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  • 7/30/2019 Cost Rutti Vis Mo

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    Traduzione a cura di Nicoletta Colombini.

    INDICE

    Prefazione

    Ringraziamenti

    Capitolo 1

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    La scienza modema amplia la spaccatura

    Un successo e un insuccesso di Cartesio

    La riflessione di Locke dimenticata

    L'esagerazione della tabula rasa

    Una reinterpretazione di Berkeley

    Hume e la "decostruzione" delle relazioni concettuali

    Bentham e Vico: pionieri dell'analisi concettuale

    L'impresa trascendentale" di Kant

    Un ri-esame della causalit

    Nuovo carburante per lo strumentalismo

    Ipotesi e finzioni

    1 fondarnenti dell'analisi linguistica

    Conclusioni

    Capitolo III

    Jean Piaget: una teoria costruttivista dei conoscere

    La premessa biologica

    La costruzione attiva

    1 punti di partenza

    La costruzione della realt esperienziale

    L'identit individuale

    L'assimilazione

    Dai riflessi alla teoria degli schemi

    L'accomodamento

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    Il riconoscimento

    La necessit di un agente

    Il significato come ri-presentazione

    Il potere dei simboli

    La teoria dell'astrazione secondo Piaget

    La forma e il contenuto

    I quattro tipi di astrazione

    La questione della consapevolezza

    La consapevolezza operazionale

    Conclusione

    Postscritto filosofico

    Capitolo VI

    E s e gli altri

    L'illusione dell'informazione codificata

    La realt dell'esperienza

    L'analisi della costruzione empirica

    La questione dell'oggettivit

    La conferma tramite gli altri

    Il s elusivo

    La nozione di ambiente

    Il s percepito

    Gli indizi sensoriali

    Le immagini riflesse

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    Capitolo IX

    Unit, pluralit e numero

    Una definizione elusiva

    Cose e unit.

    Concezione piuttosto che percezione

    Il modello attenzionale

    Un'iterazione di impulsi

    La genesi della pluralit

    Il concetto astratto di numero

    Il "potere indicativo" dei numeri

    La certezza matematica

    Capitolo X

    L'avviamento degli studenti alla costruzione concettuale

    Qual' il nostro obbiettivo?

    Insegnare, non addestrare

    Gli stimoli ambientali

    Il rinforzo

    Il carattere illusorio del linguaggio

    La funzione che orienta

    Il materiale percettuale

    Un punto geometrico

    La necessit di inferire il pensiero degli studenti

    Aiutare, non dare istruzioni

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    Circa a quei tempi cominciai a lavorare con Les Steffe all'approccio costruttivista per

    l'apprendimento e l'insegnamento dell'aritmetica. Senza di lui il costruttivismo radicalesarebbe rimasto un'impresa privata. La sua inclinazione per analisi operazionali

    plausibili di ci che sembrano fare i bambini della scuola elementare quando hanno ache fare coi numeri ha portato ad applicazioni pratiche nelle aule scolastiche.

    Ogniqualvolta gli esperimenti duravano per almeno due anni, i risultati eccedevano lenostre aspettative. Pi di ogni altra cosa ci mi incoraggi a continuare con la mia

    elaborazione della teoria costruttivista del conoscere.

    Una cosa che sicuramente non ci aspettavamo, era che il "costruttivismo radicale"

    sarebbe diventato uno slogan - con tutti i vantaggi e gli svantaggi dovuti alla popolarit.

    Le reazioni erano varie e, sia quelle positive sia quelle negative, avevano dalla loro un

    che di appassionato. Scopo di questo libro, quindi quello di illustrare le ideecostruttiviste pi importanti.

    Qualche lettore potr essere sorpreso del fatto che io opponga le mie idee a quelle del

    comportamentismo. Non vado perdendo tempo ed energia sul gi-detto e fatto. Mi sentodi affermare che il comportamentismo un movimento pass, ma alcune delle sue idee

    centrali sono ancora ben vive sia in psicologia che in didattica. Chi si aggrappa a ci

    avr una visione distorta del costruttivismo.

    La maggior parte di questo testo nuovo, ma le idee esposte sono state centrali per molti

    anni nelle mie opere. Alcune vengono qui ampliate, altre riassunte. Le sovrapposizionicon scritti precedenti, sono segnalate.

    Nel primo capitolo racconto come giunsi ad abbracciare un modo di pensare

    costruttivista. Il secondo un percorso eclettico attraverso la storia della filosofiaoccidentale. Vuol mostrare che non c' nulla di realmente nuovo circa le idee cheformano il nocciolo del mio pensiero. Mi sono limitato ai filosofi e non ho menzionato

    scrittori quali Pirandello, Musil e Fowles che svilupparono un loro propriocostruttivismo. E sono comunque consapevole delle lacune cos come so che ci sono

    delle omissioni di cui non ho conoscenza.

    Suppongo che capiti a tutti coloro che cercano di formulare i risultati di lungheriflessioni. Vi sedete con la penna in mano, o alla tastiera, e guardate la frase appena

    scritta. Sembra non esserci nulla da cambiare, Ma improvvisamente vi sentite incerti: da

    dove arriva tutto ci? L'ho gi letto da qualche parte? Cercate nella vostra mente e vichiedete chi potrebbe aver detto queste cose.

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    Tutto ci che ho fatto e scritto stato guidato dalla volont di acquisire un'attitudine che

    i miei genitori mi avevano mostrato: seguire pensieri chiari invece di dogma, ed essereleale nei confronti delle persone piuttosto che delle nazioni. Il loro esempio fu un regalo

    meraviglioso.

    Per quanto riguarda il presente voglio esprimere la mia riconoscenza per l'amorevole

    supporto ed incoraggiamento di mia moglie Charlotte. Il lettore dovrebbe apprezzare ilsuo aiuto perch stata lei a ricordarmi continuamente il precetto di Wittgenstein "ogni

    cosa che pu essere detta, pu venir detta chiaraniente", ed grazie a lei che molte mie

    frasi sono state accorciate.

    Sono in debito con l'Universit della Georgia per avermi offerto, venticinque anni fa, unaposizione accademica anche senza la necessaria qualifica di Pli. D. Lavorando con

    colleghi del Dipartimento di Psicologia ampliai i miei orizzonti, e l'intensa interazione

    con gli studenti fu di grande stimolo per perfezionare le mie idee.

    Ringrazio Jack Lochhead per avermi offerto un posto nel suo Istituto dopo che mi ritirai

    dalla Georgia, per la sua incrollabile amicizia e per le molte volte in cui mi ha sostenuto

    indicandomi anche alcune lacune concettuali nei miei scritti.

    Voglio anche ringraziare tutti quelli che hanno preso il mio lavoro seriamente e che ne

    hanno scritto con intelligenza - specialmente Siegfried Schmidt negli ambienti di lingua

    tedesca, Felice Accame e Mauro Ceruti in Italia, Jean-Louis Le Moigne in Francia eJacques Dsautels e Marie Larochelle in Canada. Di altri da cui ho avuto stimoli, aiuto e

    sostegno parler nel capitolo I.

    Per quanto riguarda questo libro, sono grato a Paul Emest e alla Falmer Press per avermi

    suggerito di scriverlo. Ho cercato di soddisfare le loro aspettative. Se fossi un po'pigiovane mi prenderei ancora un anno per lavorar di lima. Spero che questa presentazione

    del mio lavoro possa stimolare i lettori a pensare nelle linee suggerite e a risolvere i

    divari che vi troveranno.

    Scientific Reasoning Research Institute Amherst, giugno 1994

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    Parlo qui, sin dall'inizio, di soggettivit, perch credo che il modo migliore di presentare

    il costruttivismo radicale sia raccontare come io, in quanto soggetto individuale, arrivai

    ad abbracciarlo come orientamento generale.

    Inevitabilmente l'inizio di questa storia ha a che fare con la mia vita e con le radici

    dell'insoddisfazione nei confronti delle tradizionali teorie della conoscenza. Sar lacronaca del mio incontro con le idee delle persone conosciute e di autori letti, nessuno

    dei quali, sospetto, converrebbe completamente col modo in cui io li interpretai e costruii

    il mio modello. Voglio quindi far precedere i miei ragionamenti da due avvertimenti.

    Il primo, tutto ci che viene detto in questo libro semplicemente la visione dell'autore.E un tentativo di spiegare un modo di pensare e non mira a descrivere una realt

    indipendente. Ecco perch preferisco chiamarlo un approccio o una teoria del conoscere.Bench li abbia usati nel passato, ora cercher di evitare i termini "epistemologia" o

    "teoria della conoscenza" per il mio costruttivismo, perch essi tendono ad implicare lo

    scenario tradizionale secondo il quale gli esseri umani nascono in un mondo gi-pronto,

    che essi devono cercare di scoprire e "rappresentare" a se stessi. Dal punto di vistacostruttivista il soggetto non pu trascendere i limiti dell'esperienza individuale.

    Comunque, questa condizione non elimina per nulla l'influenza e gli effetti formatividell'interazione sociale.

    Il secondo avvertimento riguarda le mie memorie e l'atto di ricordare in generale. Come

    ha sottolineato il filosofo italiano Giambattista Vico (1744-1961), non possiamo

    ricostruire il passato esattamente com'era perch non possiamo fare a meno di articolaree capire i nostri ricordi in base ai concetti che abbiamo nel presente. Indipendentemente,

    due secoli pi tardi, Jean Piaget arriv alla stessa conclusione (1968). Quindi la storia

    che mi accingo ora a raccontare la storia come la vedo ora.

    Torna a capo.

    Quale lingua ce lo dice "cos com'"?

    Problemi riguardanti il concetto di realt affiorarono molto presto nella mia vita perchcrebbi con pi di una lingua. 1 miei genitori erano austriaci e di solito in casa parlavano

    in tedesco. Ma fino alla fine della prima guerra mondiale mio padre era stato nel serviziodiplomatico e si era abituato a parlare spesso in inglese, anche con mia madre. Quando

    ero piccolo usavano l'inglese ogni volta che volevano parlare di questioni che ritenevano

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    Ingenuamente e certamente senza formularlo ero inciampato in un modo di pensare che,

    come scoprii ventanni dopo, era il nocciolo della ben nota ipotesi Sapir-Whorf. In parolepovere, questa ipotesi afferma che il modo in cui le persone vedono e parlano del proprio

    mondo in gran parte determinato dalla loro madre lingua (WHORF, 1956). Inretrospettiva penso che fu l'esperienza di prima mano di questo fenomeno che mi spinse

    ad interessarmi di epistemologia. Se la lingua ha qualcosa a che fare con la strutturadella mia esperienza e, quindi, in qualche modo, con il mondo che io consideravo reale,

    non potevo evitare a lungo di chiedermi di che tipo potesse essere la reale realt dietro la

    mia lingua e come la si potrebbe conoscere e descrivere.

    Torna a capo.

