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28 Il Sole 24 Ore DOMENICA - 17 LUGLIO 2016 n. 195 Cultura e sviluppo L’affermazione di Matera Sulla Domenica del 19 ottobre 2014 ,Stefano Baia Curioni e Gabriele Messineo commentano l’affermazione di Matera a Capitale della Culturanel 2019:« Un’importante affermazione per una città ricca di storia e di capacità artigianali, ma colpita da un diffuso processo di crisi industriale» www.archiviodomenica.ilsole24ore.com di Angelo Maria Petroni verso il 2018 / spoleto si candida a capitale della cultura Dove la storia si fa innovazione È una delle rarissime città italiane che conserva tracce documentabili dalla preistoria ad oggi. Ma è anche un luogo che ha sviluppato una visione innovativa di arte e urbanistica S poleto ha due dimensioni culturali fondamentali. La prima è quella della lon- gue durée. Spoleto è infatti una delle rarissime città ita- liane in cui la storia docu- mentabile va dalla preistoria sino a og- gi, senza soluzione di continuità. Ogni periodo ha contribuito a costituire la sua forma urbis presente. Ogni periodo successivo ha modificato e integrato quello precedente, senza mai cancel- larlo. In particolare, Spoleto è una delle città italiane che maggiormente ha re- sistito alla cesura urbanistica della tar- da antichità. La seconda dimensione è quella del- l’innovazione. Città di uno dei primi teatri da camera italiani nel Seicento, Spoleto ha dispiegato con forza la sua capacità di innovazione culturale a partire dal secondo dopoguerra. A Spoleto nel 1947 è nato il Teatro lirico sperimentale, fucina di generazioni di cantanti lirici. A Spoleto nel 1958 è na- to il Festival dei Due Mondi, che primo o tra i primissimi del mondo ha teoriz- zato e realizzato la fusione post-mo- derna tra repertorio classico e la speri- mentazione più innovativa e destinata ad avere un successo universale. Co- niugando tutto questo con una visione di globalizzazione della cultura vista non come mera giustapposizione di arti nazionali – che era il modello sino ad allora noto – ma come migrazione e fusione di idee e di modelli artistici e ideologici. A Spoleto si è realizzata nel 1962 l’innovazione di esporre nelle vie e nelle piazze l’avanguardia della scul- tura contemporanea, da Calder a Be- verly Pepper, da Chadwick a Pomodo- ro. Non come ricerca di meri spazi espositivi più o meno periferici, ma come innervamento dello stesso tes- suto urbano di un’antichissima città. E fu a Spoleto che nel 1968 Christo rea- lizzò il primo impacchettamento mo- numentale. L’innovazione si è fatta storia. Non come custodia delle ceneri, ma come alimentazione del fuoco. Ha generato scuole artistiche di arti visive, collezio- ni notevoli di arte contemporanea, co- me quella di Palazzo Collicola, meto- dologie innovative di utilizzazione di spazi antichi. Ha generato una cultura diffusa tra la popolazione di apertura all’altro, una sensibilità nei confronti delle diverse esperienze estetiche e ideologiche che probabilmente non ha pari in alcuna altra città italiana. La forma urbis di Spoleto vede oggi anch’essa un formidabile momento di innovazione. La costruzione dei siste- mi di mobilità pedonale automatizza- ta costituisce la maggiore innovazio- ne mai effettuata in una città storica delle dimensioni di Spoleto. Ventidue marciapiedi mobili, quattordici scale mobili, diciassette ascensori, permet- tono di spostarsi con facilità in una delle città più verticali d’Italia. Un’idea quasi utopica di Kenzo Tange del 1987, che è diventata realtà. Come sempre nella storia di Spoleto, queste nuove strutture urbanistiche non cancellano quelle preesistenti, ma si integrano con esse per formare un sistema armonico. Queste strutture non sono esclusivamente una innova- zione tecnologica, ma sono una inno- vazione antropologica. Esse stanno determinando, e sempre più determi- neranno, un cambiamento nelle mo- dalità di vita sia della popolazione che ancora risiede nel centro storico sia di quella che è insediata nei sobborghi. Si inverte la tendenza oramai quasi seco- lare a Spoleto di de-antropizzazione del centro storico. L’innovazione della mobilità fatta a Spoleto diventa un mo- dello per molte città italiane che pre- sentano lo stesso fenomeno negativo. I centri storici non devono essere più necessariamente o luoghi disabitati o fenomeni turistici, ma possono diven- tare luoghi che corrispondono alle esi- genze dei modi di vita moderni ad alta mobilità. Il valore di tutto questo per la cultura italiana è notevole. È infatti giudizio comune che la no- stra cultura soffra di una scarsità rela- tiva di innovazione rispetto a quella di Paesi come la Gran Bretagna, la Fran- cia o la Germania. Una delle ragioni che vengono