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1 VALUTAZIONE COGNITIVA E COMPORTAMENTALE NELLA MALATTIA DI ALZHEIMER Prof. C. Caltagirone*, Dott. R. Perri** *Cattedra di Neurologia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” ** IRCCS S. Lucia - Roma La malattia di Alzheimer è una grave affezione degenerativa del Si- stema Nervoso Centrale che si manifesta in genere alle soglie della terza età e le cui cause non sono a tutt’oggi del tutto conosciute. Una impor- tante proporzione di anziani (all’incirca tra il 3 e il 5% di tutti coloro che nelle società cosiddette avanzate hanno superato i 65 anni di età) sono affetti da una qualche forma di compromissione delle funzioni cognitive di eziologia e gravità variabili; almeno la metà di questi individui sono affetti da malattia di Alzheimer. La malattia determina una progressiva e insidiosa compromissione di diversi aspetti delle funzioni cognitive quali la memoria, l’attenzione, il linguaggio e produce invariabilmente una progressiva difficoltà nello svolgimento degli atti della vita quotidiana. Le conseguenze di questa patologia sono devastanti sia per i pazienti che ne sono affetti sia per coloro che se ne occupano e determinano un peso economico crescente per il nostro Paese, visto l’alto numero di anziani che ne sono colpiti (si stima che in Italia circa 300.000 persone ne siano affette) con costi diretti e indiretti valutati nell’ordine di migliaia di mi- liardi. La malattia di Alzheimer rappresenta una sfida non solo per medici e scienziati, ma anche per tutta la comunità soprattutto quando si tenga conto del fenomeno del progressivo invecchiamento della popolazione e della necessità di fronteggiare il peso sociologico, sociale e sanitario che ne deriva. In una società che si prefigga degli obiettivi di ordinato svi- luppo civile che non perdano di vista le necessità di vaste aree della po- polazione, la consapevolezza della dimensione e della gravità del feno-

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VALUTAZIONECOGNITIVA

E COMPORTAMENTALENELLA MALATTIADI ALZHEIMER

Prof. C. Caltagirone*, Dott. R. Perri**

*Cattedra di Neurologia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” ** IRCCS S. Lucia - Roma

La malattia di Alzheimer è una grave affezione degenerativa del Si-

stema Nervoso Centrale che si manifesta in genere alle soglie della terza età e le cui cause non sono a tutt’oggi del tutto conosciute. Una impor-tante proporzione di anziani (all’incirca tra il 3 e il 5% di tutti coloro che nelle società cosiddette avanzate hanno superato i 65 anni di età) sono affetti da una qualche forma di compromissione delle funzioni cognitive di eziologia e gravità variabili; almeno la metà di questi individui sono affetti da malattia di Alzheimer. La malattia determina una progressiva e insidiosa compromissione di diversi aspetti delle funzioni cognitive quali la memoria, l’attenzione, il linguaggio e produce invariabilmente una progressiva difficoltà nello svolgimento degli atti della vita quotidiana. Le conseguenze di questa patologia sono devastanti sia per i pazienti che ne sono affetti sia per coloro che se ne occupano e determinano un peso economico crescente per il nostro Paese, visto l’alto numero di anziani che ne sono colpiti (si stima che in Italia circa 300.000 persone ne siano affette) con costi diretti e indiretti valutati nell’ordine di migliaia di mi-liardi.

La malattia di Alzheimer rappresenta una sfida non solo per medici e scienziati, ma anche per tutta la comunità soprattutto quando si tenga conto del fenomeno del progressivo invecchiamento della popolazione e della necessità di fronteggiare il peso sociologico, sociale e sanitario che ne deriva. In una società che si prefigga degli obiettivi di ordinato svi-luppo civile che non perdano di vista le necessità di vaste aree della po-polazione, la consapevolezza della dimensione e della gravità del feno-

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meno dovrebbe produrre non solo interventi programmatori di politica sanitaria e sociale, ma anche scelte indirizzate a potenziare le risorse da dedicare alla ricerca scientifica sia in ambito clinico che nel campo della ricerca di base. Nel nostro Paese questo è vero solo in minima parte, an-che se nella comunità civile sembra ormai farsi largo la convinzione che gli investimenti nella ricerca sono un presupposto irrinunciabile non solo per lo sviluppo delle conoscenze, ma anche per individuare strategie innovative che contribuiscano a fornire risposte adeguate alle pressanti necessità dei malati e delle loro famiglie.

L’esordio della malattia è spesso insidioso e può passare del tutto inosservato per lungo tempo. Frequentemente i pazienti o i loro familiari si rivolgono al medico di base o allo specialista con la richiesta di inda-gare su una sintomatologia caratterizzata da disturbi della memoria e dell’attenzione, difficoltà nello svolgere i compiti della propria attività quotidiana o nel campo lavorativo, soprattutto di fronte a situazioni non consuete, o quando vengano richieste strategie non usuali per la solu-zione di compiti più conosciuti. Il paziente può lamentare una modifica-zione del tono dell’umore spesso improntato ad incertezza e pessimismo, oppure alternato ad ingiustificato e a volte superficiale benessere e otti-mismo. In questi casi solo una corretta ed esaustiva raccolta delle infor-mazioni relative all’intera storia clinica del paziente, ed un esame clinico accurato permettono di formulare il sospetto diagnostico di una malattia che determina un deterioramento intellettivo e di avviare le procedure necessarie per l’accertamento delle cause alla base della condizione cli-nica. Una volta escluse quelle cause generali internistiche (endocrinolo-giche, dismetaboliche, ematologiche, etc.) che possono produrre una delle forme di deterioramento cognitivo cosiddette secondarie (dovute cioè a cause primariamente extracerebrali), il compito del medico è quello di avviare degli accertamenti rivolti primariamente ad esplorare l’efficienza delle funzioni cognitive ed a valutare da un punto di vista neuroradiologico le condizioni dell’encefalo del paziente.

Nonostante il favore di cui godono le indagini morfologico-struttu-rali basate su metodiche neuroradiologiche come la TAC e la RMN dell’encefalo, la loro utilità risiede nella alta affidabilità da esse posse-duta nell’escludere altre possibili alternative eziologiche (come affezioni focali o diffuse dell’encefalo) e nella loro capacità di identificare condi-zioni potenzialmente trattabili (valga per tutte il caso dell’idrocefalo nor-motensivo). In ogni caso il loro contributo alla soluzione del complesso problema clinico della diagnosi differienziale tra malattia di Alzheimer e il normale processo di invecchiamento cerebrale e la loro utilità nel diffe-renziare la malattia da altre condizioni degenerative associate a de-menza, rimane, in definitiva, limitato e controverso.

Di particolare utilità appare invece la valutazione neuropsicologica destinata ad accertare l’efficienza intellettiva ed in particolare ad indivi-duare eventuali difficoltà in prestazioni cognitive quali memoria, atten-zione, linguaggio, orientamento spazio-temporale, esplorazione dello spa-zio o altre abilità visuo-spaziali. In base ai risultati dell’esame neuro-co-gnitivo è possibile di solito riconoscere la presenza di un decadimento

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delle funzioni intellettive e, soprattutto, identificare il profilo qualitativo di compromissione mettendo per esempio in luce aree di maggiore o mi-nore efficienza. Il fine che ci si propone è naturalmente quello di ricono-scere il prima possibile la presenza di un deterioramento intellettivo compatibile con la diagnosi di malattia di Alzheimer. La diagnosi di tale malattia è, infatti, di grande importanza allo scopo di escludere il più ra-pidamente possibile quelle condizioni di decadimento cognitivo che fac-ciano riferimento a condizioni trattabili come nelle demenze secondarie, o per identificare quelle forme di depressione dell’età involutiva che spesso si presentano con caratteristiche di inibizione comportamentale tali da far sospettare una demenza.

