Valorizzare il patrimonio locale - Ecomuseo del Sale e del ... · La prospettiva dell’ecomuseo è...

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Mappe Valorizzare il patrimonio locale Mappe di Paesaggio Un nuovo strumento di comunità per un sostenibile sviluppo del territorio Attivita’ Corso di formazione per facilitatore volontario ecomuseale Quaderno 03

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Mappe di Pae-

Valorizzareil patrimonio locale

Mappe di PaesaggioUn nuovo strumento di comunità per un sostenibile sviluppo del territorio

Attivita’Corso di formazione

per facilitatore volontario ecomuseale

Quaderno 03

...:::...:::... Informazioni tratte dall’intervento di Maurizio Tondolo e da web ...:::...:::...

Valorizzare il patrimonio localeIntroduzioneL’ecomuseo è una forma museale innovativa, un processo dinamico con il quale le comunità conservano, interpretano e valorizzano il proprio patrimonio in funzione di uno sviluppo sostenibile. Investe un territorio omogeneo, estendendo i suoi confini oltre le mura dei singoli edifici fino a comprendere paesaggi, panorami, aspetti fisici e biologici, opere dell’uomo, praticamente tutti gli elementi che sul territorio insistono, caratterizzandolo e qualificandolo.

L’ecomuseo, oltre a costituire uno strumento idoneo per coniugare le iniziative di salvaguardia della natura con quelle di valorizzazione e conservazione del patrimonio culturale, favorisce uno sviluppo territoriale che va incontro alle esigenze della popolazione, puntando a preservare la memoria collettiva e storica del luogo e proponendosi come un’entità in evoluzione che si arricchisce degli apporti provenienti dalle iniziative attivate.

Nello specifico l’Ecomuseo delle Acque del Gemonese si propone di documentare, recuperare e interpretare la memoria storica, la vita, le figure e i fatti, la cultura materiale e immateriale, le relazioni fra ambiente naturale e ambiente antropizzato, le tradizioni, le attività, le pratiche di vita e di lavoro e le produzioni locali nonché il modo con cui gli insediamenti e le opere dell’uomo hanno caratterizzato la formazione e l’evoluzione del paesaggio e del territorio del Campo di Osoppo-Gemona, un’unità geografica ricchissima di ambienti umidi e di opere idrauliche.

Su questo comprensorio l’uomo interviene da secoli, prelevando le acque ed amministrando il reticolo idrografico sotteso, scavando rogge ed elevando arginature, erigendo opifici e producendo energia. La prospettiva dell’ecomuseo è quella di orientare lo sviluppo futuro del territorio in una logica di sostenibilità ambientale, economica e sociale, di responsabilità e di partecipazione dei soggetti pubblici e privati e dell’intera comunità locale.

StoriaNel 2000 il Comune di Gemona del Friuli e la Cooperativa Utopie Concrete beneficiano di un finanziamento di Prealpi Leader – GAL del Gemonese, vincendo un bando indetto per sostenere progetti di turismo sostenibile incentrati sulle risorse territoriali locali. Il progetto specifico, denominato “Centro di Educazione Ambientale Mulino Cocconi“, comporta l’allestimento ad Ospedaletto di Gemona di un Laboratorio per la didattica e l’educazione ambientale con annesso Museo dell’arte molitoria e Centro di documentazione, finalizzato alla valorizzazione e promozione dell’intero comprensorio del Gemonese con un ecomuseo.

Per la prima volta il modello ecomuseale viene introdotto nel panorama regionale: si configura come una concezione avanzata di museo del territorio, nel quale attraverso l’interpretazione di documenti, manufatti, edifici e testimonianze orali viene definito un percorso di lettura del territorio stesso. L’iniziativa ha come obiettivo “il recupero del valore della natura, del paesaggio e della memoria legati alla presenza e all’utilizzo dell’acqua nel comprensorio del Gemonese, il tutto finalizzato alla promozione di un ecomuseo”.

Nel 2003 l’ecomuseo viene invitato a partecipare al primo incontro nazionale degli ecomusei a Biella e viene inserito nel catalogo “Ecomusei. Guida europea”, curato da Maurizio Maggi ed edito da Allemandi.

Nel 2004, in occasione del primo convegno regionale sugli ecomusei “Il territorio racconta”, si costituisce l’Associazione CEA Mulino Cocconi con lo scopo di promuovere e gestire l’ecomuseo e di coinvolgere attivamente la popolazione locale. L’Ecomuseo delle Acque sottoscrive la Dichiarazione di intenti di Sardagna (Trento), che definisce le finalità e gli obiettivi che un ecomuseo deve perseguire, ed entra a far parte della Rete europea degli ecomusei Mondi Locali. Nel frattempo al progetto ecomuseale aderiscono con apposite convenzioni, oltre a Gemona, i comuni di Artegna, Buja, Majano, Montenars e Osoppo.

Nel 2006 l’Ecomuseo delle Acque del Gemonese è riconosciuto di interesse regionale ai sensi della L.R. n. 10 del 20 giugno 2006 “Istituzione degli Ecomusei del Friuli Venezia Giulia”.

