VicenzaPiù magazine n. 273

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V icenza P 273 Je suis Marlane Marzotto Le 107 persone dell’anno 2014 A Parigi in 12 sono stati uccisi per la libertà di stampa e la condanna è stata generale. A Praia a Mare in 107 sono stati uccisi per il diritto al lavoro e nessuno ne è colpevole Periodico indipendente, non riceve finanziamenti pubblici www.vicenzapiu.com Direttore responsabile: Giovanni Coviello MAGAZINE 5 febbraio 2015 Anno X n. 1 euro 0,70

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VicenzaPiù Magazine n. 273 Periodico indipendente di vita, politica, personaggi e costume di Vicenza e del Vicentino. C'era una volta il giornale poi è arrivato il web C'era una volta la tv poi è arrivato youtube C'era una volta VicenzaPiù ora c'è VicenzaPiù Magazine E carta, web e tv vivono insieme VicenzaPiù Magazine cambia il modo di fare il giornale Scopri come tutti i primi giovedì del mese all'edicola Fenagi più vicina Approfondimenti e intrattenimento diventano liberi e infiniti Con VicenzaPiù Magazine la carta la leggi, la ascolti e la navighi

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Vicenza Più273

Je suis Marlane Marzotto

Le 107 persone dell’anno 2014

A Parigi in 12 sono stati uccisi per la libertà di stampa e la condanna è stata generale.A Praia a Mare in 107 sono stati uccisi per il diritto al lavoro e nessuno ne è colpevole

Periodico indipendente, non riceve finanziamenti pubblici

www.vicenzapiu.com

Direttore responsabile: Giovanni Coviello

MAGAZINE

5 febbraio 2015Anno X n. 1

euro 0,70

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n. 273 - 5 febbraio 2015 [ Editoriale ] 1

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Era il 25 febbraio 2006 quando vedeva la luce il periodico VicenzaPiù che nel tempo ha dato origine al nostro net-

work multimediale che oggi conta anche su 8 portali web leader per numero di lettori/utenti e su due canali streaming, Vicenza-Piu.tv e LaPiù.Tv, che nell’arco del 2015 fa-ranno sentire la loro presenza come ulteriori mezzi di comunicazione ad accesso libero e diffuso. Degli 8 portali quotidiani web quat-tro, divisi per area geografi ca, si occupano di “Fatti, personaggi e vita vicentina”, uno, in via di sviluppo, dei quartieri del capoluogo, un altro della programmazione tv, il settimo del “Bello” di Vicenza, cioè cultura, spetta-coli, eventi, arte, musica, cinema, e l’otta-vo, l’ultimo, per ora, ma tra i più vivaci tra i neonati, di tutto lo sport di una provincia tra le più attive in quest’ambito nonostante la scarsezza di mecenati e fi nanziatori disin-teressati. Senza aver mai chiesto e, quindi, senza ricevere fi nanziamenti pubblici di al-cun tipo VicenzaPiù nei suoi portali più legati all’informazione, i 4 di area più quello dei quartieri e quello di “spalla” ai due palinsesti streaming, parla senza la pretesa di detenere la verità, ma dando spazio al maggior numero possibile di interlocutori, a tutte le opinioni e interpretazioni. E questo non certo qualunquisticamente ma per prendere posizione, dopo aver esposto i fatti, in maniera totalmente indipendente su quanto di rilevante avviene nel territorio lasciando ad altri la pura cronaca bianca e nera, a meno che non coinvolga aspetti politici, economici, sociali, aziendali, sindacali e giuridici.Era il 25 febbraio quando ci lanciavamo in un’impresa che “gli altri” giudicavano, speravano?, temeraria così tanto da predirci la vita di 3 nu-meri… Oggi, 5 febbraio 2015, grazie alle decine di migliaia di lettori che si sono avvicinati a noi e alle centinaia di inserzionisti che a loro hanno voluto rivolgersi in maniera diretta, giorno dopo giorno, racconto dopo racconto, celebriamo il X anno di vita col n. 273 del nostro mensile, il 1° col nuovo format Magazine fedele alla sua storia di indipendenza ma totalmente riprogettato per contenuti e presentazione, oltre che innova-tivo per l’interconnessione facilitata col web grazie all’uso spinto dei QR Code. Chi vorrà leggere quello che scriviamo sulla vecchia carta potrà

farlo con più gusto visto che ora è anche patinata e in formato A4, andando in una serie di edicole selezio-nate, quelle associate a Fenagi Confesercenti, che a soli 70 centesimi vi offriranno da giovedì 5 febbraio VicenzaPiù n. 273 e poi vi riproporranno i prossimi numeri, uno al mese, tutti i primi giovedì del mese. Potrete ov-viamente abbonarvi alla versione online su www.vicenzapiu.com pagando quanto vorrete “offrire” liberamente per la libera informazione e leggere VicenzaPiù Magazine su pc, tablet, smartphone o stamparlo così com’è, tutto o scegliendo le pagine senza perdere nulla in proporzione visto che il formato A4 è quello delle stampanti più diffuse. Basta così? “No, vo-gliamo darvi molto di più!”: se volete approfondire gli argomenti trattati o informarvi su quello che vi proporranno gli inserzionisti scaricate una qualunque applicazione gratuita per leggere i QR Code e magicamente vedrete, subito, i video con le interviste, gli spot, i servizi, i documenti, i link e tutto quello che fa diventare il vostro magazine una enorme e teo-ricamente illimitata fi nestra sul mondo dell’informazione multimediale. Da oggi le almeno 52 pagine mensili di VicenzaPiù Magazine potrai non solo leggerle, ma anche ascoltarle e navigarle.

I primi 10 anni di VicenzaPiù,il Magazine cresce ancora con i QR code

[ Giovanni Coviello ]

Testate Per abbonarsi

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Dopo i saluti all’anno appena trascorso e i primi brindisi al 2015, VicenzaPiù ha proposto in anteprima sui suoi portali l’annuale classifica dei migliori e peggiori cinque

protagonisti e avvenimenti di Vicenza e dintorni nel 2014. Augurandovi un anno nuovo al top, vi riportiamo le nostre, personalissime motivazioni dettagliate delle scelte della cinquina Top e Flop 2014, sul primo numero del rinnovato mensile di VicenzaPiù

I top1- Bomba Day, il 25 aprile liberazione da Old Lady,

Per i vicentini una giornata particolare e memorabile quella del 25 aprile 2014. Tutto per l’ennesima bomba della Seconda Guerra Mondiale da disinnescare, solo che questa volta l’ordigno, ritrovato a soli tre metri di profondità nel terreno dell’ex caserma dell’aereonautica militare Dal Molin dove è sorta ora la nuova base Usa Del Din, pesava 4.000 libbre, era lungo 2 metri e 10 cm e presentava 3 spolette tutte armate. Si è dovuto ricorrere ad una muraglia record formata da 460 gabbioni metallici riempiti con sacchi di terra, alta sette metri con base di otto, attorno alla bomba. Gli artificieri dell’Esercito, che hanno battezzato l’operazione come Old Lady, visto che i 1.800 kg di esplosivo erano stati sganciati da un aereo inglese, sono stati al centro di un’organizzazione curata nei minimi particolari dal quartier generale in Fiera di Vicenza, in cui Achille Variati ha operato concretamente da Commissario straordinario coordinando le operazioni di disinnesco e l’evacuazione di 27 mila persone (tra cui gli 800 soldati americani della caserma Del Din), con 10 centri di accoglienza. La probabilità di scoppio era bassa, come hanno spiegato i militari dell’Esercito, ma i vicentini hanno scritto una pagina di storia locale raccontata in diretta minuto per minuto dai media locali e anche da testate giornalistiche nazionali. Alla fine Franco Gabrielli, il capo della Protezione

civile nazionale, ha promosso la gestione dell’emergenza a Vicenza come un esempio nazionale che farà scuola in Italia. E i cui… corsi sono ancora attivi visti i successivi ed ancora recenti ritrovamenti di centinaia di ordigni che oggi ci fanno, però, chiedere, all’altra faccia di Vicenza, come sia stato possibile per circa 70 anni far atterrare in quella zona aerei anche del locale aeroclub e farvi disputare anche partite di rugby.

2 - Mostre in Basilica Palladiana

Nel salone della Basilica Palladiana sono arrivati 155.520 visitatori in 72 giorni di apertura di “Verso Monet” dal 22 febbraio al 4 maggio. Poi gli “Gli eroi del calcio” hanno fatto arrivare in visita anche tanti vip sportivi: dai ct della Nazionali di calcio, Antonio Conte e Gigi Di Biagio, passando per l’ex biancorosso e campione del mondo Paolo Rossi, fino al fuoriclasse della MotoGp Valentino Rossi. Alla fine della mostra prorogata e ricca anche di cimeli degli olimpionici veneti si è toccata quota 26mila presenze.Poi a fine anno è arrivato il turno di “Tutankhamon Caravaggio Van Gogh. La sera e i notturni dagli Egizi al Novecento”: oltre centomila prenotazioni, quattromila biglietti in tre giorni a cavallo del Natale, un risalto mediatico di grande rilevanza come dimostrano i 250 giornalisti arrivati da tutta Italia per il vernissage. E sul finire del 2014 la lettera polemica di alcuni professori del Liceo Pigafetta sottoscritta anche da alcuni storici dell’arte delle università, delle soprintendenze e dei musei italiani ha paradossalmente portato ancora più visibilità all’evento, per il quale il giudizio finale che conta per la notorietà di Vicenza è nel popolo dei visitatori. Che più passa il tempo e più aumentano di numero.

3 - Partito DemocraticoPercentuali alle europee per il Partito di Renzi che toccano il 37,01% di voti nella provincia vicentina e il 46,5% in città. Il tutto è un grande successo in tempi di indifferenza crescente

Top & Flop 2014[ Edoardo Andrein ]

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verso la politica, manifestata dai numeri dell’affluenza, e di crisi dei partiti tradizionali, come dimostrano i risultati delle storiche formazioni politiche italiane. E il dato del PD nelle elezioni europee del 2014 fa ancora più clamore se raffrontato con gli sfidanti, che nel capoluogo berico si sono fermati al 16% del Movimento 5 Stelle e al 12% di Forza Italia, con la Lega Nord in città al 10% e al 17,69% nella provincia prima dominata per lunghi anni. Numeri quelli del PD che hanno trascinato anche l’exploit europeo della vicentina Alessandra Moretti, capolista nella sezione Nordest che ha raccolto 230 mila preferenze. Se il successo del PD sia stato solo merito di Matteo Renzi o se alla base ci sia anche il lavoro degli esponenti locali saranno gli elettori nelle prossime scadenze elettorali locali a giudicarlo. Intanto dopo lunghi anni di bocconi amari ingoiati, il popolo del centrosinistra vicentino nel 2014 ha potuto gustarsi una dolce vittoria, che ora stanno, al solito, iniziando a… salare.

5- Indipendentisti veneti

Sì, va bene: magari già dalle prossime elezioni regionali torneranno alle solite irrilevanti percentuali; poi qualche sagra qui e là nella provincia veneta comparirà come ogni anno, e tra folcloristici barricamenti in alcuni giardini, continueranno a veleggiare bandiere di San Marco e slogan pro indipendenza. Ma nel 2014, televisioni e giornali, italiani ed esteri, hanno raccontato più volte un Veneto sul punto dell’indipendenza. Prima per le ventiquattro persone finite in carcere, anche a Vicenza, con l’accusa di terrorismo ed eversione, anche per quel tanko fatto in casa che ha fatto incuriosire gli italiani: un trattore agricolo di circa 40 tonnellate di peso riadattato a mezzo corazzato, dotato con una specie di cannoncino da 12 millimetri. Poi il referendum organizzato da Plebiscito.eu e dal promotore Gianluca Busato, che, sull’onda della consultazione in Scozia, è riuscito a riempire i telegiornali e le pagine di quotidiani nazionali.

4- Calcio vicentino, Lane, Real e Bassano

Una volta c’era solo il “Lane”, la nobile provinciale che faceva sognare tutto il vicentino. Ora il calcio vicentino può riempire pagine grazie alle imprese in Lega Pro (la ex serie C) delle “piccole” realtà come Real Vicenza e Bassano Virtus, ai primi posti della classifica a fine 2014. Da una parte avanza la seconda squadra del capoluogo grazie al supporto economico del patron Lino Diquigiovanni, dall’altra il Bassano, dopo l’annuncio dell’addio al calcio di Renzo Rosso, ha inanellato una serie di risultati così sorprendenti che hanno letteralmente costretto la “famiglia Diesel” a restare nel mondo del calcio. Un gradino sotto ci sono da ricordare anche gli ottimi comportamenti di Alto vicentino e Arzichiampo in serie D. Ma è quella per il “Lane” la vera passione che non muore mai, e dopo aver annaspato per anni tra turbolenze societarie e retrocessioni sportive, nel 2014 il Vicenza Calcio ha riscoperto l’entusiasmo con l’ennesimo ripescaggio in serie B e l’arrivo, poi, sulla panchina di Pasquale Marino. Tante realtà a tenere alto il livello di Vicenza calcistica, con l’augurio che ci sia spazio mediatico anche per tutti gli altri sport “minori”…

I flop1 - Enrico Maltauro, tangenti Expo 2015

Un’immagine che resterà scolpita nella storia italiana, un fotogramma ripreso da un video delle Forze dell’ordine che ha fatto il giro dell’Italia e del mondo. Per Enrico Maltauro, l’ex amministratore delegato dell’omonimo colosso vicentino delle costruzioni fotografato mentre consegna una bustarella per le tangenti sull’Expo 2015, l’evento mondiale organizzato in Italia nel 2015, è solo l’ultima delle sue numerose grane giudiziarie e collusioni d’ogni tipo, pur di accumulare appalti. Brutta figura per lui, pessima per l’imprenditoria vicentina e per la politica, anche locale, che la asseconda con danni di immagine che non bastano dieci mostre a riparare.

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2 - Mose, Giancarlo Galan e i vicentini Lia Sartori e Roberto Meneguzzo

L’enorme scandalo del Mose scoperchiato dalla magistratura veneziana, “sistema sofi sticato di una nuova tangentopoli” secondo il Procuratore aggiunto Carlo Nordio, già protagonista vent’anni fa della prima tangentopoli italiana, è il momento simbolo della caduta del potere ventennale di Giancarlo Galan sul Veneto, la cui rete è stata intessuta, confermando le accuse del coraggioso e, perciò, ex europarlamentare thienese Sergio Berlato, anche dai vicentini Lia Sartori, europarlamentare di Forza Italia, e Roberto Meneguzzo, con la sua Palladio Finanziaria, crocevia a Nordest del potente mondo fi nanziario.

3- Achille Variati, sindaco di Vicenza e presidente della Provincia di Vicenza

Un Variati sempre più, e troppo, al centro della scena del potere politico e, quindi, economico-clientelare vicentino: dopo la conferma nel 2013 della poltrona di sindaco di Vicenza, nel 2014 è arrivata la sua elezione di secondo livello da parte degli amministratori vicentini a presidente della Provincia e a lui ora fanno capo migliaia di dipendenti comunali, provinciali e delle partecipate oltre che un “giro di affari” fi n troppo grosso nelle sue uniche mani accentratrici. Alla scelta come suo capo di gabinetto di Maurizio Franzina, ex Forza Italia, già assessore all’urbanistica e al personale della giunta di centrodestra guidata da Enrico Hüllweck, se ne accompagnano altre, troppe, nel bosco e sottobosco della politica e delle aziende partecipate con un distacco totale dal partito, il PD, di cui dovrebbe essere leader e con un avvicinamento costante e crescente al centro destra nel cui alveo è nato e ha prosperato il sistema Galan Sartori che a Vicenza vuol dire Maltauro, Gemmo & c. Il top del suo potere corrisponde al fl op dei suoi impegni con gli elettori, tra cui, uno su tutti, quello che non avrebbe mai nominato politici ai vertici della partecipate…

4- Assessore alla sicurezza di Vicenza, Dario Rotondi

Dopo una carriera da questore e dirigente generale di polizia, l’assessore alla sicurezza e alla polizia locale di Vicenza, chiamato da Variati a fargli da testimonial per la “pulizia” della città, ha passato un 2014 tra continui proclami ad effetto ed eclatanti quanto ininfl uenti azioni antidegrado, dal trasferimento della sede dell’assessorato in viale Milano alle panchine rimosse in Campo Marzo, da dichiarazioni spesso censurate dal sindaco fi no al sostegno al referendum di riapertura dei bordelli, dopo i tanti bluff del primo cittadino sulle multe alle prostitute che nulla pagano ma che costano alla città in termini di risorse sprecate a favore solo del piglio mediaticamente deciso del censore Variati. Se dai sindacati di polizia locale, in seguito ai fatti dell’aggressione al famigerato residence Campiello, arrivano all’assessore bordate contro l’utilizzo improprio degli agenti, non gli dà lustro ulteriore, di certo, la sua posizione pilatesca per la fi guraccia fatta fare alla città dal comandante della polizia locale. Ma Rotondi sembra sempre più un pesce fuor d’acqua che in comune con la città palladiana ha solo una parte del suo cognome.

5 - Cristiano Rosini, comandante della Polizia Locale di VicenzaUn bel “regalo” nel periodo natalizio 2014 alla città di Vicenza l’ha fatto il comandante della sua polizia locale, Cristiano Rosini, pizzicato ad usare per scopi personali un permesso ZTL assegnato per motivi istituzionali, o con il suo suv parcheggiato in divieto. C’è voluta Striscia la Notizia per scoperchiare una situazione paradossale e nota a moltissimi, mentre in Comune ovviamente nessuno si era accorto di nulla. Alla fi ne il pass Ztl è stato ritirato al comandante, che all’italiana non si è… ritirato. Quello che rimane è l’ennesima fi guraccia per Vicenza, condita dalle dichiarazioni di Rosini, senza vergogna per l’evidenza dei (mis)fatti e offensive per i vicentini comuni mortali e stramultati dai suoi uomini per mancanze per le quali il comandante era e rimane impunito: “Certo ci può essere che nei motivi istituzionali ci possa essere qualcos’altro� o “L’unico motivo per cui l’ho fatto è per verifi care il traffi co”.

