D1995_LA VOLONTA DELLO SCEICCO

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DESERT KNIGHTS Tre fratelli, un solo regno da conquistare.

Chiamati a scegliere tra potere, amicizia e amore.

"Quando le Pleiadi adornano il sommo della not-te, offrendo nelle mani dell'alba un mucchietto di stelle, trovo le sue labbra dolci, come fossero infu-se di vino." (Ibn Hamdîs) I giorni felici nel regno di Zohayd sono un ricordo lontano. Dopo aver sottratto i gioielli della corona, la crudele regina Sondoss è stata bandita per sempre e ora per i suoi figli Haidar, Jalal e Rashid si aprono le porte di uno scontro senza pari. La conquista del trono di un altro regno, Azmahar, li porterà a rivangare antichi rancori, che sembravano sepolti per sempre sotto le sabbie del deserto, e a rompere il legame che li univa. Fratello del mio cuore... parole vuote, che si perdono nel vento che soffia implacabile tra le dune e le palme. Ma il sole del mattino torna a risplendere sempre, anche dopo le notti più cupe, e l'incontro con tre donne piene d'amore potrebbe modificare un destino che sembrava ormai prestabilito. Ne La volontà dello sceicco, Jalal Aal Shalaan sarà il secondo cavaliere del deserto a cadere nelle maglie dell'amore. E Lujayn Morgan la donna che le tesserà attorno al suo cuore.

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DESERT KNIGHTS I PROTAGONISTI

HAIDAR AAL SHALAAN - Il Leone del deserto. Il suo spirito è forte come l'animale di cui porta il nome, ma ogni orgoglio cade dinanzi alla forza dell'amore. ROXANNE GLEESON - Lei è l'unica che abbia avuto l'ardire di rifiutare Haidar, ma è anche la sola che riuscirà a scalfire il suo gelido distacco. JALAL AAL SHALAAN - La Grandezza. Il Salvatore, il Traditore. La sua gentilezza è riservata a pochi eletti, la sua passione a una sola donna, Lujayn la Bella. LUJAYN MORGAN - In passato ha abbandonato Jalal, perché non voleva diventare una pedina nei giochi di potere. Ora combatterà per conquistarlo. RASHID AAL MUNSORI - L'Oscuro. Il legame che av-verte con il regno di Azmahar è più forte di quello di sangue, e la volontà di vincere supera in lui anche la più salda determinazione. LAYLAH AAL SHALAAN - Il suo rango attira più di un uomo, ma lei ne desidera solo uno. Rashid è una sfi-da troppo grande da affrontare, ma indispensabile per la felicità del suo cuore.

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Olivia Gates

LA VOLONTÀ DELLO SCEICCO

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Sheikh's Claim Harlequin Desire

© 2012 Olivia Gates Traduzione di Roberta Canovi

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto

di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con

Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

Prima edizione Harmony Destiny febbraio 2013

Questo volume è stato stampato nel gennaio 2013

presso la Rotolito Lombarda - Milano

HARMONY DESTINY ISSN 1122 - 5470

Periodico settimanale n. 1995 del 5/02/2013 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 413 del 31/08/1983 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Ventisette mesi prima «Così questa volta sei riuscita a passarla liscia con un omicidio.» Jalal Aal Shalaan storse la bocca nel pronunciare quelle parole ad alta voce. Era in piedi sulla porta di un opulento soggiorno in una delle tenute più rinomate negli Hamptons, dove per anni era stato accolto come stimato ospite. Aveva pensato che non ci avrebbe mai più rimesso piede, a causa della donna che ora gli dava le spalle. La donna che era diventata la padrona di ca-sa. Lujayn Morgan. La sua ex amante. Stava impilando delle lettere su un antico tavolo di marmo quando le sue parole l'avevano colpita; dopo un sussulto, era rimasta impietrita. Anche Jalal era teso allo spasimo. I pugni e la ma-scella erano serrati, ogni muscolo all'erta, vibrante. B'haggej'jaheem – per la miseria, perché aveva detto una cosa simile? Non era stata sua intenzione mostrarle ostilità – né qualunque altro sentimento, se per questo: si era con-vinto di non provare più niente, per lei. Si era recato in quel posto solo per studiarla senza essere accecato dal-la passione che gli aveva annebbiato la vista per i quat-tro anni della durata della loro relazione. Voleva una