Nel 2009 l’Ecomuseo delle Acque del Gemonese è promotore della Rete regionale degli ecomusei del Friuli Venezia Giulia. Assieme agli ecomusei Lis Aganis e Val Resia sottoscrive un protocollo di intesa che istituisce un tavolo di coordinamento tra gli ecomusei riconosciuti dalla

L.R. 10/2006, con l’obiettivo di ottimizzare le risorse, favorire lo scambio di esperienze e il trasferimento di buone pratiche, promuovere occasioni di confronto e di dibattito su temi e problematiche riguardanti il modello ecomuseale quale strumento privilegiato per lo sviluppo sostenibile del territorio, concertare le iniziative e le azioni comuni da intraprendere a livello locale, regionale e nazionale. Oggi fanno parte della rete anche gli ecomusei Mistîr di Paularo, Val del lago e Territori.

Nel 2010 l’Ecomuseo delle Acque festeggia i suoi primi 10 anni con un’iniziativa di respiro europeo. Nei Comuni di Gemona del Friuli, Buja, Artegna e Montenars vengono organizzati incontri, dibattiti e seminari che coinvolgo varie realtà ecomuseali italiane aderenti alla rete Mondi Locali ed europee. All’incontro introduttivo “Ecomusei e patrimonio” partecipa anche Hugues de Varine.

Definizione iniziale dell’ecomuseo (2000)

L’Ecomuseo delle Acque è un museo tematico a carattere diffuso distribuito nel comprensorio del Gemonese, che ha l’obiettivo di valorizzare, coordinare e animare aspetti e manifestazioni dell’ambiente e della natura, dell’architettura e della società, delle tradizioni e dei costumi.

Definizione della Legge regionale 10/2006

L’Ecomuseo è una forma museale mirante a conservare, comunicare e rinnovare l’identità culturale di una comunità. Consiste in un progetto integrato di tutela e valorizzazione di un territorio geograficamente, socialmente ed economicamente omogeneo che produce e contiene paesaggi, risorse naturali ed elementi patrimoniali, materiali e immateriali.

Definizione attuale dell’ecomuseo (2015)

L’Ecomuseo delle Acque è un’agenzia per lo sviluppo del territorio che si propone di interpretare, conservare e valorizzare i tanti siti naturali e le altrettanto numerose manifestazioni della cultura materiale e immateriale che nel Gemonese costituiscono un vero e proprio sistema, nella prospettiva di orientare lo sviluppo futuro del territorio in una logica di sostenibilità ambientale, economica e sociale, di responsabilità e partecipazione dell’intera comunità locale.

Note sulla Legge Regionale 10/2006

Art. 1 Oggetto e finalità

La Regione Friuli Venezia Giulia di concerto con le comunità locali, le parti sociali e gli enti locali riconosce, promuove e disciplina gli Ecomusei sul proprio territorio, allo scopo di recuperare, testimoniare e valorizzare la memoria storica, la vita, le figure e i fatti, la cultura materiale e immateriale, le relazioni fra ambiente naturale e ambiente antropizzato, le tradizioni, le attività e il modo in cui l’insediamento tradizionale ha caratterizzato la formazione e l’evoluzione del paesaggio e del territorio regionale, nella prospettiva di orientare lo sviluppo futuro del territorio in una logica di sostenibilità ambientale, economica e sociale, di responsabilità e di partecipazione dei soggetti pubblici e privati e dell’intera comunità locale.

[...]

Finalità prioritarie degli Ecomusei sono:rafforzare il senso di appartenenza e delle identità locali attraverso il •recupero e la riproposizione in chiave dinamico-evolutiva delle radici storiche e culturali delle comunità;attivare e rendere partecipi direttamente le comunità, le istituzioni •culturali e scolastiche e le associazioni locali ai processi di valorizzazione, ricerca, fruizione attiva e promozione del patrimonio culturale-materiale, immateriale-sociale e ambientale della regione, compresi i saperi tramandati e le tradizioni;conservare, ripristinare, restaurare e valorizzare ambienti di vita e di •lavoro tradizionali, utili per tramandare le testimonianze della cultura materiale e ricostruire le abitudini di vita e di lavoro delle popolazioni locali, le relazioni con l’ambiente circostante, le tradizioni religiose, culturali e ricreative, l’utilizzo delle risorse naturali, delle tecnologie, delle fonti energetiche e delle materie impiegate nella produzione agricola, silvicola, artigianale e industriale;valorizzare e diffondere il patrimonio culturale in quanto elemento del •territorio, funzionale alla costruzione e rivitalizzazione di reti di attività e servizi volti a promuovere la sostenibilità ambientale e sociale di un’area omogenea;promuovere e sostenere le attività di ricerca scientifica e didattico-•educativa relative alla storia e alle tradizioni locali del territorio;recuperare e utilizzare nelle diverse attività le lingue originali d’uso.•

[...]

NoteLe esperienze ecomuseali in Italia sono numerose e spesso molto diversificate, anche per le divergenze interpretative da parte dei soggetti promotori. Vale la pena ricordare che, accanto ad iniziative isolate, esistono reti di ecomusei, in fase di espansione, realizzati sulla base di leggi regionali specifiche.

