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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Jewel in His Crown

Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2011 Lynne Graham

Traduzione di Silvia Paola Bazoli

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà

Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony

novembre 2012

Questo volume è stato stampato nell'ottobre 2012 presso la Rotolito Lombarda - Milano

COLLEZIONE HARMONY

ISSN 1122 - 5450 Periodico bisettimanale n. 2745 del 13/11/2012

Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 22 del 24/01/1981 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Lynne Graham

NEL REGNO DELLO SCEICCO

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La bellissima donna stesa fra le lenzuola aggrovigliate stava guardando il suo amante intento a rivestirsi. Il principe Raja al-Somari aveva i capelli neri e gli occhi di un'intensa tonalità ambrata. Era incredibilmente bel-lo ed emanava forza e magnetismo allo stato puro. Chloe era una top model famosa in tutto il mondo e non aveva di che lamentarsi della sua condizione di a-mante. Lei amava gli uomini ricchi, il lusso e i bei gioielli. Il suo principe proveniva dal Najar, un emirato ricco di petrolio nel Golfo Persico. Si era dimostrato partico-larmente generoso con lei e quindi lei non voleva per-derlo. Quando la futura moglie, che doveva convolare a nozze con il principe in un'unione combinata politi-camente, era morta in un incidente aereo, Chloe aveva tirato un sospiro di sollievo poiché aveva temuto che una simile alleanza avrebbe potuto comportare la fine di quel rapporto così vantaggioso per lei. Sapeva che presto o tardi un'altra unione sarebbe stata combinata dalla corte del principe Raja, ma nel frattempo lei era ben decisa a tenerselo stretto. Raja osservò Chloe che giocherellava con il nuovo braccialetto di diamanti che le ornava il polso e sorrise della sua prevedibilità.

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Sebbene gli impegni di stato negli ultimi mesi aves-sero impedito a Raja di vederla, Chloe non si era mai lamentata. Come la maggior parte delle donne occi-dentali che lui aveva conosciuto negli anni dell'univer-sità in Inghilterra, lei si lasciava placare come un bam-bino con un giocattolo nuovo. Raja pretendeva l'assoluta discrezione dalle sue a-manti e in cambio sapeva essere molto generoso. Non pensava mai a quelle donne quando non era con loro. Il sesso era solo una necessità per un uomo con i suoi ap-petiti, e costituiva un divertimento e una fuga dal peso delle responsabilità che il suo ruolo gli imponeva. Era reggente in capo dell'ultraconservatore stato del Najar e di conseguenza non poteva godere di una vita sessuale libera, senza offendere i suoi sudditi. Raja era anche consapevole di avere questioni molto più importanti delle quali occuparsi. Il recente disastro aereo aveva portato la disperazione fra la gente del Na-jar e l'Ashur, la nazione vicina, un tempo nemica. Il futuro di quei due stati era sospeso a un filo. Per sette anni la guerra aveva imperversato fra il ric-co Najar, bagnato dal petrolio, e l'Ashur, piagato dalla povertà. Quando finalmente la pace fra le due nazioni era stata siglata grazie alla mediazione di un paese scandinavo, le due dirette interessate avevano deciso per una clausola che garantisse la stabilità. La clausola consisteva nel matrimonio tra le due fa-miglie reali e una reggenza condivisa che avrebbe fi-nalmente unito il Najar all'Ashur. Raja era stato un uomo d'affari per la maggior parte della sua vita adulta, ma quando era giunto il momento di servire la sua patria, aveva accettato di sposare la principessa Bariah dell'Ashur. Lui non aveva ancora trent'anni, lei era una vedova

