Vertigine e verità Henri Maldiney nel segno di Heidi di Rosanna ...

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Kaiak. A Philosophical Journey, 2 (2015): Apocalissi culturali 1 Data di pubblicazione: 14.03.2016 Vertigine e verità Henri Maldiney nel segno di Heidi di Rosanna Gangemi À LCR, ma pensée en marche, ma pensée en marge Introduzione Da quando sono state «inventate» 1 , le Alpi non hanno più smesso di essere oggetto di meditazione. A lungo inaccessibili prima di tutto per ragioni morali, è solo alla fine del Medio Evo che la montagna conquista l’immaginario europeo: mentre il «terribile» si fa «sublime» 2 , l’estetica della dismisura, il gusto della conquista e l’interesse scientifico la rendono un imprescindibile paesaggio d’affezione. Filosofo maggiore del nostro tempo dal vasto campo d’interessi, Henri Maldiney (1912- 2013) 3 testimonia nella sua riflessione fenomenologica della portata fondamentale dell’alta montagna nello studio dell’esistenza, contribuendovi al contempo con preziosa originalità 4 . A tal proposito, una precisazione biografica s’impone: Maldiney fu un uomo dello sguardo, certo, ma anche un valente sportivo; sotto la sua spessa camicia a quadrettoni, si cela un grande camminatore 5 e un indomito alpinista, uso alle altezze e a padroneggiare il proprio respiro, e che conserva della sua esperienza delle vette un suggestivo lessico fatto di «prese», di «ascensioni», di «orizzonti», di «respirazioni». Come per Primo Levi, la montagna è la chiave di tutto: è un cammino pensante e liberatorio, dove cercare risposte impossibili altrove, e dove, nell’esercizio del rischio, misurarsi con la propria forza e, naturalmente, la propria caducità. Ma anche, nel caso di Maldiney, dove trarre la grande metafora dell’esperienza dell’arte, il più sensibile ed enigmatico degli incontri. Tra gli scritti più apertamente consacrati a questo tema, è “Montagne” che emerge, capitolo secondo dell’opus Ouvrir le rien, l’art nu 6 , tradotto in italiano direttamente con il nome della cima in questione, “Cervino” 7 - e non è affatto un caso, come vedremo nella prima parte di questo contributo. All’originario “Montagne” e a “Cervino”, è stata affiancata la lettura di alcuni capitoli della raccolta Regard Parole Espace, di cui, in particolare, “Le faux dilemme de la peinture : Abstraction ou Réalité”, corroborata da alcune erranze tra altri scritti di Maldiney e di altri autori. Se tutte le riflessioni attraversate partecipano di un processo dalle formulazioni più diverse di una medesima preoccupazione esistenziale del filosofo, il perdurare nel tempo di 1 Il riferimento è a P. JOUTARD, L’invention du Mont Blanc, Gallimard, Parigi 1986. 2 Cfr. G. PROUTEAU, “L’Homme aux prises avec la nature”, in Anthologie des textes sportifs de la littérature, Éditions Défense de la France, Parigi 1948, p. 131. 3 Il presente contributo trae origine dal seminario su “Le faux dilemme de la peinture : Abstraction ou Réalité”, tenutosi nell’Autunno del 2015 all’Università “Lille 3”. Se sono diventata lettrice di Henri Maldiney, lo devo ad Anne Boissière. 4 Malgrado ciò, il testo è raramente menzionato nelle bibliografie degli studi a carattere filosofico sulla montagna. 5 V. fig. 1. 6 Maldiney aveva già evocato l’apparizione del Cervino in “L’art et le pouvoir du fond”, in Regard Parole Espace, L’Âge d’Homme, Losanna 1973, pp. 178-179. 7 H. MALDINEY, Cervino, trad. di M. Del Ranco, postfazione di C. Colangelo, Tararà, Verbania 2002.

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Kaiak. A Philosophical Journey, 2 (2015): Apocalissi culturali

1 Data di pubblicazione: 14.03.2016

Vertigine e verità

Henri Maldiney nel segno di Heidi

di Rosanna Gangemi

À LCR,

ma pensée en marche,

ma pensée en marge Introduzione

Da quando sono state «inventate»1, le Alpi non hanno più smesso di essere oggetto di

meditazione. A lungo inaccessibili prima di tutto per ragioni morali, è solo alla fine del Medio

Evo che la montagna conquista l’immaginario europeo: mentre il «terribile» si fa «sublime»2,

l’estetica della dismisura, il gusto della conquista e l’interesse scientifico la rendono un

imprescindibile paesaggio d’affezione.

