Verità è giustizia per le vittime del terrorismo italiano. Un’ipotesi di mediazione sociale

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Giulio Vasaturo "Verità è giustizia per le vittime del terrorismo italiano. Un’ipotesi di mediazione sociale", Rivista di Criminologia, vititimologia e sicurezza, vol. 1 n. 2 maggio agosto 2007

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  • Rivista di Criminologia, Vittimologia e Sicurezza Vol. I - N. 2 - Maggio-Agosto 2007 7

    Verit giustizia per le vittime del terrorismo italiano.Unipotesi di mediazione sociale

    Giulio Vasaturo

    RiassuntoIn questepoca in cui nuovi estremismi e vecchie trame tornano ad inquinare e ad esasperare il confronto sociale, storico epolitico, si percepisce sempre pi diffusamente la necessit di avviare un itinerario condiviso di sensibilizzazione emobilitazione dellopinione pubblica, della comunit scientifica, delle Istituzioni, affinch le istanze che provengono dallevittime del terrorismo italiano degli anni 70 e 80 trovino ascolto e riscontro in un processo di mediazione sociale che nonvuole e che non pu portare, in alcun modo, alla legittimazione di crimini efferati; alla sostanziale equiparazione fra chi havoluto e chi ha subito la lotta armata; alla imposizione liturgica di un ritualismo del pentimento o del facileindulgenzialismo. Unipotesi di dialogo, questa, che ambisce ad essere lo strumento preferenziale attraverso il qualecorrispondere - per quanto possibile - a quellinappagato desiderio di giustizia e verit che accomuna le vittime delterrorismo e che grava, come un macigno, sul passato ma anche sul presente e sul futuro del nostro Paese. Recependo lesollecitazioni provenienti proprio dai familiari delle vittime degli anni di piombo, lautore di questa riflessione propone lacostituzione di unapposita Commissione per la verit sulla storia del terrorismo italiano che, sulla base delle esperienzegi sperimentate con successo in altri contesti internazionali e, in particolare, nel Sudafrica post-apartheid, possa offrire, perla prima volta, strumenti concreti per ricostruire gli scenari e le responsabilit che si celano dietro la lunga scia di sangueche ha segnato il sentiero della nostra storia recente. Nel momento in cui viene inesorabilmente a compiersi il tempo diprescrizione per tanti atti di terrorismo compiuti dal 1969 al 1988 ed in cui si approssima, anche per molti detenuti c.d.irriducibili, il termine della propria carcerazione, forse questa lunica prospettiva realistica per rendere ai vivi e ai morti,a tutte le vittime innocenti della lotta armata, alla coscienza civile di questo Paese, quella verit che, nel silenzio enellamarezza di ogni giorno, si attende da decenni.

    AbstractAt a time in which new forms of extremism and old conspiracies emerge, which threaten and exasperate social, historical,and political life, one strongly feels the necessity of embarking on a communal mission to awaken public opinion, thescientific community, and institutions, to issues concerning the victims of Italian terrorist crimes of the 70s and 80s. Thiswould help to raise those issues within a process of social mediation that does not, nor can legitimate such horrendouscrimes. The aim is not to put the men who encouraged armed agression and those who suffered from it on the same level,nor to impose a canonical repentance, or any easy inclination towards indulgence. Actually, the need is for some form ofdialogue to become a tool of preference through which the desire of justice and truth frustrated so far, could be met. Suchdesire unites the victims of terrorism, and weighs heavily on the past, present and future of our country. By listening to thepleas from the victims families, the author of this paper proposes that a Commission for truth on the history of Italianterrorism be set up. Such commission, referring to past successful experiences in different international contexts, andparticularly post-apartheid South Africa, could yield for the first time concrete methods to help us reconstruct the scenesand the responsibilities hidden behind the long trail of blood, which has stained our recent history. At a time when manyjail sentences for diehard convicts for acts of terrorism committed between 1969 and 1988 are coming to an end, thisseems to be our only realistic chance of giving a long awaited answer in the silence and bitterness of everyday life tothe living and the dead, to all the innocent victims of armed agression, and finally to the civic consciousness of ourcountry.

    Rsum cette poque o de nouveaux extrmismes et de vieilles trames reviennent polluer et exasprer la vie sociale,historique et politique, on peroit de plus en plus la ncessit de se diriger vers un itinraire partag de sensibilisation et demobilisation de l'opinion publique, de la communaut scientifique, des Institutions, pour que les instances qui viennent dela part des victimes du terrorisme italien des annes 70 et 80 trouvent coute et rponse. Cela aiderait commencer un

    Avvocato, dottorando di ricerca in Criminologia, Universit di Bologna.

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    processus de mdiation sociale qui ne devrait ni donner lgitimit ces crimes affreux ni galiser ceux qui ont voulu lalutte arme et ceux qui l'ont subie. Tout en coutant les sollicitations provenant des parents des victimes des "annes deplomb", l'auteur de cette rflexion propose la constitution d'une Commission pour la vrit sur l'histoire du terrorismeitalien qui, sur la base des pratiques dj exprimentes avec succs dans d'autres pays et, en particulier, dans l'Afrique duSud post-apartheid, puisse offrir, pour la premire fois, des outils concrets pour reconstruire les scnes et lesrsponsabilits qui se cachent derrire les longues traces de sang qui ont marqu rcemment les pas de notre histoire. Aumoment o le temps de la prescription pour beaucoup d'actes de terrorisme accomplis depuis 1969 et 1988 va s'achever eto la fin de l'incarcration s'approche aussi pour beaucoup de ceux qu'on appelle les "dtenus irrductibles", cela peut trela seule perspective raliste de rendre aux morts et aux vivants, toutes les victimes innocentes de la "lutte arme", laconscience civile de notre pays, cette vrit qu'on attends depuis des dcennies, dans le silence et l'amertume de tous lesjours.

    Vogliamo pregare anche per quelliche hanno colpito il mio papperch, senza nulla togliere alla giustiziache deve trionfare,sulle nostre bocche ci sia sempre il perdono e mai la vendetta,sempre la vita e mai la richiestadi morte degli altri

    Giovanni Bachelet(ai funerali del padre, Vittorio Bachelet,vittima del terrorismo)

    1. Per comprendere la storia del terrorismoitaliano con gli occhi della vittima.

    La generazione a cui appartengo - quella di coloroche avevano quattro anni quando una bomba,collocata nella sala daspetto della stazione diBologna, massacr in un istante 85 innocenti - nonha memoria diretta di quel che sono stati gli annidi piombo: la lunga stagione di violenza politica,abominevole, farneticante, per lo pi indiscriminata,che dal 1969 in poi ha drammaticamente segnato lastoria del nostro Paese. Questa storia, la miagenerazione, lha appresa dai libri, dai reportagetelevisivi, dai racconti dei sopravvissuti, dalle voci edai silenzi dei familiari delle vittime del terrorismoitaliano. la storia di un conflitto armato dichiarato

    solo da una parte dei belligeranti, asimmetrico, nonortodosso, che stato combattuto nelle piazze, nellestrade, nelle stazioni ferroviarie, sui treni, sugliaerei, sin dentro le case di centinaia di bersagliumani esposti con la connivenza di interi apparatideviati dello Stato - al fuoco di unideologia, diuna falsa coscienza rivoluzionaria, di unaretrograda concezione di ordine nuovo. Nessunoconosce il dettaglio di questa storia. Se neconoscono solo gli effetti che rimangono tuttora

    impressi, in maniera indelebile, nel ricordo di coloroche nel buio della notte della Repubblica1 hannoperso i propri congiunti; nel corpo di chi conserva leferite di tanta ferocia; nella coscienza civile di

    1 Per riprendere lemblematico titolo della ricostruzione

    degli avvenimenti del terrorismo italiano curata da SergioZavoli in Zavoli S., La notte della Repubblica, Milano,Mondadori, 2001.