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di trentacinque, tuttavia il dovere di un discendente della famiglia reale era di mettere avanti a tutto i biso-gni della propria nazione. E il Najar aveva disperata-mente bisogno di una pace duratura. Sfortunatamente la tragedia aveva mandato in fumo quel progetto ben architettato. Quindici giorni prima delle nozze, Bariah e i suoi genitori erano deceduti in un incidente aereo. Privato della sua famiglia reale in un colpo solo, l'Ashur era caduto in una profonda crisi e i dignitari di corte stava-no studiando freneticamente l'albero genealogico della famiglia alla ricerca dell'erede idonea a prendere il po-sto di Bariah come consorte di Raja. Il cellulare del principe squillò in quel momento. «Devi tornare a casa» gli annunciò suo fratello Ha-roun senza preamboli. «Wajid Sulieman, il consulente di corte degli Ashuri sta per arrivare. Stando al suo as-sistente è molto eccitato, quindi questo significa che hanno trovato una moglie per te.» Era la notizia che Raja stava aspettando, quella che il suo onore gli imponeva di auspicare, anche se in quel momento doveva combattere la sensazione di op-pressione che lo soffocava. «Dobbiamo sperare per il meglio.» «Il meglio sarebbe che non trovassero nessuna da farti sposare!» esclamò il suo giovane fratello senza nessuna esitazione. «Perché non ti opponi a un matri-monio combinato? Non viviamo più nel Medioevo.» L'espressione di Raja era impassibile, come sempre accadeva quando era in presenza di altre persone. Parlava sempre con grande attenzione. Il padre co-stretto sulla sedia a rotelle gli aveva insegnato tutto quello che doveva sapere per regnare sul paese. «È necessario che lo faccia.»

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«Problemi?» Raja aveva concluso la telefonata e Chloe si era rivolta a lui, gli occhi azzurri scintillanti di curiosità. «Devo partire immediatamente.» Chloe balzò in piedi e si strinse a lui. «Dovevamo uscire insieme questa sera...» protestò, guardandolo con gli occhi sgranati. Voleva apparirgli ferita e delusa e non certo assume-re un tono accusatorio, perché sapeva perfettamente che non era quello il modo di tenere stretto a sé un uo-mo. «Mi farò perdonare la prossima volta» le promise Raja, mentre riprendeva a vestirsi. Stava sforzandosi di non pensare a chi potessero a-ver trovato come sua futura consorte. Che importanza aveva per lui l'identità della donna? Sperava solo che fosse ragionevolmente attraente. Era il massimo che potesse augurarsi. Cercò di soffocare la sensazione di sentirsi come un animale in gabbia, era una cosa inutile e senza senso per un uomo nella sua posizione. Il suo jet privato atterrò di lì a poche ore nel Najar e Raja trovò suo fratello ad attenderlo in una limousine nera. «Non potrei mai sposare un'estranea!» esclamò Ha-roun, non appena lo vide. «Sono lieto di farlo al posto tuo.» Raja era contento che suo fratello minore non dovesse sottoporsi a un sa-crificio simile. «In questo momento, dopo questo lun-go periodo di instabilità, la gente di questi due paesi si sta aggrappando alla tradizione...» «L'Ashur è una nazione sull'orlo del baratro. Ma perché non offri loro una parte delle entrate che ci ga-rantisce il petrolio?»

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«Haroun!» esclamò Raja. «Bada a come parli. Fin-tanto che non riusciamo a portare a termine questo ac-cordo di pace, dobbiamo essere estremamente diplo-matici.» «Da quando la verità è diventata un'offesa?» ribatté Haroun. «Abbiamo vinto la guerra, eppure tu devi le-garti a una banda di ladri che pascolavano le pecore quando il nostro bisnonno Rashid era già un re!» La guerra aveva radicato l'odio e il pregiudizio fra i due popoli e Raja era consapevole che la maggior parte dei suoi compatrioti la pensava come suo fratello. «Mi aspetto una valutazione più equilibrata da parte di un uomo che ha ricevuto la tua educazione» replicò con impazienza. Giunti a palazzo, trovarono il consulente del regno, un uomo dai capelli grigi, estremamente attento e pun-tiglioso, che attendeva l'arrivo di Raja con il suo assi-stente, ed entrambi erano visibilmente soddisfatti e sor-ridenti. «Le mie scuse, Vostra Maestà, se la mia convoca-zione vi ha creato disagio. Vi ringraziamo per averci concesso udienza con così poco preavviso.» Wajid si era profondamente inchinato ed era pronto ad affrontare subito l'argomento in questione, senza perdersi in convenevoli. Era un uomo in missione e così aprì la cartella sulla tavola che lo separava da Raja. «Abbiamo scoperto che l'unica erede legale del re-gno Ashur libera da vincoli matrimoniali è la figlia del re Anwar e di una cittadina britannica.» «Una cittadina britannica?» lo interruppe Haroun in-curiosito. «Anwar ha regnato prima del padre della principessa Bariah, il re Tamim, non è vero?» «Lui era il fratello maggiore di Tamim. Ricordo che