più diffusamente portate a spiegazione di questa realtà è che l’in- novazione culturale nella modernità è possibile solo nelle grandi città. Poiché in Italia le grandi città – o le grandi ag- glomerazioni urbane – sono in numero inferiore a quelle degli altri Paesi, la re- lativa scarsità di innovazione avrebbe una ragione strutturale. Spoleto è la confutazione di questa tesi determini- stica. La sua storia e il suo presente di- mostrano che la dimensione della me- dia/piccola città può essere il luogo dell’innovazione. Una innovazione, per di più, non incrementale ma radi- cale. Una innovazione che muta i para- digmi, apre al mondo, innerva la popo- lazione, genera sviluppo. L’innovazione culturale non è quin- di necessariamente questione di di- mensioni fisiche o economiche. È que- stione di idee, di comprensione delle proprie radici coniugata con l’apertu- ra a quanto di più interessante viene fatto nel mondo. È questione di auda- cia nel proporre alla popolazione forti innovazioni, nella fiducia che essa sa- prà comprenderle e condividerle. In sintesi, è una questione di democrazia reale. Quello che è avvenuto e sta avvenen- do a Spoleto è davvero un’esperienza significativa che merita di essere con- divisa con le molte città italiana di pic- cole e medie dimensioni le cui poten- zialità di innovazione culturale non sono state ancora adeguatamente svi- luppate. – Ordinario di Logica e Filosofia della Scienza Università La Sapienza Roma © RIPRODUZIONE RISERVATA il percorso Valorizzazione del patrimonio, motore dello sviluppo, tra innovazione e tradizio- ne. Queste le linee guida su cui il Comune di Spoleto ha lavorato per la candidatura 2018 a Capitale Italiana della Cultura. Il dossier, presentato al Mibac lo scorso 30 giugno, è stato costruito attraverso un percorso partecipativo che ha tracciato, insieme alla cittadinanza, una mappa composita. Le coordinate indentificate sono cultura, ambiente, turismo e innovazione. torino Dante splendente di  Claudio Giunta N on so quanti torinesi abbia- no visitato, in vita loro, la Bi- blioteca Reale, temo non tanti. È un peccato, non solo perché la Biblioteca Reale è uno splen- dido posto in cui studiare, ricco di fondi librari e manoscritti e di una straordi- naria raccolta di disegni, ma perché è uno splendido posto tout court, uno dei più begli edifici neoclassici della città, guarnito di sontuose boiseries e delizio- si cimeli savoiardi. Fino alla fine di lu- glio c’è una ragione di più per visitarla. Lavorando con i bibliotecari della Re- ale, e con una squadra di giovani studio- se, Donato Pirovano, dell’Università di Torino, ha allestito la mostra Più splen- don le carte, che raccoglie e illustra una sessantina tra manoscritti e libri che documentano l’opera e la fortuna di Dante Alighieri dal Trecento ai giorni nostri. Qualcosa viene dai fondi delle biblioteche torinesi (spezza il cuore l’esemplare trecentesco della Comme- dia ora conservato all’Universitaria, e ridotto a moncherino dall’incendio del 1904), molti sono prestiti scelti con in- telligenza dalle altre biblioteche italia- ne: e si vedono con emozione, in parti- colare, il più antico testimone datato (1334) dell’intera Commedia, l’Ashbur- nham 828 della Laurenziana di Firenze, uno dei tre manoscritti della Commedia esemplati da Giovanni Boccaccio (Ric- cardiano 1035), nonché l’unico testimo- ne integrale e miniato delle Chiose Pala- tine, anch’esso di poco posteriore alla morte di Dante. Sono cose da lasciare agli eruditi? No, perché riguardano il più importante poeta italiano, perché permettono con poca fatica di capire come si scriveva, come si leggeva, com’erano fatti i libri nel Medioevo, e soprattutto perché le collaboratrici di Pirovano hanno sapu- to mettere accanto ai manoscritti e ai li- bri antichi un apparato didascalico in- sieme elegante, esatto e cordiale, cioè tale da non spaventare il visitatore ine- sperto, un apparato che dai testi dante- schi prende anche spunto per micro-le- zioni di filologia, paleografia e storia della stampa. Difficile spendere meglio un’ora di luglio, se si è in città. © RIPRODUZIONE RISERVATA Più splendon le carte, Biblioteca Reale di Torino, Piazza Castello, fino al 30 luglio miniato | Il manoscritto delle Chiose Palatine (Biblioteca Nazionale di Firenze, ms. Palatino 313), tra le più antiche annotazioni alla Commedia (secondo quarto del Trecento) fusione di idee  Dall’alto a sinistra: installazione a Palazzo Collicola, Emanuele Giannelli, il percorso di scale mobili ideato da Kenzo Tange; gli schizzi di Christo per l’impacchettamento della Torre e della Fontana nel 1968, To Lie or Not To Lie; locandina dell’edizione del 1965 del Festival dei Due mondidisegnatada Ben Shahn ; ˇ ´