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    quella parte della Nazione che non pu e non vuoledimenticare. A quellorrore ha fatto seguito lalatitanza dei responsabili delle stragi e quella di unaparte delle Istituzioni, linesorabile lentezza delsistema giudiziario, loblio spesso indotto - ditaluni fatti e personaggi, la spettacolarizzazione e, a

    tratti, la mitizzazione della tragedia che si consumata negli anni 70 e 80. E cos non un casose, in maniera improvvisa ma non imprevedibile,quelle scene di morte sono tornate a ripetersi su unavia del centro di Roma o di Bologna, proprio mentrelantiquato linguaggio delle nuove formazioniterroristiche tornava a riecheggiare e a diffondersiattraverso i canali della rete informatica.Nel momento in cui ci si ritrova ad assistere ad unainquietante esasperazione del confronto sociale epolitico allinterno del Paese, si percepisce ancorpi diffusamente la necessit di avviare un itinerariocondiviso di sensibilizzazione e mobilitazionedellopinione pubblica, della comunit scientifica,delle Istituzioni, affinch le istanze che provengonodalle vittime del terrorismo italiano degli anni 70 e80 trovino ascolto e riscontro in un processo dimediazione sociale che non vuole e che non puportare, in alcun modo, alla legittimazione dicrimini efferati; alla sostanziale equiparazione fra

    chi ha voluto e chi ha subito la lotta armata; allaimposizione liturgica di un ritualismo delpentimento o del facile indulgenzialismo.Questipotesi di dialogo ambisce ad essere lostrumento preferenziale attraverso il quale

    corrispondere, per quanto possibile, aquellinappagato desiderio di giustizia e verit cheaccomuna le vittime del terrorismo italiano e che

    grava, come un macigno, sul passato ma anche sul

    presente e sul futuro del nostro Paese. bene sottolineare da subito come alla base di unasimile prospettazione non vi sia alcun intento

    stucchevolmente pietistico nei confronti dellevittime o, di converso, una invocazione di(ulteriore) solidariet a beneficio di mandanti edesecutori della lotta armata.Lidea di un confronto aperto, concertato, condivisoe convissuto, sulla storia degli anni di piomboviene qui sostenuta con la fiduciosa speranza cheesso possa portare al superamento, individuale ecollettivo, di quel secondo fattore divittimizzazione che ha devastato le esistenze dicoloro che sono stati colpiti dalle organizzazioniterroristiche. Ci riferiamo, in questaccezione, aquel processo di rimozione collettiva, diemarginazione, di stigmatizzazione che ha afflitto levittime del terrorismo, alle quali nel migliore deicasi - stato riservato il ruolo di comparse(spesso non gradite) nella rappresentazionegiudiziaria; alle quali non mai stato concretamentericonosciuto un diritto reale di interloquire sullemotivazioni pi profonde che hanno orientato gliinsegnamenti di troppi cattivi maestri ed armato lamano di tanti assassini; alle quali non mai statopermesso di accedere agli imperscrutabili scenarisociali, politici e istituzionali che hanno fatto dasfondo alle trame di quella lunga (e non ancoraconclusa) stagione di violenza politica.Non sfuggono gli ostacoli e i pregiudizi chepossono frapporsi, anche in questa delicatissimacongiuntura, alla realizzazione di un progetto tantoambizioso, che indubbiamente sfiora connotatiutopistici.

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    Il primo equivoco che va rigorosamente evitato

    attiene allinterpretazione delle espressioni, di puralta valenza suggestiva, su cui destinato adimperniarsi il ragionamento che ci accingiamo adarticolare. Una preliminare precisazione

    terminologica appare, in tal senso, tuttaltro che

    scontata.

    Comprendere la storia del terrorismo italianopresuppone, dal nostro punto di vista, il significatoetimologico e, quindi, pi pregnante del predicato.Dal latino cum prehndere: prendere insieme;appropriarsi in maniera critica e meditata di unarealt di certo controversa ma che, a diverso titolo,appartiene allintera comunit nazionale.Comprendere la storia del terrorismo italiano,dunque, non certo per giustificare condotte e figureche rimangono del tutto ingiustificabili, ma perguardare al nostro pi fosco passato con occhidiversi: per la prima volta e finalmente con gli occhidella vittima2.

    2. Per corrispondere allappello degli innocenti.In Italia esistono diverse associazioni di familiari divittime delle stragi o delle singole azioniterroristiche che hanno insanguinato il Paese. In

    questa spontanea propensione allo scambio disolidariet ed alla partecipazione attiva alle comuniesperienze di vittimizzazione va coltaquellumanissima volont di compartecipazione delproprio dolore che tende ad unire chi ha dovutoaffrontare crimini sconvolgenti.

    2 Secondo lapproccio opportunamente suggerito in Bisi

    R., Faccioli P. (a cura di), Con gli occhi della vittima.

    Questampia rete del volontariato sociale ha assoltoe continua ad adempiere ad una funzione pubblicadi grande valore, offrendo a moltissime persone lapossibilit di uscire, anche a diversi anni di distanza,dalla solitudine e dalla depressione nella quale sonostate catapultate dalla spirale del terrorismo. Si puben dire che, nella generalit dei casi, limpegno ditali associazioni ha provvidenzialmente colmato ilvuoto di assistenza morale e di tutela materiale cheha segnato il rapporto fra il nostro modello diwelfare state e questa particolare categoria dicittadini. Determinante stato, in particolare,limpegno profuso da questi gruppi spontanei pertener viva - nonostante i depistaggi, le delusioni, leprovocazioni - quella speranza di giustizia checontinua ad animare migliaia di vittime delterrorismo.

    stato opportunamente evidenziato, a commento diuna importante ricerca condotta dal C.I.R.Vi.S.dellUniversit di Bologna, come in questocoraggioso ed instancabile attivismo si riflettaunesigenza che, da un lato, ha carattere personalema che, dallaltro, assume un tono altruistico nelsenso pi profondo del termine, ovvero indirizzatoallalter, in quanto orientato anche al resto dellacollettivit3.Se vero che sussiste, nei riguardi di ogni vittima direato, una diffidenza ancestrale frutto di quellaarcaica necessit di rimuovere limmagine dellavittima poich pu essere lespressione di un potere

    Approccio interdisciplinare alla vittimologia, Milano,Franco Angeli, 1996.3 Vezzadini S., Terrorismo e vittimizzazione: strategie

    di sostegno, in Bisi R. (a cura di), Vittimologia.Dinamiche relazionali tra vittimizzazione e mediazione,Milano, Franco Angeli, 2004, p. 118.

