Verso una nuova shared saving spending-12 maggio 2014

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Sei qui: Home Amministrazione condivisa Verso una nuova "shared saving spending" Cerca... Cerca... Vai POLITICHE DI COMUNICAZIONE RETI E SOCIAL NETWORK ECONOMIA DELLA CONOSCENZA APPRENDIMENTO IN EVOLUZIONE VERSO UN NUOVO MODELLO DI SVILUPPO COMPORTAMENTI AZIENDALI ETICA E BENI COMUNI AMMINISTRAZIONE CONDIVISA SVILUPPO E IDENTITÀ LOCALE HABITAT DEL TERZO MILLENNIO GRAFICA E DESIGN IMMAGINI E REALTÀ Verso una nuova "shared saving spending" Creato Lunedì, 12 Maggio 2014 09:15 Scritto da Paolo Petrucciani Ho sempre avuto un grande dubbio da quando si parla in Italia di spending review. Prevalentemente, a partire dall’etimologia anglosassone, “reviewsignifica infatti “revisione”. Già ma una revisione non vuol dire necessariamente un risparmio, può significare una “riallocazione”, una “rivisitazione”, un “ripensamento” o semplicemente “un controllo per vedere se c’è qualcosa che non va”, come un sorta di bollino, blu, verde o rosso, senza per questo implicare che ci debba essere un risparmio o un’efficienza “di o nei” costi, in inglese “cost-effective”, ovvero rendere più efficaci i costi sostenuti per una data voce o partita economica. Se riflettiamo poi sull’aspetto dell’efficienza viene immediatamente da pensare al concetto e al significato di efficienza: rendere un’attività o un compito più veloce con minori mezzi o risorse, quindi di fatto più economico o meno costoso. Concetti di spending: alla ricerca dei criteri Già, pensavo poi, come si fa a rendere più economico un processo, un’attività o un compito in assenza di regole di riferimento o di criteri certi o partecipati e, o, condivisi cui attenersi? Così, nella ricerca di questi criteri, varie sollecitazioni mi hanno portato a pensare ad una sorta di ripensamento di un “patto condiviso” pubblico privato, un nuovo patto sociale, il cui l’obiettivo finale recita qualcosa che assomiglia a questa frase: «se riusciamo a condividere una parte, meglio se grande, di certe spese, probabilmente risparmiamo in tempi e costi e riusciamo a liberare risorse per altre attività o compiti, che potrebbero essere utili alla collettività». Ci porteremmo così avanti verso il futuro, eliminando alcuni potenziali problemi che si potrebbero presentare a fronte di nuove esigenze (di varia natura e legati a fenomeni economici o sociali), anticipando il più e ove possibile, la soluzione di inefficienze operative attuali e a tendere (procedure, burocrazia, costi incomprimibili o ineliminabili, eventi internazionali non governabili dall’interno, calamità naturali impreviste, ecc.). Verso un’etica guidata da una logica super partes Ferma la libertà di ognuno di decidere privatamente come e quando spendere i propri soldi, se si parla di costi complessivi per la collettività, ad esempio la spesa pubblica e tutte le classificazioni che compaiono nel bilancio dello Stato e nei suoi singoli capitoli economici (spese correnti, in conto esercizio, e spese in conto capitale), rimane il dubbio di chi e di come si dovrebbe decidere per l’appunto come destinare questi soldi che sono confluiti in un “pozzo comune”, tramite entrate tributarie o, se vogliamo, tasse. Il tema aperto, qui ancora non completamente risolto ma solo orientato, è quindi: come si può passare da un decisione autarchica, che vede uno o più soggetti e punti di vista (politici e parlamentari) contrapporsi o dividersi nelle opinioni e indirizzi sulle scelte di spesa, ad una decisione condivisa che tenga conto degli interessi e delle priorità della collettività, che partono dall’assunto che si è costruito il famoso “pozzo comune”? ARCHIVIO Il dirigente pubblico e il rapporto con la politica Ufficio bilancio: a che punto siamo A rifiuti zero Nomine trasparenti per competenti Nasce il Tavolo civico per migliorare lo Stato Una carta per la sussidiarietà Un' Europa sempre più lontana La forza riformatrice della cittadinanza attiva Il ruolo del partenariato Gli Angeli curano il parco Stibbert Quando i cittadini rinforzano le istituzioni Un voto a favore della sussidiarietà Diventare amministratori dei beni comuni La progettazione partecipata I Saggi riabilitano la mediazione civile Il piano nazionale per la cura civica dei beni comuni Un forum per le aree interne Un nuovo modo di amministrare Dilemmi della democrazia partecipativa Bhagidari Un tesoro di cittadino! “Cittadino, tesoro mio!” Educare alla cittadinanza Salvare la tomba del Gladiatore AMMINISTRAZIONE CONDIVISA Funziona la nostra pubblica amministrazione? Le scelte importanti sono in mano ai cittadini? Opera in piena trasparenza? E' al servizio di chi la paga? Verso una nuova "shared saving spending" http://officineeinstein.eu/index.php/amministrazione-condivisa/718-dalla... 1 di 5 27/02/2016 10.41