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conclusione, qualcosa di cui lei lo aveva privato quan-do era uscita dalla sua vita in fretta e furia, senza con-cedergli la possibilità di difendersi, di negoziare, la-sciandolo in balia dello stupore, poi della collera, a brancolare nel buio alla ricerca di una spiegazione. Ma aveva pensato che la soluzione di cui era andato in cerca fosse strettamente intellettiva. Aveva pensato di essersi ripreso, nei due anni trascorsi da quel giorno, di aver superato la cosa fino a non provare altro che una fredda curiosità e un'avversione mentale. Si era illuso. Ciò che aveva provato per lei, anche se aveva cambiato natura, rimaneva altrettanto fiero. Si era sempre presentato al mondo come quello al quale non importa niente di nessuno – in parte per ca-rattere, in parte per autodifesa. Con una madre come la notoria regina Sondoss, e un gemello come quell'e-nigma che era Haidar, che lo tormentava dall'infanzia, le difese erano diventate necessarie. Erano le uniche due persone che fossero mai riuscite a superare le sue barriere. E poi era arrivata Lujayn. Era ancora vulnerabile al solo vederla. E lei non si era neanche girata. Ma poi lo fece. L'aria gli abbandonò i polmoni, il cuore cominciò a cavalcare. La sua bellezza l'aveva sempre stregato. L'origine per metà mediorientale e per metà irlandese aveva co-spirato a creare la personificazione del meglio di en-trambi quei mondi. Era sempre stata contesa dai mi-gliori marchi che volevano quel viso indimenticabile con quegli occhi unici per pubblicizzare i propri pro-dotti. Nel corso della loro relazione, però, lei aveva conti-nuato a perdere peso. In un primo tempo Jalal si era al-larmato, e poi incollerito per quell'ossessione che, per progredire in carriera, le faceva sorvolare sui rischi alla

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propria salute nel perseguire una perfezione che già possedeva. Tuttavia, la donna scarna che lo aveva lasciato era scomparsa, e al suo posto si trovava ora l'epitome della salute, della femminilità con curve e forme che nem-meno il severo abito nero riusciva a celare, e che aizzò all'istante ogni suo istinto virile. Il matrimonio le aveva fatto molto bene. Il matrimo-nio con un uomo che Jalal un tempo aveva considerato un buon amico – un uomo morto meno di due anni do-po le nozze, e della cui morte lui l'aveva praticamente appena accusata. Lujayn inclinò la testa mentre si raddrizzava, il mo-vimento che enfatizzava l'eleganza del collo da cigno, la perfezione dei capelli corvini raccolti in uno chignon. Il suo freddo distacco era presentato alla perfezione, ma lo stupore riflesso negli occhi andava oltre la sua capacità di recitazione. Le pupille, circondate da quelle iridi argentate che richiamavano il significato del suo nome, si contraevano e si dilatavano come avevano sempre fatto quando lei era agitata o eccitata, dando l'illusione che gli occhi emettessero raggi di luce. Il bisogno di guardare più a fondo in quegli occhi lo spinse in avanti, ma dalla bocca gli uscirono parole che non si era reso conto di pensare. «Non che la cosa mi sorprenda. Hai saputo ingannare le persone più sagaci che conosca, incluso il sottoscritto. Non dovrebbe stu-pire che nemmeno la crème de la crème di New York sia stata in grado di pareggiare il tuo acume.» «Che cosa ci fai qui?» La sua voce lo trafisse. Un tempo carezza di rossa passione, si era addensata di echi oscuri. Poi lei scosse il capo, quasi esasperata dalla stupidità della propria domanda. «Lascia stare. Come sei entrato?» Jalal si fermò a due passi di distanza, anche se ogni istinto che possedeva lo spingeva a proseguire finché

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non avesse pressato ogni centimetro del proprio corpo al suo. Come quando erano stati amanti. Quando lei gli era sempre andata incontro, impetuosa, tempestosa... Imprecando tra i denti, infilò le mani in tasca fin-gendo disinvoltura. «Mi ha fatto entrare la tua gover-nante.» Lujayn spalancò gli occhi. «Vuoi dire che l'hai mi-nacciata.» In passato, lei gli aveva fatto credere di pensare che camminasse sulle acque; ora, la prima cosa che le era venuta in mente era che avesse fatto qualcosa di deplo-revole – peggio, di criminale. Ma perché avrebbe dovuto stupirsi? Jalal aveva ac-cettato da tempo che quella presunta adorazione da parte sua era stata solo una finta che lei non era stata in grado di portare avanti quando aveva scoperto che non sarebbe servita allo scopo. La sorpresa, in realtà, era che fosse riuscita a resistere due anni. E anche a quel punto lui si era rifiutato di vedere le cose per quello che erano; l'aveva giustificata impu-tando la colpa allo stress dovuto alla competitività del suo lavoro, e alla natura dominante che lui tirava fuori quando era con lei. Aveva pensato che l'attrito non fa-cesse altro che aizzare le fiamme della loro relazione già esplosiva, ne aveva goduto fino al punto di i-stigarle, di quando in quando. Si era talmente illuso che l'ultimo, decisivo confronto l'aveva lasciato a dir poco scioccato. Ma dopo due anni passati a dissezionare il passato, ora percepiva tutto con chiarezza. Non aveva voluto vedere le prove della verità per mantenere l'illusione, perché non poteva vivere senza la sua passione. O così aveva creduto. Eppure era sopravvissuto, no? Avvalendosi della sua notevole statura, Lujayn lo fronteggiò a testa alta. «Puoi anche aver spaventato Zahyah, ma devi aver scordato tutto di me se pensi che le tue tattiche intimidatorie funzionino anche con me.

