, uno dei sette figli di Andriana Zon Marcello (1840-1893). Per alcune lettere indirizzatedalla Aganoor a quet’ultima, A. SERENA, Andriana Zon Marcello, Giacomo Zanella, Fedele Lampertico. Notizie e saggi di un carteggio,Venezia 1930. [137] Vittoria Aganoor era nata nel 1855 e aveva quindi trentaquattro anni, mentre la sorella Virginia, essendo nata nel 1854, ne aveva uno dipiù.[138] Questa lettera fu inviata da Vittoria Aganoor a Silvia Baroni Pasolini, la figlia dell’amica Marina, ed è conservata nel plico dellacorrispondenza ricevuta da quest’ultima. Si tratta di un messaggio epistolare piuttosto concitato sia nel contenuto sia nella grafia tanto chel’autrice, per seguire il fluire del suo pensiero incalzante, giunse a scrivere, per mancanza di spazio, sopra il testo precedente rendendone cosìparticolarmente complicata la decifrazione. [139] Le docce o bagni, probabilmente di acque ricche di ferro, erano una delle cure più in voga nei casi di anemia, malattia di cui la Aganoorsoffriva. In generale già dall’antichità si era fatta strada la convinzione che le acque potessero giovare anche per le sostanze minerali in essedisperse (sale, zolfo, catrame, sostanze alcaline) e cioè che esercitassero un’azione di tipo farmacologico, convinzione che è durata, senzadimostrare basi scientifiche fino ai nostri giorni, (Terme, in Dizionario di storia della salute, a cura di G. COSMACINI, G. GAUDENZI,R. SATOLLI, Torino 1996, p. 598).[140] Probabilmente Vittoria Aganoor allude alla lettera precedente inviata da Basalghelle in data 16 Luglio 1889, che forse perché indirizzataa Bassano non era ancora stata letta dalla Baroni.[141] Lettera dalla datazione assai incompleta: gli accenni al libro del Branchi e alle Fiabe del Gozzi, che diverranno più espliciti in quellache segue, ne giustificano l’inserimento qui. [142] Da quanto si legge nella lettera seguente, cioè dall’allusione della Aganoor ai “cannibali”, si può forse dedurre che il libro mandatoledalla Baroni fosse: GIOVANNI BRANCHI, Tre mesi alle isole dei cannibali , Firenze 1878. Il Cav. Giovanni Branchi era un amico della

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Baroni e fu console italiano in Africa.[143] Carlo Gozzi (1720-1806), scrittore veneziano, fu spesso in polemica con Carlo Goldoni in difesa della Commedia dell’Arte, la suafama è legata proprio alle Fiabe.[144] Nella parte superiore della prima facciata della lettera è stata scritta, da mano diversa da quella dell’autrice, la seguente annotazione:Mitridate re di Bitinia li regalò a Nerone Lisimaco scultura. La stessa annotazione, scritta dalla stessa mano, si trova anche nel fascicolo aparte dove c’è la seconda copia della poesia I cavalli di San Marco.[145] Prosper Merimée (1803-1870), scrittore francese famoso soprattutto per i suoi racconti, uno dei quali Carmen (1845) ispirò l’omonimomelodramma di Bizet. Non si riesce a capire a quali volumi in particolare facesse riferimento la Aganoor.[146] La Aganoor pubblicherà questa sua poesia parecchio tempo dopo averla mandata alla sua amica, nella Nuova Antologia del 1° agosto1892, e modificata non poco.[147] Giuseppe Giusti (1809-1850) scrittore e poeta satirico il cui orizzonte è costituito da malumori quotidiani e “paesani”, coltivati inuno spazio ridottissimo e tradotti in fastidio accidioso verso i grandi modelli, i grandi ideali, le grandi utopie e tutto ciò che viene dalontano, (GIULIO FERRONI, Storia della letteratura italiana, I-IV, Milano 1991; III, p. 260).[148] Nel plico contrassegnato Epistolario in corso, XII. 3 esistono due copie di questa poesia, una allegata a questa lettera, l’altra in unfascicolo a parte, entrambe però hanno la stessa segnatura (=Epistolario in corso, XII. 3. 3066). Le copie sono uguali, ma presentanonumerose varianti rispetto alla versione pubblicata in volume. Nella copia trascritta nel fascicolo a parte alcune di queste varianti sono statesegnalate da altra mano. Il testo trascritto riproduce quello manoscritto; le sottolineature allo stesso sono state poste per specificare la porzioneinteressata dai cambiamenti, mentre di fianco sono state evidenziate le lezioni e i mutamenti introdotti nell’edizione a stampa. Perquest’ultima si veda AGANOOR, Poesie, pp. 116-124.[149] - Questo segno di richiamo si trova nel manoscritto della Aganoor e rimanda alla nota da lei stessa scritta riguardante la storia deicavalli di San Marco, nota esplicativa che è stata fedelmente trascritta in coda alla poesia.[150] - A questo punto nell’edizione a stampa è stata inserita la seguente quartina:Non più giocondi ondeggiano,d’un tratto sciolti a sgominar la notte,sull’alta torre i vigilibronzi, saluto alle tornanti flotte;[151] Non restano lettere relative all’anno 1890 nel plico della corrispondenza di Giuseppina Pacini Aganoor a Marina Baroni.[152] Questa poesia, non accolta nei suoi volumi dalla Aganoor, venne pubblicata per la prima volta dal Todesco, (TODESCO, Per lacronologia, p. 10). Recentemente è stata ripubblicata da Patrizia Zambon in ARSLAN-ZAMBON, Inediti aganooriani, p. 31.[153] L’anno di questa lettera dalla datazione incompleta si desume con un certo margine di sicurezza dall’accenno della Aganoor alla messain scena a Venezia della Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni. Dai quotidiani dell’epoca si ricava infatti che l’opera lirica aveva aperto lesue rappresentazioni sabato 24 Gennaio 1891 al teatro della Fenice con l’allestimento scenico curato dall’impresa Cicogna, garanzia di unbuon spettacolo, e che ancora il 29 Gennaio continuavano a gonfie vele le sue repliche con la Frandin e l’Oxilia, famosi cantanti dell’epoca,(Il Veneto , 26 Gennaio e 30 Gennaio 1891). Inoltre il desiderio della sorella della poetessa, Virginia, di sentire quest’opera lirica si puòspiegare col fatto che si trattava di una novità (la prima si era avuta a Roma soltanto nel maggio dell’anno precedente) e che finalmentegiungeva a Venezia preceduta dalla fama dei successi registrati in altri teatri italiani ed esteri. Qualcuno, probabilmente un archivista, hascritto a matita: 1898?.[154] La prima della Cavalleria Rusticana, melodramma in un atto di Pietro Mascagni, su libretto di G. Targioni Tozzetti e G. Menascidesunto dall’omonima novella di Giovanni Verga, si tenne a Roma il 7 maggio 1890. L’opera, in seguito al grande successo ottenuto, fuportata in giro per i maggiori teatri d’Italia, tra i quali figurò come si è detto anche la Fenice di Venezia.[155] Biglietto listato a lutto per la recente scomparsa del padre della poetessa Edoardo Aganoor (1822-1891).[156] Biglietto listato a lutto.[157] L’amico della Baroni a cui allude Vittoria Aganoor è Giovanni Branchi, come risulta dalla lettera della madre della poetessa daBasalghelle del 22 Giugno 1891 (Epistolario in corso, XII. 1. 3041) trascritta in appendice.[158] Lettera su carta listata a lutto.[159] Si veda in appendice la lettera di Giuseppina Pacini Aganoor da Basalghelle del 22 Giugno 1891 (Epistolario in corso, XII. 1. 3041).[160] Biglietto listato a lutto, mancante di busta e di data. La collocazione qui è giustificata in primo luogo dal fatto che la carta è listata alutto, probabilmente ancora per la recente morte del padre della poetessa; in secondo luogo da alcuni elementi interni alla lettera stessa comel’accenno al caldo torrido e il riferimento alla sua condotta scandalosa, dei quali aveva già detto nella lettera del 1° luglio 1891. Inoltre sitrovano qui i saluti a Tiberio, uno dei due figli di Silvia Pasolini e nipote della Baroni, che da questo momento in poi non verrà piùnominato, mentre nella lettera seguente del 12 novembre 1891, anche se non viene detto esplicitamente, si capisce che qualcosa di tremendoera accaduto alla contessa bassanese, probabilmente proprio la morte di Tiberio che in altre lettere precedenti risultava aver problemi di salute.[161] Lettera su carta listata a lutto.[162] Con tutta probabilità Vittoria Aganoor sta parlando della recente scomparsa del nipote di Marina Baroni, Tiberio, il figlio maggiore diSilvia Baroni Pasolini, che da questa lettera in poi non verrà mai più nominato dalla poetessa.[163] Questa lettera, scritta su carta listata a lutto, è conservata nel plico della sorella Maria Aganoor, ma in realtà è di Vittoria, come risultachiaramente dalla grafia e soprattutto dalla firma.[164] Lettera dalla datazione incompleta e mancante di busta, come tutte le altre, ma la carta a righe simile a quella usata in quella del 18 maggio 1892 fa propendere per la sua collocazione in questo luogo. Inoltre da elementi interni sembra essere stata scritta quasi ad un annodalla morte del padre allorchè si stavano risolvendo i problemi d’eredità con la sorella Elena, soluzione a cui la poetessa accennerà nella letteraseguente del 29 aprile 1892. Il fatto che la lettera non sia stata scritta su carta listata a lutto, come tutte le altre di questo periodo, non deponenettamente contro queste giustificazioni, ma semmai si può spiegare con la necessità, espressa dalla stessa Aganoor, di prendere un fogliogrande grande, anche se non ne aveva a disposizione di listati a lutto, per avere più spazio per scrivere all’amica. Qualcuno, probabilmente unarchivista, ha segnato a matita sulla prima facciata della lettera la seguente annotazione: 1898? anche prima perché parla di Pierino vivo.[165] Una delle nuore di Andriana Zon Marcello, a questo proposito si veda la nota relativa alla lettera di Vittoria Aganoor da Basalghelle del16 Luglio 1889.

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[166] Sono amici di famiglia i cui nomi ricorrono spesso nelle lettere della Aganoor e anche in quelle della madre di lei. Jacopo Bernardi(1813-1897), nato a Follina in provincia di Treviso, era professore di storia e filosofia a Venezia. Amico stretto anche della Baroni, comerisulta dalla lettera inviatale da Basalghelle l’11 Ottobre 1897 dalla Aganoor, quest’ultima lo ricorderà con affetto in una sua missiva del 1°Luglio 1898 a Domenico Gnoli: Il povero abate Bernardi era nostro intimo, ma negli ultimi tempi non usciva più di casa, andavo atrovarlo io. Grandissima coltura e memoria stragrande, ma una passione infelice per la lirica…, (AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli,pp. 21-22). Luigi Pastro (1822-1915), laureatosi in medicina a Padova, esercitò la professione di medico e nel 1910 venne eletto senatore delRegno d’Italia. Fu antiaustriaco e partecipò alla lotta contro lo straniero dominatore, dimostrando grande fermezza per cui vennesoprannominato dai propri compagni eroe del silenzio; nel 1907 pubblicò un volume di memorie intitolato Ricordi di prigione (1851-53).Non si è riusciti ad identificare Fabbro.[167] Le piccole lacerazioni della carta non hanno impedito le piuttosto semplici integrazioni ad sensum del testo.[168] Lettera su carta listata a lutto.[169] Bua è un termine infantile molto usato nel Veneto e significa male.[170] La sottolineatura è doppia nel manoscritto.[171] Questo testo è stato pubblicato per la prima volta da Patrizia Zambon in ARSLAN-ZAMBON, Inediti aganooriani, p. 32.[172] Nel plico della corrispondenza di Virginia Aganoor con Marina Baroni, conservato presso la Biblioteca del Museo Civico di Bassanodel Grappa con segnatura Epistolario in corso, XIV. 6 e interamente trascritto in appendice, non si sono trovate lettere anteriori al 1902.[173] La sorella della Aganoor, Virginia, era prossima alle nozze (26 ottobre 1892) col duca di Santomenna Francesco Mirelli, affettuosamentedetto Cesco dall’intera famiglia.[174] Probabilmente la Aganoor si riferisce alla pubblicazione de I cavalli di San Marco, avvenuta il 1° Agosto 1892 sulla Nuova Antologia.[175] I due aggettivi sono sottolineati tre volte nel manoscritto[176] In questa lettera tutta piena di sottolineature, tutta intima, rifuggiamo, assolutamente in famiglia, devi e scuse sono sottolineati trevolte nel manoscritto.[177] I due aggettivi ripetuti sono sottolineati tre volte nel manoscritto.[178] Allude alla lettera di Giuseppina Pacini Aganoor da Basalghelle datata 6 Novembre 1892 ( Epistolario in corso, XII. 1. 3042), per laquale si veda in appendice.[179] Non è chiaro a quali proverbi la Aganoor si riferisca. Interessante notare a questo proposito le parole che Enrico Nencioni le avevascritto in una sua lettera del 7 Novembre 1892: La sua lettera e i bei Proverbi che rileggo e rimedito, mi han fatto bene, (PAOLAPIMPINELLI, Lettere di Enrico Nencioni a Vittoria Aganoor , in Bollettino della deputazione di storia patria per l’Umbria, LXX (1973),fasc. II, pp. 141-187; p. 157).[180] Biglietto.[181] Si tratta della morte di alcune persone alle quali gli Aganoor erano legati da vincoli di amicizia, in particolare di Alessandro Malcolme di Andriana Zon Marcello, per i quali si rimanda alle note relative rispettivamente alla lettera da Napoli del 1° Giugno 1882 e a quella daBasalghelle del 16 Luglio 1889.[182] La sottolineatura è tripla nel manoscritto.[183] Aleardo Aleardi (1812-1878), poeta e patriota veronese, dopo il 1864 fu professore di estetica a Firenze e senatore del Regno d’Italiadal 1873.[184] Angelo De Gubernatis (1840-1913), letterato piemontese ed esperto orientalista, fu professore di Letteratura italiana presso l’Universitàdi Roma dal 1890; nella città eterna fondò la Società italiana per lo studio delle tradizioni popolari (1893).[185] La paura della sorella della Aganoor era stata probabilmente causata dallo scoppio delle agitazioni promosse dalle organizzazioniproletarie siciliane, i cosiddetti Fasci siciliani. Le agitazioni furono represse con durezza dal governo presieduto dal Crispi nel marzo 1894,dopo che si erano registrati disordini anche a Napoli, a Bari e in altre località della Puglia, e più a nord in alcune città della Toscana, tra cuiLivorno.[186] Si tratta probabilmente della poesia Ai falsi redentori, citata dalla Aganoor nella lettera seguente.[187] Paulo Fambri (1827-1897), figura assai rappresentativa del secondo Ottocento, si occupò particolarmente di teatro, ma anche diletteratura, arte, politica e cose militari.[188] La Aganoor ha citato i versi 21-22 del componimento di Gabriele D’Annunzio intitolato Il buon messaggio, facente parte della raccoltaPoema paradisiaco del 1893, (GABRIELE D’ANNUNZIO, Poema paradisiaco, in Tutte le poesie, I, Roma 1995, pp. 324-325). GabrieleD’Annunzio (1863-1938) fu scrittore che coltivò ogni genere letterario, dalla lirica alla drammatica, dalla novella al romanzo; comecontemporaneo della Aganoor ella lo cita spesso nelle sue lettere, ma più in quelle dirette a Domenico Gnoli, che in queste alla Baroni di tonosenza dubbio più familiare e meno letterariamente “impegnato”.[189] Si tratta con tutta probabilità della poesia pubblicata col titolo Ai falsi socialisti nel Fanfulla della domenica del 15 maggio 1898 eche comparirà col titolo invece di A certi agitatori e con la sola variante di cammuffati al posto di mascherati al verso 4 nelle Poesiecomplete curate dal Grilli, (AGANOOR, Poesie, pp. 394-5). Il componimento è, come suggerisce la stessa Aganoor e come rileva poi piùesplicitamente il Todesco, una specie di parodia dei versi della Negri di “Fatalità”, (TODESCO, Per la cronologia, p. 10). Ecco il testocome venne pubblicato dal Fanfulla tratto da AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, pp. 297-8:Ai falsi socialistiEcco i “cento”, ecco i “mille”, ecco i “milioni”istigati da voi,da voi declamatori ed istrionimascherati da eroi. Ecco l’orde che in contro al novo Solesorgono deliranti,ripetendo le vostre ebbre parole,cantando i vostri canti;

