VINCA Piano Cinghiale Majella - Regione Abruzzo · Interferenze sulle componenti biotiche e...
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Piano Quinquennale di Gestione 2016-2020 del Cinghiale nel Parco Nazionale della Majella
VALUTAZIONE DI INCIDENZA
(D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, e s.m.i.)
IL RESPONSABILE DELL’UFFICIO
VETERINARIO E ZOOTECNIA
IL RESPONSABILE DELL’UFFICIO
MONITORAGGIO E GESTIONE FAUNISTICA
Dott. Simone Angelucci Dott. Antonio Antonucci
IL DIRETTORE DEL PARCO
Arch. Oremo Di Nino
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INDICE
1. Premessa
2. Tipologia delle azioni e/o opere
3. Dimensioni e/o ambito di riferimento
4. Complementarietà con altri progetti
5. Uso delle risorse naturali
6. Produzione di rifiuti
7. Inquinamento e disturbi ambientali
8. Rischio di incidenti per quanto riguarda le sostanze e le tecnologie utilizzate
9. Descrizione dell’ambiente naturale
10. Interferenze sulle componenti abiotiche
11. Interferenze sulle componenti biotiche e connessioni ecologiche
12 Misure di mitigazione previste
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1. PREMESSA.
La procedura di Valutazione di Incidenza si compone di uno studio finalizzato ad individuare e
valutare gli effetti che il Piano di Gestione del Cinghiale può avere sui siti appartenenti a Rete
Natura 2000, in riferimento agli obiettivi propri di conservazione dei Siti Natura medesimi,
considerati come sistema ambientale, vagliando le relazioni in atto e con le azioni programmate
sulle componenti abiotiche, biotiche e le connessioni ecologiche.
La presente relazione (VINCA) ha il compito di valutare gli effetti del piano di abbattimento sui siti
Natura 2000.
Tali siti, come noto, sono classificati come:
- Zone di Protezione Speciale (ZPS), in base all’art. 4 della Direttiva 79/409/CEE (Direttiva
Uccelli), recepita in Italia attraverso la Legge dell’11 febbraio 1992 “Norme per la
protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”.
- Siti di Interesse Comunitario (SIC), in base alla la Direttiva 92/43/CEE (Direttiva Habitat),
recepita a livello nazionale con il D.P.R. dell’8 settembre 1997 n. 357 e successive
modificazioni.
L’insieme dei siti Natura 2000 rappresenta e custodisce le tipologie ambientali, i tipi di habitat e le
specie di maggior valore conservazionistico presenti su scala comunitaria.
Sebbene il piano di controllo preveda il prelievo solo del Cinghiale (Sus scrofa) con tecniche
altamente selettive non si può escludere che il prelievo e l’attività ad essa connessa, incida,
all’interno di SIC e ZPS, anche su altre specie che risultano invece protette o particolarmente
protette. E’ necessario, quindi, definire in dettaglio quelli che possono essere gli impatti per ogni
singolo SIC o ZPS, tenendo conto delle specie da essi tutelate. Nella predisposizione della
Valutazione di Incidenza del Piano Quinquennale di Gestione del Cinghiale nel Parco Nazionale
della Majella occorre quindi, in primis, considerare per tutti gli habitat riconosciuti nel territorio
del parco la qualità di tutte le risorse ambientali e la loro effettiva capacità di rigenerazione,
nonché la capacità di carico dell’ambiente naturale, riferita all’intervento di controllo sulla
popolazione di cinghiale.
La valutazione di incidenza del Piano di Gestione del Cinghiale viene svolta in ottemperanza alle
seguenti norme:
- Direttiva n. 79/409/CEE e successive modifiche e integrazioni;
- Direttiva n. 92/43/CEE e successive modifiche e integrazioni;
- D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 modificato con D.P.R. 12 marzo 2003, n. 120;
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- D.M. Ambiente 3 aprile 2000, n. 65.
- Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 17 Ottobre
2007. Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone
Speciali di Conservazione (ZSC) e a Zone di Protezione Speciale (ZPS), pubblicato in
Gazzetta Ufficiale 258 del 6 novembre 2007.
- L.R. Abruzzo 09/08/2006, n. 27 e s.m.i. (L. R. Abruzzo 09/11/2011, n. 38) Disposizioni in
materia ambientale.
- L.R. 28 Gennaio 2004, n. 10. Normativa organica per l’esercizio dell’attività venatoria, la
protezione della fauna selvatica omeoterma e la tutela dell’ambiente - BURA n. 1
straordinario dell’11 febbraio 2004.
- Legge Regionale Abruzzo 24 giugno 2003, n. 10 e s.m.i. Individuazione di specie animali di
notevole interesse faunistico e disciplina dei danni causati dalla fauna selvatica, pubblicata
sul BURA n° 21 del 25 luglio 2003.
- Legge Regionale N. 50 DEL 7-09-1993 Primi interventi per la difesa della biodiversità nella
Regione Abruzzo: tutela della fauna cosiddetta minore pubblicata sul Bollettino
Ufficiale della Regione Abruzzo N. 33 del 13 settembre 1993.
2. TIPOLOGIA DELLE AZIONI E/O OPERE
Il Piano di Gestione della popolazione di Cinghiale prevede attività di prelievo dei capi,
contemplate ed eseguite nel rispetto:
- di criteri di massima selettività e rispondenza agli enunciati generali del presente Piano, oltre che
delle indicazioni annuali derivanti dall'aggiornamento delle attività di monitoraggio;
- di minimizzazione dello stress psicofisico per gli animali oggetto di prelievo e del rispetto delle
condizioni di benessere animale prescritte dalla normativa ed oggetto dell’interesse del Parco;
- della necessità di ridotto o nullo disturbo alle restanti componenti della zoocenosi, con
particolare riferimento all’Orso bruno marsicano e al lupo appenninico;
- di un rapporto tra sforzo profuso e risultati ottenuti che sia credibile, economicamente
sostenibile ed organizzativamente compatibile con le altre attività dell’Ente Parco;
- del rispetto assoluto delle condizioni di sicurezza per gli operatori coinvolti e per i frequentatori
dell’area protetta.
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Si richiamano, a tal proposito, le “Linee guida per la gestione del Cinghiale (Sus scrofa) nelle aree
protette” 2° edizione, a cura di MATTM e ISPRA, nelle quali si pone particolare rilievo all’aspetto
del disturbo delle restanti componenti delle zoocenosi, escludendo alcune tecniche di
abbattimento, e definendo “le restanti tecniche (catture con trappole o recinti, abbattimento
individuale da appostamento e girata), pur con le dovute distinzioni, in grado di assicurare il
massimo grado di selettività e sicurezza unitamente ad un ridotto disturbo e, se applicate in
condizioni idonee, ad un rapporto costo/benefici mediamente elevato”.
Inoltre, nello specifico contesto conservativo e gestionale del Parco Nazionale della Majella, a
titolo di massima cautela, si è ritenuta non applicabile la tecnica della girata, per l’eventualità di
disturbo, diretto e indiretto che tale sistema avrebbe potuto generare, anche per l’attività dei cani,
nei confronti delle altre componenti della biocenosi e, in particolare, dell’Orso bruno marsicano e
del lupo appenninico.
Gli strumenti di controllo e contenimento della popolazione di Cinghiale ritenuti dunque più idonei
al perseguimento degli obiettivi del Piano sono dunque rappresentati da:
1) le catture mediante chiusini;
2) il prelievo selettivo tramite abbattimento da appostamento fisso.
Il possibile impatto esercitato da tali attività origina, almeno in via potenziale, con le attività
connesse alla cattura o all’abbattimento degli animali. Per quanto molto limitate in termini
quantitativi, spaziali e temporali, possiamo citare:
1. disturbo dovuto alle persone e agli automezzi impiegati durante l’attività di
organizzazione delle catture e degli abbattimenti selettivi;
2. disturbo dovuto alla attività di sparo legate agli abbattimenti selettivi;
3. impianto di strutture temporanee quali altane e chiusini;
4. rimozione di un numero di cinghiali tale da comportare una significativa diminuzione
della disponibilità trofica per il Lupo e/o per l’orso in qualità di necrofago.
Essendo non previste la tecnica della braccata, ovviamente, e della girata, sono da considerarsi
assolutamente esclusi gli effetti degli impatti indiretti, provocati dal passaggio dei cani e dei
cacciatori in ambienti interessati dalla presenza di specie che nidificano a terra, quali ad esempio il
Calandro (Anthus campestris), la Tottavilla (Lullula arborea) o l’Ortolano (Emberiza hortulana), per
le quali tali attività potrebbero comportare il fallimento per la stagione riproduttiva.
3. TIPOLOGIA E/O AMBITO DI RIFERIMENTO
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La ZPS IT7110129 “Parco Nazionale della Majella”, i SIC IT7130031 “Fonte di Papa”, IT7140203
“Majella”, IT7140204 “Majella sud-ovest” e IT7140043 “Monti Pizzi-Monte Secine, sono stati
istituiti in ottemperanza alle Direttive “Uccelli” (79/409/CEE) ed “Habitat” (Dir. 92/43/CEE recepita
in Italia dal DPR 8 settembre 1997 n. 357, modificato dal DPR 12 marzo 2003, n. 120). Essi, in
accordo con le convenzioni internazionali aventi per oggetto le problematiche relative alla
progressiva perdita di biodiversità, fanno parte della Rete Natura 2000 e rivestono a livello
comunitario un ruolo significativo nella gestione delle aree naturali a livello internazionale.
I Siti Natura 2000 interessati dal presente Piano sono i seguenti:
- ZPS IT7110129 “Parco Nazionale della Majella”
- SIC IT7130031 “Fonte di Papa”
- SIC IT7140203 “Majella”
- SIC IT7140204 “Majella sud-ovest”
- SIC IT7140043 “Monti Pizzi-Monte Secine”.
Di questi, solo il SIC “Monti Pizzi-Monte Secine” è interamente contenuto nel Parco e dunque
nell’omonima ZPS, mentre tutti gli altri, seppure per porzioni limitate, che variano dallo 0,6%
(Majella) al 24,3% (Fonte di Papa), sforano oltre i confini della ZPS.
AREE DI INTERVENTO PIANO GESTIONE CINGHIALE
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Come si evince facilmente dal raffronto tra le carte su riportate, le aree di intervento individuate
dal Piano di Gestione del Cinghiale, ricadono, , all’interno dei confini della ZPS e solo parzialmente
all’interno del solo SIC Majella.
La ZPS, denominata “Parco Nazionale della Majella”, coincide con i limiti del territorio
dell’omonimo Parco. Il centro è identificato dalle seguenti coordinate: Longitudine 14.0925 e
Latitudine 42.0861111111111, ed ha un’area complessiva di 74.082 ettari.
Essa è delimitata dalla Valle del Pescara e dalle pendici montane di Lettomanoppello e
Roccamorice a nord, dalla Valle Peligna dove sorge l’abitato di Sulmona e dal Piano delle Cinque
Miglia ad ovest, dalla Valle del Sangro a sud e dalla strada che collega Palena a Pennapiedimonte
ad est.
Oltre al massiccio della Majella, la ZPS comprende anche quello del Morrone, posto ad ovest del
primo, alcuni rilievi minori nella parte meridionale del Parco, tra cui il Monte Porrara, il Monte
Pizzalto e il Monte Rotella, fra i quali si interpongono valli ed altopiani carsici chiamati “Quarti”, ed
il comprensorio montuoso Pizzi-Secine con andamento NESE. Gli interventi del Piano di Gestione
interessano la ZPS sostanzialmente nella parte settentrionale, e marginalmente le zone
meridionali, marginali all’area, di Pizzoferrato, e orientali, di Palombaro.
Il SIC IT7140203 “MAJELLA” è l’unico ad essere interessato dalle aree di intervento previste nel
Piano: è il più esteso dei quattro presenti nel Parco e per le sue caratteristiche ecologiche viene
attribuito alla regione biogeografica alpina anche se ricade per il 13% nella regione continentale.
