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VENERDÌ SANTO: 2 a TAPPA DEL SANTO TRIDUO Anno A B C Is 52,13-53,12; Sal 31/30,2.6;12-13; 15-16; 17,25; Eb 4,14-16; 5,7-9; Gv 18,1-19,42 [Senza nulla premettere] (Colletta). Ricòrdati, Padre, della tua misericordia; santifica e proteggi sempre questa tua famiglia, per la quale Cristo, tuo Figlio, inaugurò nel suo sangue il mistero pasquale. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. Amen! La liturgia del Venerdì Santo nasce a Gerusalemme. Ne abbiamo testimonianza nel «Diario di Egèria» che abbiamo già incontrato domenica scorsa. Scrive questa cristiana pellegrina spagnola: «Prima dell’alba…tutti…vanno a Sìon a pregare davanti alla colonna alla quale fu flagellato il Signore. Poi ritornano [al Santo Sepolcro]… Si mette davanti a lui [il vescovo] un tavolo coperto da un panno… e si porta il cofanetto d’argento dorato in cui si trova il santo legno della Croce; lo si apre e lo si fa vedere e si mette sul tavolo tanto il legno della Croce che l’iscrizione… Si racconta che qualcuno vi abbia dato un morso e abbia portato via un pezzetto del legno santo, ora perciò i diaconi… sorvegliano perché nessuno… osi rifare la stessa cosa… Quando hanno baciato la Croce e sono passati oltre, vi è là un diacono che tiene l’anello di Salomone 1 e l’ampolla che serviva per l’unzione dei re… [nel IV sec. si credeva che questo anello di Salomone avesse il potere magico di scacciare i demòni e servisse per gli esorcismi]… Da mezzogiorno alle ore tre del pomeriggio non si fanno altro che letture… si leggono i salmi… poi dagli scritt i degli Apostoli, sia le Epistole che gli Atti… si leggono dai vangeli i racconti della passione… poi si leggono nei profeti i passi in cui hanno predetto la passione del Signore e, nei vangeli, quelli dove si parla della passione…» 2 . L’adorazione della croce viene introdotta a Roma nel secolo VII. In Spagna e in Gallia in ricordo delle tre cadute di Cristo si drammatizza questo atto, velando e svelando la croce, inginocchiandosi tre volte. Questi gesti nei secoli IX-X sono stati introdotti anche nella liturgia romana. Ancora oggi noi siamo un anello di questa lunga catena di credenti che, il Venerdì Santo, tramanda la memoria della passione del Signore. Oggi è giorno a-liturgico: Gesù muore, non si celebra Messa. Sostiamo al Sepolcro e adoriamo. Oggi ci comunichiamo con il pane e il vino avanzati ieri. Resta con noi, Signore perché si fa sera. Oggi Cristo sulla croce con le braccia stese tutti abbraccia. Volgiamo il nostro sguardo al Crocifisso. Oggi Cristo inchioda a sé tutti i crocifissi del mondo. Gesù è con noi fino alla fine del mondo. Oggi Cristo copre le nudità di tutti i denudati della loro dignità. Rivestiamo d’amore la fede e la speranza. Oggi Cristo trafitto riscatta i trafitti dal dolore e dall’angoscia. Il Signore consola coloro che piangono. Oggi Cristo beve l’aceto dei fallimenti di ogni animo umano. Avevo sete e mi avete dato da bere. Oggi Cristo, abbandonato sulla croce, perdona i suoi assassini. Padre, perdona coloro che ci fanno del male. Oggi e da oggi noi non siamo più soli né lo saremo mai. Non abbiamo paura. È il Signore Gesù. Oggi Cristo c’insegna che il perdono è il vertice della giustizia. Perdoniamo perché il Signore perdona noi. MENSA DELLA PAROLA Prima lettura Is 52,13-53,12. Domenica scorsa abbiamo letto il 3° carme del Servo di Yhwh: un monologo sul programma non-violento del «Servo» di fronte alla violenza che lo circonda e sovrasta. Oggi proclamiamo il 4° carme che descrive un uomo che non è più tale per l’abbrutimento delle sofferenze da cui sgorga una missione di salvezza. Primo Levi, sopravvissuto al lager, avrebbe detto «Se questo è un uomo!». Chi è questo servo, di chi è figura? La sua funzione è certamente di «capro espiatorio» e forse fa riferimento alla liturgia dello yom kippùr (giorno dell’espiazione), in quanto si carica del destino di morte dell’umanità e ne riscatta la condanna con la sua morte offerta liberamente. La tradizione cristiana ha visto in questo Servo misterioso la figura profetica del Cristo, quasi che l’autore fosse ai piedi della Croce a descrivere gli sviluppi degli eventi che accadevano. L’offerta di sé, fatta per amore, porta in grembo un futuro di risurrezione per la moltitudine umana. Dal libro del profeta Isaìa Is 52,13-53,12 13 Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente. 14 Come molti si stupirono di lui tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo –, 15 così si meraviglieranno di lui molte nazioni; i re davanti a lui si chiuderanno la bocca, poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato e comprenderanno ciò che mai avevano udito. 53,1 Chi avrebbe creduto al nostro annuncio? A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore? 2 È cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in 1 Sull’anello di Salomone vi sono diverse leggende: un anello magico datogli dall’Arcangelo Michèle con cui il sa- piente Salomone capiva il linguaggio degli animali e parlava con essi; l a stessa leggenda narra che Salomone gettò via l’anello magico in un eccesso d’ira, dopo che un usignolo gli svelò che una delle sue 999 mogli amava un uomo più giovane. Un’altra leggenda, più accreditata presso il modo giudaico e arabo, narra che gli servisse per snidare i demoni che volevano impedire la costruzione del tempio di Gerusalemme. Nella tradizione divenne un classico della magia (cf K. LORENZ, L’anello di Re Sa- lomone, traduzione di Laura Schwarz, Adelphi, Milano1989, 274). 2 ETERIA, Diario di Viaggio, Edizioni Paoline, Milano 1979, 125-127.

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VENERDÌ SANTO: 2a TAPPA DEL SANTO TRIDUO

Anno A – B – C Is 52,13-53,12; Sal 31/30,2.6;12-13; 15-16; 17,25; Eb 4,14-16; 5,7-9; Gv 18,1-19,42

[Senza nulla premettere]

(Colletta). Ricòrdati, Padre, della tua misericordia; santifica e proteggi sempre questa tua famiglia, per la

quale Cristo, tuo Figlio, inaugurò nel suo sangue il mistero pasquale. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. Amen!

La liturgia del Venerdì Santo nasce a Gerusalemme. Ne abbiamo testimonianza nel «Diario di Egèria» che

abbiamo già incontrato domenica scorsa. Scrive questa cristiana pellegrina spagnola:

«Prima dell’alba…tutti…vanno a Sìon a pregare davanti alla colonna alla quale fu flagellato il Signore. Poi

ritornano [al Santo Sepolcro]… Si mette davanti a lui [il vescovo] un tavolo coperto da un panno… e si porta

il cofanetto d’argento dorato in cui si trova il santo legno della Croce; lo si apre e lo si fa vedere e si mette sul

tavolo tanto il legno della Croce che l’iscrizione… Si racconta che qualcuno vi abbia dato un morso e abbia

portato via un pezzetto del legno santo, ora perciò i diaconi… sorvegliano perché nessuno… osi rifare la

stessa cosa… Quando hanno baciato la Croce e sono passati oltre, vi è là un diacono che tiene l’anello di

Salomone1 e l’ampolla che serviva per l’unzione dei re… [nel IV sec. si credeva che questo anello di

Salomone avesse il potere magico di scacciare i demòni e servisse per gli esorcismi]… Da mezzogiorno alle

ore tre del pomeriggio non si fanno altro che letture… si leggono i salmi… poi dagli scritti degli Apostoli, sia

le Epistole che gli Atti… si leggono dai vangeli i racconti della passione… poi si leggono nei profeti i passi in

cui hanno predetto la passione del Signore e, nei vangeli, quelli dove si parla della passione…»2.

L’adorazione della croce viene introdotta a Roma nel secolo VII. In Spagna e in Gallia in ricordo delle tre cadute

di Cristo si drammatizza questo atto, velando e svelando la croce, inginocchiandosi tre volte. Questi gesti nei

secoli IX-X sono stati introdotti anche nella liturgia romana. Ancora oggi noi siamo un anello di questa lunga

catena di credenti che, il Venerdì Santo, tramanda la memoria della passione del Signore.

Oggi è giorno a-liturgico: Gesù muore, non si celebra Messa. Sostiamo al Sepolcro e adoriamo.

Oggi ci comunichiamo con il pane e il vino avanzati ieri. Resta con noi, Signore perché si fa sera.

Oggi Cristo sulla croce con le braccia stese tutti abbraccia. Volgiamo il nostro sguardo al Crocifisso.

Oggi Cristo inchioda a sé tutti i crocifissi del mondo. Gesù è con noi fino alla fine del mondo.

Oggi Cristo copre le nudità di tutti i denudati della loro dignità. Rivestiamo d’amore la fede e la speranza.

Oggi Cristo trafitto riscatta i trafitti dal dolore e dall’angoscia. Il Signore consola coloro che piangono.

Oggi Cristo beve l’aceto dei fallimenti di ogni animo umano. Avevo sete e mi avete dato da bere.

Oggi Cristo, abbandonato sulla croce, perdona i suoi assassini. Padre, perdona coloro che ci fanno del male.

Oggi e da oggi noi non siamo più soli né lo saremo mai. Non abbiamo paura. È il Signore Gesù.