Il Piemonte è stata la prima regione a dotarsi di uno strumento normativo in materia (L.R. 31/95), seguita dalla Provincia autonoma di Trento (L.P. 13/2000), la Sardegna (L.R. 14/2006), il Friuli Venezia Giulia (L.R.10/2006), la Lombardia (L.R. 13/2007), l’Umbria (L.R. 34/2007), il Molise (L.R. 11/2008) e la Puglia (L.R. 15/2011). Altre proposte di legge sono in discussione.

Sviluppo localeOggi il patrimonio culturale non è più solo un oggetto singolo, ma si sta configurando come un complesso aggregato di natura e storia, abitudini, lingua e tradizioni. Ne deriva un cambio di prospettiva: a una politica di conservazione e tutela del bene deve subentrare un’azione di valorizzazione, che assume un’importanza fondamentale nel processo di ricerca e scoperta dell’identità culturale di un territorio. Il bene culturale diventa quindi “risorsa”, con riferimento implicito all’evoluzione e alla progettualità.

Per individuare iniziative di utilizzo e valorizzazione del patrimonio legato alle acque del Gemonese l’ecomuseo ha attivato il Forum dell’acqua un gruppo di ricerca e catalogazione ed è entrato a far parte della Consulta di Bacino del fiume Ledra un istituzione volontaria di enti locali, comprensoriali, associazioni e università che studiano ed elaborano proposte per una gestione sostenibile delle acque a scala di bacino. Dal 2004 la sede dell’ecomuseo ospita anche il Centro di documentazione sulle acque.

Con l’avvio del progetto legato alla riscoperta del pan di sorc l’ecomuseo ha attivato una serie di iniziative volte alla salvaguardia delle piccole economie locali legate all’agroalimentare. Il consolidamento della filiera del pane ha dimostrato che investire sulla cultura locale e sulle tradizioni è strategico per riscattare il territorio e dare opportunità economiche a piccoli imprenditori che puntano alla qualità delle loro produzioni. Oggi al gruppo del Paniere aderiscono numerose imprese agricole e alcuni artigiani.

Con l’avvio del progetto di recupero funzionale dei roccoli, strutture vegetali che gli abitanti di Montenars utilizzavano un tempo per l’aucupio e che oggi vengono mantenuti e curati come elementi distintivi del paesaggio rurale, l’ecomuseo ha avuto l’opportunità di occuparsi di valorizzazione del paesaggio e ad organizzare corsi e seminari per la trasmissione dei saperi tecnici degli anziani che offrono opportunità di crescita culturale e occasioni di formazione imprenditoriale per i giovani.

Pan di SorcIl progettoIl progetto “Pan di Sorc” si pone nell’ottica della valorizzazione del patrimonio culturale locale, un complesso aggregato di natura e storia, abitudini, lingua e tradizioni. La riscoperta di un prodotto agroalimentare della tradizione locale diventa così strumento strategico per occuparsi “attivamente” del territorio, affrontare una serie di argomenti strettamente intrecciati e complementari (esplicitando la vocazione “interdisciplinare” dei processi di promozione della cultura locale), intervenire sulla qualità della vita e del paesaggio, creare una rete di scambi e relazioni con enti, istituti e associazioni per introdurre strategie di sviluppo rurale incentrate sulla sostenibilità ambientale.Le finalità del progetto sono molteplici:

il recupero di vecchie varietà di cereali un tempo coltivate e •ora circoscritte a piccolissimi areali di coltivazione; l’organizzazione di una rete di “conservatori” che si impegnino •a preservare parte del germoplasma presente a livello locale; l’ottimizzazione delle pratiche agricole attraverso la rotazione e •la successione delle colture; la sperimentazione di tecniche agronomiche sostenibili dal •punto di vista ambientale, sociale ed economico; l’avvio di una filiera agroalimentare, di raccordo tra produttori, •trasformatori e consumatori; la riqualificazione del paesaggio agrario; la trasmissione di •saperi e memorie.

Il marchioPer difendere il prodotto e i produttori da possibili contraffazioni si è proceduto al deposito di un Marchio di tutela del pan di sorc che è nominativo e collettivo: nominativo perché protegge la dicitura “Pan di Sorc” legandola ad un disciplinare di produzione del pane, collettivo perché condiviso da tutti gli attori della filiera: agricoltori, mugnai, panificatori, ristoratori.

Ad oggi, pertanto, solo l’associazione CEA Mulino Cocconi, ente gestore dell’Ecomuseo delle Acque, può legittimamente usare tale denominazione. Qualunque uso diverso, se non espressamente autorizzato dall’associazione, è illegittimo e sanzionabile.

Ovviamente, perseguendo le finalità dell’ecomuseo, l’associazione non pone degli ostacoli o dei vincoli alla diffusione e utilizzazione del Marchio ma ne regola l’applicazione sul prodotto che deve essere di qualità, garantire la filiera dei produttori e soprattutto favorire l’economia del territorio ecomuseale.

Le pagnotte fresche di pan di sorc provenienti dalla filiera avviata dall’ecomuseo riportano sulla crosta un’etichetta commestibile (ostia) recante la dicitura Pan di Sorc®.