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Puoi andartene come sei arrivato, oppure chiamo la si-curezza. Meglio ancora, la polizia.» Jalal accantonò la minaccia, il sangue che si surri-scaldava per la sfida e l'ardore che lei aveva sempre suscitato in lui con un'occhiata, una parola. «E che co-sa gli diresti? Che la tua governante mi ha lasciato en-trare senza consultarti e ti ha lasciata sola con me in una casa vuota?» In qualunque altra occasione, si sa-rebbe raccomandato che la governante fosse ripresa se-veramente per aver ignorato a tal punto le norme basi-lari del protocollo e della sicurezza; in quel momento, però, non poteva che essere grato che l'avesse fatto. «Interrogata, giurerebbe che non c'è stata alcuna inti-midazione da parte mia. Da ex collega di tua madre, è stato naturale per lei lasciarmi entrare.» «Vuoi dire che, visto che è un'ex collega di mia ma-dre, anche Zahyah era una delle serve di tua madre.» Alla menzione della madre, Jalal si irrigidì. L'essere venuto a conoscenza della cospirazione che aveva or-dito per deporre suo padre, re Atef, ed eliminare i suoi fratellastri dalla successione al trono di Zohayd era un pugnale che si rigirava in continuazione dentro di lui. Ma Lujayn non ne sapeva niente. Solo lui, i fratelli e il padre ne erano al corrente. Il segreto era stato mante-nuto a tutti i costi, finché la situazione non era stata ri-solta – ossia fino a quando non avevano scoperto dove la madre aveva nascosto i gioielli dell'orgoglio di Zo-hayd. Era stata una situazione assurda e frustrante, det-tata dalla leggenda e ora diventata legge: il possesso dei gioielli conferiva il diritto di governare Zohayd. Invece di punire chiunque li avesse rubati, il popolo aveva sostenuto che il re e i suoi eredi non erano degni del trono, perché li avevano persi. La convinzione che i gioielli facessero in modo di essere posseduti da chi-unque meritasse di governare il regno era assoluta. Ma neanche sotto la minaccia dell'ergastolo la ma-dre aveva confessato il nascondiglio; tutto ciò che ave-

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va detto a lui e a Haidar era che avrebbe continuato a distruggere il padre e i fratellastri dalla prigione, e che quando il trono fosse diventato di Haidar, con Jalal co-me principe ereditario, l'avrebbero ringraziata. Cercò di scrollarsi di dosso l'eterna frustrazione, fo-calizzando l'attenzione sulla sua fonte attuale. «Volevo dire che Zahyah, da azmahariana che ha passato anni nel palazzo reale di Zohayd...» «Come schiava di tua madre – come lo era la mia.» Il nodo in gola si strinse ulteriormente; un altro cri-mine della madre per cui non poteva che provare ver-gogna. Da quando la cospirazione della regina Sondoss era venuta alla luce, pian piano i familiari avevano scoper-to la portata della sua malvagità. Schiava poteva essere un'esagerazione, ma non si poteva negare che avesse maltrattato e abusato dei suoi servitori. La madre di Lujayn, da dama di compagnia, sembrava aver patito il peggio dei suoi brutali capricci. Ma Badreyah aveva abbandonato il servizio della regina non appena Lu-jayn aveva lasciato lui; evidentemente aveva potuto permetterselo, quando la figlia aveva sposato Patrick McDermott. Probabilmente, quello era uno dei motivi per cui Lu-jayn l'aveva sposato. Non che questo mitigasse l'ama-rezza: avrebbe dovuto dirle che Badreyah soffriva per opera di sua madre; era da lui che avrebbe dovuto an-dare in cerca d'aiuto. Rispose alla sua fredda collera con la propria. «Qua-lunque cosa pensi Zahyah di mia madre, evidentemen-te mi considera ancora suo principe, e mi ha accolto di conseguenza.» «Non dirmi che sei convinto che la gente si beva davvero questa storia del principe di due regni.» Dato che erano mezzi azmahariani e mezzi zoha-ydiani, lui e Haidar erano stati chiamati così. Non po-teva parlare per il fratello, ma lui non si era mai sentito

