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46 23 settembre 2008 GDOWEEK Dossier Visual merchandising, l’estetica della relazione per costruire pdv coerenti e in linea con i clienti di Karin Zaghi, SDA Bocconi e Marina Bassi

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Dossier

Visual merchandising,l’estetica della relazioneper costruire pdv coerenti e in linea con i clienti

di Karin Zaghi, SDA Bocconi e Marina Bassi

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LA TRASFORMAZIONE DEL PUNTO D I V E N D I T A I N P I A T T A F O R M ARELAZIONALE EVIDENZIA IL RUOLODEL VISUAL MERCHANDISING NELCOSTRUIRE RELAZIONI CON IL CLIENTE

Si sa, i negozi presentano fortiaffinità con il teatro. Fin dall’in-gresso, lo spazio che si svilup-

pa davanti agli occhi del visitatore èdiviso in due parti distinte: la platea (illuogo dell’osservazione) e la ribalta(il luogo della rappresentazione).Nessuna procedura progettuale nonpuò non tenere conto di questa natu-ra scissa del punto di vendita che di-vide lo spazio in retroscena, ribalta eplatea. I primi due aspetti apparten-gono al retailer-attore, il terzo alcliente-spettatore. Sulla ribalta, il retailer recita la suaparte con un rito linguistico, mimico,espressivo e spaziale ben codificato;così come anche il cliente partecipaalla rappresentazione con un ritualepiù o meno definito all’interno di unrituale di vendita che prevede tempiridotti. Salvo rare eccezioni, tutto av-viene in piedi, sviluppando una visio-ne verticale, ad altezza uomo.

●PUNTO DI CONVERGENZA INTERDISCIPLINARE

Lo store diventa, quindi, un luogo diconvergenza tra architettura e desi-gn. Se, da un lato, l’architettura si oc-cupa dello studio dello spazio oriz-zontale (il movimento, i rapporti inter-personali), dall’altro il design si svi-luppa sulle superfici verticali (la sce-na, la presentazione della merce). Inparticolare, l’interior design ha ilcompito di realizzare i contenitori, l’il-luminazione e quant’altro occorra al-la sistemazione della merce, mentreil visual design si occupa della suavisualizzazione, ossia del display.Una commistione che rende moltocomplesso il progetto di uno store:un disegno di quinte teatrali, di fon-dali e siparietti, basato sui principidella seduzione che ha nella visibilitàil suo rapporto percettivo privilegiato.Un progetto che si fonda sull’elo-

quenza del linguaggio visivo: l’espor-re è destinato a rovesciarsi di conti-nuo nell’attrarre.

●COINVOLGERE IL CLIENTE: DALL’APPROCCIO RAZIONALE …

Una volta definiti gli obiettivi generalidi redditività e differenziazione del-l’offerta, occorre valutare con atten-zione gli effettivi bisogni del cliente eil suo coinvolgimento nell’attività diacquisto, nonché i suoi criteri deci-sionali in modo tale da aiutarlo il piùpossibile nel processo di valutazionee selezione dei prodotti.Com’è noto, l’elemento centrale del-la relazione cliente-prodotto-spazio,necessario per comprendere le mo-dalità con cui l’ambiente influenza icomportamenti di acquisto, è costi-tuito dal coinvolgimento del clienteche può essere, alternativamente,razionale oppure emozionale. In altritermini, il modo con cui egli sceglie divivere l’esperienza di shopping de-termina il grado di attivazione del-l’ambiente, la recettività nei confrontidegli stimoli ambientali e, quindi, lerisposte comportamentali. Un cliente che mostra un coinvolgi-mento prettamente razionale finaliz-za la visita esclusivamente all’ap-provvigionamento dei beni di cui ne-cessita in modo da massimizzare lasua utilità economica, riducendone icosti (monetari e non). In questo ca-so, appena entrato nello store eglidesidera capire immediatamente do-ve dirigersi per effettuare gli acquistiprogrammati e raggiungere rapida-mente il luogo prescelto senza troppiimpedimenti lungo il percorso. Vuole,inoltre, poter valutare con calma iprodotti, maneggiandoli senza osta-coli, ed eventualmente raccogliereinformazioni utili a orientare meglio lascelta, in attesa e/o in assenza del-l’assistenza del personale. È eviden-

Esempi vincenti

Un superstore Esselunga,dal format ormai consolidato.