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VERSO UN NUOVOMODELLO DI SVILUPPO

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ETICAE BENI COMUNI

AMMINISTRAZIONECONDIVISA

SVILUPPOE IDENTITÀ LOCALE

HABITAT DEL TERZOMILLENNIO

GRAFICAE DESIGN

IMMAGINIE REALTÀ

Verso una nuova "sharedsaving spending"Creato Lunedì, 12 Maggio 2014 09:15Scritto da Paolo Petrucciani

Ho sempre avuto un grande dubbio da quando si parla in Italia di spendingreview. Prevalentemente, a partire dall’etimologia anglosassone, “review”significa infatti “revisione”.Già ma una revisione non vuol dire necessariamente un risparmio, puòsignificare una “riallocazione”, una “rivisitazione”, un “ripensamento” osemplicemente “un controllo per vedere se c’è qualcosa che non va”, come unsorta di bollino, blu, verde o rosso, senza per questo implicare che ci debbaessere un risparmio o un’efficienza “di o nei” costi, in inglese “cost-effective”,ovvero rendere più efficaci i costi sostenuti per una data voce o partitaeconomica.

Se riflettiamo poi sull’aspetto dell’efficienza viene immediatamente da pensareal concetto e al significato di efficienza: rendere un’attività o un compito piùveloce con minori mezzi o risorse, quindi di fatto più economico o menocostoso.

Concetti di spending: alla ricerca dei criteriGià, pensavo poi, come si fa a rendere più economico un processo, un’attività oun compito in assenza di regole di riferimento o di criteri certi o partecipati e,o, condivisi cui attenersi?

Così, nella ricerca di questi criteri, varie sollecitazioni mi hanno portato apensare ad una sorta di ripensamento di un “patto condiviso” pubblico privato,un nuovo patto sociale, il cui l’obiettivo finale recita qualcosa che assomiglia aquesta frase:

«se riusciamo a condividere una parte, meglio se grande, di certe spese,probabilmente risparmiamo in tempi e costi e riusciamo a liberare risorse peraltre attività o compiti, che potrebbero essere utili alla collettività».

Ci porteremmo così avanti verso il futuro, eliminando alcuni potenzialiproblemi che si potrebbero presentare a fronte di nuove esigenze (di varianatura e legati a fenomeni economici o sociali), anticipando il più e ovepossibile, la soluzione di inefficienze operative attuali e a tendere (procedure,burocrazia, costi incomprimibili o ineliminabili, eventi internazionali nongovernabili dall’interno, calamità naturali impreviste, ecc.).

Verso un’etica guidata da una logica super partesFerma la libertà di ognuno di decidere privatamente come e quando spenderei propri soldi, se si parla di costi complessivi per la collettività, ad esempio laspesa pubblica e tutte le classificazioni che compaiono nel bilancio dello Statoe nei suoi singoli capitoli economici (spese correnti, in conto esercizio, e spesein conto capitale), rimane il dubbio di chi e di come si dovrebbe decidere perl’appunto come destinare questi soldi che sono confluiti in un “pozzo comune”,tramite entrate tributarie o, se vogliamo, tasse.

Il tema aperto, qui ancora non completamente risolto ma solo orientato, èquindi: come si può passare da un decisione autarchica, che vede uno o piùsoggetti e punti di vista (politici e parlamentari) contrapporsi o dividersi nelleopinioni e indirizzi sulle scelte di spesa, ad una decisione condivisa che tengaconto degli interessi e delle priorità della collettività, che partono dall’assuntoche si è costruito il famoso “pozzo comune”?