    A Vienna al momento sbagliato

    Dopo le superiori continuai a studiare matematica, che avevo sempre amato -

    probabilmente perch sembrava l'unica materia che non dipendeva da una linguanaturale. Mi iscrissi all'Universit di Zurigo, ma dopo un semestre mio padre mi disse

    che non c'erano pi a disposizione franchi svizzeri e se avessi voluto continuare i mieistudi avrei dovuto farlo a Vienna. Non fui entusiasta di questo spostamento ma ci andai,

    nell'autunno del 1936. Il movimento nazista austriaco, anche se ufficialmente proibito, sifaceva sentire ovunque compresi i corridoi e le aule universitarie. Era un'atmosfera

    deprimente e quando, prima della fine del secondo trimestre, mi fu offerta l'opportunit

    di un inverno in Australia come istruttore di sci, accettai con entusiasmo.

    Fu la fine della mia educazione accademica. Ma Vienna mi aveva introdotto a due autori

    che mi influenzarono profondamente: Freud e Wittgenstein. Il lavoro di Freud(specialmente la suaInterpretazione dei sogni, Wedizione, 1930) suggeriva che si pu

    escogitare un modello razionale del lavoro delle menti individuali; e questo metodorichiedeva che l'analisi di ci che gli individui avevano inconsciamente implementato

    nelle loro stesse menti dovesse essere compiuta dagli individui stessi (Freud stesso

    sembra essersi dimenticato di questo principio in alcuni suoi lavori posteriori e moltipsicanalisti lo trascurano del tutto).

    Il Tractatus del Wittgenstein (Y edizione, 1933) cattur la mia attenzione soprattutto perl'elegante nitidezza della sua esposizione. Sembrava convincente, anche se non lo capii

    del tutto. Negli anni che seguirono rilessi il libro molte volte e un giomo mi svegliai

    dall'incantesimo quando arrivai alla proposizione 2.223:

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    "Dei principi della conoscenza umana"(1710). Non era un autore superficiale che

    sceglieva i suoi titoli senza pensarci. Se scelse quello, fu perch intendeva parlare diconoscenza umana, non di ontologia. In secondo luogo rivel esplicitamente che cosa

    intendeva con quel motto latino:

    Il tavolo su cui scrivo dico che esiste, cio, lo vedo e lo sento; e se io fossi fuori dal mio

    studio direi che esisteva - intendendo in tal modo che se fossi nel mio studio potreipercepirlo, o che qualche altro spirito potrebbe effettivamente percepirlo (BERKELEY,

    1710).

    E Berkley aggiunge una spiegazione generale:

    C'era un odore, cio lo si sentiva; c'era un suono, cio lo si udiva; un colore o una figura,ed era percepito con la vista o con il tatto. Questo tutto quello che posso capire con

    queste e simili espressioni. Perch per quanto riguarda ci che si dice dell'assoluta

    esistenza di cose non-pensanti senza alcuna relazione col loro essere percepite, ci mi

    sembra perfettamente inintelleggibile (ibidem,parte I, par. 3).

    Di fatto Berkeley sta definendo il modo in cui vuole usare i vocaboli "esse" (essere),

    esistere" ed "esistenza" quando ha a che fare con la conoscenza umana. Inoltre, per lui, iltermine esistenza non ha alcun significato intelleggibile oltre il dominio dell'esperienza.

    La sua ontologia un'altra questione. Era un cristiano credente (tanto che divenne

    vescovo) e quindi basava la sua ontologia sulla rivelazione, non sulla conoscenzarazionale. Per farla concordare con la sua teoria della conoscenza aggiunse un dettaglio

    mistico: siccome Dio percepisce tutte le cose sempre, la loro permanenza assicurata.Ma questa permanenza appartiene al dominio della metafisica, non allo studio della

    conoscenza razionale umana (ho raccolto molte altre cose di Berkeley durante gli anni eil suo nome ritorner in altre sezioni di questo libro).

    Nel 1939 venne pubblicatoFinnegans Wake e, sebbene Joyce vivesse in un esilio

    autoimposto da circa due decenni, l'evento fu celebrato come non altri nei circoliintellettuali di Dublino. Si riun un gruppo informale di persone che conoscevano altre

    lingue per cercare di sbrogliare gli innumerevoli giochi di parole che formavano lostraordinario testo di Joyce. Il gruppo dur due riunioni durante le quali coprimmo le

    prime tre pagine, ma poi il nostro entusiasmo, cos come il nostro whiskey irlandese, siprosciug. Nei versi di apertura diFinnegans Wake, comunque, c' il primo di moltiriferimenti a Vico, un nome che non avevo mai sentito prima. Mi dissero che

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    parlavo quattro lingue e avevo interesssi affini, mi chiese di unirmi al gruppo. Mi

    accalappi subito avendomi spiegato che stavano cercando di ridurre tutti i significatilinguistici, non ad altre parole, ma ad operazioni mentali.

    L'idea di definire i concetti in termini di operazioni derivava da Percy Bridgman, il fisicopremio Nobel. Egli aveva sviluppato l'idea nel contesto dell'analisi dei concetti chiave

    nella teoria della relativit di Einstein (BRIDGMAN, 1927). Sfortunatamente ilmovimento comportamentista in psicologia si appropri dell-operazionalismo" di

    Bridgman che, a sua volta, divenne oggetto di critica di filosofi che lessero branifocalizzandosi sulle operazioni fisiche della misurazione, generalmente ignorando ci

    che Bridgman diceva della costruzione mentale dei concetti. Per me la tesi che le parole

    significano concetti e che le definizioni dovrebbero specificare le operazioni che si

    devono eseguire per costruire questi concetti, calzava esattamente con il principio dellacostruzione della conoscenza di Vico.

    Negli anni seguenti il mio apprendistato nel gruppo di Ceccato, che si incontrava

    formalmente due o tre volte l'anno per un paio di giorni di intense discussioni, miinsegn a dubitare di tutte le idee convenzionali e dei taciti assunti delle tradizionali

    teorie della conoscenza. Nel 1949 Ceccato fond "Methodos", una rivista internazionale

    sull'analisi del linguaggio e sulla logica formale e mi venne chiesto di tradurre in inglese

    i contributi scritti in italiano e in tedesco (2). La paga era misera, ma era una opportunitunica e riuscivo a mantenermi lavorando come giornalista.

    Quando Ceccato mi diede il suo articolo per il primo numero di "Methodos" da tradurre

    in inglese, non avevo idea di quanto potesse essere difficile. Aveva scritto una parodiache presentava la storia dell'epistemologia come un gioco, non molto diverso dal poker,

    in cui i grandi filosofi del mondo occidentale erano i giocatori. li fine era quello di

    stabilire un valore fondamentale, ma era proibito concordarlo all'inizio. Quindi ogni

    giocatore dovevaintrodurre la sua scelta surrettiziamente e, se era abile, doveva farlosembrare necessario e auto-evidente alla fine (CEccATo, 1949).

    Oggi, non riesco a leggere la mia traduzione senza imbarazzo. C'erano allusioni che non

    avevo capito e molta dell'ironia mi sfuggi. Col tempo, comunque, il continuo contatto

    con la rivista ampli i miei orizzonti filosofici e il tradurre era il miglior allenamentopossibile nell'uso delle parole.

    Torna a capo.

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    (Cercai di leggere la sua lettera al chiaro di luna)

    Have this ready by Friday

    (Prepari ci entro venerd)

    My doctor swears by vitamic C

    (11 mio medico giura sulla vitamina C).

    Si dovevano distinguere anche altre relazioni in un'analisi dettagliata, perch in ognunadelle lingue con cui abbiamo avuto a che fare servivano molte espressioni per tradurre la

    preposizione inglese "by". Essendo una questione di relazioni concettuali, ci dimostra

    che le lingue determinano concettualizzazioni diverse.

    Lavorare in quest'ambito (in cui ci sono innumerevoli esempi di discrepanze concettuali

    tra nomi, verbi ed aggettivi dati come equivalenti nei dizionari bilingue) conferm la mia

    profonda sensazione che ogni lingua comporta un mondo concettualmente diverso. Tra

    durre, nel senso di rendere in una seconda lingua l'identica struttura concettuale espressa

    nella prima, era impossibile, e le nostre analisi concettuali dimostrarono il perch.Ovviamente, c' una gran quantit di coincidenze pratiche perch le differenze sonospesso sottili e sembrano irrilevanti nelle situazioni esperienziali quotidiane. Ci che

    chiamiamo comunicazione funziona abbastanza bene se una ragazza inglese dice I likethat boy, o un'italiana "questo ragazzo mi piace" - non sembra essere importante che una

    espressione assegni il ruolo attivo alla ragazza, l'altra al ragazzo. Ma mostra che i mondi

    di chi parla sono concettualizzati in modo diverso.

    Torna a capo.

    Il salto in America

    Qualche mese dopo il termine del progetto di Ceccato, un altro ufficio di ricerca delleForze Aeree statunitensi incominci ad interessarsi al tipo di analisi concettuale che

    stavamo conducendo e decise di finanziare un lavoro pi modesto. Ceccato non volle picontinuare i lavori sulla traduzione e mi rivolsi a Paolo Terzi, il direttore dell'Istituto per

    la Documentazione di Milano, e lo trovai disposto ad ospitare un tale progetto. Ancheloro avevano bisogno di traduttori e condividevano la speranza che i computer sarebbero

    stati presto in grado di aiutarli in quel lavoro.

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    ti di informatica e comunicazione. Fu allora che, come la Fatina Buona, l'universit della

    Georgia, con la quale avevamo un contratto con il Centro Informatico, si fece avanti e ciadott tutti. Brian Dutton, che aveva sostituito Jehane Barton e la cui tesi di laurea era in

    realt sulla poesia mediovale spagnola, s'infil nel dipartimento di lingue romanze, PieroPisani fu posto al centro computer e io al dipartimento di Psicologia. Inizi cosi una vita

    in accademia mai contemplata.

    Torna a capo.

    Introduzione alla Psicologia

    Due membri del dipartimento, diversamente dai loro colleghi comportamentisti avevano

    una certa simpatia per le mie idee sul linguaggio e mi aiutarono permettendomi di

    presenziare ai loro corsi. Uno era Bob Pollack, che proprio allora (1969) era statocuratore di un libro sugli studi di Alfred Binet. L'autore francese risultava come uno

    psicologo ben pi profondo di quanto potesse far credere la sua "Scala di Intelligenza".L'altro era Charles Smock un esperto di psicologia genetica, che aveva studiato per un

    certo periodo a Ginevra.

    Per stare al passo con il corso di Pollack dovetti leggere molto sulla percezione, la suaspecialit. Avevo scarsa conoscenza dei meccanismi della vista ed imparai molto sui

    modelli correnti in psicologia. Da una parte li trovavo affascinanti per gli esperimenti

    ingegnosi che fornivano i dati con cui si potevano "confermare" i modelli. Dall'altra ero

    stupito per la generale mancanza di considerazioni epistemologiche. Ci che l'occhiovede - luce, colore e forma - veniva solitamente dato per certo, come un dato fisico, e la

    ricerca si focalizzava sui meccanismi sensoriali che potevano trasmettere una presuntarealt al cervello. Nessuno sembrava dubitare dell'assunto che Wittgenstein aveva

    espresso cos succintamente nella sua proposizione 2.223 (v. sopra). Scopo degliesperimenti era sempre quello di scoprire che cosa fa l'occhio per vedere ci che c' l,

    come se percepire fosse semplicemente ricevere qualcosa che esiste gi-pronto. La

    ingenua metafora della camera fotografica dominava il campo nonostante il fatto che lascena di fronte alla macchina fotografica, cos come l'immagine che ne viene fuori, siano

    ovviamente un prodotto dei molti processi percettuali che stavamo studiando.