Filosofo maggiore del nostro tempo dal vasto campo d’interessi, Henri Maldiney (1912-

2013)3 testimonia nella sua riflessione fenomenologica della portata fondamentale dell’alta

montagna nello studio dell’esistenza, contribuendovi al contempo con preziosa originalità4. A

tal proposito, una precisazione biografica s’impone: Maldiney fu un uomo dello sguardo,

certo, ma anche un valente sportivo; sotto la sua spessa camicia a quadrettoni, si cela un

grande camminatore5 e un indomito alpinista, uso alle altezze e a padroneggiare il proprio

respiro, e che conserva della sua esperienza delle vette un suggestivo lessico fatto di

«prese», di «ascensioni», di «orizzonti», di «respirazioni».

Come per Primo Levi, la montagna è la chiave di tutto: è un cammino pensante e liberatorio,

dove cercare risposte impossibili altrove, e dove, nell’esercizio del rischio, misurarsi con la

propria forza e, naturalmente, la propria caducità. Ma anche, nel caso di Maldiney, dove trarre

la grande metafora dell’esperienza dell’arte, il più sensibile ed enigmatico degli incontri.

Tra gli scritti più apertamente consacrati a questo tema, è “Montagne” che emerge, capitolo

secondo dell’opus Ouvrir le rien, l’art nu6, tradotto in italiano direttamente con il nome della

cima in questione, “Cervino”7 - e non è affatto un caso, come vedremo nella prima parte di

questo contributo.

All’originario “Montagne” e a “Cervino”, è stata affiancata la lettura di alcuni capitoli della

raccolta Regard Parole Espace, di cui, in particolare, “Le faux dilemme de la peinture :

Abstraction ou Réalité”, corroborata da alcune erranze tra altri scritti di Maldiney e di altri

autori. Se tutte le riflessioni attraversate partecipano di un processo dalle formulazioni più

diverse di una medesima preoccupazione esistenziale del filosofo, il perdurare nel tempo di

1 Il riferimento è a P. JOUTARD, L’invention du Mont Blanc, Gallimard, Parigi 1986.

2 Cfr. G. PROUTEAU, “L’Homme aux prises avec la nature”, in Anthologie des textes sportifs de la littérature,

Éditions Défense de la France, Parigi 1948, p. 131. 3 Il presente contributo trae origine dal seminario su “Le faux dilemme de la peinture : Abstraction ou Réalité”,

tenutosi nell’Autunno del 2015 all’Università “Lille 3”. Se sono diventata lettrice di Henri Maldiney, lo devo

ad Anne Boissière.

4 Malgrado ciò, il testo è raramente menzionato nelle bibliografie degli studi a carattere filosofico sulla

montagna. 5 V. fig. 1.

6 Maldiney aveva già evocato l’apparizione del Cervino in “L’art et le pouvoir du fond”, in Regard Parole

Espace, L’Âge d’Homme, Losanna 1973, pp. 178-179.

7 H. MALDINEY, Cervino, trad. di M. Del Ranco, postfazione di C. Colangelo, Tararà, Verbania 2002.

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2 Data di pubblicazione: 14.03.2016

questa problematica si traduce anche nella continuità, che sia esplicita o surrettizia, della

presenza della montagna8.

Infine, nella seconda parte, che funge anche da conclusione, presenteremo un’opera - per la

precisione, un prodotto della cultura visiva di massa dello scorso millennio -, letta alla luce

delle considerazioni proposte.

1. Vertigine

L’existence est rare. Nous sommes constamment,

mais nous n’existons que quelquefois,

lorsqu’un véritable événement nous transforme.9

La platitude d’abord ayant été dite,

la verticalité de l’herbe nous ressuscite.10

“Montagne” è appena il secondo capitolo di Ouvrir le rien, l’art nu. A un primo sguardo,

ci si potrebbe stupire che un’opera, interamente consacrata all’arte, debutti con delle pagine

all’insegna della montagna. La migliore risposta è ovviamente nel testo, ma un aiuto ci arriva

da Jean-Pierre Charcosset, e precisamente dal suo intervento del Dicembre 2014 al seminario

su Henri Maldiney organizzato a Parigi all’ENS: «Per essere più cattivo - ha affermato -,

potrei pretendere che non si capisce niente del pensiero di Maldiney senza questo riferimento

alla montagna»11

. Allora “Montagne”, quale avvio di una delle sue ultime opere, non è che

l’inizio della fine. E l’inizio, per Maldiney, «non ha né partenza né arrivo, l’inizio è

un’origine, esso stesso non può porre un limite»12

. E d’altronde, il capitolo in questione è

preceduto da “Originarité de l’œuvre d’art” che, nella sua ultima pagina, ci apre il cammino

verso la Montagna, intesa quale forma di «motivo» (nel senso di motivus, che muove), non di

spettacolo della Natura13

.

