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Giornalista e scrittrice veronese, degu- statrice professionista. E’ co-curatrice della Guida Oro I Vini di Veronelli e au- trice per la guida I Ristoranti d’Italia de L’Espresso. Figlio di ristoratori gardesani, inizia la car- riera come sommelier, poi critico e comu- nicatore nel mondo vino. Oggi consulente enologico di aziende in Italia, Spagna e Francia. È un talento, di quelli giovani nati con il pe- digree e con una passione smisurata per il vino, diplomatosi all’Istituto Superiore Pro- fessionale per i servizi alberghieri e della ristorazione di Chianciano Terme. Scrive da anni di cibo, vino, distillati e sigari - è il primo Habanos Sommelier Ita- liano - sulla migliore stampa italiana. Si forma accademicamente all’Università IULM specializzandosi in Psicologia dei Consumi e Food & Wine Communication. Dedica buona parte della sua vita alla for- mazione nel settore F&B. Master Sommelier ALMA e Degustatrice Ufficiale AIS, è coautrice della Guida Ita- liana dedicata agli Champagne “Grandi Champagne”, nonché redattrice del sito “Lemiebollicine”. Marco Tonelli Luca Furzi Vania Valentini Riccardo Stebini Costantino Antonio Gabaldi Alessandra Piubello Intenditore di vino, cucina e un bon vivant. Wine Manager, ideatore del premio “Dire Fare Sognare” e del format audio “Deep Red Stories”, cerca nuove forme di comu- nicazione e filosofie per facilitare l’approc- cio al mondo del vino. Alessandro Rossi 61 VINO ViagginelVino VIAGGI NEL UN LUNGO VIAGGIO INTROSPETTIVO E CALIBRATO ALLA RICERCA DELL’ESSENZA DEL VINO...

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Giornalista e scrittrice veronese, degu-statrice professionista. E’ co-curatrice della Guida Oro I Vini di Veronelli e au-trice per la guida I Ristoranti d’Italia de L’Espresso.

Figlio di ristoratori gardesani, inizia la car-riera come sommelier, poi critico e comu-nicatore nel mondo vino. Oggi consulente enologico di aziende in Italia, Spagna e Francia.

È un talento, di quelli giovani nati con il pe-digree e con una passione smisurata per il vino, diplomatosi all’Istituto Superiore Pro-fessionale per i servizi alberghieri e della ristorazione di Chianciano Terme.

Scrive da anni di cibo, vino, distillati e sigari - è il primo Habanos Sommelier Ita-liano - sulla migliore stampa italiana.

Si forma accademicamente all’Università IULM specializzandosi in Psicologia dei Consumi e Food & Wine Communication. Dedica buona parte della sua vita alla for-mazione nel settore F&B.

Master Sommelier ALMA e Degustatrice Ufficiale AIS, è coautrice della Guida Ita-liana dedicata agli Champagne “Grandi Champagne”, nonché redattrice del sito “Lemiebollicine”.

MarcoTonelli

LucaFurzi

VaniaValentini

RiccardoStebini

Costantino AntonioGabaldi

AlessandraPiubello

Intenditore di vino, cucina e un bon vivant. Wine Manager, ideatore del premio “Dire Fare Sognare” e del format audio “Deep Red Stories”, cerca nuove forme di comu-nicazione e filosofie per facilitare l’approc-cio al mondo del vino.

Alessandro Rossi

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VINO

ViagginelVino

VIAGGI NEL

UN LUNGO VIAGGIO INTROSPETTIVOE CALIBRATO ALLA RICERCA

DELL’ESSENZA DEL VINO...

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L’avanguardismo, sviluppatisi nel No-vecento ma derivante da tendenze politico-culturali ottocentesche - rac-conta la Treccani - è l’atteggiamento ideologico ed espressivo nei movi-menti d’avanguardia, ovvero fenome-ni del comportamento o dell’opinione intellettuale innovativi, in anticipo sui gusti e sulle conoscenze.Insomma un movimento culturale,

L’AVANGUARDISMO TOTALE DEL VINO:AUDACIA E ANTICIPO

DEL RUMOREIL SILENZIO

di AlessAndro rossi

soprattutto artistico-letteraria, atto all’anticipo dei tempi.Audacia e anticipo ovvero quello che serve al mondo del vino; un nuovo verbo e una nuova traduzione del gu-sto del consumatore.Il suffisso “totale”, invece, fu coniato all’inizio degli anni ‘70 per il mondo del calcio.Calcio totale è l’espressione con cui

si definisce quello stile di gioco per cui ogni calciatore che si sposta dalla propria posizione è immediatamente sostituito da un compagno, permet-tendo così alla squadra di mantene-re inalterata la propria disposizione tattica. L’interprete principale fu quel Johan Cruyff tanto famoso alle platee cal-cistiche che rivoluzionò il calcio mo-

Manifesto inglese per il reclutamento, 1915

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derno diventando la personificazione del “calciatore totale”.Suona particolarmente strano appli-care un concetto come questo al vino perché audacia e anticipo non sono così di moda, anzi.Contenere l’audacia (a meno che non si parli di vini naturali) e azzardare anticipi nel gusto (più semplice nel dizionario culinario) per il mondo del vino non è così facile e scontato.Ci siamo stufati di un dizionario a volte troppo quadrato ma fatichiamo a costruirne un altro più visionario e moderno.Le nuove leve non si identificano più nel vecchio verbo e sono alla ricerca di un’altra forma di espressione più moderna e al passo con i tempi. Fati-chiamo a calarci in un nuovo modo di comunicare ancorato meno alla sog-gettività e più all’oggettività; siamo figli di una scuola spesso vecchia non in grado di preparare a modo le nuo-ve generazioni. Cambiano i dizionari e le enciclopedie figuriamoci se non può mutare il linguaggio del vino.La vera abilità del degustatore risie-de non solo nella capacità di per-cepire odori, sapori e struttura di un vino, ma nel saper tradurre tutte queste sensazioni in un linguaggio universale.E’ giusto coniare un modo di espri-mersi che abbia per tutti lo stesso significato perché la sensazione pro-vata dopo un assaggio è istintiva e non immediata. Tradurre una percezione è affare non semplice, la scelta dei termini e la codifica di un lessico professionale è ancora più complicata soprattutto in fase di avvicinamento alla materia.Più oggettività, senza sostituirsi all’e-nologo appropriandosi di termini troppo tecnici o di analisi, ma meno barocchi figli della vecchia scuola.Ancora più complicato quando si par-la del futuro punto di bevuto, cercan-

do di anticipare i tempi per essere visionari e precursori. Cambia lo stile cambia il palato, cambia la gastrono-mia e cambiano le abitudini, ma que-sta è un’altra storia ancora.Cerchiamo ancora una volta di ren-dere il vino “totale”, questa volta in-

teso come un bene prezioso per tutti e non solo per alcuni.Rendiamolo più semplice ed imme-diato perché - non scordiamoci mai - che un grande vino è grande quando la bottiglia finisce e magari ne ricom-priamo un’altra.