L’estensione è pari a 36119 ettari. La quota media è di 1274 m s.l.m.; la quota minima è 260 m
s.l.m., mentre la massima è rappresentata dalla vetta del Monte Amaro, con la quota di 2793 m
s.l.m.. Le coordinate del centro del SIC sono Longitudine 14.1138888888889 e Latitudine
42.0816666666667 (gradi decimali).
Il SIC Majella è distribuito nelle province di Chieti, L’Aquila e Pescara. I Comuni che ospitano il SIC e
nel quale sono previsti interventi di gestione del Cinghiale sono Abbateggio, Bolognano, Campo di
Giove, Caramanico Terme, Palombaro, Roccamorice, Salle, San Valentino in Abruzzo Citeriore,
Sant’Eufemia a Maiella.
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4. COMPLEMENTARIETÀ CON ALTRI PROGETTI
Il piano di gestione del cinghiale non interferisce con altri progetti di conservazione e tutela della
natura al livello comunitario. Si tenga conto che gli interventi sono comunque contemplati ed
attuati coerentemente con il disposto della L. 394/91 e il Piano per il Parco.
Altri progetti in corso nel Parco Nazionale della Majella, quali i progetti, di finanziamento
ministeriale, per la tutela della biodiversità (ex cap. 1551) che sono finalizzati allo sviluppo di azioni
strategiche e dirette di conservazione nei confronti del Lupo, dell’Orso bruno marsicano, del
Camoscio appenninico, si integrano anzi con il Piano di Gestione del Cinghiale, soprattutto nella
parte conoscitiva delle interazioni preda-predatore, in relazione agli aspetti della sorveglianza
sanitaria. Dalle operazioni di cattura e abbattimento del cinghiale originano, infatti, numerose e
significative informazioni relative allo stato sanitario di questo ungulato che può avere un ruolo di
sentinella per alcune patologie infettive importanti anche per le specie particolarmente protette
su citate e per altre specie selvatiche simpatriche (es. tubercolosi, Aujeszky virus, Leptospira,
Brucella ecc.).
5. USO DELLE RISORSE NATURALI
Durante le attività previste dal Piano, non è previsto uso significativo di risorse naturali. Non si
prevede la costruzione di strutture con utilizzo del suolo, non saranno impiegate risorse idriche,
legname o altre risorse naturali. Il prelievo degli animali selvatici oggetto degli interventi gestionali
è limitato e quantificato, per ciascun anno di sviluppo gestionale, secondo valutazioni scientifiche
che si basano su stime della popolazione ripetute annualmente con metodo standardizzato.
6. PRODUZIONE DI RIFIUTI
Nell’espletamento dell’attività di controllo, non si prevede la produzione di particolare rifiuti,
eccezion fatta per quei rifiuti come i bossoli dei proiettili esplosi, oppure rifiuti generici come
plastica, carta e altri materiali prodotti dai singoli operatori durante l’espletamento dell’attività
venatoria. La formazione ricevuta da parte degli operatori specializzati, nonché la presenza degli
agenti del Corpo Forestale dello Stato costantemente in ogni fase delle operazioni previste dal
Piano di fatto annullerà l’evenienza di abbandono di rifiuti sul territorio.
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7. INQUINAMENTO E DISTURBI AMBIENTALI
Durante l’espletamento dell’attività di controllo si possono prevedere due tipi di inquinamento:
- Inquinamento dell’aria derivato dall’utilizzo di automezzi (molto spesso fuoristrada)
utilizzati per raggiungere le zone di prelievo;
- Inquinamento delle catene trofiche derivato dall’utilizzo delle munizioni contenenti
piombo.
Il primo tipo di inquinamento risulta essere trascurabile vista la frequenza quantitativa e la
periodicità degli interventi. Per altro in quasi tutti i casi i recinti di cattura o i siti di appostamento
sono collocati praticamente a ridosso di strade comunali asfaltate, per cui non si rende necessario
percorrere con automezzi lunghi percorsi all’interno di ambienti tutelati.
Relativamente all’inquinamento da piombo, esso può essere escluso in quanto gli operatori
utilizzeranno solo munizioni atossiche.
8. RISCHIO DI INCIDENTI PER QUANTO RIGUARDA LE SOSTANZE E
TECNOLOGIE UTILIZZATE
Per quanto riguarda l’attivazione dei chiusini, si porrà particolare attenzione a:
- Formare costantemente gli operatori ausiliari, già comunque di comprovata esperienza;
- Fornire il chiusino e il meccanismo di scatto delle sicure necessarie affinché il portellone di
chiusura non possa recare traumi alle persone, ai cinghiali e agli animali non target quando
il chiusino stesso non è attivo per la cattura;
- Rispettare tutte le norme di sicurezza per il settore dei trasporti e della movimentazione
dei mezzi agricoli.
Per quanto riguarda invece le attività di abbattimento selettivo:
- ogni operatore abilitato a cui è stato assegnata una postazione di abbattimento selettivo
sarà in ogni caso accompagnato da un agente del CFS;
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- la carabina può essere estratta dal fodero e caricata solo nel sito prescelto ed assegnato
per l'appostamento. Al di fuori delle operazioni di tiro la carabina è sempre tenuta in
sicura.
- il tiro è eseguito solo quando si verificano entrambe le seguenti condizioni:
a. l’animale selezionato è completamente visibile, chiaramente distinguibile, non
in corsa e posizionato di fianco;
b. nell’eventualità che l’animale non venga colpito la palla deve potersi conficcare in
terra entro pochi metri e comunque deve essere completamente visibile l'intera
traiettoria.
In particolare è vietato tirare:
- in direzione di strade, sentieri, case, boschi, crinali, specchi d’acqua, pareti rocciose;
- in situazioni atmosferiche, quali nebbia, neve o pioggia, che comportano una diminuzione
nella visibilità tale da pregiudicare le condizioni di sicurezza;
- in condizioni di scarsa luminosità nell’ottica;
- a braccio libero;
- più di due colpi in rapida sequenza.
All’orario stabilito di chiusura della giornata di prelievo l’operatore scarica la carabina nel sito di
appostamento e si reca senza ritardo nel punto di ritrovo.
9. DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE NATURALE
ZPS PARCO NAZIONALE DELLA MAIELLA
Codice sito: IT7140129
Localizzazione: Long. E 14° 5’ 33’’; Lat. N 42° 5’ 10’’ (Greenwich)
Superficie: 740,82 km2
Comuni interessati: Ateleta, Serramonacesca, San Valentino in Abruzzo Citeriore, Bolognano, Pretoro,
Rapino, Abbateggio, Guardiagrele, Roccamorice, Tocco da Casauria, Caramanico Terme, Popoli,
Pennapiedimonte, Salle, Palombaro, Roccacasale, Sant’Eufemia a Majella, Pratola Peligna, Fara San
Martino, Sulmona, Civitella Messer Raimondo, Pacentro, Lama dei Peligni, Taranta Peligna, Palena,
Lettopalena, Campo di Giove, Cansano, Corfinio, Gamberale, Lettomanoppello, Manoppello,
Montenerodomo, Pescocostanzo, Pettorano sul Gizio, Pizzoferrato, Rivisondoli, Roccapia, Roccaraso,
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Range altitudinale: 200-2793 m s.l.m.
Regione biogeografia: Alpina
Descrizione: Il sito comprende il Massiccio della Majella, il Gruppo dei Monti Pizi, gli Altopiani Maggiori e
una significativa porzione di importanti bacini fluviali (Pescara e Sangro). Notevole è la presenza di habitat
di importanza comunitaria. La caratterizzazione morfologica del sito è estremamente varia, con ghiaioni,
pareti calcaree, balze rocciose, cavità carsiche, profondi valloni di origine tettonica modellati dall’erosione
fluviale ed una complessa idrografia superficiale. Il territorio è occupato da estesi boschi di faggio e di
roverella, orno-ostrieti, vegetazione ripariale con Salix purpurea e Salix eleagnos e nuclei di carpino bianco.
La diversità morfologica dell'unità ambientale determina una notevole ricchezza di habitat e la presenza di
zoocenosi con entità rare, endemiche e in pericolo di estinzione, a testimonianza della diversificazione delle
unità ecosistemiche e della complessità del sito. Oltre al valore naturalistico-scientifico, assicurato dalla
presenza di numerose specie di uccelli e di mammiferi, l'altro pregio intrinseco della ZPS è determinato dal
valore scenico, culturale ed estetico dell’area.
Il sito presenta qualche forma di pressione antropica da "disturbo", ma le "ferite" inferte all'ambiente
risultano trascurabili.
Tipi di HABITAT presenti nel sito elencati nell’Allegato I della Direttiva 92/43/CEE:
6210 Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-
Brometalia) (* stupenda fioritura di orchidee)
9210 * Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex
6220 * Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero- Brachypodietea
5210 Matorral arborescenti di Juniperus spp.
6110 * Formazioni erbose calcicole rupicole o basofile dell'Alysso-Sedion albi
4070 *Boscaglie di Pinus mugo e Rhododendron hirsutum (Mugo-Rhododendretum hirsuti);
3240 Fiumi alpini con vegetazione riparia legnosa a Salix eleagnos
8130 Ghiaioni del Mediterraneo occidentale e termofili
8210 Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica
9340 Foreste di Quercus ilex et Quercus rotundifolia
6230 * Formazioni erbose a Nardus, ricche di specie, su substrato siliceo delle zone montane (e delle zone
submontane dell'Europa continentale)
3280 Fiumi mediterranei a flusso permanente con il Paspalo-Agrostidion e con filari ripari di Salix e Populus
alba
9180 *Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion
4060 Lande alpine e boreali
8310 Grotte non ancora sfruttate a livello turistico
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9530 *Pinete (sub-)mediterranee di pini neri endemici
6510 Praterie magre da fieno a bassa altitudine (Alopecurus pratensis, Sanguisorba officinalis)
8160 * Ghiaioni dell'Europa centrale calcarei di collina e montagna
8240 * Pavimenti calcarei
8120 Ghiaioni calcarei e scisto-calcarei montani e alpini (Thlaspietea rotundifolii)
5130 Formazioni a Juniperus communis su lande o prati calcicoli
Specie di cui all'Articolo 4 della Direttiva 79/409/CEE ed elencate nell'Allegato II della Direttiva 92/43/CEE
UCCELLI migratori abituali non elencati dell'Allegato I della Direttiva 79/409/CEE
A321 Ficedula albicollis
A239 Dendrocopos leucotos
A072 Pernis apivorus
A091 Aquila chrysaetos
A412 Alectoris graeca saxatilis
A103 Falco peregrinus
A346 Pyrrhocorax pyrrhocorax
A215 Bubo bubo
A224 Caprimulgus europaeus
A338 Lanius collurio
A246 Lullula arborea
A255 Anthus campestris
A139 Charadrius morinellus
A379 Emberiza hortulana
A101 Falco biarmicus
UCCELLI migratori abituali non elencati nell'Allegato I della Direttiva 79/409/CEE
A280 Monticola saxatilis
A333 Tichodroma muraria
A358 Montifringilla nivalis
A267 Prunella collaris
MAMMIFERI elencati nell'Allegato II della Direttiva 92/43/CEE
1355 Lutra lutra
1374 Rupycapra ornata
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1352 Canis lupus
1354 Ursus arctos
1304 Rhinolophus ferrumequinum
1303 Rhinolophus hipposideros
1307 Myotis blythii
1310 Miniopterus schreibersi
ANFIBI E RETTILI elencati nell'Allegato II della Direttiva 92/43/CEE
1279 Elaphe quatuorlineata
1175 Salamandrina terdigitata
1193 Bombina variegata
1167 Triturus carnifex
1298 Vipera ursinii
PESCI elencati nell'Allegato II della Direttiva 92/43/CEE
1108 Salmo macrostigma
1137 Barbus plebejus
1136 Rutilus rubilio
INVERTEBRATI elencati nell'Allegato II Direttiva 92/43/CEE
1092 Austropotamobius pallipes
1062 Melanargia arge
1087 Rosalia alpina
PIANTE elencate nell'Allegato II della Direttiva 92/43/CEE
1479 Adonis distorta
1630 Androsace mathildae
1902 Cypripedium calceolus
ALTRE SPECIE IMPORTANTI DI FLORA E FAUNA
Anthocharis euphenoides
Artemisia petrosa
Brenthis hecate
Callimorpha dominula
Ceutorhynchus epaticus
Ceutorhynchus osellai
Chionomys nivalis
Coenonympha tullia
Decticus verrucivorus
Erebia pluto
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Felis silvestris
Hipparchia semele appenninigera
Hystrix cristata
Ischnopterapion cognatum
Italopodisma costai
Lepidapion argentatum
Licinus italicus
Limenitis populi
Maculinea alcon
Mannerheimia aprutiana
Melitaea trivia
Mogulones venedicus
Mylabris flexuosa
Nordmannia acaciae
Otiorhynchus binaghii
Otiorhynchus duinensis
Otiorhynchus sirentensis
Pandoriana pandora
Parnassius apollo
Parnassius mnemosyne
Pieris ergane
Potamonectes sansi
Pseudocleonus italicus
Pseudorhinus impressicollis peninsu
Rana italica
Ronchus abditus
Speleomantes italicus
Synapion falzonii
Trachysoma alpinum italocentralis
Triturus italicus
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SIC MAIELLA
Codice sito: IT7140203
Localizzazione: Long. E 14° 32’ 37’’; Lat. N 42° 5’ 29’’ (Greenwich)
Superficie: 361,19 km2
Comuni interessati: Serramonacesca, San Valentino in Abruzzo Citeriore, Bolognano, Pretoro, Rapino,
Abbateggio, Guardiagrele, Roccamorice, Tocco da Casauria, Caramanico Terme, Popoli, Pennapiedimonte,
Salle, Corfinio, Palombaro, Roccacasale, Sant’Eufemia a Majella, Pratola Peligna, Fara San Martino,
Sulmona, Civitella Messer Raimondo, Pacentro, Lama dei Peligni, Taranta Peligna, Palena, Lettopalena,
Campo di Giove.
