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Abu Dhabi, una città che racchiude in sé tutte le architetture della città moderna. Molti si chiedono se questa città, come altre nel Golfo, sia solo fantasiosa, spettacolare e stupefa-cente o porti anche in sé la nuova identità propria di questi luoghi, un segno del raggiungimento del possibile nell’impossibile o di cos’altro possa rap-presentare nello scenario dell’architettura.In realtà, quando ci si confronta sull’aspetto delle città del Golfo (Abu Dhabi forse meno delle altre, quali per esempio Dubai), tutti, o quasi – dai più ai meno esperti del settore fino a chi è solo ammi-ratore degli scenari–, si chiedono se questa città è da ammirare o da criticare.Si instaura infatti una sorta di combattuta con-flittualità nel dare valore a luoghi che ora diven-tano riconoscibili solo per la loro modernità ma, forse, perdono parte della loro storica identità: l’una prescinde dall’altra, la prima fa parlare di as-soluta opulenza e spettacolarità e la seconda delle

peculiarità proprie di questi siti, che ormai nessu-no riesce più a identificare; o meglio gli EAU, gli Emirati Arabi Uniti, vengono identificati nel lusso sfrenato proprio di Abu Dhabi e Dubai, che sono comunemente conosciute, nel mondo, come le ca-pitali del lusso esasperato e stupefacente.All’occhio di un architetto, la visita si traduce in un eccellente esercizio, in un viaggio nelle capita-li dell’architettura contemporanea mondiale dove può ammirare progetti esemplari, le stupefacenti forme ardite «spinte» oltre quanto si può vedere altrove; siamo nel mondo dell’architettura d’avan-guardia che è trainata da ingenti investimenti e da esclusive opportunità, dove il rapporto costo-be-neficio va oltre il suo dovere imprenditoriale o so-ciale, ma molte – forse troppe – volte è veicolato da una volontà imprenditoriale che mira al confronto nel solo valore del costo o del record, più che del necessario e utile.Vero è che, ad Abu Dhabi, ancora si può vivere fra

LA CITTÀ STUPEFACENTEMassimo Facchinetti

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tradizione araba e modernità: troviamo infatti una delle più grandi moschee del mondo, la Gran Mo-schea dello sceicco Zayed bin Sultan Al Nahyan, che riprende usanze, tradizioni e valori identitari; o invece il modernissimo Ferrari World, esempio di grandiosità nel primo parco tematico coperto più grande al mondo; l’ADNEC Tower-Capital Gate, la torre più pendente al mondo (18° di in-clinazione, quattro volte più della torre di Pisa, per dare un’idea), che ospita uno dei maggiori centri espositivi, il quale ha ottenuto le più alte

certificazioni di sostenibilità energetica e non solo; l’Aldar Center, l’iconico e illustre edificio con la sua forma a moneta e tante altre architetture che stupiscono proprio perché risultano essere dei pri-mati mondiali e, qui più che da ogni altra parte, devono essere omaggiate da superlativi per essere ostentate.Abu Dhabi non è solo questo: è interessante os-servare che le politiche ambientali di tutti e sette gli Emirati sono fortemente orientate alle energie alternative, ed è significativo che, dal 2005, gli

Gran moschea dello sceicco Zayed, di Yusef Abdelki

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Aldar Headquarters di MZ Architects

Emirati Arabi aderiscono al Protocollo di Kyoto e lo ratificano tra i primi rispetto a tutti gli Stati extraeuropei, puntando a costruire persino delle cittadine completamente aderenti alla salvaguar-dia dell’ambiente. Questa azione estremamente importante in un punto della terra dove la ricchezza per anni si è ba-sata esclusivamente sull’utilizzo del combustibile fossile risulta già di per sé stupefacente.Masdar City è una «città pianificata» nelle vici-nanze dell’aeroporto di Abu Dhabi: è a emissioni zero in pieno deserto e qui si sta cercando di trova-re soluzioni avanzate per risolvere il problema che aff ligge tutti i continenti del mondo in questo se-

colo, il traffico automobilistico, (responsabile del 40% delle emissioni di CO

2 mondiali) con veicoli

senza conducente ed elettrici; l’acqua potabile vie-ne ottenuta tramite un impianto di desalinizzazio-ne solare; le torri del vento, strategicamente collo-cate sugli assi delle strette corti interne, provocano naturalmente la creazione di una corrente d’aria più veloce e fresca che può ridurre la percezione della elevata temperatura di tali luoghi.Solo in Paesi come questo è possibile veramente tro-vare risorse e personaggi disposti a finanziare solu-zioni tecnologiche all’avanguardia per un modello di città completamente nuova, a impatto zero; ci si può permettere di sperimentare con un prototipo