Se da un punto di vista topografico, il Cervino, che fa parte delle Alpi italo-svizzere, ha «una

testa quadrata, tagliata a picco»14

, dalla forma riconoscibile fra tutte, e per tale ragione fonte

d’ispirazione artistica15

, ma anche regolarmente impiegata a fini pubblicitari16

, da un punto di

vista del paesaggio nel senso che Erwin Straus e Maldiney attribuiscono al termine, la

montagna è una forma assoluta, e il Cervino è senza dubbio un «extremum che inghiotte tutta

8 Concentrandosi sulla questione cruciale del “ritmo”, Maldiney ebbe a dire: “ce qu’il en est du rythme, je l’ai

appris du Verdon”. In “L’esthétique des rythmes” (pr. ed. 1967), in Regard Parole Espace, op cit., p. 158.

9 Quest’affermazione di Maldiney è tratta da La poésie d’André du Bouchet ou la “genesis spontanea”.

Entretien avec Michaël Jakob, in “Archives de Philosophie”, Tome 74, 2011/3, Centre Sèvres, Parigi, pp. 457-

468, pubblicato su http://www.cairn.info/revue-archives-de-philosophie-2011-3-page-457.htm (consultato il

12.12.2015). Questo colloquio è apparso inizialmente con il titolo La poésie d’André du Bouchet ou la genèse

spontanée in “Compar(a)ison”, n. 2, 1999, Peter Lang, Amsterdam, pp. 5-16. 10

In F. PONGE, La fabrique du pré, Skira, Ginevra 1971, p. 230.

11

Mia traduzione. Le note dell’intervento, dal titolo Henri Maldiney : L’homme et la montagne, sono

disponibili all’indirizzo http://www.henrimaldiney.org/sites/default/files/imce/lhomme_et_la_montagne.pdf

(consultato il 09.12.2015).

12

Mia traduzione. In N. MEGUERDITCHIAN, R. BRUNOT, M. CHARCOSSET, Les dits du matin calme. Henri

Maldiney, dernières rencontres, Association internationale Henri Maldiney, Parigi 2014, p. 94.

13

In H. MALDINEY, “Originarité de l’œuvre d’art”, in Ouvrir le rien, l’art nu, op. cit., p. 28.

14

Mia traduzione. In H. MALDINEY, “Montagne”, ivi, p. 47.

15

A titolo esemplificativo, menzioniamo l’opera della giovane artista svizzera Sophie Brasey, Sans-Titre #08,

della serie “Artefact”. V. fig. 2.

16

Un esempio concreto ci è fornito dal logo del cioccolato Toblerone: la cima rappresentata è il Cervino.

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3 Data di pubblicazione: 14.03.2016

la serie»17

di ciò che la montagna può essere, forma in formazione («Gestaltung») - una forma

è un campo di tensioni, vale a dire un ritmo -, di cui il nome tedesco Matterhorn prova a dirci

qualcosa dell’acuità del suo «apparire», mentre dispiega una prima dicotomia da rilevare. Se

Horn vuol dire «corno», e Maldiney ce lo suggerisce direttamente18

, a sua volta Mattern vuol

dire «prato»: ecco il corno che spunta dai prati, per cui qualcosa di molto appuntito si eleva al

di sopra di una superficie molto piatta19

. Si può quindi cominciare a osare affermare che qui il

Cervino ha valore di «modello» anche in relazione all’opera d’arte, nel senso che ha valore

d’eccezione. Maldiney ce lo presenta così: Celui qui dans une échancrure de la vallée de Zermatt ou bien de Staffelalp aperçoit le Cervin pour

la première fois ne se trouve pas brusquement devant un bloc de pierre ou un accident de terrain. À

vrai dire, il ne l’aperçoit pas : le Cervin apparaît. Tout à coup il est là à surgir, ouvrant l’espace.20

Che cosa significa? Il filosofo lo spiega appena dopo. Essere lì e apparire sono dei termini che

normalmente si oppongono, «come lo stabile e il movente». Ma qui, «coincidono». E questo

perché la montagna non è localizzata nello spazio: essa «è il suo spazio»21

. E questa forma in

apparizione «fa un tutt’uno con l’apertura dello spazio e del tempo. Questi si aprono con essa,

in essa»22

. Poiché «non c’è da distinguere, neanche in essa, un fondo soggiacente e

un’essenza apparente. […] La sua manifestazione le è consustanziale»23

.

