Vita Giuseppina marzo 2011 - n. 2 -...

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1 Vita Giuseppina MENSILE DEI GIUSEPPINI DEL MURIALDO marzo 2011 - n. 2 Anno CXVII - N. 2 Marzo 2011 - POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN A.P. D.L. 353/03 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1 COMMA 1, ROMA Educatori con il cuore di san Giuseppe Educatori con il cuore di san Giuseppe

Transcript of Vita Giuseppina marzo 2011 - n. 2 -...

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Vita GiuseppinaM e n s i l e d e i g i u s e p p i n i d e l M u r i a l d o

marzo 2011 - n. 2

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Educatori con il cuore di san Giuseppe

Educatori con il cuore di san Giuseppe

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L ’ o r i z z o n t e

di p. Mario aldeganiPadre generale

Nella vicenda umana e spirituale di San Giuseppe leggo un aspetto che spesso mi fa riflettere.

Si dice e si scrive che San Giuseppe visse sempre “nell’ombra”, un po’ in disparte, senza alcun protagonismo. Non si tratta, secondo me, solo del fatto che la figura di Giuseppe non “parla” nel Vangelo e che, anche

negli episodi nei quali è presente anche lui, la sua parte non sembra mai quella del primattore. Ho sempre pensato che, nella vita di Giuseppe, “l’ombra” sia qualcosa di più profondo e drammatico. È la missione difficile che il Signore gli ha chiesto di compiere. È l’impegno a credere e ad obbedire, forse senza capire, avventurandosi in un territorio al di fuori dei suoi

schemi e delle sue capacità di comprensione.Forse proprio questo è il suo fascino e la sua grandezza: ha vissuto “dentro l’ombra” una traiettoria esistenziale

in cui Dio e la sua volontà sono state la sua luce.Nel mistero della vita, delle trame relazionali, dei rapporti educativi ci sono spesso vaste zone di ombra; ma è

l’ombra che rende preziosi nel bosco i chiarori che vengono dall’alto, attraverso raggi che vincono il fitto delle foglie: essi ci appaiono proprio dentro l’ombra e grazie all’ombra.

Il problema è appunto riuscire a camminare nell’ombra, per trovarsi improvvisamente dentro questi chiari del bosco che sono certe “sorprese” che i nostri ragazzi ci fanno, certe incredibili capacità di inizio, di tessitura di fedeltà nel tempo.

Si dice che è difficile oggi educare, in un tempo che è difficile.Questo sarà pur un tempo difficile, ma nello stesso tempo è affascinante, perché ha dentro di sé i tratti del

tempo ultimo, come quello di Giuseppe.Forse ogni tempo ha dentro di sé anche i tratti del tempo ultimo; ma questo nostro tempo sembra averli dentro

in un modo tutto particolare…: c’è il difficile rapporto con la diversità, con la vulnerabilità e la fragilità nostra e altrui; ci sono la frammentazione e l’incertezza…

Il nostro San Giuseppe il suo tempo, con le sue ombre, lo ha vissuto nello spazio di un’obbedienza totalmente affidata a Dio e perciò gioiosa e serena.

Così ha educato un uomo-Dio, di nome Gesù-Salvatore, che ha portato a tutti una parola e una testimonianza che è “Vangelo” per l’uomo e per la storia: “Dio ama ogni creatura umana; l’ama di un amore invincibile; sempre pronto ad aiutare e a perdonare, conta i capelli del capo; nessuno di essi cade a terra senza che lui lo voglia… il Dio Padre che Gesù ci rivela è davvero, come scriveva San Paolo, il “Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione” (2Cor 1,3). n

All’ombra del PADRE

Vita Giuseppina 2 l 2011

Durante la sua visita alla Provincia Brasiliana, nel settembre scorso, il Padre generale ha incontrato

l’Arcivescovo di Brasilia, Mons. João Braz De Aviz, ora nominato dal Santo Padre Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e

le Società di Vita Apostolica.

In copertinaI Giuseppini del Murialdo continuano oggi in tutto il mondo l’opera educativa a favore dei giovani, special-mente i più poveri, secondo il carisma del Fondatore e sotto il patrocinio di S. Giuseppe: educatori con il cuore di S. Giuseppe.Los Josefinos de Murialdo continúan hoy en todo el mundo la obra educativa en favor de los jóvenes, espe-cialmente de los más pobres, según el carisma del Fun-dador y bajo el patrocinio de San José: Educadores con el corazón de S. José.Os Josefinos de Murialdo continuam hoje, em todo o mundo, a obra educativa em favor dos jovens, especialmente dos mais pobres, segundo o carisma do Fundador e sob o patrocínio de S. José: Educadores com o coração de S. José.The Josephites of Murialdo continue today throughout the world the education work in favor of young people, especially the poorest, ac-cording to the charism of the Founder and under the patronage of St. Joseph: educators with the heart of St. Joseph.

3 L’orizzonte L’ombra del Padre di p. Mario Aldegani

5 grAndAngoLo Il resto non conta di giuseppe novero

6 rePortAgeEducatori con il cuore di S. Giuseppedi p. Mario Aldegani

8 rePortAgeUn santuario di S. José in Guinea Bissaudi p. Valerio Pierangelo

10 uoMini di dio Padre Massimino Benassati di p. orides Ballardin

11 Lettere

12 MuriALdo: StoriA Per iMMAgini L. Franchino papà di S. Leonardo di p. giovenale dotta

13 iL MuriALdo ci PArLA S. Giuseppe e il Murialdo a cura di p. giuseppe Fossati

14 educAre I giovani in libera uscita di Alessandro Mazza e Alessandro diliberto

16 VerSo LA coMunità MuriALdinA Una vocazione che impegna... di p. Ferruccio cavaggioni

17 VitA gioVAni - AFricA

21 PoSSo FArti unA doMAndA? Ma che male c’è a divertirsi? di p. Massimo rocchi

22 MuriALdine Murialdina di S. Giuseppe per sempre di sr. emma Bellotto

23 VitA deLLA chieSA Educare alla vita buona del Vangelo di p. tullio Locatelli

24 AttuALità Raccontare ed ascoltare... Insieme di p. Ferruccio cavaggioni

25 engiM ong Servizio Volontario Europeo... di Massimo Angeli

26 AttuALità Unfocolareperiminoriindifficoltà di elisa conti e chiara Ferraro

27 AttuALità Cosa c’è che non va a cura della redazione

28 neLLA cASA deL PAdre

30 FLASh di VitA

34 controLuce

35 SAn giuSePPe

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Vita Giuseppina MenSiLe dei giuSePPini deL MuriALdo

anno cXVii - marzo 2011 n. 2

Direttore responsabile Giuseppe NoveroRedattore M. De SummaRedazione M. Aldegani - A. Santonico - M. Regosa - U. Maggiore - S. AgazziSegreteria F. De Summa - A. RomozziEditing G. Rocchetti - Progetto grafico S. AureliCollaboratori grafici A. Aimetta - G. Marzano - M. Villalba - S. Girodo - I. Soncini (web)Direzione e amministrazione Via Belvedere Montello, 7700166 Roma - Tel. 066247144 - Fax 066240846 - [email protected]

www.giuseppini.org - www.murialdo.orgAutorizzazione del Tribunale di Roma 26-7-1954 - n. 4072 del Registro della Stampa.La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250.

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il resto non conta

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Società Torinese di San Giuseppe" specificando la causale.

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grAndAngoLo

di giuseppe novero

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Educatori con il cuore di san Giuseppe

Educatori con il cuore di san Giuseppe

Libreria editrice muriaLdo

Per AbbonArsi

I giorni in cui viviamo soffrono di una malattia subdola: quella di dimenticare - e far dimenticare - le ragioni che consentono a un popolo di sentirsi unito da vincoli storici, di identità, impegnativi per tutti, da valori civili e passioni sociali in grado di interpretare un sentire comune, un’idea di destino

condiviso e riconosciuto.È questo il retroterra che spinge, in questo mese di marzo, a celebrare i 150 anni dell’unità d’Italia.

Ma il Risorgimento non è stato e non deve essere un’agiografia. La reazione maturata negli anni più recenti a molte rievocazioni forse scaturisce anche dal quadro lezioso e superficiale che ha accompagnato molti libri scolastici sull’argomento.

È indubbio che l’Italia è nata con incomprensioni che ci siamo trascinati fino ai nostri giorni; oggi conosciamo anche gli aspetti meno gloriosi che demoliscono miti, monumenti nazionali e figure storiche.

Il Risorgimento è stato però un periodo di fervore, di grandi entusiasmi giovanili, di generosità portate all’estremo, di sacrifici oggi inimmaginabili. Senza dimenticare, poi, l’”altro Risorgimento”. Quello della generosità e della bontà perseguite dai santi sociali nelle città in preda alla povertà dilagante, alla miseria umana e materiale.

Le celebrazioni di questi eventi - se non vogliono cadere nella retorica - trovano allora in questi motivi ragioni meno edulcorate e superficiali e possono veramente coinvolgere tutti, superando i luoghi comuni. E di luoghi comuni la storia del Risorgimento è ridondante. A

cominciare dal ritratto che ci è stato consegnato di Vittorio Emanuele II, un re mai preso troppo sul serio di cui, però, non è inutile rileggere alcune pagine, per ricordarsi come

si comporta un uomo di Stato. Per esempio la lettera inviata a Costantino Nigra, alla vigilia della seconda guerra d’indipendenza: “Io parto domattina per la campagna

con l’esercito. Ecco il mio testamento: se sarò ucciso voi l’aprirete e avrete cura che tutto ciò che vi si trova sia eseguito. Io procurerò di sbarrare la via di Torino; se

non ci riesco e se il nemico avanza, ponete al sicuro la mia famiglia e ascoltate bene questo: vi sono al Museo delle Armi quattro bandiere austriache, prese

dalle nostre truppe nella campagna del 1848 e là deposte da mio padre. Questi sono i trofei della sua gloria. Abbandonate tutto, al bisogno:

valori, gioie, archivi, collezioni, tutto ciò che contiene questo palazzo, ma mettete in salvo quelle bandiere. Che io le ritrovi intatte

e salve come i miei figli. Ecco tutto quello che vi chiedo: il resto non conta.” n

76 Vita Giuseppina 2 l 2011Vita Giuseppina 2l 2011

rePortAgerePortAge

Cari Confratelli,

ogni volta che si avvicina la festa di San Giuseppe, mi torna sempre lo stesso pen-

siero e lo stesso desiderio. Vorrei essere in quella raccolta Cappella del Colle-

gio Artigianelli di Torino, partecipare della preghiera e dell’intensità dell’emozione spirituale del Murialdo e dei confratelli che gli stavano intorno a formare il pri-mo nucleo della “Congregazione di San Giuseppe”.

Dove siamo nati? Come siamo nati? Perché siamo nati?

Dove siamo nati? Siamo nati come Congregazione dentro un’istitu-

zione educativa, dentro la sua storia e le sue difficoltà, dentro le sue vicende quotidiane… si potrebbe dire che siamo nati in mezzo ai problemi, alle lacrime e alle speranze di quegli orfani che il Collegio e l’intera Ope-ra Artigianelli, vero “sistema educativo”, accoglievano da bambini e non abbandonavano fino a quando essi non erano preparati per entrare nella vita con una de-gna istruzione, una adeguata formazione e con una professione: buoni cristiani ed onesti cittadini.