Oggi Cristo c’insegna che il perdono è il vertice della giustizia. Perdoniamo perché il Signore perdona noi.

MENSA DELLA PAROLA

Prima lettura Is 52,13-53,12. Domenica scorsa abbiamo letto il 3° carme del Servo di Yhwh: un monologo sul programma

non-violento del «Servo» di fronte alla violenza che lo circonda e sovrasta. Oggi proclamiamo il 4° carme che descrive un

uomo che non è più tale per l’abbrutimento delle sofferenze da cui sgorga una missione di salvezza. Primo Levi,

sopravvissuto al lager, avrebbe detto «Se questo è un uomo!». Chi è questo servo, di chi è figura? La sua funzione è

certamente di «capro espiatorio» e forse fa riferimento alla liturgia dello yom kippùr (giorno dell’espiazione), in quanto si

carica del destino di morte dell’umanità e ne riscatta la condanna con la sua morte offerta liberamente. La tradizione

cristiana ha visto in questo Servo misterioso la figura profetica del Cristo, quasi che l’autore fosse ai piedi della Croce a

descrivere gli sviluppi degli eventi che accadevano. L’offerta di sé, fatta per amore, porta in grembo un futuro di risurrezione

per la moltitudine umana.

Dal libro del profeta Isaìa Is 52,13-53,12 13Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente. 14Come molti si stupirono di lui

– tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo –, 15così

si meraviglieranno di lui molte nazioni; i re davanti a lui si chiuderanno la bocca, poiché vedranno un fatto mai a

essi raccontato e comprenderanno ciò che mai avevano udito. 53,1Chi avrebbe creduto al nostro annuncio? A chi

sarebbe stato manifestato il braccio del Signore? 2È cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in

1 Sull’anello di Salomone vi sono diverse leggende: un anello magico datogli dall’Arcangelo Michèle con cui il sa-

piente Salomone capiva il linguaggio degli animali e parlava con essi; la stessa leggenda narra che Salomone gettò via l’anello

magico in un eccesso d’ira, dopo che un usignolo gli svelò che una delle sue 999 mogli amava un uomo più giovane. Un’altra

leggenda, più accreditata presso il modo giudaico e arabo, narra che gli servisse per snidare i demoni che volevano impedire la

costruzione del tempio di Gerusalemme. Nella tradizione divenne un classico della magia (cf K. LORENZ, L’anello di Re Sa-

lomone, traduzione di Laura Schwarz, Adelphi, Milano1989, 274). 2 ETERIA, Diario di Viaggio, Edizioni Paoline, Milano 1979, 125-127.

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terra arida. Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. 3Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si

copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. 4Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si

è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. 5Egli è stato trafitto per le

nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue

piaghe noi siamo stati guariti. 6Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il

Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. 7Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era

come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. 8Con

oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua posterità? Sì, fu eliminato dalla terra dei

viventi, per la colpa del mio popolo fu percosso a morte. 9Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo

tùmulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca. 10Ma al Signore è piaciuto

prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si

compirà per mezzo suo la volontà del Signore. 11Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua

conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità. 12Perciò io gli darò in premio

le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra

gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli.

Parola di Dio. Rendiamo grazie a Dio.

Salmo responsoriale 31/30,2.6; 12-13; 15-16; 17,25. Il salmo è una preghiera individuale di un perseguitato che si

abbandona alla protezione di Dio. La tradizione ebraica insegna che fu scritto da Davide quando era perseguitato da Sàul.

Egli però, con l’aiuto di Dio, riuscì sempre a sfuggire al pericolo mortale. La liturgia lo propone oggi come preghiera

personale di Gesù che, abbandonato da tutti, solo e deriso, si affida alla volontà del Padre suo a cui offre tutto sé stesso,

compresa la sua vita. Facciamo nostre queste parole e abbandoniamoci anche noi nel cuore del Padre, insieme a Gesù

crocifisso, e facciamo nostro l’anelito espresso dal ritornello del salmo.

Rit. Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito. 1. 2In te, Signore, mi sono rifugiato,

mai sarò deluso;

difendimi per la tua giustizia. 6Alle tue mani affido il mio spirito;

tu mi hai riscattato, Signore, Dio fedele. Rit.

2. 12Sono il rifiuto dei miei nemici

e persino dei miei vicini,

il terrore dei miei conoscenti;

chi mi vede per strada mi sfugge. 13Sono come un morto, lontano dal cuore;

sono come un coccio da gettare. Rit.

3. 15Ma io confido in te, Signore;

dico: «Tu sei il mio Dio, 16i miei giorni sono nelle tue mani».

Liberami dalla mano dei miei nemici

e dai miei persecutori. Rit.

4. 17Sul tuo servo fa’ splendere il tuo volto,

salvami per la tua misericordia. 25Siate forti, rendete saldo il vostro cuore,

voi tutti che sperate nel Signore. Rit.

Seconda lettura Eb 4,14-16; 5,7-9. L’autore della lettera agli Ebrei è un sacerdote del tempio, convertito. La lettera,

databile anni 90 d.C., è un’omelia sul sacerdozio di Cristo, scritta in un greco purissimo di notevole levatura. Gesù, il Figlio

di Dio, nel giorno della Croce è insieme sommo sacerdote che presiede il sacrificio, agnello sacrificale e primogenito del

popolo dei redenti. Egli è uomo in tutta la pienezza della sua fragilità; per questo soffrì e, nella sofferenza, si affidò

all’obbedienza degli eventi nei quali cercò e trovò la volontà di Dio. In essa offrì la sua vita per amore, senza chiedere nulla

in cambio, ma perdonando i suoi carnefici. Da lui possiamo sperare la salvezza, oggi e sempre.

Dalla lettera agli Ebrei 4,14-16; 5,7-9

Fratelli e sorelle, 14poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di

Dio, manteniamo ferma la professione della fede. 15Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia

prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. 16Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da

essere aiutati al momento opportuno. [Cristo, infatti,] 5,7nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche,

con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. 8Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì 9e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti

coloro che gli obbediscono.

Parola di Dio. Rendiamo grazie a Dio.

Vangelo Gv 18,1-19, 42. Il IV vangelo (fine del sec. I) inizia con le solenni parole che richiamano la creazione di Gen 1:

“In principio era il Lògos, il Lògos carne fu fatto e venne tra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto”. Esso riflette la

frattura definitiva tra la chiesa e la sinagoga, tra ebraismo e cristianesimo; il racconto della passione di Gv, diverso da quel-

lo dei Sinottici, descrive questa frattura mettendo in evidenza la responsabilità dei capi giudèi nella condanna e nella morte

di Gesù, decisa da tempo, perché “si è fatto simile a Dio”. L’autore non indugia sul processo giudaico, che è una semplice

conseguenza di decisioni precedenti, ma sviluppa il processo davanti a Pilato, il rappresentante di Roma. Il mondo intero è

testimone della sua condanna e della sua morte e, sul suo esempio, nell’intero mondo i suoi discepoli saranno portati davanti

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ai tribunali per rendere testimonianza alla “Verità”. Dalla Croce non scende più una “Legge” scritta sulle pietre, ora avvie-

ne una duplice consegna: alla Madre è affidato il figlio e al figlio, cioè all’umanità intera, è affidata la Madre, cioè la vita

stessa. Ora dalla Croce il Servo-Gesù ci “consegna” il suo Spirito perché diventiamo strumenti di risurrezione per quanti in-

contriamo sul nostro cammino.

Canto al Vangelo cf Fil 2,8-9: Gloria e lode a te, Cristo Signore! Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla

morte / e a una morte di croce. / Per questo Dio lo esaltò / e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome.

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Giovanni (Gv 18,1-19,42)

1° Lettore Catturarono Gesù e lo legarono

In quel tempo, 1Gesù uscì con i suoi discepoli al di là dal torrente Cèdron, dove c’era un giardino, nel quale entrò

con i suoi discepoli. 2Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i

suoi discepoli. 3Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo [lett.: una coorte] di soldati e alcune guardie

fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. 4Gesù allora, sapendo tutto quello che

doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». 5Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro

Gesù: «Io-Sono!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. 6Appena disse loro «Io-Sono», indietreggiarono e

caddero a terra. 7Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». 8Gesù replicò: «Vi ho

detto: Io-Sono. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», 9perché si compisse la parola che egli

aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». 10Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la

trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. 11Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?».

Lo condussero prima da Anna 12Allora i soldati [lett.: la coorte], con il comandante e le guardie dei Giudèi, catturarono Gesù, lo legarono 13e lo

condussero prima da Anna: egli infatti era suocero di Càifa, che era sommo sacerdote quell’anno. 14Càifa era

quello che aveva consigliato ai Giudèi: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo».

[Lo condussero al sinedrio]. 15Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme a un altro discepolo. Questo discepolo

era conosciuto dal sommo sacerdote ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. 16Pietro invece si fermò

fuori, vicino alla porta. Allora quell’altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e

fece entrare Pietro. 17E la giovane portinaia disse a Pietro: «Non sei anche tu uno dei discepoli di quest’uomo?».

Egli rispose: «Non lo sono» [lett.: Non sono]. 18Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva

freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava. 19Il sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù

riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. 20Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho

sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudèi si riuniscono, e non ho mai detto nulla di

nascosto. 21Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa

ho detto». 22Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al

sommo sacerdote?». 23Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene,

perché mi percuoti?». 24Allora Anna lo mandò, con le mani legate, a Càifa, il sommo sacerdote.

Non sei anche tu uno dei suoi discepoli? Io-non-sono! 25Intanto Simon Pietro stava lì a scaldarsi. Gli dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?». Egli lo negò e

disse: «Non lo sono» [lett.: Non sono]. 26Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro

aveva tagliato l’orecchio, disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». 27Pietro negò di nuovo, e subito un

gallo cantò.