Range altitudinale: 260-2793m s.l.m.
Regione biogeografia: Alpina
Descrizione: la caratterizzazione morfologica del sito è estremamente varia, per la presenza di ghiaioni,
pareti calcaree, balze rocciose, cavità carsiche, profondi valloni di origine tettonica modellati dall’erosione
fluviale ed una complessa idrografia superficiale. I boschi di faggio e di roverella occupano grandi superfici,
unitamente ai boschi di carpino nero, alla vegetazione ripariale con Salix purpurea e Salix eleagnos e ai
nuclei di carpino bianco.
L’elevata naturalità e l’eccellente qualità ambientale si riflette nella ricchezza di habitat per la presenza di
zoocenosi con entità rare, endemiche e in pericolo di estinzione, a testimonianza della diversificazione delle
unità ecosistemiche e della complessità del sito. Alta la connettività strutturale e funzionale del sistema
idrico come pure è alto il valore scenico e culturale per la presenza di eremi e di grotte abitate dall'uomo in
epoche passate. Il sito non presenta gravi manomissioni causate segni dall’impatto antropico, fatta
eccezione per qualche area dove si riscontrano evidenti fenomeni di degrado del suolo imputabili a
sovrappascolo e fenomeni di degrado del bosco causati da eccessive utilizzazioni forestali avvenute in
passato (notevole presenza di boschi cedui).
Tipi di HABITAT presenti nel sito elencati nell’Allegato I della Direttiva 92/43/CEE:
9210 * Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex
6210 Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-
Brometalia) (* stupendafioritura di orchidee)
8210 Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica
4070 *Boscaglie di Pinus mugo e Rhododendron hirsutum (Mugo-Rhododendretum hirsuti);
6170 Formazioni erbose calcicole alpine e subalpine
8240 * Pavimenti calcarei
5210 Matorral arborescenti di Juniperus spp.
5130 Formazioni a Juniperus communis su lande o prati calcicoli
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8130 Ghiaioni del Mediterraneo occidentale e termofili
8160 * Ghiaioni dell'Europa centrale calcarei di collina e montagna
6220 * Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero- Brachypodietea
9340 Foreste di Quercus ilex et Quercus rotundifolia
3270 Fiumi con argini melmosi con vegetazione del Chenopodion rubri p.p. e Bidention p.p.
9240 Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba
8120 Ghiaioni calcarei e scisto-calcarei montani e alpini (Thlaspietea rotundifolii)
3240 Fiumi alpini con vegetazione riparia legnosa a Salix eleagnos
3150 Laghi eutrofici naturali con vegetazione del Magnopotamion o Hydrocharition
4060 Lande alpine e boreali
7220 *Sorgenti petrificanti con formazione di travertino (Cratoneurion)
3140 Acque oligomesotrofe calcaree con vegetazione bentica di Chara spp.
6230 * Formazioni erbose a Nardus, ricche di specie, su substrato siliceo delle zone montane (e delle zone
submontane dell'Europa continentale)
3280 Fiumi mediterranei a flusso permanente con il Paspalo-Agrostidion e con filari ripari di Salix e Populus
alba
9180 *Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion
6110 * Formazioni erbose calcicole rupicole o basofile dell'Alysso-Sedion albi
9530 *Pinete (sub-)mediterranee di pini neri endemici
3170 *Stagni temporanei mediterranei
3220 Fiumi alpini con vegetazione riparia erbacea
8310 Grotte non ancora sfruttate a livello turistico
Specie di cui all'Articolo 4 della Direttiva 79/409/CEE ed elencate nell'Allegato II della Direttiva 92/43/CEE
e relativa valutazione del sito in relazione alle stesse
UCCELLI migratori abituali non elencati dell'Allegato I della Direttiva 79/409/CEE
A073 Milvus migrans
A321 Ficedula albicollis
A239 Dendrocopos leucotos
A072 Pernis apivorus
A091 Aquila chrysaetos
A412 Alectoris graeca saxatilis
A103 Falco peregrinus
A346 Pyrrhocorax pyrrhocorax
17
A215 Bubo bubo
A224 Caprimulgus europaeus
A338 Lanius collurio
A246 Lullula arborea
A255 Anthus campestris
A139 Charadrius morinellus
A379 Emberiza hortulana
A101 Falco biarmicus
UCCELLI migratori abituali non elencati nell'Allegato I della Direttiva 79/409/CEE
A280 Monticola saxatilis
A228 Apus melba
A357 Petronia petronia
A281 Monticala solitarius
A282 Turdus torquatus
A333 Tichodroma muraria
A358 Montifringilla nivalis
MAMMIFERI elencati nell'Allegato II della Direttiva 92/43/CEE
1374 Rupycapra ornata
1352 Canis lupus
1354 Ursus arctos
1304 Rhinolophus ferrumequinum
1303 Rhinolophus hipposideros
1307 Myotis blythii
1310 Miniopterus schreibersi
ANFIBI E RETTILI elencati nell'Allegato II della Direttiva 92/43/CEE
1279 Elaphe quatuorlineata
1175 Salamandrina terdigitata
1193 Bombina variegata
1167 Triturus carnifex
PESCI elencati nell'Allegato II della Direttiva 92/43/CEE
1108 Salmo macrostigma
18
1137 Barbus plebejus
1136 Rutilus rubilio
INVERTEBRATI elencati nell'Allegato II Direttiva 92/43/CEE
1092 Austropotamobius pallipes
1062 Melanargia arge
1084 Osmoderma eremita
PIANTE elencate nell'Allegato II della Direttiva 92/43/CEE
1479 Adonis distorta
1630 Androsace mathildae
1902 Cypripedium calceolus
ALTRE SPECIE IMPORTANTI DI FLORA E FAUNA
Acer campestris marsicum
Acer lobelia
Achillea barrelieri
Allium moschatum
Allium saxatile
Alyssum cuneifolium
Amara samnitica
Androsacea vitalina
praetutiana
Anthemis montana
Anthocharis euphenoides
Anthophagus alpestris
Aquilegia magellensis
Artemisia eriantha
Asphodeline liburnica
Asphodelus aestivus
Astragalus australis
Athamanta sicula
Aubrieta columnae ssp.
columnae
Aurinia rupestris
Aurinia sinuata
Ballota hispanica
Betula pendula
Biarum tenuifolium
Brachyptera pasquinii
Brassica gravinae
Brenthis daphne
Brenthis hecate
Calathus fracasii
Calicotome infesta
Callimorpha dominula
Campanula fragilis ssp.
cavolinii
Carex capillaris ssp. capillaris
Carex flacca praetutiana
Carex fusca
Carex lepidocarpa
Centaurea rupestris ssp.
ceratophylla
Centaurea tenoreana
Cerastium thomasii
Ceutorhynchus epaticus
Ceutorhynchus osellai
Chionomys nivalis
Choleva leucophthalma
Cirsium creticum
Coenonympha tullia
Corallorhiza trifida
Coronilla valentina valentina
Cymbalaria pallida
Daphne sericea
Decticus verrocivorus
Dichotrachelus variegatus
Dicranolasma ketthyae
Dilta concolor
Edraianthus graminifolius
apenninus
Enallagma cyathigerum
Epipactis palustris
Epipogium aphyllum
Erebia cassioides
Erebia pluto
19
Euchalcia italica
Eusimulium marrucinum
Felis silvestris
Filago pygmaea
Fraxinus angustifolia ssp.
oxycarpa
Gagea granatellii
Gentiana magellensis
Hemaris tiryus
Hipparchia semele
appenninigera
Hystrix cristata
Isatis allionii ball
Ischnopterapion cognatum
Juniperus sabina.
Jurinea mollis
Laemostenus magellensis
Lathyrus odoratus
Lavandula angustifolia ssp.
angustifolia
Leontopodium nivale
Lepidapion argentatum
Licinus italicus
Ligusticum lucidum ssp.
cuneifolium
Lilium bulbiferum var.
croceum
Lilium martagon
Limenitis populi
Lonicera nigra
Luperus fiorii
Maculinea alcon
Malcolmia orsiniana
Mannhereimia aprutiana
Medicago secundiflora
Melanargia russiae
Melitaea trivia
Mogulones venedicus
Moneses uniflora
Mylabris flexuosa
Nordmannia acaciae
Ononis cristata
Ophrys carbonifera
Ophrys lutea
Ophrys promontorii
Ophrys scolopax
Ophrys tenthredinifera
Orlaya daucorlaya murb.
Otiorhynchus binaghii
Otiorhynchus cribrirostris
Otiorhynchus duinensis
Otiorhynchus sirentensis
Oxytropis caputoi
Paeonia officinalis ssp. villosa
Paeonia peregrina
Pandoriana pandora
Papaver degeni
Papaver ernesti-mayeri
Parameira peritelina
Parnassia palustris
Parnassius apollo
Parnassius mnemosyne
Percus dejeani
Phrissotrichum brevipilis
Phrissotrichum osellai
Pieris ergane
Pinguicula fiorii
Pinguicula longifolia
Pinus mugo
Pinus nigra ssp. laricio
Potamonectes sansi
Potentilla apennina
Prosimulium tomosvarii
Pseudocleonus italicus
Pseudorchis albida
Pseudorhinus impressicollis
Pyrola chlorantha
Rana italica
Ranunculus magellensis
Ranunculus seguieri
Ronchus abditus
Salix apennina
Salix breviserrata
Saponaria bellidifolia sm.
