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Visita ad limina dei vescovi del Perù (2-23 maggio 2009) SPECIALE SEDOC INDICE Repubblica del Perù Cenni storici e quadro-socio-politico Struttura ecclesiastica Le circoscrizioni ecclesiastiche Intervista con mons. Héctor Miguel Cabrejos Vidarte Presidente della CEP La vita della Chiesa Le viste ad Limina Giovanni Paolo II e il Perù La Repubblica del Perù Superficie 1.285.216 kmq Confini e territorio. Confina a Nord con l'Ecuador e con la Colombia, a Est con il Brasile, a Sud-Est con la Bolivia e a Sud con il Cile; a Ovest è bagnato dall'Oceano Pacifico. È attraversato da Nord a Sud dalla Cordigliera delle Ande che si divide in catene parallele (Cordillera Occidental, Central e Oriental) con cime elevate e coni vulcanici. Le catene si riuniscono nel Cerro de Pasco (4338 m) prima di separarsi nuovamente nella Cordigliera Orientale e in quella Occidentale racchiudenti un vasto altopiano accidentato (altopiano del Perú), a Sud-Est del quale si trova il lago Titicaca. Il clima sulla costa è arido e fresco; la pianura interna ha clima equatoriale. Capitale Lima Popolazione 27.950.000 ab. Lingua spagnolo, aymará, quechua (ufficiali) Religione cattolici 88,2% (24.638.000—AS) minoranza protestante (meno del 10%) Forma di Governo Repubblica presidenziale Presidente Alan García (APRA), eletto il 4 giugno 2006 Primo Ministro Jorge Del Castillo Gálvez, dal 28 luglio 2006 Unità monetaria nuovo sol Indice di sviluppo umano 0,767 (82 ° posto) Membro di OAS , ONU e WTO , associato Mercosur Cenni storici e contesto socio-politico Terzo per estensione tra gli Stati sudamericani e il più grande degli Stati andini, erede della civiltà incaica e centro della colonizzazione spagnola in America Meridionale, il Perù è stato segnato dopo l'indipendenza da un forte dominio dell'oligarchia terriera e da squilibri economici e politici. Il Paese è stato a lungo soggetto a regimi militari e solo nel 1980, con l’approvazione di 1

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Visita ad limina dei vescovi del Perù (2-23 maggio 2009) SPECIALE SEDOC

INDICE Repubblica del Perù Cenni storici e quadro-socio-politico Struttura ecclesiastica Le circoscrizioni ecclesiastiche Intervista con mons. Héctor Miguel Cabrejos Vidarte Presidente della CEP La vita della ChiesaLe viste ad LiminaGiovanni Paolo II e il Perù

La Repubblica del Perù

Superficie 1.285.216 kmqConfini e territorio. Confina a Nord con l'Ecuador e con la Colombia, a Est con il Brasile, a Sud-Est con la Bolivia e a Sud con il Cile; a Ovest è bagnato dall'Oceano Pacifico. È attraversato da Nord a Sud dalla Cordigliera delle Ande che si divide in catene parallele (Cordillera Occidental, Central e Oriental) con cime elevate e coni vulcanici. Le catene si riuniscono nel Cerro de Pasco (4338 m) prima di separarsi nuovamente nella Cordigliera Orientale e in quella Occidentale racchiudenti un vasto altopiano accidentato (altopiano del Perú), a Sud-Est del quale si trova il lago Titicaca. Il clima sulla costa è arido e fresco; la pianura interna ha clima equatoriale.Capitale Lima

Popolazione 27.950.000 ab.Lingua spagnolo, aymará, quechua (ufficiali)Religione cattolici 88,2% (24.638.000—AS) minoranza protestante (meno del 10%)

Forma di Governo Repubblica presidenzialePresidente Alan García (APRA), eletto il 4 giugno 2006Primo Ministro Jorge Del Castillo Gálvez, dal 28 luglio 2006

Unità monetaria nuovo sol Indice di sviluppo umano 0,767 (82 ° posto)Membro di OAS , ONU e WTO , associato Mercosur

Cenni storici e contesto socio-politico

Terzo per estensione tra gli Stati sudamericani e il più grande degli Stati andini, erede della civiltà incaica e centro della colonizzazione spagnola in America Meridionale, il Perù è stato segnato dopo l'indipendenza da un forte dominio dell'oligarchia terriera e da squilibri economici e politici. Il Paese è stato a lungo soggetto a regimi militari e solo nel 1980, con l’approvazione di una nuova Costituzione, il potere è ritornato ai civili. Nello stesso anno è sorta l’organizzazione maoista Sendero Luminoso, la cui azione armata, duramente repressa dalle forze governative, ha causato migliaia di vittime. Il terrorismo e l'iperinflazione degli anni 1980-90 hanno favorito una nuova svolta autoritaria. Attuando di fatto un "golpe bianco", il Presidente Alberto Fujimori ha sciolto il Parlamento (6 aprile 1992) e promosso una nuova Costituzione che ha ampliato i poteri del Presidente, ma è stato costretto alle dimissioni nel 2000, dopo essere stato coinvolto in scandali politico-finanziari.

secc. XII-XVI Apogeo dell'impero inca. 1532 Il conquistador spagnolo Francisco Pizarro sconfigge il re Atahualpa e si impossessa dell'intero impero inca, fondando Lima (1535). 1542 Creazione del vice-regno del Perú sotto Carlo V, che controlla tutta l'America Meridionale spagnola.

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1739-1776 Distacco di Cile, Nuova Granada e Plata. 1778-1783 Rivolta degli indios guidati da Tupac Amaru, soffocata nel sangue. 1821 J. de San Martín proclama a Lima l'indipendenza del Perú dalla Spagna. 1822-1825 Guerra d'indipendenza con la Spagna, conclusa con la vittoria di Ayacuche (1824), sotto la guida di Simón Bolívar e A.J. de Sucre. Separazione del Perú settentrionale (che diventa la Bolivia). 1845-1862 Presidenze del generale R. Castilla, che libera gli schiavi neri, affranca gli indios dal tributo, promuove lo sfruttamento del guano e la scoperta di giacimenti di nitrato. 1879-1883 Guerra di Perú e Bolivia contro il Cile per il controllo di giacimenti di nitrato e completa disfatta delle truppe peruviane. 1919-1930 Dittatura di Augusto B. Leguía y Salcedo: massiccia penetrazione di capitale statunitense. 1930 Entra sulla scena politica peruviana l'APRA , che coinvolge le masse indigene con un programma nazionalista e populista. 1941-1942 Guerra con l'Ecuador per i territori amazzonici. 1945-1948 Presidenza democratica di J.L. Bustamante. 1948-1956 Dittatura del generale M. Odría. 1956-1962 Presidenza liberal-conservatrice di M. Prado y Ugarteche, appoggiata dall'APRA. 1963 Elezione alla presidenza di Fernando Belaúnde Terry, democristiano riformista. 1968 Governo militare radicale di sinistra con a capo J. Velasco Alvarado; nazionalizzazione del petrolio e delle banche, contrasti con gli USA. 1980 Il programma liberal-democratico del rieletto Terry naufraga di fronte alla miseria dilagante e alla guerriglia maoista di Sendero Luminoso. 1985 Mandato presidenziale di Alan García, leader dell'APRA: un mal gestito programma di interventi pubblici in economia, la vasta corruzione, il controllo dei senderisti (che portano la guerriglia nei centri urbani) di intere regioni, precipitano il Perú nel caos. 1990-1993 Il candidato indipendente Alberto Fujimori vince a sorpresa le presidenziali. Per superare la forte opposizione politica e popolare suscitata dalla sua draconiana politica di austerità e privatizzazioni, col sostegno dell'esercito sospende la costituzione e scioglie il Congresso (1992). Viene arrestato il capo di Sendero Luminoso Abimael Guzmán. Una nuova costituzione rafforza di molto i poteri presidenziali (1993). 1995 Nuovi successi sul fronte della lotta al terrorismo e il risanarsi della situazione economica portano alla rielezione di Fujimori, che accentua i tratti personalistici del suo regime. 1997 Dopo 4 mesi di assedio si conclude il sequestro di 72 persone nell'ambasciata giapponese a Lima da parte di 14 guerriglieri del Movimento Rivoluzionario Tupac Amaru, che vengono uccisi dalle forze speciali dell'esercito. 1998 L'opposizione cerca di impedire a Fujimori di correre per la terza volta per la presidenza mediante un referendum. Si moltiplicano i casi di violazione dei diritti umani. 1999 L'ostinazione di Fujimori spacca drammaticamente il paese, riportandolo sull'orlo della guerra civile. Abbandonato anche dai partner internazionali – che vedrebbero con favore un cambiamento alla guida del Perù – Fujimori non è disposto tuttavia a lasciare il potere. 2000 Il primo turno delle elezioni presidenziali, svoltosi sotto il controllo del potente apparato di regime, vede prevalere Fujimori sul suo sfidante Alejandro Toledo. Travolto dagli scandali di corruzione il presidente peruviano invia le sue dimissioni al presidente del Congresso Valentin Paniagua. Il Parlamento vota la sua destituzione dalla carica di capo dello Stato. Il Congresso designa in seguito Paniagua presidente del Paese ad interim, nominando Javier Pérez de Cuellar capo del governo di transizione. 2001 Si svolge il ballottaggio per l'elezione del presidente della Repubblica. Alejandro Toledo, candidato di Perù Posible, prevale su Alan Garcìa, leader del Partido Aprista Peruano. 2002-2003 La grave situazione economica che grava sul Paese è per Toledo uno dei problemi più urgenti da affrontare. Per questo motivo vara un piano economico di impronta neoliberista che ha però ricadute pesanti sugli strati meno abbienti della popolazione. Nel 2003, in seguito a un'ondata di scioperi per protestare contro la politica economica del governo, Toledo dichiara lo stato d'emergenza, poi revocato per le numerose contestazioni. Successivamente il governo si dimette per protesta contro il piano fiscale presentato dal presidente, che nomina Primo Ministro Beatriz Merino, costretta a dimettersi in dicembre. Al suo posto vviene nominato Carlos Ferrero Costa. Sempre nel dicembre 2003 il Paese entra nel Mercosur come membro associato. 2005 Ferrero Costa si dimette, per contrasti con il presidente sulla nomina del ministro degli esteri, e al suo posto viene nominato Pedro Kuczynski.2006 In giugno si svolgono le elezioni presidenziali, vinte da Alan Garcia. A giugno il Parlamento approva, nonostante l'ostilità di parte della popolazione, il Trattato di libero scambio con gli Stati

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Uniti, prevedendo anche aiuti economici per gli agricoltori che potrebbero trovarsi danneggiati dalla liberalizzazione del mercato. Nel settembre, nell'ambito di una serie di accordi di cooperazione bilaterale con il Brasile, il Paese decide di adottare il "Sistema di vigilanza dell'Amazzonia" (SIVAM), un sistema di sorveglianza militare finalizzato a un maggiore controllo del traffico di droga e dello sfruttamento illegale delle risorse forestali.2008 Con un colpo di mano posto in essere dal presidente Alan García il governo dà il via libera al ritorno dei giudici militari responsabili delle peggiori violazioni dei diritti umani durante gli anni di governo di Fujimori.(Fonti: De Agostini; Sapere.it)

LA CHIESA IN PERÙ

STRUTTURAConferenza episcopale:

Conferencia Episcopal Peruana (CEP)

Presidente Mons. Héctor M. Cabrejos Vidarte, OFM,

arcivescovo di Trujillo

1°Vice-presidenteCard. Juan Luis Cipriani Thorne,

arcivescovo di Lima2° Vice-Presidente

Mons. Salvador Piñeiro García Calderónordinario militare e vescovo di Lurìn

Segretario generaleMons. Lino Panizza Richero, OFM Cap

vescovo de CarabaylloNunzio apostolico

Mons. Bruno Musarò, Arciv. tit. di Abari

La Conferenza episcopale opera attraverso una Commissione permanente, una Segreteria generale, un’assemblea che si riunisce due volte l’anno, 15 Commissioni (Dottrina della Fede, Clero, Gioventù, Apostolato dei Laici, Azione Sociale, Famiglia Infanzia e Vita, Catechesi, Pastorale Biblica e Pastorale Indigena, Educazione e Cultura, Missioni, Comunicazione sociale, Caritas, Pastorale della Salute, Mobilità umana e Apostolato del Mare, Beni culturali della Chiesa) e due dipartimenti (Salute, Mobilità umana). Altri organismi centrali dipendenti dalla Conferenza episcopale sono: la Campagna di solidarietà Compartir, la sezione peruviana della Riial (Rete informatica dell'America latina) e l'Ufficio Stampa che pubblica un notiziario quotidiano sul sito dei vescovi http://www.iglesia.org.pe/

CIRCOSCRIZIONI ECCLESIASTICHE

La Chiesa peruviana conta 7 arcidiocesi, 19 diocesi, 10 prelature territoriali, 8 vicariati apostolici, più un Ordinariato militare, per un totale di 45 circoscrizioni ecclesiastiche. Più della metà delle parrocchie sono ubicate nelle parti interne del Paese, molte in località remote e di difficile accesso.

Arcidiocesi metr. di Arequipa Mons. Javier A. DEL RÍO ALBA

Diocesi di PunoMons. Jorge Pedro CARRIÓN PAVLICHDiocesi di Tacna e MoqueguaMons. Antonio CORTEZ LARAPrelatura territoriale di Ayaviri: Mons. Kay Martin SCHMALHAUSEN PANIZOPrelatura territoriale di ChuquibambaMons. Mario BUSQUETS JORDÁ

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Prelatura territoriale di Juli Mons. José María ORTEGA TRINIDAD

Arcidiocesi metr. di Ayacucho o Huamanga Mons. Luis Abilio SEBASTIANI AGUIRRE

Diocesi di HuancavelicaMons. Isidro BARRIO BARRIOPrelatura territoriale di CaravelíMons. Juan Carlos VERA PLASENCIA

Arcidiocesi metr. di Cuzco Mons. Juan. Antonio UGARTE PÉREZ

Diocesi di Abancay Mons Isidro SALA RIBERAPrelatura territoriale di ChuquibambillaMons Domenico BERNI LEONARDI, O.S.A.Prelatura territoriale di SicuaniMons Miguel LA FAY BARDI, O.Carm.

Arcidiocesi metr. di Huancayo Mons Pedro Ricardo BARRETO JIMENO

Diocesi di HuánucoMons Jaime RODRÍGUEZ SALAZAR, M.C.C.I.Diocesi di TarmaMons Richard Daniel ALARCÓN URRUTIAArcidiocesi metr. di Lima card. Juan Luis CIPRIANI THORNE

Diocesi di Callao Mons Miguel IRIZAR CAMPOS, C.P.Diocesi di CarabaylloMons Lino PANIZZADiocesi di Chosica NorbertMons Klemens STROTMANNDiocesi di HuachoMons Antonio SANTARSIERO ROSADiocesi di IcaMons Héctor Eduardo VERA COLONADiocesi di LurínMons Carlos GARCÍA CAMADERPrelatura territoriale di YauyosMons Ricardo GARCÍA GARCÍA

Arcidiocesi metr. di Piura Mons José Antonio EGUREN ANSELMI

Diocesi di Chachapoyas Emiliano Mons Antonio CISNEROS MARTÍNEZ, Diocesi di Chiclayo: Mons Jesús MOLINÉ LABARTEDiocesi di ChulucanasMons Daniel Thomas TURLEY MURPHYPrelatura territoriale di Chota: Mons Fortunato Pablo URCEY

Arcidiocesi metr. di Trujillo

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Mons Héctor Miguel CABREJOS VIDARTE

Diocesi di CajamarcaMons José Carmelo MARTÍNEZ LÁZARODiocesi di Chimbote Mons Ángel Francisco SIMÓN PIORNO.Diocesi di HuarazMons José Eduardo VELÁSQUEZ TARAZONA.Diocesi di HuaríMons Ivo BALDI GABURRI.Prelatura territoriale di HuamachucoMons Sebastián RAMIS TORRENS, T.O.R.Prelatura territoriale di MoyobambaMons Rafael Alfonso ESCUDERO LÓPEZ-BREA

Vicariati apostolici imm. soggetti alla Santa Sede:

Vicariato apostolico di IquitosMons Julián GARCÍA CENTENOVicariato apostolico di Jaén in Perù o San Francisco JavierMons Santiago María GARCÍA DE LA RASILLA DOMÍNGUEZ, S.J.Vicariato apostolico di PucallpaMons Gaetano GALBUSERA FUMAGALLI, S.D.B.Vicariato apostolico di Puerto MaldonadoMons Francisco GONZÁLEZ HERNÁNDEZ, O.P.Vicariato apostolico di RequenaMons Juan Tomás Oliver CLIMENT, O.F.M.Vicariato apostolico di San José de AmazonasMons Alberto CAMPOS HERNÁNDEZ, O.F.M.Vicariato apostolico di San RamónMons Gerardo Antonio ZERDÍN BUKOVEC, O.F.M.Vicariato apostolico di YurimaguasMons José Luis ASTIGARRAGA LIZARRALDE, C.P.

Ordinariato militare in PerùMons Salvador PIÑEIRO GARCÍA-CALDERÓN.

(Fonte: http://www.iglesia.org.pe/ )

Intervista con mons. Héctor Miguel Cabrejos Vidarte, arcivescovo di Trujillo e Presidente della CEP

Come vedono i vescovi peruviani questa visita e l’incontro con il Santo Padre Benedetto XVI?

(...) Come a un incontro di comunione con il successore di Pietro, per mostrare la loro adesione filiale e accogliere il suo messaggio e le sue riflessioni che gli spettano in quanto capo visibile della Chiesa universale (.) per confermare i fratelli nella fede, secondo il mandato dato da Gesù a Pietro. Credo che questa sia la cosa più grande, sublime e bella di una visita ad limina: l'incontro con Pietro che ci conferma nella fede e nel nostro lavoro pastorale, nel lavoro della Missione Continentale in cui siamo tutti impegnati in America Latina e nei Carabi, compresa la Conferenza episcopale peruviana (.).

Questa visita è anche un’occasione per conoscere la situazione e le sfide delle Chiese particolari: qual è l’attuale situazione della Chiesa peruviana?

(...) La Chiesa in Perù può essere vista da diverse angolazioni. C'è l'aspetto dell'impegno o della sfida dell'evangelizzazione e della missione. Come ho accennato, tutta la Conferenza episcopale è impegnata nelle varie giurisdizioni ecclesiastiche a dare forma a questa Missione

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che chiamiamo continentale, ma che vuole essere allo stesso tempo permanente (...). Essa è solo l'inizio (.). C'è poi la preoccupazione pastorale per la diffusione delle sètte in America Latina e anche in Perù, a cui la Conferenza di Aparecida ha cercato di dare una risposta (.) In terzo luogo, abbiamo una sfida che riguarda la Dottrina Sociale della Chiesa, (.): c'è un alto tasso di povertà e di miseria che prescinde dalla crisi finanziaria mondiale e dalla realtà latino-americana. (.). È una sfida che interpella anche la Chiesa, perché l'evangelizzazione non può prescindere dalla promozione integrale della persona: è salvezza e incontro con Cristo, ma è anche formazione integrale dell'essere umano. Ci sono quindi diverse prospettive e sfide che illustreremo al Santo Padre, insieme a un'altra preoccupazione: il problema della famiglia e quello della globalizzazione. Come in altri Paesi, c'è la sfida della promozione della famiglia (.), della vera formazione dell'essere umano. Il Perù, in modo particolare, ha poi il problema dell'educazione a tutti i livelli (quella primaria, quella secondaria e a livello professionale). (.) Sono realtà che faremo presenti al Santo Padre, che certamente già le conosce (.), durante questa visita ad limina.

Ci ha dato una panoramica abbastanza ampia, evidenziando in particolare la necessità di fare conoscere la Dottrina Sociale della Chiesa e il suo impegno in questo ambito. A questo proposito, alla plenaria dello scorso gennaio i vescovi hanno affrontato il tema della formazione dei laici, dell’identità, dell’impegno e della missione. Come possono contribuire i laici nella missione evangelizzatrice della Chiesa?Come sapete il punto di partenza di tutte le nostre riflessioni è Aparecida che dà una grande importanza al laicato, perché il laico è (…) chiamato a cambiare la realtà in cui vive. Così Aparecida ha scelto di puntare sulla formazione dei laici (…). Oggi più che mai essi sono chiamati a trasformare le realtà umane e sociali, perché siano basate sul Vangelo e sui valori cristiani. È anche una questione di corresponsabilità: (…) la Chiesa è chiamata a rispondere alle inquietudini dell’uomo e alla sua sete di Dio e in questo il laico ha un ruolo molto importate. Alla nostra assemblea plenaria, come ad Aparecida, abbiamo parlato di questo: uno dei punti centrali è stata la formazione del laico a questo impegno dell’evangelizzazione.

La difesa della famiglia e della vita e molti problemi sociali, come la povertà e l’esclusione hanno a che vedere con la gestione del potere. Esiste un impegno dei laici cattolici per il Bene Comune dei peruviani?

Credo francamente di sì. (…) In Perù, come in tutta l’America Latina, c’è molta gente impegnata a diversi livelli, grandi movimenti laicali e istituti secolari in cui i laici hanno una voce importante. (…) La risposta del mondo laico è positiva (…). L’importante per noi è che essa abbia effetti a livello politico (…) La risposta è buona, anche se resta ancora molto da fare.

Il Papa Benedetto XVI nei suoi anni di pontificato ha dato molta importanza ai giovani. Come si lavora e qual’è la situazione della pastorale giovanile, ma anche delle vocazioni in Perù?Sì, Benedetto XVI, come Giovanni Paolo II, riserva una particolare attenzione ai giovani che sono al centro delle preoccupazioni (della Chiesa), perché il giovane di oggi è l’uomo maturo di domani e il Perù, come tutta l’America Latina e i Carabi, è un Paese con una netta prevalenza di bambini e giovani. A differenza di altre parti del mondo, qui sono più numerosi degli adulti. (…) Nella mia esperienza, la pastorale partecipativa proposta dalla Chiesa in Perù ha ottenuto una risposta positiva e promettente, che si riflette anche nella crescita vocazionale. Uno dei fenomeni più interessanti della Chiesa in Perù in questi ultimi anni è l’aumento delle vocazioni al sacerdozio diocesano (…). In passato la crescita riguardava soprattutto le vocazioni alla vita consacrata. Ci sono quindi motivi di speranza, anche se si può fare di più. (…) In questo senso, credo che l’Anno del Sacerdozio indetto dal Santo Padre sarà un anno molto importante per le vocazioni giovanili.

LA VITA DELLA CHIESA

In vista delle presidenziali del 1995 i vescovi peruviani invitano a un voto responsabile

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LIMA, 24 nov 94 - I vescovi del Perù, in vista delle elezioni della prossima primavera, auspicano che si vada al voto in maniera responsabile e che, nella scelta dei candidati, si badi soprattutto alle loro qualità umane e alla loro competenza. in una dichiarazione resa nota ieri i vescovi peruviani chiedono altresì che la campagna elettorale si svolga nella trasparenza e che ad ogni candidato sia data la pari opportunità di illustrare il proprio programma. punti qualificanti di esso debbono essere tutti quei mezzi che possono sconfiggere l'ingiustizia, la povertà, la fame, la disoccupazione, il narcotraffico e gli altri mali che travagliano la società peruviana. tra questi, in particolare il terrorismo che da 15 anni insanguina il perù e che per combatterlo efficacemente sono necessarie la giustizia e la solidarietà.

Il Card. Alzamora sulle elezioni del 1995 LIMA, 13 dic 94 - Il cardinale Augusto Vargas Alzamora di Lima ha esortato i candidati alle prossime elezioni presidenziali e i cittadini peruviani a partecipare con onestà e responsabilità alla campagna elettorale. nel corso della messa da lui celebrata per la solennità dell'Immacolata Concezione, nella cattedrale di lima, il porporato ha detto che il voto non e' solo un diritto, ma anche un dovere, poiché è in gioco il futuro del Paese. Nell' omelia egli ha fatto ampio riferimento ad un recente documento dei vescovi peruviani. In esso i presuli chiedevano "il rispetto di alcuni valori supremi in questa campagna elettorale" e in modo particolare "la garanzia dei diritti inalienabili dell'uomo e della famiglia come cellula fondamentale della società", sottolineando che le proposte elettorali dei candidati "dovrebbero offrire soluzioni concrete ai gravi problemi del Paese", quali "l'ingiustizia, la povertà, la fame, la disoccupazione, il terrorismo, il traffico di stupefacenti, la corruzione e l'emarginazione". essi hanno inoltre esortato i peruviani ad adoperarsi per la riconciliazione, che, hanno detto, può essere ottenuta "solo nella verita', nella giustizia e nella misericordia". I due principali candidati alle elezioni politiche, previste per il prossimo 7 aprile, sono l'attuale capo del governo, Alberto Fujimori, e l'ex Segretario Generale delle Nazioni Unite, Javier Perez de Cuellar.

La lotta contro la povertà dovrà essere il compito prioritario del prossimo presidente del Perù, affermano vescovi del Paese LIMA, 27 mar 95 - La lotta contro la povertà dovrà essere il compito prioritario del prossimo presidente del Perù. lo sottolineano i vescovi peruviani in una dichiarazione resa nota il 21 marzo dal segretario generale della conferenza episcopale del Perù, mons. Miguel Irizar Campos. Anche se negli ultimi anni il paese ha conosciuto cambiamenti positivi, si legge nel documento, "la povertà è ancora un problema drammatico che affligge gran parte della popolazione, mentre alcuni settori della società si arricchiscono sempre di più". questa grave piaga sociale - aggiungono i vescovi - non è solo il risultato della politica economica condotta dal governo per combattere l'inflazione, "ma è anche la conseguenza della corruzione e della disonestà". Essi esortano quindi i candidati ad essere "onesti, responsabili e aperti nel presentare programmi elettorali fattibili". Le elezioni presidenziali in Perù si terranno il prossimo 9 aprile. Tra i favoriti, secondo gli ultimi sondaggi, vi è l'attuale Presidente della Repubblica, Alberto Fujimori.

I vescovi peruviani criticano programma di pianificazione familiare del governo FujimoriLIMA, 31 lug 95 - I vescovi del Perù criticano duramente la decisione del governo del Presidente Alberto Fujimori di promuovere una massiccia campagna per l'uso dei metodi artificiali di controllo delle nascite tra i settori più poveri della società peruviana. Il 29 luglio fujimori aveva affermato che la campagna è finalizzata a contenere la crescita incontrollata della popolazione e quindi l'aumento dei casi di bambini abbandonati. in una dichiarazione il vescovo di Tacna y Moquegua, mons. José Hugo Garaycoa, ha affermato che questa decisione rischia di provocare uno scontro tra "la chiesa (...) e il governo" e ha accusato il presidente peruviano di volere "incoraggiare la pratica dell'aborto", peraltro illegale nel Paese. Dello stesso tenore è stata una dichiarazione del vescovo di Huanuco, mons. Hermann Artale ciancio, che ha detto che questa campagna "in realtà risponde agli interessi degli organismi finanziari internazionali". un altro vescovo, mons. Gregorio Mazarina, ha infine affermato che il governo peruviano "dovrebbe preoccuparsi di aiutare la donna invece di pensare alla pianificazione familiare".

La Chiesa peruviana e quella ecuadoriana celebrano una “Giornata della pace" tra i due PaesiLIMA, 1 ago 95 - La Chiesa ecuadoriana e quella peruviana celebreranno rispettivamente il 27 e il 30 agosto una “Giornata della pace" "per accendere di nuovo nelle due nazioni il desiderio della pace e per ricordare loro (...) che il ricorso alla guerra per risolvere i loro conflitti e' moralmente inaccettabile". lo hanno annunciato, in una conferenza stampa, otto vescovi dei due paesi, giunti nei giorni scorsi a North Palm Beach, in Florida, per partecipare ad un convegno promosso dalla Società missionaria di San Giacomo Apostolo. "Con l'attuale situazione del mondo sconvolto da guerre disumane (...) affermiamo la necessità che due paesi cristiani come i nostri dimostrino concretamente che la tentazione della guerra può essere vinta", hanno dichiarato i presuli. Gli Episcopati del Perù e dell'Ecuador sono intervenuti più volte nei mesi scorsi per sollecitare la fine dello scontro armato tra i due paesi (scoppiato nel gennaio scorso e conclusosi con un cessate-il-fuoco) ed una soluzione negoziale al loro annoso contenzioso territoriale.

"Al servizio del Vangelo della vita": comunicato dei vescovi peruvianiLIMA, 8 ago 95 - "Al servizio del Vangelo della vita". Così è intitolato il comunicato della Conferenza episcopale peruviana datato 4 di agosto sul tema della pianificazione familiare. il primo punto messo in evidenza dai vescovi del Perù è che quanto essi dicono non si tratta della opinione di un gruppo di vescovi ma

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del magistero della Chiesa universale basato sulle encicliche "Humanae Vitae" di Paolo Vi ed "Evangelium Vitae" di Giovanni Paolo II. dopo aver affermato che la chiesa promuove una autentica paternità responsabile, il documento aggiunge: "l'aumento della popolazione nel Perù deve preoccuparci, non tanto per il numero degli abitanti, quanto per la forma con cui viene conseguito questo aumento: più del 60 per cento, infatti, dei figli sono il frutto di unioni fuori del matrimonio stabile, e per tanto, figli senza padri e senza una famiglia che li educhi e li sostenga degnamente". I vescovi peruviani affermano altresì che è moralmente inaccettabile che, per regolare la natalità si favorisca o si imponga l'uso di mezzi come gli anticoncezionali, la sterilizzazione e, conseguentemente, l'aborto. nel terminare il loro documento i vescovi del Perù scrivono: "nell'annunciare il vangelo della vita non dobbiamo temere l'ostilità e l'impopolarità rifiutando ogni compromesso e ambiguità nella diffusione dell'insegnamento della chiesa in questa materia, ne' possiamo cedere a scelte facili che posizioni materialiste pretendono di imporre alle famiglie. auspichiamo ad ogni famiglia peruviana una solida e stabile unione, come garanzia della fedeltà e della santità dei suoi membri e lo sviluppo armonioso di tutta la nazione peruviana".

La Chiesa in Perù continuerà ad opporsi al programma di pianificazione familiare promosso dal governo del Presidente Alberto Fujimori, afferma il card. Augusto Vargas AlzamoraLIMA, 17 ago 95 - La Chiesa del Perù continuerà ad opporsi al programma di pianificazione familiare promosso dal governo del Presidente Alberto Fujimori, anche se ciò potrà essergli sgradito. Lo ha dichiarato il 14 agosto l'arcivescovo di lima, il cardinale Augusto Vargas Alzamora. "La chiesa cattolica si interessa di tutto cio' che riguarda la vita dei cristiani - ha affermato il cardinale - quindi continueremo a parlare dei principi cristiani anche se questo potrà dare fastidio ad alcune autorità politiche". "siamo favorevoli alla pianificazione familiare - ha tenuto a precisare il cardinale Alzamora - ma ad una pianificazione seria che rispetti la dignità umana e infatti incoraggiamo il ricorso ai metodi naturali di controllo delle nascite".La polemica tra l'episcopato peruviano e il Presidente Fujimori è iniziata il 28 luglio, quando quest'ultimo ha annunciato, non senza accenni polemici, l'introduzione di un programma di pianificazione familiare, basato sull'uso massiccio anticoncezionali.

Mons. Luis Bambaren Gastelumendi, nuovo segretario generale della Conferenza episcopale peruviana, evidenzia il problema della crescita delle sette evangeliche nel PaeseLIMA, 2 feb 96 - Mons. Luis Bambaren Gastelumendi, il vescovo gesuita di Chimbote, è il nuovo segretario generale della Conferenza episcopale peruviana. Sostituisce mons. Miguel Irizar Campos. mons. bambaren e' conosciuto in peru' cone "il vescovo di Shanty Towns", poveri quartieri dove ha lavorato quand'era ausiliare di lima. nella sua prima dichiarazione da segretario della Conferenza episcopale egli ha fatto diretto riferimento al problema delle sette evangeliche, che nel terzo millennio avranno conquistato la metà della popolazione latinoamericana, grazie anche al sostegno economico e finanziario di forti gruppi locali ed internazionali. Mons. Bambaren, 68 anni di età, per la sua azione sociale tra i poveri e i contadini è considerato un nemico dai terroristi di Sendero Luminoso che, nella diocesi di Chimbote, hanno gia' ucciso tre sacerdoti. mons. Bambaren e' stato consacrato vescovo nel 1968. nell'ambito della conferenza episcopale è stato presidente delle Commissioni episcopale per la Famiglia e per i Laici.

La Chiesa peruviana ribadisce ancora una volta la sua forte opposizione al programma antinatalista promosso dal governo FujimoriLIMA, 15 lug 96 - La Chiesa peruviana ribadisce ancora una volta la sua forte opposizione al programma antinatalista promosso dal governo del Presidente Alberto Fujimori. In un documento intitolato: "La maggiore ricchezza di un paese è il suo popolo, la maggiore ricchezza del povero sono i figli", i vescovi criticano duramente un programma governativo mirante a promuovere l'uso dei metodi artificiali di controllo delle nascite tra i settori più poveri della popolazione. In particolare, il governo starebbe conducendo una campagna per convincere le donne a farsi sterilizzare in cambio di servizi assistenziali. Se ciò dovesse essere confermato, scrivono i vescovi, si tratterebbe di un grave attentato alla dignità dei poveri e di un atto di coercizione senza precedenti. essi quindi esortano i cittadini peruviani ad opporsi a tutto ciò che contribuisce alla diffusione di questa "cultura della morte" e a indebolire la struttura familiare. la campagna antinatalista del governo, concludono, "presenta i figli come un male da evitare senza tenere conto che i figli sono, soprattutto per i poveri, una ricchezza, una garanzia e l'unica speranza di una vecchiaia dignitosa".

L'emergenza provocata dalla fame al centro dei lavori della Quinta Settimana Sociale in PerùLIMA, 22 set 97 - L'emergenza provocata in Perù dalla fame è al centro dei lavori della quinta settimana sociale, i cui lavori si apriranno oggi a Lima nell'auditorio del Collegio di Gesù. Il tema della settimana sociale è "di fronte alla fame in Perù: sviluppo solidale". Sarà la prolusione del cardinale Augusto Vargas Alzamora, gesuita arcivescovo di lima e presidente della Conferenza Episcopale Peruviana, ad inaugurare i lavori della settimana sociale. l'arcivescovo di Lima è stato già segretario del Pontificio Consiglio Cor Unum. Sono previsti contributi da esponenti del mondo imprenditoriale, sindacale e politico. L'organizzazione della quinta settimana sociale del Perù è affidata alla cosiddetta area di promozione umana della Conferenza episcopale, che riunisce le Commissioni per l'azione sociale e per i mezzi di comunicazione e il Dipartimento per la pastorale sanitaria. La fine dei lavori è prevista per giovedì 25 settembre.

o sviluppo economico in Perù non sta producendo effetti benefici tra i poveri, affermano in un documento i vescovi peruvianiLIMA, 20 ott 97 - Lo sviluppo economico in Perù non sta producendo effetti benefici tra i poveri, mentre "le

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principali istituzioni democratiche del paese sono cadute in discredito (...) e sono logorate da lotte intestine". Lo rilevano i vescovi peruviani in una lettera pastorale pubblicata venerdì scorso e intitolata: "Un nuovo Perù: un dono di dio e un compito per tutti". Secondo i vescovi peruviani, il Paese sta conoscendo un notevole sviluppo economico, ma da questa crescita è esclusa la maggior parte della popolazione. Essi avvertono quindi che se questo sviluppo non verrà accompagnato da una politica sociale efficace, si assisterà ad un aumento drammatico della povertà. "Noi dobbiamo dire con fermezza - scrivono - che non ci sarà speranza in un autentico progresso sociale finché non si riconoscerà nei fatti che l'economia deve essere al servizio delle persone e non una cosa concepita in funzione (...) degli interessi di una piccola, ma potente minoranza". a sostegno delle loro affermazioni essi citano un recente rapporto del programma delle nazioni unite per lo sviluppo secondo il quale la metà della popolazione peruviana vive con meno di un dollaro al giorno. il documento accenna poi al grave problema della disoccupazione, una delle principali preoccupazioni delle famiglie peruviane. I vescovi si dicono, infine, molto preoccupati dell'attuale situazione dell'amministrazione della giustizia, divenuta un terreno di lotta per il potere. È inammissibile, osservano, che queste istituzioni siano snaturate a tal punto da essere diventate strumento di pressione e di vendetta.

In un documento la Conferenza episcopale peruviana ribadisce il no alle politiche antinataliste del governoLima, 27 gen 98 - In un documento la Conferenza episcopale peruviana ha ribadito il no alle politiche antinataliste e ha riaffermato che la sterilizzazione chirurgica permanente "e' stata applicata in buona parte con metodi coercitivi o con l'inganno e molte volte in condizioni mediche deplorevoli". Il documento della Conferenza episcopale peruviana e' stato reso noto nel corso della sua assemblea ordinaria. Esso rileva come le pratiche coercitive di sterilizzazione sono state esercitate per la prima volta in peru' "nei settori più poveri ed indifesi della nostra popolazione, specialmente nelle aree rurali". I vescovi peruviani aggiungono che queste pratiche hanno causato "tanta sofferenza ed anche la morte di gente umile ed innocente". Di fronte a ciò le varie autorità non hanno reagito anzi "tentano di giustificare e di difendere il programma ufficiale di ripopolamento". La Conferenza episcopale peruviana nel proprio documento parla anche di medici sottoposti a "pressioni aperte o subdole" perché sterilizzino più donne possibili. si tratta di una "flagrante violazione della libertà di coscienza delle persone". da qui la messa in guardia ai fedeli e ai cittadini tutti sopra i pericoli che corrono. "Le violazioni della libertà e del diritto alla vita - ammoniscono i vescovi peruviani - sono la prevedibile conseguenza della politica antinatalista che mette cifre ed obiettivi al di sopra degli uomini e delle donne concreti del nostro popolo". "rifiutiamo — aggiungono — il fatto che si sia illustrata come un obiettivo di politica economica la diminuzione della natalità in Perù con metodi di regolazione demografica contrari alla persona umana. domandiamo se le vite perse, i poveri maltrattati, le donne private per sempre del loro diritto a trasmettere la vita siano il prezzo da pagare per raggiungere un obiettivo prefissato nella lotta contro la povertà”. "I poveri — chiariscono ancora i vescovi peruviani — non sono una malattia da combattere, sono fratelli e sorelle in attesa di una opportunità per migliorare la vita e per contribuire alla costruzione di un paese più giusto, affratellato e riconciliato. È un dovere delle autorità rispondere a questa aspettativa, che e' un diritto inalienabile, poiché in definitiva è la povertà che deve essere combattuta non i poveri".

Nuovo attacco dei vescovi peruviani contro la campagna governativa per il controllo delle nasciteLIMA, 19 mag 98 - La campagna per il controllo delle nascite in Perù e’ un flagello. Lo dicono i vescovi del paese, che hanno diffuso alcune cifre di questa campagna. Più di 100 mila donne sterilizzate con la forza o con l'inganno, di cui un migliaio hanno trovato la morte, e 10 mila contadini sottoposti ad operazioni di vasectomia. la politica demografica del governo peruviano, avviata agli inizi degli anni novanta, rassomiglia sempre di più, secondo mons. Eduardo Velásquez, vescovo di Huaraz, ad una vera e propria "pulizia etnica avente come vero obiettivo lo sterminio delle popolazioni andine". Presentata ufficialmente come un programma di pianificazione familiare per combattere la povertà, la campagna antinatalista del governo peruviano si e' tradotta di fatto in una sterilizzazione forzata di massa avente come vittime privilegiate le popolazioni indie delle aree rurali, da sempre poverissime. di fronte alle insistenti proteste della chiesa, il governo peruviano si vede oggi costretto a rendere conto del proprio operato all'opinione pubblica del paese e a fare una parziale marcia indietro. È dei giorni scorsi un comunicato governativo in cui si annuncia che da ora in poi le persone che decidono di sottoporsi ad un'"operazione contraccettiva volontaria" debbano partecipare a due incontri informativi per potere decidere in piena coscienza se procedere o meno all'operazione. questa avvertenza è tuttavia guardata con molto scetticismo dall’episcopato e dai movimenti pro-vita. È infatti noto che molte donne vengono indotte dal personale sanitario a farsi sterilizzare con pressioni più o meno subdole, false promesse, ricatti e inganni.

La Chiesa del Perù osserva con molta preoccupazione l'abbandono in cui si trova la popolazione infantile del PaeseLima, 28 feb 98 - "La Chiesa del Perù osserva con molta preoccupazione l'abbandono in cui si trova la popolazione infantile del nostro paese. Malgrado il governo orienti i propri sforzi a livello primario, i bambini del livello iniziale ricevono un sostegno minimo". È questa una delle conclusioni a cui è pervenuta la commissione per la pastorale dell'infanzia della conferenza episcopale peruviana. Suoi esponenti hanno partecipato, nei giorni scorsi, ai lavori della settimana nazionale per i diritti dei bambini. gli incontri sono serviti per analizzare quali siano gli interessi attuali dei giovani e dei bambini peruviani e quali siano le soluzioni più adeguate per migliorare la loro qualità di vita. "Attualmente— spiega Carlos Torrejon, responsabile nazionale per la pastorale giovanile — esistono una serie di agenti negativi, che incidono con più

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forza nella società e che toccano in modo particolare i minori. questi agenti sono la povertà che si vive nel paese, la mancanza di scuole, e i contenuti nocivi che presentano continuamente i mezzi di comunicazione". Su quest'ultimo fattore si sono rivelati utili incontri e scambi di vedute con responsabili e con titolari di giornali e di televisioni per poter offrire programmazioni utili alla formazione dei bambini e dei giovani.

Continua la campagna di le sterilizzazioni forzate di massa promossa dal governo del Presidente Alberto Fujimori nonostante le continue denunce della Chiesa LIMA, 4 gen 99 - In Perù, le sterilizzazioni forzate di massa attuate dalle autorità sanitarie nell'ambito della campagna antinatalista promossa dal governo del Presidente Alberto Fujimori non sono di fatto terminate, nonostante le recenti promesse in questo senso fatte dal governo peruviano a seguito delle denunce e delle vivaci proteste della Chiesa e delle organizzazioni umanitarie. Presentata ufficialmente come un programma di pianificazione familiare per combattere la povertà, la campagna antinatalista avviata dal governo peruviano nel 1990 si è tradotta di fatto in una sterilizzazione forzata di massa avente come vittime 'privilegiate' le popolazioni indie delle aree rurali, poverissime, al punto che lo scorso mese di maggio il vescovo ausiliare di Huaraz, Mons. Eduardo Velázquez, non ha esitato a definire la campagna come una vera e propria operazione di "pulizia etnica". Di fronte alle insistenti proteste della Chiesa, il governo peruviano si è visto costretto quest'estate a rendere conto del proprio operato all'opinione pubblica del Paese e a fare una parziale marcia indietro. Almeno temporaneamente. Secondo un recente rapporto, i cui dati sono stati pubblicati qualche giorno fa sul quotidiano madrileno "El Pais", migliaia di donne peruviane continuerebbero infatti ad essere ad essere costrette a farsi sterilizzare con pressioni più o meno subdole, ricatti, false promesse e inganni.

Radio Nacional del Peru' firma una convenzione con la Radio Vaticana LIMA, 8 gen 99 - Ieri, in una conferenza stampa a Lima, Radio Nacional del Perù ha annunciato la firma della convenzione con la Radio Vaticana e ne ha illustrato i contenuti. La firma, come è noto, è stata apposta mercoledì scorso e l'avvenimento e' stato trasmesso in diretta da Radio Nacional del Perù, l'emittente dell'Istituto Nazionale di Radio e Televisione, che conta 20 radio associate attraverso 60 trasmettitori. In pratica, la Radio peruviana prende tutti i giorni, meno il sabato, e ritrasmette per mezz'ora il segnale via satellite del Programma Ispanoamericano della Radio Vaticana. Alla conferenza stampa ha preso parte, per la Radio Vaticana, il padre Javier San Martin, il quale ha precisato che obiettivo principale di queste trasmissioni sarà quello di distribuire "il pane del bene in tutto il territorio peruviano, che ha la necessita' di rimanere ben informato sulle attività del Papa e di quello che accade nel mondo ecclesiastico". Per poter ricevere e ritrasmettere in diretta il segnale della Radio Vaticana, la nostra emittente ha donato alla radio peruviana una adeguata antenna parabolica, recettori e connettori.

Mons. Juan Luis Cipriani Thorne, prende possesso dell'arcidiocesi di LimaLIMA, 1 feb 99 - Mons. Juan Luis Cipriani Thorne ha preso possesso ieri dell'arcidiocesi di Lima, divenendo il 32° arcivescovo della più antica sede episcopale dell'America Latina. Alla solenne cerimonia, che ha avuto luogo nella cattedrale metropolitana, hanno partecipato una cinquantina di vescovi peruviani, 200 tra sacerdoti, religiosi e religiose in rappresentanza di diverse congregazioni e società di vita apostolica, e numerosi fedeli. Tra le autorità civili presenti, il Presidente della Repubblica Alberto Fujimori e i Presidenti del Parlamento peruviano e della Corte Suprema. Nell'omelia il nuovo pastore ha reso un commosso omaggio al suo predecessore, il cardinale Augusto Vargas Alzamora, accolto con un grande applauso dai presenti. Egli ha quindi riassunto il proprio programma pastorale precisando che esso avrà come principale punto di riferimento l'Esortazione Apostolica Post-Sinodale "Ecclesia in America", firmato e consegnato dal Papa durante la recente visita pastorale a Città del Messico a conclusione del Sinodo per l'America. "Si tratta - ha detto - di un documento di orientamento che ci chiama ad evangelizzare vivendo l'unità della Chiesa". E proprio l'unità, "passione dominante della Chiesa", sarà uno degli obiettivi prioritari del suo ministero pastorale. "La comunione ecclesiale - ha ricordato - implica conservare il deposito della fede nella sua purezza e nella sua integrità, come anche l'unità di tutti i vescovi sotto l'autorità del successore di Pietro". Mons. Cipriani ha voluto anche sottolineare l'importanza centrale dell'opzione preferenziale per i poveri, che comunque, ha precisato," non è mai è esclusiva o discriminatoria verso gli altri". Questa sollecitudine per gli ultimi, ha inoltre ricordato, rientra nella missione evangelizzatrice della Chiesa e prescinde quindi da qualsiasi condizionamento ideologico. Rivolgendosi quindi al clero diocesano, il nuovo arcivescovo ha sottolineato l'importanza della promozione delle vocazioni nell'arcidiocesi, invitando quindi i sacerdoti "a pregare e a dare una testimonianza" concreta che possa attirare i giovani al sacerdozio. Egli ha infine esortato tutti i fedeli a conciliare azione e contemplazione "per superare la divisione tra la fede e la vita".Nato 55 anni fa a Lima, mons. Cipriani è laureato in ingegneria ed è stato ordinato sacerdote della Prelatura dell'Opus Dei nel 1977, dopo avere conseguito un dottorato in teologia presso l'Università di Navarra in Spagna. Prima di essere nominato arcivescovo di Lima, arcivescovo di Ayacucho.

La 78ª plenaria dei vescovi peruviani elegge Mons. Luis Bambaren Castelumendi il nuovo Presidente della Conferenza EpiscopaleLIMA, 8 feb 99— Mons. Luis Bambaren Castelumendi, vescovo di Chimbote, è il nuovo Presidente della Conferenza Episcopale peruviana. È stato eletto al termine della 78.ma assemblea plenaria dei vescovi peruviani svoltasi nei giorni scorsi a Lima. Mons. Bambaren succede al cardinale Augusto Vargas Alzamora, Arcivescovo emerito di Lima, dimessosi recentemente per raggiunti limiti di età. I vescovi peruviani hanno eletto anche il nuovo Segretario generale della stessa conferenza episcopale nella persona di Mons. Miguel

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Irizar, vescovo di Callao. Tra i principali temi discussi alla plenaria vi sono stati la situazione dei vescovi diocesani nel paese e l'esortazione post-sinodale "Ecclesia in America", presentata dal Papa durante la recente visita a Città del Messico. I vescovi hanno deciso di convocare un'assemblea straordinaria per esaminare a fondo il contenuto del documento.

I vescovi peruviani pubblicano un documento che spiega i pericoli ed i rischi della cosiddetta "ideologia del genere"

LIMA, 6 MAG 99 - La Conferenza episcopale peruviana ha pubblicato nella propria pagina web (www.rcp.net.pe/IAL/cep/docum/gene_alz.htm) un importante documento, che spiega i pericoli ed i rischi della cosiddetta "ideologia del genere", sempre più diffusa dai movimenti femministi. Il documento è intitolato "La Ideologia del Genere, suoi pericoli e scopi", ed è stato elaborato dalla Commissione episcopale per l'apostolato dei laici. "Si sta udendo in questi ultimi anni - si legge nell'introduzione del documento - l'espressione 'genere' e molti immaginano che si tratta soltanto di riferirsi in un altro modo alla divisione dell'umanità in due sessi, ma dietro all'uso di questa parola si cela tutta un'ideologia". Il documento spiega perciò che in siffatto sistema di idee "le differenze tra il maschio e la femmina, al di là delle ovvie differenze anatomiche, non attengono alla natura umana, ma sono soltanto convenzioni culturali o di costume. Di conseguenza, aggiunge il documento, l' ideologia del genere propone di "lasciare alla libertà di chiunque il tipo di genere al quale desidera appartenere, tutti egualmente validi. Ciò comporta che uomini e donne eterosessuali, gli omosessuali e le lesbiche e i bisessuali siano semplicemente modi di comportamento sessuale prodotto dalla scelta di ciascuna persona". "Tutta la morale - continua il documento dei vescovi peruviani - viene lasciata alla decisione dell'individuo e scompare la differenza tra il lecito e l'illecito in questo ambito. Le conseguenze religiose sono ovvie". Nel chiarire i motivi della pubblicazione di questo documento viene avvertito che "è conveniente che il pubblico in generale si dia una chiara spiegazione di ciò che tutto questo significa, perché i fautori di questa ideologia usano sistematicamente un linguaggio equivoco per potersi infiltrare con maggior facilità nell'ambiente, mentre abituano le persone a pensare come loro".

Ancora critiche dei vescovi peruviani alla politica antinatalista del Presidente FujimoriLIMA, 12 mag 99 - L'episcopato peruviano è tornato in questi giorni a criticare la politica antinatalista promossa dal Governo del Presidente Alberto Fujimori. In una dichiarazione rilasciata nei giorni scorsi, l'arcivescovo di Lima, Mons. Juan Luis Cipriani, ha fatto notare che la diffusione dei metodi naturali per la regolazione delle nascite proposta dalla Chiesa costerebbe solo una minima parte della somma attualmente dedicata dalle autorità peruviane alla sua politica antinatalista e porterebbe a risultati più efficaci con metodi più umani. "Al Governo - ha detto - chiedo solo che mi conceda il 20-30 per cento dei fondi destinati al controllo dele nascite in tutto il Paese (¼) per una campagna di informazione sui metodi naturali di regolazione delle nascite". Commentando una recente iniziativa delle autorità sanitarie peruviane che si sono fissate come obiettivo quello di prevenire almeno 982 mila nascite "non desiderate", Mons. Cipriani ha rilevato come la risposta al problema della procreazione di figli poi abbandonati o concepiti fuori dal matrimonio non sia la sterilizzazione, bensì l'educazione della popolazione ai valori morali. Fissare "quote" per la riduzione massiccia delle nascite come vogliono l'ONU o l'Agenzia Internazionale per lo Sviluppo, ha quindi commentato "è una barbarie". Analoghe critiche al programma antinatalista del governo peruviano sono venute nei giorni scorsi dal Presidente della Conferenza Episcopale peruviana, Mons. Luis Bambarén Gastelumendi che parlando alla stampa dopo un incontro con il Presidente Fujimori ha evidenziato che "la cosa più importante è trasmettere valori" e ha denunciato gli abusi e le gravi violazioni dei diritti umani che vengono commessi per l'attuazione della sterilizzazione di massa voluta dal Governo. "Questa campagna - ha rilevato - si compie soprattutto contro le donne povere con l'obiettivo di non farle avere più figli". Ma quello che più preoccupa, secondo Mons. Gastelumendi "è che non si trasmettono i valori della famiglia e della paternità e che si considera la maternità come un male non desiderabile".

I vescovi peruviani contro un progetto di legge sul divorzioLIMA, 25 mag 99 - I vescovi del Perù si oppongono fermamente ad un progetto di legge all'esame del Congresso peruviano che permetterebbe il divorzio dopo cinque anni di separazione di fatto quando lo richieda uno solo dei coniugi. "Questo progetto preoccupa, perché trasforma in giudice e parte il coniuge che abbandona il tetto coniugale, concedendogli il diritto di ottenere il divorzio", ha dichiarato il Presidente della Conferenza Episcopale peruviana, Mons. Luis Bambarén Gastelumendi secondo il quale, se approvata, questa legge "contribuirà a minare la stabilità del matrimonio, della famiglia e alla perdita dei valori morali". Essa, ha aggiunto, contraddice il principio costituzionale secondo il quale lo Stato deve proteggere la famiglia e promuovere il matrimonio e sicuramente porterà ad un aumento dei casi di abbandono dei figli e della famiglia, già numerosi nella società peruviana.

Mons. Juan Luis Cipriani critico sull’abolizione dell’ora di religione nelle scuole superiori peruvianeLIMA, 15 giu 99 - Mons. Juan Luis Cipriani, arcivescovo di Lima, ha espresso forti riserve su un nuovo programma scolastico per le scuole superiori che prevede l'abolizione dell'ora di religione per gli studenti di età compresa tra i 16 e i 18 anni e introduce al suo posto un non meglio definito "corso di valori". Intervenendo nei giorni scorsi ad una riunione dei presidi delle scuole cattoliche del Perù, Mons. Cipriani ha osservato che "i valori in quanto tali non hanno vita autonoma. Essi non esistono se non sono incarnati in un progetto e per un cattolico Gesù Cristo è l'incarnazione dei valori: lì incontriamo i Vangeli, i catechismi, la

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dottrina sociale". Mentre il Perù è un paese maggioritariamente cattolico, ha aggiunto, il programma in questione stabilisce erroneamente che "i valori sono più importanti della religione". Secondo Mons. Cipriani, un programma scolastico così concepito eccede di pragmatismo e si caratterizza per una marcata tendenza alla globalizzazione, mentre ai giovani non viene offerta "l'opportunità di imparare a distinguere il bene dal male". "Il nostro problema oggi - ha rilevato - non è l'informatica, l'Internet e la chimica", bensì la "corruzione, la promiscuità sessuale, l'aborto, i rapporti sessuali tra minori e una serie di barbarie di ordine morale ed etico". L'integrazione dei vari livelli educativi, ha quindi concluso, deve essere finalizzata a riscattare la persona umana dalla sua crisi esistenziale e ad aiutarla a cambiare il proprio atteggiamento verso la vita.