Il mio regno non è di questo mondo

2° Lettore 28Condussero poi Gesù dalla casa di Càifa nel pretorio. Era l’alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non

contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. 29Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro

quest’uomo?». 30Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo consegnato». 31Allora Pilato

disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!». Gli risposero i Giudèi: «A noi non è

consentito mettere a morte nessuno». 32Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale

morte doveva morire. 33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudèi?». 34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». 35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La

tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 36Rispose Gesù: «Il mio regno non

è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi

consegnato ai Giudèi; ma il mio regno non è di quaggiù». 37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose

Gesù: «Tu lo dici: Io-Sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza

alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». 38Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?». E, detto questo,

uscì di nuovo verso i Giudèi e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. 39Vi è tra voi l’usanza che, in occasione

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della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudèi?». 40Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante.

Salve, re dei Giudèi!

19,1Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. 2E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero

sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. 3Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudèi!».

E gli davano schiaffi. 4Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che

non trovo in lui colpa alcuna». 5Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato

disse loro: «Ecco l’uomo!». 6Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo!

Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». 7Gli risposero i

Giudèi: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio». 8All’udire

queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. 9Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù

non gli diede risposta. 10Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il

potere di metterti in croce?». 11Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato

dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande».

Via! Via! Crocifiggilo!

3° Lettore 12Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudèi gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di

Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». 13Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette

in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. 14Era la Parascève della Pasqua, verso

mezzogiorno. Pilato disse ai Giudèi: «Ecco il vostro re!». 15Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse

loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». 16Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.

Lo crocifissero e con lui altri due

Essi presero Gesù 17ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, 18dove

lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. 19Pilato compose anche

l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudèi». 20Molti Giudèi lessero

questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in

greco. 21I capi dei sacerdoti dei Giudèi dissero allora a Pilato: «Non scrivere: “Il re dei Giudèi”, ma: “Costui ha

detto: Io-Sono il re dei Giudèi”». 22Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».

Si sono divisi tra loro le mie vesti 23I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato

–, e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. 24Perciò dissero tra

loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice: «Si sono divisi tra

loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte». E i soldati fecero così.

4° Lettore

Ecco tuo figlio! Ecco tua madre!

25Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. 26Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo

figlio!». 27Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé. 28Dopo questo,

Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». 29Vi era lì un vaso

pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. 30Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito». [Qui si fa una breve pausa di adorazione]

E subito ne uscì sangue ed acqua 31Era il giorno della Parascève e i Giudèi, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti

un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. 32Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. 33Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, 34ma uno dei soldati con una

lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. 35Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza

è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. 36Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura:

“Non gli sarà spezzato alcun osso”. 37E un altro passo della Scrittura dice ancora: “Volgeranno lo sguardo a colui

che hanno trafitto”.

Presero il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli insieme ad aromi 38Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudèi, chiese

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a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. 39Vi andò anche

Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e

di àloe. 40Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero [lett.: legarono] con teli, insieme ad aromi, come

usano fare i Giudèi per preparare la sepoltura. 41Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel

giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. 42Là dunque, poiché era il giorno della

Parascève dei Giudèi e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.

Parola del Signore. Lode a te o Cristo.

Spunti di omelia - Il Giardino Tutto ha inizio e tutto si conclude in un giardino (in gr. kêpos, in ebr. gàn). Lo stesso termine è usato 4x:

all’inizio del racconto (cf Gv 18,1), riferito al rinnegamento di Pietro (cf Gv 18,26) e 2x alla fine del racconto (cf

Gv 19,41). I riferimenti più importanti sono la citazione iniziale e le due finali perché letterariamente formano una

inclusione che dà unità al testo che deve quindi essere letto senza divisioni.

Gv 18,1 Gv 19,41-42

Gesù uscì con i suoi discepoli al di là dal torrente Cèdron,

dove c’era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli.

41Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardi-

no e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era

stato ancora posto. 42Là dunque … posero Gesù.

In Gv nulla è casuale e la ripetizione per quattro volte del termine «giardino» deve metterci sull’avviso che

ci troviamo davanti a una rivelazione particolare. Il richiamo è al «giardino – gàn» di Gen 2,8.15 dove Dio pone

l’uomo nel «giardino di Eden»3. Gesù è il nuovo Àdam che dà inizio alla nuova creazione. Il IV vangelo si era

aperto come in Gen 1,1 con le parole «In principio era il Lògos/Verbo...», a cui segue la descrizione di una setti-

mana fino alle nozze di Cana:

1) Gv 1,1: In principio

2) Gv 1,29: Il giorno dopo 1° giorno

3) Gv 1,35: Il giorno dopo 2° giorno

4) Gv 1,43: Il giorno dopo 3° giorno

5) Gv 2,1: Tre giorni dopo: 4°-5°-6° g.

6) Gv 2,13: [Era la Pasqua] 7° giorno.

In totale si ha: In principio + 7 giorni che sono un esplicito richiamo alla creazione di Genesi 1, dove tro-

viamo «In principio Dio creò il cielo e la terra” (1,1) seguito da «giorno 1°, giorno 2° 3° 4° 5° 6° e 7°. Gesù è il

«Ri-creatore», colui che recupera la creazione uccisa da Adamo per riportarla al suo stato originario: ad essere il

giardino della comunicazione tra Dio e l’umanità e anche tra gli uomini e le donne fra loro. Nel racconto della pas-

sione la triplice citazione del giardino è un richiamo esplicito a questo rapporto; non avendo modo di approfondir-

lo, ci limitiamo solo a pochi cenni. Gesù e Adamo; Gesù e la Madre a fronte di Adamo ed Eva; l’albero della croce

carico del nuovo frutto, che è il Cristo e che sta «in mezzo» ai due ladroni, contrapposto all’albero (gr. ed ebr. =

xýlon – legno) della vita che sta «in mezzo al giardino di Eden» (Gen 2,9) e all’albero della conoscenza del bene e

del male. Anche l’Ap 22,1-2 descrive la città santa come il paradiso terrestre (cf Gen 2, 8-12; Ez 47, 1.8.10) al cen-

tro del quale c’è l’albero che «guarisce le nazioni»:

«1E mi mostrò poi un fiume d’acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello. 2In mezzo

alla piazza della città, e da una parte e dall’altra del fiume, si trova un albero di vita che dà frutti dodici volte all’anno,

portando frutto ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni».

Questo confronto non è casuale, ma ricercato, perché la passione di Gesù è «il principio» di una nuova

creazione: nel «giardino del Cèdron» inizia un nuovo mondo, simboleggiato dalla tomba «nuova», dove nessuno

era stato ancora posto (cf Gv 19,41), come nuovo fiammante era il giardino di Àdam. Vediamo come ciò avviene.

La Croce e Adamo

La croce, «scandalo e stoltezza» (1Cor 1, 23), è la prova suprema dell’agàpe di Dio: da legno di supplizio

si trasforma in trono di gloria, come canta la liturgia di oggi: Per noi dolce legno, che porti | appeso il Signore del

mondo. Tu fosti l’albero degno | di reggere il nostro riscatto. Dal «legno» dell’Eden venne la morte con Àdam, dal

«legno» del Gòlgota scende la salvezza nell’obbedienza del Figlio che consegna al Padre il riscatto dell’umanità

intera: D’Adamo comprese l’inganno | e n’ebbe il Signore pietà, | quando egli del frutto proibito | gustò e la morte

3 Qui vi è solo un’allusione perché la Bibbia greca della LXX in Genesi 2-3 non usa mai il termine «kèpos – giardi-

no», ma traduce l’ebraico «gàn – giardino» o con «Èdem» (cf Gen 2,8.10) o con «Paradiso» (cf Gen 2,9.15-16; 3,1-3, ecc.).

L’allusione però c’è perché si rileva dal contesto di tutto il racconto evangelico che comincia con in Gv 1 con l’irruzione del

Lògos che rinnova la creazione (v. il computo dei giorni) e si conclude con l’allusione al «giardino» e il riferimento al «le-

gno/albero/croce – xýlon» e il suo contesto (v. «in mezzo – en mèsōi»), termine quest’ultimo che Gv prende dalla tradizione

della LXX (cf Gen 2,8.16; 3,1-3).

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lo colse. | Un albero scelse, rimedio | al male dell’albero antico. Il nesso con Adamo è costante nella liturgia come

nella «tipologia» biblica (cf Rm 5,14; 1Cor 15,22.45) e patristica di tutta la tradizione (p. es., Ireneo, Adv. Her., III,

21,10). Il prefazio della festa canta: Nell’albero della Croce tu hai stabilito la salvezza dell’uomo, perché donde

sorgeva la morte di là risorgesse la vita, e chi dall’albero traeva la vittoria, dall’albero venisse sconfitto, per Cri-

sto nostro Signore.