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Abbiamo due possibilità per definire villa Valmarana ai nani:1: edificio vecchio, di mattoni e intonaco, con elementi

di pietra, con interni decorati a terre colorate su intonaco non rinnovato da secoli e famiglia di nani sulla recinzione. Costruito su collina di terra e erba, bloccato da molti vincoli ambientali, il volume per abitazione non è coibentato, e non risponde alle norme richieste sulla classe energetica. I nani sono deteriorati. 2: villa storica patrizia, arrivata integra ai nostri tempi, affre-scata nel XVII secolo dai Tiepolo, quale estensione del potere e della cultura figurativa della serenissima repubblica di Ve-

nezia. Collocata con le sue statue e le sue leggende a chiusui-ra della valletta del silenzio, la dimora ha accolto pensatori e viaggiatori che ne hanno decantato i valori simbolici, culturali, artistici. Per la sua influenza sulla cultura europea dell’epoca, e per la conservazione della memoria collettiva, è protetta quale bene culturale dello Stato in una visione universalistica.In entrambe le definizioni c’è verità. Chi potrebbe smentire l’una o l’altra opzione?Nella Vicenza del 2015 accade che un’amministrazione approvi uno studio di fattibilità corredando il voto favorevole con una semplice anche se strombazzata osservazione sui rischi di un

traforo nei colli sotto Monte Berico e villa Valmara-na. Lì dentro scivolerebbero le acque del canale scol-matore e il traffico rumoroso per permettere la linea ferroviaria ad alta capacità (TAC). «Compagni! Noi vi dichiariamo che il trionfante progresso delle scienze ha determinato nell’umanità mutamenti tanto profondi, da scavare un abisso fra i docili schiavi del passato e noi liberi, noi sicuri della radiosa magnificenza del futuro…». Lo scrisse Marinetti nel primo Manifesto dei pittori futuristi (1910) ma rappresenta lo spirito della politica, con la sola eccezione dei 2 NO e i 4 astenuti nel Consiglio Comunale (13 gennaio 2015). Dopo quel manifesto vi fu una grande guerra, oggi al massimo una babele di speculazioni capace di muove-re cemento e terra. È lecito domandarsi se la politica è un servizio ai cittadini o un’invasore da cui difenderti. Abbiamo dei vincoli. Non solo relazioni di tipo na-zionale, ma altre sottoscritte tra Vicenza e l’Unesco, in riferimento alla prestigiosa World’s Heritage Lists del 1994: «I complessi architettonici di Palladio nel

Trafori di una città ideale: Vicenza si fa la Tac [ Davide Fiore ]

[ Un tunnel Tav in Val di Susa, un esempio del traforo di Monte Berico ]

[ Villa Vamarana ai Nani di Vicenza ]

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territorio di Venezia mostrano la singolare impronta che l’artista è stato in grado di lasciare sul territorio vista la relazione formale tra le ville ed il paesaggio vene-to, che rivela una qualità unica, che gli conferisce un valore universale». Contratti e accordi che si trasformano in un afflusso costante di energie econo-miche e culturali dall’e-sterno e che restituiscono uno strumento eccezionale per veicolare e proteggere il territorio odierno. Schei, senza andare sul sottile. Internazionalità e univer-salità, per capire la por-tata della protezione. O si conserva, oppure no… quando si parla di tutela. La mediazione, la strada di mezzo che è nelle lo-giche della politica che raccatta consenso facile, non funziona parlando di beni universali. Immaginiamo che villa Valmarana sia un dogma, un elemento inviolabile del nostro incivilimento. Vicenza ha già troppi scorci di stupore in negativo nel suo territorio. Basterebbe l’orrido palazzo del tribunale da Gotham City, che si staglia sullo sfon-do della città graffiando con le torri moz-zate la lievità dei colli (con la pretesa, im-magino, d’essere la Potsdamer Platz dei Berici).Prima il tribunale con annesso quartiere Borgo Berga, poi il nuovo stadio, ora si è passati alla TAC coi suoi due trafori in zona tutelata dalle già citate regolamentazioni. L’ospite che approda a Vicenza ha già con sè tante riserve: Perché quel tribunale nuovo? Perché quello scempio a palazzo Porto Festa? Perché quell’astronave color salmone delle Poste su viale Venezia? Il ‘900 e il 2000 vicentino riempirebbe di

dubbi chiunque, sulla continuità culturale di questo territorio. La grandezza rimane un fatto implicito fino a quando non la si utilizza per rendere il capoluogo del Pal-ladio la città giardino, la città modello, la città ideale. Di quella idealità abbiamo perduto le tracce se non nella definizione Unesco che apre una pratica (per la se-conda volta), visti i termini dei trafori del-la TAC. Siamo sorvegliati speciali, come i ladri e gli assassini agli arresti domiciliari. Quali scuse cercheremo per giustificare lo scempio? L’ipotesi che ne emerge eviden-zia il gusto della megastruttura elettorale. C’è il fascino di un’antiquata idea di Ame-rica del titanico, dell’eccesso scriteriato. Ma una città capoluogo di media dimen-sione, che aspiri ad una grandezza fuori scala, rimarrà sempre la sorella minore

delle metropoli. Si faccia, si faccia bene e possibilmente considerando determi-nati vincoli dei punti inviolabili, come lo sono la vita, l’amore, la libertà di pensie-ro. Se le generazioni future chiederanno conto di chi abbia approvato determinate brutture, scopriranno che Il Comune non aveva il dovere, il cittadino non aveva lo strumento, il governo non aveva cultura. Chi è chiamato a difendere il patrimonio universale? Chi dovrebbe essere custode del proprio bene, a chi toccherà dire gra-zie ai Valmarana per le loro ville, grazie ai frati per Monteberico per la loro cura, grazie alle banche per i loro musei, gra-zie ai privati per le terrazze fiorite? Quel medievale concetto di buongoverno, ap-pare debole di fronte alla rimozione dei vincoli guadagnati con fatica. Chi dunque proporrà il Solidarnosc dei beni universa-li di questa città se l’amministrazione si compiace di importare denaro pubblico

lasciando ferite per secoli? Si parla di una non ben precisata ricucitura urbana tra la stazione attuale e Monte Berico. Per cucire qui si scuce l’altro lato dei Berici, spostando il problema agli amministratori del 2150 e rendendo lontana la stazione ai pendolari e ai turisti. Assisteremo a Beni monumentali e paesaggistici com-promessi nella loro unità visiva, che la stessa Unesco eccezionalmente abbraccia a dimensione paesaggistica, immaginan-do che il singolo elemento (la villa, un af-fresco) è rapportata al tutto (paesaggio). Il manifesto del nuovo che avanza è di scarso interesse se la città ideale si spin-ge verso l’idea di periferia, nei decenni in cui le grandi e piccole metropoli agisco-no lì, per rinascere. Vicenza al contrario, colpisce al cuore due tra i suoi simboli

di identità: Villa Valmara-na e Monte Berico. Lo fa in tempi in cui i privati hanno sempre meno denaro da inve-stire in restauri e l’economia gioca la partita del turismo e della promozione come un machete nella giungla della concorrenza. Siano le istitu-zioni a garantire quei beni, e quando questi non bastano, pensino ad un significativo contemporaneo. In questa vi-sione promuovano e valutino con occhio critico le novità dei privati, le piccole legali costruzioni che sedimentano in nome quasi sempre della bruttezza formale. Nessuna disciplina urbanistica evolu-

ta, che non sia di sola speculazione, può approvare un progetto senza che questo sia stato definito nei minimi dettagli. Non bastano le garanzie a voce di chi dice “vigilerò io, non vi preoccupate”. Questo avviene nei totalitarismi, nelle assemblee monocolore. «È la soluzione in cerca del problema», per citare Luca Mercalli. Una megastruttura come la TAC è impensabile possa avere i tempi delle elezioni, del consenso, e offendere una città e la sua tradizione universale. Il comune importi la mediazione urbanistico-architettonica, mettendo imprenditori e proprietari in contatto per una crescita formale ed este-tica della città nuova e antica. La condi-visione dei progetti è una grande fatica che conduce alla crescita della comunità stessa. Questa è modernità, non il Vajont della burocrazia, quello che ti frana ad-dosso e fa danni. E quando non son danni è infelicità.

[ Un momento della seduta in Sala Bernarda per l’approvazione del

progetto di fattibilità TAC ]

[ Il Tribunale di Vicenza ]

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E sì, il pasticcio è in forno. Nella tarda serata dello scorso 13 gennaio l’equipe del personale di macchina capeggiata dal “maestro” Variati ha dato corso alla prima fase dello scelle-

rato progetto sul futuro assetto del trasporto ferroviario, con tanto di contorno di urbanistica vicentina. A tutto vapore! Il train de vie versione 2015 è servito. Lo studio di fattibilità TAV-TAC passa ora alla fase esecutiva.Chissà cosa direbbe Zeta-Zeta. Ma chi è Zeta-Zeta? È lo pseu-donimo scelto dall’ing. Bruno Bonazzelli (1895-1984), tecnico e divulgatore scientifico nel campo del trasporto ferroviario, che ha operato per moltissimi anni nelle Ferrovie dello Stato, contribuen-do a costruire e sviluppare una rete pubblica sicura ed efficiente. Il treno quale trasporto di massa. Certo non fu l’unico, ma piace ricordarlo perché, con il suo pseudonimo, lasciò diverse testimo-nianze scritte e fotografiche e continuò a scrivere sull’argomento fino agli ultimi anni della sua vita.Chissà cosa direbbe di fronte al “progetto Vicenza”, tassello di quel grande mosaico, che una volta assemblato contribuirà a smantella-re il precedente sistema ferroviario Italia da lui stesso consegnato ai padri degli attuali demolitori.Ed è proprio la scientifica demolizione di quel sistema che trova, oggi, la strada spianata ma, come dovevasi dimostrare (nel linguag-gio matematico), il progetto TAV-TAC, che intende portare avanti il gruppo Ferrovie dello Stato, con il consenso, in questo caso, del Comune di Vicenza non regge. E non reggono neppure gli interventi destinati, con la consueta gettata di cemento, a dare un nuovo volto urbanistico alla città; il classico edificar facendo, a vantaggio di pochi, a scapito della comunità cittadina.Il Gruppo Ferrovie dello Stato, a capo degli enti dello spezzatino, che racchiude società quali Rfi - Italferr - Ferservizi - Trenitalia, sta procedendo ad un processo di dismissione e smantellamento di un sistema che fino a qualche anno fa (quando si chiamava Ferrovie

dello Stato, e basta), pur non navigando in pla-cide acque, poteva essere riorganizzato in linea con le esigenze dell’utenza e acquisire una posizione di primissimo piano nell’ambito del trasporto pubblico integrato.Si è preferito, invece, investire nell’alta velocità a discapito di un servizio locale a medio e a corto raggio, che ha strategicamente visto avanzare la desertificazione. È illogico sviluppare un trasporto locale quale derivazione del si-stema TAV-TAC, in regime di concorrenza, privatizzazione e libero mercato, e fornire i servizi in gara attraverso le Regioni. Il sistema trasportistico locale deve essere a gestione esclusivamente pub-blica (o a controllo rigorosamente pubblico), e deve avere un at-tenzione prioritaria. Poi viene, se è il caso, l’alta velocità (o alta capacità).La soluzione alternativa c’è, è semplice e basta saperla adeguata-mente sfruttare. Una ridistribuzione del servizio, operando una sem-plice, ma radicale, revisione dell’orario, con blocchi cadenzati per tipologia di trasporto (regionale-locale, media e lunga percorrenza, merci nelle ore di morbida), fornendo un servizio completo ed in-terattivo anche con gli altri sistemi di trasporto, a costi calmierati. Pessima la scelta, recentemente attuata, di togliere il servizio inter-regionale veloce da Venezia a Milano spezzettandolo in due tronconi, con cambio obbligato, senza un’immediata coincidenza, a Verona. Per quale motivo siamo “invitati”, per andare nel capoluogo lom-bardo, ad utilizzare esclusivamente la “Freccia Bianca”, quindi con maggior spesa? E il treno “fantasma” OBB-DB da Monaco di Baviera a Venezia, che non si vuole far fermare a Vicenza? E vogliamo anche altri due binari? Gli spazi per una distribuzione del servizio ci sono, sono lì a disposizione, la tecnologia applicata agli attuali sistemi di controllo centralizzato del traffico ce lo permette. La realizzazione di due nuovi binari in affiancamento alla rete storica si presenta a tutt’oggi dispendiosa e non rientra in un

Zeta-Zeta a Variati:veloce o capace?

La Tav

[ Guido Zentile ]

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Zeta-Zeta a Variati:veloce o capace?

cevere chi arriva a Vicenza. Vicenza deve saper vendere la propria immagine, come cultura e conoscenza del territorio (ce lo insegna, in altri casi, anche il vice sin-daco Bulgarini), e salutare, in arrivo e in partenza, i viaggiatori turisti dai capan-noni della Fiera o dal mostro di Borgo Berga è ben altra cosa che accoglierli a Campo Marzo, sotto Monte Berico e con Corso Palladio e la Basilica a 5 minuti di passeggiata lungo vie e viali con negozi e palazzi storici. E nessuno ci convincerà con cervellotici dati di bacino d’utenza che spostandosi dal centro alla periferia quel bacino diventi “bacione”. L’impatto che questo complesso di nuove opere (“Rck/mc/schei”, alias cemento, in sigla internazionale, metri cubi e… soldi) causa sul territorio del comune di Vicenza (ed anche nei comuni contermini) è, poi, semplicemente impregnante, potenzial-

mente devastante, in-dubbiamente distruttivo. Non ci sono altri aggettivi termine per definire ciò che sarà, ad esempio, della zona “Porta Monte” - “Dieci Martiri”: un’ope-ra da autentica macelle-ria urbanistica. Quindi, è sì necessaria una rivisitazione del tra-sporto ferroviario, pilastro fondamentale della mo-bilità, ma semplicemente utilizzando e valorizzan-do l’esistente in chiave diversa rispetto alle in-teressate e mediatiche proposte progettuali che

ancora ci gabellano per super-veloce TAV quella che è semplicemente una linea TAC. E tutto ciò creerà le opportunità per nuovi posti di lavoro, certi, sicuri, e indetermina-ti? Non quanto sembrano offrire, invece, le lobby industriali (incertezza, precarietà, e spremitura), che spingono per i propri esclusivi interessi, in particolare nel settore immobiliare. Chissà, forse nel lontano 1846 quando giunsero i primi binari da Venezia della fer-rovia Ferdinandea, sotto la sigla SFAI (Stra-de Ferrate Alta Italia) - successivamente Rete Adriatica - e di conseguenza furono eseguiti dei consistenti lavori ai piedi di Monte Berico, c’era sicuramente qualcuno che si opponeva alla costruzione della fer-rovia, e non vedeva di buon grado la mo-dernità. Trascorsi quasi 170 anni, acquisita l’importanza, che il vapore, poi la trazione elettrica, poi l’elettronica ebbero (ed han-no) sullo sviluppo, industriale, sociale, economico ed antropologico, della nostra comunità, è giunto il tempo di non correre troppo, Tav like, e di fermarci un attimo per lavorare attorno a ciò che abbiamo realiz-zato. Sfruttandolo di più, con maggior … capacità e meglio. Sempre che tut-to il progetto non sia un bluff, per spendere, come alcuni dicono, un po’ di milioni in studi e progetti, magari da far sviluppare ai soliti noti, per poi ac-corgersi che non ci sono le centinaia di milioni ne-cessari per realizzarli. A partire dai mega espropri.

ambito di palese utilità. Recuperare e ri-strutturare l’esi-stente sarebbero, invece, interventi che ci paiono più efficaci e sarebbe-ro un buon investi-mento per la comu-nità più estesa. Le previste due nuo-ve stazioni si presen-tano non funzionali e destinate ad essere “terra di nessuno”. Basti pensare alla stazione “Fiera” che ha l’uscita sulla rotatoria ovest Vicenza-Creazzo, prospettiva evidentemente idillia-ca… da città del Palladio.Ed ecco, perciò, che sarebbe fondamen-tale mantenere l’attuale storica stazione, dove è, dotandola di tutti i servizi affin-ché i viaggiatori, dal lavoratore al turista, scoprano fin dall’arrivo una città dina-mica, moderna, facile da “maneggiare” e accogliente o la lascino raggiungendo con comodità la stazione unica attuale, perché solo città ben più grandi hanno bisogno di uno snodo centrale e di altri decentrati. Anche se, pure in questi casi, le stazioni secondarie “recuperate”, fat-te o rifatte di Roma, Milano e Firenze, sembrano “vuoti a perdere”. Sarebbero da implementare servizi importanti, quali il deposito bagagli (da tempo scompar-so), lo sportello informazioni per le reti di trasporto pubblico (ferroviario e non), un servizio-punto di accoglienza per ri-

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[ Ingresso alla stazione di Vicenza ]

[ Binari sul ponte del Bacchiglione, lato viale X Martiri, di fronte al Tribunale ]

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Potrebbe essere una riforma epocale, da parecchio tempo se ne parlava, ma di concreto non si era mai visto nulla,

ora, invece, il governo ha agito d’urgenza con un decreto legge, che, come noto, deve essere convertito entro 60 giorni. Si tratta della trasformazione delle nostre principa-li Banche Popolari in Spa, con la relativa abolizione del voto capitario, un’anomalia finora nel panorama della finanza europea.Cosa sia il voto capitario è presto detto, è quella norma, caratteristica delle società co-operative e delle banche popolari, prevista nel diritto societario, secondo la quale ogni socio è titolare di un singolo voto indipenden-temente dalle quote di capitale possedute. Ovviamente una norma simile non age-vola “scalate” per società di questo tipo, anzi, le preclude, ma era proprio ciò che ci si prefiggeva, le Banche Popolari dovevano essere molto ancorate al ter-ritorio ed avere un azionariato diffuso. Orbene, le riforme che si sono succedute negli anni, dovute in massima parte al fatto che abbiamo dovuto adeguarci a normative europee, hanno fatto perdere, di fatto, que-sto legame col territorio soprattutto ad al-cune realtà diventate a carattere nazionale. Ed è proprio a queste realtà che fa riferi-mento il decreto legge: si tratta di dieci Banche Popolari che hanno dimensioni

considerevoli, e precisamente asset su-periori agli 8 miliardi di euro, si tratta di sette Istituti quotati in Borsa: Banco Popo-lare, Ubi Banca, Bper, Creval, Popolare di Sondrio e Banca Etruria; e tre non quota-te: Popolare di Bari e le due venete Ban-ca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Visto che le Banche popolari in Ita-lia sono una settantina, per sessanta di queste, quindi, le cose non cambiano, ma vorrei soffermarmi in particolare sul-la “nostra” Banca Popolare di Vicenza. L’Istituto berico è la più grande Banca ita-liana non quotata, e ciò la rende già “un caso”. Quest’anno, poi, il Cav. Gianni Zonin festeggerà il suo diciannovesimo anno di presidenza. Ebbene sì, era il 1996 quan-do l’imprenditore vitivinicolo con il motto “salviamo la vicentinità” guidò la cordata, risultata vincente, di coloro che si oppone-vano alla fusione con la padovana Anton-veneta e fu eletto Presidente della Banca. Da allora è sempre rimasto saldamente in sella, consolidando anno dopo anno un “potere” che va ben al di là dell’I-stituto che presiede. Si sa infatti che la Banca, per la città di Vicenza, non è solo una Banca, ma un’istituzione in grado di condizionare se non addirittura control-lare “tutto ciò che conta”, dalla finan-za, all’economia, dai media alla politica.

Zonin con il voto capitario non poteva es-sere scalzato dalla poltrona più prestigiosa di Viale Btg Framarin, finora era l’unico in grado di portare in assemblea “pullman” di soci, ma se passa il decreto ... allora può cambiare tutto! La Banca, come si dice in gergo, diventerebbe “scalabile”. E anche la città e la provincia, quindi, da Palazzo Bonin Longare a Palazzo Trissino fino Palazzo Nievo, con tutti gli annessi e connessi, potrebbe cambiare e non poco. Qualcuno, con un portafoglio ben fornito, naturalmente, potrebbe essere interessato proprio e simbolicamente alla poltrona di Zonin, ma praticamente al potere che eser-cita in nome e per conto della Banca. Potrebbe es-sere un vicentino? Forse, ma sono veramente pochi coloro che hanno disponi-bilità così ingenti. E se si va oltre la famiglia Amen-

BPVi e i “No popolari spa” difendano i piccoli azionisti

[ Giancarlo Marcotti

con Giovanni Coviello ]Voto capitario e scalabilità da parte di “vicentini” o “stranieri” al centro del dibattito sulle Popolari dopo il decreto che le trasformerebbe in Spa: chi pensa agli oltre 100.000 piccoli risparmiatori?

[ Samuele Sorato e Gianni Zonin in assemblea ]

[ Banca Nuova, il brand siciliano della BPVi ] [ Inaugurazione di uno sportello bancario della BPVi a Prato dedicato ai cinesi ]

Banche Popolari

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giorno per giorno e non fa l’economista di mestiere, il valore delle azioni sarà confer-mato dal dio mercato, nessun sussulto per i 100.000. Se verrà premiato con un au-mento da chi pensa che gli sia utile paga-re di più per controllare la “nuova” BPVi, i risparmiatori nostri vicini di casa potranno, invece, brindare e magari spendere un po’ dei loro guadagni contribuendo a risollevare l’economia locale, afflitta anche dalle stret-te sul credito imposte con o senza Basilea, in un modo molto semplice: entrando nei negozi e comprando. Se, dio non voglia, i 100.000 azionisti nostri dirimpettai si ve-dranno offrire di meno dal “mercato” per rendere liquide le loro azioni i riflessi nega-tivi sul territorio sarebbero tali da farci capi-re perché le lobbyes politico-economiche e i media a loro vicini stiano propugnando lo stop al provvedimento per puntare a un “tut-

to cambi perché nulla cambi”. Ma, se Matteo Renzi ha lanciato la riforma in un quadro europeo di forte, per non dire totale, di-pendenza del sistema paese, sarà difficile puntare al Gattopardo italico e sarebbe più ragione-vole, invece, sostituire ai salot-ti “No popolari spa” un’azione che punti a garantire i risparmi insieme alla trasformazione del-le 10 popolari che sono anda-te con le loro dimensioni oltre la loro natura di istituto locale. Se i comitati “No Dal Molin” e “No Tav” non hanno impedito gli oggetti del loro no, subendone anzi la realizzazione addirittura senza reali e consistenti “com-

pensazioni”, i salotti “No popolari spa” dall’alto delle loro capacità strategiche non commettano lo stesso errore, perché da con-dizionare non ci sono altri, deboli italiani. Se gli americani e le big companies non si sono fatti intimorire dai No e base Usa e ferro-vie più o meno veloci sono lì, davanti a noi, alla BCE e all’Europa non arriveranno nean-che i rumors e gli anatemi bancari locali . Se veramente si vorrà pensare al territorio, magari come atto nobile e testamentale, i padri padroni delle tre Popolari nazionali, quella vicentina in prims, che per la prima volta “affronteranno” il mercato (le altre 7 sono già in borsa e i titoli potranno solo essere favoriti in questo caso dalla scalate) lavorino, invece, per studiare, proporre e at-tuare norme che tutelino i miliardi di euro di risparmi che i i piccoli azionisti hanno affi-dato a loro comprandone la azioni.