Vescovi peruviani contro legge sul divorzio LIMA, 19 ott 99 - La Conferenza episcopale peruviana ha manifestato il suo dissenso per una proposta di legge in favore del divorzio ed in particolare per una nuova norma che sancirebbe la definitiva divisione dei coniugi dopo un periodo di tre anni vissuti separatamente. I vescovi del Perùscendono nuovamente in campo a difesa della famiglia e sono pronti a discutere sui temi che attengono alla morale e ai principi dottrinali. Già lo scorso maggio, una iniziativa del Congresso della Repubblica considerava l'allontanamento di uno dei coniugi motivo valido per divorziare. Nell'occasione Mons. Luis Bambarén, Vescovo di Chimbote e Presidente della Conferenza Episcopale Peruviana, disse: "L'istituzione familiare è riuscita a sopravvivere alle ideologie e ai regimi, ma oggi è in serio pericolo a causa di proposte come queste che sono ben lontane dagli insegnamenti del Vangelo".

In un documento dell’aprile 2000 i vescovi peruviani invitano a superare tensioni emerse durante la campagna elettorale per le presidenzialiLIMA, 13 apr 00 – “Innanzitutto il Perù” è questo il titolo del documento pubblicato dalla Presidenza della Conferenza Episcopale Peruviana, attraverso il quale i Vescovi invitano i cittadini a superare le tensioni emerse nel corso della recente campagna elettorale per le presidenziali. “Anche di fronte alla difficile situazione politica che il paese sta attraversando, dobbiamo dire no a qualsiasi forma di violenza” sottolinea il documento. “Continuiamo a pregare per la pace e confidiamo nel buon senso di tutto il popolo peruviano”. I due candidati, Toledo e Fujimori, hanno dato vita nei giorni scorsi ad un apro duello verbale e la situazione nel paese è diventata ancor più tesa quando Toledo ha accusato il presidente uscente di brogli elettorali. Gli stessi osservatori internazionali avevano messo in guardia Fujimori, che da dieci anni governa il paese, invitandolo alla correttezza. L’esito delle urne non ha proclamato alcun vincitore perché nessuno dei due ha ottenuto il 50 per cento più uno dei consensi. Si andrà quindi al ballottaggio alla fine di maggio o, al più tardi, all’inizio di giugno. Puntuale il richiamo dei Vescovi ad attenuare i toni della campagna elettorale e a rispettare soprattutto i diritti umani per la crescita del Perù.

Nel 2000 l’VIII Congresso Eucaristico Nazionale del Perù LIMA, 4 set 00 – Il cardinale Bernard Law, arcivescovo di Boston, ha chiuso ieri nel Campo di Marte di Lima le celebrazioni dell'ottavo Congresso eucaristico nazionale del Perù. Il cardinale Law era stato inviato da Papa a presiedere il Congresso stesso. Come tale ha letto ieri, al termine della Santa Messa di chiusura, il messaggio di Giovanni Paolo II per l'occasione ed ha consegnato l'ostensorio, che lo stesso Papa, ha voluto donare alla Chiesa peruviana. All'omelia, il cardinale Law si è rivolto in particolare ad un gruppo di bambini di prima comunione ricordandogli che "Gesù li ama e li amerà sempre". Nel contempo ha esortato tutte le decine di migliaia di fedeli presenti a Campo di Marte a ricordarsi degli impegni da loro assunti nel giorno della loro Prima Comunione. L'arcivescovo di Boston ha ammonito i fedeli sulla nefasta influenza delle sette e dei gruppi più strani, che si autoproclamano cristiani. Per riconoscere e combattere i loro errori, ha aggiunto il cardinale Law, è necessario che i fedeli siano istruiti nella fede ed adorino Dio nell'Eucaristia, che è la fonte di quella riconcliazione di cui ha tanto bisogno il Perù.

Monito dei vescovi peruviani sulla crisi morale del PaeseLIMA, 28 set 00 - "Il Paese soffre una crisi morale;è stata lasciata da parte la scala di valori etici, civici e religiosi per dare spazio all'impunità, alla menzogna e alle mezze verità". È il monito lanciato dalla Conferenza episcopale peruviana (Cep) nel suo ultimo documento "Riflessione sulla veritÓ e la giustizia", che affronta le questioni più scottanti della grave crisi politica nella quale si dibatte il Paese andino. Concertazione, governabilità e convivenza civile - prosegue il documento, sottoscritto dal presidente della Cep, monsignor Luis BambarÚn - saranno possibili solo se ognuno dei soggetti responsabili della democratizzazione del Per¨ poggerà sulla verità. "Verità nella Procura e nel potere giudiziario, senza pressioni o influenze (...) verità nel Congresso, mettendo da parte interessi personali o di partito (...), verità nel Tribunale elettorale nazionale e nell'Ufficio nazionale dei processi elettorali con persone responsabili e degne di fiducia, che rendano possibile un processo elettorale limpido e trasparente". Fa eco alle esortazioni di monsignor BambarÚn l'appello lanciato ieri dal segretario generale della Conferenza episcopale, Miguel Irìzar, alla ricerca del bene comune da parte di tutti gli attori sociali. Ho formulato un appello alla coscienza personale e collettiva - ha detto il segretario generale - perchÚ la corruzione non colpisce solo l'ex capo dei servizi segreti Vladimiro Montesinos e il suo entourage, ma anche molte istituzioni dello Stato e altre persone".

I primi frutti del Congresso Eucaristico Nazionale del 2000

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LIMA, 3 ott 00 - Primi frutti del Congresso Eucaristico Nazionale. Per sostenere il cammino di fede dei suoi fedeli, l'arcivescovo di Lima e primate del Perù, mons. Juan Luis Cipriani, ha pubblicato la lettera pastorale dal titolo "Cammino di conversione". Proprio all'inizio di ottobre, che in Perù è conosciuto anche come il "Mese morato" per il colore penitenziale viola degli abiti indossati dai devoti al Signore dei Miracoli, mons. Cipriani ha voluto esortare i fedeli a compiere nell'anno del Grande Giubileo il percorso che li condurrà al Padre aderendo con convinzione a Cristo Redentore per una autentica conversione. Mons. Cipriani nella sua nota fa più volte riferimento al "Padre Nostro" citando come propositi concreti da seguire il "non ci indurre in tentazione" e il "rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori". Quattro, infine, le linee guida pastorali per il prossimo futuro dettate ai sacerdoti: un appuntamento fisso quotidiano— non meno di due ore al giorno— per le confessioni in tutte le parrocchie, gli ospedali e nei centri pastorali; ogni giovedì, l'esposizione del Santissimo Sacramento; promuovere la vocazione accogliendo i giovani nel Seminario Maggiore o nelle congregazioni; recita, infine, ogni sabato nelle parrocchie del Santo Rosario con l'allargamento dei momenti di preghiera anche alle famiglie.

I vescovi peruviani pubblicano una speciale “Preghiera per le elezioni e per un rinnovamento morale del Perù”LIMA, 13 feb 01 – In vista delle prossime elezioni e per un recupero della moralità della politica, i vescovi del Perù hanno preparato una preghiera particolare che verrà inviata a tutti i fedeli del paese. Si chiama “Preghiera per le elezioni e per un rinnovamento morale del Perù” ed è una precisa richiesta di aiuto al Signore per un futuro migliore. L’auspicio è quello di vedere quanto prima persone capaci ed oneste alla guida del paese, in grado di proporre progetti chiari e realisti e di promuovere pace, giustizia, progresso per tutti. L’iniziativa dei vescovi è conseguente all’uscita dei filmati recentemente resi pubblici, nei quali l’ex assessore presidenziale Vladimiro Montesimos viene colto in flagrante ad offrire denaro a funzionari pubblici e ad altri esponenti, per sostenere la gestione governativa dell’ex presidente Alberto Fujimori. Dopo gli scandali che hanno investito l’esecutivo e la gestione transitoria di Valentin Paniagua, sono state indette nuove elezioni che si terranno il prossimo 8 aprile.

I vescovi peruviani chiedono per le elezioni presidenziali del 15 aprile 2001 un voto libero e responsabile, dopo la fine del regime FujimoriLIMA, 7 apr 01 - Conoscere la competenza tecnica e il valore etico dei candidati e delle liste; valutare se rispondono in modo adeguato ai problemi economici, politici, sociali, morali del paese; votare in maniera libera e responsabile. Sono le indicazioni contenute nel messaggio dei vescovi peruviani per le elezioni politiche 2001, fissate l'8 aprile. Il messaggio lancia un energico richiamo "per ritornare ai valori fondamentali della nostra cultura che affonda le radici nel Vangelo di Gesù Cristo". Sono necessari al Paese per uscire "dalla spirale di corruzione e violenza". Riaffermando che la politica è "servizio al paese e al popolo", i vescovi additano al popolo i valori di verità, giustizia, unità e amore. "Le falsità recano molto danno al paese: i peruviani hanno diritto di conoscere la reale situazione economica, sociale e giuridica del paese". Giustizia significa "dare a ciascuno quanto gli spetta secondo verità ed equità, senza pregiudizio e senza dipendere dal denaro o dalla politica" e combattendo l'impunità. Unità non è "uniformità o assimilazione", bensì"convergenza di una multiforme varietà, che diventa segno di ricchezza e promessa di sviluppo". "La civiltà che dobbiamo costruire è una civiltà di amore e di pace" conclude il documento. "Dopo dieci anni di dittatura di Alberto Fujimori, che ha messo in crisi i valori basilari della società - dice a Fides p. Vincenzo Santilli, missionario salesiano in Per¨ - non sarà facile riorganizzare la nazione ed eliminare tutti i danni che la corruzione istituzionalizzata ha causato". Il dittatore, al potere dal 1990, è fuggito a novembre 2000, accusato di corruzione. Secondo gli osservatori, Fujimori ha instaurato un regime repressivo, eliminando ogni forma di opposizione, con ripetute violazione dei diritti umani, aggravando pure la crisi economica.

Il card Cipriani critica la decisione del Congresso di istituire due nuove clausole per agevolare il divorzioLIMA, 13 giu 01 - "Si parla tanto di morale e poi si continua a legiferare contro la famiglia". E' la secca replica dell'arcivescovo di Lima e primate del Perù, card. Juan Luis Cipriani, alla decisione del Congresso di istituire due nuove clausole per agevolare il divorzio. Secondo il porporato si tratta di una decisione che avrà ripercussioni negative nei confronti delle giovani generazioni, in quanto, a suo dire, le invita indirettamente a non assumersi alcun tipo di responsabilità e a rinunciare al vincolo matrimoniale. "Una vera e propria incoerenza" ha continuato il card. Cipriani "Anche se questo è un Congresso costituito per lo più da cattolici, continua a schierarsi contro i principi della fede" ha continuato il porporato "Il matrimonio È un sacramento indissolubile e la Chiesa intende difenderlo. Anche se a minarlo È una maggioranza parlamentare" ha evidenziato il primate del Perù.

I vescovi peruviani incontrano il nuovo Presidente Alejandro ToledoLIMA, 16 giu 01— Il neo eletto presidente Alejandro Toledo si è recato in visita martedý scorso nei locali

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della Conferenza episcopale durante la sessione ordinaria dei membri del Consiglio permanente. I vescovi avevano preventivamente chiesto un incontro, dopo il voto del 3 giugno, con il vincitore delle elezioni. Richiesta che Toledo ha voluto esaudire incontrando direttamente i presuli nella loro sede. "È l'inizio di un dialogo finalizzato a stabilire contatti tra la Chiesa e il nuovo esecutivo. L'obiettivo è quello di affrontare congiuntamente i problemi che affliggono il nostro paese" ha spiegato il comunicato ufficiale del Consiglio permanente, dato alla stampa dopo l'incontro. "Due sono stati i temi affrontati" ha precisato nel corso dell'incontro con i giornalisti il presidente della Conferenza episcopale peruviana e vescovo di Chimbote, mons. Luis Bambaren "Il sostegno ai programmi di aiuto ai 13 milioni di poveri che vivono nel paese e una politica di appoggio alle famiglie" ha precisato il presule prendendo le distanze dalle iniziative di legge che hanno minato le fondamenta dell'istituto familiare. Primo fra tutti il programma di pianificazione delle nascite dell'ex presidente Alberto Fujimori. Secondo la testimonianza di mons. Bambaren, Toledo si È mostrato disponibile e ha concordato che il cosiddetto programma di sterilizzazione messo a punto dal suo predecessore, non può essere un metodo applicabile per il controllo demografico. Nel corso della riunione si È parlato anche della proposta di legge che intende liberalizzare il divorzio. I presuli hanno chiesto a Toledo di opporsi con forza a questa iniziativa. La Conferenza episcopale ha reso noto al neo eletto che una richiesta simile era già stata avanzata al presidente pro-tempore, Valentin Paniagua. Il vescovo di Chimbote ha reso noto, altresì, che il presidente ha accolto con favore la campagna avviata dal Santo Padre sull'annullamento del debito dei paesi poveri (nello specifico del Perù), e della conseguente richiesta avanzata alle grandi potenze mondiali. E' emersa nel corso dei colloqui l'ipotesi di istituire una Commissione nazionale per la Trasparenza, che avrà come obiettivi principali quelli della lotta alla corruzione e della pace.

All’indomani del Vertice ispano-americano, il card. Juan Luis Cipriani, richiama l’attenzione sui temi più cari alla Chiesa: la famiglia, il diritto alla vita e i bambiniLIMA, 26 nov 01 – All’indomani del Vertice ispano-americano al quale hanno partecipato 21 Capi di Stato, l’arcivescovo della capitale, card. Juan Luis Cipriani, ha richiamato l’attenzione sui temi più cari alla Chiesa: la famiglia, il diritto alla vita e i bambini. “Queste dovrebbero essere le preoccupazioni principali dei governanti” ha detto il porporato. “Perché vengono trascurate le problematiche della famiglia, il fondamento dello sviluppo economico e della pace sociale?” ha chiesto l’arcivescovo di Lima ricordando che i paesi latino americani hanno una cultura unica che fonda le sue radici nel messaggio cristiano. “I nostri popoli professano una fede comune, proveniente dalla Spagna. La libertà è uno dei valori di questa tradizione” ha ribadito il porporato. “Come si fa a parlare di fede di fronte a tanta ingiustizia e tanta disuguaglianza?” ha continuato. “La chiesa ricorda, a tal proposito, che chi detiene il potere è tenuto a rispettare e a far rispettare le leggi”. Il Card. Cipriani ha concluso evidenziando che “In queste assemblee quando si parla di accordi economici, lotta al terrorismo e giustizia, si fa ovvio riferimento all'egoismo, alla menzogna, in una parola, al peccato".

Il card. Cipriani oggetto di pesanti attacchi denigratoriLIMA, 30 nov 01 – In Perù il presidente della Conferenza episcopale, mons. Luis Bambarén, e l’arcivescovo di Lima, il cardinale Juan Luis Cipriani Thorne, sono stati fatti oggetto di attacchi denigratori in televisione e sulla stampa. Gli attacchi sono stati formulati sulla base di documenti falsi e diffamatori fatti circolare a Lima ed inviati anche a Roma. “Noi vescovi del Perù solidarizziamo con il cardinale arcivescovo di Lima e con il presidente della Conferenza episcopale del Perù, il cui onore e il cui buon nome sono stati imbrattati in forma denigratoria”. Così hanno reagito i vescovi con un comunicato diffuso sui giornali. Da parte loro, tutte le realtà ecclesiali della arcidiocesi di Lima hanno denunciato in un altro comunicato “l’estesa campagna di aggressione” nei confronti del cardinale Cipriani. Il documento annota come questi “attacchi diretti alla persona di un vescovo costituiscono anche un attacco al ministero che disimpegna nella Chiesa come successore degli apostoli, guida in una Chiesa locale e pastore del gregge. Quelli che pensano che questi due aspetti possono separarsi agiscono misconoscendo la natura della Chiesa”. Lo stesso porporato in una omelia, domenica scorsa, aveva accennato al programma televisivo dove si era parlato contro di lui e a documenti con accuse false. In imbarazzo il governo peruviano, tanto che il presidente della repubblica Alejandro Toledo ha chiesto scusa al cardinale Cipriani con una lettera.

Tra i primi obiettivi che deve porsi il Ministero della pubblica istruzione c’è il potenziamento della scuola cattolica, afferma il card. CiprianiLIMA, 27 feb 02 – Tra i primi obiettivi che deve porsi il Ministero della pubblica istruzione c’è il potenziamento della scuola cattolica. Lo ha detto il primate del Perù e arcivescovo della capitale, card. Juan Luis Cipriani Thorne, chiedendo ai funzionari del dicastero di assegnare all’educazione cattolica un ruolo specifico e non relegarla a disciplina di serie b. Il porporato ha inoltre invitato a prestare maggiore ascolto alle indicazioni della Conferenza episcopale in materia di formazione religiosa, soprattutto alla luce dell’attuale crisi di valori che caratterizza la società peruviana. “Mi auguro che nei nuovi programmi vengano rispettate le due ore di insegnamento settimanali e spero che le tematiche proposte non vengano alterate” ha evidenziato il card. Cipriani. “L’insegnamento della religione viene erroneamente equiparato a materie come l’educazione fisica o l’educazione artistica. Mi domando: in che condizioni versa oggi il Perù? Non c’è forse più urgenza di trasmettere valori?” si è chiesto il primate. “Non è un problema filosofico, ma riguarda più da vicino la famiglia. La religione deve essere parte integrante dei programmi curriculari, in pieno rispetto della fede del nostro popolo. Non dimentichiamo, infatti, che la comunità peruviana è a maggioranza cattolica” ha ribadito il porporato.

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Il card. Cipriani chiede a operai e imprenditori un dialogo costruttivo e sinceroLIMA – Un dialogo costruttivo e sincero per amor di Dio e della patria. E’ quanto ha chiesto l’arcivescovo della capitale e primate del Perù, card. Juan Luis Cipriani, agli imprenditori e ai lavoratori del paese. Il porporato si è soffermato sull’importanza della diffusione del Vangelo ricordando l’importanza del grande comandamento: “Ama Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze e il tuo prossimo come te stesso. Applicandolo al nostro contesto potremo dire Ama l’operaio come ami te stesso, ama l’imprenditore come ami te stesso”. Il porporato ha aggiunto, inoltre, che la maggior parte della popolazione è di fede cattolica “Pertanto ambo le parti sono chiamate a testimoniare il loro essere cristiani. Se questa fede non diventa cultura, rimane solo un enunciato” ha chiarito il card. Cipariani. Agli operai il primate ha chiesto di ripensare le loro azioni di protesta e di proporre nuove vie per il dialogo, al tempo stesso ha lanciato un appello agli industriali affinché vengano rispettati i diritti dei lavoratori. “L’aiuto di Dio sopraggiunge nel momento in cui ciascuno di noi è in grado di mettere da parte l’ambizione personale e l’egoismo” ha continuato il primate. “Solo così i genitori potranno migliorare le condizioni delle proprie famiglie e i giovani affrontare con maggiore lucidità i problemi che interessano da vicino la società”.Il card. Cipriani risponde agli attacchi della stampa locale contro il celibato dei presbiteri LIMA, 13 mar o2 – “Quando il Signore chiama al sacerdozio, chiede di seguire pienamente la vocazione. Ciò comporta ovviamente anche il rispetto del celibato”. Lo ha detto l’arcivescovo di Lima e primate del Perù, card. Juan Luis Cipriani Thorne, rispondendo ai continui attacchi della stampa locale contro il celibato dei presbiteri. “Il vincolo celibatario è un costume secolare della Chiesa che è parte integrante della fede e dell’amore per Cristo” ha ribadito il porporato. “Quando Dio entra nella vita di un futuro sacerdote e gli chiede di seguirlo, non gli dice Diventerai perfetto, oppure Sarai migliore di prima, né tanto meno Il matrimonio è il male” ha aggiunto il card. Cipriani. “Piuttosto il Signore gli indica che Coloro che intendono seguirmi, lo facciano con la propria vita. Per tale motivo la Chiesa ha sempre ribadito che il sacerdote è chiamato a dedicare interamente la propria esistenza a Dio, e in questa scelta c'è anche il celibato". Secondo il primate del Perù: "E' importante quindi formare le coscienze, in modo tale ognuno di noi sappia dentro di sé ciò che è bene e ciò che è male". Il porporato ha concluso chiedendo al Signore di "Accendere la luce in ogni cuore, soprattutto quando si è tentati di dare messaggi sbagliati o di confondere l'opinione pubblica. Come pastore non voglio essere protagonista o rimanere in vetrina, la mia sola intenzione è ricordare ciò che la Chiesa è e da chi è stata fondata".

I vescovi peruviani esprimono il loro sostegno, ma anche qualche preoccupazione per il progetto di riforma costituzionaleLIMA, 1 giu 02 - La Conferenza episcopale peruviana ha espresso attraverso un comunicato ufficiale il suo sostegno al progetto di riforma costituzionale, attualmente in discussione alla Camera, e al tempo stesso la sua preoccupazione per la celerità con cui si svolge il dibattito che di fatto non ha consentito di raccogliere il contributo dei diversi ambiti sociali. "Si tratta senz'altro di una grande opportunità storica per il nostro paese. Per questo motivo tutti i peruviani, in particolar modo coloro che ricoprono cariche istituzionali, hanno una grande responsabilità" sottolineano i presuli nello scritto. A loro dire. "La riforma viene a seguito di una grave crisi di valori che ha minato le fondamenta del nostro tessuto sociale". Apprezzamento viene espresso dai vescovi nei confronti dei deputati e dell'esecutivo per la disponibilità mostrata e per le aperture ma: "Notiamo che c'È una tendenza ad accelerare i tempi per il varo della nuova costituzione e, considerata l'importanza di un testo del genere, È opportuna una seria riflessione" evidenziano i presuli aggiungendo che: "Il Perù e di tutti, pertanto invitiamo coloro che stanno lavorando a questa nobile causa ad utilizzare il tempo necessario affinché venga licenziata una carta costituzionale il più possibile rispondente alle esigenze, alla cultura, alle tradizione, ai valori del nostro popolo".Campagna diffamatoria delle associazioni femministe contro la Chiesa in PerùLIMA, 29 giu 02 – A Lima e altrove nel Perù continua la campagna diffamatoria delle associazioni femministe contro la Chiesa. Attraverso l’utilizzo della posta elettronica esse hanno messo in piedi una fitta rete informativa volta a confondere i fedeli peruviani e, più in generale, tutta la comunità cattolica sudamericana. Titolo dell’ultima iniziativa del Centro di documentazione sulla donna (Cendoc) è Religiose unite nella campagna mondiale “Profilattici per la vita”. L’Organismo in questione ha diffuso la notizia riguardante l’impegno di una sedicente congregazione religiosa a sostegno del gruppo abortista Cattoliche per il diritto di decidere (Cdd). Secondo il dispaccio, datato dicembre 2001 e firmato da Roman Gonzales (esponente di Comunicazione e informazione per la donna—Cimac), sarebbero le Sorelle uruguayane della perpetua indulgenza appartenenti all’Ordine di San Felipe y Santiago di Montevideo a prendere le distanze dalla Chiesa madre, colpevole, a loro dire, di dare un contributo alla diffusione dell'Aids. Quello che il Cimac non dice è che la fantomatica congregazione non è altro che il gruppo di attivisti omosessuali, originari di San Francisco, che sono soliti appellarsi con nomi biblici per promuovere le loro iniziative.

La nuova legge in materia di educazione sminuisce il valore dell’insegnamento della religione, denuncia io card CiprianiLIMA, 19 lug 02 – “La nuova legge in materia di educazione sminuisce il valore dell’insegnamento della religione. Ciò determinerà gravi conseguenze per tutto il settore formativo”. Lo ha detto l’arcivescovo di Lima

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e primate del paese, card. Juan Luis Cipriani Thorne, denunciando il completo disinteresse da parte delle autorità nei riguardi della Chiesa. “Non è stato chiesto un mio parere, né ho ricevuto alcuna bozza che prevede l’equiparazione delle altre discipline con la religione” ha chiarito il porporato che ricopre anche la carica di Presidente della Commissione episcopale per l’educazione cattolica. “Credo che la Chiesa meriti di essere ascoltata”. Il card. Cipriani ha concluso dicendo: “Ritengo che l’Educazione fisica sia una disciplina molto importante. Io stesso amo lo sport ed in passato ho fatto parte della selezione nazionale di pallacanestro. Ma non cerchiamo inutili artifizi per ridurre il significato e l’importanza dell’insegnamento della religione”.

La Conferenza episcopale peruviana indice una Giornata di digiuno e di preghiera per la pace e la riconciliazioneLIMA, 4 ott 02 – La Conferenza episcopale peruviana ha indetto per il prossimo sabato 5 ottobre, la Giornata di digiuno e di preghiera per la pace e la riconciliazione. Secondo quanto riportato dal comunicato stampa dei vescovi, la Commissione episcopale per l’azione sociale vuole lanciare un appello alla comunità e chiamarla a raccolta nella parrocchia di Sant’Antonio di Padova, nel distretto di Jesus Maria. “Si tratta di un evento religioso che avrà inizio alle 9 della mattina e si protrarrà fino alle 4 del pomeriggio” specifica la nota “Parteciperanno esponenti di diverse confessioni religiose che vivono in Perù, con i quali si è organizzata una preghiera ecumenica”. Le conclusioni della giornata saranno affidate alla Presidenza della Conferenza episcopale e ai responsabili della Commissione Verità e Pace. “Le giornate di digiuno e di preghiera” conclude il comunicato “seguono un’antica tradizione della Chiesa, quella di riunirsi in comunità per riflettere insieme e chiedere aiuto a Dio”.

“L’aborto è sempre e comunque un omicidio, , ribadisce il card. Cipriani a IV Congresso di pianificazione familiareLIMA, 27 nov 02 – “L’aborto è sempre e comunque un omicidio, non ci sono altri termini per definirlo. Attribuirgli un altro significato, vuol dire legittimare coloro che stanno sostenendo la modifica dell’impianto costituzionale”. Con queste parole il cardinale Juan Luis Cipriani, arcivescovo di Lima, ha chiuso i lavori del IV Congresso di pianificazione familiare, dedicato al “valore della vita umana”. Duro il giudizio del porporato nei confronti del Congresso peruviano che, il 3 ottobre scorso, ha approvato la modifica dell'articolo 2 della Costituzione che rifiuta la pena di morte e proibisce l'aborto "salvo nei casi consentiti dalla legge". Secondo gli esperti una eventuale revisione di questa seconda parte della norma porterebbe il Perù ad annullare i principi espressi dalla prima costituzione e spalancherebbe le porte alla legalizzazione dell'aborto. Per approvare riforme del genere, il Parlamento deve comunque esprimersi una seconda volta. "Non possiamo tacere di fronte a tutto questo” ha evidenziato il card. Cipriani “E non lo dico solo ai cattolici, giacché anche la scienza continua a ribadire che la vita ha inizio dal concepimento e attaccarla, significa uccidere. L’auspicio è quello che sulle coscienze di coloro che hanno responsabilità istituzionali cada la mano di Dio”. Nei giorni scorsi il Presidente della Conferenza episcopale peruviana, mons. Luis Bambaren Gastelumendi, a nome dei vescovi, aveva pubblicato un documento ufficiale nel quale viene aspramente criticato il progetto di riforma costituzionale.

A 82ª plenaria del 2003 presentato il documento “Perù, coltiva i valori, riflessioni sulla ricchezza formativa dei valori cristiani”LIMA, 30 gen 03 – L’82ª Assemblea plenaria dei vescovi peruviani ha eletto nuovo presiedente, per il quadriennio 2003-2006, mons. José Hugo Garaycoa Hawkins, vescovo di Tacna-Moquegua. Il presule prenderà il posto del vescovo di Chimbote, mons. Luis Bambarén. Nato a Callao nel 1930, mons. Garaycoa Hawkins è stato ordinato sacerdote nel 1961, nominato vescovo ausiliare di Lima nel 1982 e titolare della diocesi di Tacna-Moquegua nel 1991. Docente presso vari atenei, il nuovo numero uno dei vescovi peruviani attualmente ricopre la carica di presidente del Dipartimento per la pastorale sociale del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam).Verrà affiancato nel suo lavoro dall’arcivescovo di Trujillo, mons. Hector Miguel Cabrejos, e dall’arcivescovo di Huancayo, mons. José Rios Reynoso, eletti rispettivamente vicario e vicepresidente della Conferenza episcopale. Durante il suo primo incontro con la stampa, il vescovo di Tacna-Moquegua ha esortato i giornalisti a dare maggior spazio a quanto di buono accade in Perù. “Ciò non vuol dire che devono essere taciute le brutte notizie, ma raccontare anche quelle piacevoli, anche perché il nostro popolo ne ha bisogno” ha spiegato il nuovo presidente dei vescovi. Nel messaggio di congedo, mons. Bambaren, ha tracciato un bilancio del suo operato ed ha ringraziato il Signore per il rapporto di collaborazione instaurato con la comunità. Oltre ad eleggere il suo primo rappresentante l’Assemblea ha presentato Perù, coltiva i valori, riflessioni sulla ricchezza formativa dei valori cristiani, un documento di 72 pagine che parla della situazione del paese e pone l'accento sulla necessità di promuovere la verità e la giustizia, tanto nella vita privata quanto in quella pubblica. Lo scritto identifica la crisi in corso come "decadenza morale che esige una risposta profonda che deve venire dalla mente e dal cuore. Il tutto a partire dai valori umani e cristiani. Si parla della difesa del matrimonio e dell'istituto familiare e un ampio spazio viene dedicato ai mezzi di comunicazione sociale: "Hanno acquisito un potere tale che non si può pensare di tenerli fuori dal progetto di ricostruzione del paese" evidenzia lo scritto che conclude ribadendo che: "L'impegno prioritario è quello di formare coscienze rette e di insegnare a mettere in pratica i valori, non solo attraverso meri discorsi, esortazioni o indicazioni, ma mutando radicalmente lo stile di vita di ciascuno".

Congresso peruviano approva l’articolo 71 del nuovo testo costituzionale che conferma il ruolo di primo piano della Chiesa cattolica nel paese

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LIMA, 4 apr 03 – La scorsa settimana il Congresso peruviano ha approvato l’articolo 71 del nuovo testo costituzionale che conferma il ruolo di primo piano della Chiesa cattolica nel paese. Con settanta voti favorevoli, dieci contrari e 13 astensioni l’articolo stabilisce che “Lo stato riconosce la Chiesa cattolica come un importante elemento nello sviluppo storico, culturale e morale della nazione”. In un comunicato della Conferenza episcopale peruviana si legge che “Tale norma ratifica quanto già stabilito in passato. La Chiesa, infatti, è stata ed è ancora oggi, un importante punto di riferimento nel paese. Fin dall’inizio della diffusione del Vangelo nel paese, i missionari si prodigarono per lo sviluppo integrale del Paese attraverso l’insegnamento dei valori religiosi, etici, culturali, civici e patriottici. Per tale motivo il Perù rimane indissolubilmente legato alla Chiesa cattolica”. I vescovi aggiungono inoltre che: “L’opera della Chiesa nei secoli si è andata via via sviluppando nei settori dell’assistenza sociale e sanitaria. Oggi è riconosciuta in particolar modo per il suo impegno nella difesa dei diritti umani, della famiglia, del matrimonio, della formazione e dell’essere umano, dal momento del concepimento. Per tali ragioni lo stato ha ancora una volta riconosciuto il contributo della Chiesa”.

La Commissione episcopale peruviana per la catechesi, la pastorale biblica e indigena, pubblica il testo Celebrazioni della parola per le assemblee dei fedeli presiedute dai laiciLIMA, 10 apr 03 – La Commissione episcopale peruviana per la catechesi, la pastorale biblica e indigena, ha pubblicato il testo intitolato Celebrazioni della Parola per le assemblee dei fedeli presiedute dai laici. Il sussidio è il frutto di due anni di lavoro della Commissione diocesana per la catechesi rurale di Cajamarca (Edicar) e delle diocesi della Regione nord. Molte comunità del paese, soprattutto quelle che risiedono nelle zone più impervie, si riuniscono ogni domenica per pregare, coordinate da un catechista o da una catechista. Questo avviene per la difficoltà dei sacerdoti di raggiungere tutti i gruppi appartenenti alla parrocchia. "Quello che per noi inizialmente rappresentava un problema, oggi è diventata una risorsa" ha spiegato il Presidente della Commissione episcopale, mons. Angel Francisco Simon "La carenza di presbiteri infatti non ci permette di coprire tutte le aree, così ci siamo affidati ai laici che animano e, in qualche caso, presiedono gli incontri di preghiera" ha aggiunto. La pubblicazione licenziata dalla Edicar contiene le linee guida per l'animazione liturgica, i testi biblici e i commenti alla Parola di Dio.

“Tenete viva la speranza e siate solidali con i più poveri e i più deboli”: l’invito del Consiglio permanente dei vescovi peruviani a seguito dello stato di emergenza dichiarato nel 2003 LIMA, 14 giu 03 – “Tenete viva la speranza e siate solidali con i più poveri e i più deboli, soprattutto in questo momento di grave crisi economica, politica e sociale”. Apre così il documento pubblicato nei giorni scorsi dal Consiglio permanente dei vescovi peruviani a seguito dello stato di emergenza che ha dato vita, alla fine del mese scorso, una serie di proteste e di scontri. “Serpeggia un sentimento di piena sfiducia nei confronti delle istituzioni” scrivono i vescovi. “La menzogna, l’inganno e l’informazione manipolata hanno bloccato la crescita del paese e hanno cerato uno stato di agitazione e di inquietudine”. I presuli si dicono disposti ad “accompagnare, orientare e sostenere il processo democratico e il cammino di pace e giustizia” ed auspicano “una pronta ripresa dello sviluppo”. “Condanniamo gli episodi di violenza che hanno segnato questi ultimi giorni” precisano “e chiediamo al governo di assumere precisi impegni a sostegno del bene della collettività. Ci rivolgiamo inoltre a tutte le realtà, sia pubbliche che private, affinché si adoperino per ritrovare un’unità di intenti”. Infine un appello ai mezzi di comunicazione: “Date maggiore risalto a quanto si sta facendo per la pace e non fomentate gli scontri, la cultura del sospetto e le divisioni”.

“Globalizziamo la solidarietà con gli immigrati” è il titolo del documento dei vescovi per la Giornata del migrante 2003LIMA, 4 set 03 – Si parla soprattutto del successo ottenuto da Compartir 2003, la campagna promossa dalla Conferenza episcopale peruviana, nel messaggio ufficiale dei vescovi pubblicato in occasione della Giornata del migrante che verrà celebrata domenica prossima. L'iniziativa dei presuli denominata Globalizziamo la solidarietà con gli immigrati viene definita nel testo siglato dal Presidente dei presuli, mons. Hugo Garaycoa Hawkins, e dal Segretario generale, mons. Juan José Larrañeta Olleta, "momento forte di evangelizzazione e di presa di coscienza di tutti i peruviani della realtà degli immigrati e delle loro famiglie, delle cause e le conseguenze di questo fenomeno. E’ anche un momento in cui si ha l’occasione di promuovere iniziative di solidarietà a sostegno di chi è stato costretto a lasciare la propria terra in cerca di fortuna”. I vescovi spiegano nel messaggio che grazie a Compartir le diocesi hanno avuto la possibilità di portare a termine progetti importanti e "il risultato ottenuto testimonia un cambio radicale dell'atteggiamento discriminatorio ed egoista a vantaggio di una tendenza all'apertura e alla comunione" recita lo scritto. Fedeli al messaggio del Santo Padre per la 89esima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, i vescovi peruviani ribadiscono infine che: "La nostra posizione è in linea con quanto indicato da Giovanni Paolo II e quindi esortiamo gli immigrati ad onorare i paesi che li ricevono e a rispettare le leggi, la cultura e le tradizioni della gente che li ha accolti. Solo così prevarrà l'armonia sociale". I vescovi peruviani pubblicano brochure informativa sul matrimonio, la vita e la famigliaLIMA, 11 set 03 - In occasione della Giornata per la vita e la Settimana nazionale della famiglia, la Commissione episcopale della famiglia, organo della Conferenza episcopale peruviana, ha pubblicato una brochure informativa sul matrimonio, la vita e la famiglia, quale sussidio di preghiera e di riflessione per tutti i fedeli. La pubblicazione si intitola Famiglia al servizio della vita. Intima comunità di vita ed amore ed ha come obiettivo quello di “investire la famiglia di un ruolo fondamentale, quello di difendere, amare e servire la vita coinvolgendo tutta la

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comunità cristiana. Si tratta di un impegno evidentemente oneroso, considerate le attuali circostanze ma è in gioco l’esistenza dell’essere umano dal suo concepimento fino al termine naturale” ha detto il Presidente della Commissione episcopale della famiglia e vescovo di Yauyos, mons. Juan Antonio Ugarte. “In questo momento devono unirsi in uno sforzo comune genitori, agenti pastorali ed educatori per raggiungere questo obiettivo” ha precisato il presule. La brochure affronta sei temi così suddivisi: Il matrimonio base della famiglia, Il matrimonio: cammino di santità, La famiglia al servizio della vita, Famiglia: chiesa domestica, Famiglia: nuova nella sua missione, nei suoi metodi, nelle sue espressioni, Famiglia ed etica della vita.Migliaia di fedeli peruviani in preghiera per concludere insieme l’Anno del RosarioLIMA, 2 ott 03 – Migliaia di fedeli peruviani si riuniranno in preghiera domenica prossima per concludere insieme l’Anno del Rosario. Per l’occasione è stata realizzata una corona di 428 metri di lunghezza (i grani hanno un diametro di 80 centimetri), che secondo gli amanti del guiness dei primati, risulta essere la più grande della storia. Il record precedente apparteneva ai docenti e agli alunni dell’Istituto San Giuseppe dell’Illinois (52,9 metri di lunghezza). Il rosario peruviano è stato corredato da una icona della Vergine di quasi due metri e da una croce di quattro metri. La cerimonia verrà presieduta dall’arcivescovo di Lima, card. Juan Luis Cipriani e nell’occasione verranno ricordati anche i 25 anni di pontificato di Giovanni Paolo II. “L’opera svolta dal Papa in questi anni rappresenta una testimonianza di abnegazione e di amore nei confronti della Chiesa. Vogliamo porre l’accento proprio su questo punto e dimostrare, attraverso la preghiera, tutta la nostra gratitudine al Santo Padre” ha fatto sapere il vescovo ausiliare della capitale, mons. José Antonio Eguren. “Quella che abbiamo organizzato è una manifestazione che acquisita ancora più valore, considerato il difficile periodo che stiamo attraversando. Abbiamo bisogno di buone notizie, di unità e per questo abbiamo scelto di stringerci attorno al Signore dei Miracoli, alla Vergine Maria e al Papa” ha aggiunto il presule. Dopo la recita del maxi rosario, il programma prevede la messa officiata nel piazzale antistante alla Cattedrale, proprio di fronte alla statua del Signore dei Miracoli (la principale devozione del paese) che per l’occasione sarà traslata dal Monastero delle Nazarene.

I vescovi peruviani siglano accordo di mutua cooperazione con l’UnicefLIMA, 4 dic 03 – La Conferenza episcopale peruviana ha siglato il 27 novembre scorso un accordo di mutua cooperazione con l’Unicef per il sostegno dei programmi in difesa dei diritti dei minori e degli adolescenti. L’intesa avrà una durata di tre anni e si pone come obiettivo primario quello di promuovere progetti ispirati alla Dottrina sociale della Chiesa. Il documento è stato redatto nel pieno rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo e del Codice peruviano sui minori. La firma del protocollo è avvenuta nella sede della Conferenza episcopale alla presenza del vescovo di Tacna-Moquegua e Presidente dei presuli, mons. Hugo Garaycoa, del Presidente della Commissione episcopale per la famiglia e vescovo di Yauyos-Cañete, mons. Juan Antonio Ugarte Pérez e del rappresentante dell’Unicef in Perù, Andrés Franco. Attraverso l’accordo la Chiesa intende supportare il lavoro degli agenti pastorali in tutte le diocesi del paese e sostenere l’attività dei centri che accolgono i bambini in stato di abbandono. “Purtroppo la nostra rete continua a registrare numerosi casi d’abuso, per questo siamo ben lieti di poter avvalerci della presenza dell’Unicef al nostro fianco per combattere tale piaga” ha detto nell’occasione mons. Garaycoa. Il rapporto di collaborazione tra Unicef e vescovi peruviani risale a quindici anni fa, nel corso dei quali si sono sperimentati, con successo, programmi di “sopravvivenza infantile”. Secondo l’Istituto nazionale di indagine e statistica, oltre un terzo della popolazione peruviana ha meno di quattordici anni. La maggior parte subisce violenze e rappresenta ben il 60 per cento della fascia povera.

Appello dei vescovi peruviani ad una “riconciliazione basata sulla verità e sulla giustizia”LIMA, 18 dic 03 – Appello dei vescovi peruviani ad una “riconciliazione basata sulla verità e sulla giustizia”. “Il perdono deve superare l’odio e il perdono deve vincere la vendetta. Entriamo di nuovo in armonia con Dio, con noi stessi e con il prossimo” scrivono i presuli nel messaggio pubblicato sabato scorso, intitolato Prepariamo il cammino del Signore. Lo scritto ricorda il risultato delle ricerche effettuate dalla Commissione per la verità e la riconciliazione (organismo istituito dal governo per far luce sui fatti degli ultimi venti anni), reso noto il 28 agosto scorso: "E' stato un lavoro molto impegnativo, che presenta alcuni limiti, ma ha una sua precisa valenza. Tra il 1980 e il 2000, secondo il rapporto, il nostro paese ha vissuto una situazione molto critica dovuta soprattutto ad uno scontro politico senza precedenti" rilevano i vescovi. "Si sono registrati trentamila omicidi dovuti per lo più ad azioni terroristiche, conflitti armati e massacri collettivi. 4236 persone sono state messe in prigione e successivamente fatte sparire, 600mila sono state costrette ad abbandonare la loro casa. Insomma un quadro desolante che ha lasciato profonde ferite nella nostra storia recente" evidenzia la riflessione. "Riconciliazione fa rima con riforme istituzionali, conversione personale, abbattimento dei muri dell'emarginazione, del razzismo, della disuguaglianza e dell'ingiustizia" continuano i vescovi nella loro nota e concludono dicendo che: "Quello dell'Avvento e del Natale è il tempo giusto per vedere gli avversari stringersi la mano"

In occasione della Giornata del Nascituro 2004 presentato in Perù un programma di intervento per la difesa della vitaLIMA, 26 mar 04 – Si celebra oggi la Giornata del Nascituro e nell’occasione verrà presentato dal Presidente

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della Conferenza episcopale peruviana, mons. Hugo Garaycoa, un programma di intervento per la difesa della vita, messo a punto dal Centro per la promozione familiare e la regolazione naturale della natalità (Ceprofarena). Il presule presiederà una conferenza stampa nel Centro di assistenza per le famiglie, le società le imprese, durante la quale illustrerà le linee guida per l’assistenza spirituale del nascituro a rischio di aborto. Il fine è quello di sensibilizzare le coscienza dei peruviani sui gravi danni che procura l'interruzione della gravidanza. Oltre alla conferenza stampa è previsto un momento di preghiera per la vita e una messa da celebrarsi in tutte le parrocchie di Lima. Domani si terrà un concerto nell'auditorium del Collegio di Sant'Agostino, che vedrà protagonisti Luis Enrique Ascoy e Eddie Pérez. Anche i ragazzi del Movimento Essere vita si sono mobilitati per la Giornata del nascituro. Il loro programma di attività si svolgerà essenzialmente nella parrocchia di Nostra Signora del Carmelo a San Miguel.

Nel 2004 primo incontro bilaterale delle Conferenze episcopali di Ecuador e Perù sull’immigrazione peruvianaQUITO, 27 apr 04 – Gli uffici incaricati della pastorale per gli itineranti delle Conferenze episcopali del Perù e dell’Ecuador stanno preparando il primo incontro bilaterale sull’immigrazione peruviana. L’incontro è previsto per il prossimo settembre a Cuenca, in Ecuador. L’iniziativa è stata concordata tra i vescovi peruviani, gli agenti della Pastorale sociale di Cuenca, le associazioni per i diritti umani, la polizia di frontiera e le autorità municipali. Obiettivo principale dell’incontro sarà quello di studiare nuove strategie per migliorare le condizioni di vita dei peruviani che vivono in Ecuador. “La situazione degli immigrati è sempre più critica” ha detto don Isaldo Betin, segretario della Pastorale della mobilità umana della Conferenza episcopale peruviana. “Solo a Cuenca vengono arrestati tra i 15 e i 20 peruviani ogni settimana” ha denunciato. “Registriamo una sorta di persecuzione della polizia nei confronti di questa gente e questo non fa altro che incrementare gli episodi di xenofobia nei confronti dei fratelli peruviani” ha continuato p. Betin. Particolarmente colpiti risultano i venditori ambulanti: “Le forze dell’ordine gli sequestrano la merce e i mezzi di trasporto senza mai restituirglieli” rileva il sacerdote. La situazione è più favorevole per coloro che lavorano nell’edilizia e nella piantagioni: “Non vengono perseguitati perché in Ecuador manca la mano d’opera. E’ questa la causa prima che spinge i peruviani a lasciare il loro paese e a cercare fortuna qui” ha sottolineato p. Betin.

“Pace per il nostro popolo”: nota pastorale della Conferenza episcopale peruviana nella quale i presuli riaffermano la necessità del dialogoLIMA, 15 mag 04 – Si intitola Pace per il nostro popolo, la nota pastorale pubblicata nei giorni scorsi dalla Conferenza episcopale peruviana, nella quale i presuli riaffermano la necessità del dialogo e del confronto quali porte per la speranza per il futuro del paese. "Stiamo assistendo alla sofferenza di tutto un popolo" scrivono i vescovi alludendo ai continui disagi sociali dovuti ai ripetuti scioperi, all'instabilità politica e alla violenza dilagante. "Dio ha sempre privilegiato i poveri, i deboli, i sofferenti e gli emarginati. Sono loro, secondo il piano del Signore, quelli che dovrebbero beneficiare di maggior sostegno e, invece, oggi patiscono più degli altri". Il testo ricorda che: "Una semplice analisi della situazione attuale ci porta a scoprire un paese segnato dal dolore, dalla protesta e dall'angoscia. Come se negli ultimi venti anni i peruviani non avessero già patito gli effetti di lotte fratricide che hanno generato morte ed hanno costretto tanta gente ad andarsene e ad abbandonare quei valori morali che da sempre sono stati i punti fermi di questo popolo". Nel ricostruire le tappe che hanno condotto all'attuale situazione di profonda crisi, i vescovi ricordano che: "La lotta per la riconquista della democrazia è stata ardua e nonostante il sacrificio, non sono stati centrati gli obiettivi tanto agognati. Per questo" continua la nota "facciamo appello al senso di responsabilità della classe dirigente, affinché non ricorra ai rimedi estremi e si affidi sempre e comunque alle vie della legalità. Auspichiamo un Perù unito, che faccia del dialogo e della pace la sua bandiera". Un ultimo passaggio è dedicato ai mezzi di comunicazione: "L'auspicio è che diano informazioni corrette e siano uno strumento di avvicinamento tra le autorità e la società civile”.

“La pillola del giorno dopo è abortiva”, afferma il Segretario generale della Conferenza episcopale peruviana

LIMA, 17 mag 05 – “La pillola del giorno dopo è abortiva”. Il Segretario generale della Conferenza episcopale peruviana, mons. Juan José Larrañeta, smentisce così la ministra della salute, Pilar Mazzetti, e ribadisce che “si tratta di un farmaco che non cura, ma che piuttosto uccide”. Il presule prende posizioni nei confronti della responsabile del dicastero, la quale ha motivato la decisione di distribuire gratuitamente il farmaco rilevando che: “E’ un trattamento che non impedisce l’impianto dell’ovulo fecondato, cioè dell’embrione nella parete uterina. Non abbiamo nessuna prova che il Levonorgestrel, prodotto che peraltro viene impiegato dai primi anni ottanta, abbia questo effetto”. Pronta la risposta di mons. Larrañeta, secondo cui ci sono diverse conferme, tutte provenienti dal mondo scientifico, riguardante l’effetto abortivo della pillola. “Ciononostante non spetta a noi intraprendere azioni legali contro il ministero” ha chiarito il Segretario generale dei vescovi peruviani. Nel frattempo un gruppo di legislatori si è mosso contro il provvedimento della Mazzetti, giudicandolo “incostituzionale”, in quanto la Magna Carta nazionale protegge il nascituro fin dal concepimento. Sui medici che stanno sostenendo l’iniziativa della ministra, schierandosi per il consumo del farmaco, il presule conferma che: “La Chiesa difende la vita. E’ triste vedere professionisti del settore che non fanno lo stesso”.

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È in corso una campagna finalizzata ad azzittire la voce di Dio, denuncia il card. Cipriani

LIMA, 27 lug 04 – “E’ in corso una campagna finalizzata ad azzittire la voce di Dio. Non vogliono che la Chiesa parli delle ingiustizie, della mancanza di rispetto nei confronti della famiglia, della scarsa considerazione per i deboli e gli umili”. Così il card. Juan Luis Cipriani Thorne, dai microfoni di Dialogo sulla fede, il programma radiofonico in onda ogni sabato sulla principale emittente nazionale, denuncia il diretto attacco nei confronti della Chiesa e dei suoi sacerdoti. “Il nostro principale nemico è il presbitero che ha timore di dire la verità. Bisogna dire ad alta voce in che cosa si crede e l’impegno che si è assunto, in modo tale da non creare discrepanze tra ciò che la Chiesa dice e ciò che fa” ha ammonito il Primate, elogiando al tempo stesso tutti i sacerdoti che “con enorme sacrificio, perché in numero esiguo, celebrano bene la messa e pregano molto”. Poi un suggerimento: “Quando i fedeli perdono la loro fede, è necessario che la predica diventi un po’ più dura. Di fronte all’aggressione dobbiamo reagire. E non si può dire che la tensione dello scontro cala nel momento in cui la Chiesa termina di parlare. La Chiesa non può assolutamente tacere!”.

“La disoccupazione non è un problema di ordine politico o economico, semmai morale, poiché la mancanza di lavoro umilia la dignità umana, afferma il card. Cipriani

LIMA, 17 nov 04 – “La disoccupazione non è un problema di ordine politico o economico, semmai morale poiché la mancanza di lavoro umilia la dignità umana”. L’arcivescovo di Lima, card. Juan Luis Cipriani, ha parlato del dramma dei tanti disoccupati peruviani durante la messa per i bambini e i ragazzi disabili della capitale e del Callao. “La Chiesa è, e sarà, sempre dalla loro parte, senza per questo incitare alla violenza” ha ribadito. “Il lavoro è uno dei luoghi dell’incontro con Dio. Qui l’essere umano sviluppa le sue virtù e guadagna il denaro necessario per il suo sostentamento quotidiano. C’è una diffusa mancanza di solidarietà e questo è evidente se si pensa che in pochi guadagnano molto e in tanti guadagnano poco”. Il card. Cipriani ha lanciato un appello ai più facoltosi del paese affinché diano vita a nuovi posti di lavoro: “Il capitale è fatto per essere condiviso attraverso la creazione di occupazione. E’ lecito ottenere benefici economici quando questi vengono da progetti efficaci” ha evidenziato l’arcivescovo di Lima. “Non tutte le persone possono avere lo stesso tenore di vita; sappiamo bene che questo è un sogno marxista che non corrisponde a verità. Ma neanche possiamo dire: Questo è mio e nessuno può toccarlo. La proprietà privata, infatti, ha una ipoteca sociale in quanto esiste un obbligo morale per chi ha di più o è in grado di fare di più, e cioè creare i presupposti affinché i fratelli in difficoltà possano anche loro trovare la loro giusta dimensione”. Secondo il card. Cipriani, inoltre, “Il lavoro deve avere come motivazione principale quella di rendere un servizio al prossimo”.