Prima che il termine croce (greco: stauròs) prendesse il sopravvento, si usava la parola legno (gr.: xýlon)

per indicare l’albero della vita e l’albero della conoscenza del bene e del male di Eden (cf Gen-LXX 2, 9.16.17 e

altre 10x in 2-3). La croce è formata da due assi, quella verticale o «stipes», che resta sempre infissa sul luogo del

supplizio, e quella orizzontale o «patibulum» che, invece, lo stesso condannato porta sulle spalle e su cui veniva

inchiodato o legato per le braccia. L’asse trasversale poi veniva issata sullo «stipes» o asse verticale, formando co-

sì una «T» (che richiama la lettera ‘Tau’ dell’alfabeto greco) o anche una «» latina. I cristiani chiamano queste

due assi col nome di stauròs/croce o anche hòros/confine/limite, caricandola di una simbologia cosmica: la croce è

segno che abbraccia le quattro direzioni cardinali cioè i confini del mondo. Nella croce i primi cristiani vedevano il

segno della redenzione universale, lo strumento con cui Dio restaura la creazione cosmica caduta e perduta per

colpa di «ÀDAM». Facendo l’acrostico di “Àdam”, secondo l’esegesi rabbinica, le quattro lettere che lo compon-

gono danno origine ad altre quattro parole che sono i quattro punti cardinali:

A questa tradizione si ricollega la leggenda che, a commento di Gen 2,7 (il Signore Dio plasmò l’uomo

con polvere del suolo), narra come Dio per fare Àdam raccolse un pizzico di polvere dai quattro angoli

dell’universo (La Caverna del Tesoro 2, in L’altra Bibbia che non fu scritta da Dio, 50). «Dio disse a Gabrièle:

“Va’ a prenderMi un poco di polvere ai quattro angoli della terra: con essa Io creerò l’uomo”»4.

L’apocrifo ‘La Caverna del tesoro’, rielaborazione cristiana di un precedente testo giudaico, databile alla

fine del sec. IV, seguendo la tradizione cristiana, identifica il Gòlgota con l’Eden di Genesi 2-3 e, seguendo la tra-

dizione giudaica, con il monte Mòria/tempio di Gerusalemme, operando una trasposizione teologica, motivata an-

che dalle polemiche tra la sinagoga e la chiesa: i giudeo-cristiani, infatti, trasferiscono il ricordo di Adamo dal

monte Mòria al monte Calvàrio5. Ciò che la tradizione giudaica collocava nel tempio (creazione, terra dai quattro

angoli, creazione di Àdam, sacrificio di Isacco, altare del sacrificio), dai giudeo-cristiani viene trasferito al Gòlgo-

ta: l’umanità di Cristo, gloriosa sulla croce, è il nuovo tempio dove risiede la kabòd/dòxa/gloria di Yhwh (cf Gv

2,21; 17,1.5). Da questa gara di appropriazione delle autentiche tradizioni, emerge l’atteggiamento di rivalità tra i

due «giudaismi»: quello ebraico e quello cristiano. Nati dallo stesso albero, ma sviluppati su rami diversi, giudèi e

giudèo-cristiani si disputano la fedeltà alla tradizione, l’ortodossia nell’interpretazione della Toràh e dei Profeti e

quindi il diritto ad essere considerati eredi autentici dei Patriarchi e i veri adoratori di Yhwh.

La Croce «restauro» della creazione

La creazione, che avrebbe dovuto essere fonte di gioia e di luce, fu sorgente di morte e di tenebre a causa

dell’uomo; la crocifissione, che era motivo di morte e di tenebre, diventa sorgente di vita e luce, a causa del Figlio

dell’uomo. Nessuna tristezza offusca la gioia che promana dalla vivida luce della Croce del Risorto. Tutte le litur-

gie, infatti, che celebrano la «Croce», hanno un impianto «esaltante», esultante e gioioso con uno schema festoso,

dove la stessa idea di morte è trasformata in ragione di esultanza: “Di null’altro mai ci glorieremo se non della cro-

ce di Gesù Cristo, nostro Signore: egli è la nostra salvezza, vita e risurrezione. Per mezzo di lui siamo stati salvati

e liberati” (Gal 6,14) canta l’antifona d’ingresso della festa dell’Esaltazione della Croce.

4 Louis GINZBERG, Le leggende degli ebrei I, 65. 5 «[Sacrificio di Isacco] 29 3Isacco aveva ventidue anni quando il padre lo prese con sé e lo fece salire sul monte

Jebus da Melchìsedek, servo del Dio Altissimo. 4Il monte Jebus, infatti, è la montagna degli Amorrei e su questo luogo fu

eretta la croce del Messia…6Questo luogo è il punto di mezzo della terra, la tomba di Adamo, l’altare di Melchìsedek, il

Gòlgota, il luogo della testa e il Gabbahà. 7Là Davide vide l’agnello che reggeva la spada di fuoco. 8E là Abramo condusse

suo figlio Isacco, per offrirlo in olocausto. E vide la croce del Messia e la redenzione del nostro padre Adamo. 9L’albero era

il simbolo della croce di nostro Signore, il Messia, e l’agnello fra i suoi rami era il segreto dell’incarnazione dell’unico Ver-

bo».

[La tentazione nel Paradiso] «4,2E Dio fece abitare Adamo ed Eva nel Paradiso. 3La parola è vera e annuncia verità: que-

sto albero della vita nel mezzo del Paradiso è un simbolo della croce del redentore, il vero albero della vita, e fu eretto nel

mezzo della terra».

[Morte di Adamo] «6,15Quando si apprese la notizia della morte imminente di Adamo, vennero presso di lui tutti i suoi di-

scendenti…16Egli allora li benedisse e pregò su di loro. 17E nell’anno novecentotrentesimo a contare dalla creazione, Adamo

lasciò questo mondo, il quattordici di Nìsan nell’ora nona, un venerdì. 18Nella stessa ora nella quale il Figlio dell’uomo sul-

la croce restituì la sua anima al proprio creatore e lasciò questo mondo».

À(natolē) Oriente/Est* *Per i primi cristiani era anche il «nome» di Cristo, in base a Zc 6,12 nella

versione della LXX, ma non nel testo ebraico (cf HARL M., La Bible

d’Alexandrie, 1 La Genèse, 101, commento a Gen 2,8 e 149 commento a

Gen 11,2).

D(ýsis) Occidente/Ovest

A(rctos) Settentrione/Nord

M(esēmbrìa) Meridione/Sud

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a) Gesù in mezzo ad «altri due, uno da una parte e uno dall’altra» è il re; da una parte è il nuovo albero della vita

nella nuova creazione e dall’altra è rappresentato come re assiso sulla croce/trono in mezzo alla sua corte [v.

19,2.5 il titolo di re e le insegne regali della corona di spine e del mantello di porpora che gli uomini usano

come burla].

b) Gli altri due crocifissi (anonimi) stanno a destra e a sinistra del re/crocifisso, posti riservati ai dignitari di ran-

go elevato, che Cristo intende riservare ai suoi discepoli: «In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella

nuova creazione, quando il Figlio dell’uomo verrà sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni

a giudicare le dodici tribù d’Israele» (Mt 20,20-24). Ecco alcuni (qui 11) elementi convergenti tra Gen 2-3 e

Gv 18-19. Gen 2-3 Gv 18-19

Dio crea un giardino-paradiso. Gesù è nel giardino del Getsèmani.

Àdam ed Eva «si nascosero dal Signore Dio». Gesù «si fa innanzi» a coloro che lo vogliono arrestare.

Dall’albero, Àdam ed Eva disobbedienti sono cacciati ed

esclusi dall’intimità con Dio.

Dall’albero della Croce, nuova stella polare (cf Ap 22,16) per

la sua obbedienza, Gesù attira tutti a sé.

Ai piedi dell’albero della vita, nudi e pieni di vergogna, un

uomo e una donna, progenitori di tutti i viventi, danno ini-

zio alla storia dell’umanità.

Ai piedi dell’albero della Croce quattro uomini, soldati-

pagani, e quattro donne credenti, sono simbolo dell’umanità

intera; il discepolo e la Madre, novelli Àdam ed Eva, simbolo

della Chiesa, la nuova umanità.

L’albero della conoscenza svela le vergogne di Àdam ed

Eva che si rivestono di foglie di fico.

Sull’albero della Croce il Figlio di Dio è spogliato delle vesti

della sua dignità.

Dall’albero dell’Eden scende sul mondo intero la morte. Sull’albero della Croce la morte è offerta dello spirito al Padre.

Mangiando dell’albero, Eva, la «madre di tutti i viventi»,

ha causato maledizioni ai suoi figli.

Ai piedi dell’albero della Croce, la Madre riceve dal «Figlio»

tutti i suoi figli futuri.

L’albero è causa di sofferenze, sudore e fatica per i figli di

Àdam ed Eva.

Da Gesù, «Bar Abbà», Figlio del Padre, viene la libertà per i

«Bar-abba», i figli di papà.

Dopo il peccato sotto l’albero dell’Eden, Àdam ed Eva

s’incolpano a vicenda.

Dall’albero della Croce, Gesù prende su di sé le colpe dell’u-

manità, come il Servo-agnello, e perdona i suoi carnefici.

A causa dell’albero di Eden, Àdam sperimenterà le spine

che gli produrrà la terra.

Sull’albero della Croce, Cristo ha coronato il capo regale con

le spine delle miserie umane.

Àdam ed Eva perdono l’abbondanza dell’acqua che scorre

nell’Eden.

Dal costato di Cristo sgorgano «acqua e sangue» per irrorare

l’umanità nuova.

Dal costato di Àdam nasce la donna che lo condannerà. Dal costato di Cristo nasce la Chiesa che salva i suoi figli

nell’acqua del Battesimo e nel sangue dell’Eucaristia.

L’albero della vita resta solo «nel mezzo» del giardino,

dopo la cacciata dall’Eden di Àdam ed Eva, privi della vi-

ta immortale.

L’albero della Croce genera una moltitudine di figli nel mo-

mento in cui Gesù «consegnò il suo Spirito», restituendo ad

Àdam ed Eva «l’alito di vita».

Questa lettura di confronto si è tramandata dalle origini fino a noi passando attraverso il Medio Evo. Scrive Cro-

mazio di Aquileia ([335/340-407/8], Tractatus II,5)

Àdam fu formato da una terra vergine, Il Figlio di Dio nasce dalla Vergine Maria.