duni, oggi capace di contare anche in Generali e non pro-prio ultimamente in rapporti idilliaci con il mondo di Zonin, per pensare a una stanza dei bottoni vicentina bisognerà es-sere in grado di costruire una cordata con tutti i problemi che nascono, prima o poi, tutte le volte che si mette in piedi, in qualunque settore, figurarsi quello dei soldi, una “coope-rativa” di comando. Potrebbe essere un milanese il cavalie-re bianco, o nero, singolo o in cordata anche lui? Forse, ma in questo caso che fine fareb-be “la vicentinità” peraltro già oggi così diluita negli interessi nazionali dell’istituto da farlo annoverare tra i dieci coinvolti dalla riforma? Ed ancora, la Popolare di Vicenza po-trebbe diventare una preda per un’altra banca, italiana o anche straniera, alla quale possono far gola le oltre 250 filia-li sparse in tutta la regione. Oppure an-cor bisognerebbe addentrarsi nel gine-praio e nel risiko delle possibili fusioni. Ma c’è un fatto, e ai fatti oggi vorremmo rimanere ancorati, che rende tutto stra-maledettamente complicato e che inte-ressa da vicino tutti gli oltre centomila soci. Visto che la Popolare di Vicenza non è quotata il valore delle azioni è deciso dalla Banca stessa (certo con una peri-zia giurata del professore della Bocconi, persona autorevolissima e bla bla bla). Questo fatto ha permesso ai soci di non patire, in questi anni di crisi, il salasso che hanno dovuto subire gli azionisti delle Banche quotate. Dal maggio 2007, infat-ti, il valore delle quotazioni di Borsa delle Popolari ha subito un vero e proprio tra-collo: Banca MPS ha perso il 97%, Ban-co Popolare il 90%, la Popolare di Milano il 79%, Ubi Banca il 66% e Bper il 65%. E la Banca Popolare di Vicenza? Nulla, anzi gli azionisti si sono visti aumen-tare, almeno sulla carta e “a libro” come si usa dire, perché quanto a liquidità il di-scorso si complica, il prezzo delle proprie azioni che è passato da 60 a 62,5 euro, oltre ad aver incassato dei dividendi. In-somma i vicentini forse non sanno di essere dei miracolati. Orbene ed ora che succede? Molti, infatti, ritengono che per una azio-ne della Popolare di Vicenza il prezzo di 62,5 euro sia decisamente “generoso”. Il vero valore della Banca, però, può esse-re deciso solo dal cosiddetto “mercato”, tutto il resto è opaco, ed allora questo decreto, che obbliga la Popolare di Vicen-za a diventare una Spa, potrebbe abbre-viare i tempi avere un responso obiettivo. Ed in quel momento ... sapremo la verità. Se, tanto per farci capire da chi fa i conti [ La BPVi è main sponsor del Vicenza Calcio ]

[ Assemblea soci della Banca Popolare di Vicenza ]

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Il primo dicembre Il Sole 24 Ore ha pubblicato i risultati della 25ª indagine sulla qualità della vita in Italia. La

provincia di Vicenza si impenna rispetto allo scorso anno e sale di sette posizioni. Vicenza, infatti, nel 2013 risultava in 37ª posizione nella graduatoria nazionale, con un punteggio complessivo di 549 punti. Nel 2014, invece, è riuscita a raggiungere la 30ª posizione, totalizzando un punteggio di 559 punti. Procedendo un passo alla volta, è utile spiegare cosa sia e in cosa consista l’indagine svolta dal noto quotidiano economico finanziario nazionale. Lo studio della qualità della vita si propone di analizzare ogni provincia italiana utilizzando dei criteri sulla base dei quali è possibile monitorare i miglioramenti (o peggioramenti) delle condizioni economiche e sociali degli italiani e confrontare le diverse situazioni all’interno del paese. Gli aspetti su cui si basa tale indagine sono sei: tenore di vita, servizi e ambiente, affari e lavoro, ordine pubblico, popolazione, tempo libero. Ognuno di essi, in base al punteggio ricavato dai sondaggi svolti nella provincia, va a influenzare il risultato finale, che non è altro che una media complessiva che può dare un’idea di come si vive concretamente e cosa può

offrire tale zona. Il primo indice, il tenore di vita, è caratterizzato da una serie di parametri che indicano le possibilità economiche dei cittadini. Il primo è il valore aggiunto procapite, seguito da patrimonio familiare medio, importo medio mensile delle pensioni, consumi per famiglia, percentuale d’inflazione e costo di una casa al metro quadro. Nel caso di Vicenza il valore aggiunto procapite è di 27.650 € (200 € in più rispetto allo scorso anno) e quindi sopra la media nazionale, come lo sono il patrimonio familiare medio (di 423.128 €), l’importo delle pensioni mensili (1.043 €, contro gli 842,9 € del 2013), i consumi per famiglia (2.305 €al mese) e l’inflazione allo 0%. L’unico parametro inferiore è il costo di una casa al metro quadro (2.350 €, in ulteriore calo di 100 € rispetto al 2013). Tale svalutazione, che sfavorisce la vendita d’immobili di proprietà, favorisce però gli acquisti di nuove costruzioni.Il secondo indice, servizi e ambiente, è calcolato secondo i seguenti parametri: disponibilità degli asili rispetto all’utenza potenziale, l’indice climatico, l’indice di Legambiente, l’indice sullo smaltimento delle cause civili (definite su 100 sopravvenute o pendenti), la speranza di vita (in anni), la percentuale

d’emigrazione ospedaliera. In questo settore, i valori sono un po’ più carenti: se infatti il numero degli asili rispetto

all’utenza potenziale è più basso rispetto ai valori di altre province (10 istituti ogni 100 bambini), anche l’indice di smaltimento delle cause civili lascia un

Vicenza e la qualità della vita, le discese ardite e le risalite ...Per Il Sole 24 Ore Vicenza scala 7 gradini, sale al 30° posto ed è 3ª in Veneto [ Sara Girombelli ]

[ Giovanissime sportivedell’As Vicenza ]

[ Festa del gelato per gli anziani dell’Ipabcon l’ex presidente Rolando ]

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po’ a desiderare (34 ogni 100 nuove che sopravvengono). Buona la speranza di vita che supera la media italiana arrivando a 82 anni. L’indice di Legambiente rivela un dato leggermente positivo (51 contro i 48.3 punti del 2013, poco sopra la media nazionale). Da precisare come l’indice massimo di Legambiente sia 100 e corrisponda a una città sostenibile, ovvero a una città ideale nelle condizioni attuali (non a una città utopica). Ciò significa che la media italiana, che si aggira attorno ai 50 punti, è alquanto insoddisfacente. Il terzo indice, affari e lavoro, è misurato da imprese registrate ogni 100 abitanti, impieghi su depositi totali, sofferenze

su impieghi totali, quota export sul PIL (in percentuale), tasso di occupazione (tra i 15 e i 64 anni), imprenditorialità giovanile (giovani tra i 18 e i 29 anni titolari d’imprese, ogni 1000 giovani). Il numero d’imprese registrate ogni 100 abitanti è in calo rispetto allo scorso anno (9 contro i 9,7 precedenti) e comunque inferiore al valore medio. Anche il numero di impieghi su depositi totali è diminuito rispetto al 2013 (1 contro 1,6 precedente). Buona invece la quota di export sul PIL, salita al 64% contro il 61,8% del 2013 (più del doppio della media nazionale, il che significa che nonostante il periodo di crisi la provincia sta ancora ottenendo ottimi risultati con i propri prodotti e servizi). Se anche il tasso occupazionale è sopra la media (l’indice è a 61), preoccupa il basso tasso d’imprenditorialità giovanile (34 imprenditori sotto i 29 anni, ogni 1000 ragazzi), indice di un disagio diffuso in tutta Italia, ma che forse dovrebbe essere gestito con più decisione nella provincia vicentina. Il quarto indice, ordine pubblico, è suddiviso nelle seguenti categorie:

scippi e borseggi ogni 100.000 abitanti, furti in casa ogni 100.000 abitanti, rapine ogni 100.000 abitanti, estorsioni ogni 100.000 abitanti, truffe e frodi informatiche, variazione dei reati totali 2013/2007. I dati parlano di una provincia tutto sommato tranquilla con fenomeni di scippo decisamente sotto la media nazionale (166, in calo di 30 punti rispetto al 2013) e furti in casa anch’essi in misura inferiore rispetto ad altre province (ma in aumento dal 2013, con 412 fenomeni ogni 100.000 abitanti, contro i precedenti 329). Il numero di rapine ogni 100.000 persone è 27, media perfettamente allineata alle altre città, mentre molto più rilevante è il fenomeno delle estorsioni, che sale a 4 ogni 100.000 persone (il doppio rispetto al valore medio, ma comunque in calo rispetto al 2013). Preoccupante anche il numero delle frodi informatiche che da 132 casi del 2013 aumenta fino ad arrivare a 197 nel 2014.Il quinto indice, la popolazione, è costituito da parametri come densità demografica (abitanti per kmq), tasso migratorio, divorzi e separazioni ogni 10.000 famiglie, evoluzione dell’indice di giovinezza, numero medio degli anni di studio, stranieri regolari ogni 1000 abitanti. La provincia vicentina è un territorio scarsamente popolato, con una densità molto inferiore al valore medio nazionale (315 abitanti per kmq, valore stabile rispetto al 2013). Anche il tasso migratorio è inferiore rispetto ai valori medi e persino in calo rispetto allo scorso anno (da 1,2 a 1). Il numero medio di anni di studio è 9, mentre il numero di stranieri regolari è di 10 ogni 1.000 abitanti (in calo di 0,9 punti rispetto al 2013).

Il sesto e ultimo indice, il tempo libero, viene stabilito analizzando librerie ogni 100.000 abitanti, copertura della banda larga (la percentuale di popolazione servita), superficie GDO per abitante (mq), numero di sale cinematografiche ogni 100.000 abitanti, indice di sportività, numero di ristoranti e di bar ogni 100.000 abitanti. Il numero di librerie (5 ogni 100.000 persone e in leggero calo rispetto al 2013) è un valore piuttosto basso rispetto alla media nazionale, indice di una crisi del settore editoriale che stringe sulle piccole e medie imprese, dovuta soprattutto a una diffusa diseducazione alla lettura. Scarso anche il numero dei cinema (2 ogni 100.000 abitanti, in calo di 0,4 punti). La quantità di ristoranti e bar, invece, registra una lieve controtendenza (da 510 ogni 100.000 abitanti a 517), pur restando comunque al di sotto del livello medio. Positivo è anche l’indice di sportività di 288 punti (che consiste in numero di nuovi tesseramenti, attività turistiche legate allo sport, piste ciclabili, ecc …), molto al di sopra della media di altre province. Complessivamente, quindi, è possibile registrare un incremento delle potenzialità di Vicenza e provincia rispetto al 2013. Se si considera tuttavia che nello scorso anno Vicenza crollò in 37ª posizione perdendone ben 10 in una volta sola, significa che attualmente, recuperate 7 posizioni dopo le 10 perse, non c’è ancora almeno la stessa qualità di vita del 2012. Molto probabilmente la causa va ricercata nella crisi economica nazionale che vige, però, da allora per tutti in tutta Italia. Tuttavia, Vicenza sembra sulla buona strada per riacquisire ciò che ha perso negli ultimi due anni e, chissà, forse anche per migliorare.

[ Jacopo Bulgarini d’Elci, tra gli animatori della vita vicentina ]

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(s.g.) Spesso accade che chi ha qualcosa non sa apprezzarne il vero valore finché non la perde. Ciò avviene anche con le città in cui si vive. Quando parlo con le persone di Vicen-za e mi chiedono un’opinione sul loro centro ai miei apprezzamenti essi contrappongono lamentele sulla scarsa vitalità del centro cit-tadino e sulla qualità dei parchi e di quartieri specifici un po’ abbandonati dalle ammini-strazioni comunali. Come è vero che la maggior parte di queste e altre critiche sono fondate (anche se sa-rebbe sempre meglio che le critiche siano costruttive e non semplici commenti lancia-ti da dietro uno schermo), è anche vero che c’è sempre una realtà peggiore della propria e ciò viene dimenticato con troppa facilità. Io sono nata e ho vissuto in un’altra città. Vengo da Ancona, capoluogo delle Marche, una cittadina che per dimensioni non è molto diversa da Vicenza. Ancona, città dalle grandi potenzialità, distrutta letteralmente da anni di cattive gestioni, cementificazione, totale assenza di attrattive per i giovani (nonostante sia un centro universitario) e scarsa parteci-pazione della cittadinanza (forse perché or-mai disillusa dalle tante problematiche). Anche se non nascondo che anche qui sto sentendo e leggendo di offese al territorio, Vicenza, al confronto di Ancona, mi appare a prima vista davvero diversa. Per tale moti-vo vorrei spezzare una lancia a favore di ciò di positivo che mi ha colpito fin dalla prima volta che l’ho visitata, senza, però, chiude-re gli occhi in futuro su ciò che colliderebbe con le mie prime impressioni ed emozioni. Vorrei parlare di Parco Querini e nel farlo vor-rei parlarne da forestiera, da persona comune che ha vissuto realtà urbane decisamente di-verse da quella che respiro in questa città. A mio parere Parco Querini è una perla rara che andrebbe custodita nel migliore dei modi. Un vero e proprio polmone verde nel cuore del-la città. Fortunatamente non è l’unico, anzi una delle cose più belle di Vicenza è il poter constatare che tuttora sopravvive un elevato numero di aree verdi aperte al pubblico, al-cune enormi, come Campo Marzo, la prima cosa che ho visto quando ho messo piede fuori dalla stazione. Ne sono rimasta incan-tata. Ditemi tutto quello che volete, che c’è

delinquenza, che il parco è ghettizzato, ma chi ha sempre vissuto in mezzo al cemento la percepisce la differenza. Vi invito a metter piede fuori della stazione di Ancona, o quella di Roma Termini (città in cui ho passato quattro anni): la prima cosa che vedreste sarebbero palazzi dalle strutture infelici e tanto traffico. Forse, allora, vi ren-dereste conto davvero di ciò che ancora Vi-cenza non ha perso (a meno che non si voglia cancellare ora la sua stazione pro Tav..., ndr). Al di là del verde, comunque, delle archi-tetture presenti all’interno di Parco Querini (come ad esempio Il tempietto monoptero, costruito in stile classico da Antonio Piove-ne nel 1820), quello che prima di tutto mi ha colpito è la presenza di tantissimi animali che hanno stabilito i loro nidi e le loro tane all’interno del verde cittadino. Passeggian-do lungo i percorsi del parco ho incontrato e fotografato, galli e galline, fagiani, nutrie, tartarughe, anatre e un numero imprecisato di conigli. Non potevo crederci, dovevo por-tare una prova tangibile a casa per dimostra-re che un posto simile esiste davvero ed è un’oasi comunale. L’impressione è quella di immergersi in un mondo parallelo, lontano dal traffico e dal via vai della città, dove la coesistenza pacifica tra esseri umani e regno animale non sembra poi così utopica. In una società dove persino il collare del migliore amico dell’uomo, il cane, è realizzato in cuo-io animale (due pesi, due misure, non è un

po’ una contraddizione?), il solo fatto che esi-sta un’area del genere dentro una città turi-stica è qualcosa di stupefacente. La maggior parte dei bambini italiani vede questo tipo di animali soltanto sui libri o nei cartoni e diffi-cilmente hanno un contatto con loro e con la natura diverso da quello che si vive grazie alle immagini artificiali o mediate da chi le realiz-za. Poter osservare da vicino conigli, nutrie e volatili è un’occasione molto speciale per im-parare lezioni come quella del rispetto e della tolleranza nei confronti di altri esseri viventi (e quindi, indirettamente, anche verso uomi-ni e donne diversi da se stessi). Osservare, ma non toccare (a meno che il contatto non sia voluto da entrambe le parti). Non maltrattare, ma rispettare gli spazi e le esigenze altrui. Parco Querini, in questo senso, è una vera scuola di tolleranza e un tesoro da coltivare e proteggere. Molti mi faranno notare alcuni problemi che affliggono il parco attualmente, privo di controlli approfonditi sulle nascite della fauna o teatro di episodi come quello del ritrovamento di siringhe, ma io ribatterò dicendo che il degrado è conseguenza diretta dell’indifferenza. Bisogna difendere insieme ciò che ha un valore comune, ma se i cittadi-ni non si rendono conto di questo chi dovreb-be portare avanti le iniziative a tutela della vivibilità cittadina? Prima bisogna imparare ad apprezzare ciò che si ha, poi si attiveranno gli strumenti per valorizzare quel qualcosa. Prima che sia troppo tardi.

Parco Querini visto da una... “foresta”

[ Parco Querini ]

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n. 273 - 5 febbraio 2015 19Speciale Marlane Marzotto

Su “Il Giornale di Vicenza” del 1 ottobre 2009 si poteva leggere questo titolo: “Cosenza - 40 morti di cancro

- indagine su azienda: esalazioni tossiche”, seguito da poche righe, che nascondevano una grave tragedia del lavoro. Così aveva inizio, per noi comunisti italiani di Vicenza,

la battaglia per sapere cos’era successo in Calabria. Il nome Marlane era certamente collegato alla Marzotto di Valdagno e, quindi, quella notizia avrebbe dovuto avere grande risalto in provincia di Vicenza. Invece, i giornali, al di là di quella scarna notizia, non scrivevano nulla. I sindacati

vicentini non sembravano interessati a conoscere cos’era realmente successo in quello stabilimento così distante. Forse qualcosa si sapeva ma era meglio “lasciar lavorare” i magistrati. Provammo a chiedere appoggio ad altre forze politiche, a qualche giornale. Il 26 ottobre scrivemmo al direttore del Giornale di Vicenza una lettera che non ottenne risposta. Per noi comunisti era necessario capire perché e come in uno stabilimento della Lanerossi prima e, quindi, della Marzotto c’erano stati decine di operai morti di tumore. Altri, troppi, si nascondevano dietro una strana prudenza, un timoroso silenzio e l’assenza di notizie.

Dopo la persona dell’anno 2013, che VicenzaPiù individuò in Luc Thibault, sindacalista tutto d’un

pezzo, pescandolo in una rosa di altri 4 “nominabili” (Giorgio Langella, Maria Rita Dal Molin e Massimo D’Angelo), quest’anno non abbiamo avuto dubbi in redazione. Dopo aver seguito per anni la vicenda della Marlane Marzotto e a partire dal 25 ottobre 2009, fattaci conoscere proprio da Langella che combatteva quasi in solitaria una battaglia per informare Vicenza e non solo sulla tragedia che da anni stava colpendo gli ex dipendenti di una manifattura tessile dei Marzotto dislocata in Calabria a Praia a Mare. Nota come Marlane Marzotto fu chiusa per trasferirne, per convenienza economica, le lavorazioni in Repubblica Ceca. La perdita del lavoro era stata, però, preceduta per alcune decine di operai e operaie dalla tragica beffa della perdita della vita mentre cresceva e ancora cresce il numero dei tumori tra gli ex dipendenti. Le indagini, condotte tra mille ostacoli, hanno poi individuato nei materiali tossici del reparto tintoria le cause di quei tumori e sono stati in 107 gli operai morti e/o ammalati presenti nei faldoni dell’accusa all’atto del rinvio a giudizio per Pietro Marzotto, Lorenzo Bosetti e altri vicentini

eccellenti oltre che per altri dirigenti della fabbrica dei veleni. Così fu chiamata la Marlane Marzotto di Praia a Mare anche in una delle rare trasmissioni dedicatele di nascosto e in notturna dalla Rai, che ora non troviamo più nei sui archivi web ma che in queste pagine vi riproponiamo nella versione da noi registrata nel 2011. Dopo la sentenza di assoluzione dei 12 imputati,

per i quali l’accusa aveva chiesto in totale 62 anni di carcerazione, e dopo che oltre 200 parti civili erano state “tacitate” con 30.000 euro a testa, per noi non c’era altra

scelta possibile se non onorare quei 107 come

“persone dell’anno 2015”. Copertina, titoli e 12 pagine a loro dedicate oltre alla notevole quantità aggiuntiva di scritti sui nostri portali, di video da noi pubblicati e di documenti linkati da VicenzaPiù, richiamabili da queste stesse pagine grazie ai nostri QR Code, non ridaranno vita, salute e lavoro a quei 107, a chi a loro si aggiungerà e a tutti i licenziati di quell’insediamento, che ora magari diventerà terreno edificabile nonostante quello che c’è sotto. Non ridaranno alle vittime di fatti certi ma senza “colpevoli” nulla di tutto questo ma contribuiranno, queste pagine e gli altri “contenuti”, a non cancellarne la memoria come hanno

provato a fare, invano, oltre a chi sulla loro vita ha speculato oltre ogni misura, i giornali tra cui il GdV, sindacati come la CGIL di Vicenza e partiti, come il PD locale, come qui di seguito ci ricorda Giorgio Langella.VicenzaPiù non è certo Time con la sua celeberrima tradizione di nominare “l’uomo dell’anno” e la nostra vetrina è sul Vicentino non certo sul mondo, scrivevamo l’anno scorso annunciando la nostra iniziativa sulla “Persona dell’anno”. Ma noi quei 107 li teniamo in vita così. Dopo che altri li hanno prima uccisi, fisicamente, e poi cancellati, mediaticamente. E legalmente.