Dida etichette xxxxx xxxx xxxxx

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a cura di Marco Tonelli

Lodano anche nel senso che in tanti apprezzano le doti di questo vino bianco, prodotto in una zona di rossi, e che rossi, come Suvereto. La volontà di fare un grande bianco qui è di Rita, la stessa a cui è dedicata l’azienda che produce questa etichetta, frutto di un mix di uve (Chardonnay, Traminer e Ri-esling). Naso potente ma non stordente, il Traminer fa il suo ma senza esagerare. La bocca sa reggere l’urto con prepa-razioni saporite, merito anche di una speziatura che arriva da un affinamento in legno, avvertibile ma senza quegli eccessi di ‘falegnameria’ che spesso ingolfa i vini bianchi, giovani o vecchi che siano.Prodotto da Tua Rita - www.tuarita.it

eno itàTUA RITA LODANO 2018

Tecnicamente un Blanc de Noirs, anche se qui il Pinot Ne-ro non c’entra. Cos, azienda legatissima al proprio territorio (Vittoria), ha scelto di utilizzare per il proprio metodo classico il vitigno che meglio rappre-senta casa: il Frappato. Uva dal carattere floreale e vinoso, il Frappato dona a questo me-todo classico beva e sapidità. Cos ha scelto di effettuare la prima fermentazione in anfo-re di terracotta con lieviti in-digeni, per poi lasciare che il vino rifermenti in bottiglia, ri-manendo successivamente sui propri lieviti per ben 56 me-si. Tanto tempo qui equivale a tanto gusto, reso per altro an-cora più ‘sincero’ dal non utiliz-zare zuccheri aggiunti.

Prodotto da Cos, distribui-to da Les Caves de Pyrene, www.lescaves.it

COSMETODO CLASSICO

EXTRA BRUT

Di Prosecco ce ne è tanto, ma mica è tutto uguale. In questo, prodotto da Col Sadago, abbiamo innanzitutto la dicitura Superiore, accoppiata alla sigla Docg. Due elementi che certificano la qualità migliore del Prosecco, in questo caso prodotto con sola uva Glera. A tutto questo infine dobbiamo aggiungere, cosa rara anche nella produzione del Prosecco Docg, l’indicazione della vigna da cui proviene il vino, in questo caso la Vigna del Cuc. Questa etichetta nasce dopo una lun-ga rifermentazione in autoclave, ben 2 mesi, che gli permette di svi-luppare profumi, tanti e non stucchevoli, oltre a un sapore fruttato, succoso e con una beva da sorsi a ripetizione.Prodotto da Col Sandago, www.colsandago.it

COL SANDAGO VIGNA DEL CUC

La lettera B in etichetta va riferita non certo alla qualità del vino, visto che Filippo Cassano, patron di Polvanera, dà sempre vita a sorsi di serie A. In questo suo vino come in molti altri, rossi compresi, la leggerezza del sapore arriva in particolar modo dai terreni calcarei dei vigneti da cui si ricava il Minutolo, vitigno protagonista di questa bolla prodotta mediante metodo Charmat. Il Minutolo è un’uva poco conosciuta -a torto- come mostra il naso profumatamente floreale, ma mai in maniera troppo ruffiana. In bocca quest’etichetta è frutta-ta, agrumata, asciutta. La beva ingrana la quinta sin dal primo sorso.Prodotto da Cantine Povanera, www.cantinepolvanera.it

POLVANERA B

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Da un manico dei vini dell’Alto Adige e da uno dei vitigni più interessanti provenienti dalla stessa regione, la Schiava, ecco un vino, anzi tre, che raccontano come il vitigno, alla fine sia solo un mezzo e non un fine. Hartmann Donà, già enologo di Cantine Terlano per un decennio, ha infatti deciso che il comune denominatore di questo trio di etichette fosse la Schiava, mentre le differenze dovessero derivare da altrettante altitudini, ma soprat-tutto dalla diversa conformazione geologica dei terreni da cui questi vini si ricavano. Nel caso del Granit la Schiava si mostra quasi luminosa, filante, sapida, in una parola: invo-gliante.Hartmann Donà distribuito da Vino & Design, www.vinoedesign.it

HARTMANN DONÀ GRANIT 2018

eno ità

Sulle colline di Castelvetro domina quella varietà di Lambrusco chia-mata Grasparossa, per quel suo ‘arrossire’ tutto, raspi compresi, nella stagione autunnale.Di solito il colore del vino è viola, con un richiamo al fiore dello stesso nome persino al gusto. L’azienda condotta da Mattia Montanari dà al

vitigno un’interpretazione rosa, con il suo Opera Rosa. Bello acceso il colore, cui fa seguito una coerenza di naso e bocca, entrambi giocati su toni di lamponi, viola e mandarino. Le bolle derivano da rifermentazione in autoclave.La facilità di abbinamento, preparazioni di pesce comprese, è im-barazzante, per quanto facile.

Prodotto da Opera 02 Cà Montanari, distribuito da Balan

www.balan.it

OPERA 02 OPERA ROSA

Azienda giovane che porta il nome e cognome di una produttrice che, per ora, si dedica solo all’Aglianico in quel di Paternopoli (AV). Ste-fania produce due vini, uno di questi si chiama Ion. In greco viola, per quel colore e quel sapore che ritroviamo in questo vino otte-nuto da piante giovani, poco meno di 15 anni, ma che beneficiano dell’altitudine e di quei terreni composti da un mix di argilla, cal-care e sabbia.Questi due elementi sono decisivi nel far sì che il vino esprima immediatezza, finezza e anche un lato che potremmo definire spensierato, liberando lo Ion da cervellotici descrittori, restituen-docelo, fruttato (rosso), salato, a tratti selvatico.

Prodotto da Stefania Barbot, distribuito da Sagna

www.sagna.it

STEFANIA BARBOT ION 2016

ALTRABOTTIGLIA?

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Cari Umani,la leggenda della pentola d’oro e dell’arcobaleno la conoscete tutti. Il protagonista è un folletto, come me figlio del piccolo popolo. Ho pensato che questa rivista fosse il luogo ide-ale per manifestarmi e per provare a stabilire un dialogo con voi. Eh già, perché poi piacerebbe a mia volta leg-gervi e qui in redazione mi faranno da fermo posta.Sono una creatura che vive i ritmi della natura, scorrazzando libera e vispa per le vigne italiane. Vivo con loro, parlo con loro. Proprio in questo pe-riodo le state potando, un gesto per accompagnarle al vostro progetto, un atto che da Nord a Sud dello stivale, le accomuna. In questo momento ancora infreddolite dall’inverno, docilmente si lasciano modellare a nuova forma. Poi con il germogliamento si esprimeran-no ognuna a modo proprio, in tempi diversi, in piena autonomia. Amo le vigne, sono le mie compagne di giochi, con le creature che vivono nel terreno insieme alle vigne (anche se non le tro-vo in tutti i vigneti, purtroppo, alcuni sono completamente privi di esseri viventi).La terra infatti è stata avvelenata con prodotti chimici per anni e anni. Non riesco a spiegarmi un vostro ragiona-mento: perché chi lavora rispettando la terra, mantenendo salubre il terreno e con esso tutti quelli che lo abita-no, deve pagare per certificarsi e ol-tretutto spiegare al mondo perché lo