“La ricerca del bene comune: fonte di pace e di solidarietà” è il titolo del documento pubblicato dai vescovi peruviani durante la loro 85ª plenaria del 2005, in cui si parla delle emergenze del Paese LIMA, 25 gen 05 – Famiglia, povertà e immigrazione. Per i vescovi peruviani rappresentano oggi le questioni più spinose che riguardano da vicino il paese. A questi si aggiungono altre priorità che i presuli hanno voluto fissare in un documento intitolato La ricerca del bene comune: fonte di pace e di solidarietà, pubblicato venerdì scorso, a margine della loro 85esima Assemblea generale ordinaria. "Conosciamo bene i problemi che affliggono i nostri connazionali" scrivono i presuli "E sappiamo bene che si vive in un clima di totale mancanza di fiducia nei confronti delle istituzioni e del prossimo. La violenza dilaga in città, così come nelle periferie e nelle campagne, ed è il frutto di rivendicazioni che, seppur legittime, non trovano ancora risposta. Ci preoccupa soprattutto la corruzione, fenomeno ormai diffuso e radicato, effetto di interessi personali, di gruppo o di partito, e di un completo disinteresse nei confronti del bene pubblico". La nota prosegue indicando l'impegno che la Conferenza episcopale intende assumere in questo periodo di estrema difficoltà: "Come pastori vogliamo far luce su questo scenario con la forza di Gesù Cristo per scoprire quali sono le reali possibilità del popolo peruviano e per rafforzare la democrazia con le armi della giustizia e la solidarietà, evitando di ricorrere alla violenza. Con l'apostolo Paolo siamo convinti che dobbiamo vincere il male con il bene”. Il documento dedica poi un passaggio importante alla politica: “E’ l’arte di ricercare e realizzare il benessere di tutti” sottolineano i vescovi. “E tale ricerca ci chiama ad una partecipazione attiva. Domandiamoci che cosa stiamo facendo per alimentare il clima di dialogo, oppure: Come possiamo ottenere il bene del paese se non mettiamo da parte gli egoismi o le ambizioni dei singoli?”. I presuli concludono lo scritto con un proposito: “In questa ora cruciale della nostra storia ci sentiamo direttamente partecipi come Chiesa e ci appelliamo a tutti i peruviani affinché uniscano le loro volontà al fine di percorrere insieme un cammino di pace. Ricordiamo a tal proposito le parole che il Santo Padre pronunciò venti anni fa in occasione della sua visita nel nostro paese: Costruiamo un Perù più fraterno, più giusto e senza violenza. Un Perù dove regni l’onestà, la verità e la pace”

In vista del ballottaggio il presidente della Conferenza episcopale peruviana indica nella lotta alla povertà una delle priorità del PaeseLIMA, 10 mag. 06 - In vista del prossimo ballottaggio per le presidenziali in Perù, il Presidente della Conferenza episcopale peruviana mons. Héctor Miguel Cabrejos Vidarte, ha chiesto di “approfondire i programmi per vincere la povertà, migliorare la salute e sviluppare l'educazione, punti ineludibili e prioritari in una qualsiasi agenda di governo”. In un comunicato diffuso nei giorni scorsi, l’arcivescovo di Trujillo chiede poi ai cittadini di “riflettere seriamente sul valore del voto” e prendere una decisione responsabile e

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ponderata, “poiché un voto non pensato è un voto perso” e prega il Signore di "illuminare gli elettori ed i candidati in questo secondo turno elettorale, affinché tutti insieme possano costruire un paese fondato sulla giustizia sociale e sulla libertà, assi fondamentali per raggiungere l'autentico sviluppo che tutti desiderano". Da parte sua, mons. Cabrejos Vidarte riafferma la “disponibilità della Chiesa - la cui prima responsabilità è l'evangelizzazione - a continuare a collaborare con il Paese per il suo sviluppo storico, culturale e morale, come riconosce la Costituzione Politica del Perù, senza dimenticare che attualmente la Chiesa continua a compiere un ruolo sussidiario importante tra gli strati più poveri della nostra società e nei posti più nascosti del Paese”. Mettere da parte divisioni per costruire un nuovo futuro: così i vescovi peruviani sulle elezioni presidenziali del 2006LIMA, 27 giu 06 - “E’ ora di fronte a noi l’impegno e la sfida di costruire il futuro, di cercare il bene comune, di servire responsabilmente le nostre maggioranze emarginate, di costruire con generosità, di coltivare la sana tolleranza e di cercare un dialogo fecondo di tutte le forze politiche e sociali. Devono rimanere in secondo piano le divisioni, i confronti e tutto quello che pregiudichi la ricerca dell'intesa comune". È l'appello contenuto in un comunicato del Consiglio Permanente della Conferenza episcopale peruviana sui risultati delle recenti elezioni presidenziali che hanno dato la vittoria all’ex presidente Alan Garcia. Nel comunicato, intitolato "Disposti a dare risposta alla Speranza", i vescovi si congratulano in quanto la democrazia del Paese “si va fortificando” e allo stesso tempo chiedono a tutti i cittadini di concentrare "i loro sforzi sullo sviluppo e la promozione della persona umana". I presuli ricordano quindi una serie di punti fermi in questo momento decisivo per il paese: "fortificare la nostra convivenza sociale in base al rispetto della giustizia; impegnarsi inequivocabilmente per la pace, la difesa della vita, il rispetto dei diritti umani e la lotta contro tutto quello che colpisca le Istituzioni democratiche”. Chiedono poi a tutti i partiti politici e a tutti i gruppi sociali di unire i loro sforzi a beneficio dei "più bisognosi del Perù per generare così una speranza autentica". "L'esclusione dai benefici economici di molti nostri fratelli esige una soluzione giusta nella lotta contro la povertà, al fine di garantire la giustizia sociale, oltre a condizioni degne di vita" si legge nel comunicato. “Ci si presenta una strada ardua e difficile – conclude il comunicato - ma dobbiamo guardare verso il futuro con ottimismo, fidandoci dell’impegno e delle capacità dello spirito umano per lavorare per l'unità, per aiutare e dirigere al nostro paese verso il progresso ed il benessere". Garcia è tornato al potere dopo che il suo governo, negli anni Ottanta, era finito in disastro economico, tra rivolte dei ribelli ed accuse di violazioni dei diritti umani. L'esito delle elezioni è stato un duro colpo per il presidente venezuelano Hugo Chavez, che aveva appoggiato il leader populista nazionalista Ollanta Humala.

Messaggio dei vescovi peruviani in occasione insediamento nuovo Presidente Alan Garcia nel 2006 LIMA, 28 lug 06 - Dare riposte ai grandi bisogni e alle molteplici aspettative del popolo peruviano, ma, soprattutto, prendere coscienza del fatto che la gente non ha fiducia nelle istituzioni dello Stato e nella classe politica. È l’invito che mons. Héctor Miguel Cabrejos Vidarte, arcivescovo di Trujillo e presidente della Conferenza episcopale peruviana, ha rivolto in un messaggio al nuovo capo dello Stato Alan Garcia - già presidente tra il 1985 e il 1990 e che oggi a Lima presta giuramento - al governo e al parlamento, eletti con un voto popolare trasparente. Per la prima volta nella storia del Perù, sei donne fanno parte del consiglio dei ministri che sarà guidato da Jorge del Castello. Mons. Cabrejos Vidarte esorta ad una gestione esemplare della cosa pubblica per fare sì che la corruzione, l’impunità, gli interessi di parte e dei partiti lascino il posto al buon governo del bene comune. Se “è vero che nell’ambito della democrazia formale ci sono stati grandi progressi – si legge nel documento della Conferenza episcopale – per quanto riguarda la democrazia sostanziale c’è ancora molto fa fare”. Per l’episcopato un Paese come il Perù, con la metà della sua popolazione in situazione di povertà, con gran parte della gioventù che pensa solo ad emigrare, con professionisti altamente qualificati che non trovano lavoro, “non si può permettere esperimenti sociali o collaudi temerari”. Occorre invece gettare basi solide per uno sviluppo integrale sostenuto e sostenibile e per consolidare le istituzioni democratiche. Mons. Cabrejos Vidarte chiede al nuovo governo di ascoltare gli emarginati e i più poveri e ancora quanti temono che il Trattato di libero commercio con gli USA (firmato tra il governo uscente di Alejandro Toledo e Washington) possa condurre a nuove ineguaglianze sociali tra abbienti e meno abbienti. Il presule raccomanda di evitare la crescita di sperequazioni sociali, economiche, regionali e culturali e di risolvere i molti problemi sociali urgenti (salute, educazione, cibo, alloggi, infanzia …) con “scelte e politiche di Stato, con equità e qualità”. Per le riforme istituzionali i vescovi prospettano studi e analisi, ampi consensi politici e sociali, soprattutto sui temi che riguardano il diritto alla vita – suo concepimento alla sua fine naturale - i diritti umani, il sistema democratico, la convivenza solidale e la pace. Il comunicato della Conferenza episcopale si conclude con un appello diretto al presidente Alan García Pérez,

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dal quale i vescovi si aspettano i migliori sforzi per una buona gestione del Paese che risponda alle circostanze e ai bisogni del popolo.

I vescovi peruviani dicono “no” alla proposta di introdurre la pena capitale nei casi di violenza carnale e omicidio di minorenniLIMA, 20 set 06 “Nessuno può disporre direttamente della propria vita e di quella altrui, senza tener conto del rischio che corre di erigersi a padrone della vita che appartiene solo a Dio, unico Signore della vita”: così, i vescovi del Perù, in una dichiarazione pubblicata nei giorni scorsi, in merito alla proposta di introdurre nel Paese una riforma costituzionale che permetta l’applicazione della pena di morte nei casi di violenza carnale e omicidio di minorenni. Richiamando il Vangelo e il testo costituzionale, i presuli ribadiscono “il primato e l’inviolabilità della vita umana” e il dovere dello Stato di proteggerla, anche attraverso “un sistema giudiziario capace di applicare le pene stabilite, che consentano, con efficacia, di riparare il disordine introdotto, diffondere l’ordine pubblico e la sicurezza delle persone e contribuire a correggere il colpevole”. “La pena di morte – aggiungono – secondo molte esperienze, a volte si risolve in una vendetta”, “che non ripara alcun danno e non sradica alcun male”. Molto più urgente è, secondo i vescovi peruviani, indirizzare la riflessione “sul come sia stato possibile che in Perù si sia arrivati a un tale punto di degrado nel rispetto della persona e degli autentici valori della nostra società”. Degrado che “ha permesso l’avanzamento della cultura del relativismo, dell’edonismo, dell’erotismo sfrenato e della promiscuità e che, ovviamente, non rispetta né difende l’innocenza dei più piccoli e dei più deboli”. “La soluzione – affermano i presuli – va cercata nella prevenzione, nella formazione delle persone e in una vera educazione sessuale e non in una semplice informazione”. E concludono: “Chiediamo a tutte le autorità competenti, e agli attori sociali a non far diventare una questione così complessa come la pena capitale in un affare politico e a non dimenticare tutte le componenti giuridiche, etiche e morali che la questione racchiude”. Alla 89ª plenaria dei vescovi peruviani il Presidente della Cep elenca le sfide della Chiesa nel Paese: tra cui il relativismo, la diminuzione della pratica religiosa, le minacce al diritto alla vita e alla dignità della persona umanaLIMA, 25 gen 07 - La dittatura del relativismo, la diminuzione della pratica religiosa, le minacce al diritto alla vita, alla dignità della persona umana e ai valori fondamentali dell’ordine sociale. Sono questi i principali problemi che colpiscono oggi il Perù e tutto il continente americano. Lo ha detto il Presidente della Conferenza episcopale peruviana (CEP), mons. Hector Miguel Cabrejos Vidarte, nel messaggio di apertura ai lavori dell’89ª assemblea dei vescovi, in corso fino a domani a Lima. Tra le sfide più pressanti che deve affrontare oggi la Chiesa peruviana, l’arcivescovo di Trujillo segnala in particolare la diminuzione della pratica religiosa, dovuta anche all’aggressivo proselitismo delle sette. Si osserva poi "un crescente divario tra la natalità e la partecipazione ai sacramenti dell’iniziazione cristiana”, mentre “continua a diminuire la partecipazione ll'Eucaristia domenicale". Inoltre, è sempre più messa in discussione la sacralità della vita umana: “si parla molto di diritti umani, ma spesso si dimentica che questi hanno bisogno di una base stabile, non opinabile”. “Oggi – sottolinea quindi mons. Cabrejo – è urgente lavorare perché sia rispettata la legge naturale, indipendentemente dalla fede di ciascuno”. Il presule segnala, infine, i grandi cambiamenti verificatisi in questi ultimi anni ai vertici politici del Paese, che – afferma - “hanno generato molte aspettative e speranze nel popolo peruviano” ma, come è già accaduto in passato, “si fanno proposte che non sempre sono conformi alla dignità della persona umana e dei valori fondamentali per il retto ordine sociale. Per questo diventa necessario che la Chiesa esprima energicamente la sua voce per difendere e promuovere, alla luce del Vangelo, del Magistero e della Dottrina sociale cattolica, la cultura cristiana che si è andata costruendo in tanti secoli di evangelizzazione". In questo senso, "la nuova evangelizzazione è una necessità reale ed urgente per la Chiesa peruviana" : “dobbiamo ricordare non c'è niente di più innovatore che tornare alle fonti della nostra fede, a Gesù Cristo". "Oggi più che mai – ha concluso mons. Cabrejos - abbiamo bisogno di una Chiesa che segua linee pastorali comuni, che assuma nella sua totalità le grandi ed urgenti sfide pastorali, con strategie coordinate di evangelizzazione”.

I vescovi peruviani chiedono di dare un volto umano allo sfruttamento minerarioLIMA, 21 set 07 - "Per un volto umano del settore minerario" è il titolo di un comunicato diffuso dai vescovi del Perù dopo un loro incontro a Lima, martedì scorso, dedicato allo sfruttamento minerario nel dipartimento di Piura. Domenica scorsa, 16 settembre, si è svolta una consultazione popolare in tre distretti rurali di Piura, vicino alla frontiera con l'Ecuador, sullo sfruttamento di un giacimento di rame da parte della Società mineraria Majaz. Il sondaggio ha respinto a maggioranza l'attività mineraria nella zona, ma il governo peruviano ha comunque dichiarato illegale la consultazione popolare. I vescovi, nel loro comunicato,

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chiedono che lo sfruttamento delle risorse naturali del paese tenga conto delle condizioni di vita della popolazione e ricordano che il Perù è un paese “ampiamente benedetto da Dio con diverse fonti di vita e di ricchezza naturale". Pertanto queste costituiscono fonti di ricchezza materiale che, se ben utilizzate, "permettono una significativa crescita delle attività economiche, delle entrate fiscali e degli investimenti nello sviluppo sociale nelle regioni del paese", contribuendo così "al progresso della nazione ed al bene comune di tutti i peruviani". La Chiesa dunque, non è contraria ad “approfittare debitamente delle risorse naturali del paese, compresa la ricchezza mineraria, ed incoraggia a proseguire per quegli aspetti che permettano di rendere le condizioni di vita più umane", soprattutto a quella larga fetta della popolazione peruviana che vive in condizioni di povertà.

Pubblicati dai vescovi del Perù due documenti sull'imminente censimento nazionale e sulla situazione del PaeseLIMA, 16 ott 07 L’imminente censimento nazionale in Perù e la situazione nello Stato andino sono al centro di due documenti pubblicati al termine della 90.ma Assemblea straordinaria dell’Episcopato peruviano, conclusasi lo scorso 12 ottobre. I vescovi temono, in particolare, che il questionario per il censimento nazionale, previsto il prossimo 21 ottobre, possa generare confusione negli intervistati. Le perplessità riguardano soprattutto la domanda sulla religione professata. Le risposte possibili sono: cattolica; cristiana, evangelica; altro; nessuna. “Le opzioni indicate - sostengono i presuli – possono portare a confusioni, dato che la Chiesa cattolica è anche ‘cristiana’ ed ‘evangelica’, tanto per il suo annuncio, come per i valori che la ispirano”. “Una domanda così impostata – spiegano i presuli – potrebbe indurre le persone a dare risposte sbagliate”. Nel secondo documento i vescovi peruviani pongono l’accento sulla collaborazione con le autorità ed il popolo per favorire la “costruzione di consensi”, necessaria per il bene del Perù. Ricordando la recente Conferenza generale degli episcopati latinoamericani (Aparecida, 13 – 31 maggio 2007) i presuli riprendono temi di attualità collegati alla realtà pastorale della Chiesa in Perù. “Quello che muove la Chiesa cattolica ad accompagnare la nazione peruviana nel suo processo storico – scrivono – è di offrirgli la vita piena di Gesù Cristo”. La Chiesa – si legge poi nel testo – non ha come suo compito quello di condurre battaglie politiche ma questo non vuol dire che debba restare ai margini della lotta per la giustizia. I vescovi peruviani – riferisce l’Agenzia Fides - hanno manifestato inoltre il loro affetto a sacerdoti, religiosi e religiose che in maniera silenziosa e impegnata, con la loro testimonianza annunciano la gioia del discepolo missionario di Cristo. “In tutte le circostanze della vita – affermano infine i presuli – è necessario un dialogo giusto, equo ed imparziale che tenga conto della voce di tutti e del grido delle popolazioni più impoverite ed eluse da una vita degna”. La CEP avvia un progetto radiofonico per trasmettere il "Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa LIMA, 6 dic 07 - La Commissione per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale peruviana ha avviato un progetto radiofonico per trasmettere il "Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa". Si tratta di microprogrammi radiofonici sulla Dottrina Sociale con l’obiettivo di divulgarla al massimo. L’iniziativa conta sulla collaborazione di quasi 200 stazioni radio di tipo commerciale, diocesano, parrocchiale e comunitario, sparse in tutto il territorio nazionale che è vasto per 1.285.215.60 chilometri quadrati. Mons. Ricardo García García, vescovo di Prelado de Yauyos e Presidente della Commissione episcopale per le Comunicazioni Sociali, ha segnalato che l'obiettivo del progetto radiofonico è quello di "portare a tutti i milioni di peruviani gli insegnamenti contenuti nel Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, al fine di costruire una società più giusta e più solidale". Secondo mons. García, la scelta del mezzo radiofonico è dovuta, oltre che alla facilità di trasmissione - sia nel paese che in tutta l’America Latina -, anche alla possibilità che questo mezzo offre di arrivare in modo personale e diretto all’ascoltatore. Il progetto radiofonico sviluppa la prima parte del Compendio attraverso 112 microprogrammi della durata di 30 secondi ognuno e trasmessi per 16 settimane, con possibilità di ripetere il ciclo di trasmissione. Il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa è stato presentato per la prima volta nell’ottobre del 2004 dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace "come strumento per il discernimento morale e pastorale dei complessi avvenimenti che caratterizzano il nostro tempo".

La Quaresima, occasione per approfondire il senso dell’essere cristiani: è il messaggio del presidente della Conferenza episcopale del PerùLIMA, 8 feb 08 - “La Quaresima, che ci invita alla preghiera, al digiuno e all’elemosina, è per tutti noi un’occasione provvidenziale per approfondire il senso del nostro essere cristiani”. Così mons. Héctor Cabrejos Vidarte, arcivescovo di Trujillo e presidente della Conferenza Episcopale del Perú, nel messaggio per il periodo quaresimale. Il presule sottolinea che questo tempo liturgico “ci invita ad una sorte di allenamento spirituale

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che possiamo e dobbiamo vivere nella pratica dell’elemosina”. Inoltre, ci aiuta a crescere nella carità, riconoscendo nel povero Cristo stesso. Al paralitico che chiedeva elemosina all’ingresso del tempio, mons. Cabrejos ricorda che Pietro rispose: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do. Nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!”. Riprendendo alcuni brani del messaggio di Benedetto XVI per la Quaresima 2008, il presidente dell’episcopato peruviano rileva che “l’elemosina rappresenta un modo concreto di aiutare i bisognosi ma al tempo stesso è anche un esercizio ascetico per liberarsi dai beni terreni, che spesso esercitano su di noi una forte seduzione. L’elemosina ci aiuta a vincere questa tentazione costante, ci insegna a prestare soccorso ai nostri fratelli e ci spinge a condividere con gli altri ciò che possediamo. Dunque, – conclude il presule – alla purificazione interiore si può aggiungere un gesto di comunione ecclesiale”. “Gli insegnamenti evangelici ci rammentano che non siamo i proprietari dei beni che possediamo, anzi, siamo gli amministratori e perciò non dobbiamo considerare questi beni una nostra proprietà esclusiva. Essi sono un mezzo. Un mezzo della Provvidenza divina” per relazionarci con il prossimo. "Come ci insegna San Paolo, Cristo ha donato per noi se stesso: la Quaresima deve spingere tutti noi a seguire il suo esempio. Seguendo i suoi insegnamenti possiamo imparare a fare della nostra vita un dono totale”, rivela mons. Cabrejos e poi spiega: “Imitando Gesù possiamo disporci a donare, non tanto ciò che possediamo quanto noi stessi. Il cristiano, quando offre gratuitamente se stesso, dà una testimonianza di amore e quindi ricorda che non è la ricchezza materiale quella che regola la legge dell’esistenza”. Infine, Il presidente dei vescovi del Perú, richiamandosi al messaggio di Benedetto XVI, sottolinea le principali caratteristiche dell’elemosina: “l’opera di carità oltre ad essere discreta e silenziosa, deve avere come suo scopo finale rendere lode a Dio”. Intanto, nelle diverse diocesi del Perú, è in corso l’annuale Campagna di solidarietà in risposta ai bisogni che le rispettive comunità ecclesiali hanno definito sotto la guida del vescovo. Quest’anno, in molti luoghi, si è scelto di assistere i bambini delle regioni colpite l’anno scorso dal violento terremoto: ad agosto furono decine le vittime e migliaia di peruviani senza casa e senza lavoro. PERU' I vescovi peruviani preoccupati delle difficili condizioni degli indigeniLIMA, 28 feb 08 - I vescovi delle giurisdizioni ecclesiastiche della Selva peruviana hanno espresso forte preoccupazione per le popolazioni indigene “costrette all’emarginazione e alla povertà” in una nota diffusa a margine dell’Incontro di Pastorale Indigena della Selva, svoltasi a Lima. Nel comunicato dei presuli ripreso dalla Fides, si legge che “grandi settori della popolazione amazzonica vivono in condizioni di estrema povertà e senza possibilità di una vita degna”, sebbene “per molti analisti, l’Amazzonia sia oggi la seconda regione geopolitica più strategica del mondo e del Perù e rappresenta più del 60% del territorio nazionale”. In particolare i vescovi sono preoccupati soprattutto per “i processi di investimento privato nella Selva; i disegni di legge 840 (denominata “Legge della Selva”); le concessioni e le aggiudicazioni delle terre e dei boschi; l’esplorazione e lo sfruttamento minerario e l’industria petrolifera, poiché possono minacciare la sopravvivenza fisica e socio-culturale dei paesi indigeni ed incrementare i conflitti socio-ambientali nell’Amazzonia”. Per fronteggiare questa situazione i vescovi indicano la strada di uno sviluppo sostenibile che rispetti le culture esistenti, l’ecosistema e i diritti umani. A tal proposito viene infine lanciato un appello affinché lo Stato promuova “una partecipazione effettiva dei propri cittadini nel disegnare e mettere in pratica le politiche di sviluppo del Paese, in ottemperanza alle norme internazionali sottoscritte per la difesa dei diritti umani nei paesi indigeni”. “L'Amazzonia è parte importante delle Indie e del Perù. Restiamo tutti uniti per la difesa della vita, dei valori e dello sviluppo dei paesi indigeni dell’Amazzonia peruviana” conclude il comunicato.

Il 25 marzo la Chiesa peruviana celebra la Giornata del Bambino NascituroLIMA, 11 mar 08 - La Commissione per la famiglia e la difesa della vita della Conferenza episcopale del Perù, invita i fedeli a celebrare, il 25 marzo, la Giornata del Bambino Nascituro, in un momento in cui “la vita è minacciata in tanti modi”. “Il bambino non ancora nato – afferma il messaggio pubblicato per l’occasione - non è un’opinione, una fantasia, né un’illusione. Ha tutto il peso e la forza della realtà che non può essere ignorata né occultata alla ragione umana”. Da ciò – prosegue il testo - deriva che l’inviolabilità della vita umana nascente “non è solo un comandamento della fede cristiana, bensì una legge naturale (…), valida per credenti - di qualunque credo - o agnostici”. Proprio per questo, la Commissione rivolge un appello ad essere coerenti con tali verità che implica dire no “alla bugia dell’aborto, all’inganno della fecondazione in vitro, all’infame manipolazione degli embrioni, perché tutto questo comporta inevitabilmente la morte di un essere umano”. Essa invita inoltre tutte le diocesi peruviane a promuovere nella giornata varie iniziative. Tra queste, propone un pellegrinaggio di famiglie verso un luogo dove madri e figli possano consacrarsi alla Vergine e celebrare la Santa Messa, concludendo il tutto con un incontro e una manifestazione per la vita e per la famiglia. PERU' Dieci vescvoi mettono in guardia contro l'associazione Isaia

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I vescovi criticano la legge sul cosiddetto divorzio rapidoLIMA, 20 mag 08 - La Conferenza episcopale peruviana disapprova la decisione del governo di promulgare la nuova legge che regola il procedimento della separazione e del divorzio cosiddetto rapido. "Mentre nel Paese si vive una crescita economica e materiale – si legge in un comunicato - è triste che il governo ratifichi una legge che permette la dissoluzione delle famiglie attraverso una strada rapida che non le beneficia per nulla bensì, al contrario, le debilita e propizia la loro rottura, a danno dell'infanzia e della gioventù che cresceranno con il modello del matrimonio come temporale, passeggero e legato alle circostanze, lontano dai valori trascendenti dell'amore, dell'unità e della stabilità che devono fondare il matrimonio tra un uomo ed una donna". Di fronte alla discutibile decisione, i vescovi esprimono la speranza che anche il governo del Perù "si preoccupi di ideare e di approvare leggi in favore della famiglia, che la proteggano e l'orientino verso strade di integrazione, di educazione e di successo nell'amore mutuo, in modo tale che possano garantire la costituzione di focolari, vere cellule di vita della società peruviana". Perciò chiedono alle autorità di non perdere di vista "il benessere e lo sviluppo di tutti i membri della famiglia" e di garantire la sua stabilità. Non è la prima volta che i vescovi del Perù si esprimono contro la nuova legislazione divorzista. La legge permette ai peruviani di divorziare in appena tre mesi nei municipi o nei notariati, e di non dovere aspettare più di due anni per accogliere la separazione legale. Essa è stata approvata dal Plenum del Congresso giovedì scorso, con 59 voti a favore, 8 contrari e 11 astensioni. Critiche ad essa sono piovute a LIma anche dalla Scuola dei Notai e dei Giudici di famiglia, la quale ha previsto che, se non verrannno introdotti correttivi, gli esiti della legge saranno perniciosi per la società peruviana. “Per una vita libera dalla droga”: è il titolo della Campagna di solidarietà ‘Compartir 2008” LIMA, 26 mag 08 – “Per una vita libera dalla droga”: questo il titolo della Campagna di solidarietà ‘Condividere’ 2008, organizzata dalla Conferenza episcopale peruviana, per sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema della tossicodipendenza che affligge, in particolare, i giovani e le loro famiglie. Il lancio dell’iniziativa è previsto per venerdì 30 maggio, alle ore 11, presso l’auditorium della parrocchia del Cristo Re, a Santa Beatrice. L’incontro sarà presieduto da mons. Lino Panizza Richero, OFM Cap., vescovo di Carabayllo e segretario generale della Conferenza episcopale peruviana. La Campagna di solidarietà ‘Condividere’ è un’iniziativa solidale della Chiesa cattolica, che dal 1990 si sofferma ogni anno su un tema diverso, proposto dall’Assemblea annuale dell’episcopato peruviano. L’intento è quello di educare le persone al dovere solidale, fraterno e comunitario, di ‘condividere’ i beni con coloro che soffrono. Tra i suoi obiettivi, c’è la realizzazione di una convocazione, a livello nazionale, per promuovere la conoscenza sulla problematica in esame. Allo stesso tempo, la Campagna cerca di appoggiare il finanziamento di progetti concreti, attraverso una raccolta di fondi derivanti dalle collette pubbliche e parrocchiali e dall’aiuto di imprese e istituzioni. La Conferenza episcopale peruviana annuncia la 17ª Settimana liturgica LIMA, 25 giu 08 – “La Parola di Dio nella vita liturgica della Chiesa”: sarà questo il tema della 17.ma Settimana liturgica che si svolgerà in Perù, dal 5 al 7 agosto. Ad annunciarlo, la Commissione episcopale liturgica dell’Assemblea dei vescovi peruviani. I lavori si svolgeranno presso il Collegio del Gesù del distretto di Pueblo Libre e saranno coordinati da padre Aurelio Garcìa Macìas, dottore in Liturgia del Pontificio Istituto “Sant’Anselmo” di Roma. Intanto, nel Paese sudamericano, è partita oggi la Settimana sociale delle Regioni centrali, promossa dalla Commissione episcopale per l’azione sociale (CEAS), insieme alla Pastorale sociale e della dignità umana dell’arcidiocesi di Huancayo. I lavori, che proseguiranno fino a venerdì, sono incentrati sul tema: “40 anni di servizio della Chiesa nell’evangelizzazione e nella promozione umana”. Tra gli argomenti in esame: la promozione dei diritti umani e la salute integrale della persona. All’incontro, che si tiene a Huancayo, partecipano anche l’arcivescovo della città e presidente della CEAS, mons. Pedro Barreto SJ e Jorge Lafosse, segretario generale della Caritas del Perù.

Il cardinale Juan Luis Cipriani chiarisce il senso degli interventi della Chiesa in caso di conflitto socialeLIMA, 25 set 08 - "Ogni qualvolta la Chiesa è interpellata in materie in cui è in gioco la vita umana risponde positivamente”. Così ha risposto l’arcivescovo di Lima, in Perú, cardinale Juan Luis Cipriani Thorne, alle domande dei giornalisti che chiedevano al porporato chiarimenti sugli interventi che spesso fanno sia i vescovi sia i sacerdoti peruviani, in particolare in tema di conflitto sociale. “Quando i problemi che vengono sottoposti alla Chiesa hanno delle sfumature politiche o tecniche l’unica nostra risposta possibile è quella di darci da fare per facilitare il dialogo senza entrare in nessun tipo di mediazione”, ha proseguito il cardinale Cipriani che ha voluto rilevare che nessuno può attendere dai pastori “che siano in grado di risolvere tutto” o che la Chiesa stessa “diventi un’enciclopedia. Ciò le farebbe perdere credibilità”. Ricordando che non spetta

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alla comunità ecclesiale risolvere questioni tecniche o politiche, l’arcivescovo di Lima ha sottolineato l’importanza di “facilitare sempre ogni tipo d’incontro e di dialogo” per incoraggiare le parti in conflitto a trovare i consensi necessari e adeguati. “La Chiesa non è esperta su materie come stipendi, tariffe o salari. La Chiesa pensa al bene comune e, spesso, dato che le parti in conflitto sono soggetti che si riconoscono nel cattolicesimo, essa sente il dovere di stare a loro vicina”. La Chiesa peruviana tra l’altro, così come stato ricordato durante l’incontro del porporato con la stampa, “è l’istituzione che gode della maggiore fiducia e sostegno nell’opinione pubblica”. Nelle situazioni difficili le persone cercano la pace interiore e perciò, ha precisato, “Dio è la suprema esperienza di vicinanza e condivisione. Si tratta di un nostro grande valore e al riguardo le persone si aspettano più esempi concreti e meno consigli”. Secondo l’arcivescovo Juan Luis Cipriani altre istituzioni godono di una minore stima da parte dell’opinione pubblica perché la gente percepisce che si sta “cercando un vantaggio politico, imprenditoriale o legislativo. Allora al posto della fiducia subentra la sfiducia, poiché sotto le belle parole si rivela un fine occulto”. Ricordando infine che il Perú attraversa un periodo difficile, “agitato e infastidito”, il cardinale Cipriani ha sottolineato il fatto che non è un caso che dopo la Chiesa cattolica la seconda istituzione che gode della più alta fiducia del popolo sia la radiofonia. “Perché? Perché facilita il dialogo e la conversazione amabile, due cose di cui abbiamo molto bisogno”.

Nell’ottobre 2008 il primo Congresso internazionale di bioetica in PerùCHICLAYO, 23 set 08 – “Bioetica personalista: una bioetica per i nostri tempi”: sarà questo il tema su cui rifletteranno, dal 14 al 16 ottobre prossimi, i partecipanti al primo Congresso Internazionale di Bioetica, in Perù. L’evento, che si svolgerà nella città di Chiclayo, è organizzato dal Centro di ricerca in bioetica dell’Università cattolica ‘San Toribio di Mongrovejo’ ed ha l’obiettivo di “esaminare criteri chiari di attuazione per tutti i professionisti sanitari e per tutti coloro che sono coinvolti nella materia, in modo da cercare di risolvere i dilemmi etici che il progresso scientifico propone di volta in volta”. Sul tavolo delle discussioni, ci sarà soprattutto “il rispetto della dignità della persona umana, dal concepimento alla morte naturale”. Il Congresso, inoltre, sarà il momento centrale delle celebrazioni per il decimo anniversario di fondazione dell’Ateneo peruviano. Ad aprire i lavori sarà mons. Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita ed attuale presidente della Federazione internazionale di bioetica personalista. A seguire, l’intervento inaugurale di mons. Jesús Moliné Labarta, vescovo della Diocesi di Chiclayo, quindi la parola passerà ad esperti e studiosi provenienti da diversi Paesi del mondo.Al via la 93° Assemblea plenaria dell’episcopato peruvianoLIMA, 19gen09 – Con una Santa Messa concelebrata da tutti i vescovi locali, si è aperta oggi la 93.ma Assemblea Plenaria dell’episcopato peruviano, in programma a Lima fino al 23 gennaio. Il programma dei lavori prevede l’elezione del Presidente e dei due Vice-presidenti della Conferenza episcopale peruviana (CEP), così come la scelta dei capi dipartimento e commissione degli altri organismi episcopali. Durante l’Assemblea verrà conferita, come tutti gli anni, la medaglia d’oro di San Toribio di Mogrovejo - Secondo Arcivescovo di Lima e Patrono dell'episcopato Latinoamericano – ai nuovi vescovi emeriti e alle persone e istituzioni che si sono distinte per le loro opere a favore della Chiesa in Perù. Infine, i presuli riuniti in assise valuteranno le attività della CEP svolte nel 2008.

Al via le Assemblee plenarie dei vescovi del Guatemala e del PerùLIMA, 20 gen 09 Tempo di bilanci e di previsioni per i vescovi del Guatemala e del Perù: si sono aperte ieri, infatti, le Assemblee plenarie delle rispettive Conferenze episcopali. Per entrambi i gruppi di presuli, i lavori termineranno venerdì prossimo. In particolare, nell’agenda dei vescovi del Guatemala sono presenti le iniziative della Chiesa locale nel campo della sanità, dell’educazione e della sicurezza, ed una riflessione sul primo anno di Álvaro Colom alla presidenza del Paese. Centrali anche i temi della Missione continentale e dei piani pastorali delle singole diocesi. Grande spazio, inoltre, sarà dedicato al problema della violenza, soprattutto alla luce della marcia pacifista che si è svolta nel Paese il 10 gennaio scorso. Oltre 20mila persone hanno partecipato all’iniziativa, che ha voluto rappresentare “il bisogno assoluto di raggiungere, per tutti, la sicurezza nei quattro punti cardinali del Paese”, come ha detto l’arcivescovo di Città del Guatemale, il cardinale Adolfo Quezada Toruño. Ricordando che il 2008 è terminato con 6.292 omicidi, tra cui 600 donne e 427 giovani, il porporato ha ribadito che è dovere di tutti condannare la violenza, in quanto anticristiana, antievangelica e disumana. In Perù, invece, la 93.ma Assemblea Plenaria dei vescovi si è aperta con una Messa concelebrata da tutti i presuli del Paese nella Chiesa di Sant’Antonio di Padova, a Lima. Nella sua omelia, il presidente della Conferenza episcopale peruviana (CEP), mons. Miguel Cabrejos, ha richiamato i vescovi alla necessità di dare dignità alla fede cattolica e di rafforzare la fiducia nel sacramento della vita.

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Quindi, i partecipanti alla celebrazione eucaristica hanno pregato per le anime dei presuli scomparsi recentemente ed hanno invitato i fedeli a partecipare alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, in preparazione della Solennità della conversione di San Paolo, che si celebrerà domenica prossima. Inoltre, il programma dei lavori dell’Assemblea dei vescovi prevede l’elezione del Presidente e dei due Vice-presidenti della Conferenza episcopale peruviana, così come la scelta dei capi dipartimento e commissione degli altri organismi episcopali. Durante l’assise, verrà conferita, come tutti gli anni, la medaglia d’oro di San Toribio di Mogrovejo - secondo arcivescovo di Lima e Patrono dell'episcopato Latinoamericano – ai nuovi vescovi emeriti e alle persone e istituzioni che si sono distinte per le loro opere a favore della Chiesa in Perù. Infine, i presuli riuniti in assise valuteranno le attività della CEP svolte nel 2008.

La Chiesa peruviana contro la legalizzazione della vendita controllata di drogaLIMA, 9 feb 09 L’arcivescovo peruviano di Trujillo, mons. Héctor Miguel Cabrejos, recentemente rieletto presidente della Conferenza episcopale del Perù, ha ribadito l’altro ieri il rifiuto della Chiesa locale alla proposta del sindaco Surquillo, Gustavo Sierra, che ha sostenuto la necessità di legalizzare la vendita controllata di stupefacenti per le persone tossicodipendenti. “A mio avviso e della Chiesa tutta, si tratta di un grave errore”, ha precisato il presule che poi ha aggiunto: “Facilitare il consumo della droga usando mille pretesti non è una cosa semplice che lascia indifferenti. Una facilitazione seppure limitata non fa altro che aprire alle droghe tutte le porte. Questa proposta certamente non rappresenta un bene per i giovani, per i loro genitori, per il Paese”. Il presule tra l’altro ha trasmesso queste preoccupazioni al Presidente della Repubblica Alàn Garcìa con il quale ha avuto, venerdì scorso, un incontro per parlare anche delle conseguenze della crisi economica e finanziaria sulla popolazione peruviana, in particolare quella più debole. “La Chiesa sta da tempo portando avanti una riflessione su questa realtà e ciò che ci spinge di più è la ricerca di modi per dare sostegno e solidarietà a coloro che hanno meno risorse e che già patiscono le conseguenze negative e ne soffriranno nei prossimi mesi”, ha sottolineato l’arcivescovo di Trujillo che poi ha voluto precisare: “la questione di fondo di questa crisi è di carattere etico poiché queste sono sempre le conseguenze quando si pensa solo a guadagnare, senza tener in minimo conto della persona umana”. Proprio perché la “Chiesa ha fiducia nella persona umana e ritiene che sarà possibile superare il momento e che tutti devono dare il proprio contributo”, ha ricordato il presidente dell’episcopato peruviano che al termine della sua riunione con il Presidente della Repubblica ha lanciato un appello alla cittadinanza, specialmente alle forze produttive più vive, affinché dallo studio e dalla riflessione siano capaci di trovare le vie migliori per superare l’emergenza e soprattutto costruire un modo diverso di produrre e consumare. “Tutti - ha concluso - siamo chiamati da rendere conto di grandi responsabilità e perciò è nostro dovere lavorare insieme, in un’alleanza, per condurre il Perú fuori dalla crisi”. La Conferenza episcopale avvia uno studio sui fenomeni migratoriLIMA, 23feb09 – La Pastorale per le Migrazioni della Conferenza episcopale del Perù ha avviato uno studio sui fenomeni migratori che si concentrano nel nordest del Paese, ovvero nella regione che comprende Tumbes, Piura, Lambayeque e Cajamarca. Il lavoro, informa una nota, è coordinato con il Settore Sociale della Compagnia di Gesù, e "risponde all'esigenza di conoscere meglio i processi migratori nel nord del Paese, luogo di intensi spostamenti, compiuti soprattutto da peruviani che cercano una vita migliore migrando in Ecuador". L'obiettivo ultimo, si legge ancora, è quello di "realizzare un quadro dettagliato del fenomeno migratorio, così da elaborare un sistema di interventi da parte della Pastorale per le Migrazioni e dei Diritti Umani". Studi simili vengono realizzati anche in Ecuador, nella zona al confine con il Perù. In base ai risultati di questo primo esame, i vescovi peruviani decideranno se realizzare un secondo studio sulle zone di Tacna, Amazonas e Madre di Dio. Messaggio dell’episcopato peruviano in occasione della Giornata del nascituroLIMA, 10 mar 09 - In occasione della Giornata del nascituro che si celebra il 25 marzo, festa dell’Annunciazione del Signore, la Commissione per la pastorale della famiglia dell’Episcopato del Perú, ha pubblico ieri un documento con un’esortazione per ribadire ancora una volta ”che occorre difendere e amare la vita fin dal suo concepimento poiché essa è un dono inestimabile, segno della potenza dell’azione creatrice di Dio”. Il documento, intitolato “Amare e difendere il nascituro”, invita i peruviani “ a rivolgere il loro sguardo verso i membri della famiglia che ancora vivono nel grembo materno”. Questo speciale sguardo - scrivono i presuli - ci spingerà “ad amare quel bambino indipendentemente dalle circostanze del suo concepimento”. Questo sguardo – aggiungono - ci ricorderà “il suo desiderio di nascere così come il suo desiderio di essere difeso e protetto da ogni tipo di minacce, a volte travestite di giustizia sociale oppure di diritti sessuali e riproduttivi”. “Un bambino che sta per nascere sarà sempre espressione dell’amore di Dio; una manifestazione autentica, fresca e vitale del fatto che Dio è presente nelle nostre vite, ragion per cui

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dobbiamo rallegrarci sempre di fronte ad un piccolo essere umano, occulto ai nostri occhi nell’intimità del seno materno”. I presuli peruviani, invocano la protezione della Vergine Santa alla quale chiedono che possa dare a tutti, ma specialmente “alle donne peruviane la grazia necessaria per amare e difendere i bambini che stanno per nascere”. La Conferenza episcopale peruviana, attraverso la sua pastorale familiare, è molto impegnata non solo in azioni e iniziative concrete in difesa della vita, in particolare nel caso delle donne che trovano più ostacoli, miseria, violenza, ignoranza, mancanza di sostegno materiale, ad accettare il figlio che cresce nel loro grembo. Recentemente, i vescovi del Perù hanno ricordato che il nascituro non è una questione opinabile, non è una fantasia, non è un'illusione; anzi, possiede tutto il peso, e tutta la forza, della realtà che non si può ignorare né occultare alla ragione umana. “Ne consegue che l'inviolabilità della vita umana nascente non è solo un comandamento della fede cristiana, ma anche una legge naturale inscritta nel profondo del cuore di ogni uomo e di ogni donna, valida per i credenti - di qualsiasi credo - e per gli agnostici”.

Nella Giornata del nascituro 2009 appello del vescovo di Ayaviri contro l'abortoLIMA, 30 mar 09 Ieri, in occasione della "Giornata del nascituro", nella prelatura di Ayaviri è stata celebrata una Santa Messa presieduta da mons. Kay Schmalhausen, vescovo di Ayaviri, durante la quale è stato nuovamente ribadito l’insegnamento e l’azione della Chiesa a sostegno della vita e contro la nefasta pratica dell’aborto. Dopo avere evidenziato che “la Chiesa continua ad essere attaccata nella persona del Successore di Pietro a causa del suo insegnamento del tutto coerente con il Vangelo della Vita”, il presule - riferisce l'agenzia Fides - ha affermato che nella cornice del suo viaggio in Africa, “il Santo Padre ha spiegato che la soluzione all’AIDS presuppone piuttosto ‘un’umanizzazione della sessualità ed un rinnovamento spirituale che comporta una nuova forma di condotta di alcuni verso gli altri’, cosa che supera ampiamente la soluzione semplicista dei preservativi, difesa a volte in maniera bellicosa da Stati, governi e gruppi di interessi economici del primo mondo”. Inoltre mons. Schmalhausen ha affermato che ancora una volta “la Chiesa alza la sua voce per dire: ‘Non uccidere’. L’aborto, l’eliminazione della vita umana, non è mai una soluzione. È e continuerà ad essere sempre un grave problema dalle terribili conseguenze personali e sociali”. Affrontando gli effetti sociali dell’aborto, il presule ha indicato che “una comunità sociale che consente l’eliminazione dei suoi figli nel ventre delle madri, non può altro che incamminarsi verso la propria distruzione e verso il deterioramento morale. L’aborto è in effetti un attentato diretto contro la vita ed un vero assassinio, molte volte neanche voluto da parte delle madri, forzate ad entrare in un vicolo cieco”. In conclusione Mons. Schmalhausen ha ricordato che “sono sempre più le testimonianze spaventose di donne, vittime della sindrome post-aborto, che nella loro ricerca della guarigione - sia mediante il sacramento della confessione che attraverso l’accompagnamento terapeutico –, avvertendo le terribili ferite morali e spirituali causate dalla morte del figlio avvenuta nelle proprie viscere, hanno confessato di aver assistito all’assoluta indifferenza e alla complicità sociale di fronte al dramma che le ha spinte ad abortire. Esse oggi soffrono perchè ieri non hanno avuto l’aiuto adeguato per trovare una via d’uscita che rendesse giustizia alle due vite umane in gioco, quella della madre che soffre in solitudine e quella del figlio nel grembo, che ha diritto e lotta per vivere”.

Le visite ad limina

24 maggio 1984

Unità e credibilità ecclesiale(.) è anzitutto l'unione ecclesiale che ci urge a rispondere coerentemente al desiderio e alla richiesta del Salvatore: "Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi" (Gv 17, 11); una supplica ripetuta poco dopo, quando estendendo il suo sguardo attraverso il tempo e lo spazio - egli si volge a chiedere al Padre: "Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una cosa sola . . . perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17, 20-23). Questa unità, segno di credibilità ecclesiale, deve essere forte innanzitutto tra di voi e, soprattutto, col successore di Pietro, fonte imprescindibile della vera unità, che desiderate rafforzare con la vostra visita alla sede di Roma. Desidero per parte mia augurarvi che in essa incontriate sempre un sostegno sicuro per poter meglio compiere i vostri doveri di vescovi. Come membri dell’episcopato e pastori, a voi

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spettano diverse responsabilità che attengono alla guida spirituale delle vostre comunità. Perciò dovete curare la purezza della dottrina, salvaguardando il tesoro che Cristo ha affidato alla nostra custodia perché fruttificasse. E poi vostro compito prestare attenzione ad eventuali deviazioni dottrinali e pastorali e, in questo modo, evitare che il popolo dei credenti ne sia danneggiato nella fede e nel suo dinamico cammino ecclesiale. Perciò, la vostra parola orientatrice, chiara e unitaria, dovrà essere capace di illuminare il cammino della comunità ecclesiale, sia perché i sacerdoti, i religiosi, le religiose e tutti gli operatori della pastorale mantengano sempre il corretto concetto di Chiesa voluto dal Fondatore e presentato dal magistero della Chiesa, sia perché questo concetto fondi efficacemente l’identità degli educatori alla fede e di tutto il popolo di Dio e determini gli obiettivi propri del comportamento cristiano. Obiettivi che non possono passare sopra le situazioni anche temporali della fede, ma che non si esauriscono in esse, dilatandosi invece alla salvezza eterna in Cristo, liberatore dal peccato e redentore dell’uomo. Questo è il cammino della fedeltà ecclesiale, della gioia della cooperazione all’opera integralmente liberatrice di Cristo, dell’impegno generoso in un compito che richiede la nostra collaborazione dinamica e responsabile, ma che non può prescindere dalla precisa volontà di Cristo di fondare la sua Chiesa con caratteristiche e fini ben determinati.

Istruire, santificare e governare il popolo di DioLa comprensione e l’amore devono essere sempre presenti nel vostro spirito e nelle vostre azioni, perché “il buon pastore dà la vita per le sue pecore” (Gv 10, 11). Ma questo stesso amore o interesse verso di esse richiede che le si guidi per il giusto cammino verso il Padre, significa “chiamarle ad una ad una . . . camminare innanzi a loro: le pecore seguiranno il pastore perché conoscono la sua voce” (Gv 10, 3-4). Sarebbe un inganno lasciare che ciascuna di esse segua il proprio cammino, esposta a tanti pericoli, senza offrirle quella guida paziente e perseverante di cui ha bisogno per non sbagliare direzione. So bene, cari fratelli, che in questo importante compito affidatovi da Cristo Gesù, dal quale “riceverete la corona della gloria che non appassisce (1 Pt 5, 4), voi contate sull’aiuto prezioso di tanti collaboratori; perciò vi sta tanto a cuore il problema dell’incremento e dell’adeguata formazione dei sacerdoti, nei quali “grazie al dono dello Spirito Santo che è stato loro concesso nella sacra ordinazione, i vescovi hanno dei necessari collaboratori e consiglieri nel ministero e nella funzione di istruire, santificare e governare il popolo di Dio” (Presbyterorum ordinis, 7). So anche che questa è la priorità delle priorità della missione vostra e dei vostri sacerdoti: la salvezza del popolo di Dio. Questa è la prima regola di cui dovete tener conto nel procurarvi collaboratori nell’incarico ricevuto di cercare giovani capaci di arrivare ad essere autentici uomini di Dio, perché portino Dio agli uomini. Perciò è necessario formare sacerdoti che rendano trasparente Cristo agli altri. È necessario ottenere validi operai ad esempi di vita soprannaturale. Di qui la necessità e l'importanza del seminario, entrambe mai abbastanza soppesate. Proprio per questo, le vocazioni e il seminario devono essere considerati dal pastore della diocesi "come la pupilla dei suoi occhi", una frase proverbiale ma sempre vera.

Le vocazioniSono al corrente del fatto che, per grazia di Dio, vi è un risveglio di vocazioni nella vostra patria, e non cesso di benedire il Signore per questa ragione. Ciononostante, bisogna intensificare lo sforzo, per quanto possibile, a favore delle vocazioni al sacerdozio. Infatti, è ancora grande l’aiuto presbiterale, generoso e pieno di abnegazione, di altre Chiese locali straniere. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe (cf. Mt 9, 37). E insieme con la preghiera fervente e costante, predisponete anche i necessari strumenti umani. Fate conoscere l’ideale sacerdotale nella sua integrità. Presentatelo ai giovani in tutta la sua grandezza, perché la gioventù ama gli alti ideali. Non nascondete, però, i sacrifici che la vocazione consacrata esige, perché i giovani sono generosi e questo non li intimorisce ma li stimola. Parlate loro di Cristo con amore e verità, svelando loro la vivezza di questo ideale. È così che i giovani sono affascinati da Cristo. Non si tratta solo della promozione delle vocazioni, ma anche della loro opportuna selezione, perché “molti sono chiamati, ma pochi gli eletti” (Mt 22, 14). La scarsezza di sacerdoti può provocare nel vescovo la tentazione di lasciarsi prendere dall’ansia del numero. È necessario, ciononostante, valutare i candidati, selezionarli con prudenza, ma senza timore, durante gli anni del seminario; e con maggiore cura e attenzione prima di ammetterli agli ordini consacrati. È meglio, infatti, avere meno seminaristi e sacerdoti, ma buoni, che molti, ma mediocri.

I futuri sacerdotiA proposito della formazione dei futuri sacerdoti vorrei ricordarvi - come ho detto ad altri vescovi latinoamericani - come il Concilio presenta la loro formazione puntando tutto su quello che potremmo chiamare il progetto pedagogico della Chiesa per i futuri ministri dell’altare: la persona di Cristo, maestro, sacerdote e pastore. Si tratta di chiamare personalmente ciascuno dei seminaristi a questa “convivenza” con Gesù Cristo e a imparare da colui che permette di fare un’esperienza simile a quella degli apostoli: ascoltare le sue parole di vita eterna, sentirsi soavemente ma irresistibilmente attratti dal fascino umano-divino della sua persona, lanciarsi con decisione al suo inseguimento, rimanere interiormente segnati da quell’incontro con colui dal quale non si può più prescindere nella vita. La preghiera personale, nella quale si ascolta la parola di vita e la si confronta con l’esistenza quotidiana, una preghiera che sia comunione

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col Signore e si traduca in un impegno di fedeltà evangelica, di opzione radicale per Cristo e per la sua causa che è il Vangelo, farà dei futuri sacerdoti uomini di Cristo e uomini per gli altri. La preghiera assidua, che è centrale nella vita del sacerdote, deve essere il crogiolo della formazione spirituale. Non possiamo dimenticare che Cristo stesso ha fatto della preghiera - dalla sua entrata nel mondo (cf. Eb 10, 3-7) fino alla morte in croce (cf. Lc 23, 46) - il segreto della sua comunione col Padre e della sua missione in favore degli uomini. A essa dedicava, infatti, momenti significativi della sua giornata apostolica (cf. Mc 1, 35). Della preghiera ha bisogno il sacerdote nel suo lavoro quotidiano, nelle sue difficoltà e tra i pericoli del mondo (cf. Gv 17, 11-15). Deve dunque imparare a pregare già in seminario, in modo da perseverarvi, nonostante il gravoso lavoro apostolico.

Il metodo di GesùNon bisogna avere paura che questo “cristocentrismo” porti il sacerdote a quello che oggi viene chiamato “intimismo” e a un’“alienazione” dai problemi reali dei fratelli uomini. Quanto più essi conoscono Cristo, quanto più grande è la loro amicizia profonda con Cristo, e quanto più vibrano di entusiasmo per il Signore, tanto più sentiranno l’urgenza delle parole del Maestro: “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40). Qui dovranno trovare il costante impulso a impegnarsi, con criteri evangelici, a favore dei più poveri, degli emarginati, degli oppressi a causa della giustizia. Vi ricordavo poco fa il metodo usato da Gesù, secondo le parole di Marco: “Ne costituì dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare” (Mc 3, 14). Familiarità, dunque, con Gesù Cristo e, come conseguenza, missione apostolica. Vorrei vedere anche in questo un modello di ideale per ogni vescovo rispetto ai suoi sacerdoti: formare un’autentica famiglia presbiterale: dei sacerdoti tra di loro e con il proprio vescovo. Vivere un’autentica e intima amicizia reciproca; che gioiscano nell’aiutarsi reciprocamente nelle loro opere pastorali, che sappiano sostenersi e incoraggiarsi nelle vicissitudini della vita, che trovino il loro più grande conforto nelle giornate trascorse insieme, dalle quali escano confortati nel corpo e nello spirito. Così faceva Gesù stesso con i suoi discepoli al termine del suo itinerario missionario: “Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po’” (Mc 6, 31).

13 maggio 1989

Un ricordoIl vedervi riuniti qui fraternamente, mi fa ricordare la fervente presenza delle immense moltitudini raccolte nella città di Lima in occasione del quinto Congresso Eucaristico e mariano dei paesi bolivariani. Con emozione contenuta, ricordo ancora il profondo silenzio attorno al Santissimo Sacramento dell’altare, a cui allusi concludendo la mia allocuzione diretta ai giovani riuniti in gran numero davanti alla nunziatura apostolica. La riverenza nei confronti di Gesù Eucaristia è l’eloquente espressione della fede viva e della pietà del vostro popolo, che per la sua identità cristiana ha saputo resistere alle ondate del secolarismo. In occasione della visita “ad limina Apostolorum”, siete venuti per esprimere la vostra unione e comunione con questa Sede Apostolica, che serve la Chiesa universale, che in questo mondo è colpita dalle piogge, dalle inondazioni e dalle tormente delle diverse prove, ma nonostante tutto non cade perché è fondata sulla pietra, da cui deriva il nome di Pietro (S. Augustini Tract. in Evang. S. Io., 124).