Là la vergine [Eva] concepì la morte, qui la Vergine [Maria] generò la vita.

Là l’uomo rovinò per una vergine, qui per una vergine l’uomo ristette [saldo] .

Là [si ebbe] la rovina della morte, qui il trionfo della vittoria». AMEN!

Su questo sfondo alcune suggestioni, utili per la riflessione personale di questi giorni.

Gv 18,4-5; «Chi cercate?». «Gesù, il Nazareno»

Nel giardino del Cèdron, ad arrestare Gesù, vanno Giuda, «una coorte di soldati [romani], come dice il testo greco,

e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei». La coorte romana era composta da 600 soldati che

materialmente non potevano stare nell’angusto spazio del giardino degli Ulivi. Perché questo riferimento

apparentemente senza senso? In Giovanni nulla è causale. Il riferimento deve trovarsi altrove, nella Sacra Scrittura,

secondo l’esegesi giudaica. Nel primo libro di Samuele si narra che Davide, perseguitato dal re Saul, sostava nella

città di Kèila, ma quando seppe che Saul lo stava raggiungendo e temendo che avrebbe ucciso tutti gli abitanti,

«Davide si alzò e uscì da Kèila con la truppa, circa seicento uomini, e andò vagando senza meta» (1Sam 23,13; cf

27,2). Davide con un esercito di 600 uomini salva la città innocente; nel giardino del Cèdron, un esercito di 600

uomini viene a catturare l’Innocente. Gesù è il vero successore di David, l’unico erede, perché anche lui salva

coloro che stanno con lui: «Se cercate me, lasciate che questi se ne vadano» (Gv 18,8). Giovanni, con questa

citazione in codice, definisce la messianicità di Gesù nella linea davidica.

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I soldati e le guardie del tempio vanno a cercare Gesù, ma è lui che dirige gli avvenimenti e tutti ruotano

attorno a lui. Alla domanda di Gesù: «Chi cercate?», i soldati rispondono: «Gesù, il Nazareno», cioè l’uomo di

Nàzaret. Gesù risponde con l’espressione «Io-Sono», in greco «Egô eimì», il Nome con cui la Bibbia greca della

LXX, usata al tempo di Gesù dagli Ebrei di lingua greca, traduce il Nome santo impronunciabile di Yhwh. Infatti,

appena Gesù dice «Io-Sono», la folla presente indietreggia e cade in ginocchio perché hanno paura di trovarsi

davanti a Dio (cf Es 33,20; cf 3,6). Giovanni ci dice che davanti a Gesù ci si comporta come davanti a Yhwh.

Gv 18,10: «Pietro colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro»

Desta impressione un particolare così insignificante cui viene dato rilievo. Quando in Gv qualcosa non quadra

bisogna prestarvi attenzione e fermarsi oltre le parole. Nel libro del Levitico è descritto il rito d’investitura di

Aronne, sommo sacerdote, e dei suoi figli (cf Lv 8,1-36, qui vv. 23-24; cf Es 29,20). Il rituale prevede che per

l’investitura del sommo sacerdote Aronne, Mosè prenda del sangue dell’ariete e con esso bagni il lobo

dell’orecchio destro. Nell’orto del Getsèmani tra gli altri vi è anche il servo del sommo sacerdote che quindi lo

rappresenta. L’evangelista ci dice anche che si chiamava «Malco» per dare importanza al racconto e all’evento. Il

sangue dell’ariete doveva purificare il sommo sacerdote che doveva presentarsi davanti a Dio in tutta la sua

integrità. L’orecchio tagliato rendeva impuro il sacerdote, perché mutilato, e quindi l’evangelista ci dice che nel

Getsèmani il sacerdozio del tempio è stato dichiarato finito perché impuro e quindi incapace di rappresentare il

popolo davanti a Dio. Un altro sangue redimerà Israele e il mondo, non più il sangue dell’ariete, perché ora il

mondo delle tenebre, cui si è associato anche il sommo sacerdote d’Israele, ha catturato «l’agnello di Dio che

prende su di sé il peccato del mondo» (Gv 1,29) per consegnarlo alla croce su cui egli stesso diventa vittima,

sacerdote e altare.

Gv 18,17: «Pietro rispose: io-non-sono» Alla duplice affermazione d’identità di Gesù corrisponde la duplice negazione di Pietro della propria identità: per

tre volte non solo nega di conoscerlo, ma afferma espressamente (traduzione letterale): «Io-non-sono» (Gv

18,17.25). I pagani cadono in ginocchio, Pietro rinnega il Signore. Lontano da Gesù, Pietro «non-è». La sua

consistenza è nell’essere con lui, fuori di lui perde la consapevolezza di sé, che è la fede, cioè la chiave della nostra

identità, che non è culturale o di civiltà, ma solo un’identità di vita. Pietro proverà a riscattarsi dopo la risurrezione

quando Gesù lo interrogherà sul suo amore per lui e gli affiderà la potestà sul gregge (cf Gv 21,15-19).

Gv 18,36: «Il mio regno non è di questo mondo»

È il principio fondamentale della laicità dello Stato e dell’impossibilità per i credenti, in quanto Chiesa, di

pretendere l’uso dello Stato per affermare la loro visione di vita e fede. La natura della Chiesa «non è di questo

mondo», di cui non può e non deve usare i mezzi e gli strumenti anche se leciti, e a maggior ragione quelli illeciti,

come concordati e accordi che minano la libertà dell’annuncio. La Chiesa, per sua natura, vive ed esiste solo in

forza della testimonianza fatta di parole e di gesti. Parola e fatto. La Chiesa che fa compromessi con il potere

costituito nega la verità della sua identità e rinnega il Regno di Cristo che non è di questo mondo. Cristo non ha

eserciti, e a chi ha estratto la spada per difenderlo ordinò di riporla nella custodia (cf Gv 18,16), perché il «Servo

Sofferente» non vive con la logica mondana, ma assume la violenza del mondo, subendola, svuotandola di senso.

Gv 18,36: «Non costui, ma Barabba» Barabba è un bandito e in aramaico/ebraico il suo nome significa «figlio di papà». Gesù si è presentato al suo po-

polo come «Figlio del Padre», in aramaico/ebraico «Bar-Abbà». Chiedendo la libertà per Barabba, la folla non sa

che sta chiedendo la liberazione di tutti «i figli di papà» al prezzo della vita di un solo «Figlio del Padre» (=Bar-

abbà). Anche quando tutto sembra finito e senza senso, anche nella morte, tutto ruota attorno a Gesù che dirige la

storia e gli uomini alla luce del disegno della volontà di salvezza del Padre. Tutto si sta compiendo: il Figlio uni-

genito è venuto a dare la vita per i figli minori, caduti in cattività e divenuti briganti, ladri e assassini. Anche nella

morte ha voluto circondarsi di quanti la società del perbenismo politico e religioso espelle e rifiuta. Ora per loro si

aprono le porte della prigionia, si spalanca la luce della libertà, mentre nello stesso istante il Figlio del Padre sale

sul trono della sua croce da dove non scende più la maledizione degli dèi, ma la vita stessa di Dio data in benedi-

zione ai figli minori di Adamo e di Abramo perché abbiano la vita e l’abbiano abbondantemente.

Gv 19,23.25: «I soldati fecero quattro parti»

Gesù è «nel mezzo», attorno a lui ruota la storia dell’umanità. Per affermare questa verità, Giovanni dice che erano

presenti quattro soldati, che sono romani e quindi pagani (v. 23), e subito dopo ci informa che vi erano anche

quattro donne, ebree e quindi credenti. Tutto l’universo umano è presente alla morte di Gesù: Israele rappresentato

dalle donne credenti e il mondo pagano rappresentato dai soldati romani. Il numero quattro poi, ripetuto due volte,

richiama i quattro punti cardinali, sia al maschile che al femminile: tutto ciò accade «perché si compisse la parola

che egli aveva detto: “Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato”» (Gv 18,9; cf 17,12).

Gv 19,26-27: «Ecco tuo figlio, ecco tua madre»

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Ai piedi della croce ci sono una donna e un uomo, una madre e un figlio che rappresentano tutto l’universo

antropologico, uomini e donne, genitori e figli. Il testamento di Gesù è una consegna degli uni agli altri in una

forma diversa da quella che accadde ai piedi dell’albero della conoscenza del bene e del male (cf Gen 3,1-7). Nel

giardino di Eden la donna coinvolge l’uomo nella disobbedienza e l’uomo accusa la donna di averlo ingannato:

ognuno scarica la colpa sull’altro. Ai piedi della croce si compie l’accoglienza reciproca per cui l’uno diventa

responsabile dell’altro per sé e davanti a Dio. La Madre e il figlio, insieme davanti al Figlio, riscattano la colpa di

Àdam ed Eva per dare inizio ad una nuova umanità: «E da quell’ora il discepolo la prese con sé» (Gv 19,27).

Gv 19,30: «E, chinato il capo, consegnò lo Spirito»

Per Giovanni l’ora della morte di Gesù è l’ora della sua esaltazione, ma anche l’ora del dono dello Spirito. Per lui

nel momento in cui Gesù muore, avviene la Pentecoste, che i Sinottici collocano cinquanta giorni dopo la Pasqua.