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principe di niente. In Zohayd era tagliato fuori dalla li-nea di successione perché era di razza impura, e in Azmahar... be', c'erano un centinaio di ragioni perché nessuno del popolo l'avrebbe considerato suo principe. Il grandioso slogan era stato appioppato loro dalla nascita, ma a lui era sempre sembrato una stupidaggi-ne. Poi la madre aveva stabilito di farlo diventare real-tà, a costo di rovinare e riformare l'intera regione. Sospirò. «Comunque sia, Zahyah mi ha accolto, co-me le guardie prima di lei, perché in questa casa sono stato accolto innumerevoli volte prima di oggi.» «Li hai manipolati sfruttando il defunto rapporto con Patrick...» «Che non è più con noi, grazie a te» la interruppe, sopraffatto dalla bile della collera trattenuta a stento. «Ma non ti sei preparata per gli sviluppi come pensavo avresti fatto; non hai preparato delle contromosse per la mia ricomparsa, non hai revocato il mio invito aper-to.» «Come si fa con un vampiro, eh? In effetti, avere un vampiro in casa sarebbe preferibile, visto che tu sei un succhia-anime. E sei più difficile da bandire. Ma rime-dierò all'istante.» Jalal l'afferrò per il braccio mentre gli passava ac-canto, provò un brivido in tutto il corpo. Digrignò i denti a quella risposta, inspirò appena in modo che il suo profumo – quello del crepuscolo inebriato di gel-somino e di notti di intenso piacere – non istigasse una reazione ancora meno benvenuta. «Non disturbarti: questa deliziosa visita non sarà ri-petuta.» Lujayn liberò il braccio con uno scatto. «Non co-mincerà neanche. Hai un bel fegato a venire qui, dopo quello che hai fatto.» Si riferiva ai contrasti d'affari con Patrick, che ave-vano provocato ingenti perdite a entrambi; altri danni che lei aveva causato.

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Decise di fraintenderla di proposito. «Non sono io quello che ti ha scaricato per sposare una delle tue mi-gliori amiche e rivoltarla contro di te.» «Dai ben poco credito a Patrick se pensi che io ab-bia influenzato la sua decisione di tagliare qualsiasi af-fare con te.» «Tu riusciresti a influenzare il diavolo in persona. E sappiamo entrambi che Patrick era fin troppo angelico. Era la preda perfetta per la vedova nera che ti sei rive-lata essere.» I suoi occhi lo inondarono di disprezzo da cima a fondo. «Ascolta, Jalal. Dacci un taglio a questo dram-ma di cappa e spada. Se hai attraversato mezzo mondo per venirmi ad accusare di aver ucciso mio marito, hai raggiunto l'obiettivo con la frase di esordio. Non essere ridondante, oltre che insensibile e arrogante. Adesso puoi tornartene alla tua retrograda regione infestata di sabbia e goderti il potere che non ti sei guadagnato.» Jalal si sentì avvampare. Non perché la sua opinione lo insultava, ma perché la pensava davvero così. La de-lusione, però, non fece che intensificare la sua reazio-ne, accelerando l'afflusso di sangue nei lombi. «Sei sempre stata un peperino, tuttavia non mi hai mai par-lato con tanta audacia.» «Non ti sei mai dato la pena di ascoltare – non che fosse un privilegio che riservassi solo a me: Sua Esal-tatezza riteneva che nessuno meritasse di essere ascol-tato. Ma in parte hai ragione, un tempo sono stata col-pevole di indorare il mio atteggiamento e l'opinione che avevo di te. Non sono più quella persona.» «Invece sei esattamente la persona che sei sempre stata, ma ora che sei erede di un impero millenario, credi di poterti permettere il lusso di mostrarmi il tuo vero volto e il fegato di insultarmi.» Lei spalancò gli occhi. «Non è per questo che non sono più costretta a sopprimere l'orrore che provo per te e per tutto ciò che rappresenti. Ma visto che non mi

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sento incline a spiegare le mie ragioni, grazie per la vi-sita.» Grazie? «È da due anni che mi ribolle il sangue perché non mi sono sfogata l'ultima volta che ti ho visto; ti ringra-zio di avermi dato la possibilità di togliermi il peso dallo stomaco. Ora, dato che hai concluso ciò che sei venuto a fare, e finalmente hai soddisfatto il tuo de-siderio a lungo represso di insultarmi...» «Ma non è per questo che sono venuto.» Prima che lei potesse offrirgli una caustica replica, lui l'attirò a sé, di scatto, facendola sbattere contro il proprio corpo ormai bollente. «E non è certo questo il desiderio che ho represso a lungo.» Le sfuggì una protesta inarticolata. Lui si chinò, la catturò tra le labbra. Inspirò l'aria carica del suo respi-ro, la lasciò seminare zizzania dentro di sé, tranciando le redini che aveva imposto da tempo ai propri sensi. Permise a quella sensazione di invadere il suo control-lo, di spazzarlo via. Il suo sapore si diffuse dentro di lui, riportandolo con la velocità della luce alle loro not-ti di passione delirante. «Qualunque cosa tu odi di me, questo l'hai sempre amato.» Versò le parole nella sua bocca aperta per lo stupore, le labbra che scivolavano sulle sue, allargan-dole ancora di più, incapace di attendere per gettarsi nel suo calore e nella sua resa. «L'hai bramato. Le mie mani, il mio ardore, i miei piaceri. Anche se tutto il re-sto era finzione, questo era reale. Lo è ancora.» «Non è...» Le parole le inciamparono in gola non appena le loro labbra si incontrarono. Le sue tremaro-no per un breve istante, prima di incollarsi a lui. Era sempre stato così. Bastava un minimo contatto e si incendiavano, scatenando una reazione a catena che portava alla follia e all'estasi dell'insopprimibile biso-gno che avevano l'uno dell'altro. «Sì, Lujayn. È ancora così. Questo devastante biso-

