VG71_IL RICATTO DELLO SCEICCO

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Annie West IL RICATTO DELLO SCEICCO

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Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: The Sheikh's Ransomed Bride

For The Sheikh's Pleasure Harlequin Mills & Boon Modern Romance

© 2007 Annie West © 2007 Annie West

Traduzioni di Gloria Fraternale Garavalli

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà

Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony

agosto 2008 Prima edizione Collezione Harmony

settembre 2008 Seconda edizione Harmony Vedogrande

ottobre 2012

Questo volume è stato stampato nel settembre 2012 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd)

HARMONY VEDOGRANDE

ISSN 1826 - 168X Periodico mensile n. 71 del 24/10/2012

Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 912 del 28/11/2005

Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA

Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI)

Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A.

Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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PASSIONE ARABA

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LE LUSINGHE DELLO SCEICCO

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PASSIONE ARABA

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Belle strinse le mani l'una nell'altra, cer-cando di non farsi prendere dalla paura. Il pavimento su cui si trovava era ruvido e lei avrebbe tanto desiderato avere qual-cos'altro indosso invece del costume da ba-gno. Lo sfregamento del metallo contro la pelle irritata dei polsi e delle caviglie era sopportabile se restava immobile. Continuava però a tornarle in bocca il sapore acido della paura. E nella sua mente non faceva che rivedere le brutali immagini di violenza. Tremando, abbassò lo sguardo su Dun-can. Il suo collega era pallido, ma sembra-va dormire tranquillo sul piccolo giaciglio di fortuna. Gli aveva steccato la gamba al-la bell'e meglio e il sangue aveva smesso di fuoriuscire. Non poteva fare più nulla per lui.

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Se non pregare. Non aveva fatto altro nelle ultime trenta ore, da quando i loro rapitori li avevano abbandonati in quella catapecchia su un i-solotto deserto e terribilmente afoso. Il giorno prima lo aveva ispezionato in lungo e in largo in cerca di una via di fuga o di aiuto, strisciando sulle ginocchia per-ché le pesanti catene le avevano impedito di procedere eretta. Se fosse stata in grado di camminare, a-vrebbe percorso l'intera isola in non più di cinque minuti. Si trattava di un piccolo a-tollo, fatto di sabbia, un paio di palme e quella catapecchia. Niente soccorsi. Niente provviste. Spostò affranta lo sguardo sull'unica bot-tiglia d'acqua che avevano lasciato i seque-stratori e che ormai era quasi vuota. Da quando si era fatto giorno non beveva un sorso, perché sapeva che Duncan ne aveva bisogno più di lei, ma ora aveva la gola secca e la bocca asciutta. Li avevano la-sciati lì a morire? Il suo stomaco vuoto protestò al pensiero. In quella storia non c'era nulla che avesse un senso. Né il loro sequestro dalla barca,

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né il loro abbandono. Lei e Duncan non e-rano le classiche vittime di sequestro. Non erano né ricchi, né potenti. Erano lì sem-plicemente per cercare i resti di un mercan-tile del primo secolo. Tutti nel Q'aroum si erano dimostrati cortesi e disponibili con loro. Belle si morsicò il labbro, cercando di non pensare all'eventualità che potessero morire di sete prima di essere salvati. Il mar Arabico era vasto e l'isola era talmente piccola che era improbabile si trovasse sul-le cartine. Quegli uomini spietati che sembrava non avessero altro desiderio che tagliarle la go-la sarebbero tornati? Nonostante il volto coperto, Belle aveva capito che non avrebbero esitato a uccide-re. I loro occhi erano accesi per l'eccitazio-ne e il piacere sadico di incutere timore nelle loro vittime. Lei rabbrividì e abbassò le palpebre. Non si sarebbe lasciata prendere dal panico. La sua unica speranza, per sé e per Duncan, era essere forte. Concentrarsi sulla loro so-pravvivenza. Pensò alla sua famiglia in Australia e

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trasse forza dalla convinzione che, se fosse sopravvissuta, avrebbe avuto il conforto di sua madre e sua sorella. Quando si fosse salvata e non se. Premette le mani sugli occhi che le bru-ciavano. Non aveva dormito e la stanchez-za la stava fiaccando. Non riusciva a smet-tere di tremare. Determinata a recuperare un po' di forza, si sistemò meglio che poté e chiuse gli oc-chi. Il rumore la risvegliò. Si era alzato un vento forte che faceva scricchiolare il sof-fitto. Era in arrivo un temporale. Belle aprì gli occhi e si rese conto di do-ve si trovasse e del fatto che aveva compa-gnia. Il cuore le batteva forte e il suo rimbom-bo nelle orecchie era quasi insopportabile. C'era un uomo chino su Duncan. Una tor-cia posata per terra illuminava il viso sfre-giato dell'uomo e i suoi capelli grigi. Ave-va una pistola a tracolla e per terra, accanto allo stivale, un grosso pugnale da caccia. L'uomo tese una mano verso il collo di Duncan e Belle si rese conto con orrore che