Il testo greco dice chiaramente ed espressamente: «consegnò lo spirito» (Gv 19,30). La consegna, che è un gesto

catecumenale di affido e quindi di fiducia, avviene davanti alla Madre e al discepolo: lo Spirito è dato all’umanità

intera compiendo così la profezia dell’effusione dello Spirito di Dio su «ogni carne» (Gl 3,1). Radunati dallo

Spirito di Dio ai piedi della croce, anche noi, oggi, volgiamo lo sguardo a colui che è trafitto e accogliamo, nei

segni dell’acqua e del sangue che sgorgano dal suo costato (cf Gv 19,34), i sacramenti della vita, nostri compagni

di viaggio nell’esodo verso la Gerusalemme della volontà di Dio.

Noi siamo qui a guardarlo perché sappiamo che da lui viene a noi la vita. Con gli Ebrei, nel Sèder pasquale

noi diciamo: «Dayènu» cioè «[questo] ci basta». Gesù disse: «E io, quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a

me» (Gv 12,32). Tutti, non alcuni. Tutti, non i più bravi. Tutti, cioè anche i peccatori e coloro che si sono persi per

strada. Tutti significa nessuno escluso perché, ancora una volta, «che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato»

(Gv 6,39).

Iniziamo la seconda parte della liturgia che è la grande preghiera universale della Chiesa, schema della

preghiera dei fedeli che ogni domenica noi celebriamo. Con essa vogliamo rendere l’umanità intera presente al

mistero d’iniquità che è mistero d’amore. Preghiamo con il cuore spalancato sul mondo intero, perché colui che lo

ha creato con la sua parola, lo redima anche con il suo sangue. Oggi la Chiesa in questa preghiera è divisa: coloro

che non accettano il concilio Vaticano II e quindi rifiutano lo Spirito Santo che guida la Chiesa, pregano usando il

messale preconciliare, quello del concilio di Trento del 1570. Essi dell’antisemitismo fanno un emblema della loro

ideologia che tutto è tranne che cristiana e cattolica. Purtroppo questo accade anche perché un papa poco

lungimirante e poco sapiente ha dato loro lo spazio per essere ancora più retrivi e più violenti. Noi seguiamo la

liturgia secondo la mentalità e il cuore del concilio Vaticano II, consegnatoci dal papa Paolo VI, e rifiutiamo anche

la riformulazione fatta da Benedetto XVI che è ancora peggio della prima. Memori che Gesù è ebreo per sempre,

insieme a sua Madre e agli apostoli, oggi preghiamo per i nostri fratelli Ebrei, depositari dell’unica alleanza del

Dio di Israele e di Gesù.

GRANDE PREGHIERA UNIVERSALE

[secondo la riforma di Paolo VI]

Lettore: Per la santa Chiesa

Preghiamo, fratelli carissimi, per la santa Chiesa di Dio: il Signore le conceda unità e pace, la protegga su tutta la

terra, e doni a noi, in una vita serena e tranquilla, di render gloria a Dio Padre onnipotente.

Dio onnipotente ed eterno, che hai rivelato in Cristo la tua gloria a tutte le genti, custodisci l’opera della tua

misericordia, perché la tua Chiesa, diffusa su tutta la terra, perseveri con saldezza di fede nella confessione

del tuo nome. Amen.

Lettore: Per il Papa

Preghiamo il Signore per il nostro Santo Padre il Papa…: il Signore Dio nostro, che lo ha scelto nell’ordine

episcopale, gli conceda vita e salute e lo conservi alla sua santa Chiesa, come guida e pastore del popolo santo di

Dio.

Dio onnipotente ed eterno, sapienza che reggi l’universo, ascolta la tua famiglia in preghiera, e custodisci

con la tua bontà il Papa che tu hai scelto per noi, perché il popolo cristiano, da te affidato alla sua guida

pastorale, progredisca sempre nella fede. Amen.

Lettore: Per tutti gli ordini sacri e per tutti i fedeli

Preghiamo per il nostro Vescovo… per tutti i Vescovi, i presbiteri e i diaconi, per tutti coloro che svolgono un

ministero nella Chiesa e per tutto il popolo di Dio.

Dio onnipotente ed eterno, che con il tuo Spirito guidi e santifichi tutto il corpo della Chiesa, accogli le

preghiere che ti rivolgiamo perché secondo il dono della tua grazia tutti i membri della comunità nel loro

ordine e grado ti possano fedelmente servire. Amen.

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Lettore: Per i catecumeni

Preghiamo per i [nostri] catecumeni: il Signore, Dio nostro, illumini i loro cuori e apra loro la porta della sua

misericordia, perché mediante l’acqua del battesimo ricevano il perdono di tutti i peccati e siano incorporati in

Cristo Gesù, nostro Signore.

Dio onnipotente ed eterno, che rendi la tua Chiesa sempre feconda di nuovi figli, aumenta nei [nostri]

catecumeni l’intelligenza della fede, perché, nati a vita nuova nel fonte battesimale, siano accolti fra i tuoi

figli di adozione. Amen.

Lettore: Per l’unità dei cristiani

Preghiamo per tutti i fratelli e le sorelle che credono in Cristo: il Signore Dio nostro conceda loro di vivere la

verità che professano e li raduni e li custodisca nell’unica sua Chiesa.

Dio onnipotente ed eterno, che riunisci i dispersi e li custodisci nell’unità, guarda benigno al gregge del tuo

Figlio, perché coloro che sono stati consacrati da un solo battesimo formino una sola famiglia nel vincolo

dell’amore e della vera fede. Amen.

Lettore: PER GLI EBREI

PREGHIAMO PER GLI EBREI: IL SIGNORE DIO NOSTRO, CHE LI SCELSE PRIMI FRA TUTTI GLI

UOMINI AD ACCOGLIERE LA SUA PAROLA, LI AIUTI A PROGREDIRE SEMPRE NELL’AMORE DEL

SUO NOME E NELLA FEDELTÀ ALLA SUA ALLEANZA.

Dio onnipotente ed eterno, che hai fatto le tue promesse ad Abramo e alla sua discendenza, ascolta la

preghiera della tua Chiesa, perché il popolo primogenito della tua alleanza possa giungere alla pienezza

della redenzione. Amen.

Lettore: Per i non cristiani

Preghiamo per coloro che non credono in Cristo, perché illuminati dallo Spirito Santo, possano entrare anch’essi

nella via della salvezza.

Dio onnipotente ed eterno, fa’ che gli uomini che non conoscono il Cristo possano conoscere la verità

camminando alla tua presenza in sincerità di cuore, e a noi tuoi fedeli concedi di entrare profondamente nel

tuo mistero di salvezza e di viverlo con una carità sempre più grande tra noi, per dare al mondo una

testimonianza credibile del tuo amore. Amen.

Lettore: Per coloro che non credono in Dio

Preghiamo per coloro che non credono in Dio perché, vivendo con bontà e rettitudine di cuore, giungano alla

conoscenza del Dio vero.

Dio onnipotente ed eterno, tu hai messo nel cuore degli uomini una così profonda nostalgia di te, che solo

quando ti trovano hanno pace: fa’ che, al di là di ogni ostacolo, tutti riconoscano i segni della tua bontà e,

stimolati dalla testimonianza della nostra vita, abbiano la gioia di credere in te, unico vero Dio e padre di

tutti gli uomini. Amen.

Lettore: Per i governanti

Preghiamo per coloro che sono chiamati a governare la comunità civile, perché il Signore Dio nostro illumini la

loro mente e il loro cuore a cercare il bene comune nella vera libertà e nella vera pace.

Dio onnipotente ed eterno, nelle tue mani sono le speranze degli uomini e i diritti di ogni popolo: assisti con

la tua sapienza coloro che ci governano, perché, con il tuo aiuto, promuovano su tutta la terra una pace

duratura, il progresso sociale e la libertà religiosa. Amen.

Lettore: Per i tribolati

Preghiamo, fratelli carissimi, Dio Padre onnipotente, perché liberi il mondo da ogni disordine: allontani le malattie,

scacci la fame, renda libertà ai prigionieri, giustizia agli oppressi, conceda sicurezza a chi viaggia, il ritorno ai

lontani da casa, la salute agli ammalati, ai morenti la salvezza eterna.

Dio onnipotente ed eterno, conforto degli afflitti, sostegno dei tribolati, ascolta il grido dell’umanità

sofferente, perché tutti si rallegrino di avere ricevuto nelle loro necessità il soccorso della tua misericordia.

Per Cristo nostro Signore. Amen.

ADORAZIONE DELLA CROCE

Questo è il terzo momento e punto culminante della liturgia di oggi, dopo la proclamazione della Parola.

Chiudiamo gli occhi e immaginiamoci di essere a Gerusalemme, fuori le mura, sul Gòlgota, ai piedi della Croce. Il

mondo trema, il soldato grida che Gesù è Dio, il popolo è sconvolto, le autorità religiose sono confuse, i soldati si

dividono le vesti, le donne amiche piangono e tremano, i discepoli sono scomparsi, tranne il discepolo che

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prenderà in affido la “Madre” e che a lei sarà affidato. L’universo intero e l’umanità hanno trovato il loro fulcro: il

Crocifisso che regna dal suo patibolo di morte, trasformato in trono di perdono e di gloria. “Padre, perdona

loro…”. Da quel trono scende lo Spirito Santo: “E, chinato il capo, consegnò lo Spirito”. Per Giovanni, l’ora della

morte coincide con la Pentecoste. Il Calvàrio è il nuovo monte Sìon da dove Dio spalanca le braccia all’umanità

intera: il velo del tempio si spezza in due aprendosi all’ingresso di Giudèi e Gentili. Nulla s’interpone più tra Dio e

il suo popolo, nell’umanità e nel corpo del Figlio di Maria.