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    che produce disperazione e morte colpendo fascedeboli o poco protette4, non v dubbio che taledistanza emotiva e relazionale viene esasperata, neiconfronti di chi ha subito unazione terroristica, inmaniera tangibile e non facilmente arginabile.Proprio per questo, dunque, la sperimentazione diun inedito percorso di alternative dispute resolutionin questo specifico settore, lascia trasparire i

    contorni di una sfida culturale, prima ancora chescientifica, da cui non ci si pu pi sottrarre.Occorre tracciare il sentiero di un dialogo con levittime del terrorismo, favorendo lincontroconsensuale con il resto della societ, svelando queisegreti di Stato che hanno sin qui celatoresponsabilit inconfessabili, includendo in questaimpresa di disclosure tutti coloro che intendonorendere un apporto di verit destinato ad assumereuna valenza liberatoria per se stessi; per la propriacoscienza; per riconciliarsi nei termini in cui cidiviene possibile con gli altri e in primo luogo conquanti sono stati lesi dalla propria scelta criminale;per recuperare la propria dignit di uomini.Sentiamo di dover convenire, in questottica, conlopinione gi espressa dal presidente dellaCommissione parlamentare di inchiesta sulle stragiGiovanni Pellegrino, secondo il quale la prospettivadi una riconciliazione civile pu e deve diventare ilmezzo per conoscere la verit, e la verit lacondizione del perdono posto che secontinueremo a considerare impercorribile questa

    4 Balloni A., Prefazione, in Bisi R. (a cura di),

    Vittimologia. Dinamiche relazionali tra vittimizzazione emediazione, Milano, Franco Angeli, 2004, p. 7 e BalloniA., La vittima del reato, questa dimenticata, in Atti dellaTavola Rotonda della Conferenza Annuale della Ricerca(5 dicembre 2000), Accademia Nazionale dei Lincei,Roma, 2001, consultabile sul sito www.vittimologia.it.

    via, dovremmo laicamente convincerci che impossibile fare totalmente chiarezza, almeno fino aquando tutti i protagonisti ancora ignoti di questevicende saranno in vita5.Tale proposta non suona pi, oggi, come unainaccettabile provocazione, un oltraggio allamemoria, lennesimo vilipendio ai martiri deglianni di piombo, ma trova un significativoriconoscimento proprio nelle voci e nei desideri dichi, per primo, ha subito quellimmane violenza,rivelandosi unopportunit concreta e forseirrinunciabile per una definitiva maturazione di tuttoil Paese.

    La lettura della toccante raccolta di storie di vitacurata da Giovanni Fasanella ed Antonella Grippoci ha definitivamente persuasi in questa direzione6.Le vittime del terrorismo percepiscono a pienolonta della disparit di trattamento alla quale sonostati sottoposti rispetto ai loro stessi aguzzini e

    massacratori, che sempre pi spesso appaiono comeospiti fissi nei talk show televisivi, improbabiliprofeti dello spirito imperante nel nostro tempo.Gli ex terroristi denuncia Giovanni Berardi, ilfiglio di un funzionario della Questura di Torinoucciso dalle Br il 10 marzo 1978 sono coccolati eprotetti. A noi vittime, invece, negato ogni spazio.Noi non abbiamo voce, n in televisione, n suigiornali. Per noi, la par condicio non esiste, noidisturbiamo. Quando ci invitano, e capita assairaramente, ci chiamano per interpretare il ruolo deifiguranti, delle comparse: ci fanno fare un saluto, cilasciano dire chi abbiamo perso, di chi siamo

    5 Pellegrino G., Fasanella G. e Sestieri C., Segreto di

    Stato, Torino, Einaudi, 2000, p. 239.

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    parenti, e poi ci costringono ad ascoltare per orelepopea degli ex terroristi7. La medesimaamarezza riecheggia nelle parole di Antonio Iosa,uno dei tanti esponenti politici gambizzati e resi persempre invalidi dalle Brigate Rosse: avverto spiega Iosa un senso di profonda solitudine. Cihanno isolati per paura del nostro punto di vista. Ehanno stretto intorno a noi un cordone sanitario disilenzio. Tutto questo mentre le televisioni e i

    giornali sono pieni delle versioni dei fatti fornite daibrigatisti. Versioni di comodo, edulcorate ereticenti. Sono stanco di parlare al vento, diconfrontarmi con dei muri di gomma. Sono giuntoal punto di provare quasi imbarazzo a definirmi unavittima del terrorismo. S, per paura di essereaccusato di avere la vocazione al terrorismo o,peggio, di trasformare il mio dramma in unaprofessione. La mia sofferenza reale ed di tutti igiorni che Dio manda in terra. Ma non voglio piparlarvi di questo, delle mie povere gambemacellate. No, basta. Mi sentirei umiliato a farloancora. Ma credetemi: il dolore fisico niente inconfronto al dolore provocato dalle feritedellanima. l, nellanima, che continuano aspararci e a colpirci8.

    Il Presidente della Repubblica, anche di recente, hariaffermato la propria vicinanza a questa bistrattatacategoria di cittadini, ribadendo un chiaro richiamoal rispetto della memoria delle vittime delterrorismo e dunque al rispetto in tutte le sedi dei loro famigliari e un fermo appello perch di

    6 Fasanella G. e Grippo A., I silenzi degli innocenti,

    Milano, Rizzoli, 2006.7 Testimonianza di Giovanni Berardi, in Fasanella G. e

    Grippo A., I silenzi degli innocenti, op. cit., p. 110.8 Testimonianza di Antonio Iosa, in Ibidem, p. 169 s.

    ci si tenga conto anche sul piano dellinformazionee della comunicazione televisiva atteso che, comdel tutto condivisibile, il legittimo reinserimentonella societ di quei colpevoli di atti di terrorismoche abbiano regolato i loro conti con la giustiziadovrebbe tradursi in esplicito riconoscimento dellaingiustificabile natura criminale dellattaccoterroristico allo Stato e ai suoi rappresentanti eservitori e dovrebbe essere accompagnato dacomportamenti pubblici ispirati alla massimadiscrezione e misura9.Con questa consapevolezza, in quasi tutte letestimonianze raccolte nellultimo libro di Fasanella(che non ha precedenti nella pur ricca bibliografiadedicata alle vicende degli anni di piombo,comprendente, per lo pi, opere di storici o deglistessi militanti della lotta armata) vienereiteratamente ribadito un invito semplice maaccorato a trovare tutti insieme una via dimediazione per giungere alla verit sulla storia delterrorismo italiano.