Ovviamente, una volta riconosciuta su base clinica e strumentale la presenza di una sintomatologia che faccia riferimento ad una possibile malattia di Alzheimer, è necessario procedere con un atteggiamento di attenzione clinica costante, allo scopo di mettere in atto quei provvedi-menti farmacologici e/o riabilitativi che si sono dimostrati promettenti, ma, anche, per poter disporre di un adeguato follow-up che permetterà, nello spazio di un periodo compreso tra sei mesi ed un anno, di formu-lare la diagnosi, sia pure su base clinica, in maniera dapprima probabile e successivamente certa.

Per porre diagnosi di malattia di Alzheimer, in accordo con i criteri guida generalmente riconosciuti come validi a questo fine (vedi a questo proposito International Classification of Disease ICD-10 1992 o Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders DSM-IV 1994), deve essere documentata la presenza di un deterioramento caratterizzato da declino delle funzioni mnesiche (più evidente nell’apprendimento della nuova informazione, sebbene nei casi più gravi possa essere compromessa anche la rievocazione dell’informazione già acquisita) e un deterioramento del giudizio e del pensiero (ad esempio della capacità di programmare e organizzare) e del processamento generale delle informa-zioni. La diagnosi è resa più certa dall’evidenza di deficit di funzioni cor-ticali (quali l’afasia, l’agnosia, l’aprassia) che tuttavia, soprattutto nelle fasi iniziali, non sono necessariamente presenti. Tali disturbi, che non devono essere accompagnati da alterazioni dello stato di coscienza, de-vono essere manifesti da un periodo minimo di sei mesi, altrimenti, per periodi di osservazione più brevi, si deve porre un giudizio di probabilità e non di certezza.

Nel sospetto di malattia di Alzheimer appare perciò di fondamen-tale importanza poter obiettivare e quantificare il declino delle abilità co-gnitive quali la memoria, le capacità di giudizio e di ragionamento, e po-ter verificare l’eventuale presenza di disturbi afasici, agnosici, aprassici, etc., mediante la somministrazione di batterie standardizzate di test neu-ropsicologici espressamente studiate al fine di porre una diagnosi pre-coce di demenza sia mediante una quantificazione del deterioramento (che sia valutabile al netto di differenze imposte dalle diverse condizioni di età e di scolarità dei soggetti esaminati), sia, nell’ambito di questo, mediante l’individuazione di specifici profili cognitivi. Solo strumenti di questo genere possono infatti permettere, con un ragionevole grado di

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sicurezza, di differenziare condizioni diverse dalla malattia di Alzheimer che tuttavia presentano caratteristiche comuni ad essa.

Nella diagnosi differenziale si deve prima di tutto considerare la ne-cessità di discriminare le fisiologiche modificazioni delle capacità cogni-tive legate all’invecchiamento dalle alterazioni di una demenza in fase iniziale. Con l’invecchiamento si realizza, infatti, un declino delle fun-zioni cognitive, più evidente nella nona decade di vita, che tuttavia è dif-ficilmente differenziabile dagli stati patologici e ciò è tanto più difficile quanto più il soggetto è anziano e quanto più è scarso il suo livello socio-culturale.. L' esame, in soggetti anziani normali e in pazienti con de-menza degenerativa, di svariate competenze cognitive quali la memoria, il linguaggio, le capacità visuo-spaziali, il ragionamento ha evidenziato infatti la difficoltà nel trovare segni caratteristici o markers della de-menza degenerativa che permettano di distinguere l' invecchiamento normale da quello patologico da un punto di vista qualitativo e non solo quantitativo (Gainotti 1984). Anche da un punto di vista anatomo-pato-logico queste due condizioni presentano notevoli somiglianze. La malattia di Alzheimer ha, infatti, due markers neuropatologici visibili all’esame microscopico dell’encefalo: formazioni extracellulari conosciute come placche neuritiche o senili e formazioni intracellulari, visibili con il me-todo dell’impregnazione argentica, chiamate zone neurofibrillari (neurofibrillary tangles). E’ tuttavia ben noto da molti anni che queste manifestazioni non sono esclusive della malattia ma sono presenti co-munemente anche nel corso dell’invecchiamento naturale dell’encefalo anche se con una distribuzione topografica ed una densità di lesioni dif-ferenziabili. Queste osservazioni indurrebbero a pensare all’esistenza di un continuum fra la condizione fisiologica dell’invecchiamento e la dege-nerazione alzheimeriana, in cui solo differenze quantitative sono respon-sabili delle due diverse condizioni. Un recente lavoro (Carlesimo et al. 1997) ha tuttavia evidenziato che se alcune funzioni cognitive quali l'apprendimento procedurale, la memoria implicita, la memoria imme-diata o l'oblio della memoria episodica, mostrano o non sostanziali cam-biamenti o un lento declino passando dai soggetti giovani a quelli anziani e superanziani (di età superiore agli 80 anni) fino ai pazienti affetti da malattia di Alzheimer; altre funzioni, invece, come quelle che richiedono l'utilizzo di strategie semantiche di codifica nella memoria episodica, presentano un deficit specifico nei pazienti dementi e una sostanziale stabilità nei soggetti normali di ogni età. Quest'ultimo dato suggerisce perciò una discontinuità qualitativa e non solo quantitativa fra il fi-siologico processo di invecchiamento e la condizione patologica alla base della demenza di Alzheimer e indica un possibile marker cognitivo per la differenziazione del decadimento intellettivo legato all'età rispetto a quello causato dalla degenerazione alzheimeriana.

Da questi dati si evince la notevole importanza rivestita, nel pro-cesso diagnostico, da un'accurata valutazione neuropsicologica specifi-camente rivolta al soggetto anziano e che quindi tenga presente la facile stancabilità e ridotta motivazione ad eseguire prove lunghe e non suffi-cientemente diversificate fra di loro, composta di strumenti di cui siano

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disponibili dati normativi e di validazione (Caltagirone et al. 1995). Tale valutazione, inoltre, dovrà essere volta, oltre che a quantificare, anche a differenziare i deficit nelle diverse aree cognitive, per evidenziare profili di deterioramento diversi da quelli compatibili con una malattia di Alzheimer.

L'individuazione di differenti pattern neuropsicologici appare fon-damentale soprattutto per la diagnosi differenziale di quelle forme di demenza in cui né la clinica, né gli esami neuroradiologici o di laborato-rio forniscono dati discriminativi, come spesso avviene nelle forme di pseudo-demenza depressiva, difficilmente differenziabili dalle forme ini-ziali di demenza degenerativa. I sintomi depressivi, infatti, sono fre-quenti all'esordio di una demenza degenerativa, mentre i pazienti affetti da depressione molto frequentemente lamentano sintomi come la perdita di memoria e il disorientamento temporale, che sono caratteristici della demenza. La necessità di determinare se questi segni siano legati ad una condizione di demenza iniziale o ad uno stato depressivo è particolar-mente frequente nella popolazione anziana, principale bersaglio delle patologie dementigene. Si stima infatti che più del 40% della popola-zione sopra i 60 anni riporti sintomi depressivi e che nel 20% dei casi siano presenti sentimenti di riduzione delle proprie capacità di ragiona-mento, di attenzione e di memoria (Des Rosiers et al. 1995). All'esame neuropsicologico dei pazienti depressi, tuttavia, i disturbi mnesici non si accompagnano generalmente ad ulteriori deficit di tipo cognitivo (Caltagi-rone et al. 1985) che sarebbero invece presenti nelle forme degenerative sin dal loro primo manifestarsi (Jacobs et al. 1995).

Batterie testistiche studiate per una diagnosi precoce e validate su popolazioni di pazienti di lingua italiana sono la batteria dello S.M.I.D. (Studio Multicentrico Italiano sulle Demenze) (Bracco et al. 1990) e la M.O.D.A. (Milan Overall Dementia Assessment) (Brazzelli et al. 1994) che fornisce un punteggio complessivo sommatorio dei risultati di due scale di autonomia e di orientamento e delle prestazioni in una breve batteria neuropsicologica.

