Vis a Vis _1 volti e storie dalla terra delle acque Viserba di Rimini

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Volti e Storie Dalla Terra Delle Acque N.1 - Dicembre 2012

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L’Ippocampo, Laboratorio Urbano della Memoria, con sede a Viserba, è un’associazione di volontariato nata nel febbraio del 2010 con lo scopo di salvaguardare e valorizzare la storia e la cultura del suo territorio favorendo lo scambio e la relazione fra le persone che in esso vivonoed operano. Il lavoro finora svolto è raccolto nel sito www.ippocampoviserba.it

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Volti e Storie Dalla Terra Delle Acque

N.1 - Dicembre 2012

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Emporio

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3| SOMMARIO

• Supplemento a:Chiamami Città N. 338 del 21/11/2012 a cura dell’Associazione Ippocampo Viserba Laboratorio Urbano della Memoria tel. 0541 [email protected] www.ippocampoviserba.it

• Direttore responsabile: Stefano Cicchetti

• Progetto creativo, contenuti culturali, servizi e foto d’epoca: Associazione Culturale Ippocampo Viserba Presidente: Pierluigi Sammarini

• Direttore editoriale: Marzia Mecozzi

• Caporedattore: Maria Cristina Muccioli

• Responsabile commerciale: Ruggero Testoni - 338 2341277

• Ufficio promozionale: Nerea Gasperoni, Paolo Morolli

• Fotografi: Stefano Benaglia, Collezioni Archivio Ippocampo, Foto Angelini, Studio Paritani,Nicola Sammarini

• Progetto grafico e impaginazione: Rosalia Moccia AUDIO TRE s.r.l. - Rimini

• Stampa: Seven Seas s.r.l. - RSM

• Hanno collaborato: Maria Tecla Botteghi, Paolo Catena, Loredana Cramarossa, Roberto Drudi, Nerea Gasperoni, Donatella Maltoni, Maria Marzullo, Marzia Mecozzi, Maria Cristina Muccioli, Sabrina Ottaviani, Francesca Perazzini, Silvano Perazzini, Pierluigi Sammarini, Ruggero Testoni

• Chiuso in redazione il 22/11/2012

Vis a Vis periodico semestraleAnno I - N.1 - DICEMBRE 2012

6 OPINIONI “Vis a Vis” il Magazine del litorale nord

12 NOTIZIE E DINTORNI Omaggio a Elio il nostro grande poeta

14 PAGINE DI STORIA In principio era la stazione

16 PAGINE DI STORIA Regina delle Acque

20 PAGINE DI STORIA Il ritrovamento dell’arca e la storia del martire

22 SPECIALE NATALE Natale ricordi e tradizioni

28 SPECIALE NATALE Itinerario nel Natale

30 AVVENIMENTI Il Tempo nella stalla di Angelini

34 PERSONAGGI Metti una sera... a cena

38 LUOGHI DEL CUORE Amarcord... il Bar Otello

41 LUOGHI DEL CUORE La Torretta avanguardia anni Venti

42 CURIOSITÀ E TIPICITÀ Da Albinéin a Zvulòun I soranòm ad Viserba

45 PROSPETTIVE Sulle “tracce” di giovani esploratori

48 NARRATORI DI CASA NOSTRA Le pagine della nostra vita

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l’ippocampoSfoglia la rivista on line suwww.ippocampoviserba.it

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L’Ippocampo, Laboratorio Urbano della Memoria,

con sede a Viserba, è un’associazione di volontariato nata nel febbraio del 2010

con lo scopo di salvaguardare e valorizzare la storia e la cultura del suo territorio favorendo lo scambio e la relazione

fra le persone che in esso vivono ed operano.

Il lavoro finora svolto è raccolto nel sito www.ippocampoviserba.it

In questi anni, in rete e in collaborazione con i comitati, le associazioni e i privati dell’area di Rimini nord ha dato vita a numerose iniziative e a piacevoli momenti conviviali.

D’inverno si riunisce ogni giovedì sera nella sala parrocchiale di Viserba Mare; d’estate, ogni martedì sera, è con il suo ‘stand della memoria’ al mercatino artigianaledi piazza Pascoli.

Presso l’Associazione, in via Panzacchi, 21 ha sede la redazione della rivista Vis a Vis.

PARTECIPA ANCHE TU.Aggiungi un tassello alla storia comune. Foto e ricordipersonali sono l’anima della nostra ricerca.

piazza del Mercato Viserba

INFO:

Associazione Ippocampovia Panzacchi, 21 - Viserba di Riminitel. 0541 [email protected]

l’ippocampo

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5| PRESENTAZIONE

Nasce, inizia, parte, ci si presenta come un regalo inaspettato. Buona giornata a tutti voi, innanzitutto. Un augurio di poterci comprendere, ma soprattutto di po-terci incontrare. Ecco tra noi Vis a Vis che possiamo pronunciare come meglio intendiamo: Vis a Vis…vis...a vi, vissaviss, faccia a faccia. Si, come una delle prime automobili costruite dopo la nascita del motore a scoppio. Eravamo alla fine dell’Ottocento. Ancora più vicina ai calessi e alle carrozze che alle auto-mobili come oggi le intendiamo e le utilizziamo. Era un andare scomodamente in carrozza con la sola novità che mancava il cavallo e, per le ristrettezze del marchingegno, ci si poteva sedere a divanetti contrapposti come in carrozza ap-punto per affrontare un viaggio, parlando insieme guardandosi negli occhi pur coi disagi e le asperità della strada. Questo è lo spirito con cui nasce il nostro giornale, come sempre nelle occasioni dove l’incontro degli sguardi interloqui-sce con le aspettative ambiziose della nostra quotidianità. Faremo di tutto per incontrarci e per conoscerci. Parlando, confrontandoci, scoprendo, indagando, rapportandoci e comunicando la nostra voglia di cambiare per il meglio.

Pierluigi Sammarini - Presidente Associazione Ippocampo

Non si può che esser contenti quando una nuova iniziativa editoriale prende avvio. Una soddisfazione ancor maggiore quando ad impegnarsi in questa nuova avventura sono delle persone come gli amici di ‘Ippocampo’ che si mettono insieme per raccontare le storie e i talenti di una terra che sentono profondamente loro, a testimonianza di un luogo vivace, che ha voglia di fu-turo partendo da ciò che ha caratterizzato il suo passato. Da Rivabella a Torre Pedrera, e in mezzo Viserba e Viserbella, in un filo narrativo che ‘Vis a Vis’ potrà far conoscere a tutti i riminesi raccontando una parte fondamentale della nostra città, la sua storia, le sue qualità, i suoi segni distintivi, come ‘l’acqua’, che l’hanno caratterizzata e la caratterizzano così fortemente e la rendono così importante nell’idea di sviluppo su cui siamo impegnati.

Andrea Gnassi - Sindaco di Rimini

Ci si poteva sedere come in carrozza per affrontare un viaggio, guardandosi negli occhi...

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6| OPINIONI

“Vis a Vis” il Magazine del litorale nord

La voglia di mettersi in gioco

Da bambino spesso pensavo: “Il mio paese sarà grande se io farò la mia parte”. Sono cresciuto con questo sogno, confortato dall’arrivo dei tanti turisti che ogni anno sce-glievano per le loro vacanze la zona nord di Rimini, ma soprattutto confermato dall’im-pegno che tanti miei paesani profondevano per rendere questi paesi sempre più belli, sempre più attrezzati, sempre più accoglienti, sempre più ospitali. Tante volte, in questi anni, mi sono chiesto: “Ma io, continuo a fare la mia parte?” Così, quando sono venuto a conoscenza di questo meraviglioso strumento che oggi l’Associazione Ippocampo propone al nostro paese, sono rimasto estasiato. Ecco un’altra occasione per fare la mia parte. Ecco il momento per tutti di partecipare. Perché un valore aggiunto dà un grande contributo allo sviluppo, a maggior ragione in questi tempi difficili. Questa è l’occa-sione per raccontarsi, ed è al contempo uno strumento di lavoro. Immagino Vis a Vis in ogni albergo, per dare informazioni, notizie, rivelare curiosità, presentare eventi… Presente negli esercizi commerciali, negli stabilimenti balneari… Con le storie semplici e belle di ciascuno di noi, di questo luogo, di oggi e di ieri. Una guida moderna e sem-pre ‘in progress’. Ecco i motivi, ecco l’uso, ecco il perché. Grazie Ippocampo di questo sforzo, al quale ognuno di noi può aggiungersi con un suo contributo, e rinfrescando l’entusiasmo, mettersi in gioco, vis a vis…

(Silvano Perazzini, Associazione Cantori delle Tradizioni)

Prima che si materializzasse la creazione di Emporio 90 nella nostra famiglia è sempre stato presente un sentimento ambizioso: realizzare un’attività commerciale di grande dimensioni che potesse impattare con forza su Viserba e che fosse concorrenziale con le altre realtà presenti nel centro storico di Rimini e nei centri commerciali. Nel 2010 abbiamo preso la decisione di investire in modo significativo sul territorio. Era certa-mente un azzardo per il quadro economico nazionale negativo, ma abbiamo deciso di crederci con tutte le nostre forze. La motivazione e l’energia che ci hanno guidati nella costruzione di Emporio 90 si sono concretizzate in un negozio dagli arredi originali, in un ambiente accogliente di grande impatto visivo dove tutti, uomo e donna di ogni età,possono trovare il loro stile. Grande importanza viene riservata alla ricerca di prodotti di tendenza che rendono Emporio 90 un’attività attenta alle ultime indicazioni della moda, dai brand più prestigiosi alle piccole aziende artigianali. Da noi il cliente trova il suo total look, dai vestiti alle scarpe agli accessori più fashion per ogni occasione, accompagnato nelle sue scelte da uno staff cordiale e professio-nale. Per il momento siamo più che soddisfatti di aver creato questa piccola isola della moda che sta attirando clienti da tutto il riminese. Emporio 90 la sua scommessa la sta vincendo con l’impegno e con la voglia di mettersi in gioco.

(Roberto Mazzotti, Presidente Associazione Promo Viserba)

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7| NOTIZIE E DINTORNI

Ricevimento in grande stile all’Hotel Helvetia di Viserbella. Nei nuovi loca-li, un ottimo parterre di invitati ha par-tecipato all’apericena memorabile che Donatella e Marco Arlotti hanno offerto agli amici, convenuti elegantissimi per l’occasione. Si è festeggiata l’inaugu-

Viserba Mare: una parrocchia attiva nel segno dell’integrazione

razione del nuovo ristorante Folya, di concezione newyorkese ma con la raffi-natezza propria del Made in Italy e una elaborazione del moderno più intimista che razionale, opera dell’architetto Er-manno Caroppi dello Studio Caberlon Caroppi di Milano in collaborazione con

TeamWork Rimini. L’Hotel Helvetia, che lo scorso ottobre ha ospitato il Convivio d’Autunno dell’Associazione Ippocam-po, dedicata ai sapori del territorio e alla poesia, ha iniziato la sua trasformazio-ne d’immagine, di contenuti e di servizi con le camere e le suite dell’ala nord e si completerà con la realizzazione di una grande SPA e con la ristrutturazione de-gli esterni. Un’operazione straordinaria, ma soprattutto un atto di grande corag-gio imprenditoriale in un frangente eco-nomico di generale sofferenza. Il grande investimento in essere è un segnale forte di fiducia da parte dei giovani imprendi-tori viserbellesi che, nel brindisi, si sono rivolti alle istituzioni presenti, ai colle-ghi e in generale al territorio, dichiaran-do la propria volontà di continuare ad operare nel perseguire il miglioramento, perché solo dal rinnovamento posso-no nascere nuove prospettive per tutti.

Hotel Helvetia, fascino moderno

Don Aldo Fonti, con la collaborazione dei gruppi che contribuiscono a dare di-namicità alla catechesi e alla vita sociale della parrocchia di Santa Maria al Mare, ultimamente ha saputo creare una serie di eventi che hanno coinvolto e interessa-to viserbesi e turisti. Sempre con il coin-volgimento delle varie realtà associative, culturali e imprenditoriali presenti sul ter-ritorio, dimostrando così un bell’esempio di integrazione che sta portando i suoi frutti. Il percorso proposto da don Aldo è stato presentato ai parrocchiani e agli imprenditori turistici durante un incontro conviviale all’inizio della stagione estiva (nella foto) e da tutti accolto con interes-se. “I lunedì di Viserba”, questo il titolo degli appuntamenti settimanali proposti dal parroco, hanno animato l’estate con concerti e spettacoli, ma anche con in-contri culturali e conferenze. “Arricchi-

re il menu per i nostri ospiti fa bene a tutti – ha spiegato don Aldo – Fra tanti turisti, infatti, c’è anche chi cerca occa-sioni culturali e di riflessione pur essen-do lontani dallo stress della vita di città. Magari uscendo dalle classiche sale da conferenza e aprirsi alla piazza.” Uno dei momenti più significativi si è svolto a metà settembre, con l’arrivo del Nunzio Apostolico della Santa Sede presso la Co-munità Europea, a Bruxelles, monsignor

Giacinto Berloco. Una visita che ha ar-ricchito i tanti viserbesi che hanno avuto l’onore di incontrarlo e ascoltarlo. Ami-co di lunga data di don Aldo, monsignor Berloco non è solo stato ospite, ma si è integrato con le varie realtà parrocchiali andando a conoscerle da vicino e con-dividendo diversi momenti di fraternità, anche raccontando la sua esperienza di missione in Africa e in America Latina.