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re Anwar si sposò più di una volta» intervenne Raja. «Chi è la madre della donna?» L'anziano strinse le labbra in segno di sdegno. «La sua prima moglie era una donna inglese. L'unio-ne è stata breve, e dopo il divorzio lei ha fatto ritorno in Inghilterra con la bambina.» «Che età ha ora la figlia di Anwar?» chiese Haroun. «Ha ventun anni. Non si è mai sposata.» «Per metà inglese...» considerò il principe Raja. «E ancora molto giovane. Ha un buon carattere?» Wajid si irrigidì. «Ovviamente.» Raja non era convinto. Sapeva che le donne che ac-cettavano le attenzioni di un principe solitamente cer-cavano solo di approfittare della situazione e di ricava-re un profitto. «Perché re Anwar divorziò dalla madre?» «Non poteva avere altri figli. È stata un'unione di breve durata, male assortita» commentò l'anziano con tono secco. «Il re ha avuto due figli maschi dalla se-conda moglie, ma entrambi sono morti durante la guer-ra.» Sebbene Raja conoscesse le informazioni che Wajid gli stava dando, chinò comunque la testa in segno di ri-spetto per una generazione di giovani uomini stroncati da un conflitto che aveva imperversato per troppo tempo. Per quanto lo riguardava, se il suo matrimonio pote-va convincere degli acerrimi nemici a vivere in pace, lui era disposto a compiere quel piccolo sacrificio, pur di non dover più assistere a nessun funerale. «Il nome della figlia di Anwar?» «Il nome della principessa è Ruby. Quando sua ma-dre scelse di lasciare l'Ashur, la famiglia reale non si

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occupò più delle due. Sfortunatamente la principessa Ruby non ha ricevuto una preparazione idonea al ruolo che deve ricoprire.» Raja si scurì in volto. «Sicuramente incontrerà qualche difficoltà nell'ade-guarsi allo stile di vita e alle aspettative dei sudditi e della corte.» «La principessa è giovane e potrà imparare in fretta» replicò il consulente del regno, sfregando le mani sen-za riuscire più a contenere l'entusiasmo. «I nostri con-siglieri sono convinti di poterla plasmare con succes-so.» «Avete una fotografia da mostrare a mio fratello?» chiese Haroun. Wajid frugò nella sua cartelletta e ne estrasse una piccola immagine. «Purtroppo è datata, ma è l'unica che abbiamo.» Raja studiò la bionda snella che indossava una mini-gonna e una maglietta e che era ritratta fuori dal palaz-zo reale di Ashur. Era una foto turistica: la ragazzina era un'adolescente dal colorito pallido e dai lunghi ca-pelli biondi, molto attraenti per Raja, che avvertì subito un senso di colpa al pensiero di quanto gli fosse sem-brata più insignificante la sua ex fidanzata Bariah. Haroun studiò attentamente l'immagine ed emise un'esclamazione di approvazione. «Basta così» intervenne Raja per rimettere in riga suo fratello minore. «Quando potrò incontrarla?» «Non appena riusciamo a organizzare il suo viaggio, Vostra Maestà.» Wajid era sollevato dal fatto che Raja avesse reagito in maniera razionale alla sua proposta. Wajid aveva sempre ammirato il principe Raja e sapeva che era un