E sempre sull’apparire, vale la pena di riportare questo racconto.

Un jour, dans les Alpes […] mon ami Tal-Coat se trouvait sur le sentier, ne nous ayant pas suivis...

Il rencontra un homme, un paysan de la Vallouise, vieux chasseur de chamois, qui se mit à lui

parler de la chasse en montagne et de son moment le plus bouleversant : l’apparition d’un chamois

entre ciel et terre, à la crête ou au col. « On ne l’a pas vu venir. Tout à coup il est là. Comme un

souffle. Comme un rien. Comme un rêve. »24

E tutto il commento che segue permette a Maldiney di tratteggiare ciò che sarà esplicitato in

“Montagne”: «Lo spazio stesso della montagna è il “tra” nella cui sola apertura il cielo e la

terra e il loro intervallo hanno accesso a sé»25

.

Quel che vi è di straordinario qui, in questo momento di apertura in cui «ci sorprendiamo ad

essere»26

- alla fine del testo Maldiney arriverà a parlare di «miracolo»27

- è senza dubbio

percepito, prima di essere capito. Uno dei termini a cui Maldiney ricorre più frequentemente -

forse tratto dall’etnologo e filosofo tedesco Leo Frobenius -, è quello di «saisissement», il

cogliere, l’afferrare, che è lo stadio che precede il momento in cui l’uomo si appoggia sulle

sue rappresentazioni. Tutto ciò che si compie ha a che fare con la sor-presa e non può che

compiersi sui toni dell’accoglimento: «Ogni quadro è un evento; e lo è nella misura in cui ci

17 Mia traduzione. In H. MALDINEY, “Montagne”, in Ouvrir le rien, l’art nu, op. cit, p. 32.

18

Ivi, p. 47.

19 Il toponimo Cervino potrebbe venire dal latino cervus: in questo caso, vi sarebbe un’allusione alle corna del

cervo, da dove il possibile legame con l’horn del nome tedesco Matterhorn. Potrebbe ugualmente derivare

dalla forma dialettale franco-provenzale Servin, da Mons Silvanus (monte delle foreste), ritrascritto da Horace-

Bénédict de Saussure con una “c” che l’ha reso Cervino, facendo credere agli italiani che fosse questione di

cervi. Nomen omen, dunque, visto che perfino il nome resta «inafferrabile».

20 In H. MALDINEY, “Montagne”, in Ouvrir le rien, l’art nu, op. cit., p. 31.

21

Mia traduzione. Ivi, p. 34.

22 Mia traduzione. Ibidem.

23

Mia traduzione. Ivi, p. 37. 24

In H. MALDINEY, Penser l’homme et la folie. À la lumière de l’analyse existentielle et de l’analyse du destin,

Jérôme Millon, Grenoble 1991, pp. 200-201.

25 In H. MALDINEY, Cervino, op. cit., p. 17.

26

Mia traduzione. Ivi, p. 49.

27 Ibidem.

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4 Data di pubblicazione: 14.03.2016

offre una sorpresa»28

. Ma l’accoglimento del mondo nella dimensione del sentire non può

apparire che come “lacerazione” nel tessuto delle nostre rappresentazioni, attraverso cui può

fare irruzione l’inatteso. Lasciamo la parola a Maldiney:

[…] l’événement d’une sensation dans sa proximité est un avènement de tout le fond du monde,

comme lorsqu’au détour d’une rue, un visage, une flaque de soleil sur un mur ou le courant du

fleuve, déchirant tout d’un coup la pellicule de notre film quotidien, nous font la surprise d’être et

d’être là.29

È su questo stupore che deve basarsi la pittura di paesaggio, se vuole superare la semplice

restituzione di un motivo30

. Qui il paesaggio non è considerato come ciò che va rappresentato

o come la rappresentazione di un’estensione del paese, come un sito («Un sito si visita.

“Visitare un paesaggio” è un non-sense»31

), ma come l’esperienza costantemente rinnovata

dei sensi. Noi sappiamo anche che, lettore attento di Straus, Maldiney privilegia lo spazio del

paesaggio interiore; ma vi sono, tra i paesaggi, dei luoghi che sono degli alti luoghi. Questo

vale anche per le cime particolarmente care al filosofo, a cominciare dal Cervino. Che è

primo, certo, in rapporto allo spazio geografico, ma non solo: ciò che qui viene affermato è

che lo spazio della montagna è, potremmo dire, paesaggio emblematico e peculiare insieme:

«Nel paesaggio ci scordiamo di noi. L’apparizione del Cervino, al contrario, ci strappa

all’oblio»32

.