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e in attesa delle “Agapi future”ecco fraterna gente irromper con in man fiaccola e scurecome iroso torrente… Chi dagli stenti rotto e dai digiunia voi soccorso chiedee in voi confida – in voi, falsi tribuni,militi senza fede; in voi che solo nell’accender l’ireesperti siete – invanoaspetta che le vie dell’avvenires’apran per vostra mano. Leva gli occhi! Non vedi là il nemicoche ghigna? lo stranieroche attende l’ora? O roman sangue anticopopolo onesto e fiero, rinnega chi con perfida parolail ferro in man ti ponecontro il fratello: l’arma, la tua solaarma sia la ragione; e vincerai! Con te saranno i veriapostoli del bene,i probi, i giusti, i forti cavalieridalle fronti serene. La terra non faran di sangue rossa,né l’onta e la pauraseco trascineranno alla riscossadentro le patrie mura, ma con sicuro passo, a schiere, a frotten’andran pel mondo intero,alta levando nell’immensa nottela luce del pensiero.[190] Ada Negri (1870-1945), poetessa, fu maestra elementare dal 1888 e poi, dal 1893, professore nella scuola magistrale di Milano; ellatrasse la sua prima ispirazione dalla vita degli umili e mai nelle sue opere si allontanò dall’ideale di giustizia e di bontà. Le sue primeaffermazioni poetiche furono Fatalità, che nel 1892 le diede immediata popolarità e rinomanza, e Tempeste (1895), a cui seguirono numerosealtre opere anche in prosa.[191] I tre numeri sono sottolineati due volte nel manoscritto.[192] Sono i versi iniziali della lirica I vinti di Ada Negri facente parte della raccolta Fatalità del 1892.[193] Le due poesie Agonia e In treno furono pubblicate, con varianti, anche in volume, (AGANOOR, Poesie, pp. 148-151 e p. 30). Levarianti, dopo aver sottolineato la porzione di testo interessata, sono state segnalate a fianco.[194] La Aganoor dice che era un avvocato … il più orrendo e il più antico amico di famiglia, (AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, p.76).[195] Questa lirica primaverile verrà pubblicata in volume col titolo Nova primavera, (AGANOOR, Poesie, pp. 61-62 ).[196] La lettera dalla datazione incompleta si colloca, con sufficiente sicurezza, in questo luogo in quanto la Alexander diede alle stampe latraduzione della poesia A mio padre di Vittoria Aganoor nel 1894, (V. AGANOOR, To my father , lines translated by FRANCESCAALEXANDER, Venice 1894). La traduzione dell’amica fece veramente grande piacere alla poetessa tanto che il 13 Giugno 1898 in una letteraa Domenico Gnoli ella scriverà, riferendosi a Francesca Alexander: in riga di vanteria Le dirò che tradusse quei miei versi “A mio padre”,(AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, p. 14).[197] Per le Alexander si veda la nota relativa alla lettera da Basalghelle, 10 Ottobre 1888.[198] Nel plico della corrispondenza di Giuseppina Pacini Aganoor non rimangono lettere del 1894.[199] La poesia venne accolta in volume dalla Aganoor soltanto con qualche variazione nella punteggiatura, (AGANOOR, Poesie, pp. 31-32).[200] Lettera dalla datazione incompleta; è sembrato giusto inserirla qui sia perchè la Aganoor accenna al suo ritorno a Venezia, già anticipatonella lettera precedente, sia per il fatto che nelle lettere del 25 Gennaio 1895 e del 2 Febbraio dello stesso anno ella parla di una visita dellaBaroni, visita che qui ella auspica con grande desiderio.[201] La sottolineatura è tripla nel manoscritto.[202] Per dare una maggiore completezza alla lettera si trascrive il testo di questa poesia .InfermaEccola finalmentela sera! Io dal mio lettoguardo con le pupille sonnolenteun fil di luna, che traverso i vetri

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viene della malata solitariala buia stanza a popolar di spetri. Viene, va, la veloceschiera dell’ombre, e tuttehanno forme diverse, hanno una vocediversa, e sveglia nel passar ciascunaombra un pensiero, un sogno, una memoria,poi sfuma cheta al lume della Luna. Parlano, o nelle manibianche stringono bianchecarte. Io leggo i caratteri lontanisenza schiuder le ciglia. È l’infinitaschiera delle parole udite o lettepalpitando, nel sogno o nella vita. Parole come impressesul foglio con un ferrorovente; così a noi parve, e che ardessequel foglio; e alzammo gli occhi e in ogni parteli volgemmo a veder se ancora i nostricompagni: i libri, i mobili, le carte, dinanzi, intorno, accosto a noi, fossero sempreimpassibili, là, ciascuno al postodi prima, folla indifferente e ignava,mentre la nostra ultima fede in unaoscura immensità precipitava. Parole dall’accentoportentoso; paroleche come una gagliarda ala di ventostrapparon via le nebbie ad una neragiornata di dicembre e ai campi, e ai pratifalse improvviso il sol di primavera. Parole di preghiera,di tenerezza, un giornonon curate, e la cui voce sincera,da un vecchio foglio emersa, ora soltantoci asseta d’un amor senza ritornoe ci gonfia i pentiti occhi di pianto! Parole di comando,di tuono, che i dispersisoldati, vinti dal terrore, quandola speranza è perduta, e dallo spaltonemico infuria il foco; arresta nellafuga, e rimena docili all’assalto. Parole dell’accusa;sottili, avvelenatecome pugnali, che il pensier ricusad’intendere, che il core sbigottitonon frena, e fra due strette anime innalzano,rapidamente, un muro di granito. Parole dei morenti;rotti, misteriosida bianche labbra balbettati accenti,dove già parla come il sogno immensod’un’altra vita, e noi lascian pensosi,finchè viviam, del lor occulto senso! Tutte, tutte io le sentovenir, fuggir veloci,leggiere, e nel mio capo, sonnolentodi febbre, sveglia nel passar, ciascunaombra, un pensiero, un sogno, una memoria;poi sfuma cheta al lume della Luna.(AGANOOR, Poesie, pp. 110-112)[203] I forti bassanesi sono dei dolci secchi molto speziati a forma di piccola ciambella, che possono essere mangiati da soli o usati per

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insaporire minestre di legumi o piatti di cacciagione.[204] Nel plico della corrispondenza di Giuseppina Pacini Aganoor non sono conservate lettere del 1895. [205] Enrico Nencioni (1837-1896), toscano, fu poeta e critico soprattutto di letteratura straniera e in questa sua veste fece conoscere in Italiadiversi autori. Scrisse numerose opere tra le quali: Poesie (1880), Saggi critici di letteratura inglese (1897, con prefazione di G. Carducci),ecc. Importante fu il suo rapporto con Vittoria Aganoor, del quale in una sua lettura al Collegio Romano pubblicata nel Giornale d’Italia del2 marzo 1906 ella dirà: Morto lo Zanella … ebbi a secondo maestro e guida preziosa, Enrico Nencioni; quel mago della parola e delsentimento, prodigioso rivelatore d’immensità, che ebbe tutte le comprensioni, le intuizioni, le divinazioni del bello. Tra i due inoltreintercorse una fitta corrispondenza; alcune lettere che vanno dal 1892 al 1894 indirizzate dal Nencioni alla Aganoor sono state presentate alpubblico da Paola Pimpinelli nel suo già citato articolo Lettere di Enrico Nencioni a Vittoria Aganoor.[206] La sottolineatura è tripla nel manoscritto.[207] Vittoria Aganoor si riferisce all’Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, che venne inaugurata il 30 Aprile 1895 alla presenza deisovrani d’Italia dal ministro Baccelli, come testimoniano le cronache dei giornali dell’epoca.[208] La sottolineatura è doppia nel manoscritto.[209] Questa poesia è conservata in fascicolo separato (cartoncino) e porta il titolo di Mai, non quello più chiaro, secondo la Aganoor, diIncontro al sogno e sembra essere stata scritta da mano diversa da quella dell’autrice. E’ sembrato opportuno inserirla qui in quanto lapoetessa afferma di averla inviata in allegato alla lettera precedente, ma la discussione di alcune lezioni, poi accolte in volume e già presenti inquesto manoscritto, che si trovano in una lettera dell’autrice a Domenico Gnoli del 22 Luglio 1898, farebbe pensare ad una versione più tardadella poesia rispetto a quella spedita a suo tempo alla Baroni, (AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, pp. 33-34). La poesia vennepubblicata dalla Aganoor col titolo di Mai!, come prefazione a Leggenda eterna e presenta alcune varianti che sono state segnalate a fiancodella porzione di testo interessata, (AGANOOR, Poesie, pp. 5-6).[210] Il cognome della poetessa è scritto Aganor, anziché Aganoor nel manoscritto.[211] La sottolineatura è tripla nel manoscritto.[212] Effettivamente nelle sue lettere alla Aganoor il Nencioni aveva accennato diverse volte alla opportunità di raccogliere in volume i versidella poetessa. Il 7 novembre 1892 le aveva scritto: Ne ha altre? Mandi, mandi, io le serbo tutte – e poi farò una scelta di tre o quattro perla “Nuova Antologia”. E poi penseremo al volume (Io farò la recensione) e di nuovo venti giorni dopo, il 27 novembre, era ritornatosull’argomento: Aspetto l’edizioncina dei “Cavalli”. Ma poi faremo il volume – e io le farò una stroncatura feroce in qualche giornale –per vendicarmi del “Canto dell’odio” (tanto caro e adorabile!) Mi mandi “presto” altri versi per la collezione. E ancora nell’apriledell’anno seguente, le aveva addirittura detto che avrebbe annunciato il suo volume al pubblico: Lavoro ad un articolo su recenti volumi diversi [ENRICO NENCIONI, Poeti e poetesse. Nuovi volumi di versi italiani, in Nuova Antologia , XXVIII, fasc. XI, 1° giugno 1893, pp.381-412]. Spero sia in tempo per il fascicolo del 1° maggio – Se no, certo per quello del 15. Parlerò delle nuove poesie del D’Annunzio delGraf del Mazzoni della Negri del Mastri di lei… sì anche di lei, i “Cavalli”, “A mio Padre”, accennerò al prossimo volume di suoi versi.Tuttavia anche questa volta dalle intenzioni non si passò ai fatti, il volume non si fece e il Nencioni nuovamente ritornò sull’argomento il 15aprile 1894: Le tue ultime poesie sono veramente bellissime. A Basalghelle le porterò meco “tutte” - e faremo il volume. Bisognapubblicarlo verso Natale: e farlo pubblicare in uno dei volumetti “Treves” – come il Marradi, il Libro “Paradisiaco” del D’Annunzio ecc. ,(PIMPINELLI, Lettere di Enrico Nencioni a Vittoria Aganoor, pp. 158, 166, 174 e 187)[213] Probabilmente allude, come già aveva immaginato il Todesco, al bozzetto intitolato “Dal vero”, pubblicato dal Grilli in appendicealle “Poesie complete”, a p. 433, (TODESCO, Per la cronologia, p. 11).[214] Antonio Fogazzaro (1842-1911), scrittore vicentino, anch’egli allievo di Giacomo Zanella, come Vittoria Aganoor, ottenne grande famagrazie ai suoi romanzi, in particolare Piccolo mondo antico (1895). Il Fogazzaro frequentava casa Aganoor sia come amico di famiglia, checome valente letterato e per questo il suo nome ritorna varie volte nelle lettere della poetessa. Il legame di stima e di amicizia che legava loscrittore alla Aganoor appare chiaro dal ricordo da lui scritto per il quotidiano veneziano Il Gazzettino quando lei morì: Vittoria Aganoorveneziana di nascita, ma figlia di nobile armeno, era con la sorella Elena una delle allieve predilette di Giacomo Zanella. Ammirabile peringegno e bontà la poetessa ieri scomparsa, che fu senza dubbio la più eletta di quante abbia avuto l’Italia moderna, sacrificò la suagiovinezza all’affetto per la madre sua che fu per molti anni abbisognevole di cure.D’altissima idealità ella scelse e donò il suo cuore all’uomo che credette degno di lei e che di immenso amore la ricambiava.La sua nobiltà di sentire era grandissima; il suo cuore era eccezionalmente aperto ad ogni cosa bella e nobile e la sua scomparsa è perditagrandissima per la patria letteraria e per gli amici suoi.Finalmente ella era bella e la sua giovinezza di spirito e di corpo appariva a quanti l’avvicinavano perenne.Quando abbandonata la casa paterna si portò a Perugia col marito, si dedicò tutta alla nuova famiglia, alla sua nuova casa ed a quantil’avvicinavano essa non sembrava la donna superiore per cultura ed ingegno, ma ci teneva apparire la buona massaia e conduceva una vitasemplice e tranquilla.Nella sua casa, frequentata dai più eletti ingegni d’Italia, spesso ho avuto occasione di intrattenermi con lei in cordiali conversari, ma daun pezzo non la vedevo più. Sapevo che aveva subito una dolorosa operazione e che solo pochi intimi potevano visitarla.La notizia della sua scomparsa oggi mi colpisce e mi addolora vivamente.(Il Gazzettino, 9 Maggio 1910)[215] Enrico Panzacchi (1840-1904), poeta e scrittore di prosa e di teatro, fu anche critico letterario e artistico nonchè un famoso oratore.[216] La poesia Abenezer non è conservata tra le lettere dell’Aganoor a Marina Baroni, ma se ne è trascritto ugualmente il testo, traendolo daAGANOOR, Poesie, pp. 170-172, per dare una maggiore completezza alla lettera.[217] La carta da lettera presenta una lacerazione relativamente estesa in basso, proprio al centro della piegatura che delimita le facciate,pertanto in alcuni punti è stato impossibile leggere il testo, in altri invece le integrazioni sono state abbastanza intuitive.[218] E’ un termine raro, deriva dal nome di S. Ignazio di Loyola, fondatore dell’ordine dei Gesuiti e significa improntato a ipocrisiagesuitica.[219] Il discorso della Aganoor non risulta molto chiaro a causa della lacerazione della carta da lettera, comunque sembra che ella alluda alsuo bozzetto in prosa intitolato Dal vero, (AGANOOR, Poesie, pp. 433-441).[220] Caterina Percoto (1812-1887) fu scrittrice di racconti e novelle in lingua italiana e in dialetto friulano.[221] Andrea Verga (1811-1895) di Treviglio, specialista in malattie mentali, fu medico primario dal 1851 al 1865 dell’Ospedale Maggioredi Milano. Egli tenne anche una fitta corrispondenza con personaggi politici e letterati del suo tempo, tra i quali figura anche Vittoria