I testimoniLa ricetta originale del pan di sorc è stata raccolta intervistando anziani agricoltori, panificatori e mugnai, come i bujesi Anedi Basaldella e Domenico Calligaro, nati entrambi nel 1926 (il primo è scomparso nel 2010). Coinvolti nelle attività dell’Ecomuseo delle Acque per le conoscenze tecniche sul funzionamento delle macchine molitorie (Anedi) e sull’arte bianca (Meni), conservavano entrambi una conoscenza diretta del prodotto (il primo per aver macinato le granelle e preparato la farina, il secondo per aver impastato e cotto il pane). Se questi testimoni non fossero stati presi in considerazione il pan di sorc quasi certamente si sarebbe estinto, alla stregua di una razza animale o di una varietà vegetale.

Nelle finalità dell’Ecomuseo si annovera l’attività di inventariazione del patrimonio locale per riscoprire le radici storiche della comunità di riferimento, di riaffermarle, di recuperarne la memoria: per questo una grande attenzione è stata rivolta ai segni, alle tracce, alle memorie, agli oggetti “prodotti” localmente, espressioni di una cultura contadina con una forte componente di oralità.

Ha scritto Enrico Pecoraro, insegnante e operatore culturale gemonese (la sua collezione di centinaia di attrezzi e strumenti del lavoro agricolo e artigianale è oggi patrimonio della comunità ecomuseale):

«Solo conservando le testimonianze del passato si potrà tentare di ricostruire la storia umana di una comunità, comprenderne le origini, conservare legami con le proprie radici. Si tratta di curare e tramandare alle generazioni future tradizioni, intuizioni, pratiche di vita e di lavoro, saperi e memorie ricercando quanto di positivo e significativo hanno realizzato le generazioni passate per rivederli e riproporli in chiave moderna, traducendo le testimonianze in un investimento culturale ed economico anche per le generazioni future».

I produttori

La tradizione del pan di sorc e del mais a ciclo breve era un ricordo delle persone più anziane del Gemonese, ma è proprio grazie alle loro testimonianze e alla volontà di far rivivere l’identità del territorio attraverso il suo prodotto più originale che l’Ecomuseo delle Acque ha avviato il progetto di recupero che non si limita al pane ma si estende all’intera filiera, riproponendo il consumo e la vendita di prodotti legati alla coltivazione degli ingredienti che un tempo venivano utilizzati per la preparazione del pan di sorc.

Il modello di filiera corta proposto è caratterizzato da un legame tra chi produce e chi consuma, garantendo al primo visibilità e un adeguato ritorno economico e al secondo la possibilità di una condivisione che superi il semplice acquisto del prodotto. Oggi partecipano alla filiera numerosi coltivatori che hanno rimesso a dimora le antiche popolazioni di mais cinquantino e coltivano frumento e segale, due mugnai (con macchine molitorie a pietra e a cilindri) che effettuano la macinazione dei cereali, alcuni fornai che si sono impegnati a riproporre il pane con la tradizionale lievitazione con pasta madre, vari ristoratori e gestori di agriturismi che hanno inserito il pane nei loro menù.

Gli attori legati alla filiera del pan di sorc sono riuniti in associazione [Associazione produttori Pan di Sorc] per promuovere e gestire al meglio la commercializzazione del pane e dei prodotti derivati.

Il presidio

I Presìdi Slow Food sostengono prodotti e produzioni d’eccellenza, valorizzano territori, recuperano mestieri e tecniche di lavorazione tradizionali, salvano dall’estinzione razze autoctone e antiche varietà di ortaggi e frutta. In Italia sono oltre 200 e coinvolgono oltre 1600 piccoli produttori: contadini, pescatori, norcini, pastori, casari, fornai, pasticceri…

In Friuli Venezia Giulia i prodotti che Slow Food ha ritenuto opportuno “presidiare” sono: il formadi frant, il radic di mont, la pitina delle Valli Tramontina e Meduna, il pestât di Fagagna, l’aglio di Resia, la rosa di Gorizia, la cipolla di Cavazzo e della Val Cosa, il formaggio delle latterie turnarie e il pan di sorc.

Il contrassegno “Presìdio Slow Food”, presente in etichetta, garantisce che i protagonisti della filiera hanno sottoscritto un disciplinare di produzione improntato al rispetto della tradizione e della sostenibilità ambientale. Produttori, trasformatori e consumatori impegnati nel recupero e nella difesa del pan di sorc hanno costituito l’Associazione produttori Pan di Sorc una Comunità del cibo che che promuove la cultura Slow Food nel territorio di origine e produzione del pane.

I criteri generali per l’assegnazione della qualifica di “Presìdio Slow Food” riguardano prodotti che devono essere:

a rischio di estinzione, reale o potenziale,•legati alla memoria e all’identità di una comunità o di un •gruppo con uno specifico territorio di riferimento,di alta qualità organolettica,•caratterizzati da tecniche colturali che preservino la terra, •gli ecosistemie il paesaggio,realizzati in quantità limitata da aziende agricole o di •trasformazione di piccole dimensioni,legati a sistemi economici di piccola scala che •coinvolgano più produttori riuniti in associazione.

Il paniereun paesaggio da gustare

Il Paniere dell’Ecomuseo delle Acque è il felice risultato della collaborazione tra piccoli produttori agricoli, hobbisti e artigiani del territorio del Gemonese. All’origine della collaborazione c’è l’intenzione di rafforzare e rilanciare le potenzialità produttive dell’area e la ricchezza dei “saperi” ad essa collegati.