Nous sommes Marlane Marzotto: le 107 persone dell’anno 2015

[ Giovanni Coviello ]

[ La prima pagina di VicenzaPiù n. 264 ]

Marlane Marzotto,i silenzi vicentini[ Giorgio Langella ]

[ Continua a p. 30 ]

Approfondimento RAI 3

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n. 273 - 5 febbraio 2015 20Speciale Marlane Marzotto

Dopo decenni dal primi decessi del 1973 tra le vittime “senza colpevo-li” della fabbrica di Praia a Mare di

proprietà della famiglia vicentina ci sono i 107 operai morti e/o ammalati contestati dall’accusa all’atto del rinvio a giudizio più un centinaio tra eredi, ex operai ancora vivi, abitanti dell’area ancora a rischio, enti, associazioni, comunità locali. Per inqua-drare gli avvenimenti ve ne proponiamo una cronaca priva di commenti. Saranno i futuri gradi di giudizio, quello che, purtrop-po, ancora succederà a “persone e cose” di quell’area, che si affaccia su uno splen-dido Mar Tirreno, ma da decenni e ancora adesso contaminata e le reazioni a Praia e a Vicenza, pubblicate in queste pagine dedicate alle nostre “Persone dell’anno 2014” a dare ai lettori altre informazioni: quelle che sono mancate oltre alle… per-sone. La storia della fabbrica tessile Marlane, da decenni e dopo la sua acquisizione da parte della famiglia valdagnese nota come Mar-lane Marzotto, è indissolubilmente legata a quella di Praia a Mare e dei paesi dell’Alto Tirreno cosentino. A partire dagli Anni 50 con l’apertura dello stabilimento da parte del Conte Rivetti, la quotidianità di questo territorio è stata travolta da una rivoluzione economica e sociale. Il lavoro porta benes-sere a chi diventa tuta blu e gli stipendi degli operai alimentano l’indotto circostante. Tutti ne beneficiano. Almeno fino alla chiusura nel 2004 dello stabilimento.Dopo è la cenere, ancora una volta da un

punto di vista economico e sociale. I tanti operai diventano cassintegrati e oggi lo sono ancora in gran parte. La loro speranza è ap-pesa agli ammortizzatori sociali sempre più rarefatti e spesso non corrisposti.La scomparsa di quelle risorse economiche è un duro colpo per l’economia locale. Len-tamente, di anno in anno, chiudono attività commerciali ed imprenditoriali. Il territorio prova a sviluppare la sua vocazione turisti-ca senza riuscirci pienamente. Ma questa è un’altra storia.Rimane l’abbandono. Uno stabilimento svuotato letteralmente di tutto. E il sospet-to, quantomeno, che quella fabbrica, che aveva dato il pane, contemporaneamente dava il veleno. Quello respirato dagli operai, ammalatisi e morti per patologie tumorali, e quello sotterrato nei terreni circostanti.Una storia che segna un punto fermo lo scorso dicembre con l’assoluzione di tutti gli imputati da tutti i reati contestati nel pro-cesso Marlane Marzotto, che ha impiegato

decenni per essere istruito e molto meno, dopo gli iniziali tentativi di “ostruzionismo” da parte della difesa, per portare ad un’as-soluzione generale in primo grado accom-pagnata anche e però dall’elargizione di un indennizzo di 30.000 euro ciascuno ai danneggiati (107 operai morti e/o ammala-ti contestati dall’accusa all’atto del rinvio a giudizio più un centinaio tra ex operai an-cora vivi, eredi, abitanti dell’area a rischio, enti, associazioni, comunità locali ) per un totale di circa 6 milioni di euro.Una storia che ha ancora qualcosa di im-portante da raccontare, come spera l’ac-cusa dei pochi rimasti dopo l’indennizzo a difendere la tesi che le morti già avvenute e quelle “annunciate” per chi sta subendo nel periodo di apice degli effetti previsti il decorso delle malattie correlate, non sono di certo state “accidentali”,.Questa è una breve cronologia dei momen-ti salienti di una storia di industria e morte, di lavoro e povertà, di affarismo italiano e degrado calabrese che tocca e, per l’accu-sa, nasce a Vicenza. Questa è la storia della Marlane Marzotto.

1957 – Il conte piemontese Stefano Rivetti di Val Cervo decide di spostare gli interes-si di famiglia, già all’epoca un colosso nel settore della lana, nel Golfo di Policastro. In poco tempo, a Maratea (Pz) e Praia a Mare (Cs) con fondi della Cassa per il Mez-zogiorno realizza tre impianti denominati R1 (a Maratea) e R2 e Rx o Lini e Lane (a Praia a Mare). I primi due hanno funzioni

La storia della fabbrica tessile:

veleni prima e dopo [ Andrea Polizzo ]

[ La fabbrica della Marlane Marzotto di fronte al mar Tirreno ]

[ Vista aerea dela fabbrica negli anni ‘70 ]

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produttive complementari tra loro, l’ultimo è produttore di tovagliato e ricami.

1969 – Le cose vanno male e gli stabili-menti passano, solo per qualche mese, nel-le mani dell’Istituto mobiliare italiano (Imi) per poi finire sotto il controllo di Eni che nel frattempo, nel 1962, ha rilevato il gruppo Lanerossi Spa di Schio. Lo stabilimento R1 di Maratea (tessitura) viene chiuso. Pro-duzione, macchinari e personale vengono accorpati a R2 di Praia a Mare (coloritura e filatura) dando vita a una fabbrica a ci-clo produttivo completo: Marlane (Maratea Lane o Lanificio Maratea dal nome dell’im-presa di Rivetti). È in questo periodo che vengono eliminate le pareti che dividono il reparto di tintoria dal resto della fabbrica, un “particolare” questo che sarà al centro degli eventi successivi.

1973 – Si verificano i primi decessi tra gli operai. A inaugurare la lunga scia di morti sono Sarubbi e Mandarano, entrambi ad-detti alla fase del “carbonizzo” dei tessuti: lavorazione effettuata con bagno di una soluzione di acido solforico che elimina le

parti cellulosiche.

1976 – La fabbrica è assorbita nel gruppo Lanerossi e diventa Marlane Spa con una dirigenza effettiva di base a Praia a Mare. Lamberto Priori è il primo presidente.

1987 – Eni vende al Gruppo Marzotto la La-nerossi, compresa la Marlane Spa di Praia a Mare diretta dal presidente Luciano Cen-gherle che anche con il gruppo di Valdagno resta al suo posto.

1996 – Chiude il reparto di tintoria. È il pri-mo segnale della dismissione della produ-zione.

1999 – La Procura della Repubblica di Paola apre un primo fascicolo sulle morti “bianche” in Marlane.

2004 – La Marlane Marzotto di Praia a Mare chiude definitivamente. Le produzio-ni erano ferme da ormai un anno. I mesi prima della chiusura trascorrono tra prote-ste e assemblee di fabbrica nel corso delle quali si cerca di capire cosa ne sarà dei cir-

ca 200 operai della tessitura, unico reparto rimasto in piedi. La tessitura sarà delocaliz-zata in Repubblica Ceca, dove il costo del lavoro è 5 volte inferiore a quello in Italia. Ma chiuderanno anche filatura (circa 100 operai della Fi.li.vi.vi, cooperativa) e anche i noti “rammendi” esternalizzati da Marzot-to negli anni a cavallo tra gli ‘80 e i ‘90. Alle spalle di queste ditte – si è sempre detto – c’erano politici locali e perfino sindacalisti. Negli anni erano stati inoltre esternalizzati ad altre ditte anche i servizi di forniture, pu-lizie e mensa. Anche queste scompaiono.

2006 – In estate, alla Procura della Repub-blica di Paola giungono le prime denunce circa presunti interramenti di rifiuti derivan-ti dal ciclo di produzione nell’area adiacen-te alla fabbrica e al depuratore. Sono gli ex operai Sica, Cunto e Pacchiano a interes-sarne il PM Francesco Greco che apre un fascicolo su 7 persone. Il 30 ottobre 2006 la Procura dispone il sequestro dell’area e lo svolgimento delle prime analisi ambien-tali. Dopo il dissequestro la Marzotto avvia uno studio di caratterizzazione dell’area.

2007 – Il 4 febbraio l’ex operaio Nicolino Sica muore per un carcinoma al colon. A novembre, un secondo fascicolo è aperto sulla posizione di 4 persone dal Pm Anto-nella Lauri che dispone un nuovo seque-stro dell’area e una campagna di indagini ambientali che prevede scavi, carotaggi e analisi delle acque di falda. Dati finiti nel-la perizia svolta per la Procura da Rosan-na De Rosa del dipartimento di geologia dell’Unical. Il nuovo sequestro blocca l’iter di caratterizzazione avviato da Marzotto.2008 – Altri accertamenti ambientali sono svolti nei terreni Marlane Marzotto limitata-

[ Immagini della fabbrica negli anni ‘70 ]

[ Silos simbolo della Marlane. Nel 2004 alcuni operai si barricarono in sciopero fame ]

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mente alle acque sotterranee. La perizia De Rosa è oggetto della consulenza tecnica di Giacomino Brancati. Il procuratore capo di Paola, Bruno Giordano, riunisce i tre pro-cedimenti in un unico fascicolo.

2009 – Il PM Lauri chiude le indagini e chiede il rinvio a giudizio per 14 indagati tra proprietari, dirigenti Marzotto e anche dipendenti Marlane.2010 – Il Gup di Paola Salvatore Carpino accoglie la richiesta della procura e rinvia a

giudizio tutti gli indagati per i seguenti capi di accusa: cooperazione nel delitto colposo (art.113 c.p.), omicidio colposo (art. 589 c.p), lesioni personali colpose (art. 590 c.p.), rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro in con-corso (artt. 110 e 437 c.p.), disastro am-bientale in concorso (artt. 110 e 434 c.p.) e attività di gestione di rifiuti non autorizzata (art. 256 dlgs 152/2006).2011 – Il 19 marzo si svolge la prima udienza del processo Marlane Marzotto

che apre una fase preliminare che durerà molto a lungo per le verifiche “puntiglio-se” sulle costituzioni parti civile. Alla fine saranno circa 200 tra operai ammalati ed eredi di quelli deceduti. Costituiti anche Cgil, Slai-Cobas, Medicina democratica, Provincia di Cosenza, Regione Calabria, i Comuni di Praia a Mare e Tortora, Wwf e Legambiente.

2012 – Venerdì 28 settembre partono final-mente, dopo una lunga serie di rinvii, gli interrogatori. I primi ad essere sentiti sono gli ex operai Luigi Pacchiano e Salvatore Cunto.

2013 – Ad ottobre il tribunale di Paola no-mina un pool di esperti per una nuova peri-zia ambientale all’interno dell’ex fabbrica di Praia a Mare e nei terreni circostanti. Nelle stesse ore si viene a sapere per la prima volta della trattativa risarcitoria di Eni e Marzotto con le parti civili.

2013 – Novembre: le parti civili abdicano. Si è chiusa la trattativa tra Eni e Marzotto con gli operai ammalati e gli eredi di quelli deceduti. Ad ognuna delle persone costi-tuite nel processo va un risarcimento di 30mila euro. Eni per due terzi e Marzotto per la parte restante sborsano circa 6 milio-ni di euro a fronte dei duecento che erano stati richiesti. Restano costituiti nel proce-dimento gli enti, le associazioni ambientali-ste e sindacali.

2014 – Maggio: in aula i periti nominati dal tribunale espongono il loro lavoro. La perizia conclude che esistono sia il nesso causale tra il lavoro svolto in fabbrica e i tumori contratti dagli operai, sia il disastro ambientale.

2014 – Settembre: nella propria requisitoria i PM chiedono complessivamente 62 anni di carcere e un’assoluzione. Pietro Marzot-to, presidente del noto gruppo vicentino dal 1982 al 1998, già conte di Valdagno e pre-sidente dell’Associazione industriali di Vi-cenza, in qualità di presidente della società Lanerossi Spa (già Marlane Spa) e della Manifattura Lane Gaetano Marzotto & figli Spa dal 1988 al 1998, 6 anni di carcere.Silvano Storer in qualità di amministratore delegato del gruppo Marzotto dal 1997 al 2001, 5 anni di carcere. Jean De Jaegher (consigliere dell’associazione europea delle industrie tessili e presidente della Marzotto Usa dal 1995 al 1998), in qualità di ammi-nistratore delegato del Gruppo Marzotto dal 1996 al 1997, 5 anni di carcere. Lorenzo

[ Immagini della fabbrica negli anni ‘70 ]

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Bosetti ex-sindaco di Valdagno, in qualità di consigliere delegato e vicepresidente esecu-tivo della Lanerossi Spa e della Marzotto Spa dal 1998 al 1993, 5 anni di carcere. Carlo Lomonaco, ex sindaco di Praia a Mare, in qualità di caporeparto Tintoria Marlane di Praia a Mare dal 1973 al 1988, di respon-sabile dell’impianto di depurazione e smal-timento acque reflue dal 1973 al 1980 e di responsabile dello stabilimento dal 2002 al 2003, 10 anni di carcere.Vincenzo Benincasa, in qualità di respon-sabile dello stabilimento Marlane dal 1997 al 2002, 8 anni di carcere. Salvatore Cri-stallino, in qualità di responsabile del re-parto tintoria dal 1989 al 2003, 3 anni di carcere. Giuseppe Ferrari, in qualità di re-sponsabile dello stabilimento dal 1978 al

1980, 4 anni e sei mesi. Lamberto Priori, in qualità di amministratore delegato dalla Lanerossi Spa dal 1980 al 1987, 7 anni e sei mesi.Ernesto Antonio Favrin, vicepresidente vi-cario della Confindustria veneta, in qualità di amministratore delegato della Marzotto Spa dal 2001 al 2004, 5 anni di carcere.Attilio Rausse, responsabule dello stabili-mento dal 2003 al al 2004, 3 anni e sei mesi. Chiesta l’assoluzione per Ivo Come-gna, imputato in qualità di responsabile del reparto Tintoria dal 1981 al 1986 e del reparto Finissaggio dal 1986 al 2004 per non aver commesso il fatto. Un quattordi-cesimo imputato, in qualità di responsa-bile dello stabilimento dal 1988 al 1996 è deceduto.

2014 – 19 Dicembre: la corte, presidente Domenico Introcaso, giudici a latere An-namaria Buffardo e Pierpaolo Bortone, legge in aula il dispositivo della sentenza di primo grado del processo Marlane. Tut-ti assolti con formula piena da tutti i capi di accusa i 12 imputati nel processo sulle morti bianche degli operai e sull’inquina-mento dell’area industriale della Marlane di Praia a Mare, fabbrica tessile del Grup-po Marzotto. Motivazione in 90 giorni. Ap-pello previsto da parte dell’accusa.

«È in corso un’indagine per 21 dipenden-ti Marzotto, non si sa se della fabbrica di Schio e/o di Valdagno, colpiti da mesotelio-ma da amianto. Qui c’è chi già trema!». Lo ha affermato Bruno Cardini, presente a un incontro pubblico di sabato 22 novembre, in cui si è parlato del caso Marlane Marzotto, e lo ha documentato un servizio su Repubbli-ca Tv di Giulia Zanfino, già nota per la sua puntata denuncia su Crasch, di cui parliamo in queste stesse pagine.Il valdagnese Cardini, ora in pensione, ha la-vorato alla Ulss e per decenni è stato a stret-to contatto con Inail e Spisal, e a novembre ne sintetizzavamo così la sua denuncia: «Le avvisaglie mediche del caso erano state se-gnalate, per almeno 3 operai, alle autorità competenti già nel 2009 e documentate

anche su VicenzaPiu.com già nel 2010. Ora si è mosso qualcosa, ma cosa non si sa ancora... Se alla Marlane Marzotto di Praia verrà fuori alla fine la verità per i morti da materiali tossici, qui c’è chi già ora trema!».«Nei primi anni Sessanta – spiega Cardi-ni - l’ambiente della tessitura di Valdagno, per evitare cedimenti causati da eventuali incendi e il riverbero acustico, è stato coi-bentato con impasto di amianto e resina. Tra il 1992, anno in cui con legge 257 l’Ita-lia mette al bando tutti i prodotti contenenti amianto, vietandone l’estrazione, l’importa-zione e la commercializzazione, e il 1995 la direzione Marzotto decise di rimuovere la coibentazione, affidando l’incarico alla TI&A - Tecnologie Industriali e Ambientali - di Mi-lano, che, dopo aver rimosso la copertura presente, realizzò un controsoffitto in legno sigillato, con doppia porta di accesso e doc-cia all’uscita. Certo è che, dal 1960 al 1995 circa, tutto il personale della tessitura fu esposto all’ina-lazione di fibre di amianto a livelli e tipolo-gia non noti».È arrabbiato Cardini, che conosceva alcune delle persone decedute tra quelle che lavo-ravano alla Marzotto. Arrabbiato perché a fronte di un’evidenza, le istituzioni, anche quelle che dovrebbero proteggere i diritti dei

lavoratori, tra cui la Cgil di Vicenza, punta lui il dito, non si espongono o, se lo fanno, lo fanno solo in parte e inadeguatamente.«A fronte di un decesso per mesotelioma – prosegue Cardini - e di qualunque altra malattia per la quale si ipotizzi una malat-tia professionale, i medici legali dovrebbero inviare segnalazione alla Procura della Re-pubblica, poiché si potrebbe configurare l’ipotesi di reato di lesione personale grave. Sarà stato fatto?- si domanda Cardini. Si sa, inoltre, che quando emergono alcu-ni casi, la realtà potrebbe riguardarne molti altri. Se è vero, quindi, che attualmente ci sono una ventina di casi su cui si stanno facendo delle indagini, si potrebbe presu-mere uno sviluppo fino a 200 casi. Se si considera, poi, che nella tessitura avranno lavorato negli anni migliaia di persone, la questione diventa allarmante. Mi chiedo cosa stiano facendo in merito i sindacati, se stia-no provvedendo alle pra-tiche per la richiesta dei benefici previdenziali. Ad oggi sembra che ancora tutto taccia...».

Amianto e Marzotto anche nel Vicentino

[ Federica Ceolato ]

[ Bruno Cardini durante un’intervista ]

[ Una facciata della Marzotto in degrado ] Approfondimento

Marlane. La storia Marlane. La storia

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(a.p.), Milano, nostro servizio

«Siamo estremamente soddisfatti dell’esito della sentenza del processo Marlane perché la

formula assolutoria scelta dalla corte è la più ampia possibile». A dirlo è Enrico Giarda, dell’omonimo studio legale, a qualche giorno di distanza dalla sentenza di primo grado con la quale il tribunale di Paola ha assolto con formula piena i dodici imputati del processo Marlane Marzotto da tutti i

capi di accusa. Nel procedimento penale sulle morti bianche tra gli operai dell’ex fabbrica tessile di Praia a Mare e sull’inquinamento dei terreni circostanti, lo studio Giarda difendeva con l’avvocato Salvatore Perugini gli imputati Pietro Marzotto, Lorenzo Bosetti, Ivo Comegna e Salvatore Cristallino.«Constatiamo - ha proseguito Enrico Giarda - che il tribunale ha voluto accogliere le nostre ragioni riconoscendo

in sostanza l’inadeguatezza delle imputazioni formulate dall’accusa rispetto alle posizioni e ai ruoli dei nostri assistiti».I vicentini Marzotto e Bosetti dovevano rispondere del reato di disastro ambientale.L’accusa, in riferimento ai loro compiti nella gestione della fabbrica e dell’impianto di depurazione annesso, li ha ritenuti responsabili dell’interramento nei terreni adiacenti allo stabilimento e prossimi al mar

Assoluzioni, soddisfatti i legali di Pietro Marzotto

e Lorenzo Bosetti

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n. 273 - 5 febbraio 2015 25Speciale Marlane Marzotto

Tirreno di rifiuti speciali pericolosi di origine industriale.Pietro Marzotto, conte in quanto figlio di Gaetano insignito di quel titolo, già presidente del gruppo tessile omonimo, dal 1982 al 1998, è stato indagato in qualità di presidente della società Lanerossi Spa (già Marlane Spa) e della Manifattura Lane Gaetano Marzotto & figli Spa dal 1988 al 1998. Per lui sono stati chiesti dalla pubblica accusa 6 anni di carcere.Lorenzo Bosetti, sindaco di Valdagno dal 1999 al 2004 e poi anche presidente del Cda di AVA, è stato invece indagato in qualità di consigliere delegato e vicepresidente esecutivo della Lanerossi Spa e della Marzotto Spa dal 1998 al 1993. Per lui la richiesta di pena era di 5 anni di carcere.«In aula - ricorda Giarda - abbiamo dimostrato che Marzotto e Bosetti non si sono mai occupati in concreto, e mai avrebbero potuto farlo, della gestione dei rifiuti e, nel caso specifico, dei fanghi. E lo abbiamo dimostrato depositando agli atti centinaia di documenti societari, tra cui verbali del Cda, atti notarili e altro. Tutti - precisa l’avvocato - attestanti le deleghe di cui venivano investiti livelli intermedi che dovevano gestire quella particolare attività. Ma il presupposto della nostra linea difensiva - prosegue Enrico Giarda - è che il disastro ambientale non è stato in alcun modo dimostrato. Per questo nelle nostre conclusioni in difesa di Marzotto e Bosetti abbiamo contestato le consulenze e le perizie richieste dal tribunale che, a nostro vedere, erano e sono non adeguate a sostenere le gravi accuse mosse nei confronti degli imputati».Il pensiero corre alla superperizia che, in piena fase dibattimentale, la corte ha commissionato a un pool di esperti: Maria Triassi, professore ordinario d’igiene presso l’Università Federico II di Napoli e direttore del dipartimento di Sanità pubblica, Pier Giacomo Betta, specialista in anatomia patologica,

oncologia medica e patologia generale, Pietro Comba, direttore del reparto di epidemiologia ambientale al dipartimento ambiente dell’Istituto superiore di sanità e Giuseppe Paludi, specialista in medicina interna e perito d’ufficio della Corte d’assise al tribunale di Napoli.«Un lavoro - lo liquida Giarda - che semplicemente non ha sciolto i quesiti posti dal tribunale soprattutto in merito al nesso di causalità tra il lavoro in fabbrica, i prodotti utilizzati e i tumori insorti».La mancanza di basi scientifiche in consulenze e perizie presentate in aula. Un tema, questo, ricorrente per la difesa nella fase delle conclusioni.«L’evidenza epidemiologica non è sufficiente a creare un profilo penalmente rilevante. Rivela importanti dati su un’intera popolazione, ma mai sui singoli casi: lo dice la più autorevole letteratura scientifica in merito ed è questo l’orientamento della giurisprudenza. In sostanza: serve, ma non basta».Parole, queste, pronunciate in aula nell’udienza del 15 novembre 2014, da Angelo Giarda, titolare dello studio legale milanese, e dedicata alla difesa dai reati di lesioni e omicidio colposo mosse contro Cristallino e Comegna, ex capireparto Marlane Marzotto.Secondo Giarda padre, l’analisi epidemiologica svolta sugli ex operai dell’ex fabbrica tessile di Praia a Mare per stabilire un nesso causale tra lavoro e tumori non ha dunque consegnato alla corte elementi certi per la decisione finale.«Su tutto - ha detto in aula ancora Angelo Giarda - va segnalato che nell’analisi epidemiologica il pool di periti ha omesso di indagare con

certezza i tempi di esposizione alle sostanze incriminate».Tornando ai reati ambientali rimane da chiedersi: quale sarà ora la sorte dei terreni Marlane? Quesiti che attendono risposte celeri dal momento che l’allarme inquinamento non è affatto sopito tra le popolazioni interessate, quelle dei comuni confinanti di Praia a Mare e Tortora, e dal momento che la sentenza di primo grado ha disposto anche il dissequestro dell’area.Nel 2006, prima del sequestro preventivo da parte della Procura della Repubblica di Paola, la Marzotto aveva fatto richiesta agli enti competenti per pervenire a una caratterizzazione, studio ambientale preludio a una eventuale bonifica.«Sì, è così che è andata - interviene Enrico Giarda - ma in merito alla volontà di riprendere l’iter da parte del Gruppo Marzotto non posso rispondere, dovreste chiedere ai colleghi che nel processo Marlane lo hanno rappresentato in qualità di responsabile civile».Un ultimo giudizio viene sottoposto al rappresentante dello studio Giarda sulle opinioni circa l’inadeguatezza di un piccolo tribunale di provincia e dell’annessa procura nell’istruire e nel trattare un processo di queste dimensioni.«Posso dire con certezza - commenta Giarda - che abbiamo apprezzato il modo di condurre il procedimento da parte del collegio giudicante. Certo è - conclude - che si trattava del primo processo di questo tipo per il tribunale e la procura di Paola e questo potrebbe aver avuto il suo peso».