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Viserba ha i suoi speciali ambasciatori in giro per il mondo per felice intuizione del presidente del Comitato Turistico, Fran-cesco Protti e grazie all’amicizia con il presidente della Federazione Tchoukba-al Italia, Chiara Volontè. Il gioco del Tchoukbaal (si legge Ciukbol) può esse-re praticato in palestra, su terra battuta o sintetico, da squadre di sette elementi su campo con misure di 28 x 15, simi-

li a quelle del basket, oppure in versio-ne beach con campo di misure ridotte (13x23) con squadre di cinque elementi. Ogni campo ha due piccole porte agli opposti dentro un’area semicircolare di tre metri. Si attacca e si difende su ambe-due le porte, mentre la palla non può es-sere intercettata dagli avversari avendo la squadra attaccante solamente tre passag-gi per concludere a rete. Regole precise e

grande etica sportiva (non è ammesso il contatto fisico) rendono questo sport pra-ticabile ad ogni età e sesso coinvolgendo anche tanti neofiti. Da anni questa mani-festazione coinvolge tanti giovani prove-nienti da diverse nazioni e per il nostro territorio è diventato un pregevole bigliet-to da visita. Lo scorso anno a Viserba si è svolto il decimo torneo internazionale con la partecipazione di 1250 atleti divisi in 155 squadre, fra tanto spirito sportivo e colore. Atleti inglesi, tedeschi, austria-ci, francesi, svizzeri, olandesi brasiliani e taiwanesi (attuali campioni del mondo) si sono confrontati su 19 campi di gioco disposti fra tre stabilimenti balneari lun-go un chilometro di arenile. Il territorio, il mare, la spiaggia, l’ospitalità lasciano ogni anno nei partecipanti un ricordo sempre positivo che rimbalza sui vari so-cial network. Nel 2013, dal 3 al 5 mag-gio, si riproporrà il torneo di Viserba e, confidando nella vicinanza del ponte del 1° Maggio, ci prepariamo ad accogliere i team sportivi non solo come turisti ma come altri messaggeri del nostro territo-rio. Il torneo servirà alla preparazione per i mondiali Juniores che si svolgeranno ad agosto 2013 a Kaoshiung (Taiwan) e dove l’Italia parteciperà con tre squadre.

8| NOTIZIE E DINTORNI

Tchoukbaal e Viserba un connubio riuscito

Serate allo Scajon

Vi siete persi i famosi “spiedini del pescatore”? Si, proprio quelli che quei bravi ragazzi di Viserbella hanno cucinato una volta al mese durante l’estate allo “Scajon”, il Museo della Piccola Marineria di Viserbella. Trattasi di una delle specialità tipiche di Rimini Nord. Rimedieremo l’anno prossimo; si, perché visto il successo dell’iniziativa, i soci sicuramente ripeteranno queste belle serate conviviali. Alla luce delle stelle, nel giar-dino del Museo, fra antiche battane, nasse e vele al terzo, si potranno ancora gustare i tenerissimi spiedini di calamaretti cotti al calore della brace e con un bicchiere di buon rosso accompagnati a piadine e insalata con cipolla per far rivivere le migliori tradizioni della nostra Romagna. Lo Scajon d’inverno è aperto su prenotazione: tel. 0541.721060

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9| NOTIZIE E DINTORNI

Pomeriggi con l’artista È iniziata incontrando il maestro Bruno Militi l’esperienza dei “Pomeriggi con l’Artista” che l’Ippocampo Laboratorio Urbano della Memoria intende prosegui-re per l’inverno 2013. Durante alcune do-meniche pomeriggio scrittori, pittori, atto-ri teatrali e artisti in genere che in questo territorio hanno i natali, saranno protago-nisti di incontri che avranno lo scopo di far conoscere ai concittadini la loro storia e la loro opera. Prossimo appuntamento con il pittore Fernando Gualtieri. A tutti gli amici di Ippocampo verrà inviata co-municazione degli appuntamenti trami-te e-mail, per le eventuali prenotazioni.

Happy Hour all’Acquamarina

Quest’anno l’assemblea annuale dell’Ip-pocampo si è tenuta all’Hotel Acquama-rina, e con l’occasione è stato organizza-to un simpatico Happy Hour per tutti gli associati. È stato insomma trasformato in piacevole momento conviviale un incon-tro che sarebbe fatto solo di bilanci e liste di cose fatte e da fare. Un’ottantina gli intervenuti, il numero giusto per essere accolti comodamente negli spazi messi a disposizione dalla famiglia Bronzetti. Per la parte culinaria, oltre agli stuzzichini di spianata, pizza, piada e salatini (in parte offerti dall’Ipercoop Malatesta e in parte offerti dal Supermercato Conad La Fonte), gli ospiti si sono gustati il super risotto e i sardoncini marinati offerti dall’albergo e preparati da Ruggero, Rolando, Edgardo e dalla loro fantastica brigata di cucina.

In chiusura crostate dai vari gusti e colori preparate dalle socie e dai soci pastic-cieri. Il tesoriere dell’associazione, Paolo Morolli, ha illustrato il bilancio del 2010 e del 2011 e, per quanto riguarda le at-tività su cui l’Ippocampo si è impegnata nei suoi due anni di vita e i progetti per il

futuro, introdotti dal presidente Pierluigi Sammarini, ci si è poi affidati alle voci dei soci, mentre sullo schermo gigante scorrevano immagini e video raccolti e presentati dai soci Paolo Catena e Rober-to Drudi. Peccato che l’assemblea ci sia solo una volta all’anno…

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10| NOTIZIE E DINTORNI

Buon compleanno, Gualfer!

Il primo dicembre l’artista italo-francese Fernando Gualtieri festeggia i 93 anni nella sua casa di Viserbella. Dinamico e attivo come un ragazzo, il pittore dello “Splendore del reale” risiede a Parigi con la moglie Yvette, da sempre sua musa ispiratrice, ma ama tornare in Romagna per lunghi periodi di vacanza. Durante questo ultimo soggiorno Gualtieri è stato festeggiato ufficialmente in due occasioni: l’undici novembre il Comu-ne di Talamello ha omaggiato il “suo” pittore nel decimo anniversario dell’apertura del Museo “Lo Splendore del reale” a lui dedicato, mentre il primo dicembre, nella gior-nata del compleanno, il Prefetto di Rimini ha inaugurato lo “Spazio Gualtieri” allestito nella sala riunioni della Prefettura, che ospita alcune delle opere più belle dell’artista. Tantissimi auguri anche da tutta la redazione di Vis a Vis.

Un Tappo per Viserba

Parte anche a Viserba, sostenuta e coordinata dall’Associazione Ippocampo, la raccolta dei tappi di plastica. Loredana Cramarossa, la più green tra i soci ippocampini, dice: “devono essere tappi in polietilene e riportare la sigla PE, ogni tonnellata viene pagata circa 120 euro e in zona abbiamo una azienda specializzata che li acquista.” Questa iniziativa, presentata in anteprima durante l’estate a tutti i Comitati del territorio, è stata accolta con grande consenso, ora necessita di uno slogan e di un progetto da sostene-re. “Speriamo nella collaborazione di privati cittadini, aziende locali, scuole del polo scolastico, esercizi commerciali e alberghi che, in una cordata di solidarietà dal signi-ficato etico ed ecologico, potranno dare un’ulteriore eccellenza al nostro territorio”.

Surcioun ri-sorgente

Dalla scorsa estate il Surcioun ha un aspetto meno trascurato. La sorgente di acqua dolce che sfocia in mare, ricca di storia e mistero anche per il fenomeno delle sabbie mobili che si lì si originavano fino a qualche decennio fa, ultimamente è stata al centro dell’attenzione per le proposte di riqualificazione chieste a gran voce e da più parti, con raccolte di firme fra cittadini e interpellanze in Consiglio Comunale. Riconoscibile oggi solo per un tubo che sfocia in mare, è un peccato che molti turisti scambino il Surcioun per uno scarico fognario, mentre si tratta di acqua fresca di sorgente, pura, limpida e potabile, com’è stato accertato da analisi effettuate di recente. Il luogo meriterebbe molta più attenzione, ma finalmente ecco almeno un piccolo segnale. La novità è, sem-plicemente, una nuova insegna, dalla grafica leggera e moderna, della viserbellese Lo-redana Cramarossa, con la scritta “Surcioun” e la dicitura in quattro lingue, a beneficio dei turisti, che indica “antica sorgente”. L’iniziativa, va sottolineato, è del bagnino Mau-rizio Rossi, dello stabilimento 43. Che sia l’inizio di una nuova storia per il Surcioun?

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Ouverture di Gala al Lido

Il primo numero di Vis a Vis è un’occa-sione per ricordare una delle feste più particolari degli ultimi anni: l’Ouvertu-re di Gala che si è svolto all’hotel Lido all’inizio dell’estate 2011. L’amicizia e l’ospitalità di Marinella e Cesare, i titolari di uno degli alberghi più prestigiosi di Ri-mini Nord, hanno permesso all’Ippocam-po di realizzare una serata che voleva ri-cordare e recuperare lo stile degli eventi mondani che riportano le cronache della belle époque. Nella cornice affascinante dell’hotel Lido dall’inconfondibile stile Liberty (primi del ‘900) un centinaio di ospiti in abiti da gran sera, dopo l’ape-ritivo sulla spiaggia, hanno cenato nelle sale dell’hotel e assistito alla esclusiva presentazione della collezione fotografi-ca ‘Vigolo’, accarezzati dalle meraviglio-se note dei Maestri Augusta Sammarini al pianoforte e Leonardo De Luigi al violino.

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12| NOTIZIE E DINTORNI

Domenica 8 luglio, a quattro mesi dalla sua scomparsa, i promotori del festival Assalti al Cuore hanno proposto il più importante dei testi teatrali di Elio Paglia-rani, in una location suggestiva quale il Teatro degli Atti. La città ha reso omaggio a uno dei più grandi poeti contemporanei italiani. In apertura, il critico letterario Massimiliano Borrelli con un suo inter-vento. Poi l’attrice Sonia Bergamasco alla lettura del poemetto “La ragazza Carla”, accompagnata da Martina Bertoni al vio-loncello, su musiche di Theo Teardo. Già lo scorso anno, il 25 di agosto, era stata organizzata una presentazione dell’au-tobiografia “Pro memoria a Lia Rosa”. L’iniziativa, a cura delle associazioni Ippocampo e Assalti al Cuore, era stata

accolta con entusiasmo da Elio e dalla moglie Cetta, nonchè dall’assessore alla cultura del Comune di Rimini Massimo Pulini. Purtroppo le condizioni di salute di Elio si aggravarono improvvisamente e si dovette annullare tutto. Nel partire, salutando gli amici di Viserba, Elio disse: “tornerò l’estate prossima!” E il tributo al Teatro degli Atti ha fatto sì che anche quest’anno Elio Pagliarani fosse qui, nella sua Rimini. Conoscere Elio Pagliarani, il grande poeta nato nella Viserba che amo, è stato uno dei più bei regali che la vita mi abbia fatto. L’incontro con Elio e sua moglie Maria Concetta, l’amicizia nata e colti-vata in questi ultimi anni, il dialogo in-tellettuale e umano... è il patrimonio che

Omaggio a Elioil nostro grande poetadi Maria Marzullo

È nostro questo cielo d’acciaio che non finge Eden e non concede smarrimenti,è nostro ed è morale il cielo che non promette scampo dalla terra,proprio perché sulla terra non c’èscampo da noi nella vita.(da “La ragazza Carla”, Elio Pagliarani)

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conservo gelosamente, ora che Elio se n’è andato. Sembrava ci conoscessimo da sempre. Era un riconoscersi fra per-sone che amano le persone. Lo ricordo intento a leggere tra le righe un giornale, passeggiare per la ‘sua’ Viserba. A volte coglievo il suo sguardo tenero rivolto ai bimbi in spiaggia o lo sguardo amorevole all’adorata Cetta, sua metà del cielo. Fre-quentare la loro casa è stato un grande privilegio. Quando arrivavo, il Maestro mi accoglieva sempre con un sorriso, si alzava per farmi accomodare e quando andavo via mi salutava con un baciama-no. Ho conosciuto anche Lia, splendida figlia. Cetta quest’anno è tornata senza Elio, che ci ha lasciati mica in un giorno qualsiasi: l’otto di marzo. Sono andata a prenderla in stazione, ci siamo abbrac-ciate con la stessa solidarietà, la stessa fratellanza di tante estati trascorse in-sieme. Con l’assenza che era presenza: quella della poesia di Elio.