    Mi imbattei comunque in un'eccezione spettacolare: la stranezza percettuale che gli

    esperti a volte chiamano "Effetto Cocktail Party". t un fenomeno famigliare a tutti anchesenza aver studiato psicologia. Qualcuno ha attaccato bottone con voi e vi sta

    raccontando una storia noiosa. All'improvviso vi acccorgete che dietro a voi si sta

    svolgendo una conversazione ben pi interessante. Non volete offendere il noioso e cosseguite ci che dice, ma quel poco che basta per essere in grado di fare un rumore

    incoraggiante ogni volta che fa una pausa per prendere fiato. La maggior parte della

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    introdusse in un'avventura tanto affascinante quanto inaspettata. Conobbi Ray Carpenter,

    uno dei principali primatologi statunitensi che aveva un incarico associato conl'universit della Georgia e lo Yerkes Primate Research Center ad Atlanta. Fu lui a

    parlarmi per primo della ricerca dei coniugi Gardner dell'Universit del Nevada cheproprio allora pubblicavano i primi rapporti sullo scimpanz Washoe che stava

    imparando il linguaggio dei segni. La questione se gli scimpanz potessero o menoimparare un linguaggio stava diventando rovente e stava dilagando tra le riviste

    specializzate. L'istituto Yerkes voleva prendere parte al dibattito e pianific esperimenti

    che potessero fornire prove pi rigorose delle valutazioni soggettive dei fugaci scambi digesti manuali. Ray Carpenter promosse l'idea di creare un sistema di comunicazione

    consistente in una tastiera e in un computer che poteva registrare tutte le interazioni.

    Poich sapeva del nostro lavoro di analisi del linguaggio computerizzata, mi chiese sefossi interessato a progettare il linguaggio e le componenti del computer del sistema

    pianificato al Yerkes Center. Ne discussi col mio collega Piero Pisani e decidemmo di

    accettare l'invito.

    Progettai la lingua "Yerkish", usando disegni geometrici come simboli per parole(concetti) ed una grammatica semplificata, ma molto precisa che governava la loro

    formazione in frasi. Premendo sequenzialmente i tasti, venivano inviati al computer i

    segnali-codice che stavano per le parole. Il computer conteneva il vocabolario, lagrammatica, il nostro sistema per controllare la correttezza delle frasi e le regole per

    rispondere a circa una dozzina di richieste che la scimpanz Lana doveva formulare

    usando i simboli dello yerkish. Pisani fece miracoli riuscendo a far stare tutto in unaminuscola memoria di un computer PDP8 (GLASERSFELD, 1977; PISANI, 1977) (3).

    Per sei anni lavorammo con i primatologi e i tecnici dello Yerkes Center e il talento di

    Lana cattur l'attenzione della stampa e della TV Era un lavoro avvincente e divertente.Ma poi venne il momento in cui rinunciammo al progetto perch erano sorte differenze

    inconciliabili con la direzione della ricerca, che rimaneva saldamente fissata alla

    tradizione comportamentista. Nonostante ci sono sicuro che di qualunque buona

    reputazione io goda in campo psicologico sia dovuta alle notevoli prestazioni di Lana.

    Il mio background nell'analisi concettuale, comunque port altri frutti. MichaelTomasello, uno degli studenti con cui ho avuto l'onore di discutere la tesi di Master,

    intraprese il gigantesco compito di registrare ed analizzare, assieme alla moglie, le prime

    manifestazioni linguistiche della loro figlia durante il secondo anno di vita. Che iosappia, l'unica raccolta dati completa dell'acquisizione della lingua infantile e si

    dimostrata essere una miniera d'oro per lo sviluppo e il controllo delle teorie su questo

    argomento. Fu un'opportunit inestimabile per vedere quanto fosse utile l'approccio di

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    La comprensione del lettore viene poi ulteriormente sabotata dalla frequente omissione,

    da parte del traduttore, di frasi esplicative e a volte di interi paragrafi.

    Uinaccettabile traduzione di questo e di altri volumi mi spinsero a cercare di presentareil pensiero di Piaget a studenti inglesi in un modo meno distorto. Comunque, il mioobiettivo principale non era correggere le traduzioni. Dovendo insegnare Piaget su testi

    inglesi, il mio scopo era correggere alcuni dei malintesi di base riguardanti la natura del

    costruttivismo che forma la spina dorsale della sua "epistemologia genetica".

    Torna a capo.

    Dalle operazioni mentali alla costruzione della realt

    Piaget non fu il primo a suggerire che noi costruiamo i nostri concetti e la nostra

    immagine del mondo in cui viviamo, ma nessuno prima di lui aveva intrapreso un

    approccio evolutivo. Se ci si pone domande sulla fonte e sulla validit della conoscenza(nel mio caso fu la pluralit di lingue che mi port a domandarmelo), risulta ovvio che il

    modo migliore e forse unico, di scoprire come la conoscenza si sviluppa, studiare comei bambini lo fanno. Ovviamente, per i filosofi tradizionali ci significherebbe peccare

    imperdonabilmente, perch legittimare la conoscenza tramite il suo sviluppo piuttostoche attraverso una logica nontemporale, per loro, "fallacia genetica". Ma Piaget non era

    un filosofo tradizionale.

    NeLa construction du rel chez l'enfant,presentava un modello di come si possa

    costruire un'impalcatura base - la struttura concettuale di oggetti, spazio, tempo e

    causalit.

    Essa serve da intelaiatura entro cui costruire una realt esperienziale coerente. Ma questacostruzione non libera, inevitabilmente ristretta e limitata dai concetti checostituiscono l'impalcatura. Questo uno dei punti di coincidenza conA Theory of

    Personality: Psycology of Personal Constructs di George Kelly (1963), che espresse la

    propria idea in modo pi generale:

    Per la creatura vivente, quindi, l'universo reale, ma non inesorabile a meno che non

    scelga di interpretarla in quel modo (KELLY, 1963, p. 8).

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    Per chi crede nella rappresentazione il cambiamento radicale del concetto di conoscenza

    e la sua relazione con la realt, uno shock tremendo. Credono che abbandonare

    l'aspetto rappresentazionale equivalga a negare la realt, cosa sicuramente folle. Il

    mondo della nostra esperienza, dopo tutto non quasi mai interamente come vorremmoche fosse. Ma ci non preclude che noi stessi abbiamo costruito la nostra conoscenza di

    esso.

    Il costruttivismo radicale, come ho detto all'inizio, un modo di pensare la conoscenza e

    l'atto del conoscere.

    A causa della sua frattura con la tradizione filosofica esso stato (e lo tutt'ora incerte sfere) del tutto impopolare. Quindi i miei primi scritti furono ri iutati dalle

    riviste. Un curatore, con una chiarezza incantevole afferm: '1 suoi scritti non

    sono adatti per i nostri lettori".

    Arrivando dall'Europa e senza alcun background in psicologia, mi ci volle tempo per

    scoprire quale fosse il problema. Nel 1967 e per la decade seguente, il clima intellettuale

    che pervadeva i dipartimenti di psicologia e di linguistica statunitensi era in gran partedominato dal comportamentismo. Ancora nel 1977, Skinner ripeteva: "Le variabili di cuiil comportamento umano una funzione si trovano nell'ambiente" (SKWNER, 1977, p.

    1). Se si credeva in un tale determinismo, non rimaneva spazio per teorie della

    costruzione mentale. Avrebbe senso credere nel determinismo ambientale se si avesseaccesso ad un ambiente oggettivo, in modo da poter mostrare che un pezzo particolare di

    quell'ambiente causi un comportamento particolare. Ma ci che uno scienziato - o inveroqualunque persona riflessiva - categorizza come proprio ambiente e poi causalmente lo

    mette in relazione con il comportamento osservato, sempre una parte del dominio di

    esperienza di colui che osserva. Non mai un mondo esterno indipendente.

    Torna a capo.

    Un'amicizia decisiva

    Il pensiero costruttivista trasmessomi da Ceccato e da Piaget non aveva ovviamentepossibilit alcuna di intaccare il dogma costituito delle discipline a cui, credevo, avrebbe

    avuto qualcosa da dire. Se Piaget stesso non era riuscito ad essere seriamente consideratocome filosofo, era chiaro che un autore sconosciuto non potesse andare da nessuna parte.

    In linguistica, l'opera di Noam Chomsky aveva brillantemente capovolto l'impostazione

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    aritmetiche (STEFFE, RiCHARDs e GLASERSFELD, 1978; STEFFE, THOMPSON e

    RICHARDS, 1982; STEFFE, GLAsERsFELD, RICHARDs e COBB, 1983).

    Non sapevo nulla sulle ricerche di didattica e ricordavo ben poco dei pochi semestri incui avevo studiato matematica, eppure in fondo in fondo mi ero fatto l'idea che l'analisiconcettuale si sarebbe occupata, prima o poi, di concetti matematici. Per un costruttivista

    ovviamente impossibile pensare a numeri e a forme geometriche come date- da-dio. N

    si poteva accettare l'idea di Platone delle forme pure che galleggiano come cristalli in unregno mistico oltre l'esperienza. Si sarebbe dovuto investigare sulla loro genesi come

    entit astratte in un dominio d'esperienza.

    I matematici, da Euclide ai giorni nostri, ci dicono ben poco su come si sono costruiti iloro concetti di base. 1 numeri sono la materia grezza dei loro edifici astratti, e comefanno i muratori con i mattoni, li danno per scontati (6). Soltanto loro stessi potrebbero

    gettare luce su come sono arrivati ai concetti elementari, ma, data la loro competenza, la

    questione, ovviamente, per i matematici, banale.

    Neppure i filosofi, anche se alcuni di loro sostenevano abbastanza chiaramente che il

    numero "una cosa della Mente" (v. cap. 9), mi furono di grande aiuto perch nonspiegavano come si pu produrre questa entit mentale. L'unica eccezione fu Edmund

    Husserl, il fondatore della fenomenologia, il quale propose che l'operazione che formaoggetti unitari discreti nel nostro campo percettivo essenzialmente la stessa che

    sottosta al concetto di l'uno" e, ad un susseguente livello di astrazione, ci mette in grado

    di includere ogni collezione di questi uno in un'entit unitaria discreta che chiamiamo"numero" (HuSSERL, 1887, pp. 157-68). Quest'idea fu senz'altro utile e si adattava alla

    teoria dell'astrazione riflessiva di Piaget. Per convalidarla serviva un dominio di

    esperienza dove potessero essere fatte tali astrazioni. L'osservazione dei bambini fu larisposta.