fa? Ma non dovrebbe essere un fatto normale? Perché invece chi inquina, chi usa prodotti chimici di sintesi, chi usa pesticidi non è obbligato a nulla, e nell’etichetta non si capisce che ci sta intossicando?Noi folletti amiamo bere il vino del vignaiolo, di quell’Umano che custodi-sce la vigna, aiutandola nei momenti di difficoltà con modi naturali. Il suo vino, purché non sia difettoso, ci piace perché ci stimola a pensare. Mi capita di incontrare Umani che fanno cose strane, roteano per ore un bicchiere, annusano, annusano e poi bevono un piccolo sorso. Tutto d’un tratto sputa-no fuori il vino e le sentenze. A guar-darli ci diamo di gomito, tenendoci la pancia! Da noi il vino è elemento vitale che suscita liberi pensieri e ispirazioni insperate, che anima emozioni, che scioglie il cuore. Diventiamo poeti e siamo ancora più in sintonia con la na-tura. A sentire invece alcuni discorsi umani il vino si trasforma in elemento pensato e ingabbiato in uno schema rigido, vivisezionato, smagandolo così della sua intima Bellezza.A volte dalle vigne mi introduco in qualche cantina, osservo tutto, ascol-to i discorsi e mi capita di andare in stanze nascoste alla vista dove ci sono scatole e sacchi: enzimi, antiossidanti, solfitanti, attivanti, tannini, miglioratori biologici, stabilizzanti, kit per dare il giusto aroma di legno (doghe, listelle, barrette, chips) dal tostato al torrefat-to e ancora e ancora. Vedo delle cose,

che voi Umani non potete neppure im-maginare. E poi sento dire che il vino si fa in vigna, nelle mie amate vigne? Noi folletti, ci domandiamo, scherzan-doci sopra: ma useranno ancora l’uva per fare il vino? Quando ci troviamo intorno al fuoco, sul far della sera e parliamo di voi, pensiamo che molti fra voi si siano persi. Perché non prendete la strada di casa, quella che porta alla terra? Noi folletti siamo in grado di predire il futuro: non vorrete che scop-pi la bolla, vero? Perché allora non ce n’è più per nessuno, neppure per il piccolo popolo.Noi siamo stanziali, ci divertiamo con le farfalle, le api, i fiori, le nostre vigne e siamo rubizzi per l’aria che ci arrossa le gote (e non solo, d’accordo) e vedia-mo alcuni fra voi, concitati e ansiosi, prendere aerei andare a vendere vino in altri Paesi nel mondo, tutti fieri di sproloquiare che distribuiscono di qui, di là, persino in Tibet… già, e sulle vo-stre tavole? E gli stranieri in Italia che si bevono?Noi folletti siamo una grande famiglia, da Nord a Sud, un’associazione segre-ta che si scambia tutte le informazioni. Se il piccolo popolo non trova i vini del territorio, combina sempre qualche scherzetto. Non ci si può fidare degli Umani che non fanno trovare nella lo-ro terra il loro vino. Ora torno in vigna, scrivetemi i vostri pensieri, li leggerò sotto una quercia, illuminata da un buon calice.Un buffetto dalla folletta Morebello.

PIÙ... BELLOCOSTI SUL

di AlessAndrA Piubello

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Quando si parla di vino, in particolare di vino italiano, non bisognerebbe mai dimenticare che, nonostante spesso a dominare la scena siano i grandi produttori o i nomi più blasonati, la realtà si compone di migliaia di piccole e medie aziende che lotta-no quotidianamente per emergere in un mondo competitivo e spesso caotico.Per questo, parlare con Roberta Bricolo dell’Azienda Agricola Gorgo è stata una ventata di aria fresca.La cantina che rappresenta è una realtà storica (quasi cinquant’anni di vita) nel veronese, posizionata in quella parte di Ve-neto che guarda al Garda e a cui quest’ultimo, in un’epoca lontanissima, ha regalato le terre dove adesso crescono le viti. Le produzioni sono le eccellenza di questa zona; Custoza DOC, Bardolino DOC, Chiaretto, alcune IGT territoriali e qualche varietà internazionale reinterpretata in chiave “local”.La storia di questa azienda ci aiuta ad inquadrare una realtà abituata a prendere scelte coraggiose. I genitori di Roberta, in-fatti, decidono di rinunciare ad una vita di “altri mestieri” per inseguire il sogno di un azienda vinicola. Così come loro, anche

FRA TRADIZIONE ED INNOVAZIONE.IL CUSTOZA CHE AFFASCINA IL MONDO.

GORGOAZIENDA AGRICOLA

di riccArdo stebini

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la figlia, intraprende una brillante car-riera da avvocato per poi trovarsi ad immaginare sempre più di frequente la vita da vigneron e decidere a sua volta che la cantina è la sua strada. Parafra-sando un celebre proverbio, l’acino non cade mai lontano dalla vite.Da un retaggio del genere non può che emergere una passione quasi san-guigna per il vino e tutto ciò che vi è intorno, che influenza le scelte di stile ed etiche di tutta la cantina.

“Il biologico non è una scelta, è l’uni-co modo che credo rispecchi la no-stra idea di fare vino […] d’altra parte non riesco nemmeno a contare tutte le nuove idee e proposte che ci vengono continuamente di cose nuove da fare. Nessuna preclusione sull’ innovazione, ma bisogna procedere step by step e aspettare i tempi giusti.”

Così Roberta commenta la scelta della cantina di certificarsi biologica in toto.Una splendida apertura rispetto a tut-to quello che è nuovo, ma in grado di portare ulteriore valore al proprio vino. Una splendida e perfettamente equilibrata dicotomia, fra tutto ciò che è tradizionale e legato al territorio e tutto quello che è innovazione e cam-biamento. Esagerando; forse perfino rallentata da un mercato non ancora pronto per alcune proposte.

Ma come si confronta una impresa così con il mondo del vino fuor dalI’Italia?

“Abbiamo i nostri mercati di riferimen-to che sono Stati Uniti ed Europa […], ma ultimamente sono stata sorpresa dalle possibilità di apertura verso nuo-vi paesi (Giappone, Canada) che ini-ziano a guardare con interesse anche ai vini italiani con denominazioni che solo i mercati maturi solitamente ap-procciavano.”

Una delle difficoltà più grandi? Portare le denominazioni sui mercati emer-genti. Per questo occorrono sforzi continui ed un grande lavoro da parte dell’intera filiera e di tutto il territorio.Fortunatamente, tutte le aziende stan-no provando a fare fronte comune, aiutate dalle istituzioni che promuo-vono il vino, per raggiungere le masse critiche e portare il livello di consape-volezza su questi vini a livelli sempre più alti.Percorso che si sta rivelando vincente su tutta la linea.

“Numeri incredibili con i rosati […] e una grossa spinta sull’estero data dal-la capacità dei nostri vini di essere estremamente bevibili, ma allo stesso tempo di mostrare una grande com-plessità e mineralità.”

Che il Rosè non fosse un vino so-lo estivo, forse si poteva intuire dai trend, ma portare nel mondo eccel-

lenza come il Custoza ed il Bardolino è frutto di un lavoro capace, continuato e guidato da scelte lungimiranti. Ov-viamente, ancora di vitale importanza i momenti d’incontro con gli interlocu-tori esteri. Complici in questo percor-so le grandi organizzazioni promotrici del vino italiano all’estero, come Gam-bero Rosso e Slow Food, che certifica-no inoltre regolarmente la qualità dei prodotti dell’Azienda Agricola Gorgo con i loro riconoscimenti.

E la comunicazione?

“Come in molte aziende private a con-duzione familiare, è stata accantonata per diverso tempo per ragioni di preva-lenza […] ma da qualche anno a questa parte abbiamo iniziato a strutturare una strategia che la vedrà sempre più curata e potenziata, anche alla luce dell’importanza che ha nel mantenere i contatti con gli interlocutori all’estero. A brevissimo altri cambiamenti.”