    Questappello rivolto da tante persone, protagonisteloro malgrado degli anni di piombo, merita lamassima considerazione da parte di tutta lacomunit accademica ed istituzionale, oltre chedalla pi vasta opinione pubblica. convinzione diffusa che arrivati a questo punto,dopo che molti protagonisti attivi e passivi di quellastoria hanno gi interrotto le proprie esistenze o siaccingono ad affrontare la loro pi avanzata et, laricerca della verit finisca col condensare in s ognianelito di giustizia. Verit e giustizia sono

    9 Napolitano G., Ex br in tv chiedo rispetto per le vittime

    del terrorismo, Lettera del Capo dello Stato a CorradoAugias, su Repubblica del 13 marzo 2007, p. 1.

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    sinonimi. La verit giustizia10, come ha detto ilfiglio di Francesco Coco, il procuratore generaledella Repubblica di Genova assassinato dalleBrigate Rosse l8 giugno 1976.Anche secondo Manlio Milani, presidentedellAssociazione dei familiari delle vittime dellastrage di Piazza della Loggia del 28 maggio 1974,il tema della memoria un problema che riguardail modo di essere della nostra democrazia,conquistata e difesa a carissimo prezzo. Il fatto dinon aver avuto giustizia continua ad impedirci diuscire completamente da quel passato, ci legaancora ad esso, inevitabilmente. Anche perchsiamo consapevoli che limpunit stata resapossibile da uomini degli apparati dello Stato chehanno impedito alla magistratura di procedere.Ognuno di noi, non per una questione di vendetta,ma anche per affrontare dentro di s la problematicadel perdono, deve sapere chi perdonare. Quando michiedono se sono favorevole al perdono, la domandache si fa strada dentro di me : Chi devoperdonare?. Non conoscendo la verit, sono statoprivato anche del diritto di perdonare. () Perquesto non riesco a riconciliarmi definitivamentecon le istituzioni, le ritengo inevitabilmenteresponsabili della mancata giustizia. Lo Stato ci hanegato il diritto alla giustizia e alla verit ed difficile, in questo contesto, ridare equilibrio allenorme della convivenza civile. A volte penso chequei corpi martoriati nelle stragi non riescono a

    riposare in pace, li immagino come dei fantasmi chevagano11.

    10 Testimonianza di Massimo Coco, in Fasanella G. e

    Grippo A., I silenzi degli innocenti, op. cit., p. 69.11

    Testimonianza di Manlio Milani in Ibidem, p. 21 s.

    Per Paolo Bolognesi, presidente dellAssociazionedei familiari delle vittime della strage di Bolognadel 2 agosto 1980 (il pi sanguinoso attentatoterroristico nella triste sequela della lotta armata,con 85 morti di cui 25 bambini), affinch ci sia unapossibilit di incontro, occorre che verit egiustizia abbiano fatto il loro corso; che la memoriadi quanto accaduto non sia intorbidata e i ruoli nonvengano confusi. Soltanto dopo la chiarezza, aorientare i possibili passi verso i rei, saranno lacoscienza e il vissuto delle vittime posto che unapacificazione non radicata sul terreno solido dellaverit non sarebbe vera pacificazione, ma solo untappeto sotto cui nascondere la sporcizia: nel casodelle stragi terroristiche questi tappeti sono venutisomigliando a delle montagne russe. () Unoscenario che vedesse invece finalmente acquisita laverit, consentirebbe una diversa valutazione delleesigenze di giustizia, dei modi della pena e delleprospettive di riconciliazione e pacificazione12.Olga DAntona, la vedova di Massimo DAntona, ildocente universitario ucciso la mattina del 20maggio 1999 dalle nuove Brigate Rosse-PartitoComunista Combattente, pur percependo a pieno irischi insiti in un simile progetto, non ha nascosto la

    propria adesione a questa ipotesi di mediazionesociale: bisogna valutare se in questo Paese cosavvelenato ha avuto modo di ripetere la DAntona- sia possibile aprire un dialogo, un confronto; (...)se siamo in grado di affrontare, tutti insieme, unpezzo della nostra storia, parlandone. Penso peresempio allesperienza del Sudafrica, verit incambio di perdono. Ma sinceramente non so

    12 Bolognesi P., Incontri,in Dignitas, n. 5, Luglio 2004,

    p. 59 ss.

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    valutare se questo provocherebbe nuove fratture,nuove spaccature nella coscienza civile del Paese.Tuttavia, penso che sarebbe comunque auspicabilechiarezza, verit in fondo in cambio di perdono13.Questo spiraglio di disponibilit da parte dellaDAntona ci colpisce profondamente perchproviene da una delle ultime vittime della lottaarmata14. Proprio per questo il suo pensiero ci

    appare particolarmente illuminante, a conferma

    della bont dello sforzo che pu essereunitariamente intrapreso per provare a sanare le

    lacerazioni che permangono nel tessuto sociale e

    nella memoria collettiva del Paese.Ci troviamo dunque dinanzi ad un bivio, pieno diincognite. Da qui, molto probabilmente, non pipossibile tornare indietro. E questo, forse, un granbene.Oggi dobbiamo ricostruirla, la memoria del nostropassato, come spiega Anna Di Vittorio, insegnante

    elementare, che nella strage di Bologna del 2 agosto1980 ha perso un fratello. Per farlo, necessarioaffondare il bisturi in certe zone grigie mai toccateda nessuna indagine, o solo sfiorate. Ci sonoresistenze da sconfiggere e paure da rimuovere. (...)Chi rimasto in vita, fra i protagonisti di quellastagione, e possiede frammenti di verit chepotrebbero aiutare a ricostruire un quadro picompleto, non parla. Per paura delle conseguenzeche ne potrebbero derivare per se stessi e per altri. Eallora, come uscirne? Io penso che abbia ragione

    13 Testimonianza di Olga DAntona, in Fasanella G. e

    Grippo A., I silenzi degli innocenti, op. cit., p. 237.14

    Sul dramma vissuto da Olga DAntona si vedaDAntona O., Zavoli S., Cos raro, cos perduto. Unastoria di terrorismo, una storia personale, Milano,Mondadori, 2004.

    Pellegrino, quando propone verit in cambio diimpunit, secondo un modello sperimentato nelSudafrica, dopo la caduta del regime razzista deibianchi. () E cos che il Sudafrica ripartito, nonmassacrandosi tra di loro per vendette postume, maricostruendo una memoria dei fatti, lasciando allastoria il giudizio definitivo. Qualcosa del genere sipotrebbe fare anche in Italia, e non siamo i soli apensarlo15.