Nella pagina a fianco, Elio Pagliarani con la moglie Maria Concetta Petrollo

Sopra, Elio Pagliarani agli inizi degli anni ‘60 in una foto di Mario Dondero

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In principio era la stazionedi Marzia Mecozzi | archivio fotografico Ippocampo

Ma dov’è ‘sta Viserba?Esclamò il signor Lodi quando scese dal treno…

Il 10 gennaio del 1889 fu inaugurata la tratta ferroviaria Ferrara-Ravenna-Rimi-ni con sosta a Viserba dove sorgeva la più importante fabbrica di cordami della Romagna: la “Pilleria Risi della Viserba”. Questa data sancisce ‘ufficialmente’ la nascita di Viserba che, fino ad allora, era stata un piccolo agglomerato ru-rale alla periferia di San Martino in Riparotta. C’era stato, è vero, un sito più antico che l’origine del nome, Vis herbae o Vix herba, rivela; ma la storia più importante può far data da quel finire di secolo e da quella stazione che, con cordami e riso, porta anche qualche primo forestiero.

Ma dov’è ‘sta Viserba?Come racconta Carlo Alberto Bianchi in una bella intervista (www.ippocam-poviserba.it) “il signor Lodi veniva da Bologna e sembra che, quando arrivò a Viserba, la prima cosa che esclamò, guardandosi attorno, sia stata: - Ma dov’è ‘sta Viserba?!- Erano i primi anni del Novecento e il paese attorno alla ferrovia era quasi inesistente. Lodi, che sarebbe stato il capostazione della comunità per tanti anni, si era comprato una casa in via Pedrieri, dove visse con la sua famiglia fino alla fine dei suoi giorni.”

14| PAGINE DI STORIA

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Viserba monteIl primo nucleo urbano viserbese si sviluppò attorno alla chiesa di Viser-ba monte, ‘succursale’ di San Marti-no in Riparotta. Nel 1890 fu edifica-ta una piccola cappella nella quale il parroco di San Martino officiava messa nei giorni di festa.Il primo villinoIl 19 ottobre del 1892 Luigi Graziosi, benestante possidente di Santarcan-gelo, si costruisce sulla spiaggia di Viserba la sua residenza estiva. È il primo esempio di architettura genti-lizia che inizia ad impreziosire quel litorale spoglio compreso fra le dune di sabbia e gli orti. Subito dopo il Graziosi è Sante Polazzi, costruttore riminese, ad intravedere in quell’area vista mare una grande opportunità di ricchezza ed inizia a costruire villini da vendere a facoltosi forestieri. Nei decenni successivi è un proliferare di eleganti villini che, alla destra e alla sinistra della litoranea, diventano elemento identificativo del luogo.Piazza Pascoli e la chiesa di Viserba Mare L’11 luglio 1910 fu inaugurata in piazza Pascoli la Chiesa di Viserba a mare con la celebrazione di una mes-sa funebre in suffragio di Re Umberto I nei dieci anni del suo assassinio.Questa Chiesa dipendeva ancora dalla parrocchia di Santa Maria delle Celle e di San Martino in Riparotta dalla quale il canonico arciprete don Giovanni Nicoletti veniva ad officia-re le messe. Nel 1920 un comitato di cittadini ottenne che la chiesa di-ventasse sede parrocchiale, sulla cui storia torneremo ancora…

15| PAGINE DI STORIA

Nella pagina a fianco, la stazione di Viserba 1902 - Collezione Vigolo

Sopra, Borgo di Viserba Monte

Villini a mare - cartoline anni ‘10

Piazza Pascoli già Andrea Costa

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16| PAGINE DI STORIA

Regina delle Acque di Maria Cristina Muccioli | foto Paritani | archivio fotografico Ippocampo

La storia della Terra delle Acque inizia dalla Fonte per antonomasia: quella “Sacra Dimora” che dà il nome alla via e al quartiere.

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17| PAGINE DI STORIA

Un centinaio di anni fa, quand’era località di villeggiatura molto alla moda, Viserba vantava l’appellativo di “Regina delle Acque”. Lo testimo-nia anche una nota locandina pub-blicitaria , pubblicata nel 1928, dove la Commissione Balneare scriveva: “Viserba ha quale dono forse unico concesso alle spiagge del mondo un’acqua purissima e fresca che sca-turisce spontanea da migliaia di fon-tane che confortano ogni villa, anche la più modesta”. Potrebbe sembrare eccessivo il numero a tre cifre rife-rito agli zampilli d’acqua presenti in zona. Non è così, anche perché

probabilmente erano comprese pure le vicine Torre Pedrera, Viserbella e Rivabella, dalle medesime caratteri-stiche morfologiche. Fu proprio questa abbondanza di acque sotterranee a spingere sullo sviluppo della zona litoranea a nord di Rimini, che, idrogeologicamente parlando, corrisponde con la linea di costa e quella distale, oggi quasi completamente sommersa, del co-noide del Marecchia. Testimonianze, in tal senso, sono presenti anche nel patrimonio fotografico in parte rac-colto dall’Associazione Ippocampo, dove in più di un’immagine sono

fermati i momenti emozionanti della battitura di pozzi artesiani con zam-pilli spontanei dall’altezza incredi-bile. Se volessimo creare un “itine-rario storico-turistico delle acque” di Viserba e dintorni, ci sarebbero numerose tappe da scoprire e valo-rizzare: il lavatoio di Torre Pedrera, il Surcioun di Viserbella, la Fossa dei Mulini, l’ex lavatoio di Viserba, le sue fontane pubbliche, la “Pantera” di Ri-vabella. Ma vogliamo iniziare dalla nostra Fonte per antonomasia: quella “Sacra Dimora” che dà il nome alla via e al quartiere. È la più nota, dalle origini leggendarie dove storia e de-

Nella pagina precedente, la Sacramora negli anni ‘50

La Sacramora oggi, da sinistra Augusto Morolli, Malvina Tamburini, Mauro Tamburini

Sotto, il custode Augusto Tamburini costruisce il muretto della Fonte (inizi anni ‘50)

A destra, Malvina Tamburini (inizi anni ‘50)

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vozione religiosa si intrecciano. La Sacramora, infatti, segna il luogo in cui nell’anno 957 si sarebbe miraco-losamente arenata l’arca marmorea contenente il corpo di san Giuliano, che fu poi trasportata nell’omonima chiesa, al Borgo. Al suo posto sgorgò una polla di ac-qua sorgiva, che venne denominata “Sacramora”. Fresca e dalle virtù sa-lutari. “La gente arrivava in gruppo da Rimini già alle quattro di mattina perché l’acqua andava bevuta a di-giuno – raccontano i viserbesi Mauro Tamburini e Augusto Morolli, oggi settantenni – Eravamo ragazzini scal-zi e in calzoni corti. Con noi c’era anche Gigiòla (Garattoni). Il nostro ‘lavoro’ era quello di porgere un bic-chiere pieno di acqua fresca. In cam-bio ricevevamo un soldino. ”Oggi ci sono dei rubinetti, ma la sorgente è

sempre quella delle origini. Per co-noscere le vicende legate agli ultimi sessant’anni della Sacramora ci affi-diamo ai ricordi di Malvina Tambu-rini, che negli anni Cinquanta gestì il “Bar Dancing Sacramora”. “Nel ‘49/50 la sorgente, anche se già fa-mosa e frequentata, era segnata da un ‘coppo’ nel terreno che, allora, era di proprietà della famiglia Sarti (commercianti di stoffe in piazza Tre Martiri). In quegli anni i Sarti diedero in affitto questo appezzamento alla mia famiglia, che arrivava da Bella-riva, come orto. Poco dopo il terre-no venne acquistato da Cottarelli, ricco medico milanese che aveva un grande albergo a Riccione. Lui e sua moglie nel 1954 tennero a battesimo mio figlio Paolo. Grande spirito im-prenditoriale, il suo. Fu lui, vedendo quanta gente veniva a berla, ad avere

18| PAGINE DI STORIA

l’idea di sfruttare l’acqua per l’imbot-tigliamento e il successivo commer-cio. Già a quei tempi pensava anche alla trasformazione di Viserba in sta-zione termale, ma la sua idea non venne mai condivisa dalle pubbliche amministrazioni e neppure dai pro-prietari dei terreni che avrebbe vo-luto acquistare per realizzare il suo sogno. Il primo stabilimento aveva come unica operaia mia sorella Ma-ria, mentre mio padre, già affittuario come ortolano, divenne il custode-factotum. C’era anche la Giuseppina Sarti, appena diciottenne, che faceva la contabile. L’industria dell’imbotti-gliamento ebbe successo, tanto che pochi anni dopo, in estate, vi lavora-vano anche quindici persone. Cottarelli sostenne e incentivò la co-struzione di un bar con annessa pista da ballo, che mi concesse poi in ge-

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stione. A dire il vero lavorammo di badile io, mia sorella e una cameriera che avevo assunto. Da sole abbiamo riempito con la terra i due fossi che c’erano (ci si pescavano le sanguisu-ghe, che vendevamo alle farmacie). Poi abbiamo costruito un chiosco, la pista da ballo, la fontana rotonda sot-to i salici piangenti. Un posto molto bello!” Erano gli anni in cui spopola-vano le orchestre, si ballava tutte le sere, la gente veniva appositamente a Viserba anche da lontano. “Un’esta-te venne persino Adriano Celentano a cantare alla Sacramora! Il bar lo aprivamo all’alba, perché c’era molta gente che veniva da Rimini per bere l’acqua. Ricordo i festeggiamenti del Millenario, nel 1957, con tantissi-me personalità. Venne inaugurato il bassorilievo e Cottarelli firmò pub-blicamente un documento in cui si impegnava a permettere ai cittadini riminesi di attingere l’acqua nono-stante lui avesse avuto la concessione esclusiva di sfruttamento minerario. Poco dopo Cottarelli vendette ai Sa-violi, che trasferirono lo stabilimento più su, verso monte. Il bar l’ho gestito per un altro anno o due. Poi basta, un’avventura conclusa. Ci sono di-verse cartoline che testimoniano quel periodo: le avevamo fatte stampare io e mio marito Guido. La didascalia re-cita: ‘Viserba, Fonte Romana Sacramo-ra’. Sì, direi proprio che non salvaguar-dando e valorizzando questo luogo come meritava e come Cottarelli, nella sua lungimiranza, aveva sperato, Viser-ba ha perso una grande occasione!

19| PAGINE DI STORIA

La Fonte Sacramora nei ricordi di Elio Biagini(dal libro “Racconti viserbesi”)

Ricordo questa sorgente in cui sgorgava un’acqua limpida e cristallina pie-na di piante acquatiche e abitata da rane e raganelle e anche dalle tin-che. L’acqua, che era diuretica, leggerissima e toccasana per l’intestino, era reclamizzata anche oltre i confini della Romagna. D’estate, all’arrivo dei bagnanti, la prima cosa che chiedevano era dove si trovava la fonte della Sacramora. Io gentilmente mi offrivo di accompagnarli perché la fonte si trovava poco distante dal centro. Percorrendo la strada sotto il sole cocente i bagnanti ammiravano i fiori che c’erano nelle case e gli orti pieni di tanta verdura. Nella vicinanza della fonte c’era sempre qualche ragazzino che ti offriva un bicchiere per poterti meglio dissetare. Fra questi il più svelto era Alfredo (Brustolini), che di bicchieri ne aveva due ed aveva un modo particolare per farsi scegliere i suoi. Il bagnante prendeva il bicchiere e si di-rigeva alla sorgente. Quando vedeva che l’acqua sgorgava in mezzo a tutte quelle piante acquatiche guardava con stupore e aveva un po’ di perplessità di riempire il bicchiere di acqua che era distribuita da un coppo. Quando metteva il bicchiere alle labbra per bere, si notava la sua incredulità che da tale sorgente sgorgasse un’acqua così fresca. Dopo averne bevuto diversi bicchieri, riconsegnava il bicchiere a Brustolini elargendo la dovuta mancia.