Assoluzioni Marlane Marzotto, l’accusa non molla: milioni di euro di indennizzi, perchè? E il disastro ambientale non è prescritto.

[ Il conte Pietro Marzotto ][ Lorenzo Bosetti, già sindaco di Vald-

agno e presidente Cda di Ava ]

[ L’avvocato Enrico Giarda ] Per saperne di più

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n. 273 - 5 febbraio 2015 26Speciale Marlane Marzotto

(a.p.) Praia a Mare

La bonifica dei terreni che circondano lo stabilimento dismesso della Marlane Marzotto

è una priorità. Nonostante le recenti assoluzioni da tutti i capi di accusa per i 12 imputati nel processo Marlane Marzotto, compresi i reati ambientali contestati agli stessi dalla Procura della Repubblica di Paola, continuano ad alzarsi appelli per bonificare l’intera area.Sono in molti a pensarla così. È quel che chiede a gran voce, e da diversi anni, il Comitato per la bonifica dei mari, fiumi e terreni della Calabria. Ma questo è ovvio.Come è scontato che lo stesso desiderio alberghi nei molti residenti dei due comuni interessati a causa della vicinanza dell’ex area industriale che, infatti, sorge nel Comune di Praia a Mare, esattamente al confine con quello di Tortora e a due passi dal litorale del Mar Tirreno.A tal proposito la bonifica sta a cuore anche all’attuale sindaco di Praia a Mare, Antonio Praticò, e a quello del confinante abitato di Tortora, Pasquale Lamboglia. Entrambi i comuni erano costituti parte civile nel primo grado del processo Marlane e hanno chiesto risarcimenti milionari ai responsabili civili (Eni e Marzotto).«Il territorio – hanno fatto sapere i due primi cittadini in una nota congiunta – oltre a richiedere verità e giustizia, auspica un piano serio di risanamento ambientale, attraverso un’adeguata bonifica del sito che deve essere restituito alla collettività, integro, quale bene comune e di pubblica utilità».È dello stesso avviso anche il Ministro per gli Affari regionali e delle autonomie del Governo Renzi, Maria Carmela Lanzetta. Il politico calabrese (è originaria di Mammola, in provincia di Reggio Calabria, ndr) lo ha detto di recente durante una sua visita proprio a Praia a Mare. In riva al Tirreno cosentino, lo scorso 2 gennaio, il ministro è venuto per incontrare le

istituzioni locali, gli ex operai (quelli vivi o non ammalati sono ancora alle prese con la disoccupazione) e tutte quelle forze sociali e politiche che, appunto, vogliono che quei terreni siano liberati dai veleni che li appestano.«Subito la bonifica!» ha detto in quella occasione la Lanzetta a margine dell’incontro con gli amministratori dell’intero comprensorio dell’Alto Tirreno cosentino caldeggiando, inoltre, la costituzione di un tavolo tecnico nazionale per la bonifica del sito «che – ha aggiunto – potrebbe creare nuovi posti di lavoro».Già. Perché una volta ripulita l’area che nel frattempo è stata dissequestrata dal tribunale di Paola, contestualmente all’assoluzione con formula piena degli imputati nel processo Marlane da tutti i reati contestati, bisognerà pensare a cosa farne.Qui, rientra in gioco Marzotto, proprietario dell’area di cui è tornato in pieno possesso proprio con la sentenza di primo grado. Sulla sorte dei terreni pesa, dunque, quanto sarà deciso a Valdagno. Facile immaginare la vendita come il più probabile degli scenari. Un rilancio in chiave industriale è del tutto improbabile. Per certi versi è

improponibile e anche anacronistico considerata la vocazione turistica che l’intera Riviera dei Cedri professa come suo tratto peculiare da almeno un trentennio.In tale direzione giova ricordare che la proprietà privata nel 2006 aveva avviato uno studio di caratterizzazione dei terreni che avrebbe potuto portare già allora ad una eventuale bonifica. La Procura di Paola però dispose il sequestro preventivo bloccando la procedura.In attesa che la Marzotto stessa decida il da farsi, ci sono alcuni elementi certi da prendere in considerazione. Dal momento che la sentenza ha stabilito che anche in merito ai reati ambientali (disastro ambientale in concorso e attività di gestione di rifiuti non autorizzata) non sono stati portati elementi certi tali da avviare il giudizio a una condanna (“Il fatto non sussiste”), Marzotto non avrebbe obblighi giuridici alla bonifica. Per il momento, però, è il caso di attendere marzo, quando saranno depositate le motivazioni del giudizio.Di contro, essendo potenzialmente interessato alla vendita dell’area, Marzotto potrebbe quanto meno riavviare

Bonifica dei terreni si o no?Quale futuro per l’area?

[ Tecnici al lavoro per misurare i liveli di contaminazione ]

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n. 273 - 5 febbraio 2015 27Speciale Marlane Marzotto

la procedura di caratterizzazione per dissipare ogni dubbio sullo stato ambientale dei terreni.La presenza al loro interno di sostanze potenzialmente nocive per l’uomo è dichiarata da una serie di atti uffi ciali, conseguenti a indagini della Procura, poi fi niti nel faldone riunifi cato del processo Marlane. Oltre alle perizie tecniche fatte svolgere dai PM e dagli avvocati delle parti civili va ricordata la super perizia commissionata dal tribunale di Paola nel corso del dibattimento.Il pool di esperti che l’ha redatta (Paludi, Betta, Comba e Triassi) aveva concluso per la sussistenza del disastro ambientale dovuto all’interramento nel suolo di rifi uti derivanti da processi produttivi dell’industria tessile.«Alcune sostanze tossiche individuate in quei terreni – si legge nelle conclusioni della perizia – in un eventuale processo di combustione sviluppano ossidi nitrosi, sostanze capaci di interagire in ambiente sviluppando (a loro volta) sostanze altamente irritanti a livello di cute e vie respiratorie per la popolazione e nocive per l’ambiente circostante».In caso di incendi, ad esempio, la salute dei residenti nei quartieri di Praia a Mare e Tortora prossimi alla Marlane sarebbe a rischio. Un particolare inquietante.Proprio di recente, lo scorso 9 gennaio

2015, alcuni roghi (nelle foto) sono stati appiccati in una porzione nel frattempo ceduta da Marzotto a un altro privato compresi gli storici alloggi dei dirigenti e degli operai. Una vasta fetta di terreno che, oltre agli immobili, contiene un bosco di eucalipto ad alto fusto ed è confi nante con l’area oggetto del sequestro preventivo e degli studi sui probabili inquinamenti. Ovvero quella tra lo stabilimento e i depuratori della fabbrica e del comune.Dal municipio, a seguito di una segnalazione, è stata inviata la polizia municipale per un controllo.«Le fi amme – a quanto ha riferito il sindaco Praticò – sono state appiccate da una squadra di operai incaricati di pulire l’area dalla società che ne detiene la proprietà. Abbiamo intimato immediatamente di spegnere i fuochi appiccati perché la legge vieta di

bruciare il cosiddetto sottobosco. È comunque il caso di precisare che non si tratta dell’area oggetto degli accertamenti giudiziari ed ambientali relativi al processo Marlane, anche se distante solo pochi metri. Tuttavia svolgeremo ulteriori accertamenti sull’intera zona».Bonifi ca o no, le idee sullo sfruttamento dell’area non sono mancate negli anni e convergono praticamente tutte sullo sfruttamento edilizio a fi ni turistico-residenziali. Unica voce fuori dal coro quella degli ambientalisti locali appartenenti al Comitato bonifi ca che vorrebbero la realizzazione di un parco pubblico con un monumento dedicato alla memoria degli operai e delle operaie della Marlane che hanno trovato la morte per tumore, l’unico colpevole ad oggi accertato.

[ L’azione di incoscienti che bruciano sterpi nell’area contaminata ]

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n. 273 - 5 febbraio 2015 28Speciale Marlane Marzotto

(a.p.) Praia a Mare Arriva a bordo della sua auto scura e io lo noto dalla vetrina del bar al centro di Praia a Mare in cui, seduto a un tavoli-no, lo aspetto. Luigi Pacchiano indossa un cappello nero, una sciarpa a scacchi e un giubbotto giallo. E gli occhiali da sole che non toglie nemmeno all’interno del locale. Lui è un ex operaio Marlane. «Sono una tuta blu» mi dirà più volte nel corso della nostra intervista lui che con Francesco Cirillo ha pubblicato nel 2011 un libro dal titolo “Marlane: la fabbrica dei veleni. Storia e storie avvelenate” costruito sulle interviste della giornali-sta Rai Giulia Zanfino e presentato il 12 marzo dello stesso anno anche da Vicen-zaPiù a Poleo. Anche sulle sue denun-ce e, in particolare, dalla sua causa di lavoro contro la proprietà della fabbrica tessile di Praia a Mare chiusa nel 2014 è stato costruito il processo Marlane chiu-so lo scorso 19 dicembre in primo grado con l’assoluzione con formula piena di tutti e dodici gli imputati.Partiamo proprio dalla sentenza assoluto-ria. Come l’ha accolta?«Con un certo sgomento. È stata una vergogna totale. Non pensavo che si sa-rebbe dato un colpo di spugna a tutto. Dobbiamo aspettare le motivazioni per capire cosa è successo. Però per quel-lo che abbiamo ascoltato in aula è sta-ta una grande vergogna. Per l’ennesima volta la clemenza dello stato viene usata per i colletti bianchi e l’inclemenza vie-ne riservata alla tute blu. Tutti i grandi processi recenti, Thyssen ed Eternit su tutti, sono processi fotocopia. I lavoratori sono solo un numero. Carne da macello. Finito il suo lavoro l’operaio serve solo a fare letame».Lei ha sempre denunciato le condizioni in cui si lavorava in Marlane. Ha più volte raccontato circostanze oggetto poi anche delle testimonianze rese al processo da lei e altri testimoni. Lo spazio di lavoro unico che consentiva ai vapori del reparto tintoria di circolare nell’intero stabilimen-to, l’assenza o quasi di visite mediche, l’utilizzo di sostanze chimiche senza le necessarie precauzioni e altro. Qual’è la sua esperienza in fabbrica, che ricordo ne conserva?

«Io arrivai in Mar-lane nel 1969 dal lanificio R1 di Ma-ratea, quando si de-cise di accorpare le due fabbriche. Era una fabbrica da ter-zo mondo dov’era impossibile respira-re. D’estate usciva-mo fuori per pren-dere aria. Il raffred-damento consisteva nell’acqua che si usava, vaporizzata, per tenere umida la lana e che veni-va diffusa con dei ventilatori finendo poi sul pavimento. Ci si lamentava ma i capetti locali dicevano sempre: A chi non conviene la porta è lì. Ma non c’era modo di trovare lavoro al-trove. In più con i primi decessi cresceva la preoccupazione. Eppure quando man-cava qualcuno la dirigenza ci racconta-va che si erano licenziati. Qualcuno mi ha anche raccontato di firme su lettere di dimissioni in punto di morte, a volte anche guidando la mano del moribondo.I controlli medici e l’assistenza erano assenti. Vi racconto una mia esperien-za personale. Lavoravamo del filato e a causa della polvere che si diffondeva mi si erano gonfiati gli occhi tanto da diventare come due pomodori. Nessuno prese provvedimenti. Dovetti firmare un permesso per andare a casa. Presi la mia auto e andai in ospedale dove l’oculista mi disse che era dovuto a una forma di allergia ai prodotti con cui ero entrato in contatto. Questo era il livello di tutela dell’operaio in fabbrica.Io ho contratto un tumore alla vescica nel 1993, mi sono operato a dicembre di quell’anno, ma ho avuto il piacere di conoscere il medico aziendale per caso solo l’anno successivo. Nel periodo d’im-piego alla Marlane abita-vo nei cosiddetti canili, gli alloggi per gli operai scapoli costruiti a due-cento metri dalla fabbri-ca. Venne lì e mi chiese se volevo fare una visita

all’udito. Io risposi che non lo avevo mai visto e mi disse che era in fabbrica dal 1992. Quindi chiesi di nuovo come fa-cesse allora a non sapere già che patolo-gie avevo. Questo prova che le visite peri-odiche non avvenivano. Mi ha poi visitato nell’infermeria della fabbrica. Mi invitò a sedere su uno sgabello, mi fece accaval-lare le gambe e mi stimolò i riflessi con il martelletto. Per un tumore alla vescica!? Queste erano le visite che si facevano alla Marlane. Mi sono operato di nuovo nel 1996, e l’anno prima è stato l’anno peggiore della mia vita. Sapevano cosa avevo, ero debilitato, urinavo sangue ep-pure mi facevano fare dei lavori che non potevo. Loro se ne fottevano e mi rispon-devano Un morto in più, uno in meno, non cambia niente. Poi l’Inail mi ha ri-conosciuto la malattia professionale sta-bilendo che v’era nesso tra il lavoro fatto e la patologia riscontrata. Io chiesi di essere spostato altrove, per non inalare i

Luigi Pacchiano: per un tumorealla vescica visitato all’orecchio

[ Luigi Pacchiano ]

[ Cirillo con Pacchianoalla presentazione del libro ]Per saperne di più

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n. 273 - 5 febbraio 2015 29Speciale Marlane Marzotto

vapori della tintoria e loro mi ridevano in faccia. Alla fi ne del 1995 fui costretto a rassegnare le dimissioni e me ne andai. Forse licenziandomi mi sono salvato».È questa causa di lavoro contro la Marzot-to, gli atti come le perizie mediche svolte sul suo caso che sono fi nite nel processo Marlane. Soprattutto sono citate in quasi tutte le costituzioni di parte civile degli al-tri ex operai. Oggi quella causa si è conclu-sa ma in maniera particolare e dopo tanti anni. Ci racconta come?«Ci sono voluti 18 anni meno tre giorni per concludersi. 8 anni di primo grado, 4 di appello e 6 anni in Cassazione che ha rinviato tutto di nuovo in appello, non più a Catanzaro ma in Basilicata. Erano i

mesi in cui sono partite le contrattazioni tra parti civili ed Eni e Marzotto per la transazione per il risarcimento. La stessa notte in cui è stato chiuso l’accordo sulla base di 30mila euro per ogni parte civile è stata negoziata anche la mia transazio-ne. L’azienda mi ha offerto di accettare quanto era stato stabilito a mio favore in primo grado. Ho accettato. Davanti a me c’erano come minimo altri 10 anni di processo e io ho una certa età. Una vertenza di lavoro, dunque, durata quasi 18 anni e chiusa non per sentenza, ma per un accordo. Se una tuta blu viene abbandonata dallo Stato italiano non gli resta che accordarsi e mettersi la dignità sotto i piedi».

Anche il processo Marlane Marzotto è sta-to un processo lungo e in qualche modo “strano”. Gestito forse da una procura e un tribunale non “pronti” per un procedimento così importante. Lei cosa ne pensa?«Di sicuro, comprese le indagini, si è perso molto tempo. Dal giorno del rinvio a giudizio alla prima udienza sono passa-ti 24 mesi. Poi, udienza dopo udienza, sono passati altri due anni senza alcun risultato. Sono state sentite centinaia di testimoni che raccontavano tutti lo stes-so fatto e tralasciate invece alcune cose importanti. Quanto al giudizio sul perché si è perso così tanto tempo e sul ruolo di procura e tribunale le dico che non mi esprimo perché non sono un avvocato, ma una tuta blu».Ora, molto probabilmente, le parti civili ri-maste costituite e la pubblica accusa pro-cederanno in appello. Lei cosa si aspetta?«Se nel secondo grado sarà preso in esa-me tutto ciò che è stato tralasciato nel primo, qualcosa potrebbe cambiare. Il materiale sottoterra è ancora li, le due persone che si sono autoaccusate degli interramenti, Franco De Palma e Mario Ruggeri, che io vedevo andare a scarica-re, lo dicevano chiaramente quello che accadeva. Però un’intervista di De Pal-ma, resa prima di morire, in cui dichia-rava quello che faceva, non è stata mai presa in considerazione. In una riunione, una operaia ha detto di aver distrutto al-cune schede dei coloran-ti. La sua testimonianza fi rmata nero su bianco non è stata presa in con-siderazione. E allora di cosa discutiamo?»