    Effettivamente non siamo i soli a pensarlo. Vi chiha gi autonomamente avviato, con esiti confortanti,questo itinerario di riconciliazione.Personalmente, nel mio piccolo racconta

    Lorenzo Pinto che nella strage di Brescia ha persoun fratello sto gi sperimentando il modellosudafricano attraverso un intenso rapportoepistolare con Vincenzo Vinciguerra, militante diOrdine nuovo allepoca di piazza della Loggia. ()Mi ha aiutato a capire. Lo rispetto. E ho la speranza

    che esca dal carcere. Fuori ce ne sono tanti altri chesanno e non parlano, che hanno commesso reati o

    hanno aiutato a commetterli o hanno protetto i

    colpevoli. Ma di loro non sapremo mai nulla, se loStato, con la sua clemenza, non li aiuter a venireallo scoperto. Il perdono come mezzo per conoscerela verit, e la verit come condizione del perdono.Altrimenti, fra un secolo, saremo ancora qui, a

    interrogarci e a dividerci sui veleni di queglianni16.

    Lorenzo Pinto non stato il primo a cercare ed atrovare, da solo, le motivazioni e le possibilit perrapportarsi con coloro che sono la causa della

    15 Testimonianza di Anna Di Vittorio, in Fasanella G. e

    Grippo A., I silenzi degli innocenti, op. cit., p. 208 s.16

    Testimonianza di Lorenzo Pinto, in Ibidem, p. 31 s.

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    propria sofferenza17. Larchitetto Sergio Lenci ha alungo mantenuto una fitta corrispondenza conGiulia Borrelli, uno dei componenti del commandodi Prima Linea che il 2 maggio 1980 fece irruzionenel suo studio romano per ucciderlo. Nel risponderealla prima lettera speditagli dallex terrorista,linsigne cattedratico ha illustrato il senso e lepotenzialit di questo incontro (ben lontano dalleluci delle telecamere) fra chi si macchiato dicrimini enormi e chi porta con s il peso,psicologico e materiale, di quelle vicende. I suoimutati sentimenti verso la societ e il genere umano scriveva il professor Lenci a Giulia Borrelli nonpossono che rallegrarmi. Essi, per, non possonorestare belle parole, se sono veramente profondi esofferti come debbono. Non basta cambiare idea echiedere la riconciliazione. Quanto ella ha fatto coni suoi complici nellorganizzazione terroristica alla

    quale apparteneva cosa troppo grave per poteressere semplicemente condonata e dimenticata. ()Il prezzo da pagare per le inumane azioni che voiavete commesso, se volete che vi si tenda una manocon lumanit che oggi chiedete e che in moltisiamo disposti a darvi, quello di smascherarelintrigo. Non si chiede vendetta ma si chiede che lagente conosca i nomi di chi si nasconde dietro lefurbesche posizioni di potere che ancora inquinanola nostra societ. Anche se questo gesto dovessecostarvi il venir meno delle protezioni di cui oggigodete, sarete protetti da altri, dalla societ degli

    17 I riflessi introspettivi del rapporto autonomamente

    ricercato fra una vittima della lotta armata ed un exterrorista sono stati efficacemente messi in risalto, inambito cinematografico, nel film di Mimmo Calopresti,La seconda volta, produzione Sacher Film, Italia/Francia,1995, con Valeria Bruni Tedeschi e Nanni Moretti.

    onesti e degli uomini liberi, societ alla quale voidite di volervi ricongiungere18.Padre Adolfo Bachelet, fratello di Vittorio Bachelet,vicepresidente del Consiglio Superiore dellaMagistratura, ucciso dalle Br nei corridoidellUniversit di Roma, dove insegnava, il 12febbraio 1980, gir a lungo per le carceri italiane,per incontrare e sostenere il cammino di queigiovani che, fuoriusciti dalla lotta armata,maturavano una sincera revisione delle proprieconvinzioni, manifestando il desiderio di reinserirsicostruttivamente nella societ19.Sappiamo che esiste la possibilit di invitarla quinel nostro carcere, scrissero gli uomini delleBrigate Rosse a padre Adolfo Bachelet. Nonsiamo tutti uguali: abbiamo esperienze, sensibilit emodi di intendere la vita diversi. La sua visita avrdunque un significato particolare e irripetibile perognuno di noi, ma a tutti porter il segno dellasperanza. (...) Se abbiamo cercato di cambiare, ci avvenuto anche perch qualcuno ha testimoniato per

    18 Lenci S., Colpo alla nuca. Memorie di un

    sopravvissuto a un attentato terroristico, Roma, EditoriRiuniti, 1988, p. 145 s.19

    Sul rapporto fra lessenza della carit e le funzioni deldiritto, anche con riguardo alle prospettive dipacificazione interpersonale, si veda, fra laltro, Cotta S.,Perch il diritto?, Brescia, La Scuola, 1979; Cotta S.,Dalla guerra alla pace. Un itinerario filosofico, Milano,Rusconi, 1989 e Rizzi A., Dalla pace alla giustizia: ilperdono, in Dignitas, n. 8, Novembre 2005, p. 84 ss.Per una apologia laica della mitezza nella relazionegiuridica si veda, fra tutti, Bobbio N., Elogio dellamitezza, Milano, Il Saggiatore, 2006 e Zagrebelsky G., Ildiritto mite, Torino, Einaudi, 1996. Torna alla memoria,in questo contesto, linascoltato appello che, il 21 aprile1978, Papa Paolo VI rivolse, con parole di meditataaccoglienza e paterna apertura, agli uomini delle BrigateRosse per la liberazione di Aldo Moro, ora consultabilesul sito ufficiale della Santa Sede allindirizzo Webhttp://www.vatican.net/holy_father/paul_vi/letters/documents/hf_p-vi_let_19780422_brigate-rosse_it.html.

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    noi, davanti a noi, della possibilit di essere diversi.Per questo la sua presenza ci preziosa. Ai nostriocchi essa ricorda lurto tra la nostra disperatadisumanit e quel segno vincente di pace, ciconforta sul significato profondo della nostra sceltadi pentimento e di dissociazione e ci offre per laprima volta con tanta intensit, limmagine di unfuturo che pu tornare ad essere anche nostro. Soloalcuni di noi si sono aperti in senso proprioallesperienza religiosa, ma creda, padre, che tuttinel momento in cui con tanta trepidazione lainvitiamo, ci inchiniamo davanti al fatto puro esemplice che la testimonianza di umanit pi larga evera e generosa sia giunta a noi da chi vive in spiritodi carit cristiana. Per questo, pensosi di ci, tuttinoi la aspettiamo20.

    Ha ragione, anche in questo frangente, OlgaDAntona. Sono, queste, parole che pesano e

    scavano, che creano ponti attraverso cui entrare

    realmente in contatto con gli altri; parole benlontane dalla virtualit incalzante di forme dicomunicazione sulla cui superficie tutto scivola e si

    disperde velocemente. C una verit delle persone,un fondamento morale, che sempre pu riaffioraredalla profondit dellumano sentire: in parole comequeste se ne pu cogliere leco21. Parole econtenuti da cui partire verso una rincuorante ideadi alternative justice.