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uomo che era in grado di assumersi le sue responsabili-tà senza battere ciglio. Era un re nel vero senso della parola, e una giovane donna avrebbe dovuto considera-re come un dono del cielo il fatto di poter essere guida-ta e sostenuta da un uomo di quel calibro. «Ti prego, Ruby» la implorò Steve, afferrandole l'e-sile polso. «No!» esclamò lei senza esitazione. Quella situazione era assurda. Si trovavano in mez-zo a un parcheggio, in pieno giorno, e lui le stava al-lungando le mani addosso. Steve le mise il broncio risentito e si ritrasse sul suo sedile. Ruby era irresistibile con i suoi grandi occhi marrone chiaro, i capelli biondi e il fisico perfetto, e tutti gli amici di Steve lo invidiavano per quel trofeo che lui esibiva. Non sapevano che quando lei alzava una barricata, diventava irremovibile. «Posso passare da te stasera?» «Sono stanca e adesso devo tornare al lavoro. Non voglio fare tardi» ribatté lei. Steve la lasciò davanti allo studio legale dove lei era impiegata alla reception. Lui era un agente immobilia-re e vivevano tutti e due in una cittadina dello Yorkshi-re. Il giovane se ne andò dopo l'ultima inutile battaglia per convincere Ruby che il sesso era un'attività piace-vole. All'inizio, lei lo aveva trovato attraente e si era chiesta se sarebbe stato in grado di farle cambiare idea sull'argomento. Aveva i capelli biondi e gli occhi az-zurri che le erano sempre piaciuti in un uomo, ma i suoi baci erano troppo umidi e le sue mani irrequiete la strizzavano come se fosse un frutto maturo.

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Steve le aveva fatto comprendere che un uomo at-traente può non essere sexy. «Sei in ritardo di dieci minuti» le disse la sua princi-pale, una donna magra con gli occhiali, sulla trentina. «Devi essere più puntuale.» Ruby si scusò e si mise al lavoro, cercando di non farsi travolgere dalla noia della routine. Quando aveva iniziato allo studio Collins, Jones & Fowler, aveva solo diciotto anni, sua madre era appena morta e lei aveva disperatamente bisogno di un impie-go. Le sue colleghe erano tutte donne e più adulte di lei. I tre avvocati per i quali lavoravano erano persone ano-nime e le conversazioni generalmente ruotavano intor-no ai genitori anziani, ai figli, ai pranzi di famiglia; nessuno parlava mai di gossip, di moda o di uomini. A Ruby piacevano le chiacchiere amichevoli che scambiava con i clienti abituali, ma avrebbe preferito che la sua vita le offrisse qualcosa di più vario e un po' più di eccitazione. In confronto, sua madre Vanessa aveva condotto una vita completamente diversa e aveva avuto modo di goderla appieno. Quando era una modella famosa a Londra, aveva conosciuto un principe arabo, si erano sposati come in una favola moderna e Ruby aveva visto la luce in A-shur, nel Golfo Persico. Suo padre Anwar, però, aveva scelto di prendere una seconda moglie mentre era ancora sposato con sua madre, e quella era stata la fine di ciò che Vanessa in seguito amava definire come la sua disavventura reale. Vanessa aveva divorziato e aveva fatto ritorno in Gran Bretagna con la sua bambina. Nell'Ashur le fi-glie non contavano quanto i maschi, e il padre di Ruby

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aveva scelto di ignorare la sua esistenza. Un anno dopo, Vanessa aveva incassato una sostan-ziosa buonuscita e aveva deciso di sposare Curtis Sommerton, un uomo d'affari dello Yorkshire. Aveva deciso di dare a sua figlia il cognome del secondo ma-rito, nella speranza che così Ruby avrebbe dimenticato la famiglia che l'aveva ripudiata. Nel frattempo, Curtis aveva dilapidato le finanze di Vanessa e, una volta ridotto la donna in povertà, l'ave-va abbandonata. Con il cuore a pezzi, Vanessa non era riuscita a su-perare questo secondo tradimento ed era morta di un infarto poco tempo dopo. «Il mio errore è stato permettere che fossero i miei sentimenti a decidere per me» era solita ripetere Va-nessa alla figlia. «Anwar mi aveva promesso la luna e le stelle e sono sicuro che ha fatto altrettanto con la seconda moglie. Dai retta a me, tesoro mio, non farti abbindolare dagli uomini che ti incantano con i discorsi e le promesse di amore eterno.» Orgogliosa e intelligente, Ruby sapeva individuare chi cercava di approfittare di lei. Aveva amato profon-damente sua madre e preferiva ricordarla come una donna generosa e spontanea, e piuttosto ingenua in fat-to di uomini. Il suo patrigno, invece, era un farabutto che Ruby a-veva odiato e temuto. Vanessa aveva sempre creduto nell'amore e nel romanticismo, ma la vita aveva in-segnato a Ruby che gli uomini tenevano a una cosa so-la e cioè il sesso. Cose come l'impegno, la lealtà, i sentimenti erano praticamente introvabili nell'universo maschile. Come tanti altri prima di lui, anche Steve aveva con-