Forse mentre nella Cappella del Collegio Artigianelli, quel 19 marzo, il Murialdo, don Reffo, don Costan-tino e gli altri erano raccolti in preghiera, sentivano lo schiamazzo dei ragazzi nel cortile o il passaggio di qualche “squadra” nei corridoi o i rumori che veniva-no dai laboratori dei piccoli apprendisti. Erano quei

volti, quelle voci, quei cuori il senso della loro consa-crazione e della loro missione.

Come siamo nati? In mezzo agli orfani, ai giovani poveri, ai piccoli lavo-

ratori; in mezzo alle preoccupazioni per i loro problemi e il loro futuro; “addolorati” per lo sfruttamento di cui erano vittime e per aiutarli ad alleviare le loro sof-ferenze.

Perché siamo nati? Il Murialdo ha fondato la nostra Congregazione

perché l’Opera educativa degli Artigianelli avesse un futuro, una continuità e una solidità.

Siamo nati per essere educatori cristiani dei ragazzi e di giovani più poveri, per essere la loro voce e per difenderli da ogni pericolo o sopruso, per garantire i loro diritti e aiutarli a comprendere e a compiere i loro doveri, per dare loro un aiuto nella vita, per stare dalla loro parte, per essere in mezzo a loro sempre, dedica-re loro l’intera nostra esistenza: questa missione è la nostra “consacrazione”!

Nel ricordo della nostra nascita, del suo preciso contesto e della sua ragione, c’è dunque chiara l’in-dicazione della nostra consacrazione come giuseppini, della nostra spiritualità come Famiglia del Murialdo, del nostro cammino di fronte alla realtà e ai proble-mi della gioventù del nostro tempo. A San Giuseppe, dunque, dobbiamo guardare per rinnovare e qualifica-re la nostra vocazione di consacrati educatori.

Ci è di esempio il suo silenzio, che però è presenza. La presenza silenziosa di Giuseppe accanto al Figlio dice della piena assunzione della responsabilità, della totale fedeltà e dedizione.

Suggerisce anche la piena coerenza, necessaria all’educatore, fra parola e vita.

Indica la necessità di abbandonare ogni pretesa di protagonismo o dominio sulla vita dell’altro: il compi-to è quello di aiutare ed illuminare il cammino dell’ob-bedienza filiale e poi sapersi fare da parte, perché la vita del figlio fiorisca nella libertà.

Rinnoviamo la gratitudine a Dio per averci chiamati ad essere “porzione dell’eredità di Dio” in questa con-gregazione di educatori fondata da San Leonardo Mu-rialdo: il ricordo della nostra nascita illumini ed indiriz-zi il nostro cammino; il patrocinio e l’esempio di San Giuseppe ravvivino e sostengano la nostra missione.

Buona festa di San Giuseppe a tutti! n

p. Mario AldeganiPadre generale

Pubblichiamo alcuni passaggi della lettera del Padre generale ai confratelli giuseppini in occasione della festa di san Giuseppe.

EDUCATORI con il cuore di san Giuseppe

EDUCATORI con il cuore di san Giuseppe

8 9Vita Giuseppina 2 l 2011Vita Giuseppina 2 l 2011

rePortAgerePortAge

vano all’ombra dei grandi manghi, baobab e “poilon”, delle autentiche meraviglie della natura.

Nel 2008 un benefattore torinese ci permise di realiz-zare un pozzo, profondo 200 mt, da cui sgorga acqua pura e abbondante anche durante la stagione secca, a favore della Comunità e di tutti gli abitanti del “bairro”: una vera benedizione per un paese dove piove solo cin-que mesi all’anno e le fonti superficiali sono spesso in-quinate e insalubri.

Nel settembre 2009 potevamo disporre di un acco-gliente centro pastorale, adibito anche a scuola ele-mentare, con cinque ampie aule, due uffici e servizi, grazie all’impegno degli Amici della Guinea Bissau e dell’ENGIM Internazionale.

Mancava solo la chiesa. Circa 6-7 anni fa il parroco precedente aveva iniziato la costruzione di una cappel-la, ma realizzò solo le fondamenta e alcune colonne; i lavori furono presto interrotti per mancanza di mezzi finanziari.

Due anni fa il nuovo vescovo di Bissau, Mons. Dom Josè Camnate Na Bissign, ha suggerito di chiedere l’in-tervento delle benemerite associazioni tedesche “Aiuto alla Chiesa che soffre” (Kirche im Not) e “Missio”.

Con l’impegno della Confederazione delle Diocesi Tedesche, abbiamo ottenuto quanto necessario per la realizzazione della nuova chiesa di S. José

La struttura dell’edificio sacro è semplice, scelta im-posta da esigenze di massima economia e funzionalità.

In prossimità dello scorso Natale la struttura è stata finalmente ultimata.

Abbiamo vissuto la Messa di Mezzanotte nel nuovo ambiente dipinto di fresco e illuminato.

Ora desideriamo abbellirla con qualche dipinto della vita di S. José, una via crucis in stile africano, alcune sculture in legno locale che abbelliscano l’altare di mar-mo, arrivato da Chiampo, gli amboni e il tabernacolo.

Nel suo piccolo, desideriamo di cuore che questo sia il “santuario di S. José” della Guinea Bissau.

Il vescovo ha dato la sua disponibilità per consacrare la nuova chiesa nel prossimo mese di luglio.

Ringraziamo di cuore Dio, di cui sperimentiamo ogni momento la sua grande Misericordia e Provvidenza; ringraziamo tutti i benefattori e siamo impegnati a cre-scere nella fede e nella testimonianza di vita, come co-munità, chiesa viva di “persone”, non di “mattoni”. n

p. Valerio Pierangelo

Una ventina di anni fa il compianto Mons. Settimio Arturo Ferrazzetta, francescano, primo Vescovo e Primate della Guinea Bissau, con sagace argu-

zia di pastore individuò, nel cuore del popolare “bai-rro” di Bandim, un terreno, che poteva essere il cuore cristiano pulsante di un quartiere in fermento e crescita continua, per i movimenti di urbanizzazione, a sfavore dei villaggi dell’interno del paese.

I Giuseppini del Murialdo ricevettero l’incarico della cura pastorale della parrocchia di S. Antonio di Bandim nel 1997, forse per questo fu scelto come patrono della nuova realtà pastorale, nel Bairro Alto Bandim, il nome del nostro San Giuseppe.

La Comunità “S. José” è una delle quattro comuni-tà che fanno parte della popolosissima Parrocchia inti-tolata a S. Antonio di Bandim, che complessivamente conta oltre 75.000 abitanti. I membri sono quasi esclu-sivamente giovani, studenti o disoccupati; poche le

persone anziane e influenti, i bambini sono centinaia e centinaia.

Dal 1991 la Comunità è cresciuta moltissimo; oltre 1.100 i catechizzandi (tra bambini, giovani ed adulti), una quarantina di catechisti, un gruppo di 75 adole-scenti, un gruppo di 65 giovani, un gruppo di 70 adulti, un gruppo di 20 ministranti, un gruppo di 46 lettori, una corale di 30 giovani e un gruppo di 40 animatori.

Ogni anno la comunità si arricchisce di circa 150 nuo-vi battezzati, che frequentano la catechesi per almeno sette anni. I cresimati sono circa 70 all’anno. Sono pre-senti i movimenti giovanili dello Scoutismo Cattolico, dei Valentes e tre gruppi di Legionari di Maria. Inoltre a livello educativo la parrocchia gestisce una scuola ele-mentare di 630 allievi con una ventina di educatori.

Tutte le attività si sono svolte per anni in una baracca fatta di blocchi di cemento e lamiere di zinco. Quelli che non potevano entrarci per mancanza di posto, sta-

è uscito un nuovo DVD sulla Guinea Bissau curato dagli “Amici della Guinea Bissau”. Contiene due video: 1. Viaggio coinvolgente in Guinea Bissau. 2. La solidarietà trasforma il sogno in realtà. Chi volesse riceverlo, lo richieda a ENGIM Internazionale, Corso Palestro 14 oppure info@solidarietà-guineabissau.com

Il Santuario in costruzione. Il Santuario di San Giuseppe, oggi.

L’oratorio in costruzione presso la Parrocchia S. Antonio di Bandim.

L’oratorio concluso, già popolato di ragazzi.

UN SANTUARIOdi S. José in Guinea Bissau

UN SANTUARIOdi S. José in Guinea Bissau

1110 Vita Giuseppina 2 l 2011Vita Giuseppina 2 l 2011

Padre Massimino Benassati

uoMini di dio Lettere

Questo santo sacerdote giuseppino nacque a Ga-naceto (Modena) il 28 aprile 1890.

La sua vocazione giuseppina fiorì e si sviluppò nell’Istituto “S. Cuore” di Modena, l’ultima opera, in or-dine di tempo, iniziata da S. L. Murialdo. In esso il giova-ne Massimino frequentò e completò il corso ginnasiale.

 Chiese quindi di entrare in noviziato e vi fu ammes-so. L’inizio fu a Volvera il 7 settembre 1905. Seguirono gli anni della sua formazione fino alla teologia. Fu ordi-nato sacerdote a Modena il 22 dicembre 1915.

Pochi mesi dopo fu chiamato al servizio militare du-rante la guerra come addetto al servizio sanitario; ope-rò in diversi ospedali fino al suo congedo, che avvenne nel novembre 1919. Rientrato dal servizio militare, fu mandato a svolgere il suo ministero sacerdotale nella Parrocchia dell’Immacolata a Roma dove rimase per 12 anni. Nel 1931 p. Massimino assume a Foggia   la cura pastorale della parrocchia di S. Michele Arcangelo come parroco. Continuò, nel suo ministero pastorale, a mostrarsi zelante, instancabile e santo parroco, avendo cura delle anime e visitando con tanto affetto gli am-malati e aiutando i poveri.

Nel 1938 la Congregazione, nell’ambito dello svilup-po delle opere in Brasile, inizia una nuova presenza a Muriaé, nello stato di Minas Gerais. Vi vengono inviati p. Massimino Benassati, p. Agostino Gastaldo e p. Ul-rico Franchi, per dare inizio ad una nuova parrocchia.

A Muriaè - scrive il parroco, p. Agostino Gastaldo - il pio p. Massimino ha scelto, come suo campo apostolico prediletto, gli ammalati e i poveri. Per gli ammalati era sempre pronto, giorno e notte, a fare le sue visite. Percorreva le vie e strade polverose e di fango, sem-pre a piedi, non accettando mezzi di trasporto, con pioggia o caldo torrido d’estate… Per i poveri aveva un affetto speciale. Prediligeva una favela, a circa due chilometri dalla chiesa parrocchia-le, nel quartiere chiamato di Porto.

La favela era miserabile, senza acqua, senza luce, senza fognature, alle pendici di una collina al lato di un fiume. P. Massimino diceva la messa nella misera cappella, insegnava catechismo ai bambini, scalzi e mal vestiti, visitava gli infermi, e distribuiva aiuti ai più biso-gnosi. S’impegnò molto, con risorse  governative e di privati, nell’aiutare a costruire casette popolari. Soccor-se per lunghi anni i suoi poveri con il “pane dei poveri”.