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Abitare a Milano

di urbanistica e di costruzioni, che sia fonte di ispi-razione per le future città del globo, riprendendo (a parer mio) ispirazione anche dalla storia e dalla identità di questi luoghi, non dimenticando le loro origini e il loro ecosistema, trasformando e reinter-pretando il tutto in chiave moderna.Questi luoghi sono divenuti, anche grazie all’ar-chitettura sperimentale – talvolta d’avanguardia, in alcuni casi estrema –, una delle destinazioni turistiche più famose del mondo, caratterizzate proprio da alcuni edifici: dal Burj al Arab (il fa-moso hotel a forma di vela) alla costruzione delle Palme e del World (l’insieme di isole che dall’alto disegnano, per l’appunto, un planisfero), al Burj

Khalifa (il grattacielo più alto del mondo, per ora, con i suoi 818 metri) e al Vertical Village (la cui architettura è tesa alla riduzione dei consumi ener-getici).La mia opinione (visto che ho avuto l’opportunità di realizzare più di un progetto in questi luoghi) è che gli effetti del modernismo e dello stupore a tutti i costi in queste città produrrà, dapprima, cu-riosità e meraviglia per poi finire, in tempi brevi, con l’avere edifici obsoleti e senza identità, molte volte senza che neppure siano stati utilizzati. Il ri-sultato sarà quindi una città da dover rinnovare, alla ricerca spasmodica del nuovo e di nuove mete; questo se non si investirà sulla ricerca di una iden-

Masdar Institute di Foster + Partners

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tità culturale e peculiare di tali particolari luoghi.Per fortuna Abu Dhabi, meno di Dubai, ha edifi-cato non con il solo spirito di voler stupire; alcuni progetti infatti ne hanno segnato lo scenario con contenuti importanti, e anche con il piano dei mu-sei che daranno motivo per una visita culturale e non soltanto per la spettacolarità esteriore.Modernità, a mio modo di vedere, non è raggiun-gere la massima altezza possibile dei grattacieli, se l’altezza non produce un motivo che acquista un significato diverso da quello di guardare l’edificio dal basso verso l’alto; non è la sola sfida alla staticità delle strutture o la mera voglia di superare sempli-cemente il limite appena raggiunto; o, ancora, non è «togliere» mare per «costruire» terra con la rea-lizzazione di isole artificiali sfidando la natura. La vera sfida, in questi luoghi, sarebbe togliere spazio al deserto, avendo spazio infinito all’interno per go-dere di luoghi che oggi possono essere convertiti, piegati e ricondotti nel tentativo di produrre altre spettacolarità: magari con aziende agricole all’avan-guardia, con coltivazioni e allevamenti che possono essere possibili anche qui.È anche vero che simili stupefacenti contrasti non potrebbero esistere se non qui, dove possiamo ar-rivare a toccare il limite mai concesso, per esem-pio sciando nello Ski-Dome, con una temperatura esterna di 50 gradi… in questo caso energia spre-cata diventa sinonimo di forza, di opulenza econo-mica, di azzardo. Uno dei progetti più interessanti di cui mi sono occupato è stato quello del nuovo wellness center, proprio ad Abu Dhabi; denominato «la rosa del deserto», il progetto è risultato interessante per molteplici aspetti: la tematica particolare del wel-lness sviluppata in questi Paesi, dove la cultura, la religione, gli usi e la localizzazione non con-sentono di trattare questi temi con i soliti canoni

progettuali; la religione e gli usi hanno imposto il rispetto della cultura e delle usanze proprie di questi luoghi per progettare spazi dove far coesi-stere insieme uomini e donne; le alte temperature hanno richiesto un progetto ardito dal punto di vista ecoambientale.

Rosa del deserto wellness center

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L’ispirazione alla rosa del deserto ha potuto sugge-rire soluzioni tecniche adatte a conservare le giuste condizioni climatiche e ambientali interne dell’e-dificio: come la rosa del deserto riesce a vivere con poca acqua utilizzando i suoi petali a protezione del bulbo e favorendone, di notte, la condensa per

idratarsi, così l’edificio è racchiuso da una scher-matura esterna che consente di tutelare l’involucro interno, in modo da non fargli subire le variazioni termiche ambientali. L’edificio stesso sia nella sua pelle esterna che nelle finiture interne riprende, in chiave moderna, gli stili propri del luogo.

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« A D A B U D H A B I C O N V I V O N O T R A D I Z I O N E A R A B A

E M O D E R N I T À : T R O V I A M O I N F A T T I U N A D E L L E P I Ù

G R A N D I M O S C H E E D E L M O N D O C H E R I P R E N D E U S A N Z E ,

T R A D I Z I O N I E V A L O R I I D E N T I T A R I E I L F E R R A R I W O R L D ,

E S E M P I O D I G R A N D I O S I T À N E L P R I M O P A R C O T E M A T I C O

C O P E R T O P I Ù G R A N D E A L M O N D O . »

M a s s i m o Fa c c h i n e t t i

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