Quand surgit le Cervin, de la Riffelalp ou d’un tournant de la route du Breuil, surtout quand une

nappe de brumes en suspens le sépare du sol sous nos pas, il ne surgit précisément pas de cette alpe

ou de ce tournant, mais sans aucune perspective […]. L’espace du Horn « s’espace » lui-même

dans sa propre diastole à même l’ouvert sans distance du ciel ; mais simultanément il est lui-même

le recueil de son expansion.33

Se ciò che chiamiamo “paesaggio” è il momento in cui un luogo appare all’individuo, si

suppone fra questi uno scambio autentico, e quindi una capacità di stupore che apra a un ritmo

comune ai due. È in questo passaggio dal sentire al percepire che soggetto e mondo ritrovano

la loro unione costitutiva primordiale che qui appare come paesaggio. Questo ci conduce a

una riflessione sulla creazione artistica e poetica in Maldiney quale invenzione d’una forma -

l’opera è la via34

-, di uno stile sempre legato alle proprie origini da un corpo «nucleo

sintetico» composto di una «sedimentazione di esperienze arcaiche saturanti l’infanzia»,

«poiché porta nella sua memoria oscura il ricordo di tutto ciò che è stato vissuto

collettivamente e personalmente», come suggerisce il suo vecchio allievo Claude-Louis

Combet35

.

Questa riflessione apre la via ad altre dualità in Maldiney. Ancora in Regard Parole Espace:

Si l’apparaître du Cervin dans une inapprochable proximité est si révélateur de l’apparaître de

l’image, c’est parce que il se trouve en même temps dans un inéloignable éloignement. […] Ainsi

28 In H. MALDINEY, “Le faux dilemme de la peinture : abstraction ou réalité” (pr. éd. 1953), in Regard Parole

Espace, op. cit., p. 37.

29 In H. MALDINEY, “L’esthétique des rythmes”, ivi, p. 152.

30

Cfr. M. DA PENHA VILLELA-PETIT, L’épreuve de la rencontre. Regard Parole Espace d’Henri Maldiney, in

“Revue de Métaphysique et de Morale”, 82 année, n. 2, avril-juin 1977, Armand Colin, Parigi, pp. 261-281.

31 Mia traduzione. In H. MALDINEY, “Montagne”, in Ouvrir le rien, l’art nu, op. cit., p. 40.

32

Mia traduzione. In H. MALDINEY, “Le vide”, ivi, p. 53.

33 In H. MALDINEY, “L’art et le pouvoir du fond”, ivi, p. 178.

34

Maldiney sposa l’affermazione di Paul Klee, «Werk ist Weg».

35 Mia traduzione. In C.-L. COMBET, Stèle pour un homme à hauteur de son mythe, “Dossier Henri Maldiney”,

in “L’Atelier contemporain”, n. quatre, automne-hiver, 2001.

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5 Data di pubblicazione: 14.03.2016

se présente, libre du souci, l’œuvre d’art.36

Si tratta qui di tensione prossimo-lontano, ma anche di raccolta e dispiegamento, di pieno e

vuoto, poiché nella sua ascensione, la montagna, facendosi forma, dandosi luogo, apre il

vuoto37

.

E ancora una citazione in piena sintonia con ciò:

Dans l’immédiate proximité d’un sommet de montagne, on ne grimpe plus que très peu. Mais le

sommet s’élève abrupt, allant jusqu’à s’isoler totalement de ce qui l’environne, jusqu’à la totale

inaccessibilité.38

Sono le parole di Oskar Becker, nome che attraversa “Montagne”. Non è improbabile che sia

stato questo passaggio a portare il filosofo a considerare il Cervino nel suo manifestarsi con la

qualificazione di «abrupt»39

, cioè brusco, ripido, scosceso, che scuote e serba un pericolo.

L’apparire sembra ugualmente essere sotto il segno di altri tre aggettivi: «nudo»40

, «puro»41

e

«assoluto»42

. In quanto impulso ritmico, «stasi unica d’esaltazione e di ritiro»43

, la montagna

si dà in «un puro getto»44

. Torniamo dunque a certi concetti chiave del filosofo: il «sentire», il

«patico» quale apertura al mondo e all’essere. Occorre cogliere attraverso il pensiero il senso

di ciò che abbiamo prima di tutto sentito. Se il patico non ci fa conoscere nulla, ci fa però

sentire l’esistenza, il nostro «esistere». A tal proposito, pur non mancando d’ironia, le pagine

che nel “faux dilemme de la peinture”45

trattano della condizione dell’esperienza del turista e

dell’alpinista in montagna sono molto eloquenti. Proseguiamo. Ancora due concetti sostanziali da circoscrivere: quello di «verticalità» e quello

di «altitudine». Per ciò che è della verticalità, Maldiney si pronuncia così: «Le Cervin se retire

de tous ses signes […]. Il se donne dans son don le plus fort en apparaissant dans son signe le

plus faible […] : dans son disparaître. C’est l’extremum de la verticalité.».46

È nel suo ritirarsi

che ci attira. È il segreto dell’Altitudine47

, il Ritmo della montagna48

:

Le sens de l’Altitude n’a pas affaire avec l’estimation mathématique des grandeurs. Il est d’ordre

esthétique, lié au ressentir. La révélation de l’Altitude et de la signifiance ouverte en elle ne dépend

pas de la hauteur d’une paroi, mais de son élévation absolue...49

E se ci accade di «tenere l’essere», di assumere la nostra verticalità, per l’autore è prima di

tutto e soprattutto nello stupore, che definisce come «momento esclamativo della sorpresa»50

.

Ma colui che si attacca alla parete, trovando quindi delle «prese», si espone, secondo una

36

In H. MALDINEY, “L’art et le pouvoir du fond”, in Regard, Parole, Espace, op. cit., p. 179. 37

In H. MALDINEY, “Montagne”, in Ouvrir le rien, l’art nu, op. cit., p. 47. 38

In O. BECKER, La fragilité du beau et la nature aventurière de l’artiste - une recherche ontologique dans le

champ des phénomènes esthétiques, trad. di J. Colette, in “Philosophie”, n. 9, hiver 1986, pp. 43-44. 39

In H. MALDINEY, “Montagne”, in Ouvrir le rien, l’art nu, op. cit., p. 43. 40

Del Cervino, Maldiney scrive di seguito: «Ce qui de lui nous aborde, dans le saisissement, c’est sa présence

nue». Ivi, p. 31. 41

«L’apparition du Cervin est un phénomène pur», ivi, p. 36, p. 39. 42

«À cet instant apertural la présence du Cervin est absolue», ivi, p. 34. 43

Mia traduzione, ivi, p. 47. 44

Mia traduzione, ivi, p. 45. 45

In H. MALDINEY, “Le faux dilemme de la peinture : Abstraction ou Réalité”, in Regard Parole Espace, op.

cit., pp. 46 - 47. 46

In H. MALDINEY, “Montagne”, in Ouvrir le rien, l’art nu, op. cit., p. 48. 47

Ivi, p. 47. 48

Si veda la postfazione di C. COLANGELO in H. MALDINEY, Cervino, op. cit., p. 70. 49

In H. MALDINEY, “Montagne”, in Ouvrir le rien, l’art nu, op. cit., p. 45. 50

Ivi, p. 41.

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6 Data di pubblicazione: 14.03.2016

formula a cui Maldiney fa frequentemente ricorso, «al pericolo dello spazio». La forma di uno

di questi pericoli concerne lo spazio della Vertigine51

.

Quand l’œil vient à plonger dans un abîme, on a le vertige… ce qui vient de l’œil autant que de

l’abîme. De même l’angoisse est le vertige de la liberté ; la liberté plongeant alors dans son propre

possible saisit à cet instant la finitude et s’y accroche. Non si tratta di Maldiney, ma di Søren Kierkegaard

52: i due - in “Montagne” attraverso il

riferimento alla «sfida-disperazione» dell’alpinista53

-, non hanno mai smesso di dialogare.

La prima risposta all’abisso è quindi l’apertura al caos. Non c’è più data la certezza di essere

al centro di un orizzonte che si muove con noi54

. E dopo la sorpresa subentra l’interrogazione,

perfino l’angoscia, perché «non c’è una porzione di spazio che si possa cogliere in flagrante

delitto d’essere lì»55

. Ma la montagna «integra» la vertigine56

, poiché nella sua apparizione

ogni costituente di tale forma partecipa della sua indivisibile onnipresenza ritmica57

. Di

conseguenza, la seconda risposta all’abisso è il ritmo: la «Gestaltung» ci salva dalla

confusione e dalla paura, in quanto «lo spazio unitario e unico della montagna ci è aperto

realmente»58

. Nella pienezza dell’essere, il pericolo cammina con la grazia dell’impossibile59

.

2. Verità

Si j’ai inscrit la Visibilité

sur ma liste de valeurs à préserver,

c’est pour mettre en garde contre le danger

que nous courons de perdre

une faculté humaine fondamentale :

la vision nette les yeux fermés,

le pouvoir de faire jaillir

couleurs et formes d’un alignement de lettres noires

sur une page blanche,

l’aptitude à penser par images.60

Komm! ins Offene!