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Aganoor, (M. SORESINA, Intellettuali, letterati e politici nell’Archivio di Andrea Verga , in Storia in Lombardia, IV, 1985, n. 3, pp. 194-203).[222] Marco Minghetti (1818-1886), uomo politico bolognese, fu segretario generale di Cavour al ministero degli Esteri (1859), ministrodell’Interno (1860-61) e delle Finanze (1862-63) e Presidente del Consiglio (1863-64; 1873-76).[223] Alludendo è stato scritto corregendo sul sottostante pensando.[224] Da quanto la Aganoor scrive nella lettera seguente si tratterebbe di uno zio della moglie di Antonio Fogazzaro, la contessa vicentinaMargherita Valmarana.[225] Si tratta forse del letterato di Meldola (FO) Antonio Montanari (1814-1898) che fu professore di filosofia all’Università di Bologna eministro a Roma nel 1848 con Pellegrino Rossi.[226] La sottolineatura è tripla nel manoscritto.[227] La poetessa si riferisce alla campagna militare d’Africa in cui era impegnata l’Italia. Questa spedizione avrà un terribile epilogo nelMarzo 1896 con la grave sconfitta delle truppe italiane, che verranno quasi completamente distrutte dagli eserciti etiopici ad Adua.[228] La carta presenta piccole lacerazioni in diversi punti, ma l’integrazione del testo è stata piuttosto semplice.[229] Si tratta forse di quel Marcello di Mocenigo che Vittoria Aganoor cita in una sua lettera del 1877 a Giacomo Zanella: Di Marcello diMocenigo avevamo saputo anche noi non solo dell’aver passati gli esami ma d’averlo fatto splendidamente, (AGANOOR, Lettere aGiacomo Zanella, p. 46).[230] Enrico Nencioni forse alludeva proprio a questa poesia, come ha notato la Pimpinelli, quando, il 20 aprile 1896, scriveva alla Aganoor:Bellissimo invece, a mio gusto, le strofe di “Natale”, (PIMPINELLI, Lettere di Enrico Nencioni, p. 214). La poesia venne accolta in volumedalla Aganoor con alcune varianti di testo che sono state segnalate a fianco, (AGANOOR, Poesie, pp. 177-178).[231] La sottolineatura è tripla nel manoscritto.[232] Da una lettera di Enrico Nencioni del 4 Maggio 1894 risulta che era stato necessario per la famiglia Aganoor far ricoverare Maria; egliscriveva a Vittoria: Certo è stata una necessità – dolorosa, “molto dolorosa”, l’intendo – ma pure “necessità”, l’avere affidata alle cure diuno specialista e messa in una buona Casa di salute la povera Maria. Io spero, io credo, che in breve tempo potrete riaverla con voiperfettamente ristabilita. (PIMPINELLI, Lettere di Enrico Nencioni, p. 192).[233] Si tratta di Marianna Giarrè Billi, moglie del medico curante di Enrico Nencioni, come risulta dalla lettera della Aganoor alla Baronidel 2 Febbraio 1895.[234] Dalla lettera che segue si deduce che l’opuscolino al quale la Aganoor allude è: Kuk il montanaro: poema persiano, traduzione diVITTORIO RUGARLI, Bologna 1891 (Ristampa anastatica, Bologna 1990).[235] La carta da lettera presenta una lacerazione all’angolo destro in basso della seconda facciata e per fortuna interessa una minima partedello scritto, solo questa parola, che è impossibile leggere.[236] La sottolineatura è doppia nel manoscritto.[237] La Agannor scrisse così per avvertire l’amica di voltare la facciata perché dietro aveva scritto la poesia.[238] Questa poesia è stata accolta in volume dalla Aganoor, (AGANOOR, Poesie, p. 74).[239] Si tratta del figlio di Arnaldo Fusinato, Guido (1860-1914), studioso di diritto, in particolare di diritto internazionale di cui eraprofessore; fu deputato e ministro della Pubblica Istruzione del Regno d’Italia (1906), nel 1912 fu uno dei rappresentanti italiani per la stipuladel trattato di pace con la Turchia.[240] La sottolineatura è tripla nel manoscritto.[241] E’ la sorella, la quale era stata ricoverata in una casa di cura qualche anno prima in quanto soffriva di disturbi nervosi apparsi già ingiovane età. Fu infatti a causa del primo manifestarsi di questa sua malattia che la famiglia si trasferì per un certo periodo da Padova a Napoli.Si veda a questo proposito la letterra da Venezia, 12 Febbraio 1896.[242] Il verbo struccare in dialetto veneto vuol dire stringere, anche con forza, (D. DURANTE-V. BASSO, Dizionario italiano-veneto,Galzignano (PD) 1997).[243] Lettera su carta azzurra.[244] Probabilmente è il conte Almerico da Schio (1836-1930), scienziato e uomo politico vicentino.[245] La sottolineatura è doppia nel manoscritto.[246] Per il testo della poesia Silenzio si veda AGANOOR, Poesie, pp. 184-190. Da una lettera a Domenico Gnoli del 18 ottobre 1898risulta che questa poesia era stata pubblicata nel 1896 nella Rassegna Nazionale e poi in estratto in fascicolo, (AGANOOR, Lettere aDomenico Gnoli, p. 74).[247] La poetessa era di origine armena, ma non conosceva l’armeno e di questo si rammaricava con Arsenio Ghazikian, padre mechitarista diSan Lazzaro (Venezia): Quanto mi dolgo anch’io di non sapere l’armeno! Non me lo dica, che davvero ne piangerei, pensando che sarebbecostato così poco al mio “papà” caro d’insegnarmelo da bambina! (LUIGI GRILLI, Introduzione, in AGANOOR, Poesie complete, p. VII)La poesia Silenzio era stata tradotta da questo padre mechitarista, il quale in seguito tradurrà anche i due volumi di poesie dell’Aganoor, ecioè Leggenda eterna e Nuove liriche. Le raccolte poetiche saranno pubblicate in armeno a Venezia rispettivamente nel 1905 e nel 1910.[248] La parola silenzio è sottolineata due volte nel manoscritto.[249] Il Rasego era il piccolo corso d’acqua che attraversava il parco della villa di Basalghelle, come spiega Giuseppina Pacini Aganoor nellasua lettera da Basalghelle, 23 Maggio 1885 (Epistolario in corso, XII. 1. 3035), leggibile in appendice.[250] Enrico Nencioni era morto nei pressi di Livorno il 25 Agosto 1896.[251] Secondo le cronache dei quotidiani dell’epoca, l’autunno del 1896 fu disastroso in quanto portò un diffuso maltempo con fortiprecipitazioni che causarono alluvioni e danni agli uomini, alle cose e alle colture in diverse zone della penisola italiana. In particolare, comeriferisce il quotidiano patavino Il Veneto, secondo i rilevamenti del pluviometro dell’Osservatorio Astronomico di Padova nei mesi di Ottobree Novembre del 1896 caddero 238,5 millimetri di pioggia, (Il Veneto, 19 Novembre 1896).[252] Nella lettera all’amica poetessa Neera del 9 Ottobre 1896 Vittoria Aganoor aveva scritto: Io penso che i versi che le lessero fosseroquelli intitolati “O morti!” Certo sono molto “sinceri”, ma molto tristi. Li ho scritti qui, in questa villa [=di Basalghelle] dove passai

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giorni assai lieti, e dove ora si aggirano solo fantasmi di care creature scomparse. Due anni fa venne e rimase qui un paio di mesi anche ilpovero Enrico Nencioni. Aveva molta indulgenza per me e mi esortava a unire e pubblicare le mie lirichette. Questa sua morte mi haspogliata d’ogni cosa… (ANTONIAARSLAN, Un’amicizia tra letterate: Vittoria Aganoor e Neera (con 23 lettere inedite) , in Quaderniveneti, V, 1988, n. 8, pp. 35-74; p. 48).[253] Nell’insieme delle lettere dell’Aganoor alla Baroni non vi sono lettere appartenenti al periodo compreso tra il 20 Novembre 1896 e il19 Aprile 1897, forse quindi qualche missiva è andata perduta.[254] E’ una dama di corte, si veda più avanti la lettera della Aganoor da Tarcento, 21 Settembre 1900.[255] Si tratta forse di Ersilia Canevaro, moglie di Felice Canevaro (1838-1926) ammiraglio, senatore e ministro del Regno d’Italia.[256] Per la poesia Abenezer si veda la lettera da Basalghelle del 28 Ottobre 1895. La traduzione dal russo, che Vittoria Aganoor dice di avermandato precedentemente all’amica, forse è quella intitolata Moriam…, (AGANOOR, Poesie, pp. 354-355); eccone il testo:Moriam…(dal russo di G. Dostojewsky)Moriam. Per l’infinitamisteriosa eternità de’ mondi,spicchiamo il volo, e una novella vitaci arrida via per l’etere,via tra le sfere de’ cieli profondi.Di là venimmo; e come sprazzi splendidi,fra l’ombre della terratalor scende un’imagine,un ricordo lontanoe torci dalla creta che ci serra.Son echi arcani di esistenze, elettea mutar forma; ed oranell’angusta dell’uom salma costretteanelano, sospiranoal ritorno di quel che furo allora.atomi accesi d’ignorate stelle,fragranze d’invisibili pianeti,sogni di geni, e bellefantasie di poeti,polline vivo di progenie arcanaforse noi fummo, e nella veste umanadel moto eterno seguitiam l’istinto.Morir! tornar nell’essereincorrotto dell’anima,e finalmente liberosentirsi eterno e poter dire: ho vinto! Negli occhi tuoi, fanciulla,nel fondo del tuo core è la dolcezzadelle altre vite scorse; è la certezzache nel tempo esistemmo, e che nel nullanon torneremo giammai.Forse il tuo casto amoremolto somiglia alla divina festa,all’alta ebbrezza che un tempo sognai,presagi d’un gioir che mai non resta.Dammi codesto amor, tu fa’ che almenotornando nel serenoregno dell’alme, un’unicamemoria io serbi del terrestre inferno;unica e cara, se ti vien dal core,soave canto d’un poema eterno.[257] E’ il marito della sorella Virginia, Francesco Mirelli.[258] E’ verosimile che la Aganoor fosse stata informata per tempo dalla Baroni della pubblicazione dell’ode carducciana; il Carducci stesso,con una sua lettera da Madesimo del 12 settembre 1897, infatti aveva annunciato a Silvia Pasolini, figlia della contessa bassanese, l’evento:Signora Contessa, Ricevo qui le fotografie polentane in grande, molto belle. Grazie. Credo che il 15 prossimo, alla fine, sarà pubblicatanell’ “Italia” di Roma l’ode, che sin dal giugno io avevo promesso al conte Gnoli. Pochi giorni dopo verrà fuori l’edizione Zanichelli, conla fotografia della chiesa, credo, e con quella del cipresso, vorrei; a tutto benefizio dei restauri. (CARDUCCI, Lettere, XX, 5516).[259] E’ una varietà di anemia, cosi detta per il colorito pallido-verdastro della cute, un tempo era assai frequente nelle giovani donne.[260] Per notizie su Jacopo Bernardi si veda la nota relativa alla lettera da Venezia del 6 Aprile [1892].[261] I Revedin erano una famiglia veneziana. I Brandolini invece erano nobili originari di Bagnacavallo, in provincia di Ravenna, maresiedevano a Venezia.[262] Si tratta forse del marchese e senatore Carlo d’Adda (1816-1900), originario di Milano.[263] Felice Santini (1850-1922) fu deputato e senatore del Regno d’Italia.[264] Poco si sa di questi, se non quello che la stessa Aganoor scriverà in una sua lettera da Basalghelle a Domenico Gnoli datata 18 Ottobre1898: … poi viene qualche vicino; un vecchio gentiluomo a mezz’ora da noi, certo Pera; o una famiglia di ricchi ebrei (io odio gli ebrei)certi Morpurgo de Nilma che sono anche, non so come, baroni… (AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, p. 76).