    Torna a capo.

    Esperimenti d'insegnamento

    Quando cominciai a lavorare con Leslie Steffe, lui stava gi sviluppando un metodo che

    aveva chiamato "Esperimento d'insegnarnento". Era un ibrido tra il "rnetodo clinico" diPiaget di interviste/colloqui ai bambini e la ricerca educativa. Mirava a stabilire un

    modello "viabile" delle loro attivit costruttive nel contesto aritmetico. L'approccio diSteffe era diverso, in quanto intendeva creare situazioni che avrebbero permesso alricercatore di osservare i bambini al lavoro e di fare deduzioni su come essi costruiscono

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    genetica, volevo distinguere il mio approccio da ci che gli studenti potevano leggere

    altrove su versioni del costruttivismo che sembravano futili. Chiamai il modello a cuistavo lavorando "radicale" e ne formulai i due principi base:

    -

    la conoscenza non viene ricevuta passivamente ma costruita dal soggetto "conoscente";

    -

    la funzione della conoscenza adattiva e serve per l'organizzazione del mondo

    esperienziale, non per la scoperta di una realt ontologica (7).

    Torna a capo.

    Le idee costruttiviste si espandono

    Nel gennaio del 1978, Heinz von Foerster e Francisco Varela organizzarono a SanFrancisco una conferenza intitolata "La costruzione delle realt", si trattava di un

    simposio a porte chiuse che raccoglieva una trentina di autori e scienziati di variediscipline ma che avevano in qualche modo mostrato di credere che la conoscenza non si

    poteva trovare o scoprire gi-fatta, ma andava costruita.

    Fu notevole scoprire che c'erano stimati ed ineccepibili pensatori di biologia, sociologia,scienze politiche, logica, linguistica, antropologia e psicoterapia che erano arrivati in

    modo individualmente differente a concludere che non si poteva pi sostenerel'epistemologia tradizionale. Ma, come spesso accade quando si incontrano menti

    elevate, si trascorse molto tempo a discutere su discrepanze individuali relativamentepiccole, e poco tempo a cercare di forniulare principi costruttivistici di base sui quali,

    molti di essi, se non tutti, sembravano concordare.

    Comunque, per me, fu un evento molto incoraggiante. Fu il mio unico incontro con

    Gregory Bateson, e sentire i suoi commenti e il suo modo educato di indicare una

    contraddizione nella presentazione di un oratore fu per me una lezione non meno

    importante delle intuizioni fornitemi dai suoi scritti.

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    Nel 1975, a Filadelfia, al congresso della Jean Piaget Society, per la prima volta

    presentai l'interpretazione radicale dell'epistemologia genetica ad un pubblico vasto. Nonci fu una gran discussione perch era una sessione plenaria, ma ebbe per me due

    conseguenze importanti. Hermine Sinclair che fu a lungo collaboratrice di Piaget, miincoraggi calorosamente a continuare il mio lavoro, ed a lei che devo il mio primo

    invito a Ginevra. La presentazione mi permise anche una lunga chiacchierata con JackLochhead che era in procinio di avviare un gruppo di ricerca piagettiano sulla

    conoscenza al dipartimento di fisica dell'Universit del Massachusetts. Negli anni

    seguenti mi invit molte volte a tenere dei seminari sull'analisi concettuale, in quantoegli e i suoi colleghi stavano cercando di sviluppare un modo pi efficace di insegnare

    fisica nonch la matematica che questa richiede. Come altri, i ricercatori nel settore

    dell'educazione, avevano notato che molti studenti erano ben in grado di imparare leformule necessarie e di applicarle ad una gamma limitata di problemi presentati nei libri

    di testo e negli esami, ma se dovevano affrontare problemi nuovi, erano carenti e

    mostravano di essere ben lontani dall'aver capito i concetti rilevanti e le relazioniconcettuali che costituiscono la vera struttura della fisica.

    Quando andai in pensione dall'Universit della Georgia nel 1987, Jack Lochhead mi

    chiam e mi chiese perch non andassi a lavorare con lui. A quei tempi il suo gruppo si

    erastabilito come istituto indipendente nel complesso dell'Universit ad ~erst. La ricercanella didattica della fisica, il modesto titolo "Scientific Reasoning Research Institute", la

    neve e la possibilit di sciare nel Massachusetts, e il fatto che i bambini di Charlotte

    sarebbero stati pi vicini, si dimostrarono irresistibili.

    Il lavoro in quel'Istituto mi chiar subito che insegnare fisica non era proprio comeinsegnare aritmetica a livelli elementari. Bench i concetti fondamentali in entrambe le

    aree siano costrutti astratti, il loro uso marcatamente diverso. In matematica i concettipossono essere combinati e correlati in tutti i modi che il matematico ritiene legittimo

    entro le regole che lui stesso ha accettato; e nuove astrazioni derivate da quei composti

    possono condurre a nuovi livelli di operare. Il fatto che alcune di quelle strutture astratte

    risultanti possano essere applicabili a problemi del mondo pratico, pu esseregratificante per gli inventori, ma rimane irrilevante nell'ambito della matematica. In

    fisica, comunque, il processo di astrazione doppiamente limitato. Non deve soloconformarsi alla logica ed essere coerente concettualmente, ma i suoi risultati devono

    resistere anche alle verifiche sperimentali, vale a dire, devono adattarsi alla situazioneesperienziale. In breve, la matematica autosufficiente e i suoi obiettivi giacciono nel

    suo stesso dominio. Di contro la fisica ha una componente strumentale in quanto deve

    fornire modelli teorici che aiutano ad organizzare il nostro mondo esperienziale.

    Torna a capo.

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    fatto che la "teoria di Newton fu trovata falsa da esperimenti che fallirono nel rendere

    falsa quella di Einstein", significa soltanto che crollata sotto certe circostanzeesperienziali. Lo strumentalismo, egli dice, non ha nulla di equivalente a tali verifiche.

    Uno strumento pu rompersi, o pu diventare antiquato. Ma difficilmente possiamo direche sottoponiamo uno strumento alle pi severe verifiche progettabili per rifiutarlo in

    caso negativo. Per esempio ogni intelaiatura aerea, pu essere "testata fino alladistruzione", ma questo test severo viene effettuato non per rifiutare tutte le intelaiature

    se questa viene distrutta, ma per avere informazioni sull'intelaiatura (cio per verificareuna teoria su essa), in modo da poterla usare nei limiti della sua applicabilit (o

    sicurezza).

    Una teoria pu continuare ad essere usata per scopi strumentali di applicazione pratica

    persino dopo la sua confutazione, entro i limiti della sua applicabilit. Un astronomo che

    crede che la teoria di Newton risultata falsa non esiter ad applicare il suo formalismo

    entro i limiti della sua applicabilit...

    Gli strumenti, e persino le teorie in quanto strumenti, non possono essere confutati.L'interpretazione strumentalista non sar quindi in grado di render conto dei veri test,

    che sono tentativi di confutazione, e non andr oltre l'asserzione che teorie differentihanno differenti campi di applicazione. Ma poi non pu forse rendere conto del

    progresso scientifico (POPPER, 1968, pp. 112-113).

    Forte di ci Popper conclude che lo strumentalismo una "filosofia oscurantista" (p.

    113).

    Per me questo passo fu davvero illuminante. Chiaramente Popper aveva capito in pieno

    l'attacco dello strumentalismo. Il suo esempio dell'astronomo era un'accurata predizionedi come gli scienziati e gli ingegneri della NASA facevano i loro interessi quando

    mandarono un uomo sulla Luna: essi fecero tutti i calcoli con le formule newtonianeperch ci era molto pi semplice e meno dispendioso in termini di tempo di quelle

    einsteniane, anche se sapevano bene che la teoria newtoniana del sistema planetario non

    era pi considerata vera da un pezzo.

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    (4) Anch'io ho peccato in questo senso, perch per molto tempo ho tradotto il vocabolo francese

    usato da Piaget intelligence con l'inglese "intelligence" dimenticandomi che in molti contesti va

    letto come "mind" in quanto in francese questo nome manca.

    (5) Se non altrimenti indicato, la traduzione delle citazioni dai testi francesi, e tedeschi, sono mie.

    (6) Ovviamente un'eccezione rilevante il matematico "intuizionista" L. E. J. Brouwer, ma conobbi

    il suo scritto pertinente (Brouwer, 1949) soltanto dopo che ebbi pubblicato il mio "modello

    attenzionale" (Giasersfeld, 1985).

    (7) Sebbene avessi usato questa definizione in conferenze e conversazioni, essa non apparve in

    stampa fino al 1989 nel mio pezzo sul costruttivismo inInternational Encyclopaedia ofEducation(1989a), Supplemento 1 p. 162.

    (8) Ho usato citazioni simili da Helniholtz, Mach, Einstein e Bridgman nei miei saggi, e altre sono

    ritrovabili in scritti filosofici di Bolir, Dirac, Bom e Schdinger.

    (9) Si noti che sto usando l'aggettivo "tecnico" per riferirmi alla tecnica o al metodo della scienza,

    non alle macchine e alla tecnologia.

    Torna a capo.

    CAPITOLO II

    IDEE FILOSOFICHE IMPOPOLARI:

    UNA STORIA IN CITAZIONI

    Nel primo capitolo ho raccontato come le circostanze biografiche - la mia educazione, il

    vivere in certi luoghi, l'incontro di alcune persone eccezionali, le letture eclettiche - mi

    abbiano portato ad un modo di pensare non- convenzionale. Eppure non c' nulla dinuovo riguardo le idee che formano il costruttivismo radicale. L'unica novit pu essere

    il modo in cui sono state raccolte e separate dal contorno metafisico.

    Concordo con la definizione di Bertrand Russell:

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    problema serio. Rinunciando alla ricerca di una certa conoscenza della realt, si sono

    privati proprio dell'argomento che i filosofi usano per distinguere la conoscenza dallamera opinione o credo. Di conseguenza questi pensatori ribelli venivano per lo pi messi

    ai margini come sviati o venivano trascurati nella storia della filosofia. Il modo dipensiero tradizionale era ed tuttora troppo forte per essere scosso da una critica che non

    offre un immediato rimpiazzo.

    Negli ultimi cent'anni, la situazione ha cominciato a cambiare. Nel diciannovesimo

    secolo la scienza era vista come una sofisticata estensione del buonsenso che avevagradualmente svelato i misteri del mondo reale. Il successo della tecnologia sembrava

    una conferma indiscutibile dell'epistemologia realista. Poi vennero degli sviluppi

    scientifici spettacolari - specialmente in fisica teoretica - che produssero dubbi interni al

    carattere rappresentazionale delle spiegazioni scientifiche. Avrebbe potuto la scienzasvelare il carattere del mondo com'? Il passo di Heisenberg che ho riportato nel capitolo

    precedente, suggerisce che lo scienziato non possa sfuggire al modo umano di vedere epensare. In questo modo l'oggettivit viene messa in dubbio. Verso la fine della sua vita,

    Jacob Bronowski descrisse il cambiamento della situazione.