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gno che si accende tra noi e che solo l'altro può appa-gare.» Le mancò il fiato, che andava a mescolarsi a quello di Jalal, abbandonandola in un gemito rotto di eccita-zione. Si arrese a lui, ma quando le loro lingue si in-trecciarono scoccando una scarica di piacere che scos-se entrambi i loro corpi, Lujayn sussultò, cercando di sfuggire a quell'intimità che si approfondiva vertigino-samente. Ma nel farlo gli morsicò il labbro, e il suo grugnito di piacere non fece altro che aizzare di nuovo la sua risposta, il corpo che involontariamente si arcua-va contro di lui, le labbra che si fondevano di nuovo, i sensi che vorticavano per avere di più. Jalal la fece indietreggiare fino alla parete più vici-na, si plasmò sulle sue curve, rispondendo alla sua ta-cita domanda con la propria. «Dimmi che anche tu la notte sei rimasta sveglia, bruciando per il desiderio di avermi di nuovo, di sfamarti di me. Dimmi che sei im-pazzita come sono impazzito io, ricordando tutto ciò che abbiamo condiviso dal primo momento che mi hai visto, che anche quando le tue parole dicevano altri-menti, tutto ciò che volevi davvero era che ti facessi mia, che appagassi la bramosia che ti rende folle.» Sollevò la testa, abbassò gli occhi su di lei per avere la conferma. Non c'erano dubbi: lei lo voleva ancora, non aveva mai smesso. Era lampante nel desiderio che le bruciava negli oc-chi, nello sgomento. Qualunque storia si fosse raccon-tata da quando l'aveva lasciato, la risposta esplosiva al-le sue avances l'aveva costretta ad affrontare la realtà. Fissandola negli occhi, Jalal la prese tra le braccia, e lei gli si aggrappò al collo, dando ulteriore prova del proprio consenso. Il cuore rischiò di esplodergli nel petto per il sollie-vo; si trattenne a stento dal correre, per deporla su un letto che solo in seguito si rese conto essere quello del-la suite matrimoniale.

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Si distese su di lei, bloccando le sue mani vaganti e facendole distendere le braccia sopra la testa, catturan-dole i polsi in una mano. Con l'altra le accarezzò il vi-so, il collo, le sfiorò i seni. Poi, sostenendo il suo sguardo appannato di desiderio febbricitante, si chinò su di lei, catturandole le labbra proprio mentre le sbot-tonava la giacca. Lujayn sussultò e girò la testa, quasi presa da un'im-provvisa timidezza, e i suoi baci le scivolarono sulla guancia vellutata. Quando lui le risucchiò il lobo dell'orecchio si inarcò, sfregando i seni rigonfi contro il suo petto, rabbrividendo per quel contatto elettriz-zante. Si staccò da lei per lasciare che fosse il suo sguardo a determinare l'azione successiva. Lei lo stava fissan-do, gli occhi che emettevano quegli scintillii ipnotici, il fiato corto, i capezzoli tesi sotto il reggiseno e la cami-cetta. La soddisfazione per quella risposta esplicita si in-tensificò ulteriormente quando gemette di disappunto perché lui si era messo seduto. Il suo sorriso la placò mentre si sfilava la giacca. Dopodiché, analizzando ogni virgola di espressione nell'eloquente profondità dei suoi occhi, con estrema, estrema lentezza cominciò a sbottonarsi la camicia. La sua calma le diede tutto il tempo e l'opportunità di reagire, se non avesse voluto andare oltre. E diede a lui il lusso di studiarla mentre lo ammirava nell'atto di esporle il proprio corpo. Il corpo che lei aveva venera-to per quattro anni, che aveva marchiato in maniera in-delebile in ogni centimetro. Jalal si godette ogni sfu-matura intanto che il desiderio e i ricordi le inondava-no gli occhi, incendiandoli, gonfiandole le labbra, macchiandole le guance. «Non è per questo che stavi bruciando?» Il suo cen-no d'assenso parve drogato, i suoi occhi si velarono mentre una tacita confessione le scuoteva il corpo vo-