Voi come successori degli apostoli, (.) vi riunite intorno a Pietro, Vescovo di Roma, suo successore; così si esprime la collegialità universale per l'edificazione di quanti nell'unità della Chiesa vedono un segno di luce per un mondo che corre il pericolo di rimanere nelle tenebre. Nella diocesi il Vescovo, come Pastore di tutti i fedeli, deve essere prima di tutto maestro della verità che viene da Dio - come ricordavo durante la mia prima visita in America Latina, dieci anni fa (cf. Allocutio, in urbe Puebla, habita, od Episcopos Americae Latinae, III generali coetui adsistentes, I, die 28 ian. 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II [1979] 190 s.) -; educatore di tutti nella fede autentica, incarico permanente ma che acquisisce un'enfasi singolare davanti alla rinnovata azione evangelizzatrice che la Chiesa in Perù e in tutta l'America Latina deve affrontare in occasione della commemorazione del quinto centenario della evangelizzazione di quelle terre. Deve essere anche la voce e il segno che rendono evidenti l'unità del Popolo di Dio affidato alla sua cura, che deve guidare sempre verso una intensa vita cristiana mediante l'infaticabile annuncio della buona Novella. Ispirato dalla carità dovrà denunciare, quando sarà necessario, tutto ciò che si allontana da quest'ultima, in particolare le dottrine o le ideologie, così come le deviazioni o i rischi di deviazione che mettono in pericolo la fede (cf. Congr. Pro Doctr. Fidei, Libertatis Nuntius, Introd.), È parte della sua missione il vigilare affinché il pluralismo legittimo non porti a manifestazioni o atteggiamenti che di fatto si allontanano dagli insegnamenti della Chiesa. Per tutto ciò, il Vescovo è chiamato sempre ad annunciare Cristo con la sua parola e la sua testimonianza, affermando con san Paolo: “per me vivere è Cristo” (Fil 1, 21); come Pastore deve rispondere a tutti quelli che gli chiedono ragione della sua speranza (cf. 1 Pt 3, 15 b) e, con il suo esempio, invitare a seguire il Signore, mostrando il cammino evangelico e segnalando con la massima chiarezza i pericoli che possono ostacolare la risposta all’invito di Gesù a seguirlo. Nello sviluppo di una evangelizzazione rinnovata, il Pastore presterà una attenzione preferenziale all’azione santificatrice che abbracci tutti gli aspetti della vita umana.

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“Che tutti siano una cosa sola”L’unità fra tutti voi, amati fratelli, nella verità, nella fede e nella carità, sarà una eloquente risposta al desiderio espresso dal Signore nella sua preghiera al Padre: “Che tutti siano una cosa sola” (Gv 17, 21); questo favorirà anche l’unità fra tutti i membri delle vostre Chiese particolari, poiché Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, comunione di amore, invita gli uomini ad assumere il dinamismo dell’amore, costruendo un mondo che esprima questo mistero e che, allo stesso tempo, si orienti verso Cristo Gesù e trovi in lui il suo riepilogo (cf. Apostolicam Actuositatem, 2). Nella realizzazione del vostro ministero episcopale, contate sulla insostituibile collaborazione dei presbìteri, che assicurano il rafforzamento e la vitalità delle comunità cristiane, mediante la Parola ed i sacramenti. Per questo è necessario che i sacerdoti possano coltivare intensamente la loro vita spirituale per poter così comunicare ai fedeli i doni e le ricchezze che essi stessi hanno ricevuto. Nel decreto del Concilio Vaticano II sul ministero e la vita dei sacerdoti sono indicate due vie per la santificazione personale e la spiritualità del sacerdote. La prima è l’intimità profonda con Cristo; è la spiritualità che il sacerdote coltiva nei momenti di silenzio, di adorazione, nella lettura della Parola di Dio, nella liturgia delle ore, nella meditazione personale. La seconda via - inseparabile dalla prima - è il proprio ministero sacerdotale esercitato con generoso dono di sé, come continuazione logica della sua intimità con il Signore (cf. Presbyterorum Ordinis, 14). Per tutti questi motivi i presbiteri, “come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio” (1 Cor 4, 1) devono essere ricolmi di un grande spirito di servizio e obbedienza, di una grande sollecitudine per la salvezza delle anime, disposti al sacrificio, assidui nella preghiera, appassionati del proprio ministero, e devono fare dell’Eucaristia il centro e la fonte di tutti i loro aneliti pastorali.

La formazioneDi conseguenza, anche la ricerca diligente dei candidati al sacerdozio ed alla vita religiosa, la loro adeguata preparazione dottrinale e umana, ed il seguirli con sollecitudine affinché perseverino, devono essere oggetto delle vostre preoccupazioni prioritarie per la loro importanza per il futuro della Chiesa nel vostro Paese. Pertanto, nei seminari e nelle case di formazione - come ricordano insistentemente i documenti emanati dalla Sede apostolica - deve regnare un ambiente di serietà, di pietà liturgica e personale, di studio, di disciplina, di convivenza fraterna e di iniziazione pastorale, che siano garanzia e base solida per una idonea preparazione al servizio ministeriale. In questo senso, la devozione deve essere una nota essenziale nella vita dei seminari. Allo stesso tempo il futuro sacerdote deve contare su di una rigorosa formazione nelle virtù umane, come la sincerità e la lealtà, la temperanza e l’umiltà, la fortezza e la letizia. Infatti sul fondamento di queste virtù si potrà costruire solidamente l’edificio spirituale del futuro pastore di anime. Non meno importante è la formazione dottrinale, che non può limitarsi ad una mera trasmissione di nozioni e conoscenze, come se la scienza filosofica e teologica potessero ridursi ad un semplice sociologismo o a un moralismo antropologico, senz’altro orizzonte se non l’etica dei valori. Il parlare “di Dio” deve condurre a parlare “con Dio”, facendo così dello studio l’alimento dello spirito e la fonte per la vita di fede. In questo modo si potrà rispondere adeguatamente alle necessità dei fedeli, che sperano che i loro sacerdoti siano prima di tutto maestri della vera fede e testimonino con le loro vite il messaggio di salvezza che annunciano.

Non possiamo fermarciMa, come vi dicevo nel nostro ultimo incontro di Lima “non possiamo fermarci ai risultati già conseguiti” (Limae, allocutio ad Peruviae Episcopos habita, die 15 maii 1988: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 2 [1988] 1430), poiché le sfide che si presentano alle comunità ecclesiali del Perù, esigono un vigoroso rinnovamento della vita cristiana per stimolare ogni volta di più, nei fedeli, l’apertura alla grazia nel profondo del cuore. Non è strano constatare d’altra parte che, essendo maggiori le difficoltà incontrate, per diversi motivi, dalla persona per realizzarsi secondo la sua dignità e vocazione, è anche maggiore la tentazione di coloro che “dai soli sforzi umani attendono una vera e piena liberazione dell’umanità, e sono persuasi che il futuro regno dell’uomo sulla terra appagherà tutti i desideri del loro cuore” (Gaudium et Spes, 10; cf. Redemptor Hominis, 15). In strutture sociali che non rispettano sufficientemente le esigenze obiettive di ordine morale, e in cui la fame interpella con insistenza i responsabili della cosa pubblica, si corre il rischio di cadere in un tipo di riduzionismo che mina la concezione della persona in quanto creatura redenta da Cristo, e che nasconde l’importanza della sete di Dio, della “nostalgia di infinito” che ognuno percepisce nel profondo del suo essere (Limae, allocutio ad iuvenes hermanos habita, 3, die 15 maii 1988: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 2 [1988] 1440). Una corretta visione antropologica, ispirata all’autentica grandezza dell’uomo come è stato rivelato in Cristo (cf. Gaudium et Spes, 22), non può essere evitata nel momento dell’annuncio della buona Novella della salvezza al mondo di oggi. Occorre tenere sempre presente che “unicamente ricorrendo alle capacità morali e spirituali della persona, si ottengono cambiamenti culturali, economici e sociali che siano realmente al servizio dell’uomo, poiché il peccato, che si trova alla radice delle ingiustizie, è propriamente primordialmente un atto volontario che ha la sua origine nella libertà di ogni persona” (Limae, allocutio ad homines studiis excultos et ad operis susceptores habita, 4, die 15 maii 1988: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 2

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[1988] 1148).

Le insidie e i rischiI materialismi di diversa origine, l’affanno consumista, le concezioni equivoche sull’uomo ed il suo destino, di cui si sono occupati con successo i Vescovi riuniti a Puebla poco più di dieci anni fa (cf. Puebla 305-315), non devono condurre i cristiani a perdere di vista ciò che la Chiesa, esperta di umanità, insegna loro. Per tutto questo, è necessario che prestiate una diligente attenzione all’attività catechetica in tutte le sue forme e modalità. Infatti, per poter trasmettere la fede alle nuove generazioni, è necessario portare a termine una rinnovata azione evangelizzatrice. Tale rinnovamento - come si segnala nel Direttorio Catechistico Generale - “deve aiutare la nascita e il progresso di questa vita di fede durante tutta l’esistenza, fino alla piena spiegazione della verità rivelata e alla sua applicazione nella vita, (Directorium Catechisticum Generale, 30). Le manifestazioni di fervore popolare, che h o potuto apprezzare in occasione del Congresso Eucaristico bolivariano a Lima, sono un invito rivolto ai Pastori per avanzare sempre più nell’arduo compito dell’istruzione religiosa. In quelle ferventi espressioni di religiosità intorno all’Eucaristia, si rendeva presente la fede di un popolo che ha dato il primo fiore di santità all’America Latina, santa Rosa di Lima. È in questi momenti che si fanno più evidenti i motivi di speranza e le inesauribili risorse che, ben portate avanti, possono trasformare la fisionomia del Perù con realizzazioni concrete ed efficaci, che rendano possibile la civiltà dell’amore fra i Peruviani.

Ostacoli alla fraternità e alla giustiziaNon possiamo passare sotto silenzio comunque, la presenza di fattori che ostacolano la realizzazione di una maggiore fraternità, giustizia e solidarietà nella società peruviana. L’innegabile presenza del peccato, con la sua inevitabile sequela di sofferenze, che si ripercuotono soprattutto sui più deboli e indifesi, deve interpellare tutti, secondo la responsabilità di ognuno, al fine di suscitare un impegno comune perché la vita individuale e sociale si conformi maggiormente al disegno divino. Nei vostri recenti documenti collettivi, specialmente nel “Messaggio dei Vescovi del Perù di fronte alla situazione attuale”, dello scorso mese di ottobre, avete rivolto un urgente appello ad uno sforzo solidale per costruire una società veramente cristiana, che metta l’ideale del servizio al di sopra dell’idea del dominio e dello sfruttamento, che porta con sé conseguenze tanto gravi. “La società peruviana attuale - vi dicevo nel nostro ultimo incontro a Lima -, che giustamente mira a raggiungere obiettivi di progresso in grado di ampliare l’orizzonte materiale e spirituale di ogni cittadino, si sente a volte come minata interiormente da un’ingiustificata eclissi del dovuto rispetto per la dignità umana, a causa di ideologie materialiste che negano la trascendenza e di una cieca e insensibile violenza ai ripetuti inviti alla riconciliazione. A tutto ciò va ad aggiungersi la crescente e ancora estrema povertà in cui vivono molte famiglie, i mali sociali introdotti o generati dal traffico di stupefacenti, la diffusione delle sètte e la ostinata persistenza di strutture dottrinali e metodologiche che creano confusione fra i fedeli e attentano all’unità della Chiesa” (Limae, allocutio ad Peruviae Episcopos habita, 3, die 15 maii 1988: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 2 [1988] 1430). Tali circostanze, che descrivevamo qualche mese fa, continuano ad essere sfide che dovete affrontare a partire dal Vangelo, affinché la sua azione salvifica penetri e rinnovi tutti gli aspetti della vita personale e sociale. Nel vostro servizio pastorale, non smettete di insistere sul fatto che il potere del male può essere vinto con la forza del bene; esortazione paolina che i giovani accolsero con entusiasmo durante il mio affettuoso incontro con loro a Lima. L’opzione per un mondo più umano non è estranea alla missione della Chiesa, che vede bene come la presente crisi di valori può favorire la vittoria sulla verità da parte dell’errore e del disprezzo della dignità dell’essere umano. La proclamazione dei principi della morale cristiana come via per la conversione personale, e l’orientamento di ogni cosa verso Cristo - superando gli antagonismi, i contrasti e in definitiva il peccato - devono essere imperativi per la rinnovata evangelizzazione di cui il vostro paese ha bisogno.

Il Congresso Eucaristico e MarianoIl quinto Congresso Eucaristico e mariano, che ho avuto l’onore di chiudere a Lima, ha rappresentato anche l’occasione privilegiata per rinnovare e rafforzare l’amore e la devozione del Popolo di Dio alla santissima Vergine. Conosco l’affetto filiale dei Peruviani nei confronti della Madre di Dio. Perciò nella situazione non facile che sta attraversando il vostro amato Paese, Maria deve incoraggiare la speranza di tutti. Lei ci insegna che Dio è sempre ricco in misericordia (cf. Lc 1, 54) e fedele alle sue promesse. Ma ciò esige un atteggiamento di fede come quella della Vergine, che fu chiamata beata per aver “creduto nell’adempimento delle parole del Signore” (Lc 1, 45). Cari fratelli, chiedo al Signore che questa visita “ad limina Apostolorum” confermi e consolidi ancor di più l’unione fra voi e la Chiesa universale. Con questo il vostro ministero guadagnerà in intensità ed efficacia, e certamente tutto ciò ritornerà a vantaggio delle comunità ecclesiali del Perù.

Non voglio concludere senza pregarvi di portare ai vostri sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli, il saluto e la benedizione del Papa che prega per tutti con grande affetto e viva speranza. Alla Madre di Gesù raccomando la vostra persona, le vostre inquietudini e sollecitudini pastorali, affinché rispondiate

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generosamente alla sfida di un tempo che reclama una evangelizzazione audace e pienamente fedele al Signore Gesù. Con questi fervidi auguri vi accompagni la mia benedizione apostolica.

Castel Gandolfo, 27 settembre 1994

Chiamati da Gesù CristoGli Apostoli hanno ricevuto la missione di istruire, santificare e guidare il popolo dei fedeli. Voi siete i suoi autentici continuatori ognuno nella propria diocesi e, allo stesso tempo, in quanto membri del Collegio Episcopale siete “tenuti, per istituzione e precetto di Cristo, ad avere per tutta la Chiesa, una sollecitudine che, sebbene non esercitata con atto di giurisdizione, sommamente contribuisce tuttavia al bene della Chiesa universale” (Ivi, 23). L’autentico progresso della Chiesa è il raggiungimento della santità per tutti i suoi membri che sono chiamati dall’apostolo Pietro “la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato” (1 Pt 2, 9). Affinché gli uomini possano rispondere all’universale vocazione alla santità, siete stati costituiti nella pienezza del sacerdozio come amministratori della grazia, che si dà ai fedeli principalmente mediante i sacramenti. Impegnati in tante e così diverse attività nella vostra missione pastorale, non potete tuttavia dimenticare che è proprio dei Vescovi “far avanzare nella via della santità i loro sacerdoti, i religiosi e i laici secondo la particolare vocazione di ciascuno; persuasi di essere tenuti a dare l’esempio della santità nella carità, nell’umiltà e nella semplicità della vita. Conducano le Chiese loro affidate a tal punto di santità che in esse risplenda pienamente il senso della chiesa universale di Cristo” (Christus Dominus, 15).

L’EucaristiaIl Concilio Vaticano II insegna anche che “dalla liturgia dunque, particolarmente dall’Eucaristia, deriva in noi, come da sorgente, la grazia, e si ottiene con la massima efficacia, quella santificazione degli uomini e glorificazione di Dio in Cristo” (Sacrosanctum Concilium, 10). Per questo vi esorto a essere solleciti nel far sì che nelle vostre diocesi si celebrino con la dignità richiesta i riti sacri, nei quali, per mezzo dell’azione sacerdotale di Gesù Cristo, gli uomini nascono a una nuova vita, i fedeli si alimentano con il Pane della Parola e dell’Eucaristia, ottengono la riconciliazione con Dio e ricevono la grazia per vivere come cristiani nelle diverse fasi della vita. Se siete voi stessi esemplari nella celebrazione della Santa Messa, nella disponibilità al sacramento della riconciliazione e alle altre funzioni sacre, potrete incoraggiare i presbiteri affinché si dedichino pienamente all’esercizio del loro ministero, facendo in tal modo un bene immenso ai fedeli e agli stessi sacerdoti. È di capitale importanza che i sacerdoti, e dove necessario, gli animatori di comunità che attualmente si trovano sprovvisti di presbitero, abbiano la preparazione richiesta per la sublime funzione che svolgono, in modo che i fedeli che partecipano al culto sperimentino l’efficacia soprannaturale dei riti sacri. Come sappiamo “la sacra liturgia non esaurisce tutta l’azione della Chiesa. Infatti, prima che... bisogna che siano chiamati alla fede e alla conversione” (Ivi,9). Per questo, con l’annuncio del messaggio, mediante l’opportuna predicazione, i credenti vengono incoraggiati a proseguire nelle opere di fede, speranza e carità, e coloro che si sono allontanati e i non credenti vengono invitati a conoscere e amare Dio e il suo inviato Gesù Cristo.

La catechesiCome primi responsabili della predicazione della catechesi, è auspicabile che continuate a vegliare attentamente affinché i cristiani e i catecumeni ricevano da voi e dai vostri collaboratori nel ministero “la “parola della fede” non mutilata, non falsificata, non diminuita, ma completa ed integrale in tutto il suo rigore e in tutto il suo vigore. Tradire in qualche cosa l’integrità del messaggio significa svuotare pericolosamente la catechesi stessa e compromettere i frutti che il Cristo e la comunità ecclesiale hanno il diritto di aspettarsi” (Giovanni Paolo II, Catechesi tradendae, 30). Le conseguenze di un opportuno esercizio del ministero della parola non si fanno attendere, poiché una predicazione che avvicini sempre più la persona a Gesù Cristo secondo la sua promessa (cf. Gv 5, 5), produrrà abbondanti frutti. Per far fronte alle situazioni di dissonanza tra le esigenze della fede e la vita, della crescente secolarizzazione della società, così come del proselitismo delle sette religiose, è necessario un costante sforzo per rivitalizzare la catechesi a tutti i livelli, offrendo ai fedeli una conoscenza migliore delle ricchezze insondabili del mistero di Dio e della Chiesa. Qualsiasi opera catechetica, alla luce della “nuova evangelizzazione”, deve essere incentrata sulla persona di Gesù Cristo, che è lo stesso ieri, oggi e sempre (cf. Eb 13, 8), servendosi, come strumento molto utile del Catechismo della Chiesa Cattolica al fine di “fornire, dunque, una risposta integrale, pronta, agile che renda più forte la fede cattolica, sulle sue verità fondamentali, sulle sue dimensioni individuali, familiari e sociali” (Discorso inaugurale della IV Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano, n. 11). In questa opera catechetica potrà essere molto utile l’apporto dei diversi Movimenti ecclesiali, i quali favorendo e incoraggiando “una più intima unità tra la vita pratica dei membri e la loro fede” (Apostolicam actuositatem, 19) devono agire con leale disponibilità per accogliere gli insegnamenti dottrinali e gli orientamenti pastorali dei propri Vescovi (cf. Christifideles

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laici,30).

La RivelazioneLa riflessione antropologica profonda, basata sulla Rivelazione, non può dimenticare che tutte le culture umane sono segnate dal peccato. Per questo hanno bisogno di essere guarite ed elevate dalla grazia del Vangelo, senza che ciò presupponga trascurare gli elementi buoni di ogni cultura autoctona. Questo compito, che è importante e allo stesso tempo richiede pazienza, non può essere lasciato all’improvvisazione, ma deve essere portato a termine mediante solide basi dottrinali e una visione pastorale adeguata: nella sua trasmissione è in gioco l’autenticità stessa del messaggio poiché non si tratta “di un puro, adattamento esteriore”, ma di “un processo profondo e globale che investe sia il messaggio cristiano sia la riflessione e la prassi della Chiesa” (Ivi, 52). 5. In quest’ora in cui la povertà continua a colpire molti cittadini del vostro Paese, l’annuncio di Gesù Cristo deve portare anche ad assumere un impegno preferenziale per i poveri, né esclusivo né escludente, poiché la missione della Chiesa deve essere aperta a tutti, dato che essa “nel proclamare il Vangelo . . . ubbidisce al mandato di Gesù Cristo quando fa dell’aiuto ai bisognosi un’esigenza essenziale della sua missione evangelizzatrice” (Conclusione di Santo Domingo, n. 165). La mancanza di coerenza tra la fede che si professa e la vita quotidiana - come è stato indicato nella IV Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano a Santo Domingo - è una delle varie cause che generano povertà in America Latina poiché i cristiani a volte non hanno saputo trovare nella fede la forza necessaria per comprendere i criteri e le decisioni dei settori responsabili dell’orientamento ideologico e dell’organizzazione della convivenza sociale, economica e politica dei nostri popoli (cf. Ivi, 161). Per questo desidero proclamare ancora una volta che il miglior servizio che si rende ai fratelli è l’evangelizzazione poiché la forza della Parola di Dio è capace di liberare da qualsiasi forma di ingiustizia (cf. Giovanni Paolo II, Discorso Inaugurale della IV Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano, 12 ott. 1992: Insegnamenti di Giovanni Poalo II, XV, 2 (1992) 326).

Le strutture umaneLe diverse strutture pubbliche o private, che derivano da situazioni ingiuste o che conducono ad esse devono ricevere gli effetti della Redenzione, il che vuol dire che per superarle gli uomini devono convertirsi a Gesù Cristo. La risposta cristiana non ha nulla a che vedere con le ideologie e la moda: è un’attitudine soprattutto religiosa. Nei vostri interventi pastorali collettivi avete indicato la necessità di un cambiamento di mentalità, di una conversione interiore che si traduca in una solidarietà efficace con i poveri, indicando che “la povertà prostra due terzi dei peruviani e sta avendo effetti irreversibili su un’intera generazione di bambini e giovani” (Messaggio della Conferenza Episcopale Peruviana in occasione del Natale, 23 dicembre 1992). Vi incoraggio a continuare a proclamare instancabilmente che il cammino della pacifica convivenza consiste nella costruzione di una società sempre più umana, fraterna, solidale e giusta. In questo Anno della Famiglia per mezzo della mia Lettera ho voluto entrare in tutti i focolari domestici per avvicinarmi a ognuno di essi e, alla luce della Parola di Dio, per instaurare un dialogo con “l’uomo del nostro tempo, perché comprenda quali grandi beni siano il matrimonio, la famiglia e la vita; quale grande pericolo costituiscano il non rispetto di tali realtà e la minore considerazione per i supremi valori che fondano la famiglia e la dignità dell’essere umano” (Giovanni Paolo II, Lettera alle famiglie, n. 23).

L’identità della famigliaLa Chiesa non si stancherà mai di difendere con energia l’identità della famiglia. “Nessuna società umana può correre il rischio del permissivismo in questioni di fondo concernenti l’essenza del matrimonio e della famiglia” (Ivi, 17). Per questo, perseverate nella vostra opera a favore delle famiglie, lottando con vigore affinché i mali che le affliggono possano essere sconfitti in nome della pace autentica e della convivenza armoniosa fra tutti. Nel concludere questo incontro, vi chiedo di portare il mio saluto a tutte le vostre diocesi, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose che operano in esse, così come ai fedeli. Pongo tutti voi sotto la protezione del Signore dei Miracoli, tanto venerato nella vostra terra e come incoraggiamento per il futuro, vi imparto di cuore la benedizione apostolica.

2 luglio 2002

La comunione nella ChiesaMosso dalla sollecitudine di Pastore della Chiesa universale, mi sento unito alle vostre preoccupazioni e vi incoraggio a proseguire con generosità e grandezza d'animo nella vostra dedizione, dando impulso all'appassionante compito di rinnovamento pastorale in questo inizio del nuovo millennio. Una delle sfide cruciali del nostro tempo, come ho indicato nella Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte, è proprio lo spirito di comunione che deve regnare nella Chiesa e presiedere tutti gli aspetti e settori dell'azione pastorale (cfr nn. 43-45). Di fatto, la comunione come spiritualità radicata nella Trinità, come principio

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educativo e attitudine cristiana di cui si deve rendere chiara testimonianza, oltre a essere una imperiosa esigenza del messaggio di Cristo (cfr Ecclesia in America, n. 33), è anche una risposta "alle attese profonde del mondo" (Novo Millennio ineunte, n. 43). Grazie alla vostra vasta esperienza pastorale, conoscete bene il paradosso di un momento storico in cui la capacità quasi incommensurabile di interrelazione convive con un frequente sentimento di isolamento, che causa frammentazione e persino conflitti in diversi ambiti della famiglia umana. Dinanzi a ciò la Chiesa deve ricordare e rivivere continuamente l'incomparabile esperienza della Pentecoste, quando "tutti insieme i discepoli lodavano Dio in tutte le lingue, avendo lo Spirito condotto all'unità i popoli distanti e offerto al Padre le primizie di tutte le nazioni" (Sant'Ireneo, Adv. haer. 3, 17, 2). Così voi, Fratelli nell'Episcopato, siete chiamati a essere esempio di comunione nell'affetto collegiale, senza che ciò vada a discapito della responsabilità che ognuno di voi ha nella sua Chiesa locale, dove, a sua volta, è "il principio visibile e il fondamento dell'unità" (Lumen gentium, n. 23).

La scarsità di mezziSe la scarsità dei mezzi, le incomprensioni, la diversità di opinione o di origine nel vostro popolo o altre difficoltà ancora, possono indurre allo scoraggiamento, Gesù ci conforta sempre nel farci vedere che a Lui persino "i venti e il mare obbediscono" (Mt 8, 27). È quindi necessario appoggiarsi a Lui, facendo crescere in tutti i credenti un autentico desiderio di santità, alla quale siamo tutti chiamati e nella quale culminano le aspirazioni più profonde dell'essere umano. Il Perú, che è stato benedetto da Dio con numerosi frutti di santità, ha abbondanti esempi che possono illuminare e aprire grandi prospettive alle generazioni attuali. Non si devono dimenticare figure della statura di santo Toribio de Mogrovejo, santa Rosa de Lima, san Martín de Porres, san Francisco Solano o san Juan Macías, fra gli altri. Sono un modello per i Pastori, che devono identificarsi con lo stile personale di Gesù Cristo, fatto di semplicità, povertà, vicinanza, rinuncia ai vantaggi personali e piena fiducia nella forza dello Spirito al di là dei mezzi umani (cfr Ecclesia in America, n. 28). Lo sono anche per gli altri credenti, che nei santi hanno la prova vivente delle meraviglie di Dio in un cuore ben disposto, qualunque sia la condizione sociale o la situazione di vita in cui accolgono la sua grazia. La vostra Nazione deve sentirsi privilegiata per i tanti frutti di santità, in quanto evidenziano oltremodo il profondo radicamento cristiano del suo popolo, che ha contribuito decisamente a forgiare la sua identità e che, lungi dall'essere ignorato, deve essere salvaguardato in quanto valore irrinunciabile.

I giovani e il VangeloIn questo contesto, è particolarmente importante suscitare, soprattutto fra i giovani, la passione per i grandi ideali del Vangelo, di modo che un crescente numero di essi si senta spinto a dedicare la propria vita interamente a proclamare e a rendere testimonianza del fatto che "dove c'è lo Spirito del Signore, c'è libertà" (2 Cor 3, 17). Pertanto l'evangelizzazione delle nuove generazioni deve essere accompagnata, quasi in maniera spontanea, da una pastorale vocazionale, ogni giorno più urgente, che apra nuovi orizzonti di speranza nelle Chiese locali. È parimenti importante rivolgere un'accurata attenzione alla formazione impartita nei seminari. Oltre a coltivare la maturità umana dei candidati affinché si mettano completamente a disposizione di Dio e della Chiesa con piena consapevolezza e responsabilità, li si deve saggiamente guidare verso una profonda vita spirituale che li renda idonei ad assumere effettivamente e affettivamente il futuro ministero con tutte le sue esigenze. È necessario presentare e affrontare in modo chiaro e completo i requisiti di una sequela incondizionata di Gesù nel ministero o nella vita consacrata, poiché chi lo ama veramente, ripeterà nel suo cuore dinanzi a qualsiasi difficoltà le parole di Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna" (Gv 6, 68). Il vostro Paese ha bisogno di sacerdoti e di evangelizzatori, santi, dotti e fedeli alla propria vocazione, cosa a cui non si può rinunciare per il loro scarso numero o per altre circostanze sociali e culturali. Questo è un compito in cui il Vescovo deve mostrare una particolare vicinanza di padre e maestro ai suoi seminaristi, contando sulla incondizionata e trasparente cooperazione dei formatori. Va inoltre sottolineato lo spirito di collaborazione fra le diverse Diocesi per offrire migliori mezzi personali e materiali ai propri candidati al sacerdozio, che così buoni risultati può dare e che manifesta una solidarietà concreta con le Chiese particolari maggiormente carenti di risorse.

La famiglia, il matrimonio e i figliAvete anche espresso la vostra preoccupazione per i problemi che concernono il matrimonio e la famiglia, sia a causa di alcuni fattori culturali sia per un determinato clima, a volte "militante", contro l'autentico significato di tali istituzioni (cfr Novo Millennio ineunte, n. 47). In tal senso è importante che il progetto cristiano di santità pervada anche l'amore umano e la convivenza familiare, poiché si deve rispettare integralmente il disegno di Dio per tutto il genere umano e la sua eccelsa dignità di segno dell'amore che unisce Cristo alla sua Chiesa (cfr Ef 5, 32). La complessità degli aspetti implicati in questo campo richiede parimenti un'azione pastorale multidisciplinare, nella quale l'iniziativa catechetica dei Pastori si completi con l'azione educativa di altri fedeli laici, l'aiuto reciproco fra le stesse famiglie e la promozione di quelle condizioni che favoriscono la crescita dell'amore dei coniugi e la stabilità familiare. In effetti, è imprescindibile che i giovani conoscano la vera bellezza dell'amore, "perché l'amore è da Dio" (1 Gv 4, 7),

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che maturino in esso un atteggiamento di dono di sé e non di egoismo, che si inizino alla convivenza con spirito limpido e puro, includendo in essa anche la ricchezza dell'esperienza di fede condivisa, e che affrontino il loro futuro come un'autentica vocazione alla quale Dio li chiama per collaborare all'ineffabile compito di essere datori di vita. La pastorale familiare deve contemplare anche quegli aspetti che possono condizionare il degno sviluppo dei doveri propri di questa istituzione fondamentale, promuovendo un migliore sostegno economico ai nuovi nuclei familiari che si formano, maggiori possibilità di ottenere abitazioni decorose che evitino il deterioramento familiare ed effettiva possibilità di esercitare il diritto di educare i figli secondo la propria fede e senso etico della vita. Per questo i Pastori devono far udire la loro voce per sottolineare l'importanza della famiglia come cellula primigenia e fondamentale della società, e il suo insostituibile contributo al bene comune di tutti i cittadini. Ciò diviene particolarmente urgente quando, per motivi più o meno opportunistici, si presentano progetti politici antinatalisti, si soffoca il desiderio di fedeltà matrimoniale e si ostacola in altri modi il normale svolgimento della vita familiare.

La promozione umana e i più poveriConstato con soddisfazione il vigore e la creatività dell'azione che la Chiesa in Perú svolge a favore dei più bisognosi, ancora più necessaria in un momento in cui la difficile situazione economica nella regione fa emergere con maggiore violenza le molteplici forme, antiche e nuove, di povertà. Quando sono tanti i figli di Dio che vivono in condizioni disumane, occorre dare impulso a una pastorale sociale concreta, tangibile e organizzata, che soddisfi con prontezza i bisogni più perentori e getti le fondamenta di uno sviluppo armonioso e duraturo basato sullo spirito di solidarietà fraterna. A tale proposito, esprimo il mio più sincero ringraziamento alle numerose istituzioni ecclesiali che, con grande dinamismo e dedizione, fanno giungere la luce del Vangelo e l'aiuto fraterno nei luoghi più remoti della terra peruviana, della selva amazzonica, come pure della cordigliera andina o delle pianure costiere. È bello contemplare come in questo campo si uniscano gi sforzi, svaniscano le differenze e si superino le frontiere. In ciò si distinguono gli Istituti di vita consacrata, che possono essere considerati "una esegesi vivente della parola di Gesù: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me"" (Vita consecrata, n. 82). Spetta ai Pastori fare di tante iniziative un chiaro segno della sollecitudine della Chiesa, poiché nessuno dei suoi membri, Pastori o fedeli, deve restare indifferente di fronte al bisogno spirituale e materiale, sia esso il sostentamento quotidiano, la dignità personale o l'opportunità effettiva di partecipare al bene comune del suo popolo.

Vi protegga Maria, Stella dell’EvangelizzazioneAl termine di questo incontro fraterno, vi ripeto il mio incoraggiamento a proseguire l'opera di guidare e illuminare la vita delle vostre Chiese particolari, affidandola alla dolce protezione della Santissima Vergine Maria, Stella della Nuova Evangelizzazione. Vi chiedo di trasmettere il saluto e l'affetto del Papa ai vostri sacerdoti e seminaristi, ai missionari, alle comunità religiose, ai catechisti, agli educatori e ai laici impegnati, come pure agli anziani e ai malati, che vi stanno accanto e vi aiutano nell'appassionante compito di seminare il Vangelo nel cuore dei peruviani, che è fonte di speranza e di pace. Mentre vi accompagno sempre con le mie preghiere e il mio affetto, vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

Giovanni Paolo II e il PerùGiovanni Paolo II ha visitato il Perù due volte: dall’1 al 5 febbraio 1985, nell’ambito del 25° viaggio internazionale in Venezuela, Ecuador, Perù e Trinidad e Tobago (26 gennaio- 6 febbraio 1985) durante il quale ha fatto tappa a Lima, Arequipa, Cuzco, Ayacucho, Callao, Piura,Trujillo e Olquios presiedendo ad Arequipa la beatificazione di Ana de Los Angeles, e dal 14 al 16 maggio 1988, nell’ambito del 37° viaggio internazionale in Uruguay, Bolivia eLima e Paraguay (7 maggio – 19 maggio 1988) durante il quale ha presieduto la Celebrazione Eucaristica di chiusura del 5° Congresso Eucaristico-Mariano dei Paesi Bolivariani.

Il 1° viaggio apostolico del 1985CERIMONIA DI BENVENUTO

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Aeroporto di Lima-Callao (Perù)Venerdì, 1° febbraio 1985

Nel Perù si sono incontrati gli ideali di San Martín e di Simón BolívarIl nome del Perù mi evoca gli echi remoti dell’impero Inca del Tahuantinsuvo, che ha saputo vincere la formidabile barriera delle Ande. Doro l’evangelizzazione, questo nome parla di figure così insigni come i santi Toribio da Mongrovejo, Rosa da Lima, Francisco Solano, Martin de Porres, Juán Macias, suor Ana de los Angeles che domani vedremo beatificata nella sua terra arequipana. Questo Paese ha permesso un processo di integrazione non solo razziale ma anche culturale e umano, che si articola in tanti modi nella vostra vita quotidiana. In questo processo la Chiesa non è stata assente, ma, come riconosce la vostra stessa costituzione, ha avuto un ruolo “importante nella formazione storica, culturale e morale del Perù” (art. 86). Nel Perù si sono incontrati gli ideali di San Martín e di Bolívar, e molte sono le date significative della sua storia, nelle quali si trova la presenza - creatrice di identità storica - della fede cristiana, dell’impulso religioso, dell’opera della Chiesa! Sono elementi che hanno cercato, nella vostra anima nazionale, una sintesi e un’integrazione non sempre facili. In questo momento storico è necessaria una crescente solidarietà fra tutti voi e una nuova scoperta delle vostre radici umane e religiose, per creare nuove forme di giustizia a tutti i livelli, per superare le funeste tentazioni dei materialismi, per dare ad ogni peruviano una dignità rinnovata che lo renda libero interiormente e ben cosciente del suo destino di fronte a Dio, di fronte a se stesso e di fronte alla società. Ecco il grande ruolo delle forze interiori, l’importante funzione della fede, per cambiare dall’interno le persone e, mediante esse, la società.

Con grande fiducia benedico fin d’ora, ogni figlio del PerùPerché non si potrà avanzare “nel difficile cammino delle indispensabili trasformazioni delle strutture della vita economica, se non si realizza una vera conversione della mentalità e dei cuori” (Giovanni Paolo II, Redemptor hominis, 16). Questi sono gli ideali che voglio riproporre con la mia visita, e che desidererei si traducessero in un aiuto al rafforzamento della fede del popolo peruviano e in una promozione della causa della sua pace, della convivenza nel mutuo rispetto, della rivendicazione del diritto di ciascuno a percorrere vie del dialogo e non della violenza. I 500 anni dell’evangelizzazione di queste terre - data per noi così vicina - costituisco l’esigenza di costruire urgentemente un nuovo uomo latinoamericano e peruviano, più forte nella sua fede, più giusto, più solidale, più rispettoso dei diritti altrui, mentre difende e rivendica il proprio più cristiano e più umano. La santissima Vergine, tanto venerata in tutta la nazione, ci ottenga in questi giorni abbondanza di luce e di grazia. Il Signore de los Milagros aumenti in ogni peruviano la fede, l’unione, la fraternità. Con grande fiducia benedico fin d’ora, ogni figlio del Perù.

SANTA MESSA A PLAZA DE ARMAS IN PERÙOMELIA

Venerdì, 1° febbraio 1985

Io sono la vite, voi i tralciChi rimane in me e io in lui, fa molto frutto. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri (cf. Gv 15, 1-17). Il brano evangelico che abbiamo appena proclamato in questa Plaza de Armas di una città che 450 anni fa ascoltò per la prima volta gli insegnamenti del Vangelo, ci invita a una scelta libera e irrevocabile di fedeltà e amore totale a Gesù Cristo. Egli è il centro vitale della vostra esistenza, l’origine della vostra chiamata alla santità, l’oggetto dei vostri progetti apostolici, miei cari sacerdoti, religiosi, religiose, seminaristi, membri dei diversi movimenti apostolici, congregazioni, confraternite, gruppi di preghiera e di riflessione biblica, neocatecumenali, appartenenti all’apostolato della preghiera e altri, qui riuniti. Siete le forze vive della Chiesa in Perù. La prima di queste forze è colui che chiamò se stesso “la vera vite”: Gesù Cristo. A tutti ci dice: “Io sono la vite, voi i tralci. Rimanete in me . . . perché senza di me non potete fare nulla” (Gv 15, 4-5). È un invito per noi, che siamo inseriti in lui per mezzo del Battesimo e poi mediante gli altri sacramenti e i rispettivi carismi a cercare l’intimità della sua grazia vivificante. È l’invito a vivere il carisma più grande che è la carità (cf. 1 Cor 13, 13). È l’invito amoroso a stare sempre uniti a lui come garanzia di fecondità personale e apostolica. Ed è allo stesso tempo un richiamo all’unità ecclesiale, giacché la grazia di Cristo ci giunge incessantemente attraverso la Chiesa, corpo di Cristo, segno che rende visibile e realizza la comunicazione con lui.

La vostra speranza non sarà delusaCari sacerdoti diocesani e religiosi, che da tutte le regioni del Paese vi siete dati appuntamento per stare oggi con il Papa, Cristo vi ripete con accento di immensa fiducia e affetto: “Voi siete miei amici... perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi” (Gv 15, 12-13). Quanto devono incoraggiarvi queste parole nella vostra solitudine in paesi isolati, dove difficilmente giunge la consolazione fraterna! Quanto devono incoraggiarvi nella vostra angustia davanti alla “tragedia dell’uomo concreto dei vostri campi e città, minacciato quotidianamente nella sua stessa sussistenza, affranto dalla miseria, dalla fame, dalla malattia, dalla disoccupazione”! (Giovanni Paolo II, Allocutio ad quosdam Peruviae Episcopos occasione oblata eorum visitationis “ad limina”, 4, 4 ottobre 1984: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII/2 [1984] 740). Quanto devono confortare il vostro cuore sacerdotale davanti a ogni forma di ingiustizia, di abuso dei potenti, di violenza che maltratta i deboli e i piccoli, di perdita (in certi settori) dei valori morali! So del rifiuto che turba i vostri cuori nel vedere il mondo esaltare l’ansia smodata e crudele di avere, di

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potere e di piacere. Però Cristo è con voi come amico; egli sa ciò che significate per la Chiesa e i sacrifici della vostra missione come testimoni della fede e servitori dei fratelli. Per questo il Papa vi dice: rinnovate il vostro ottimismo. La vostra speranza non sarà defraudata. Cristo vi accompagna e ha vinto il mondo!

Amici di Gesù, destinati a dare un frutto che rimanga (cf. Gv 15, 16)Grande è il vostro impegno sacerdotale. Non vi scoraggiate in esso. Non abbiate paura di annunciare il messaggio di fede, di giustizia e di amore. Siate sempre uniti ai vostri vescovi; siate uniti tra voi con l’amicizia e l’aiuto reciproco. Ma soprattutto, mantenete una costante unione con Cristo nella preghiera e nei sacramenti, “perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda” (Gv 15, 16). In questo senso ricordate che la sacra Eucaristia è la ragion d’essere del vostro sacerdozio, fino al punto che il sacerdote non può realizzarsi pienamente se l’Eucaristia non diventa centro e radice della sua vita. Siete gli amici di Gesù e gli avete consacrato la vostra esistenza. Rinnovate perciò continuamente e gioiosamente la vostra donazione nel celibato per mezzo del quale “i presbiteri si consacrano a Cristo in una forma nuova e squisita, si uniscono a lui più facilmente con un cuore indiviso, si dedicano più liberamente in lui e per lui al servizio di Dio e degli uomini” (Presbyterorum ordinis, 16). Meditate ogni giorno l’amore infinito di Cristo, che si è rivolto a ognuno di voi e vi ha detto: seguimi! Questa chiamata ha la sua fonte ultima nell’amore con il quale il Padre ama il figlio: “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi” (Gv 15, 9). Questa è la vera vocazione divina che dovete coltivare nella sua autentica grandezza. A tutti, ma in modo speciale al sacerdote, si dirigono le parole del Signore: “Vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto” (Gv 15, 16). Per mezzo della vostra predicazione, dell’amministrazione dei sacramenti, delle opere di carità, Cristo continua la redenzione. Per mezzo di voi si mostra la misericordia che perdona nel sacramento della Penitenza. Esercitate, perciò, con generosità il vostro ministero, che la grazia di Cristo farà fecondo.

Reconciliatio et paenitentiaNella recente esortazione apostolica Reconciliatio et paenitentia ho segnalato come l’amministrazione del sacramento del perdono è “senza dubbio il più difficile e delicato, il più faticoso ed esigente, però anche uno dei ministeri più belli e consolanti del sacerdote” (Giovanni Paolo II, Reconciliatio et paenitentia, 29). Siate perciò, voi che mi ascoltate - sacerdoti, religiosi, laici - i primi a ricevere con frequenza questo sacramento, con autentica fede e devozione (Ivi, 31, VI); e nelle vostre opere apostoliche non dimenticate la catechesi su tutte le realtà che sono in relazione con questo sacramento. Sacerdoti amici di Gesù, ministri della sua redenzione: siete chiamati a suscitare frutti di santità e anche, dal Vangelo, frutti di giustizia, in accordo con l’insegnamento sociale della Chiesa. Per questo, come dissi poco tempo fa ai vostri vescovi, “è necessario che tutti... lavorino seriamente - e dove lo richieda il caso con ancor più impegno - alla causa della giustizia e della difesa del povero” (Giovanni Paolo II, Allocutio ad quosdam Peruviae Episcopos occasione oblata eorum visitationis “ad limina”, 4, 4 ottobre 1984: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII/2 [1984] 740). Ma ricordate che la missione propria della Chiesa è “rivelare Cristo al mondo, aiutare ogni uomo perché incontri se stesso in lui” (Giovanni Paolo II, Redemptor hominis, 11).

Cristo chiama anche voi alla Sua amicizia (.) all'intimità con lui, miei cari seminaristi qui presenti. Molte delle cose che ho detto per i sacerdoti hanno valore anche per voi che vi preparate ad esserlo. Anche per voi Gesù è la vite, la linfa, la forza e l'esempio. Per questo dovete imparare da lui, familiarizzarvi con la sua persona e il suo progetto di salvezza, per farne il vostro ideale di vita e l'ispirazione di tutto il vostro giovanile entusiasmo. Pensate, a questo proposito, a quanto dissi ai vostri vescovi nella loro ultima visita "ad limina" (Giovanni Paolo II, Allocutio ad quosdam Peruviae Episcopos occasione oblata eorum visitationis "ad limina", 4, 24 maggio 1984: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII/1 [1984] 1490ss.); frattanto vi incoraggio ad acquisire un gran senso soprannaturale nella vostra esistenza. Siate fedeli alla preghiera quotidiana, trattate con pietà filiale Maria santissima e rivolgetevi con fiducia all'aiuto dei vostri superiori ed educatori. Ricordate che la vostra formazione richiede uno studio profondo, serio e sacrificato. Parte di questo sacrificio sarà la rinuncia ad altre occupazioni che toglierebbero tempo ed energie alla vostra preparazione specificamente sacerdotale. "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi" (Gv 15, 16). L'eco di questa chiamata personale di Gesù ha configurato la vostra vocazione, cari religiosi e religiose, che vi fate carico con gioia di una buona parte del lavoro apostolico in Perù. Questa iniziativa divina della vostra chiamata è frutto dell'amore: "lo ho amato voi . . . Voi siete miei amici" (Gv 15, 9 e 14). E la voce di Cristo si è fatta vostra donazione, totale e definitiva, mediante i voti di povertà, castità e obbedienza. La vostra risposta è stata serena e generosa, ecclesiale e soprannaturale nelle sue motivazioni.

No alla secolarizzazione della vita religiosaNon acconsentite dunque a qualsiasi tentativo di secolarizzare la vostra vita religiosa, né di coinvolgerla in progetti socio-politici che devono esserle estranei, e non dimenticate la responsabilità di testimoniare l’attualità del progetto integralmente cristiano di fronte alla società e al mondo di oggi. Siate fedeli alla vostra missione e al carisma dei vostri fondatori, in obbedienza alla Chiesa. “Molte famiglie religiose nacquero per l’educazione cristiana dei bambini e dei giovani, specialmente dei più abbandonati” (Giovanni Paolo II, Catechesi tradendae, 65). Che la preoccupazione per il servizio in altri campi apostolici non vi allontani da questa missione che la Chiesa vi ha affidato. So che fate molto in questo campo; continuate a dedicarvici con generosità. “Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore” (Gv 15, 10). La fedeltà è la prova dell’amore. Inoltre, i cristiani hanno diritto ad esigere dalla persona

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consacrata una sincera adesione e obbedienza ai comandamenti di Cristo e della sua Chiesa. Pertanto, dovete evitare tutto ciò che potrebbe far pensare che esista nella Chiesa una doppia gerarchia o un doppio magistero. Vivete e inculcate sempre un profondo amore alla Chiesa, e una leale adesione a tutti i suoi insegnamenti. Non siate mai portatori di incertezze, ma di certezze di fede. Trasmettete sempre le verità che proclama il magistero; non ideologie che passano. Per edificare la Chiesa, vivete la santità. Essa vi porterà, se è necessario, alla prova suprema dell’amore agli altri, perché “nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15, 13).

Un messaggio ai laiciIn questa linea voglio esprimere tutta la mia stima e incoraggiamento ai membri degli istituti secolari o delle società di vita apostolica che lavorano alacremente e danno testimonianza di Cristo, con la loro presenza specifica, in tutti i campi della vita della Chiesa. Anche voi, laici dei diversi movimenti ecclesiali, invito ad accogliere la voce di Cristo in questo incontro: “In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli” (Gv 15, 8). Meditate bene queste parole, amati diaconi permanenti. Cristo continua ad aspettare molti frutti dalla vostra attività, catechisti laici, che con una dedizione così degna di gratitudine esercitate una preziosa missione di apostolato secolare. Continuate con entusiasmo la vostra opera, formatevi sempre meglio secondo le indicazioni dei vostri pastori e vivete in maniera esemplare la parola che insegnate. Attorno ai misteri della vita, passione e morte del Redentore, della sua santissima Madre e dei santi, ruota la vita delle congregazioni e delle confraternite. Come dimenticare la congregazione dei “Cargadores del Señor de los Milagros” o queste altre diverse confraternite nelle quali tante altri ricordano il loro santi patroni? Cristo si aspetta come frutti di queste devozioni che siano per tutti una continua chiamata alla conversione, al compimento fedele dei comandamenti di Dio, a una vita familiare ogni giorno più cristiana, a ricevere con frequenza i sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia e alla partecipazione fedele e costante alla santa messa domenicale.

Una Chiesa oranteLa Chiesa di Cristo, per assicurare la sua fecondità, è sempre una Chiesa orante. Anche tra i laici. Oggi esiste una potente corrente di preghiera all’interno della Chiesa. In questo terreno è necessario un attento discernimento degli spiriti sotto l’autorità della Chiesa. Inoltre, essendo questa corrente di preghiera un movimento che riguarda tante confessioni cristiane, dovete avere molta cura della genuina identità della vostra fede. Infine, per lo stretto legame che ha con il Papa e per le profonde radici che ha nel vostro popolo, voglio incoraggiare i membri dell’Apostolato della preghiera, affinché uniscano le loro preghiere alle mie come Pastore della Chiesa universale, per produrre nuovi frutti ecclesiali. Sono molti i campi nei quali Cristo e la Chiesa aspettano una rinnovata fecondità, sia da ciascun laico che dai movimenti apostolici impegnati a far presenti i valori del Vangelo nel mondo. Segnalo alla vostra attenzione quelli della famiglia, dell'educazione, delle comunicazioni sociali, l'attività politica, la difesa della dignità dell'uomo e dei suoi diritti inalienabili, la protezione dei più deboli e bisognosi, la moralizzazione della vita pubblica, la promozione della giustizia e della pace (cf. Puebla, 790-792). In tutto ciò è sommamente importante che il popolo di Dio si senta sempre unito a Cristo e non perda la sua identità, né subordini i contenuti del Vangelo a categorie politiche o sociologiche. È responsabilità di tutti, principalmente dei pastori, vegliare affinché la Chiesa non perda il suo autentico volto.

BEATIFICAZIONE DI ANA DE LOS ANGELESOMELIA

Arequipa (Perù) - Sabato, 2 febbraio 1985

“Luce per illuminare le genti!” (Lc 2, 32)Oggi la Chiesa in tutta la terra celebra la Presentazione del Signore nel tempio di Gerusalemme, quaranta giorni dopo la sua nascita a Betlemme. Lì, nel tempio di Gerusalemme, furono pronunciate le parole profetiche che la Chiesa ripete ogni giorno nella sua liturgia e oggi proclama con speciale solennità. L’anziano Simeone prende il Bambino dalle braccia della Madre e, illuminato dallo Spirito Santo, pronuncia le parole profetiche: “Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo, Israele” (Lc 2, 29-32). Oggi ripetiamo queste parole qui a Arequipa, in terra peruviana. Insieme professiamo con esse la fede in Gesù Cristo, quella fede che ha illuminato il popolo di questa terra da quasi cinque secoli. In questo nome e in questa luce ci uniamo oggi e reciprocamente ci salutiamo. E ho la gioia di poter partecipare con voi, come Vescovo di Roma, a questa festa grande della Chiesa nella vostra terra.

Il Figlio è la luce del mondo perché ci dà la vita di DioGesù di Nazaret sul quale, quaranta giorni dopo la sua nascita, il vecchio Simeone pronunciò le parole profetiche, sta davanti a noi come luce. Ascoltiamo quello che ci dice nel Vangelo della liturgia di oggi: “Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Mt 11, 27). Cristo è la luce degli uomini perché li rivela a Dio. Soltanto lui conosce Dio: conosce il Padre ed è conosciuto da lui. Lui, unicamente lui, porta la

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luce della rivelazione divina ai cuori umani. Grazie a lui abbiamo conosciuto il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, il Dio unico nella Trinità che è “il principio e la fine” di tutto ciò che esiste. In lui sta la nostra salvezza eterna. Infatti questo Dio - come proclama Giovanni nella seconda lettura di oggi (1 Gv 4, 10) - è colui che “ci ha amati e ha mandato suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati”. Così è. “In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui” (1 Gv 4, 9). Il Figlio è la luce del mondo perché ci dà la vita di Dio. Questa vita divina è per noi un dono, cioè la grazia. E la grazia deriva dall’amore e infonde in noi l’amore. In questo modo noi uomini, nati da uomini, dai nostri genitori, a nostra volta siamo nati da Dio:

“Chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio” (1 Gv 4, 7).Cristo è la luce degli uomini, perché grazie a lui siamo stati generati da Dio, e dal momento che siamo stati generati da Dio in Cristo, anche noi “conosciamo Dio”: conosciamo il Padre, come anche il Figlio conosce il Padre. Invece, “chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore” (1 Gv 4, 7). Ecco lo splendido messaggio della festa di oggi. Il messaggio della luce e della vita, il messaggio della verità e dell’amore. Nel contenuto di questo messaggio riconosciamo anche questa figlia scelta della vostra terra che oggi posso proclamare beata della Chiesa: suor Ana de los Angeles Monteagudo. Il signor arcivescovo di Arequipa, chiedendo ufficialmente la beatificazione di suor Ana, ha tracciato in sintesi la sua biografia e ha indicato le linee della sua vita santa, i meriti e le grazie celesti che hanno portato alla sua elevazione agli altari, come esempio e per la venerazione di tutta la Chiesa, specialmente della Chiesa del Perù. In suor Ana ammiriamo soprattutto la cristiana esemplare, la monaca contemplativa domenicana del celebre monastero di Santa Catalina, monumento di arte e di pietà del quale gli arequiños sono a ragione orgogliosi. Ella ha realizzato nella sua vita il programma domenicano della luce, della verità, dell’amore e della vita, concentrato nella famosa frase: “Contemplare e trasmettere ciò che si è contemplato”. Suor Ana de los Angeles realizzò questo programma con un’intensa, austera e radicale attività nella vita monastica, secondo lo stile dell’ordine di San Domenico, nella contemplazione del mistero di Cristo, della verità e nella conoscenza di Dio. Ma la sua vita ebbe una singolare irradiazione apostolica. Fu maestra spirituale e fedele esecutrice delle norme della Chiesa che chiedevano con urgenza la riforma dei monasteri. Sapeva accogliere tutti quelli che le si rivolgevano, insegnando loro i sentieri del perdono e della vita di grazia. La sua presenza nascosta si fece notare oltre le mura del suo convento, con la fama della sua santità. Aiutò con il suo consiglio e la sua orazione i vescovi e i sacerdoti; accompagnava i viandanti, i pellegrini che giungevano a lei, con la sua preghiera.