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© Tiziano Cristofoli

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I social saranno una delle risorse fon-damentali nel breve termine e la voglia di investire in questo campo senza precludersi nulla, dimostra un apertu-ra mentale perfettamente in linea con le idee della cantina.Gli obiettivi per il futuro sono chiari: Continuare su questa strada! Lavorare continuamente per aprire nuovi mer-cati e nuove possibilità. Farsi promoto-ri in prima persona dalla conoscenza di queste denominazioni e continuare a lavorare di squadra con le altre realtà del territorio.Il quadro finale è lampante. Un’azienda decisamente fuori dal comune. Gio-vane. A carattere prevalentemente femminile. Capace di trasmettere al consumatore la grande passione di chi definisce le strategie.La storia da raccontare c’è. I vini an-che. L’unica cosa che rimane da fare è ve-dere quanto lontano potrà andare questa realtà da cui, per spirito d’ini-ziativa e collaborazione, si dovrebbe sicuramente prendere esempio.

La geologia influisce in maniera determinante sulle caratteristiche or-ganolettiche del Bianco di Custoza. I detriti rocciosi che compongono il substrato di questa area essendo ricchi di minerali, sono fondamentale per lo stile dei vini qui prodotti ad oggi tanto in linea le richieste del con-sumatore finale: acidità e sapidità.Il secondo fattore che più caratterizza il terroir del Custoza, invece, è il clima. Le correnti provenienti dal lago, mitigando le temperature, creano un microclima tendenzialmente mediterraneo atipico per una zona dell’I-talia settentrionale. Il clima estremamente temperato aiuta nel Bianco di Custoza a sviluppare gli aromi di frutta bianca, gialla e spesso anche sfu-mature agrumate.Le note fruttate tendendo in qualche modo all’aromaticità, non diventano mai aggressive o dominanti, infatti, lasciano spazio anche ai profumi più delicati floreali.

CUSTOZA D.O.C. SAN MICHELIN 2018L’annata 2018 è stata un’annata favorevole per i vini bianchi di queste zo-ne. In degustazione emergono dal bicchiere note intense, freschissime e floreali al primo impatto; successivamente sensazioni citrine; pompelmo rosa, lime e silice seguite da arancia dolce, mela renetta e frutta secca in chiusura. La bocca è salata, il corpo è denso a bilanciamento della parte citrina che richiama il bicchiere e lo rende elegante e moderno nel suo stile. Un grandissimo esempio di rapporto qualità/prezzo, un vino estre-mamente centrato per il momento storico che stiamo attraversando.92/100

CUSTOZA D.O.C. SAN MICHELIN 2017L’impatto olfattivo a differenza dell’annata 2018 è più materico. Maggiore l’apporto di frutta a pasta bianca matura, come pesca e frutta tropicale, ma richiami anche di geranio e fiori di campo. Nonostante questo con-tinua a seguire perfettamente la logica aziendale: vini verticali e giocati su importanti tensioni acide. La bocca è vibrante e molto lunga sul finale, dove il marchio di fabbrica anche in questo caso non si discute: sapidità. 89/100

CUSTOZA D.O.C. SAN MICHELIN 2016L’annata 2016 ci racconta perfettamente come questa selezione possa – nonostante tutto – sfidare le curve del tempo.Al naso iniziano ad emergere note idrocarburiche e il bagaglio aromatico si espande notevolmente: pesca, arancio, papaia oltre a note agrumate, spezie dolci e delicate come il pepe rosa. La bocca è densa ma con una lunga vena acida a sostentamento della struttura. Un grande vino seppur ancora giovanissimo.93/100

AZIENDA AGRICOLA GORGOVia Gorgo, 19 - 37066 Custoza (VR)

Tel. 045 516063www.cantinagorgo.com

[email protected]

LA DEGUSTAZIONEA curA di AlessAndro rossi

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CUSTOZA D.O.C. SAN MICHELIN 2015Annata totalmente differente da quel-le assaggiate precedentemente; un patrimonio più terziario come fiori e frutta secca, cumino, canditi oltre a spezie dolci e miele su una ottima base di frutta a pasta gialla. La bocca racconta di un vino ancora giovane. La struttura è di maggior volume se la paragoniamo alle annate che l’hanno preceduto in degustazione, ma anco-ra assolutamente integra e pronta a lanciare la sfida agli anni a seguire. Un finale esaltante con un perfetto mix tra acidità/densità/sapidità.94/100

CUSTOZA SUPERIORE D.O.C.Summa 2018: Anche in questo caso - come per altro per il San Miche-lin - l’acciaio è l’unico interprete di questo vino. E’ una selezione prove-niente dalle aree più alte e più vo-cate, il tutto unito al grande rispetto per il territorio. Questa annata è gio-cata sostanzialmente su espressioni prettamente citrine e sapide. Anche in questo caso pompelmo rosa, no-te lemoniche e ricordi di zenzero in lontananza determinano il bouquet olfattivo di questo vino. La bocca è assolutamente in equilibrio; mate-ria sostanziosa che alleggerisce l’ag-gressione acida – dovuta anche alla gioventù – e perfetto equilibrio in chiusura. Come per il San Michelin un’autentica interpretazione del ter-ritorio. Un grande futuro.93/100

CU STOZ A SU PE R I O R E D.O.C . SUMMA 2017Le aree più elevate altimetricalmen-te hanno aiutato non poco questa vendemmia estremamente calda. Al naso la frutta gialla ne fa da padro-na; miele, frutta tropicale, ma anche acacia e fiori di campo come la ca-

momilla arricchiscono il bouquet di questo vino. Ruotando il bicchiere la densità glicerica racconta perfet-tamente la struttura, addolcita da sfumature mielose ma sostenuta da un’ottima freschezza. La bocca è pie-na e succosa, materica ma elegante al tempo stesso. Un’ottima acidità fa da impalcatura ad un vino imponente con ancora anni davanti per esprime-re al meglio le potenzialità.91/100

CU STOZ A SU PE R I O R E D.O.C . SUMMA 2016Freschissimo, elegante, immediato ma complesso al tempo stesso, ecco cosa racconta il bicchiere appena ci si but-ta il naso dentro. Una grande spinta acida sostiene l’impatto olfattivo. Il corredo aromatico è estremamente complesso, un up and down di frutta, fiori e spezie che regolano ad arte questo vino. Potente e vibrante, lascia spazio ad una bocca succosa e tesa che alterna note citriche a note mine-

rali. Un grande vino che unisce strut-tura e alterna eleganza e longevità.94/100

CU STOZ A SU PE R I O R E D.O.C . SUMMA 2013Metti un’annata fresca stile anni ’80 e falla evolvere in acciaio; aggiungi anni di bottiglia ed ecco il risultato: un vino diverso dalle ultime annate prodotte ma estremamente in sinto-nia con l’idea dei vini del tempo e che regala, ad oggi, sensazioni uniche. La frutta vira su una polpa più densa, si abbandona la pasta bianca e i ricordi viaggiano su qualcosa di più zucche-rino come albicocca matura a pasta gialla, figlia di un’idea agronomica che ricorda un leggero appassimento in vigna. Note idrocarburiche, speziate a tratti, anticipano una bocca serrata e affilata come pochi vini possono lasciar presumere. Un vino non per tutti, ad oggi freschissimo, che regala una grande idea enologica.93/100

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VINO NOBILE DI MONTEPULCIANO DOCGBY THE GLASS

di lucA Forzi

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Montepulciano, un paese a cavallo tra la Val di Chiana e la Val d’Orcia, posto a 600 metri s.l.m. circa, storicamente impor-tante già dal medioevo per la produzione di vino rosso. Nel 1980 è la prima denominazione Toscana che entra in commercio dopo aver ricevuto la DOCG. Presenta un territorio ricco di argilla dove al Sangiovese o meglio, al Prugnolo Gentile, così è l’appellativo di questa zona, rie-sce a trasmettere struttura e complessità ai propri vini. Secondo il disciplinare ha una base minima di almeno il 70% di Prugnolo Gentile al quale si possono affiancare le uve Cana-iolo Nero, Colorino e Mammolo. Il Vino Nobile di Montepulciano viene fatto maturare, prima dell’immissione in commercio, in botti o in barrique. Le tempistiche di invecchiamento variano dai 24 mesi per il vino base e 36 per la Riserva. Gli abbina-menti si sposano perfettamente con la classica cucina toscana, dove la carne alla brace e la selvaggina sono al primo posto. Di seguito alcuni vini degustati dell’annata 2016, da molti definita un’annata da “incorniciare”.