Si vuole dimostrare con i fatti che questa terra può ancora offrire, nonostante i sempre più accentuati processi di meccanizzazione agricola e di consumo del suolo che la caratterizzano, una produzione diversificata di alta qualità e sostenibile. Tutto ciò per assecondare la cura e la gestione consapevole dei terreni agricoli, presupposto indispensabile per la riduzione del rischio idrogeologico e per il mantenimento del carattere distintivo dei luoghi, anche al fine di favorire lo sviluppo di iniziative di turismo rurale e scolastico ad integrazione del reddito agricolo.

Il Paniere offre una vasta gamma di prodotti, in linea con la dimensione produttiva tradizionale che nei secoli non ha mai privilegiato la specializzazione di un’unica coltura: troppo rischioso per un’agricoltura di sussistenza che doveva fornire il necessario per vivere tutti i giorni. Ne fanno parte: frutta e ortaggi, miele, succhi, sciroppi e confetture, formaggi vaccini a latte crudo, burro, ricotta, yogurt, cereali e loro derivati, pane, focacce e biscotti, pesce, carne, salumi ma anche prodotti artigianali frutto dell’ingegno e della tradizione locale come ceramiche, cesti e oggetti in cartoccio. “Un po’ di tutto e di alta qualità” è il principio comune che contraddistingue i prodotti del Paniere e che contribuisce a mantenere in vita il fascino della diversità.

I produttori del Paniere partecipano al servizio “Paniere a domicilio”, una valida opportunità per le massaie che possono riempire la borsa della spesa con una semplice telefonata (o mail) e passare a ritirarla direttamente presso la sede dell’ecomuseo.

Latterie turnarieLa tradizione delle latterie turnarie era un tempo diffusa in tutto il Friuli. Le caratterizzava una modalità di gestione del latte semplice, economica e adatta alla produzione casearia di piccola scala tipica del territorio friulano, con numerosi allevatori sparsi in ogni borgata. L’istituzione della latteria turnaria ricalcava e formalizzava l’usanza antica di mettere insieme il latte di più famiglie e caseificare collettivamente, con lo stesso principio della panificazione che avveniva in ogni borgata.

L’atteggiamento con il quale l’Ecomuseo e Slow Food vogliono difendere le latterie turnarie non è nostalgico e romantico ma intende dimostrare che le microeconomie possono costituire un forte motore di sviluppo per l’intero territorio. La vera sfida che viene portata avanti è tutta incentrata sulla qualità, perché promuovere e valorizzare il formaggio di questi piccoli caseifici a partire dal prezzo di vendita può aiutare ad arginare la chiusura definitiva del sistema antico che sta alla base del prodotto

Storia e tradizione

Negli archivi storici gemonesi esiste un documento della fine del Settecento che riporta un accordo tra alcune famiglie di Osoppo per la lavorazione del latte a turno con i propri attrezzi. Attività, in quel caso, affidata completamente alle donne, così come il governo della stalla e del bestiame.

Nelle latterie turnarie la settimana è scandita attribuendo ciascuna giornata di lavorazione a un determinato socio in funzione della quantità di latte conferita. Gli allevatori che portano una quantità maggiore di latte hanno diritto a più giornate, magari stabilite in modo fisso sul calendario settimanale, gli altri le giornate di lavorazione rimanenti. Le forme una volta asciugate vengono ritirate dal socio che provvede a stagionarle nella propria cantina e a commercializzarle direttamente.

Il terremoto del 1976 ha portato alla chiusura di molte stalle e alla concentrazione degli allevamenti. Le latterie rimaste si sono mantenute ancora per pochi anni e poi hanno iniziato a chiudere per la progressiva scomparsa dei piccoli allevamenti familiari a causa di una politica agroalimentare che ha spinto i produttori a riunirsi o ad aderire a consorzi di grandi dimensioni per ottenere una maggiore penetrazione nel mercato della grande distribuzione che in quegli anni si stava affermando.

Oggi le latterie turnarie in Friuli si contano sulle dita di una mano, sono strutturate in pratica come cooperative di servizi, non essendo più possibile definirle legalmente come società di fatto. Il numero continua a calare di anno in anno poiché i soci diminuiscono, spesso sono anziani con poche vacche in stalla che cessano l’attività. Se i volumi di latte lavorati calano eccessivamente non è più economico mantenere in piedi la struttura di caseificazione e la latteria chiude..

Le latterie turnarie di Buja e Campolessi lavorano una trentina di quintali di latte al giorno, proveniente da numerose stalle di piccole dimensioni (2-4 vacche) e da alcuni allevamenti di medie dimensioni (alcune decine di capi).

Il conferimento del Presìdio da parte di Slow Food è finalizzato a preservare un modello di produzione unico.

Il formaggio è a latte crudo, ottenuto senza l’utilizzo di fermenti preconfezionati perché proveniente da piccoli allevamenti situati a breve distanza dalle latterie, allevamenti dove la razza più diffusa è la locale pezzata rossa. I due caseifici fanno uso di protocolli rigidissimi, che comportano un’alimentazione a base di fieno al quale si aggiunge erba fresca dalla tarda primavera fino al termine dell’estate, sono assolutamente esclusi gli insilati. Inoltre in varie stalle si pratica la stabulazione libera garantendo benessere e salute agli animali.