La carità orante ed effettiva di suor AnaLa sua lunga vita si consumò quasi per intero dentro le mura del monastero di Santa Catalina; prima come educanda, più tardi come religiosa e superiora. Nei suoi ultimi anni si consumò in una dolorosa identificazione con il mistero di Cristo crocifisso. Suor Ana de los Angeles conferma con la sua vita la fecondità apostolica della vita contemplativa nel corpo mistico di Cristo che è la Chiesa. Vita contemplativa che affonda molto presto le sue radici anche qui, sin dagli inizi stessi dell’evangelizzazione, e continua a essere ricchezza misteriosa della Chiesa nel Perù e di tutta la Chiesa di Cristo. Certamente suor Ana ha percorso la sua vita seguendo questa massima di San Giovanni evangelista: “Se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri” (1 Gv 4, 11). Alla scuola del divino Maestro si è andato modellando il suo cuore fino ad apprendere la mansuetudine e l’umiltà di Cristo, secondo le parole del Vangelo: “Prendete sopra di voi il mio giogo e imparate da me che sono mite e umile di cuore. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero” (Mt 11, 29-30). Imitando la carità e il senso ecclesiale della sua patrona, Caterina da Siena, Ana ebbe un cuore mite e umilmente aperto alle necessità di tutti, specialmente dei più poveri. Tutti hanno trovato in lei un amore vero. I poveri e gli umili trovarono vera accoglienza; i ricchi comprensione che non tralasciava l’esigenza della conversione; i pastori trovarono preghiera e consiglio; gli infermi, sollievo; i tristi, consolazione; i viandanti, ospitalità; i perseguitati, perdono; i moribondi, la preghiera ardente. Nella carità orante ed effettiva di suor Ana furono presenti in modo speciale i defunti, le anime del Purgatorio che ella chiamava “sue amiche”. In questo modo, illuminando la pietà ancestrale per i defunti con la dottrina della Chiesa, seguendo l’esempio di San Nicola da Tolentino, del quale era devota, estese la sua carità ai defunti con la preghiera e il suffragio.

Mistero della grazia di DioPerciò, ricordando questi dettagli intimi della vita della nuova beata, la sua penitenza e la sua elemosina, la sua preghiera continua e ardente per tutti, abbiamo ricordato le parole del libro di Tobia: “Buona cosa è la preghiera con il digiuno e l’elemosina con giustizia! Meglio il poco con giustizia che la ricchezza con ingiustizia. Meglio è praticare l’elemosina che mettere da parte oro... Coloro che fanno l’elemosina godranno lunga vita” (Tb 12, 8-9). Come lei, che morì in età avanzata, piena di virtù e di meriti. Oggi la Chiesa di Arequipa e di tutto il Perù desidera adorare Dio in modo speciale per i benefici che lui ha concesso al popolo di Dio mediante il servizio di un’umile religiosa: suor Ana de los Angeles. Operando così la Chiesa fa quanto dice Tobia nell’invito proclamato nella liturgia di oggi: “Fate conoscere a tutti gli uomini le opere di Dio, come è giusto, e non trascurate di ringraziarlo. È bene tener nascosto il segreto del re, ma è cosa gloriosa rivelare e manifestare le opere di Dio” (Tb 12, 6-7). In questo modo quel mistero della grazia di Dio, nascosto nel seno della Chiesa della vostra terra, si fa manifesto e si rivela: è suor Ana de los Angeles, beata della Chiesa! La santità dell’uomo è opera di Dio. Non sarà mai sufficiente

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manifestargli gratitudine per quest’opera. Quando veneriamo le sue opere, le opere di Dio, veneriamo e adoriamo soprattutto lui stesso, Dio santissimo. E tra tutte le opere di Dio la più grande è la santità di una creatura, la santità dell’uomo.

I tre templi marianiMa ecco che nella festa di oggi, in presenza di tutta la Chiesa, c’è colei che è la più santa: la Madre di Cristo, Maria. La contempliamo, quaranta giorni dopo la nascita del suo Figlio, quando porta Gesù nel tempio di Gerusalemme accompagnata da Giuseppe. Il vecchio Simeone adora nel Bambino la luce di Dio: “Luce per illuminare le genti” (Lc 2, 32). E a Maria rivolge queste parole: “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione, perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima (Lc 2, 34-35). Tenendo presenti le parole di Simeone, desideriamo porre oggi sulla testa dell’immagine della Madre di Dio di Chapi la corona pontificia. Questo gesto che facciamo sulla terra risponde all’esaltazione che la Vergine ha ricevuto in cielo: l’esaltazione dei poveri e degli umili, proclamata per lei nel Magnificat (cf. Lc 1, 52). Con tale gesto il Papa vuole segnare il vincolo che già esiste e che si consoliderà ulteriormente, tra la città di Arequipa, la Chiesa del Perù e la Vergine santissima. Poiché questa “città bianca”, eminentemente mariana, che nacque sotto la protezione di nostra Signora il giorno dell’Assunzione del 1540, ha professato sempre grande devozione verso la Madre di Dio. Lo testimoniano i tre splendidi e famosi santuari mariani della città: quello di Cayma, quello di Characato, e specialmente quello di Chapi. L’incoronazione è anche un ricordo dell’amore che ebbe verso la Vergine santissima la beata Ana de los Angeles.

SANTA MESSA PER I GIOVANI NELL'IPPODROMO DI MONTERRICOOMELIA

Perù - Sabato, 2 febbraio 1985

Il discorso della montagnaIn questo incontro che tanto ho desiderato e al quale vi siete preparati con gioia con numerose iniziative, ci ha parlato Gesù. Abbiamo ascoltato uno dei passi del Vangelo che più ha commosso il mondo nel corso dei secoli: le otto beatitudini del discorso della montagna. Papa Paolo VI si riferì a questo passo con parole espressive, presentandolo come “uno dei testi più sorprendenti e positivamente rivoluzionari: chi avrebbe osato nel corso della storia proclamare “felici” i poveri di spirito, gli afflitti, i mansueti, gli affamati, gli assetati di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, gli edificatori di pace, i perseguitati, coloro che ricevono insulti? Quelle parole, seminate in una società basata sulla forza, sul potere, sulla ricchezza, sulla violenza, sull’oltraggio, potevano essere interpretate come un programma di viltà e di inettitudine indegne dell’uomo; invece erano il proclama di una nuova “civiltà dell’amore”” (Paolo VI, Homilia, 29 gennaio 1978: Insegnamenti di Paolo VI, XVI [1978] 82ss.).

Bisogna accettare senza alcuna riserva l’intero VangeloCari amici, il programma evangelico delle beatitudini è molto importante per la vita del cristiano e per il cammino di ogni uomo. Per i giovani e per le giovani è semplicemente un programma affascinante. Ben si può dire che colui che ha compreso e si propone di praticare le otto beatitudini proposte da Gesù ha compreso e può fare divenire realtà tutto il Vangelo. In effetti, per entrare in sintonia pienamente e in modo concreto con le beatitudini, è necessario cogliere in profondità e in tutti i suoi aspetti l’essenza del messaggio di Cristo, bisogna accettare senza alcuna riserva l’intero Vangelo. Certamente l’ideale che il Signore propone nelle beatitudini è elevato ed esigente. Proprio per questo, però, risulta un programma di vita fatto a misura dei giovani, dal momento che la caratteristica fondamentale della gioventù è la generosità, l’apertura a ciò che è sublime e arduo, l’impegno concreto e deciso in cose di cui valga la pena, umanamente e soprannaturalmente. La gioventù è sempre in atteggiamento di ricerca, in marcia verso le vette, verso gli ideali nobili, cercando di trovare risposte agli interrogativi che continuamente pone l’umana esistenza e la vita spirituale. E allora, c’è forse un ideale più alto di quello che ci propone Gesù Cristo?

Pellegrino dell’evangelizzazionePer questo io, pellegrino dell’evangelizzazione, sento il dovere di proclamare questa sera davanti a voi, giovani del Perù, che solo in Cristo si trova la risposta ai desideri più profondi del vostro cuore, alla pienezza di tutte le vostre aspirazioni; solo nel Vangelo delle beatitudini troverete il senso della vita e la luce piena sulla dignità e il mistero dell’uomo (cf. Gaudium et spes, 22). Gesù di Nazaret iniziò la sua missione messianica predicando la conversione nel nome del regno di Dio. Le beatitudini sono proprio il programma concreto di questa conversione. Con la venuta di Cristo, Figlio di Dio, il regno si fa presente in mezzo a noi: “È dentro di noi”, e nello stesso tempo questo regno costituisce l’escatologia, cioè la meta definitiva dell’esistenza umana. E allora, ognuna delle otto beatitudini segnala questa meta ultratemporale. Nello stesso tempo, però, ognuna delle beatitudini riguarda direttamente e pienamente

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l’uomo nella sua esistenza terrena e temporale. Tutte le situazioni che formano l’insieme del destino umano e del comportamento dell’uomo sono comprese in forma concreta, con il loro nome, fra le beatitudini. Queste caratterizzano e orientano in particolare il comportamento dei discepoli di Cristo, dei suoi testimoni. Per questo le otto beatitudini costituiscono il codice più conciso della morale evangelica, dello stile di vita del cristiano.

La sofferenza è in un certo modo il destino dell’uomoLe parole che Gesù pronunciò duemila anni fa nel discorso della montagna, sono sempre di vitale attualità. Illuminando la storia sono giunte sino a noi. La Chiesa le ha sempre ripetute e lo fa anche ora, rivolgendole soprattutto ai giovani di cuore generoso e aperto al bene. Ascoltate. Gesù proclama: beati coloro che piangono, e cioè gli afflitti, coloro che provano sofferenza fisica o travaglio morale; perché saranno consolati (Mt 5,5). La sofferenza è in certo modo il destino dell’uomo, che nasce soffrendo, trascorre la vita tra le afflizioni e giunge al suo fine, all’eternità, attraverso la morte, che è una grande purificazione per la quale tutti dobbiamo passare. Da qui l’importanza di scoprire il senso cristiano dell’umana sofferenza. È questo il tema della mia lettera apostolica Salvifici doloris che, quasi un anno fa, ho indirizzato a tutto il popolo di Dio. In essa ho cercato di scoprire che cos’è il mondo dell’umana sofferenza con i suoi mille aspetti e le sue terribili conseguenze; e in essa, alla luce del Vangelo, ho cercato di dare risposta alla domanda sul senso della sofferenza. Con lo sguardo fisso “su tutte le croci dell’uomo di oggi” (Giovanni Paolo II, Salvifici doloris, 31), ho affermato che “nella sofferenza si nasconde una particolare forza che avvicina interiormente l’uomo a Cristo” (Ivi, 26). Questa è la consolazione di coloro che piangono.

La Chiesa ha bisogno oggi di molti apostoli per evangelizzareI giovani, mettendo in gioco la loro generosità, non devono avere mai paura della sofferenza vista alla luce delle beatitudini. Devono stare sempre vicini a coloro che soffrono e devono saper scoprire nelle proprie afflizioni e in quelle dei fratelli il valore salvifico del dolore, la forza evangelizzatrice di ogni sofferenza. Beati i puri di cuore. Gesù assicura che coloro che praticano questa beatitudine vedranno Dio (cf. Mt 5, 8). Gli uomini di animo limpido e trasparente, già in questa vita, vedono in Dio, vedono alla luce del Vangelo tutti i problemi che esigono una particolare purezza: così l'amore e il matrimonio. Su questi temi la Chiesa ha parlato sempre e soprattutto nel nostro tempo con molta chiarezza e insistenza, proiettando la luce della sua dottrina in modo particolare sulla gioventù. L'importante è educare i giovani e le giovani all'"amore bello" al fine di allontanarli da tutti gli assalti che cercano di distruggere il tesoro della loro giovinezza: dalla droga, dalla violenza, dal peccato in genere, e orientarli verso il cammino che porta a Dio: nel matrimonio cristiano, cammino reale per la realizzazione umana e la santificazione della maggior parte degli uomini e delle donne; e anche, quando Cristo chiama, nella donazione radicale che esige la vocazione sacerdotale o religiosa. La Chiesa ha bisogno oggi di molti apostoli per evangelizzare il mondo del nuovo millennio che si avvicina e si aspetta di trovare questi evangelizzatori tra di voi, giovani uomini e donne del Perù.

Beati i misericordiosi (Mt 5, 7)La misericordia costituisce il centro stesso della rivelazione e dell’alleanza. La misericordia così come la insegnò e la praticò Gesù, “ricco di misericordia” è l’aspetto più autentico dell’amore, è la pienezza della giustizia. D’altra parte l’amore misericordioso non è una semplice compassione nei confronti di colui che soffre, ma un’effettiva ed affettiva solidarietà con tutti gli afflitti. Il giovane di animo nobile, generoso e buono deve distinguersi per la sua sensibilità nei confronti delle altrui sofferenze, nei confronti di ogni genere di disgrazia, nei confronti di qualunque male affligga l’uomo. La misericordia non è passività, ma azione decisa in favore del prossimo che nasce dalla fede. Quante schiere di giovani si vedono oggi dedite con immensa gioia al servizio dei fratelli in ogni luogo e nelle circostanze più difficili della vita! La gioventù è servizio. E la testimonianza di servizio e di fraternità che dà la gioventù di oggi è una delle cose del nostro mondo che più danno consolazione e che più sono stupende. Il Signore dà in premio ai misericordiosi la misericordia stessa, la gioia, la pace.

Beati i costruttori di paceEcco una categoria eccezionale di uomini che Gesù proclama beati. Questo compiacersi da parte di nostro Signore nei confronti di chi cerca la pace nell’ambito familiare, sociale, del lavoro e politico, a livello nazionale e internazionale, ha un’attualità sorprendente. Voi sentite giustamente - dovete sentirla sempre - l’aspirazione a una società più giusta e solidale; però non seguite coloro che affermano che le ingiustizie sociali possono sparire solo mediante l’odio di classe o il ricorso alla violenza o ad altri mezzi anticristiani. Solo la conversione del cuore può assicurare un mutamento di strutture per portare a un mondo nuovo, un mondo migliore. “Il confidare nei mezzi violenti, con la speranza di instaurare migliore giustizia, significa essere vittima di un’illusione mortale. La violenza genera violenza e degrada l’uomo. È un oltraggio alla dignità dell’uomo nella persona delle vittime e svilisce questa stessa dignità in coloro che la praticano” (Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Instructio de quibusdam aspectibus

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“Theologiae Liberationis”, XI, 7). “Solamente ricorrendo alle capacità etiche della persona e alla perpetua necessità di conversione interiore si otterranno i mutamenti sociali che saranno veramente al servizio dell’uomo” (Puebla, IV, 3, 3). Costruire la pace di oggi e la pace del domani, la pace dell’anno duemila: questo è il vostro compito, se volete essere chiamati “figli di Dio”. Non dimenticate mai che, come ho detto nel mio messaggio del primo dell’anno, “La pace e i giovani camminano insieme”.

Beati i mansueti (Mt 5, 4)Si esprime così il Maestro buono, che predicando il regno di Dio disse anche ai suoi discepoli: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore” (Mt 11, 29). È mite colui che vive in Dio. Non si tratta di codardia, ma dell’autentico valore spirituale di colui che sa porsi di fronte al mondo ostile non con ira, non con violenza, ma con benignità e amabilità; vincendo il male col bene, cercando ciò che unisce e non ciò che divide, il positivo e non il negativo, per “possedere così la terra” e costruire in essa la “civiltà dell’amore”. Ecco un compito entusiasmante per voi. Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia (Mt 5, 6). Con queste parole Gesù ci invita alla santità, alla giustizia e alla perfezione che nascono dall’ascolto della parola di Dio fatta stile di vita, condotta sociale, esistenza quotidiana. Questa è la giustizia che la Chiesa vuole promuovere efficacemente fra gli uomini mediante la sua dottrina sociale, che voi, giovani, dovete studiare con interesse e applicare con impegno. Il cristiano autentico deve farsi carico responsabilmente delle esigenze sociali che nascono dalla sua fede. La visione del mondo e della vita che ci dà il Vangelo e che ci spiega la dottrina sociale cattolica, spinge all’azione costruttiva molto più di qualunque ideologia, per quanto attraente essa possa, apparire. E allora, giovani, coraggio! La Chiesa vi guida lungo le rotte che conducono a “nuovi cieli e terra nuova nei quali abita la giustizia” (2 Pt 3, 13). Non trascurate di ascoltare la sua voce. Accettate pienamente i suoi insegnamenti.

Beati i poveri in spirito (Mt 5, 3)Questa è proprio la prima delle otto beatitudini che proclamò Gesù nel discorso della montagna. “I poveri in spirito sono coloro che sono più aperti a Dio e alle “meraviglie di Dio” (At 2,11). Poveri, perché sono sempre disposti ad accettare questo dono dall’alto, che proviene da Dio stesso. Poveri in spirito sono coloro che vivono coscienti di avere ricevuto tutto dalle mani di Dio come un dono gratuito e che sanno apprezzare ognuno dei beni ricevuti. Costantemente grati, ripetono senza fine: “Tutto è grazia”, “Rendiamo grazie al Signore nostro Dio”. I cuori aperti a Dio sono, per ciò stesso, più aperti agli uomini. Sono disposti ad aiutare disinteressatamente. Disposti a dividere ciò che hanno. Disposti ad accogliere nella loro casa una vedova o un orfano abbandonati. Sempre trovano un luogo disponibile fra le ristrettezze in cui vivono. E trovano anche sempre un po’ di cibo, un pezzo di pane sulla loro povera tavola. Poveri però generosi. Poveri, però magnanimi” (Giovanni Paolo II, Allocutio in loco vulgo “Favela Vidigal” in urbe “Rio de Janeiro” habita, 2, 2 luglio 1980: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III/2 [1980] 25). Così pure i poveri in spirito sono coloro che, mancando di beni terreni, sanno vivere con dignità umana i valori di una povertà spirituale ricca di Dio; e coloro che, possedendo beni materiali, vivono il distacco interiore e la comunione dei beni con coloro che soffrono privazioni. Dei poveri in spirito è il regno dei cieli. Ecco la ricompensa che Gesù promette loro. Non si può promettere di più. Questa beatitudine che, in un certo senso, comprende tutte le altre, dobbiamo applicarla ai poveri veri, tenendo conto di tutti i generi e le forme di povertà che esistono nel nostro mondo e guardando anche a tanti uomini ricchi che sono tremendamente poveri (cf. Giovanni Paolo II, Nuntius radiophonicus in Nativitate Domini missus, 25 dicembre 1984: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII/2 [1984] 1664ss.).

Io vi invito a una solidarietà con questi poveriGuardando così a tutti coloro che soffrono per necessità materiali o spirituali, la Chiesa ha formulato la sua opzione preferenziale, non esclusiva, né escludente, per i poveri. In questa opzione che l’episcopato latinoamericano fece già a Medellín e a Puebla e che io ho proclamato nuovamente nel mio ultimo messaggio di Natale, voi, giovani del Perù, dovete essere, e so che lo siete, molto uniti alla Chiesa e ai suoi pastori. Insieme alla prima, voglio ora citare l’ultima beatitudine, che si riferisce a coloro che soffrono persecuzioni a causa della giustizia, coloro che sono perseguitati per la loro testimonianza di fede: sono gli autentici poveri in spirito e per questo Gesù dice anche che di essi è il regno dei cieli (cf. Mt 5, 10). Io vi invito a una solidarietà con questi poveri, che sono tanti nel nostro mondo di oggi: vittime di queste povertà che colpiscono i valori spirituali e sociali della persona. I giovani, che tanto apprezzano il dono della libertà, possono comprendere molto bene che cosa significhi soffrire per mancanza di libertà, soprattutto per mancanza di libertà religiosa. Non dimentichiamo mai questi nostri fratelli dei quali Cristo si compiace nella sua ottava beatitudine. Sono i prediletti di Gesù e per questo devono essere anche i prediletti degli amici di Gesù, i prediletti della Chiesa.

Giovani, voi siete in grado di entusiasmarvi per il programma di vita indicato nelle beatitudiniCari giovani: se volete essere veramente felici, cercate l’identificazione con Cristo. “Egli è il vero protagonista delle otto beatitudini: non è solo colui che le ha insegnate o enunciate, ma è soprattutto colui che le ha realizzate nel modo più perfetto durante tutta la sua vita” (Giovanni Paolo II, Homilia in paroecia “S. Marci Evangelistae” habita, 3, 29 gennaio 1984: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII/1 [1984] 193). È vero che le beatitudini non sono comandamenti. Però certamente esse sono comprese nel

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comandamento dell’amore, che è il “primo” e il “più grande”. Le beatitudini sono come il ritratto di Cristo, un riassunto della sua vita e “per questo si presentano anche come un “programma di vita” per i suoi discepoli, confessori, seguaci. Tutta la vita terrena del cristiano, fedele a Cristo, può racchiudersi in questo programma, nella prospettiva del regno di Dio” (cf. Ivi). Giovani, voi siete in grado di entusiasmarvi per questo programma. Però per poterlo realizzare avete bisogno di ricorrere alla preghiera, ricorrere con umiltà, fiducia e sincerità al sacramento della riconciliazione e partecipare con fervore all’Eucarestia. Avete anche bisogno di guardare alla santissima Vergine, che la tradizione della Chiesa ha chiamato sempre beata. Che Maria sia la vostra Madre Cercate di scoprire, attraverso la meditazione frequente, la fedeltà con cui ella visse lo spirito delle beatitudini. Che santa Maria vi guidi sempre lungo il cammino della verità, del bene, dell’amore e della generosità.

È l’ora degli audaci, di coloro che hanno speranzaNon è questo il momento per indecisioni, assenze o mancanze di impegno. È l’ora degli audaci, di coloro che hanno speranza, di coloro che aspirano a vivere con pienezza il Vangelo e di coloro che vogliono realizzarlo nel mondo attuale e nella storia che si avvicina. Sull’esempio della giovane santa Rosa da Lima, impegnate le vostre energie nel costruire un Perù dove risplenda la santità, dove prendano forma le beatitudini del regno. Edificate un Perù più fraterno e riconciliato. Edificate un Perù molto più giusto. Edificate un Perù senza violenza, che è sempre anticristiana. Edificate un Perù dove regnino l’onestà, la verità, la pace. Edificate un Perù più umano, dove il mistero di ogni uomo si viva alla luce del mistero di Dio. Particolarmente in questo Anno della gioventù, edificate un Perù dove risuonino, fatte coraggio e speranza, le parole dell’apostolo: “Saluto voi, giovani che siete forti e dimora in voi la parola di Dio, e avete vinto il maligno” (1 Gv 2, 14). La vostra vittoria non sarà quella delle armi, ma quella dello spirito delle beatitudini, fatte vita propria e proclamate al mondo. Perché sia così, vi offro il mio incoraggiamento, la mia preghiera, la mia benedizione.

Consacrazione della gioventù peruviana alla Santissima Vergine MariaMadre di Gesù e Madre nostra, oggi i giovani peruviani riuniti intorno al Vicario di Cristo, per proclamare la loro fede, il loro incondizionato affidamento a Gesù Cristo, la loro disponibilità a costruire un mondo più giusto, più fraterno e più cristiano, vogliono consacrarsi a te. Coscienti della nostra debolezza, ci accostiamo con la fiducia del figlio che cerca la protezione di sua madre. Mettiamo nelle tue mani i nostri aneliti, le nostre inquietudini, le nostre speranze. Vogliamo costruire un mondo migliore, dove regnino l’amore, la giustizia e la pace. Ti offriamo tutte le nostre giovani forze con il proposito di seguire l’insegnamento di Cristo, con l’intenzione non di essere serviti ma di servire, di servire i nostri fratelli, e maggiormente servirli quando sono più bisognosi. Servire la Chiesa, sacramento universale di salvezza, servire il Perù, nostra patria, perché tuo Figlio, Gesù, sia amato e accolto presso i giovani. Ti offriamo gli anni della nostra giovinezza perché, benedetti dal tuo amore materno, siamo capaci di adempiere il nostro dovere al di là del nostro tornaconto. Intercedi a nostro favore affinché in questo periodo della nostra esistenza penetriamo e assimiliamo il messaggio che Cristo portò al mondo, senza ridurlo né travisarlo, ma accettandolo in tutta la sua pienezza e rigore. Concedi la nobiltà di riconoscere i nostri errori e debolezze e la forza di convertirci costantemente a Cristo salvatore. Concedi la grazia che la nostra vita non sia vuota, ma che riusciamo ad essere, nelle condizioni di vita che Dio vuole per ciascuno di noi, una testimonianza viva, un incentivo perché gli uomini cerchino e incontrino l’azione trasformatrice di Dio. Maria, Madre della Chiesa e Madre nostra, accogli la nostra offerta e accompagnaci nel nostro camminare per il mondo. Amen.

INCONTRO CON L'EPISCOPATO DEL PERÙSabato, 2 febbraio 1985

Questo incontro ha luogo in una data di grande significato ecclesialeNella sede della vostra Conferenza episcopale, dove in spirito di profonda fraternità vi riunite per organizzare, coordinare, e promuovere la vita della Chiesa in Perù, è per me motivo di profonda gioia incontrarmi con voi, miei fratelli vescovi di queste Chiese locali che sto visitando. Questi momenti prolungano e completano le esperienze e le riflessioni fatte durante la vostra visita “ad limina”. Ho al tempo stesso la lieta impressione che, in qualche modo, il fratello nella Sede di Pietro restituisca, con grande affetto, la visita ai fratelli che precedentemente erano andati a incontrarlo, in rappresentanza di quelle Chiese, che oggi mi accolgono nella fede. Questo incontro ha luogo in una data di grande significato ecclesiale. In questa data, sotto lo sguardo materno della Vergine di Chapi, ho avuto la gioia di beatificare suor Ana de los Angeles Monteagudo. In lei si condensa un passato di esemplare consacrazione sponsale a Cristo, il Signore, e allo stesso tempo, ci indica un futuro: quello che abbiamo potuto intravedere soprattutto nelle migliaia di giovani riuniti con noi. La Chiesa latinoamericana ha operato una “opzione per i giovani”. Essi attendono sempre che noi indichiamo loro in maniera inequivocabile il cammino dei santi, della piena realizzazione come cristiani, e non possiamo deluderli.

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San Toribio de MongrovejoÈ un meraviglioso privilegio appartenere a una Chiesa nella quale è fiorita la santità, ma è anche una responsabilità. I giovani, tanto sensibili ed esigenti, ci obbligano ad innalzare lo sguardo, a metterci continuamente in cammino, a non venire meno nell’arduo sforzo di manifestare e di seguire coerentemente Gesù. Essi costituiscono un’istanza critica che ci spinge a fare ancora qualcosa di più. Ci fanno scoprire che la santità, che inizia con un rinnovamento interiore, ha indubbie dimensioni sociali. La vostra storia ecclesiale è ricca di illustri modelli di vita cristiana, capaci di illuminare con la novità del Vangelo il presente e di guidare verso un futuro migliore. In tale prospettiva, e come conferma o completamento di quanto abbiamo trattato a Roma, desidero condividere con voi alcune riflessioni suggeritemi dalla figura profetica, centrale nelle vostre Chiese, di San Toribio de Mongrovejo, che ho recentemente proclamato patrono dei vescovi dell'America Latina. Inoltre, nella sua festa liturgica, il 23 marzo, ho approvato il documento finale della III Conferenza generale dell'episcopato latinoamericano, che si è tenuta a Puebla de los Angeles, e avente come tema:

L’evangelizzazione nel presente e nel futuro dell’America Latina Vi è, inoltre, un’altra congiuntura storica di fondo che ci induce a guardare alla figura di San Toribio: il suo grande compito consistette nel realizzare, illuminato dal Concilio di Trento, la prima evangelizzazione del Nuovo mondo. Oggi tocca a voi realizzare, alla luce del Concilio Vaticano II, una nuova evangelizzazione dei vostri fedeli che – come dissi nell’allocuzione al CELAM a Puerto Principe – dev’essere “nuova nel suo ardore, nei suoi metodi, nella sua espressione” (Giovanni Paolo II, Allocutio ad CELAM habita, III, 9 marzo 1983: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VI/1 [1983] 698). Desideriamo soffermarci solo su alcune delle grandi lezioni che vengono dall’esempio di San Toribio.

Evangelizzazione per la santitàLa prima evangelizzazione germinò facendo della fede il substrato dell’anima latinoamericana in generale e peruviana in particolare (cf. Puebla, 412). Ciò fu, in buona parte, frutto dell’ammirevole sforzo apostolico di San Toribio de Mongrovejo e del suo lavoro nel III Concilio Limense, aiutato da altri insigni missionari. Quell’evangelizzazione dette come risultato modelli esemplari di santi. Lo testimoniano la mistica figura di santa Rosa da Lima, l’amore per i poveri di San Martin de Porres e di San Juan Macias, la solidarietà e l’ardore missionario di San Francisco Solano. Una nuova evangelizzazione ai nostri giorni dovrà infondere nei figli del Perù queste aspirazioni alla santità. Così sarà possibile superare le tentazioni del materialismo: animare dall’interno e incoraggiare questo compito dev’essere la vostra grande missione. Questa nuova evangelizzazione dovrà riscoprire e potenziare quei valori cristiani che sono impressi nella fede del popolo, perché possano essere la risposta alle situazioni e alle esigenze nuove del nostro tempo, perché facciano del Vangelo la forza motrice dell’aiuto al fratello che ha più bisogno, visto nella sua dignità di uomo che è chiamato all’incontro con Dio.

Evangelizzazione per l’unità nella fedeltàIl santo arcivescovo di Lima fu un esemplare costruttore di unità ecclesiale. Nel suo lavoro di evangelizzazione seppe associare presbiteri, religiosi e laici in un’ammirevole ricerca di comunione. Il III Concilio Limense è il risultato di questa tensione, presieduto, incoraggiato e diretto da San Toribio, che diede come frutti un prezioso tesoro di unità nella fede, norme pastorali e organizzative e al tempo stesso valide ispirazioni per l’auspicata integrazione latinoamericana. Egli stesso fu un insigne maestro di verità, che amava sempre quanti erravano, ma senza mai omettere di combattere l’errore. Con grande senso di responsabilità pastorale seppe dare frequenti esempi di tale squisita carità di padre e di chiarezza di maestro. Fermamente convinto del fatto che rimanere inattivo di fronte alle deviazione della fede dei fedeli non è mai vera carità, seppe vegliare sulla fedeltà alla dottrina della Chiesa, fondamento sicuro della comunione ecclesiale. Lo fece in un momento storico importante per la riflessione teologica e il lavoro intellettuale al servizio dell’annuncio della Buona novella. Di fronte a un mondo frammentato e spesso contrapposto, è necessario che la Chiesa dia testimonianza di fedeltà a se stessa e al suo fondatore, che aiuti a colmare distanze e divisioni, che sappia unire i cuori, saldando le fratture che si annidano nel cuore della società e dell’uomo stesso, a cominciare dalla frattura tra fede e vita.

Evangelizzazione per la dignità della personaIn San Toribio scopriamo il coraggioso difensore e promotore della dignità della persona. Di fronte a tentativi di limitare l’azione della Chiesa, nell’annuncio del suo messaggio di salvezza, seppe difendere con audacia la libertà ecclesiastica. Egli fu un autentico precursore della liberazione cristiana nel vostro Paese. Partendo dalla sua piena fedeltà al Vangelo, denunciò gli abusi dei sistemi ingiusti adottati verso gli indigeni, non per mire politiche o per motivazioni ideologiche, bensì perché scopriva in essi seri ostacoli all’evangelizzazione, per fedeltà a Cristo e per amore ai più piccoli e indifesi. Divenne in questo modo il sollecito e generoso servitore dell’indigeno, del negro, dell’emarginato. Seppe essere al tempo stesso rispettoso promotore dei valori culturali degli aborigeni, predicando nelle lingue native e facendo

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pubblicare il primo libro in Sud America: il catechismo unico nelle lingue spagnola, quechua e aymara. È questo un prezioso esempio al quale dovete guardare assiduamente, carissimi fratelli, soprattutto in un momento in cui la nuova evangelizzazione deve prestare grande attenzione alla dignità della persona, ai suoi diritti e alle sue giuste aspirazioni. In questo senso avete inteso muovervi con la pubblicazione della vostra Lettera collettiva: Applicazione e diffusione dell’enciclica Laborem exercens nella nostra realtà pastorale. Come vescovi, presentate la realtà del vostro popolo, con le sue luci e le sue ombre, non con il proposito di causare scoraggiamento, bensì per stimolare tutti coloro che possono migliorarla.

“La nostra condotta sociale è parte integrante del nostro seguire Cristo”Interpellati dalla dura realtà del Perù di oggi, riaffermate la vostra responsabilità di essere presenti nel mondo del lavoro mediante il compito dell’evangelizzazione, secondo le funzioni specifiche che il Signore ha affidato ai diversi membri del popolo di Dio, con una chiara identità evangelica, evitando di cadere in particolarismi di qualsiasi segno, e superando gli ostacoli che impediscono la vostra missione. Siete coscienti - come evidenziate in vari documenti della vostra Conferenza - del fatto che l’insegnamento sociale della Chiesa, elaborato in un lungo periodo di esperienza ecclesiale, illumina i problemi del mondo con la luce della ragione naturale, della fede e della morale della Chiesa. Di qui nasce l’impulso evangelico per la salvezza dell’essere umano nella sua integrale dignità. Perché non si può dimenticare quante conseguenze per la vita sociale nascono dal Vangelo, come ben ricorda il Documento di Puebla: “La nostra condotta sociale è parte integrante del nostro seguire Cristo” (Puebla, 476). A tale riguardo, mi compiaccio del fatto che nel vostro lodevole impegno di chiarificazione, per raggiungere il giusto equilibrio tra immanenza e trascendenza nel lavoro delle vostre Chiese particolari, abbiate pubblicato il recente documento sulla Teologia della liberazione. Sono certo che con il vostro zelo, il vostro senso ecclesiale e con la vostra perseveranza, gli orientamenti pastorali che avete tracciato daranno i frutti desiderati nel necessario e giusto impegno a favore dei più poveri.

Evangelizzazione in costante sintonia con la Sede apostolicaÈ visibile, in San Toribio, un elemento di fondo, che oggi è fondamentale nella pietà popolare peruviana e latinoamericana, e che egli contribuì a costituire con la sua vita e con la sua opera: la vicinanza spirituale e il caloroso affetto per il Successore di Pietro, che il Signore volle porre come capo della Chiesa (cf. Codex Iuris Canonici, can. 331). In intima comunione con lui, voi siete chiamati a realizzare il rinnovamento ecclesiale tracciato dal Concilio Vaticano II, coscienti di essere guide del popolo di Dio, e servitori della verità dell’unico Vangelo di Gesù. A voi è stata affidata la missione di pascere il popolo di Dio, pellegrino nel Perù; a voi spetta, in comunione con la Sede apostolica, come state facendo, tracciare le vie dell’evangelizzazione, fedeli agli impulsi con i quali lo Spirito Santo benedice la sua Chiesa. Di qui il vostro impegno e il vostro dovere di evitare magisteri paralleli, ecclesialmente inaccettabili e pastoralmente sterili, vegliando con enorme carità per il bene e la fedeltà della Chiesa.

Il V Centenario dell’EvangelizzazioneCarissimi fratelli nell’episcopato: ricordo con grande gioia gli incontri con voi durante la vostra visita “ad limina” che mi hanno consentito di constatare il grande amore per la Chiesa che vi anima. Sull’esempio di questo vostro grande predecessore e patrono, San Toribio de Mongrovejo, siate i saggi e santi pastori di cui il Perù ha bisogno, gli autentici animatori della vita spirituale, i promotori instancabili della dignità delle persone e della riconciliazione. Alla vigilia del V Centenario dell’evangelizzazione dell’America Latina, la Chiesa che guidate sia segno e strumento di speranza conciliando con sapienza e coraggio le legittime aspirazioni di promozione umana con gli essenziali valori dello spirito. Il santo arcivescovo vi aiuti con il suo esempio ad approfondire le esigenze delta vostra missione, per il presente e per il futuro dell’evangelizzazione in Perù. E la Madre santissima, la Vergine fedele, vi accompagni nella vostra dedizione generosa e piena di sacrificio a questa giovane Chiesa, che cammina verso il Padre, con l’azione dello Spirito Santo. Ve lo auguro con fraterno affetto.

LITURGIA DELLA PAROLA A CUZCO IN PERÙOMELIA

Domenica, 3 febbraio 1985

Rut, la stranieraIl passo biblico letto prima ci presenta Rut, la straniera, che va a mietere perché non aveva da mangiare; i contadini del luogo le lasciano raccogliere le spighe affinché si nutra lei e i suoi. Il padrone del campo le offre anche parte del proprio pasto: “Fermati con i miei servi”, “Avvicinati, puoi mangiare” (Rt 2, 8. 14). È un bell’insegnamento che la Sacra Scrittura dà agli uomini di tutti i tempi e di tutte le nazioni. Una lezione di solidarietà degli uni verso gli altri. Sentirsi fratello di quanti soffrono, aiutarsi reciprocamente, come quei contadini di Betlemme che diedero del loro ad una povera vedova che veniva in cerca di cibo. Ho sentito parlare tanto del vostro senso di ospitalità, della vostra prontezza nel soccorrere gli orfani, della

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vostra generosità nel condividere - nonostante la vostra povertà - con chi è ancora più povero, della vostra pietà verso tutti i bisognosi. Desidero incoraggiare queste invidiabili virtù umane e cristiane che già possedete e delle quali potete sentirvi orgogliosi. Sapete che qualsiasi progresso in questo impegno di cooperazione, meglio organizzato e ampliato a tutto il vostro lavoro agricolo, vi servirà come grande avanzamento nella vostra condizione sociale; potrete così cercare di migliorare le vostre difficili situazioni di insicurezza, di penuria, di scarsa alimentazione, di mancanza di mezzi per curare la vostra salute e quella dei vostri figli, per difendere il vostro diritto alla necessaria e urgente promozione umana. Cercandola con tutte le vostre forze, non dovete permettere che si degradi la vostra dignità morale e religiosa cedendo a sentimenti di odio e di violenza, ma dovete amare sempre la pace.

È necessario essere solidali gli uni con gli altriLa solidarietà che il libro di Rut ci presenta è la forte invocazione che il Papa vuole fare agli uomini delle città e ai coltivatori della terra, affinché siano esempio di giusta collaborazione tra la campagna e la città, in tutto il Perù e nel mondo. Non si può costruire la patria solo con la città né solo con la campagna. È necessario essere solidali gli uni con gli altri, stimarsi e aiutarsi, senza che nessuno sfrutti nessun altro, perché tutti siamo fratelli, figli dello stesso Padre, Dio, anche se occupiamo posti diversi nella società. Questa gigantesca fortezza di Sacsayhuamán davanti alla quale noi ci troviamo, è simbolo di mutua collaborazione. Essa non poté essere edificata senza l’impegno congiunto dei vostri predecessori, senza la stretta unione di tante pietre. Non si potrà costruire nemmeno una grande patria senza fraternità e aiuto reciproco, senza giustizia tra chi popola i campi e l’abitante della città, senza equilibrio tra la crescita tecnica e industriale senza diligente attenzione per i problemi agricoli. È un terreno che richiama la necessaria attenzione delle autorità pubbliche, con provvedimenti adeguati e urgenti che includano, ove sia necessario, le giuste riforme sulla proprietà e il suo sfruttamento. È un problema di giustizia e di umanità.

Egoismo e corruzioneQuesta solidarietà esclude tutte le forme di egoismo, che seminano zizzania nella convivenza. È all’estremo opposto delle ideologie che dividono gli uomini in gruppi nemici e inconciliabili e che propugnano una lotta fanatica che porta allo sterminio dell’avversario. Anche nella vostra amata patria soffrite di questa piaga, sotto forma di violenza inumana, come soffrite di altre piaghe, meno spettacolari, ma non meno dannose. Una di queste è l’esasperata differenza di classi sociali, il benessere e lo sperpero di alcuni, accanto alla povertà di molti contadini e abitanti dei quartieri nuovi delle vostre città, che mancano del minimo indispensabile per vivere una vita dignitosa. È una situazione, questa, che lascia il campo aperto a sconsiderate iniziative ispirate dal risentimento e dalla violenza. Lo stesso accade con tutte quelle attività nelle quali gli interessi particolari e ingiusti sono più forti del bene della comunità. Questo è il caso della corruzione ai diversi livelli dell’amministrazione pubblica o privata; della frode per eludere il giusto contributo alle necessità della collettività; dell’utilizzazione indebita dei fondi pubblici per l’arricchimento personale.

La coltivazione della cocaL’egoismo è anche la causa del traffico corrotto che si è creato intorno alla coltivazione della coca, un prodotto che gli indigeni usavano a volte in modo naturale come stimolante dell’attività umana, e che, convertito in droga, si è trasformato in funesto veleno che alcuni sfruttano senza il minimo scrupolo, preoccupandosi ben poco della gravissima responsabilità morale derivante dal fatto che i benefici economici di alcuni vadano a discapito della salute fisica e mentale di molti - soprattutto adolescenti e giovani - che in molti casi resteranno emarginati da una vita degna. In presenza di tutte queste radici di egoismo che si annidano nel cuore umano, la Chiesa si sforza di proclamare l’urgente necessità di rinnovare moralmente gli spiriti, di cambiare gli uomini nella loro interiorità, di farli tornare alle radici più profonde della loro umanità. Continua a lottare anche per la causa della giustizia mediante la sua dottrina sociale e l’azione per la promozione di tanti uomini e donne. E vuole soprattutto essere presente e solidale con i più poveri. Come alle sue origini sorse da gente umile e bisognosa - dai poveri di Jahvè - la Chiesa vuole anche oggi lavorare con amore preferenziale per questa porzione prediletta del Signore.

È necessario e imprescindibile abbracciare la causa dei poveriPerché se non facesse così, non sarebbe fedele al suo fondatore, Gesù Cristo. Ma vuole farlo non per ispirazione politica, ma per ispirazione evangelica; non con metodi di lotta di classe, non mirando ad apparenti liberazioni parziali che non considerano, o considerano in maniera insufficiente, la dimensione spirituale dell’uomo, o lo conducono a nuove e non minori schiavitù togliendogli la sua libertà (cf. Giovanni Paolo II, Allocutio ad Patres Cardinales et Romanae Curiae Sodales, 10, 21 dicembre 1984: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII/2 [1984] 1621ss.). È necessario e imprescindibile abbracciare la causa dei poveri e della loro promozione. È la causa di tutti: la vostra, membri della Chiesa, della gerarchia, sacerdoti e religiose. Una causa per la quale raccomando tanta attenzione alle opportune

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direttive indicatevi qualche mese fa dai vostri vescovi (cf. Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Instructio de quibusdam aspectibus “Theologiae Liberationis”).

La religiosità popolareIl libro di Rut, che con il suo insegnamento ispira il nostro incontro, ci mostra la dimensione religiosa di quei lavoratori dei campi. Al saluto spontaneo di Booz: “Il Signore sia con voi”, rispondono: “Il Signore ti benedica” (Rt 2, 4). Amatissimi figli contadini, la fede e la religiosità cristiana che professate vi hanno fatto sentire profondamente Gesù Cristo nell’intimo del vostro essere e si sono plasmate attraverso i secoli nelle manifestazioni di devozione che celebrate durante l’anno. Sono le vostre processioni - con le quali esteriorizzate in modo comunitario e pubblico il vostro sentimento cristiano –, sono i vostri pellegrinaggi ai grandi santuari del Signore di Huanca, del Signore di Koylloriti, della Vergine di Cocharcas, è la vostra devozione profonda e sentita verso il Signore dei Temblores, è la vostra pietà eucaristica espressa nelle feste del Corpus Domini, è il vostro sentimento filiale verso Maria, la Vergine santissima Madre di Dio e nostra, alla quale avete dedicato innumerevoli santuari. Questa religiosità popolare che ha segnato la vostra anima, ha anche segnato quella dell’America Latina determinando la sua identità storica. Purificate e aumentate sempre più la vostra conoscenza e l’amore per Cristo, seguendo gli insegnamenti dei vostri vescovi e sacerdoti. E che questa fede vi aiuti a raggiungere una maggiore consapevolezza di un “umanesimo cristiano”, ad affermare radicalmente la dignità di tutta la persona umana, considerando ogni uomo figlio di Dio, e a stabilire una fraternità fondamentale. Così questa religiosità popolare incarnata nella vostra cultura, per questo essenziale contenuto fraterno, può e deve essere la più formidabile spinta liberatrice dalle strutture ingiuste che opprimono i vostri popoli.

I pionieri dell’evangelizzazioneI primi evangelizzatori seminarono generosamente la fede cristiana nel cuore dei vostri popoli andini. Fede che deve svilupparsi ogni giorno, per dare frutti più maturi, miei cari contadini. Anche l’anima, come la buona terra, necessita di cura continua per dare frutti. Deve accogliere in sé il seme della parola di Dio, insegnata dalla Chiesa; bisogna irrigarla frequentemente con i sacramenti che ci infondono la grazia; bisogna nutrirla con lo sforzo diretto a praticare le virtù cristiane; bisogna togliere le erbe cattive delle passioni deviate; bisogna destinare i suoi frutti al buon esempio e alla propagazione della fede. Non c’è coltivazione più importante di questa né che offra frutto più sicuro, un frutto che va verso la vita eterna. Per vivere come fratelli dobbiamo comportarci prima come figli di Dio, mediante il compimento fedele dei doveri religiosi. Celebrare il culto di Dio partecipando alla santa messa la domenica e nei giorni di festa, sarà una sincera manifestazione del senso religioso della nostra vita. Ricevere il Signore realmente presente nell’Eucaristia e avere il perdono divino nel sacramento della Penitenza: se faremo questo frequentemente manterremo una retta condotta cristiana. Ascoltare la parola di Dio e ricevere i sacramenti istituiti da Cristo: sono questi mezzi indispensabili per tutti, uomini e donne, giovani e anziani.

La Chiesa è pronta ad accogliere le culture di tutti i popoliPassando per la storica capitale degli incas, per arrivare a questa impressionante fortezza, ho potuto ammirare fugacemente alcune delle grandezze della vostra storia. In questa stessa pianura i vostri antenati adorarono il sole, come fonte di vita. Oggi siete venuti qui per ascoltare le parole del Papa, rappresentante di colui che è il vero “sole di giustizia e amore, Cristo nostro salvatore”, il quale non solo dà la vita in questo mondo, ma la vita che dura oltre la morte, la vita che non termina mai, la vita eterna. In questo luogo vi manifesto sinceramente il mio profondo rispetto per la vostra plurisecolare cultura ancestrale, per la vostra pietà e religiosità che, una volta ricevuta la luce di Cristo, si trasformò nell’arte e nella bellezza delle basiliche e dei templi delle vostre città e di tutte le regioni andine. La Chiesa è pronta ad accogliere le culture di tutti i popoli. In esse si trovano sempre le orme e i semi del Verbo di Dio. Così i vostri antenati, pagando il tributo alla terra (Mama Pacha), non facevano altro che riconoscere la bontà di Dio e la sua presenza benefattrice che concedeva loro gli alimenti per mezzo del terreno che essi coltivavano. O quando riassumevano i concetti morali nel triplice precetto “ama sua, ama quella y ama llulla” (non essere ladro, non essere pigro, non mentire) - dove si esige il rispetto del prossimo nella sua dignità e nelle sue proprietà (ama sua); l’obbligo di perseguire la perfezione di se stessi e il proprio contributo al bene della comunità (ama quella); e la conformità delle proprie azioni e delle proprie parole al proprio cuore (ama llulla) - non facevano altro che applicare la legge naturale alla loro indole. Conservate, inoltre, i vostri genuini valori umani, che sono anche cristiani. E senza dimenticare le vostre radici storiche, fortificatele alla luce di Cristo seguendo gli insegnamenti dei vostri vescovi e sacerdoti. Voi, operatori della pastorale, rispettando la cultura delle vostre genti e promuovendo tutto ciò che hanno di buono, cercate di completarla alla luce del Vangelo. Col messaggio cristiano non dovete distruggere la loro cultura, ma cercare di perfezionarla, come Gesù Cristo perfezionò l’antica legge nel discorso della montagna, nei ben conosciuti paragrafi nei quali dice: “vi è già stato detto, ma io vi dico . . .”. Bisogna presentare, poi, ai fedeli tutta la novità cristiana in campo dottrinale e morale. Che questa rispettosa evangelizzazione elevi sempre di più la vita umana, cristiana, familiare e sociale dei vostri fedeli, del mondo contadino del Perù.

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APPELLO AGLI UOMINI DELLA LOTTA ARMATAAyacucho (Perù) - Domenica, 3 febbraio 1985

La difficile sfida che a voi si pone è di combattere la violenza Non ho voluto che mancasse una visita del Papa ad Ayacucho durante il mio viaggio apostolico in Perù. In essa desidero avvicinarmi al dolore degli abitanti di questa zona, rivolgervi una parola di incoraggiamento e contribuire alla desiderata riconciliazione degli animi. In queste terre, come purtroppo anche in altre di

questo amato Paese, si ode il grido d’angoscia delle popolazioni che implorano la pace. So che molta sofferenza è causata dalla spirale di violenza che ha il suo focolaio in mezzo a voi. Condivido dal più

profondo del cuore la sofferenza che questa lacerazione vi procura. Voglia il cielo che il dolore che ferisce le vostre famiglie abbia presto fine, e che nel frattempo sappiate affrontarlo con spirito evangelico. Il che non significa scoraggiamento, ma fortezza per reagire con dignità, ricorrendo ai mezzi legittimi di tutela

della società, e non alla violenza che genera una maggiore violenza. La difficile sfida che a voi si pone è di combattere la violenza con le armi della pace e di convincere quelli che sono caduti nella tentazione

dell’odio che solo l’amore è efficace. Se veramente vogliamo costruire un mondo nuovo, non esiste altra via all’infuori di quella che ci mostra Gesù, “principe della pace” (Is 9, 6).

Andare alle radiciTuttavia, occorre andare alla radice di certe situazioni dolorose, che a volte provocano dolore su dolore in tante vittime innocenti, aggravando la tragedia. “Non è fortuito - hanno detto i vostri vescovi nel loro documento del settembre scorso - il fatto che le manifestazioni di violenza appaiano proprio nelle zone più depresse ed emarginate della comunità nazionale, circostanza questa che è stata sfruttata per anni al fine di inculcare nella mente dei bambini e dei giovani il nefasto seme ideologico dell’odio, della violenza e della lotta armata come unica via per cambiare la società”. Non si può né si deve ignorare la realtà della sofferenza di uomini e donne a causa dell’ingiustizia. Questa dolorosa realtà deve spingere efficacemente all’azione. In tutti gli uomini dev’essere riconosciuta la dignità di immagine di Dio. A tutti si deve garantire il diritto di partecipare ai beni spirituali, culturali e materiali di ogni popolo e dell’umanità, in virtù della destinazione universale di questi beni. Le ingiuste disuguaglianze e l’emarginazione devono essere un pungolo costante per ogni coscienza cristiana. Per questo occorre impegnarsi ad elevare il livello culturale mediante la creazione e il potenziamento dei centri educativi privati e pubblici; promuovere il livello di vita con lo sviluppo di un’economia industriale e agricola nella quale tutti possano trovare un lavoro degno e remunerativo; con l’impiego, infine, di tutte le risorse umane ed economiche in opere di utilità sociale. Queste sono le linee maestre dell’opera di sviluppo nella quale le pubbliche autorità e i responsabili devono impegnare tutte le energie disponibili per arrivare a strutture sociali giuste, a una più adeguata e umana distribuzione dei beni materiali e della cultura.

Ingiustizia e miseriaPerò se l’ingiustizia e la miseria possono creare il clima propizio perché nascano l’amarezza e l’odio, esse non bastano da sole a spiegarlo, non ne sono le vere radici. L’odio e la violenza nascono dal cuore dell’uomo, dalle sue passioni o convinzioni aberranti, dal peccato. La radice dell’odio è quella stessa del peccato. L’odio manifesta che l’uomo, invece di optare per l’amore, ha permesso che vincano in lui l’aggressività, il risentimento e, di conseguenza, l’irrazionalità e la morte. Nella lotta fra il bene e il male, fra l’amore e l’odio, che si combatte nel cuore dell’uomo, e con maggiore forza nel cuore dell’uomo provato dalla sofferenza, possono influire potentemente le convinzioni ideologiche. Tutti siamo stati testimoni di come gruppi di uomini, proponendosi di reagire a situazioni sociali frustranti, promettono vie di liberazione, scatenando a volte conflitti e violenze che alla fine producono solo maggiori frustrazioni e più grande dolore. Grave è la responsabilità delle ideologie che proclamano l’odio, il rancore, il risentimento come motore della storia. Come quella di coloro che riducono l’uomo a dimensioni economiche contrarie alla sua dignità. Senza negare la gravità di molti problemi e l’ingiustizia di molte situazioni, non possiamo esimerci dal proclamare che l’odio non è mai una via: solo l’amore, lo sforzo personale costruttivo, possono arrivare al fondo dei problemi. Si rende dunque necessaria un’autentica e radicale conversione del cuore dell’uomo. Finché si continuerà ad eludere il punto centrale, cioè la radice dei mali che turbano la vita degli uomini e dei popoli, le situazioni di conflitto, la violenza e l’ingiustizia continueranno ad essere irrisolte.

Oggi più che mai bisogna tornare al senso autentico della CroceDi questa croce così venerata in Perù. La croce del Signore esprime per noi il dono della riconciliazione con Dio e degli uomini fra di loro (cf. Rm 5, 10; Ef 2, 14-16). Per questo il Papa è venuto ad Ayacucho per portarvi un messaggio di amore, di pace, di giustizia, di riconciliazione, per esortarvi tutti a riconciliarvi con Dio, allontanandovi dal peccato e dalle sue conseguenze, affinché vi convertiate all’amore

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accogliendo il dono della riconciliazione nei vostri cuori, al fine di vivere i suoi frutti nella vita personale e sociale. Per questo motivo mi rivolgo in primo luogo a voi, orfani e vedove, con cui ho desiderato incontrarmi e per cui provo compassione e affetto immenso. Sì, tutti voi, uniti a Cristo col vostro calvario, invito a perdonare quelli che vi hanno fatto del male, “perché non sanno quello che fanno” (Lc 23, 34). Vi chiedo che, nella sperata ed efficace tutela a voi dovuta, testimoniate di fronte al mondo il sublime gesto del perdono evangelico, frutto della carità cristiana, di fronte a quanti strappano la vita dei vostri cari, distruggono il frutto del vostro lavoro, attentano alla vostra dignità, pretendono di manipolarvi in nome di un’ideologia di odio. Così contribuirete ad attirare anch’essi verso l’amore, abbandonando falsi cammini.