ARCHIVIOIl dirigente pubblico e il rapporto con lapoliticaUfficio bilancio: a che punto siamoA rifiuti zeroNomine trasparenti per competentiNasce il Tavolo civico per migliorare loStatoUna carta per la sussidiarietàUn' Europa sempre più lontanaLa forza riformatrice della cittadinanzaattivaIl ruolo del partenariatoGli Angeli curano il parco StibbertQuando i cittadini rinforzano leistituzioniUn voto a favore della sussidiarietàDiventare amministratori dei benicomuniLa progettazione partecipataI Saggi riabilitano la mediazione civileIl piano nazionale per la cura civica deibeni comuniUn forum per le aree interneUn nuovo modo di amministrareDilemmi della democrazia partecipativaBhagidariUn tesoro di cittadino!“Cittadino, tesoro mio!”Educare alla cittadinanzaSalvare la tomba del Gladiatore

AMMINISTRAZIONECONDIVISAFunziona la nostra pubblicaamministrazione? Le scelte importantisono in mano ai cittadini? Opera in pienatrasparenza? E' al servizio di chi la paga?

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D’altronde ad oggi il general public (opinione pubblica) ha poca voce in capitoloe assiste spesso passivamente alle decisioni politiche e parlamentari, delegateper legge.Così, adoperando una metafora, diciamo spesso che questo passa la casa,ovvero “non che ci meritiamo il Governo e la classe politica che abbiamo”, mache accettiamo de jure, nel bene e nel male, la classe politica di turno,Governo incluso. Quindi, osservo, potremmo essere estremamente fortunatio estremamente sfortunati a seconda di chi “fa il manovratore”.

Credo che questo rischio oggi, alla luce del cambiamento radicale avvenuto alivello mondiale dopo la crisi economica del 2007 e anni seguenti, e visti anche irisultati recenti della crisi dei debiti sovrani, non solo nei Paesi sud-europei, e ivincoli che ancora ci pone l’Unione europea, sia sulla politica monetaria che suldebito pubblico, non possiamo più permetterci il lusso di lasciare alla casualitàquesta scelta.Sembra ovvio, senza bisogno di ripeterlo, che non è un problema dicolorazione politica, di destra estrema destra o centro, sinistra o estremasinistra, è un problema di logica, prima che di etica. Se ci hanno insegnato ascuola che 2+2 fa 4, lasciare al caso il fatto che 3,999 o 4,001 assomiglianomolto o moltissimo a quattro, mi sembra un ragionamento veramente senzasenso, quando assistiamo quasi sempre inerti a società di rating e mondofinance che fanno dei milionesimi di decimali la loro fortuna, a scapito di unacollettività mondiale, operando una pressione insostenibile sui Governi diturno, qua e là dislocati.

Consumatore, utente, cliente, cittadinoScrivevo in un mio intervento di 31 anni fa, pubblicato negli atti di un convegnotenutosi in Olanda all’Università di Leiden (Proceedings of the IFAC/IFIPSymposium, Leiden 7-10 giugno1983, vedi nota tra le Fonti), che se la politicaeffettua un push (pressione, spinta) su scelte industriali (ad esempiotecnologiche) credendo solo di essere la parte “decisore” (e finanziatore a voltetramite leggi all’uopo predisposte), di fatto quindi “un fornitore privilegiato”,dimentica a volte di essere parte in causa anche come “consumatore, utente,cliente, cittadino” di quelle stesse decisioni (e leggi) con tutte le conseguenzedel caso.L’errore, notavo, è solitamente dovuto alla mancanza di “analisi accurata deibisogni” dei consumatori, utenti, clienti, cittadini, considerando questi bisogniprovenienti solo da una parte. Quando si dismette, finita la temporalità, il ruolodi politico, si ridiventa normali cittadini (citizen) e, se si è sbagliato prima nellescelte, si pagano pesantemente tutte le conseguenze del caso (a meno di averbeneficiato privatamente di quelle leggi in altro modo, e qui entriamonell’etica).

Se vogliamo citare il caso della crisi dei mutui sub-prime, ad esempio, siamosicuri che alcuni Governi, in parte Usa, sommati al Governo mondiale “ombra”finanziario, abbiano valutato fino in fondo le conseguenze a livello economico esociale a livello globale, anche su loro stessi, e che questi stessi soggetti sianotuttora o siano stati scevri dagli effetti provocati in termini di responsabilitàsociali?Secondo me no, mi sembra che i risultati siano sotto gli occhi di tutti.Sicuramente qualcuno sarà più ricco e molti più poveri, ma si è generato unospreco che oserei dire con un eufemismo non sostenibile nel medio e lungoperiodo, in assenza di solide e funzionanti rupi tarpee.Non c’è bisogno di essere dei premi Nobel in economia per notarlo.