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VINO NOBILEDI MONTEPULCIANO 2016BOSCARELLINaso avvolgente e d’impatto. Possia-mo trovare subito al palato una ciliegia croccante con delle belle sfumature speziate. In bocca si notano subito un’acidità e una mineralità pronunciate che lasciano spazio ai profumi già an-ticipati al naso. Il tannino è vivo e pre-sente nella materia. Vino sicuramente di corpo, equilibrato, fine e abbastanza persistente.89/100

VINO NOBILEDI MONTEPULCIANORISERVA “ASINONE” 2016POLIZIANOAl naso è vino ampio: apre con un ric-co bouquet floreale per poi lasciare spazio a note che vanno dalla ciliegia ai frutti di bosco, dal cuoio alla pietra focaia fino ad arrivare al tabacco. In bocca è imponente ha un’elegantissi-ma acidità sorretta in perfetto equi-librio da un tannino marcato e molto preciso. Successivamente largo spazio a note di frutta rossa ben matura e a un retrogusto vanigliato. Equilibrato, fine ed estremamente persistente.95/100

VINO NOBILEDI MONTEPULCIANO 2016CROCIANIIl naso apre con profumi per lo più flo-reali come la viola, per poi disperdersi e lasciare spazio a sentori di frutta scura, prugna e mora su tutti. Il pala-to è denso sorretto dall’acidità che da struttura al vino; asciutto in bocca e dal tannino delicato. Un vino fine, equilibrato e di ottima persistenza.90/100

VINO NOBILEDI MONTEPULCIANO 2016DE RICCIDal primo impatto olfattivo si percepi-sce subito che la matrice è l’eleganza. Apre con note floreali che lasciano spazio a quelle fruttate come la ciliegia e la fragolina di bosco.In bocca è verticale, la struttura di questo vino rende il sorso progressivo grazie anche all’acidità ben marcata e al tannino preciso.Fine e Persistente, un vino che deve ancora dire la sua ma questo solo do-po aver aspettato l’affinamento in bot-tiglia per qualche anno.93/100

NOBILE DI MONTEPULCIANO 2016SALCHETOIl naso è estremamente complesso; spiccano subito eleganti note frutta-te, di frutta matura come la ciliegia e la prugna, ma anche sentori speziati

come il pepe nero, il cuoio e il tabac-co. Al palato è fresco grazie alla bella acidità e mineralità che insieme ad un preciso tannino danno struttura ed equilibrio al vino. Fine, di corpo e per-sistente.92/100

NOBILE DI MONTEPULCIANO“VIGNA D’ALFIERO” 2016VALDIPIATTAAmpio, un vino che prende subito spazio. Il naso varia dalla frutta rossa matura al floreale a cui seguono note terziarie. Ciliegia, cioccolato, cuoio; il tutto unito insieme da un’ottima levi-gatura dovuta all’evoluzione in legno. In bocca è verticale, dritto e longilineo sorretto da un’ottima acidità seguita da grande struttura e trama tannica che fa ben sperare per il futuro. Vino equilibrato, fine, di corpo ed estrema-mente persistente.94/100

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LA DEGUSTAZIONE

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I NUOVI ANNI ’20 DEL VINO ITALIANO:LA 4 DOMANDE A CUI RISPONDERE!

Gli ultimi anni ’20, di cui ormai si può tranquillamente leg-gere nei libri di testo, sono stati un decennio decisamente turbolento, per quanto affascinante. Un periodo ricco di chiaroscuri ed incredibilmente denso di avvenimenti.Si sviluppa la musica jazz, viene presentato il primo film par-lato della storia, Einstein vince il nobel e nasce il topo più amato e acclamato della storia.Anche il modo di approcciarsi al cibo e alla tavola cambia. Un ritrovato benessere gli infonde quel doveroso spunto verso la ricerca del piacere, che contribuisce al moltiplicarsi e al proliferare di ristoranti, trattorie, bar e luoghi di svago.Oggi è passato un secolo dagli “années folles” e gli ultimi cento anni hanno visto il vino italiano attraversare un lungo percorso fatto di cambiamenti, innovazioni, crisi e successi.Nei primi giorni di una nuova decade viene quindi sponta-neo guardare al futuro. Solitamente lo si fa azzardando previsioni, che però si rive-lano troppo spesso errate. Una maniera diversa è cercare di capire cosa succederà nel mondo del vino ponendosi dei quesiti. Questo permette di riflettere, guardare avanti, sen-za però giocare completamente ai dadi. Quindi ecco qui le 4 domande al vino italiano per il prossi-mo decennio!

MODA & TENDENZE di riccArdo stebini

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L’ITALIA TORNERÀ A BERE?

Il Bel Paese riuscirà finalmente a rialzare il proprio consumo interno di vino?Dal 2014 ad oggi si è vista una timida risalita del consumo totale e pro capite interno, ma per chi sogna e ricorda i cari e vecchi numeri della seconda metà del ‘900, il consiglio è di rassegnarsi. Il vino ha cambiato momento di consumo e questa è una verità. Da alimento fondamentale si è trasfor-mato in un prodotto ad uso sporadico. I dati a confronto fra gli anni, su quest’ultimo indicatore mostrano un gap formi-

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dabile. É quindi possibile immaginare che questo trend cresca sempre di più, anche grazie alle nuove generazio-ni ormai completamente disabituate al bottiglione sulla tavola domestica.I consumi potrebbero quindi effetti-vamente aumentare, ma sicuramente le modalità saranno completamente diverse. Per quanto tutto ciò possa creare dei potenziali problemi ad uno degli ali-menti più storici italiani, difficile non vedere l’altro lato della medaglia che offre infinite nuove possibilità nel pro-porsi al mercato. Sarà una grande sfida per chi lavora in questo settore. Un valido proposito? Cercare quanto più possibile di rispondere alle nuove esi-genze dei consumatori che sempre più cercano l’ossimoro di una tradizionali-tà che strizza l’occhio all’innovazione.

COME FINIRÀ LA GRANDE“SFIDA AI MILLENNIALS”?