    3. Per unipotesi di mediazione conciliativa:lesperienza sudafricana.

    20 Bachelet A., Tornate a essere uomini! Risposte di ex

    terroristi, Milano, Rusconi, 1989.21

    DAntona O., Che lodio non ci avveleni lanima, inDignitas, n. 8, Novembre 2005, p. 48.

    Non v dubbio che lesperienza della Commissionesudafricana Verit e Riconciliazione (South AfricanTruth and Reconciliation Commission)22, istituitanel 1995 durante la transizione costituzionalepostsegregazionista per giudicare i criminicommessi nel corso dellapartheid, ha fornito unimportante contributo allevoluzione della ricercasui modelli di risoluzione dei conflitti alternativi aisistemi giurisdizionali-retributivi23.Secondo la legge istitutiva della TRC sudafricana,dal riconoscimento pieno delle responsabilit e dellecolpe dei criminali derivava lapplicabilit diunamnistia, cui seguivano misure di riparazione afavore delle vittime di cui doveva farsi carico ilgoverno. Il riconoscimento di responsabilitavveniva spontaneamente e pubblicamente di frontealla Commissione e - come spiega Zagrebelsky -ci costituiva un alleggerimento, al tempo stesso,

    della coscienza dei criminali e della pena dellavittima. Il conseguente esonero da sanzioni, siapenali che civili - ricorda lillustre giurista - noncomportava loblio o la rimozione, com invecesecondo la nostra nozione di amnistia, ma, alcontrario, memoria ed elaborazione del malecommesso e subito. In questottica, le misure diriparazione erano assunte dallo stato, cio dallacollettivit interessata alla pacificazione. Non si

    trattava propriamente di risarcimento del danno,poich, non vi denaro che possa ripagare il dolore,

    22 Da qui in poi la Commissione sudafricana Verit e

    Riconciliazione sar identificata con lacronimo TRC.23

    Cos, fra tutti, Lollini A., Analisi degli attributilinguistico-simbolici del testis contra se davanti allaCommissione Sudafricana Verit e Riconciliazione. Unanuova ipotesi di giustizia riparativa, in Mannozzi G. (acura di), Mediazione e diritto penale. Dalla punizione del

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    ma consistevano, ad esempio, in borse di studio afavore dei figli delle vittime, in programmi direcupero tramite laddestramento professionale,nellaccollo delle spese per interventi medici,nellassegnazione di abitazioni, o anche nelrecupero e nellidentificazione dei cadaveri o nellaloro onorevole inumazione. Leffetto cui mirava in

    tal modo la Commissione era quello di una catarsisociale24.

    Il miracolo sudafricano, come lo definisceZagrebelsky, sta proprio in questo: nellumanadisponibilit che si manifestata allesito di unconflitto etnico e razziale protratto per secoli; nella

    possibilit di pacificazione a cui si pervenutievitando che lingiustizia subita producesse nuoveingiustizie; nella riconciliazione degli animi, unavolta che le colpe sono state riconosciute. A

    differenza di altri tentativi falliti di superare lefratture sociali attraverso strumenti analoghi, in

    Sudafrica verit, giustizia e pace, le tre cose chereggono il mondo, sono state rese possibili dallospirito del perdono e in una misura che ha almenoevitato ulteriori, pi gravi violenze e ingiustizie25.Nella TRC sudafricana, una volta neutralizzata lapena, lautoaccusa - il testis contra se - ha

    acquistato una dimensione foriera non gi di odioma di generosa com-prensione e di razionaleapertura. Non si voluto che fosse un giudice acertificare, mediante una sentenza, la ricostruzionefattuale di avvenimenti di cui in molti erano statitestimoni. Per ottemperare ad unesigenza primaria

    reo alla composizione con la vittima, Milano, Giuffr,2004, p. 159 ss.24

    Zagrebelsky G., Martini C.M., La domanda digiustizia, Torino, Einaudi, 2003, p. 38.25

    Ibidem, p. 39 s.

    di riconciliazione comunitaria si ritenuto difavorire lintervento dei protagonisti stessi di queidelitti. Si voluto che fossero loro a certificare ilparadigma accusatorio. In cambio,sinallagmaticamente, si fatta cadere la logicaespiativa26. Fare giustizia, in questo contesto, non ha

    significato punire ma risanare, come ha spiegato

    in pagine di straordinaria intensit Desmond Tutu,vescovo anglicano, insignito del Premio Nobel perla Pace nel 1984, che di quella Commissione fupresidente 27.La TRC ha dunque costituito: a) uno spaziopubblico e collettivo aperto permettendo lapartecipazione delle vittime delle violazioni gravidei diritti umani e di coloro che sono stati iresponsabili del sistema e dei crimini dai quali ilSudafrica ha inteso affrancarsi; b) il tentativo dirappresentare simbolicamente una nuova comunit,in cambio del riconoscimento individuale dellaresponsabilit davanti alla collettivit tramite ladisclosure; c) il luogo in cui cominciare un lungoprocesso di riconciliazione, di costruzione dellapercezione comune del passato (shared sense of thepast), di creazione di una nozione condivisa distoria, e di tutti quei simboli necessari allainvenzione nazionale insita nellaffermazione delprincipio costituzionale della National Unity28.

    26 Lollini A., Analisi, op cit., p. 187 s.

    27 Tutu D., Non c futuro senza perdono, Milano,

    Feltrinelli, 2001, p. 119 s.28

    Cos Lollini A., Lesperienza delle Commissioni perla Verit e la Riconciliazione: il caso sudafricano in unaprospettiva giuridico-politica, in Illuminati G., StortoniL. e Virgilio M., Crimini internazionali tra diritto egiustizia, Torino, Giappichelli, 2000, p. 208 s.