Nella pagina a fianco, cartolina metà anni ‘50

A lato, il Bar Dancing Sacramorametà anni ‘50

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20| PAGINE DI STORIA

In una notte del 963 (chi dice del 957) i riminesi furono attratti sulla spiaggia da un fenomeno ecceziona-le: il mare era agitato da grandi onde, ma in cielo non spirava neppure un alito di vento. Così ai cittadini accor-si si mostrò all’orizzonte una visione che aveva dell’incredibile: in mezzo alle onde, circonfusa di luce, un’ar-ca marmorea avanzava come fosse una nave, e si dirigeva con sicurezza, sospinta dai flutti, verso la spiaggia riminese, che a quel tempo arriva-va all’altezza dell’attuale via Sacra-mora. Tra lo stupore degli astanti il sarcofago approdò non lontano dal monastero benedettino dei SS. Pie-

tro e Paolo, nella località che venne poi denonimata Sacramora, ovvero “Sacra Dimora”, a ricordo della mi-racolosa reliquia che ha ospitato. Su-bito la notizia del prodigio si sparse e primo fra tutti accorse il Vescovo Giovanni con il clero e i notabili del-la città. Egli voleva trasportare l’arca nella cattedrale per darle maggior onore, ma il sarcofago risultò inamo-vibile. Si provò anche ad aprirlo per verificarne almeno il contenuto, ma anche questa iniziativa rimase senza esito. Il sarcofago fu così abbandona-to nella località dove era approdato, finché, alcuni anni dopo, il succes-sore dell’abate Lupicino, di nome

Giovanni, radunati i suoi monaci e i fedeli del monastero, dietro licenza del Vescovo, indisse un digiuno per implorare l’aiuto di Dio e tentare la traslazione dell’arca dalla Sacramora alla chiesa del monastero (l’attuale chiesa di San Giuliano, nel Borgo di Rimini). Questa volta il sarcofago si lasciò docilmente trasportare, trai-nato da due giovenche, e sul luogo dove aveva sostato sgorgò una sor-gente. Nel 1225 il Santo venne eletto Patrono della città di Rimini. La zec-ca comunale coniò monete contras-segnate dal motto “Sanctus Iulianus”, che sostituirono quelle con l’effigie di San Gaudenzio.

Il ritrovamento dell’arcae la storia del martiredi Maria Cristina Muccioli

Questa vicenda, così come la storia del martire diciottenne, è stata narrata dettagliatamente in un dossale dipinto nel 1409 da Bittino da Faenza e conservatonella chiesa di San Giuliano.

Bittino da Faenza. Il polittico di San Giuliano, 1409. Rimini, chiesa di San Giuliano

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22| SPECIALE NATALE

Natale ricordi e tradizioni di Nerea Gasperoni | foto Nicola Sammarini

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Ecco il Natale. Ma non quello patinato che si vede in tivù. È un Natale antico, quello che vorremmo far rivivere nello spazio breve di queste pagine. Quello dell’infanzia di molti, fatto di poche e semplici cose. Di frasche addobba-te con mandarini e noci, del ciocco di legna che arde nel fuoco. Di can-ti tradizionali scambiati con qualche prodotto dei campi. Un Natale rac-contato da voci note e attraversato da messaggi di solidarietà sempre attuali.

Iniziamo ascoltando il portavoce dei Cantori delle Tradizioni, un gruppo di amici che da più di trent’anni, a Viserba e dintorni, opera per sal-vaguardare la tradizione natalizia delle origini, mantenendo viva sul territorio la presenza dei cosiddetti Pasqualotti.

Silvano Perazzini all’interno dell’as-sociazione “Cantori delle tradizioni” riveste tanti ruoli: innanzitutto è co-ordinatore e co-fondatore del gruppo presieduto da Adelmo Perazzini e di cui è direttore artistico Sauro Casali, ma è anche cantante, strumentista e presentatore. “Raccontiamo il Nata-le - spiega Silvano - attraverso can-zoni e rappresentazioni che vogliono tramandare ogni particolare legato all’evento religioso: il viaggio a Bet-lemme di Maria e Giuseppe, la nasci-

ta di Gesù, l’evento visto dai pasto-ri, la visita dei Re Magi…” I Cantori sono noti anche perché nel periodo natalizio ridanno vita all’antica Pa-squella, tradizione che i più giovani non conoscono. “Sì, è vero - spiega Silvano - Oggi portiamo la Pasquel-la nei teatri, nelle scuole, nei centri per anziani, nelle case di riposo, alle sagre, nelle chiese. Per accontentare tutte le richieste, nei mesi di dicem-bre e di gennaio facciamo numerosi spettacoli, mentre un tempo la Pa-squella si cantava solo il 5 e il 6 gen-naio. In questi giorni gruppi come il nostro andavano per le campagne a comunicare, cantando e suonando, gli eventi accaduti nel Natale. Visto che il 6 gennaio era la prima festa religiosa dell’anno non necessaria-mente domenicale e per la Chiesa i giorni festivi che non cadevano di

domenica venivano chiamati Pasque, questi canti hanno preso il nome di Pasquelle, mentre i loro cantori ven-nero denominati Pasqualotti. Come ringraziamento per la visita ricevuta i contadini donavano uova, vino, fari-na: cose che in quei tempi di miseria facevano un gran bene. A volte anche oggi in cambio del nostro spettacolo chiediamo generi alimentari che poi doniamo a famiglie in difficoltà. Lo scopo principale del nostro gruppo, infatti, non è solo quello di mantene-re le tradizioni (e quella del Natale non è più l’unica), ma anche aiutare chi è meno fortunato. Divertendo e, inevitabilmente, divertendoci.”

23| SPECIALE NATALE

Nella pagina a fianco, Maria Tecla Botteghi

Sopra, il gruppo dei Cantori delle Tradizioni

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24| SPECIALE NATALE

Ma ascoltiamo ora una bella favola raccontata da Maria Tecla Botteghi, maestra elementare in pensione, che ci accompagna in un piccolo viaggio nel tempo per evocare insieme il Na-tale di tanti anni fa a Viserba. Una fiaba per chi è stato bambino allora e per chi ancor oggi si sente tale.

Ecco il racconto di Tecla, che po-tremmo intitolare “Quando i regali li portava ‘e’ vèc’.”Era la vigilia di Natale. Faceva fred-do. Una bambina si affrettava verso casa, con le guance rosse sferzate dal vento, le dita intirizzite strette sotto le braccia. Aveva solo cinque anni, ma già lavorava “a d’agòc” e aiuta-va nei lavori domestici. Aveva occhi vivaci, un visetto rotondo, i capelli raccolti a treccia sulla nuca. Vestiva una gonnella sbiadita, una camicia, un “cursèt”. Un piccolo scialle la difendeva dal freddo dacui fuggiva come un uccelletto nella tempesta. Entrò in casa e corse verso il calore amico del focolare. Il centro della stanza era dominato da un camino rustico costruito dai nonni con le grosse pietre raccolte sul greto del Marecchia. Nel focolare ardeva “e’ zoc ad Nadèl” imponente e fumoso. Era stato raccolto sulla riva del mare dopo la prima burrasca d’autunno; ora fumava, cigolava e gemeva li-

berandosi del suo umidore. Scende-vano le ombre della sera e le braci sotto la cenere respiravano brevi fiati ardenti. La bambina si avvicinò, salì sullo sgabello, creò uno spazio libe-ro sulla mensola del camino tra “e’ salarùl”, il vaso con i “sulfanel”, il contenitore con le penne per ungere gli arrosti, un “lòm” ammaccato, le pipe del babbo disposte con ordine. Sollevò la gonnella e spolverò con cura lo spazio vuoto. Sospirò. Si tolse uno zoccoletto consunto, lo lucidò con cura con la gonna ormai sudicia. Lo osservò: mancava qualcosa. Si strappò dai capelli un nastro rosso, lo lisciò, lo avvolse attorno allo zocco-letto con un bel fiocco. Lo posò sulla mensola. Scese, lo contemplò; che bell’effetto faceva. Sospirò, chiuse gli occhi e sognò. Sognò l’essere miste-rioso che quella notte avrebbe visita-to la sua casa. Portava con sé la gioia del Natale, una gioia così grande checancellava le miserie quotidiane: la fame, il freddo, i geloni, le difficol-tà, i dolori. Lo immaginava mentre, portato dal vento, arrivava silenziosa-mente nel suo paese. Una nuvola di sabbia si gonfiava e si agitava come ali incorporee. Sospirò. Già arrivava la mamma con i fratellini urlanti. Era ora di preparare la parca cena della Vigilia con le erbe selvatiche. Prima di andare a dormire, raccolti attorno

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al fuoco, avrebbero recitato il rosa-rio. La bimba andò a letto, godendo del buon calore delle lenzuola riscal-date dal fuoco amico “d’e’ prit e d’la sora”. Il tepore durava poco, ma già gli occhi cominciavano a chiudersi per il sonno. Pensava al Natale. Pri-ma di addormentarsi mormorò le stro-fe che la nonna le aveva insegnato:

E’ burdèl l’è ned tra e bu e l’asinellongh e fén, longh e mantelper fascè sté Gesù bel.Gesù bel, Gesù e Mariacon gli anzel in compagnia.

Il mattino di Natale la bambina si svegliò ai primi chiarori. La camera era fredda, sui vetri i fiori di gelo.Corse in cucina, salì sullo sgabello accanto al fuoco e cercò sulla men-sola. Il suo vecchio zoccoletto sem-brava splendere. Impaziente afferrò lo zoccolo, lo portò in camera strin-gendolo al cuore, godendosi l’emo-zione di quel momento. Tolse i regali dall’interno dello zoccolo. Poi li mise in fila sul letto. “E’ vèc” era stato ge-neroso. C’erano tre belle castagne lucenti, due carrube dall’odore dol-ce d’estate, un piccolo cartoccio di carta gialla. Lo aprì. Che meraviglia! C’era della farina di castagne! Vi im-merse il naso, starnutì e rise. Che ma-gnifico Natale!

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26| SPECIALE NATALE

Non c’è Natale senza le parole di un ‘pastore’.

“Questo è il mio quarto Natale a Viserba. - dice don Aldo Fonti, parroco a Santa Maria al Mare - In questi anni ho capito che è necessario ‘cristianizzare’ il Na-tale, riscattando alla fede cristiana una festa che la società dei consumi ci ha ru-bato per fare business. Natale vuol dire certamente ricordare la nascita di Gesù, ma vuol dire anche annunciarlo perché continui a nascere nella mente e nel cuore di tanta gente. Oggi non dovremmo dare per scontato che la gente, in par-ticolare le nuove generazioni, conosca Gesù, ma dobbiamo darci da fare perché molte persone vivano questo incontro. Allora è Natale. Gioisco quando vedo nascere Gesù nelle persone. Mi piace molto vedere Gesù celato nelle persone di buona volontà che lavorano e si spendono per il bene comune. Tante volte vedo nascere Gesù nei fratelli o sorelle o istituzioni, organizzazioni. Non c’è un’e-tichetta, un’identificazione, ma tanta voglia di bene. Gesù direbbe come allo scriba ‘Non sei lontano dal Regno di Dio’. Il Concilio Vaticano II chiama questa presenza nascosta ‘I semi del Verbo’, cioè i semi di Gesù, la Parola di Dio. La certezza di questa presenza di Gesù in tutti gli uomini di buona volontà mi porta a collaborare e costruire sinergie con persone e istituzioni che lavorano per il bene comune, sempre col massimo rispetto per le loro autonomie. Per esempio, non avendo l’Ippocampo una sede propria, la parrocchia ha sempre ospitato gratuitamente i membri dell’associazione per le loro periodiche riunioni, come fa con lo stesso cuore per altri gruppi e istituzioni. Credo che la situazione che stiamo vivendo, così complessa dal punto di vista socio-economico e culturale, ci stimoli ad adottare nuovi stili di vita: passare dal superfluo e dallo spreco all’essenziale, per condividere con coloro che soffrono di più le conseguenze della crisi economica. Non si può vivere un Natale alle spalle di tanta gente che soffre senza dare segni concreti di condivisione. Oggi anche nel campo dei tradizionali regali natalizi c’è chi parla di ‘regali socialmente utili’: pensiamoci! Credo che questi debbano essere la scelta di tutti. Una parola, infine, voglio far giungere a tutte le persone che sono alla ricerca di Dio o hanno fatto la scelta di non credere, oppure non vivono pienamente la nostra fede: nessuno è estraneo a Gesù Cristo, nessuno è estraneo alla Chiesa. La nostra missione di cristia-ni è vivere l’amicizia in mezzo all’u-manità, standovi accanto, facendovi sentire la vicinanza di un Dio che è Amore Pieno e consapevole della no-stra vita. A tutti l’augurio di un Santo Natale di pace e di serenità. A tutti i lettori, da parte mia e della Parrocchia di Santa Maria di Viserba Mare. Con la benedizione del Signore.”