[ Pacchiano mostra i cartelli con i nomi di alcuni mortia Praia a Mare nella fabbrica dei veleni ]

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n. 273 - 5 febbraio 2015 30Speciale Marlane Marzotto

Solo VicenzaPiù iniziò ad interessarsi della questione pubblicando gli appelli e le richieste di conoscere la verità su quanto era successo a Praia a Mare firmati dal PdCI di Vicenza e pochi altri. Eppure, quanto era successo alla Marlane, era la fotografia impietosa di un modello di sviluppo spaventoso. C’era la delocalizzazione di una fabbrica che soddisfaceva le esigenze occupazionali di un intero territorio in regime di monopolio. C’erano i finanziamenti della Cassa del mezzogiorno, i ricatti occupazionali, una evidente assenza di sicurezza, l’inquinamento ambientale e, soprattutto, la morte di decine di operai. La morte lenta, causata da tumori di vario genere, di una percentuale altissima di lavoratori. Vista la solitudine nella quale si trovava ad operare una formazione politica piccola come il PdCI si poteva operare in due maniere. Chinare il capo uniformandosi agli “indifferenti” o iniziare una campagna di informazione. La decisione fu di seguire questa seconda via. Prendemmo contatto con chi, testardamente, a Praia a Mare aveva iniziato da tanti anni a porre domande e pretendere verità e giustizia. Con l’aiuto di VicenzaPiù e, più saltuariamente, del Gazzettino e del Corriere del Veneto, cominciammo a diffondere le notizie che riuscivamo a trovare. Fu così che iniziò una

battaglia per l’informazione che è durata cinque lunghi anni e che continua ancora, dopo la sentenza di 1° grado. Organizzammo conferenze stampa, volantinaggi, assemblee di informazione

con la presenza di chi stava portando avanti la lotta a Praia a Mare (Luigi Pacchiano e Francesco Cirillo). Giornali, partiti e sindacati maggiori (solo l’USB iniziò con Luc Thibault a rendersi protagonista di questa battaglia) mantenevano una posizione defilata. Scrivemmo appelli firmati da esponenti nazionali della politica, della cultura, della scienza, dello spettacolo come Margherita Hack, Franca Rame, Ascanio Celestini, Oliviero Diliberto. E a Vicenza anche dall’ex senatore della Lega Nord e noto avvocato Renato Ellero e da centinaia di cittadini. Tutto sembrava inutile. Della Marlane Marzotto se ne parlava poco e solo di sfuggita. I lavoratori che erano morti e che continuavano a morire erano ombre, persone da dimenticare, senza identità, senza storia. Sembrava ci fosse la decisione di cancellare tutto con l’indifferenza e il silenzio. Le udienze preliminari del processo, intanto, procedevano lentamente, bloccate da un’interminabile serie di rinvii, cavilli ed eccezioni. Frutto di una difesa (composta da avvocati eccellenti come Ghedini, Calvi e, in un primo tempo, anche Pisapia) che mirava non tanto ad ottenere giustizia e conoscere la verità, ma a rimandare il dibattimento. Noi continuammo a diffondere notizie con i pochi mezzi a nostra disposizione e qualche breccia nel muro dell’indifferenza, forse, riuscimmo ad aprirla. Così, finalmente, il processo vero ebbe inizio e il 19 dicembre scorso, dopo che la Marzotto “liquidò” la stragrande maggioranza dei parenti delle vittime con poche migliaia di euro, si arrivò alla sentenza di assoluzione per tutti gli

imputati. Una dichiarazione, da parte della Giustizia, di impotenza. I fatti ci dicono che i morti ci sono, l’inquinamento anche, ma nessuno è responsabile. Un epilogo scandaloso ed estremamente doloroso.Cosa resta di questa lunga e dolorosa storia? Resta la sensazione che la giustizia non sia poi così uguale per tutti, specialmente quando si trovano di fronte lavoratori e personaggi eccellenti dal cognome famoso. Resta la testimonianza di un erede Marzotto, Matteo, che ostenta come loro, i padroni, erano interessati solo al profitto. Restano le lamentele di Pietro Marzotto per come è stato trattato. Resta l’indifferenza della maggior parte delle forze politiche e sociali vicentine alle quali furono indirizzate innumerevoli richieste di aiutare chi stava lottando. Resta la fortuna di aver conosciuto persone eccezionali che non si rassegnano al silenzio. Resta quel legame tra profondo nord e profondo sud del nostro paese che è stato costruito in questi anni. Resta l’incrollabile volontà di continuare a lottare per la verità e la giustizia. Perché non è una sentenza assolutoria che può cancellare gli oltre 100 morti della Marlane Marzotto. E non è chinando la testa che si può ottenere giustizia, evitare che anche nei prossimi anni Persone dell’anno siano atri colpevoli di voler lavorare e scrivere di nuovo, aggiornandola nei nomi ma accrescendola di numeri di vittime, la lettera “I migliori (lettera agli indifferenti).

[ La copertina del libro intervista di Giulia Zanfino ]

[ Un’immagine dello stabilimento di Maratea ]

[ Segue da p. 19 ]

Il Libro on line

Lettera

Approfondimento

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Mi piace iniziare questo mio saluto a tutti voi, Volontari e Autorità presenti e a tutti coloro che hanno inviato un

pensiero perché non potevano partecipare, tante associazioni hanno sentito la necessità di lasciare un loro messaggio scritto perché non potevano esserci e questo fa onore al senso di partecipazione e di coinvolgimento. Un saluto quindi anche a nome del Consiglio Direttivo di Volontariato in Rete e del Centro di Servizio per il Volontariato della provincia di Vicenza e dei nostri diretti collaboratori, Deborah Rossetto, Raffaela Veronese, Gianna Maculan e Daniela Lamonato, e mi piace farlo parlando di un luogo, come ho già fatto in occasione dell’anno europeo del volontariato nel 2011, perché questa è una sede che si presta all’idea che abbiamo noi di un centro di servizio… “Il luogo del volontario per eccellenza è la sua anima, dove nasce la scelta di esserci e di fare la differenza e questa scelta genera la necessità di incontro e di scambio.”Per organizzare gli incontri e gli scambi servono strumenti per comunicare, favorire e facilitare la programmazione. Per un Centro di Servizio per il Volontariato serve un luogo accessibile e consono ai servizi da erogare. In questa sede abbiamo quindi dato priorità ai servizi, cogliendo la sfida di svilupparli in una struttura verticale, su più piani. Ogni piano è dedicato alle varie attività, l’entrata è il cuore della nostra “Casa…” riservata all’accoglienza, alla promozione, alla condivisione e alla partecipazione. Nel piano “ammezzato” si assicurano le consulenze, si pensa e si progetta per e con i volontari e con le varie istituzioni. Salendo arriviamo al piano per l’operatività e creatività dei nostri collaboratori, con spazi rivolti anche alle attività con i volontari.L’ultimo piano è quello della “conoscenza”, dell’approfondimento, lo spazio che favorisce gli incontri, le riunioni, la formazione, la ricerca e la documentazione. Tutta la sede è abbracciata da colori che identificano le zone e richiamano le azioni solidali vicentine, che

si esprimono una dopo l’altra nella parte sovrastante l’ingresso principale, partendo dal centro, per arrivare all’immagine del volontario che con le sue braccia, sorregge tutte le azioni di solidarietà. Non mancano le radici, da dove siamo partiti, da dove abbiamo traslocato, perchè mantenere memoria tiene vivo il nostro impegno, permette di segnare le tappe raggiunte, di consolidare i risultati e di andare avanti... c’è infatti in ogni contesto la necessità di consolidare ciò che si è costruito, pensato, creato e realizzato, non si può sempre ripartire: c’è bisogno di seguire la strada tracciata insieme... Questo luogo incontra e partecipa la rete di relazioni, per pensare ad un futuro che sappia, grazie al nostro impegno condiviso, trasformare le singole risorse in opportunità progettuali per tutti, mettendo insieme, anche sogni e speranze.È dal 2008 che ricerchiamo una sede accessibile, che esprima chi siamo... e non è stato facile questo percorso nei vari anni... Con pazienza, tenacia e costanza abbiamo superato tutte le difficoltà e siamo riusciti a rimanere in una zona centrale della città di Vicenza e anche nella stessa via in Contrà Mure San Rocco... come dire aspetta e spera … se avrai fiducia, prima o poi, i risultati arriveranno e così è stato... ascensore compreso, con autorizzazione della soprintendenza... La gioia più grande è quella di poter vedere che un luogo prima chiuso, che un tempo aveva la sua storia, ha incontrato la nostra. Qui possiamo scrivere e pensare altre pagine dove noi volontari con i nostri collaboratori possiamo programmare, progettare e accogliere chi arriva in un contesto dove relazioni, scambi e sinergie sono maggiormente facilitati. Un luogo che parla di noi, delle tante persone che hanno permesso tutto questo e che abbiamo incontrato negli anni; parla dell’amministrazione comunale di Vicenza, delle Fondazioni Bancarie Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza, Belluno e Ancona, Cassa di Risparmio di Padova

e Rovigo, Cassa di Risparmio di Venezia, Cassamarca, Monte di Pietà di Vicenza e Banca del Monte di Rovigo. Racconta di tutte le altre istituzioni coinvolte, di chi ci ha concretamente aiutati per gli arredi e per il trasloco e di chi ha pensato, progettato, ideato e collaborato con noi con la gioia di farlo, per poter vivere e agire in un luogo dove si respira altra aria, che ti coinvolge e ti rende orgoglioso di lasciare un “pezzetto” di ciò che sei, in questa sede, nel complesso di Santa Maria Nova. Un primo grazie a tutti, di cuore, prima di proseguire con una breve sintesi del percorso fatto per la ricerca di questa sede.

Il 26 aprile del 2010 abbiamo inviato al Comitato di Gestione del Fondo Speciale

Benvenutiin questa casa

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Regionale per il Volontariato e al Comune di Vicenza la richiesta di autorizzazione per procedere con il progetto predisposto dal nostro professionista incaricato Architetto Nazzareno Leonardi per la sistemazione della nuova sede operativa del CSV di Vicenza individuata a Villaverla, sopra il centro anziani, in un’area di 700 mq dove erano previsti una sala riunioni di 99 posti, due aule corsi, 5 uffici ed aree comuni anche da destinare alle attività delle associazioni,

in un unico piano accessibile con ampio parcheggio. Questo perché dal 2008 al 2010 non era stata individuata e trovata una sede idonea a Vicenza. Dopo varie indagini anche con le associazioni vicentine si era valutato che Villaverla era ed è una zona baricentrica di servizio a tutta la provincia. Avevamo preso in esame anche la zona di Montecchio Precalcino dove abbiamo uno sportello dedicato alla formazione, ma gli unici spazi liberi sono stati destinati all’Università di Padova.All’inizio della nostra gestione, nel 2009, avevamo la disponibilità da parte della Provincia di Vicenza di un loro stabile presso la vecchia stamperia, in Via Muggia a Vicenza, (la sede era stata individuata

già nel 2008 quando avevamo presentato il progetto di gestione del CSV denominato “Volontariato in Rete”) successivamente è stata modificata la destinazione d’uso e la Provincia di Vicenza ci ha comunicato che dopo un’attenta verifica non c’erano altri spazi disponibili per noi.Sono state fatte tantissime valutazioni anche con la Curia, con la locale Ulss 6, con alcune fondazioni vicentine, con associazioni di categoria e altre istituzioni. Abbiamo anche valutato e visto diverse soluzioni da affittare, ma alla fine c’era sempre qualcosa che non ci permetteva il trasferimento (sedi inaccessibili, problemi con il parcheggio, ecc). La decisone e la deliberazione dell’Assemblea di tenere una sede legale a Vicenza e una operativa a Villaverla sembrava ormai l’unica soluzione. Ci è stato chiesto come ultima ipotesi di valutare i locali del complesso scolastico Santa Maria Nova, ex sede dell’Università e in data 3 maggio 2011 li abbiamo visti. Nonostante il grande parcheggio e l’accessibilità, l’area appariva limitata rispetto al progetto di sede operativa che questo CSV coltivava da tempo. Abbiamo studiato un progetto di fattibilità e di budget di spesa per la sistemazione dei locali, tuttavia il progetto risultava molto oneroso e con spazi limitati anche per la nostra operatività. Abbiamo vissuto mesi difficili, da un lato la possibilità di avere una sede accessibile e funzionale e dall’altro la mancata autorizzazione per procedere. Ancora una volta abbiamo rivisto altre soluzioni in affitto, riverificato con tutti gli enti e istituzioni, nulla! Fino a quando non ci è stata proposta parte di questa palazzina: il piano terra. Anche in questo caso (novembre 2011) abbiamo predisposto un progetto di fattibilità e di budget dopo aver richiesto tutta la palazzina, in modo da poterla isolare dall’attività scolastica come giustamente ci era stato richiesto e di poter avere più spazi da dedicare ai vari servizi da garantire alle associazioni. In data 28/12/2012 è passata la delibera comunale per la concessione di utilizzo dei locali. La sfida è stata molto accattivante e con creatività, passione e determinazione grazie al nostro direttore dei lavori incaricato abbiamo valutato di sviluppare, seppur in modo verticale, un progetto che tenesse conto delle nostre esigenze. La fatica più grande è stata quella di ottenere il permesso dalla soprintendenza per dotare l’edificio di un ascensore e rendere così la sede accessibile, dopo aver rifatto il bagno del secondo piano e abbattuto alcune pareti sia al piano terra che al piano

ammezzato. Abbiamo così creato e pensato il servizio in aree operative, così da permettere ai nostri collaboratori di spostarsi rispetto al servizio da fare. Abbiamo pensato a questo luogo come una casa, dove chi arriva deve essere accolto e raggiunto da chi si prenderà cura della sua richiesta. Abbiamo prestato attenzione ai luoghi, a quelli dell’ascolto e delle relazioni, a quelli della formazione e della programmazione, a quelli da condividere e da mettere a disposizione, per fare in modo che oltre che un luogo creativo, accessibile, funzionale, questa sede potesse essere un luogo accogliente e predisposto ad essere vissuto e abitato dal volontariato vicentino. Ci piace come Consiglio Direttivo aver pensato anche ad uno sportello cittadino del capoluogo, dove ogni fine mese ci si può incontrare, ci piace anche che le collaborazioni si stanno maggiormente sviluppando, con la stessa amministrazione comunale e con gli amici di ALDA Associazione della Agenzie per la Democrazia Locale che nei giorni 12 e 13 gennaio porteranno un po’ di europa i questi spazi…Anche questa volta, una grande sfida… La tenacia e la voglia di individuare finalmente per il CSV di Vicenza una sede adeguata ha fatto sì che i Consiglieri impegnati nella gestione, con la collaborazione dei tanti volontari e delle associazioni del territorio, hanno espresso in questo progetto non solo fantasia e creatività, oltre alla professionalità del direttore dei lavori, delle ditte coinvolte e di quelle vicine, che hanno supportato concretamente le nostre idee e necessità, hanno anche restituito dei locali riqualificati alla comunità vicentina.In questo contesto vorrei nominare le ditte e le persone coinvolte con noi:Il Direttore dei lavori Architetto Nazzareno Leonardi, il Responsabile del Sevizio di Prevenzione e Protezione incaricato Mariano Xausa, Pol-Color Srl, Costruzioni Generali F.lli Carollo Srl, Frizzo Termidraulica Srl, Ares Line Spa, Estel Spa, Energon Srl, Tiscali Italia Spa, Videolab di Luciano Luccarda, Poliart Poli Mirco di Frello Marina & C., Detto Srl, Dal Prà Giuseppe & C. Snc, Eximax Srl, Itnet Solution sas di Nicolin Andrea, G.P.M. di Maran Gianpietro, Padovan Roberto, Lotto & Dalle Molle sas, Target Way Srl e altri fornitori abituali del CSV per completare il trasloco e per l’inaugurazione.Alle Ditte Ares Line Spa (Roberto Zuccato) e Estel Spa (Massimo Stella e il Suo collaboratore Maurizio Sossan), un grazie particolare per il concreto intervento per gli arredi della sede.

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Un ringraziamento va anche a chi ci ha rappresentati presso il Comitato di Gestione del Fondo Speciale Regionale per il Volontariato, sostenendo il nostro progetto, in particolare la rappresentante del Volontariato Vicentino in Conferenza Regionale per il Volontariato Maria Grazia Bettale.Un grazie di cuore a tutti i Volontari che con me hanno lavorato, anche sotto l’acqua, per il trasloco e le continue pulizie della sede ad ogni nuovo intervento e sono Berlato Sergio, Bettale Maria Grazia, Battistella Silvio, Berti Fabio, Bianchini Antonio, Cavedon Mario, Cavedon Maurizio, Fabrello Giuseppe, Faccin Antonio, Favretto Rosalinda, Furlan Guido, Locallo Valter, Longato Andrea, Lorenzetti Giancarlo, Mele Paolo, Pagli Ugo, Urbani Fabrizio, Zaltron Sergio, Noventa Vincenzo, Sartori Luigi, Pozza Dino, Trombetta Girolamo, Quaglia Franca, Seraglio Francesco, Dal santo Claudio, Mantiero Giliola, Sassaro Fabio, Rossi Antonio. Un grazie al Sindaco Achille Variati e ai suoi Assessori, Marco Antonio Dalla Pozza, lo cito per tutti, considerando che aveva proprio l’incarico di seguirci in tutte le fasi, incartamenti, permessi, richieste varie, ecc. ecc. Un grazie ai dirigenti e funzionari del comune: non è stato così semplice riaprire una casa e renderla accessibile, ci vuole veramente tenacia e fermezza … nei momenti in cui pensavi che ormai era cosa fatta il giorno dopo c’era un altro ostacolo...

ma nella pagina di oggi 20 dicembre c’è da scrivere che dal 22 settembre le porte di questa sede così accogliente si sono aperte e si sono continuate le attività mai interrotte. Ora questa sede aspetta il vostro saluto, un’altra benedizione oltre a quella già avuta di Sua Eccellenza il Vescovo Beniamino Pizziol. Sarà Don Ellerino Cozza lo zio di Raffaela Veronese, nostra collaboratrice, a benedire l’esterno, non è stato facile

risistemare la parte esterna, abbiamo tolto il ghiaino eliminando le barriere che rendevano inaccessibile l’entrata. Per il taglio del nastro attendiamo il Sindaco di Vicenza e Presidente delle Provincia di Vicenza Achille Variati. Vorrei ricordare anche tutti i Consiglieri del CSV di Vicenza con i quali in questi sei anni abbiamo condiviso impegni e scelte, raggiungendo tutti gli obiettivi del progetto di gestione del CSV di Vicenza, ringrazio quindi il Vice presidente Marco Gianesini, Luciano Cavedon, Luca Gandin, Luciano Lain, Luciano Zanin, Mario Falisi, Rita Dal Santo, Mario Palano, Carlo Pepe, Monica Tamburini. Naturalmente un grazie va anche a tutti i Consiglieri dell’Ente Gestore Volontariato in Rete. C’è una presenza oggi che fa ben sperare perché con noi ci sono dei bambini, una rappresentanza della Scuola Santa Dorotea, con i quali condividiamo da tempo momenti ed emozioni che sicuramente segnano la loro strada… e sono loro i cittadini di domani, di una comunità definita variegata e vivace, che ha un cuore grande, orgogliosa di operare per la sua gente, senza escludere nessuno, che pratica e vive i valori come l’appartenenza, la condivisione e la fratellanza e rende la vita dono ed esempio che INSIEME si può, anche realizzare qualche sogno. Vi auguro che ogni giorno nel vostro cuore sia Natale, buone feste, pace e serenità nelle vostre “Case…”

GRAZIE A TUTTI!!!

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Il recentissimo palcoscenico del calciomercato d’inverno ripropo-ne l’antico show delle operazioni

salvifiche, quelle che, con un col-po di bacchetta magica da parte degli apprendisti stregoni pallona-ri (consulenti, padrini, cacciatori di teste, giornalisti specializzati in scoop ecc.), dovrebbero raddrizza-re situazioni precarie o rilanciare le quotazioni di club che hanno cla-morosamente cannato la precedente campagna estiva di rafforzamento. Trattasi, a volte, di semplici “coups de theatre”, giochi di prestigio che più che mutare significativamente il volto della squadra sono spesso destinati a tacitare la plebe in subbuglio. Tutto ciò è vero soprattutto se par-liamo di punte, perché sono gli attaccanti ad “immagare” il tifoso, sollecitandone sogni e fantasie ben al di là della cruda realtà. Vi-cenza ha una lunga sto-ria di colpi di mercato, riusciti o meno. Gioca-tori sconosciuti com-perati per quattro lire (come Puia, Campana, Reif, Vendrame, Speg-giorin, Baggio, Toni e soprattutto Alessandro Vitali ceduto nel 1970 alla Fiorentina per 700 milioni) e poi rivenduti a prezzi da nababbo, oppure marpioni rilan-ciati alla grande (magìa riuscita benissimo con Quaresima, Lojacono, Vinicio, Maraschi, Sorma-ni, ecc.). Giussy Farina, a tal propo-sito, si fece un’enorme fama di con-tadino dalle scarpe grosse e cervello fino, incarnando così l’anima na-scosta del calcio provinciale, capa-ce di sopravvivere nelle ristrettezze gabbando le grandi società metro-politane attraverso colpi da magliaro consumato. Ultimamente quest’ani-

ma levantina e astuta di via Schio è andata trascolorando, sia perché il vivaio biancorosso ha smesso da tempo di produrre orchidee, sia per-ché è il calcio stesso ad essere mu-tato profondamente, riducendo spa-zio ed importanza delle operazioni improvvisate. Oggi le decisioni non vengono più prese nell’ufficio dei presidenti ma si concretizzano attra-verso una fitta rete (potremmo persi-no chiamarla cupola) fatta di diret-tori sportivi, consulenti finanziari e soprattutto procuratori. I quali, ulti-mi, sono gli autentici registi di ogni mossa di mercato, grande o piccola.