Kitchen (Mi) pdv per chi amacucinare e vuole design.

Il concept innovativo dellafarmacia Essere Benessere.

L’atmosfera degli storeSephora declina gusto per labellezza, armonia verso sestessi e servizi.

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te che se il punto di vendita è predi-sposto a soddisfare queste neces-sità, si otterranno effetti positivi sulvolume d’affari. Un cliente, che capi-sce chiaramente e velocemente checosa gli si offre, dove, come e a cheprezzo, non ha ulteriori impedimentistrutturali che lo trattengano dal por-tare a termine un acquisto: a quelpunto “la parola va al prodotto” e tut-to dipenderà dal suo appeal. Sono,pertanto, preferibili ambienti chiusi,dove il comportamento è controllatoe influenzato da leve esterne.

●… A QUELLO EMOZIONALEIn questo caso, invece, la visita alnegozio diventa fine a se stessa edè volta a soddisfare bisogni perso-nali, quali l’autogratificazione, lasoddisfazione interiore, il piacere e ildivertimento derivanti dall’esperien-za di acquisto. Gli ambienti aperti incui il cliente può vivere molteplici al-ternative di acquisto, muovendosi inmodo del tutto autonomo senza al-cun controllo esterno, diventano unaprerogativa necessaria per garantir-gli un’esperienza che soddisfi varie-gate esigenze, non solo quelle d’ac-quisto.Stabilito come interagire con il con-sumatore finale, si tratta di definire lamodalità del format.

● L’IDENTITÀ DI INSEGNA Partiamo da una considerazione ap-parentemente semplice: il primo pro-dotto del punto di vendita è la suaidentità, ossia il risultato dell’agirecongiunto di più forze, non più unica-mente riconducibili all’assortimento,al prezzo e alla qualità estetica del-l’allestimento. Da questa considerazione, ne di-scende una seconda altrettanto sem-plice: l’identità del punto di venditanon può che fondarsi su una filosofiaglobale che parte dalla definizionedel target cui rivolgersi per considera-re successivamente lo stile comples-sivo che si vuole comunicare, il tipo diprodotti da proporre e, soprattutto, iltipo di cultura aziendale, cioè il valoreche l’azienda vuole offrire al cliente.

● DEFINIRE IL CONCEPT Chiarita l’identità d’insegna, seguen-do una logica di comunicazione inte-grata, diventa essenziale creare ilconcept, una linea guida chiara,esplicita, condivisibile per la caratte-rizzazione dello spazio verso cui farconvergere tutte le scelte di comuni-cazione: dal design esterno a quellointerno, dalla pubblicità alle promo-zioni, dal packaging della marcacommerciale al display. Tutto deve essere progettato e imple-

mentato in modo coerente per diffe-renziare in via esclusiva e duratura ilpunto di vendita rispetto ai concor-renti. La definizione del concept,quindi, presuppone la conclusione diun percorso di analisi che porta allarappresentazione dell’immagine delpunto di vendita agli occhi del cliente.Pur prendendo spunto da dati ogget-tivi (quali l’analisi della concorrenza eil posizionamento sul mercato), ilconcept è in larga parte intuitivo, par-tendo da considerazioni esteticheche possono condurre all’innovazio-ne di design. In effetti, la sua progettazione risultacomplessa e articolata: seppur voltoa ottimizzare la redditività aziendale,deve mantenere una forte focalizza-zione sul cliente, cercando di massi-mizzarne la soddisfazione relativa-mente all’attività di shopping.

●GLI ELEMENTI DEL DESIGN MIXSi tratta a questo punto di combina-re intenti in modo da armonizzaretutti gli elementi che definiscono ildesign mix, in termini di:■ performance, strettamente connes-sa all’efficacia delle ricerche dimarketing nella valutazione delleaspettative, funzionali e non, del tar-get;■ qualità, determinante nella scelta

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In questo caso, i singoli responsabili di punto di vendita sono tenuti a seguirerigidamente tutte le scelte di store designstudiate per la catena. A loro supporto, viene fornito un manualeoperativo -il visual book-, che in misuraestremamente dettagliata consente allacentrale di trasferire a valle tuttele istruzioni necessarie a implementarel’intero progetto, da un punto di vistastrutturale e gestionale, nell’ambitodell’attività di visual merchandising.