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[265] Si tratta dell’Ode alla chiesa di Polenta. In una lettera a Domenico Gnoli da Venezia del 1° Luglio 1898 ella scriverà, ricordandol’evento: La grande gloria fu per me il vedermi giungere l’ode alla Chiesa di Polenta del Carducci con una sua cortese dedica. Puòfigurarsi che al Carducci io non mandai mai in omaggio nessun mio verso, sapendo il suo dispregio per le donne scrittrici (fatta eccezionedella Vivanti) e quindi il dono spontaneo d’una sua lirica e con un accenno gentile ai miei versi mi ricolmò d’orgoglio. Scrissiringraziando, mi rispose in modo amabilissimo. Non è dunque quell’orso intrattabile che dicono! (AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli,p. 23).[266] Lettera contrassegnata da una B all’interno di un cerchietto scritta con inchiostro blu da mano diversa da quella dell’autrice.[267] Nel plico della corrispondenza di Vittoria Aganoor a Marina Baroni non sono conservate lettere appartenenti al periodo compreso tra il14 Dicembre 1897 e il 29 Settembre 1898, probabilmente si può ipotizzare che qualche missiva sia andata perduta se si presta fede alla suaaffermazione di aver dato sempre notizie all’amica.[268] La Aganoor afferma di non aver avuto tempo per scrivere, durante il periodo di permanenza a Belluno e a Vena d’oro ella però trovò iltempo di inviare diverse lettere a Domenico Gnoli, (AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, pp. 42-59).[269] E’ una delle sorelle Salvadego, l’altra si chiamava Elisa. Per la famiglia Salvadego si veda la nota relativa alla lettera da Basalghelle del6 Giugno 1889.[270] Forse si tratta di Giovanni Battista Beltrame (1830-1914), patriota veneto.[271] La sottolineatura è tripla nel manoscritto.[272] La sottolineatura è tripla nel manoscritto.[273] Vincenzo Boccafurni (1867-1923), letterato e poeta calabrese, fu direttore della rivista Roma Letteraria. La poesia a cui fa riferimento laAganoor è la seguente, scritta in occasione delle nozze di Bice Brunamonti, figlia della poetessa perugina Alinda Bonacci Brunamonti (1842-1903):Per nozzeO giovinetta, che non vidi mai,odi tu l’inno che festoso salebenedicente a te, la buona e bellafiglia di Alinda; Alinda la sorelladelle Pierie? – “Ti sia lunge il maleadesso e sempre, o tu che allegra vaiall’ignoto, per via fiorita e piana” – Così canta il giocondo inno augurale,e così scrive a te questa lontana,o giovinetta, che non vidi mai. Vena d’oro, agosto 1898 Il componimento apparve nella Roma letteraria del 10 settembre 1898 insieme ai contributi di altre scrittrici (Roma letteraria, VI, n. 17, 10settembre 1898) e poi fu ripreso da altre riviste, ma non venne mai pubblicato in volume da Vittoria Aganoor, probabilmente perché ella loriteneva banale, come risulta dalla lettera alla Baroni. La banalità di questo componimento, lamentata dall’autrice stessa, deriverebbe dallamalavoglia con la quale vi si era messa a scrivere; allo Gnoli difatti aveva scritto prima di comporlo: Dovrei scrivere pochi versi per un alboche si stampa per il matrimonio della Bice Brunamonti. Inventai mille ragioni per esserne dispensata, ma quando il Boccafurni ci si mettenon è facile cavarsela. (AGANOOR, Lettera a Domenico Gnoli, p. 48). La poesia venne invece accolta dal Grilli in AGANOOR, Poesie, p.382.[274] Lettera contrassegnata con una A all’interno di un cerchietto scritta con inchiostro blu da mano diversa da quella dell’autrice.[275] La sottolineatura è doppia nel manoscritto.[276] La sottolineatura è tripla nel manoscritto.[277] Si tratta di Antonietta Agostinelli, amica sia della Aganoor che della Baroni (si veda anche più avanti la lettera da Cava dei Tirreni del9 Agosto 1899) e menzionata più volte dalla poetessa.[278] Vittoria Aganoor aveva già raccontato l’incidente in bicicletta allo Gnoli in una sua lettera da Basalghelle del 18 Ottobre 1898: Un po’di “nevrosi”, ecco detta la grande parola, e l’autunno me l’accresce sempre e la melanconia mi piomba addosso e mi avvinghia cosìtenacemente in questa stagione! allora scappo fuori cammino, vado in bicicletta e … ci vado così disperatamente e così imprudentemente che… precipito e rischio di rompermi il collo. Eh già! Bisogna pur dirvelo, bisogna pure che lo sappiate voi che volete saper tutto di me.L’altrieri in una di quelle mie corse folli … precipitai … ma sono ancora qua; vedete bene che vi scrivo; vi scrivo ma a metà distesa su unapoltrona a sdraio con un piede fasciato.Una “distorsione” (dice il medico) una distorsione al piede sinistro che mi ha fatto spasimare e che adesso mi terrà qui, quasi immobile,chi sa quanti giorni. Ma tanto avrei potuto anche … fracassarmi la testa ed era peggio vero? (AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, p.75).[279] Si tratta di Adele Bergamini (1845-1925), romana di origini popolane, fu scrittrice di versi e, per sostenere le sue ambizioni, tenne perqualche tempo un salotto letterario ed ebbe contatti con i poeti più famosi dell’epoca tra i quali figurano Aleardo Aleardi, Giacomo Zanella,Domenico Gnoli, Giosuè Carducci e altri. L’identità si ricava da alcune lettere della Aganoor a Domenico Gnoli; da queste risulta infatti chela signora Bergamini viveva in gravi ristrettezze economiche ed era costretta, per sopravvivere, ad eseguire lavori di cucito e ad allestiredecorazioni floreali, per quest’ultima ragione la poetessa la soprannominerà la fioraia, (AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, pp. 69, 72-73, 86, 110, 128).[280] Lettera contrassegnata da una C all’interno di un cerchietto scritta con inchiostro blu da mano diversa da quella dell’autrice.[281] Per il Rugarli si veda la nota relativa alla lettera da Venezia del 21 Marzo 1896.[282] Vittoria Aganoor si riferisce alla sua lettera da Basalghelle del 29 Settembre 1898.[283] E’ il conte romano Domenico Gnoli (1838-1915); egli fu poeta, erudito e per venticinque anni direttore della Biblioteca Nazionale“Vittorio Emanuele II” di Roma. Nelle sue opere poetiche fece largo uso di pseudonimi che molto hanno fatto discutere se messi in relazione

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allo sviluppo della sua arte, ma, secondo Luigi Baldacci, quegli pseudonimi corrispondono realmente a un’eccezionale capacità trasformista,(Secondo Ottocento, a cura di LUIGI BALDACCI, Bologna 1969, p. 1214). Con lo Gnoli Vittoria Aganoor intrattenne una fittacorrispondenza negli anni 1898-1901 e tra i due nacque un devoto sentimento che però non ebbe futuro, come ben sottolinea Biagia Marnitinella sua Introduzione: Nata di testa, l’inclinazione amorosa nell’Aganoor si affievolisce e muore presto, nonostante l’efflorescenza poetica,mentre in Gnoli, pur nata nello stesso modo, si spiritualizza, e diventa motivo fra motivi della sua tematica o, meglio, di quella poesia allaquale egli chiederà rifugio e salvezza dalla solitudine. (BIAGIA MARNITI, Introduzione, pp. IX-XLIII, in AGANOOR, Lettere a DomenicoGnoli, p. XXXI). A Vittoria Aganoor egli dedicò il suo volume di poesie più innovativo intitolato Fra terra ed astri, pubblicato sotto ilnome fittizio di Giulio Orsini.Questa visita dello Gnoli a casa Aganoor viene ricordata nella lettera inviatagli dalla poetessa da Basalghelle in data 5 Novembre 1898, siveda a questo proposito il volume di lettere citato pp. 81-82.[284] A questo proposito si veda la lettera da Venezia, 14 Dicembre 1897.[285] Cesare Pascarella (1858-1940), poeta romano, fu legato per un certo periodo da stretta amicizia a Vittoria Aganoor. I suoi sonetti (25)di Villa Gloria furono pubblicati nel 1886 con la prefazione di Giosuè Carducci. Nel 1887 egli aveva dedicato alla poetessa la sua prosaintitolata Gita sentimentale, adombrandone il nome sotto le semplici iniziali, (Nuova Antologia, 1° dicembre 1887).[286] Forse con queste parole, riportate con una certa autoironia dalla Aganoor, Marina Baroni aveva inteso alludere alla nutrita serie dipoesie publicate dalla poetessa in riviste letterarie durante il 1898. In particolare ella aveva pubblicato: nel Marzocco del 20 Marzo e del 24Luglio 1898 rispettivamente le poesie Fantasia e L’egro dicea , (AGANOOR, Poesie, p. 160 e p. 161); nella Roma letteraria, del 25Febbraio, del 10 Giugno, del 10 Settembre, del 25 Ottobre e del 25 Dicembre rispettivamente le poesie L’anello del morto , Sursum corda,Per nozze, Dialogo e Natale, (pp. 182-183, p. 381, p. 382 e p. 169; Natale non venne mai stampato in volume né dalla poetessa, né dalGrilli che curò la raccolta postuma); nel Fanfulla della domenica del 15 Maggio e del 31 Luglio rispettivamente Ai falsi socialisti e L’egrodicea, (pp. 394-395, col titolo A certi agitatori, e p. 161); ne Il bene dell’11 Giugno e del 25 Dicembre rispettivamente Ai falsi socialisti eNatale (quest’ultima diversa da quella del Fanfulla, ma anch’essa mai raccolta in volume); nell’Illustrazione popolare del 19 Maggio Ai falsisocialisti; ne La voce del cuore del 15 Luglio Ai falsi socialisti; nella Rassegna nazionale del 1° Dicembre una traduzione Da Andersen (involume col titolo I racconti della Luna pp. 322-323); nella Rivista d’Italia del 15 Aprile, del 15 Luglio e del 15 Dicembre rispettivamenteL’ora e Per via, Ancora la luna (in volume Per la luna ), e Dal “Diario d’Adriana” (Frammento d’un romanzo poetico) (in volumeDiario), (p. 162 e p. 163, pp. 164-165, pp. 36-41); nell’Ateneo veneto di Maggio-Giugno Agar, traduzione di una poesia di Eliza JanePoitevent, (pp. 324-329).[287] Lettera contrassegnata da una B all’interno di un cerchietto scritta con inchiostro blu da mano diversa da quella dell’autrice.[288] Modo di dire dialettale veneto equivalente a far la pace, essere in buoni rapporti con qualcuno.[289] Repeton è una parola dialettale veneta che significa stravolgimento, capovolgimento repentino.[290] Lettera contrassegnata da una B circondata da un cerchietto scritta con inchiostro blu da mano diversa da quella dell’autrice.[291] Il 28 Dicembre 1898 era morto Pierino, il nipote di Marina Baroni, figlio di Silvia e del conte Giuseppe Pasolini.[292] La sottolineatura è doppia nel manoscritto.[293] Flussione è un aumento del contenuto di sangue in un determinato organo, a causa di un aumentato afflusso del sangue stesso pervasodilatazione.[294] La carta da lettera porta sull’angolo sinistro in alto della prima facciata un tondino verde in rilievo con raffigurata la testa di Minerva.La lettera inoltre è stata contrassegnata con una A circondata da un cerchietto scritta con inchiostro blu da mano diversa da quella dell’autrice.[295] Biglietto listato a lutto per la morte della madre di Vittoria, Giuseppina Pacini, avvenuta il 9 marzo 1899. Probabilmente anche aMarina Baroni era stata spedita una partecipazione simile a quella mandata allo Gnoli: La Contessa GIUSEPPINA PACINI AGANOORsi è spenta serenamente a 80 anni confortata dallareligione cattolica nel pomeriggio del 9 marzo 1899. Le figlie Angelica Guarnieri, Mary, Elena,Virginia, Duchessa Mirelli, Vittoria ed il generoFrancesco Mirelli, Duca di Santomenna con profondo dolore partecipano. Venezia 9 Marzo 1899. I funerali avranno luogo sabato 11 corr. alle ore 10 ant. dalla casa al Ponte dei Greci n. 3405 alla Chiesa di San Giovanni in Bragoradonde la cara salma sarà trasportata a Basalghelle di Oderzo nella tomba di famiglia. (AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, p. 313, n.1).Nel plico della corrispondenza di Giuseppina Pacini a Marina Baroni è conservato il santino ricordo (Epistolario in corso, XII. 1. 3033): INMEMORIA / DI / GIUSEPPINA PACINI AGANOOR / 9 MARZO 1899 / PREGATE PER LEI / , recante la seguente frase in francese tratta dalVangelo: BIENMEUREUX CEUX QUI FLEURENT / PARCEQU’ILS DERENT CONSOLEE.[296] Lettera su carta listata a lutto. La lettera inoltre è stata contrassegnata con una B circondata da un cerchietto scritta con inchiostro blu damano diversa da quella dell’autrice.[297] Vittoria Aganoor aveva molto sofferto per la morte della madre e di conseguenza aveva ridotto al minimo la sua corrispondenza, comeella stessa aveva spiegato allo Gnoli nella sua lettera da Venezia del 31 Marzo 1899: Voi dovete dunque perdonarmi, e non inquietarvi “pernulla” s’io tardassi anche una settimana a rispondervi. Io non scrivo a “nessuno” o solo “qualche riga” di ringraziamento; vi ho dettoche “tutto” mi affatica. (AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, p. 148).[298] Allude al nipote di Marina Baroni, Pietro Pasolini, di recente scomparso all’età di soli 22 anni.[299] La Aganoor si riferisce alla grave crisi parlamentare che l’Italia attraversò dopo i fatti di Milano del maggio 1898, durante i quali ilgenerale Bava-Beccaris aveva fatto sparare sulla folla indifesa cannonate e colpi di mortaio provocando moltissimi morti. Nel periodo in cuiscriveva la poetessa, in parlamento si stava svolgendo una dura battaglia che porterà il primo ministro, il generale Pelloux, ad annunciare,con misure estreme, nel giugno del 1899 la sua intenzione di governare con decreti regi, senza dibattito parlamentare, (DENIS MACKSMITH, Storia d’Italia dal 1861 al 1997, Milano 1998, p. 233).