    Non c' permanenza dei concetti scientifici perch sono solo nostre interpretazioni di

    fenomeni naturali. ... Facciamo soltanto un'invenzione temporanea che copre quellaparte del mondo accessibile a noi in quel momento (BRONOWSKI, 1978, p. 96).

    Oggi la stessa filosofia della scienza brulica di idee che sovvertono la millenaria

    tradizone realista e le sue mire di una -conoscenza oggettiva. Di fronte a questoscompiglio, sarebbe appropriato e legittimo rivedere la storia del dissenso

    epistemologico.

    Un simile riesame per me di grande interesse. Non perch spero di trovare moltipionieri del costruttivismo, ma perch registrare i pensatori che hanno contrastato il

    punto di vista stabilito, conferma la necessit di un approccio radicalmente diverso al

    problema del conoscere.

    Torna a capo.

    I Presocratici

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    Invero, il ragionamento che sta nell'intuizione di Senofane coinvolge la logica del

    pensare non i particolari dell'esperienza. Per pretendere vera conoscenza del mondo sideve essere certi che l'immagine che si compone sulla base delle proprie percezioni e

    concezioni sia in ogni aspetto una vera rappresentazione del mondo come lo realmente.Ma per essere certi che vi sia un'uguaglianza si dovrebbe essere in grado di comparare la

    rappresentazione con ci che si suppone rappresenti. E ci impossibile perch non si

    pu uscire dalle modalit umane di percepire e concepire.

    Circa un centinaio di anni dopo, Protagora, il primo sofista nel V sec a.C. formul la

    famosa frase:

    L'uorno misura di tutte le cose (PROTAGORA, 1971, p. 171).

    Oggi potremmo dire: la visione che un essere umano ha del mondo, necessariamente

    una visione umana. A meno di non rivendicare una certa forma di rivelazione mistica

    diretta, qualunque cosa definiate conoscenza - i vostri concetti o idee, le relazioni che lecollegano, le vostre immagini di s e del mondo - saranno umani perch il modo in cui li

    avete prodotti vostro, e voi, che vi piaccia o no, siete vincolati ai modi umani.

    Tutti i grandi filosofi del mondo occidentale hanno ammesso l'irrefutabilit logica diquesta argomentazione. Eppure hanno faticato per trovare un modo per girargli intorno.In un modo o nell'altro, esplicitamente o surrettiziamente, sotto la maschera della

    metafisica, hanno fatto ricorso al misticismo o alla rivelazione religiosa.

    Platone era apparentemente conscio del carattere paradossale del concettto di

    conoscenza e cerc di risolverlo con la metafora della linea divisa in quattro parti (Larepubblica, 509d-517b). 1 primi due segmenti rappresentavano il mondo dei sensi:

    immagini ombrose di immaginazione e di congetture, e le forme delle cose chederiviamo dalla percezione. Queste non sono cose reali, ed egli illustr ci con il famoso

    mito della cavema. In questo dominio non c' conoscenza sicura, ma solo "opinioni"(doxa). La terza sezione sosteneva la comprensione dei prodotti del pensiero (episteme),

    come la matematica. La quarta corrispondeva alle idee eterne di bellezza, giustizia ebont, che sono in dotazione ad ogni uomo da quando Dio cre l'universo, ed qui che

    pu essere raggiunta la vera saggezza. La metafora della linea doveva suggerire lapossibilit di sviluppo, come se si potesse fuggire dalle ombre della grotta e giungere a

    vedere la Verit divina con il potere della ragione umana.

    Torna a capo.

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    Il secondo passo di Eriugena presagisce il Cogito ergo sum di Cartesio, ma non

    incoraggia la vana speranza che la stabilizzazione della propria esistenza possa servireda base per il raggiungimento di certe verit sul mondo:

    L'uomo, come Dio, pu sapere con assoluta certezza che egli , ma non pu circoscriverela sua natura in modo da essere in grado di dire che cosa egli sia (citato in KEARNEY,

    1985, p. 97).

    Quando i pensatori bizantini asserivano l'impossibilit di afferrare il carattere essenzialedi Dio per mezzo di concetti umani, facevano della teologia. Comunque, l'afferinazione

    che i nostri concetti vengano formati sulla base della nostra esperienza e non possano

    quindi essere usati per descrivere qualsiasi cosa che stia fuori dal campo esperienziale, siapplica non solo a entit superumane ma anche ad ogni "realt" che poniamo oltre le

    cose di cui abbiamo esperienza. Eriugena quindi enfatizza il fatto che la ragione opera in

    base alle sue stesse regole e non pu trascenderle (vedi KANT, Sotto).

    Torna a capo.

    La scienza moderna amplia la spaccatura

    Quindi, sin da prima dell'anno mille si proponeva l'esistenza di due diversi tipi diconoscenza, anche se la divisione non era proprio quella proposta da Platone. Per lui

    l'esperienza sensoriale conduceva ad "opinioni" e la ragione a "conoscenza certa". Ora,abbiamo la chiara, ma fallace conoscenza dell'esperienza e l'etema verit della

    rivelazione mistica.

    La spaccatura nel concetto di conoscenza fu presente, ma piuttosto latente per tutto il

    Medio Evo (v. McMuLLiN, 1988, p. 13). Divenne d'attualit nel Rinascimento, quando

    Copernico, Keplero e Galilei proclamarono un modello del sistema planetario in direttacontraddizione con gli insegnamenti della Chiesa. Uomini saggi quali Osiander, il

    curatore dell'opera postuma di Copernico, e il cardinale Bellarmino, che cerc di aiutare

    Galilei per evitargli il processo per eresia, cercarono di allentare il contrasto.Sostenevano che lo scienziato non stava commettendo un'eresia in quanto usava la sua

    teoria per calcolare predizioni e per fornire plausibili modelli di fenomeni (4). L'unicacosa che non doveva fare rivendicare la descrizione della realt del mondo di Dio,

    perch il mondo di Dio di competenza della Chiesa e del suo dogma. Era la prima

    chiara asserzione secondo cui la conoscenza della scienza doveva essere consideratastrumentale e fallibile, mentre la saggezza mistica della rivelazione era indiscutibile ed

    un fine in s.

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    risolvere tutti i problemi, in~ clusi quelli posti dalla scienza. Ma non erano pronti ad

    ammettere che una fede mistica o religiosa fosse il modo per afferrare quelle verit. Nonvolevano fare senza Dio, ma Egli avrebbe dovuto operare secondo la razionalit umana.

    Torna a capo.

    Un insuccesso e un successo di Cartesio

    Cartesio profondamente turbato dal fatto che alcuni suoi contemporanei stesseroapplicando gli insegnamenti riscoperti della scuola di Pirrone alle credenze religiose,

    decise di perseguire la ricerca di una conoscenza certa evitando qualsiasi compromesso.Assoggettando tutte le idee al dubbio, egli sperava di isolare quelle che non potevano

    essere dubitate. Ne trov solo una: non poteva dubitare sul fatto che fosse lui che stava

    pensando ai dubbi. Ma quando cerc di usare questa certezza per costruire altre idee che

    fossero indubitabili, fall e dovette ricorrere ad un atto di fede. "Considerato che Dio nonimbroglia" egli disse 1a facolt della conoscenza che Lui ci ha dato non pu essere

    fallace" (POPKIN, 1979, p. 177).

    Invece di demolire lo scetticismo, il metodo del dubbio di Cartesio lo ha valorizzato.Altre cose dimostrano il suo genio. Una di queste fu l'invenzione della geometria

    analitica, il modo ingegnoso di tradurre la geometria in algebra. Mi raccontarono come

    giunse a ci quando frequentavo le scuole superiori.

    La storia apocrifa ma attraente per i costruttivisti. All'et di 23 anni, Cartesio si arruole venne trasferito nel sud della Gen-nania. A quei tempi non c'era la guerra ed egli

    alloggiava in una casa di contadini. Era inverno e trascorreva la maggior parte del suo

    tempo in casa e, come diceva, "in una stufa". Pu suonare strano, ma se uno conosce le

    case dei contadini in quella regione, non ne fa un mistero. Un angolo del soggiorno generalmente occupato da una grande stufa di ceramica che ha una struttura di legno

    tutt'intorno ed sormontata, ad una sessantina di centimetri dal soffitto, da unapiattaforma larga abbastanza per distendersi. t il luogo pi caldo della casa - e lemosche lo sanno. Usano infatti questa parte del soffitto come casa base.

    Sdraiato su questa piattaforma, Cartesio guardava il soffitto e vedeva le mosche

    gironzolare. Avendo un'inclinazione matematica, si chiese come si potessero descrivere

    accuratamente i loro movimenti - ed ebbe un colpo di genio. C'erano due linee, formatedall'incontro delle pareti con il soffitto, che si incontravano proprio ad angolo retto

    nell'angolo della stanza. La posizione della mosca poteva essere descritta proiettandolasu entrambe le linee e misurando le rispettive distanze delle due proiezioni dall'angolo.

    Se la mosca si muove in linea retta e se si applica la stessa procedura al punto finale del

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    Questa una fonte di idee che ogni uomo ha internamente in s; e sebbene questa facolt

    non sia un senso, poich non ha niente a che fare con gli oggetti esterni, essa vi siavvicina di molto e si potrebbe chiamarlasenso interno. Ma poich chiamosensazione

    l'altra fonte delle nostre idee, questa la chiamer riflessione, perch per suo mezzo lamente riceve soltanto le idee che essa acquista riflettendo entro se stessa sulle proprie

    operazioni. Perci appunto nel seguito del presente discorso per riflessione intendo laconoscenza che la mente acquista delle proprie operazioni, e delle loro modalit, per

    mezzo delle quali si giunge ad avere idee di queste operazioni nell'intelletto (LOCKE,

    1690, Libro Il, Cap. 1, par. 4).

    Locke sapeva bene che Cartesio (e Galilei) avevano discreditato l'aff idabilit delle

    sensazioni di colore, sapore, odore ecc. (qualit secondarie) ed egli confermava che noi

    soltanto:

    immaginiamo che quelle idee siano somiglianze di qualcosa realmente esistente negli

    oggetti stessi (ibidem, Cap. VIII, par. 25).

    In contrasto, le qualit "primarie":

    volume, figura, numero, situazione, e movimento o quiete, possono essereappropriatamente chiamate qualit originali o primarie; perch sono nelle cose stesse, siache le percepiamo sia che non le percepiamo: e dalle loro diverse modificazioni

    dipendono le qualit secondarie (ibidem,par. 23).

    Egli non spiega perch considera queste meno "immaginarie" che la realt delle qualit

    secondarie. Invero, curioso che il padre dell'empirismo qui si allinei tacitamente con

    l'idealismo di Platone e che creda che ci siano idee che non derivino dall'esperienza.

    Torna a capo.