RoccoliI roccoli sono piccoli boschetti di forma circolare, piantumati e attrezzati per la cattura degli uccelli. Sul territorio di Montenars ce ne sono alcuni sopravvissuti sino ai nostri giorni, ben conservati, pregevoli per le dimensioni e il fascino delle forme: realizzati nell’800 e all’inizio del ‘900 per colmare le carenze alimentari dovute alle difficili condizioni di vita, sono stati ampiamente utilizzati dalla popolazione locale sino al secondo dopoguerra, per poi essere abbandonati progressivamente sino alla completa chiusura avvenuta in seguito alla legge che vieta la caccia con le reti. Si elevano sulle selle e sui crinali dei monti lungo le rotte migratorie, a testimonianza del notevole passaggio di uccelli che da sempre caratterizza l’area prealpina orientale. Sono parte integrante del paesaggio, da intendersi come prodotto storico della cultura e del lavoro dell’uomo sulla natura. Anzi: del paesaggio di Montenars i roccoli costituiscono un autentico valore aggiunto, anche valutando le caratteristiche di unicità di cui sono portatori.

Il progetto propone una loro conversione dal punto di vista scientifico, didattico e turistico, puntando contestualmente ad evidenziare il modo con cui la comunità locale vede, percepisce, attribuisce valore al proprio territorio e alla realtà attuale, partendo dal recupero della sua storia e delle sue tradizioni. I roccoli presenti sul territorio di Montenars sono la testimonianza dello stretto legame che univa uomini e ambiente e che era rafforzato da una profonda conoscenza dei cicli naturali, dai quali oggi dipendiamo, a differenza del passato, solo in minima parte. La raccolta delle testimonianze su quella che un tempo era la vita dei roccoli è stato il punto di partenza per rappresentare un aspetto del patrimonio, del paesaggio e della tradizione di questa comunità, che appare importante trasmettere alle generazioni future, integrata con i valori e la consapevolezza della società odierna.

Attraverso la partecipazione attiva degli abitanti si è proceduto alla realizzazione di un archivio, sempre aggiornabile, delle persone e dei luoghi un tempo legati all’attività dell’aucupio. Dalle testimonianze raccolte sono stati localizzati e schedati gli impianti un tempo attivi e ricavate informazioni importanti sulle aree maggiormente interessate dal passaggio migratorio degli uccelli.

L’obiettivo finale sarà l’allestimento di una stazione ornitologica che operi contemporaneamente su due fronti: la didattica per le scuole e l’inanellamento scientifico per lo studio delle migrazioni (procedura che si basa sulla marcatura individuale degli uccelli tramite una fascetta metallica e la successiva liberazione). I dati raccolti saranno poi rielaborati per trarre informazioni sulle rotte migratorie degli uccelli che transitano nell’Alto Friuli. Il Roccolo diventerà in questo modo un luogo di ricerca e divulgazione scientifica connessa all’intervento di valorizzazione del patrimonio storico-ambientale locale.

Altre curiositàGli ortonautihttp://ortonauti.altervista.org/commenti/

L’iniziativa parte dall’esperienza formativa “l’ort cence velens” organizzata dall’Ecomuseo delle Acque in collaborazione con il Comune di Artegna. Materiali consigli, esperienze, suggerimenti per coltivare cibo nel proprio fazzoletto di terra possibilmente senza utilizzare prodotti chimici di sintesi.Una comunità del cibo che riunisce tutti coloro che vogliono difendere l’agricoltura, la pesca e l’allevamento sostenibili, per preservare il gusto e la biodiversità del cibo.Il gruppo sostiene anche le attività del Mercato della Terra di Slow Food.

Educazione e didatticaIl Centro di Educazione Ambientale (CEA) Mulino Cocconi servizio educativo dell’ecomuseo è stato riconosciuto dal Ministero dell’Ambiente nell’ambito del programma INFEA quale centro di esperienza territoriale e fa parte della Rete regionale dell’Educazione Ambientale del Friuli Venezia Giulia. Visite di istruzione, attività di laboratorio, escursioni didattico-naturalistiche sono le proposte del Centro, differenziate per tipologia di richiesta e forme di fruizione. L’educazione ambientale e la didattica legata al patrimonio culturale vengono proposte con attività modulari, adattabili alle diverse esigenze dell’utente, con tempi diversi di fruizione (da 2 ore all’intera giornata). Su richiesta di scuole o enti, sia pubblici che privati, vengono pure realizzati percorsi didattici personalizzati. La struttura si occupa, inoltre, della promozione e realizzazione di studi e ricerche, dell’organizzazione di conferenze e corsi di aggiornamento, dello svolgimento di attività editoriali, della sperimentazione di elaborazioni teatrali per la didattica.