Saxifraga callosa australis
Saxifraga exarata ampullacea
Saxifraga glabella
Saxifraga italica
Saxifraga porophylla
porophylla
Saxifraga sedoides
Scutellaria alpina
Seseli tommasinii
Silene parnassica parnassica
Simulium paramorsitans
Soldanella minima samnitica
Speleomantes italicus
Synapion falzonii
Taraxacum glaciale
Thalictrum foetidum
Trechus italicus
Trinus alpinus
Trisetum bertolonii
Triturus italicus
Typha minima
21
10. INTERFERENZE SULLE COMPONENTI ABIOTICHE
Non sono previsti impatti sulla stabilità e sulla natura dei suoli. Non è altresì previsto alcun
intervento che possa arrecare inquinamento, anche temporaneo, delle falde, dei corpi idrici e del
sistema idrogeologico generale. E’ ipotizzabile solo un generico e trascurabile inquinamento
dell’aria, dovuto agli automezzi utilizzati per raggiungere le zone di prelievo.
11. INTERFERENZE SULLE COMPONENTI BIOTICHE E
CONNESSIONI ECOLOGICHE
Le attività riportate nel Piano di Gestione del Cinghiale sono discendenti, e dunque coerenti, al
Piano per il Parco del Parco Nazionale della Majella, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 12 della
Legge 6 Dicembre 1991, n. 394, approvato con Delibera del Consiglio Regionale n. 122/2 del
30/12/2008 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 164, S. O. 119, del
17/07/2009. Tale Piano è stato approvato anche previa Valutazione di Incidenza che comprendeva
una valutazione su ogni aspetto del Piano stesso. Relativamente all’oggetto del presente Piano di
Gestione del Cinghiale, si riporta quanto di seguito: “Gli eventuali piani di prelievo degli ungulati,
che sono programmati anche sulla base delle esigenze di mitigazione dei conflitti con le
popolazioni locali, possono avere incidenza significativa su specie prioritarie dipendenti dal punto
di vista trofico dalle specie oggetto del prelievo. L’azione tuttavia non sarà incidente perché tutti i
piani di prelievo sono sempre strutturati sulla base di attente analisi preliminari tese ad evitare
l’alterazione delle dinamiche di popolazione e soprattutto dell’equilibrio trofico dei carnivori
protetti”.
Come si è già introdotto, il possibile impatto esercitato da tali attività origina, almeno in via
potenziale, con le attività connesse alla cattura o all’abbattimento degli animali. Per quanto molto
limitate in termini quantitativi, spaziali e temporali, sono quattro le categorie di attività che si
possono in tal senso contemplare:
1. disturbo dovuto alle persone e agli automezzi impiegati durante l’attività di
organizzazione delle catture e degli abbattimenti selettivi;
2. impianto di strutture temporanee quali altane e chiusini;
22
3. disturbo dovuto alla attività di sparo legate agli abbattimenti selettivi e all’eventuale
recupero di animali feriti con cani da traccia;
4. rimozione di un numero di cinghiali tale da comportare una significativa diminuzione
della disponibilità trofica per il Lupo e/o per l’orso in qualità di necrofago.
Per le prime due l’impatto, diretto e indiretto, è assolutamente trascurabile, in quanto:
- per ciascuna giornata di intervento di controllo sono impiegati mediamente 10 operatori
per i chiusini e 20 operatori per gli abbattimenti selettivi;
- è prevista un’attivazione a settimana per le catture con chiusini e un’attivazione a
settimana per gli abbattimenti selettivi, solo nei periodi di controllo indicati dal piano;
- i mezzi di trasporto si limitano a quelli di servizio (max 5 automezzi fuoristrada, 1 camion
frigo, 1 camion trasporto animali) per ciascuna attivazione;
- nelle aree di gestione riportate in cartografia, si lavora mediamente con 5-6 chiusini e 12-
15 siti di appostamento: le altane, tuttavia, sebbene mobili in ogni caso, sono collocate
solo in 3-4 siti idonei, e comunque sempre a margine di strade o all’interno di campi
coltivati.
Per quello che riguarda, invece, il terzo e quarto punto, si dirà in maniera specifica nella parte
relativa alle singole specie potenzialmente interessate da tali impatti.
Rispetto alle azioni previste dal Piano di Gestione e alle interazioni specifiche con habitat e specie
di interesse comunitario, si rappresenta quanto segue.
- SIC IT7140203 “Maiella”
-
Tipi di HABITAT presenti nel sito
Tutti gli interventi di prelievo dei cinghiali, sia con chiusini che mediante abbattimenti selettivi, saranno
eseguiti in zona C (area di protezione) e all’interno di aree agricole o incolti. Gli habitat parzialmente
interessati dagli interventi sono:
6210 Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-
Brometalia) (* stupendafioritura di orchidee)
23
5130 Formazioni a Juniperus communis su lande o prati calcicoli
8130 Ghiaioni del Mediterraneo occidentale e termofili
8160 * Ghiaioni dell'Europa centrale calcarei di collina e montagna
9340 Foreste di Quercus ilex et Quercus rotundifolia
6230 * Formazioni erbose a Nardus, ricche di specie, su substrato siliceo delle zone montane (e delle zone
submontane dell'Europa continentale)
Le attività in nessun modo potranno avere un impatto negativo sugli habitat presenti nel SIC
SPECIE di cui all'Articolo 4 della Direttiva 79/409/CEE e elencate nell'Allegato II della Direttiva 92/43/CEE
Nel sito SIC sono presenti le seguenti specie vegetali dell’allegato II: 1902 Cypripedium calceolus
(prioritaria), 1479 Adonis distorta e 1630 Androsace mathildae.
Nel sito SIC sono inoltre presenti le seguenti specie vegetali ed animali elencate nel campo “Altre specie
importanti di flora e fauna”:
Acer campestris marsicum
Acer lobelia
Achillea barrelieri
Allium moschatum
Allium saxatile
Alyssum cuneifolium
Amara samnitica
Androsacea vitalina
praetutiana
Anthemis montana
Anthocharis euphenoides
Anthophagus alpestris
Aquilegia magellensis
Artemisia eriantha
Asphodeline liburnica
Asphodelus aestivus
Astragalus australis
Athamanta sicula
Aubrieta columnae ssp.
columnae
Aurinia rupestris
Aurinia sinuata
Ballota hispanica
Betula pendula
Biarum tenuifolium
Brachyptera pasquinii
Brassica gravinae
Brenthis daphne
Brenthis hecate
Calathus fracasii
24
Calicotome infesta
Callimorpha dominula
Campanula fragilis ssp.
cavolinii
Carex capillaris ssp. capillaris
Carex flacca praetutiana
Carex fusca
Carex lepidocarpa
Centaurea rupestris ssp.
ceratophylla
Centaurea tenoreana
Cerastium thomasii
Ceutorhynchus epaticus
Ceutorhynchus osellai
Chionomys nivalis
Choleva leucophthalma
Cirsium creticum
Coenonympha tullia
Corallorhiza trifida
Coronilla valentina valentina
Cymbalaria pallida
Daphne sericea
Decticus verrocivorus
Dichotrachelus variegatus
Dicranolasma ketthyae
Dilta concolor
Edraianthus graminifolius
apenninus
Enallagma cyathigerum
Epipactis palustris
Epipogium aphyllum
Erebia cassioides
Erebia pluto
Euchalcia italica
Eusimulium marrucinum
Felis silvestris
Filago pygmaea
Fraxinus angustifolia ssp.
oxycarpa
Gagea granatellii
Gentiana magellensis
Hemaris tiryus
Hipparchia semele
appenninigera
Hystrix cristata
Isatis allionii ball
Ischnopterapion cognatum
Juniperus sabina.
Jurinea mollis
Laemostenus magellensis
Lathyrus odoratus
Lavandula angustifolia ssp.
angustifolia
Leontopodium nivale
Lepidapion argentatum
Licinus italicus
Ligusticum lucidum ssp.
cuneifolium
Lilium bulbiferum var.
croceum
Lilium martagon
Limenitis populi
Lonicera nigra
Luperus fiorii
Maculinea alcon
Malcolmia orsiniana
Mannhereimia aprutiana
Medicago secundiflora
Melanargia russiae
Melitaea trivia
Mogulones venedicus
Moneses uniflora
Mylabris flexuosa
Nordmannia acaciae
25
Ononis cristata
Ophrys carbonifera
Ophrys lutea
Ophrys promontorii
Ophrys scolopax
Ophrys tenthredinifera
Orlaya daucorlaya murb.
Otiorhynchus binaghii
Otiorhynchus cribrirostris
Otiorhynchus duinensis
Otiorhynchus sirentensis
Oxytropis caputoi
Paeonia officinalis ssp. villosa
Paeonia peregrina
Pandoriana pandora
Papaver degeni
Papaver ernesti-mayeri
Parameira peritelina
Parnassia palustris
Parnassius apollo
Parnassius mnemosyne
Percus dejeani
Phrissotrichum brevipilis
Phrissotrichum osellai
Pieris ergane
Pinguicula fiorii
Pinguicula longifolia
Pinus mugo
Pinus nigra ssp. laricio
Potamonectes sansi
Potentilla apennina
Prosimulium tomosvarii
Pseudocleonus italicus
Pseudorchis albida
Pseudorhinus impressicollis
Pyrola chlorantha
Rana italica
Ranunculus magellensis
Ranunculus seguieri
Ronchus abditus
Salix apennina
Salix breviserrata
Saponaria bellidifolia sm.
Saxifraga callosa australis
Saxifraga exarata ampullacea
Saxifraga glabella
Saxifraga italica
Saxifraga porophylla
porophylla
Saxifraga sedoides
Scutellaria alpina
Seseli tommasinii
Silene parnassica parnassica
Simulium paramorsitans
Soldanella minima samnitica
Speleomantes italicus
Synapion falzonii
Taraxacum glaciale
Thalictrum foetidum
Trechus italicus
Trinus alpinus
Trisetum bertolonii
Triturus italicus
Typha minima
Vaccinium myrtillus
Valantia hispida
Valeriana saliunca
Viola magellensis
Ziziphora capitata
26
L’Istrice ed il Gatto selvatico sono entrambe presenti nelle aree in cui dovrebbero essere effettuati gli
abbattimenti selettivi. La limitatezza temporale e spaziale degli interventi previsti unitamente alla
etologia di entrambe le specie, tra l’altro prevalentemente notturne, rendono l’impatto determinato dal
disturbo estremamente limitato.
Le attività previste dal Piano in nessun modo potranno avere un impatto negativo sulle specie vegetali e
sulle restanti specie animali su elencate presenti nel SIC.
UCCELLI migratori abituali elencati nell'Allegato I della Direttiva 79/409/CEE
A073 Milvus migrans
Specie migratrice e nidificante in Abruzzo, maggiormente nei settori meridionali della regione a sud del
fiume Sangro, popola aree caratterizzate da elevata eterogeneità ambientale, spesso lungo corsi d’acqua di
dimensione medio-grande, dove ricerca prevalentemente carcasse o piccoli vertebrati di cui si nutre. La
presenza del Nibbio bruno nel territorio del Parco Nazionale della Majella è pertanto prevalentemente
limitata al periodo migratorio, con pochissime coppie riproduttive.
La specie non nidifica nell’area dove saranno effettuati gli abbattimenti selettivi quindi sono da
escludere disturbi significativi derivanti dalle attività e l’utilizzo di munizioni atossiche annulla anche il
rischio di contaminazione per questa specie con spiccate propensioni alla necrofagia
Nessuna incidenza relativamente alle azioni previste dal Piano.
A239 Dendrocopos leucotos
Il Picchio dorsobianco è diffuso nell’Appennino Centrale e nel Gargano, dove risulta essere strettamente
legato alle faggete mature. Nel Parco Nazionale della Majella è presente in modo localizzato nelle
formazioni forestali del settore meridionale. La specie è in calo demografico in tutto il suo areale di
distribuzione in seguito ai prelievi intensivi delle risorse forestali.