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luttuoso, facendole tremare le labbra. Le liberò le ma-ni, le condusse su di sé, una sul cuore, l'altra sull'ad-dome che fremette per il bisogno. La invitò a vagare, gemendo a lungo, gutturale, non appena la sua mano lo accarezzò, lo palpò con tremante bramosia. Jalal sibilò il proprio tormento, incoraggiandola, la mente che si scioglieva alla pura potenza, al piacere di quel tocco tanto desiderato, e del suo ardore. «Sentilo, Lujayn. Prendi ciò che hai sempre voluto, divorami con la tua fame come hai sempre fatto, ya'yooni'l fed-deyah.» Al sentirlo usare uno dei suoi nomignoli preferiti, miei occhi d'argento, Lujayn sussultò. Il velo che li in-cupiva si addensò fino a renderli del colore del crepu-scolo in Zohayd. Le sfuggì un ansimo quando prese a esplorarlo con crescente audacia, e più e più volte si trasformò in un gemito. L'intenzione di Jalal di tor-mentarla fino a farla supplicare vacillò a ogni richiamo di sirena – svanì del tutto quando lei strinse gli occhi e un godimento simile a un'agonia le modellò i linea-menti al tenerlo finalmente in mano. Con un grugnito soffocato, Jalal le allontanò le ma-ni. Prima che si potesse distendere di nuovo su di lei, però, Lujayn sussultò, come risvegliata all'improvviso da una trance, e si scostò allarmata. «Jalal, dobbiamo fermarci...» Lui si irrigidì. «Dimmi perché.» «Patrick...» Prendendole la testa tra le mani, le fece riaprire gli occhi che aveva chiuso. «È morto. Tu e io non lo sia-mo. Ma non siamo neanche vivi: dimmi che sei riusci-ta a vivere davvero... senza questo...» Le catturò di nuovo le labbra sfregandosi contro di lei per dissolvere la tensione. «Dimmi che hai conosciuto un vero piace-re, un vero appagamento dopo di me. Dimmi che non mi desideri quanto io desidero te e me ne andrò.» La verità le balenò negli occhi, ma lei trovò la forza

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di protestare ancora. «Il desiderio non è tutto...» «È abbastanza.» Sprofondò le dita nel suo severo chignon, liberando i capelli corvini, affondando il viso in quella morbidezza. «È ciò che abbiamo, di cui ab-biamo bisogno, non possiamo resistervi.» Ma lei gli sollevò la testa per i capelli. «Non cam-bierà niente.» Così dicendo catturò la sua attenzione. Stava stabi-lendo dei termini per quell'incontro... Intendeva dire che sarebbe stato solo sesso? O che sarebbe successo una volta sola? Jalal rifiutò di cedere. «Invece sì. Farò in modo che questo bisogno ci svuoti l'anima. Ora ammettilo: muori dalla voglia di avermi come io muoio dalla voglia di a-vere te. Mi darai tutto come hai sempre fatto, e lascerai che ti dia tutto ciò per cui mi hai sempre supplicato, tutto ciò che abbiamo sempre condiviso.» Dopo un lungo momento, lei annuì. Poi, abbassando le ciglia a nascondere la propria espressione, attirò la sua bocca su di sé. Jalal ruggì il proprio sollievo dentro di lei mentre le lingue si intrecciavano di nuovo, duellando, pretenden-do, concedendo tutte le licenze di cui aveva bisogno, strappandogli il piacere come aveva sempre fatto, il fervore e l'audacia dell'uno che aizzavano quelli dell'al-tra, la bramosia e il calore e il sapore che nutrivano la linfa vitale. Mentre con una mano la teneva per i capelli come lei stava facendo con lui, con l'altra le sbottonò cami-cetta e gonna e le fece scivolare dalla sua pelle velluta-ta. Intanto Lujayn gli stava abbassando la cerniera e lui le slacciò il reggiseno. Ingoiò il suo gemito di sollievo quando i suoi seni furono liberi, sistemandosi su di lei e cominciando a sfregarsi fino a farla supplicare. «Ti prego, Jalal. Ti prego. Adesso, adesso!» Si staccò da lei il minimo indispensabile per toglier-le le mutandine, testarla con le proprie dita tanto da