Don Aldo Fonti, parroco di Viserba Marecon i ragazzi del musical “Forza venite gente”

A sinistra, presepe Parrocchia Viserba Mare realizzato da: Manuela Botteghi,

Grazia e Fabrizio Pasolini, Maurizio Ricci

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Il presepe è la ricostruzione, secon-do tradizione, della nascita di Gesù. Bue e asinello, pastori in visita, an-geli e stella cometa che guida i Re Magi alla capanna, son gli elementi indispensabili per la rappresentazio-ne che ancora oggi è il più accredi-tato simbolo del Natale. Per il Natale 2011 L’Ippocampo propose una si-gnificativa iniziativa che trovò il fa-vore di tutti i commercianti fra Viser-ba e Viserbella. L’iniziativa, dal titolo “La rinascita, itinerario nel Natale”, è stata sostenuta dall’associazione Promo Viserba che ha voluto richia-mare l’attenzione sulla qualità della passeggiata pre-natalizia. Ad ogni negoziante è stato proposto di realizzare un presepe ed esporlo in vetrina, dando vita a un vero e pro-

prio percorso espositivo i cui risulta-ti hanno superato ogni aspettativa. L’entusiasmo è stato condiviso e si è concretizzato nelle tante adesioni ad un progetto che non è dispendioso, non necessita di maestranze qualifi-cate, il cui solo scopo è quello di ac-compagnare il visitatore, il cittadino, l’ospite all’interno di un cammino nuovo e magico tra le strade e tra i negozi della propria città. A conclusione del periodo esposi-tivo, in occasione della festa dell’E-pifania nella Parrocchia di Viserba Mare, è stato scelto un vincitore sim-bolico. Durante le vacanze natalizie un gruppo di soci dell’Ippocampo ha percorso l’itinerario documentando, attraverso fotografie, le realizzazioni di tutti i presepi per permettere la vo-

Itinerario nel Nataledi Francesca Perazzini | foto Stefano Benaglia

28| SPECIALE NATALE

tazione che si è tenuta in occasione della festa parrocchiale dell’Epifania. Dopo il pomeriggio dedicato ai bam-bini assieme ad un’originale befana e all’arrivo dei Re Magi sono state proiettate le immagini dei presepi e si è provveduto alla votazione (i giu-rati erano esclusivamente bambini). Il premio, una semplice coccarda da apporre in vetrina, è stato opportu-namente consegnato al vincitore, lo Sweet Line Bar, dai giurati stessi. La raccolta fotografica dei presepi rea-lizzati per l’anno 2011, di cui ripor-tiamo alcuni esempi, è stata presen-tata in occasione dei mercatini estivi del martedì al pubblico che ha potu-to così scoprire una Viserba differen-te da quella che è abituato a vivere, la Viserba del Natale.

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29| SPECIALE NATALE

| Sweet Line Bar · Viserba

| Ortofrutta Andrea e Anna · Viserba

| Cafè Matisse · Viserba

| Gioielleria Pesaresi · Viserbella

| Piazza De Calboli · Viserbella

| Jeanseria 71 · Viserba

| Casalini Calzature · Viserba

| E’ Scajon · Viserbella

| Fotografo Angelini · Viserba

| Take Away Pizzeria · Viserba

| Semprini · Viserba

| Bar Nautic La tentazione · Viserba

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30| AVVENIMENTI

Il Tempo nella stalla di Angelinidi Marzia Mecozzi

È il Tempo. Esattamente quello con la

T maiuscola, la meraviglia che coglie

d’innanzi all’Orologio di Talacia. Là,

nella sagrestia della Chiesa di San

Martino in Riparotta, il visitatore può

osservare (e sorprendersi) l’arcana

opera di Gennaro Angelini, detto Ta-

lacia. Il prodigioso meccanismo, coi

suoi quadranti e le sue ruote, le cate-

ne e i tiranti, intricata e sorprendente

rappresentazione delle meccaniche

celesti, oggi sta immoto. Dicono si

sia fermato quando il cuore del suo

creatore ha smesso di battere.

Gennaro Angelini (1874 - 1956),

che curava i campi della Parrocchia

di Riparotta, era un uomo semplice

ma arguto: suonava la fisarmonica e

inseguiva il sogno del moto perpe-

tuo. Fra gli anni Trenta e Quaranta,

lavorando con passione nei ritagli

di tempo, aveva costruito una strana

macchina che, appesa al soffitto del-

la sua stalla, sapeva misurare il tem-

po. E la cosa più strana è che il Tem-

po… nessuno sa bene cosa sia. Fior

fior di pensatori lo hanno indagato:

“Spero che Dio sia con me, e che mi dia l’immortalità, in modo che quando (l’orologio) si scaricherà, io possa venire a ricaricarlo.”

(Gennaro Angelini - “L’orologio di Talacia. Storie e documenti”)

Foto

Par

itani

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31| AVVENIMENTI

Platone, Sant’Agostino, Kant, Hegel, Einstein… Per questo, pensare che un modesto contadino abbia potuto concepire e suddividere le ciclicità dell’Universo in secondi, minuti, ore, decenni, secoli… che, fronteggiando il calcolo astronomico della preces-sione degli equinozi, della differen-za fra anno siderale e anno solare, potesse tener conto dei bisestili… riempie di meraviglia. Che poteva saperne, quell’uomo lì, delle maree, dell’asse di rotazione, dell’attrazione terrestre, della forza di gravità, della teoria della relatività? Ed è infatti con curiosità e stupore che, dell’Orologio di Talacia, hanno parlato in tanti: da-gli articoli apparsi sui giornali degli anni Cinquanta ai documentari pro-dotti dall’Istituto Luce (che si posso-no visionare presso San Martino in Riparotta). Sono note le visite dalla Svizzera di orologiai e intenditori che dimostrano l’attenzione e l’interesse degli uomini ‘colti’ di fronte a que-sto marchingegno di legno e ruggine, diabolico nella sua elementare com-plessità, con il fascino ancestrale e misterioso di un calendario Maya. La straordinaria storia di Gennaro e del suo Orologio che oggi è stato par-

Nella pagina a fianco, particolare dell’orologio e Gennaro Angelini in una foto degli anni ‘50

In basso, gli imprenditori che hanno sostenuto la realizzazione dello spettacolo

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Ang

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32| AVVENIMENTI

zialmente rimontato a San Martino, ha ispirato lo spettacolo “L’orologio di Talacia, memorie di un contadino inventore” opera della regista, attrice e cantante Liana Mussoni, portato in scena a Viserba in Piazza Pascoli lo scorso luglio per iniziativa dell’As-sociazione Culturale Ippocampo, grazie al contributo di Playa Tamarin-do e degli alberghi Belvedere Spiag-gia, Byron, Canasta, Carmen, Clara, Goldene Rose, Lido, Magda, Nautic, Roma Spiaggia, Supreme, Vittoria e la collaborazione del Comitato Turi-stico di Viserba e della parrocchia di Viserba Mare. Uno spettacolo vivace ed elegante, con la voce recitante di Liana Mussoni, gli interventi sonori di Tiziano Paganelli e la partecipa-zione dell’attore Mario Bianchini che ha declamato due poesie del poeta santarcangiolese Raffaello Baldini (1924-2005), dedicate al tempo e agli orologi: “Che or’ èll?” (che ore sono?), tratto dalla raccolta “Ad nota” (di notte) e “L’arlòzz” (l’orologio) trat-to da “Ciàcri” (chiacchiere). E infatti,

il tempo segnato dalla creatura di Ta-lacia è il tempo declinato in Roma-gnolo, nello stile inconfondibile che Baldini ha reso famoso oltre questi confini, con ironia e con la saggezza ruvida delle cose vere, perché “cer-te cose accadono solo in dialetto”. Anche lo spettacolo di Liana Musso-ni ha l’ironia e la saggezza poetica della nostra terra, cui la regista ha sa-puto aggiungere un tocco di raffinata femminilità ed un ritmo incalzante che conduce lo spettatore dall’inizio alla fine, attraverso una delle più bel-le e curiose storie di casa nostra. Alla serata ha fatto seguito la visita guida-ta all’orologio, sempre organizzata e gestita dall’Associazione Ippocampo Viserba, alla quale hanno partecipato numerosi cittadini e ospiti. Per visita-re l’orologio durante tutto l’anno la sagrestia della chiesa di San Martino in Riparotta è aperta ogni domenica mattina.

Per informazioni tel. 0541.740602 (Don Danilo Manduchi)

Sopra e nella pagina precedente, Liana Mussoni, Tiziano Paganelli e Mario Bianchini durante la rappresentazione, in piazza Pascoli dello spettacolo “L’orologio di Talacia, memorie di un contadino inventore”

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alla finestra da oltre 100 anni

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34| PERSONAGGI

“Il cibo è stato uno degli elementi fondamentali della nostra fortuna turistica, insieme al carattere gioioso di noi romagnoli.”

(Todro)

Metti una seraa cena...di Marzia Mecozzi | foto Paritani

Le arti hanno il potere di sedurre.

Ciascuna accarezza un senso. L’in-

sieme delle arti visive piacciono alla

vista, la musica e la poesia sono fat-

te per l’udito, ci sono arti cosiddet-

te plastiche, o tridimensionali, che

possono quindi essere anche ‘toc-

cate’, sebbene sempre con il dovuto

garbo… Ma l’arte che coinvolge più

sensi in una emozione unica è la cu-

linaria. Vista, gusto, olfatto ne restano

tutti inebriati e la soddisfazione che

se ne ricava è tale che la buona tavo-

la viene a giusta ragione considerata

uno dei piaceri della vita. Fra le più

famose ‘buone tavole’ riminesi, c’è

quella di Gianfranco Panighelli, detto

Todro, il cui ristorante, che prende il

A fianco,Todro con i suoi famosi gamberoni

al sale e pinzimonio

Sopra, pergamena col Trabaccolo dei Panighelli

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35| PERSONAGGI

nome dal suo soprannome, è una di quelle mete da buongustai che tanto hanno dato e tuttora danno lustro a Viserba, dove si trova dal 1981 in via Burnazzi. Todro appartiene ad una famiglia di pescatori ed armatori di trabaccoli, come si legge in una bel-la locandina in pergamena appesa in sala: “Trabaccolo a vele, costruito a Rimini nel 1922 dagli armatori Pani-ghelli Enrico e Giuseppe di Viserba”. Il primo trabaccolo era stato realiz-zato dal nonno Enrico con il fratello Giuseppe, nel 1912 e si chiamava ‘I buoni amici’. Come tutti i pescatori, i Panighelli avevano la passione del pesce cucinato secondo la tradizione locale ed è partendo da queste tradi-zioni e dalla storia di una fra le più conosciute famiglie di Viserba che prende avvio il racconto di Franco. “I ricchi villeggianti della Viserba dei primi decenni del secolo scorso, - spiega Todro - ospitavano amici nelle proprie ville al mare dove offrivano sontuose mangiate di pesce, cuci-nato dagli esperti. Prima il nonno e poi anche mio padre si erano ap-passionati a questa sorta di catering delle origini… Agli inizi degli anni Cinquanta, avevamo una villettina sul mare circondata di tamarischi,

arbusti marittimi i cui rametti sono ideali per la realizzazione e cottura degli spiedini perché il legno di ta-marisco non brucia ed anzi sprigiona una meravigliosa essenza che rende caratteristico il loro sapore.” Anche l’altro ramo della famiglia di Franco aveva origini marinare: lo zio Dario Baldini Rastelli era stato uno dei più conosciuti marinai di Rimi-ni. “Era un uomo straordinario lo zio Dario - ricorda Todro - parlava diver-se lingue e si era sposato con una ragazza cecoslovacca appartenente ad una facoltosa famiglia di editori.” Negli anni del boom turistico i Pani-ghelli avevano costruito l’hotel Nau-tic, esclusivo polo di aggregazione e mondanità nel centro di una Viserba che stava vivendo la più bella epoca della sua storia. Qui, dopo la guerra, continuavano a gravitare artisti, uomini politici, gran-di manager delle aziende del nord Ita-lia. “Al Nautic, anche grazie alle ami-cizie dello zio Dario, avevamo una clientela internazionale, molto elita-ria, addirittura fra gli habitué c’erano i figli dello scrittore e premio Nobel per la letteratura, Thomas Mann, che lo zio aveva conosciuto nei suoi anni in Cecoslovacchia.” Mentre il padre

e la madre di Todro gestivano l’hotel Nautic e la ferramenta più antica di Viserba, ”Duilio”, che si trovava di fianco al negozio del fotografo Ange-lini, Dario faceva il direttore dell’ho-tel e il giovane Gianfranco, con il cu-gino Maurizio, si occupava del bar. La passione della cucina ha origine in quelle giornate fatte di relazioni, di incontri, di scambio piacevole fra gli avventori… Le migliori cene era-no quelle organizzate a mezzanotte: cozze e vongole per gli affezionati nottambuli; erano quelle della sera del ferragosto, quando viserbesi e bagnanti si ritrovavano insieme a fe-steggiare. “Preparavo per tutti risotti e zuppe di pesce, brodetto, macche-roncini panna e prosciutto, mi diver-tivo, ero sempre il capo brigata… Di-verse volte mi è stato chiesto quale sia, per me, la ricetta del successo. È semplice: il cibo è sempre stato uno degli elementi fondamentali del-la nostra fortuna turistica, insieme al carattere gioioso di noi romagnoli. Lo spirito giusto, la festa, la risata, accompagnate a buon vino e a cibi genuini, preparati anche semplice-mente, sul momento, in compagnia, sono state le chiavi che ci hanno reso celebri ovunque.”