Uno strumento studiato appositamente per discriminare con un elevato grado di accuratezza i soggetti dementi dai soggetti normali an-ziani, nonché per fornire informazioni sulle caratteristiche qualitative del deficit cognitivo eventualmente presente nel paziente indagato, è la B.D.M. (Batteria per il Deterioramento Mentale) (Caltagirone et al. 1979).

La Batteria per il Deterioramento Mentale è composta di 7 test che forniscono 8 punteggi complessivi: 4 sono espressione dell'elaborazione di materiale verbale e 4 derivano dall'elaborazione di materiale visuo-percettivo. I test sono stati appositamente scelti per fornire informazioni circa l'efficienza funzionale di svariati ambiti cognitivi: aspetti diversi delle capacità mnesiche (memoria a breve termine per dati visuo-percet-tivi, fruibilità del magazzino di memoria semantico-lessicale, memoria a lungo termine episodica per informazioni verbali e memoria a breve e lungo termine per materiale verbale); capacità prassico-costruttive (con prove che si differenziano per il diverso impegno richiesto nella pianifica-zione dell'attività grafica); capacità linguistiche di alto livello ed infine

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capacità di ragionamento logico-concettuale. Un innegabile pregio della B.D.M. è la praticità: il materiale testistico è infatti agevolmente riprodu-cibile e trasportabile ed il tempo necessario per la somministrazione del-l'intera batteria è ragionevolmente contenuto (45-75 min) (Caltagirone et al. 1995).

La B.D.M. ha dimostrato nel corso degli anni la sua validità non solo per discriminare pazienti dementi da soggetti normali, ma anche per individuare profili differenziali di compromissione neuropsicologica in gruppi di pazienti affetti da varie patologie neurologiche (oltre alla ma-lattia di Alzheimer, le encefalopatie multi-infartuali, l'idrocefalo normo-teso, il morbo di Parkinson ecc.) (Gainotti et al. 1980; Caltagirone et al. 1989). In particolare, la B.D.M. ha dimostrato di essere provvista di un buon valore diagnostico nel distinguere dementi in fase iniziale da de-pressi pseudo-dementi, evidenziando in questi una caduta selettiva nelle prove di memoria verbale a differenza dei pazienti affetti da malattia di Alzheimer che presentano una compromissione omogenea di tutte le fun-zioni cognitive esplorate dalla batteria (Caltagirone et al. 1985). Un altro più recente lavoro (Carlesimo et al. 1995) ha mostrato la specificità dei singoli test della B.D.M. ad indagare ambiti cognitivi diversi, consen-tendo così di individuare deficit selettivi di determinate funzioni. Que-st'ultimo aspetto appare importante soprattutto nella diagnosi delle forme degenerative focali, nelle quali ad un deterioramento progressiva-mente ingravescente di una singola funzione cognitiva non si accompa-gnano per molti anni problemi intellettivi più generalizzati.

Se l’uso di strumenti come la B.D.M. trova specifica indicazione nella fase diagnostica, una volta posta e confermata la diagnosi di ma-lattia di Alzheimer, è necessario poter disporre di strumenti che permet-tano, oltre che di seguire l’evoluzione del deterioramento nel tempo, an-che di valutare il grado di interferenza che la patologia e la sua evolu-zione hanno nel contesto ambientale del soggetto. Accanto alla valuta-zione delle capacità cognitive del paziente sarà quindi necessario af-fiancare una valutazione clinica degli aspetti non cognitivi della de-menza, al fine di valutarne l’impatto nel vissuto sociale e sull’autonomia di esecuzione di attività strumentali, mediante l’uso di scale che quanti-ficano il livello di deficit funzionale del soggetto nelle sue varie dimen-sioni psico-fisiche quali lo stato dell'umore, il ritmo sonno-veglia, la con-tinenza, l'autonomia nel vestirsi, nella cura dell'igiene personale o nell'a-limentazione. Questi aspetti, infatti, possono essere fonte di grande pre-occupazione per i familiari del paziente e possono incidere fortemente sulla possibilità di gestione della malattia in un ambiente familiare. La presenza di alterazioni in alcuni di questi ambiti, inoltre, può richiedere interventi terapeutici specifici, come il trattamento con psicofarmaci di disturbi quali l’agitazione, la depressione o le psicosi, frequentemente ri-scontrabili in questi soggetti. L’importanza di una valutazione congiunta degli aspetti cognitivi e comportamentali della malattia di Alzheimer si affianca, inoltre, alla necessità di poter confrontare nel tempo le diverse valutazioni effettuate in uno stesso soggetto, sia perché i sintomi non co-gnitivi non sono necessariamente sempre presenti in un singolo

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paziente, sia per poter esprimere un giudizio sull’entità del peggioramento o del miglioramento di alcuni o di tutti i sintomi cognitivi e comportamentali a seguito di trattamenti specifici. Quest’ultimo aspetto assume una particolare importanza nella sfera della sperimentazione farmacologica. Negli ultimi anni, infatti, si sono moltiplicati gli sforzi della comunità scientifica internazionale per trovare strategie terapeutiche efficaci nella malattia di Alzheimer. Momento fondamentale di questo sforzo è ovviamente la sperimentazione clinica di nuovi farmaci antidemenza, attraverso trials farmacologici che non possono prescindere dall’utilizzo di scale di valutazione globale delle capacità del paziente demente e dalla possibilità di compararle nel tempo.

Per seguire nel tempo le modificazioni nel grado di deterioramento si possono utilizzare brevi test che valutano lo stato mentale del sog-getto. Tra questi il più utilizzato è il Mini Mental State Examination (Folstein 1975). Questo tipo di test ha il vantaggio di poter essere som-ministrato in tempi brevi e di essere meno impegnativo per le risorse at-tentive del paziente rispetto ad una batteria completa di test neuropsi-cologici, così da poter essere usato anche nelle fasi più avanzate della demenza.

Scale cliniche di valutazione che si basano sia sugli aspetti cognitivi che su quelli comportamentali della demenza più frequentemente utiliz-zate e disponibili in versione italiana sono: la CDR (Clinical Dementia Rating Scale) (Hughes et al. 1982); la CIBIC-Plus (Clinician Interview-Based Impression of Change ) derivata dalla CIBI (Clinician Interview-Based Impression Change) (Knopman et al. 1994); l’ ADAS-Cog (Alzheimer’s Disease Assessment Scale) (Rosen et al. 1984) e la CGI (Clinical Global Impression) (Guy 1976). Sono scale che affiancano ad una più o meno approfondita valutazione dello stato cognitivo, una rac-colta di informazioni sullo stato comportamentale del soggetto derivate sia dall’osservazione diretta del paziente (grado di cooperazione nell’esecuzione di test cognitivi; tipo di interazione medico-paziente du-rante una conversazione con l’esaminatore; presenza di segni manifesti o latenti di ansietà, depressione, allucinazioni o deliri) che da interviste ai suoi familiari (riguardo al grado di autonomia del paziente sia nell’ambito familiare che sociale in diverse attività; riguardo al ritmo sonno-veglia, all’alimentazione, ai disturbi dell’umore, all’igiene personale etc.), in modo da poter fornire un punteggio globale di gravità della demenza, basato sostanzialmente sull’impressione clinica dell’esaminatore. Alcune di queste, inoltre, come la CIBIC-Plus, espressamente studiata per accertare, in modo affidabile, un cambiamento globale della condizione clinica del soggetto demente in seguito alla somministrazione di farmaci antidemenza, forniscono i criteri in base ai quali valutare la presenza e l’entità di eventuali peggioramenti o miglioramenti. Perché le valutazioni risultino il più possibile affidabili, inoltre, vengono generalmente previsti precisi intervalli fra un’osservazione e l’altra e si richiede che l’esaminatore e il familiare da cui vengono raccolte le notizie siano sempre gli stessi.