Il format di H&M, definito a livellocentrale in Svezia e implementato nei singoli Paesi

Per anticipare i cambiamenti di mercato, Salmoiraghi & Viganòha definito alla fine del 2007 un nuovo concept di boutique(vedi GGddoowweeeekk 449, pag.31).

Zara sviluppa nel mondo un format identico. Gli shop-in-shop talvolta diventano in stand alone.

Modalità digestione dellereti: da quellacentralizzata...

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dei materiali e delle finiture ai fini del-la corretta comunicazione dell’iden-tità d’insegna;■ durata, soprattutto “visiva”, per limi-tare il rischio di rapida obsolescenzadel progetto finale;■ aspetto, connesso all’unicità delleforme e degli stili per una presenta-zione piacevole e distintiva dei pro-dotti che soddisfi le richieste deiclienti e al contempo si differenzi inmodo significativo rispetto ai concor-renti;■ costo, influenzato necessariamen-te da limiti di budget, ma anche davalutazioni sul valore complessivodel progetto che dovrà soddisfare leesigenze del target che ne usufruirà.Dalla fase di raccolta e analisi delleinformazioni a quella più operativa diprogettazione e gestione della realiz-zazione risulta essenziale seguire unprocesso predefinito che identifichi inmodo chiaro fasi, attività, responsa-bilità e tempi, garantendo una co-stante interazione tra store designere azienda.

●APPLICARE IL CONCEPT ALLA RETE

Se il progetto riguarda una rete di ne-gozi occorre valutare l’eventualeuniformità o meno delle singolerealtà. Per questo, alcune aziende

optano per la realizzazione di storepilota, che fungono da banco di pro-va per i progettisti nel definire un for-mat che verrà, successivamente,clonato su tutta la rete. Il principale vantaggio di ambienti co-sì predefiniti risiede nella garanzia diriuscire a sviluppare un’immaginecoordinata e coerente con l’identitàdell’insegna.Numerosi sono, tuttavia, gli svantag-gi. Innanzitutto, un’eventuale ristrut-turazione dovuta all’evoluzione del-l’ambiente competitivo dovrebbe ri-guardare tutta la rete, con il risultatodi rivelarsi onerosa per l’azienda.Inoltre, l’uniformità dei progetti portaa un’eccessiva rigidità, non consen-tendo di valutare le peculiarità dei lo-calismi legati ai diversi bacini di at-trazione della rete. Ne conseguel’impossibilità di gestire l’attività di vi-sual merchandising in un’ottica di mi-cro-marketing, condizione necessa-ria per migliorare le performanceaziendali e la soddisfazione delcliente. Allo stesso modo, la lonta-nanza dei progettisti rispetto allespecificità locali non permette dicomprendere appieno e in temporeale le preferenze e le necessitàmutevoli dei clienti.Alla luce di tali limiti, molte catenedecidono di decentralizzare lo store

design mediante il ricorso a progetti-sti locali, giungendo in tal modo aproporre un’elevata varietà di con-cept a livello di rete. In questo caso,i progetti sono prettamente territoria-li e presentano materiali, arredi e so-luzioni di visual merchandising forte-mente contestualizzate. Naturalmente, il principale svantag-gio che ne deriva è insito nell’effettodi totale incongruità ed incoerenzadell’immagine dei punti di venditache compongono la rete rispetto all’i-dentità d’insegna.

●OLTRE CENTRALIZZAZIONE E DECENTRALIZZAZIONE

Esiste, infine, un approccio mistoche tenta di conciliare i vantaggi del-le due soluzioni -totale centralizza-zione e decentralizzazione- mitigan-do, al contempo, i relativi svantaggi.Di fatto, molte aziende sono costret-te a intraprendere questa strada acausa di una non uniformità pregres-sa della propria rete.

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Obiettivo: aumentare il grado diattrazione dei pdv, grazie a una maggiorecapacità di adattarsi ai localismi delladomanda e alle peculiari esigenze deiclienti dei relativi bacini di attrazione.