Alle autorità… Alle autorità e ai responsabili dell’ordine pubblico, che hanno il dovere di difendere il retto ordine della società e di proteggere gli indifesi - come lo sono tanti abitanti di questa zona di Ayacucho - la cui missione risulta sommamente delicata nelle attuali circostanze, e persino ingrata e incompresa, voglio ricordare, facendole mie, le parole dell’episcopato del Perù: “È importante che le istituzioni incaricate della vigilanza sull’ordine pubblico e dell’amministrazione della giustizia, la cui missione è la difesa della vita e dell’ordine giuridico, riescano a conquistarsi la fiducia della popolazione, contribuendo così a rafforzare la convivenza secondo la legge nel nostro Paese" ("Pronunciamiento" dei Vescovi peruviani, 6 settembre 1984). Per raggiungere la desiderata riconciliazione vale ancora oggi nel Perù quanto dissi due anni fa in EI Salvador: "È urgente seppellire la violenza . . . Come? Con una vera conversione a Gesù Cristo. Con una riconciliazione capace di affratellare quanti oggi sono separati da barriere politiche, sociali, economiche, ideologiche. Con meccanismi e strumenti di autentica partecipazione nel campo economico e sociale, con l'accesso ai beni della terra per tutti, con la possibilità della realizzazione per mezzo del lavoro. In questo contesto si inserisce un valido e generoso sforzo a favore della giustizia, dalla quale mai si può prescindere" (Giovanni Paolo II, Homilia ad Missam in urbe "San Salvador" habita, 7, 6 marzo 1983: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VI/1 [1983] 604).

Combattete con le armi della giustiziaMi rivolgo anche a coloro che, per diversi titoli, hanno particolari responsabilità riguardo al futuro di

questa cara nazione: politici e uomini di scienza, imprenditori e sindacalisti, dirigenti sociali e rappresentanti del mondo della cultura. Combattete con le armi della giustizia, e con efficacia, ogni

peccato contro il bene comune e le sue esigenze, nell’ampio panorama dei diritti e doveri dei cittadini. Con senso cristiano, e più ancora umano, offrite un servizio pieno di abnegazione al bisognoso. Il

messaggio di Gesù non si limita all’ambito della coscienza. Ha chiare e concrete ripercussioni nell’ordine sociale, come ricorda l’esortazione apostolica Reconciliatio et paenitentia: “Può essere sociale il peccato

di azione od omissione da parte di dirigenti politici, economici e sindacali che, potendolo, non si adoperano con sapienza per il miglioramento o la trasformazione della società secondo le esigenze e le possibilità del momento storico” (Giovanni Paolo II, Reconciliatio et paenitentia, 16). Sull’orizzonte del Perù vi si presenta un compito non procrastinabile: lavorare, con mezzi non violenti, per ristabilire la

giustizia nelle relazioni umane, sociali, economiche e politiche; per essere così fautori di riconciliazione fra tutti, poiché la pace nasce dalla giustizia. È necessario che tutti i peruviani di buona volontà volgano il loro sguardo alla sofferenza del popolo di Ayacucho e delle altre regioni peruviane provate dal dolore. E

che vi trovino motivazioni e impulso per uno sforzo deciso, allo scopo di evitare e correggere le ingiustizie, l’emarginazione, la negligenza civica. L’impegno di diventare artefici di riconciliazione deve manifestarsi in fatti concreti che sradichino, con urgenza, le circostanze sociali che feriscono la dignità degli uomini, e che possono convertirsi in terreno di coltura di situazioni esplosive, favorendo la violenza, generando ira,

dando luogo a prostrazioni laceranti.

Gli insegnamenti sociali della ChiesaLa dottrina sociale della Chiesa propone criteri etici radicali. Ogni cristiano deve sentirsi spinto a metterli in pratica. Per questo occorre non solo generosità di cuore, ma impegno efficace e competenza tecnica. È necessario che cristiani convinti, esperti nei diversi campi del sapere e contemporaneamente conoscitori per esperienza propria degli ambiti politici, riflettano a fondo sui problemi della società contemporanea, per illuminarli alla luce del Vangelo (cf. Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Instructio de quibusdam aspectibus “Theologiae Liberationis”, XI, 14). Da questa riflessione scaturiranno orientamenti e norme, molteplici in molti casi, che stimolino gli uomini di azione e li guidino nel loro agire. Da questo interscambio fra uomini di pensiero e d’azione, potrà derivare il miglioramento della società, la giustizia e con essa la pace. La comunità internazionale, da parte sua, e le sue istituzioni operanti nell’ambito della cooperazione fra le nazioni devono applicare giuste misure nelle relazioni, soprattutto economiche, con i Paesi in via di sviluppo. Devono lasciare da parte ogni rapporto discriminatorio negli interscambi commerciali, soprattutto nel mercato della materie prime. Nell’offrire il necessario aiuto finanziario si devono cercare, di comune accordo, condizioni che permettano di aiutare questi popoli a uscire da una situazione di povertà e di sottosviluppo, rinunziando a imporre condizioni finanziarie che, alla lunga, invece di aiutare questi popoli a migliorare la loro situazione la rendano ancora più grave, portandoli

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persino a condizioni disperate che causino conflitti di portata incalcolabile. Voglio adesso rivolgere la mia pressante parola agli uomini che hanno posto la loro fiducia nella lotta armata, a coloro che si sono fatti ingannare da false ideologie, fino a credere che il terrore e l’aggressività, esacerbando le già lamentevoli tensioni sociali e forzando un confronto supremo, possano portare a un mondo migliore. Ad essi voglio dire: il male non è mai un cammino verso il bene! Non potete distruggere la vita di vostri fratelli; non potete continuare a seminare il panico fra madri, spose e figli. Non potete continuare a minacciare gli anziani. Non solo vi allontanate dal cammino che con la sua vita ci mostra il Dio amore, ma ostacolate lo sviluppo del vostro popolo.

La logica spietata della violenza non conduce a nulla! Non si ottiene nessun bene contribuendo ad accrescerla. Se il vostro obiettivo è quello di un Perù più giusto e fraterno, cercate le vie del dialogo e non quelle della violenza. Ricordate ciò che i vescovi latinoamericani hanno insegnato varie volte: che la “Chiesa respinge la violenza terrorista e guerrigliera, crudele e incontrollabile quando si scatena. In nessun modo si giustifica il crimine come via di liberazione. La violenza genera inesorabilmente nuove forme di oppressione e schiavitù, ordinariamente più gravi di quelle dalle quali pretende liberare. Però soprattutto è un attentato alla vita, che dipende solo dal Creatore . . . Dobbiamo sottolineare anche che quando un’ideologia si appella alla violenza riconosce in ciò la sua insufficienza e debolezza” (Puebla, 532). Per questo vi supplico con dolore nel mio cuore e al tempo stesso con fortezza e speranza, di riflettere sulle vie che avete intrapreso. A voi, giovani, dico: non permettete che si strumentalizzi la vostra eventuale generosità e il vostro altruismo! La violenza non è un mezzo di costruzione. Offende Dio, offende chi la subisce e chi la pratica (cf. Giovanni Paolo II, Homilia ad Missam pro Instituti religiosis in urbe “Loyola”, 6 novembre 1982: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V/3 [1982] 1166). Ancora una volta ripeto che il cristianesimo riconosce la nobile e giusta lotta per la giustizia a tutti i livelli, ma invita a promuoverla mediante la comprensione, il dialogo, il lavoro efficace e generoso, la convivenza, escludendo soluzioni che percorrano vie di odio e di morte. Vi chiedo, dunque, in nome di Dio: Cambiate strada! Convertitevi alla causa della riconciliazione e della pace! Siete ancora in tempo! Molte lacrime di vittime innocenti aspettano la vostra risposta.

Invocazione a MariaCari fratelli, voglio concludere questo incontro con un appello alla speranza. Non vi lasciate abbattere dal dolore che grava sulle vostre vite. Non dimenticate la costante capacità di conversione a Dio del cuore umano. Non perdete la speranza e il proposito di vincere il male con il bene. Cristo ci accompagna e ha vinto il male! Non cessate, quindi, di vedere la vostra vita nella prospettiva della croce redentrice e riconciliatrice di Gesù, che ci indica le mete eterne della nostra esistenza. A Maria, la Madre della speranza, affidiamo queste necessità. Pregheremo ora insieme ad essa recitando l’Angelus: chiediamole di illuminare i governanti, di stimolare le forze vive del Paese, di pacificare i violenti, di aiutare quelli che soffrono. Santa Maria ottenga dal suo Figlio la pace eterna per i morti di questa regione! La Vergine fedele interceda presso suo Figlio per le vittime del terrorismo, affinché trovino consolazione, aiuto e solidarietà efficace! La Madre del Redentore dell’uomo incoraggi gli sforzi per migliorare la situazione in tutti i Paesi che conoscono l’ingiustizia o la povertà! La Madre della Chiesa spinga i suoi figli a impegnarsi nel servizio per lo sviluppo integrale dei loro fratelli più bisognosi! Cattolici figli di Huamaga, vi porto l’amore del nostro Dio, affinché, seminato nella vostra terra, sia la risurrezione dei vostri cuori.

SANTA MESSA PER LE FAMIGLIE NELL'IPPODROMO MONTERRICO DI LIMAOMELIA

Perù - Domenica, 3 febbraio 1985

“Per loro io consacro me stesso . . .” (Gv 17, 19)

Nella lettura del Vangelo di San Giovanni che abbiamo ascoltato, sono state proclamate queste parole che Cristo pronunziò nel Cenacolo, poco prima di dirigersi al Getsemani, dove sarebbe iniziata la sua passione e il suo sacrificio. Sono parole con le quali Gesù si rivolge al Padre nella sua “preghiera sacerdotale”. Cristo prega per i suoi discepoli, per la Chiesa, per l’umanità. Prega perché l’amore del Padre sia in noi. Con queste parole che oggi risuonano in questa assemblea del popolo di Dio, nello storico centro dell’antico impero inca, viene a voi, cari fratelli e sorelle, il Vescovo di Roma. Egli è grato alla Provvidenza di poter compiere anche qui il suo ministero di successore di Pietro: confermare i suoi fratelli nella fede (cf. Lc 22, 32). Il Papa viene a voi quando la Chiesa si prepara a commemorare i 500 anni dell’evangelizzazione dell’America, e vuole riunirsi con il popolo fedele in questo importante luogo, nella capitale del Perù, Lima, che fu uno dei punti centrali da dove si irradiò la luce del Vangelo nel Nuovo Mondo.

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Oggi la vostra arcidiocesi conta quasi cinque milioni di fedeliUna comunità che sperimenta tutte le tensioni del mondo moderno, in campo economico-sociale, politico, ideologico. In questo contesto Cristo vuole portare il suo messaggio di salvezza e speranza a tutti i suoi abitanti, a tutto il Perù, a voi che dovete raccogliere nelle vostre mani l’eredità del passato, per donarla piena di vigore alle future generazioni. In questa prospettiva, porgo il mio saluto fraterno e affettuoso al signor cardinale e pastore di questa storica sede di Lima, ai vescovi ausiliari, così come a tutti i fratelli nell’episcopato del Perù che hanno voluto unirsi al Papa nella cordiale accoglienza al gruppo di diaconi che stanno per essere ordinati sacerdoti. Saluto anche i sacerdoti, religiosi e religiose, che con generosa dedizione prestano il loro servizio alla Chiesa nei diversi campi della pastorale, così come i laici dei movimenti apostolici, delle organizzazioni cattoliche, e tutti i fedeli presenti. In modo particolare rivolgo il mio saluto alle famiglie di Lima e a tutte le famiglie del Perù, alle quali è dedicata questa Eucaristia. Esse sono le “Chiese domestiche” (cf. Lumen gentium, 11), come si legge nei primi testi cristiani, costituiscono un luogo specifico della presenza di Dio, santificato dalla grazia di Cristo nel sacramento.

Matrimonio e famigliaIl sacramento del matrimonio nasce, come da una fonte, dal sacrificio redentore di Cristo, che con la sua passione e morte comunica la grazia che santifica. Dalla maestà imponente della croce il Signore sembra rivolgersi a tutte le famiglie, a tutti i coniugi per dire loro: “Per loro io consacro me stesso perché siano anch’essi consacrati nella verità” (Gv 17, 19). Per questo la Chiesa insegna che nel sacramento del matrimonio “i coniugi sono corroborati e consacrati per compiere fedelmente i propri doveri, di fronte al mondo” (Paolo VI, Humanae vitae, 25; cf. Gaudium et spes, 48). In questo contesto avranno luogo, nell’Eucaristia che celebriamo, le ordinazioni sacerdotali. Coloro che saranno ordinati sacerdoti sono i vostri figli, care famiglie del Perù; sono il frutto del vostro amore, della fedeltà e dell’affetto matrimoniale. Essi hanno visto la luce in queste “Chiese domestiche” che sono le famiglie, e adesso, mediante il sacramento dell’Ordine, si donano anima e corpo al servizio della Chiesa. In primo luogo del Perù, ma anche in qualsiasi altra parte della Chiesa dove Dio li chiami.

Il CenacoloIl Vangelo della liturgia di oggi ci porta con la mente e con il cuore al Cenacolo. Cristo, sacerdote e vittima del sacrificio pasquale, istituisce l’Eucaristia e, al tempo stesso, il sacramento del Sacerdozio, della nuova ed eterna alleanza. Lì, per la prima volta, Gesù prese il pane nelle sue mani e lo diede ai suoi discepoli affinché ne mangiassero: “Questo è il mio corpo”. E allo stesso modo con il vino: “Questo è il calice del mio sangue”. In questo modo istituisce il sacramento dell’Eucaristia, e conclude: “Fate questo in memoria di me”. Obbedendo al comandamento del Signore, celebriamo il sacrificio della messa a lode della santissima Trinità e per la salvezza del mondo. Fedeli anche a questo mandato noi vescovi, successori degli apostoli, conferiamo il sacramento dell’Ordine a quei fratelli che sentono la voce divina e sono chiamati ad occuparsi delle necessità della Chiesa. E sono tante le necessità della Chiesa oggi! Dinanzi al sacerdote si apre un’ingente missione, quando Gesù dice nella sua preghiera sacerdotale al Padre: “Ho manifestato il tuo nome agli uomini che tu mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e tu li hai dati a me ed essi hanno osservato la tua parola” (Gv 17, 6). Queste parole non hanno limite: il Padre ha affidato al Figlio tutti gli uomini affinché “siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (1 Tm 2, 4). E alla vigilia della sua passione il Signore si rivolge al Padre pensando ai suoi discepoli: “Io ho dato loro la tua parola . . . la tua parola è verità. Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel mondo” (Gv 17, 14. 17. 18). Missione senza limiti quella che si apre dinanzi alla Chiesa. Una missione che si estende a tutti i secoli, comprende tutte le generazioni.

Cari giovani! Siete stati chiamati per servire il popolo di Dio, che già da molto tempo ha, per istinto di fede, un senso ben chiaro della missione del sacerdote e della sua necessità nella Chiesa. Questo popolo riconobbe tal senso nell’esemplare figura sacerdotale di padre Francisco del Castillo, nato in questa città. Perciò, esso chiede ai suoi sacerdoti che siano prima di tutto maestri nella fede, nella verità, nella vita spirituale, e non semplici dirigenti umani, anche se deve preoccuparli profondamente la promozione umana, culturale e sociale dei loro fratelli, illuminati dal Vangelo. “Non voi avete scelto me ma io ho scelto voi” (Gv 17, 16), vi dice il Signore oggi. Siete stati consacrati per avere uno stile di vita che vi unisce a Cristo con un vincolo ineffabile attraverso il carattere sacramentale. Accogliendo il mandato della Chiesa, agirete “in persona Christi”: consacrando il suo corpo e il suo sangue, perdonando i peccati, predicando la sua parola, amministrando gli altri sacramenti. La testimonianza della vostra vita deve essere, pertanto, di amore e di servizio; uomini di Dio, uomini per gli altri. In questo giorno della vostra ordinazione sacerdotale, prego che lo Spirito Santo incida a fuoco nei vostri cuori queste parole dell’apostolo Paolo: “Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro” (2 Cor 5, 20). In questo compito, sostenuti da una preghiera perseverante, e fedeli alla vostra oblazione mediante il

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celibato, siate collaboratori fedeli e generosi dei vostri vescovi. Essi, al pari di Mosè, come abbiamo ascoltato nella prima lettura, hanno bisogno di collaboratori “che portino il carico del popolo” (Nm 11, 17).

“Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel mondo”La Chiesa nel Concilio Vaticano II ha visto in queste parole del suo Signore e Maestro non solo l’insegnamento perenne sulla vocazione e missione sacerdotale, ma anche la dottrina evangelica sulla vocazione e missione dei laici, discepoli di Cristo. In forza di questa missione che nasce dal sacramento del Battesimo e della Cresima, il laico è tenuto a impegnarsi - come compito proprio - a trasformare il mondo dal di dentro, secondo lo spirito del Vangelo. In tal modo, il ruolo della famiglia cristiana è posto in piena evidenza. Questa è la vostra missione, una vera sfida per voi, famiglie cristiane del Perù! Conosco le speranze e le pene dei focolari peruviani, e per questo vengo come pellegrino apostolico per confermarvi nei vostri desideri di perfezionamento cristiano. Le parole di Gesù: “Quello che Dio ha congiunto, l’uomo non separi” (Mt 19, 6) devono essere legge per coloro che si dicono cristiani. Ricordate per questo che il cristiano autentico deve rifiutare con energia il divorzio, l’unione non santificata dal sacramento, la sterilizzazione, la contraccezione, l’aborto che elimina un essere innocente. Al contrario, il cristiano deve difendere con tutta l’anima l’amore indissolubile nel matrimonio, la protezione della vita umana, anche di quella non ancora nata, e la stabilità della famiglia che favorisce l’equilibrata educazione dei figli protetti dall’amore paterno e materno che si completano a vicenda. Per poter essere fedeli à questo programma esigente, non manchi nelle vostre case la preghiera familiare secondo le vostre migliori tradizioni; la devozione della famiglia verso la Vergine Maria, così radicata in mezzo a voi, la devozione e la consacrazione della famiglia al Cuore di Gesù, così amate dal popolo peruviano. A questo proposito voglio incoraggiare e benedire tutte quelle famiglie che hanno posto nei loro focolari l’immagine del Cuore di Gesù, come segno di fedeltà a Cristo e come preparazione alla venuta del Papa.

Cari sposi, spose e figli! Rinnovate in questa Eucaristia la vostra fedeltà e il vostro amore reciproco, basandolo sul sincero amore a Cristo. Rendo grazie al Dio uno e trino per questa grande assemblea orante del popolo di Dio a Lima. La vostra presenza è un segno dell’unità di tutte le famiglie. Sono le “Chiese domestiche” il luogo in cui nascono, come esigenza della fede, le vocazioni sacerdotali che oggi ho avuto la gioia di accogliere nel sacramento dell’Ordine. Desidero ripetere qui le parole piene di emozione che San Paolo rivolgeva agli “anziani” della Chiesa a Mileto: “Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo sangue” (At 20, 28). “Pertanto, vigilate” (At 20, 31). L’apostolo menziona anche in quella occasione i “lupi rapaci” che minacciano il gregge; e menziona le “dottrine perverse” che allontanano dalla retta via. Parole queste che scaturiscono dalla sua sollecitudine di pastore e di innamorato della croce di Cristo. Da ultimo, dice: “E ora vi affido al Signore e alla parola della sua grazia che ha il potere di edificare e di concedere l’eredità con tutti i santificati” (At 20, 32). Desidero ripetere queste parole, rivolgendole a voi, venerati fratelli nell’episcopato; a voi, cari sacerdoti, in particolare ai neo-ordinati; a voi, religiosi e religiose delle diverse congregazioni; a voi sposi, padri e madri, giovani e bambini; a tutto il popolo di Dio di Lima e del Perù. Tutti vi raccomando a Dio! Sì! La parola della sua grazia ha il potere di edificare la “Chiesa del popolo di Dio”; per ottenervi “l’eredità con tutti i santi”, nella comunione dei santi. È vostra questa eredità! Custoditela bene! Voi siete la “Chiesa di Dio”, che egli ha conquistato con il suo sangue! Rimanete in essa! Per voi Cristo “ha consacrato se stesso, affinché anche voi siate consacrati nella verità”. Rimanete fedeli a lui! Rimanete fedeli a lui! A Dio vi affido!

INCONTRO CON I MEMBRI DEL CORPO DIPLOMATICOLima (Perù) - Domenica, 3 febbraio 1985

Una corretta e pacifica convivenza fra le nazioniDurante la mia visita pastorale in questo amato Paese, non poteva mancare questo incontro con voi, illustri membri del Corpo diplomatico accreditato presso la repubblica del Perù. Ringrazio sinceramente dell’affettuosa accoglienza, così come delle deferenti parole che il vostro decano, interpretando il sentimento di tutti, ha voluto rivolgermi. Da questa antica e sempre giovane Città dei re desidero esprimervi la mia profonda stima per la vostra specifica missione e incoraggiarvi a continuare nel vostro lodevole impegno a favore dell’intesa e della convivenza pacifica fra i popoli, perché, superando sfiducia, rivalità e interessi contrapposti – sia di nazioni che di gruppi di nazioni – si stabilisca un ordine internazionale, che risponda sempre più adeguatamente alle esigenze della giustizia, della solidarietà fra i popoli e dei diritti fondamentali della persona umana. Proprio il rispetto di questi diritti è la miglior garanzia di una corretta e pacifica convivenza fra le nazioni. Nel messaggio indirizzato in occasione della recente Giornata mondiale della pace scrivevo: "Ci sono oggi persone a cui dai regimi totalitari o dai sistemi ideologici è negato di esercitare il loro diritto fondamentale di decidere da soli circa il proprio futuro. Uomini e donne oggi soffrono insopportabili offese alla propria dignità umana a causa di discriminazioni razziali, di esili forzati, di torture. Sono vittime della fame e della malattia. Sono impediti di

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praticare le loro credenze religiose o di sviluppare la propria cultura" (Giovanni Paolo II, Nuntius scripto datus ob XVIII diem ad pacem fovendam dicatum, 1, 8 dicembre 1984: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII/2 [1984] 1552).

Per eliminare la violenza e la povertàIn questo la Chiesa vuole porre tutto il suo impegno, e invita quanti possono offrire il loro valido apporto, perché si raggiunga questo nuovo ordine di vita, che stabilisca su basi solide, in modo equo e duraturo, le relazioni fra gli uomini e le nazioni. Si aprono grandi possibilità agli esperti di questa materia, chiamati ad essere costruttori di pace, di avvicinamento, pionieri contro l’odio e la guerra. Per eliminare sempre la violenza. Perché la pace non sia mera assenza di guerra, ma presupposto di un’autentica convivenza. Signore e signori, ripetendovi il mio apprezzamento per il vostro alto incarico, chiedo che continuiate a dedicare il vostro impegno e la vostra competenza alla giusta causa della pace e all’intesa fra i popoli, mediante il rispetto dei diritti di ogni persona. Molte grazie!

INCONTRO II CON GLI AMMALATI E GLI ANZIANICallao (Perù) - Lunedì, 4 febbraio 1985

Passione e resurrezione“Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti” (Is 53, 4. 11). Abbiamo appena udito, cari ammalati, il passo del libro di Isaia, in cui cinque secoli prima di Cristo, sono descritte le sofferenze del Messia. L’evangelista Matteo applica a Gesù il testo citato in precedenza: “Egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie” (Mt 8, 17). Pertanto questo meraviglioso cantico del servo di Dio, così viene definito, offre alla nostra attenzione non solo il racconto delle sofferenze del Signore, ma anche il senso della sua passione che culmina nella risurrezione (cf. Is 53, 10; 52, 15). Ed è lo stesso senso della sofferenza dell’uomo soprattutto se è unito a Cristo mediante la fede. È il senso della vostra sofferenza, cari fratelli che qui rappresentate tutti gli ammalati del Perù, che ho voluto chiarire nel mio documento sul significato cristiano del dolore umano: “Portando a compimento la redenzione attraverso il dolore, Cristo ha giustamente elevato la sofferenza umana al rango di redenzione. Di conseguenza ogni uomo, quando soffre, può rendere se stesso partecipe delle sofferenze redentrici di Cristo” (Giovanni Paolo II, Salvifici doloris, 19). Vengo a farvi visita poiché siete malati. Conosco da vicino la vostra situazione, perché mi è toccato di viverla. Mi riferisco allo stato di prostrazione in cui le forze naturali vengono meno e, in certo qual modo, l’uomo sembra ridotto a un oggetto nelle mani di coloro che lo curano. La prostrazione e l’inattività obbligata possono indurre l’ammalato a rinchiudersi in se stesso. Non c’è dunque da sorprendersi che la malattia possa avvicinare al Signore o condurre alla disperazione. La malattia, comunque, è sempre un’occasione di particolare vicinanza di Dio all’uomo che soffre.

L’ammalato è una persona umanaDiverse circostanze della vita moderna e l’egoismo che si annida nel cuore dell’uomo, spingono troppe volte a trascurare gli ammalati, ritenuti forse inconsciamente individui inadatti all’impegno attivo per il progresso. E sebbene non vengano risparmiati i mezzi necessari al loro ristabilimento fisico, si corre il rischio di considerare tempo perso quello dedicato a visitare e a recare sollievo a quanti giacciono in un letto di sofferenze. Voi, cari fratelli, sapete bene, per esperienza, che non sono sufficienti i servizi tecnici e le cure sanitarie, quand’anche si realizzino con diligente professionalità. L’ammalato è una persona umana e, come tale, ha bisogno di avvertire l’affettuosa presenza di coloro che ama e dei suoi amici. Questa presenza è medicina spirituale che ridà amore per la vita e ci persuade a lottare per essa con una forza interiore che non di rado contribuisce in maniera decisiva alla guarigione. Un domani potremmo essere noi, che adesso siamo sani, ad occupare il letto del dolore. E allora avremmo la gioia di verificare la solidarietà di parenti e amici. Come impressiona perciò la lettura di Isaia: “Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori... e non ne avevamo alcuna stima!” (Is 53, 3). Ampi settori della civiltà tecnologica hanno forse sognato un uomo duro, quasi insensibile, fatto per il lavoro e la produzione. Gesù, invece, ci insegna ad amare l’uomo in sé, nella sua grandezza e nel suo decadimento. È qui che l’amore si fa particolarmente necessario e autentico. “Potremmo affermare che il mondo della sofferenza umana invoca incessantemente un altro mondo: quello dell’amore umano: l’amore disinteressato che sgorga nel suo cuore e nelle sue opere. L’uomo lo deve in qualche modo alla sofferenza. Non può l’uomo “prossimo” passare con disinteresse davanti all’altrui sofferenza” (Giovanni Paolo II, Salvifici doloris, 29).

La Croce di Cristo proietta un raggio di luceSolo l’uomo che è capace di accogliere l’amore misericordioso sarà capace di darlo senza egoismi. Per questo gli ammalati sono per Gesù un segno della dignità umana; si dona a loro e ci invita a servirli, come genuina espressione d’amore per l’uomo. Ogni grave malattia solitamente attraversa periodi di

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scoraggiamento radicale, nei quali sorge la domanda sul perché della vita, proprio perché ci si sente da essa sradicati. In queste circostanze, la presenza silenziosa e orante degli amici ci sostiene fermamente. Ma in ultima istanza solo l’incontro con Dio sarà in grado di rivolgere anche al cuore più profondamente ferito ineffabili parole di speranza. Quando noi, come Gesù, afflitti dalla nostra situazione, gridiamo interiormente: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Sal 22, 2; Mt 27, 46; Mc 15, 34), solo da lui possiamo ricevere la risposta che acquieta e conforta a un tempo. È la consolazione che riscontriamo nel servo di Dio in mezzo al dolore: “Quando offrirà se stesso in espiazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore” (Is 53, 10). La croce di Cristo proietta pertanto un raggio di luce sul mistero del dolore umano; solo nella croce l’uomo può avere una risposta all’angustiato appello che nasce dal cuore di chi soffre. Lo hanno ben compreso i santi, che hanno saputo accettare il dolore e, talvolta, lo hanno ardentemente desiderato per associarsi alla passione del Signore, facendo proprie le parole dell’apostolo: “Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1, 24). Identificato con Cristo sulla croce l’uomo può sperimentare che il dolore è un tesoro e la morte un guadagno (cf. Fil 1, 21); può verificare come l’amore dignifica, rende dolce il dolore e redime (cf. Giovanni Paolo II, Salvifici doloris, 24).

L’ospedale ricorda il CalvarioQuesta è la consolazione dei credenti, quando la grazia di Dio ci fa vivere di fede, sorregge la nostra speranza e infiamma la nostra carità. Così diviene già realtà in noi la liberazione che ci ha ottenuto Gesù, giacché, in maniera misteriosa ma efficace, in un certo senso, la morte diventa vita per noi. È la morte generosa del grano che produce il raccolto abbondante della redenzione (cf. Gv 12, 24). È ciò che esprime il cantico di Isaia in modo così vivo: “Dopo il suo intimo tormento... il giusto mio servo giustificherà molti... perciò io gli darò in premio le moltitudini” (Is 53, 11. 12). L’ospedale ha sempre qualcosa del Calvario, poiché, unite al sacrificio del Redentore, vi si offrono le vite per la redenzione del mondo: come Gesù, il nostro “Agnello immolato” (cf. Ap 5, 6) offrì la sua al Padre per tutti noi peccatori, e per quanti soffrono e si associano alla sua sofferenza e al mistero della sua redenzione (cf. Giovanni Paolo II, Salvifici doloris, 19). Io mi unisco con tutto il cuore alle vostre vite, cari ammalati del Perù, con affetto di fratello. Chiedo al Signore il meglio per voi: la salute, la gioia, la pace, la presenza delle persone care, e soprattutto che vi uniate a Cristo nel suo sacrificio salvifico. Non considerate le vostre vite, né questo tempo di infermità, come realtà inutili. Questi momenti possono essere dinanzi a Dio i più decisivi della vostra vita, i più fruttuosi per i vostri cari e per gli altri.

Gli anzianiMi rivolgo ora a voi, cari fratelli e sorelle della terza età, che state passando per questa vita temporale, avvicinandovi alla “città permanente”. E un’età per molti difficile, di incomprensione e di solitudine: per questo rivolgo anche a voi le riflessioni fatte prima agli ammalati. Ma, per molti altri, è l’età del riposo, della pace e della felicità che è offerta dalla compagnia “dei figli e dei figli dei figli”. A tutti si applica ciò che dice il libro dei Proverbi: “Onore dell’anziano è la sua canizie” (Pr 21, 29). Tutti possedete ciò che solo il passare degli anni dà, e che non si può ottenere in altro modo: l’esperienza e la maturità per penetrare più a fondo il mistero della vita e comprendere che, se è vero che si può cercare la felicità nella vita terrena, solo nella forza dello Spirito, che ci conduce a Dio Padre eterno, si trova la pienezza cui tutti aneliamo. Chiedo a Dio che vi conceda questa comprensione, nella quale avrete la pace e con essa supererete la solitudine e l’incomprensione. Nei Paesi in cui i cristiani, vincendo le tentazioni del materialismo, antepongono i valori dello spirito, vi sono molti anziani che sono curati con affetto dagli stessi parenti, amici e vicini. Dovete conservare questo prezioso dono, tanto più per il fatto che a motivo delle migrazioni interne, c’è un crescente numero di anziani che si trovano lontani dalla terra in cui nacquero, dalle proprie abitudini, dalle proprie famiglie. Inoltre pochi di loro possono contare su una pensione. Per loro chiedo non solo al governo, ma anche a quanti sono ad essi più vicini, una speciale comprensione. So che le benemerite Sorelle degli anziani bisognosi, e altre istituzioni, si prendono cura con speciale dedizione dei nonnetti e delle nonnette, ma non sono numericamente sufficienti per tutti coloro che giungono alla terza età. Parimenti chiedo che si continui a compiere con impegno il dovere di curare adeguatamente i pensionati, che nei momenti difficili che attraversiamo hanno più bisogno di appoggio.

LITURGIA DELLA PAROLA A PIURA OMELIA

Lunedì, 4 febbraio 1985

“Io sono il Buon Pastore e conosco le mie pecore . . . “Nel venire a queste altitudini di San Michele di Piura, il Papa vuole obbedire a un impulso del suo cuore di padre, oltre che compiere un dovere come Pastore di tutta la Chiesa. Vengo per incontrarmi con gli amati figli di questa terra, nelle cui esistenze ancora si notano le tracce della sofferenza causata dalle catastrofi naturali, che poco più di un anno fa distrussero abitazioni, raccolti, canali di irrigazione, vie di comunicazione, provocando indicibili difficoltà a tante famiglie, e distruggendo il frutto di lunghi anni di

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fatiche. Per questo la mia visita vuole essere anzitutto un segno di solidarietà e di incoraggiamento perché non vi lasciate abbattere dalla disgrazia, ma anzi sappiate trarre da essa ragioni di speranza e di reciproco appoggio, e la volontà di ricostruire ciò che è andato perduto. Chiedo a Dio che le acque che produssero distruzione e morte possano servire per fecondare i vostri campi e che vi rechi sollievo la speranza di più abbondanti raccolti per continuare la vostra vita. Vengo in pellegrinaggio di fede alle fonti delle gesta dell'opera evangelizzatrice in Perù, giacché da queste terre, sotto la protezione dell'arcangelo San Michele, partirono i pionieri dell'annuncio di Gesù Cristo, della sua buona novella e della sua Chiesa, verso il vasto territorio dell'antico impero inca. Perciò, da questo luogo, la nostra mente si eleva in modo spontaneo a Dio, per rendergli grazie per l'evangelizzazione del Perù, per i suoi eroi e per i suoi santi. Il nostro spirito si raccoglie in preghiera, per meditare su quella evangelizzazione e scoprire le esigenze che derivano dall'accettazione del Vangelo.

Il Signore entra attraverso la porta dell’ovileLa parola di Dio che abbiamo ascoltato viene a illuminare questa meditazione, invitandoci a contemplare con gli occhi dell’evangelista San Giovanni l’immagine familiare di Gesù, il Buon Pastore, in mezzo alle sue pecore. In questo testo ben noto, Cristo si presenta non solamente come pastore, ma anche come “la porta delle pecore”. Egli è il vero pastore, a differenza di tanti altri che prima di lui si erano presentati come pastori, ma erano solamente mercenari o briganti. Il Signore entra attraverso la porta dell’ovile, vale a dire, viene inviato dal Padre, come rivelatore dei suoi misteri e porta con sé la verità intera mostrando il cammino della vera vita. Per questo Gesù si comporta come i buoni pastori: conosce le sue pecore una per una, nella loro situazione concreta, le chiama con il loro nome e le pecore riconoscono la sua voce e lo seguono. Egli cammina avanti alle pecore per mostrare loro le strade, per prevenire i pericoli, per difenderle dal lupo o dal brigante. Gesù è “la porta per le pecore”. Solamente lui le conduce ai verdi prati dove trovano l’alimento, la sicurezza, la “vita in abbondanza” (Gv 10, 18). Il Signore Gesù è evangelizzatore - il primo evangelizzatore - pastore e porta per le pecore. Lui non solo annunzia la verità, ma è la verità stessa offerta agli uomini; non solamente indica la via, ma è la via; non solo promette la vita, ma è la vita vera. Nessun altro evangelizzatore può dire altrettanto di se stesso. Tutti gli altri evangelizzatori, se vogliono essere efficaci, devono saper rappresentare e imitare l’unico Buon Pastore; devono far entrare le loro pecore attraverso la porta che è Cristo; devono chiamarle con il loro nome, con l’unica voce che esse riconoscono e che è la voce di Gesù. Procedere in altro modo è, come afferma Gesù stesso, rischiare di essere un “estraneo” o uno sconosciuto.

Cristo pastore ed evangelizzatoreL’opera evangelizzatrice della Chiesa si dispiega quando Cristo, pastore ed evangelizzatore, chiama, prepara, e invia altri evangelizzatori, per annunziare in tutte le lingue e in tutti i luoghi la buona novella della salvezza e per riunire nella comunità dei credenti - la Chiesa - coloro che devono salvarsi. Così si inaugurò un giorno l’opera di evangelizzazione in America. Io stesso volli dare inizio, a Santo Domingo, alla novena di anni che prepari il continente americano a celebrare il V centenario di un avvenimento ecclesiale di tale importanza. Così, con la prima messa celebrata qui a Piura, nel primo agglomerato cristiano, iniziò l’evangelizzazione del Perù. La mia presenza oggi nella vostra nobile città, accanto ai miei fratelli nell’episcopato, sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli tutti, vuole essere, oltre che un ringraziamento a Dio per l’evangelizzazione del Perù, un meritato omaggio a tanti zelanti missionari rimasti ignoti che gettarono il seme della fede in questa terra feconda. Essi, lasciate le loro terre d’origine, consacrarono la loro vita all’istruzione nella fede delle popolazioni indigene che trovarono e qui lasciarono i loro corpi. In mezzo a mille ostacoli dovuti all’estensione del Paese, alle grandi montagne, alle varietà di lingue, alla mancanza di mezzi, ma confidando nella forza della parola di Dio, realizzarono quell’immensa opera, che ha lasciato così grandi frutti. Pensando al presente dell’evangelizzazione, forse la prima cosa che dobbiamo fare è guardare bene a quella impresa, per trarre motivi di ispirazione in vista del futuro. Tuttavia quest’opera evangelizzatrice non termina mai. Ogni generazione cristiana deve aggiungere la sua parte di impegno. Senza di questo mancherebbe qualcosa di essenziale. Mancherebbe un elemento insostituibile all’evangelizzazione del Perù, se mancasse oggi un generoso impegno evangelizzatore. Questo è il segno della fedeltà a Cristo, al suo mandato, ed è inoltre manifestazione di vitalità nella fede della Chiesa.

“Evangelizzare è, innanzitutto, dare testimonianza”Questo conoscere la voce del Maestro e Buon Pastore, senza seguire la voce degli estranei, qualifica l’elemento essenziale, che deve distinguere l’evangelizzazione in Perù oggi: la fedeltà all’insegnamento di Gesù Cristo, unico maestro e signore. Il mio predecessore papa Paolo VI, nella sua esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, insegna: “Evangelizzare è, innanzitutto, dare testimonianza, in modo semplice e diretto, di Dio rivelato da Gesù Cristo mediante lo Spirito Santo. Testimoniare che ha amato il mondo nel suo Figlio; che nel suo Verbo incarnato ha dato a tutte le cose l’essere e ha chiamato gli uomini alla vita eterna” (Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 26). Così dunque, evangelizzatori ed evangelizzati hanno

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l’irrinunciabile dovere di una stretta e amorevole fedeltà all’insegnamento di Gesù. Infatti gli evangelizzatori non sono “padroni” della parola di Dio, ma ne sono ministri, servitori. D’altra parte, come ricordavo nella mia esortazione apostolica Catechesi tradendae, chi “si fa discepolo di Cristo ha diritto a ricevere la “parola di fede” non mutilata, non falsificata o sminuita, ma completa e integra, in tutto il suo rigore e vigore” (Giovanni Paolo II, Catechesi tradendae, 30). Vale a dire, in piena fedeltà al suo punto di origine, Cristo; al suo contenuto rivelato; ai destinatari che devono salvarsi passando attraverso la porta: “Io sono la porta; se uno entra attraverso di me, sarà salvo” (Gv 10, 9). Non va dimenticato, tuttavia, che l’evangelizzazione si integra con gli aspetti concreti dell’ambiente nel quale si realizza. In questo senso l’evangelizzazione ha in Perù aspetti propri del momento attuale. Non possiamo considerarli tutti in questa celebrazione, desidero comunque sottolinearne brevemente alcuni.

Evangelizzazione e promozione umanaEvangelizzare significa portare il messaggio di Cristo a tutti, perché si faccia vita. Per questo ha stretti rapporti con la promozione umana. In questo senso, l’evangelizzazione contiene anche l’urgenza di promuovere integralmente la dignità dell’uomo, di aiutarlo a trasformare le situazioni e le strutture ingiuste che violano questa dignità. Gesù, durante la sua vita pubblica, ebbe l’opportunità di incontrare molte persone afflitte da diversi mali fisici e morali. Come segno della presenza del regno operò miracoli (cf. Mt 12, 4-6) e si preoccupò del bene di tutte le persone che incontrava. Nel constatare tutto ciò, la gente si meravigliava e commentava: “Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!” (Mc 7, 37). Per questo, il mio predecessore Paolo VI ricordava: “Tra evangelizzazione e promozione umana - sviluppo, liberazione - esistono legami molto forti . . . non è possibile accettare che l’opera di evangelizzazione possa o debba dimenticare problematiche estremamente gravi, tanto discusse oggi, attinenti la giustizia, la liberazione, lo sviluppo e la pace nel mondo. Se questo si realizzasse, significherebbe che si ignora la dottrina del Vangelo circa l’amore verso il prossimo che soffre o patisce necessità” (Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 31).

Evangelizzazione dei poveriLe Conferenze dell’episcopato latinoamericano riunite a Medellín e Puebla hanno messo particolare accento sull’evangelizzazione e la promozione umana nei Paesi di questo continente, particolarmente mediante la cosiddetta opzione preferenziale per i poveri. Vorrei qui ricordare, cari fratelli, quanto precisai recentemente a questo proposito: “Sì, la Chiesa fa sua l’opzione preferenziale a favore dei poveri. Un’opzione preferenziale, si noti bene: di conseguenza, non un’opzione esclusiva o escludente, infatti il messaggio di salvezza è rivolto a tutti. Un’opzione inoltre basata essenzialmente sulla parola di Dio e non su criteri forniti dalle scienze umane o da ideologie contrapposte, che con frequenza riducono i poveri a categorie socio-politiche o economiche astratte. Ma un’opzione ferma e irrevocabile” (Giovanni Paolo II, Allocutio ad Patres Cardinales et Romanae Curiae Sodales, 9, 21 dicembre 1984: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII/2 [1984] 1630). Questo aspetto dell’evangelizzazione, in piena fedeltà a Cristo, al Vangelo e all’uomo, secondo i criteri della Chiesa, assume una chiara attualità in Perù nel presente e di fronte al futuro.

Vangelo e conversioneL’annuncio del Vangelo contiene la costante chiamata ad un atteggiamento ai conversione da parte di tutti i cristiani e deve penetrare non soltanto la vita personale e familiare, ma anche le strutture sociali, per renderle più conformi alle esigenze della giustizia. Non dimentichiamo mai che solo i cuori convertiti e rinnovati interiormente miglioreranno il tono morale e umano della società. Vivete, dunque, voi queste esigenze e infondete nelle realtà temporali la linfa della fede in Cristo! Penso concretamente alla testimonianza di vita e all’impegno di evangelizzazione che richiede la famiglia cristiana: i coniugi vivano il sacramento dell’unione feconda e indissolubile tra Cristo e la Chiesa, siano i fondatori e gli animatori della “Chiesa domestica”, la famiglia, con l’impegno di un’educazione integrale etica e religiosa dei figli, aprano ai giovani gli orizzonti delle diverse vocazioni cristiane, come una sfida di pienezza alle alternative del consumismo edonista o del materialismo ateo. È questo un campo di palpitante attualità per l’evangelizzazione in Perù. Particolare importanza riveste anche l’evangelizzazione della cultura nel vostro Paese, per fecondarla con lo spirito del Vangelo nel quale essa affonda le sue radici plurisecolari. In effetti, l’evangelizzazione, quando è realizzata correttamente, influisce potentemente sulla cultura e su tutta la vita dell’uomo.

La catechesiQuesto nuovo impulso evangelizzatore richiederà una serie di sforzi coordinati per organizzare una più profonda catechesi, impartita in forma organica e sistematica. Si tratta di una necessità vitale. C’è bisogno dunque di una costante catechesi, senza tregua e senza stancarsi, a tutti i livelli e in tutti i luoghi: dall’omelia all’insegnamento del catechismo in famiglia, dalla parrocchia alla scuola. Una catechesi che, avvicinando l’uomo a Gesù Cristo, sia attenta alla retta formazione della coscienza del cristiano, sapendo

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far giungere caldamente a ogni anima l’amabile esigenza del Redentore. In questo compito, si deve porre grande slancio per fare in modo che all’annuncio di Gesù Cristo corrisponda l’adeguata celebrazione del suo mistero nella liturgia della Chiesa; infatti la vita di Cristo si comunica ai fedeli per mezzo dei sacramenti, come ricordai ai vostri vescovi (cf. Giovanni Paolo II, Allocutio ad quosdam Peruviae Episcopos occasione oblata eorum visitationis “ad limina”, 3, 4 ottobre 1984: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII/2 [1984] 738 s.). Inoltre, la liturgia, celebrata secondo le norme della Chiesa e partecipata attivamente, è in se stessa la più autentica catechesi attraverso la parola e attraverso i sacri segni. Nella concreta situazione del Perù, un veicolo e luogo importante di evangelizzazione deve essere la pietà popolare nata dal cuore del popolo. Questa manifesta, tante volte in maniera sorprendente, il senso della fede che Dio elargisce ai semplici di cuore, così ricca di sentimenti ed espressiva nei suoi gesti di devozione.

La pietà popolareVoi, pastori e guide di questo popolo, aiutatelo rispettosamente a purificare queste devozioni popolari, affinché siano per il gregge del Signore vie che conducono a lui, unica porta per le pecore, nel quale troveranno il vero pascolo (cf. Gv 10, 9) e avranno “vita in abbondanza” (Gv 10, 10); la vita che egli dà alle sue pecore (Gv 10, 15) e che dura fino alla vita eterna in Cristo, che ha “il potere di offrire la sua vita e il potere di riprenderla di nuovo” (Gv 10, 18). Questo aspetto della pietà popolare apre oggi ampie possibilità di evangelizzazione alla Chiesa nel Perù. 10. Infine, l’evangelizzazione nell’attuale situazione peruviana deve rischiarare la fede ed evitare pericoli ai quali si vede esposto il popolo dei fedeli. La lettura di questa celebrazione liturgica ci parla di coloro che entrano nell’ovile “attraverso Cristo”. Anche questi appartengono al gregge, e inoltre partecipano attivamente alla missione di Cristo evangelizzatore e Pastore. A questa stessa missione partecipano i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i laici scelti dalla Chiesa. Sono i seminatori del Vangelo. Un grande senso di responsabilità e di attenzione al nostro ministero devono infonderci le parole di severa condanna di Gesù verso chi “non entra per la porta”, ma “sale da un’altra parte, come un ladro e un brigante”. Questi sono “estranei” al gregge e per questo le pecore “non seguiranno un estraneo, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei” (Gv 10, 1-5). “Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere” (Gv 10, 10).

SANTA MESSA PER I LAVORATORI A TRUJILLOOMELIA

Perù - Lunedì, 4 febbraio 1985

“Nel nome del Signore nostro Gesù Cristo . . . lavoriamo con fatica e sforzo” Queste parole di San Paolo, invitano noi tutti qui presenti, rappresentanti del mondo del lavoro, a riunirci nello spirito del Vangelo e nella celebrazione dell’Eucaristia. Provo una grande gioia nell’incontrarmi qui con voi, in questa splendida città di Trujillo, centro - in epoche precolombiane - della cultura Chimú. Le sue tracce sono riscontrabili in questa monumentale città di fango - Chan Chan - che ha resistito all’azione distruttrice del tempo e delle intemperie. Gioia intima e piena di emozione, anche, nel presiedere questa Eucaristia mentre Trujillo si appresta a celebrare il 450° anniversario della sua fondazione e, allo stesso tempo, della prima messa che nella stessa data si celebrò in questa città. Saluto prima di tutto il pastore della diocesi di Trujillo, i vescovi di Cajamarca, Huaraz, Chiclayo, Chimbote, Choyo, Chachapoyas, Huamachuca, Huari, Moyobamba e San Francesco Saverio. Sono particolarmente contento di trovarmi fisicamente con tutti voi, che siete venuti fin qui; e, in spirito, con tutti voi che lavorate in ogni parte del Paese. È a voi, figli della Chiesa presente nel mondo del lavoro, che va in questa occasione il mio affettuoso saluto e la mia comprensione. A voi che lavorate nei campi, nelle miniere, nelle cave, nella siderurgia, nell’industria, nei villaggi e nelle città, nelle cooperative e negli uffici. Voi che vi trovate in questa regione del Nord e nell’intero Perù. Anche ai fratelli imprenditori e a tutti i lavoratori intellettuali e manuali, che formano la grande comunità del lavoro.

Gesù Cristo, l’uomo del lavoroIl testo evangelico che abbiamo appena ascoltato ci parla del lavoro umano, che per il cristiano, trova la sua massima ispirazione ed esempio nella figura di Cristo, l’uomo del lavoro. Prima di intraprendere la sua attività messianica, proclamando il Vangelo a tutte le genti, ha lavorato per trent’anni, nella silenziosa casa di Nazaret. Fin dalla sua prima giovinezza, Gesù imparò a lavorare, a fianco di Giuseppe, nella sua bottega di falegname, e per questo lo chiamavano il “figlio del falegname” (Mt 13, 55). Questo lavoro del Figlio di Dio costituisce il primo e fondamentale Vangelo, il Vangelo del lavoro. In seguito, nel corso della sua predicazione apostolica farà riferimento spesso, specialmente nelle sue parabole ai diversi tipi di lavoro umano. Gesù predicava prima di tutto il regno di Dio. E, nello stesso tempo, il destino finale dell’uomo: l’unione con Dio. Ma questa prospettiva soprannaturale rendeva evidente anche il profondo significato del lavoro dell’uomo, poiché esso non appartiene solamente all’ordine economico e temporale della società umana, ma rientra anche nell’economia della salvezza divina. E benché il lavoro non serva solo per la salvezza eterna, l’uomo si salva anche con il suo lavoro. Questo è l’insegnamento del Vangelo

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che la Sacra Scrittura ci trasmette ripetutamente, tanto nell’Antico come nel Nuovo testamento.

La parabola dei talentiLa lettura di oggi, tratta da San Matteo, contiene questa dottrina fondamentale nella parabola dei talenti. Tre persone ricevono dal loro padrone dei talenti. Il primo, cinque; il secondo, due; il terzo, uno. Il talento rappresentava a quei tempi una certa quantità di denaro, si potrebbe dire un capitale; oggi lo chiameremmo principalmente capacità, attitudini al lavoro. Il primo e il secondo dei servi raddoppiarono quello che avevano ricevuto. Il terzo, invece, nasconde il suo talento sotto terra e non ne accresce il valore. In questi tre casi si parla indirettamente del lavoro. Partendo dalle doti che l’uomo riceve dal Creatore attraverso i genitori, ognuno potrà compiere nella vita, con maggiore o minore fortuna, la missione che Dio gli ha affidato. Sempre mediante il proprio lavoro. Questa è la via ordinaria che porta a raddoppiare il valore dei talenti di ciascuno. Al contrario, rifiutando il lavoro, senza lavoro, si dilapida non solo “l’unico talento” di cui tratta la parabola, ma qualsiasi altra entità di talenti ricevuta. Gesù, con questa parabola dei talenti, ci insegna, quanto meno indirettamente, che il lavoro ha parte nell’economia della salvezza. Il giudizio divino sull’intera esistenza umana e il regno di Dio come premio, dipenderà dal lavoro. Al contrario, “lo sperpero dei talenti” provoca il rifiuto da parte di Dio.

La dottrina di San PaoloIl testo di San Paolo che abbiamo ascoltato nella prima lettura, della Lettera ai tessalonicesi, può essere considerato un commento apostolico alla parabola di Cristo; e, in un certo senso, a tutto il Vangelo del lavoro, che Gesù di Nazaret ci ha insegnato con la sua vita e con le sue parole. L’apostolo mette in guardia tutti quelli che non lavorano, che vivono disordinatamente e in continua agitazione; come faceva Gesù con coloro che dilapidano i loro talenti. Inoltre San Paolo dà ai destinatari della Lettera, i tessalonicesi, un esempio di lavoro personale, oltre al suo instancabile lavoro apostolico, “per non essere di peso a nessuno di voi”. Questo comportamento dell’apostolo è un’indicazione, e deve essere causa di rimorso, per quelli che non lavorano. Per questo aggiunge: “Se qualcuno non vuole lavorare, non mangi”. E comanda ed esorta tutti, nel Signore Gesù Cristo, a “lavorare in pace per mangiare il proprio pane”. Così, il tema e il problema del lavoro appaiono come fondamentali fin dall’inizio stesso della vita cristiana. Costituiscono una costante della dottrina sociale della Chiesa, in tutti i tempi; particolarmente nell’ultimo secolo, nel quale il lavoro è stato posto al centro della cosiddetta “questione sociale”, e di tutti i problemi che hanno rapporto col giusto ordine sociale.

Il divario tra ricchi e poveriQuesto problema si presenta con caratteristiche di particolare gravità, e a volte perfino di tragicità, in terra latinoamericana. La Chiesa, nella persona dei suoi pastori, guidata dagli insegnamenti del Concilio Vaticano II, ha potuto constatarlo e denunciarlo in modo adeguato, prima a Medellín e, più recentemente, a Puebla: “Alla luce della fede è uno scandalo ed una contraddizione con l’essere cristiano, il crescente divario tra ricchi e poveri. Il lusso di pochi diventa un insulto alla miseria delle grandi masse. Questo è contrario al progetto del Creatore e all’onore che gli si deve tributare” (Puebla, 28). Io stesso ho ricordato ai vostri vescovi “la tragedia dell’uomo concreto delle vostre campagne e delle vostre città, privato ogni giorno della certezza della sua sopravvivenza, afflitto dalla miseria, dalla fame, dalla malattia, dalla disoccupazione; quest’uomo sventurato che, molte volte, più che vivere sopravvive in condizioni disumane. In questo non è certamente presente né la giustizia né quel minimo di dignità umana che i diritti umani reclamano” (Giovanni Paolo II, Allocutio ad quosdam Peruviae Episcopos occasione oblata eorum visitationis “ad limina”, 4, 4 ottobre 1984: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII/2 [1984] 740).

Vangelo ed insegnamenti socialiAlla radice di questi mali della società si trovano, senza dubbio, situazioni e strutture economiche, sociali e politiche, a volte di portata internazionale, che la Chiesa denuncia come “peccati sociali”. Però sa, allo stesso tempo, che questo è il frutto dell’accumularsi e del concentrarsi di molti peccati personali, che sarebbe necessario evitare alla radice. “Peccati di chi genera o favorisce l’iniquità o la sfrutta; di chi, potendo fare qualcosa per evitare, o eliminare, o almeno limitare certi mali sociali, omette di farlo per pigrizia, per paura e omertà, per mascherata complicità o per indifferenza; di chi cerca rifugio nella presunta impossibilità di cambiare il mondo” (Giovanni Paolo II, Reconciliatio et paenitentia, 16). Peccati di coloro che dirigono e sono responsabili della società e anche dei lavoratori che non compiono i loro doveri. Peccati di negazione della solidarietà e di egoismo, di ricerca del potere e del guadagno, posti al di sopra del servizio agli altri. Davanti a queste situazioni, la Chiesa continua ad ispirarsi al Vangelo ed alla propria dottrina sociale, per offrire la sua ferma e costante collaborazione alla causa della giustizia. Per questo vuole essere vicina a tutti coloro che sono trattati ingiustamente ed ai più poveri, per migliorare la loro situazione in tutti i sensi, non solo in campo economico, ma anche in campo spirituale, culturale e morale. Povero infatti è chi manca dei mezzi materiali, ma non lo è di meno chi è immerso nel peccato, chi disconosce la propria dimensione personale, che va al di là del limite della morte, chi non possiede la libertà di pensare ed agire secondo coscienza, chi è sottoposto dai governanti a limitazioni per le quali chi

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pratica la propria fede si vede privato dei benefici concessi a coloro che seguono le norme dettate dall’alto, chi è visto come mero strumento di produzione.