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fermato questa teoria di Ruby e lei era ben decisa a non vederlo più. Dopo il lavoro si incamminò verso casa, una villetta in affitto. Di solito tornava a casa anche per pranzo per poter far uscire la sua adorata cagnolina Hermione, una Jack Russell terrier, che ricambiava l'amore incondi-zionato di Ruby e detestava gli uomini. In più di un'occasione, Hermione aveva protetto Ruby dal patrigno Curtis che aveva la pessima abitudi-ne di provare a intrufolarsi in camera sua di notte. Ruby divideva la casa con Stella Carter, la quale la-vorava come commessa in un supermercato. Quando arrivò dinanzi a casa, rimase sorpresa nel notare una lussuosa BMW parcheggiata di fronte al suo ingresso. Stava per infilare la chiave, quando la porta si aprì di colpo. «Grazie al cielo, sei a casa!» esclamò Stella, il volto rosso per l'agitazione. «Hai visite» aggiunse in un sus-surro. «Chi è?» chiese Ruby, stupita. «Hanno a che fare con la famiglia di tuo padre... No, non Curtis, lo schifoso, il tuo vero padre!» Sbigottita, Ruby entrò nel soggiorno sul davanti del-la casa e trovò ad attenderla un uomo di bassa statura dai capelli grigi che le sorrise e le fece un inchino, una donna di mezza età e un uomo più giovane che si in-chinarono a loro volta. «Vostra Maestà» la salutò l'uomo più anziano in to-no riverente. «Posso dirvi che è un onore fare final-mente la vostra conoscenza?» «Parla di te come di una principessa da quando è ar-rivato» mormorò Stella. «Non sono una principessa, non ho nulla di reale»

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dichiarò Ruby a disagio. «Chi siete? Cosa succede?» Wajid Sulieman si presentò, poi presentò sua moglie Haniyah e il suo assistente. «Rappresento gli interessi della famiglia reale Ashu-ri e temo di dovervi dare delle brutte notizie.» Ruby si sforzò di comportarsi in maniera educata e di trattenere l'impazienza, mentre Wajid la informava che suo zio Tamim, la moglie e la figlia Bariah erano morti in un incidente aereo avvenuto nel deserto tre settimane prima. Quei nomi erano vagamente familiari a Ruby e le ri-cordavano la sua unica visita in Ashur quando aveva quattordici anni. «Mio zio era il re» disse con esitazione. «E fino a un anno fa, vostro fratello maggiore era il suo erede» aggiunse Wajid. Ruby sgranò gli occhi. «Ho un fratello?» Wajid ebbe la grazia di arrossire di fronte al fatto che la ragazza non conosceva neanche i membri della sua famiglia. «Vostro padre ha avuto due figli maschi dalla secon-da moglie.» Ruby scoppiò a ridere. «E quindi ho due fratellastri che non conosco. Loro sanno di me?» Ruby era completamente all'oscuro della composi-zione della famiglia dal lato paterno. Non aveva mai incontrato suo padre o i suoi parenti e non sapeva pra-ticamente nulla di loro. Durante la sua unica visita in Ashur, la sua inconte-nibile curiosità aveva subito una doccia fredda quando la famiglia reale aveva rifiutato qualunque contatto con lei e la madre. Vanessa aveva informato per tempo la