Molte catene di ipermkt e superpreferiscono adottare soluzioniintermedie: creano un concept, lo modulano in una rosa di progetti e lo adattano a strutture e territorio. Pur in assenza di un’uniformitàprogettuale, è assicurato un certo gradodi consistenza dell’immagine della reterispetto all’identità d’insegna.

Trony è un buon esempio di format che si adatta al territorio.

Iper lascia grande indipendenza ai suoi store di testare corner, spesso riproposti sull’intera rete.

Il format Simply, identico in Italia, all’estero subisce trasformazioni in funzione del Paese.

...a quelladecentralizzata,fino a quellamista

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Per saperne di più:Karin ZaghiAtmosfera e visual merchandising:ambienti, relazioni ed esperienzeCollana Osservatorio Retailing, Franco Angeli, Milano, 2008

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Ideato nel 2002, il Multispace Mi-ni è stato compiutamente realiz-

zato nel gennaio 2003 e ancoroggi rappresenta l’unico progettopilota BMW in Europa. Gli studidi fattibilità del progetto si sonoessenzialmente concretizzatinella definizione del posiziona-mento della marca Mini, al fine dicreare uno store innovativo cheprescindesse dal target tipica-mente dell’auto e potesse arric-chirsi grazie alle altre attivitàpresenti all’interno dello stessospazio. 0Nel dettaglio, l’interven-to ha recuperato la superficie dicirca 2.500 mq di un’autorimessaanni Cinquanta situata in centroa Milano per trasformarla in unospazio commerciale di nuova ge-nerazione.

● SPAZIO APERTO CON STORE ABBINATI

Si tratta di uno spazio aperto cheabbina insieme diverse realtàeconomiche e di vendita, metten-

dole in sintonia e comunicazionesecondo la chiave di un conceptstore:■ Habits Culti (boutique, emporiodi oggetti, complementi di arredo,fiori, essenze, prodotti per il corpoe trattamenti nella Day Spa);■ Noy, sofisticato caffè ristorantee ■ l’esposizione Mini Space Am-bros Saro.

● OBIETTIVI DEL PROGETTOIl progetto origina, infatti, dall’esi-genza di creare un ambiente cherendesse il mondo “Mini” unico esingolare, ma, nel contempo, svi-luppasse forti interazioni sinergi-che con realtà profondamente di-verse, con un comune denomina-tore riassumibile nei concetti dibenessere, piacere e personaliz-zazione.L’unica difficoltà riscontrata du-rante la realizzazione del progettoè stata prevalentemente di carat-tere architettonico: nasceva la ne-cessità di creare uno spazio che

contenesse tre insegne diversesenza che nessuna predominas-se, con l’idea di fondo di offrire alcliente la possibilità di visitare Ha-bits Culti, essere incuriosito daMini, fermarsi a pranzo o a cenada Noy e concedersi il massimodel relax nel centro benessereDay Spa. Ecco dunque che lo spazio èaperto e fluido, unificato da per-corsi comuni, dove nei passaggida un’attività all’altra non ci sonobarriere, ma vetrine; il filo condut-tore è il piacere, il benessere, ildesign e le emozioni che ruotanoattorno all’acquisto. In pratica, il Multispace Mini, Ha-bits Culti, Day Spa Culti, Noy rap-presenta una convivenza polisen-soriale che rientra in un quadro disinergie aziendali e di marketingben congegnate, perché si rivolgea un pubblico raffinato e sensibilea proposte così diverse. Una con-vivenza che rappresenta una sfi-da per chi è coinvolto e, allo stes-so tempo, un modello da studiareper altre zone o città.

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Un ambiente multisensoriale:il Multispace Mini, che va oltreil brand dell’automobile

Si tratta di un’esperienza unica e non replicata, chegarantisce valore al marchioattraverso diverse opzioni

IL GIUDIZIO DIIl coinvolgimento del consumatore nell’espe-rienza di shopping tocca un numero crescen-te di elementi, dall’accessibilità, alla visione, al-la valutazione delle alternative fino all’acquisto.Tutto deve essere strategicamente predefinito,affinché il pdv e i relativi prodotti possano gio-care il loro ruolo in tutte le loro possibilità.