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28 Il Sole 24 Ore DOMENICA - 17 LUGLIO 2016 n. 195

Cultura e sviluppoL’affermazione di Matera

Sulla Domenica del 19 ottobre 2014 ,Stefano Baia Curioni eGabriele Messineo commentano l’affermazione di Matera a

Capitale della Culturanel 2019:« Un’importante affermazioneper una città ricca di storia e di capacità artigianali, ma colpita

da un diffuso processo di crisi industriale»www.archiviodomenica.ilsole24ore.com

di Angelo Maria Petroni

verso il 2018 / spoleto si candida a capitale della cultura

Dove la storia si fa innovazione

È una delle rarissime città italiane che conservatracce documentabili dalla preistoria ad oggi.Ma è anche un luogo che ha sviluppatouna visione innovativa di arte e urbanistica

S poleto ha due dimensioniculturali fondamentali.La prima è quella della lon­gue  durée. Spoleto è infattiuna delle rarissime città ita-liane in cui la storia docu-

mentabile va dalla preistoria sino a og-gi, senza soluzione di continuità. Ogniperiodo ha contribuito a costituire lasua forma urbis presente. Ogni periodosuccessivo ha modificato e integratoquello precedente, senza mai cancel-larlo. In particolare, Spoleto è una dellecittà italiane che maggiormente ha re-sistito alla cesura urbanistica della tar-da antichità.

La seconda dimensione è quella del-l’innovazione. Città di uno dei primiteatri da camera italiani nel Seicento,Spoleto ha dispiegato con forza la suacapacità di innovazione culturale apartire dal secondo dopoguerra. ASpoleto nel 1947 è nato il Teatro liricosperimentale, fucina di generazioni dicantanti lirici. A Spoleto nel 1958 è na-to il Festival dei Due Mondi, che primoo tra i primissimi del mondo ha teoriz-zato e realizzato la fusione post-mo-derna tra repertorio classico e la speri-mentazione più innovativa e destinataad avere un successo universale. Co-niugando tutto questo con una visionedi globalizzazione della cultura vistanon come mera giustapposizione diarti nazionali – che era il modello sinoad allora noto – ma come migrazione efusione di idee e di modelli artistici eideologici. A Spoleto si è realizzata nel1962 l’innovazione di esporre nelle viee nelle piazze l’avanguardia della scul-tura contemporanea, da Calder a Be-