La specie non nidifica nell’aree dove saranno effettuati gli abbattimenti selettivi quindi sono da
escludere disturbi significativi derivanti dalle attività
Nessuna incidenza relativamente alle azioni previste dal Piano.
A321 Ficedula albicollis
27
La Balia dal collare, specie legata ad ambienti forestali integri e maturi, nel Parco sono presenti diverse
coppie localizzate nella fascia boscosa montana in particolare nel settore meridionale dei Monti Pizzi,
Monte Pizzalto, Monte Porrara.
La specie non nidifica nell’aree dove saranno effettuati gli abbattimenti selettivi quindi sono da
escludere disturbi significativi derivanti dalle attività previste dal Piano.
Nessuna incidenza relativamente alle azioni previste dal Piano.
A072 Pernis apivorus
Il Falco pecchiaiolo è un rapace migratore che torna per nidificare in Italia nel periodo primaverile e che
presenta una distribuzione discontinua sia nella parte continentale che peninsulare. Nel territorio del Parco
sono presenti 5-10 coppie distribuite irregolarmente in diversi settori da quello meridionale a quello
settentrionale. La specie nidifica su alberi, all’interno generalmente di aree boscose, più raramente su
singoli alberi isolati in aree con alternanza tra radure e aree boscose.
La specie è presente come nidificante anche in alcune aree che saranno oggetto di abbattimenti selettivi.
Le aree in cui dovranno essere fatti gli abbattimenti verranno sottoposte a monitoraggio all’inizio di ogni
stagione riproduttive e nei casi in cui dovesse riscontrarsi la presenza di un nido o anche di un territorio
riproduttivo, questa area non verrà utilizzata e verrà sostituita da un’altra o verrà utilizzata solo al
termine della stagione riproduttiva. L’eventuale disturbo durante il periodo riproduttivo verrà eliminato
dal monitoraggio effettuato e dal conseguente non utilizzo dell’area e in questo modo sarà possibile
avere nessuna incidenza relativamente alle azioni previste dal Piano.
A091 Aquila chrysaetos
Rapace diffuso in modo continuo sull’Appennino centrale e che proprio in Abruzzo vede presente il
contingente nidificante più numeroso tra le Regioni appenniniche, al quale il territorio del Parco
contribuisce in modo significativo con la presenza di almeno 6 coppie territoriali e 4 che si riproducono
regolarmente.
I siti riproduttivi di questa specie sono molto distanti dalle aree in cui verranno effettuati gli abbattimenti
selettivi e anche i territori di caccia di queste coppie non si estendo nelle aree di media basse quote con
una elevato livello di antropizzazione in cui verranno effettuati gli abbattimenti selettivi. Anche la
presenza di giovani di aquila reale in dispersione è molto rara ed occasionale nelle aree interessate dal
Piano, sia la bassa idoneità ambientale per la specie che per il livello di antropizzazione del territorio. In
ogni modo l’immediata rimozione dei pacchetti intestinali dei cinghiali abbattuti ed eviscerati eviterà
28
fenomeni di alimentazione artificiale ed abituazione che possano essere lesivi della tutela degli individui
eventualmente presenti in zona.
Nessuna incidenza relativamente alle azioni previste dal Piano.
A412 Alectoris graeca saxatilis
La Specie, a rischio in gran parte d’Europa, ha mostrato un incisivo incremento demografico nell’Appennino
centrale in seguito all’istituzione di numerose aree protette. Nel Parco della Majella, sulla base di un
apposito studio effettuato dall’Ente, la distribuzione risulta continua in buona parte del territorio (è infatti
totalmente assente solo nel comprensorio dei Monti Pizzi-Secine) con una popolazione nidificante stimata
di circa 700 coppie. Inoltre, sono state individuate 25 aree di svernamento distribuite in una fascia
altitudinale compresa tra i 500 ed i 2100 m s.l.m.
Le aree in cui verranno effettuati gli abbattimenti selettivi sono totalmente al di fuori sia dei territori di
nidificazione che di svernamento della specie.
Nessuna incidenza relativamente alle azioni previste dal Piano.
A101 Falco biarmicus
Falcone presente in modo localizzato nell’Appennino abruzzese dove nidifica in siti posti a quote inferiori ai
1000 m di e frequenta zone aperte a morfologia prevalentemente pianeggiante. Nel territorio del Parco
sono noti 3-4 siti riproduttivi, dei circa 12-15 conosciuti per tutto il territorio regionale. Negli ultimi anni la
specie in Abruzzo ha mostrato un trend nettamente negativo con la scomparsa di molte delle coppie
riproduttive, che in numerosi casi sono state sostituite dal Falco pellegrino.
Dei 3-4 siti del PNM uno è localizzato in un area non distante da alcune zone che verranno utilizzate per gli
abbattimenti riproduttivi. La specie non nidifica più nell’area da diversi anni ma sono stati osservati
comunque degli individui adulti e quindi il sito viene comunque considerato, per il principio di precauzione,
come ancora occupato.
Un impatto potenziale è il disturbo durante il periodo riproduttivo determinato dagli spari nel caso in cui
le aree per gli abbattimenti siano prossime alle pareti di nidificazione. La specie nidifica su pareti
rocciose che nell’area sono generalmente situate in zone molto impervie ed inaccessibili, anche se a
distanze limitate dalle aree agricole ed urbane. In ogni modo nella scelte puntuale delle aree in cui
effettuare gli abbattimenti verranno evitate le aree poste a meno di 1 km dai possibili siti riproduttivi.
29
Con le precauzione su citate è ragionevole che non ci sarà nessuna incidenza relativamente alle azioni
previste dal Piano.
A103 Falco peregrinus
Specie ad ampia distribuzione sul territorio nazionale, presente in Abruzzo con un contingente rilevante.
Nel Parco Nazionale della Majella, la specie ha mostrato (come nel resto dell’areale nazionale) negli ultimi
decenni un incremento con la colonizzazione di nuovi siti e l’occupazione di siti di nidificazione del Lanario.
Nel settore del Parco individuato come idoneo ad effettuare abbattimenti selettivi sono presenti due siti
riproduttivi di questa specie. Per annullare ogni possibile impatto delle attività del piano verranno
utilizzate le stesse precauzioni descritte per il Lanario.
A346 Pyrrhocorax pyrrhocorax
Nonostante la specie abbia subito un trend negativo su gran parte del suo areale di distribuzione, nel
territorio del Parco è stato registrato un trend stabile o in leggero incremento della stessa, con oltre 220
coppie nidifcanti. Il Gracchio corallino è legato agli ambienti rupestri per la nidificazione ed ai pascoli per
l’approvvigionamento trofico.
Durante il periodo invernale la specie è solita abbassarsi di quota frequentando, anche alcune delle aree
in cui verranno effettuati gli abbattimenti selettivi. In questo caso le attività di sparo connesse agli
abbattimenti di cinghiale potrebbero determinare un disturbo durante la fase di approvvigionamento
trofico. La frequentazione di queste aree da parte del Gracchio corallino durante il solo periodo invernale
elimina di fatto questa possibilità di interferenza.
Nessuna incidenza relativamente alle azioni previste dal Piano.
A215 Bubo bubo
La specie è attualmente in forte diminuzione demografica nell’Appennino e a rischio di estinzione a livello
locale. In Abruzzo è estremamente localizzata e attualmente nota solo per alcune aree del Parco Regionale
Sirente Velino. Nel Parco non è più nota la presenza di coppie riproduttive da oltre 20 anni.
30
La specie nidifica in aree rocciose e quindi il potenziale disturbo ad eventuali coppie riproduttive presenti
ma non note viene di fatto eliminato dalle stesse precauzioni utilizzate per il Falco pellegrino ed il
Lanario.
A224 Caprimulgus europaeus
Specie migratrice e nidificante nel territorio del Parco, dove predilige generalmente la fascia pedemontana
nella quale nidifica a terra, in zone aride e con scarsa vegetazione arbustiva, nelle radure od ai margini di
aree boscate, nei cedui a roverella, nei rimboschimenti diradati a pino nero.
A338 Lanius collurio
L’Averla piccola costituisce una specie migratrice e nidificante nel Parco ad ampia distribuzione, dove
frequenta aree aperte con copertura arbustiva rada, mosaici vegetazionali di pascoli e cespuglieti con
scarsa copertura arborea.
A246 Lullula arborea
Per questa specie, presente in modo stanziale nel Parco in ambienti eterogenei costituiti da pascoli ed aree
cespugliate, valgono le stesse valutazioni svolte su Lanius collurio.
A255 Anthus campestris
Specie presente come nidificante nei prati e pascoli d’alta e media quota del Parco, estremamente comune
nell’area appenninica, dove si rinviene nelle praterie d’altitudine con pietre affioranti.
A379 Emberiza hortulana
Per questa specie, presente in modo localizzato nel Parco in ambienti eterogenei, costituiti da pascoli ed
aree cespugliate, valgono le stesse valutazioni compiute su Lanius collurio.
Per tutto questo gruppo di specie, che condividono in parte le stesse tipologie ambientali e che sono
distribuite anche nelle aree in cui dovrebbero essere effettuati gli abbattimenti selettivi, il disturbo
prodotto dalle attività connesse va considerato irrilevante a causa della limitata distribuzione e
frequenza temporale degli spari.
Nessuna incidenza relativamente alle azioni previste dal Piano.
31
A139 Charadrius morinellus
Il Piviere tortolino è sicuramente una delle entità faunistiche che maggiormente caratterizza il territorio del
Parco Nazionale della Majella. Il nucleo che irregolarmente si è riprodotto sugli altipiani posti alle quote più
elevate del Parco è uno dei più meridionali tra quelli presenti nella porzione disgiunta del suo areale di
distribuzione Paleartico ed è stato quello più consistente (fino a 10 coppie) in Italia. Negli ultimi anni,
nell’ambito delle attività di monitoraggio sistematico condotte dall’Ente sulla specie, non è stata più
accertata la sua nidificazione ma solo la presenza consistente di contingenti migratori.
La specie non frequenta e non utilizzate le aree dove sono previste le attività del Piano e di conseguenza
non è possibile nessuna incidenza relativamente alle azioni previste dallo stesso.
UCCELLI migratori abituali non elencati nell'Allegato I della Direttiva 79/409/CEE
A280 Monticola saxatilis
Specie migratrice e nidificante nel Parco Nazionale della Majella, dove frequenta ambienti aperti con un
buon grado di rocciosità nelle medie ed alte quote. Non risulta particolarmente minacciata dalle attività
antropiche.
Nessuna incidenza relativamente alle azioni previste dal Piano.
A228 Apus melba
Migratore regolare e nidificante in Appennino, all’interno del Sic Majella nidifica regolarmente nella Valle di
S. Spirito, Valle del Fossato, Valle dell’Avello, Valle dell’Orta e dell’Orfento. La specie si riproduce in colonie
nella Valle dell’Orta nelle pareti rocciose presenti al suo interno.
Per quello che riguarda il disturbo durante il periodo di nidificazione valgono le considerazioni fatte per
Lanario e Falco pellegrino.
Nessuna incidenza relativamente alle azioni previste dal Piano.
A357 Petronia petronia
32
La Passera lagia, che ha il suo ambiente naturale nelle piccole formazioni rocciose inserite in mosaici
ambientali eterogenei, risulta secondariamente legata per la nidificazione alle infrastrutture realizzate
dall’uomo e pertanto anche nel territorio del Parco è localizzata presso diversi centri abitati dove si
riproduce all’interno dei centri storici o in infrastrutture abbandonate.
Nessuna incidenza relativamente alle azioni previste dal Piano.
A281 Monticola solitarius
In modo del tutto analogo a Petronia petronia il Passero solitario ha le stesse esigenze ecologiche e quindi
valgono le stesse considerazioni indicate per la Passera lagia relativamente alla non sussistenza di impatti.