Attività per le classi che vogliono conoscere l’ecomuseo.Visite • d’istruzione // Si svolgono nell’arco di una mattinata, possono essere isolate o inserite in un percorso formativo. Prevedono la visita guidata a strutture museali, impianti produttivi o siti di interesse naturalistico nell’ambito del territorio dell’Ecomuseo delle Acque del Gemonese.Laboratori didattici• // Si svolgono nell’arco di una mezza giornata e possono essere inseriti in un percorso formativo. Prevedono attività manuali legate ad esperienze di recupero delle attività tradizionali (molitura, lavorazione del cartoccio…) oppure esperienze di laboratorio (analisi, osservazioni naturalistiche…).Soggiorni verdi• // Prevedono alcuni giorni di permanenza sul territorio, trascorse a diretto contatto con la natura allo scopo di sviluppare in modo approfondito lo studio degli ecosistemi e delle loro componenti, delle leggi e degli equilibri naturali, del rapporto tra l’uomo e il territorio.

Attività per la comunità e visitatori.Percorsi forma• tivi // Sono modulari e si sviluppano durante l’intero anno scolastico, suddivisi per fasce di età e legati ai programmi scolastici vengono elaborati con la collaborazione degli insegnanti. Possono essere inseriti nel Piano dell’offerta formativa e godere di contributi specifici.Corsi per adulti • // I corsi di aggiornamento per insegnanti hanno di solito cadenza settimanale mentre le conferenze a carattere culturale ed i corsi manuali (cesteria, ceramica, cucina, fotografia…) si svolgono in tempi e modi diversificati, in funzione dell’argomento trattato e della disponibilità dei corsisti.

Mappa di ComunitàLa mappa di comunità è uno strumento con cui gli abitanti di un determinato luogo hanno la possibilità di rappresentare il patrimonio, il paesaggio, i saperi in cui si riconoscono e che desiderano trasmettere alle nuove generazioni. Evidenzia il modo con cui la comunità locale vede, percepisce, attribuisce valore al proprio territorio, alle sue memorie, alle sue trasformazioni, alla sua realtà attuale e a come vorrebbe che fosse in futuro. Consiste in una rappresentazione cartografica o in un qualsiasi altro prodotto od elaborato in cui la comunità si può identificare.Viene in tal modo esplicitato un concetto “nuovo” di territorio, che non è solo il luogo in cui si vive e si lavora, ma che pure conserva la storia degli uomini che lo hanno abitato e trasformato in passato, i segni che lo hanno caratterizzato. Vi è la consapevolezza che il territorio, qualunque esso sia, contenga un patrimonio diffuso, ricco di dettagli e soprattutto di una fittissima rete di rapporti e interrelazioni tra i tanti elementi che lo contraddistinguono.

La mappa è un processo culturale, introdotto in Inghilterra all’inizio degli anni Ottanta e poi ampiamente sperimentato, tramite il quale una comunità disegna i contorni del proprio patrimonio; è più di un semplice inventario di beni materiali o immateriali, in quanto include un insieme di relazioni invisibili fra questi elementi. Deve essere costruita col concorso dei residenti e far emergere tali relazioni. Non si riduce quindi ad una “fotografia” del territorio ma comprende anche il “processo con cui lo si fotografa”.

Predisporre una mappa di comunità significa avviare un percorso finalizzato ad ottenere un “archivio” permanente, e sempre aggiornabile, delle persone e dei luoghi di un territorio. Eviterà la perdita delle conoscenze puntuali dei luoghi, quelle che sono espressione di saggezze sedimentate raggiunte con il contributo di generazioni e generazioni. Un luogo include memorie, spesso collettive, azioni e relazioni, valori e fatti numerosi e complessi che a volte sono più vicini alla gente che non alla geografia, ai sentimenti che non all’estensione territoriale.

Definizioni di mappa di comunità.E’ uno strumento con cui gli abitanti di un luogo hanno la possibilità di rappresentare il patrimonio, il paesaggio, i saperi in cui si riconoscono e che desiderano trasmettere alle generazioni future.E’ un processo tramite il quale una comunità vede, percepisce, attribuisce valore al proprio territorio, alle sue memorie, alle sue trasformazioni, alla sua realtà attuale e a come vorrebbe che fosse in futuro.E’ un percorso collettivo verso una progettazione condivisa e consapevole, fondato su un atteggiamento attivo e responsabile nei confronti del proprio territorio.E’ un archivio permanente e sempre aggiornabile, delle persone e dei luoghi di un territorio che consente di attivare azioni finalizzate alla valorizzazione del patrimonio.

Elementi che caratterizzano il prodotto/processo.Partecipazione della comunità.•Appropriazione del patrimonio.•Catalogazione dei beni.•Trasmissione delle conoscenze.•Rappresentazione del territorio.•Programmazione dello sviluppo.•

Tappe per realizzare una mappa di comunità. Mot• ivare la mappa, definire gli obiettivi.Coinvolgere la comunità locale.•Definire cosa cercare.•Costituire il gruppo di lavoro, assegnare i ruoli.•Individuare il territorio da coinvolgere.•Archiviare il materiale raccolto.•Scegliere cosa rappresentare.•Definire la tecnica di rappresentazione.•Passare dalla bozza alla stesura definitiva.•Presentare la mappa e definire i traguardi successivi.•

Un esempio di mappaGodo

Nell’ambito del progetto “Una Mappa per Godo”, si è pensato utile dare una base anche storica alla evoluzione del territorio e dei suoi abitanti, attraverso la riscoperta delle antiche mappe e la ricostruzione dei passaggi di proprietà della zona di Godo, coinvolgendo anche le frazioni limitrofe di Piovega, Sottocastello e Maniaglia.