verly Pepper, da Chadwick a Pomodo-ro. Non come ricerca di meri spaziespositivi più o meno periferici, macome innervamento dello stesso tes-suto urbano di un’antichissima città. Efu a Spoleto che nel 1968 Christo rea-lizzò il primo impacchettamento mo-numentale.

L’innovazione si è fatta storia. Noncome custodia delle ceneri, ma comealimentazione del fuoco. Ha generatoscuole artistiche di arti visive, collezio-ni notevoli di arte contemporanea, co-me quella di Palazzo Collicola, meto-dologie innovative di utilizzazione dispazi antichi. Ha generato una culturadiffusa tra la popolazione di aperturaall’altro, una sensibilità nei confrontidelle diverse esperienze estetiche eideologiche che probabilmente non hapari in alcuna altra città italiana.

La forma urbis di Spoleto vede oggianch’essa un formidabile momento diinnovazione. La costruzione dei siste-mi di mobilità pedonale automatizza-ta costituisce la maggiore innovazio-ne mai effettuata in una città storicadelle dimensioni di Spoleto. Ventiduemarciapiedi mobili, quattordici scalemobili, diciassette ascensori, permet-tono di spostarsi con facilità in unadelle città più verticali d’Italia.Un’idea quasi utopica di Kenzo Tangedel 1987, che è diventata realtà.

Come sempre nella storia di Spoleto,queste nuove strutture urbanistichenon cancellano quelle preesistenti, masi integrano con esse per formare unsistema armonico. Queste strutturenon sono esclusivamente una innova-zione tecnologica, ma sono una inno-

vazione antropologica. Esse stannodeterminando, e sempre più determi-neranno, un cambiamento nelle mo-dalità di vita sia della popolazione cheancora risiede nel centro storico sia diquella che è insediata nei sobborghi. Siinverte la tendenza oramai quasi seco-lare a Spoleto di de-antropizzazionedel centro storico. L’innovazione dellamobilità fatta a Spoleto diventa un mo-dello per molte città italiane che pre-sentano lo stesso fenomeno negativo. Icentri storici non devono essere piùnecessariamente o luoghi disabitati ofenomeni turistici, ma possono diven-tare luoghi che corrispondono alle esi-genze dei modi di vita moderni ad altamobilità.

Il valore di tutto questo per la culturaitaliana è notevole.

È infatti giudizio comune che la no-

stra cultura soffra di una scarsità rela-tiva di innovazione rispetto a quella diPaesi come la Gran Bretagna, la Fran-cia o la Germania. Una delle ragioni che

vengono più diffusamente portate aspiegazione di questa realtà è che l’in-novazione culturale nella modernità èpossibile solo nelle grandi città. Poichéin Italia le grandi città – o le grandi ag-glomerazioni urbane – sono in numeroinferiore a quelle degli altri Paesi, la re-lativa scarsità di innovazione avrebbeuna ragione strutturale. Spoleto è laconfutazione di questa tesi determini-stica. La sua storia e il suo presente di-mostrano che la dimensione della me-dia/piccola città può essere il luogodell’innovazione. Una innovazione,per di più, non incrementale ma radi-cale. Una innovazione che muta i para-digmi, apre al mondo, innerva la popo-lazione, genera sviluppo.

L’innovazione culturale non è quin-di necessariamente questione di di-mensioni fisiche o economiche. È que-stione di idee, di comprensione delleproprie radici coniugata con l’apertu-ra a quanto di più interessante vienefatto nel mondo. È questione di auda-cia nel proporre alla popolazione fortiinnovazioni, nella fiducia che essa sa-prà comprenderle e condividerle. Insintesi, è una questione di democraziareale.