Adoriamo il Crocifisso e chiediamo perdono per le volte che ne abbiamo fatto uno strumento inadeguato

della nostra cultura e civiltà occidentali, usandolo per fini atei che nulla hanno a che fare con la fede. Il Crocifisso

non è un ornamento o un pezzo di antiquariato, è solo “scandalo per i Giudèi e obbrobrio per i Greci”: è questo

scandalo che noi dobbiamo proclamare davanti al mondo e in tutte le culture e non solamente davanti alla civiltà

occidentale. Quando lo identifichiamo con «una cultura o civiltà», noi lo escludiamo da tutte le altre. Il bacio che

diamo sia segno di un amore sconfinato come infinito è il cuore stesso di Dio che oggi è crocifisso per me.

[Il celebrante svela il Crocifisso e dice 3 volte:]

Ecco il legno della Croce, al quale fu appeso il Cristo, Salvatore del mondo.

(Rispondono Tutti): Venite, adoriamo.

[Durante l’adorazione della croce]

Adoriamo la tua Croce, Signore, / lodiamo e glorifichiamo la tua santa risurrezione. / Dal legno della Croce

è venuta la gioia in tutto il mondo. / Dio abbia pietà di noi e ci benedica, / su di noi faccia splendere il suo

volto / e abbia misericordia. (cf Sal 67/66, 2) / Adoriamo la tua Croce, Signore, / lodiamo e glorifichiamo la

tua santa risurrezione. / Dal legno della Croce è venuta la gioia in tutto il mondo.

Lamenti del Signore (cantati)

Rit. Popolo mio, che male ti ho fatto? / In che ti ho provocato? Dammi risposta. 1. Io ti ho guidato fuori dall’Egitto,

e tu hai preparato la Croce al tuo Salvatore. Rit.

2. Hágios o Theós – Sanctus Deus [Santo Dio].

Hágios ischyrós – Sanctus fortis [Santo Forte].

3.Hágios athánatos, eléison himás.

[Santo immortale, abbi pietà di noi].

Sanctus immortális, miserere nobis. Rit.

[Santo immortale, abbi pietà di noi].

4. Perché ti ho guidato quarant’anni nel deserto,*

ti ho sfamato con manna,

5. ti ho introdotto in paese fecondo,*

tu hai preparato la Croce al tuo Salvatore. Rit.

6. Hágios o Theós – Sanctus Deus [Santo Dio].

Hágios ischyrós – Sanctus fortis [Santo Forte].

7.Hágios athánatos, eléison himás.

[Santo immortale, abbi pietà di noi].

Sanctus immortális, miserere nobis. Rit.

[Santo immortale, abbi pietà di noi].

8. Che altro avrei dovuto fare e non ti ho fatto?*

Io ti ho piantato mia scelta e florida vigna.

9. Ma tu mi sei divenuta aspra e amara:

poiché mi hai spento la sete con aceto*

e hai piantato una lancia/nel petto del tuo Salvatore. Rit.

10. Hágios o Theós – Sanctus Deus [Santo Dio].

Hágios ischyrós – Sanctus fortis [Santo Forte].

11.Hágios athánatos, eléison himás.

[Santo immortale, abbi pietà di noi].

Sanctus immortális, miserere nobis. Rit.

[Santo immortale, abbi pietà di noi].

12. Io per te ho flagellato l’Egitto e i primogeniti suoi,*

e tu mi hai consegnato per esser flagellato. Rit.

13. Io ti ho guidato fuori dall’Egitto

e ho sommerso il faraone nel Mar Rosso, *

e tu mi hai consegnato ai capi dei sacerdoti.

14. Io ho aperto davanti a te il mare, *

e tu mi hai aperto con la lancia il costato. Rit.

15. Io ti ho fatto strada con la nube,*

e tu mi hai condotto al pretorio di Pilato.

16. Io ti ho nutrito con manna nel deserto, *

e tu mi hai colpito con schiaffi e flagelli. Rit.

17. Io ti ho dissetato dalla rupe con acqua di salvezza,*

e tu mi hai dissetato con fiele e aceto.

18. Io per te ho colpito i re dei Cananei,*

e tu hai colpito il mio capo con la canna. Rit.

19. lo ti ho posto in mano uno scettro regale,*

e tu hai posto sul mio capo una corona di spine.

20. Io ti ho esaltato con grande potenza,*

e tu mi hai sospeso al patibolo della croce. Rit.

Rit. Popolo mio che male ti ho fatto? In che ti ho provocato? Dammi risposta.

Comunione eucaristica Da sempre oggi la Chiesa non celebra l’Eucaristia in segno di lutto. Mentre ci chiede però il digiuno del corpo, non ci lascia

senza il nutrimento della fede perché oggi più che mai abbiamo bisogno di essere in comunione con il Signore Gesù che è

solo tra le braccia della morte e nel freddo di un sepolcro. A questo scopo la Chiesa, Madre attenta ai bisogni dei suoi figli,

ha conservato per oggi il pane e il vino consacrati ieri nella Cena del Signore. Dopo la moltiplicazione dei pani che

sfamarono più di 5.000 persone senza contare le donne e i bambini, gli apostoli raccolsero dodici cesti di pane e li

conservarono per noi che non eravamo presenti. Oggi, nel giorno del dolore, siamo consolati con il Pane disceso dal cielo

perché il nostro cuore non vacilli per qualsiasi sofferenza e nemmeno davanti alla morte. Oggi, nutriti da questi avanzi celesti

che sono la vita e l’anima di Gesù stesso prolungati nel tempo, diventiamo anche noi cibo di consolazione e nutrimento di

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conforto per quanti incontriamo nel nostro cammino. Sostando ai bordi del sepolcro, aspettiamo l’alba di risurrezione,

quando la stella del mattino ci annuncerà che la vita ha assorbito la morte e sarà Pasqua anche per noi e, attraverso di noi,

anche per il mondo inquieto e schiacciato in pensieri di morte. Accostiamoci alla mensa della Vita.

Padre nostro in aramaico: Idealmente riuniti con gli Apostoli sul Monte degli Ulivi, preghiamo, dicendo:

Padre nostro che sei nei cieli, Avunà di bishmaià,

sia santificato il tuo nome, itkaddàsh shemàch,

venga il tuo regno, tettè malkuttàch,

sia fatta la tua volontà, tit‛abed re‛utach,

come in cielo così in terra. kedì bishmaià ken bear‛a.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano Lachmàna av làna sekùm iom beiomàh

e rimetti a noi i nostri debiti, ushevùk làna chobaienà,

come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, kedì af anachnà shevaknà lechayabaienà,

e non abbandonarci alla tentazione, veal ta‛alìna lenisiòn,

ma liberaci dal male. ellà pezèna min beishià. Amen!

Oppure in greco (Mt 6,9-13):

Padre nostro, che sei nei cieli, Pàter hēmôn, ho en tôis uranôis,

sia santificato il tuo nome, haghiasthêto to onomàsu,

venga il tuo regno, elthètō hē basilèiasu,

sia fatta la tua volontà, genēthêtō to thelēmàsu,

come in cielo così in terra. hōs en uranô kài epì ghês.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano, Ton àrton hēmôn tòn epiùsion dòs hēmîn sêmeron,

e rimetti a noi i nostri debiti, kài àfes hēmîn tà ofeilêmata hēmôn,

come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, hōs kài hēmêis afêkamen tôis ofeilètais hēmôn,

e non abbandonarci alla tentazione, kài mê eisenènkēis hēmâs eis peirasmòn,

ma liberaci dal male. allà hriûsai hēmâs apò tû ponērû. Amên.

Comunione [sotto le due specie]

Preghiamo (dopo la comunione). Dio onnipotente ed eterno, che hai rinnovato il mondo con la gloriosa morte

e risurrezione del tuo Cristo, conserva in noi l’opera della tua misericordia, perché la partecipazione a

questo grande mistero ci consacri per sempre al tuo servizio. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Ci lasciamo in silenzio, ricevendo la benedizione, con il sapore dell’intimità che abbiamo vissuto in questa ora di

amore e di passione.

Scenda, o Padre, la benedizione della tua tenerezza su questo popolo, che ha commemorato la morte del tuo Figlio

nella speranza di risorgere con lui; venga il perdono e la consolazione, si accresca la fede, si rafforzi la certezza

nella redenzione eterna. Amen. __________________________________________________________________

Venerdì Santo- Anno A-B-C – Parrocchia di S. Maria Immacolata e S. Torpete Genova

© Nota: L’uso di questi commenti è consentito citandone la fonte bibliografica e NON a scopo di lucro.

Paolo Farinella, prete – 14/04/2017 – San Torpete – Genova

AVVISI

SETTIMANA SANTA

DOMENICA 9 APRILE 2017 ORE 10,00 SAN TORPETE in GENOVA: DOMENICA DELLE PALME

GIOVEDI 13 APRILE 2017 ORE 17,30 SAN TORPETE in GENOVA: GIOVEDI SANTO

VENERDI 14 APRILE 2017 ORE 17,30 SAN TORPETE in GENOVA: VENERDI SANTO

SABATO 15 APRILE 2017 ORE 21,00 SAN TORPETE in GENOVA: VEGLIA PASQUALE

DOMENICA 16 APRILE 2017 ORE 10,00 SAN TORPETE in GENOVA: DOMENICA DI PASQUA

LUNEDI 17 APRILE 2017 – LUNEDI DELL’ANGELO: NON C’È MESSA

MERCOLEDI 19 APRILE 2017 ORE 17,30 SAN TORPETE in GENOVA, Piazza san Giorgio, PER IL CI-

CLO «CULTURA, SCIENZA, LETTERATURA», Conferenza di Laura Canesi su «Chiare, fresche e dolci

acque… inquinate».