Viens ! dans l’Ouvert !61

Onorare la forza e l’ampiezza della filosofia dell’esistenza di Maldiney può suscitare degli

accostamenti ardimentosi. Tanto più che non è certo cosa semplice reperire il momento patico

concretizzato nello spazio “pittorico”, così come l’alpeggio, in un’unica forma estetica. Se poi

51

Ivi, p. 40.

52 In S. KIERKEGAARD, Le concept de l’angoisse, Gallimard, Paris 1935, p. 90.

53

In H. MALDINEY, Cervino, op. cit., p. 13.

54 In C. COLANGELO, in H. MALDINEY, Cervino, ivi, p. 63.

55

In H. MALDINEY, “Montagne”, in Ouvrir le rien, l’art nu, op. cit., p. 41.

56 Ibidem.

57

Ivi, p. 42.

58 Ivi, p. 41.

59

Ivi, p. 49.

60 In I. CALVINO, Leçons Américaines, trad. di Y. Hersan, Gallimard, Paris 1989, p. 149.

61

In F. HÖLDERLIN, Der Gang aufs Land. An Landauer, poesia evocata da Maldiney nel suo inizio in versione

originale così come in francese (Promenade à la campagne) alla p. 148 di Regard Parole Espace, op. cit.

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7 Data di pubblicazione: 14.03.2016

si aggiunge perfino la Svizzera co-patria del Cervino, la risposta non può che essere Heidi62

, o

dell’eterna presenza della nostra infanzia, ma anche dell’infanzia dell’umanità.

Il primo cartone animato tratto dal libro della letterata della Svizzera tedesca Johanna Spyri è

stato realizzato nel 1974 da Isao Takahata, affiancato da Hayao Miyazaki - altri ne sono

seguiti, ma questa prima trasposizione resta la più riuscita per una serie di ragioni che

meriterebbero un contributo a parte. Tanto il romanzo che le serie televisive d’animazione

hanno goduto e per certi versi godono ancora di un successo mondiale così come di una certa

attenzione intellettuale63

.

La sequenza funzionale al nostro dire, fa parte dell’episodio 25 di Heidi64

: durante la sua

scolarizzazione “forzata” a Francoforte, la protagonista si mostra capace di vedere come agli

altri non è dato, rinchiusi come sono nel loro piccolo mondo di codici e oggetti, prevedibile

perché ristretto. Ecco ancora una dicotomia da rilevare: da un lato, la Germania dell’ordine

borghese e del ritmo umano accelerato dalla seconda rivoluzione industriale, con la

meccanizzazione da cui Maldiney mette in guardia nel “faux dilemme de la peinture”;

dall’altro, il mondo atavico, libero e vagamente selvaggio delle Alpi svizzere. D’altronde, i

cittadini, i rappresentanti di questa società moderna mancanti della sensazione - da dove la

deficienza del patico, da cui deriva il patologico, che si misura con la mancanza dell’evento e

dell’incontro -, arrivati sull’alpe, che appare loro all’improvviso, sono stupefatti, e

“respirano”, per dirla con Cézanne, «la verginità del mondo»65

.

La piccola Heidi, nonostante il suo penchant per Clara, vorrebbe ritornare ai suoi amati

pascoli, dove abita, o meglio abitava. Ma attenzione, non si tratta di protezione: piuttosto,

coerentemente con l’idea di abitare di Maldiney, per «darsi non una copertura, ma

un’apertura»66

. Che è apertura all’indicibile. Di seguito la sequenza in questione tratta dal romanzo di Johanna Spyri.

[…] quand Monsieur le candidat était en train de les décrire [les lettres de l’alphabet] pour les lui

fixer dans la mémoire, ces comparaisons, au lieu de lui rappeler la forme des lettres, éveillaient en

elle les images les plus inattendues ; par exemple, s’il venait à parler d’une petite corne ou d’un

bec, Heidi ne manquait jamais de s’écrier toute joyeuse : « C’est une chèvre ! » - ou bien : « C’est

l’épervier ! » […]67

Ecco che la Verità passa per lo stupore - l’aletheia, ἀλήθεια, la verità attraverso la rivelazione,

il dispiegamento, lo svelamento: l’irruzione del non previsto nel quotidiano suscita «la

62 La prima edizione fu pubblicata da Perthes a Gotha nel 1880. Il titolo originale, Heidis Lehr-und

Wanderjahre, rimanda al Wilhelm Meisters Lehrjahre di Goethe, su cui fu forgiato il termine Bildungsroman, e

al Wilhelm Meisters Wanderjahre oder die Entsagenden. Heidi s’inscrive quindi nella grande tradizione tedesca

del romanzo di formazione. 63

Una riflessione di tutto interesse la dobbiamo a I. NIÈRES-CHEVREL, Relire Heidi aujourd’hui. La Suisse

entre culture ancestrale et modernité, in “Strenæ” 2 | 2011, su https://strenae.revues.org/266 (consultato il