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[300] La poetessa era nata a Padova il 26 Maggio 1855, come chiarì il Trabalza: L’atto di nascita trovasi nei registri civile e religioso dellaparrocchia di S. Giustina, l’insigne basilica che grandeggia sul caratteristico Prato della Valle. Nel civile, che fino al settanta ha valoreufficiale, suona in povera lingua italiana così: “A dì 3 Giugno pred.° (cioè 1855) Vittoria Antonia Maria Aganoor di Odoardo e diGiuseppa Pacini coniugati in questa Parrocchia fu oggi battezzata dal m. r. don Giuseppe Putter p. P.co. Madrina fu la sig. Maria TeresaMoorat vedova del fu Abramo Aganoor. Nacque il 26 p. p. Maggio alle ore 8 ½ ant.” Il religioso è, nella sua disposizione a colonne ancorpiù povero: ma viceversa, contiene, oltre l’anno del coniugio che è il 1847, la importante sebbene non completa notizia del luogo di nascita,che è la Via del Prato della Valle…, (CIRO TRABALZA, I natali di Vittoria Aganoor, in La Favilla, XII (1910), Luglio-Agosto, p. 389).[301] E’ Antonia Tricase, principessa di Moliterno, alla quale Vittoria Aganoor dedicò la sua poesia Villa Moliterno (Quisisana) , come ellastessa afferma in una lettera allo Gnoli del 10 Settembre 1901: … scrissi anche dei sciolti per la “Villa Moliterno”, o cioè per laproprietaria di quella villa che me ne pregò tanto, e ve li manderò, appena li abbia un po’ martellati ancora, (AGANOOR, Lettere aDomenico Gnoli, p. 228; per la poesia si veda AGANOOR, Poesie, pp. 228-229).[302] Giannino Antona-Traversi (1861-1931) scrisse diverse commedie in cui ritraeva ironicamente la società aristocratica di fine secolo, traqueste La mattina dopo (1893), che fu premiata al Concorso drammatico governativo, I giorni più lieti (1903), La scuola del marito (1899).[303] - Non è stato possibile identificare tutti questi personaggi, ma soltanto alcuni di loro.Francesco Cimmino fu probabilmente quell’apprezzato traduttore e poeta che tenne corrispondenza con Vittoria Aganoor, si veda a questoproposito PAOLA PIMPINELLI SCARAMUCCI, Lettere d’amore a Vittoria Aganoor, in Perugia, nov.-dic. 1965, pp. 7-13.Federigo Verdinois (1844-1927) fu un traduttore dal russo assai noto, scrisse novelle e fu anche giornalista.[304] Lettera su carta listata a lutto. La lettera inoltre è stata contrassegnata con una C circondata da un cerchietto scritta con inchiostro blu damano diversa da quella dell’autrice.[305] Con questo vezzeggiativo dialettale, cioè mammina, Vittoria Aganoor chiamava familiarmente talvolta sua madre.[306] Vittoria Aganoor soffrì immensamente per la morte della madre, che adorava e alla quale aveva dedicato tutta se stessa, e non riusciva arassegnarsi di fronte alla sua perdita. Toccanti e colme di disperazione saranno le parole che ella scriverà a Domenico Gnoli il 23 Febbraio1900: … non so rassegnarmi a non avere più la Mamma con me. La Mamma era un pezzo del mio cuore e del mio pensiero: soffriva egodeva con me, in un modo come solo le Mamme sanno e “quella” Mamma in particolare; vivissima di mente, finissima nell’affetto e nellatenerezza come non so dire. Io talora penso: - che cosa ora mi darebbe gioia? E non trovo “niente”. Se mi dicessero: domani il mondo saràtuo – non ne avrei letizia né orgoglio senza la Mamma. Era “lei” che godendo intensamente dei miei piccoli trionfi me li rendeva preziosi;era lei che col suo sorriso di orgoglio materno mi dava il pieno appagamento e la ricompensa vera. Io non so dire ma come una inerzia dimente e di sentimento mi ha invasa tutta da che non la ho più la Mamma. Sempre speravo che il tempo mi avrebbe guarita ma ormai temoche sarà sempre così. … Adesso verrà la primavera. Gli anni passati ne ero tutta lieta. Mi dicevo:- Ora la Mamma potrà respirare la buonaaria libera, e verrà l’estate e andremo in campagna e andremo sui monti e sarà tanto vigore nuovo per lei. – Ora è tutto inutile. Allora,pensando tanto a lei, non mi avvedevo che ormai la primavera non veniva più per me, che i miei capelli eran grigi, che il mio viso era pienodi rughe. Ora a tutto questo penso e la giovinezza perduta mi guarda di lontano con un sorriso così triste! Nessun rimpianto certo d’averlaconsacrata alla mia cara Mamma, ma solo questo pensiero: - Ora, senza di lei, cosa farò, non più giovane, quasi malata, svogliata, e cosìvinta dall’inerzia fisica e morale? un libro di versi? bello svago! e poi? Leggerò dei libri; scriverò delle lettere; farò delle passeggiate equalche viaggio, senza scopo senza meta, così, aspettando pazientemente la fine. (AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, pp.180-181). [307] Lizzano in Belvedere è una località dell’Appennino Tosco-emiliano, posta a 640 metri sul livello del mare. Qui i conti Pasolini Zanellitrascorrevano periodi di villeggiatura e ospitarono molte volte anche il poeta Giosuè Carducci, amico di famiglia, come risulta da alcunelettere di quest’ultimo a Silvia Pasolini, (CARDUCCI, Lettere, XXI, 6163, 6253). Villa Silvia a Lizzano appartenne ai conti Pasolini Zanellidal 1806 al 1920; in quest’anno per volere della contessa Silvia Baroni Pasolini, in memoria dei figli deceduti in giovane età e del poetaGiosuè Carducci, la proprietà fu donata al Comune di Cesena affinchè la destini a sanatorio o ad altra opera atta a lenire le umanesofferenze con l’obbligo di curare in perpetuo la tomba della famiglia Pasolini Zanelli adornandola annualmente con i fiori di Lizzano.Oggi all’interno del parco è stato organizzato un percorso naturalistico-educativo di autoistruzione, mentre nella villa ristrutturata è attivo unservizio di supporto ai minori e una ludoteca; inoltre l’ex struttura abitativa ospita attività realizzate da enti, associazioni e gruppi che nefacciano richiesta, ma sempre per lo più rivolte a minori e giovani.[308] Lettera su carta listata a lutto. La lettera inoltre è stata contrassegnata con una A circondata da un cerchietto scritta con inchiostro blu damano diversa da quella dell’autrice.[309] Come risulta da una lettera a Domenico Gnoli del 3 Ottobre 1899, Vittoria Aganoor si trovava a Tarcento, in provincia di Udine,ospite della sorella Elena dal 20 Settembre, (AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, p. 189).[310] Si tratta forse di Francesco Santamaria-Nicolini (1830-1918), magistrato, senatore del Regno d’Italia e ministro della Giustizia.[311] Lettera su carta listata a lutto e decorata sulla prima facciata da un rametto d’erba dorato e applicato sul foglio con la colla. La letterainoltre è stata contrassegnata con una C scritta con inchiostro blu da mano diversa da quella dell’autrice.[312] Lettera su carta listata a lutto. La lettera inoltre è stata contrassegnata con una A all’interno di un cerchietto scritta con inchiostro blu damano diversa da quella dell’autrice.[313] Lettera su carta listata a lutto. La lettera inoltre è stata contrassegnata da una C all’interno di un cerchietto scritta con inchiostro blu damano diversa da quella dell’autrice.[314] Lettera su carta listata a lutto. La lettera inoltre è stata contrassegnata da una B circondata da un cerchietto scritta con inchiostro blu damano diversa da quella dell’autrice.[315] Ancora è sottolineato due volte nel manoscritto.[316] Lettera su carta listata a lutto. La lettera inoltre è stata contrassegnata con una A all’interno di un cerchietto scritta con inchiostro blu damano diversa da quella dell’autrice.[317] Tanto è sottolineato quattro volte nel manoscritto.[318] Lettera su carta listata a lutto. La lettera è stata inoltre contrassegnata con una C circondata da un cerchietto scritta con inchiostro blu damano diversa da quella dell’autrice.[319] In una lettera da Venezia del 6 Marzo 1901 all’amica Neera la poetessa racconterà quale era la sua situazione di vita quotidiana con lasorella Maria: La sorella con cui vivo, sempre un po’ “malata di nervi”… ora ha frequenti scoppi d’irritazione contro di me, che mi fannomolto male, e mentre la mia salute sento che se ne va, e mentre mi dico spesso che così non può durare, ecco che ella torna calma, e miparla come nulla fosse e talora anche mi chiede scusa, e io ricado sotto la tortura quotidiana… E ancora qualche giorno più tardi, il 13

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Marzo dello stesso anno, le spiegherà che la sua povera sorella è “malata di nervi”, non “tanto” ora perché si debbano prendereprovvedimenti “radicali”, e non tanto poco da permettere una vita “normale”. Talora è calmissima e “ragionevolissima”, ma a quando aquando, “per nulla”, inveisce contro me e si esalta in modo inquietante, e quelle “scene” mi lasciano “malata” proprio. (ARSLAN,Un’amicizia tra letterate, pp. 55 e 56).[320] La Aganoor aveva già annunciato a Domenico Gnoli la sua decisione di pubblicare finalmente in volume le sue liriche nella lettera daTarcento del 3 Ottobre 1899: Vi ho detto che mandai finalmente al Treves il manoscritto delle mie liriche? Feci man bassa prima sullaraccolta e il Treves trovò che son poche. Ma è dunque la “quantità” cui l’editore bada? (AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, p. 189). Ilvolumetto del quale parla la poetessa è: VITTORIA AGANOOR, Leggenda eterna, Milano, Treves, 1900.[321] Carducci, amico dei Pasolini, scrisse l’epigrafe di Pietro Pasolini, (GIOSUE’ CARDUCCI, Opere, voll. I-XXX, Bologna 1935-1940;XXVIII, 354).[322] Lettera su carta listata a lutto. La lettera inoltre è stata contrassegnata con una B all’interno di un cerchietto scritta con inchiostro blu damano diversa da quella dell’autrice.[323] Lettera su carta listata a lutto. La lettera inoltre è stata contrassegnata con una B circondata da un cerchietto scritta con inchiostro bluda mano diversa da quella dell’autrice.[324] Lettera su carta listata a lutto. La lettera inoltre è stata contrassegnata con A all’interno di un cerchietto scritta con inchiostro blu damano diversa da quella dell’autrice.[325] A lui la poetessa accennerà ancora nella sua lettera a Marina Baroni del 23 Dicembre 1900.[326] Nei mesi di Gennaio e Febbraio del 1900 l’Italia, come la Francia ed altri paesi, venne investita da un’epidemia di influenza che, purnon essendo letale come lo sarà quella del 1918, colpì moltissime persone costringendo alla chiusura di scuole, teatri, negozi e altri luoghipubblici, mentre gli ospedali furono intasati dai numerosi ricoveri. Stando alle cronache dell’epoca più di quattromila persone cadderoammalate contemporaneamente nella sola Roma, compresi il re e la regina; a Padova il quotidiano Il Veneto oltre a dare notizia del progrediredell’influenza in città giunse anche a tenere un diario giornaliero dei personaggi in vista colpiti dalla malattia e dei loro progressi nellaguarigione, (Il Veneto, Gennaio-Febbraio 1900).[327] Antonietta Giacomelli (1857-1950), nipote di A. Rosmini e G. Bonomelli, abitava a Venezia a S. Trovaso, come scrive la stessaAganoor allo Gnoli. Ella aveva fondato a Roma la Società per il bene e la rivista L’ora presente per diffonderne i principi. Probabilmente lapoetessa si riferisce al libro che la Giacomelli aveva da poco pubblicato col titolo A raccolta, (ANTONIETTA GIACOMELLI, A raccolta,Milano 1899). Un giudizio della Aganoor sul volume si trova in una lettera allo Gnoli del 14 Febbraio 1900: Sì la Giacomelli mi disse diavervi scritto; sarei contenta se poteste dirle qualcosa di gentile riguardo al suo libro nel quale io trovai alcune pagine piene d’una viva evera “sete di bene” che mi commossero. (AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, p. 178; l’indirizzo della Giacomelli si legge invece a p.185).[328] Si tratta probabilmente della moglie del conte Carlo Remondini, che Vittoria Aganoor ricorda divertita in una lettera allo Gnoli del 18Agosto 1898: Vidi solo il conte Carlo Remondini, con la sua eterna caramella conficcata nell’occhiaia sinistra, il quale venne ad“inchinarmi” tutto piegato in due e con le braccia penzoloni; una comicissima caricatura. (AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, p. 43).[329] Lettera su carta listata a lutto. La lettera inoltre è stata contrassegnata con una A circondata da un cerchietto scrittacon inchiostro blu damano diversa da quella dell’autrice.[330] E’ il marito della già citata Rosanna Marcello e il figlio di Andriana Zon Marcello.[331] Il 9 Marzo 1900 cadeva il primo anniversario della morte della madre della poetessa, Giuseppina Pacini Aganoor, ed ella avevaintenzione di recarsi a Basalghelle perché lì nel piccolo cimitero era stata sepolta.[332] Lettera listata a lutto. La lettera inoltre è stata contrassegnata con una C all’interno di un cerchietto scritta con inchiostro blu da manodiversa da quella dell’autrice.[333] Si riferisce alla prossima pubblicazione di AGANOOR, Leggenda eterna, Milano,Treves, 1900.[334] Così scriveva anche allo Gnoli: Ora vi dirò che il 21 debbo essere a Firenze per la commemorazione del monumento funebre a S.Felice a Ema del povero Nencioni, ma poi, sempre al poeta romano, il 7 Aprile 1900, scriveva: hanno rimandata la commemorazione delpovero Nencioni, e noi pure abbiamo rimandato la partenza, (AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, p. 187). Per il ricordo dellacommemorazione del Nencioni e della mesta partecipazione della poetessa si veda la recensione di Angelo Orvieto al volume della AganoorLeggenda eterna nella rivista Il Marzocco, IV, n. 20, 20 Maggio 1900. Nel numero del 13 Maggio 1900 di questa stessa rivista interamentededicato a Enrico Nencioni, Vittoria Aganoor aveva pubblicato una poesia scritta per il letterato fiorentino intitolata Visione, (AGANOOR,Poesie, p. 386).[335] Lettera su carta listata a lutto. La lettera inoltre è stata contrassegnata da una A circondata da un cerchietto scritta con inchiostro blu damano diversa da quella dell’autrice.[336] La sottolineatura è tripla nel manoscritto.[337] Emilio Treves (1834-1916) fu senza dubbio il maggior editore del tempo e pubblicò anche il volume di poesie di Vittoria Aganoor, laquale però non aveva un’alta opinione di lui. Giudizi piuttosto duri si possono leggere in diverse lettere da lei inviate a Domenico Gnoli,(AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, pp. 25, 81, 169, 224).[338] Allo Gnoli, che in una sua lettera le parlava del Pascarella, al quale era stata legata da una stretta amicizia, Vittoria Aganoor avevarisposto il 25 Settembre 1898 un po’ infastidita: … parlate lungamente d’un tale che mi è diventato “da lunghi anni” indifferentissimo, edel quale, “tutt’al più” avrei solo voluto saper un incidente, la ragione “vera” del suo “completo oblio”. Ora non m’importa piùnemmeno questo, e se lo rivedessi domani sono “certissima” che gli stenderei la mano sorridendo e senza ombra di rancore, o solo con unpo’ più di diffidenza. (AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, p. 66)[339] Lettera su carta listata a lutto.[340] Lettera dalla datazione incompleta e mancante di busta, ma il 9, a quanto sembra, non può che essere del mese di Agosto dell’anno1900 per due riscontri temporali abbastanza fondati che si intrecciano con quanto la poetessa aveva scritto nella sua missiva da Cava deiTirreni del 19 Giugno 1900: 1)in una lettera della Aganoor, da Venezia del 16 Luglio 1900 indirizzata all’amica Neera, si legge che ella aveval’intenzione di recarsi a Varallo Sesia il 25 o il 26 Luglio per rimanervi circa un mese per la sua cura, (ARSLAN, Un’amicizia tra letterate,p. 52); 2)in un’altra sua inviata a Domenico Gnoli, da Tarcento del 22 Settembre 1900, la poetessa afferma invece di essere ospite nella casadella sorella Elena dal 5 Settembre e che ci sarebbe rimasta fino a metà ottobre, (AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, p. 208).