Così la nuova frontiera della partecipazione deve essere indirizzata alla ricercadi soluzioni super partes, terze e arbitre che permettano decisionimaggiormente condivise, oltre che democratiche, di ciò che possiamoconsiderare “beni comuni”, “interessi dei cittadini e della collettività” e, insostanza, che abbiano come fine ultimo un maggiore benessereindividuale, su grandi numeri.Visto in una prospettiva storica ed economica, mi sembra che siamolontanissimi dalla meta e, anzi, forse ci siamo allontanati da situazioni dimaggiore equilibrio vissute nel passato.

Un progetto in grado di traguardare il futuroOggi sento la mancanza di un progetto Paese della durata di dieci, venti eanche trenta anni, che dovrebbe essere portato avanti a prescindere da chiguida politicamente il Paese in un dato intervallo temporale.Si tratta di ripensare le fondamenta del convivere civile, dello stare insieme, delcondividere miserie e successi comuni. Ci mancano le conoscenze sociali deiloop e dei circuiti di feed-back, ovvero degli anelli di retroazione che regolano esi autoregolano, in presenza di scostamenti significativi dai parametri fisici,

Rende la vita delle persone a cui è alservizio più semplice? Possiamo farne ameno?

Sei domande, sei "no".Amministrazione pubblica, un gigante delquale una società moderna sembra nonpoter fare a meno; ma che dovrebbesuperare l'attuale stadio di declinazionepseudo democratica dell'amministrazione"reale", nel senso del re, evolvendo versoun'amministrazione "condivisa" cioèvissuta insieme a chi, oggi, la paga e lafinanzia.

Guardare oltre

Su questi temi noi di OfficineEinsteinsiamo interessati perché il nostro fine ècercare di guardare oltre! Perché siamoconvinti che non può esistere una societàmoderna, semplice, che permetta di viveresereni senza un'amministrazioneefficiente ed efficace. Tanta la strada dacompiere.

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biologici e chimici, di cui siamo fatti e di cui la convivenza civile è soloun’espressione.E ci manca, ancor prima, una definizione condivisa di cosa sia un “benecomune” o un “interesse della collettività”, da cui ripartirei per provare aproporre soluzioni viable (agibili). È un tema che mi riprometto con il contributodi altri di affrontare in un prossimo futuro e che si situa in un universo dicontenuti dal titolo meta o macro--identità collettiva.

Collaborazioni, partnership e co-needershipCitavo in un mio intervento del 1993 sulla total quality finalizzata almiglioramento continuo, che un altro futuro possibile nel business e nel lavoroè quello legato ad un termine o neologismo attualmente inesistente in inglese:la “co-needership” (forse verrà coniato in futuro, se non esistono o nonesisteranno obiezioni grammaticali), ovvero la capacità di condividere, da partedi un’azienda, il disegno di un prodotto o servizio, prima della sua produzione,stabilendo una partnership con i suoi clienti, partecipando direttamente i bisognireali, attesi, latenti o in evoluzione dell’utenza stessa (lato della domanda).Era presentato a lato della “co-makership” (partnership tra azienda e fornitori),molto in voga in quegli anni, quale complemento al miglioramentocomplessivo dei comportamenti organizzativi che hanno riflesso sui processiaziendali per la soddisfazione dei clienti finali (customer satisfaction).

D’altronde la politica di stimolo e di induzione della domanda, sollecitandobisogni latenti a volte inesistenti o inesplorati, che tanta parte ha avuto neglianni ’70 e ’80 nelle politiche commerciali e di marketing, per generare nuovolavoro, mercato e prodotti o servizi, alla prova dei fatti oggi non può piùreggere, se non con nuovi sistemi e metodi, la complessità in corso per iseguenti motivi:

l’eccesso di individualizzazione e frammentazione dei bisogni personalirende impossibile la creazione di prodotti e servizi altrettantoindividualizzati, con il rischio di operare solo scelte standard che tendono adun’espansione dell’omologazione piuttosto che al soddisfacimento dibisogni individuali e all'esaltazione delle capacità e talenti personali;l’evoluzione tecnologica ha operato un cambio di paradigma troppo veloceper un'assimilabilità umana complessiva, in termini di collettività, con unospreco ingentissimo di risorse intangibili di quarta e quinta generazione(servizi finanziari, know-how, competenze, ricerca scientifica, altre);la proliferazione di nuove tecnologie e metodologie deve essere operatasulla base di bisogni reali e non virtuali, sia per non generare aspettativeimpossibili da realizzare, sia per non generare costi inutili, rispetto allo sforzo

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per la loro creazione.