Il vescovo, in visita pastorale il 19 maggio 1942, scri-veva di lui: “Ho ascoltato mille e mille volte, da ragazzi e adulti, da uomini e donne, l’ammirazione e la stima che tutti hanno per il loro infaticabile e caritatevole par-roco, che tanto santamente, tanto zelantemente e tan-to affettuosamente guida il suo ovile”.

La Congregazione si è ritirata dalla cura della parroc-chia di Muriaé nel 1944. P. Ulrico Franchi, gravemente infermo e impossibilitato a muoversi, dovette rimanere lì; e p. Massimino si fermò con lui.

Continuava egli il suo apostolato sempre nella favela di Porto, godendo del permesso e della benevolenza dei nuovi parroci.

Quando, nel 1951, le sue forze non glielo permise-ro più, ormai infermo, si ritirò nell’ospedale, assistito amorevolmente dalle Suore Marcelline. Continuava la sua opera di aiuto materiale e spirituale a tutti, special-mente ai poveri che lo cercavano continuamente. Il mi-nistero delle confessioni fu l’ultimo ad essere lasciato.

Partì per la Casa del Padre il 26 marzo 1974. Ai funerali, che furono un trionfo, la massa del popo-

lo era così grande che impediva ogni movimento. La bara entrò nel cimite-ro, sollevata di mano in mano sopra la testa della gente. Per tutti era morto un santo.

La sua tomba era e continua ad es-sere visitata continuamente da fedeli che ringraziano o chiedono grazie, lasciando candele e fiori sopra quella venerata tomba. n

di p. orides Ballardin

Cara Vita Giuseppina...Nel mese dedicato a San

Giuseppe e alla nascita della Congregazione dei Giuseppini (19.03.1873) pubblichiamo un inedito molto particolare.

È una lettera di p. Luigi Riz-zo, missionario giuseppino del Napo, morto il 4 novembre 2008.

La notizia della sua morte improvvisa giunse prima che giungesse la lettera al Padre ge-nerale.

È una testimonianza di vita che, oggi, ha il sapore di un testa-mento e che esprime un grande amore e un grande senso di ap-partenenza alla Congregazione!

Tena, 1 ottobre 2008

Revmo. Superiore Generale e carissimo Padre, Laudetur Jesus Christus.Fra una settimana è il suo com-pleanno: 55 anni. Auguri. La accompagno con la mia pre-ghiera e il mio affetto. Sono con-tentissimo di essere giuseppino e, grazie alla bontà dei miei Su-periori, di coronare il mio ideale di Missionario.Già gli anni avanzano, gli ac-ciacchi si fanno sentire. Da Gen-naio 2007 ho dovuto ritirarmi dal Telag dove stavo come Par-roco e mi sono stabilito qui in Tena, aiutando Mons. Mietto e dando una mano a confratelli che abbisognano. Non posso fare tante cose, mi limito fare quello che posso, contento di essere an-cora utile a questa missione del Napo tanto cara.

Ogni mercoledì, come oggi, pre-go per la Congregazione e il 19 di ogni mese è destinato a que-sto fine. Le faccio i miei migliori auguri; stiamo leggendo la sua circola-re delle relazioni tra Confra-telli e laici collaboratori. Procurerò fare quanto posso per essere fedele al mio ideale “Ti ringrazio di avermi crea-to, fatto cristiano, chiamato allo stato religioso, sacerdo-tale e missionario…”Umilmente le chiedo una sua speciale Benedizione, come attuale successore del nostro Santo Fondatore. Suo sempre dev.mo

p. Luigi Rizzo

Convegno su San Giuseppe

Giovedì 17 marzo 2011, si svolgerà presso l’Istituto Teologico San Pie-tro di Viterbo la Giornata di studi sulla figura e la persona di San Giuseppe. Il convegno an-nuale è organizza-to dal Centro Studi San Giusep-pe, dei Giuseppini del Murialdo.

Per ulteriori informazioni: www.giuseppini.org

Estate 2011

Vuoi vivere “un’esperienza che elimina i confini”? Dove? In un’opera giuseppina di Albania, Ghana, Guinea Bissau, Romania, Sierra Leone. Quando? Durante il mese di agosto.

Per ulteriori informazioni: [email protected]

[email protected]

Vita Giuseppina 2 l 2011

MuriALdo: StoriA Per iMMAgini

Il padre di san Leonardo nacque a Torino il 6 novembre 1776. Nell’atto di battesimo viene chiamato con sei nomi (Gioachino, Leonardo,

Amedeo, Maria, Carlo, Franchino). Il principale era Leonardo, ma noi usiamo chiamarlo Fran-chino, o Leonardo Franchino, per distinguerlo dal figlio.

Esercitava la professione di agente di cam-bio e sensale di commercio. Si trattava di un impiego elitario e lucroso: agli inizi dell’Otto-cento erano soltanto venti gli agenti di cambio ufficialmente operanti a Torino. La professione dava il diritto esclusivo di accertare il corso del cambio delle monete alla Borsa di Torino, di ne-goziare i titoli pubblici, di verificare ufficialmen-te il valore delle merci, dei preziosi, e di dare validità legale alle compere e alle vendite. Le-onardo Franchino fu nominato agente di cam-bio il 2 aprile 1804, con un arrêté (decreto) del Primo Console (Bonaparte). In quell’occasione, insieme a lui venivano ammessi all’incarico altri tre suoi colleghi. Come si vede nella figura, il decreto napoleonico, custodito nell’Archivio di Stato di Torino, reca la data del «12 germinal, an XII», cioè del 2 aprile 1804.

Il 29 aprile 1815 Leonardo Franchino, già trentottenne, si sposò con Teresa Rho, che era appena ventenne. La nuova famiglia prese di-

di p. giovenale dotta

Leonardo Franchinopapà di san Leonardo

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San Giuseppe è stato per il Murialdo un punto di rife-rimento per un’esistenza quotidiana vissuta con fede nella semplicità e nel nascondimento. In particolare ammirava in San Giuseppe la sua obbe-dienza pronta alla volontà di Dio, la sua laboriosità, la sua dedizione nell’educare Gesù e la sua intimità con il Signore. In questo testo, tratto da una conferenza del 1875, il Murialdo presenta San Giuseppe come modello di umiltà per la sua missione di essere “ombra” nel mi-stero dell’Incarnazione.

“Chi è San Giuseppe? Un personaggio semplice, tran-quillo, silenzioso, soprattutto oscuro. Nel Vangelo non si trova mai una sua parola. L’umile Maria, nello smar-rimento di Gesù, gli presta la sua voce: «Ecco, tuo pa-dre ed io, angosciati, ti cercavamo» (Lc 2,42). Lascia questa terra senza che noi sappiamo come e quando. Si dice che era falegname, poi non se ne parla più, non solo, non fece mai miracoli.Non basta questo. Più che un personaggio, San Giu-seppe è un’ombra che oscura, un’ombra nel grande quadro del mistero dell’Incarnazione. La sua missione è quella di nascondere ed oscurare.In questo quadro ci sono quattro personaggi tanto splen-denti: Dio Padre, Gesù Cristo, lo Spirito Santo, Maria Ver-gine. San Giuseppe è come l’ombra del quadro.

Nei quadri materiali le ombre servono a far risaltare le figure; qui, invece, è necessaria un’ombra che temperi lo splendore dei quattro personaggi. Giuseppe solo ha una virtù di oscurare così grande, che basta per velar-le, per coprirle tutte fino a quando Dio non piacerà manifestarle al mondo.La Vergine è nascosta alla sua ombra; la sua vergini-tà e la sua maternità sono coperte dal velo del suo matrimonio con Giuseppe. Ugualmente per lo Spirito Santo: «Quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo» (Mt 1,20); è il suo capolavoro, è la sua gloria; Giuseppe ne spegne i raggi.L’uomo-Dio è nascosto in questa oscurità, tanto da passare per il «Figlio del falegname» (Mt 13,55). Dio Padre non appare padre di Gesù Cristo fino a quan-do dirà: «Questi è il Figlio mio prediletto nel quale mi sono compiaciuto» (Mt 17,5). Gli apostoli, i santi, i martiri hanno la missione di glorificare Gesù Cristo; San Giuseppe invece quella di nascondere Gesù Cristo fino all’ora della sua manifestazione.Siccome oscurare la gloria divina è maggior miracolo che manifestarla, perciò l’onnipotenza e la sapienza di Dio non si manifestò meno grande in San Giuseppe che in tutti gli altri santi. San Giuseppe brilla agli occhi di Dio e degli angeli in ragione della sua oscurità agli occhi degli uomini”. S. L. Murialdo (Scritti, IV, p. 237) n

A cura di p. Giuseppe Fossati

mora nel vasto e signorile appartamento dove già Leonardo Franchino abitava. Nel suo Testamento spirituale, scritto tra il 1891 e il 1899, san Leonardo così si esprime: «La mia fami-glia era stimata e godeva di una certa agiatezza; mio padre era un onesto agente di cambio, cattolico praticante». Secondo la mentalità e gli usi del tempo, per un uomo della borghesia esse-re un cattolico praticante significava partecipare alla messa do-menicale ed accostarsi alla confessione e alla comunione a Pa-squa e in qualche altra festività importante. Purtroppo Leonardo Franchino morì prematuramente il 15 giugno 1833, all’età di 56 anni, lasciando la moglie, Teresa, con sei figlie e due figli: la maggiore, Olimpia, aveva diciassette anni, la minore, Delfina, non ne contava ancora tre, mentre Leonardo era quasi giunto alla soglia dei cinque anni. n

S. Giuseppe e il Murialdo

iL MuriALdo ci PArLA

Vita Giuseppina 2 l 2011

15Vita Giuseppina 2 l 201114 Vita Giuseppina 2 l 2011

Dando seguito al precedente articolo, alla riflessione sul-la mutevolezza del giovane

a seconda del “piano” su cui si trova, diamo oggi uno sguardo su quella parte della loro vita che si-curamente ricercano maggiormen-te: il divertimento.

La cosa da dire prima di ogni altra è che, indipendentemente da dove fisicamente si trovino, i ragazzi non sentono nessun tipo di controllo educativo, sono cioè “luoghi” in cui mancano assoluta-mente delle figure di riferimento e, perché no, di controllo.

Questo non vuol dire che ognu-no possa fare quello che vuole, ma vuol dire che il limite e il giudizio delle cose è affidato al gruppo di amici con cui si è e al ruolo che ci si è creati all’interno di questo gruppo.

Ci sono, nella stessa cerchia di amici, persone che possono fare o dire delle cose e persone che non possono, ci sono le persone che guidano il gruppo e quelle che non hanno la possibilità di esprimere la loro opinione.

Capire bene questo è fonda-mentale per capire i nostri giovani e per poter star loro vicino. Non ho volutamente fatto un elenco di

“luoghi per il divertimento”, né ho diviso le tipologie dei giovani per cercare di fare un discorso il più generico possibile.

Ci sono svariati posti in cui un giovane con i suoi amici può pas-sare il tempo: le discoteche, i pub, i giardini, una casa libera… in so-stanza qualunque luogo può es-sere una meta, dipende molto dal tipo di persone da cui è composto il gruppo. L’importante è, in ogni luogo, essere (o apparire, c’è poca differenza) migliore degli altri.