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In conclusione è utile sottolineare ancora una volta l’importanza di poter disporre di strumenti neuropsicologici diversificati che permettano specifiche determinazioni e valutazioni di differenti aspetti della patolo-gia alzheimeriana. Se, infatti, nella fase diagnostica e di accertamento di questa patologia, sono indispensabili approfondite valutazioni quantita-tive e qualitative del profilo cognitivo di deterioramento, queste, con il passare del tempo possono risultare eccessivamente gravose per le capa-cità attentive del soggetto più gravemente deteriorato e soffrire di un ef-fetto “pavimento” che le rende meno adatte in una fase successiva. Al contrario, strumenti che permettono una valutazione clinica globale del paziente demente, se trovano nella fase iniziale scarsa indicazione (a causa dell’elevata percentuale di falsi negativi che presentano nella dia-gnosi precoce delle forme di demenza lieve) diventano preziosi strumenti per il suo successivo follow-up. La determinazione dello stato mentale del soggetto mediante valutazioni rapide e poco onerose per le sue risorse cognitive, infatti, ne permettono la somministrazione anche nelle fasi più avanzate di malattia, mentre l’attento approfondimento degli aspetti comportamentali del paziente demente rappresenta un momento fonda-mentale per assicurargli un’efficace assistenza e fornire costantemente adeguate risposte terapeutiche e di sostegno al paziente e ai suoi fami-liari.

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SCALE DI PIÙ FREQUENTE UTILIZZO PER LA VALUTAZIONE GLOBALE

DEL PAZIENTE DEMENTE

Prof. C. Caltagirone*, Dott. R. Perri**

*Cattedra di Neurologia Università degli Studi di Roma "Tor Vergata" **IRCCS S. Lucia - Roma

La scelta nell'uso dei diversi strumenti volti a monitorare il progressivo declino delle condizioni cognitive e comportamentali del paziente affetto da malattia di Alzheimer, deve essere dettata dalle necessità del clinico (assistenza diretta al malato e ai suoi familiari) o del ricercatore (valutazione dell'efficacia dei trattamenti specifici) nonché dalla gravità della demenza. Nelle forme di grave deterioramento, infatti, valutazioni approfondite dello stato cognitivo del soggetto possono essere impossibili e ricorrere a strumenti di rapida informazione può risultare perciò di maggiore utilità. Scale che forniscono una misura globale della gravità della demenza possono essere utili sia per seguire il decorso della malattia che per confrontare campioni di pazienti nei diversi studi. Scale specificamente rivolte alla valutazione e quantificazione delle capacità del paziente a svolgere le comuni attività della vita quotidiana e/o a valutare la presenza di sintomi quali depressione, agita-zione, allucinazioni, forniscono informazioni di importante rilevanza clinica essendo questi i sintomi che possono maggiormente interferire con le possibilità di gestione del paziente da parte dei suoi familiari. Qui di seguito verranno brevemente illustrate le scale di più frequente utilizzo e le loro indicazioni principali. Il Mini Mental State Examination (Folstein 1975) rappresenta un rapido e sensibile strumento per l'esplorazione della funzione cognitiva e delle sue modificazioni nel tempo, applicabile anche in forme di grave deterioramento. Richiede per la somministrazione un tempo variabile di 5-10 minuti ed è costituito da 11 items che esplorano la memoria a breve e medio termine, il linguaggio, l'orientamento temporo-spaziale, l'attenzione, il calcolo e la prassia.

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Il punteggio totale, dato dalla somma dei punteggi che il paziente ha ottenuto a ciascun item, può andare da un minimo di 0 (massimo deficit cognitivo) ad un massimo di 30 (nessun deficit cognitivo). Il punteggio soglia è 23-24 e la maggior parte delle persone anziane non dementi ottengono punteggi raramente al di sotto di 24 (Bowling 1995). Tuttavia i valori dei punteggi cut-off riportati in studi recenti (Anthony et al. 1984; Dick et al. 1984; Davous et al. 1987; Mant et al. 1988; O'Connor et al. 1989; Li et al. 1989; Zhang et al. 1990) variano notevolmente nei diversi lavori, in quanto fattori come l'età e la scolarità contribuiscono significativamente alle variazioni dei punteggi attesi nella popolazione normale. Per tale motivo è utile ricorrere a correzioni dei punteggi ottenuti al MMSE per l'età e la scolarità del soggetto. Sono disponibili, a questo scopo, correzioni validate su un campione casuale di persone della popolazione italiana (Measso et al. 1993). Scale che coniugano l'esplorazione cognitiva con quella comportamentale mediante indagini strutturate sono l'ADAS-Cog (Alzheimer Disease Assessment Scale) (Rosen et al. 1984) e la CDR (Clinical Dementia Rating Scale ) (Hughes et al. 1982). L'ADAS-Cog richiede un tempo di somministrazione di 30-40 minuti. È costituito da due scale una cognitiva e una non cognitiva che possono essere somministrate insieme o separatamente a seconda delle necessità. L'approfondita valutazione sia degli aspetti cognitivi che comportamentali della demenza la rendono uno degli strumenti più utilizzati sia a scopi clinici che di ricerca. La parte cognitiva dell'ADAS, preceduta da una breve conversazione con il paziente su argomenti neutrali come il tempo, la colazione del paziente ecc, consiste di 12 test atti a valutare la memoria a breve e medio termine (rievocazione di parole; riconoscimento di parole; apprendimento delle istruzioni di un test); l'orientamento temporo-spaziale; il linguaggio (abilità verbale, difficoltà di denominazione nel linguaggio spontaneo, comprensione del linguaggio parlato, denominazione di oggetti e dita, esecuzione di comandi); la prassia; l'attenzione e la concentrazione. Il punteggio della maggior parte dei test cognitivi viene assegnato sulla base di stime (ratings) cliniche effettuate dall'esaminatore nel corso della conversazione e della sessione testistica. I punteggi della parte cognitiva dell'ADAS vanno da zero, che equivale ad assenza di errore ovvero di deficit, a un massimo di 75, che indica invece un deficit grave in tutti i test. La parte non cognitiva dell'ADAS comprende la valutazione della presenza o assenza di depressione, pianto, deliri, allucinazioni, deambulazione compulsiva, aumento dell’attività motoria e grado di cooperazione durante i test. Il punteggio a ciascuna fi queste aree comportamentali (così come per i ratings della parte cognitiva) viene assegnato in un range da 0 (nessun deficit ad un test o assenza di uno specifico comportamento) a 5 (deficit di massima gravità ad un test o comparsa molto