Ognuna delle quali muove paratan-genti, plusvalenze, equilibrismi di bilancio, favori e contro favori. Ne esce, e non solo all’ombra del Pal-ladio, un sistema strano e nebbioso, che poco ha a che fare con il valore intrinseco degli atleti. Questo spie-ga, almeno in parte, tanti movimenti apparentemente incomprensibili, se analizzati sul piano dell’efficacia e dell’efficienza aziendale, di quelle

strane aziende che sono i club di calcio professionistico. Nell’ultimo decennio (mica solo a Vicenza, ripe-to) abbiamo assistito ad operazioni di compravendita che ballano tra i derivati finanziari e la Fiera dell’Est di branduardiana memoria. «Io do a te due cani e in cambio ricevo tre gatti e un canarino», diceva sempre mio padre, nel leggere sul giornale la notizia dell’arrivo di improbabili stelle pallonare. Così, su questa lo-gica, è passato di tutto: da bomber veri, anche se magari un po’ appan-nati (come Zampagna o Abbruscato),

a punte già avviate sul Sunset Boulevard (vedi, ad esempio, Carbone o Tiribocchi), fino a bu-fale clamorose (citiamo solo Serafini, Malonga, Baclet o Bojinov), a campioncini sussiegosi, intristiti dal green del Menti (vedi Paolucci o Padovan) per finire con i giocatori rotti in cerca di resurrezione. Magari il ciclo negativo finirà qui (almeno questo è l’auspicio dei tifosi be-rici). Magari stavolta la sessione di riparazione con Petagna ha davvero regalato al Lane l’uomo della Provvidenza. O magari quell’uomo già c’è e si chiama Antonino Ragusa, il Lazzaro risor-

to dai cui piedi buoni mister Marino attende i gol di primavera capaci di tenere alto il Vicenza. La pagina re-lativa al campionato 2014/2015 è scritta solo in parte ma sin qui il ta-bellino parla chiaro: l’allenatore ha fatto un gran bel lavoro ma sono le reti segnate il preoccupante tallone d’Achille dei biancorossi. Da febbra-io, fuoco alle polveri, dunque…

Mercato di riparazione[ Alberto Belloni ]

[ Alcune immagini di celebri calciatori del Vicenza ]

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ll Ristotruck lungo viale Roma è una nuova struttura che accoglie un ri-storante mobile, di fatto un camion

(truck, ndr), attrezzato di tutto punto, attivo durante il periodo invernale. È sta-to presentato martedì 30 dicembre, alla presenza di uno dei gestori, Riccardo Bo-scolo, del consigliere comunale delegato alla promozione e allo sviluppo dell’area di Campo Marzo, Stefano Dal Pra Capu-to e dell’assessore alla semplificazione e innovazione Filippo Zanetti. «Un modo per offrire una promozione dei prodotti enogastronomici tipici locali, in un posto particolare, campo Marzo, per farlo rivi-vere attraverso agevolazioni fiscali per i gestori che hanno il coraggio di investire in quest’area» hanno spiegato i presenti. Ristotruck, il “ristorante” itinerante che proprio nell’anno di Expo 2015 dedicata all’alimentazione si prefigge di promuo-vere la cucina e i vini tipici del nostro territorio grazie all’azione combinata e sinergica di Riccardo Boscolo della gastronomia il Ceppo e di imprenditori di vari settori, come Gianni Sartori, An-tonio Campagnaro e Paolo Morsoletto, hanno scelto come prima tappa Campo Marzo, il grande polmone verde cittadi-no e per questo hanno ottenuto anche il patrocinio del Comune di Vicenza. L’idea del ristorante itinerante, ci dice Boscolo, è nata nel corso della cena an-nuale di Apindustria Vicenza, di cui lui è membro storico e Morsoletto è presiden-te del mandamento cittadino, parlando della via Querinissima: «ho lanciato il progetto di percorrere questa via che collega Venezia a Bergen in Norvegia creando delle feste del baccalà lungo il percorso portando il prodotto e le at-trezzature necessarie a prepararlo. Uno degli imprenditori presenti, Gianni Sar-tori, ha subito “reagito” dicendo che si poteva utilizzare un mezzo da tempo im-

piegato proprio per questi progetti. Sia-mo andati al Mugello per vederlo mentre veniva impiegato per la ristorazione per i circuiti della Moto GP e della Superbike. Il mezzo e la sua estrema flessibilità ci hanno subito convinto che sarebbe stato possibile far viaggiare la cucina vicenti-na e veneta».Che in un momento di crisi come questo ci sia chi, come Riccardo Boscolo, rea-gisca con delle idee nuove come le sfide che lancia, lo dimostra l’entusiasmo con cui racconta oggi l’inizio del “viaggio”, comunque non facile: «Abbiamo deciso subito di noleggiare i “truck” da dicem-bre a febbraio, per un periodo di speri-mentazione. Abbiamo subito presentato la nostra idea all’assessore all’Innovazio-ne del Comune di Vicenza, Filippo Za-netti, che l’ha sposata e ci ha dato la di-sponibilità dell’esedra di Campo Marzo. Non vogliamo di certo sostituirci alla ri-storazione esistente, anche per la nostra collocazione all’esterno delle mura stori-che, ma rappresentiamo un’idea nuova per fare cultura e dare gambe alla nostra tradizione enogastronomica. Ci siamo subito orientati alle grandi comitive, che per consistenza non troverebbero spazio nei ristoranti tipici cittadini».

Idee nuove sì, ma col rischio dietro l’an-golo di entrare in collisione con interessi comprensibili di chi da anni opera in cit-tà nella ristorazione, come d’altronde sa bene il titolare di una gastronomia stori-ca della città come Il Ceppo: «Abbiamo il massimo rispetto per loro, alcuni dei

Ristotruck, il simbolodella Vicenza che non si ferma [ Edoardo Pepe ]

[ Il Ristrotruck di Campo Marzo ]

[ Riccardo Boscolo ]

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quali sono anche miei clienti. Siamo vicini ad uno storico caffè vicentino e per questo abbiamo deciso di non fare servizio bar e poi siamo fuori le mura e non in Piazza dei Signori dove pure si fermano in quantità turisti e comitive. Vogliamo intercettare clienti “viaggiato-ri” e, soprattutto, sperimentare l’iniziati-va quest’anno per poi portarla in giro per l’Italia e, perché no?, in Europa per pro-muovere curiosità verso le bellezze non solo enogastronomiche della città del Palladio. A breve operiamo qui, a me-dio e lungo termine contiamo di essere tra gli ambasciatori di Vicenza e dei suoi operatori commerciali e turistici fuori»Il Ristotruck è mirato ai turisti ma non disdegna gli “indigeni” con iniziative spesso a tema e non in confl itto con i ri-storatori locali ma fi nalizzate a ravvivare un’area “a rischio” se non resa viva da iniziative come questa: «Presentiamo un menù semplice e tradizionale con i piat-ti tipici della cucina veneta e vicentina abbinati ai vini del territorio. Anche la città ha risposto con curiosità ed abbia-mo appositamente creato degli eventi del fi ne settimana, in particolare delle cene a tema con chef di altri territori. Così ab-biamo proposto la cena toscana con chef della Val d’Orcia, la degustazione di piatti vicentini con grandi vini veronesi, quella

di champagne con pesci bolliti e crudi ed altre ancora, con una presenza straordi-naria per le serate con il baccalà».Tra Natale e l’Epifania, questo è il primo consuntivo diretto, sono arrivati turisti da ogni parte d’Italia, che hanno apprez-zato la fi losofi a della struttura mobile e hanno espresso spesso i desiderio di vederla arrivare nella loro città. Il piatto più apprezzato, in tutte le sue declina-zioni, è stato il baccalà, ma è stata signi-fi cativa anche la richiesta di bigoli con l’anatra, sopressa, stracotto di equino, cotechini e formaggi dell’Altopiano.Ma è al futuro che guarda Riccardo Boscolo: «abbiamo preso contatti con amministrazioni di altre province e regioni per essere la “nave” che fa

viaggiare la cultura vicentina e veneta non solo enogastronomica, ma anche turistica, artigianale, tecnologica e commerciale. Se il progetto riuscirà ad assumere questa connotazione si-curamente l’iniziativa potrà prosegui-re con soddisfazione. I posti a sedere sono 150, ma volutamente li abbiamo ridotti a 75 a pasto, per poter suddi-videre il mezzo in modo da garantire l’accoglienza ed i servizi necessari. Ci lavorano sei persone. Tutti giova-ni provenienti dal settore, che non si conoscevano, ma hanno saputo fare squadra e si sono messi in gioco cre-dendo nel progetto. Il prezzo medio delle consumazioni è di 15-20 euro». Insomma Vicenza si muove col truck.

Gastronomia consigliata dalla Confraternita

Il Ceppo srl - Corso Palladio 196 - Vicenza|Italy - tel 0444 544414 [email protected] - www.gastronomiailceppo.com[ Riccardo Boscolo ]

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Pochi territori in Italia presentano una va-rietà di prodotti tipici come il territorio della Provincia di Vicenza. Dalle aree

vocate ai vini DOC all’ulivo dei colli Berici e di Pove, dalle ciliegie e dagli asparagi bianchi del bassanese alle castagne di Crespadoro e di Monte di Malo, dai “cornoi” di Durlo ai marso-ni della Valdastico, dalle soppresse di Valli del Pasubio al riso di Grumolo delle Abbadesse financo appunto al broccolo fiolaro di Creazzo, la varietà di prodotti che la terra vicentina offre consente anche ai più raffinati palati di trovare soddisfazioni gustative di grande eccellenza.E negli ultimi anni anche i prodotti più poveri della nostra civiltà contadina sono stati riva-lutati financo dei più rinomati gourmet; deci-ne sono infatti le erbe selvatiche che trovano

degna collocazione nelle cucine dei nostri ri-storanti, una fra tutte l’erba maresina, “erba madre nella gastronomia tradizionale locale” iscritta nel registro De.Co. Chi non ricorda, fra i meno giovani, le “fritola coa maresina, vera prelibatezza che allietava le serata autunna-li? Grazie poi alle molte amministrazioni dei nostri comuni, sensibili sia alle tradizioni lo-cali ma anche abili nel fare “di necessità vir-tù” soprattutto in un periodo di grande crisi economica, prodotti locali estremamente “di nicchia” e perlopiù misconosciuti hanno visto una grande rivalutazioneUn esempio di tale “filosofia” è costituito dal-la coltivazione del Broccolo fiolaro di Creazzo, varietà di broccolo inserita nell’elenco dei pro-dotti tipici veneti, ortaggio che viene coltivato

Il broccolo fiolaro: più di Goethe lo apprezzano i vicentini

[ Michele Dalla Negra, padrone di casa de La Quinta Luna ]

[ Un campo coltivato a broccolo fiolaro ]

Da qualche anno a questa parte una nuova attenzione s’è accesa attorno ai broccoli, compreso quello fiolaro: sono le riconosciute proprietà anti-

cancro di questo ortaggio a farlo osservare sotto una luce diversa. Lo testimo-nia la Johns Hopkins University (la più antica università americana e fra le più autorevoli del mondo in campo medico) i cui scienziati hanno individuato nel 1992 nel sulforafane, proteina dello zolfo presente soprattutto nei broccoli, una forte risorsa per combattere i tumori. Qualche anno dopo, gli stessi ricercatori hanno annunciato che nei “germogli di tre giorni” del broccolo è presente una concentrazione da 30 a 50 volte più elevata di questo componente. Prove, dettagli e approfondimenti son rintracciabili agevolmente sul sito dell’università: www.jhu.edu. (da http://www.broccolofiolaro-fioi.it, sito della Cooperativa Produttori del Broccolo Fiolaro di Creazzo).

[ Marco Roverato, chef di La Quinta Luna ]

sulle dolci colline che cingono il territorio del Comune di Creazzo.Nella ricerca di nobili origini- come peraltro spesso sono soliti fare i vicentini … -, è stato addirittura “scomodato” Goethe attribuen-do allo stesso un innamoramento per tale ortaggio durante la tappa vicentina del tan-to richiamato “Viaggio in Italia”. In realtà il poeta tedesco descrisse “l’arco di legno fles-sibile che pesa sulle spalle delle contadine, alle cui estremità pendono due ceste colme di ortaggi” fra i quali quasi certamente trovavano posto anche dei broccoli. Comunque, a pre-scindere da tali dotti richiami, la produzione di broccolo fiolaro già nell’800 era piuttosto ragguardevole salvo poi contrarsi negli anni del boom economico con gli italiani presi da altre preferenze e mode gastronomiche per riprendere infine vigore grazie alla riscoperta degli ultimi decenni.L’appellativo “fiolaro”, con il quale si carat-terizza tale tipo di broccolo, deriva dalla pre-senza di germogli che maturano lungo il fusto della pianta, quasi ad essere dei “figli” della pianta stessa, fioi appunto in dialetto, che co-stituiscono, assieme alle foglie più giovani, la parte migliore per un uso in cucina.E per tale uso è consigliato consumare il broccolo preferibilmente dopo le prime gela-te invernali in quanto i caratteri organolettici dell’ortaggio migliorano; infatti in tale periodo la pianta limita i propri processi biologici con il conseguente aumento della concentrazione

di sali e zuccheri a tutto vantaggio del sapore e della tenerezza.Di più, la presenza di terre bianche di tipo calcareo-sabbioso garantiscono a questo tipo di coltivazione un giusto equilibrio tra le varie sostanze nutrienti presenti.La Quinta Luna

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Spaghettoni ai fi oi di Creazzo e Vongole Veraci con riduzione di Carotaper 1 persona

120gr. Spaghettoni40gr. vongole pulite

30gr.broccolo fi olaro lessatoAglio, peperoncino

prezzemolo fresco tritatocentrifuga di carota

Per le vongoleLavare le vongole e metterle per una notte in acqua e sale (ogni lt di acqua 30 gr.sale), aprirle facendo rosolare uno spicchio d’aglio gambi di prezzemolo e peperoncino versarci le vongole, sfumare con del vino bianco, coprire e lasciare cucinare fi no a completa apertura dei molluschi. Prendere solo i frutti e

fi ltrare l’acqua.Per il broccolo fi olaro

Separare le foglie dalla pianta, lavarle bene per almeno 3 volte lessarle in abbondante acqua salata. tenere qualche foglia del cuore per guarnizione.

Per la centrifuga di carotePelare e lavare le carote centrifugarle. prendere il succo e farlo ridurre sul fuoco lento, legare con

qualche goccia di maizena se occorre.Finitura

Lessare gli spaghetti in acqua salata, nel frattempo tagliare il broccolo fi olaro lessato, in una pentola aggiungere un fi lo d’olio extra del peperoncino tritato e poco aglio tritato, senza l’anima, aggiungere il broccolo fi olaro tagliato, l’acqua delle vongole, il prezzemolo le vongole pulite e spegnere il fuoco. Friggere le foglie interne del broccolo e salare appena. A cottura ultimata degli spaghetti versarli nel

sughetto e mantecare con poco olio extra. Disporre sul piatto di portata a nido mettere qualche goccia di riduzione sopra gli spaghetti e guarnire con le foglie fritte di broccolo fi olaro.

La ricetta

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Il gruppo sportivo Venetia Victrix con sede a Vicenza pratica l’Arte di Mar-te studiando i trattati d’arme antichi

dei maestri italiani, che insegnano a difendersi e ben rispondere ai colpi av-versi armis e sine armis.Agli inizi degli anni sessanta, arrivaro-no in occidente svariate arti marziali provenienti dall’oriente che presero presto piede in Italia ed in Europa. Mi-gliaia di praticanti riempirono i dojo e le palestre affascinati da questa nuove

pratiche marziali, dimenticandosi dei quasi tre mila anni di storia che la loro nazione gli offriva. Discipline quali la gladiatura, il pugilato antico, il fl os, la nova scrimia, la scherma di bastone, lancia e scudo, striscia e mano sinistra e tutte le arti militari che hanno ca-ratterizzato la nostra storia dissolte in un sol boccone. Ma ad un certo punto dell’esperienza di combattenti, qual-cuno si è chiesto cosa avevano lasciato cadere nel dimenticatoio e se valesse

la pena di tornare ad occuparsi della cultura che nei vari Ettore e Achille trovano i loro eroi.L’obiettivo dell’Associazione è quello di riportare alla luce la tradizione mar-ziale dei nostri antenati, andando a ri-troso nel tempo e attingendo da ogni fonte a disposizione. A differenza delle altre arti marziali, il problema princi-pale dell’associazione è lo studio dei materiali, la sperimentazione della ar-mature costruite autonomamente e lo

Venetia victrix& Ars DimicandiRiscoperta della cultura marziale occidentale

[ Giuseppe Calò ]

[ Il Museo che Vive. Venetia Victrix, Giardini Salvi. Vicenza - 17 novembre 2012 ]

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studio delle tecniche di combattimento e di tutte le varianti possibili e, solo per ultimo, il combattimento vero e proprio a contatto pieno.La disciplina offre un ampio aspetto didattico - culturale e di spettacolo, con manifestazioni stori-che svolte in molti paesi in Italia ed in Europa che si avvalgono delle qualità delle associazioni non solo dal punto di vista di figuranti ma proprio per le loro qualità atletiche. In fatti posti come Susa, Modena, Acquileia, per non con-tare la grande Roma, Tarragona, Lugo, Umago, Basilea, Saragozza sono solo alcune delle aree archeologiche in cui grandi feste possono ridare vita alle an-tiche discipline dimenticate.Dal punto di vista agonistico invece, ogni anno si svolge un campionato, diverso a seconda della tipologia di combattimento, con tanto di regola-mento, arbitri e classifica, che a fine anno elegge un campione. Per venire in contro alle esigenze di tutti gi atleti, i tornei si svolgono a rotazione nelle va-rie sedi associative in Italia.

Il presidente Guido Marchetti è anche abilitato, in quanto doctor (più di cento combattimenti) alla divulgazione delle tecniche di combatti-mento dell’esercito romano e quelle gladiatorie, in collaborazione dell’associazione archeologica sperimentale Ars Dimicandi che con i suoi venti anni di storia vanta svariate collaborazioni (asses-sorati, musei, industria cinematografica, ecc...) in ambito nazionale ed internazionale. Studi ap-profonditi sulle manovre militari e le diverse tec-niche dei mores romani sono solo l’antipasto di quello che un atleta deve imparare prima di po-ter affrontare un frater in un vero combattimento gladiatorio.Il gruppo vicentino della Venetia Victrix, costituito nel 2009, annovera una decina di atleti e si allena nella palestra della scuola Luigi da Porto in Piazza

Marconi a Vicenza. Si occupa prevalentemente dell’aspetto militare dei Veneti Antichi, ricostruendo il loro sistema bel-lico utilizzato dal VIII al II secolo a.C.

Monomachia (Vicenza)domenica, 22 febbraio, ore 10:00 – 18:00

Stradella delle Cappuccine, 6, 36100 Vicenza VI,

Addestramento e 1° torneo 2015 di Mono-di-tetramachia. La partecipazione allo

stage è riservata ai soci di ArsDimicandi. Previsto contributo economico. Per chi non è associato, chiamare lo 366 4310470 oppure 349 4976394.

[ IlNell’immagine di apertura e in questa pagina alcunimomenti di combattimento ]

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Musica non per tutti! [ Federica Ceolato ]

La particolare passione per la musica, quella che sa di ricerca e di sperimentazioni sonore e vocali,

rende il Centro Stabile di Cultura di San Vito di Leguzzano un ponte di lancio per la musica di alto profilo. Citato nei programmi di Radio Tre per le sue proposte, insieme ad eventi organizzati nelle grandi città, il Centro si distingue, da venticinque anni, per il carattere originale e innovativo dei suoi ospiti e per la sedimentata credibilità della programmazione. «Proponiamo musica di vasto genere - spiega Roberto “Deggio” del direttivo - dal cantautore italiano, Marta sui Tubi, Paolo Benvegnù, Cristina Donà (che sarà in concerto da noi il prossimo 14 marzo), alle esibizioni prettamente strumentali, che riservano esperienze straordinarie, come il concerto dello scorso ottobre della violoncellista coreana Okkyung Lee che ha ipnotizzato le circa 90 persone di pubblico».Un po’ di storia ...Nata a Schio nel 1990, l’associazione si occupa fin dall’inizio di organizzare concerti che poco hanno a che fare con le proposte commerciali del mercato musicale. Gli spazi utilizzati sono prevalentemente istituzionali e i luoghi sono quelli del vicentino. Esordisce con un festival di rock estivo, che porta sul palco gruppi come Afterhours, Ritmo Tribale, Raw Power. Nella programmazione spinta di jazz sperimentale Jazz e Interferenze suonano musicisti nazionali e internazionali della caratura di Enrico Rava, Antonello Salis, Fred Frith, Andy Sheppard. Attraverso la rassegna Musica a Rischio, dal 1994 al 2009 si esibiscono gruppi locali che propongono esclusivamente musica propria.