Questo fa si che, dal punto di vista maschile, ognuno deve es-sere contemporaneamente quello che regge meglio gli alcolici, quel-lo che “baccaglia” di più e quello che si ubriaca in maniera più esa-gerata, deve essere quello che fa più il pazzo con la macchina, deve essere quello che attacca briga con gli altri… Deve essere insomma, il maschio “alfa” che dimostra di essere più “pazzo” degli altri. Uso la parola “pazzo” non a caso, ma perché è entrata nel gergo giova-nile come uno dei complimenti più apprezzati: il pazzo è quello che fa le cose non curandosi di nulla del contorno, quello che si lascia an-dare senza remore e passa il tempo stupendo gli amici.

Per le ragazze ovviamente il di-scorso è diverso, ma analogo: an-che esse vivono nell’ansia di tro-varsi un ruolo.

Negli ultimi anni stiamo assisten-do ad un profondo mutamento del loro comportamento: fino a qualche anno fa le ragazze erano quelle che tenevano a freno i loro amici maschi, adesso invece fanno a gara nell’essere provocanti e nel sentirsi desiderate dai ragazzi.

Loro non bevono per dimostrare di reggere l’alcool, ma, al contrario, il bere è la scusa per lasciarsi an-dare e, volontariamente, lasciar ca-dere qualche tabù. Per questo mo-tivo (ma ovviamente non solo per questo) si sono fatte sempre più intraprendenti e spesso giocano a mettere alla prova i ragazzi che, per dimostrare di essere dei “fighi”, non possono far altro che accet-tare la sfida. Oltre a questo le gio-vani donne devono dimostrare di essere “forti” caratterialmente e di non farsi mettere i piedi in testa da nessuno, hanno il mito della donna di successo e spesso, con questo, vogliono prendere le distanze dalla loro madre, considerata, per ragio-ni prettamente culturali ed econo-miche, meno forte del padre, che tendenzialmente guadagna di più.

Il linguaggio e i modi di fare dei giovani in libera uscita si adattano alla perfezione a questa ricerca del proprio ruolo e alla mancanza di freni. È assolutamente necessario adattarsi alle parolacce e al lin-guaggio scurrile (e in questo spes-so le donne battono i loro colleghi uomini), è necessario fare continui richiami alla sfera sessuale, spesso è necessario fumare (e, se c’è l’oc-casione di fumare uno spinello, guai a chi si tira indietro).

Per quanto riguarda le droghe, il discorso è differente da come viene spesso presentato dai mezzi di informazione: i giovani in ge-nere disprezzano i “drogati”, che vengono considerati come schiavi della dose e quindi non abbastan-

za forti. Pertanto tendono ad as-sumere solo quelle sostanze che non considerano droghe vere e proprie, in genere da fumare, smi-nuendo così gli effetti negativi.

Di tutte queste cose sono ovvia-mente ignari i genitori: il proprio figlio/a in casa è generalmente tranquillo ed educato, non usa il turpiloquio, né tantomeno viene visto fumare; purtroppo spesso non si ha la minima idea di come sia realmente la loro vita o di come siano e cosa pensino realmente i loro figli. È per questo motivo che poi capita, da educatore, di dover chiamare un genitore per dire che il figlio ha alzato le mani su un altro ragazzo e ci si sente dire: “ma mio figlio non farebbe mai una cosa

del genere, chissà cosa gli ha fatto quell’altro ragazzo, certo che se i genitori lo controllassero di più.”

Rileggendo l’articolo mi viene da pensare al fatto che, anche se in compagnia, anche se in grup-po, i nostri giovani sono fonda-mentalmente soli, in cerca di se stessi e soprattutto in cerca della propria affermazione nel mondo.

Quando si interagisce con un giovane bisogna tenere conto di questo: ogni cosa che fa, dal dire una parolaccia al fumare, è per lui un gesto con cui si presenta all’esterno del contesto familiare, dove, solo, cerca di trovarsi un po-sto ed un ruolo. n

Alessandro Mazza e Alessandro Diliberto

educAre

I GIOVANI IN lIberA uscItA

educAre

V e r S o L A c o M u n i t à M u r i A L d i n A

Una vocazioneche impegna a vivere un carisma

Tutto muove dalla consapevolezza, dalla pre-sa di coscienza gioiosa ed entusiasmante che su ciascuno di noi si è posato, da sempre, lo

sguardo di predilezione di Dio. Egli ci coglie nella nostra quotidianità per farci un

dono: sotto il fico (Gv 1,48), oppure mentre gettiamo o riassettiamo le reti (Mt 4,18-22) o mentre traffichia-mo nella nostra attività (Mc 2,14), ecc; e il dono è la chiamata alla santità che si realizza amando, e senten-doci amati.

La chiamata-dono noi l’abbiamo colta attraverso un incontro: l’incontro con un santo, San Leonardo Murialdo, che ha incarnato un carisma e che ce lo ha lasciato in eredità.

Di questo carisma ci siamo innamorati. Un carisma che si può così sintetizzare, ovviamente

semplificando: sei amato; ama! Cioè: scopri ogni giorno quanto bene ti vuole Dio e

trasforma la tua vita in una risposta d’amore, soprat-tutto verso i giovani e i giovani più disastrati.

Fa sentire loro che sono amati e che dà gioia grande

sentirsi amati e amare; e che tu sei un segno concreto di quanto Dio li ama. È la pedagogia dell’amore, l’edu-cazione del cuore.

La comunità murialdina nasce quindi come risposta a una chiamata di Dio: testimoniare insieme che siamo amati da Dio e testimoniarlo soprattutto ai giovani. È il riconoscimento di questa comune chiamata che fonda l’unità e quindi la comunità.

Allora, per quanto riguarda la vocazione, potremmo affermare che la comunità murialdina nasce dall’in-contro di persone diverse per situazione di vita, ma che hanno incontrato lo stesso carisma, lo vogliono fare proprio e sperimentarlo in una qualche forma di comunione in cui vivere la meravigliosa avventura del sentirsi amati e amare e, carichi di questa esperienza, donarsi ai giovani.

“Questa passione è un impegno personale e politi-co, una testimonianza precisa, una scelta di campo, un luogo per dare forza concreta alla propria vita cri-stiana e alla fedeltà alla vocazione ricevuta”. (Road Map p. 17). n

di p. Ferruccio cavaggioni

Vita Giuseppina 2 l 201116

AFrIcA: GIOVANI,

sPerANZA, GIOIA...

“In questo mese dedicato a San Giuseppe, che è anche il titolare della Delegazione

dell’Africa dei Giuseppini, scopriamo, attraverso alcune immagini inedite

la presenza del carisma del Murialdo in in un continente amato e benedetto da Dio,

che trabocca di sorrisi, di fede e di voglia di futuro”

19Vita Giuseppina 2 3 2011Vita Giuseppina 2 l 2011

VitaGiovani

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1. Gruppo dei “Murialdo Boys” di Ejisu (Ghana) con p. Luigi Cencin2. I trionfi dell’Inter in Europa e nel mondo hanno contagiato anche i giovani e i Giuseppini africani!3. Gli scout con la loro immancabile divisa!

“Il mio Dio è giovane, perché non c’è nulla nel giovane: forza, bellezza, coraggio, passione,

ardore, generosità, gioia, amicizia,… che non esista in Dio”. Ripensando a queste belle espressioni di un celebre libro

di meditazione che mi aveva accompagnato negli anni dell’adolescenza, credo che non ci fosse altro posto al

mondo dove avrei potuto scoprire meglio e sentire ogni giorno la presenza di un Dio così giovane, come qui in

Africa. Se è vero che possiamo incontrare Dio soprattutto nel volto dei fratelli, ebbene, in Africa si tratta davvero

di un volto giovanissimo! La bassa età media, la giovinezza della Chiesa e anche della Congregazione

dei Giuseppini, i numeri impressionanti di bambini, ragazzi e giovani … tutto ti spinge ad essere giovane e

ottimista, anche perché ti accorgi che loro ti vogliono più bene di quanto non riesca a fare tu!

In queste pagine qualche foto “evocativa” per sentire, seppur da lontano per i lettori di “Vita

Giuseppina”, tutta la prorompente vitalità dei giovani della Delegazione Africa, che è intitolata proprio a

San Giuseppe, alla cui intercessione, in questo mese di Marzo, raccomandiamo con grande affetto tutti loro!

d. MariolinoDelegato dell’Africa

I NUMERI della DELEGAZIONE AFRICA

➢ 50 i confratelli (di cui 25 di voti temporanei)➢ 38 gli anni dell’età media➢ 40 i seminaristi (dai postulanti ai teologi)➢ 6 le comunità presenti in 3 nazioni (Sierra Leone, Guinea Bissau e Ghana)➢ 8 le nazionalità tra i confratelli e i seminaristi (Sierra Leone, Guinea Bissau, Ghana, Italia, Brasile, Nigeria, Benin, Inghilterra)➢ 900 circa gli allievi nelle 5 Scuole Professionali di Lunsar, Bula, Bissau e Kissy (2)➢ 1250 circa gli allievi nelle 3 Scuole Secondarie di Lunsar, Bula e Kissy➢ 1700 circa i bambini nelle Scuole Primarie delle nostre parrocchie di Bissau e Kissy➢ 200.000 circa gli abitanti delle nostre 3 parrocchie di Bissau, Bula e Kissy➢ 20 circa le cappelle dove i confratelli prestano regolare servizio ministeriale➢ 4500 circa i giovani catecumeni nella nostra parrocchia di “S. Antonio di Bandim” a Bissau➢ 51 i ragazzi delle Case famiglie della Sierra Leone➢ Oltre 1000: i volontari e i visitatori giovani o adulti venuti per brevi o lunghi periodi in 32 anni dall’inizio della nostra presenza➢ 3000 circa i bambini e ragazzi seguiti con il sostegno a distanza o con le borse di studio➢ 500 circa i pozzi realizzati in villaggi di Sierra e Guinea (specie zone di Lunsar e Bula)➢ 140 circa le piccole cooperative agricole create nei villaggi di Sierra Leone e di apicoltura in Guinea Bissau➢ E ancora: piccole scuole edificate nei villaggi, chiese e cappelle, centri giovanili, saloni polivalenti, magazzini, laboratori e capannoni per cooperative di ex-allievi, ambulatori e centri medici, corsi di alfabetizzazione, sostegno economico per le tasse scolastiche e le cure mediche, aiuto ad amputati, ciechi e poliomielitici, …

4. Le danze e le feste africane, ovviamente affollatissime di giovani!5. I giovani africani sono anche i nostri seminaristi giuseppini: eccone un gruppo in partenza per una biciclettata!

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È una domanda che avremo di-scusso tante volte con i nostri adolescenti e giovani. Ho provato a proporla io a loro: “Qual è la vera gioia e qual è la vera festa? Come sono gli ingredienti delle feste dei giovani?”. Interessante: non è la predica di un adulto, di un prete, ma sono pensieri dei nostri stessi adolescenti!

Tutti gli uomini hanno voglia di divertirsi e far festa.

Si festeggia qualche successo o qualche data, per liberarsi dalla vita comune e staccarsi dalla rou-tine di tutti i giorni.

Le persone del giorno d’oggi lavorano molto, anche troppo, e cercano la festa per potersi ripren-dere e “lasciarsi andare”.

E’ indispensabile anzitutto stabi-lire di che tipo di occasione si trat-ta, se un compleanno, o la festa di fine anno, o una festività del calendario come il carnevale.