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[341] Lettera su carta listata a lutto.[342] Mai è sottolineato tre volte nel manoscritto.[343] Umberto I°, re d’Italia, (1844-1900) venne appunto assassinato dall’anarchico Gaetano Bresci a Monza mentre assisteva ad una festasportiva. Egli aveva sposato la cugina Margherita di Savoia.[344] Gemma Ferruggia (1868-1930) fu pubblicista e scrittrice di romanzi, tra le sue opere: Follie muliebri, Il mio bel sole, Verso il nulla ,La nostra vera Duse. La poetessa qui fa riferimento a GEMMA FERRUGGIA, “Leggenda eterna” di Vittoria Aganoor , articolo pubblicatoin Rassegna Nazionale, n. 114 (1900).[345] Lettera su carta listata a lutto. La lettera inoltre è stata contrassegnata con una C scritta con inchiostro blu da mano diversa da quelladell’autrice.[346] Venezia è stato scritto dalla Aganoor sopra Tar, correggendo probabilmente le prime tre lettere di Tarcento.[347] Lettera su carta listata a lutto.[348] Lettera non datata e senza busta. La carta listata a lutto la colloca abbastanza sicuramente dopo la morte della madre. Inoltre una letteradella Aganoor da Bassano del 22 Ottobre [1900] indirizzata a Domenico Gnoli sembra potersi assumere come termine post quem per la sua,seppure approssimativa, datazione. Si può infatti forse ipotizzare che la poetessa, dopo l’arrivo a Rezzonico dalla Baroni intorno al 20Ottobre, vi sia rimasta qualche giorno, poi sia dovuta passare per qualche motivo a Tarcento a casa della sorella Elena, da dove avrebbescritto e spedito questa lettera, e quindi abbia fatto definitivamente ritorno a Venezia, il 28 Ottobre.[349] Lettera su carta listata a lutto. Qualcuno, forse un archivista, ha scritto a matita 1898 o 1899.[350] Questa lettera porta una data incompleta, ma alcuni elementi fanno propendere per il 1900: 1)la promessa della Aganoor, nella letteradel 16 Ottobre 1900, di andare ospite dalla Baroni intorno al 19 o al 20 di Ottobre 1900; 2)il fatto che questa lettera sia stata scritta la serastessa del ritorno della poetessa a casa propria, come si deduce dalla lettura del testo unito all’accenno, nella lettera del 30 Ottobre 1900, aduna missiva della contessa bassanese speditale prima di ricevere la sua, cioè probabilmente proprio questa redatta il 28 Ottobre sera e partita,per ovvi motivi, il giorno seguente. [351] Lettera su carta listata a lutto. La lettera inoltre è stata contrassegnata con una B scritta con inchiostro blu da mano diversa da quelladell’autrice.[352] Del Santamaria suo ospite Vittoria Aganoor parla anche in una lettera a Domenico Gnoli del 28/30 Novembre 1900, (AGANOOR,Lettere a Domenico Gnoli, pp. 214-215).[353] La lettera è stata contrassegnata con una A scritta da mano diversa da quella dell’autrice.[354] La lettera è stata contrassegnata con una B scritta con inchiostro blu da mano diversa da quella dell’autrice.[355] Il foglio presenta qui una piccola lacerazione.[356] Forse è la moglie di quel Corrado Ricci (1858-1934), erudito e storico dell’arte, che fu direttore generale delle Antichità e Belle Artidal 1906 al 1919 e che la Aganoor ricorda nella sua lettera a Gnoli da Venezia del 22 Dicembre 1898: Avete visto nella “Rivista Moderna”quei miei versi? È il primo numero e sono in compagnia di Capuana e Corrado Ricci, vedete che non è poi un “giornalucolo”(AGANOOR, Lettera Domenico Gnoli, p. 112). Si tratterebbe dunque dell’Elisa Ricci, citata dalla poetessa in una lettera sempre diretta aDomenico Gnoli del 10 Luglio 1900 (p. 204), che nel 1931 pubblicherà Mille santi nell’arte con una prefazione del marito, (ELISA RICCI,Mille santi nell’arte, Milano 1931).[357] Cantalamessa Giulio (1846-1924), amico fraterno di Domenico Gnoli col quale Vittoria Aganoor corrispondeva assiduamente, conobbela poetessa a Vena D’oro nel 1898 e ne divenne un fervido amico. Egli fu pittore e critico d’arte; diresse la Galleria Estense di Modena, leGallerie di Venezia e quindi la Galleria Borghese di Roma.[358] Maria Pezzè Pascolato (1869-1933), figlia del letterato e uomo politico Alessandro Pascolato (1841-1905), era pedagogista e traduttrice.[359] Lettera su carta listata a lutto. La lettera inoltre è stata contrassegnata con una E scritta con inchiostro blu da mano diversa da quelladell’autrice.[360] Anche la poetessa aveva contribuito con un suo componimento, si veda a questo proposito la lettera da Cava dei Tirreni del 9 Agosto1899.[361] Si tratta del romanzo Piccolo mondo moderno.[362] La lettera è stata contrassegnata da una F scritta con inchiostro blu da mano diversa da quella dell’autrice.[363] L’intenzione di visitare l’Umbria era già stata preannunciata dalla Aganoor in una sua lettera del 5 Gennaio 1901 all’amica Neera:Questa primavera io potrei, andando a Napoli, passare per Roma e fermarmivi qualche giorno. Vi sarai ancora? Ho anche l’idea di fare ungiretto per l’Umbria… (ARSLAN, Un’amicizia tra letterate, p. 54). Effettivamente la poetessa vi si recò i primi giorni di Maggio, comerisulta da una lettera a Giulio Orsini (non ancora identificato dall’interessata con Domenico Gnoli) da Venezia del 30 Aprile 1901: Ora sto perpartire per Perugia, ove scendo allo “Hotel Bruffagni”, (AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, p. 220). Per le implicazioni pre-matrimoniali di questo viaggio della Aganoor a Perugia si veda la nota della Marniti all’appena citata lettera, pp. 348-349.[364] E’ Francesco Ierace, professore e scultore, ricordato anche dal Carducci in una sua lettera a Silvia Baroni Pasolini, (CARDUCCI,Lettere, XXI, 6004).[365] A tale proposito si veda la lettera da Napoli del 18 Maggio 1899.[366] La lettera è stata contrassegnata con una G scritta con inchiostro blu da mano diversa da quella dell’autrice.[367] Si tratta di Achille de Giovanni (1838-1916), clinico dell’Università di Padova e fondatore della Lega nazionale contro la tubercolosi;fu volontario garibaldino e senatore del Regno d’Italia dal 1902.[368] Lettera dalla datazione incompleta, ma l’anno sembra essere il 1901. Infatti depongono a favore di questo anno sia la carta da letterasimile alla precedente, sia alcuni particolari del testo, e soprattutto l’accenno della Aganoor a voler partire lunedì 19 Agosto per Cava deiTirreni, data che si è verificato essere stata effettivamente un lunedì nel 1901. Inoltre sosterrebbero questa datazione anche una lettera inviatadalla poetessa a Domenico Gnoli da Castellamare di Stabia del 14 Agosto 1901, (AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, pp. 226-227), el’allusione al viaggio della figlia della Baroni a Napoli, che si trova più avanti in un’altra lettera indirizzata all’amica bassanese del 7 Ottobre1901.