Il vino, per sua peculiarità, è un pro-dotto dalle tempistiche lente. La vite impiega in media quattro anni per di-ventare produttiva, un metodo classi-co può impiegare decine di mesi per affinarsi e anche in termini di innova-zione, salvo qualche caso limite, il set-tore ha sempre impiegato delle tempi-stiche piuttosto importanti.La sfida nell’approcciare la generazio-ne dei Millennials ha caratterizzato e canalizzato moltissimi degli sforzi dell’intero settore. I risultati? Probabilmente non quelli attesi. I motivi? Svariati e complessi, ma que-sto non cancella il fatto che nell’ap-procciare questa nuova audience si siano commesse alcune leggerezze. Sicuramente l’ascesa degli spirits e dei soft-drink, non ha aiutato, ma spesso e volentieri il problema può essere in-dividuato nella diversità di pensiero e approccio fra chi pensa le strategie ed

il consumatore a cui si vuole comunica-re e, di conseguenza, vendere.In definitiva la sfida è ancora aperta e, si spera, ricca di colpi di scena. La speranza è che il mondo del vino italiano riesca finalmente a trovare la chiave per il cuore dei Millennials.Nei nuovi anni ’20 quindi non solo si vedrà il proseguimento e, ci si augura, il buon esito di questa macro-strategia per rivolgersi ad un nuovo target, bi-sognerà considerare e prevedere l’ar-rivo di una nuova sfida. Infatti mentre l’intero comparto impiegava anni per perfezionare un nuovo linguaggio, gli anni sono passati ed i consumatori so-no cresciuti. I nati nel 2000 hanno 20 anni! Si conti-nui quindi a pensare ai Millennials, ma al contempo ci si prepari ad una nuova ed esaltante avventura… Arriva la Ge-nerazione Z!

QUALI SONOLE PRINCIPALI MINACCE

DEL PROSSIMO DECENNIO?

Il cambiamento climatico sicuramente preoccupa, ma ne si parla già da anni.Sicuramente sarà necessario tenere sotto controllo le situazioni geo-po-litiche. Fenomeni come la Brexit o le politiche “Trumpiane”, di cui non si conoscono ancora gli esiti esatti, pos-sono rivelarsi delle comete inaspettate dagli effetti importanti.Vi è però un’altra grande minaccia, di cui si parla solo da qualche anno.I dati però iniziano a delineare un nuo-vo trend che non si può non osservare. Il vino non è più in competizione solo con sè stesso e con le altre storiche categorie merceologiche pseudo-rivali. Sta nascendo, e crescendo ad una ve-locità spettacolare, un mondo fatto di soft-drink, bevande zuccherate e simili che a tutti gli effetti vengono associati, nella mente del consumatore, a dei validi sostitutivi.

Quale vigneron avrebbe mai pensato di doversela giocare, per il posto sulla tavola di uno stellato, con delle birre?Quale direttore marketing avrebbe pensato di dover includere fra i po-tenziali competitor delle bevande alla Marijuana?Chi si sarebbe aspettato che accanto ai vini, nell’apposito scaffale, sarebbe-ro comparse bottiglie e lattine di be-vande super zuccherate, coloratissime e di appeal?Se da trent’anni fa avessero potuto guardare il futuro, difficilmente avreb-bero creduto ai loro occhi, ma questa adesso è realtà.Un mercato già complesso in termini di competizione globale, ha aumentato ulteriormente il suo livello di entropia con l’arrivo di un nuovo comparto di bevande che, sotto diversi aspetti, par-lano la lingua dei giovani molto meglio. La speranza è che il mondo del vino, in particolare quello italiano, voglia sfog-giare tutta la sua resilienza. Accusando il colpo, senza spezzarsi e adattandosi con successo ai nuovi trend mondiali e ai desiderata di quella che sarà la nuo-va generazione di bevitori.

COME SARÀLA COMUNICAZIONE DEL VINO

NEL PROSSIMO DECENNIO?

Se si volesse trovare un filo conduttore nelle domande precedenti, sicuramen-te sarebbe la comunicazione. Una par-te importantissima del prossimo futuro del comparto sarà sicuramente dettata dai prodotti; qualità, innovazione, so-stenibilità, etc. Rimane comunque una certezza che alcune delle principali sfide saranno disputate sui terreni del marketing. In questo, generalizzando, l’Italia ha sempre giocato una partita sua. Sicura a ragion veduta delle sue eccellenza, ma discretamente indietro nell’aspetto comunicativo (soprattutto se paragonati ai cugini d’oltralpe).

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Demoralizzarsi è sempre contropro-ducente, soprattutto alla luce del fat-to che negli ultimi 2 anni si sono visti notevoli miglioramenti. Il clima che si respira fa pensare ad una nuova aper-tura nei confronti di ciò che è fuori dai canoni, come si addice ad un nuovo decennio. Numerosi i segnali che fanno ben spe-rare. Gli influencer che iniziano a spartirsi una fetta dell’informazione di settore, prima prerogativa unica dei giornali-sti - Profili social curati, ben fatti, alle volte perfino engaging - Prodotti che si reinventano in nuovi contesti e perfino campagne pubblicitarie ardite.Il vecchio concetto che per vendere il vino, bisogna per forza farlo assaggia-re, prova a cedere il passo. Non scom-

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pare, giustamente, ma viene integrato da strategie che mirano a creare brend accattivanti dall’importante valore se-mantico e comunicativo, invece che esclusivamente organolettico. Le nuove tecnologie aiutano. Offrono opportunità prima inaspettate. Chi avrebbe immaginato che un su-per trend come quello del podcasting sarebbe riuscito a declinarsi così in fretta in questo settore anche in Italia, grazie ad un pionieristico gruppo vini-colo e alcuni opinion leader?Questo è solo uno dei tanti esempi che fanno guardare con positività al prossimo decennio.La speranza è che l’Italia e i suoi vini si adattino alle nuove regole del gioco e che tutti capiscano che se LVMH orga-nizza eventi clamorosi a casa di Lenny

Kravitz, l’immaginario del nonno che raccoglie i grappoli in vigna, forse non è più abbastanza. Concludendo, fare previsioni per il prossimo decennio è davvero com-plesso, ma magari rispondere a queste domande può aiutare a fare luce su dei temi che sicuramente saranno cen-trali nei prossimi anni.L’Italia è un paese di eccellenze, que-sto è fuori da ogni dubbio, ma ha anco-ra un pò di strada da fare e soprattut-to tante sfide nuove da affrontare.La speranza? Che sappia affrontarle in modo da mantenere saldamente le sue posizioni, migliorale e consacrarsi ulte-riormente nell’Olimpo del vino.La certezza? In qualche modo, anche questi anni ’20 saranno “Ruggenti”. Im-possibile annoiarsi!

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di VAniA VAlentini

In un calice, le bollicine possono rappresentare l’apice della frivolezza per la maggior parte delle persone che non hanno avuto modo, o desiderio, di approfondire questo meraviglioso mondo che è quello del vino. Per molti di noi, invece, le bollici-ne altro non sono che un parco giochi inglobato in questa bevanda prodigiosa che possiede l’unica, straordinaria virtù di nascere da madre terra e ar-rivare nei nostri calici grazie alla mano dell’uomo. La bollicina, elemento in grado di sollevare, muo-vere, amplificare tutte quelle sensazioni che il vino già possiede e capace di definirne nuovi trac-ciati, disegni, pbarabole, spesso imprevedibili, il più delle volte sorprendenti.