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    In concreto, la TRC ha saputo declinare lannosolegame fra verit e giustizia, attraverso29:la ricostruzione della dimensione storico-collettivadei crimini (alla Commissione furono conferitiesclusivamente poteri di ricerca della verit,unattivit circoscritta da cui non discendelimplementazione di processi penali e di nuoverisposte punitive);la ricostruzione della verit, direttamente collegataalla identificazione degli autori dei delitti e allaindividuazione dei contesti in cui gli stessimaturarono;

    il coinvolgimento degli autori delle violazioni(persecutors) in un percorso di rivelazione e dipresa di coscienza delle proprie responsabilitindividuali.Limpegno di ricerca storica portato avanti dallaTRC ha cos consentito lemersione di una duplicedimensione di verit30:una dimensione individuale, legata allesperienzadel singolo, precipuamente soggettiva, che coincidecon la memoria, caratterizzata dalla presenza disentimenti e sensibilit;una dimensione collettiva, riportata allesperienzacomunitaria, derivata dalle prove raccolte e dalle

    29 In tal senso Ceretti A., Quale perdono possibile

    donare? Riflessioni intorno alla Commissione per laVerit e Riconciliazione sudafricana, in Dignitas, n. 6,Dicembre 2004, p. 34 s.30

    Sul ruolo, sulle funzioni e sul significato dellaCommissione sudafricana di Verit e Riconciliazione siveda, fra laltro, Mandela N., Lungo cammino verso lalibert, Milano, Feltrinelli, 1995; Flores M. (a cura di),Verit senza vendetta. Lesperienza della Commissionesudafricana per la Verit e la Riconciliazione, Roma,Manifestolibri, 1999; Nociti A., Guarire dallodio,Milano, Franco Angeli, 2000; Franchi D., Milani L., Laverit non ha colore. Aguzzini e vittime dellapartheidtestimoniano alla Commissione per la verit e lariconciliazione sudafricana, Milano, Comedit, 2003.

    indagine eventualmente svolte per ricostruire ilquadro storico delle violazioni commesse durante ilregime dellapartheid. Una verit che nasce dalracconto che coinvolge tutta la comunit di cui faparte il soggetto narrante, il quale ricostruisce la

    verit per liberarsi del suo peso e per corrisponderealla sollecitazione della comunit che lo ascolta.Siamo anche noi convinti che lesperienza dellaTRC costituisca un modello storico e giuridico-comparato di assoluto rilievo che, con gli opportuniadattamenti, pu trovare positiva applicazione anchenel nostro Paese, nonostante i molteplici elementi

    distintivi che caratterizzano la realt italiana (conriguardo alle vicende della lotta armata) da quellasudafricana dellapartheid.

    4. Per i vivi e per i morti: una proposta digiustizia e verit.

    La mediazione, insegnano gli esperti, unprocesso dialettico di attivazione della conoscenzatra autore e vittima (che pu funzionare anche comefattore di stabilizzazione sociale) in cui il mediatore chiamato a ricostruire fra le parti lo spaziocomunicativo inter-soggettivo e a trovare un segno

    comune che possa condurre al superamento delconflitto31.

    Con questo modesto contributo al dibattito inmateria di tutela della vittime del terrorismo italianoabbiamo cercato di dimostrare quanto sia ampio ilfronte di consenso rispetto a questesigenza di

    31 Cos Mannozzi G., Loggetto della mediazione, in

    Dignitas, n. 7, Maggio 2005, p. 64. Nello stesso senso, siveda Balloni A. (a cura di), Cittadinanza responsabile etutela della vittima, Bologna, Clueb, 2006 e Vezzadini S.,La vittima di reato tra negazione e riconoscimento,Bologna, Clueb, 2006.

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    mediazione che alla ricerca, per lappunto, di unsegno comune per ridare a questo Paese unasperanza di giustizia e verit sugli anni di piombo.Questo processo di chiarificazione condivisa epartecipata sulla nostra storia recente presuppone

    inevitabilmente un meccanismo che esenti oggidalla pena delitti che hanno avuto una motivazionepolitica e dalla cui attuazione ci separa lo spazio diuna generazione32. Non pu essere

    pregiudizialmente escluso, in tal senso, il ricorso aduna amnistia generalizzata per quanti rendonopossibile la ricostruzione della verit sui fatti diterrorismo o, al limite, lemanazione di una normaspeciale sulla prescrizione dei delitti commessi permotivazioni politiche nella notte dellaRepubblica33.Ci preme far rilevare, tuttavia, come sia lamnistiache la prescrizione speciale per reati diterrorismo, cos come paventate dal senatorePellegrino, si riferiscano a modalit di estinzionedelle singole fattispecie delittuose che, per moltiversi, sono forse inidonee a recepire e formalizzare icontenuti del patto sociale che alla base di questaauspicata iniziativa di mediazione.Daltro canto, tali provvedimenti difficilmentepotrebbero essere adottati - soprattutto nel casodellamnistia, per cui si richiede una maggioranzaparlamentare particolarmente qualificata - senza

    innescare, anche in ambito meramente politico,uninopportuna recrudescenza di conflitti ideologicimai sopiti, in grado di arrestare a fortiori questolento cammino verso la verit. Sussistono, inoltre,

    32 Pellegrino G., Fasanella G. e Sesieri C., Segreto di

    Stato, op. cit., p. 238.33

    Ibidem, p. 237.

    alcune perplessit circa la compatibilit frameccanismi premiali speciali di questa natura ed isupremi princpi costituzionali di cui agli articoli 3,111 e 112 della Costituzione.Per questi motivi, pur condividendo a pieno lafinalit sottesa a simili proposte, ci sembrapreferibile una diversa opzione giuridico-formaleche qui andiamo, sommariamente, a presentare.A nostro parere, lo strumento pi adeguato perfavorire questo percorso comune di rielaborazionedella storia recente del nostro Paese, va individuatoin una apposita Commissione per la Verit sullastoria del terrorismo italiano che dovr esserecomposta da storici di riconosciuta autorevolezza,rappresentativi dei diversi orientamentiinterpretativi della realt degli anni 70 e 80, oltreche da studiosi ed intellettuali di disciplinedifferenziate (sociologi, criminologi, psicologi,politologi, filosofi, giornalisti ecc.), in grado direndere un valido contributo per la ricostruzionedelle vicende e delle responsabilit degli anni dipiombo. indispensabile che la Commissione siacostituita da personalit in grado di riscuoterenellopinione pubblica la massima credibilit. Lalista dei Commissari dovr essere decisa a seguitodi una serie di dibattiti e di incontri che coinvolganoin primo luogo le associazione dei familiari e lesingole vittime del terrorismo.I lavori della Commissione dovranno tendere aricostruire pubblicamente la storia della lottaarmata, acquisendo le dichiarazioni delle vittime equelle dei militanti delle organizzazioni terroristicheche - del tutto volontariamente - intendano offrire ilproprio contributo di verit.

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    inutile dire che uno dei presupposti per il lavoroche questa Commissione sar chiamata a svolgere costituito dalla immediata riforma della disciplinadel segreto di Stato, di cui si impone una radicalemodifica al fine di evitare che, dietro linvalicabilemuro degli omissis, possano essere celateresponsabilit inconfessabili e le chiavi di letturaindispensabili per pervenire ad una plausibilericostruzione delle vicende del terrorismo italiano.Alla Commissione dovr essere affidato il compitodi favorire il confronto fra le vittime ed iresponsabili dei singoli reati, secondo un modellovictim centred di mediazione sociale, gisperimentato con successo in altri settori.

    Questorganismo tecnico-scientifico dovrprovvedere, inoltre, alla escussione di tutti itestimoni qualificati della lotta armata, catalogandoin maniera dettagliata e sistematica ogniinformazione acquisita, in maniera tale da elevarsiconcretamente quale spazio pubblico di costruzionedella memoria collettiva della storia del terrorismoitaliano.