Nel caso di una festività reli-giosa la cosa migliore è riunire la famiglia per trascorrere insieme la giornata nella preghiera, nello svago, nel riposo.

Nella religione cristiana la vera festa è la domenica: il giorno di ri-poso, dove si va a messa con tutta la famiglia. Poche famiglie seguo-no questo modo di festeggiare.

Noi ragazzi preferiamo uscire il sabato sera, stare fuori fino a tar-

di, perché poi possiamo dormire la domenica mattina.

Occorre un’inversione di rotta, la religione sta diventando un po’ troppo trascurata.

Il modo di festeggiare più usua-le dei giovani è quello di andare in discoteca o a feste private, dove poter ballare, bere, conoscere nuova gente e stare con gli amici.

Gli ingredienti principali delle feste dei giovani sono la musica “a palla”, l’alcool e tanta gente che crea una grande confusione.

Viviamo in un mondo, dove non sappiamo ascoltare e stare in si-lenzio, bisogna che ci sia sempre musica nelle orecchie.

La vera gioia e la vera festa sono quando stai con delle persone con cui ti trovi bene, come i tuoi amici, indipendentemente da quello che fai, anche stando a parlare del più e del meno. Ma per andare con-trocorrente rispetto alla massa, rischiamo di escluderci dal grup-po e quindi siamo costretti a fare quello che fanno gli altri per non perdere delle amicizie.

Oggi le mete più ambite sono spesso le discoteche. Entrati nella discoteca, la musica a tutto volu-me e assordante avvolge comple-tamente e inizia a rimbombare instancabilmente nella mente, im-pedendo anche la comunicazione. L’euforia aumenta con le bevande alcoliche.

Un altro fattore del divertimen-to che sta degenerando sono le

feste giovanili di massa: si leg-gono spesso articoli di cronaca nera, che riguardano giovani che durante le feste si ubriacano, si drogano e quindi finiscono nei telegiornali. Non si sa più come divertirsi, in che modo essere felici o consolarsi.

Ogni volta che uscivo da questo tipo di feste non mi sentivo com-pletamente soddisfatto; ero delu-so dal fatto di aver buttato via i soldi: lo scopo di quella festa non era di far star bene le persone, ma avere un ritorno economico sod-disfacente.

Noi giovani abbiamo sostituito alla gioia il divertimento, creden-do che fosse la stessa cosa.

Probabilmente ce ne rendiamo anche conto, ma non facciamo niente per cambiare le cose, per non rimanere da soli…

Perdere il controllo delle proprie azioni è segno di debolezza e fra-gilità!

L’idea del divertimento dei gio-vani non è un’idea di serena gioia, ma di sregolatezza. Lo sballo e di-vertimento non sono la vera gioia.

Per noi ragazzi è difficile svinco-larsi da una società e da un grup-po che propongono il solito modo di fare festa.

In fin dei conti la festa è un mo-mento di ritrovo per gli amici che amano stare tra loro per parlare delle bellezze della vita. n

Scrivete le vostre domande a: [email protected]

Vita Giuseppina 2 l 2011 21

“Successful”, bella e riuscita! Erano questi gli ag-gettivi per definire la festa dell’ordinazione del no-stro confratello Andrew Dumbuya, che è diventato sacerdote insieme ad altri due giovani della diocesi di Makeni, in Sierra Leone, sabato 22 Gennaio.

Una celebrazione all’aperto, come sempre viva e colorata con i ritmi e i suoni dell’Africa, nell’ampio palmeto a due passi dalla Cattedrale, con oltre 80 concelebranti e molti familiari ed amici. Anche i Giuseppini e i seminaristi della Sierra Leone era-no presenti in massa con tanti giovani e amici delle nostre opere, oltre ad un bel gruppetto di confratelli e laici arrivato dalla Guinea Bissau, via terra con i mezzi pubblici, dopo un viaggio avventuroso!

Ci uniamo alla gioia della Delegazione dell’Africa con i migliori auguri a p. Andrew per un ministero sacerdotale vissuto sempre con il suo immancabile sorriso e secondo il cuore di Dio! Sarà Bissau il suo primo campo di apostolato, dove migliaia di giovani lo aspettano per tante altre feste ed attività!

Tratto da www.giuseppini.org

Nella foto in basso: la comunità di Ejisu (Ghana) con i suoi 23 Giuseppini è la più numerosa della

Congregazione: 19 filosofi, 3 formatori e il Delegato.

FestA sAcerdOtAle IN sIerrA leONe Ma che male

c’è a diVertirsi? di p. MassiMo rocchi

Ma che male c’è a diVertirsi?

PoSSo FArti unA doMAndA?

22 Vita Giuseppina 2 l 2011Vita Giuseppina 2 l 2011

MuriALdine VitA deLLA chieSA

Murialdina di S. giuSeppe

per sempreP

receduta da una settimana di spiritualità, rifles-sione e incontri tra consorelle, sabato 8 gennaio 2011 si è realizzata la professione perpetua di

suor Maria Teresa Gaspar Gaspar, la terza suora mu-rialdina messicana, che giunge al traguardo della con-sacrazione solenne.

Erano presenti le consorelle delle due comunità (Cit-tà del Messico ed Aguascalientes), la superiora gene-rale suor Orsola Bertolotto, padre Giuseppe Rainone, superiore provinciale dei Giuseppini del Murialdo che ha presieduto la concelebrazione, confratelli, familia-ri, parenti, laici della famiglia del Murialdo, giovani e amici della festeggiata.

Abbiamo rivolto alcune domande a suor Maria Tere-sa ed ecco cosa ci ha raccontato di sé e della sua scelta vocazionale.

Come è nata la tua vocazione?Rendo grazie a Dio per il suo infinito amore che ho

sperimentato, fin dalla mia infanzia, attraverso l’affet-to dei miei genitori e della mia famiglia. Fin da piccola infatti ho imparato a conoscere il Signore e sempre mi attirava la storia sacra, desideravo conoscere e sapere sempre più di Gesù. Mi affascinava sentir racconta-re il vangelo, ma non avrei pensato di farmi suora. È stato più avanti, quando già ero ragazza e frequen-tavo la parrocchia dei Giuseppini: ho fatto parte dei gruppi giovanili e lì ho sentito parlare della bellezza della vocazione, della gioia di appartenere a Cristo e

di essere totalmente sua. Ho cominciato a frequentare la direzione spirituale che mi ha portata a scoprire la chiamata alla vita consacrata. Poi ho fatto una prima esperienza presso la comunità delle Suore Murialdine a Città del Messico e da lì ho cominciato il mio cammi-no: aspirante, postulante, novizia ed infine consacrata a Dio con i voti temporanei. Oggi è il giorno solenne nel quale celebro l’infinita bontà del Signore per me. Appartengo a Lui per tutta la vita! Un dono estrema-mente grande e per sempre!

Come ti sembra di poter definire la “vocazione”?La vocazione è una chiamata gratuita da parte di

Dio: fin dal nostro concepimento il Signore ci chia-ma per vivere con lui, e come lui perché ci ama. Nella sua infinita misericordia ci chiama a diventare persone nuove, capaci di vivere la vita come dono di sé agli altri. Il Signore vuole servirsi anche delle nostre povere mani vuote per portarlo ad altri fratelli. È con la con-sapevolezza e con la gioia di questa scoperta che ho detto il mio “sì” al Signore e che ho scelto di seguirlo sulla via della povertà, della castità e dell’obbedienza sui passi del Murialdo.

Cosa significa per te essere Murialdina di San Giuseppe?

Posso rispondere così, come ho scritto sull’immagi-ne-ricordo dei miei voti perpetui:Essere murialdina è amare totalmente Dio e

il prossimo.Essere murialdina è essere Misericordia per

gli ultimi e i lontani, come Cristo ci insegna.Essere murialdina è vivere l’umiltà e la carità

come stile di vita.Essere murialdina è vivere nella gioia di

saperci amate teneramente da Colui che è l’Amore.

Essere murialdina è diventare “prima sante e poi tante” come diceva p. Casaril.

Essere murialdina è servire i giovani, adole-scenti, ragazzi, bambini e famiglie povere.

Essere murialdina è il dono più grande che Dio mi ha fatto! n

Il 4 ottobre 2010 sono stati pubblicati gli Orientamenti Pastorali dell’episcopato italiano per il decennio 2010-2020. Titolo del documento: “Educare alla vita buona

del Vangelo”. La Chiesa italiana pone così al centro della sua attenzio-

ne l’urgenza educativa, nella consapevolezza che si tratti di una sfida, ma anche di una grande opportunità che trova impegnate sia la comunità ecclesiale e sia la comu-nità civile in vista della formazione di una umanità nuova. Gli Orientamenti hanno lo scopo di indicare alcune linee di fondo, capaci di caratterizzare la missione delle singole diocesi per una crescita concorde nell’arte di educare.

Il documento prende atto che siamo di fronte ad una sfida determinata da un mondo che cambia, o, come si dice, non tanto di fronte ad un’epoca di cambiamenti, quanto piuttosto ad un cambiamento di epoca.

Alcuni aspetti di tale cambiamento sono così segnalati: «Considerando le trasformazioni avvenute nella società, alcuni aspetti, rilevanti dal punto di vista antropologico, influiscono in modo particolare sul processo educativo: l’eclissi del senso di Dio e l’offuscarsi della dimensione dell’interiorità, l’incerta formazione dell’identità persona-le in un contesto plurale e frammentato, le difficoltà di dialogo tra le generazioni, la separazione tra intelligenza e affettività.

Si tratta di nodi critici che vanno compresi e affrontati senza paura, accettando la sfida di trasformarli in altret-tante opportunità educative». (n. 9) L’attenzione è poi portata direttamente sulle persone: «Le persone fanno sempre più fatica a dare un senso profondo all’esistenza. Ne sono sintomi il disorientamento, il ripiegamento su se stessi e il narcisismo, il desiderio insaziabile di possesso e di consumo, la ricerca del sesso slegato dall’affettività e dall’impegno di vita, l’ansia e la paura, l’incapacità di spe-rare, il diffondersi dell’infelicità e della depressione. Ciò si riflette anche nello smarrimento del significato autentico dell’educare e della sua insopprimibile necessità.

Il mito dell’uomo “che si fa da sé” finisce con il separa-re la persona dalle proprie radici e dagli altri, rendendola alla fine poco amante anche di se stessa e della vita». (ivi). Non possiamo dimenticare che chi scrive sono i responsa-

bili delle nostre chiese, coloro che hanno per primi il com-pito dell’evangelizzazione, in quanto pastori e maestri per il popolo di Dio.

Per cui è alla luce del Vangelo che viene individuata la vera causa del trapasso culturale e religioso che stiamo vivendo; questa è, mi pare, l’affermazione centrale che legge la situazione attuale: «Le cause di questo disagio sono molteplici – culturali, sociali ed economiche – ma al fondo di tutto si può scorgere la negazione della vocazio-ne trascendente dell’uomo e di quella relazione fondante che dà senso a tutte le altre: “Senza Dio l’uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia”». (ivi).

Tuttavia il documento è un forte richiamo alla fiducia e alla speranza, termini che tornano molto spesso nel testo. Le ultime parole sono rivolte a Maria così invocata: «Ma-ria, amante della vita, preserva le nuove generazioni dalla tristezza e dal disimpegno. Rendile per tutti noi sentinelle di quella vita che inizia il giorno in cui ci si apre, ci si fida, ci si dona». (n. 56).