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corte del loro arrivo e non aveva ottenuto risposta. Una volta in Ashur aveva provato a telefonare e non aveva ottenuto alcun invito a palazzo. Dopo tutte quelle umiliazioni, Vanessa e la figlia avevano abbandonato i cancelli del palazzo reale, giacché i parenti del padre non si degnavano di incontrare le due donne ripudiate. Da quel momento in poi, Ruby aveva considerato chiuso il capitolo della sua vita legato all'Ashur. «I vostri fratelli erano due giovani coraggiosi» le dis-se Wajid. «Sono morti combattendo per la loro patria.» Ruby annuì in segno di rispetto e pensò con tristezza che non avrebbe più avuto la possibilità di incontrare i suoi due fratelli. Si erano mai chiesti come fosse lei? Ma sospettava che il protocollo reale avrebbe sicura-mente fatto in modo che non la incontrassero anche se avessero manifestato l'interesse di conoscerla. «Vi ho messa al corrente di questa tragedia affinché possiate comprendere che ora voi siete l'unica erede al trono dell'Ashur, Vostra Altezza.» «L'erede?» ripeté Ruby ad alta voce. «Com'è possi-bile? Sono una ragazza. E perché continua a chiamar-mi Altezza, come se avessi un titolo?» «Anche se non ne avete mai fatto uso, questo titolo è vostro fin dalla nascita» le rispose Wajid. «Siete fi-glia di un re, è un vostro diritto dalla nascita.» Era tutto sorprendente, ma Ruby era consapevole del fatto che l'Ashur stava tentando di risollevarsi dopo la guerra. Quella nazione aveva combattuto contro un vicino ricco e potente per una questione di confini. Stava tentando di apparire calma e controllata, però in realtà era scossa all'idea di possedere il diritto legale di chiamarsi principessa. Il suo innato buonsenso ebbe la meglio sulla sua eccitazione. Cosa poteva esserci di più ridicolo di una principes-

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sa che lavorava come receptionist e che faticava a pa-gare l'affitto? Ruby era sempre in bolletta, nonostante gli straordinari, e a volte era costretta a lavorare nel su-permercato di Stella durante il finesettimana. «Non c'è posto nella mia vita per i titoli o per cose simili» disse educatamente, cercando di non offendere quelle persone. «Sono una ragazza comune.» «È esattamente quello che al nostro popolo piace-rebbe di voi. Siamo una nazione di lavoratori» dichiarò Wajid con orgoglio. «Voi siete l'unica erede al trono dell'Ashur e dovete occupare il posto che vi spetta.» Ruby era sgomenta. «Mi faccia capire: mi sta chiedendo di seguirla nel-l'Ashur e di vivere lì come una principessa?» «Esattamente. È il motivo per il quale siamo qui, per mettervi al corrente della vostra posizione e per ripor-tarvi a casa» le rispose Wajid e sottolineò quelle parole allargando con enfasi le braccia. Ruby era tesa e scosse la testa lentamente. «L'Ashur non è la mia casa. Nessuno della famiglia reale mi ha mai vista da quando lasciai la nazione in fasce. Non c'è stato alcun contatto, nessuno ha mai mo-strato il minimo segno di interesse.» L'uomo più anziano annuì con aria grave. «È vero, ma le tragedie che hanno quasi sterminato la famiglia reale hanno portato dei cambiamenti. Voi siete una persona molto importante nell'Ashur, siete una principessa, la figlia di un re e la nipote di un altro, e avete diritto al trono.» «Non mi interessa il trono e a ogni modo conosco abbastanza bene l'Ashur da sapere che le donne non governano» lo interruppe Ruby, spazientita. Sentiva che le stavano tacendo qualcosa e non le piaceva quella situazione.

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«Sono sicura che c'è un uomo pronto a governare il paese al posto mio.» Wajid non trasalì solo perché era un uomo dal con-trollo ferreo. Però si irrigidì ulteriormente. «Avete ragione quando dite che nell'Ashur le donne non regnano. La nostra nazione esercita la primogeni-tura maschile da tempo...» «Quindi non sono così importante come voleva far-mi credere?» Ruby si stupiva che quell'uomo potesse ritenerla co-sì ignorante riguardo alla sua terra natia. Dopotutto il matrimonio della sua povera madre non era forse finito con un divorzio proprio per via delle rigide regole che governavano quel mondo? Suo padre aveva preso una seconda moglie per poter avere un figlio maschio. Wajid sentiva di essere con le spalle al muro e arros-sì. «Mi dispiace contraddirvi, ma siete estremamente importante agli occhi del nostro popolo. Senza di voi non ci può essere un re» ammise. «Come, prego?» chiese lei inarcando un sopracci-glio. «Non capisco cosa vuole dire.» Wajid esitò. «L'Ashur e il Najar devono essere uniti da un matri-monio tra le due famiglie reali. È una clausola per si-glare la pace e porre fine alla guerra.» Ruby resistette alla tentazione di scoppiare a ridere, poiché d'un tratto aveva compreso perché stava tanto a cuore a quell'ometto impettito. Avevano bisogno di una principessa da sposare, una principessa che potesse vantare i diritti sul trono reale dell'Ashur. Ed ecco che entrava in gioco lei, giovane e sola.