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A diciotto anni Gianfranco era una promessa del calcio locale. Nelle foto, che lo ritraggono con le squa-dre di allora, i compagni hanno nomi noti ai riminesi: Franco Giuseppe Fabi, Lorenzo Cagnoni… e nomi più noti a livello calcistico nazionale: Ciccio Santarini, Diego Nanni… e con il mondo del pallone Todro ha sempre continuato ad avere contatti, quando non più come giocatore, è di-ventato lo chef dei grandi nomi delle massime serie di passaggio in riviera: Agidio Calloni del Milan, Giacomo Libera dell’Inter, Carlo Garavaglia, Fiorino Pepe, Dario Pighin, Piero Fra-cappani del Padova, Piero Ceccarelli capitano del Cesena, Gianluca De Ponti… tanti giocatori della Rimini Calcio da Mister Acori a Paolo Bra-vo, Matri e Floccari. Alla tavola di Todro hanno cenato Fabio Concato, Gianni Morandi, Riccardo Muti, Joe Kocker, Francesco Santoro… Ed è il locale in cui si possono ancora oggi gustare quei meravigliosi piatti che sono passati alla storia: i gamberoni al sale con il rituale ‘alla Todro’ con abbondante olio extravergine e man-ciate di sale di Cervia ‘gettato’ da un

capo all’altro del tavolo, serviti con pinzimonio, o il famosissimo sar-doncino spinato allo scottadito con radicchio e cipolla in aceto fatto in casa servito con piadina di Rimini. Per non parlare del calamarone ri-pieno alla griglia tagliato a fettucci-ne con pomodorini e basilico o della seppiolina alla griglia con mazzan-colle e carciofi alla griglia con aceto balsamico… La lista delle meraviglie è lunga e non c’è carta delle pietanze che possa sostituire ‘il consiglio della casa’, dato da Carlo che lavora con Todro da vent’anni o dalla moglie di Todro, Mara, vera ‘regina’ della sala e la figlia Chiara che porta avanti la tradizione. Da Todro tradizione e in-novazione si sposano in piatti sempre nuovi, come la coda di rospo tagliata a involtino con lardo di colonnata e radicchio trevigiano alla griglia o la spigola a vapore con pomodorino sammarzano e verdure di stagione condita con aceto balsamico e olio, e fanno di Todro uno dei ristoranti più apprezzati della riviera, il luogo dove si può sempre incontrare il viso noto, il personaggio popolare, accanto alla fitta schiera degli abituè locali che

Sopra, una delle sale e un particolare del ristorante

non rinunciano alla cena di pesce del fine settimana. E Todro, tovaglio-lo gettato sulla spalla, fa la spola fra i fornelli e la sala e ha una battuta per tutti, da viserbese verace, un ricordo per tutti e, a serata finita, saltano fuori anche vecchie fotografie e l’allegria e l’amarcord - il miglior digestivo - ac-cendono la notte.

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Amarcord...il Bar Otellodi Maria Cristina Muccioli

foto archivio famiglia Fabbri “I miei ricordi di ragazzo? Sembrerà strano, ma molti di questi sono legati… alle macchine del caffè.”

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Esordisce così, Valerio, suscitando immediatamente una certa curiosità negli ascoltatori. Appena tira fuori le fotografie di famiglia da quella che pare la borsa magica di Mary Pop-pins, il mistero comincia a chiarirsi: belle immagini in bianco e nero mo-strano suo padre Gloriano, con l’im-mancabile camicia bianca e papillon al collo, al banco del bar. Sorridente, con le mani posate su una fiammante Universal. “La prima macchina a quattro gruppi - spiega - Al Bar Otello negli anni ’50 questo gioiello sfornava tra i 1.000 e 1.500 caffè in un solo pomeriggio. Viserba era nel pieno del boom turistico e il nostro locale era famoso proprio per la bontà del caffè e per il gela-to. Nel 1958 avere questa macchina a quattro pistoni, di acciaio, bronzo e ceramica, era come guidare una Ferrari. Che forza ci voleva, per tirare giù quelle leve! Mio fratello Bruno, che come vedete in queste foto era un ragazzone, un bel gigante, venne addirittura usato come ‘modello’ dal-la casa produttrice. No, non per la pubblicità: presero le misure delle sue braccia per co-struire una macchina che fosse il più possibile funzionale e comoda per il barista che doveva usarla.” Ecco, guardando i sorrisi di Gloriano Fab-bri (detto Otello, classe 1916, della famiglia soprannominata “Gnàr”, da San Vito), di sua moglie Rosa Gianni-ni (classe 1920, dei “Turigién”, anche lei da San Vito) e dei loro figli Bruno (classe 1937, scomparso nel giugno del 2012) e Valeriano (detto Valerio, classe 1943) sembra anche di sentire il profumo di quel caffè che si spar-geva fra i tavoli del frequentatissimo locale viserbese, che era situato fra il lungomare e la spiaggia nell’area attualmente occupata dall’hotel Gin. Costruito tutto in economia, come

usava allora. Con la Rosina che nelle fredde mattinate d’inverno prende-va carriola e badile per scendere in spiaggia a raccogliere il ghiaino da usare per la malta. Il babbo, matto-ne su mattone, provvedeva poi a tirar su i muri del loro sogno. D’inverno i calli, in estate i sorrisi. Mai senza su-dore. “All’inizio era solo una struttura in legno dove vendevamo cocomeri a fette e gassose - ricorda Valerio - Poi aggiungemmo una vetrata. La costruzione vera e propria iniziò nel

1956 e anno dopo anno è cresciuta insieme a noi. Quante sedie! Ne ave-vamo 550, tanto era grande il locale. In inverno toccava a me raschiarle e riverniciarle. Altroché, se mi ricordo! Ero un ragazzino, ma c’era tanto da lavorare.” I numeri del Bar Otello po-trebbero sembrare incredibili. Ma la testimonianza di Valerio è con-fortata dalle fotografie che sta mo-strando. Un locale chic, con came-rieri inappuntabili che servono con professionalità una clientela dall’a-

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spetto altrettanto fine ed elegante. “Avevamo due forni e quattro piz-zaioli. In una notte si arrivava a fare dalle 800 alle 1.200 pizze! Venivano da noi anche da lontano: artisti, per-sonaggi dello spettacolo, viveur col loro codazzo di amici. La Dolce Vita in formato viserbese si dava appuntamento da Otello. Uno dei clienti più affezionati era il noto attore Paolo Carlini, di Santar-cangelo, che arrivava attorniato da suoi ‘ragazzi’. Era l’unico bar aperto da maggio a settembre giorno e not-te, con 8-10 camerieri per ogni turno. Ciascuno con la spilla col nome inci-so, giacca bianca anche col solleone e camicia coi bottoni neri a goccia. Nulla era lasciato al caso! Facevamo i gelati per conto nostro e non ricor-do più quante centinaia di uova usa-vamo ogni giorno. Tante, tante! E, a forza di lavorare, alla fine so-praggiunsero problemi di salute per la mamma e il babbo. Si decise di vendere. Avevo poco più di 18 anni. Mio fratello Bruno era già sistemato ad Essen, in Germania, e io avrei vo-luto continuare l’attività da solo. Ma i miei genitori non furono d’ac-cordo, perché ritenevano che l’im-pegno fosse troppo oneroso per un ragazzo della mia età. E così, dopo qualche esperienza come stagionale alle poste (mi chia-mavano “il postino pazzo”) alternata col servizio ai bar dell’hotel Blumen e del Nautic, mi buttai a gestire de-gli alberghi insieme a Graziana, mia moglie. Eravamo giovani, pieni di buona volontà e ricchi di… sogni nel cassetto! In estate eravamo alberga-tori a Viserba, con l’hotel “M B” (oggi “Due Rose”) e in inverno ci si trasferi-va, armi e bagagli, in Val di Fiemme. Insomma, sono sempre rimasto nel settore. Senza mai fermarmi. Abbia-mo poi acquistato un albergo a Bel-

laria, tenuto fino al 1997: il “Lady B”, chiamato così in omaggio a nostra figlia Barbara. Bellariese d’adozione, ma con cuore sempre viserbese, dunque. Così come Bruno, il “fratellone” tedesco: in Germania aveva trovato moglie e lavoro, ma in Italia aveva mantenuto le radici, tornando spesso anche per gestire l’azienda Dulca, da lui fondata e oggi gestita dal figlio. E infatti i ricordi che Valerio continua a snocciolare mostrando le sue foto, non riuscendo a nascondere la commozione, parlano viserbese. Pantùla e i suoi scherzi passati alla storia, la ghiacciaia di via Puccini dove si portavano a rin-frescare le bottiglie per il bar, il villino di Enzo Ferrari, le indimenticabili feste da ballo, la locandina in tedesco con la pubblicità di Viserba… E con tono scherzoso conclude mostrandoci “i primi vu cumprà” della Riviera: due ragazzini abbronzati e dal sorriso scanzonato, immortalati sulla spiaggia di Viserba con un grosso secchio di ferro in mano. “Bruno ed io lo riempivamo alla ghiacciaia e andavamo avanti e indietro sotto il sole cocente a vendere bibite ai turisti accaldati.” Due “burdél” dallo spirito imprenditoriale innato e vincente, come poi dimostrato dai successi ottenuti nelle rispettive vite professionali di adulti. Una storia esemplare, quella dei Fabbri, che dà l’idea di come fosse la nostra zona ai tempi del boom turistico. Protagonisti: Gloriano, Rosina, Bruno e Valerio. Che a Viserba tutti ricordano come “quelli del bar Otello”...

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Il pensiero di queste pagine va al sor-riso della signora Anna Pia Ferraretti, medico bolognese ed attuale proprie-taria della villa insieme alle quattro sorelle, con la quale ne ricostruiamo la storia. La costruzione della villa, opera di un ingegnere piemontese, risale al 1929. A quell’epoca i campi di grano la se-paravano dal mare, ma con la costru-zione del molo del porto di Rimini la spiaggia e i campi vennero fagocitati dai flutti e a fine anni ’50 la villa fu quasi circondata dal mare che, su due lati, ne lambiva la mura di cinta. La Torretta rappresentò un’avanguar-dia architettonica e chi la edificò ri-cevette un premio per l’utilizzo dei materiali e per le moderne tecniche di costruzione. Oltre alla struttura in cemento armato, rara all’epoca,

la casa aveva due bagni con acqua corrente, uno al piano terra e uno al secondo piano, oltre ad un impianto elettrico e grondaie interne. La costruzione si sviluppa ancora oggi su quattro livelli: la cantina, il piano terra rialzato, il primo piano, il secondo piano con un’ampia terraz-za panoramica ed una ulteriore tor-retta terrazzata a dominare il mare e la spiaggia da un lato ed il passeggio sulla litoranea dall’altro. Per sfortuna-te vicende economiche la villa passò dal primo proprietario alla Guardia di Finanza. Durante la seconda guer-ra mondiale fu occupata dai coman-di delle truppe inglesi e alcuni paesa-ni ricordano anche la presenza di un prete con dei bambini, forse orfani di guerra. Disabitata e circondata da un alone di mistero, magari infestata da

fantasmi, la villa cadde in stato di ab-bandono finché, nel 1959, Giuseppe Ferraretti, medico di San Giovanni in Persiceto in provincia di Bologna (per metà di origini romagnole, la di madre era una cattolichina) se ne in-namorò e l’acquistò. La famiglia Fer-raretti si può a buon titolo considera-re cittadina onoraria di Viserbella: fin dal ’50 ospite affezionata del nostro paese, della Pensione Flora prima, e poi affittuaria della bellissima e an-tica “Casa Verde” che sorgeva adia-cente al Flora in luogo dell’attuale Big Ben Bar. La Torretta, considerata un vero e proprio “gioiello di famiglia”, è an-cora oggi, per le sorelle Ferraretti, una sorta di “buen retiro” dove ama-no spesso rifugiarsi in compagnia della famiglia.