    L'esagerazione della tabula rasa

    t stato detto tanto dello slogan secondo cui la mente del bambino appena nato una

    "tabula rasa" su cui solo l'esperienza inscrive conoscenza. Locke stesso us espressioni

    quali "cabinetto vuoto---, 'Toglio bianco" e "tavoletta cerata", ma in vista di ci che eglidiceva riguardo alle idee che sorgevano dalla riflessione della mente sulle sue stesse

  • 7/30/2019 Cost Rutti Vis Mo

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    Una reinterpretazione di Berkeley

    Berkeley, il secondo empirista britannico, lesseEssay Concerning Human

    Understandingdi Locke agli inizi del diciottesimo secolo, mentre studiava al TrinityCollege di Dublino. L'allora ventenne filosofo annot su un taccuino le prime

    formulazioni di idee che poi svilupp e spieg nel suoEssay Toward a New Theory of

    Vision (1709) e nel Treatise Concerning the Principles of Human Knowledge (1710) (6).

    Esistono anche diversi passi che indicano accordi e disaccordi con Locke. Uno deimaggior disaccordi riguarda la relazione tra "qualit priniarie" e cose reali.

    Credo che l'obiezione di Berkeley all'idea che queste qualit siano meno dipendenti

    dall'osservatore e quindi "pi vere" delle secondarie, derivi da una considerazione chenon ha mai espresso meglio in altre sue opere.

    Estensione, movimento, tempo includono l'idea di successione, e come tali sembranoessere di considerazione matematica. Il numero consiste di successione e di percezione

    distinta che a sua volta consiste in successione, perch le cose simultaneamente percepite

    si mescolano insieme nella mente. Tempo e movimento non possono essere concepitisenza successione, e l'estensione... non puo essere concepita se non come consistente di

    parti che possono essere percepite distintamente e in successione (BERKELEY, 1706,par. 460).

    L'espressione "considerazione niatematica" diventa chiara se si pensa che il citatoparagrafo 460 la risposta che Berkeley d ad una domanda sull'estensione da lui stesso

    posta in un paragrafo precedente, il 111.

    Numero non nella materia, perch esso la creatura della mente dipendente interamente

    dalla sua considerazione ed essendo pi o meno come piace alla mente (ibidem,par.

    110).

    Berkeley era ben consapevole che tutto il pensiero matematico risultava dalla riflessione

    e dall'astrazione. Quando capi che lasuccessione non poteva essere propriet deglioggetti sensoriali ma doveva essere astratta dalla riflessione di un soggetto sulla sua

    propria esperienza, la chiam una nozione matematica, anche dove essa dava origine nona numeri, ma a concetti come l'estensione, il movimento e il tempo. Il punto importante

    qui capire che le caratteristiche che erano considerate primarie (nel senso che riflettono

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    Pi avanti nell'opera, quando discute sulla "comunicazione del moto per impulsi, come

    nell'urto di due palle da biliardo" egli dichiara:

    Quando quindi diciamo che un Oggetto collegato ad un altro intendiamo solo che essi

    hanno acquisito una Connessione nei nostri pensieri, e

    danno origine a questa inferenza, con cui ambedue diventano Prove reciproche

    dell'Esistenza (ibidem, Saggio VII, parte 1).

    t cruciale ricordare che Locke e Hume si interessavano di intelligenza umana, Berkley diconoscenza umana. Tutti e tre puntavano l'attenzione principalmente su come la mente

    umana acquisisce conoscenza e come questa si costituisce. Quando Hume nel contestodel brano riportato parla di "esistenza" l'esistenza che Berkeley ha definito come

    percettibilit nel dominio defl'esperienza, e non essere ontologico. Diventa chiaro che

    quest'interpretazione viene giustificata quando si legge un altro passo di Humeconcemente la questione se le percezioni dei sensi siano prodotte da oggetti estemi che

    rassomiglino loro:

    E come si potr determinare questa Questione? Sicuramente con l'esperienza; come tutte

    le altre Questioni di ugual Natura. Ma qui l'esperienza e deve essere interamentesilenziosa. Alla Mente non si presenta nulla tranne le percezioni e non pu possibilmente

    raggiungere alcuna Esperienza della loro connessione con Oggetti. La supposizione di

    una tale Connessione quindi, senza Fondamento nel ragionamento (ibidem, Saggio XII,

    parte I).

    Dopo ci non si pu pi onestamente giustificare la credenza che la conoscenza umanapossa rappresentare una realt assoluta, ragionando sull'esperienza. Per mantenere tale

    credenza si deve ora cercare un supporto nel regno della metafisica (7).

    Capire che "relazionare" in ogni circostanza un atto concettuale e che quindi richiede

    una mente attiva per concepirlo, stato senza dubbio uno dei fattori che sugger a Kant

    di dire che Hume lo aveva scosso dal "sonno dogmatico" (KANT, 1783, p. 260).

    Torna a capo.

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    Egli apre il trattato su 1a pi antica saggezza degli abitanti dell'Italia" con alcune

    osservazioni etimologiche. Per il parlante latino, egli afferma, le parole verum efactum

    erano intercambiabili (9), intelligere significava quasi lo stesso di "conoscere" e:

    Ratio, per essi, significava s l'addizione degli elementi di aritmetica, come quella facolt

    propria dell'uomo, per cui ei dai bruti differisce e di tanto avanza; ... (Vico, 1710, Cap.I. par. 1, 1).

    La ragione, egli diceva, produce conoscenza scoprendo come le cose vengono messeinsieme o fatte. Essa specifica di che cosa esse consistano e come le componenti siano

    messe in relazione tra loro. Per Dio, creatore del mondo, fare e sapere sono uno e lo

    stesso, e la Sua conoscenza infinita.

    Ora alla norma di questo vero convien rapportare tutte le verit umane; ossia che tra lecognizioni umane sono vere quelle, i cui elementi sono in noi stessi e coordinati e in noi

    medesimi contenuti, e per via di postulati veniamo a dedurre all'infinito; e allorch

    mettiamo insieme tali elementi, ci rendiamo i fattori di quei veri, che nel comporreconosciamo; e per conseguenza possediamo il modo, o forma, con cui addivenghiamo i

    fattori di questi veri (11) (Vico, 17 10, Cap. 1, par. 111, 2).

    La ragione umana, quindi, pu conoscere solo quelle cose che sono fatte di materiale acui essa ha accesso - ed materiale di esperienza - ed attraverso il fare che sorge la

    loro conoscenza. Che io sappia, Vico fu il primo ad affermare in modo inequivocabile

    che la nostra conoscenza razionale viene costruita da noi stessi. Era per anche un uomo

    di fede e si interessava di metafisica, quindi voleva render conto anche della conoscenzametafisica. Lo fece in modo semplice ed efficace dividendo la conoscenza in due tipi:"conoscenza razionale" riguardante il mondo dell'esperienza quotidiana e della scienza; e

    1a saggez~ za poetica" riguardante ci che sta oltre il mondo tangibile.

    Il razionale pu venir espresso in 1inguaggio volgare" e con esso Vico intendeva le

    parole che designano cose esperienziali e le relazioni da esse astratte. Il poetico, in

    contrasto, espresso in metafore che mirano al di l dell'accessibile razionale. Disse

    esplicitamente:

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    lo usa con significati ben distinti che caratterizza per mezzo di espressioni facilmente

    confondibili: trascendentale e trascendente. Egli chiama le sue indagini analiticolcritichesulla ragione "filosofia trascendentale" e specifica che essa ha a che fare con:

    Intelligenza e ragione stessa come sistema di concetti e principi che riguardano oggetti ingeneralesenza l'assunto di cose che potrebbero essere date (ontologia). La seconda (il

    trascendente) riguarda la Natura, cio, la somma degli oggetti dati - sia che siano dati aisensi, o se si vuole, a qualche altro tipo di intuizione (KANT, 1787; p. 873, miei

    corsivi).

    Egli ripete spesso che tutto ci che appartiene a questa seconda parte, cio il

    'Vascendente", "speculativo" e "va oltre i limiti dell'esperienza possibile". Secondo me,questa seconda parte non razionalmente accessibile perch deve usare concetti e

    linguaggio derivati dall'esperienza, e l'uso di tali mezzi "oltre i limiti dell'esperienza"

    implica allora che il raggio della loro applicazione si estenda oltre il dominio in cui sisono formate. Concordo con Vico e sostengo che quando si possa parlare di una cosa

    solo con metafore poetiche, quella cosa vada considerata trascendente. Pertanto

    appartiene all'ambito del mistico.

    La "filosofia trascendentale" di Kant, comunque, un'analisi puramente razionale dellacomprensione umana e fornisce un modello per molti versi fondamentale

    all'orientamento costruttivista.

    Nella prefazione alla Critica della ragion Pura~ Kant osserv che secondo lui tutti i primi

    tentativi per indagare i prodotti del nostro conoscere, cio la nostra cognizione, non

    progredivano con il "passo sicuro della scienza" (1787, p. VII) (14). Una ragione di ci

    che:

    Finora si sostenuto che tutta la conoscenza dovesse conformarsi agli oggetti. ... D'ora

    in poi si potrebbe cercare di scoprire se non possiamo andare oltre .. . se partissimo

    dall'assunto che gli oggetti debbano conformarsi alla nostra cognizione (KANT, 1787, p.

    XVI).

    Disse che Galilei, Torricelli e altri scienziati "videro la luce":

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    Il "dobbiamo supporre" un punto cruciale. 1 realisti saranno portati a dire che la teoria

    di Kant richiede l'esistenza di "cose reali" nel senso di vere "cose-in-s". lo credo chequest'interpretazione sia sbagliata. Piuttosto, Kant qui parla di una necessit che sorge

    nella "vita pratica", specialmente quando vogliamo coordinare le nostre azioni con quelle

    de

    gli altri. La cosa-in-s, ripete spesso Kant (es. 1787, p. 591, 610), va intesa come

    "prodotto del pensiero" (Gedankending) che serve da "finzione euristica" (1787, p. 799).Secondo me, ci copre qualunque concetto di una realt ontica strutturata in spazio e

    tempo. La finzione di una tale realt, comunque, diventa necessaria nelle interazioni

    sociali.

    In un saggio successivo, 'Uabilit di conoscere" (vom Erkenntnisvermgen, la primasezione della suaAnthropologie del 1800), quando spiega il suo approccio ai sensi,

    ritorna al concetto di "apparenza":

    Solo le percezioni dei sensi (presentazioni empiriche con consapevolezza) possono

    venire chiamate apparenze. Esse divengono conoscenza empirica, cio esperienza, soloquando l'intelligenza le unisce e le collega con una regola di pensiero (che porta ordine

    nel molteplice) (KANT, 1800, WERKE, VOI. VII, p. 144).