... e di musica, purché originale e innovativaPorte aperte, quindi, a generi contaminati e artisti che azzardano per un pubblico che sa apprezzare la musica contemporanea, nelle sue diverse forme. «Non essendoci una direzione artistica, la nostra programmazione è da sempre eterogenea, e ciò ci permette di presentare artisti con proposte coraggiose, prima che diventino famosi. Siamo un’associazione autonoma, che si autofinanzia e si autogestisce, grazie al contributo volontario dei soci. Lo scorso anno – prosegue Deggio – abbiamo registrato tra i 1700 e i 2000 soci, un pubblico costituito prevalentemente da adulti, la cui provenienza per circa metà è all’interno della provincia e metà dal Veneto. Non sono presenti molti giovani tra il pubblico, vuoi per le proposte, forse per una questione economica o anche perché, finito il concerto si conclude la serata, il cui ascolto è garantito in silenzio e nella giusta atmosfera».Almeno un concerto a settimana, da settembre a maggioDa quando, nel 1999, l’associazione si è dotata di una sede a San Vito di Leguzzano, la programmazione si è notevolmente allargata, proponendo, da settembre a maggio, uno o più concerti alla settimana. «C’è sempre un filo logico che attraversa le nostre scelte – racconta il direttivo. Nella rassegna in corso Titoli di coda, i gruppi che si esibiscono hanno la caratteristica di aver scritto musiche

per un film e un disco in uscita». Così i Guano Padano, che hanno presentato lo scorso 16 gennaio il nuovo disco “Americana” e il quartetto dei Sacri Cuori (che chiuderà la rassegna il prossimo 31 gennaio), che nel 2013 ha

musicato il film Zoran, il mio nipote scemo, vincendo il premio come miglior colonna sonora presso l’Est Film Festival di Montefiascone (VT), e candidati al premio Tenco 2014.Non solo musica: proposte trasversali di espressivitàLe proposte del Centro Stabile si sono allargate negli anni anche ad altre forme di espressività. «Si sta svolgendo la settima edizione del laboratorio permanente con Roberto Dani, una serie di incontri nei fine settimana sull’improvvisazione e la composizione in relazione al concetto di Forma, quale esperienza espressiva interdisciplinare – spiegano al Centro. Sono ancora aperte le iscrizioni per chiunque sia interessato al laboratorio corale e vocale con Laura Copiello, che per il secondo anno si propone di formare una coscienza dello strumento vocale individuale e in relazione al gruppo, e al workshop tenuto da Phil Minton, probabilmente il più apprezzato vocalist contemporaneo, incentrato sulla voce e sul suo utilizzo, e sulla sperimentazione della libertà nell’atto dell’improvvisazione».Nuovi orizzonti musicaliGli appassionati di musica che partecipano alle proposte del Centro percorrono anche quella che è l’evoluzione del panorama musicale. «Nel jazz improvvisato – conclude Deggio - stanno emergendo artisti che cercano di innovare il dialogo musicale attraverso nuove forme e linguaggi sonori. Penso a Marco Colonna o a Paolo Angeli, musicista sardo che, per tradurre in musica ciò che aveva in mente, si è inventato uno strumento, una chitarra a 18 corde, un mix tra chitarra, violoncello e batteria. Entrambi nostri ospiti in passato»Approfondimento

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(f.c.) Sono vitali, entusiasti e professionali. Dedicano i fine settimana a girare scene in diversi luoghi del vicentino. Credono con forza nel loro progetto e ci mettono passione in ogni ciak. Sono giovani e sono impegnati nella realizzazione di un lungometraggio intitolato Pericoloso. Il progetto nasce e prende ispirazione dall’omonimo romanzo rosa pubblicato lo scorso anno dalla vicentina Roberta Caldognetto, 24 anni, educatrice in un centro culturale con un amore immenso per il cinema, che di questo progetto è ideatrice, oltre che sceneggiatrice e regista (“sul set di Pericoloso” in rosa Roberta Caldognetto e alla camera Alessandro Caldognetto). «Il tema è quello della sofferenza a seguito di delusioni. Gloria, infatti, è una truccatrice affermata che, tradita sotto molti aspetti, decide di attuare un profondo cambiamento nella sua vita, lasciando città e famiglia. Sono tematiche quotidiane e per questo ho deciso di trattarle. L’obiettivo - prosegue - è

trasmettere un messaggio importante: farcela sempre, anche dopo le sconfitte. Inoltre, con questa iniziativa vogliamo dimostrare che anche noi giovani abbiamo la presa di coscienza della nostra società e delle cose anche negative che vi succedono». Il progetto, in lavorazione da marzo scorso, proseguirà anche per i prossimi mesi e il lungometraggio dovrebbe essere pronto entro il prossimo giugno. Non poche le difficoltà riscontrate dal team, soprattutto da un punto di vista economico. «Purtroppo - spiega Roberta - non abbiamo fonti di finanziamento dal momento che non siamo conosciuti e, quindi, è difficile

trovare qualcuno che creda in noi. Abbiamo creato una pagina facebook per promuovere e divulgare il nostro lavoro e vogliamo farci sentire e ascoltare attraverso parole, idee ed espressioni. I giovani non sono apatici, come spesso si dice, e il nostro progetto ne è la dimostrazione».Partecipare ai concorsi nazionali del cinema e mostrare il talento degli artisti vicentini

è l’intento della squadra vicentina, composta da persone di età e professioni diverse, accomunate dalla passione per il teatro e il cinema: Attilio, 33 anni, titolare di uno studio di registrazione, regista insieme alla sorella; Clarissa, 24 anni, laureata in ostetricia e attrice di teatro, che nel lungometraggio interpreta Gloria, la protagonista. Tra gli attori principali ci sono Enrico, 27 anni, operaio, e Giorgio, 19 anni, studente. Ci sono poi Marta, 21 anni, studentessa di medicina; Camilla,18 anni, studentessa e modella; Elia, 22 anni, studente e attore di teatro; Federico, 21 anni, attore e cantante, frequenta la scuola del cinema; Alessandro, 21 anni, studente, lavora in una compagnia teatrale; Costanza, 21 anni, attrice e modella. Catia,infermiera e madre della piccola Beatrice, anch’ella con una parte nel film, coltiva il sogno di sfondare nel cinema; Fiorenza e Giovanni, entrambi insegnanti. Oltre agli attori, ci sono Alessandro, aiuto regia, Silvia e Alessandra, rispettivamente truccatrice dello staff e aiuto trucco.«In questi mesi di lavoro insieme abbiamo tutti dimostrato la capacità di costituire sistema nella realizzazione di questo progetto - conclude Roberta - che, oltre a promuovere il potenziale creativo delle giovani generazioni, si propone di valorizzare la specificità e la bellezza del nostro territorio e di sollecitare una riflessione sul contesto culturale della realtà vicentina».

Un lungometraggio Pericoloso di un gruppo di vicentiniGiovani apatici? No grazie. Lo stanno producendoe lo presenteranno ai concorsi nazionali

[ Una ripresa di Pericoloso in un salone di parrucchieri ad Anconetta ]

[ “Pericoloso”: in rosa Roberta Caldognettoe alla camera Alessandro Caldognetto ]

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Come è noto, ultimamente Vicenza sta vivendo (in via che si spera ripetibile e non solo anomala ed

eccezionale) un periodo di vivace clima culturale: la presenza – per il terzo anno di fila – di un’esposizione organizzata da Linea d’ombra in Basilica palladiana ha infatti suggellato la posizione conquistata dalla città all’interno del firmamento dell’arte in mostra. Vicenza è in questi giorni la città che ospita una delle mostre più attese dell’anno, e ne ha pure l’esclusiva. I grandi numeri preventivati si sono subito rivelati veritieri, ma assieme al boom degli ingressi si deve registrare anche un dato parallelo ma non inatteso

visto anche il baldanzoso (voluto?) atteggiamento del curatore: il dilagare delle polemiche. Grazie ad una lettera di alcuni docenti del Liceo Pigafetta indirizzata ai media locali di Vicenza pochi giorni dopo l’inaugurazione in pompa magna, la contestazione nei confronti di Goldin e del suo esplosivo (e per taluni addirittura insensato) “mostreficio” è uscita dai ristretti confini della letteratura specialistica e del giornalismo provinciale,

per approdare sulle pagine dei principali quotidiani nazionali, procurando così ulteriore visibilità e pubblicità a Tutankhamon Caravaggio Van Gogh. La sera e i notturni dagli Egizi al Novecento che, comunque, di suo ha messo su un battage locale e, soprattutto, nazionale non da poco e indubbiamente, bisogna dirlo, utile alla notorietà di Vicenza, prima di Goldin lontana e ignorata provincia dell’impero della cultura e dell’arte. Non tutto il Goldin viene per nuocere, se gli allestimenti di Linea d’ombra servono a rilanciare turisticamente e culturalmente un capoluogo alquanto assopito sotto questi punti di vista. Non tutto il Goldin viene per nuocere nemmeno se la sua prestigiosa firma rende possibile a Palazzo Chiericati la prima monografica italiana di un grande come Lopez Garcia, evento considerato mera utopia fino a poco tempo fa.Ma è anche vero che il rischio che si corre ad avere simili “ospiti” – per quanto illustri - è quello dell’auto-soffocamento, della perdita di identità dei luoghi, dell’oscuramento di alcune realtà almeno

confrontabili se non altrettanto rilevanti o addirittura di maggiore interesse culturale e progettuale. Forse non tutti sanno,

Bramante & Linea d’ombra: rubarsi la scena a VicenZa

Palladio Museum & Basilica Palladiana, in competizioneil particolare col tutto, il retro gusto col ragù, la nicchia col coro. Ma sempre a vantaggio della città del Palladio

[ Donata Rizzi ]

[ Una sala di “Tutankhamon Caravaggio Van Gogh. La sera e i notturni dagli Egizi al Novecento” ]

[ Una sala della mostra dedicata al Bramante ] Video

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n. 273 - 5 febbraio 2015 [ Cultura ] 45

per esempio, che la città del Palladio ospita (dal 9 novembre all’8 febbraio) un’esposizione dedicata ad un’altra personalità di spicco per la storia dell’architettura rinascimentale: parliamo di Donato Bramante (1444-1514), l’artista che - agli occhi di suoi illustri coevi quali lo stesso Palladio ed il Vasari - fu l’eroe del classicismo cinquecentesco, colui che mise a punto un nuovo concetto di spazio architettonico ispirato a quello dei grandi edifici della Roma antica. In occasione del cinquecentenario della morte del grande architetto, il Palladio Museum* propone infatti la mostra “Donato Bramante e l’arte della progettazione”, un percorso realizzato in collaborazione con la Bibliotheca Hertziana, il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi e la Fondazione Piero Portaluppi di Milano. Nucleo centrale della mostra - presente grazie ad un eccezionale prestito dal Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi - è il leggendario progetto autografo di Bramante per la basilica di San Pietro, noto come “Uffizi 20 A”. «È considerato il disegno più importante per l’architettura del mondo occidentale, che dopo di esso non è stata più la stessa», spiega Howard Burns, presidente del Consiglio Scientifico. Un foglio di carta che in realtà è una pietra miliare dell’architettura, e che viene illustrato al pubblico tramite un apposito apparato multimediale concepito per l’occasione. Il direttore del Palladio Museum Guido Beltramini spiega:

«È un processo per gradi, che Bramante registra sul foglio Uffizi 20 A mano a mano che esce dal suo cervello: il disegno è quindi una sorta di palinsesto, un diario di viaggio alla scoperta di quella che sarà l’architettura del Rinascimento». Accanto al disegno Uffizi 20 A di Bramante sono esposti altri disegni d’architettura cinquecenteschi (come quelli con cui Andrea Palladio studia alcune opere bramantesche), trattati d’architettura nelle preziose edizioni originali ed infine disegni e modelli architettonici contemporanei di ricostruzione dei procedimenti mentali di Bramante. Il visitatore è in tal modo

condotto per mano alla scoperta delle modalità con cui Bramante concepiva e progettava i suoi edifici e di come egli comunicasse le sue idee a committenti e muratori. La mostra risulta sobria, essenziale, e per questo assolutamente didattica. E non può che sorgere qui spontaneo il paragone con la concomitante mostra organizzata da Linea d’Ombra in Basilica, un’esposizione con pretese didattiche se non addirittura apodittiche (peraltro contestate da alcuni docenti e studiosi anche se, qui Goldin non ha tutti i torti, senza vedere direttamente opere e percorso didattico). Pretese che, l’abbiamo già detto, in fin dei conti finiscono per affogare nel mare magnum di un percorso che si rivela più “quantitativo” che tematico. L’antitesi è evidente: confrontare “Donato Bramante e l’arte della progettazione” con Tutankhamon Caravaggio Van Gogh vuol dire contrapporre la nicchia al grande pubblico, la ragione al sentimento, l’individuale al corale, la monografia all’antologia. De gustibus non disputandum est, ma è altrettanto vero che troppi protagonisti sullo stesso palcoscenico (ed il metodo Goldin è l’esempio paradigmatico dell’accumulo di capolavori) si rubano la scena a vicenda (e a… Vicenza), e che troppi sapori mischiati finiscono per disgustare.

[ La fila tipica per accedere a Tutankhamon Caravaggio Van Gogh. La sera e i notturni dagli Egizi al Novecento ]

[ Donato Bramante (1444-1514), “Studi per San Pietro”, matita rossa su carta bianca imbrunita, quadrettatura a matita rossa; 692 x 474 mm ]

Percorso museale

Approfondimento

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L’inverno inizia ad allentare la sua morsa, le giornate pian piano ci regalano minuti di luce e, mentre

i monti sono ancora assopiti sotto una coperta di neve, in città si respira già la voglia di primavera. Febbraio è qui,

mese di rinnovamento e purificazione secondo le origini latine del suo nome. Curiosità: nel vecchio calendario giap-ponese il mese di febbraio è indicato come “il mese nel quale gli alberi pren-dono nuova vita”, un periodo dell’anno

vissuto come momento di risveglio e ri-nascita in molte culture del mondo. Se è vero dunque che questo è il mese del rinnovamento, perché non cominciare dal guardaroba approfittando dei saldi ancora in corso?

Dolce Risveglio[ Sara Battilana ]

Cauta esplorazione Un primo giro di ricognizione vi permetterà di fare acquisti mirati in un secondo momento, con la sicurezza di aver scelto esattamente ciò che

stavate cercando. Spezzare lo shopping in due fasi può costare del tempo in più ma vi farà evitare possibili rim-pianti e compromessi

Qualità vs. quantità Approfittate dei prezzi ridotti per comprare pro-dotti di qualità anziché fare razzia di capi e accessori low cost. Cogliete l’occasione per ag-

giudicarvi ciò che aveva fatto breccia nel vostro cuore e che ora potete portare a casa senza troppi sensi di colpa

Il basic non passa mai di moda I saldi sono un buon momento per investire in capi indispensabili e capaci di durare nel tem-

po, come ad esempio un morbido maglione in cachemire dal colore versatile, una giacca in pelle o il classico little black dress

La lista della spesa Fare una lista di ciò che serve vi aiuterà a rima-nere concentrati su necessità e priorità, evitando di tornare a casa con borse piene di acquisti im-

pulsivi. Questo stratagemma risulta utile anche per otti-mizzare i tempi, permettendovi di selezionare da subito i negozi più adatti al vostro shopping

Personal shopping Non fatevi abbagliare dal prezzo ridotto, compra-te solo ciò che si addice al vostro stile, vi calza a pennello e risulta abbinabile a capi già presenti

nel vostro guardaroba. Tutto ciò che non corrisponde a questi criteri rischia di finire inesorabilmente in un angolo buio e remoto dell’armadio e rimanere inutilizzato

Lo sfizio Le regole esistono per essere infrante di tanto in tanto, cogliete dunque l’occasione anche per concedervi quell’acquisto un po’ fuori dall’ordi-

nario (o fuori dalla vostra lista). Fate presto però, è una giungla lì fuori!

Saldi: piano d’attacco “last minute”

Nei negozi le collezioni primaverili si fanno spazio tra sciarpe e maglioni in saldo. Eh sì, i primi due mesi dell’anno sono il periodo preferito per chi ama davvero lo shopping e, poiché i saldi andranno avanti ancora per un po’, ecco

qualche consiglio utile per trarne il massimo

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Casual chic

Calda, morbida e cruelty-free, la pelliccia sintetica è il perfetto so-prabito per una cena romantica di

metà febbraio: abbinata ad un abitino elegante, tacchi alti e labbra rosso rubi-no l’effetto vamp è assicurato.

Speciale S. Valentino

Un mix di capi casual ed eleganti per un’usci-ta a due la sera di San Valentino: eleganza che non si prende troppo sul serio, per un

aspetto curato e raffi nato.

Lui

La festa degli innamorati si avvicina, il momento più romantico dell’anno che a tutti fa battere il cuore. Una festività dalle origini antiche che celebra l’amore

romantico proprio nel momento in cui la natura inizia a risvegliarsi dal torpore inver-nale per accogliere la primavera in arrivo. nel mondo anglosassone gli innamorati si scambiano “valentine”, dolci bigliettini contenenti messaggi d’amore, nonché fi ori e cioccolatini. Una ricorrenza da festeggiare in mille modi: con una cena in uno dei ristoranti della zona che propongono menù a tema, una gita di coppia verso romanti-che mete come Verona o Venezia e, per i più pantofolai, un fi lm e una calda coperta da condividere sul divano. Qualsiasi sia il programma per la serata, l’importante è sta-re insieme. Sdolcinatezze e romanticismi banditi invece il 15 febbraio: San Faustino patrono dei single porterà forse fortuna a chi è ancora alla ricerca dell’anima gemella.

Calde coccoleLei

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n. 273 - 5 febbraio 2015 [ Vita Gay Vicentina ] 48

Con l’espres-sione “gay-friendly” si

intende indicare una persona, un’at-tività commerciale, un’associazione, una iniziativa aper-tamente “amiche-vole” (traducen-do letteralmente dall’inglese) nei confronti dei gay, e più in generale di tutte le persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, trans). Essere apertamente “accoglienti” significa in-dubbiamente mettersi in gioco, anche se ciò oscilla dal semplice essere di vedu-te aperte e cogliere nuove occasioni di mercato, fino al vero e proprio metterci la faccia nella battaglia per i diritti civili, laddove il contesto socio-politico sia su questi punti ancora arretrato.Cosa significa essere gay-friendly a Vi-cenza, oggi?Il Vicenza Pride 2013 ha fatto fare alla città un notevole passo avanti sul fronte dell’accoglienza delle differenze, scrol-landosi (almeno parzialmente) di dosso la pesante nomea di città bigotta ed oscu-rantista. Tutti ricordano Corso Fogazzaro addobbato coi 6 colori dell’arcobaleno (che è la bandiera ufficiale LGBT) duran-te la Parata finale del Pride, sabato 15 giugno 2013: la Pasticceria Aliani aveva creato e messo in bella mostra alcune

torte con il simbolo del Pride; Sapò esponeva i propri pro-dotti cre-ando una profumata b a n d i e r a r a i n b o w ; la Locanda del Gusto aveva appe-

so all’ingresso coccarde arcobaleno. E in Corso Palladio, la vetrina Pal Zileri dava il benvenuto al corteo con le cravatte di-sposte a formare l’arcobaleno e l’adesivo “Anche noi sosteniamo il Vicenza Pride”. Giusto per citare alcune fra le vetrine più colorate.Ma cosa è rimasto e cosa è cam-biato dell’entusiasmo di allora? Ad oggi, grazie al costante impegno delle numerose associazioni presenti in città (ricordiamo che la provincia di Vicenza vanta il primato di città in Veneto con più alto numero di associazioni LGBT), Vicenza sta vivendo un momento di gran-de apertura, visibilità e vivibilità per la comunità LGBT, con tanti eventi molto partecipati dai vicentini. La logica (ma non scontata) conseguenza è che anche molte attività commerciali abbiano defi-nitivamente preso una posizione di aper-tura nei confronti della clientela LGBT.«Il bar è sempre stato un punto di incontro

per le persone, magari dopo una giornata di lavoro o una mattinata di lezione, ed è importante trovarvi un ambiente accoglien-te. Ecco, io voglio far sentire a casa cia-scun mio cliente, nessuno escluso» ci ha detto Mayla Anna Immorlica, che gestisce “il Bocconcino Café� in via 4 novembre. «A me fa piacere che qui da me si ritrovino anche molti giovani gay e lesbiche, che il mio bar sia per loro un luogo di ritrovo, uno spazio aperto a tutti, indistintamente».Nel sito del Vicenza Pride è consultabile una pagina intitolata “friendly Vicenza” (http://www.vicenzapride.it/friendly-vicen-za/) in cui sono elencate attività vicentine amiche della comunità LGBT: fu pubblica-ta con l’intento di dare, a chi all’epoca fos-se giunto a Vicenza in occasione del Pride, indicazioni circa gli hotel, i bar e i negozi più “accoglienti” in città. Ci era sembrata una bella iniziativa, che metteva diretta-mente in contatto domanda e offerta di un target - quello delle persone LGBT - che è sempre più di interesse commerciale. «La consapevolezza del potere econo-mico e politico della comunità LGBT è in crescita costante» ci ha detto Mattia Stella, presidente di Arcigay Vicenza. «Stiamo contattando diverse realtà com-merciali della nostra città; a breve sapremo quanto Vicenza sia at-tenta nel sapersi accat-tivare una fascia di mer-cato che all’estero è più che consolidata».

Vicenza “gay-friendly”? Un’occasione anche economica [ Anna Barbara Grotto ]

Direttore ResponsabileGIOVANNI COVIELLO

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EditoreMEDIA CHOICE s.r.l.

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del 22 agosto 2008

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Segretaria di RedazioneAngela Mignano

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Hanno collaborato a questo numero Edoardo Andrein

Sara BattilanaAlberto BelloniGiuseppe Calò

Federica CeolatoMichele Dalla Negra

Davide FioreSara Girombelli

Anna Barbara GrottoGiorgio Langella

Giancarlo MarcottiEdoardo PepeAndrea PolizzoDonata Rizzi

Valentina RossetGuido Zentile

Giornale chiuso in redazione alleore 16.00 di giovedì 29 gennaio 2015

Tiratura: 7.000 copie

Associato Unione Stampa Periodica Italiana

Copyright: Le condizioni di utilizzo dei testi e delle foto sono concordate con i detentori. Se ciò non è stato pos-sibile, l’editore si dichiara disposto a riconoscere il giusto compenso.

VicenzaPiù si avvale di opere d’ingegno (testi e fotogra-fie) distribuiti gratuitamente con le licenze Creative Commons «Attribuzione» e «Attribuzione - Non opere derivate». Ringraziamo tutti gli autori che ci permettono di utilizzare i loro lavori segnalando il nome o il link ad un loro spazio web personale. Per maggiori informazioni: www.creativecommons.it

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