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avrebbe dovuto agire alla svelta. Il suo col-lega non era in grado di difendersi da solo. Il terrore però l'aveva immobilizzata. Sa-peva di non avere alcuna speranza contro quell'energumeno. Con notevole sforzo allungò il braccio lentamente finché non riuscì ad afferrare il pugnale. Era pesante e spossata com'era fe-ce fatica a sollevarlo. L'uomo mise la mano sul collo di Dun-can e in quel momento Belle si tirò sulle ginocchia con grande determinazione, co-gliendo il loro carceriere di sorpresa e po-sandogli la lama del pugnale sul collo. «Una mossa e sei morto» gli intimò in un sussurro spezzato. Per un istante tutto restò immobile. Poi d'improvviso una mano forte si strin-se intorno al suo polso, tanto da farle dole-re le ossa. Ma Belle era decisa a non mollare. Il col-tello era la sola cosa che aveva per proteg-gere entrambi. «Buona, piccola tigre» la pregò qualcuno con voce profonda e rassicurante. «Siamo amici. Siamo qui per aiutarvi.» Belle si girò in direzione della voce e vi-

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de la luce di un paio di occhi accanto a lei. Poi ne avvertì anche il calore del corpo e rabbrividì alla sensazione di potere che emanava. La pressione delle dita dello sconosciuto aumentò un po' e Belle mollò il coltello con un grido di dolore. Non appena l'uomo la lasciò andare, Bel-le si portò la mano al petto, mordendosi le labbra per non piangere di dolore, paura e frustrazione. L'energumeno che lei aveva minacciato col coltello, riprese la sua arma e si allon-tanò di poco. Intanto l'altro raccolse la tor-cia e le illuminò le mani, imprecando fu-riosamente in arabo. Percorse tutto il suo corpo col fascio di luce, poi posò ancora la torcia per terra e si diresse verso Duncan, che stava ancora dormendo. «Va tutto bene, signorina Winters. Siamo qui per liberarvi.» Liberarli? La testa prese a girarle a tal punto che si mise a sedere sui talloni. Po-teva essere vero? «Pensa di resistere finché ci occuperemo del suo amico?» le domandò l'uomo dalla

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voce profonda, posandole una mano sul braccio. Belle annuì. «Sto bene» lo rassicurò con voce roca. L'uomo accanto a lei disse qualcosa all'altro, che tornò a inginocchiarsi vicino a Duncan. Belle si rese conto che gli stava tastando il polso e comprese che quei due erano realmente venuti a salvarli. «Beva.» Quello che sembrava essere il capo le avvicinò una borraccia alla bocca, facendole bere un goccio d'acqua. Assetata com'era, Belle la afferrò per inclinarla maggiormente. «Piano» la avvisò. «Se beve troppo, starà male.» Lei sapeva che lo sconosciuto aveva ra-gione, ma la sua gola era ancora molto sec-ca. Ciononostante l'uomo le portò via la borraccia. «Basta così.» Se non avesse consumato tutte le energie nell'attaccare il suo compare poco prima, avrebbe protestato con tutte le sue forze per quella prepotenza, ma era talmente de-bole che ondeggiò su un fianco. L'uomo la afferrò subito per le spalle. Le

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sue mani ruvide le irritarono la pelle nuda scottata dal sole e Belle sussultò. Lo sco-nosciuto imprecò ancora. «Mi scusi, sono un po' instabile» si giu-stificò Belle. «È un miracolo che sia ancora coscien-te.» L'uomo la sollevò e la adagiò su una coperta. «Resti stesa qui intanto che con-trolliamo le condizioni del signor MacDo-nald.» «Conoscete i nostri nomi?» «Non capitano spesso sequestri nel Q'a-roum. Men che meno di due stranieri. È ovvio che sappiamo chi siete. Vi stiamo cercando via mare e via aerea da quando il vostro marinaio ci ha segnalato il vostro sequestro.» Le scostò una ciocca di capelli dal viso e Belle chiuse gli occhi, sentendosi stupida-mente vicina alle lacrime per quella mani-festazione di tenerezza. «Si riposi ora» le mormorò, poi lo sentì allontanarsi. Aveva male da ogni parte e una terribile arsura in gola. La testa le stava scoppiando e Belle capì di essere arrivata al massimo della resistenza.