    Il termine kantiano "il molteplice" (das Mannigfaltige) indica un altro concetto chiave,

    ed comprensibile solo congiuntamente al presupposto fondamentale deilla sua teoria

    secondo cui spazio e tempo sono forme basilari che la ragione umana impone su tuttal'esperienza. Queste fori-ne sono a priori perch riguardano il funzionamento della

    ragione. Il "molteplice", quindi la materia grezza su cui possono operare la percezionee la ragione costruttive. William Jarnes l'ha chiamato "una grande fiorente e ronzante

    confusione" (James, 1962, p. 29). Per la neurofisiologia contemporanea, si potrebbe dire,

    la totalit degli impulsi elettrochimici continuamente generati dagli organi sensori delsistema. E anche se assumessimo che questi impulsi fossero causati da differenze di un

    substrato ontico, essi non potrebbero condurre informazioni qualitative perch

    qualitativamente sono tutti uguali (vedi sotto, capitolo VI).

    Cos esperienza ci che il soggetto coordina (costruisce) impiegando gli elementi delmolteplice - ed il fatto che solo certe cose siano costruite mentre altre no, vien

    deterininato dalla struttura della ragione, che Kant considera l'argomento primario della

    sua filosofia trascendentale. Questa filosofia si chiama giustamente "idealismorazionale". Propone un ingegnoso e meticoloso modello che la ragione costruisce di se

    stessa e riduce la visione dell'universo interamente alle idee. Per tutto ci che giace fuori

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    Ma c'erano altri scienziati - e alcuni dei pi grandi - che non condividevano questo facile

    ottimismo. Hermann von Helmholtz, per esempio, attento lettore di Hume e di Kant,scrisse:

    Solo tardi (nella mia vita) mi fu chiaro che il principio di causalit di fatto nient'altroche la presupposizione della sistematicit di tutte le apparizioni della natura (1---

    IELMHOLTZ,1881/1977) (16).

    La causalit, quindi parte di un progetto che la ragione impone all'esperienza perrenderla intelleggibile. Ma un tale progetto da dove arriva? Hume sugger che sorgeva

    dalla ripetuta contiguit delle percezioni nel flusso dell'esperienza. Quest'idea venne

    presto screditata da una semplice osservazione: nella nostra esperienza, la notte contigua al giomo e il giorno contiguo alla notte, eppure non ha senso considerarne

    uno causa dell'altro. Per Kant, la relazione di causa ed effetto era una categoria "a priori

    sintetica", intrinseca all'inizio del nostro pensiero. Non la intendeva innata o data-da-Dionel senso platonico. Era una di quelle finzioni euristiche di cui la ragione ha bisogno per

    generare un'immagine razionale di s come produttrice della comprensione.

    Tale circolarit una caratteristica inevitabile non solo della filosofia trascendentale di

    Kant ma di qualunque tentativo di costruire un modello razionale di come noi generiamoun'immagine coerente del mondo dall'interno della nostra esperienza. Costituisce il

    mezzo per colmare le lacune che la mistica soddisfa con una metafora poetica. Il

    costruttivista sa bene che la circolarit inevitabile, ma vorrebbe ridurla al minimo. Nelcaso della causalit, un'analisi concettuale plausibile venne fornita molto tempo dopo,

    dalla Genetic Epistemology di Piaget (v. Cap. III).

    Torna a capo.

    Nuovo carburante per lo strumentalismo

    Per tutti gli approcci strumentalisti alla conoscenza, l'evento pi importante deldiciannovesimo secolo fu la pubblicazione della teoria dell'evoluzione di Darwin.

    Probabilmente William James fu il primo a fare il collegamento pi rilevante. In un

    brillante saggio in cui oppone la precisa nozione di selezione di Darwin ai vuoti assunti

    sociologici di Spencer, egli esprime il suo parere sulle origini dei nuovi concetti:

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    Comunque, "conferma nell'esperienza" un argomento ben pi complesso se coinvolge

    strutture concettuali piuttosto che risposte o attributi biologici. Il modo di operare dell

    "'adattamento" a livello concettuale non lo stesso del livello fisico dell'organismo

    (l'equilibrio concettuale sar discusso nel cap. III).

    Il filosofo e sociologo tedesco Georg Simmel osserv pi tardi che l'approccioevoluzionistico:

    Elimina il dualismo di una verit in-s indipendente e... l'esperienza o la selezione

    concernente l'interazione pratica con il mondo come giungiamo a conoscerlo - perchl'esperienza degli effetti delle azioni allo stesso tempo crea verit (SIMMIEL, 1895, p.

    44).

    In altre parole, la necessit che la conoscenza venga definita vera solo se riflette unmondo reale viene abbandonata per la necessit che venga trovata conducente al

    raggiungimento dei nostri fini secondo le nostre aspettative. Con questo modo di vedere

    diviene chiaro che la modalit con cui esperiamo il mondo dipende dalle ipotesi e dalla

    conoscenza che ci aiuta a concettualizzare il nostro ambiente esperienziale. Questo ciche intendeva Heisenberg quando diceva che pi profondamente gli scienziati naturalistiguardano nella natura, pi essi capiscono che ci che vedono il riflesso dei loro stessi

    concetti (v. cap. 1).

    Malgrado questo problema, il movimento dell'epistemologia evoluzionistica che si

    svilupp intorno all'opera di Konrad Lorenz, ha ottenuto un successo considerevole,specialmente nella forma estesa datagli da Donald Campbell che la caratterizz come

    "realismo cri

    tico ipotetico". Egli concorda con Lorenz che i concetti di spazio, tempo, causalit non

    sono, come pensava Kant, elementi a priori della ragione umana, ma piuttosto il risultato

    dell'adattamento all'universo di organismi viventi. Sostiene per che la fisica moderna

    "procura una visione della realt molto pi finemente parcellizzata".

    Il Ding an sich viene sempre conosciuto indirettamente, sempre nel linguaggio deipostulati dei conoscitore, sia che queste mutazioni govemino forme corporee, o percetti

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    indagini sull'uso comune del linguaggio, Vaihinger segue Kant e analizza le possibilit

    di concettualizzazione. Ci lo porta ad accentuare la distinzione estremamenteimportante tra "finzioni euristiche" (un termine di derivazione kantiana) e "ipotesi".

    Il modo in cui distingue i due concetti suona assai semplice, ma condurrebbe ad un'erratainterpretazione se il lettore non tenesse in considerazione la sua derivazione dalla teoria

    della conoscenza razionale kantiana.

    Un'ipotesi, come abbiamo visto, deve essere verificabile. Deve essere definitivamente

    inclusa nella famiglia delle idee scientifiche quando Si scopre che vera, cio,

    verificata. ... Una finzione non pu essere confermata dall'esperienza ma pu essere

    giustificata con il servizio che rende alla scienza. ... Una volta giustificata, la finzioneverr ammessa come membro utile al dominio delle idee. Quando aiuta un computomentale a produrre un risultato utilepraticamente, come per esempio, quando il metododegli infinitesimali rende computabile una curva, quando una spartizione conduce ad un

    ordinepratico, allora queste idee ausiliarie sono giustificate. ... Proprio come l'ipotesi sottomessa ad una verifica della realt esperienziale di ci che era stato ipotizzato, cosla finzione viene verificata per l'utilit e l'appropriatezza pratica di ci che ha inventato

    (VAMINGER, 1913, pp. 610-611).

    La "verifica" di cui parla all'inizio del passo riportato non intesa ontologicamente, ma,come l'autore stesso chiarisce pi tardi, intesa come conferma per mezzo

    dell'esperienza. Sebbene Vaihinger abbia creato un notevole guazzabuglio tra i pensatoridell'Europa continentale, fu praticamente ignorato tra i filosofi inglesi. E comunque la

    sua nozione di finzione utile recentemente riapparsa sotto altro nome. GregoryBateson, nel suo ben noto e spesso citato "Metalogue: What is an Istinct?"(1972), parla

    di un "principio esplicatore" che, come la gravit, pu spiegare "tutto ci che vuoi che

    spieghi". Il modo in cui Bateson distingue i principi esplicatori dalle ipotesi non esplicito come quello di Vaihinger, ma collega l'idea della finzione utile a quella del

    cibernetico che costruisce un modello concettuale o meccanico per sostituire qualcosa diinaccessibile. Egli spiega ci a sua figlia:

    Padre: Vedi, un'ipotesi cerca di spiegare un qualcosa di particolare, ma un principioesplicatore - come la gravit o l'istinto - non spiega proprio niente. t una sorta di accordo

    convenzionale tra gli scienziati per smettere di cercare di spiegare cose ad un certo

    punto.

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    filosofici, il suo principio pi importante e cio che il significato delle parole va ricercato

    nella mente del parlante piuttosto che nel dominio dei cosiddetti oggetti reali.

    Dobbiamo un compendio della teoria di Saussure a due suoi assistenti che compilaronoun libro, molto interessante e leggibile, da appunti loro e di altri studenti e, fatto piimportante, dagli appunti delle lezioni preparati dal loro maestro.

    Ci che distingue le indagini di de Saussure da quelle dei filologi e di molti altri linguisti

    che egli non inizia analizzando un vocabolario o le regole grammaticali, ma piuttostoesaminando come funziona il lingaggio. Quando due persone parlano tra loro, egli

    annota, entrambe emettono suoni ed entrambe odono i suoni emessi dall'altro. Egli

    illustra ci in un diagramma con due parlanti collegati da due frecce a formare uncircuito.

    Supponete che due persone, A e B, stiano conversando tra loro. Supponete che l'aperturadel circuito sia nel cervello di A, dove i fatti mentali (concetti) sono associati alle

    rappresentazioni dei suoni linguistici (immagini-suono) usati per esprimersi. Un concettodato fa scattare una corrispondente immagine-suono nel cervello; questo fenomeno

    puramentepsicologico seguito da un processofisiologico: il cervello trasmette un

    impulso corrispondente all'immagine, agli organi usati per produrre suoni. Quindi leonde sonore viaggiano dalla bocca di A all'orecchio di B: un processo puramente fisico.Poi, il circuito continua in B, ma in ordine inverso: dall'orecchio al cervello, la

    trasmissione fisiologica dell'immagine-suono; nel cervello l'associazione psicologicadell'immagine con il concetto. Se B poi parla, un nuovo atto - dal suo cervello a quello di

    A - seguir esattamente lo stesso corso del primo e passer attraverso le stesse fasi

    successive, ... (DE SAUSSURE, 1959, p. 11-12).

    Questa spiegazione allo stesso tempo semplice e fondamentale. Offre un modello dellameccanica della comunicazione che illustra due cose.

    I. La corrispondenza nei due sensi tra immagini sonore e concetti, che di fatto laconnessionesemantica tra un vocabolo e il suo significato, il risultato di

    un'associazione psicologica. Le associazioni psicologiche, comunque possono essere

    forinate soltanto da un individuo nella sua esperienza soggettiva (v. Cap. VII).

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    Torna a capo.

    Conclusione

    A questo punto ormai chiaro che questa carrellata attraverso la storia delle idee la

    presentazione soggettiva di brani che un lettore eclettico ha collezionato nel suo

    tentativo di costruire un modello della conoscenza relativamente coerente e non-contraddittorio. Non mira a presentare un'interpretazione oggettiva di ci che gli autori

    menzionati intendevano, ma solo una lettura viabile. Credo che neanche una ricercaermeneutica possa produrre una vera replica dei concetti che i pensatori avevano in

    mente. Ho scelto quindi di interpretare i loro testi come meglio ho potuto dal mio punto

    di vista. Concordo con il poeta (e matematico) francese Paul Valry, che disse:

    Ho gi spiegato ci che penso dell'interpretazione letterale; ma non si insiste maiabbastanza: non c' un vero significato di un testo.Nessuna autorit dell'autore.