Nessuna incidenza relativamente alle azioni previste dal Piano.
A282 Turdus torquatus
Nell’area del SIC Majella, il Merlo dal collare è presente come nidificante nelle formazioni arbustive a
dominanza di pino mugo presenti su Monte d’Ugni, sulla Majelletta e sui versanti occidentali dei rilievi
centro-settentrionali del massiccio. Tutte queste zone ricadono interamente nella zona A del Parco.
Anche durante la fase di svernamento la specie rimane a quote elevate, in aree montane coinidenti con
la presenza della Faggeta, e quindi non è mai presente all’interno delle aree dove si realizzeranno le
attività previste dal Piano e di conseguenza non è prevista nessuna incidenza relativamente alle azioni
dallo stesso previste dal Piano.
A333 Tichodroma muraria
All’interno del SIC Maiella il Picchio muraiolo nidifica in numerose formazioni rocciose localizzate nelle valli
più incise, come la Valle di S. Spirito, del Fossato e dell’Orfento.
Durante il periodo di svernamento frequenta anche pareti a bassa quota, come quelle della Valle
dell’Orta, prossima ad alcune delle aeree dove dovrebbero essere effettuati gli abbattimenti selettivi. La
frequentazione di queste aree esclusivamente durante il periodo invernale e le cautele utilizzate per
evitare disturbo nei pressi delle aree rocciose determina una assenza di impatto.
Nessuna incidenza relativamente alle azioni previste dal Piano.
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A358 Montifringilla nivalis
Il Fringuello alpino è un’entità tipica del Piano alto-montano dove nidifica in pareti rocciose anche di
modesta dimensione ed utilizza gli ambienti aperti a pascolo per la ricerca trofica. La specie nel territorio
del Parco è presente in modo continuo nella fascia montana in prossimità di formazioni rocciose.
Nessuna incidenza relativamente alle azioni previste dal Piano.
MAMMIFERI elencati nell'Allegato II della Direttiva 92/43/CEE
1374 Rupycapra (pirenaica) ornata
L’attuale popolazione di camoscio presente nel Parco, ricadente quasi interamente nel SIC Majella, è frutto
di un progetto di reintroduzione iniziato nel 1991 ed ha raggiunto recentemente la consistenza di almeno
1100 individui, distribuiti prevalentemente nel comprensorio Murelle-Acquaviva, ma con la recente
formazione di nuovi branchi anche nei gruppi montuosi limitrofi. All’interno del parco si assiste a
movimenti migratori verticali verso zone di svernamento a bassa quota, localizzate prevalentemente sui
versanti orientali del massiccio della Majella.
La specie non è presente nelle aree dove verranno effettuate le attività previste dal Piano e di
conseguenza non è attesa nessuna incidenza relativamente alle azioni previste dallo stesso.
1352 Canis lupus
La popolazione di lupo del PNM viene monitorata in maniera sistematica a partire dall’inverno 2004-2005.
Nell’ambito del progetto Life Coex infatti sono stati realizzati annualmente monitoraggi estivi tramite wolf
howling, con la finalità di individuare il numero minimo di unità riproduttive e la localizzazione orientativa
dei siti di tana e rendez vous e monitoraggi invernale tramite snow tracking intensivo ed estensivo, aventi
la finalità di individuare il numero di individui per branco ed indicazioni relative agli arrangiamenti
territoriali. Dal 2009 a queste metodologie è stato affiancato un monitoraggio intensivo tramite
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videotrappolaggio che ha portato ad ottenere indicazioni molto dettagliate relativamente alla numerosità
dei branchi, al comportamento di marcatura territoriale e ad indicazioni fenotipiche relativamente alla
presenza di fenomeni di ibridazione.
Dal 2010 nell’ambito del Progetto Life Wolfnet è stato attivato un monitoraggio tramite collari gps/gsm che
ha portato alla cattura di 12 lupi appartenenti a 6 branchi diversi presenti nel settore settentrionale del
Parco Nazionale della Majella. Questa attività ha permesso di ottenere, tra le altre cose, dati relativi alla
esatta localizzazione delle aree di tana e di rendez vous dei branchi monitorati, alle dimensioni, forma e
stabilità degli home range e delle core area dei diversi branchi, alla struttura demografica, ai ritmi di attività
e, tramite l’analisi dei cluster di localizzazioni, sulla ecologia alimentare. Dal 2005 al 2009 la popolazione di
lupo del PNM sembra aver fatto registrare un incremento nel numero di branchi riproduttivi presenti
passato da 7 a 12 che solo in parte può essere stato determinato da una maggiore conoscenza e da una
maggiore capacità di individuare le unità riproduttive. Dal 2010 ad oggi il numero di branchi riproduttivi
sembra essersi stabilizzato intorno alle 10 unità. Dall’analisi dei dati telemetrici è emerso come i diversi
branchi abbiano una percentuale variabile di territorio all’esterno dell’area protetta, con valori anche
superiori al 30-35 % del totale annuale (sia considerando l’MPC che il Kernel al 95 % ). Relativamente alla
numerosità essa varia da branco a branco e da anno ad anno. In più occasioni e per diversi branchi sono
stati conteggiati, tramite avvistamento diretto e videtrappolaggio, fino a 11-12 individui
contemporaneamente, in particolare durante i mesi invernali. Per cause diverse nel Parco sono
attualmente presenti alcuni branchi costituiti esclusivamente dalla coppia riproduttiva ed i cuccioli
dell’anno ed altri branchi più strutturati formati da 4-7 adulti più i cuccioli dell’anno. Generalmente i
branchi situati nelle aree più interne del Parco, e/o quelli che hanno la maggior parte del territorio
compreso dentro il Parco, sono risultati significativamente più numerosi. Considerando i dati massimi, cioè
quelli relativi alla prima parte dell’inverno, quando i giovani iniziano a seguire il branco nei suoi
spostamenti, il numero medio di lupi per branco nel PNM negli ultimi anni è risultato orientativamente pari
ad 8, portando il totale di lupi appartenenti a branchi riproduttivi presenti nel Parco a circa 80 individui . I
collari GPS ed il video-fototrappoloaggio intensivo hanno permesso di iniziare a studiare anche il fenomeno
della dispersione evidenziando la presenza regolare di diversi individui all’interno dei territori dei branchi
che alternano fasi di dispersione propriamente detta a dispersione flottante all’interno sia del proprio
territorio di origine che dei branchi limitrofi, con anche fasi in cui rientrano all’interno del branco di
appartenenza. Questo rende estremamente difficoltoso quantificare la percentuale di lupi in dispersione
presenti all’interno del territorio e quindi arrivare a stimare il numero totale di lupi presenti ogni anno nel
PNM.
VALUTAZIONE DELL’INCIDENZA
35
Per quello che riguarda il lupo due sono i fattori da prendere in considerazione, il primo è l’impatto
determinato dalle attività di abbattimento selettivo nel loro complesso, sia come presenza di personale
che per il disturbo associato agli spari, nelle diverse fasi del ciclo biologico, in particolare durante il
periodo riproduttivo e durante l’attività di ricerca del cibo e il secondo è la riduzione della risorsa trofica
causata dagli abbattimenti e dalle catture di chinghiali.
Le aree individuate come quelle in cui è possibile effettuare gli abbattimenti selettivi ricadono tutte
all’interno del territorio di un singolo branco di lupi del PNM, che prende il nome di BVO (Bassa Valle
dell’Orta). La conoscenza accurata del territorio di questo branco ha fatto si che tutte le aree critiche per
questa specie, come i siti di tana, le zone di rendez vous e le aree di rifugio più importanti siano state già
escluse a priori da quelle in cui è possibile effettuare gli abbattimenti selettivi e si è proceduto lasciando
zone di buffer di dimensioni significative attorno a tutte queste aree per evitare che il disturbo
determinato dalle attività di abbattimento potesse interessare queste zone critiche. Questo branco ha
un territorio di oltre 100 km2, uno dei più estesi tra quelli noti per il Parco, di cui circa il 50% si estende al
di fuori dei confini del Parco stesso. Questo fa si che anche il disturbo arrecato dagli abbattimenti
selettivi alla attività di caccia di questo branco, vista la estensione ridotta di queste superfici, 630 ettari
su 5.000 ettari (considerando solo la porzione interna al Parco), pari al 12,6 % ( che scende al 5,3% se si
considera tutto il territorio), e visto comunque il grado signficativo di antropizzazione del territorio delle
aree dove saranno fatti gli abbattimenti, rendano estremamente limitato questo impatto. Inoltre gli
abbattimenti avverranno solo nelle ore pomeridiane o comunque crepuscolari, mentre nessuna attività
verrà condotta durante le ore notturne durante le quali si attua una porzione significativa della attività di
ricerca del cibo di questi lupi.
Relativamente alla sottrazione di risorsa trofica esercitata dagli abbattimenti selettivi su questo branco,
la elevata densità di cinghiali presente (la più alta di tutti i settori del Parco), contemporaneamente alla
presenza di elevate densità di caprioli e cervi rende la sottrazione poco influente sulle dinamiche di
questo branco. Le attività di monitoraggio telemetrico che continueranno ad essere condotte sui lupi
appartenenti a questo branco in ogni caso forniranno indicazioni relative ad eventuali impatti inattesi
che verranno analizzati in tempo reale per trarne le adeguate considerazione e intraprendere le
necessarie misure correttive.
Relativamente all’impatto complessivo determinato dal numero totale di cinghiali abbattuti e catturati,
considerando complessivamente le aree di intervento, quindi sia le aree dove saranno effettuati gli
abbattimenti, che quelle aree dove verranno posizionati i chiusini, va considerato anche il territorio di un
altro branco di lupi, quello denominato AVO (Alta Valle dell’Orta). Anche in questo caso il Parco è ha
conoscenza di informazioni molto dettagliate rispetto a molti aspetti della biologia di questo branco,
36
compreso il comportamento predatorio derivante da 19 mesi di monitoraggio telemetrico su 2 diversi
lupi.
Nella stesura del Piano è stato comunque posto un limite massimo al numero di cinghiali prelevabili, che
non può superare il 40% dei cinghiali stimati come presenti nell’area, percentuale ritenuta
sufficientemente cautelativa rispetto al rischio di destrutturazione della popolazione di cinghiali stessi.
Tenendo conto che quelli conteggiati sono sicuramente una sottostima degli animali presenti e data la
rilevante presenza di prede alternative, come capriolo e cervo, l’impatto derivante dalla sottrazione
complessiva di risorsa trofica può anche in questo caso essere considerato estremamente limitato.
1354 Ursus arctos
La presenza dell’Orso bruno marsicano nel Parco Nazionale della Majella è documentata dal ritrovamento
di segni di presenza, dati telemetrici e avvistamenti diretti ormai da oltre 20 anni (1996-2017). I dati raccolti
attraverso lo svolgimento del monitoraggio mirato, il ritrovamento casuale dei segni di presenza e gli
avvistamenti più o meno casuali, hanno permesso di delineare un quadro chiaro delle caratteristiche della
presenza dell’orso nel PNM e del ruolo di quest’ultimo nella conservazione della popolazione di orso. Dal
1996 al 2013 sono stati ritrovati un totale di 185 segni di presenza, ai quali si aggiungono 27 rilevamenti
VHF del segnale di un individuo munito di radiocollare, per un totale di 212 evidenze di presenza dell’orso.