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[369] Cartolina postale italiana (carte postale d’Italie) illustrata con un particolare della Badia di Cava dei Tirreni e mancante dell’angolodestro in alto; la lacerazione, piuttosto estesa, interessa solamente parte dell’illustrazione e lascia integro lo scritto. Leggibili sono l’indirizzo:Contessa Marina Baroni – Ca’ Rezzonico – (Veneto) Bassano ; e due dei tre timbri: Cava dei Tirreni (Salerno) – 3 Sett. 901 e Bassano(Vicenza) – 5 Sett. 901.[370] Lettera contrassegnata da una C scritta con inchiostro blu da mano diversa da quellea dell’autrice.[371] Il giorno prima, il 6 Ottobre, Vittoria Aganoor aveva scritto annunciando il suo fidanzamento e l’imminente matrimonio anche aDomenico Gnoli, esprimendo, tra l’altro, preoccupazioni e raccomandazioni simili a quelle che si trovano in questa lettera alla Baroni:Amico buono,Voi avete tutte le ragioni e di lagnarvi del mio silenzio e delle brevi cartoline, ma quando io vi dirò che in quest’ultimo tempo io ho presouna delle più gravi, anzi la “più grave” decisione della mia vita, voi mi perdonerete. Ne ho appena parlato con le sorelle e ora, “subitodopo loro”, lo dico a voi. Io sono fidanzata e mi sposerò prima che termini quest’anno. La notizia susciterà canzonature e chiose pocobenevoli e ironie e disapprovazioni, e però non lo dirò “agli altri” che il più tardi possibile. Lo dirò fra pochi giorni a qualche“intimissima” amica, e vecchio amico di casa… Chi sposo? Guido Pompilj, un nobile carattere che mi ha creduta degna di esserglicompagna per quel resto di via che ancora ci rimane a fare nella vita. Voi forse lo conoscete e spero mi approverete. … S’intende che le“canzonature” cui accennavo e che cominceranno appena si sappia la cosa riguarderanno la mia età che generalmente non è la indicata dipiù per le nozze. E’ inutile raccomandarvi che “per ora” non ne parliate con “nessuno”. (AGANOOR, Lettere a Domenico Gnoli, pp. 230-232). Ella informò del suo matrimonio anche l’amica letterata Neera il 14 Ottobre 1901, (ARSLAN, Un’amicizia tra letterate, p. 60), e il 19delle stesso mese, per suo incarico, la sorella Virginia metteva al corrente dell’evento anche l’amica Elisa Salvadego Cavalli, (CAVALLI,Spigolature dall’Epistolario Aganoor, III, p. 17). [372] Guido Pompilj (1856-1910), perugino, letterato e uomo politico, fu deputato del Regno d’Italia e per due volte ricoprì la carica disottosegretario, la prima alle Finanze (1900-1901) e la seconda agli Esteri (1906-1909). Inoltre fu delegato plenipotenziario italiano alla primae alla seconda conferenza internazionale per la pace dell’Aja (1907) mettendosi brillantemente in luce per le sue capacità. A lui si deve l’operadi bonifica del lago Trasimeno, che la Aganoor canterà in un suo componimento poetico ricordando l’azione del marito. Il Pompilj siucciderà sul cadavere della moglie l’8 maggio 1910.[373] Cartolina postale (RISPOSTA) non illustrata; indirizzo: Alla Contessa Marina Baroni – Bassano (Veneto); timbri: Venezia, 25-10-01(due identici); Bassano (Vicenza), 25-10-01.[374] Si tratta probabilmente di Augusto Murri (1841-1932), clinico illustre, professore dal 1874 al 1916 all’Università di Bologna. Fu unodei più grandi medici del suo tempo.[375] Lettera dalla datazione incompleta. La mancanza dell’anno può forse imputarsi alla fretta con la quale fu scritta, la stessa Aganoor siscusa per questo con l’amica bassanese. Tuttavia la frettolosa missiva sembra proprio ricollegarsi alla cartolina postale precedente, sempreinviata da Venezia, del 24 Ottobre 1901. [376] Cartolina postale italiana (Carte postale d’Italie); indirizzo: Alla Contessa Marina Baroni – Ca’ Rezzonico – Bassano (Veneto); timbri:Venezia (Ferrovia), 9-11-01 (due identici); Bassano (Vicenza), 9-11-01.[377] L’anno in cui fu spedita la cartolina postale si ricava dai timbri.[378] La cifra 28 è stata scritta dall’autrice correggendo un sottostante 18.[379] Cartolina postale italiana (carte postale d’Italie); indirizzo: Alla Contessa Marina Baroni – Ca Rezzonico – Bassano (Vicenza); timbri:Venezia (Ferrovia), 12-11-01 (due identici); Bassano (Vicenza), 13-11-01.[380] Probabilmente si tratta di S. Zenone degli Ezzelini (TV), una località non molto lontana da Bassano del Grappa. Vittoria Aganoorricorderà questo luogo, in cui doveva aver trascorso splendidi momenti insieme all’amica, anche nella lettera da Perugia dell’8 maggio 1903,sempre indirizzata alla Baroni.[381] La lettera è stata contrassegnata con una A scritta con inchiostro blu da mano diversa da quella dell’autrice.[382] Nel plico della corrispondenza di Vittoria Aganoor a Marina Baroni non vi è traccia di questa breve missiva.[383] La felicità ha un prezzo da pagare secondo la Aganoor: un pensiero venato di pessimismo che non la abbandona anche nei migliorimomenti della sua vita, quasi per lei fosse una sorta di predestinazione. All’amica poetessa Neera, il 26 Gennaio 1902, raccontandole dellamalattia del novello sposo, scriverà: Ora è tornato il sereno, ma tremo sempre, giacchè vi è qualcosa nel mio destino che non mi consenteriposo, (ARSLAN, Un’amicizia tra letterate, p. 61).[384] La sottolineatura è tripla nel manoscritto.[385] Nel plico della corrispondenza di Vittoria Aganoor a Marina Baroni non sono conservate lettere del 1902 anteriori a questa.[386] La sottolineatura è tripla nel manoscritto.[387] Cartolina postale italiana (carte postale d’Italie); indirizzo: Alla Contessa Marina Baroni – Ca’ Rezzonico – Bassano (Veneto) ; timbri:Perugia, 22-9-02 (due identici); Bassano (Vicenza), 23-9-02.[388] Cartolina postale italiana (carte postale d’Italie); indirizzo: Alla Contessa Marina Baroni – Ca’ Rezzonico – Bassano (Veneto) ; timbri:Perugia, 26-9-02 (due identici); Bassano (Vicenza), 27-9-02.[389] Come si comprenderà leggendo la lettera seguente, il marito della poetessa, Guido Pompilj, aveva contratto il tifo.[390] Lettera su carta con stemma e intestazione dell’albergo.[391] Non vi è traccia di questa corrispondenza tra le lettere di Vittoria Aganoor a Marina Baroni.[392] Si riferisce alla seconda edizione del suo volume di poesie intitolato Leggenda eterna, (VITTORIA AGANOOR, Leggenda eterna,Torino, Roux e Viarengo, 1903).[393] Lettera scritta su carta azzurra.[394] Si tratta della poesia intitolata Primavera, eccone il testo tratto da AGANOOR, Poesie, pp. 204-205:PrimaveraE ancora l’apettata ecco discende,rotte le tende – alla caligin tarda,e svogliata sogguarda

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l’Alpi che tuttavia la neve imbianca.Levansi a lei voci imploranti e lieticori, ma errando va pallida e stancavia dal tedio degl’inni consueti. Li sa, li sa, gli eterni madrigalidi rose e d’ali – di trilli e di raggi,e i languidetti omaggi, che gli echi ristornellano alle brezze, dei vati innamorati e sospirosi.Sogna ella invece le superbe altezzee i fioriti di stelle ermi riposi d’onde scese alla vana aspra faticadalla nemica – sorte a lei commessa;all’opera indefessadi schiuder gemme sugli aridi bronchi,d’infonder succhi e di sanar ferite;nei germi, nelle radiche e nei tronchipigri, incitando le rideste vite. Da millenni e millenni ella sen vienealle terrene – noie l’Immortale,e dello stesso maletrova il mondo intristito e sonnolento.Mette, a ridar le gagliardie perdute,gioia nel sole e pollini nel vento,ma sa che breve è il riso e la salute. Sa che il sonno ritorna. Ella il profondomorbo del mondo – non vince o consolache per un’ora sola.Poi di nuovo le febbri arse del cieloestivo, e l’agonia d’autunno, e il forte urlo dell’Aquilone, il buio, il gelo,e lo squallore, l’inverno, la morte.[395] Anche qui, come nella lettera precedente, la poetessa si riferisce alla seconda edizione del suo volume di poesie intitolato Leggendaeterna.[396] Per il testo della poesia si veda AGANOOR, Poesie, pp. 254-257.[397] Probabilmente Vittoria Aganoor si riferisce al clamoroso delitto di cui si rese protagonista il figlio del notissimo medico AugustoMurri, Tullio. Questo medico ella lo conosceva, oltre che per la sua fama, anche perché aveva visitato la sorella Maria, come risulta dallacartolina alla Baroni del 24 Ottobre 1901.[398] Nella poesia intitolata A mio padre si leggono infatti i seguenti versi:…Se ti venia di qualche atroce casoNarrato, e fosse pur lunge ed ignotoA te l’oppresso dalla sorte, e buonoO tristo fosse, acutamente, comeD’un tuo dolore, d’un’angoscia tuaN’eri commosso; e concitato, e tuttoAcceso in volto ripetendo andavi:Meglio, o meglio, Signor, non esser nato,E tanti strazi, e tanti obbrobri, e tanteViltà, Signore, ignorerei! – PentitoPoi di quelle parole e con dimessaFronte, aggiungevi: -Sia compiuto il vostroVoler; Signore!(AGANOOR, Poesie, pp. 130-134; p. 132 ).[399] Nelle lettere della sua corrispondenza con Marina Baroni, Giuseppina Pacini, madre della Aganoor, si lamenta spesso della grande faticain termini di energia, tempo e preoccupazione che rappresentava la gestione di una famiglia numerosa e impegnativa come la sua. Inparticolare in una sua missiva del 1884 da Basalghelle, trascritta in appendice, aveva scritto all’amica bassanese: … il fatto è che chi è a capodi numerosa famiglia come è la mia, è schiavo, dipende d’ognuno de’ suoi, è costretto a sagrificare ogni pur giusto e santo desiderio ecco .(Epistolario in corso, XII. 1. 3034).[400] Lettera su carta intestata Ricordo del Congresso Medico Nazionale Umbro (4-5 Ottobre 1903) e, sotto l’intestazione, illustrata con unapiccola veduta di Passignano sul Trasimeno (PG).[401] Questa parola presenta una piccola abrasione, che non impedisce la semplice integrazione.[402] Nel piccolo cimitero di Basalghelle, frazione del comune di Mansuè, vicino a Oderzo (TV), c’era la tomba di famiglia degli Aganoor equi erano stati sepolti il padre e la madre della poetessa.[403] Allude alle parole che soleva ripeterle la madre quando era ancora in vita; a questo proposito si vedano anche le lettere da Venezia del 9Agosto e del 12 Novembre 1899.

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[404] Cartolina postale (carte postale-Postkarte) con illustrazione de Le Alpi Svizzere illustrate dal “GALA PETER” ; indirizzo: AllaContessa Marina Baroni – Ca’ Rezzonico – Bassano (Veneto); timbri: Perugia (la data è illegibile); Bassano (Vicenza), 5-12-03.[405] Giuseppe Zanardelli era morto il 26 Dicembre 1903 all’età di 76 anni, fino a due mesi prima aveva presieduto il Consiglio dei ministridel governo del Regno d’Italia.[406] La poesia venne pubblicata in volume dal Grilli con la sola variante segnalata, (AGANOOR, Poesie, p. 392).[407] Cartolina postale (Post Card-Postkarte-Carte postale-Union postale universelle) illustrata con Venezia, Pal. Ducale-Scala dei Giganti elacerata all’angolo superiore destro. La lacerazione interessa in piccola parte il testo. Indirizzo: Contessa Marina Baroni – Ca’ Rezzonico –Bassano (Veneto). Timbri: Venezia (Ferrovia), 4-3-04; Bassano (Vicenza), 4-3-04; il terzo timbro è stato asportato dalla lacerazione.[408] Cartolina postale italiana (Carte d’Italie); indirizzo: Alla Contessa Marina Baroni – Ca’ Rezzonico – Bassano (Veneto) ; timbri:Perugia (la data è illegibile); Bassano (Vicenza), 29-2-04.[409] Telegramma urgente; provenienza: Venezia scalo, 5-3-04, ore 9.15 ; destinazione: Bassano, Contessa Baroni; ricevuto il 5-3-04, ore10.40; rimesso al fattorino per la consegna: ore 10.50; timbro dell’ufficio telegrafico: Bassano (Vicenza), 5-MAR.-04.[410] Biglietto.[411] Questa missiva della Aganoor è datata in maniera incompleta, ma l’accenno al telegramma inviato la mattina dello stesso giorno dallapoetessa all’amica ne giustifica la collocazione qui.[412] Cartolina postale italiana (Carte postale d’Italie); indirizzo: Alla Contessa Marina Baroni – Ca’ Rezzonico –Bassano; timbri: Perugia(la data è illeggibile); Bassano (Vicenza), 25-3-04:[413] E’ la madre della Aganoor, Giuseppina Pacini.[414] La sottolineatura è tripla nel manoscritto.[415] La sottolineatura è tripla nel manoscritto.[416] Lettera su carta illustrata da un ritratto di Vittoria Aganoor.[417] I tre aggettivi sono sottolineati in gradatio crescente nel manoscritto, cioè il primo una volta, il secondo due e il terzo tre.[418] Knut è un termine russo che indica uno strumento di tortura, usato nella Russia zarista fino al 1845, formato da diverse striscie dicuoio attaccate ad una manico di legno e terminanti con ganci o punte.[419] Pio X, papa e santo, al secolo Giuseppe Melchiorre Sarto (1835-1914) di Riese in provincia di Treviso detto poi in suo onore RiesePio X. Per notizie sul suo operato come pontefice si veda AUGUST FRANZEN, Breve storia della Chiesa, Brescia 1991, pp. 361-364.[420] -Telegraficamente è sottolineato due volte nel manoscritto.[421] Probabilmente nella foga dello scrivere la poetessa ha saltato una sillaba.[422] Lettera scritta su carta quadrettata.[423] La sottolineatura è doppia nel manoscritto.[424] Molto è sottolineato due volte nel manoscritto.[425] La sottolineatura è doppia nel manoscritto. Non è facile dire che cosa si intendesse veramente all’inizio del Novecento per lesioneall’aorta, mentre ai giorni nostri significherebbe una malattia cardiaca molto grave e capace di condurre alla morte in poco tempo, se non siinterviene chirurgicamente. Tuttavia poiché la sofferenza cardiaca venne individuata mediante auscultazione è probabile che si trattasse o di unastenosi o di una insufficienza aortica.[426] Nel plico della corrispondenza di Vittoria Aganoor a Marina Baroni non vi sono lettere del 1906 anteriori a questa. Non è pensabile chegli scambi epistolari si fossero così diradati, anche se, come la stessa poetessa afferma, doveva svolgere numerosi compiti che primagravavano sulle spalle del marito ora assente. È probabile dunque che nel corpus aganooriano siano andate perdute alcune missive.[427] La poetessa allude a Giosuè Carducci.[428] La sottolineatura è tripla nel manoscritto.[429] Nel plico della corrispondenza di Vittoria Aganoor a Marina Baroni non sono conservate lettere del 1907 anteriori a questa, forse si puòipotizzare anche in questo caso una mutilazione.[430] Si tratta della Mostra di antica arte umbra che si tenne a Perugia nel Palazzo dei Priori dal 29 Aprile 1907 al 15 Novembre dellostesso anno. Alla mostra intervenne anche la regina Margherita, come racconta Luigi Grilli: Quando la regina Margherita si recò a visitarel’esposizione di Antica Arte Umbra, l’Aganoor, deputata con altra donna ad accompagnare l’augusta Donna, indossò una “blouse” tuttaadorna dei caratteristici tessuti. Appena la regina la vide, notò l’originale indumento e se ne congratulò. Al che pronta ella rispose:“Maestà, è l’insegna della nostra Ars Umbra!” (GRILLI, Introduzione, in AGANOOR, Poesie, p. XXVI).[431] Ma in seguito all’amica Neera l’8 Ottobre 1907 scriverà da Monte del Lago: Sono fuggita da Perugia che in questi mesi di“Esposizione”, di congressi d’ogni specie, di pellegrinaggi artistici e mondani, era divenuta per me così faticosa da sentirmene malata,(ARSLAN, Un’amicizia tra letterate, p. 71). Inoltre sempre da Monte del Lago il 20 Ottobre dello stesso anno ella, rispondendo ad unalettera del vecchio amico Francesco Salvadego, scriverà: … il settembre fu, a Perugia, più che mai movimentato per affluenza di visitatoridell’esposizione, di congressi, di diavolerie d’ogni genere ed io, non potendone più e bisognosa di riposo, me ne venni nel romitorio di Monte del Lago a cercar quiete e silenzio. (CAVALLI, Spigolature, III, p. 18).[432] Il marito della Aganoor, Guido Pompilj, era a L’Aja (Olanda) quale delegato italiano alla Conferenza per la Pace e l’ArbitratoInternazionale.[433] AGANOOR, Poesie, p. 285.[434] Biglietto.[435] Anche da una lettera di Leopoldo Tiberi a Vittoria Aganoor dell’11 Novembre 1907 risulta che la poetessa non stava troppo bene insalute: … col più vivo rammarico ho sentito, che Ella non si trova in buone condizioni di salute; mi auguro, che presto si rimetta,specialmente se darà poco ascolto ai medici; solo tenendosi in riposo e godendo dell’aria buona e aperta. (PAOLA PIMPINELLI, Letteredi Leopoldo Tiberi a Vittoria Aganoor, Bollettino della deputazione di storia patria per l’Umbria, LXX (1973), fasc. I, pp. 41-86; p. 75).[436] Il poeta Giosuè Carducci, scomparso il 16 Febbraio 1907, era stato amico dei conti Pasolini e spesso era stato non solo loro ospite, ma