Educazione alla luce del Vangelo, quindi, capace di re-stituire all’uomo ragioni di vita e di speranza, perché la vita stessa possa raggiungere la sua pienezza.

Il documento chiama in causa tutte le comunità cri-stiane e tutte le componenti delle singole comunità, in dialogo con le altre agenzie presenti sul territorio. Forse sta qui la sfida più grande: educare insieme, perché è un problema che interpella tutti e avrà una risposta valida nella misura in cui tutti sapranno impegnarsi. Così scri-vono i vescovi: «La complessità dell’azione educativa sol-lecita i cristiani ad adoperarsi in ogni modo affinché si realizzi un’alleanza educativa tra tutti coloro che hanno responsabilità in questo delicato ambito della vita sociale ed ecclesiale». (n. 35). In modo particolare: «Nell’ottica di una decisa scommessa per l’educazione e della ricerca di sinergie e alleanze educative, un’attenzione specifica andrà rivolta ad alcune esperienze peculiari. - La recipro-cità tra famiglia, comunità ecclesiale e società» (n.54 c).

Un discorso che interessa tutti a partire dai genitori e da coloro che hanno compiti formativi nella scuola e nella catechesi, in parrocchia e nelle associazioni. n (continua...)

di p. tullio locatellidi sr eMMa Bellotto

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educarealla vita buonadel Vangelo

Vita Giuseppina 2 l 2011Vita Giuseppina 2 l 2011

AttuALità engiM ong

E fu così che ci siamo incontrati per raccontarci e ascoltarci ri-vivendo insieme…

Era una fredda giornata di dicem-bre, sabato 4 dicembre per l’esattez-za; a Padova imperava una uggiosa umidità, ma è bastato rivederci, per richiamare alla memoria esperienze intrise di sudore, di gioia, di scoper-te, di riflessione, di compassione,… e chi più ne ha più ne metta! Tutte memorie che riscaldano il cuore; e il freddo che intirizziva è scomparso.

Eravamo un centinaio, convenu-ti per l’annuale incontro-convegno missionario.

Era questo il tema: “incontrarci per raccontarci e ascoltarci riviven-do insieme”, ma che si è trasfor-mato in un amarcord di eccezionale intensità. Bastava riconoscere un volto perché il cuore si affollasse di una ridda di sentimenti legati a ri-cordi indimenticabili.

È proprio vero: sono esperienze che non ti lasciano più e soprattutto non ti lasciano più come prima.

Tutte persone che avevano fatto esperienza in terra straniera accanto ai giuseppini, chi in Sierra Leone, chi in Ghana, in Guinea Bissau, in Albania o Romania, an-che in India qualcuno, e tutti con qualcosa da raccon-tare, sentimenti da esternare, ricordi da condividere. La mattinata è stato questo: raccontarci.

E così abbiamo rivissuto il viaggio di nozze di Da-niela e Paolo in Sierra Leone, il Natale di Antonella a Makeni, l’emozione di Marco a Bula e di Federica e del gruppo “romano” a Lunsar, l’esperienza di Danie-le a Popesti. Alcuni filmati erano proprio degli scrigni aperti che contenevano delle piccole perle preziose, offerte a tutti.

E poi i canti del coro nigeriano della parrocchia S. Pio X, che ci ospitava, ci ha fatto rivivere i suoni delle terre africane. Infine i saluti, molto prolungati.

Ognuno torna a casa: a Mirano, a Venezia, Trevi-so, Thiene, Montecchio Maggiore, Milano, Modena, Roma, Viterbo, Ravenna, Lucera,…

Fuori continuava a fare freddo, ma dentro di noi il caldo dell’esperienza rivissuta ci accompagnava.

Ci consolava la promessa di ritrovarci in facebook, per dare seguito all’esperienza, in terra italiana: anche qui si può vivere in modo essenziale, anche qui si può trovare il modo di dare una mano a qualcuno… n

p. Ferruccio Cavaggioni

raccontare ed ascoltare rivivendo inSieMe

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SERVIZIO VOLONTARIO EUROPEOun’opportunità che cambia la vita

Spendere un anno della propria vita a servizio degli altri, confrontarsi con una nuova cultura e vivere un’esperienza formativa spendibile sul

mercato del lavoro. Queste le motivazioni del progetto di “Servizio Volontario Europeo” che l’ENGIM interna-zionale sta per inaugurare in Ecuador.

Da marzo, infatti, inizieranno le selezioni per i quat-tro volontari che il 1 luglio 2011 partiranno per 10 mesi con destinazione Santo Domingo del los Tsachi-las. Qui i giovani parteciperanno al progetto “Giovani Insieme in Ecuador”, che prevede la collaborazione dei volontari alla creazione di un centro giovanile de-stinato ad accogliere bambini e adolescenti che vivono per le strade dei quartieri più poveri ed in situazioni di rischio. L’intervento vuole offrire ai giovani più bi-sognosi della città di Santo Domingo un’esperienza educativa integrale per migliorare la qualità della loro vita attraverso la pratica sportiva, un’adeguata ali-mentazione, il controllo medico periodico, il sostegno psicologico e l’educazione professionale.

“Il progetto di Servizio Volontario Europeo nasce, come ovvio, dal desiderio di servire i giovani e di offrire loro la possibilità di vivere un’esperienza formativa che possa essere importante nella loro crescita - spiega Francesco Farnesi, direttore di ENGIM internazionale -. In un contesto come quello di Santo Domingo, i ragazzi potranno spe-rimentare l’importanza dell’impe-gno personale e la bellezza della solidarietà, e riportare a casa co-noscenze e valori di grande rilevanza per la loro vita”.

Considerato l’interesse che il vo-lontariato internazionale riveste nella formazione dei giovani, è dal 2007 che l’Unione Europea ha reso disponibile un programma a soste-gno di tutti quei giovani che non vo-gliono perdere l’occasione di vivere

un periodo all’estero (all’interno del quale si muove il progetto dell’ENGIM), investendo nella propria forma-zione e mettendosi a servizio della collettività.

Promosso dalla Commissione Europea nell’ambito del programma “Gioventù in Azione 2007-2013”, il progetto è dedicato a giovani tra i 18 e i 30 anni. A loro il Servizio Volontario Europeo propone un’espe-rienza di formazione per un periodo compreso tra i 2 e i 12 mesi, durante il quale i giovani coinvolti potran-no conoscere un altro Paese, approfondire una cultura differente dalla propria ed imparare una nuova lingua. Nello stesso tempo si potranno rendere utili parteci-pando alla realizzazione di un progetto necessario allo sviluppo della comunità locale.

I partecipanti potranno, quindi, migliorare il proprio bagaglio di esperienze personali e culturali, oltre che le proprie competenze professionali. Ad ogni volonta-rio, al termine dell’esperienza, verrà rilasciato lo “You-thpass”, una certificazione con cui l’Unione Europea attesta che il periodo svolto nel paese prescelto è rico-nosciuto come un’esperienza formativa spendibile sul mercato del lavoro. n

Massimo Angeli

Incontro Missionario Nazionale Padova — Parrocchia San Pio X Sabato 4 dicembre 2010

ore 10 –17

Giuseppini del Murialdo PROVINCIA ITALIANA S.Famiglia di Nazareth 

Raccontare ed ascoltare

rivivendo insieme

“Spendere un anno della propria vita a servizio per gli altri...”

“Spendere un anno della propria vita a servizio per gli altri...”

27Vita Giuseppina 2l 201126

COSA C’è CHE NON VASMS: SERVIzIO MESSAGGERIA SOLIDALE

I giovani sono ciò che è più prezioso nella società e il cuore è ciò che è più prezioso nei giovani.

È questo il principio cardine da cui prende le mos-se l’associazione Murialdo di Viterbo.

Costituitasi nel 1984, la onlus viterbese, da anni impegnata nell’accoglienza e nel supporto di tutti quei minori che si trovano a dover affrontare situazio-ni socio-familiari disagiate, opera a tutto campo per cercare percorsi di crescita il più possibile adatti alle esigenze dei ragazzi disagiati.

Tra i servizi offerti dall’associazione Murialdo, rientra anche il Centro Aperto. Nata nel 1991, la struttura coinvolge i minori in attività didattiche e ricreative po-meridiane, dando loro la possibilità di potersi esprime-re liberamente e socializzare.

Il Centro Aperto è rivolto ai ragazzi che frequentano dalla terza elementare alla terza media ed è attivo dal lunedì al venerdì. I bambini, suddivisi in fasce d’età, sono coinvolti in attività di studio e di animazione.

È una piccola realtà multiculturale; basti pensare che circa il 60% dei ragazzi proviene dai paesi più diversi: algerini, rumeni, peruviani e tunisini.

“Ogni giorno è una lotta continua per reperire i fondi necessari - afferma la coordinatrice - ed è per questo che abbiamo bisogno della solidarietà di tutti.

Anche un piccolo gesto può fare la differenza. Se potessimo contare su più volontari che aiutino

i ragazzi nei compiti e nella animazione del tempo libero, potremmo offrire un servizio migliore a chi è già presente ed acco-glierne un numero maggiore”.

Elisa Conti

Tratto dal “Corriere di Viterbo”

del 6.12.2010

e, coMe diceVa il Murialdo…GioVani che aiutano i GioVani!

Durante le vacanze di Natale il gruppo giovani del-la Parrocchia Santa Maria delle Farine di Viterbo, ha compiuto un grande gesto di solidarietà.

In alcune stanze dove studiano i ragazzi del Centro Aperto dell’associazione Murialdo di Viterbo c’era bi-sogno di una bella ripulita!

Ma, come spesso capita in questi casi, non c’erano abbastanza risorse per chiamare dei veri muratori che facessero i lavori; così questi giovani hanno pronta-mente risposto all’invito di cimentarsi in questa nuova ed insolita impresa. Due giorni di lavoro per smantella-re i pannelli di legno vecchio e rovinato che ricopriva-no alcune pareti, per sostituirli poi con pannelli nuovi termoisolanti.

Il risultato è stato sorprendente e soprattutto il loro impegno è stato un grande esempio di buona volontà e grande disponibilità nel fare il bene; in questo modo hanno contribuito a migliorare l’ambiente dove passa-no molto tempo i ragazzi del centro e… perché no?... Hanno imparato qualcosa di utile!!

Un immenso grazie dall’associazione Murialdo a Se-lena, Marco, Edoardo, Chiara, Walter, Aurora, Ales-sandra, Giacomo, Francesca, Federico, Gian Marco, Riccardo. n

Chiara Ferraro

AttuALità AttuALità

Le nuove tecnologie della comunicazione a servizio dei minori: da circa un anno, nell’Opera Giuseppina di Lucera, ha preso il via un’iniziativa “originale” a ser-vizio dei ragazzi e dei giovani. Ne parliamo con Cle-mentina Capogrosso, presidente dell’associazione di Volontariato “Famiglia Murialdo” leader del progetto.