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renderla frenetica. Lujayn si avvinghiò a lui, stringen-dogli le gambe sulla schiena, fremendo nella febbre di fondersi a lui. E Jalal si tuffò in lei. Lei urlò per lo shock di quell'invasione. La loro u-nione era sempre stata quasi impossibile da sopportare, il piacere troppo straziante. Si inarcò, scontrandosi con lui nell'irrazionale bisogno di essere posseduta. Sopraf-fatto, Jalal si gonfiò nel piacere liquido che era la sua essenza, grugnì il suo nome e si ritirò solo per sprofon-dare di nuovo, e di nuovo, andando sempre più a fondo con ogni spinta. Il suo ritmo la fece dondolare sotto di lui, suscitandole grida sempre più acute. Gli andò in-contro, intensificando i suoi movimenti, le sue richie-ste senza fiato che lo liberavano da qualsiasi limite l'a-vesse ancora trattenuto. Il loro accoppiamento fu primordiale, selvaggio. Si toccarono e morsero e spinsero nel più totale abbando-no, cancellando tutto ciò che non fosse il bisogno di placare gli spasimi che li avevano fatti impazzire, di bruciare in una conflagrazione di appagamento. La prima cresta dell'orgasmo lo colpì con la forza di un martello pneumatico. Lei si strinse a lui con tale forza che Jalal dovette staccare le labbra dalle sue per ruggire l'insopportabile picco di piacere. Poi lei cedette sotto di lui, bruciandolo con la scarica del proprio go-dimento, strappandogli il suo dalle profondità più re-condite. Gli parve che il corpo esplodesse per la forza dell'amplesso mentre si scaricava dentro di lei, con la sensazione di riversare in lei la propria stessa energia vitale. Finalmente l'estasi allentò la propria stretta inesora-bile e le grida strozzate di Lujayn si tramutarono in sussurrati mugolii mentre le ultime scariche scuoteva-no entrambi. Jalal si abbandonò sopra di lei, inconsapevole di al-tro che non fosse il suo corpo che lo accoglieva, il suo battito caotico che riecheggiava il proprio mentre i loro

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cuori si sforzavano di recuperare dallo sforzo. Forse dormì, o forse svenne. Per un minuto, per un'ora. Si rese conto soltanto di riprendersi con un sus-sulto mentre si trovava il corpo appesantito da un ec-cesso di appagamento. Poi un movimento sotto di sé lo scosse. Lujayn. Doveva averla schiacciata. Grugnì, e poi grugnì più forte per il fastidio della se-parazione, mentre si staccava riluttante da lei. Si chinò per baciarla, ma lei si scostò eloquentemente. Gli si strinse il cuore quando lei si tirò su e si mise a sedere sulla sponda del letto, i lunghi capelli arruffati, il corpo immobile e rigido. Stava per tendere una mano per accarezzarla quando lei si voltò e lo sguardo nei suoi occhi gli bloccò la te-nerezza sul nascere. E questo ancora prima che aprisse bocca. «Ti odio, Jalal. E non ho mai odiato nessuno. Quindi consideralo pure la convalida o l'addio o qualsiasi for-ma di sesso eri convinto che ti dovessi. Non succederà mai più.» Si alzò come un automa e nel giro di pochi secondi sparì nel bagno. Lui rimase a fissare la porta chiusa, il cuore che martellava, la mente che rimuginava. Era chiaro che aveva ancora il pieno possesso del suo corpo: se l'avesse seguita, lei non gli avrebbe resi-stito nemmeno quella volta. Ma il suo astio sembrava reale, e Jalal non aveva idea di cosa avesse fatto per guadagnarselo. Qualunque cosa lei pensava avesse fat-to, però, avrebbe potuto cambiare tutto, avrebbe potuto spiegare perché l'aveva lasciato. Era passata quasi un'ora quando lei uscì dal bagno radiosa, distante e vestita. Anche lui si era vestito; sa-peva bene che quell'interludio non si sarebbe ripetuto, perlomeno non finché non avesse capito cosa diavolo stava succedendo. Rimase immobile quando Lujayn si fermò davanti a

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lui, gli occhi del tutto privi di espressione. «Mi dispia-ce aver detto che ti odio: non è vero.» Il cuore di Jalal si sciolse dal nodo che era diventato, i pezzi rotti che si ricongiungevano insieme. Provò una calda sensazione mentre muoveva un passo verso di lei, ma quando Lujayn riprese a parlare quel calore si trasformò in gelo, le sue parole che lo abbattevano co-me un proiettile che abbatta un uccello in volo. «È ben peggio. Io odio me stessa quando sono con te. Odio quello che faccio, quello che penso, quello che sento. Quello che sono. Patrick mi ha fatto capire che sono migliore di così, che non dovrò mai più sentirmi così. Ero certa che non sarebbe successo di nuovo, ma tu sei come una malattia incurabile: basta una minima esposizione e ho una ricaduta. C'e solo un modo per e-vitare di essere infettata: non ti lascerò più avvicinare. Se ci proverai, te ne farò pentire.» La frustata di tanto odio lacerò la diga che aveva trattenuto la sua amarezza, dimenticata solo per poco. Si allontanò da lei, quasi volesse sfuggire quella co-cente delusione. «Come se non mi fossi già pentito di essere venuto qui e di essermi esposto di nuovo alla tua tossicità» si sentì ribattere Jalal. «Quindi risparmiami pure le tue minacce, Lujayn. Nevicherà nel deserto del-la mia retrograda regione prima che ti avvicini di nuo-vo.» Non solo rimpiangeva averla cercata, ma si sarebbe preso a calci per essere tanto stupido da non riuscire a odiarla, persino in quel momento, per aver ceduto alla propria debolezza, facendola sua proprio nel letto ma-trimoniale, e per non essere stato il primo a tornare in sé. Sulla porta si voltò e l'espressione che lesse sul suo viso gli incrinò il cuore: non solo lo odiava davvero, ma l'aveva sempre odiato. Era stata tutta una finzione, una recita. Dalle labbra gli fuoriuscì altro acido, l'unico scudo