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anche della madre della contessa Silvia, Marina Baroni, a Ca’ Rezzonico in Bassano. Con la contessa Silvia Pasolini il Carducci aveva inoltreintrattenuto negli anni una cordiale corrispondenza; queste circostanze avevano fatto sorgere delle chiacchiere malevole, già quando il poeta eraancora in vita. Infatti in una lettera del 2 Dicembre 1905 a Silvia Pasolini il Carducci scriveva: Signora contessa molto amata, Già fino daieri il Bacchi della Lega deve aver significato al signor conte la indignazione mia per quello che il giornale aveva scritto, a proposito dicose mie, su Voi, etc. E, come Voi usate dire, la “pitantana” mi aveva colto sul serio; e chi sa che cosa avrei scritto a quei cialtroni, degnodi loro e dell’ira mia; se poi uomini di senno … non mi avessero persuaso che erano parole spese inutilmente, e che nessuno badava a quelche era scritto in quel giornale, e che quella turba di mascalzoni non vale il … fango che mi lorda i piedi. Vili, dire che Voi siete mossa da “uno scopo occulto di tenerezze devote”, per una onorificenza di Corte! Io non conosco donna superiore aVoi nel disprezzo di simili sciocchezze. E parliamo, alla fine, d’altro. (CARDUCCI, Lettere, XXI, 6249)[437] Cartolina postale italiana (Carte postale d’Italie); indirizzo: Alla Contessa Marina Baroni – Ca’ Rezzonico – Bassano (Veneto); timbri:Perugia (sezioni riunite), 19-12-07 (due identici); Bassano (Vicenza), 20-12-907.[438] Biglietto.[439] La sottolineatura è doppia nel manoscritto.[440] Cartolina postale-risposta (Carte postale-reponse); indirizzo: Alla Contessa Marina Baroni – Ca’ Rezzonico – Bassano Veneto(Provincia di Vicenza); timbri: Perugia, 12-5-08; Bassano (Vicenza), 13-5-08.[441] La lettera segnata Epistolario in corso, XII. 3. 3175 è mancante almeno dal 2-4-70, data in cui la perdita venne segnalatadall’archivista.[442] E’ Ada Palmucci, figlia di Giuseppina Pompilj, madre appunto di Guido Pompilj, che in seconde nozze aveva sposato Luigi Palmucci.Ella sarà designata dal fratellastro sua erede universale ed erediterà tra l’altro anche i manoscritti e le lettere che erano stati di Vittoria Aganoor.(ARSLAN-ZAMBON, Inediti aganooriani, pp. 8-9)[443] In via riservatissima è sottolineato con una riga rossa molto spessa nel manoscritto.[444] La poetessa allude allo spaventoso terremoto che il 28 dicembre 1908 distrusse la città di Messina e interessò l’intera zona del suo stretto, provocando circa sessantamila vittime. Il 28 Gennaio 1909 la Aganoor scriverà all’amica Elisa Salvadego Cavalli: Puoi figurarti il dafare che diede anche a me il veramente atroce disastro di Sicilia e Calabria; i vecchi amici, poi, ne hanno il danno peggiore, giacchè èappunto con essi che si fa maggiore affidamento per ottenere indulgenza. (CAVALLI, Spigolature, p. 18).[445] Pierino, nipote della Baroni e figlio di Silvia Baroni e del conte faentino Giuseppe Pasolini, era morto giovanissimo qualche tempoprima della madre di Vittoria Aganoor.[446] Lettera su carta listata a lutto.[447] Lettera su carta azzurra illustrata sull’angolo sinistro da un quadrifoglio, anch’esso di colore azzurro.[448] Questa è l’ultima lettera datata conservata di Vittoria Aganoor a Marina Baroni, l’anno seguente, nella notte tra il 7 e l’8 Maggio, lapoetessa morirà dopo aver subito due operazioni chirurgiche per un cancro alle ovaie, e il marito, Guido Pompilj, si suiciderà qualche oradopo la sua morte perché incapace di vivere senza di lei.[449] Lettera a Silvia Baroni Pasolini, figlia di Marina Baroni, in parte in versi e in parte in prosa scritta su carta intestata con monogrammadorato formato dalle iniziali di Vittoria Aganoor intrecciate e mancante di luogo e data nonchè, come tutte le altre, di busta. E’ impossibiledeterminarne il luogo di provenienza ed è difficile dire anche in che periodo fu vergata dalla poetessa dati gli scarni e ambigui riferimentiinterni. Il fatto che le iniziali non comprendano la P del cognome del marito farebbe propendere per una collocazione anteriore allacelebrazione del suo matrimonio con Guido Pompilj avvenuto il 28 Novembre 1901 a Napoli.[450] La sottolineatura è doppia nel manoscritto.[451] Lettera in versi su cartoncino illustrato da una figura di menestrello posta sul lato sinistro della prima facciata del foglio e grande comeil foglio stesso. Non si sa se fosse indirizzata alla contessa Marina Baroni o alla di lei figlia Silvia, scherzosamente però, come con laprecedente, la poetessa vuole sgridare o l’una o l’altra perché non le rispondevano abbastanza sollecitamente. Difficile è fissare, sia pureapprossimativamente, una data per questa missiva. Da una lettera della Aganoor a Giacomo Zanella si sa che nell’Ottobre 1878 gli Aganoor sitrovavano a Cava dei Tirreni presso la famiglia Della Corte che abitualmente li ospitava quando si recavano in questa località, (AGANOOR,Lettere a Giacomo Zanella, p. 65). Da un’altra indirizzata all’amica padovana Elisa Salvadego risulta che la famiglia villeggiava nell’Agosto1880 a Cava dei Tirreni nella Casa Della Corte, un villino delizioso tutto circondato da vasti terrazzi ombrosi e freschi, come la stessaVittoria la descriveva, (CAVALLI, Spigolature, I, p. 4). Si può forse quindi azzardare l’ipotesi che la lettera-ballata sia stata composta espedita negli anni in cui la famiglia Aganoor abitò stabilmente a Napoli, tra il 1874, anno della fuga da Padova per la malattia nervosa dellasorella Maria, e il 1884, anno del ritorno nel Veneto. [452] La poesia, mai pubblicata in volume dalla Aganoor e non accolta nemmeno dal Grilli nel più volte citato AGANOOR, Poesiecomplete, è scritta su un foglio a parte non datato, originariamente piegato in quattro per renderlo più piccolo, e non si sa se e a quale letterafosse allegata. L’archivista che ha ordinato le lettere lo ha contrassegnato con la stessa segnatura de I cavalli di San Marco (Epistolario incorso, XII. 3. 3066). Il componimento è stato pubblicato recentemente per la prima volta da Patrizia Zambon in ARSLAN-ZAMBON, Ineditiaganooriani, p. 31.[453] I puntini si trovano nel manoscritto.[454] Probabilmente la lettera fu spedita da Padova, visto che fino al 1874 gli Aganoor risiedettero stabilmente in questa città.[455] E’ Felice Guarnieri, marito della figlia maggiore Angelica dal giugno 1869.[456] E’ un’importante stazione climatica e idrotermale austriaca situata a 50 Km a sud-est di Salisburgo.[457] Per l’abate Antonio Stoppani si veda la nota relativa alla lettera di Vittoria Aganoor del 1° Giugno 1882 da Napoli.[458] Probilmente la Pacini l’ha saltato in fase di scrittura senza accorgersene.[459] Lettera dalla data incompleta: che si tratti degli ultimi mesi del 1884 si deduce dalle notazioni climatiche interne e dall’accenno dellascrivente alla volontà di recarsi a Napoli nella prima quindicina di Gennaio.[460] Terenzio Mamiani, conte della Rovere (1789-1885), pesarese, ministro di Pio IX, fu patriota e in seguito senatore e ministro della

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Pubblica istruzione del Regno d’Italia. Lasciò numerose opere filosofiche e storiche, tra cui una postuma intitolata Il papato nei tre ultimisecoli.[461] E’ l’italianizzazione del nome del famoso poeta e romanziere francese Victor Hugo (1820-1885).[462] Per Andrea Maffei, che morirà anche lui nel 1885, si veda la nota relativa alla lettera di Vittoria Aganoor del 1° Giugno 1882 daNapoli.[463] Probabilmente la Pacini l’ha saltato in fase di scrittura.[464] Infatti tra le lettere di Vittoria Aganoor è conservata una sua da Basalghelle datata 10 Ottobre 1888, probabilmente proprio quella a cuifa riferimento Giuseppina Pacini.[465] A causa della sbavatura dell’inchiostro non è stato possibile leggere il testo.[466] Lettera su carta illustrata da una casupola di campagna.[467] La firma è seguita da un segno incomprensibile nel manoscritto, forse si tratta di un semplice ghirigoro.[468] Lettera su carta listata a lutto per la recente morte del marito Edoardo Aganoor.[469] Non è stato possibile leggere a causa della grafia troppo ingarbugliata.[470] Si vedano a questo proposito le lettere di Vittoria Aganoor da Basalghelle del 4 Ottobre, del 16 Ottobre e del 10 Novembre 1892 equella di Giuseppina Pacini, sempre da Basalghelle, del 6 Novembre dello stesso anno.[471] Damigelle d’onore in inglese.[472] Guido Pompilj, marito della sorella Vittoria, era malato di tifo come risulta dalle lettere della poetessa a Marina Baroni del 21 e del 26Settembre 1902 da Perugia e del 28 Febbraio 1903 da San Remo.[473] Lettera listata a lutto per la morte della sorella Vittoria Aganoor.[474] Vittoria Aganoor era morta l’8 Maggio 1910 a seguito di un secondo intervento chirurgico per l’asportazione di un cancro alle ovaie. Ilmarito si suiciderà qualche ora dopo il suo decesso, nella clinica dove ne era stata composta la salma. I due eventi suscitarono grandecommozione e sgomento nell’opinione pubblica, come risulta dalla lettura dei giornali dell’epoca. Per le reazioni nella patria della poetessa, ilVeneto, si vedano gli articoli pubblicati da Il Gazzettino, quotidiano di Venezia, e da Il Veneto, La Provincia di Padova e La libertà, tutti etre quotidiani di Padova, nei giorni 9, 10 e 11 Maggio 1910, (Il Gazzettino, XXIV (1910); Il Veneto, XXII (1910); La Provincia di Padova,XI (1910); La Libertà, II (1910).[475] Lettera mancante del luogo di provenienza, che si ricava dal testo della stessa.[476] Scritta su carta intestata dell’albergo e illustrata da una vista dello stesso con una didascalia in francese (L’Hotel, vu du haut du jardin),la lettera manca completamente di data. Non è stato possibile ricavare da elementi interni o esterni ad essa una datazione accettabile; forsepotrebbe appartenere alla fine dell’anno anno 1899 o all’inizio del 1900. Questa eventualità sarebbe possibile se la malattia di FrancescoMirelli, ricordata da Vittoria Aganoor nella sua lettera alla Baroni da Venezia del 21 Novembre 1899, fosse effettivamente la stessa di cuiparla qui Virginia Aganoor. [477] Lettera su carta listata a lutto per la morte delle sorelle Virginia ed Elena avvenuta nel 1912 a poca distanza di tempo l’una dall’altra emancante di luogo di provenienza. Forse è stata spedita da Basalghelle, se si tiene presente quanto Angelica Aganoor scriveva ad ElisaSalvadego Cavalli il 23 Dicembre 1912: Che dirti, cara Elisa, di questa nuova sciagura? La povera Elena era già ammalata da anni e colsuo carattere ribelle ad ogni costrizione, affrettò la catastrofe. Io sento un vuoto orribile intorno a me, ma quando penso alle suesofferenze, l’animo s’acquieta sapendola in pace finalmente. E c’è qualche momento che l’invidio, perché ora sono in mezzo a responsabilitàe pensieri gravi. Mary è malata fin dalla primavera; rimasi qui a Basalghelle tre mesi e mi dedicai più a lei che ad Elena, ora, oltre a lei,devo pensare alla baraonda di gente che Elena teneva qui ed è un affar serio, te l’assicuro! Ne ho eliminata parecchia, ma in cucina sonoancora in 14 con le 4 donne della Mary e tutti abituati a far da padroni. Io che ho i miei affari a Cava dei Tirreni e lasciato tutto sospeso,sento a volte la testa che non regge! (CAVALLI, Spigolature, III, p. 19). [478] Cartolina postale illustrata da un’immagine di carattere natalizio. Indirizzo: Contessa Marina Baroni – Palazzo Rezzonico – Bassano;timbri: Venezia (Ferrovia), 25-12-92 (due uguali) e Bassano (Vicenza), 25-12-92.[479] La data è stata dedotta dai timbri postali ancora leggibili sulla cartolina.[480] La cartolina manca di tre angoli, caduti probabilmente a causa dell’usura del tempo. Questo incidente ha provocato lacune nel già brevetesto scritto, per alcune delle quali si è tentata una integrazione ad sensum.[481] Lettera acefala, mancante quindi di data, di luogo di provenienza e di destinatario. Un’annotazione, di mano diversa da quelladell’autrice, ha scritto in fondo al foglio, a lato della firma e non si sa quando: Aganoor Maria. A ricordo di sua madre. Forse dunque lalettera potrebbe essere stata vergata dopo il 9 Marzo 1899, data della morte di Giuseppina Pacini Aganoor.[482] La riga di puntini si trova nel manoscritto di mano dell’autrice ed è stata quindi riprodotta.