Cosa è questo “SMS”?È un progetto che, attraverso l’uso delle nuove tec-

nologie della comunicazione, si prefigge di offrire ai ragazzi e ai giovani del nostro territorio una sorta di sportello “virtuale” di ascolto, cui ci si può rivolgere, anche in anonimato, per parlare, confidarsi, chiedere aiuto, con la sicurezza di trovare un “amico” disponi-bile ad ascoltare e ad aiutare

Come vi è venuta questa idea?Seguendo la cronaca quotidiana, ci siamo resi con-

to che i ragazzi spesso hanno bisogno di parlare con qualcuno e, per tanti motivi, non sanno a chi rivolgersi. Abbiamo pensato di dare loro l’opportunità di utiliz-zare le nuove tecnologie di comunicazione, nelle quali sono molto esperti. Se un ragazzo ha un problema, è difficile che vada a parlare direttamente con qualcuno; con questi mezzi invece può parlare in anonimato. In seguito, stabilito il contatto, se lui vuole, ci sono a sua disposizione persone competenti a seconda del proble-ma che presenta. Credo che la novità del servizio stia soprattutto nel mezzo: ci mandano e-mail e soprattutto messaggini al numero di cellulare dedicato.

Avete avuto molte chiamate?Abbiamo aperto il servizio praticamente nel settembre

scorso e, nei primi 4 mesi, abbiamo avuto circa 350 contatti.

Chi vi chiama? E quali sono i problemi presentati?La fascia di persone che chiama di più sono ragazzi/e

dai 14 ai 16 anni. Le problematiche presentate sono per lo più di tipo sentimentale o le difficoltà di relazione con gli adulti, genitori o insegnanti. I ragazzi esprimono una grande difficoltà a parlare apertamente dei loro problemi.

Il primo ”contatto” ha un seguito?Abbiamo avuto parecchie richieste di colloquio con

le psicologhe.

Quindi avete alle spalle un’equipe di specialisti…

Sì, l’équipe è formata da psicologhe, consulenti fa-miliari, un sacerdote, un le-gale, degli educatori profes-sionali. Tutte queste persone sono disponibili a mettere a disposizione la propria pro-fessionalità attraverso sms, mail, telefono e, se richiesto, anche incontri personali.

Quali sono le prospetti-ve del progetto?

Il progetto, realizzato con fondi di Fondazioni banca-rie e Volontariato, ha una durata di due anni, ma noi speriamo che possa conti-nuare, anche perché i nostri contatti sono un monitorag-gio molto significativo per proporre altre iniziative effi-caci ed utili, che intercettino i problemi dei ragazzi e dei giovani e vengano incontro ai loro bisogni.

L’associazione di volonta-riato “Famiglia Murialdo“ ha trovato compagni di strada in questa iniziativa?

Si, la nostra associazione ha presentato il progetto in partenariato con la Cooperativa Paidos e con l’asso-ciazione “Impegno Donna“ di Foggia. La sinergia tra le forze è molto importante. Più importante ancora è sottolineare che noi, in questa impresa, stiamo cer-cando di interpretare, nel nostro piccolo, la parola del Murialdo: “a bisogni nuovi, opere nuove!”.

a cura della Redazione

28 Vita Giuseppina 2 l 2011 Vita Giuseppina 2 l 2011 29

La Famiglia del Murialdo in Cielo

Eleonora Capovilla, sorella di p. Giuseppe della comunità degli Artigianelli di Torino, morta il 25 gennaio, a 82 anni.

Marcella Vari, sorella di p. Amerigo della comunità di Albano, morta il 9 gennaio, a 83 anni.

Luciana Salvati, sorella di p. Roberto, della comunità di Albano, morta il 24 dicembre, a 83 anni.

Nella foto: la tomba di Congregazione situata nel cimitero di Requinoa (Cile).

neLLA cASA deL PAdre

P. Domenico Paiusco

ë Lobia di San Bonifacio (Verona), 17 febbraio 1927+ Padova, 11 febbraio 2011

Il giorno 11 febbraio, ricordo delle apparizioni di Maria Ss.ma a Lourdes, è manca-to, presso la Clinica Santa Chiara di Padova, p. Domenico Paiusco.Era nato il 17 febbraio 1927 a Lobia di San Bonifacio (Verona). Dopo il periodo di postulato a Montecchio e l’anno di noviziato vissuto a Vigone, ha emesso la pro-fessione religiosa il 29 agosto 1934. Ha frequentato gli studi superiori a Sommariva Bosco ed a Ponte di Piave; tirocinio a Venezia dal 1946 al 1949 e, quindi, gli studi teologici a Viterbo. Ha fatto la professione perpetua a Oderzo il 29 luglio 1948 ed è stato ordinato sacerdote a Viterbo il 21 marzo 1953.Dopo il primo anno di sacerdozio nel Patronato di Padova, la sua vita è tutta spesa

nell’apostolato parrocchiale: a Venezia dal 1955 al 1961, Roma San Tito dove è parroco dal 1961 al 1985; ancora parroco a Roma Centro San Leonardo Murialdo dal 1985 al 1994, dove il suo servizio ministeriale continua fino al 1998, quando passa all’ultima sua comunità, la Parrocchia San Pio X di Padova.La sua carità pastorale, vissuta per tanti anni, è certo la sua carta di identità presso il Padre. La sua alta sensibilità umana, non priva di connaturale timidezza e riservatezza, lo aveva reso ben accetto tra i suoi parrocchiani, che ne apprezzavano al tempo stesso dedizione e sacrificio.Uniti nella preghiera fraterna lo affidiamo al Dio Fedele, che sa essere il premio per una vita spesa in fedeltà.I funerali di p. Domenico sono stati celebrati il 15 febbraio presso la parrocchia di San Pio X in Padova. Nel pomeriggio, dopo la celebrazione presso la parrocchia di Lobia di San Bonifacio (Verona), la salma è stata sepolta nella tomba di famiglia nel cimitero della frazione di Locara.

P. GiorGio Pacher

ë Levico (Trento), 15 luglio 1926+ Pancalieri (Torino), 13 febbraio 2011

La mattina di domenica 13 febbraio 2011 p. Giorgio Pacher, della comunità di Rivoli, è tornato alla Casa del Padre. Era da tempo ospite della struttura di acco-glienza delle suore di San Gaetano a Pancalieri, nei pressi di Torino. Era nato a Levico (Trento) il 15 luglio 1926; professò per la prima volta a Vigone nel 1949; il 16 maggio 1954 professò in perpetuo a Viterbo. Dopo gli studi superiori a Ponte di Piave, svolse il suo periodo di tirocinio a Pinerolo come insegnante nelle scuole elementari dal 1951 al 1954. Alla fine degli studi teologici fu consacrato sacerdote a Viterbo il 22 marzo 1958.

Ha dedicato la sua vita ai ragazzi della scuola, come assistente ed insegnante nei nostri collegi: Santa Margherita Ligure dal 1958 al 1961, Pinerolo dal 1961 al 1963, Rivoli dal 1963 al 1966, Cascine Vica dal 1966 al 1968, Rivoli dal 1968 al 1971. Nel 1971 fu chiamato ad organizzare l’Archivio generale in casa generalizia, che aveva sede, allora, a Roma in via della Fanella. E ritornò, infine, al Collegio San Giuseppe di Rivoli, ancora come insegnante e, poi, come segretario del Liceo, prima di mettersi un po’ in disparte, in solitudine, cercando di non “dare fastidio”. La sua è stata una vita spesa con dedizione ai suoi doveri e con precisione, su cui si poteva sempre far conto: è stato il suo modo di essere al servizio, nel nascondimento. Lo affidiamo al Padre perché lo faccia partecipe della comunione senza fine.I funerali sono stati celebrati nella cappella di San Giuseppe della nostra opera di Rivoli. La salma è stata sepolta nel cimitero di Levico, suo paese natale.

P. silvio Fracasso

ë Montebello Vicentino (Vicenza), 25 novembre 1923+ Villa Nueva di Guaymallén (Mendoza - Argentina), 26 gennaio 2011

Padre Silvio Fracasso è nato a Montebello Vicentino il 25 novembre 1923. Ha vissuto il periodo di postulato a Montecchio Maggiore, l’anno di noviziato a Vigone, emettendo la professione religiosa il 29 agosto 1941.Dopo gli studi superiori frequentati a Sommariva Bosco ed a Ponte di Piave, seguì l’esperienza di tirocinio vissuta a Vicenza, durante la quale ha professato in per-petuo, a Oderzo, il 9 agosto 1946. Compiuti gli studi teologici a Viterbo, è stato consacrato sacerdote il 10 marzo 1951. Dopo i primi mesi di apostolato vissuto a Modena, nel 1952 è partito per l’Argen-tina. Dopo aver insegnato a Morrison, nella Colonia Agricola, nel 1956 è in Cile,

a La Punta de San Francisco de Mostazal, in noviziato, quindi a Requinoa, parrocchia e scuola parrocchiale e nel 1959 nuovamente in Argentina, a Villa Nueva de Guayamallén, Hogar del Niño Obrero, poi Instituto Murialdo, impegnato nella scuola secondaria. Nel 1964 è nominato direttore, incarico che riveste fino al 1970.Quindi a Buenos Aires, all’Istituto Cristo Obrero, di cui diviene direttore dal 1973 al 1982. In questo periodo, dal 1976 al 1982, riveste anche la funzione di consigliere e segretario provinciale. Ritorna quindi a Villa Nueva, come direttore; quindi, dal 1988, è parroco a Buenos Aires - Villa Soldati e, dal 1998, è nominato anche direttore.Ha vissuto le ultime due tappe, come collaboratore parrocchiale, prima a Villa Bosch dal 2001 e quindi ancora a Villa Nueva di Guaymallén, dove ha concluso il suo cammino di fedeltà al Signore ed ai fratelli il 26 gennaio 2011.La salma è stata sepolta nel cimitero di Guaymallén (Mendoza).

neLLA cASA deL PAdre

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Dal 2 al 5 gennaio 2011 presso l’Isti-tuto San Pietro in Viterbo si è tenuto l’incontro dei confratelli di voti tempo-ranei presenti nella provincia italiana. Otto confratelli: due della Romania, uno dell’India, uno del Benin, uno del Messico, tre dell’Italia. Tema dell’incon-tro: “La vita interiore”. Hanno guidato la riflessione: p. Giuseppe Fossati, della comunità dell’Istituto, p. Cesare Cotem-me, padre maestro nella sede di Roma, p. Tullio Locatelli, superiore della pro-vincia italiana.

FLASh di VitA

31Vita Giuseppina 2 l 2011Vita Giuseppina 2 l 2011

FLASh di VitA

MONTECCHIO MAGGIORE

VITERBO

Il gruppo “Giovani Famiglie” di Montecchio Maggiore ad Assisi a inizio gennaio. Sulle orme di Francesco e Chiara, un gruppo di una cinquantina di persone ha vissuto una “tre giorni” comunitaria, all’insegna di un ottimo clima di fraternità e tanta allegria. La fami-glia cristiana è la strada maestra per accompagnare i figli nel cammino di fede.

Domenica 16 gennaio le comu-nità religiose dei Giuseppini e delle Murialdine si sono strette attorno alla Comunità dei Lai-ci del Murialdo di Foggia, che ha rinnovato la sua promessa annuale. Il momento è stato preceduto da una riflessione guidata da p. Ferruccio Ca-vaggioni, che ha poi celebrato l’eucaristia assieme a p. Luigi Pierini, ed ha accolto, a nome delle congregazione, la pro-messa dei Laici. Si sono così ri-trovate insieme tre componenti della FdM.