La Torrettaavanguardia anni Venti di Sabrina Ottaviani

Uno degli edifici simbolo di Viserbella è la celebre villa La Torretta un’avanguardia architettonica.

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Da Albinéin a ZvulòunI soranòm ad Viserba di Maria Cristina Muccioli | foto Paritani

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43| CURIOSITÀ E TIPICITÀ

A lato, Gabriele Bernardi col padre Franco detto Gnacco della famiglia dei Laca

Sotto da sinistra, Ermanno Navacchi detto Zancheglia, Andrea Neri col padre Angelo detto Bozambo, Alfredo Grossi detto Fis-cioun

Uno scenariodavvero interessante, quello che si apreandando alla ricercadei nostri soprannomi.E c’è chi, addirittura,ne ha due...

Sono fabbri da quattro generazioni e li immagini forti e muscolosi, alle prese con martelli e incudini.Invece… I Zanchéglia (Navacchi, del-la nota impresa viserbese) sono ori-ginari di Cella di Mercato Saraceno. Ascoltiamo in proposito il racconto di Ermanno (nella foto in basso), 81 anni portati alla grande.“I miei avi abitarono e lavorarono a Perticara nelle miniere di zolfo, poi a Sogliano, Borghi e infine a Rimini al Prato della Sartona, nel Borgo di Sant’Andrea. Nonno Mario arrivò a Viserba nel 1906. Alla Zinganèra, per la precisione. Siamo soprannominati così perché al bisnonno una volta gli amici chiesero: “Ma chi c’it, té?” (ma chi sei, tu?). E lui: “A sò féin cumé la zanchéglia” (sono fine come la zan-chéglia, cioè l’insalata gentilina). Ma c’è anche chi ne ha due, di so-prannomi. Come Bozambo, che è anche noto come e’ fiòl d’e’ Frè. Classe 1935, pescatore e poi ferro-viere, Bozambo (nella foto a sinistra col figlio Andrea) è un simpatico pensionato con la passione del mare e delle grigliate di pesce. L’esempio

è tipico: due soprannomi per la stes-sa persona. Perché questo uso, così frequente in Romagna, può avere ori-gini diverse: etichetta che identifica l’individuo (vuoi per la professione, un difetto fisico, la provenienza terri-toriale), oppure tutto il casato. “Da ragazzino andai con gli amici a vedere un film americano che aveva protagonista un nero di nome Bozam-bo - racconta il nostro testimone - Ero abbronzatissimo per la vita da disco-lo in spiaggia e gli somigliavo tantis-simo. Da allora sono Bozambo. Il so-prannome di famiglia, invece, deriva da mio padre Guido, che da piccolo venne mandato in convento. Cam-biò carriera, diventando motorista navale. Per tutti, però, rimase ‘e’Frè’ (il frate). Mé a sò e’ fiol d’e’ Frè (io sono il figlio del frate)’. Bella anche la storia di Alfredo Grossi, che tutti conoscono come Fis-ciòun. “Non è il soprannome di famiglia. Infatti i Grossi sono detti Babèn. Da piccolo abitavo in via Rossini e gli anziani mi spaventavano dicendo che in queste strade ‘si vedeva’ e ‘si sentiva’ (cioè che c’erano spiriti e streghe). Alòura

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Sopra, Gabriele Rossi

Il libro dei Soprannomi della terra delle acque

Iniziata quasi per scherzo nell’estate 2010, la raccolta dei soprannomi ha superato ogni aspettativa. Per ora la ricerca è circoscritta alle zone di Viserba e Viserbella, ma non è detto che non si possa allargare.Abbiamo iniziato invitando i nostri concittadini a raccontare i soprannomi di famiglia, chiedendo anche le motivazioni, la provenienza territoriale del casato, i mestieri dei nonni e dei bisnonni. Ridendo e scherzando, l’elenco è arrivato a più di 300 sopranno-mi, molti dei quali arricchiti da notizie e aneddoti ricavati da libri di autori viserbesi o ascoltati dalla viva voce dei testimoni. Vorremmo ricavarne un libro, con approfondi-menti e divagazioni varie. In attesa di uno o più sponsor che vogliano legare il proprio nome (e soprannome) al progetto.

mè, par fèm curàg, a ciudèva i òcc e a fis-céva (allora io, per farmi corag-gio, chiudevo gli occhi e fischiavo). Da allora sono Fis-ciòun (fischione).” Uno scenario decisamente interes-sante, quello che si apre andando alla ricerca dei soranòm. I più noti e curiosi della zona sono quasi tutti ancora in uso: da Albinéin a Zvulòun, passando da Baiuchèla, Bigiaia, Gramégna, Mazasèt, e’ Péc, Pigiama, Pirèta, Pirinèla, Ragnòun, Ras-ciablig, Runghìn, Saibadòn, Sbavàc, Scrulìn, Spranghìn, Zanza-nòun, Zuclòun. I più frequenti sono quelli affibbiati alle famiglie più prolifiche. Ad esempio i discenden-ti Morolli sono dei Pilincìn, mentre i Bernardi si dividono in almeno tre casate: i Laca (nella foto di apertura Gabriele col padre Luciano), i Pià e i Flòina. Il noto poeta Elio Pagliara-ni raccontava, invece, di essere un Pajarèn S-ciupàz (dello schioppo), per distinguersi dai Bisugnìn e dai d’la Chèsa.” Psardéin era il guardia-no del cimitero e quando una volta si diceva che qualcuno “l’éra andè da Psardéin” significava che quel tale era passato a miglior vita. Dei

Pìrc (capostipite Domenico Ermeti, detto anche Manghìn) ci sarebbe da approfondire l’origine. “La nostra è una famiglia dalle radici molto an-tiche - spiega Leyla Ermeti - Gli avi abitavano a Torre Pedrera, al Rio Pir-cio. Chissà se il soprannome deriva dal toponimo della località o il con-trario?” E che dire di Bigìn d’e’ birèl? Claudicante, fu il primo postino di Vi-serba. Simpatico anche e’ Gnéz, cioè il sarto Giuseppe Domeniconi, così chiamato per un tipico movimento delle labbra. “Raccontava barzellette ed era un gran ballerino: in una gara danzò senza fermarsi per due giorni e due notti, stancando l’orchestra”, ricordano i viserbesi. Maza cris-cen (ammazza cristiani) era Nazzareno Bartolini, viserbese importato, essen-do originario di San Marino. “Lo chiamavano così perché quan-do viveva sul Titano portava sempre una roncola per difendere dai ladri le piante di ciliegi di cui era custode”, spiega il nipote Gabriele Rossi (nella foto a lato). Di Borsanìra (i Denicolò di Viserbella) si sa che il capostipite Guglielmo era solito tenere legata in vita una borsa di tabacco, tanto usata

da diventare nera. Abitudine che ha battezzato per sempre anche i figli e che oggi individua nipoti e pronipoti.Perché il soprannome rimane, come un’eredità che non si può rifiutare.

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45| PROSPETTIVE

Il territorio è il luogo a cui appartenia-mo. Lì ci sono le nostre radici e l’ori-gine della nostra storia. Per far vivere ai bambini l’ambiente che li circonda come un territorio di appartenenze e di espressione, da percepire come parte di sé e da percorrere non fretto-losamente, la scuola dell’Infanzia “Il Galeone” per due anni ha intrapre-so un progetto didattico legato all’e-splorazione e alla conoscenza della propria città. Il primo anno è stato dedicato alla scoperta del quartiere viserbese, con l’intento di valorizzar-ne le risorse culturali ed ambientali: i bambini sono diventati piccoli esplo-ratori che, a spasso tra il passato e il

Sulle “tracce”di giovani esploratoridi Donatella Maltoni

Io piccolo esploratore, tra passato e presente, nella mia città… lascio traccia di me.

presente, hanno percorso le strade osservando, disegnando, divertendo-si, ascoltando le voci del passato, fa-cendosi raccontare dalle persone più anziane la storia dei luoghi e narran-do la propria. Grazie alla collabora-zione dell’associazione Ippocampo e dei Cantori delle Tradizioni, i gio-vani esploratori hanno conosciuto la storia della corderia, del Surciòun, della fonte Sacramora, della piazza Pascoli che, come in ogni borgo o città, rappresenta il luogo d’incontro e di condivisione. Il secondo anno, partendo dagli scenari più familiari: il mare e la terra coltivata ad orti (i cui prodotti hanno nutrito gli abitanti di Rimini fin dall’antichità), c’è stata la scoperta delle strade che conduco-no nel centro di Rimini, di cui sono stati visitati i monumenti più rappre-sentativi: il ponte di Tiberio, l’arco di Augusto, la porta Montanara. Per favorire nei piccoli l’interesse per

l’esplorazione, le insegnanti si sono avvalse del Museo della Città come luogo di scoperta e conoscenza. Qui, attraverso un allestimento adeguato, sono stati ricostruiti eventi storici in cui la narrazione del passato è stata riproposta in modo ludico, suscitan-do e valorizzando l’immaginazione. Il folletto Mazapegul e il Gabbiano Orfeo, custode dei musei, sono stati simpatici compagni di viaggio gui-dando i bambini attraverso la storia con una chiave fantasiosa. Infine, così come i monumenti e le opere d’arte sono testimonianza del passato, allo stesso modo il progetto didattico si è concluso con la realiz-zazione di un tappeto di “mattonelle” che ogni bambino ha personalizzato raccontando una storia vissuta, in-ventata o desiderata e che diventerà la traccia che i 78 piccoli esploratori lasceranno, del loro passaggio, alla Scuola dell’Infanzia “Il Galeone”.

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Bernabè, ci racconta il 2012 dal punto di vista della risorsa idrica?“Abbiamo dovuto attendere le piogge tra marzo ed aprile per avere significativi ed efficaci apporti, che hanno portato la diga di Ridracoli alla tracimazione. Tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012 sono mancati a Ridracoli 13,8 milioni di metri cubi di acqua. Questo ha portato a stressare le nostre falde, che hanno garantito gli approvvigionamenti idrici in una fase di scarsezza. Va tenuto presen-te che i prelievi da falda generano com-plessivamente maggiori costi energetici per favorire i sollevamenti, con un’acqua più dura. Anche il Po ha avuto una si-tuazione di emergenza idrica, toccando il proprio minimo storico con una quota di -2,93 nell’aprile di quest’anno, e con-seguenti riduzioni di portata che hanno generato il razionamento nei consumi idrici per i fabbisogni dell’agricoltura”.

Il principale bacino idropotabile della Romagna appunto è la diga di Ridracoli, sull’Appennino forlivese. Com’è oggi lo stato dell’arte?“Attualmente sono invasati nella diga circa 16 milioni milioni di metri cubi di acqua su 33 milioni complessivi. La diga, che quest’anno compie i trent’anni dall’ultimazione dei lavori dell’acquedotto della Romagna, ha for-nito nel 2011 il 46% del fabbisogno idri-co complessivo (e a fine ottobre 2012 siamo al 33% del fabbisogno, con il 65% prodotto da fonti locali e il 2% pro-dotto dalle pompe del fiume Bidente). Il 2010 ha rappresentato l’anno di mas-sima produzione da Ridracoli e, grazie alle piogge, sono state riempite anche le diverse falde, portando così benefici per la recente crisi idrica. Crisi che è stato possibile affrontare grazie all’in-terconnessione delle diverse reti locali,

Romagna Acque

Il problema dell’acqua e degli approvvigionamenti idrici diverrà nei prossimi anni uno dei principali per il pianeta, collegato all’effetto ser-ra e ai conseguenti effetti meteoclimatici di riduzione della piovosità. Si assiste infatti ad una progressiva tropicalizzazione del clima, con un conseguente innalzamento delle temperature e una riduzione della piovosità complessiva. Questo genera situazioni di crisi idriche sem-pre più frequenti, con rara, scarsa e ridotta piovosità, alternata a fe-nomeni di dissesto idrogeologico con franosità conseguenti a piogge intensive. Anche la Romagna ha registrato nel 2012 una situazione di crisi idrica generata da un autunno asciutto e privo di piogge e da un inverno che ha prodotto neve assorbita prevalentemente dal terreno a causa della mancata piovosità: quindi l’apporto alla diga di Ridracoli, il principale bacino idropotabile della Romagna, è stato insignificante. Ne parliamo con Tonino Bernabè, riminese, vicepresidente di Roma-gna Acque-Società delle Fonti, l’azienda a totale capitale pubblico che possiede e gestisce tutte le fonti idropotabili romagnole.