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L'Ashur si ricordava di lei in quanto membro della famiglia reale solo perché non c'era nessun altro dispo-nibile. «Non sapevo che nell'Ashur vigessero ancora i ma-trimoni combinati.» «Principalmente tra le famiglie reali» rispose Wajid. «Spesso i genitori sanno cosa è meglio per i figli.» «Non ho più genitori che possano decidere al posto mio. Comunque mio padre non si è mai neanche preso la briga di conoscermi. Temo che lei stia perdendo il suo tempo, signor Sulieman. Non voglio essere una principessa e non voglio sposare un estraneo. Sono più che soddisfatta della mia vita così com'è.» Si alzò per segnalare ai suoi visitatori che l'incontro era giunto al termine. Ruby provava compassione per quell'uomo anziano che ignorava gli usi e i costumi occidentali. «Non sono molte le giovani donne che potrebbero essere interessate a un accordo simile.» La limousine sparì dalla via e Stella e Ruby si mise-ro a discutere della visita. «Una principessa?» continuava a ripetere Stella, stu-diando la ragazza che conosceva dalle elementari. «E non lo sapevi?» «Non credo che volessero farlo sapere a mia madre» replicò Ruby. «Dopo il divorzio, mio padre e la sua fa-miglia furono più che contenti che noi lasciassimo il paese e da quel momento in poi preferirono fingere che io non esistessi.» «Chissà com'è il tizio che vogliono farti sposare» commentò Stella con gli occhi scintillanti, chiaramente intenta a sognare a occhi aperti. «Se è come mio padre, non mi perdo nulla. Lui non si è fatto scrupoli di spezzare il cuore di mia madre per

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avere un figlio maschio, e dubito che l'uomo che vo-gliono farmi sposare sia più sensibile.» «È di un'altra nazione, no?» «Del Najar, credo. Probabilmente è in fondo alla li-nea ereditaria e sta cercando un aiuto per salire di gra-do» rispose Ruby con cinismo. «Non so se hai fatto bene a mandarli via così in fret-ta. Insomma, a parte la questione del marito, il fatto di essere una principessa non è male.» «Non c'è niente di eccitante nell'Ashur» assicurò Ruby all'amica. Si sentiva in colpa a essere così critica nei confronti di quella che avrebbe dovuto essere la sua terra, ma si era sentita rifiutata e ne aveva sofferto. Dopo un finesettimana tranquillo, una volta svanito l'effetto di quella visita fuori dal normale, Ruby tornò al lavoro il lunedì seguente. Quel sabato aveva incontrato Steve per comunicar-gli che il rapporto fra loro era chiuso. Lui aveva reagi-to male e le aveva mandato diversi messaggi chieden-dole un'altra possibilità; poi era passato agli insulti e, per finire, aveva preteso di sapere cosa avesse sbaglia-to. Ruby aveva scelto di ignorare i messaggi e aveva rimpianto di essere uscita con lui. Le sembrava troppo insistente per essere un uomo che aveva frequentato solo per poche settimane. «Gli uomini perdono sempre la testa per te» aveva commentato Stella con una punta di invidia, quando a colazione il lunedì mattina Ruby aveva ricevuto altri messaggi disperati. «So che Steve è una seccatura, ma a me non dispiacerebbe ricevere qualche attenzione.» «Non questo genere di attenzioni» dichiarò Ruby senza esitare.

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Steve insistette per tutta la mattina e, quando arrivò la pausa pranzo, Ruby era esasperata. Stava per alzarsi, quando un uomo alto, dai capelli neri scintillanti entrò nello studio. C'era qualcosa in lui che attirò immediatamente l'attenzione di Ruby che lo fissò intensamente. Forse erano i suoi abiti eleganti, così in contrasto con la cittadina dove lei viveva. L'uomo era vestito di grigio scuro, sicuramente si trattava di un abito su mi-sura che metteva in risalto il suo fisico ben modellato, le gambe lunghe e forti. Gli zigomi alti erano marcati e gli occhi erano profondi, penetranti. Caspita!, pensò Ruby, e per la prima volta in vita sua si sentì turbata alla vista di un uomo.