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Ora però era stesa su una morbida stoffa e la carezza di quella mano ruvida aveva riacceso le sue speranze. Belle rammentò la voce calda e vellutata del suo salvatore. Nonostante la situazione estrema, aveva avvertito un fremito d'eccitazione in tutto il corpo quando lui le aveva parlato. Se quella era un'allucinazione, lei non voleva che avesse fine. Si sarebbe lasciata andare felicemente ora, rassegnata al suo destino. Magari si sarebbe anche appisolata. Il mormorio lieve dei due uomini era rassere-nante come lo sciabordio delle onde sulla riva. Avvertendo però il vento che si faceva sempre più forte, Belle si accigliò. Le fronde delle palme sbattevano sul tetto e in lontananza si udiva un rumore sordo come di un treno merci in avvicinamento. Belle riaprì gli occhi, guardando asson-nata i due uomini. Avevano acceso una se-conda torcia più potente e dal loro abbi-gliamento Belle intuì potesse trattarsi di soldati o forse mercenari. In quel momento non le importava molto in realtà, ciò che contava era che fossero venuti a salvarli.

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L'uomo coi capelli grigi si scostò e Belle trattenne il respiro vedendo per la prima volta il suo soccorritore sotto la luce. Era stata tratta in salvo da un pirata! Chiuse gli occhi, pensando si trattasse di uno scherzo del suo cervello affaticato. Quando però li riaprì, non ebbe più dubbi. I capelli neri erano pettinati disordinata-mente all'indietro, lasciando scoperto il vi-so austero di un combattente, dai lineamen-ti duri e severi. Nonostante questo però era uno dei visi più sorprendenti che lei avesse mai visto in vita sua. Ogni tratto denotava assoluto rigore e inflessibilità, a partire dal naso lungo e importante fino alla mascella dritta e decisa. Ma la bocca, con la sua spiccata sensualità, faceva eccezione. Le rughe ai lati degli occhi lasciavano in-tuire fosse un uomo che trascorreva il tem-po all'aperto in quel clima torrido. Nonostante la tenuta militare, però, quell'uomo, che stava steccando in modo quasi professionale la gamba di Duncan, non sembrava appartenere a un qualsiasi corpo militare. Un cerchietto d'oro appeso al lobo rifletteva la luce a ogni suo mo-vimento. E dietro alla nuca i suoi capelli

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erano piuttosto lunghi e folti. Decisamen-te contrario a qualsiasi regolamento mili-tare. D'improvviso l'uomo alzò la testa e in-crociò il suo sguardo. Belle trattenne il re-spiro. Restarono a fissarsi per un lungo i-stante, abbastanza perché lei immaginasse un che di bollente e scaltro nei suoi occhi. Sembrava un pirata che avesse appena adocchiato una nave da abbordare. Belle deglutì a fatica, sostenendo il suo sguardo con una sensazione al limite della paura. Il pirata diede un ordine al suo compare, che le si avvicinò immediatamente, por-gendole la borraccia. Fu solo quando Belle la prese che il capo distolse lo sguardo e la tensione che l'aveva assalita scemò. Si tirò sui gomiti e bevve, attenta questa volta a non avere troppa fretta. L'uomo col volto sfregiato annuì in segno d'approva-zione e le mormorò qualcosa di incorag-giante. Anche lui sembrava appena sceso da un vascello pirata, dove le leggi della società civile non venivano applicate. Accidenti! Doveva essere più debole di quanto non avesse creduto. Il caldo, lo

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stress e la mancanza d'acqua la stavano rendendo paranoica. Uno dei suoi salvatori aveva l'aspetto del classico cattivo dei film mentre l'altro sem-brava essere uscito da un romanzo sui pira-ti. Doveva essere uno scherzo dovuto alla luce fioca e alla stanchezza. Restituì riluttante la borraccia, poi posò la testa sulla coperta. Di lì a poche ore sa-rebbe tornata nel regno di Q'aroum dove avrebbe ricevuto le cure necessarie. I due uomini misero via la loro attrezza-tura medica, ma Duncan stava ancora dor-mendo. «Sta bene?» domandò Belle preoc-cupata e il suo tono impaurito spinse il pi-rata ad alzare lo sguardo su di lei. «È una brutta frattura» la informò. «E ha perso parecchio sangue. Ma si riprenderà non appena lo avremo portato in ospedale. Non sembra essersi disidratato troppo. È stata brava a occuparsi di lui.» Non altrettanto a occuparsi di se stessa, sembrò lasciar presagire il suo sguardo. Ma cos'altro avrebbe potuto fare Belle? Bere tutta l'acqua e disinteressarsi di Duncan? «Sta ancora dormendo o è svenuto?» gli