La Chiesa vuole la liberazione da tutte queste schiavitùIn questa stessa linea si muovono i vostri vescovi nelle norme indicate nel loro recente documento sulla Teologia della liberazione (cf. Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Instructio de quibusdam aspectibus “Theologiae Liberationis”). Nella concezione cristiana della società compare sempre come principio fondamentale l’affermazione della dignità inviolabile della persona, e, di conseguenza, della dignità di ogni lavoratore. A questa dignità personale corrisponde una serie di diritti fondamentali. Primo fra tutti, il diritto ad avere un lavoro. Un lavoro per poter vivere, potersi realizzare come uomo, dare il pane alla propria famiglia. Un lavoro che arricchisce la società. Un lavoro che deve svilupparsi in condizioni degne di una persona, cioè tali da non arrecare danno né alla salute fisica né all’integrità morale dei lavoratori. Per questo la disoccupazione, e anche la sottoccupazione, costituiscono un male, e molte volte “una vera calamità sociale” (Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 18). È umiliante per le persone e crea sentimenti di frustrazione, con pericolose conseguenze psicologiche e morali, specialmente nei giovani e nei padri di famiglia. La prima preoccupazione di tutti i responsabili della società deve essere, allora, quella di fornire lavoro a tutti. Compito per nulla facile, ma che dovrebbe mobilitare le energie di tutta la nazione.

Un giusto salarioIl lavoratore deve essere inoltre aiutato, tecnicamente e culturalmente, a prepararsi per svolgere un lavoro che lo soddisfi e allo stesso tempo contribuisca al benessere della società. La Chiesa possiede in questo campo una tradizione che deve conservare e perfezionare. Un giusto salario, che copra le necessità di una famiglia, continua ad essere la concreta misura della giustizia dell’intero sistema socio-economico e, in ogni caso, del suo retto funzionamento (Ivi, 19). Parimenti, tutte quelle forme di previdenza sociale (pensioni, assicurazioni contro malattie ed infortuni, diritto al riposo, eccetera), che hanno come finalità quella di assicurare la vita e la salute dei lavoratori e delle loro famiglie (Ivi). Conosco le difficoltà inerenti, in questi momenti di crisi economico-sociale così acuta, alla concreta ed efficace realizzazione di questi diritti. Tuttavia, voglio richiamare l’attenzione di tutti i responsabili, diretti e indiretti, dell’ordine economico-sociale perché si sforzino di rendere possibile, quanto prima, questo ideale. La Chiesa ed i cristiani hanno il diritto e l’obbligo di contribuirvi, nella misura delle loro possibilità, compiendo diligentemente i loro rispettivi doveri. E lo devono fare tutti nelle associazioni e istituzioni che la società crea al fine di conseguire il bene comune di tutti i cittadini. Una parola, infine, agli imprenditori, senza i quali non sarebbe possibile rendere effettivi molti di questi diritti. Desidero ricordare loro, con la dottrina sociale della Chiesa, che devono dare alle loro imprese una effettiva funzione sociale. Non devono concepirle unicamente come strumenti di produzione e di guadagno, ma anche come comunità di persone (Puebla, 1246). Dall’unione di lavoratori ed imprenditori, sotto la responsabile direzione degli uomini di governo, dipenderà la graduale edificazione di una società più giusta.

INCONTRO CON I POVERI A VILLA EL SALVADORPerù - Martedì, 5 febbraio 1985

Il Papa ha lo stesso sentimento di compassione verso gli abitanti di tutti i “pueblos jóvenes” Con quanta ansia ho desiderato avere quest’incontro con voi, cari abitanti di Villa El Salvador! Dal mio arrivo in Perù e anche prima di venire, la visita a questo “pueblo joven”, che già col suo nome ci parla della vicinanza a Cristo, il Salvatore del mondo, ha sempre occupato un posto di privilegio nel programma del mio viaggio, appunto perché si trattava dei più bisognosi. In questi giorni che sto passando insieme al caro popolo peruviano, mi è spesso tornato alla memoria quel passo del Vangelo, che abbiamo ora ascoltato, nel quale Gesù ebbe compassione della folla “perché erano come pecore senza pastore, e si mise ad insegnar loro molte cose” (Mc 6, 34). Ma inoltre ordinò ai suoi discepoli: “Voi stessi date loro da mangiare” (Mc 6, 37). Desidero dirvi, questa mattina, nel venire a trovarvi, che quelle parole di Gesù ispirano nel Papa lo stesso sentimento di compassione verso gli abitanti di tutti i “pueblos jóvenes”, gli abbandonati, gli infermi, gli anziani, coloro che non hanno lavoro, i bambini senza pane e senza istruzione per il loro futuro. Vengo a farvi visita per condividere con voi quello che ho: il pane della parola di Cristo che dà senso e dignità piena alla vita; per dimostrare la mia vicinanza a voi che siete una parte importante della Chiesa. Voi, cari fratelli, siete tutti membri del corpo di Cristo; e se uno soffre, tutti gli altri soffrono con lui (cf. 1 Cor 12, 26).

Parola e MensaIl testo del Vangelo che abbiamo ascoltato mette in rilievo due ministeri della Chiesa. Il ministero della parola e il ministero del servizio della mensa: Gesù “si mise a insegnare loro molte cose”, “spezzò i pani e li diede ai discepoli perché li distribuissero” (Mc 6, 34). È un duplice servizio che la Chiesa ha ritenuto come suo fin dal principio, per procurare a tutti, per quanto da essa dipende, il pane dello spirito e del

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corpo. Che senso ha questo oggi nel Perù e in questo “pueblo joven”? Voglio dirvi anzitutto che ammiro e incoraggio di tutto cuore il lavoro e l’abnegazione dei sacerdoti, dei religiosi, delle religiose e dei laici che, sull’esempio di Gesù e in comunione con tutta la Chiesa, si dedicano al vostro servizio e aiuto, dando testimonianza a Cristo che, essendo ricco si fece liberamente povero, nacque nella povertà di un presepe, annunziò la liberazione ai poveri, si identificò con gli umili e promise il suo regno. Come ho detto recentemente ai vostri vescovi, la Chiesa vuole mantenere la sua opzione preferenziale, non escludente, per i poveri, e appoggia l'impegno di quanti, fedeli agli orientamenti della gerarchia, si dedicano generosamente a favore dei più bisognosi (cf. Giovanni Paolo II, Allocutio ad quosdam Peruviae Episcopos occasione oblata eorum visitationis "ad limina", 4 ottobre 1984: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII/2 [1984] 737ss.). Lo stesso ho confermato nel messaggio "Urbi et Orbi" dello scorso Natale: "Noi affermiamo la nostra solidarietà con tutti i poveri del mondo contemporaneo nell'attualità drammaticamente concreta e quotidiana delle loro sofferenze" (cf. Giovanni Paolo II, Nuntius "Urbi et Orbi" in Nativitate Domini datus, 8, 25 dicembre 1984: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII/2 [1984] 1667).

La duplice dimensione dell’uomoIl passo del Vangelo, proclamato all’inizio del nostro incontro, mostra l’attenzione di Gesù per la duplice dimensione dell’uomo: il suo spirito e il suo corpo. È un esempio che la Chiesa cerca di raccogliere. Perciò i vostri pastori e i loro collaboratori si sforzano con ogni mezzo disponibile di aiutarvi a vivere nella crescente dignità umana che esige la vostra condizione di figli di Dio. Ma essi, sentendo inoltre la stessa inquietudine degli apostoli per la vostra mancanza di mezzi (cf. Mc 6, 34), non dispongono purtroppo di tutti i mezzi che sarebbero necessari. D’altra parte, sanno che spetta loro prima di tutto aver cura della vostra ricchezza interiore, quella che non si esaurisce nella dimensione terrena dell’uomo. Perciò, nell’insegnarvi a recitare nel Padre nostro: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, vi esortano a chiedere e cercare, sì, maggiore dignità e progresso materiale, ma senza dimenticare che “non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4, 4). In una parola, vogliono per voi anche la dignità dello spirito, la dignità cosciente della vostra libertà interiore e il progresso nella vostra vita morale e cristiana. Però, benché la Chiesa senta il dovere di essere fedele alla sua missione prioritaria di carattere spirituale, non dimentica nemmeno che l’impegno a favore dell’uomo concreto e delle sue necessità costituisce parte inseparabile della sua fedeltà al Vangelo. La compassione di Gesù per l’uomo bisognoso dev’essere fatta propria dai pastori e dai membri della Chiesa, quando - come in questa Villa El Salvador e in tanti altri “pueblos jóvenes” del Perù - vedono le piaghe della miseria e delle malattie, della disoccupazione e della fame, della discriminazione e dell’emarginazione. In tutti i casi come il vostro, non possiamo ignorare “il volto sofferente di Cristo, il Signore, che ci chiama in causa e ci interpella” (Puebla, 31): ci chiama in causa e ci interpella per ogni indifferenza o passività, perché l’autentico discepolo di Cristo deve sentirsi solidale con il fratello che soffre; ci chiama in causa e ci interpella davanti al crescente divario tra ricchi e poveri, per cui privilegi e sprechi contrastano con situazioni di miseria e di privazione; ci chiama in causa e ci interpella a proposito di criteri, meccanismi e strutture che si ispirano a principi di pura utilità economica, senza tener conto della dignità di ciascun uomo e dei suoi diritti; ci chiama in causa e ci interpella dinanzi all’insaziabile concupiscenza del denaro e del consumo, che logorano il tessuto sociale, dove unica guida sono gli egoismi e le dissimulate violenze della legge del più forte.

No allo spreco del pane della solidarietàLa parola del Vangelo che ispira il nostro incontro ci mostra Gesù che, dopo aver dato miracolosamente da mangiare alla moltitudine, fa raccogliere i resti (cf. Mc 6, 43). Quei pezzi di pane e di pesce non dovevano essere sprecati. Erano il pane di una folla bisognosa, ma doveva essere il pane della solidarietà, diviso con altri bisognosi, non il pane dello spreco insolidale. Questa parola del Vangelo ha un grande significato fra di voi. Con grande piacere ho preso conoscenza della generosità con la quale molti abitanti di questo “pueblo joven” aiutano i fratelli più poveri della comunità, nelle mense popolari e familiari, nei gruppi per assistere gli infermi, nelle campagne di solidarietà per soccorrere i fratelli colpiti dalle catastrofi naturali. Sono testimonianze stupende di carità cristiana, che mostrano la grandezza d’animo del povero nel compatire. “Beati i misericordiosi” proclamò il Signore nel sermone della montagna (cf. Mt 5, 7). Beati quelli che hanno un animo misericordioso; quelli che non chiudono il loro cuore alle necessità dei fratelli; quelli che dividono il poco che hanno con l’affamato. Gesù stesso lodò senza riserve quella povera vedova che diede come elemosina non quello che le avanzava, il superfluo, ma perfino quello che le era necessario per vivere (cf. Lc 21, 1-4). Tante volte, infatti, i “poveri di spirito”, che per questo il Signore chiamò beati, sono molto più aperti a Dio e agli altri; da lui attendono tutto; in lui confidano e pongono la loro speranza.

“Date loro da mangiare”Continuate, cari fratelli, per questa via di testimonianza cristiana, di comportamento degno e di elevazione morale, affinché gli altri “vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” (Mt 5, 16). Ma, mentre date questo esempio di ammirevole apertura di spirito, lottate contro

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tutto quello che umilia la vostra situazione morale e vi sommerge nel peccato: contro l’alcolismo, le droghe, la prostituzione, la mentalità maschilista che trascura e sfrutta la donna, contro la promiscuità, il concubinato. Date stabilità alle vostre famiglie, abbiate cura dei vostri bambini, regolarizzate le vostre unioni santificandole con il sacramento del matrimonio. Il mutuo rispetto sia la norma tra gli sposi; la paternità responsabile secondo la dottrina della Chiesa sia il criterio per la procreazione e l’educazione dei figli. Non dimenticate che la solidità morale delle persone, delle famiglie, della comunità, è condizione fondamentale per essere forti e ricchi in umanità, capaci di affrontare le difficoltà della vita e aprirsi vie di sviluppo. Le parole di Cristo: “Date loro da mangiare”, continuano a risuonare all’orecchio della Chiesa, del Papa, dei pastori e dei loro collaboratori. È la voce di Gesù, ieri e oggi. La Chiesa vuole essere, con questa voce di Cristo, avvocata dei poveri e degli abbandonati. Essa offre la sua dottrina sociale come animatrice di autentiche vie di liberazione. La Chiesa non cessa di denunciare le ingiustizie, e vuole soprattutto mettere in movimento le forze etiche e religiose, affinché siano fermento di nuove manifestazioni di dignità, di solidarietà, di libertà, di pace e di giustizia. Essa aiuta per quanto può a risolvere i problemi concreti, ma sa che le sue forze sono da sole insufficienti.

CERIMONIA DI CONGEDO DAL PERÙDISCORSO

Martedì, 5 febbraio 1985

Grazie !Sono passate con rapidità queste giornate - quasi quattro - che ho trascorso con voi. Il susseguirsi degli incontri con il popolo fedele peruviano mi ha portato dalla costa ad alcune delle vostre imponenti alture andine. Giunge ora il momento di congedarmi dal Perù, anche se devo ancora visitare la vostra foresta dai grandi fiumi, per incontrare a Iquitos le popolazioni indigene. In questa circostanza, al sentimento di ammirazione per la vostra cultura e i vostri valori, per l’insieme delle testimonianze storiche che traggono origine dall’impero inca, per la maestosità del Machu Picchu e di tanti altri luoghi, si uniscono la gioia per il vostro spirito cristiano e la gratitudine per la vostra accoglienza ospitale. Gli incontri con ciascun gruppo ecclesiale del Perù, il contatto con le diverse componenti del popolo fedele - da Lima ad Arequipa, da Cuzco a Ayacucho, da Callao a Piura o Trujillo - mi hanno fatto vedere una religiosità che si esprime nel giovane e nell’adulto, nell’infermo e nel lavoratore, nei pescatori e nei contadini, negli abitanti dei villaggi di nascita recente o delle città.

Il mio viaggio adesso si concludeVoglia Dio che esso apra uno spiraglio di primavera e che cominci qui la germinazione di nuovi frutti di fede e di esperienza nell’operare quotidiano. Questi erano gli obiettivi della mia venuta, che vanno molto al di là della mia permanenza nel Paese. Devo essere grato a tutti, in modo particolare e prioritario al signor presidente della Repubblica ai suoi collaboratori ai diversi livelli, al signor cardinale, all’episcopato e a tanti altri che servono la Chiesa e la società, per l’impegno messo - con tanto entusiasmo e competenza - nella preparazione e nello svolgimento di questa visita del Papa. A tutti coloro che hanno collaborato, anche se il loro lavoro non è stato notato, e tanto più per questo giunga la mia gratitudine sincera, che si manifesta anche in preghiera per loro, per le loro intenzioni e le loro famiglie. In molti luoghi dell’interno e della costa, sulla cima delle montagne, nei crocevia e nelle vicinanze dei paesi peruviani, si erge con frequenza la croce, accompagnata a volte dai simboli della passione di Cristo. È una devozione molto radicata nella pietà popolare. Il Señor de los Milagros a Lima, de los Temblores a Cuzco, de Luren a Ica, de Burgos a Chachapoyas e Huanúco, de la Agonía y de Huamatanga nelle zone del Nord, ne costituiscono una chiara dimostrazione. Vorrei invitarvi, prima di lasciare il vostro suolo, a fare di questa croce della passione il simbolo della vostra fedeltà a Cristo e, attraverso di lui, all’uomo: di fronte a coloro che vi invitano ad abbandonare la vostra fede o la Chiesa nella quale siete diventati cristiani, di fronte a coloro che vi invitano al materialismo teorico e pratico, di fronte a chi vi mostra vie di violenza, di fronte a chi pratica l’ingiustizia o non rispetta il diritto degli altri. Il Papa è venuto in Perù per favorire questi obiettivi. Da qui o da lontano egli aspetta la vostra risposta. E nel frattempo, da amico, benedice cordialmente voi e tutti i peruviani.

Il secondo viaggio apostolico del 1988

CERIMONIA DI BENVENUTO

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DISCORSOAeroporto «Jorge Chávez» di Callao-Lima (Perù)

Sabato, 14 maggio 1988

Un ricordo indimenticabileSono di nuovo in questa amabile e generosa terra peruviana di cui conservo nel mio cuore tanti e cari ricordi: le sue intatte radici cristiane, la fede e la pietà del suo popolo, la sua calorosa accoglienza, la sua ospitalità, il suo spontaneo affetto per il successore di Pietro, il suo costante desiderio di benedizione. Il mio ringraziamento più vivo e sincero a tutti per aver reso possibile il trovarmi nuovamente tra voi, in questo Paese le cui origini, che si perdono in un passato ancestrale, mettono in evidenza come il lungo cammino storico dell’uomo di queste terre sia stato contrassegnato da un’ansia religiosa che fu appagata con l’arrivo della buona novella, ormai quasi cinque secoli fa. Signor Presidente, accolga il mio rispettoso saluto assieme al ringraziamento per le sue cordiali parole di benvenuto; un saluto e un ringraziamento che desidero estendere alle autorità e personalità che l’accompagnano. Il ricordo di quei giorni indimenticabili della mia prima visita pastorale in Perù, mi riporta alla memoria molte splendide cose che custodisco nella mente e nel cuore: un ricordo particolare è quello della devozione che i peruviani hanno per la croce, la croce di Cristo. Le celebrazioni popolari, soprattutto nei villaggi andini, in occasione della Festa della croce, la sua immagine nelle chiese e nelle cappelle, nelle case, lungo i sentieri, sulle cime dei colli, sulle alture più inattese, parla molto chiaro delle profonde radici della fede espressa con l’adesione a questo segno di salvezza. La devozione diffusa in tutto il Paese al crocifisso Signore dei Miracoli, è dimostrazione eloquente dell’amore del popolo peruviano per il simbolo della croce.

Sulla Croce si consumò il sacrificio della nostra redenzioneSul Golgota e nel cenacolo il Signore ci lasciò il ricordo del suo amore per noi: la sacra Eucaristia. Conoscendo pertanto la intatta devozione dei peruviani per la croce, la loro fervente adorazione al Santissimo Sacramento, sacrificio e banchetto, ho accolto con grande gioia l’invito ad essere presente alla solenne cerimonia di chiusura del V Congresso eucaristico e mariano dei Paesi bolivariani. (…) Vengo per unirmi a voi, amati figli del Perù e spiritualmente agli altri Paesi bolivariani - Bolivia, Colombia, Ecuador, Panama e Venezuela - in questi momenti solenni di professione di fede eucaristica, manifestando così il mistero di comunione della Chiesa che vive del corpo e sangue del suo Signore, immolato sulla croce per salvarci. Vengo per celebrare con voi il mistero pasquale di Gesù Cristo, per imprimerlo più profondamente nella vita e nella storia di questo popolo che manifesta una fame insaziabile di Dio, fame di pane, fame di pace e di giustizia. Come continuano ad essere vivi nella mia memoria le emozioni della precedente visita in Ayacucho e a Villa El Salvador! Davanti ai miei occhi vedo immense moltitudini che hanno sperimentato il dolore, la violenza, l’abbandono, la fame.

“Ti riconosciamo, Signore …”Il motto del vostro congresso eucaristico è eloquente: “Ti riconosciamo, Signore, dalla frazione del pane”. Che insieme alla nostra professione di fede nel sacramento dell’altare sia questo un invito a condividere con i fratelli il pane dei beni spirituali e materiali. La mia presenza tra voi, in questa occasione, sarà breve nel tempo, ma intensa per l’affetto e la comunione. Desidero che tutte le persone mi sentano vicino, soprattutto i poveri, gli ammalati, i più abbandonati, poiché il mio cuore come pastore della Chiesa universale è aperto a tutti, secondo le parole dell’apostolo Paolo: “Mi sono fatto tutto a tutti per salvare ad ogni costo qualcuno. Tutto io faccio per il Vangelo” (1 Cor 9, 22-23). Anche se la mia visita è circoscritta alla capitale, le mie parole sono rivolte a tutti i peruviani senza alcuna distinzione: della città e della campagna, della costa, della sierra e della selva. Imparto a tutti fin d’ora la mia benedizione come segno della vicinanza di Dio che infonde la sua infinita bontà in tutti i cuori. Nel dare inizio a questa seconda visita in terra peruviana, il mio sguardo si volge con fiducia alla santissima Vergine, ricordando che il congresso che domani concluderemo solennemente, avete voluto che fosse eucaristico e mariano, in quest’anno dedicato in modo particolare alla Madre del Redentore. Che la potente intercessione della Vergine Maria vi guidi sempre nel vostro cammino per i sentieri del bene. Amati peruviani tutti: Dio benedica il Perù! Dio benedica questo popolo con i suoi doni di pace, di giustizia e di progresso! Sia lodato Gesù Cristo!

INCONTRO CON I SACERDOTI, I RELIGIOSI, I DIACONI E I SEMINARISTICattedrale di Lima (Perù)Sabato, 14 maggio 1988

“Grazia, misericordia e pace da parte di Dio Padre e di Cristo Gesù Signore nostro”In passato i pastori di anime della provincia ecclesiastica di Lima svolgevano la loro attività ministeriale dal territorio centro-americano fino alla parte settentrionale delle attuali Argentina e Cile, annunciando il

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messaggio salvifico del Signore Gesù, via, verità e vita (cf. Gv 14, 4). Oggi, a qualche secolo di distanza, in occasione del V Congresso eucaristico e mariano, voi fratelli provenienti dai sei Paesi bolivariani vi trovate fraternamente uniti in questa cattedrale, sede di illustri pastori come san Toribio di Mogrovejo, per dare pubblica testimonianza della vostra fede cristiana che vi unisce al di là delle frontiere, per proclamare la vostra secolare devozione a Gesù-Eucaristia così come il vostro amore filiale a Maria santissima. Questa devozione e questo amore sono realtà effettive che stimolano e animano la preparazione del V Centenario dell’evangelizzazione dell’America, ossia dell’arrivo avventuroso della “buona novella” (Mc 16, 15) in questo nuovo continente. “Ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la sua grazia, grazia che ci è stata data in Cristo Gesù fin dall’eternità” (1 Tm 1, 9). Così scrive l’apostolo Paolo al suo amato discepolo e fratello Timoteo, ricordandogli l’origine divina della sua vocazione. Con queste stesse parole desidero rivolgermi oggi in primo luogo a voi, amatissimi fratelli nel sacerdozio, esortandovi a rendere grazie e ad approfondire l’importanza, l’esigenza, e la perenne attualità della vostra vocazione sacerdotale.

La vocazione La nostra vocazione sacerdotale è sempre giovane, sempre attuale perché si alimenta incessantemente nella sempre nuova linfa della grazia di Dio; è di qui che la nostra risposta deve rinnovarsi costantemente lungo la nostra vita. Per questo motivo, vi esortavo nella mia precedente visita a “rinnovare la vostra donazione a Cristo” (“Allocutio ad Peruviae presbyteros, religiosos et laicos”, die 2 febr. 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII, 1 [1985] 339 ss) e vi invito a seguire il consiglio che san Paolo dava al discepolo Timoteo: “Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l’imposizione delle mie mani” (2 Tm 1, 6). 3. Il nucleo della missione sacerdotale è la celebrazione dell’Eucaristia dove i sacerdoti, “agendo in persona di Cristo, e proclamando il suo mistero, uniscono i voti dei fedeli al sacrificio del loro capo, e nel sacrificio della Messa rendono presente e applicano, fino alla venuta del Signore (cf. 1 Cor 11, 26), l’unico sacrificio del Nuovo Testamento” (Lumen Gentium, 28). Quindi la missione di ogni sacerdote raggiunge il suo pieno senso nella celebrazione della santa Messa, e così ogni vostra opera porta ad esso poiché l’Eucaristia “si presenta come fonte e culmine di tutta l’evangelizzazione” (Presbyterorum Ordinis, 5).

“Ringrazio Dio . . . che io servo . . . sempre, notte e giorno . . . nelle mie preghiere” Per farsene una coscienza ogni giorno più gioiosa e confidente, i sacerdoti devono imitare anche il dialogo continuo che lo stesso Gesù aveva con Dio suo Padre. Nella preghiera, mentre meditiamo i misteri di Cristo Gesù, dobbiamo cercare senza sotterfugi la volontà di Dio per rifletterla nei nostri compiti pastorali, mettendo nelle mani dell’Altissimo i frutti del nostro lavoro. Dobbiamo inoltre chiedere insistentemente l’aiuto divino per coloro che sono stati affidati alla nostra cura di pastori, rendendo grazie per i benefici ricevuti ed espiando per i nostri peccati e per i peccati di tutti gli uomini. Nella preghiera si va approfondendo gradualmente questa speciale amicizia a cui in un certo senso abbiamo diritto, in considerazione del mistero del cenacolo (cf. “Epistula ad Presbyteros”, 6, die 25 mar. 1988: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 1 [1988] 729 s). Una amicizia che impegna: un’amicizia che “dovrebbe infondere un santo timore, un maggiore senso di responsabilità, una maggiore disponibilità per dare di sé - con l’aiuto di Dio - tutto ciò che si può” (cf. “Epistula ad Presbyteros”, 6, die 25 mar. 1988: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 1 [1988] 729 s). Un’amicizia che allontanerà dalle vostre anime ogni possibile tentazione di solitudine, ogni occasione di abbandonare la vostra vocazione specifica per intraprendere cammini che non sono i vostri. Questo clima di amicizia vi aiuterà ad apprezzare il celibato nel suo autentico significato, come un dono di Dio che “non tutti possono capire, ma solo coloro ai quali è stato concesso” (Mt 19, 11). Essendo un dono eccelso, “la continenza per il Regno dei cieli ha soprattutto l’impronta della somiglianza a Cristo, che nell’opera della redenzione ha fatto egli stesso questa scelta per il Regno dei cieli” (“Allocutio in Audientia generali”, 1, die 24 mar. 1982: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V, 1 [1982] 979). Dono che, liberamente accettato e fedelmente vissuto, configura il sacerdote con la vita di Cristo redentore.

Il celibatoPer il celibato infatti, “i presbiteri si consacrano a Cristo con un nuovo ed eccelso titolo” (Presbyterorum Ordinis, 16), e possono dedicarsi più liberamente - con un cuore indiviso - al servizio di Dio e degli uomini (cf. Presbyterotum Ordinis, 16). La perfetta continenza per il Regno dei cieli rende possibile la “paternità nello spirito . . . caratteristica della nostra personalità sacerdotale, che ne esprime chiaramente proprio la maturità apostolica e la fecondità spirituale” (“Epistula ad Presbyteros”, 4, die 25 mar. 1988: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 1 [1988] 727). In questo anno mariano, la nostra opzione sacerdotale, cosciente e decisa, per il celibato per tutta la vita, la deporremo, amatissimi fratelli, nel cuore di Maria. “Bisogna ricorrere a questa Madre Vergine, quando incontriamo delle difficoltà sulla strada prescelta. Bisogna che col suo aiuto cerchiamo una sempre più profonda comprensione di questa strada, l’affermazione sempre più completa di essa nei nostri cuori” (“Epistula ad Presbyteos”, 4, die 25 mar. 1988: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 1 [1988] 727). Il “nostro salvatore Cristo Gesù . . . ha vinto la

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morte e ha fatto risplendere la vita e l’immortalità per mezzo del Vangelo” (2 Tm 1, 10). E voi siete stati resi compartecipi di questa irradiazione della luce di vita. La vocazione sacerdotale è soprattutto una vocazione di servizio generoso agli altri, nella ricerca esclusiva della gloria di Dio.

Il primo servizio che dovete rendere è proprio ai vostri fratelli nel sacerdozioI sacerdoti non sono persone confermate nella grazia, orientate in modo assoluto al bene ed incapaci di operare il male. Il sacerdote ha bisogno, come gli altri cristiani, degli aiuti spirituali: i sacramenti, la preghiera, l’esempio, la consolazione, l’incoraggiamento e l’aiuto sia spirituale che materiale. La fraternità sacerdotale è il vostro primo dovere e il vostro impegno. “Ciascuno dei presbiteri è dunque legato ai confratelli con il vincolo della carità, della preghiera e di ogni specie di collaborazione” (Presbyterorum Ordinis, 8). L’autentico spirito fraterno vi porterà a preoccuparvi con esemplare sollecitudine dei vostri fratelli sacerdoti quando sono colpiti dalla malattia, dalla povertà o dalla solitudine, oberati da eccessivo lavoro, o quando il peso degli anni renderà loro più faticoso il lavoro apostolico. Le vostre sollecite cure debbono indirizzarsi soprattutto a cercare il loro bene spirituale. La preghiera e la donazione senza limiti alle anime saranno, come sempre, i mezzi che dovrete utilizzare, pregando Dio incessantemente gli uni per gli altri e offrendovi reciprocamente la testimonianza di una vita sacerdotale pienamente edificante. Richiedono particolare attenzione le situazioni in cui si nota un venir meno degli ideali sacerdotali e l’impegno in attività che non sono completamente conformi a quelle proprie di un ministro di Gesù Cristo. È allora il momento di assumere, assieme al calore della fraternità, l’atteggiamento fermo del fratello che aiuta il fratello a mantenersi in piedi.

Amministratori e dispensatori dei misteri di DioSan Paolo - nella lettura che abbiamo ascoltato - dice a Timoteo che il Signore “non ci ha dato uno Spirito di timidezza ma di forza, di amore e di saggezza” (2 Tm 1, 7). Il sacerdote, profondamente unito a Cristo, va incontro agli altri uomini. Quando ricordo la mia precedente visita in questa terra ricca di storia, vi vedo in prima fila al servizio della Chiesa nel cuore delle grandi selve, nelle immense pampas e nei freddi altopiani, nelle calde valli e nei deserti, nelle moderne e intricate città. Vi vedo, sempre e in ogni luogo, portatori della vostra specifica vocazione, dispensatori della grazia di Cristo, sommo ed eterno sacerdote. Vi vedo come sacerdoti di Cristo, uniti ai vostri Vescovi nel collaborare con loro come artefici della comunione ecclesiale per proclamare fedelmente la buona novella della salvezza in Cristo e per edificare un “mondo migliore” (cf. Pauli VI Populorum Progressio, 65), una società rinnovata secondo gli autentici valori evangelici ed umani, secondo il piano creatore e redentore di Dio, edificando così la civiltà dell’amore. Con il cuore colmo di questo carattere sacerdotale, dovete sempre ricordarvi che siete chiamati ad essere amministratori e dispensatori dei misteri di Dio. Lo siete in modo speciale del pane dell’Eucaristia e della vita stessa di Dio per la quale siamo suoi figli in Cristo; siete artefici di pace e di riconciliazione attraverso il sacramento del Perdono, al quale dovete dedicare tempo e molto impegno, considerandolo parte importante della vostra missione; siete educatori del senso cristiano del matrimonio, siete portatori di consolazione, di serenità spirituale e di salvezza attraverso il sacramento dell’Unzione degli Infermi. In una parola, siete ministri della “Parola di Dio, cioè il mistero nascosto da secoli . . . ma ora manifestato ai suoi santi” (Col 1, 25-26); quindi, dovete far sì che questo mistero di Cristo giunga integralmente e fedelmente al cuore di tutti gli uomini.

Non potete sostituire il Vangelo con opzioni temporalisteCome vi dissi in questa stessa Cattedrale poco più di tre anni fa, “so del rifiuto che sorge nei vostri cuori nel vedere diffusa nel mondo un’ansia smodata e spietata di avere, di possedere e di piacere”, che genera a sua volta situazioni di povertà e di ingiustizia. Grande è stato lo sforzo compiuto nel corso dei secoli dalla Chiesa nell’opera evangelizzatrice e voi, consapevoli di ciò che resta da fare, dovete dedicare le vostre migliori energie per continuare questo lavoro. Nondimeno, i vostri ideali di servire i più poveri si devono realizzare in ogni momento conformemente alla vostra vocazione di strumenti di unità. Non potete cedere alla tentazione di rifiutare qualcuno, creando differenze ed antagonismi. Non potete sostituire il Vangelo con opzioni temporaliste. Il Vangelo di Cristo giudica il mondo e non il mondo il Vangelo. Sapete che vi sono forme erronee della teologia della liberazione, nelle quali i poveri sono concepiti in modo riduttivo, nell’ambito di un quadro esclusivamente economico, e viene proposta loro la lotta di classe come unica soluzione possibile (cf. Congr. Pro Doctr. Fidei “Libertatis Nuntius”, IV, 5; VII, 8). Si giunge così ad una situazione di conflitto permanente, ad una visione erronea della missione della Chiesa e ad una falsa liberazione che non è quella che Cristo ci offre. Voi, amati sacerdoti, dovete trasmettere fedelmente l’autentica dottrina sociale della Chiesa: questa “accurata formulazione dei risultati di un’attenta riflessione sulle complesse realtà dell’esistenza dell’uomo, nella società e nel contesto internazionale, alla luce della fede e della Tradizione ecclesiale. Suo scopo principale è di interpretare tali realtà, esaminandone la conformità o difformità con le linee dell’insegnamento del Vangelo sull’uomo e sulla sua vocazione terrena e insieme trascendente; per orientare quindi, il comportamento cristiano” (Sollicitudo Rei Socialis, 41).

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“Come in un albero piantato da Dio …”Desidero ora rivolgermi specialmente a voi, amati religiosi, successori dei missionari della prima evangelizzazione e di illustri apostoli in tempi recenti, come il padre Francisco del Castillo, esempio di amore ai poveri secondo il Vangelo. “Come in un albero piantato da Dio e in un modo mirabile e molteplice ramificatosi nel campo del Signore” (Lumen Gentium, 43), così si sono sviluppate e sono cresciute in tutta la Chiesa le famiglie religiose degli istituti di vita consacrata, promuovendo, ciascuno secondo il proprio specifico cammino, la diffusione del Regno di Dio. Anche in questo continente, e in modo particolare in questo Paese, la vostra vita donata completamente al Signore, ha dato frutti abbondanti per “radicare e consolidare negli animi il Regno di Cristo” (Lumen Gentium, 43). La sfida evangelizzatrice di fronte alla quale si trova l’America Latina alla fine di questo millennio, richiede la vostra insostituibile collaborazione. La Chiesa, nei Paesi bolivariani, ha bisogno della collaborazione generosa delle famiglie religiose, che oggi, come nei secoli passati, con la loro orazione e con la loro santa vita, con le loro opere di assistenza e di educazione, facciano giungere a molti il messaggio di Cristo. Ricordate che la fedeltà al carisma fondazionale di ognuna delle vostre famiglie è un segno evidente di adesione alla volontà di Dio e condizione indispensabile per la fecondità apostolica. L’amore di Dio che avete dimostrato professando i consigli evangelici vi deve portare a rifiutare qualsiasi tentazione di deviare e di impoverire il cammino che la Provvidenza divina ha tracciato per voi. Abbiate una grande considerazione per la vita in comunità e per i segni esterni che manifestano davanti agli uomini la vostra totale consacrazione a Dio e ricordano la prospettiva escatologica del Regno.

La formazioneLa vostra formazione di “veri pastori d’anime” (Optatam Totius, 4) ha alcune caratteristiche che dovete mettere in pratica secondo le indicazioni del Concilio Vaticano II. In sintonia con la totale adesione a Cristo dovete affrontare le discipline filosofiche e teologiche con un grande amore per la verità, consapevoli che i vostri studi sono il cammino verso una maggiore conoscenza di Dio e della storia della salvezza. “Prendi come modello le sane parole che hai udito da me, con la fede e la carità che sono in Cristo Gesù. Custodisci il buon deposito” (1 Tm 1, 13-14), ci esorta san Paolo. Anche voi custodirete questo “buon deposito” con una fedeltà piena al Magistero della Chiesa, aggiungendo alla conoscenza intellettuale l’adesione interiore soprannaturale, che viene dalla fede. La formazione spirituale, mediante una sincera e fiduciosa direzione, la conoscenza e la pratica della liturgia e in generale un’adeguata preparazione pastorale pratica, devono avere un posto importante nel vostro impegno personale per rispondere alla vocazione di futuri pastori di anime. L’Eucaristia, centro della vita del cristiano e scuola di umiltà e servizio, deve essere per voi, amati seminaristi, l’oggetto principale del vostro amore. L’adorazione, la pietà, il culto del Santissimo Sacramento durante questi anni di preparazione vi porteranno a far si che un giorno celebrerete il santo sacrificio dell’altare con una unione edificante e autentica.

CONSACRAZIONE DEL PERÙ A MARIA«NOSTRA SIGNORA DELL’EVANGELIZZAZIONE»

PREGHIERA DI GIOVANNI PAOLO IICattedrale di Lima (Perù) - Sabato, 14 maggio 1988

Ave Maria, piena di grazia, madre di misericordia! Ti rendiamo grazie perché ci hai dato il frutto benedetto del tuo seno, Cristo Gesù, autore della nostra salvezza.

Tu, madre e protettrice di questo popolo, lo hai accompagnato attraverso la storia, maestra sua nella fede, nella speranza e nell’amore: mostraci ora Gesù, presentandoci l’esempio della sua vita e

intercedendo per noi. In quest’ora di grazia e di benedizione per il Perù, desideriamo riaffermare la nostra fede in Cristo Eucaristia, via, verità e vita, la cui parola vogliamo accogliere nel nostro cuore, così come tu l’hai accolta, di modo che, rinnovati dall’Eucaristia e dalla Parola, possiamo edificare tutti insieme l’agognata civiltà dell’amore. “Nostra Signora dell’Evangelizzazione”! Madre della buona novella, sappiamo che il cammino è arduo; questa gloriosa terra, culla di santi, è adesso afflitta dalla violenza e dalla morte, dalla povertà e dall’ingiustizia, da una profonda crisi familiare frutto dell’oblio della legge del Signore, da ideologie che cercano di svuotare di contenuto la sua fede cristiana. Per questo desideriamo offrirti tutto il Popolo di Dio, pellegrino in Perù e metterlo accanto al tuo cuore di madre: - I pastori della Chiesa, perché continuino ad essere validi maestri della verità, difensori della dignità dei fratelli, edificatori dell’unità. - I sacerdoti, affinché sempre più consapevoli del loro vincolo con l’unico mediatore, Cristo Gesù, intensifichino la loro presenza nelle comunità, quali fedeli dispensatori dei misteri di Dio. - Le persone consacrate, affinché attraverso la fedele osservanza dei consigli evangelici, si dedichino intensamente a Dio come al loro supremo amore, siano segno luminoso della Chiesa e presenza del tuo Figlio nel mondo. - Tutti i laici, affinché fedeli al loro battesimo e guidati dallo Spirito Santo diventino autentica

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testimonianza del Vangelo e lo annuncino con la loro vita. - Le famiglie cristiane, affinché, come vere Chiese domestiche, siano autentici santuari nei quali si vive la fede, la speranza e la carità, dove fiorisce la fedeltà, l’obbedienza filiale, il mutuo amore. - I giovani, perché siano capaci di offrire tutte le loro energie nell’edificare un nuovo Perù in cui si possa vivere senza timore lo spirito delle beatitudini del Regno. - I poveri, gli anziani, i malati, le vittime dell’ingiustizia e della violenza, coloro che portano la croce della passione del tuo Figlio, perché trovino consolazione nella loro fede, fortezza nella loro speranza, aiuto solidale in tutti i loro fratelli. - I responsabili del governo della nazione e coloro che reggono la società, affinché con rettitudine e generoso impegno conducano il popolo del Perù attraverso sentieri di giustizia e libertà nella pacifica convivenza. Madre e Signora nostra, accogli amorevolmente quest’offerta dei figli tuoi e benedici quest’amata terra con i doni della riconciliazione e della pace.

O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria!

DISCORSO AI COLLABORATORI NELLA MISSIONE POPOLARE«Plaza de Armas» di Lima (Perù) - Sabato, 14 maggio 1988

"La pace sia con voi" (Lc 24, 36). Le mie parole in questo incontro sono rivolte a tutti voi che riempite questa Plaza de Armas, ma in modo speciale a quanti hanno attivamente partecipato alla grande missione di Lima e in altri luoghi del Perù. Vi saluto come laici impegnati che collaborate all’opera della nuova evangelizzazione. Nella mia prima visita in Perù vi invitai, da questo stesso luogo, ad accogliere la parola di Cristo ed a testimoniarla nella vostra vita personale, familiare e sociale. Con questo spirito avete realizzato la grande missione in Lima, per rispondere con la forza del Vangelo alle sfide di una società che soffre i sintomi di una crescente secolarizzazione. Avete cercato nuove vie e modi per rendere Cristo presente fra i vostri fratelli, arrivando dovunque, cercando di illuminare le realtà sociali e i problemi umani nella prospettiva del Vangelo, seguendo le esigenze dell’amore e della pace. Attraverso la vostra azione a servizio della evangelizzazione, tutto il popolo cristiano è andato prendendo coscienza del senso pastorale e spirituale del V Congresso eucaristico e mariano dei Paesi bolivariani, che concluderò domani con San Miguel.

La centralità dell’EucaristiaL’Eucaristia è la fonte e il culmine di tutta la predicazione evangelica. In essa Cristo, nostra Pasqua e pane vero, si fa realmente presente, si offre al Padre, ci si dona come alimento che dà vita e che spinge a trasmettere questa vita che da lui riceviamo. Attraverso l’Eucaristia aumenta la nostra partecipazione alla natura divina che abbiamo come figli di Dio attraverso il Battesimo (cf. 2 Pt 1, 4). L’Eucaristia ristabilisce in noi l’armonia del nostro essere e ci spinge a proiettare sulla società lo spirito di riconciliazione che dobbiamo vivere secondo il progetto di Dio (cf. 2 Cor 5, 19). Ci nutriamo del pane di vita per poter portare Cristo nelle diverse sfere della nostra esistenza: nell’ambiente familiare, nel lavoro, nello studio, nelle istituzioni politiche e sociali, nei mille impegni evangelici della vita quotidiana. Il mistero della Eucaristia è “sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di carità“, come dice sant’Agostino (S. Augustini “In Ioann. Evang.”, 26, 31), e ci spinge pertanto a creare una stabile armonia fra la profondità della pietà personale e le esigenze dell’impegno sociale, dato che la celebrazione della Eucaristia, “per essere piena e sincera deve spingere sia alle diverse opere di carità e al reciproco aiuto, sia all’azione missionaria e alle varie forme di testimonianza cristiana” (Presbyterorum Ordinis, 6). Il progetto stesso di Dio, manifestatoci da Cristo nel Vangelo, è quello che rivela e rende presente nella Chiesa la Vergine Maria. Gesù ha voluto svelare la maternità spirituale di Maria, indicandola come madre nostra: “Ecco tua Madre” (Gv 19, 27), dice a Giovanni dalla croce. E il discepolo amato “da quel momento la prese nella sua casa”.

L’Eucaristia e la Vergine MariaQuesti due temi della missione ci offrono numerosi spunti di riflessione riguardo al mistero eucaristico e la maternità della Vergine. “Maria guida i fedeli verso l’Eucaristia” (Redemptoris Mater, 44). La Vergine ci insegna ad avvicinarsi al mistero eucaristico con fede, con purezza di cuore, con rispetto e riverenza; ci invita a contemplare il mistero della presenza e del sacrificio di Cristo con gli stessi sentimenti di adorazione e di ringraziamento con cui ella contemplava il mistero del suo Figlio. Queste sue meraviglie dell'amore di Dio, l'Eucaristia e la maternità verginale di Maria, ci devono spingere, da una parte, ad unirci in perenne ringraziamento con tutta la Chiesa, e dall'altra, ad impegnarci come cristiani nel grande impegno della evangelizzazione, affinché nessuno rimanga privo di questi doni di Dio che solo possono essere accolti attraverso la fede e la comunione con la vita della Chiesa. Maria e l'Eucaristia. Queste due realtà che riempiono di luce e di vita il cammino della Chiesa pellegrina, ci devono incoraggiare ad illuminare e vivificare con raddoppiato impegno tutti gli ambienti della società peruviana, dove i laici sono in modo particolare chiamati a dare testimonianza della loro fede nel servizio ai fratelli.

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MESSAGGIO RADIO-TELEVISIVO AI DETENUTI NELLE CARCERI PERUVIANELima (Perù) - Domenica, 15 maggio 1988

La presenza di CristoVoglio che la mia parola arrivi a ciascuno di voi, nei centoundici penitenziari dove, sulla costa, nella “sierra” o nella selva soffrite la limitazione della libertà e la separazione dai vostri cari, come il messaggio di un amico, con la speranza che riempia il vostro spirito di consolazione e di pace. Durante la mia precedente visita in Perù, nel febbraio 1985, vi inviai con immenso affetto la mia benedizione; in questo modo volli corrispondere e manifestare la mia viva gratitudine per la vostra sincera testimonianza di adesione come pure per il delicato ed artistico regalo che mi presentaste, frutto del lavoro delle vostre mani. Tornando adesso, su invito dell’episcopato, per presiedere alla chiusura di questo Congresso eucaristico e mariano dei Paesi bolivariani, voglio dirvi che vi ho spiritualmente molto presenti nella mia mente, nel mio cuore e nella mia preghiera. Sebbene non possiate unirvi fisicamente a noi in queste grandi solennità, tuttavia potete adorare il Signore nel mistero della Eucaristia, davanti al tabernacolo, dove lui è voluto rimanere con noi per sempre. La presenza di Cristo nella Eucaristia vi accompagna nella vostra solitudine e vi invita alla preghiera e alla speranza. A quanti credono in lui, e in modo particolare a voi, dice Gesù nel Vangelo: “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite ed umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo è infatti dolce e il mio carico leggero” (Mt 11, 26-28).

Condivido i vostri doloriCondivido le vostre pene, la durezza della vostra situazione, l’impazienza, a volte, della lunga attesa della sentenza giudiziaria che sanzioni la vostra condizione. Penso con dolore alle vostre spose, sposi, genitori o figli che hanno anche bisogno, oltre che della consolazione della vostra compagnia, dell’appoggio e dei frutti del vostro onesto lavoro. Conosco le dolorose tensioni che sono costate dolorosi spargimenti di sangue e so delle vostre penurie e delle vostre necessità che, nonostante nobili e generosi sforzi da pane delle autorità, non si riescono a superare. Spinto dal mio affetto per voi, benedico e ringrazio di cuore per il loro generoso lavoro pastorale, quanti si preoccupano di voi, quanti si interessano per il vostro bene: i sacerdoti, i religiosi, gli agenti pastorali, che cercano con zelo ardente di ravvivare nel vostro cuore la fede in Dio, la speranza cristiana che dobbiamo mantenere accesa anche nel mezzo della notte più oscura; quanti con carità alleviano i vostri dolori e le vostre necessità facendovi scoprire anche il valore salvifico della sofferenza quando si accetta per amore di Cristo. Esprimo il mio riconoscimento a coloro che, ai diversi livelli di responsabilità, con umanità e con spirito cristiano, compiono i difficili doveri della custodia o della direzione e del governo dei penitenziari. Tutti ricordino la parola del Signore rivolta espressamente a quanti vivono in circostanze come le vostre: “Quello che avete fatto a loro lo avete fatto a me; quello che non avete fatto a loro, non lo avete fatto a me. Ero io che stavo nel carcere, e siete venuti a visitarmi” (cf. Mt 25, 40).

Il Signore dei Miracoli vi accompagni sempreA voi chiedo che siate “pazienti nella tribolazione”, solidali nel desiderare e nel fare il bene a coloro che con voi condividono il dolore della prigione e la lontananza dalle persone care; questo tempo di privazione della libertà non indebolisca gli affetti familiari né l’amore per il vostro Paese, nella speranza dell’agognato ritorno al focolare e al normale reinserimento nella vita sociale peruviana. Il Signore dei Miracoli, che tanto amate e onorate, anche all’interno del carcere vi accompagni e vi faccia sentire il suo amore. La vostra patrona, la Madonna del Carmine, con la tenerezza e il potere di Madre e di Regina di Misericordia, interceda davanti a Dio per la soluzione dei vostri problemi e riempia di nobili desideri i vostri cuori. Vi benedico con profondo affetto, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

CELEBRAZIONE EUCARISTICA DI CHIUSURA DEL 5° CONGRESSO EUCARISTICO-MARIANO DEI PAESI BOLIVARIANI

OMELIACampo «San Miguel» di Lima (Perù) - Domenica, 15 maggio 1988

Gesù lascia questa terra, tuttavia … "Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo" (At 1, 11). Tutta la Chiesa ascolta oggi queste parole che gli apostoli udirono il giorno della dipartita di Cristo al Padre. "Sono uscito dal Padre e sono venuto al mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado al Padre" (Gv 16, 28). Questo annunzio si compì a quaranta giorni dalla risurrezione. Gesù . . . ascese al cielo" (At 1, 2; cf. At 1, 11). Salì ai cieli. La liturgia di oggi ci fa presente questo mistero della fede. Leggiamo negli Atti degli Apostoli: "Egli si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del Regno di Dio" (At 1, 3). Adesso questi giorni sono arrivati al termine. Cristo ha concluso il tempo della sua missione terrena; proclamando il Regno di Dio ha rivelato il mistero dell'Emmanuele, il mistero del Dio con noi. Gesù lascia questa terra. Tuttavia il mistero

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dell'Emmanuele - Dio con noi - permane. Cristo non venne sulla terra per subito abbandonarci tornando al Padre. È venuto per rimanere con noi per sempre. La Chiesa estesa per i Paesi bolivariani celebra oggi solennemente, nella capitale del Perù, la chiusura del V Congresso eucaristico e mariano.

… è in mezzo a noi lo stesso Cristo crocifisso e risuscitatoÈ con noi colui che nel cenacolo “prese il pane . . . e disse: Questo è il mio corpo, che è per voi . . .”. “Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue” (1 Cor 11, 23-25). Il corpo e il sangue di Cristo. Gesù crocifisso che si offre in sacrificio per i peccati del mondo. Gesù che, nell’agonia, consegna al Padre il suo spirito (cf. Lc 23, 46). Cristo, il gran sacerdote, il sacerdote del sacrificio del proprio corpo e del proprio sangue che offre al Padre. Cristo crocifisso e Cristo risuscitato. Sia questo sacrificio che questo sacerdote sono perenni. Perdurano in questo mondo anche dopo l’Ascensione del Signore. “Ogni volta, infatti, che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga” (1 Cor 11, 26), ci ricorda l’apostolo Paolo. Annunziate la morte del Signore dappertutto, in tutti i luoghi della terra, in tutti i Paesi bolivariani, in tutta l’America Latina. E la morte del Signore vuol dire proprio questo: la verità dell’Emmanuele. Dio è con noi mediante il sacrificio di suo Figlio fatto obbediente fino alla morte. Egli è presente in mezzo a noi in modo salvifico. È con noi come redentore del mondo. Avete voluto che questo Congresso eucaristico fosse al tempo stesso mariano. Come non vedere in questo desiderio una manifestazione in più della stretta unione tra Maria e il mistero dell’Emmanuele? In lei si compie la profezia di Isaia (cf. Is 7, 14; Mt 1, 23) e ha inizio la realizzazione del disegno redentore del Padre in Cristo. Dio s’incarna nel suo seno; è Emmanuele, Dio con noi. Maria, con meraviglia della natura, genera il suo Creatore, come proclama la Chiesa (cf. Ant. “Alma Redemptoris Mater”). Si trasforma così, come ha saputo ripetere la pietà popolare, in “tempio e tabernacolo della Santissima Trinità”.

Dio regna sui popoliMentre stiamo alla presenza di Gesù sacramentato, qui a Lima, la capitale del Perù, raduniamo attorno a Cristo-Eucaristia tutto questo continente: le coste immense degli oceani, i nevai che si innalzano verso il

cielo, le selve e le pianure tropicali, i fiumi e i laghi, gli altipiani e le “pampas”. Dando voce a tutte le creature, cantiamo al Signore il salmo della liturgia dell’Ascensione: “Perché Dio è re di tutta la terra . . . Dio regna sui popoli. Dio siede sul suo trono santo” (Sal 47 [46], 8-9). Sì, tutte le creature chiedono a Dio che stia con loro come Creatore e Signore. E tuttavia il suo trono sulla terra è la croce sul Calvario, dove il suo corpo è stato consegnato alla morte e il suo sangue è stato sparso per i peccati del mondo. E il suo

trono è l’Eucaristia: il pane e il vino come specie del sacrificio redentore e della presenza salvifica dell’Emmanuele.

Siamo attorno a questo sacramento ammirabileVeniamo a lui con questo grande pellegrinaggio dei popoli bolivariani. Portiamo tutto ciò che forma parte della vita di questi popoli e della Chiesa in tutta l’America Latina. All’Eucaristia dobbiamo associare tutta la nostra vita e la vita degli uomini del mondo intero. Il pane, “frutto della terra e del lavoro dell’uomo”, e il vino, “frutto della vite e del lavoro dell’uomo”, simbolizzano tutto ciò che di buono portiamo in noi stessi e tutto il nostro lavoro e possono trasformarsi in offerta e in lode a Dio. In questo modo, l’instaurazione del Regno dei cieli comincia a farsi realtà già sulla terra. Dio vuole contare sulla nostra collaborazione unita a queste offerte. Mediante l’Eucaristia, sacrificio del corpo e del sangue del Signore, i beni di questa terra servono per instaurare il Regno definitivo. Il pane e il vino “sono trasformati misteriosamente, ma realmente e sostanzialmente, per opera dello Spirito Santo e delle parole del ministro, nel corpo e nel sangue del Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio e Figlio di Maria” (Sollicitudo Rei Socialis, 48). Il Signore assume in se stesso tutto ciò che noi abbiamo apportato e si offre e ci offre al Padre “nel rinnovamento del suo unico sacrificio, che anticipa il Regno di Dio e ne annuncia la venuta finale”. (Sollecitudo Rei Socialis, 48).