La spiritualità indiana ci invita a vedere l’immagine di Dio in tutti e in ciascuno. Vengod è una zona di missione, dove per-sone di religioni diverse vivono e convivo-no insieme. In Vengod abbiamo da poco tempo una nuova comunità giuseppina. Il lavoro e l’entusiasmo non mancano per i giuseppini presenti accanto ai tanti bambi-ni e giovani di questa parte dell’India.

INDIA

FOGGIA

Domenica 16 gennaio a Montecchio Maggiore, presso l’Istituto Maria Immacolata, le Co-munità Laici del Murialdo del Nord Est si sono ritrovate per una giornata di spiritualità. Padre Rino Cozza ha approfondito il tema “Che Bello! Dio ci Ama”, partendo da alcuni brani dei quattro evangelisti e ci ha fatto scoprire la gioia vissuta dal Murialdo nel sen-tirsi amato in modo tenero, misericordioso, personale.

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FLASh di VitAFLASh di VitA

Vita Giuseppina 2l 2011Vita Giuseppina 2 l 2011

MARINGAUna bicicletta in regalo.Anche quest’anno un gruppo di lai-ci amici del Murialdo ha scoperto, in un semplice gesto di solidarietà, il valore di un’azione indirizzata a costruire un futuro felice per un bambino.Il 15 dicembre 2010, nella casa-scuo-la dei ragazzi di Maringa, nell’am-bito della campagna “Vuoi sponso-rizzare una bicicletta?”, il gruppo è riuscito a sorprendere i bambini donando a loro 17 biciclette. Che bella azione per la vita! I sorrisi e le lacrime di commozione sono stati molti…

pubblicazioni

Continua il lavoro senza sosta dell’ufficio FISEM, a favore della Fundatia Murialdo di Popesti Le-ordeni. Oltre ad aver presentato in questi ultimi mesi diversi progetti sia per la Fondazione sia per la Chiesa locale, a favore degli allievi dei nostri corsi professionali del settore Alberghiero sono stati stipulati accordi di collaborazione con la catena alberghiera Continental, con l’Hotel Capital Pla-za e con il Rin Grand Hotel, uno dei più grandi

hotel dell’Est Europa, situato a pochi chilometri da Popesti Leordeni. Infine, dopo aver aderito alla Camera di Commercio Italiana in Roma-nia, la Fundatia Murialdo ha aderito anche alla Camera di Commercio Norvegese in Romania, quale prima Onlus al suo interno, per poter accedere con maggior facilità ai finanziamenti per il sociale che Nor-vegia, Islanda e Liechtenstein attuano annualmente in Romania.

comunità in preghieraCongregazione di san GiuseppeLEM (Libreria Editrice Murialdo), Roma, 2010.

Tratto dalla prefazione di p. Mario Aldegani, padre generale:Cari Confratelli, in questo anno 2010, 40^ anniversario della Canonizzazione del nostro Fondatore, giunge a compimento un lungo lavoro, frutto della collabora-zione di tanti, già quasi pronto nel 2006 e presentato in bozza al CG di quell’anno. È una nuova edizione del nostro libro di preghiera per la comunità, arricchito, rispetto a quello del 1973 di nuovi schemi e di nuovi formulari, e che raccoglie il meglio del contenuto di “Comunità in Preghiera” e di “Preghiamo con la Rego-la”. Un libro nel segno della tradizione perché, in particolare, accoglie schemi e proposte per le novene in occasione delle nostre ricorrenze; nel segno della novità perché arricchito di nuovi testi e letture, di nuovi formulari, specialmente riferiti al nostro impegno apostolico.

AA.VV.l’emergenza educativaCongregazione di san Giuseppe LEM (Libreria Editrice Murialdo), Roma, 2010.Tratto dalla prefazione di p. Tullio Locatelli, provinciale italiano:Per noi Giuseppini del Murialdo, laici della Famiglia del Murialdo, collaboratori a vario titolo nelle opere giuseppine della Provincia Italiana è del tutto normale parlare di educazione. Si tratta della centralità del nostro carisma, del nostro impegno quotidiano, del servizio reso in molteplici attività e secondo diverse modalità. La presente pubblicazione raccoglie i testi che durante l’anno pasto-rale e comunitario 2009-2010 sono stati inviati alle comunità per una comune riflessione. Si tratta di una serie di riflessioni sia di carattere generale sul tema dell’educazione sia una specifica lettura dello stesso tema alla luce di un parti-colare ambiente educativo.

Sandro Palumbodi terra e di cieloCentro Grafico EdizioniFoggia, 2010.

Sandro Palumbo da sempre è im-pegnato nel mondo della cultura e dell’associazionismo cattolico. Ha fatto parte della commissione famiglia nel convegno ecclesiale “evangelizzazione e promozione umana”.

Tratto dalla prefazione di Mons. Francesco Pio Tamburrino, Arcivescovo:Ho accettato con gioia l’invito dell’amico Sandro Palumbo a proporre questa breve premessa alla raccolta delle sue poesie “Di terra e di cielo”... ric-chissima di vita, di anni di esperienza, di fede, di contemplazione.

Giovanni Di Vecchiaragazzi, questa è la “via”!Luglio EditoreTrieste, 2009.

Tratto dalla prefazione:Il libro affronta il tema della montagna nel contesto educa-tivo-pedagogico di alcuni sacerdoti dell’otto-no-vecento, attraverso la vita, il pensiero e l’opera di questi apostoli dei giovani. Chi non conosce la vita di don Bosco, don Murialdo, don Orione o don Gnocchi! Questi sono stati parte rilevante, con la loro opera, della storia della Chiesa nell’ot-to-novecento, ma non solo. Sono stati apostoli a favore della gioventù. In questo libro l’autore ap-profondisce l’opera di questi Santi, dedicando a San Leonardo Murialdo 4 dei 16 capitoli.

BRASILE

romania

34 Vita Giuseppina 2 l 2011

La figura di san giusePPenegli affreschi di Pietro ivaldi,

il Muto di ToletoLa pittura di Pietro Ivaldi (1810 – 1885), artista nativo di

Toleto di Ponzone (AL), rappresenta un’esigenza comu-nicativa diretta, che si esprime attraverso una gestualità insistita, impossibile da eludere in un rapporto anche su-perficiale con la sua pittura.

Questa gestualità che è la caratteristica stilistica domi-nante della sua arte, è da connettere direttamente alla sua infermità (Pietro viene infatti soprannominato “il Muto” in quanto sordomuto, fin da bambino, in seguito ad uno spavento) e alla pratica del linguaggio dei gesti dei sordomuti di fine 800.

La corrispondenza fra i gesti dei personaggi del Muto e quanto codificato nel linguaggio dei segni, emerge dal-le espressioni del volto, dagli atteggiamenti del corpo, dalle posizioni delle mani, che consentono di riconosce-re nell’artista, oltre che un conoscitore della lingua dei segni, anche un attento osservatore del comportamento umano.

Nel ciclo pittorico dedicato alla vita di Gesù, la gestualità espressa dall’Ivaldi traspare con vigore nei per-sonaggi che riempiono le scene, immagini ora intense ora quasi sfuggenti, a seconda dell’importanza che Pietro ne vuole dare. Proprio San Giuseppe appare il trait-d’union tra le varie raffigurazioni, una figura in evoluzione nella quale l’Ivaldi coglie il simbolo di umanità, rappresentandone il mutare d’aspetto nel volgere del tempo in cui partecipa alla vita di Gesù.

Nello “Sposalizio della Vergine” (Chiesa dell’Assunta, Ovada, 1866/67), Pietro fornisce una immagine di San Giuseppe simile a quella di Raffaello e ben diversa da quella che era stata data dal V secolo in poi, destituita di ogni autorità e relegata come personaggio marginale tra angeli e pastori, bue e asinello. Giuseppe viene dipinto come un uomo di bell’aspetto, alto e dignitoso, a rappresentare il capofamiglia e la sacralità del vincolo del Matrimonio.

Anche nella “Adorazione dei pastori” (Chiesa di S. Urbano, Molare, 1869), Giuseppe appare distaccato rispetto alla Madonna e al Bambino: è posto in piedi ad osservare il Bambino e reca nella mano destra il bastone da cui fiorì il giglio, che lo indicò come prescelto dal Signore come sposo di Maria. Con la mano sinistra accarezza invece teneramente il bue che, posto sulla destra insieme all’asino, sembra attento alla presenza del piccolo Gesù.

Enrico Ivaldi

Torino, 17 marzo 1861: nasceva L’Italia! Centocinquanta anni fa Vittorio Emanuele II, per voto unanime del Parlamento, è proclamato Re d’Italia. Torino è la capitale del Nuovo Regno. Questi saranno anni indimenticabili anche per la Chiesa torinese, per la Chiesa italiana… sono infatti gli anni dei cosidetti “santi sociali”: Cottolengo prete dei malati incurabili; don Murialdo e don Boscopreti dei giovani;Cafasso, il prete della forca; la marchesa Giulia di Barolo e il marito Tancredi, don Orione. Ed ancora don Allamano, Francesco Faà di Bruno, Piergiorgio Frassati…

c o n t r o l u c e

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Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la XIX Giornata Mondiale del Malato - 11 febbraio 2011

“Dalle sue piaghe siete stati guariti” (1 Pt 2,24).

“Cari fratelli e sorelleOgni anno, nella ricorrenza della memoria della Beata Vergine di Lourdes, che si celebra l’11 feb-braio, la Chiesa propone la Giornata Mondiale del Malato. Tale circostanza, come ha voluto il venerabile Giovanni Paolo II, diventa occasione propizia per ri-flettere sul mistero della sofferenza e, soprattutto, per rendere più sensibili le nostre comunità e la società civile verso i fratelli e le sorelle malati. Se ogni uomo è nostro fratello, tanto più il debole, il sofferente e il bisognoso di cura devono essere al centro della nostra attenzione, perché nessuno di loro si senta dimenticato o emarginato; infatti “la misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Questo vale per il singolo come per la società. (…)Desidero esprimere il mio affetto a tutti e a ciascuno, sentendomi partecipe delle sofferenze e delle speranze che vivete quotidianamente in unione a Cristo crocifisso e risorto, perché vi doni la pace e la guarigione del cuore. Insieme a Lui vegli accanto a voi la Vergine Maria, che invochiamo con fiducia Salute degli infermi e Consolatrice dei sofferenti (...)”.

Messaggio integrale su: www.vatican.va

la foto del mese

JoséJoseph

IosifJozefi

“Ci benedica quel caro e venerato S. Giuseppe nel quale, dopo Dio e Maria,

noi mettiamo ogni nostra speranza” (S. L. Murialdo. Epistolario, III, 1069, del 1885)

“Nos bendiga el querido y venerado San José en quien, después de María, ponemos todas nuestras esperanzas”

Abençõe-nos o querido e bem aventurado S. José em quem,

depois de Deus e Maria, colocamos toda nossa esperança”

“May that dear and venerable S. Joseph bless us. In him, after God and Mary, we put all our hope”

“Să vă binecuvânteze bunul şi veneratul Sf. Iosif, în care, după Dumnezeu şi Maria,

noi punem toată speranţa nostra”

“Na bekoftë i Dashuri dhe i Nderuari Shën Jozefi në të cilin, pas Hyjit dhe Marisë, ne vendosim çdo shpresë tonën”

Giuseppe