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che riuscì a trovare contro le schegge ghiacciate del suo rifiuto. «Ti ringrazio, a proposito. Mi hai dato esat-tamente ciò che ero venuto a cercare: la certezza che non meriti un altro pensiero da parte mia. Ora posso cancellarti dalla mia memoria.» E a quel punto se ne andò, ma il sollievo che gli a-veva procurato quella replica tagliente stava già evapo-rando, lasciando il posto allo scoraggiamento. Perché era un'altra menzogna, perché anche se sapeva che niente di ciò che avevano condiviso era mai stato reale, era certo che il ricordo di lei non l'avrebbe mai lasciato in pace...

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- La volontà dello sceicco di Olivia Gates

Lujayn non aveva immaginato che lo sceicco Jalal potesse ritornare nella sua vita, non dopo che lo aveva lasciato in quel modo. La passione che ancora li anima li porta a condividere una notte indimenticabile, che presto viene oscurata dall'ombra di uno scandalo. DESERT KNIGHTS

- Milionario e tentatore di Day Leclaire

Moglie perfetta cercasi. Più facile a dirsi che a farsi per il milionario Lucius Devlin, meglio noto come il Diavolo. La soluzione, però, sembra a portata di mano. La sua segre-taria, Angie Colter. Oltre a vantare un ottimo curriculum, Devlin è convinto che nasconda curve mozzafiato.

di Tessa Radley

C'è solo un modo per definire il milionario Luke Garnier: sexy come il peccato. Haley Rollins lo ama fin dalla prima volta che lo ha visto, e lavorare per lui si sta rivelando una vera tortura. Quando Luke le chiede di sposarlo per soddisfare una clausola testamentaria, lei...

- Il desiderio di San Valentino

Non c'è rosa senza spine, e l'archistar Nick lo sa perfetta-mente. Ecco perché fin dal primo momento nutre forti so-spetti sull'innocenza della nuova tata, Candace Morrison. È troppo perfetta e maledettamente sexy. Non deve entrare nel suo letto, ma se è lei a invitarlo... AFFARI MILIONARI

- Nel letto dell'erede di Kathie DeNosky

1995

1996

1997

1998

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- La passione dello sceicco di Olivia Gates

Rashid l'Oscuro sa di essere destinato a governare l'A-zmahar. Per forzare la mano al fato decide di sposare Laylah Aal Shalaan, principessa di sangue reale. Ma non aveva previsto che la luce di Laylah riuscisse a penetrare le tenebre del suo passato. DESERT KNIGHTS

- L'onore del milionario di Catherine Mann

Hank conosce tutto quel che c'è da sapere su Gabrielle, e senza averla mai toccata. Lei è la donna del suo migliore amico e quindi è off limits. Ma quando le carte in tavola cambiano, la volontà di conquista diviene più forte dell'onore e dell'amicizia. HARMONY DESTINY 2000

di Andrea Laurence

Il milionario e regista Anthony Price è abituato a ottenere ciò che vuole, sia sul set che in camera da letto. Quando è costretto a prendersi cura della nipotina capisce che quel che gli manca davvero è una moglie. Peccato che Charlotte abbia appena presentato domanda di divorzio.

- Desiderio inaspettato

Alexander Stanton crede fermamente nella sacralità delle avventure di una notte. Nessuna donna è mai riuscita a re-sistergli e il disinteresse che Gwen Wright dimostra nei suoi confronti è uno smacco che non riesce a dimenticare. Ma quando la seduzione diviene più forte della vendetta...

- Seduzione a Hollywood di Jules Bennett

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Cadere tra le braccia di Lord Stephen Fitzwaring è come scivolare in un oscuro tunnel di passione e sensualità. Lo sa bene Delphine, che nell’indimenticabile notte trascorsa con lui scopre un mondo sconosciuto e sconvolgente. Ma l’alba del nuovo giorno squarcia il velo dell’incantesimo, lasciandola di fronte a una drammatica, cruda realtà: ormai è una donna rovinata...

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