Un numero comparabile, senza conteggiare i dati telemetrici, è stato rilevato nel solo biennio 2014-2015 a
testimonianza della tendenza positiva in atto. Nel corso degli anni sono stati raccolti numerosi campioni
genetici che hanno permesso di identificare i singoli orsi e stabilirne il sesso. Attraverso l’integrazione dei
risultati dell’analisi di questi ultimi con il monitoraggio visivo, il monitoraggio tramite video/fototrappola, il
ritrovamento delle carcasse e il monitoraggio di un individuo munito di collare VHF, è stato possibile
stabilire che nel PNM il numero minimo di individui presenti contemporaneamente fino al 2013 è variato
da 1 a 4, mentre nel 2014 è stato possibile individuare con certezza almeno 7 animali diversi all’interno del
Parco che congiuntamente a quelli della vicina Riserva Naturale del Monte Genzana Alto Gizio arrivano a
ben 11 orsi diversi.
Dal 1996 a oggi le aree maggiormente interessate dalla presenza dell’orso sono il settore S-SO– area
compresa tra i Monti Pizi e i Monti Pizzalto e Rotella- e il settore NO, in particolare l’area compresa tra
Passo S. Leonardo, le Montagne del Morrone e la Majella Occidentale. In base alle caratteristiche della
presenza dell’orso, già dal 2009 (PATOM, AA.VV. 2009), il suddetto settore NO è stato classificato come
“areale periferico dell’orso” e il settore S-SO è l’unica area al di fuori di PNALM e ZPE classificata come
parte dell’“areale centrale di distribuzione dell’orso”.
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Gli ultimi dati raccolti mostrano una evidente tendenza a “colonizzare” anche il settore orientale del Parco
ma anche quello più settentrionale. Uno degli eventi più importanti degli ultimi anni è stata la
frequentazione significativa e stabile del territorio del PNM da parte di una femmina di orso in età
riproduttiva. Grazie ad un collare VHF è stato infatti possibile capire come questa orsa (F99) abbia nel corso
del 2013 utilizzato il territorio del Parco come porzione centrale del suo home range, dopo aver svernato a
confine tra il PNM e la RNMGAG, ed è stato possibile testimoniare, per la prima volta al di fuori del PNAML,
comportamenti riproduttivi con diversi maschi in varie aree del PNM. Ancora più importante è il fatto che
nel mese di novembre 2014 è stato possibile per la prima volta accertare la nascita di cuccioli di orso
all’interno dei confini del Parco. Una femmina con due piccoli dell’anno è stata infatti avvistata nel settore
settentrionale del Parco, animale diverso dalla femmina con collare, che data la posizione dell’area in cui è
stata osservata ha sicuramente dato alla luce i cuccioli all’interno del PNM. Nel corso del 2015 sono stati
osservati ripetutamente individui giovani di orso in varie zone del Parco a testimonianza della
sopravvivenza molto probabile dei cuccioli del 2014. Nel 2015 inoltre è stata per la prima volta catturo un
orso al di fuori del PNALM con la collaborazione dello staff del PNM, e alla femmina F99 è stato posizionato
un collare GPS. I dati ottenuti hanno evidenziato come oltre il 60 % del suo territorio sia all’interno del
Parco, come questa femmina frequenti aree del Parco in cui non si aveva evidenza di una frequentazione
così intensa da parte della specie ed il collare ha permesso anche per il 2015 di monitorare i comportamenti
riproduttivi di questo animale con diversi orsi maschi.
Sebbene lo sforzo di monitoraggio e raccolta dei dati non sia stato costante nel corso degli anni,
determinando picchi di rilevamento di segni di presenza e sebbene solo negli ultimi anni sia stato possibile
integrare il monitoraggio con il campionamento genetico degli individui, alcuni indicazioni che provengono
dal monitoraggio tramite videotrappole testimoniano come sia in atto un processo che ha determinato la
presenza di un numero di orsi maggiore rispetto al passato ed un utilizzo costante del territorio del Parco.
Ancor più importante è la avvenuta riproduzione all’interno del Parco e i comportamenti riproduttivi
osservati negli ultimi anni, entrambi eventi per la prima volta da decenni rilevati al di fuori del PNALM e
ZPE.
Tutte le suddette osservazioni assumono un significato ancora maggiore se si considera qual è il ruolo del
PNM nella conservazione della popolazione di orso bruno marsicano. Secondo quanto indicato nel PATOM
(AA.VV. 2009), uno dei punti essenziali che costituiscono la strategia di conservazione consiste nel favorire
l’espansione dell’areale, poiché l’attuale area di presenza stabile “è del tutto insufficiente ad assicurare
anche le minime dinamiche di una popolazione di orsi…”(PATOM, AA.VV. 2009). Il ruolo del PNM nella
conservazione dell’orso è dunque, primariamente, quello di essere una buona area “sink” all’interno della
quale accogliere gli individui che si disperdono dall’area sorgente rappresentata prevalentemente dal
PNALM e dalla ZPE. I dati sinora raccolti e lo stato attuale delle conoscenze indicano che il PNM è
attualmente una delle aree periferiche all’interno delle quali vi sono maggiori evidenze di segnali
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estremamente positivi riguardo l’espansione dell’areale dell’orso (i.e. presenza accertata da diversi anni,
presenza di femmine e di comportamenti riproduttivi, avvenuta riproduzione, svernamento) ed è, pertanto,
una delle aree sulla quale è necessario attuare urgentemente misure di conservazione efficienti.
VALUTAZIONE DELL’INCIDENZA
Relativamente all’orso bruno marsicano, gli elementi da analizzare sonno sicuramente quelli relativi al
disturbo determinato dal complesso delle attività legate agli abbattimenti selettivi, cioè sia la presenza
del personale sul territorio che in particolare gli spari associati direttamente agli abbattimenti. Si ritiene
invece del tutto trascurabile la sottrazione di risorse trofiche derivante da catture ed abbattimenti di
cinghiali vista la ecologia alimentare di questa sottospecie endemica di orso bruno.
Con il termine disturbo si intende una qualsiasi attività antropica in grado di alterare il comportamento
e/o lo stato fisiologico di un animale. La questione del disturbo antropico sulla fauna selvatica è una
problematica difficile da comunicare, che genera sempre molto dibattito a livello sociale. Spesso, infatti,
gli effetti di un disturbo non sono immediatamente visibili sull’animale e di conseguenza i “disturbatori”
restano con la convinzione di non aver arrecato nessuna alterazione nel comportamento degli animali
semplicemente perché questi non sono fuggiti. Le fonti di disturbo di natura antropica, seppur difficili da
quantificare e da definire, sono molteplici e possono avere effetti sia sul comportamento che sulla
fisiologia degli animali.
L’orso, tra i grandi carnivori, è quello che risulta più vulnerabile a fattori di disturbo associati alla presenza
dell'uomo. Molto spesso il disturbo incide negativamente sui processi di uso delle risorse da parte degli
orsi (Olson et al. 1997, White et al. 1999, MacHutchon 2001, Smith et al. 2002, Dick & Baydack 2004,
Nevin & Gilbert 2005a, 2005b, Herrero et al. 2005, Rode et al. 2006a, 2006b, 2007) e questo può avere
conseguenze negative sia sul successo riproduttivo sia sulla sopravvivenza degli individui. In una
popolazione unica e ad alto rischio di estinzione, i fattori di disturbo che incidono negativamente sui
bilanci energetici e nutrizionali, soprattutto a carico delle femmine, possono ripercuotersi negativamente
su tutta la popolazione (Craighead et al. 1995) con conseguenze negative, anche gravi, sullo stato di
conservazione della specie.
Sebbene sia abbastanza complesso misurare gli effetti del disturbo sulla fauna selvatica e sebbene nella
comunità scientifica i dati circa la capacità dell’orso di adattarsi agli stimoli negativi siano discordanti, è
indubbio che:
- la tranquillità durante l’alimentazione primaverile è fondamentale per permettere all’orso di
riacquistare la massa corporea persa durante l’inverno, ridurre il rischio di abbandono dei piccoli
da parte delle femmine e garantire ai maschi le esigenze nutrizionali necessarie per la
riproduzione (Hellgren 1998, Rode et al. 2006a, 2006b,2007);
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- la tranquillità durante il periodo iperfagico è fondamentale poiché gli orsi accumulano il grasso
necessario per superare l’inverno, per favorire lo sviluppo del feto nelle femmine e per favorire lo
sviluppo dei piccoli (Hellgren 1998; Rode et al. 2006a, 2006b, 2007);
- la tranquillità in tana riduce il rischio di abbandono dei cuccioli da parte della femmina (Hellgren
1998; Rode et al. 2006a, 2006b, 2007);
- l’assenza di disturbo in generale favorisce la permanenza degli animali nelle aree più favorevoli
(Olson et al. 1997; Smith et al. 2002; Rode et al. 2006a, 2006b, 2007).
Anche se apparentemente l’animale disturbato non mostra particolari reazioni comportamentali, a livello
fisiologico le reazioni sono molteplici. I fattori stressanti colpiscono i recettori dell’organismo e il sistema
nervoso analizza gli impulsi ed elabora una risposta adattativa. Se lo stimolo avviene per periodi di tempo
prolungati, l’organismo può esaurire le risposte adattative necessarie a controbilanciare l’azione del
fattore stressante. Nel caso della risposta che interessa il sistema neuroendocrino, se lo stimolo è
eccessivo e/o la risposta non è idonea a soddisfare l’esigenza di equilibrio e di stabilità dell’organismo si
manifestano alterazioni patologiche o comportamentali. Un livello elevato e continuato di cortisolo
produce effetti negativi a catena che si ripercuotono sulla sopravvivenza e sulla riproduzione e quindi
influenzano le dinamiche di popolazione degli animali selvatici (Scott et al. 2002).
Come evidenziato in letteratura, sebbene su orsi sottoposti a prelievo venatorio (Ordiz et al., 2012), ma
cautelativamente assimilando questa attività agli abbattimenti selettivi per appostamento del cinghiale,
gli orsi reagiscono drasticamente all'inizio del la stagione di caccia e modificando il loro comportamento
quotidiano. Gli animali possono rimodulare la propria capacità antipredatoria attraverso
un’intensificazione qualitativa e temporale delle attività di vigilanza, il che implica deficit per altre attività
essenziali quali il foraggiamento e il riposo (Brown e Kotler, 2004).
Per escludere a priori ogni possibilità di arrecare disturbo alla popolazione di orso presente all’interno del
PNM per la scelta delle aree dove potere effettuare gli abbattimenti selettivi è stato individuato il
processo di seguito descritto. Il territorio generale, al cui interno sono state scelte alcune aree in cui
effettuare gli abbattimenti, è stato individuato e delimitato attraverso un processo di esclusione rispetto
alle aree di presenza stabile dell’Orso bruno marsicano nel PNM. Per ottenere queste aree sono stati
utilizzati i dati di presenza di Orso bruno marsicano raccolti nel periodo 2005-2015, in particolare i 426
dati di presenza certa considerati di attendibilità di Categoria 1 (seguendo i Criteri adottati dallo SCALP,
quindi dati derivanti da genetica, videotrappole, avvistamenti diretti comprovati da materiale
fotografico, dati telemetrici indipendenti, escrementi, predazioni accertate dal veterinario dell’Ente,
animali morti). Per tener conto della situazione più attuale ed aggiornata, le aree individuate, utilizzando
il periodo più ampio, sono state poi confrontate con quelle ricavate dall’utilizzo dei soli dati degli ultimi
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cinque anni (2011-2015) di monitoraggio. Visto il notevole aumento nel numero di dati e la notevole
espansione dell’area occupata stabilmente negli ultimi anni dall’orso, questa precauzione non ha portato
a modifiche sostanziali. Per l’individuazione dell’area di presenza stabile dell’Orso bruno marsicano
all’interno del PNM non sono state utilizzate “carte della vocazione del territorio” o i “modelli di
distribuzione potenziale” della specie ma le localizzazioni certe a cui è stato poi applicato l’estimatore di
Kernel al 95% di probabilità sui soli dati non autocorrelati, questo al fine di poter passare dalle
localizzazioni singole ad aree con una elevata probabilità di presenza, partendo dalla distribuzione e
concentrazione dei dati di presenza certa.