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frequente di un comportamento). Il punteggio per la parte non cognitiva, risultante dalla somma ai punteggi assegnati nelle sette sezioni comporta-mentali, può andare da 0 a 35. Il punteggio totale (cognitivo più comportamentale) varia da 0 a 110. In pratica alla parte cognitiva poche persone, persino fra i non dementi ottengono un punteggio di zero (assenza di deficit) poiché i test di memoria sono sufficientemente difficili da far commettere alcuni errori anche alle persone normali. Studi longitudinali americani su pazienti affetti da malattia di Alzheimer hanno mostrato che i punteggi della parte cognitiva dell’ADAS aumentano in media di 9 punti l’anno. Il tasso di cambiamento è più lento nei pazienti molto lievi e in quelli con una demenza grave rispetto ai pazienti con forme moderate di deterioramento (Stern et al. 1994), mentre i punteggi della parte non cognitiva dell’ADAS ge-neralmente non mostrano un incremento con la progressione della demenza come invece avviene con i punteggi della parte cognitiva (Zec et al. 1992). La Clinical Dementia Rating Scale (CDR Hughes et al. 1982) fornisce una scala per la classificazione clinica globale della demenza. Anche in questo caso vengono prese in considerazione diverse aree di esplorazione sia cognitive ( orientamento, memoria, capacità di giudizio e di risoluzione dei problemi) che comportamentali (attività quotidiane e capacità di interazione sociale). Richiede un tempo di somministrazione di 1-2 ore. All’inizio viene utilizzata un’intervista strutturata e standardizzata per raccogliere informazioni sulla storia clinica del soggetto, che prevede parti specifiche per la valutazione del linguaggio. In seguito al paziente vengono dati compiti di memoria, orientamento, calcolo ecc. altrettante informazioni sulle diverse aree indagate vengono raccolte dai familiari del soggetto. Sia l’intervista al paziente che le domande ai familiari sono in parte orientate a valutare la presenza di depressione. I punteggi assegnati vanno da 0 (assenza di deficit) a 3 (demenza grave). I punteggi 1 e 2 corrispondono a demenza lieve e moderata. Un punteggio di 0.5 viene assegnato in caso di demenza dubbia. L’utilità della CDR è rappresentata dal fatto che fornisce una scala di valutazione che prende in considerazione molte caratteristiche di un determinato paziente rendendosi particolarmente pratica in quelle situazioni in cui si vogliano studiare globalmente le funzioni cognitive e comportamentali di un soggetto anziano. In tale contesto è applicabile sia nell’ambito di forme lievi che di forme severe di demenza e a soggetti che non sono né chiaramente sani né chiaramente dementi. Scale di valutazione espressamente studiate come strumenti di valutazione affidabili per accertare un cambiamento nello stato clinico del soggetto demente durante trattamenti farmacologici sono la CGI (Clinical Global Impression) (Guy 1976) e la CIBIC-Plus (Clinician Interview Based Impression of Change) derivata dalla CIBI (Clinician Interview Based Impression Change) (Knopman et al. 1994).

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La CGI è stata ampiamente utilizzata negli ultimi 20 anni per la misurazione di effetti farmacologici clinicamente significativi nelle sperimentazioni e non solo quelle specificamente rivolte al trattamento della malattia di Alzheimer. Si basa sostanzialmente sull’impressione che l’esaminatore, sulla base della sua esperienza, ricava del grado di severità della malattia e del grado di miglioramento globale presentato dal paziente assegnando a ciascuno di questi aspetti un punteggio che varia da 0 a 7. Un terzo item è volto ad assegnare un punteggio indice dell’efficacia di uno specifico trattamento sulla base dell’effetto terapeutico (presenza di un miglioramento di grado notevole, moderato o lieve, assenza di miglioramento, presenza di peggioramento) e degli effetti collaterali (assenti, presenti ma che non interferiscono con le prestazioni del paziente, presenti e che interferiscono o prevalgono sulle prestazioni del paziente). Di più recente utilizzo e specificamente costruita per l’utilizzo in trials farmacologici di farmaci antidemenza, è la CIBIC-Plus che consiste di due interviste semistrutturate che permettono al medico di raccogliere, sia dal paziente sia da chi assiste il malato, le informazioni necessarie per formulare un’impressione globale di cambiamento dello stato cognitivo e comportamentale del soggetto. La somministrazione può richiedere un tempo variabile di 1-2 ore. Una valutazione di partenza in cui sono registrate le informazioni ottenute separata-mente dal paziente e poi dall’accompagnatore, viene utilizzata come riferimento per i giudizi (ratings) che verranno formulati ai follow-up successivi. L’intervista al paziente, che deve avvenire sempre prima di quella all’accompagnatore, prevede una valutazione cognitiva del grado di orientamento del soggetto, della memoria, del linguaggio, della prassia e delle capacità di giudizio. La valutazione comportamentale è volta ad indagare la presenza o assenza di allucinazioni, deliri, cambiamenti nel tono dell’umore, la presenza di disturbi del sonno e dell’appetito, le capacità di autonomia nelle attività della vita quotidiana ed il grado di partecipazione alla vita sociale. Le stesse informazioni vengono successivamente raccolte dal familiare o dalla persona deputata generalmente ad accudire il paziente. Per il confronto fra i dati ottenuti alla baseline e quelli ottenuti ai controlli successivi, la CIBIC-Plus fornisce una scala di punteggi in un intervallo da 1 (notevolmente migliorato) a 7 (notevolmente peggiorato) con 4 che rappresenta l’assenza di cambiamenti rispetto alla baseline. Lo scopo principale della CIBIC-Plus è quello di formulare un’impressione globale, e cioè una valutazione “olistica” del paziente nel corso di trattamenti sperimentali di farmaci antidemenza. Perciò nulla impedisce al clinico di indagare in modo sistematico le aree cognitive comportamentali e funzionali mediante altri strumenti quali il MMSE o l’ADAS-Cog. Tuttavia, nel corso di un trial farmacologico, per permettere un giudizio indipendente sui

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cambiamenti globali presentati dal paziente, le valutazioni della CIBIC-Plus non devono essere influenzate dalle prestazioni alle altre scale utilizzate e per tale motivo è generalmente richiesto che vengano effettuate da esaminatori diversi. Perché le valutazioni della CIBIC-Plus risultino il più possibile affidabili, inoltre, si richiede che l’esaminatore e il familiare da cui vengono raccolte le notizie siano sempre gli stessi sia alla baseline che ai successivi controlli.

BIBL IOGRAF IAB IBL IOGRAF IA Anthony J.C., Leresche L., Niaz U. et al. (1982). Limits of the Mini Mental State as a

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CHIUDA GLI OCCHI

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INTRODUZ IONEINTRODUZ IONE Al fine di aumentare l’attendibilità e la validità dei punteggi ai test

dell’ADAS sono state stabilite alcune convenzioni sul modo di somministrare la scala. I vari test della parte cognitiva dovranno essere somministrati seguendo l’ordine di presentazione indicato dalla scheda.

Il test di rievocazione di parole è somministrato per primo, mentre quello di riconoscimento di parole per ultimo con i rimanenti test cognitivi nel mezzo, al fine di minimizzare la possibilità che il paziente possa far confusione fra le parole delle due prove.

All’inizio della seduta, prima della somministrazione dei test di rievocazione di parole, il testista si impegnerà in una breve conversazione con il paziente su argomenti neutrali quali il tempo, il viaggio effettuato dal paziente per venire alla clinica, il tipo di colazione avuta al mattino ecc. Questa conversazione aiuterà il paziente a sentirsi a suo agio prima dell’inizio della seduta testistica e offrirà al testista l’opportunità di osservare e valutare i vari aspetti dell’espressione e comprensione verbale del paziente. La parte cognitiva dell’ADAS prevede infatti 3 stime cliniche di capacità verbale: abilità verbale (espressiva), difficoltà a trovare le parole desiderate nel linguaggio spontaneo e comprensione del linguaggio parlato. L’ADAS non è un test con limiti di tempo e il punteggio del paziente non dipende dalla rapidità con cui porta a termine il test. I test cognitivi vanno somministrati in modo tale che la sessione proceda sì spedita e senza ostacoli ma anche che il paziente non si senta pressato a rispondere rapidamente. Per assicurare che la sessione proceda spedita e che ciascun paziente abbia pari opportunità di ri-spondere correttamente, saranno concessi solo due tentativi di risposta ai vari item che compongono ciascun test. Se il paziente non dovesse rispondere correttamente dopo un secondo tentativo, il testista dovrà passare all’item successivo. I “feedback” al paziente dovranno essere neutri e, solitamente, non si dovrebbe far menzione della correttezza o meno della risposta. Commenti del tipo “Va bene” o ”Lei sta andando bene” sono appropriati durante i tentativi del paziente.