Quello che è avvenuto e sta avvenen-do a Spoleto è davvero un’esperienzasignificativa che merita di essere con-divisa con le molte città italiana di pic-cole e medie dimensioni le cui poten-zialità di innovazione culturale nonsono state ancora adeguatamente svi-luppate.

– Ordinario di Logica e Filosofia della Scienza

Università La Sapienza Roma

© RIPRODUZIONE RISERVATA

il percorso

Valorizzazione del patrimonio, motore dello sviluppo, tra innovazione e tradizio-ne. Queste le linee guida su cui il Comune diSpoleto ha lavorato per la candidatura 2018 a Capitale Italiana della Cultura. Il dossier, presentato al Mibac lo scorso 30 giugno, è stato costruito attraverso un percorso partecipativo che ha tracciato, insieme alla cittadinanza, una mappa composita. Le coordinate indentificate sono cultura, ambiente, turismo e innovazione.

torino

Dantesplendentedi Claudio Giunta

N on so quanti torinesi abbia-no visitato, in vita loro, la Bi-blioteca Reale, temo nontanti. È un peccato, non solo

perché la Biblioteca Reale è uno splen-dido posto in cui studiare, ricco di fondilibrari e manoscritti e di una straordi-naria raccolta di disegni, ma perché èuno splendido posto tout court, uno deipiù begli edifici neoclassici della città,guarnito di sontuose boiseries e delizio-si cimeli savoiardi. Fino alla fine di lu-glio c’è una ragione di più per visitarla.

Lavorando con i bibliotecari della Re-ale, e con una squadra di giovani studio-se, Donato Pirovano, dell’Università diTorino, ha allestito la mostra Più splen­don le carte, che raccoglie e illustra unasessantina tra manoscritti e libri chedocumentano l’opera e la fortuna diDante Alighieri dal Trecento ai giorninostri. Qualcosa viene dai fondi dellebiblioteche torinesi (spezza il cuorel’esemplare trecentesco della Comme­dia ora conservato all’Universitaria, eridotto a moncherino dall’incendio del1904), molti sono prestiti scelti con in-telligenza dalle altre biblioteche italia-ne: e si vedono con emozione, in parti-colare, il più antico testimone datato(1334) dell’intera Commedia, l’Ashbur­nham 828 della Laurenziana di Firenze,uno dei tre manoscritti della Commediaesemplati da Giovanni Boccaccio (Ric-cardiano 1035), nonché l’unico testimo-ne integrale e miniato delle Chiose Pala­tine, anch’esso di poco posteriore allamorte di Dante.

Sono cose da lasciare agli eruditi? No,perché riguardano il più importantepoeta italiano, perché permettono conpoca fatica di capire come si scriveva,come si leggeva, com’erano fatti i librinel Medioevo, e soprattutto perché lecollaboratrici di Pirovano hanno sapu-to mettere accanto ai manoscritti e ai li-bri antichi un apparato didascalico in-sieme elegante, esatto e cordiale, cioètale da non spaventare il visitatore ine-sperto, un apparato che dai testi dante-schi prende anche spunto per micro-le-zioni di filologia, paleografia e storiadella stampa. Difficile spendere meglioun’ora di luglio, se si è in città.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Più splendon le carte, Biblioteca Reale di Torino, Piazza Castello, fino al 30 luglio

miniato | Il manoscritto delle Chiose Palatine (Biblioteca Nazionale di Firenze, ms. Palatino 313), tra le più antiche annotazioni alla Commedia (secondo quarto del Trecento)

fusione di idee  Dall’alto a sinistra: installazione a Palazzo Collicola, Emanuele Giannelli, il percorso di scale mobili ideato da Kenzo Tange; gli schizzi di Christo per l’impacchettamento della Torre e della Fontana nel 1968, To Lie or Not To Lie; locandina dell’edizione del 1965 del Festival dei Due mondi disegnata da Ben Shahn ;

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