Tale risultato è stato poi confrontato con l’aggiornamento dell’areale dell’orso bruno marsicano che è
stato realizzato nel corso del 2015 (Ciucci et al 2017) attraverso gli strumenti geostatistici (Kriging)
dell’analisi zonale e del Jack-knifing sul dataset finale e media finale. Per quello che riguarda il territorio
del PNM questa analisi ha utilizzato lo stesso set di dati con la differenza che il periodo di riferimento è
2005-2014. I due areali ottenuti hanno restituito una situazione sostanzialmente simile tra loro anche se
con il metodo del Kriging l’area di presenza risulta più estesa sia vero nord che verso ovest. Allo stato
attuale oltre al tratto terminale del fiume Orta, solo parte del settore nord e di quello orientale del Parco
non costituiscono area stabile di presenza della specie. Queste ultimi due settori non sono stati
comunque considerati come aree in cui è possibile effettuare abbattimenti sia perché in esse sono
registrati danni alla agricoltura di entità tale da non necessitare interventi (nell’area è stata individuata
una sola zona critica) sia perché questi territori presentano una elevata idoneità alla specie e
costituiscono fondamentali aree di rifugio. Stante la tendenza in atto, questi territori, in fase di
colonizzazione sia da nord ovest che da sud est da parte della specie, molto probabilmente costituiranno
nel breve-medio periodo aree di utilizzo stabile da parte dell’Orso bruno marsicano nel PNM, per le quali
vanno quindi prese tutte le necessarie precauzioni volte a tutelare il processo in atto.
L’area individuata come quella in cui è possibile effettuare abbattimenti selettivi costituisce meno del 3%
di tutto il territorio del Parco e anche se esiste una parziale sovrapposizione tra la parte più esterna di
entrambi gli areali di presenza stabile della specie, con questa aerea, tenendo conto delle segnalazioni
effettivamente riscontrate in queste aree negli ultimi 5 anni, della caratteristiche dei confini del Parco in
questi territori (rappresentato da un sottile cuneo che si insinua all’interno di una ampia area non
protetta), del livello di sovrapposizione tra aree antropizzate, aree coltivate ed aree naturali, dell’elevato
grado di urbanizzazione/antropizzazione presente in questi contesti territoriali nelle aree
immediatamente esterne al Parco, è stato valutato che l’impatto determinato dagli abbattimenti in
queste aree sia estremamente ridotto, fermo restante l’attuale situazione, e che quindi sarà possibile
effettuare eventuali abbattimenti di cinghiali all’interno delle 8 aree critiche individuate al suo interno
nel corso del 2017. La valutazione su quali delle aree di intervento potranno essere effettivamente
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utilizzate verrà in ogni modo sottoposta ad un aggiornamento costante, in modo da poter adattare gli
interventi alle mutate situazioni di presenza della specie.
Relativamente all’impatto potenzialmente determinato dall’utilizzo di siti di foraggiamento,
pratica che come già specificato nel Piano e nel Documento Operativo Annuale verrà utilizzata
in alcuni limitati casi e soprattutto in maniera temporanea, si rappresenta che per i
foraggiamenti sarà impiegato mais in granella, sia per gli allettamenti alimentari che consentono
l’entrata dei cinghiali nei chiusini, sia per favorire la presenza dei cinghiali nei siti più idonei di
abbattimento selettivo. Questa attività è stata di recente rivalutata ed accreditata anche da
ISPRA, secondo il quale “il prelievo in selezione del Cinghiale, ove operato anche al fine di
mitigare gli impatti della specie sulle attività antropiche e/o sulla biodiversità, possa rientrare
Figura 1: posizione e dimensione dell’area in cui potranno essere effettuati gli abbattimenti selettivi rispetto ai confini del PNM e alle aree di presenza dell’orso bruno marsicano.
Figura 2: in rosso dettaglio delle aree critiche di intervento dove potranno essere effettuati gli abbattimenti selettivi.
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tra gli interventi gestionali di controllo e che pertanto in tali contesti l’utilizzo del foraggiamento
con funzione attrattiva nei pressi dei punti di sparo rappresenti una misura tecnicamente
coerente con il dettato delle modifiche normative adottate con art. 7, comma 2, della L. 28
Dicembre 2015 n. 2211”. A tal proposito va comunque specificato che su ogni punto di
foraggiamento sarà posizionato, un sistema di videofototrappolaggio continuo in modo da
valutare non solo la presenza di animali target e verificare se la frequentazione dei siti dovesse
avvenire ad orari regolari, in modo da ottimizzare le attività di gestione e razionalizzare anche la
presenza degli operatori sui vari siti, ma anche in modo da verificare in tempo reale la possibilità
che tali siti di foraggiamento possano diventare elementi attrattivi anche per altre specie non
target (cervi, caprioli, tassi, orsi ecc.) ed eventualmente interromperne il rifornimento, prima
che possano ingenerare meccanismi di abituazione.
Chirotteri
1304 Rhinolophus ferrumequinum
Distribuito su tutto il territorio italiano, il Rinolofo maggiore predilige zone calde e aperte con alberi e
cespugli, in aree calcaree prossime ad acque ferme o correnti, anche in vicinanza di insediamenti umani.
Forma grandi colonie in grotte, edifici abbandonati ed altre cavità. Specie particolarmente sensibile al
disturbo umano, soprattutto nel periodo riproduttivo, per questo è in forte calo numerico.
1303 Rhinolophus hipposideros
Ampiamente diffuso lungo la penisola italiana e nelle Isole maggiori, il Rinolofo minore frequenta ambienti
forestali a latifoglie alternati a spazi aperti ed aree umide. Utilizza come siti riproduttivi, di svernamento e
di riposo diurno, cavità ipogee o edifici.
1307 Myotis blythii
Presente in quasi tutte le regioni italiane il Vespertilio minore popola zone caratterizzate da una estesa e
continua copertura erbacea, mentre utilizza cavità ipogee o edifici, quali siti di ricovero.
1 2. E' vietato il foraggiamento di cinghiali, ad esclusione di quello finalizzato alle attivita' di controllo. Alla violazione di tale divieto si applica la sanzione prevista dall'articolo 30,comma 1, lettera l), della citata legge n. 157
del 1992.
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1310 Miniopterus schreibersi
Il Miniottero è diffuso in tutte le regioni italiane dove frequenta la fascia altitudinale medio-bassa.
Frequenta ambienti estremamente vari, sia forestali sia aperti, ed utilizza quali siti di ricovero
prevalentemente cavità naturali.
La Grotta Scura presente nella Valle dell’Orta è un importante rifugio per le colonie di Vespertilio minore
(Myotis blithi), Miniottero (Miniopterus schreibersi), Rinolofo maggiore (Rhinolophus ferrumequinum) e
Rinolofo minore (Rhinolophus hipposideros), tutte specie minacciate di estinzione a livello europeo.
Le precauzioni di non effettuare attività di abbattimenti selettivi in prossimità di aree rocciose e quindi
l’assenza di disturbo nei pressi delle aree di rifugio utilizzate da queste animali fa si che per tutte le
specie di chirotteri non è attesa nessuna incidenza relativamente alle azioni previste dal Piano.
ANFIBI E RETTILI elencati nell'Allegato II della Direttiva 92/43/CEE
1279 Elaphe quatuorlineata
Presente in Italia in modo discontinuo dall’Appennino Tosco-Emiliano alla Calabria, in Abruzzo è segnalato
nella fascia preappenninica ma con nuclei piuttosto isolati in tutto il territorio.
Predilige ambienti di macchia mediterranea, boschi aperti di roverella e/o di leccio, praterie ricche di
cespugli, aree rurali e agricole marginali, ruderi e muretti a secco fino ai 1.100 m s.l.m
1175 Salamandrina terdigitata
Urodelo endemita italiano con distribuzione prevalentemente appenninica, popola aree forestali integre
con elevati valori di naturalità, con presenza di corsi d’acqua a carattere anche temporaneo in cui svolge le
fasi pre-adulte. La specie è minacciata soprattutto dalle alterazioni ambientali di tipo intensivo sul suo
ambiente e dall’inquinamento delle acque interne.
All’interno del territorio coperto dal SIC Maiella la specie è presente nei boschi di alcuni valloni del settore
settentrionale (Valle del Foro, La Valle, Valle dell’Orfento, ecc.) ricadenti interamente nella zona A del
Parco.
1193 Bombina variegata
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Bombina pachypus è un endemita italiano distribuito dalla Liguria centrale e dall’Appennino emiliano verso
le regioni meridionali fino all’Aspromonte. All’interno del territorio del Parco è ben distribuito sull’intera
area protetta dove popola prevalentemente le raccolte d’acqua di piccole dimensioni, in particolare nei
comprensori rurali pedemontani. Nell’ambito del SIC Maiella si riproduce in numerose valli fluviali (Foro,
Avello, Fossato, Aventino, Orfento ed Orta), in pozze temporanee in pascoli (Roccacaramanico) e fontanili
(Roccamorice).
1167 Triturus carnifex
Anfibio urodelo ad ampia diffusione nel territorio nazionale dove frequenta una gran varietà di ambienti
dulciacquicoli lentici. Nell’area del Parco della Majella ricadente nel SIC Maiella è presente in modo
localizzato in alcuni abbeveratoi (La Fonticella, Monte Mileto) e nel Fosso Cisterna presso Bolognano
comprese nella zona A, B e C del Parco.
Per tutte le specie di anfibi e rettili non è attesa nessuna incidenza relativamente alle azioni previste dal
Piano.
PESCI elencati nell'Allegato II della Direttiva 92/43/CEE
1108 Salmo macrostigma
Popola corsi d'acqua dal piano basale a quello montano. L’ambiente tipico è costituito da torrenti collinari e
montani a portata variabile, soggetti a periodi di forte magra o di piena improvvisa, con acqua limpida e a
corrente moderata, ben ossigenata e con temperatura compresa fra 10 e 20 °C circa e relativa abbondanza
di piante sommerse o semisommerse, nonché di una ricca componente faunistica invertebrata acquatica.
1137 Barbus plebejus
Specie caratteristica del tratto medio-superiore dei fiumi planiziali, legata alle acque limpide, ossigenate, a
corrente vivace e fondo ghiaioso e sabbioso. La specie ha una discreta plasticità ecologica e nei corsi
d’acqua di maggior dimensione può spingersi notevolmente a monte, fino a sconfinare nella zona dei
Salmonidi.
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1136 Rutilus rubidio
Ciprinide di piccola taglia, vive sia in ambienti lotici che lentici, con rive sabbiose o pietrose e ricche di
vegetazione, dimostrandosi una specie ad elevata esigenza ecologica rispetto ad altre specie ittiche.
Per tutte le specie di pesci non è attesa nessuna incidenza relativamente alle azioni previste dal Piano.
INVERTEBRATI elencati nell'Allegato II Direttiva 92/43/CEE
1092 Austropotamobius pallipes
Specie in progressiva diminuzione in Europa e localmente interessato da estinzione, il gambero di fiume è
presente nel Parco con popolamenti autoctoni.
Nessuna incidenza relativamente alle azioni previste dal Piano.
1062 Melanargia arge
(Lepidoptera, Nymphalidae). Farfalla endemica dell’Italia centro-meridionale, minacciata d’estinzione, nel
Parco vive su pendii rupestri con vegetazione erbacea rada ma ricchi di fiori (Vallone dell’Orfento, Vallone
di Fara San Martino, Vallone di Taranta).
Nessuna incidenza relativamente alle azioni previste dal Piano.
1084 Osmoderma eremita
(Coleoptera, Scarabeidae). Scarabeo in fortissima rarefazione che vive come saproxilofago nelle
parti marcescenti soprattutto di salici e pioppi. È un indicatore ambientale di habitat di ambienti
umidi, sia lentici che lotici.
Nessuna incidenza relativamente alle azioni previste dal Piano.