BUBBLESTHE WILD WORLD OF

Vania’sLOUNGE

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Non è un caso che il loro appeal non conosca battute d’arresto. Il consu-mo di Sparkling Wine è aumentato, negli ultimi dieci anni, quasi del 50%, con una produzione annuale che or-mai sfiora i 2,43 miliardi di bottiglie prodotte. Un fenomeno in continuo crescendo, complici la spensieratez-za, la trasversalità di questi sorsi, una vera e propria rivoluzione che vede, finalmente, lo Champagne emancipato dal suo unico ruolo di brand di lusso, di beverage riservato solo ed esclusi-vamente a feste, celebrazioni sportive, club privati, deturpato da candeline scintillanti e nelle mani di sciabolatori allo sbaraglio.Un vino dalla storia e dal fascino così enorme che ancora si tende a mette-re in etichetta, laddove è possibile, questo nome pur di vendere, relegan-

do il resto degli spumanti a un piano marginale. Un blasone che ha messo in ombra, fino almeno agli anni ’80, tutti quei vini ai quali veniva assegnata la definizione, più generica, di “sparkling wine”, a sinonimo di qualità inferiore.Gli stessi produttori, nel tempo, hanno adottato nomi più personali e identi-ficativi, con l’intento di valorizzare e tutelare una specifica zona spuman-tistica e potersi, così, affacciare sul mercato con credibilità: è il caso del Cava, dei Sekt, dei Cap Classique, del Prosecco o della Franciacorta, per ci-tarne alcuni italiani.Riguardo al Metodo Classico, non c’è territorio che non si sia cimentato nel-la difficile arte della spumantizzazione. Da Nord a Sud si elabora di tutto, dai vitigni vocati ai più improbabili, a vol-te con risultati stupefacenti, altri me-

diocri. La direzione, tuttavia, è quella giusta. Si sta dando, infatti, impulso ed entusiasmo a una categoria capace di dare origine a un’incredibile moltitu-dine di stili e tipologie e che sentiva ormai da tempo l’esigenza di liberarsi da quell’ omologazione, quei protocol-li, che generano diffuso appiattimento e che portano a uniformare il gusto, anche laddove vi è enorme potenziale, con quello che impone il mercato di volta in volta. Oggi, il consumatore, trova finalmente vini (si, perché sono vini) dal più ampio respiro, autentici, originali, in grado di trasmettere, oltre a un territorio, una densa trama identi-taria , una personalità.Francia, Spagna, Italia, Germania e Russia ormai da tempo si dividono i tre quarti della produzione mondiale, con l’Italia che rimane al secondo posto,

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dopo la Francia, grazie anche all’intra-montabile successo del Prosecco e di distretti ormai consolidati come la Franciacorta, il Trento Doc, l’Alta Lan-ga, l’Oltrepò Pavese, per citarne alcu-ni. Sorprende, invece, come lo scorso anno il Consorzio abbia voluto valo-rizzare l’immagine dell’Asti Spumante, proponendone una singolare versione ‘secca’. Vista la posizione privilegiata di questo vino (è senza dubbio lo spu-mante dolce di maggior valore, senza considerare la sua grande tradizione), ritengo che sarebbe stato più logico e redditizio sottolinearne l’unicità, con-solidando così questa identità di rife-rimento, anziché inseguire improbabili varianti che sembrano quasi rinnega-re la natura di uno spumante unico per storia e piacevolezza. Soprattutto in un momento in cui, finalmente, gli spumanti dolci stanno tornando sulle nostre tavole e non solo al momento del dessert.Si sono avventurati nell’affascinante mondo dell’effervescenza paesi come Argentina, Australia, Cile e Stati Uniti, ma anche luoghi insoliti come Unghe-ria, Romania, Serbia. In Inghilterra, aiutati dal surriscalda-mento climatico e dalla storia, che li vede protagonisti dello sviluppo dello Champagne, da diverso tempo si spu-mantizza, con l’ambizione di produrre di spumanti di livello elevati. Il cammi-no, tuttavia, è solo all’inizio.Infine, ben più lontani geograficamen-te e culturalmente, si stanno prodi-gando nella produzione di bollicine paesi insospettabili come Cina, India e Giappone, probabilmente affascinati dalla trasversalità di questi vini, capa-ci, soprattutto nelle versioni dolci, di elargire abbinamenti straordinari con la cucina asiatica.Alla luce dell’esperienza personale, tuttavia, mi permetto di aggiungere che, oggi, i grandi produttori di rife-rimento dei vini spumanti rimangono

ancora i francesi della Champagne. Se si aggiunge poi il fatto che le nuove generazioni hanno viaggiato, studiato, sono piene di entusiasmo e stanno portando sul mercato champagne più originali, sani e, il più delle volte, tec-nicamente ineccepibili, si fa presto ad intuire che sarà sempre più difficile raggiungerli. La Champagne sta cam-biando, in meglio, e questo non farà che consolidare una volta per tutte il primato, qualitativo e d’immagine, del suo vino d’eccezione. Tuttavia, è d’obbligo sottolineare come l’Italia si sia, nel mondo anche nel settore dei vini spumanti, ritagliata un ruolo di primissimo piano, non certo grazie al fenomeno del Prosecco, bensì a due Regioni che si sono elevate a eccellen-ze del Metodo Classico. Mi riferisco al-la Franciacorta e al Trento DOC, dove cantine capeggiate rispettivamente da Ca’ del Bosco e Ferrari hanno saputo sincronizzare alla perfezione territorio, passione e abilità tecnica, riuscen-do così ad affermarsi anche nel difficile mercato dell’export. Lo hanno fatto puntando intelli-gentemente alla valorizzazio-ne della propria personali-tà, quindi senza cadere mai nella trappola del parago-ne con lo champagne, che sembra tanto piacere a chi insegue il clamore di notizie d’effetto ma che in realtà, non hanno alcun senso.Le bollicine rimangono, da sempre, strumento indi-spensabile di celebrazio-ne, associato alla gioia, alla festa, alla vittoria, legato all’eccezionalità di alcuni momenti della propria vi-ta, marcatore di un istante di gratificazione, di felicità pura. Vigorose e danzan-ti, amplificano i sogni e rallegrano lo spirito, ripor-

tandoci a quando, ancora bambini, con lo sguardo sognante accompagnavano le fragili e luminose bolle di sapone salire al cielo. Inglobano storie, territori, stagioni e umori, ma invi-tano anche alla spensie-ratezza, alla leggerezza. Trasversali e contempo-ranee, sono insostituibili in aperitivo e alle feste, sulla tavola possono prestarsi a qualsiasi abbinamento e, con gli opportuni affinamen-ti, possono portare a straordinari vini da meditazione. In una parola sola: irrinunciabili.

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Vania’sLOUNGE

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Sareste realmente disposti a girare su una vecchia Prinz – la

piccola autovettura prodotta dalla casa automobilistica tedesca NSU

dal 1958 al 1973 - arrugginita in mezzo alla nuova Milano da bere? Forse sì o

forse no, meno impegnativo se il vostro cognome fosse Elkann o Agnelli altrimenti

dubito. Lo stesso vale, in altri termini, per un vino. Berreste un grande vino in un bicchiere

mediocre? Forse no neanche se il vostro cogno-me fosse Parker, Robinson, Bettane o Suckling a

cui sostanzialmente ogni cosa è concessa.Senza un grande bicchiere non può esistere una grande

bottiglia, questo è un concetto oramai sdoganato da anni.“Il vino è un compagno problematico” scriveva il grande