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Sotto, Tonino Bernabè vicepresidente di Romagna Acque-Società delle Fonti

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garantita attraverso il progetto Società delle Fonti, ultimato a fine 2008, con l’i-nizio della gestione di tutte le fonti locali da parte di Romagna Acque dal primo gennaio 2009”.

Ci spiega meglio com’è organizzata la gestione? “La Romagna vede le aree del forlivese e del cesenate approvvigionarsi attraverso Ridracoli e i vari pozzi locali; l’area ri-minese approvvigionata da Ridracoli e dall’interconnessione delle fonti locali tra i fiumi Marecchia, Uso e Conca; l’a-rea ravennate attraverso i fiumi Lamone, Reno e Po, mediante il vettoriamento di acqua dal CER, nonché attraverso i pozzi di Cotignola e Lugo. Romagna Acque - attraverso la gestione di oltre 500 Km di condotte, di due dighe (Ridracoli e Con-ca), di 19 impianti di potabilizzazione ed oltre 160 pozzi - si occupa della capta-zione, potabilizzazione ed adduzione di acqua prodotta all’ingrosso per il ge-store del servizio idrico integrato (Hera S.p.A.). Tra gli investimenti principali sull’idrico troviamo il raddoppio della direttrice Russi-Cotignola nel ravenna-te, che metterà in sicurezza i lidi nord, e l’ultimazione del secondo potabilizzatore realizzato nell’area della Standiana (che entrerà in funzione nel 2015 e a regime nel 2017, producendo fino a 1.100 litri al secondo). Gli investimenti realizzati nell’area ravennate metteranno così in sicurezza i fabbisogni romagnoli, au-mentando l’interconnessione tra le reti idriche e liberando risorsa da Ridracoli a beneficio dell’area riminese, forlivese e cesenate”.

In questo scenario, come ci accenna-va, può essere importante anche il ruo-lo del Canale Emiliano-Romagnolo…“I prelievi di acqua greggia dal CER pos-sono ulteriormente metterci in sicurezza per i fabbisogni domestici, assicurando ulteriori interconnessioni che possono completare tutto il territorio romagnolo. Attualmente il Canale arriva alle porte di Bellaria. Per farlo arrivare sino alla zona sud della provincia di Rimini occorre-ranno investimenti per oltre 90 milioni di Euro (sono attualmente in previsione investimenti per 12 milioni di Euro per i primi tratti da Bellaria).

Come giudica oggi il livello di servizi di Romagna Acque?Romagna Acque ha nella sua mission quella di assicurare acqua di qualità e in quantità adeguata tutto l’anno e con tariffe contenute. Nei territori della Romagna abbiamo una copertura del servizio acquedottistico del 100% (in Regione Emilia Romagna il consumo di acqua per abitante è di 165 l giorno con-tro una media nazionale di 252 l giorno, ora ridotta a 211 l giorno), del servizio di depurazione del 96%, una qualità dell’acqua depurata del 64% superiore ai limiti previsti dalla legge, con centi-naia di controlli effettuati dalla raccolta sino al rubinetto domestico tra Roma-gna Acque, Hera, Arpa, Asl e i Labora-tori Analisi presenti nei diversi territori, e perdite di rete del 21% (Bologna ha il 28%, Trieste ha il 55%) a fronte di una media nazionale del 39% (di acque po-tabili), con la presenza anche di territori a livello nazionale che perdono sino al 50% dell’acqua che distribuiscono.

Qual è il rapporto tra gli investimenti di Romagna Acque e la tariffa dell’ac-qua pagata dagli utenti?“Romagna Acque finanzia la propria attività industriale con la componente all’ingrosso della tariffa idrica, assieme alle risorse provenienti dall’ammorta-mento dei propri cespiti (compresi i beni e le fonti conferite dai Comuni) e con la gestione finanziaria. L’obiettivo che ha la Società con i propri Soci è quello di generare risorse e liquidità, per soste-

nere gli investimenti senza ricorrere ad indebitamento oneroso con le banche e generando un costo del denaro in tariffa molto basso, unica soluzione per favo-rire gli investimenti. Ora dobbiamo darci una scala di priorità. I Sindaci dovranno sempre più trovare equilibrio tra il conte-nimento degli aumenti tariffari e la sod-disfazione dei fabbisogni idrici. È possibile che per continuare ad ave-re la sicurezza dell’acqua e in quantità e qualità assicurate nel tempo, dovre-mo continuare ad investire nel ridurre sempre di più le perdite di rete, ma per investire avremo bisogno di risorse atte a potenziare il sistema idrico e depura-tivo. Come amministratori di Romagna Acque, dovremo inoltre lavorare sempre di più sulla nostra organizzazione e sul nostro modello gestionale, nell’intento di ridurre i prelievi da falda che generano più costi energetici ed investendo sulla produzione da fonti rinnovabili anche per le fonti locali, con progetti specifici, così come avviene già per l’acquedotto del-la Romagna che ha prodotto nel 2011 34.466.040 Kwh a fronte di un fabbiso-gno di 31.615.400 Kwh.

Società delle fonti

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Le pagine della nostra vitadi Marzia Mecozzi - Foto Angelini

Loro sono Donata Ciavatti e Vincen-zo Baietta, entrambi nati a Viserba e soci fondatori dell’Associazione Ip-pocampo. Insegnante di matematica, scrittore e poeta, amante della storia del suo paese, di cui conosce tutto e tutti, Vincenzo Baietta è stato asses-sore alla cultura, scuola e formazio-ne professionale del circondario di Rimini sul finire degli anni Ottanta;

è fra i segnalati nei concorsi di poe-sia dialettale a Rimini - in memoria di Luigi Paquini - e a San Clemente - in memoria di Giustiniano Villa. Nel 2012 pubblica la sua raccolta di versi “Vi-serba” (di cui proponiamo a seguire, la poesia In tla risaca) e sta scrivendo “Ritratti Viserbesi”, zirude-le e microstorie che rievocano fatti e personaggi caratteristici della Viserba

Inizia con due amici, intellettuali, colleghi, bravi scrittori la presentazione dei narratori di casa nostra.

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del Novecento. Donata Ciavatti ha esercitato per tanti anni la professio-ne di insegnante di lettere e parallela-mente è stata attivamente impegnata nel settore turistico-alberghiero lavo-rando in uno degli alberghi storici di Viserba: il Cornelia. Il libro “La for-za del coraggio” nasce dai racconti di famiglia e dall’esperienza vissuta e vuole essere un omaggio a tutte le donne. All’origine dei fatti narrati da Donata c’è un omicidio storico e letterario: quello di Ruggero Pascoli, padre del poeta Giovanni; un delitto per tanto tempo avvolto nel dubbio e nell’omertà, complice una ambien-tazione storico-sociale di stampo feudale. A questo avvenimento di cronaca si intreccia il destino di una famiglia di San Mauro, quella di Pie-tro Giani, bisnonno dell’autrice, che, nel 1880 viene condannato al carce-re a vita per l’omicidio (sembra) di un fattore. Era Ruggero Pascoli, quel fattore? Oppure uno dei suoi succes-sori alla direzione della tenuta dei Torlonia? Né l’uno, né l’altro, avreb-bero chiarito il tempo e la verità, li-berando dopo 23 anni di reclusione un innocente, risarcito con qualche moneta d’oro per l’errore giudizia-rio. La famiglia Giani se ne va con Bianca e Stella, nipoti di Pietro, ul-time a portare questo cognome, ma la sua storia vive fra le pagine di Do-nata, figlia di Bianca, che si leggono tutte d’un fiato. La sintassi limpida e scorrevole, il ritmo, la successione ben concatenata delle “Parti” in cui

è suddivisa la narrazione, il reali-smo senza interferenze edulcorate o piuttosto la resa sobria ai sentimenti (ma solo come riconoscimento di un valore più alto dei fatti) donano al racconto quel carattere energico che il titolo ben esprime. Il coraggio è la forza degli umili, la dignità di chi fa la storia in silenzio, senza enfasi ri-dondanti e pur con la saggezza di chi sa vivere. Sono le donne, in questo libro di Donata Ciavatti, le vere eroi-ne, coloro che accanto ai fatti più va-sti della storia (dall’episodio Pascoli alla guerra, alla ricostruzione) forgia-no la propria esistenza con passione e coraggio. Sono figure da romanzo, che scelgono senza conformismi e pregiudizi, che affermano il proprio individualismo e non si arrendono di fronte ai drammi e alla fatica. Né il carcere, né il lutto, né la guerra, né i debiti hanno il potere di annientare donne siffatte. Sono il simbolo di una società di stampo matriarcale che si genera solitamente in tempo di guer-ra, quando, lontani gli uomini, alle donne è affidato il comando, della famiglia, degli affari… o in quelle società dove l’economia è basata sul lavoro che tiene gli uomini lontani da casa per lungo tempo, come marinai e pescatori. In questa famiglia, in cui sembrano nascere quasi esclusiva-mente figlie, le donne attraversano le epoche storiche vivendone appieno ogni aspetto, protagoniste fino in fon-do nel bene e nel male, con fierezza, mai con rassegnazione, ma con lo

Nella pagina a fianco,Vincenzo Baietta e Donata Ciavattiin piazza Pascoli - Viserba

spirito guerriero che si dipana nelle sei “Parti” in cui è strutturato il libro e che compongono una geometria del coraggio che dà ordine e simmetria a tutto l’impianto narrativo.

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In tla risacaI là indò ch’al mòr agl’òndiòna lònga stèisa ad còzli arzantèdime pas al strid.

Piò in so, muribòndi,dò batèni arbaltèdi,zà da temp agl’j à smès da rid.

Batèni mezi-splidi te sabiòn,roti e malandèdi,dabòn;si òcc d’la fazapin ad guzlini ‘d guaza,al pienz,isè e pèr,dla vòja d’arturnè se mèr.

Vers tèra rèm sèc ad tamerisgh,imbrièg ad vent,i fés-cia i su lament.

Dri ‘na paradosa,masèdi tra i capan,rédi da trata e da imbròcfermi da an.

Rédi da imbròcche nisùn piò j à tòc,da fat,tr’al maj u j è arvènzsnò carcasi ad grènz,putrefat.

Sgnèda la pèr ormaila nòsta sòrta, intent,in tla risaca morta,snò i cucheli rid da mat.

Nella risaccaLà dove muoiono le ondeuna lunga distesa di conchiglie argentatesotto i passi stridono.

Più in su, moribonde,due batane ribaltate,già da tempo, hanno smesso di ridere.

Batane, semi seppellite nella sabbia,rotte e malandate,davvero,con gli occhi della facciapieni di goccioline di rugiada,piangono,così sembra,dalla voglia di tornare sul mare.

Verso terra rami secchi di tamerici,ubriachi di vento,fischiano i loro lamenti.

Dietro una paratìa,nascoste tra i capanni,reti da tratta e da imbroccoferme da anni.

Reti da imbroccoche nessuno più ha toccato,del tutto, tra le maglie ci sono rimastisolo scheletri di granchi putrefatti.

Segnata sembra ormaila nostra sorte;intanto,nella risacca morta,solo i gabbiani (e gli stupidi)ridono da matti.

Lo ‘spirito guerrier’ che ruggisce den-tro Vincenzo, propenso - direbbe chi lo conosce - più all’invettiva vigorosa che alla lirica melodiosa, trova inve-ce proprio in quest’ultima la perso-nale vena poetica e scioglie in rime spumeggianti e lievi il canto della memoria. Nei suoi versi le immagi-ni prendono forma e vanno dritte al cuore, coi colori, i suoni, i profumi, i sapori di cui tutte le cose traboccano, seppure qualcuno credeva di averli

dimenticati. Fra le tante poesie che ha scritto, una delle mie preferite è “1944-1945 LA RESISTENZA” quar-ta classificata al XVIII concorso di poesia dialettale “Giustiniano Villa”. Versi sciolti in lingua romagnola, ele-gia di una miseria sobria e dignitosa, divisa coi topi (di città) in quell’ago-sto del ’44. Versi che, nella traduzio-ne italiana non perdono d’efficacia, dove la tristezza amara della condi-zione, non dispone l’animo alla resa,

ma induce al sorriso (ironia della sor-te). Qui proponiamo “In tla risaca” (nella risacca) dove il silenzio mesto delle batane abbandonate sulla sab-bia è rotto a tratti da suoni famigliari: lo stridore delle conchiglie frantuma-te sotto i passi, il pianto della rugiada, le grida, come risate, dei cocali… a comporre un’armonia autunnale ca-rica di pathos e di struggente nostal-gia. Con l’invito a leggersi la nuova raccolta di versi “Vi-serba”.

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