Cristo rimane in mezzo a noiNon solo durante la Messa, ma anche dopo, sotto le specie custodite nel tabernacolo. E il culto eucaristico si estende tutto il giorno, senza limitarsi alla celebrazione del sacrificio. È un Dio vicino, un Dio che ci aspetta, un Dio che è voluto rimanere con noi. Quando si ha fede in questa presenza reale, come diventa facile stare accanto a lui, adorando l’amore degli amori! Come diventa facile comprendere le espressioni di amore con le quali, lungo i secoli, i cristiani hanno circondato l’Eucaristia! L’amore all’Eucaristia è stata l’occasione perché si manifestasse qui - come in tante parti del mondo -, la genialità del vostro popolo, lasciando nelle nazioni bolivariane un patrimonio eucaristico singolare, degno di essere conservato scrupolosamente (cf. Sacrosanctum Concilium, 22). Il sollievo della miseria di coloro che soffrono non potrà essere mai una discolpa per trascurare o perfino disprezzare Gesù nell’Eucaristia; non bisogna infatti dimenticare che la dignità ed il decoro negli oggetti di culto e nelle cerimonie liturgiche, è una prova di fede e di amore per Cristo nell’Eucaristia. Gesù, però, non solo vuole rimanere con noi; vuole

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darci la forza per entrare nel suo Regno. “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel Regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7, 21). Cristo, che ha compiuto la volontà di suo Padre “fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2, 8), ci rende partecipi della sua fedeltà mediante l’Eucaristia. Attraverso di essa ci dà la forza che rende possibile compiere la volontà di Dio, per la quale entriamo nel Regno dei cieli. Cristo vuol essere nostro alimento. “Prendete e mangiate, questo è il mio corpo” (Mt 26, 26) ci dice come disse ai suoi discepoli il giorno del giovedì santo. È il mistero dell’amore che esige da parte nostra una risposta di amore. Per questo dobbiamo riceverlo sempre degnamente, con l’anima in grazia, essendoci purificati prima, quando ne abbiamo bisogno, per mezzo del sacramento della Penitenza. “Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore - ci dice l’apostolo Paolo - sarà reo del corpo e del sangue del Signore” (1 Cor 11, 27). E lo riceveremo con la maggiore frequenza possibile come manifestazione del nostro amore, del nostro desiderio di assomigliare a lui e di essere veri discepoli suoi nel servizio dei nostri fratelli.

Emmanuele, Dio con noiDio dentro di noi è come un anticipo dell’unione con Dio che avremo in cielo. Quando lo riceviamo con le dovute disposizioni si rafforza, per così dire, l’inabitazione della Trinità nella nostra anima, la percepiamo più intimamente. Con la comunione possiamo ascoltare di nuovo Cristo che ci dice “il Regno di Dio è in mezzo a voi” (Lc 17, 21). Ricordiamoci, allo stesso tempo, che il suo Regno, sebbene già iniziato nel tempo presente, non è di questo mondo (cf. Gv 18, 36). Il suo Regno è il “Regno di verità e di vita, Regno di santità e di grazia, Regno di giustizia, di amore e di pace” (“Prefatio” in sollemnitate Domini Nostri Iesu Christi Universorum Regis). È il Regno nel quale egli va a prepararci un posto e al quale ci condurrà quando ce lo abbia preparato (cf. Gv 14, 2-3), se gli siamo stati fedeli. In questo modo, sapremo rigettare la tentazione del messianismo terreno: la tentazione di ridurre la missione salvifica della Chiesa ad una liberazione esclusivamente temporale. “La Chiesa vuole il bene dell’uomo in tutte le sue dimensioni, prima come membro della città di Dio, e poi come membro della città terrestre” (Congr. pro Doctr. Fidei “Libertatis Conscientia”, 63). Per questo insegna che “la liberazione più radicale, cioè la liberazione dal peccato e dalla morte, è quella compiuta mediante la morte e la risurrezione di Cristo” (Congr, Pro Doctr. Fidei “Libertatis Conscientia”, 22).

"Ogni volta infatti che mangiate di questo pane . "“Ogni volta infatti che mangiate di questo pane … e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga” (1 Cor 11, 26). Ogni volta che partecipiamo alla Eucaristia ci uniamo di più a Cristo e, in lui, a tutti gli uomini, con un vincolo più perfetto di qualsiasi unione naturale. E, uniti, ci invia al mondo intero per dare testimonianza dell’amore di Dio mediante la fede e le opere di servizio agli altri, preparando la venuta del suo Regno e anticipandolo fra le ombre del tempo presente. Scopriamo, inoltre, il senso profondo della nostra azione nel mondo a favore dello sviluppo e della pace, e riceviamo da lui le energie per impegnarci in questa missione ogni volta con più generosità (cf. Sollicitudo Rei Socialis, 48). Costruiamo così una nuova civiltà: la civiltà dell’amore. Una civiltà che, qui in Perù, hanno contribuito a forgiare anime scelte come san Toribio di Mogrovejo, santa Rosa da Lima, san Martino di Porres, san Francesco Solano, san Giovanni Macías, la beata Ana de los Angeles e tanti altri cristiani esemplari, che, con la testimonianza della loro vita e con le loro opere di carità, ci hanno lasciato un cammino luminoso di autentico amore preferenziale per i poveri secondo il Vangelo. Una civiltà che, su questa base di amore alla persona che sta vicino a noi - il nostro prossimo - trasformerà le strutture e il mondo intero.

Chiesa del Perù! Chiesa dei Paesi bolivariani! Chiesa d’America Latina! Cristo ti parla con le stesse parole con cui parlò allora e ti invia a predicare la buona novella a ogni creatura così come inviò gli apostoli il giorno dell'Ascensione. L'Eucaristia è il sacramento di questa missione. Nell'Eucaristia si perpetua la morte e la risurrezione del Signore. In essa si fa presente la potenza dello Spirito Santo che ci spinge ad essere testimoni di Cristo per annunciare il suo messaggio di salvezza a tutte le nazioni. L'Eucaristia che oggi celebriamo qui è sacramento della missione, dell'invio. Da essa nasce la missione di tutti: dei Vescovi, dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose, dei laici, di tutto il Popolo di Dio. Camminate, pertanto, alimentati e sostenuti dall'Eucaristia! Camminate con Maria, la Madre di Gesù! Rimanete con lei in orazione perseverante (cf. At 1, 14). Essa è la Madre della Chiesa nascente e, dopo l'Ascensione del Figlio, la sua condizione materna rimane nella Chiesa per sostenerci col suo amore (cf. Redemptoris Mater, 40). Camminate! E non vi manchi coraggio né pazienza, non vi manchi umanità e costanza. Non vi manchi la carità! Figli e figlie dell'America Latina, anch'io vi ripeto le parole che abbiamo ascoltate dal libro degli Atti degli Apostoli: "perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo" (At 1, 11). Tutti noi stiamo in questo mondo, in mezzo alle realtà terrene, ma con lo sguardo fisso in alto, sapendo che il Signore verrà di nuovo. Con grande amore e fiducia siamo "nell'attesa della tua venuta". "Maranà tha". Vieni Signore Gesù!

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REGINA COELILima (Perù) - Domenica, 15 maggio 1988

“Rallegrati, o Regina del cielo”

Maria, senza dubbio, si è rallegrata ed ha esultato nel Signore durante le giornate di questo grande Congresso che oggi concludiamo, durante le quali il Popolo di Dio dei Paesi bolivariani ha manifestato con entusiasmo la propria profonda fede in Gesù eucaristia. È stata una celebrazione liturgica e popolare di diversi Paesi fratelli in onore di colui che ha realizzato la nostra salvezza, di colui che continua a rinnovare la sua opera di amore misericordioso attraverso i sacramenti, di colui che ha voluto rimanere insieme a noi, per essere nostro compagno, nostro amico, nostro fratello. L’esortazione che lo stesso Signore continua a rivolgerci “Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, ed io vi ristorerò” (Mt 11, 28), è stata in questi giorni un invito ad avvicinarsi a lui con Maria e attraverso Maria. Lei “Vergine e Madre, Figlia del suo Figlio” - nell’eloquente espressione dantesca -, è nelle vostre nazioni al vostro fianco accompagnandovi nel vostro cammino, guidandovi nel vostro pellegrinaggio nella fede (cf. Redemptoris Mater, 24). Nei Santuari mariani, che come pietre preziose abbelliscono il vostro Paese, ella attende i suoi figli per ripetere loro come madre amorosa il divino consiglio, la parola che incoraggia, la forza spirituale di cui abbiamo tanto bisogno. Sarebbe lungo e difficile elencare tutti questi luoghi di culto della Madre del Redentore; voi li conoscete bene, e sapete dove andare per trovare colei che è “vita, dolcezza e speranza nostra”. Il popolo cattolico, con il suo particolare “sensus fidei”, invoca Maria come madre; madre di misericordia, perché porta nelle sue braccia, e da lei lo abbiamo ricevuto, il Verbo di Dio fatto uomo, venuto a noi uomini perché abbiamo la vita e la abbiamo in abbondanza (cf. Gv 10, 10); una vita vera, piena, gioiosa, frutto della redenzione, che si perpetua nell’Eucaristia, sacramento dell’amore.

ALLOCUZIONE ALLA CONFERENZA EPISCOPALE PERUVIANALima (Perù) - Domenica, 15 maggio 1988

“Congregavit nos in unum Christi amor”.Queste parole, sempre attuali nella Chiesa, si compiono oggi in modo particolare. Ci ha qui riuniti l’amore di Cristo e l’amore di sua Madre, nella felice occasione della chiusura del V Congresso eucaristico e mariano dei Paesi bolivariani. Vi ringrazio vivamente per questo invito alla solenne cerimonia, mentre innalzo il mio cuore nel ringraziamento al Padre, da cui viene “ogni buon regalo e ogni dono perfetto” (Gc 1, 17), per la devozione che ha manifestato il popolo peruviano verso l’Eucaristia e verso la Madre di Dio. Questo fervore, opera della grazia e frutto, al tempo stesso, del vostro zelante ministero, è un segno evidente della dedizione e dell’impegno con cui esercitate la vostra opera pastorale. Rendo anche grazie a Dio perché mi concede di stare nuovamente con voi e di potervi salutare fraternamente quali veri ed autentici maestri della fede, pontefici e pastori (cf. Christus Dominus, 2). Ormai prossimi al terzo millennio del cristianesimo e, ancor prima, alla vigilia del V Centenario dell’inizio dell’evangelizzazione dell’America, desidero ricordarvi la necessità di un nuovo impegno in quella che già altre volte ho chiamato “nuova evangelizzazione” (“Limae, ad Peruviae episcopos”, 1, die 2 febr. 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII, 1 [1985] 367). Certamente, il seme del messaggio di Cristo è giunto in profondità nelle terre peruviane, ha germogliato costantemente e ha prodotto abbondanti frutti di santità, come dimostrano i vostri santi del passato, ai quali recentemente si è unita suor Ana de los Angeles Monteagudo. Ma il Signore ci chiama a dare impulso a questa evangelizzazione che, come ho ricordato nel 1983 a Puerto Principe, deve essere “nuova nel suo ardore, nei suoi metodi e nella sua espressione” (“Allocutio in Portu Principis ad episcopos Consilii Episcopalis Latino-Americani sodales”, III, die 9 mar. 1983: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VI, 1 [1983] 698), rimanendo sempre fedeli a quella buona novella che è il Vangelo in qualsiasi momento della storia. Questa evangelizzazione, nuova o rinnovata, mentre annuncia Gesù Cristo laddove ancora nessuno lo conosce, pone maggiori esigenze a chi già appartiene al suo gregge. Non possiamo, fratelli miei, fermarci ai risultati già conseguiti. Voi siete, come me, consapevoli di ciò, certamente quello che è già stato realizzato è molto, ma, allo stesso tempo, è poco, se consideriamo i vasti orizzonti di possibile espansione e di diffusione cristiana che si aprono ai nostri occhi.

I vostri predecessoriQuando ebbe inizio la prima evangelizzazione di queste terre, i vostri predecessori si trovarono di fronte ad una geografia che opponeva resistenza, dove le comunicazioni erano rese difficili dalle imponenti catene delle Ande o delle foreste impenetrabili. Ma l’amore e la consapevolezza del mandato divino di fare discepoli in tutti i popoli prevalsero sulle difficoltà. Oggi, come allora, come agli albori del cristianesimo, potrebbe sembrare che gli ostacoli siano insormontabili e i mezzi scarsi. È certo che alle difficoltà già incontrate in passato, se ne aggiungono oggi altre dalle caratteristiche diverse e contrapposte. La società peruviana attuale, che giustamente mira a raggiungere obiettivi di progresso in grado di ampliare l’orizzonte materiale e spirituale di ogni cittadino, si sente a volte come minata

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interiormente da un’ingiustificata eclissi del dovuto rispetto per la dignità umana, a causa di ideologie materialiste che negano la trascendenza, e di una cieca e insensibile violenza ai ripetuti inviti alla riconciliazione. A tutto ciò va ad aggiungersi la crescente e ancora estrema povertà in cui vivono molte famiglie, i mali sociali introdotti o generati dal traffico di stupefacenti, la diffusione delle sette e l’ostinata persistenza di strutture dottrinali e metodologiche che creano confusione fra i fedeli e attentano all’unità della Chiesa. Ma ancora oggi, come cinque secoli fa, lo Spirito di Dio ci porta a svolgere il lavoro con grande ardore e rinnovata speranza: compiendo fedelmente le opere pastorali che richiede la crescita della Chiesa; sopportando con forza le angosce e i dolori che mai mancano; continuando generosamente il cammino della croce (cf. Col 1, 24), fonte della nostra salvezza.

Una nuova evangelizzazioneIl bisogno di una nuova evangelizzazione comporta in primo luogo una maggiore esigenza di unità. La Chiesa, come mistero di comunione, è, secondo le parole del Concilio Vaticano II, “segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Lumen Gentium, 1). Al centro di questo mistero sta la comunione dei Vescovi tra loro. Voi siete, amatissimi fratelli, legittimi successori degli apostoli e membri del Collegio episcopale: di conseguenza, dovete sentirvi strettamente uniti ad esso e fra voi come parte di un solo corpo (cf. Christus Dominus, 6). La carità reciproca che vi unisce deve essere il simbolo che, brillando davanti agli occhi degli uomini, li solleciti ad avvicinarsi a Gesù Cristo: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 35). “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura” (Mc 16, 15). Il primo passo di questa nuova evangelizzazione è la gioiosa e costante diffusione del messaggio cristiano, verso cui avete una particolare responsabilità. Siete, infatti, “gli araldi della fede . . . i dottori autentici, cioè rivestiti dall’autorità di Cristo, che predicano al popolo loro affidato la fede da credere e da applicare nella pratica della vita” (Lumen Gentium, 25). “L’intero mistero di Cristo” (Christus Dominus, 12) deve rappresentare in ogni momento il centro di questa nuova evangelizzazione. Le grandi verità della fede, che ciclicamente la liturgia ci ricorda, devono essere presentate al popolo cristiano con adeguati metodi pastorali, affinché siano professate con un’adesione sempre maggiore. Ciò non esclude in alcun modo che anche l’orientamento al giusto ordinamento delle realtà terrene sia parte integrante del vostro ministero; ma è importante sottolineare che la risposta definitiva agli interrogativi che interessano maggiormente l’umanità viene proprio dalla fede nella grazia divina, che si diffonde nella Chiesa mediante i sacramenti e altri mezzi di santificazione.

Maestri di fedeIl vostro ufficio di pastori e di maestri della fede comprende lo obbligo imprescindibile di discernere, chiarire e proporre rimedi alle deviazioni che si presentino, quando ciò sia necessario. Non dovrete esitare nell’esercitare sollecitamente questo dovere, qualora il legittimo pluralismo dovesse scadere, a causa dell’errore o della debolezza umana, verso posizioni che contraddicano la fede e l’insegnamento della Chiesa. La prudenza e la carità senza limiti, proprie del buon pastore, devono essere accompagnate anche dalla fortezza, che ci deve condurre a denunciare apertamente deviazioni ed errori, anche se ciò può causarci dolore, quando lo esigano il bene delle anime e la fedeltà alla Chiesa (cf. 2 Tm 2, 14-20; Tt 1, 10-11). San Toribio di Mogovejo, esimio predecessore vostro, ci offre un chiaro esempio di come questa virtù della fortezza si eserciti, poiché “fu insigne maestro nella verità, che amava sempre chi sbagliava, ma che non cessò mai di combattere l’errore” (“Limae, ad Peruviae episcopos”, 3, die 2 febr. 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII, 1 [1985] 368). In questo contesto - unione di prudenza, carità e fortezza - si deve articolare saldamente il vostro magistero, lucido e coraggioso, per applicare le direttive contenute nelle due Istruzioni della Congregazione per la Dottrina della Fede sulla teologia della liberazione. Il vostro amore verso il gregge di Cristo e, particolarmente, verso coloro che sono stati da lui costituiti sacerdoti dell’Altissimo, vi deve convincere del fatto che, a volte, l’errore persistente comporta un tale offuscamento della ragione che rende sordi perfino alle chiamate e agli avvertimenti,come se questi fossero diretti ad altri. Seguendo l’esempio del Buon Pastore, che va amorevolmente alla ricerca della pecora smarrita (cf. Mt 18, 12), la vostra sollecitudine pastorale farà tutto ciò che è in vostro potere per reintegrarli pienamente nell’unità senza cedimenti, facendo in modo al tempo stesso che le deviazioni di alcuni non allontanino altri dalla comunione intorno a Cristo.

InsegnareLa predicazione della buona novella significa anche insegnare, secondo la dottrina della Chiesa, il valore della persona umana e dei suoi diritti inalienabili; il valore della famiglia, della sua unità e stabilità; il valore della società civile con le sue leggi e legittime istituzioni, il valore del lavoro, del riposo, delle arti e delle scienze. Questi ed altri sono compiti che il documento conciliare Christus Dominus addita ai Vescovi senza dimenticare, infine, di esporre “come debbano essere risolti i gravissimi problemi riguardanti il possesso dei beni materiali, il loro sviluppo e la loro giusta distribuzione, la pace e la guerra e la fraterna convivenza di tutti i popoli” (Christus Dominus, 12). La vita civica del Perù, sconvolta per anni dalla violenza e dal terrorismo, dalla povertà, dal traffico di

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droga, dal deterioramento della moralità pubblica e da altri mali, non può restare in alcun modo ai margini della vostra parola orientatrice. Compito dei Vescovi, quali artefici di concordia e di unità, è l’opera di comunione nel proprio Paese, opera di riconciliazione e di solidarietà. Lo Spirito che vi ha chiamati a continuare l’edificazione della Chiesa, vi chiede di esortare gli uomini ad unirsi nella verità e nella ricerca dell’autentico bene comune. Il cristiano deve assumersi in coscienza i suoi doveri civici con uno spirito di servizio disinteressato che lo porterà a rinunciare alla ricerca del guadagno personale, del potere e del prestigio, se ciò va a detrimento di altre persone. Saprà rispettare i diritti degli altri, cercando sopra tutte le cose il bene superiore della pace e della giustizia. Fedeli alle loro tradizioni più nobili e alle loro radici cristiane, sceglieranno di camminare con rinnovata fiducia sulla via della riconciliazione e della fratellanza, in uno sforzo comune per raggiungere, attraverso il dialogo e i mezzi pacifici, il superamento degli esistenti squilibri ed interessi contrapposti. Il cristiano deve avere ben chiaro che la società si costruisce solidamente e nella pace se ci si ispira al programma delle beatitudini. Diverse sono, invece, le soluzioni presentate dalle ideologie materialistiche. Il desiderio disordinato di guadagno economico senza alcun freno etico (cf. Sollicitudo Rei Socialis, 37) e la concezione della società divisa in una permanente lotta di classe, sono contrari al messaggio di Cristo: finiscono sempre con l’incrementare l’egoismo e l’odio, per allontanare da Dio e per tradire l’uomo.

Promuovere il più che sia possibile le vocazioni“Come lo annunzieranno senza essere prima inviati?” (Rm 10, 14-15). Fratelli miei, perché questa evangelizzazione nuova e rinnovata possa raggiungere gli estremi confini di questo Paese, dovrete promuovere “il più che sia possibile le vocazioni sacerdotali e religiose e in modo particolare quelle missionarie” (Christus Dominus, 15). Una delle mie più grandi gioie è stata quella di vedere la splendida fioritura di vocazioni in Perù. I seminari dovranno essere come “la pupilla dei vostri occhi”, con la frase del mio venerato predecessore, Papa Pio XII; essi devono essere l’oggetto privilegiato della vostra attenzione, curando tanto il numero dei seminaristi come la qualità adeguata della loro formazione umana, spirituale, dottrinale e pastorale. 9. I Vescovi devono essere “in mezzo ai loro fedeli . . . come coloro che prestano servizio, come buoni pastori che conoscono le loro pecore e sono da esse conosciuti come veri padri che eccellono per il loro spirito di carità e di zelo verso tutti” (Christus Dominus, 16). Dovete abbracciare “sempre con particolare carità i sacerdoti” (Christus Dominus, 16). A voi, fratelli, spetta il nobile compito di mantenere l’unità del clero e degli altri operatori di pastorale e di esortarli a non lasciarsi condizionare da situazioni in cui sia messa in pericolo la loro identità di sacerdoti del Signore. Per questo conviene promuovere fra di loro la genuina fratellanza sacerdotale che, rendendo più facile da compiere il lavoro di ogni giorno, porti il sacerdote ad adempiere fedelmente i suoi compiti verso Dio e verso la Chiesa. Questa fratellanza sacerdotale deve portare anche ad accogliere con sincero affetto i sacerdoti e i religiosi venuti dall’estero, così numerosi in Perù, facendo in modo che si sentano a casa loro, incoraggiati dal clero e dai religiosi locali. Il loro servizio, esercitato lontano dalla loro patria di origine, è creditore di ogni sorta di facilitazioni che serva ad integrarli pienamente nella vita e nell’azione pastorale della diocesi.

La santità di vitaLa santità di vita che dovete promuovere a partire dalle famiglie esige in primo luogo dagli sposi cristiani la santificazione dei loro doveri familiari. Quelli che intraprendono la via del matrimonio devono sapere che nostro Signore ha voluto santificare l’unione coniugale trasformandola nel sacramento del suo proprio amore per la Chiesa. L’autentica felicità della famiglia è fondata sull’amore che si dona e si sacrifica con semplicità e perseveranza. Un amore così deve ispirare i rapporti fra gli sposi, tra genitori e figli, tra i fratelli. Questo amore può alimentarsi soltanto con la fede, e questa è un dono di Dio che si nutre della preghiera e dei sacramenti. Separare dai rapporti coniugali l’apertura alla vita, cercando attraverso mezzi illeciti un piacere che escluda la fecondità, vuol dire non conoscere questo amore. Cari fratelli Vescovi, non siamo soli nel compito della nuova evangelizzazione. Il Signore, nel momento in cui inviò gli apostoli a predicare la buona novella, disse loro: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20). Dio è con noi. Gesù, pur essendosene andato, è rimasto con noi nell’Eucaristia. E, “se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?” (Rm 8, 31). L’Eucaristia è segno e fonte di unità. In essa brilla particolarmente la verità dell’amore: dell’amore di Dio agli uomini, Egli che consegnò il suo Figlio unigenito perché noi, morti a causa del peccato, avessimo la vita. Ed è l’amore che deve unire tutti noi che ci nutriamo del corpo e del sangue del Signore e che siamo vivificati dallo stesso Spirito. Che questo sacramento vi sia di conforto nel vostro cammino e faccia di voi, nel Perù di oggi, simboli viventi ed efficaci dell’amore e della pace del Signore. Io credo che tutti i popoli dell’America Latina siano profondamente radicati nella visione cattolica del cristianesimo. È questo il modo loro proprio di vivere la Chiesa. Una visione luterana protestante, basata esclusivamente sui principi “sola scriptura”,“solum Christum”, sono principi che non appartengono alla Tradizione ed alla formazione tradizionale dell’anima latinoamericana. Per essi è naturalmente una formazione molto cristologica. Ho notato infatti una passione per il Signore; sono rimasto impressionato nel vedere sempre quei crocifissi in edizione latinoamericana: il loro realismo nella passione, il sangue. Hanno, dunque, io penso, una profonda fede cristologica ed anche trinitaria. I misteri della fede sono al centro della religiosità popolare, ma vi è anche una grande attenzione, un grande amore per l’incarnazione, cioè per la Vergine, per la Madre di Dio. La cristologia dei latinoamericani a me sembra sia molto mariana.

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INCONTRO II CON LE RELIGIOSE PERUVIANELima (Perù) - Domenica, 15 maggio 1988

Dilettissime in Cristo! In questa mia seconda visita in Perù, è per me fonte di grande gioia avere la possibilità di incontrarmi con

voi, religiose di varie congregazioni e istituti di vita consacrata, che Dio ama. Egli vi ha chiesto la donazione totale del vostro essere, anima e corpo; egli vi ha invitato a fare delle vostre vite un segno

inequivocabile della consacrazione a Dio; egli vi ha chiamate perché siate testimoni che le realtà terrene non possono essere trasfigurate e presentate al Padre se non nello spirito delle beatitudini. Dio vi ha

chiamate al suo servizio affinché collaboriate con la vostra attiva sollecitudine alla diffusione del Regno di Dio, il cui inizio si trova già nella Chiesa (cf. Lumen Gentium, 5). La vostra presenza qui, stasera, care

religiose, vuole essere testimonianza della vostra consacrazione esclusiva e irrevocabile a Gesù Cristo, nella Chiesa, per mezzo della vostra professione di obbedienza, castità e povertà. In questo modo, il

vostro spirito acquista la libertà necessaria per potervi immergere in quella meravigliosa avventura che è l’abbandono totale agli ideali del Vangelo, alla persona di Cristo, vostro sposo, nella Chiesa, con una

dedizione assoluta al servizio del prossimo. Il vostro non è un impegno temporaneo, è una scelta di tutta la vita nell’accettare di essere segni luminosi delle realtà del Regno di Dio (cf. Perfectae Caritatis, 1).

Il vostro dono personaleCon quanta chiarezza si può vedere su questa terra peruviana l’impronta della risposta generosa di tante religiose e di anime consacrate che hanno lavorato con abnegazione e sacrificio per diffondere il Regno di Dio. La testimonianza di Rosa da Lima, di Ana de los Angeles Monteagudo e di numerose altre elette, segna con tratti inconfondibili l’orizzonte di santità al quale siete chiamate. Donate a Dio nel Signore Gesù, occupate un posto particolare nell’assemblea del Popolo di Dio. La vostra identità si fonda sul nuovo vincolo spirituale della vostra professione religiosa, sviluppo del vincolo battesimale, che la vostra vita consacrata esprime e manifesta con grande intensità (cf. Perfectae Caritatis, 5). Tramite la vostra donazione libera e totale al Signore, vi rendete disponibili per le opere della Chiesa, con fedeltà completa ai suoi insegnamenti ed ai suoi orientamenti. La fedeltà alla Chiesa senza incrinature è una delle condizioni del vostro dono personale e la mancanza di essa significherebbe sviarsi dalla missione alla quale siete state chiamate. Infatti, come dice il Concilio Vaticano II, è “norma fondamentale della vita religiosa il seguire Cristo come viene insegnato dal Vangelo” (Perfectae Caritatis, 2).

La vostra testimonianzaQuesta testimonianza di chiamate alla trascendenza in mezzo ai fratelli, la danno anche quelle religiose che non svolgono un’azione diretta nella società (cf. Lumen Gentium, 46; Gaudium et Spes, 43). Il Papa desidera comunicare a quelle che sono consacrate alla vita contemplativa, che la loro missione ecclesiale continua ad avere piena validità in un mondo sommerso dall’attività, e che la Chiesa guarda con particolare predilezione coloro che hanno optato per un dono senza riserve alla vita claustrale (cf. Perfectae Caritatis, 7; Ad Gentes, 18. 40). Voi, religiose di vita contemplativa, avete realizzato la scelta fondamentale per il Signore Gesù, lasciando tutto per lui, seguendolo, ascoltando le sue parole e dedicandovi con sollecitudine ad operare instancabilmente per il compimento del suo progetto divino (cf. Perfectae Caritatis, 5). Vi siete messe generosamente al servizio della Chiesa. Per questo siete un vero tesoro di vita ecclesiale e, allo stesso tempo, un efficace strumento di apostolato. Abbiate sempre cura di rendere evidente il vostro sentire con la Chiesa. Siate tra di voi e nella comunità ecclesiale, segno di unione, caldeggiando con il vostro esempio, l’unità del Popolo di Dio riconciliato in Cristo. Che il vostro servizio ecclesiale sia sempre in comunione con la Chiesa locale e i suoi pastori. L’emozione che domina oggi gli spiriti è contrassegnata dall’aver vissuto le intense giornate del Congresso eucaristico e mariano che si è appena concluso. Sono stati giorni impregnati e vivificati dalla fede, dal grande mistero della nostra fede, che risplendendo ardentemente nelle menti, ha illuminato e reso più visibile l’infinito e ineffabile amore del Dio-uomo verso di noi, che diventa cibo per il nostro pellegrinaggio terreno e compagno nel nostro cammino verso la casa del Padre. Le parole liturgiche pronunciate dal sacerdote dopo la consacrazione eucaristica, “questo è il mistero della nostra fede”, acquisteranno d’ora in poi una forza nuova quando le udirete nella vostra Eucaristia di ogni giorno; e la vostra risposta sarà ancora più entusiasta se proclamerete la sua vittoria per mezzo della croce e della risurrezione, e annunciando sempre e in ogni luogo il suo messaggio di salvezza, fino a che egli venga.

INCONTRO CON GLI UOMINI DI CULTURA E CON GLI IMPRENDITORI NEL SEMINARIO «SAN TORIBIO»

Lima (Perù) - Domenica, 15 maggio 1988

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Sviluppo culturaleDesidero che le mie prime parole questa sera esprimano la viva soddisfazione di incontrarmi con voi, uomini e donne del mondo della cultura e dell’impresa. Nella mia precedente visita in Perù, foste molto presenti nel mio pensiero. Quando ringraziavo Dio per la evangelizzazione del nuovo mondo, in realtà non mi riferivo unicamente al generoso lavoro dei missionari ma anche a quegli uomini di cultura che collaborarono a modellare la identità di questi popoli alla luce della fede. Allo stesso modo, quando parlavo del lavoro, non alludevo solamente al ruolo dei contadini e degli operai, ma anche agli sforzi degli imprenditori che con dedizione ed impegno esemplari portano avanti le attività produttive e contribuiscono allo sviluppo. Questi due mondi sono espressioni di una medesima realtà, che può essere compresa, in senso ampio, sotto la denominazione di “sviluppo culturale”. La riflessione sulla cultura ha una lunga storia nella vita e nel pensiero della Chiesa. Effettivamente è stata una costante preoccupazione che si è accentuata in modo singolare in occasione di momenti cruciali della storia dell’umanità. Siamo realmente davanti ad un tema centrale per la vita dell’uomo e della Chiesa. Il lavoro imprenditoriale, da parte sua, è un aspetto molto importante del vasto orizzonte della cultura. Tanto più nei Paesi in via di sviluppo, come il vostro, dove i dislivelli economici sono grandi e di conseguenza si rende necessario un grande sforzo comune per raggiungere uno sviluppo economico sufficiente, che permetta la costruzione di una cultura veramente umana, che vuol dire realmente orientata a Dio.

Le radici culturali del vostro Paese sono impregnate del messaggio cristianoLa storia del Perù si è venuta svolgendo al calore della fede, che l’ha ispirata e che ha impresso un proprio sigillo alla vita della nazione e alle sue consuetudini. Alla luce della fede si è venuta modellando una nuova sintesi culturale meticcia che unisce in sé l’eredità autoctona americana e l’apporto europeo. Tuttavia, il permanere di strutture capaci di originare gravi squilibri all’interno del corpo sociale può generare una certa sfiducia nella valutazione del substrato di fede della prima evangelizzazione, dando per scontato che esso o non ha intriso con sufficiente forza i principi e le decisioni di chi è responsabile del campo culturale e sociale (cf. “Puebla”, 437), oppure si è debilitato di fronte all’aggressione di ideologie estranee. Si tratta di ideologie di tipo individualista che non fanno caso alla ingiusta riparazione delle ricchezze e che concepiscono l’uomo come un individuo autosufficiente, teso alla soddisfazione del proprio fine attraverso il godimento dei beni terreni, nel disinteresse dei diritti altrui; oppure si tratta di ideologie di tipo collettivistico, che negano la vocazione trascendente della persona umana indicandole unicamente una finalità terrena (cf. Congr. Pro Doctr. Fidei “Libertatis Conscientia”, 13). Di fronte a queste concezioni incompatibili con la vostra tradizione culturale cristiana, voglio ripetervi l’invito che a Santo Domingo indirizzai a tutti i popoli dell’America Latina: rimanendo sempre fedeli ai valori della dignità della persona e della solidarietà fraterna che il popolo peruviano porta nel suo cuore, come imperativi ricevuti dal Vangelo, resistete alla tentazione di coloro i quali vogliono che dimentichiate questa innegabile vocazione cristiana (cf. “Allocutio Dominicopoli, ad Episcopos Americae Latinae congregatos habita”, 2, die 12 oct. 1984: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII, 2 [1984] 894).

L’interesse per la cultura è, prima di tutto, un interesse per l’uomo e per il senso della sua esistenza. Questo ho affermato nel mio discorso all’UNESCO anni addietro: “Per creare la cultura bisogna considerare integralmente, e fino alle sue ultime conseguenze, l’uomo come valore autonomo e particolare, soggetto portatore della trascendenza della persona. Bisogna affermare l’uomo per se stesso, e non per altri motivi o ragioni: unicamente per se stesso! Ancora di più, bisogna amare l’uomo perché è uomo, bisogna rivendicare l’amore verso l’uomo per la particolare dignità che possiede” (“Allocutio ad UNESCO habita”, 10, die 2 iun. 1980: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III, 1 [1980] 1643). La cultura deve essere spazio e strumento per rendere la vita umana sempre più umana (cf. Redemptor Hominis, 14; Gaudium et Spes, 38) e perché l’uomo possa vivere una vita degna, secondo il progetto divino. Una cultura che non è al servizio della persona non è una vera cultura.

Vangelo e culturaNell’affrontare l’evangelizzazione della cultura, la Chiesa fa, dunque, un’opzione radicale per l’uomo. La sua opzione è, dunque, quella di un vero umanesimo integrale che eleva la dignità dell’uomo alla sua vera e irrinunciabile dimensione di figlio di Dio. Cristo rivela l’uomo all’uomo stesso (cf. Gaudium et Spes, 22), gli restituisce la sua grandezza e dignità, permettendogli di riscoprire il valore della sua umanità oscurata a causa del peccato. Quale immenso valore deve avere l’uomo agli occhi di Dio se ha meritato sì grande Redentore! Di conseguenza, l’azione della Chiesa non può associarsi a quella di certi “umanesimi” che si limitano ad una visione solamente economica, biologica o psichica. La concezione cristiana della vita è sempre aperta all’amore di Dio. Fedele a detta vocazione, la Chiesa vuole mantenersi al di sopra delle diverse ideologie per optare solo per l’uomo a partire dal messaggio liberatore cristiano. La Chiesa - come ho indicato nella mia recente enciclica Sollicitudo Rei Socialis - non propone sistemi o programmi economici e politici, né manifesta preferenze per gli uni o per gli altri, purché la dignità dell’uomo sia debitamente rispettata e promossa ed a lei stessa sia lasciato lo spazio necessario per esercitare il suo ministero nel mondo (Sollecitudo Rei Socialis, 41). Questa opzione umanistica dal punto di vista cristiano, come ogni opzione, richiede la chiara consapevolezza di una scala di valori, poiché sono essi il

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fondamento di ogni società. Senza valori non si ha la possibilità di costruire una società veramente umana; questi infatti determinano non solo il senso della vita personale ma anche la politica e le strategie della vita pubblica. Una cultura che perde il suo fondamento nei valori supremi si ritorce necessariamente contro l’uomo. I grandi problemi che affliggono la cultura contemporanea hanno origine da questo voler isolare la vita personale e pubblica da una retta scala di valori. Nessun modello economico o politico servirà pienamente il bene comune se non si basa sui valori fondamentali corrispondenti alla verità sull’essere umano, “verità che ci viene rivelata da Cristo, in tutta la sua pienezza e profondità” (Dives in Misericordia, 1. 2). I sistemi che considerano la realtà economica quale fattore unico e determinante del tessuto sociale sono condannati, dalla propria logica interna, a ritorcersi contro l’uomo.

Evangelizzazione della culturaAll’interno dell’enorme compito di evangelizzazione a cui siamo chiamati come Chiesa, l’evangelizzazione della cultura occupa un luogo preferenziale (cf. Puebla, 365 s). Essa deve raggiungere tutto l’uomo ed ogni manifestazione dell’uomo, arrivando fino alla stessa radice del suo essere, dei suoi costumi e tradizioni (cf. Pauli VI Evangelii Nuntiandi, 20). L’evangelizzazione della cultura richiede uno sforzo per andare incontro all’uomo contemporaneo, cercando insieme con lui vie di avvicinamento e di dialogo per far progredire la sua condizione. È uno sforzo di comprensione delle mentalità e degli atteggiamenti del mondo contemporaneo per poterli illuminare con il Vangelo. È la volontà di arrivare a tutti i livelli della vita umana per renderla più degna. In questo modo vengono innalzati a maggiore dignità i modelli di comportamento, i criteri di giudizio, i valori dominanti, gli interessi prevalenti, le abitudini e i costumi che caratterizzano il lavoro, la vita familiare, sociale, economica e politica. Evangelizzare la cultura vuol dire promuovere l’uomo nella sua dimensione più profonda. Perciò, a volte è necessario indicare tutto ciò che, alla luce del Vangelo, attenta alla dignità della persona. D’altra parte, la fede è fermento per una autentica cultura perché il suo dinamismo promuove la realizzazione di una sintesi culturale equilibrata, che si può ottenere solamente grazie alla luce superiore di cui essa e apportatrice. La fede offre la risposta a quella sapienza “sempre vecchia e sempre nuova” che aiuta l’uomo ad adeguare, con criteri di verità, i mezzi ai fini, i progetti agli ideali, le azioni ai princìpi morali che permettono di restaurare, oggi, l’alterato equilibrio dei valori. In una parola, la fede, lungi dall’essere ostacolo, è forza feconda per la creazione della cultura.

L’uomo, creatore di culturaSebbene sia evidente che la fede trascende ogni cultura, dato che manifesta avvenimenti che hanno origine in Dio e non nell’uomo, ciò non vuol dire che essa sia al margine della cultura. Esiste un intimo vincolo fra il Vangelo e le realizzazioni dell’uomo. Tale vincolo è creatore di cultura. Nello stesso modo in cui la cultura ha bisogno di una visione integrale e superiore dell’essere umano, la fede ha bisogno di inculturarsi. “Una fede che non si fa cultura è una fede che non è stata pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta” (“Epistula ad Cardinalem Augustinum Casaroli missa de institutione Pontificii Consilii pro hominum Cultura”, die 20 mai 1982: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V, 2 [1982] 1777). Pertanto, è missione di ogni cristiano impegnarsi per inculturare sempre più profondamente il messaggio del Vangelo nella varietà di espressioni culturali che sono profondamente radicate nel vostro Paese, nelle quali la fede ha svolto una funzione di felice integrazione. In questo modo anche voi collaborerete a questo elevato impegno rafforzando la coesione e la necessaria unità della vostra patria. Non è fuori luogo indicare un pericolo che può rendersi presente nel processo di integrazione della fede nella cultura, ossia il pericolo del temporalismo come criterio riduzionista del messaggio cristiano. In popoli che stanno cercando, con indicibile impegno, di vivere una maggiore giustizia, dove le disuguaglianze socioeconomiche sono grandi e le condizioni di vita di molti sono a volte infraumane, spesso appare la tentazione di ridurre la missione della Chiesa alla ricerca di un progetto meramente temporale o addirittura all’azione politica. In questo modo, il punto di arrivo è chiaro per tutti: si svuota il messaggio cristiano dei suoi contenuti essenziali, si adultera la fede, si tradisce il Vangelo.

Gli intellettualiIn modo particolare voglio rivolgermi questa sera a tutti voi che vi occupate della creazione e della promozione della cultura. Su di voi ricade una non lieve responsabilità, dal momento che dalle opzioni che saprete portare avanti dipenderà se la vostra cultura sarà al servizio dell’uomo o contro di lui. Siete voi, intellettuali, quelli che con senso cristiano della vita dovete dimostrare che fede e scienza non si contrappongono. Infatti, l’intelligenza umana, con il trascorrere dei secoli, ha scoperto non pochi dei misteri naturali che incuriosiscono l’uomo e ha svelato la logica correlazione fra teologia e scienze temporali. La grandezza del lavoro intellettuale, lo sapete bene, è costituita in definitiva dalla ricerca della verità. Così lo segnalavo nella mia enciclica Redemptor Hominis: “In questa inquietudine creativa batte e pulsa ciò che è più profondamente umano: la ricerca della verità, l’insaziabile bisogno del bene, la fame della libertà, la nostalgia del bello, la voce della coscienza” (Redemptor Hominis, 18). Il lavoro che Dio vi chiede è un servizio alla verità. Verità che deve essere cercata senza posa nelle istituzioni di ricerca e deve essere insegnata in ogni momento nei centri educativi; che deve presiedere all’attività dei mezzi di

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comunicazione sociale, della politica, dell’economia, dell’arte nelle sue diverse e ricche manifestazioni, e che deve resistere alla tentazione di manipolare e di lasciarsi manipolare. A questo proposito desidero esortare i professionisti dell’informazione ad essere autentici promotori del bene comune, come corrisponde al loro nobile ed elevato compito, che quasi sarei tentato di definire missione di servizio alla comunità. Quella stessa società alla quale devono servire chiede e spera che essi non si lascino trascinare da interessi o convenienze di parte che, deformando i fatti, possono arrecare pregiudizio alla pacifica convivenza cittadina o indebolire i valori essenziali della stabilità democratica e dell’ordine costituzionale.

Gli imprenditoriVorrei anche soffermarmi sul ruolo dell’imprenditore nel mondo attuale. Per voi, cari imprenditori cristiani, il grande compito consiste nell’impregnare le realtà della vita lavorativa ed economica, e in generale tutta l’economia, con l’ideale evangelico così come è proposto dall’insegnamento sociale della Chiesa. Nel compimento di questa ardua impresa dovete aver presente che nonostante l’importanza fondamentale dei mezzi, sono in primo luogo le vostre disposizioni quelle che dovete esaminare alla luce della fede, per cambiare conseguentemente ciò che si deve cambiare, secondo le esigenze della stessa fede. A volte si è interpretato male o non si è compreso il vostro ruolo, presentandolo come necessariamente contrario ai lavoratori o connesso con i grandi interessi stranieri. Ci si dimentica che tutti uniti, imprenditori e lavoratori, cooperate per raggiungere un obiettivo comune. Ci si dimentica con frequenza che siete uomini d’iniziativa, che affrontate rischi, che siete creatori di nuovi metodi, che contribuite al progresso tecnologico e che arricchite la comunità con i frutti delle vostre attività. L’imprenditore cristiano non può concepire l’impresa se non come costituita da persone al cui sviluppo e alla cui perfezione deve contribuire il lavoro che egli svolge. L’ideale di comunità umana e umanizzatrice deve illuminare la realtà delle imprese in mezzo ad una società aperta e pluralista, favorendo uno sforzo creativo, partecipato e responsabile, per mezzo del quale si ottenga una produzione efficace e ragionevole di beni e di servizi. Tuttavia occorre d’altra pare deplorare che non poche volte ci sono imprenditori - nei diversi tipi di impresa - che non corrispondono ai doni ricevuti e che sembrano ignorare la loro responsabilità rispetto a coloro che lavorano nella impresa e rispetto alla società. Alcuni sembrano dimenticare che devono essere, sì, promotori di ricchezza; ma avendo sempre come fine il bene comune, cioè, senza lasciarsi trascinare da desideri di esclusiva utilità personale.

Lavoro e capitaleRivolgendomi a imprenditori non posso fare a meno di pensare ad uno dei problemi più gravi che, con riguardo alla vita economica, affliggono tante nazioni dell’America Latina, e in particolare il Perù. Infatti, il movimento di capitali da un Paese ad un altro, o da istituzioni pubbliche o private di credito verso regioni o nazioni che ne hanno necessità per dotarsi di infrastrutture o per far fronte a bisogni fondamentali delle popolazioni, può essere un gran segno di solidarietà mondiale. Il criterio perché questo sia una realtà è proprio il senso di solidarietà con cui si fa. Da parte del Paese che chiede il credito, si richiede che abbia esaminato accuratamente quali siano le sue vere priorità, quale sia il costo finanziario ed umano del prestito, come pure le conseguenze dirette e indirette di un ritardo o di un’interruzione dei pagamenti. In caso contrario il meccanismo di crediti e prestiti si può convertire in un ostacolo e in un peso insopportabile. Il problema del debito internazionale, così come è stato esposto nel documento della Pontificia Commissione “Justitia et Pax” su questa materia, non è solo una questione finanziaria o economica, e neppure meramente politica, bensì innanzi tutto etica e morale. Essa deve essere esaminata e avviata a soluzione alla luce del principio della solidarietà tra popoli e nazioni, tra ricchi e poveri, tra sviluppati e sottosviluppati, con il fine di non naufragare tra gli scogli dell’egoismo, del guadagno a qualsiasi costo o di una concezione strettamente e puramente materiale dello sviluppo.

SALUTO AI GIOVANI DAL BALCONE DELLA NUNZIATURA APOSTOLICA

Lima (Perù) - Domenica, 15 maggio 1988

Cari giovani del Perù! Grazie per la vostra presenza numerosa ed entusiasta in questo incontro significativo che ho voluto riservarvi nella mia breve visita a Lima. Siete la speranza della Chiesa! Sarete l’alba del domani, se siete portatori della vita che è Cristo! Questa è la vostra sfida e la vostra felicità: accogliere la vita che il Signore ci ha dato e comunicarla agli altri, con la vitalità e l’energia della vostra gioventù, con la trasparenza e il dinamismo propri della vostra età. Siate costruttori di un mondo migliore, fin da oggi! Ricordo molto bene l’incontro che abbiamo avuto a Monterrico, durante la mia precedente visita, quando vi proposi l’ideale delle beatitudini. Anche oggi desidero rivolgermi ad ognuno di voi, e attraverso di voi a tutti i giovani di questo Paese, perché il Signore ama tutti ed ognuno di voi e da ognuno aspetta la risposta personale e irripetibile che nasce dal cuore generoso. Tutti siete stati chiamati personalmente a

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vivere nell’amore di Gesù e ad essere suoi apostoli. “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi” (Gv 15, 16), ci dice Cristo; è questa l’esperienza dell’apostolo san Giovanni, che conobbe il Signore quando era giovane come voi.

Il mondo d’oggiIl mondo in cui vi è toccato vivere, oltre a grandi progressi conosce profonde contraddizioni. La sequela del peccato è grande e dolorosa. Molti uomini si allontanano sempre più da Dio, sviando così dal sentiero della felicità alla quale sono invitati. Rompendo il legame con il Padre entrano in conflitto con gli altri, con loro stessi e con la natura. Lì sta la radice del peccato personale e delle sue terribili conseguenze sociali. Oggi poche cose non vengono messe in discussione. Tutto viene messo in dubbio. Le relazioni umane - pretendono alcuni - sono semplici convenzionalismi. Si sperimenta il turbamento di un cambiamento che si arroga il diritto di mettere da pare i valori eterni. Si esalta la violenza. Si rifugge dagli impegni personali e da una autentica costruzione del mondo, per rifugiarsi invece nell’alcol e nella droga. Si è venuto generalizzando il disprezzo per la vita umana. I principi morali non sono rispettati. È come se l’uomo avesse smarrito la sua strada. Di fronte ad un panorama che potrebbe infondere scoraggiamento e disperazione anche in spiriti forti, io vi dico: giovani peruviani, Cristo, il suo messaggio d’amore è la risposta ai mali del nostro tempo! È lui che libera l’uomo dalle catene del peccato per riconciliarlo con il Padre. Egli solo è capace di saziare quella nostalgia di infinito che si cela nel fondo dei vostri cuori. Egli solo può colmare la sete di felicità che vi portate dentro perché egli è la via, la verità e la vita (cf. Gv 14, 6). In lui si trovano le risposte agli interrogativi più profondi e angosciosi di ogni uomo e della storia stessa.

Giovani del Perù, in voi ripongo la mia fiduciaSaprete accogliere e vivere il dono della vita che Gesù Cristo il Signore ci ha dato. Sarete capaci di ascoltare e accogliere la vocazione di essere discepoli e apostoli? Avrete il coraggio di fare della vostra vita una testimonianza eloquente del fatto che Cristo è la risposta che l’uomo d’oggi cerca? Cari ragazzi e ragazze: dovete avere un desiderio ardente e un grande coraggio per proclamare Gesù Cristo, per annunciarlo nei vostri ambienti, nella società. Siate apostoli tra i vostri amici e compagni. Per questo dovete avere una solida formazione nella fede, alimentarvi dell’Eucaristia, cimentarvi nella preghiera, e così proiettarvi verso gli altri con la sicurezza che il Signore dà. Ad ognuno di voi spetta il nobile compito di essere messaggeri di Cristo tra quelli che vi stanno intorno. Coltivate nel vostro cuore di giovani il desiderio di essere veri apostoli, testimoni audaci del Vangelo, artigiani della civiltà dell’amore. Rimetto nelle mani della nostra madre Maria, nostra Signora dell’Evangelizzazione, come la conoscete in questa vostra terra di Lima questa speranza della quale siete i portatori. Accogliete lei, madre dei giovani, perché vi guidi all’incontro con il suo Figlio e vi mostri il cammino della riconciliazione. Lei che è esempio di amore generoso vi sostenga nella fede e vi insegni a vivere nel servizio dei fratelli, particolarmente dei più bisognosi. A voi, discepoli di Gesù nel terzo millennio del cristianesimo, raccomando il compito dell’evangelizzazione dei giovani, la costruzione della civiltà dell’amore.

CERIMONIA DI CONGEDODISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II

Aeroporto Internazionale «Jorge Chávez» di Callao (Perù)Lunedì, 16 maggio 1988

Una visita breve, ma riccaLa mia permanenza fra voi, anche se breve, è stata profondamente caratterizzata da celebrazioni ricche di fede e di religiosità, che abbiamo condiviso insieme. Ringrazio la divina Provvidenza, perché mi ha permesso di trascorrere a Lima una domenica piena di luce, una giornata memorabile per la storia del Perù e degli altri Paesi bolivariani: la Bolivia, la Colombia, l’Ecuador, il Panama e il Venezuela; un giorno di grazia che può persino rappresentare il principio di una nuova tappa della storia dell’evangelizzazione di tutta l’America Latina, qui rappresentata nel corso del V Congresso eucaristico e mariano che il Papa è venuto a chiudere. Quale Pastore della Chiesa universale, ho invitato le Chiese locali, che si trovano in quest’area, ad intraprendere con un rinnovato impegno l’opera di evangelizzazione, affinché tutti gli uomini e tutti i popoli di questo continente giovane e pieno di speranza, che si prepara a celebrare il V centenario dell’arrivo della buona novella, facciano di Gesù Cristo il centro vitale della loro esistenza, riconoscendo in lui il loro unico salvatore, signore e liberatore. Questo deve essere il frutto principale del congresso, come indica lo stesso tema che è stato al centro delle vostre giornate di studio, riflessione e preghiera: “Riconoscere il Signore dalla frazione del pane”; cioè, riconoscerlo soprattutto nell’Eucaristia, attraverso la quale Cristo diventa realmente presente in noi per essere il nostro alimento, la nostra vita; e riconoscerlo anche nei fratelli, soprattutto nei più bisognosi: nei fratelli che soffrono, nei fratelli poveri, per condividere con loro il pane della Parola e il pane materiale, per saziare la loro fame di Dio e la loro fame

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di giustizia.

Non c’è liberazione senza GesùPermettetemi di dirvi ancora una volta: non vi è autentica liberazione se non in Gesù Cristo. Soltanto il Vangelo e la dottrina sociale, che esso proclama, possono essere fonte di salvezza per l’America Latina. Tutte le ideologie estranee o avverse al cristianesimo o semplicemente incompatibili con gli insegnamenti della Chiesa mancano di questo dinamismo interiore, capace di dare pace e giustizia a questa cara America. Soltanto la luce che viene dal divino Redentore può assicurare alle vostre nazioni un avvenire migliore in cui, superato ogni genere di violenza e di interessi contrapposti, regni la civiltà della verità e dell’amore. Queste sono le strade che il Congresso eucaristico lascia aperte: strade di rinnovamento cristiano, strade di rinnovamento sociale. E poiché è stato anche un Congresso mariano, nel nostro cammino ci dobbiamo affidare fiduciosamente alla Vergine e riconoscere la sua presenza di Madre, perché ella ci guidi come Stella dell’evangelizzazione(…)

Il mio secondo viaggio apostolico in Perù è terminatoHo provato nuovamente la grande gioia di incontrarmi con un popolo dalle profonde radici cristiane, che ha instaurato stretti legami di comunione e sintonia con il successore dell’apostolo Pietro, durante la visita pastorale che poco più di tre anni fa mi ha permesso di attraversare gran parte del territorio di questo Paese come pellegrino dell’evangelizzazione. 4. Custodisco gelosamente nella mia anima il ricordo di tutti voi, delle manifestazioni di affetto che mi avete rivolto; dell’entusiasmo con cui avete accolto la mia visita; del dinamismo e della vitalità di questa Chiesa che sta in Perù e che si impegna con il popolo. Ma, al tempo stesso, non posso tacere la tristezza che invade il mio cuore di Pastore nel constatare che questo nobile popolo peruviano continua a subire il flagello della violenza. Infatti, attentati e crimini continuano a seminare dolore e morte in molte famiglie di questo Paese. Al riguardo, l’esperienza insegna che la violenza, da qualsiasi parte provenga, genera una violenza sempre maggiore e non è la giusta via verso l’autentica giustizia. Nel corso della mia breve permanenza fra voi ho potuto percepire nuovamente il grido di pace che sgorga dal cuore di tanti peruviani di buona volontà. I lunghi e crudeli anni di lotte fratricide, che hanno prodotto tante vittime nella vita delle persone e della società, non devono impedire che si possa raggiungere una pace giusta e duratura. Perciò, prima di lasciare questa amata terra del Perù, rinnovo ai responsabili di tanto dolore e morte l’appello fatto ad Ayacucho il 3 febbraio 1985: “Vi chiedo in nome di Dio: cambiate strada! Convertitevi alla causa della riconciliazione e della pace! Siete ancora in tempo! Molte lacrime di vittime innocenti aspettano la vostra risposta”.

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