SABATO 22 APRILE 2017, Basilica di S. Maria Immacolata in collaborazione con la GOG (Giovane Orche-

stra Genovese)

- ORE 17,00: concerto d’organo con Ludger Lohmann «La Risurrezione». Musiche di J.S.Bach, H. Schroeder,

M. Reger

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- ORE 18,30: Messa in memoria di Emilio Traverso nel X anniversario della morte, accompagnata dalla cap-

pella Musicale Bartolomeo Della Rovere di Savona diretta da Paolo Venturino.

DOMENICA 7 MAGGIO 2017 ORE 21,00 GENOVA, SAN MATTEO in collaborazione con la GOG, concer-

to di Marimo Toyoda all’organo storico «Alari» (1773) con musiche di F. Correv de Arauxo; G. Frescobaldi; O.

di Lasso; P. Cornet; G. Strozzi; J. Kuhnau; A. Stradella; A. Corelli.

SABATO 13 MAGGIO 2017 ORE 17,30 IN GENOVA, SAN TORPETE, omaggio A Philipp Telemann nel

250° della morte con l’Ensemble Tripla Concordia (Lorenzo Cavasanti, flauti; Emiliano Rodolfi, oboe; Sergio

Ciomei, clavicembalo, Caroline Boersma, violoncello) con musiche di Ph. Telemann.

SABATO 20 MAGGIO 2017 ORE 17,30 IN GENOVA, Salone del Conservatorio «Niccolò Paganini» di

Genova, in memoria di Emilio Traverso, nel X anniversario della morte, concerto d’organo di Michel Colin con

musiche di Eugène Gigout, César Franck, A.P. François Boély, Albert Perilhou e L.J.Alfred Lefébur-Wély.

SABATO 3 GIUGNO 2017 ORE 17,30 IN GENOVA, SAN TORPETE concerto dell’Ensemble Calixtinus

(Giovannangelo De Gennaro, canto, viella, organistrum – Chistos Barbas, Nay e canto – Peppe Frana, Oud, chi-

tarrino, organistrum – Enea Sorini, canto, santur, percussioni): «La Croce e la Luna. Musiche delle crociate tra

occidente e oriente.

SABATO 10 GIUGNO 2017 ORE 21,00 a Sestri Levante (GE), chiesa di sant’Antonio, in collaborazione

con la GOG (Giovine Orchestra Genovese), concerto di organo di Tobias Horn con musiche di J.S.Bach, Franz

Liszt, Max Reger.

SABATO 17 GIUGNO 2017 ORE 17,30 SAN TORPETE GENOVA, concerto dell’Ensemble «Recitarcantan-

do» (Pamela Lucciarini, soprano, Alessandra Ciccolini e Klodiana Babo, violini, Luca Scandali, organo) con mu-

siche di Arcangelo Corelli, G. Friedrich Haendel.

SI INVITANO I SOCI DELL’ASSOCIAZIONE «LUDOVICA ROBOTTI – SAN TORPETE»

A RINNOVARE LA QUOTA PER L’ANNO 2017 CHE RESTA ANCORA € 20,00.

Associazione Ludovica Robotti Vico San Giorgio 3R presso Chiesa San Torpete, via delle Grazie 27/3 16128

Genova: Banca Etica: Iban: IT87 D050 1801 4000 0000 0132407 - Codice Bic: CCRTIT2T84A

- Banca Poste: Iban: IT10H0760101400000006916331- Codice BIC/SWIFT: BPPIITRRXXX

- Conto Corrente Postale N. 6916331: Intestato a: Associazione Ludovica Robotti San Torpete

Come Associazione non possiamo rilasciare ricevute ai fini della detrazione fiscale. Se qualcuno ne avesse bisogno contatti direttamente Paolo Farinella, prete

LA LITURGIA PUÒ ESSERE CONSULTATA E SCARICATA AL SITO:

www.paolofarinella.eu/ alle finestre: «Blog - Liturgia»

LA REGISTRAZIONE AUDIO invece alla finestra

[Segue Appendice]

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APPENDICE Offriamo uno schema di Gv 18-19 che corrisponde al Vangelo di oggi e ci permette di coglierne il contenuto in base

al pensiero dell’autore che ha messo in evidenza una struttura cristologica, centrata sulla regalità di Cristo.

STRUTTURA DEL RACCONTO DELLA PASSIONE SECONDO GIOVANNI (18-19)6

ATTO I: NEL GIARDINO (18,1-11)

A 18, 2-3; TEMA SPECIALE: la defezione di Giuda.

B 18,10; GESTO CENTRALE: il colpo di spada di Pietro.

C 18, 5.8; DICHIARAZIONE: Io-Sono.

D 18, 1-2. 3-4.11; TRE SCENE: Gesù e i discepoli; Giuda e la sua banda; Pietro e la violenza.

E 18,12-16a; 1° INTERMEZZO: Partenza dei personaggi verso un altro luogo.

ATTO II: DA ANNA (18,16b-28)

A 18,17-18.25-27; TEMA SPECIALE: la defezione di Pietro.

B 18,22; GESTO CENTRALE: lo schiaffo.

C 18,17.25; DICHIARAZIONE: due rinnegamenti di Pietro: Io-non-Sono (il vero schiaffo).

D 18,16-18.19-24.25-27; TRE SCENE: Pietro e Giovanni con i servi; Gesù interrogato; Pietro rinnega.

E 18,28; 2° INTERMEZZO: Partenza dei personaggi verso un altro luogo.

ATTO III: DA PILATO (18,29-19,15)

A vv. 18,33.37; 19,3.14-15; TEMA SPECIALE: La regalità di Gesù proclamata/rifiutata inconsapevolmente da:

a) 18, 33.37; 19,14; Pilato: “Tu sei il re dei Giudèi?… Dunque tu sei re?… Ecco il vostro re!”

b) 19,3; Soldati: “Salve, re dei Giudèi!”

c) 19,15; Giudèi: “Non abbiamo altro re che Cesare”.

B 19,1-3; GESTO CENTRALE: L’INCORONAZIONE

C

18,36 e 39. 5.11; DICHIARAZIONE IMPORTANTE:

a) Prima dell’incoronazione:

1) v. 18,36; Prima dichiarazione di Gesù: “Il mio regno non è di questo mondo”.

2) v. 18,39; Prima dichiarazione di Pilato: “Io non trovo in lui nessuna colpa”.

b) Dopo l’incoronazione:

1) 19,5: Seconda dichiarazione di Pilato: “Ecco l’uomo!”

2) 19,11: Seconda dichiarazione di Gesù: “Non avresti potere su di me se non dall’alto”.

D

18,29.33.38; 19,4.8.13; COPPIA DI TRE SCENE: Pilato esce, entra ed esce.

a) Tre scene prima dell’incoronazione: L’INCORONAZIONE REGALE

fatta per burla diventa una profezia

ed è il punto centrale del racconto: sta in

mezzo alla coppia delle TRE SCENE dove

Giudèi, Pilato, soldati (cioè il potere) cre-

dono di governare il mondo, mentre ruo-

tano attorno a Gesù che, immobile, è il

fulcro degli eventi e della storia.

1) 18,29; “Uscì dunque Pilato verso di loro”.

2) 18,33; “Pilato allora rientrò nel pretorio”.

3) 18,38; “Detto questo uscì di nuovo vero i Giudèi”.

b) Tre scene dopo l’incoronazione:

1) 19,4; “Pilato intanto uscì di nuovo e disse loro”.

2) 19,8; “[Pilato] entrato di nuovo nel pretorio disse a Gesù”.

3) 19,13; “Fece condurre fuori Gesù e sedette nel tribunale/Litòstroto”.

E 19,16-18; 3° INTERMEZZO: Partenza dei personaggi verso un altro luogo.

ATTO IV: SUL CALVÀRIO (19,19-39)

A 19,18; TEMA SPECIALE: la crocifissione.

B 19,34; GESTO CENTRALE: il colpo di lancia.

C

19,25-27.36-37; DUE DICHIARAZIONI IMPORTANTI:

a) 25-27; Prima del colpo di lancia: Dialogo tra Gesù e la Donna.

b) 36-37; Dopo il colpo di lancia: Dichiarazione delle Scritture.

D

19, 19-24; 25-27; 28-30; TRE SCENE che precedono il gesto centrale del colpo di lancia:

1) 19,19-22; Disputa tra Giudèi e Pilato sul motivo dell’iscrizione.

2) 19,23-27; 4 uomini/soldati (vv.23-24) e 4 donne (vv.25-27) rappresentano l’umanità intera sotto la croce.

3) 19, 28-30; Gesù è dissetato con aceto.

E 19,38; 4° INTERMEZZO: Partenza dei personaggi verso un altro luogo.

ATTO V: AL SEPOLCRO (19,39-42)

A 19, 40; TEMA SPECIALE: lo deposero e lo avvolsero (antitesi dell’atto precedente).

B 19,39; GESTO CENTRALE: l’unzione.

C NESSUNA DICHIARAZIONE IMPORTANTE (domina il silenzio di Dio).

D

19,40-42; TRE SCENE COME RIPARAZIONE:

1) 19, 38.40; Prendono il corpo di Gesù, come Gesù “prese” la croce.

2) 19, 40; Imbalsamano e “avvolgono” Gesù che era stato spogliato delle sue vesti.

3) 19, 42; Depongono nel sepolcro Gesù che era stato “innalzato” sulla croce.

E Nessun intermezzo.

6 Lo schema, rielaborato e integrato, è ispirato a THIERRY MAERTENS – JEAN FRISQUE, Guida dell’Assemblea liturgi-

ca, vol. 2, Elle Di Ci, Torino-Leumann [s.d.: 1970?] 287-288.