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PUNTEGG IOPUNTEGG IO

16 dei 19 test di cui è composta la scala hanno un punteggio che va da 0

(assenza di deficit) a 5 (deficit di massima gravità). La Rievocazione di parole e il Riconoscimento di parole hanno un punteggio che va da 0 a 10 e da 0 a 12 rispettivamente, e che viene determinato dal numero di errori che i pazienti fanno in questi test. Il punteggio del Test di orientamento va da 0 a 8 e dipende dal numero di errori che i pazienti commettono in una serie di domande di orientamento. Punteggio totale = somma del punteggio di tutti i test (range: 0 -110). Punteggio parte cognitiva = somma dei punteggi ai 12 test cognitivi (range: 0 -75). Punteggio parte non-cognitiva = somma dei punteggi delle 7 sezioni non-cognitive (range: 0-35). Punteggio 0 = Assente 1 = Molto lieve 2 = Lieve 3 = Medio 4 = Medio-grave 5 = Grave

Il punteggio 0-5 riflette il grado di gravità delle disfunzioni. Il punteggio “0” equivale a nessun deficit ad un test o all’assenza di uno

specifico comportamento. Il punteggio “5” equivale al deficit di massima gravità o alla comparsa molto

frequente di un comportamento. Il punteggio “1” corrisponde ad un comportamento patologico presente in

misura molto lieve o a una specifica risposta ad un test. I punteggi “2”, “3” o ‘4” corrispondono ad un deficit lieve, medio o medio-

grave. I punteggi attribuiti a molti comportamenti cognitivi corrispondono ai

relativi livelli di prestazione al test. Nel caso sia impossibile valutare la prestazione ad un test o la presenza di un

comportamento, l’esaminatore dichiara che l’item è “Non valutabile” (vicino allo spazio riservato per il punteggio) e ne specifica le ragioni nelle “Note”.

Le righe sopra lo spazio riservato al punteggio (“Note”) vanno utilizzate per eventuali commenti riguardanti la prestazione del paziente al test in oggetto.

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1 . R IEVOCAZ IONE D I PAROLE1 . R IEVOCAZ IONE D I PAROLE Vengono proposte 3 prove di lettura e rievocazione di una lista di sostantivi

ad alta frequenza d’uso e ad alto contenuto immaginativo da apprendere - Le dieci parole sono stampate su cartoncini - L’esaminatore deve attenersi al criterio di una presentazione ogni 2

secondi. Se il paziente non risponde, l’esaminatore, dopo 2 secondi, deve invitarlo a rispondere leggendo la parola e facendola ripetere dal paziente

- Al termine di ciascuna lettura, chiedere al paziente di tentare di ricordare quante più parole gli è possibile.

- Se le intrusioni diventano continue o problematiche, il testi-sta deve riorientare il paziente (“Sono queste le parole che ha letto?” “Non si preoccupi dell’ordine in cui le dice”)

- Forme equivalenti di questa prova, con liste di parole diverse ma approssimativamente equivalenti per frequenza d’uso e contenuto immaginativo, dovrebbero essere utilizzate nel caso si intenda ritestare il paziente prima che siano trascorsi 6 mesi dall’ultima sessione.

- Il punteggio è dato dal numero medio di parole non ricordate nelle 3 prove (massimo = 10)

- Arrotondamenti: se il punteggio medio dovesse essere, ad esempio, 3.333, segnare nell’apposito spazio in basso: 3.3. Se invece fosse, ad es, 4.666, segnare: 4.7. Note:

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2 . DENOMINAZ IONE D I OGGETT I E D ITA2 . DENOMINAZ IONE D I OGGETT I E D ITA

- La prima domanda circa ciascun oggetto sarà: “Qual è il nome di quest’oggetto?” oppure “Come si chiama quest’oggetto?”.

Se il paziente non risponde, l’esaminatore fornirà allora il suggerimento per quell’oggetto riportato nella pagina successiva fra parentesi sotto il nome. Se il paziente continua a non rispondere o dà una risposta errata, si passa all’oggetto successivo.

- Non c’è un particolare ordine di presentazione degli oggetti. - Per molti degli oggetti esiste più di una risposta corretta. Una risposta diversa da quella fornita sulla scheda va contata come corretta

se è un nome che potrebbe essere usato da una persona non demente con un bagaglio culturale simile a quello del paziente. Termini correnti, dialettali o locali sono accettabili, e vengono considerati risposte corrette.

Esempi:quotidiano per giornale; organetto, organino o fisarmonica a bocca per armonica.

- Descrizioni degli oggetti, parafasie semantiche o fonemiche vanno considerate risposte errate.

- Gli oggetti e la loro frequenza di riconoscimento da parte di pazienti Alzheimeriani sono: alta frequenza: media frequenza: bassa frequenza: Fiore (artificiale) Pipa Cacciavite Giornale Portafogli(o) Timbro Forbici Letto (giocattolo) Maschera Pettine Fischietto Armonica (a bocca) Note:

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3. ESECUZ IONE D I COMAND3. ESECUZ IONE D I COMAND II

- Questa prova si propone di valutare la capacità di comprensione del soggetto. Al paziente verrà chiesto di eseguire dei comandi di difficoltà crescente. - Ciascun comando sarà letto una volta. Se il paziente non risponde o commette un errore, il testista ripeterà l’intero comando un’altra volta. Quindi passerà al comando successivo. - Se il paziente sbaglia a un qualsiasi passo del comando, l’intero comando è da considerarsi scorretto. Note:

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4.4. PRASS IA COSTRUTT IVAPRASS IA COSTRUTT IVA Questa prova valuta la capacità del paziente di copiare forme geometriche di

difficoltà diversa: da un semplice cerchio all’assai complesso cubo. Le figure, collocate centralmente nella parte superiore di un semplice foglio

di carta, vanno presentate al soggetto una alla volta. Le istruzioni da dare al paziente sono: “Vede questa figura?

Tenti di disegnarne una uguale qui (indicare) sul foglio.” Al paziente sono concessi due tentativi per ogni disegno così come di

cancellare in caso di necessità. Se il paziente non è in grado di riprodurre il disegno in due tentativi, il testista dovrà passare alla figura successiva. Ciascun disegno va ritenuto corretto se il paziente ha riprodotto tutte le caratteristiche geometriche essenziali dell’originale. Modificazioni delle dimensioni non sono valutate come errori. Piccole soluzioni di continuità tra le linee non stanno ad indicare un errore se la forma della figura è stata riprodotta.

L’ordine di presentazione dei disegni e i criteri per l’assegnazione del punteggio a ciascuna figura sono: 1° Cerchio: criterio per l’assegnazione del punteggio: una figura curva, chiusa. 2° Due rettangoli sovrapposti: criterio per l’assegnazione del punteggio: le figure devono avere 4 lati e la sovrapposizione deve essere simile al modello. Modificazioni delle dimensioni sono accettabili. 3° Rombo (“diamante”): criterio per l’assegnazione del punteggio: la figura deve avere 4 lati, orientati in modo tale che “le punte” siano in alto e in basso, con i lati approssimativamente di uguale lunghezza. 4° Cubo: criterio per l’assegnazione del punteggio: la figura è tridimensionale, con la faccia anteriore orientata correttamente e le linee interne tracciate correttamente tra gli angoli. I lati e le superfici opposte dovranno essere approssimativamente paralleli.

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5 . PRASS IA IDEAT IVA5 . PRASS IA IDEAT IVA - Questa prova vuol valutare l’abilità del paziente ad eseguire una

sequenza complessa ma familiare di azioni. - Al paziente viene consegnato un foglio di carta A4 ed una busta lunga. Se

il foglio viene piegato in 3 o 4 parti la risposta è corretta. - La prova si compone di cinque parti, ciascuna delle quali è sottolineata (v.

istruzione nella pagina successiva). - Se il paziente dimentica parte del compito o è in difficoltà, il testista

ripeterà quella parte delle istruzioni dimenticata o in cui il paziente è in difficoltà. Ad esempio, se il paziente si ferma dopo aver piegato la lettera e averla messa nella busta, il testista dovrà ricordare al soggetto il passo successivo. “Ora incolli la busta.” Se il paziente non è in grado di eseguire questo compito, si proseguirà ricordando il passo ulteriore “Ora indirizzi la lettera a se stesso”.