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domandò, certa che si sarebbe dovuto ri-svegliare al momento della steccatura. «Gli ho dato un forte antidolorifico. Me-glio se non si sveglia mentre lo trasportia-mo.» Belle annuì, conscia che l'uomo avesse ragione, ma non sarebbe stata tranquilla finché non avesse rivisto l'amico sveglio. Osservò i due uomini confabulare in arabo e il più vecchio indicare lei e Duncan. Fuori continuava a tirare un vento impe-tuoso che faceva scricchiolare le pareti e il tetto. I due smisero di parlare avendo, a quanto pareva, raggiunto un accordo. Si diressero verso la porta di legno e in pochi minuti la scardinarono, poi la appog-giarono a terra accanto a Duncan, ignoran-do le raffiche di vento che entravano dalla soglia. Certo, volevano usare la porta come ba-rella per Duncan. Era arrivato il momento di prepararsi. Belle si mosse lentamente, gemendo a ogni mossa. Quando finalmente riuscì a mettersi in ginocchio, ansimava ed era tutta indo-lenzita. «Cosa sta facendo?» le domandò in tono

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basso il più giovane. Belle alzò la testa e lo vide accigliarsi. «Mi sto preparando ad andare via.» Ov-viamente. «Non ancora.» «Ma io...» «Dovremo essere in due a portare il si-gnor MacDonald alla barca, quindi non posso occuparmi di lei.» «Non c'è bisogno che si occupi di me!» Era sopravvissuta praticamente da sola, sarebbe stata in grado di raggiungere la barca senza aiuti. Non voleva altro che andarsene da quell'isola dimenticata da Dio. Dopo quello che aveva passato, tra-scinarsi fino alla riva sarebbe stato un gioco da ragazzi. Il pirata le si inginocchiò davanti e Belle non riuscì a vedere la sua espressione, per-ché la luce era alle sue spalle. Ma sentì il suo respiro caldo sul viso e la fragranza speziata della sua pelle. In reazione alla sua vicinanza, Belle av-vertì un fremito d'eccitazione nel basso ventre. «È ferita, signorina Winters» le spiegò in tono paziente. O quasi. «Ha fatto tutto ciò

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che le era possibile in queste circostanze. Ora lasci che ci occupiamo noi di lei.» Aveva senso. Anche per una desiderosa di andarsene come lei. Rassegnata, Belle annuì. «Bene.» Prese la coperta e gliel'avvolse intorno alle spalle per ripararla dal vento. «Le lascio una torcia» le disse, puntando-la in direzione della soglia. «Sarò di ritorno in un attimo.» Belle li guardò sparire nel buio e non poté fare a meno di domandarsi chi fosse-ro. O meglio, chi fosse quell'uomo con la voce di velluto. Se non fosse stato per l'ac-cento appena percettibile, lo avrebbe scambiato per un inglese. Un inglese istrui-to. Ma probabilmente era uno del luogo. La sua carnagione olivastra era tipica del mondo arabo. Non che il Q'aroum fosse definibile, in tal senso, tipico. Era un piccolo arcipelago indipendente del mar Arabico e da secoli era stata la patria di avventurieri e bucanie-ri provenienti dal Medio Oriente, dall'Afri-ca e oltre. La sua postura orgogliosa e il modo in

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cui camminava le facevano pensare a prin-cipi del passato. O ai pirati. Avrebbe fatto meglio a trovare un'altra fantasia su cui concentrarsi, constatò fra sé e sé, rannicchiandosi nella coperta, con la vana speranza di ripararsi dalla sabbia che il vento le scagliava addosso. Si era resa conto, per esperienza, che non doveva trat-tarsi semplicemente di un vento impetuoso. Erano condizioni climatiche molto serie e lei voleva trovarsi sull'isola principale quando fosse scoppiato l'inferno. Impiegò un attimo ad accorgersi del suo rientro. Alzò lo sguardo su di lui e la sua espressione la preoccupò. C'era qualcosa che non andava. Belle se lo sentiva. «Cosa c'è?» sussurrò in preda alla pau-ra. L'uomo entrò nella stanza e si fermò da-vanti a lei. Incrociò le gambe e con un mo-vimento fluido si sedette. «Ci sono delle complicazioni.» Belle deglutì a fatica e lo guardò negli occhi. Cercò di farsi forza al pensiero di non essere più da sola. «Qual è il problema?» «Dawud e io siamo venuti qui con un