    Al fianco della Commissione, dovr operare unapposito Organismo inquirente (eventualmenteanche attraverso una Sottocommissone) con ilcompito di verificare ed accertare lattendibilitdelle dichiarazioni autoaccusatorie e delle chiamatein correit rese da militanti e fiancheggiatori delleorganizzazioni terroristiche, curandolaggiornamento di un data base informatizzato edindividuando i necessari elementi corroborativi diogni contributo di verit. Tale struttura dovrricostruire, con la massima precisione, le

    circostanze in cui sono maturati e le dinamiche deisingoli eventi delittuosi, appurando le correlazioni

    che sussistono fra i diversi fatti e personaggi dellalotta armata.

    In coerenza con gli obiettivi e la natura di questaattivit, i riscontri acquisiti dalla CommissioneVerit e dallOrganismo inquirente non potrannoessere direttamente prodotti ed utilizzati, qualimezzi di prova, in eventuali processi penali chedovessero essere celebrati anche in futuro. Non pusfuggire la ratio di una simile disposizione: necessario, infatti, da un lato, edificare un sistemaatto ad incentivare il pi possibile la confessione diresponsabilit proprie e lattestazione di quelle altruie, dallaltro, ribadire lassoluta straordinariet di unasimile procedura che destinata ad inserirsi ed apermanere in un quadro storico-politico del tuttolimitato.

    La competenza ratione temporis della Commissionedovr essere, parallelamente, fissata con precisione.Lattivit di ricostruzione e chiarificazione storicaaffidata a questorganismo dovr prendere in esamefatti e personaggi a qualunque titolo collegati con la

    serie di delitti di matrice politica e/o ideologica e diattentati stragisti susseguitesi in Italia dal 12dicembre 1969 (strage di piazza Fontana) al 16aprile 1988 (uccisione dello statista democristianoRoberto Ruffilli).Per sciogliere il nodo quanto mai intricato relativo ai benefici con cui incentivare il testiscontra se degli ex terroristi, si mostra a nostroavviso necessario far ricorso alle alte prerogative

    del Capo dello Stato che, mai come in questo caso,sar chiamato ad esercitare le proprie funzioni diorgano rappresentativo e di massimo garantedellunit nazionale, cos come solennemente

  • Rivista di Criminologia, Vittimologia e Sicurezza Vol. I - N. 2 - Maggio-Agosto 2007 20

    sancito dallarticolo 87, undicesimo comma, dellaCostituzione.In tal senso, alla Commissione Verit dovr esserericonosciuta la possibilit di esprimere un parere (diestremo valore politico) sulla richiesta di clemenzaavanzata dal reo per delitti di terrorismo. Taleistanza formale di perdono da parte del colpevole(che disposto a riconoscere le proprieresponsabilit) appare come una insormontabileprecondizione per lavvio del percorso dimediazione sociale.Preso atto di tale giudizio, il Presidente dellaRepubblica potr (ma latto - sintende - destinatoa rivelarsi di fatto consequenziale in un simileschema istituzionale) concedere il beneficio dellagrazia ad personam. La concessione della grazia,dunque, dovr essere condizionata alladeposizione di una testimonianza completa,integrale, immediatamente apprezzabile (anche)dalla Commissione Verit sulla base dellistruttoriaespletata con lausilio dellOrganismo inquirente.Il provvedimento di grazia da ritenersi, perci,revocabile nel caso in cui le affermazioni(auto)accusatorie rese dal reo dovessero risultareprive di fondamento, depistanti e calunniose. Perevitare paradossali degenerazioni estrumentalizzazioni di tale sistema premiale,sintende che la grazia, conformemente alla suapeculiare natura costituzionale, potr essereconcessa solo a soggetti di cui, anche alla streguadella condotta di vita mantenuta successivamentealla consumazione dei reati confessati, sia certo ilravvedimento e la sincera disponibilit alreinserimento sociale.

    Diversamente dallamnistia o dalla prescrizione cheincidono sul profilo oggettivo del reato, lattopresidenziale di grazia destinato ad assumere, inquesto quadro, un valore simbolico di eminenterilievo, meglio rispondente al risvolto soggettivo,umanitario ed umanizzante che discende dallipotesidi mediazione sociale che viene qui accreditata.Come ha infatti ribadito anche di recente la CorteCostituzionale, lesercizio del potere di graziarisponde a finalit essenzialmente umanitarie, daapprezzare in rapporto ad una serie di circostanze(non sempre astrattamente tipizzabili), inerenti allapersona del condannato o comunque involgentiapprezzamenti di carattere equitativo, idonee agiustificare ladozione di un atto di clemenzaindividuale. La funzione propria della graziarimane, cos, quella di attuare i valoricostituzionali, consacrati dal terzo comma dellart.27 Cost., garantendo il senso di umanit, cuidevono ispirarsi tutte le pene, e ci anche nellaprospettiva di assicurare il pieno rispetto delprincipio desumibile dallart. 2 Cost., non senzatrascurare il profilo di rieducazione proprio dellapena34. Quegli stessi valori ai quali si intendecorrispondere attraverso questa proposta diriconciliazione comunitaria.

    Lidea di condizionare la concessione delperdono allapporto spontaneo di verit che il reosar invitato a rendere dinanzi la Commissione,entro un termine ben delimitato, riflette perriprendere ancora il magistero della CorteCostituzionale - una fondamentale esigenza di

    34 Corte Costituzionale, sentenza 3 maggio 2006, dep. 18

    maggio 2006, n. 200, consultabile sul sitowww.giurcost.org.

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    natura equitativa che consente la

    individualizzazione del provvedimento di clemenza,in un senso logicamente parallelo alla

    individualizzazione della pena, consacrata in lineadi principio dallart. 133 c.p., e tende a temperare ilrigorismo della applicazione pura e semplice dellalegge penale mediante un atto che non sia di meraclemenza, ma che, in armonia col vigente

    ordinamento costituzionale, e particolarmente conlart. 27 Cost., favorisca in qualche modo lemendadel reo ed il suo reinserimento nel tessuto sociale35.Sono questi i termini essenziali della proposta che,sommessamente, ci permettiamo di sottoporre,anzitutto, alla considerazione delle vittime e poi aquella del legislatore, degli studiosi, di tutta lasociet civile del nostro Paese. Lidea di fondo, sucui val la pena di interrogarsi serenamente e senzaostracismi, pu ora essere valutata liberamente dachiunque: grazia e, quindi, perdono - individuale epubblico - in cambio di verit, in un quadro dimediazione sociale che coinvolga tutti i protagonistidella storia del terrorismo italiano (attraverso unaCommissione ad hoc) e i pi alti organi istituzionali(attraverso la figura del Presidente dellaRepubblica). Per guardare avanti, conservandomemoria di quel che accaduto.

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