Dopo la prima istruzione completa, potrà essere fornita soltanto una ripetizione supplementare per ciascuna parte del comando. La scorretta esecuzione di questo test dovrebbe riflettere soltanto un deficit nell’esecuzione di un’azione consolidata e non una difficoltà di rievocazione.

- Qualsiasi indirizzo che metta in grado un postino di recapi tare la busta va considerato come corretto anche se non dovesse corrispondere all’indirizzo attuale del paziente. L’indirizzo deve contenere il nome, la via, il numero e la città. Il codice di avviamento non è necessario. Note:

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6. OR IENTAMENTO6. OR IENTAMENTO

- Il testista rivolgerà al paziente una alla volta ciascuna delle domande riportate nella pagina successiva.

- Prima di somministrare questa prova, accertarsi che non ci siano orologi, sveglie o calendari in vista che possano aiutare il paziente.

- Risposte accettabili: ±1 giorno per la data; ±1 ora per l’ora; nome parziale per il posto; la stagione che sta per venire, se entro una settimana dal suo inizio; la stagione che è passata, se entro 2 settimane dalla sua fine; mese, anno, giorno della settimana e nome e cognome della persona devono

essere esatti. Note:

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7 . R ICONOSC IMENTO D I PAROLE7. R ICONOSC IMENTO D I PAROLE

- In questo test vengono date al paziente tre prove per apprendere una lista di 12 parole. La parte di apprendimento di ciascuna prova è simile alla corrispettiva del test di rievocazione di parole: al paziente viene richiesto di leggere ad alta voce ciascuna parola e di cercare di ricordarla. In ciascuna delle tre prove, le 12 parole da ricordare saranno quindi mescolate a 12 parole nuove approssimativamente della stessa frequenza d’uso e contenuto immaginativo delle parole studiate e il paziente dovrà decidere se ciascuna parola era una di quelle precedentemente lette oppure no.

- Forme equivalenti di questa prova, cioè liste di parole differenti ma approssimativamente della stessa frequenza d’uso a contenuto immaginativo, dovrebbero essere usate nel caso il paziente vada ritestato prima che siano trascorsi sei mesi dall’ultima sessione.

Le parole utilizzate in questa prova non devono necessariamente essere parole ad alta frequenza d’uso o forte contenuto immaginativo. Ciascuna lista include infatti sia parole ad alta frequenza d’uso e forte contenuto immaginativo sia parole a più bassa frequenza e più astratte.

- All’inizio della 1^ prova, il testista dà al paziente le seguenti istruzioni: “Le mostrerò un elenco di parole. Le legga ad alta voce e cerchi di

ricordarle”. Alcune delle parole di questo test potranno non essere familiari al

paziente e questi potrà avere difficoltà a leggerle. Se il paziente non è in grado di leggere una parola, la leggerà il testista a voce alta. E’ comunque importante che il paziente guardi ogni parola e tenti di leggerla.

Terminata la lettura delle parole, il testista dirà al paziente: “Ora le mostrerò un altro elenco di parole. In questo elenco ci sono le parole che lei ha appena letto insieme ad altre parole che invece compaiono per la prima volta. Per ciascuna parola lei dovrà dirmi se l’aveva già letta prima o se è una parola nuova”. Quindi il testista mostrerà le prime parole e chiederà al paziente “Questa parola è una di quelle che lei ha letto prima o è una parola nuova?”. La stessa istruzione verrà data prima della seconda parola.

Per le restanti parole (cioè dalla 3^ alla 24^) il testista dirà “... e questa?”

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- Se il paziente non ricorda il compito (cioè, ad esempio, legge la parola invece di rispondere sì o no), il testista dovrà ripetere o riformulare l’intera domanda e prendere nota, nell’apposito spazio sotto le liste (pagina 18), del fatto di aver ricordato al paziente le istruzioni nuovamente. La seconda e la terza prova sono simili, e il testista dovrà prendere nota del numero di volte che è stato costretto a ricordare al paziente le istruzioni del test.

- Le correzioni spontanee vanno considerate come risposte corrette. - Le colonne “SI” e “NO” della pagina precedente, si riferiscono alle risposte

(“sì” o “no”) del paziente. Va segnato “SI” se il paziente risponde “sì”, cioè che si tratta di una parola “VECCHIA” vista in precedenza. Va segnato “NO” se il paziente risponde “no”, cioè che si tratta di una parola “NUOVA” non vista in precedenza. “SI” e “NO” non si riferiscono quindi a una risposta corretta o scorretta.

- Per attribuire il punteggio a questo test si deve contare il numero di risposte errate in ciascuna prova, fino ad un massimo però di 12 errori per ogni prova. Poiché la probabilità di indovinare per caso una risposta corretta è di 0.5 per ciascuna parola, il numero medio di errori di una persona che tenti di indovinare a caso sarà di 12. Così, una persona che non ricordi nessuna delle parole lette commetterà una media di 12 errori per prova se ha semplicemente tirato ad indovinare a ciascuna parola. Un punteggio superiore a 12 errori sarà invece dovuto a fattori diversi dalla cattiva memoria quali un tirare ad indovinare sfortunato.

Il punteggio totale equivale al numero medio di risposte SCORRETTE nelle 3 prove (massimo = 12). Per gli arrotondamenti, vedere Istruzioni del test di rievocazione. Note:

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8. CAPACITA’ D I R ICORDARE LE I STRUZIONI DEL TEST8. CAPACITA’ D I R ICORDARE LE I STRUZIONI DEL TEST D I R ICONOSC IMENTO D I PAROLEDI R ICONOSC IMENTO D I PAROLE

Viene valutata la capacità del paziente di ricordare le istruzioni del test di Riconoscimento di parole. In ogni prova del test di riconoscimento, prima della presentazione delle prime due parole, si chiede al paziente: “Questa parola è una di quelle che lei ha letto prima o è una parola nuova?”. Per la terza parola si chiede: “… e questa?”. Se il paziente risponde in modo appropriato (“SI” o “NO”) il ricordo delle istruzioni si considera accurato. Se il paziente non risponde questo significa che le istruzioni sono state dimenticate e che vanno quindi ripetute. La procedura utilizzata per la terza parola viene ripetuta per le parole 4-24.

Ciascuna dimenticanza delle istruzioni va registrata a nella pagina per la raccolta delle risposte al test di Riconoscimento di parole nell’apposito circoletto. Note:

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8.Capacità di ricordare le istruzioni del test di riconoscimento di parole Sommare a pag. 19 il numero di volte che è stato necessario ripetere le istru-zioni al paziente (= numero circoletti crocettati) e riportare qui di seguito il totale: Punteggio: 0 = non è necessaria alcuna ripetizione aggiuntiva 1 = molto lieve: dimentica una volta 2 = lieve: le istruzioni devono essere ripetute 2 volte 3 = medio: le istruzioni devono essere ripetute 3 o 4 volte 4 = medio-grave: le istruzioni devono essere ripetute 5 o 6 volte 5 = grave: le istruzioni devono essere ripetute 7 volte o più.

punteggio |_|

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9. ABIL ITA’ VERBALE9. ABIL ITA’ VERBALE - L’abilità nel linguaggio viene valutata nel corso del colloquio e durante i

test. Le domande che richiedono una risposta sì/no valutano la comprensione ad un livello molto elementare. Altre domande richiedono specifiche informazioni e una capacità di comunicazione ben sviluppata, commisurata alla scolarità del paziente.

- Non vanno prese in considerazione, in questo item, la quantità di parole prodotta e la difficoltà a trovare le parole.

- Va notato che i punteggi più alti (4-5) a questo item vanno riservati a quei pazienti le cui capacità di esprimersi sono così deteriorate che raramente riescono a comunicare senza difficoltà.