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battello pneumatico» le spiegò. «È una pic-cola imbarcazione.» Belle annuì con impazienza. Sapeva cosa fosse un battello pneumatico. «No, voglio dire che questo in particolare è piccolo. Troppo piccolo perché possiamo starci tutti e quattro ora che il signor Ma-cDonald lo occupa completamente in lun-ghezza.» «Capisco.» Provava un disappunto tale che avrebbe voluto piangere. Era ridicolo, dal momento che non doveva far altro che aspettare che Dawud tornasse a prenderli. Sii paziente, Belle. Resisti ancora un po'. «Be', allora aspetteremo che Dawud tor-ni.» «Temo non sia così semplice» replicò lui. Belle cominciava ad avere una brutta sensazione e si rannicchiò ancora di più nella coperta. «È in arrivo un ciclone» la informò in tono privo di qualsiasi emozione. Belle strinse le mani una nell'altra per non mettersi a tremare. «Dawud se n'è andato. Dovrebbe avere giusto il tempo di arrivare al porto prima

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che diventi troppo pericoloso stare in mare. Ma sarebbe un suicidio per lui o per chiun-que altro tentare di tornare qui stanotte. Sa-remo bloccati qui finché non passa la bufe-ra, probabilmente ancora per ventiquattro ore.» Ventiquattro ore. Sembravano un'eterni-tà. E se il ciclone avesse colpito l'isolotto in pieno, un tempo sufficiente per morire. Fu un brutto colpo, dopo la certezza di essere stata liberata. Belle avvertì una sen-sazione di nausea e deglutì a fatica, igno-rando il bruciore ancora forte alla gola. Perlomeno Duncan sarebbe stato al sicu-ro. Osservò l'uomo davanti a lei. Il suo sguardo era impenetrabile e la sua immobi-lità non lasciava intuire nulla, nemmeno la paura che sarebbe stata naturale in quelle circostanze. Quella paura che stava ragge-lando lei completamente. Ma qualcosa nella posizione delle sue spalle, nella rilassatezza delle sue mani ap-poggiate sulle ginocchia, le fece capire che lui era pronto a tutto, anche ad affrontare una donna isterica.

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Si morse il labbro, cercando di smettere di tremare. Aveva visto dei cicloni tropicali da bambina sulle coste del Queensland vi-cino alla Grande Barriera Corallina e sape-va bene quanto potessero essere devastanti. Sollevò lo sguardo al soffitto che si muo-veva e scricchiolava in balia del vento. «Come possiamo prepararci?» Il suo compagno di sventura chinò il ca-po su un lato, come se lei avesse appena superato un test. Probabilmente si era a-spettato che si sarebbe lasciata prendere dal panico e si era preparato ad affrontarla. «Permette?» le domandò, indicando la coperta. Quando lei ebbe annuito, l'uomo le scoprì i piedi. Non appena glieli illuminò con il fascio di luce, Belle ebbe l'assurdo istinto di ritrarli alla sua vista. Erano sporchi di sabbia e sangue rappre-so. Sulle caviglie aveva delle vesciche ar-rossate per lo sfregamento dei ceppi. Il volto dell'uomo rimase impassibile, anche se Belle notò una certa tensione mentre ispezionava le ferite. L'aria era ca-rica di elettricità e di quell'intensa e quasi palpabile emozione che stava provando il suo soccorritore.

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Rabbia? O frustrazione perché si doveva occupare anche di quel problema oltre che dell'imminente tempesta? Il pirata sollevò lo sguardo sul suo viso e Belle provò invano a intuire i suoi pensieri. L'istinto la avvisò di stare attenta a quell'uomo. Ma non aveva senso. Belle do-veva fidarsi di lui. Stava rischiando la vita per lei, per una perfetta estranea. Che peri-colo poteva rappresentare? Nonostante il forte vento che scagliava loro addosso sabbia e polvere, Belle riuscì a captare quale fosse il suo odore natura-le: pelle maschile con una lieve punta di sale. «Non dovrebbe liberarmi prima le ma-ni?» gli domandò. In quel modo avrebbe potuto aiutarlo a rinforzare il capanno e sa-rebbe stata meno dipendente da lui. Si sa-rebbe sentita meglio se avesse potuto bada-re a se stessa. «Dopo. Adesso è importante che abbia le gambe libere.» Perché? Non dovevano andare da nessu-na parte. E con il mare grosso la superficie dell'atollo si sarebbe ridotta ulteriormente. Era soltanto un paio di metri sopra il livello