15.12.2015). A riprova della “modernità” del personaggio, nel 2014 l’editrice giapponese Kaisei-sha Bunko

pubblica una nuova edizione del romanzo; nel 2015 esce in sala il lungometraggio di Alain Gsponer, Heidi. 64

Il passaggio in questione è all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=Ixvgz6qfU8Q, 05’:51” - 08’:00”

(consultato il 03.12.2015), episodio 25, “Les petits pains”. V. fig. 3.

65

In H. MALDINEY, “Le faux dilemme de la peinture : abstraction ou réalité”, in Regard Parole Espace, op. cit.,

p. 17.

66

Mia traduzione. In N. MEGUERDITCHIAN, R. BRUNOT, M. CHARCOSSET, Les dits du matin calme. Henri

Maldiney, dernières rencontres, op. cit., p. 94.

67

In J. SPYRI, Heidi. Une histoire pour les enfants et pour ceux qui les aiment, ch. VIII, “Il y a de l’agitation

dans la maison Sesemann”, La Bibliothèque électronique du Québec, 1979, p. 177. Su

http://beq.ebooksgratuits.com/vents/Spyri-Heidi.pdf (consultato il 13.12.2015). Edizione francese di

riferimento: Heidi, H. Georg, Libraire-Éditeur, Basilea/Ginevra 1882.

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sorpresa della Realtà»68

, e ciò che non ci si attendeva, appena apparso e «da sempre già là»69

,

trasporta la protagonista «verso un qualche altrove», e «quest’astrazione fa tutt’uno con la sua

realtà»70

.

Nel gioco di forze tra Natura e Cultura, Heidi imparerà a leggere e a scrivere, certo, ma prima

di tutto comunica con il come lei è presente alle cose e la maniera in cui le cose le sono

presenti.

Infine, il testo in questione ci permette une breve meditazione supplementare: senza

chiaramente esserne cosciente, Heidi, attraverso il superamento dei suddetti segni

convenzionali, non solo “raggiunge” gli animali che ha dovuto lasciare sull’alpe, ma fa anche

emergere il modello primordiale - la flora, la fauna - delle primissime tracce della scrittura

alfabetica (i pittogrammi)71

.

In conclusione, Heidi è stata privata «della realtà delle cose», come Maldiney, che ha subito,

in una condizione ben più estrema, la cattività in un Oflag - ne dà conto ne La dernière

porte72

, dove scrive: «Quante volte ho desiderato il morso di una pietra di montagna»73

. Con

il paesaggio che spunta nell’«Aperto» - come a premiare la virtù di Heidi di saper correre il

rischio di incontrare la «verità» del sentire a rischio di perdersi74

-, la bambina ritrova

«imprevedibilmente» la gioia della sensazione, provando che il Reale, «è, come dicono i

Giapponesi, l’“Ah!” delle cose»75

.

Allegati

Didascalie Fig. 1 Ritratto fotografico di Henri Maldiney in cammino

Fig. 2 Sophie Brasey, Photographie © 2008. Sans-Titre #08, Série “Artefact”, courtesy dell’artista

Fig. 3 Immagini tratte dall’anime Heidi (1974), episodio 25

Fig. 4 Immagine tratta dall’anime Heidi (1974), episodio 36.

68

In H. MALDINEY, “Le faux dilemme de la peinture : abstraction ou réalité”, in Regard Parole Espace, op. cit.,

p. 51.

69

In H. MALDINEY, “L’esthétique des rythmes”, ivi, p. 143. 70

In H. MALDINEY, “Le faux dilemme de la peinture : abstraction ou réalité”, ivi, p. 9. 71

A titolo esemplificativo, la prima lettera dell’alfabeto ebraico è la א, l’Aleph, il cui pittogramma d’origine è

l’immagine di una testa di bue. 72

H. MALDINEY, La dernière porte, in “Les vivants”, n. 1, novembre-décembre 1945, Boivin, Parigi. 73

Ibidem. 74

In H. MALDINEY, “Montagne”, in Ouvrir le rien, l’art nu, op. cit., p. 24. 75

Mia traduzione. In H. MALDINEY, “Le faux dilemme de la peinture : Abstraction ou Réalité”, in Regard

Parole Espace, op. cit., la nota a p. 51. V. fig. 4.

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