    Qualunque cosa avesse voluto dire, scrisse ci che scrisse. Una volta pubblicato, un testo

    come un utensile che tutti possono usare come vogliono e in accordo ai propri mezzi:

    non detto che il costruttore potesse usarlo meglio di qualunque altra persona(VALERY, 1957, p. 1507).

    Ho cercato di dar corpo all'asserto secondo cui la ragione non pu avere a che fare con la

    mistica e con la sua saggezza. 1 pre~socratici dimostrarono gi che una realtindipendente dalle modalit di conoscenza non accessibile perch non possiamo uscire

    dalle nostre modalit di conoscenza. Questa era una limitazione puramente logica. I

    teologi bizantini aggiunsero un'altra argomentazione. Siccome i nostri concetti vengonoformati con l'astrazione dall'esperienza, non si pu catturare nulla che stia al di l della

    nostra esperienza. Il miStico medioevale Scoto Eriugena, poi, anticip sia Vico che Kant

    dicendo che la ragione pu conoscere e capire solo ci che essa stessa fa seguendo le sue

    stesse regole.

    La nascita della scienza moderna nel Rinascimento sugger che la conoscenza scientifica

    fosse strumentale e avrebbe potuto quindi essere separata dalla mistica, che era senza

    tempo. Ma la riscoperta dell'antica scuola degli scettici di Pirrone incoraggi qualcunoad usare le argomentazioni degli scettici contro certa conoscenza per mettere in dubbio il

    dogma della Chiesa. Cartesio cerc di impedire ci dimostrando che c'erano, invero,cose che potevano essere conosciute con certezza. Il suo metodo del dubbio radicale, alla

    fine, conferm soltanto la posizione degli scettici.

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    In fine, de Saussure ha caratterizzato il linguaggio come un sistema di segni in cui la sola

    cosa essenziale l'unione dei significati con le immagini-suono, ed in cui entrambe leparti del segno sono psicologiche (DE SAUSSURE, 1959, p. 15).

    Siccome quest'unione deve venir creata da ogni fruitore della lingua sulla base dellapropria esperienza individuale, i significati che attribuiamo alle parole non possono

    essere altro che soggettivi. Ci elimina la tradizionale "Teoria di riferimento obiettivo"che si basa sulla nozione che le parole si riferiscono alle cose-in-s. Invece ora si pensa

    che le parole si riferiscano a qualsivoglia astrazione dall'esperienza, cio, a qualunque

    significato che il fruitore individuale capita di aver fatto.

    La nozione di comunicazione sorge dall'assunto che gli organismi che vivono in gruppo

    e hanno la capacit di astrarre immagini ed idee dalla loro esperienze, faranno molte diquelle astrazioni in situazioni in cui sono in compagnia di altri - il che li porta all'assunto

    che gli altri hanno fatto le stesse astrazioni eseguite da loro. Una volta che hannoassociato le immagini sonore delle parole con le loro idee, arriveranno a credere che i

    significati delle parole siano gli stessi ogni volta che le loro interazioni con gli altri li

    mostrano compatibili. Siccome questa compatibilit cruciale in molte forme dicollaborazione necessaria, i membri di una comunit faranno del loro meglio per rendere

    i significati compatibili con quelli degli altri.

    1 nostri significati, quindi, possono essere modificati ed adattati all'uso comune ininterazioni sia linguistiche che non linguistiche che abbiamo con gli altri; ma il risultato

    di tale adattamento, al massimo, raggiunge una relativa compatibilit, ma mai

    un'identit.

    Da tutto ci, con l'aiuto della teoria dello sviluppo cognitivo di Piaget (v. Cap. 111), il

    costruttivismo radicale ha formulato i suoi principi fondamentali:

    I. - la conoscenza non viene ricevuta passivamente n attraverso i sensi n grazie allacomunicazione;

    - la conoscenza viene attivamente costruita dal soggetto "conoscente".

    2. - La funzione della conoscenza adattiva, nel senso biologico del termine, e tende

    verso l'adattezza o la viabilit;

    - La conoscenza serve all'organizzazione del mondo esperienziale del soggetto, non allascoperta di una realt ontologicamente oggettiva.

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    (9) Si noti che nell'inglese attuale "it is true that...- ( vero che ... ) e---it is a fact that_"( un fatto

    che

    sono intercambiabili.

    (10) Mi riferisco al trattato di Vico dell'edizione dei 1850, che contiene sia il testo latino che la

    tradu~ zione di Pomodoro, con i numeri dei capitoli, paragrafi e proposizioni originali.

    (11) Chi ha letto Piaget sar sorpreso da questa notevole anticipazione delle idee piagetiane.

    (12) Egli dice "ogni metafora una favola in breve".

    (13) Nonostante la chiarezza di questa distinzione, Vico stesso non vacillava della sua fede religiosa

    e dedic molto tempo e scritti alla metafisica. In maniera parallela, ma non identica a quella di

    Berkeley, tent di dare validit etema ai costruiti razionali dell'uomo.

    (14) Kant usa la parolaErkenntnis, che contiene la radice tedesca di "riconoscere" piuttosto che di

    sapere. Perci traduco "cognizione".

    (15) La parola Vorstellung un termine chiave nella filosofia di Kant. Quando viene tradotto con

    representation (rappresentazione) si rischia di malinterpretare perch la parola inglese, cos come

    quella italiana, suggerisce che ci sia un originale che si sta ri-presentando. La fine della frase citata

    rende chiaro che Kant usa il termine come nonnalmente in tedesco, vale a dire indicando qualcosa

    che uno presenta a se stesso spontaneamente e non una copia di qualcos'altro.

    (16) Questo fu scritto nel 1881 come aggiunta al trattato di Helmholtz dei 1847 sulla

    "conservazione di forza". Lo si pu trovare a p. 180 dei suoi scritti epistemologici, 1977.

    Storicamente interessante che il passo sia stato citato in una delle ultime conferenze del corso su--

    - Ifondamenti fisici delle scienze naturali" da Franz Exner (1919), che Erwin Schrdinger pi tardi

    cit come suo maestro.

    (17) Sulla relazione tra esperienza e realt, James afferm, profondamente e sottilmente: "Ogni cosa

    reale deve essere esperibile da qualche parte, e ogni tipo di cosa esperita deve essere da qualche

    parte vera" (1912, p. 159; mia sottolineatura). Ho sottolineato "tipo" perch potrebbe essere facile

    trascurare la distinzione di James. Come Berkeley, egli chiama cose "reali" solo quelle che possono

    essere esperite da qualche parte; e tipi di cose, cio, i concetti che abbiamo astratto, devono basarsi

    su cose che sono "reali" nel senso da lui definito - altrimenti sono vuote o, come direbbe Vico,

    "metafore poetiche".

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    Piaget non una lettura facile. Sebbene non abbia mai cessato di elogiare la virt della

    "decentrazione" - l'abilit di cambiare la propria prospettiva -, egli stesso, come scrittore,

    non sempre cerc di mettersi nei panni del lettore. Credo che spesso per lui, come per

    molti altri pensatori originali, scrivere fosse un'elaborazione delle sue idee per se stesso.I suoi indefessi sforzi per esprimere i suoi pensieri nel modo pi dettagliato possibile

    non sempre sono d'aiuto al lettore. Eppure non ho mai dubitato che valesse la penasuperare queste difficolt, infatti lo sforzo mi ha condotto ad una visione del conoscere

    umano che nessun'altra fonte mi avrebbe mai dato.

    Per sei o sette anni mi concentrai esclusivamente su Piaget, e da allora, sono tornato

    sporadicamente ai suoi scritti per quasi due decenni. Eppure voglio sottolineare che ciche traccio in queste pagine il senso che un lettore abbastanza diligente ne ha estratto.

    Non l'unica interpretazione possibile, e sicuramente non quella ufficiale. Ma

    un'interpretazione che io trovo cogente e molto utile in molte applicazioni. Ma ci non larende meno soggettiva.

    Ci sono almeno una mezza dozzina di concetti che meritano una caratterizzazioneprecisa se si vuole arrivare ad un'interpretazione coerente della teoria di Piaget. Il

    compito di caratterizzare i concetti di qualcun altro necessariamente congetturale.Nessuno pu entrare nella testa di un altro per esaminare le strutture concettuali che ha

    associato a certe parole. Quindi, in qualit di lettori delle opere di Piaget possiamo solofar congetture su cosa significasse una data parola per lui. Ogni volta che incontriamo

    quel vocabolo nelle sue opere, possiamo cercare di modificare o ricostruire la nostra

    supposizione nella speranza di arrivare ad un'interpretazione che si adatti, se non a tutte,ad un buon numero di ricorrenze. Nei principi, questo il processo dell'ermeneutica,

    l'arte di sbrogliare il significato originale dei testi. Dovrebbe esser chiaro che non ci

    possono essere risposte assolute. Il tentativo del lettore di costruire per ogni parola unsignificato costante che possa adeguarsi a tutti i contesti incontrati pu portare soltanto a

    risultati relativi. Da una parte, la nozione di adeguamento inevitabilmente relativa e,dall'altra, si basa sull'assunto che i significati in un dato autore, sono costanti. Questo

    assunto improbabile nel caso in cui l'autore, come Piaget, ha usato alcune delle sue

    parole chiave per molti decenni durante i quali il suo pensiero era in continuaespansione. Eppure sono convinto che la direzione della sua ricerca rimase invariata. Le

    interpretazioni e le definizioni che d qui sono quelle che per me hanno un senso alla

    luce delle opere di Piaget e di certi passaggi che considero centrali.

    Torna a capo.La premessa biologica

  • 7/30/2019 Cost Rutti Vis Mo

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    La ricerca dei meccanismi per l'adattamento biologico e l'analisi di quella pi alta forma

    di adattamento che il pensiero scientifico, la cui interpretazione epistemologica

    sempre stata il mio obiettivo centrale (PIAGET, in GRUBER e VoNtcHE, 1977 p. XII).

    Che l'acquisizione della conoscenza fosse "adattiva" era stato suggerito da James,

    Simmel e altri intorno alla fine dell'ottocento, ma Piaget vide che l'adattamento neldominio cognitivo/concettuale non era lo stesso dell'adattamento fisiologico degli

    organismi biologici. Egli capi che a livello di cognizione non era una questione diretta di

    sopravvivenza o di estinzione, ma piuttosto un equilibrio concettuale. Quindi importante tenere a mente che quando parla di "quella pi alta forma di adattamento", i

    meccanismi che sta cercando sono mentali e non biologici.

    Fu questa ricerca dei meccanismi della cognizione che motiv l'interesse di Piaget per i

    bambini. Osservando le interazioni