Driver per una shared saving spendingSe le frontiere della collaborazione si sono evolute e spostate negli ultimitrenta, quaranta anni producendo una sequenza semantica che ha recitato, trale altre, le seguenti parole: integrazione, sinergia, partecipazione, adesione,co-make, condivisione, co-design e, di recente, co-creazione, oggi, se cispostiamo dal piano dell'industria a quello dell'Amministrazione della cosaPubblica, un nuovo patto sociale, tra cittadini e Stato (governo e parlamento),dovrebbe quindi indirizzarsi ad una “shared saving spending” (condivisione deirisparmi di spesa). Specie quando parliamo di impieghi di risorse economicheche tutti hanno contribuito a generare ed alimentare, tramite prelievi alla fonteo versamenti all'erario.

Questa, una volta operata, dovrebbe permetterci di fruire, ove possibile, dellecose considerabili comuni, a minor costo, senza per questo togliere valoreeconomico ad ogni parte di esse. Che permetta cioè una più consapevoledecisione di come usare in modo efficace le risorse confluite nel “pozzocomune” delle entrate tributarie.D’altronde queste, se confluite, sono di tutti, non è forse vero? Quindi fannoparte di una "community" (escludo per ora il caso di evasione fiscale che meritaun approfondimento separato).

In un pianeta governato da sistemi a rete, dove gli aspetti “social” sono oggiinsostituibili, costituiscono e costituiranno l’infrastruttura di ogni nuovapartecipazione democratica attiva, anche alla vita pubblica, occorre quindiripensare ai mezzi e ai modi per stare meglio insieme bene ed ai percorsipossibili perché questo possa accadere.

Prime pillole per come fareEsaminare i principali macro problemi di spesa esistenti, condividernel’esistenza, classificarli e suddividerli in chunks, (pezzi, porzioni o partielementari);

1.

Assegnare i chunks a esperti della materia e suddividerli in chunks ancora piùelementari e piccoli in modo da poter essere gestiti e analizzati;

2.

Progettare miglioramenti in sistemi, processi, procedure, leggi che riguardano isingoli problemi elementari (chunks), indagando e intervistando, con metodiappropriati, la collettività e sue rappresentanze, per individuare priorità diintervento e urgenze, anche sulla base degli impatti economici relativi e sullaloro sostenibilità o insostenibilità, in un lasso di tempo accettabile per leprossime due, cinque generazioni umane (dai dieci ai quaranta anni);

3.

Costruire, discutere, ridiscutere e validare i criteri e i sistemi di valutazionedelle scelte delle possibili soluzioni e dei potenziali percorsi normativi e politici,attraverso nuovi e innovativi metodi democratici di partecipazione pubblicaalle decisioni di interesse della collettività.

4.

Il presente articolo è uno primo spunto di riflessione per una nuovapartecipazione pubblica alle scelte che riguardano i singoli e la collettività.Prevede l’eventuale raccolta di commenti e contributi sulla tematica dainviare alla redazione di OfficineEinstein all’indirizzo:[email protected].

FontiMauro Bonaretti (2014), Governare la rete: dalle parole ai fatti,OfficineEinstein, 25 aprile 2014.Paolo Petrucciani (2013), Trasformare la cultura aziendale in valore,OfficineEinstein, 3 maggio 2013.Luca Massacesi e Paolo Petrucciani (2013): Quando la consulenza diventa un

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partner , OfficineEinstein, 19 marzo 2013.Paolo Petrucciani (1993): “La qualità totale nella gestione e nello sviluppo dellerisorse umane”, intervento presso Iri-Management, incontro dedicatoHayGroup-Italcable.Paolo Petrucciani (1983): contributi alla Paper Session on "Automation ofProduction" (Discussion Summary pagg. 13-14) in "Training for Tomorrow -Educational aspects of computerized automation", Atti convegno internazionaletenutosi in Olanda, “Proceedings of the IFAC/IFIP Symposium, Leiden7-10.6.1983”, Ed. by J.E.Rijnsdorp, Tj.Plomp, J.Moller, IFAC Proceedings Series1984, n. 4, Pergamon Press.

Leggi ancheLuca Massacesi (2014): Il tavolo civico da Bonaretti, OfficineEinstein, 8 maggio2014.Luca Massacesi (2014): I quattro forum aperti dal Tavolo civico,OfficineEinstein, 5 maggio 2014.Luca Massacesi (2013): Nasce il Tavolo civico per migliorare lo Stato,OfficineEinstein, 8 ottobre 2013.

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