10 . D IFF ICOLTÀ A TROVARE LE PAROLE DES IDERATE10. D IFF ICOLTÀ A TROVARE LE PAROLE DES IDERATE NEL L INGUAGGIO SPONTANEONEL L INGUAGGIO SPONTANEO

- Anche questo item, come il precedente, è una misura della capacità espressiva del paziente. In questo caso viene stimata soltanto la difficoltà a trovare le parole desiderate, mentre nell’item 9 la stima riguarda più globalmente fino a che punto il paziente è in grado di comunicare verbalmente.

- La difficoltà di denominazione viene valutata nel corso dell’intervista e durante i test. Non si dovrà invece prendere in considerazione le risposte al test di Denominazione di oggetti e dita. Note:

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1 1 . COMPRENS IONE DEL L INGUAGGIO PARLATO11 . COMPRENS IONE DEL L INGUAGGIO PARLATO - Per stimare questo item il testista dovrà prendere in considerazione la

capacità di comprensione mostrata dal paziente nel corso del colloquio di apertura, della sessione testistica, e, se applicabile, della parte non-cognitiva.

- Non vanno considerate le risposte al Test dei comandi nella valutazione di questo item.

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12 . CONCENTR12 . CONCENTRAZ IONE/DI STRAIB IL ITÀ ’AZ IONE/DI STRAIB IL ITÀ ’

- La valutazione avviene sulla base dell’interazione durante la sessione testistica. Note: __________________________________________________________________________________

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CLINICIAN’S INTERVIEWBASED

IMPRESSION OF CHANGE(CIBIC-PLUS)

GUIDELINES

Dott. Ugo Lucca Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”

Dott. Bruno P. Imbimbo

Mediolanum Farmaceutici

Queste interviste dovrebbero valutare in modo sistematico tutti gli aspetti normalmente presi in considerazione durante un esame clinico globale di un paziente demente. La CIBIC-Plus vuole essere un mezzo per accertare, in modo affidabile, un cambiamento globale rispetto alla baseline. Essa fornisce al clinico una traccia semistrutturata che gli permette di raccogliere, sia dal paziente sia dal caregiver, le informazioni necessarie per formulare un’impressione globale di cambiamento clinico.

CLINICIAN’S INTERVIEW BASEDIMPRESSION OF CHANGE

CIBIC PLUS

SCALA PER LA VALUTAZIONE GLOBALE DELL’ANDAMENTO DELLA MALATTIA DI ALZHEIMER

Tempo di esecuzione: 1-2 ore N° items: 15 Punteggio: da 1 = notevolmente migliorato a 7 = notevolmente peggiorato Aree esplorate: — stato generale — funzione cognitiva — comportamento — attività quotidiana

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La prima valutazione viene effettuata durante la visita di Baseline annotando le

informazioni ottenute prima dal paziente e poi dal caregiver. Questa valutazione basale servirà come riferimento per i giudizi (ratings) che verranno formulati ai follow-up successivi.

Una scheda simile a quella della baseline sarà utilizzata alla 6^, 12^, 24^, 36^ settimana per registrare le informazioni ottenute separatamente, prima dal paziente e poi dal caregiver, sulla cui base verrà quindi attribuito un punteggio all’impressione di cambiamento.

Alla 6^, l2^, 24^ e 36^ settimana infine, il clinico farà uso di una scheda consuntiva di valutazione. Questo modulo sarà utilizzato dal clinico per quantificare, secondo il proprio giudizio, l’ampiezza del cambiamento osservato rispetto all’intervista iniziale (baseline).

METODO DI SOMMINISTRAZIONE Valutazione alla baseline Alla baseline, il clinico intervista prima il paziente e

successivamente il caregiver, registrando, nella sezione apposita del modulo, le annotazioni relative alle condizioni del paziente alla baseline. Prima dell’intervista iniziale (baseline), il clinico che deve effettuare la CIBIC-Plus dovrebbe avere acquisito familiarità con tutte le fonti di informazione disponibili sul paziente, fra cui: la storia medica, i risultati dell’esame fisico, i test specialistici e di laboratorio così come i risultati e le relazioni delle interviste a famigliari, caregivers e altri, e i risultati dei test psicometrici. In breve, prima dell’intervista iniziale, il clinico non ha restrizioni di sorta.

Dopo l’intervista iniziale invece, il clinico cui è affidata la CIBIC-Plus non deve consultare nè queste nè altre fonti di informazione. Il clinico deve indicare, in un apposito spazio della scheda, le fonti di informazione utilizzate durante la valutazione alla baseline.

I moduli per le visite di baseline e di follow-up sono strutturati secondo uno schema simile di registrazione delle informazioni cliniche rilevanti.

La colonna intitolata “AREA” identifica le diverse aree che devono essere prese in considerazione nella valutazione degli eventuali cambiamenti clinici intervenuti in un paziente. Queste aree sono quelle che di solito vengono valutate in un’ordinaria, breve intervista comprensiva, per determinare le condizioni alla baseline e l’eleggibilità di un paziente a una sperimentazione clinica.

La colonna “ASPETTI DA INDAGARE” fornisce dei riferimenti che possono risultare utili al clinico per valutare un’area e si devono intendere come guide per la raccolta di informazioni rilevanti. L’ultima colonna “NOTE” fornisce spazio per le annotazioni del clinico.

Moduli per le visite di follow-up. Durante questo studio le interviste devono essere condotte alla 6^, 12^, 24^ e 36^ settimana. In tutti i casi il paziente dovrà essere intervistato prima del caregiver. Dopo aver completato le interviste del paziente e del caregiver usando la scheda semistrutturata fornita, il clinico registra nella scheda consuntiva di valutazione l’impressione di cambiamento clinico su una scala a 7 punti (da miglioramento marcato a marcato peggioramento). La CIBIC-Plus una valutazione di cambiamento e non di gravità. E’ importante che il

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clinico da solo prenda le decisioni circa il cambiamento, senza consultare il restante personale coinvolto nello studio. Il clinico inoltre, deve evitare di chiedere le opinioni degli intervistati che potrebbero influenzare la sua valutazione come ad esempio opinioni riguardanti cambiamenti dei sintomi o effetti collaterali. A questo proposito, all’inizio dell’intervista, il clinico pregherà il caregiver di astenersi dal fornire queste informazioni.

In questa scheda di valutazione, al clinico viene richiesto anche di indicare se abbiano pesato di più, sul proprio giudizio (rating) le informazioni raccolte durante il colloquio col paziente o quelle derivanti dall’intervista del caregiver, ponendo un tratto segno su una linea orizzontale.

Per le visite di follow-up, il tempo medio impiegato da cimici esperti nell’utilizzo della CIBIC-Plus è di almeno 20 minuti per ciascuna delle due interviste (paziente e caregiver).

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Associazione Italiana Malattia di Alzheimer (AIMA)

viale Gorizia 22, 20144 Milano, tel. (02) 89406254.

Associazione Malattie di Alzheimer via Marino 7, 20121 Milano, tel. (02) 879850.

Alzheimer Bergamo via Maffioli 21, 24020 Scanzorosciate (BG), tel. (035) 599787.

Alzheimer Pisa via Gentileschi 6, 56023 Pisa Tel. (050) 560036.

Alzheimer Iblea via Copernico 8, 97013 Comiso (RG) Tel. (0932) 964094.

Alzheimer Rimini via Covignano 95, 47037 Rimini, tel. (054) 790134.

Alzheimer Liguria via Fabrizi 12/17, 16148 Genova Quarto, tel. (010) 332936, fax (010) 335473.

Alzheimer Udine Ospedale della Misericordia, Servizio sociale 33100 Udine tel. (0432) 552223/4, fax (0432) 5520079.

Alzheimer Piacenza via 10 giugno 20, CP 177, 29100 Piacenza, tel. (0523) 384420, fax (0523) 338470.

Alzheimer Veneto Orientale via Garibaldi 119, 30027 S Donà di Piave(VE) tel. E fax (0421) 54466.