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del mare... un'altezza irrisoria se si fossero trovati nell'occhio del ciclone. In quel momento Belle ne comprese con orrore i motivi. L'uomo doveva aver avvertito la sua ten-sione, perché la guardò negli occhi. «Tutto bene?» Belle chinò il capo di lato. «Sarà più fa-cile nuotare per me, senza le catene. Se do-vessimo essere sommersi...» Per un attimo il viso del suo salvatore fu in luce e Belle notò una calma che in un certo modo la rassicurò. «Avrò cura di lei. Glielo giuro» le garan-tì e in quel momento Belle fu certa che a-vrebbe fatto di tutto per proteggerla. Ma sarebbe bastato per salvare le loro vi-te? «Abbia fede, signorina Winters. La aiute-rò io. L'occhio del ciclone è previsto più a ovest. Sarà dura qui, ma sopravvivremo. Insieme. Ora deve stare ferma un attimo. Devo vedere come fare a liberarla dalle ca-tene.» Aprì una piccola cassetta degli attrezzi accanto a lui, poi la prese per un tallone e Belle trattenne il respiro alla sensazione

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causata dal suo tocco. Era stato un gesto impersonale, solo per sistemarle il piede in modo da poter lavorare più liberamente, ma Belle non riuscì a ignorare il brivido che le percorse tutta la gamba. Doveva es-sere una reazione a quella terribile avven-tura. Nessun uomo, per quanto incredibil-mente sexy, era in grado di generare quel tipo di elettricità con un semplice sfiora-mento. Belle chiuse gli occhi. Il vento sibilava, preannunciando la devastazione che si sta-va avvicinando. Eppure, rannicchiata lì in quell'angolo, si sentiva avvolta in un mon-do fragile e fantastico, sotto la protezione di quell'uomo incredibile. Incredibile? Non conosceva nulla di lui se non il suo straordinario aspetto fisico. E l'aura di autorità che emanava. Un movimento brusco interruppe il corso dei suoi pensieri e Belle riaprì gli occhi. L'uomo si era ferito al polso nel tentativo di far saltare la serratura. «Sta bene?» gli chiese. Il pirata la guardò e per un attimo Belle avrebbe giurato di aver notato un certo umorismo nei suoi occhi. Ma lui non rise

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del suo interesse preoccupato. «Sopravvi-vrò.» La serratura finalmente cedette e Belle sospirò di sollievo. Senza le catene ai piedi aveva una probabilità in più di restare a galla. L'uomo le sorrise e il volto gli si illumi-nò. Belle spalancò gli occhi incantata. Se prima lo aveva ritenuto sexy, ora lo consi-derava semplicemente stupendo. Nessun pirata reale era mai sembrato così bello! «La sua pazienza è stata ricompensata» si complimentò lui. «Appena in tempo» ag-giunse sotto una pioggia battente. La co-perta si bagnò in un attimo e Belle rabbri-vidì. Il vento soffiava sempre più forte e presto non sarebbero più riusciti a sentirsi. «Le mani...» L'uomo scosse il capo. Lo strumento che aveva usato prima si era rotto. Belle stava perdendo ogni speranza. Sa-rebbe sopravvissuta a quell'incubo? «Non c'è tempo» le spiegò, illuminando il soffitto che si sollevava come se fosse stato vivo. Poi spostò la luce sulle pareti e imprecò. Si alzò in piedi e mise lo zaino sulle spal-

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le, poi si chinò su di lei e la luce si spense. «Tiri su le braccia» la istruì, dopo averla sollevata da terra. Le infilò la testa fra le braccia e i suoi capelli la sfiorarono. Poi la sollevò senza il minimo sforzo, stringendola al petto. Un muro di solidi muscoli la sosteneva e la ri-scaldava. Il battito regolare del suo cuore le diede forza e la rassicurò. Nonostante ciò che li aspettava, Belle era quasi convinta che nulla di brutto potesse accaderle finché fosse stata con lui. «Non siamo al sicuro qui» le urlò per farsi sentire. «Si tenga stretta» la avvisò, poi si girò e uscì dal capanno, facendosi inghiottire dalla tempesta.

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