Luigi Veronelli.Considerando che la soggettività durante un assaggio è ov-viamente scontata, per mantenere e per avvalorare ancora di più questa teoria, applicare quella della neutralità degli strumenti di assaggio è fondamentale.Credo sempre di più che l’eterno dilemma del giusto bic-chiere per ciascun tipo di vino - ammesso e non concesso che esista – oggi sia ancora più di moda perché l’omologa-zione enologica è sempre più lontana, sempre di più all’oriz-zonte, con il vetro al centro dell’attenzione sul palco e con un ruolo di assoluto protagonista. Per molti, forse per troppi, l’importanza della forma del calice è per fare da “altoparlante del vino”, per veicolare le particelle olfattiva. Nel mondo del vino, non si parla più so-lo ed esclusivamente di profumi, il calice deve essere stru-mento per la bocca perché un vino lo si determina al palato

e il vetro, con la sua forma, è fondamentale per capirlo. L’importanza del bicchiere da vi-

no, principalmente in relazione alla sua forma e capienza, ma anche al

CONSERVAZIONE E BICCHIERI DETERMINANO COME MINIMOIL 50% DI UNA BUONA BEVUTA

BICCHIERI SBAGLIATI NON E’ PIU’ AMMESSO BERE IN

materiale, è molto importante per un’ottima degustazione.I bicchieri da vino vengono catalogati in base alla quantità di piombo contenuta nel vetro. La percentuale di piombo in-cide pesantemente sull’infrangibilità ma anche, ahimè, sullo spessore, la finezza del bicchiere e la qualità della bevuta.Ora, come si determina se un bicchiere è corretto per un tipo di vino? Semplice, dal punto di caduta sulla lingua.Il punto di caduta del vino sulla lingua è fondamentale ed il corretto bicchiere da vino può essere di aiuto grazie al tipo di chiusura (ricordiamo che la percezione della parte dolce è all’inizio della lingua, l’acidità ai lati e il salato nella parte centrale, mentre l’amaro è sul fondo).È comunque sempre più diffusa l’abitudine di usare a tavola un solo tipo di bicchiere a forma di tulipano di dimensioni importanti (in grado di contenere almeno 500 millilitri), in cui versare tutte le tipologie di vino, compresi gli spumanti. Gettiamo uno sguardo verso il futuro mantenendo un oc-chio al passato: è giusto tornare alle forme corrette, perché sempre di più l’autoctonicità, il ritorno alla purezza del viti-gno sdogana, come raccontavamo prima, dall’omologazione. Ogni tipologia, ogni denominazione ha bisogno di una sua forma.Pretendiamo calici adeguati, abituiamoci a bere corretta-mente scegliendo il giusto bicchiere per assaporare ancora di più le differenze stilistiche, di territorio e di storia ampe-lografica.Ricordate la formula matematica: Grande vino = grande con-servazione + bicchiere corretto, il tutto condito da un pizzico di fortuna.

Alcuni tra i migliori produttori di bicchieri da vino:• Stölzle Lausitz: www.stoelzle-lausitz.com• Spiegelau: www.spiegelau.com• Riedel: www.riedel.com• Zalto: www.zaltoglas.at• Sophienwald: www.sophienwald.com

di AlessAndro rossi

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ilFocusdiAlessandroRossi

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DI(S)SAPORE

L’Italia del vino sta vivendo, forse, il più grande cambiamen-to ideologico della sua storia recente.Guardando indietro, tornando all’inizio, prima degli scandali, il vino ricopriva una funzione sociale.Era un aggregatore, un motivo per riunire gli amici intorno ad un tavolo e gioire della conversazione e del momento insieme.Facendo poi parte del paniere alimentare italiano, costituito da cardini come pane, pasta e vino, doveva essere sempre disponibile, in buona quantità, avere grado alcolico e di con-seguenza apportare nutrimento.Questa è l’anticamera della visione enologica che ci ha accompagmato fino agli inizi degli anni ottanta dove alla domanda: “questo vino è buono ?”… la risposta era sempre: “certo ha 13 gradi di alcol!”.L’idea qualitativa, e non quantitativa, del vino nasce proprio dalla necessità di uscire dal fango dello scandalo del meta-nolo, un’esigenza profonda e necessaria per ripulire e rivalu-tare l’intero comparto.Gli attori sono molti: in primis i produttori, poi la nascente opinione del vino con a capo Luigi Veronelli ed infine, una

PERCORSO GUIDATO NELLE CATEGORIE ANTROPOLOGICHE DEL VINO ITALIANO

VINO CHE VERRÀL’IDEA DI UN

di costAntino GAbArdi

categoria professionale fondamentale in questa svolta: quella degli enologi. Sparisce il vino fatto in casa, difettoso e poco corretto e, a volte, persino pericoloso.Compaiono in ogni zona italiana i primi sostenitori di una viticoltura attenta e di una vinificazione corretta, diventando riferimenti, icone, per le proprie denominazioni.Realmente, però, ciò che si percepisce ed è stata venduta come una rivoluzione culturale del vino Italiano, non è stato altro che un adeguamento ai fini della sopravvivenza, rior-ganizzando un poco meglio il sapere contadino, applicando del buon senso e della ragione più orientata alla qualità, in pratica bisognava salvarsi la vita limitando i danni collaterali.Fin qui tutto bene, o meglio tutto procede, stiamo diventan-do, sul rapporto qualità prezzo, i migliori d’Europa dopo “i cugini d’oltralpe”, i Francesi sono in fuga e irraggiungibili sui termini di qualità assoluta, ma noi stiamo uscendo bene dal gruppo.A quest’epoca il termine caserecco sparisce, arriva tipico baluardo di autenticità, ma per lo più paravento dei fre-quenti casi, di sbavature tecniche, imperfezioni agronomi-che e conseguente rusticità espressa.

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Un ruolo importante, in questa ulteriore fase, la ricoprono le Università, andando a formare una classe enologica nuova, in-traprendente, manageriale e soprattutto furba.Enologi-manager capaci di gestire progetti importanti che vedranno, col rilancio del settore, il comparire di grandi investitori nazionali che interpretano il segmento vino come una reale diversificazione di capitale del loro “core business”.Nascono gli anni novanta e la visione dello stile del vino di quegli anni: strutturato, morbido e muscolare, possibilmente evo-luto nel nuovo giocattolo enologico : la barrique (e non parlo di fermentini rotativi o rotomaceratori e concentratori a caldo).Siamo nel rinascimento della vitivinicoltura nazionale, idee e entusiasmo spingono sull’accelleratore della crescita, si afferma con autorevolezza la più autorevole guida al vino nazionale, che soppianterà ed erediterà l’importanza Veronelliana, le asso-cizioni di degustatori rimpinguano le loro fila, si forma la domanda di mercato creando quei soggetti, definiti oggi sarcastica-mente mostri da enoteca.Televisione, stampa e corsi didattici in ogni dove divulgano il verbo del vino nuovo, sano e giusto ; il vino si vende, anzi si stra-vende ; tutto, di tutti i settori e fasce, basta che sia ben recensito.Nascono le cantine dei ristoranti con carte dei vini in stile “Sacra Bibbia” e tutto va bene.Ma poi cosa succede?

Stay tuned… to be continuedPercorso degustativo nello stile dei ruggenti ’90, attualizzato ma malinconicamente presente.Come conservare una grande classicità.

Chianti Classico Riserva RanciaFelsina

Cervaro della SalaAntinori

Barolo OrnatoPio Cesare

Vintage TuninaJermann

Brunello di Montalcino RiservaSalvioni

Kolbenhof GewürtztraminerHofstatter

Provateli, gioitene, guardateli con oc-chi attenti, interpretateli e contestua-lizzateli, rendete onore alla classicità e non siate bigotti conformisti o tenaci innovatori. Vivetelo come un viaggio, senza ordine, ma con rigore e rispetto per chi ha mantenuto una coerenza interpretativa.Divertitevi. Alla prossima puntata.

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