Partendo da questi dati geografici e catastali, si è poi cercato di ricostruire il tessuto sociale del territorio, attraverso le mappe genealogiche di tutte le famiglie che vi hanno vissuto, dalla fine del 1700 agli inizi del 1900.

Si tratta di un primo tentativo, senza alcun precedente da imitare, perciò soggetto ad ogni possibile critica. Questa ricerca include tutti i dati di una precedente ricerca sul cognome Lepore a Gemona ed è stata ora estesa a tutte le altre famiglie della borgata di Godo.

I punti di partenza della ricerca, sono stati: i “Registri delle Anime” degli ultimi decenni del 1700, per la •individuazione dei nomi delle famiglie e degli abitanti di Godo da cui iniziare la ricerca;i dati del primo Catasto dei beni immobili del 1813 1 1817 •per la individuazione delle proprietà e dei numeri civici.

Tutti questi dati provengono dall’Archivio storico della Bibblioteca Comunale “Valentino Baldissera” di Gemona. Dai dati di partenza, la ricerca è stata poi sviluppata con i dati dei “Registri delle Famiglie” dell’Archivio della Parrocchia di S.ta Maria Maggiore di Gemona, che hanno fornito, oltre ai nomi, anche le date di Nascita, di Matrimonio e di Morte dei singoli Individui.

Per realizzare la mappa di comunità di Godo sono state organizzate decine di riunioni operative che hanno affrontato vari argomenti, dalle famiglie ai personaggi, dai nomi di luogo al cibo, dalle feste ai mestieri, dai giochi alle favole e ai racconti; presentate pubblicazioni sulla storia e le vicende locali; illustrate nel corso di incontri pubblici l’evoluzione del processo e la documentazione acquisita; promosse visite guidate ai luoghi di maggiore interesse; condotte interviste alle persone rilevanti per la vita della comunità.

La mappa vede rappresentati due insediamenti separati da un muro merlato: si tratta della borgata di Godo disegnata in due momenti distinti della sua storia recente, prima e dopo il terremoto del 1976. Il gruppo di lavoro ha fatto questa scelta per rimarcare la sua appartenenza a due fasi diverse della vita del paese. Attorno ai due abitati, quasi a definire un’ideale cornice, si distinguono gli edifici che più di altri rappresentano la comunità, come la chiesa di San Valentino, la latteria, il mulino, la fontana di Silans, il grande lavatoio pubblico, il centro socio culturale.

Un elaborato che è il frutto di un processo collettivo con cui gli abitanti della frazione di Gemona hanno individuato e interpretato luoghi, segni, testimonianze, oggetti, saperi in cui si riconoscono.

Il risultato finale è una vera e propria mappa, opera del disegnatore Roberto Zanella, che descrive graficamente i monumenti, i manufatti e il paesaggio relativi ad un borgo storicamente significativo, trattandosi di uno dei più antichi insediamenti sorti nell’alta pianura ed avendo ospitato dopo il sisma del 1976 una tendopoli che ha rappresentato una delle forme di autogestione più avanzate del Friuli terremotato.

Le fasi del processo

Presentazione del progetto•Incontri informativi •Passeggiate di conoscenza•Costituzione del gruppo di lavoro•Incontri con la comunità (programma di lavoro) •Raccolta di materiali e informazioni (questionari, interviste)•Archiviazione della documentazione•Restituzione del lavoro svolto•Valorizzazione dei testimoni (calendario) •Selezione dei materiali e definizione della mappa.•

Valutazione

Punti di forzaOpportunità per motivare le persone alla cura del proprio •territorio.Opportunità per accrescere l’autostima della comunità.•Possibilità di ridare un ruolo alla popolazione anziana.•Disponibilità di un ampio archivio utile non solo per la mappa•Prosecuzione del progetto indipendentemente dall’ecomuseo •(gruppo genealogico, volontari per la ricostruzione della chiesa di Santa Maria la Bella). Consolidamento di progetti ecomuseali già in corso (filiera del •pan di sorc, archivio della memoria).

Punti di debolezzaDifficoltà di coinvolgimento della fascia giovanile.•Scarso coinvolgimento delle micro comunità provenienti da •altri Paesi. Difficoltà degli amministratori a comprendere l’utilità della •mappa.Nessun collegamento con le forme di programmazione •istituzionali.

Questioni apertesintesi dei contributi raccolti dai partecipanti

1° Domanda

Che cos’è un ecomuseo?

Un ecomuseo è…tutto ciò • che ci emoziona di un territorio;una• comunità che si racconta;una c• omunità che fa esperienza e conoscenza della propria storia, delle proprie tradizioni, dei propri valori;un• ambito che coniuga la sfera paesaggistica con quella culturale, che comprende le tradizioni, i costumi e gli usi che hanno modificato e trasformato il territorio;una• realtà complessa in cui gli abitanti di un territorio partecipano attivamente alla valorizzazione, tutela e sviluppo del patrimonio paesaggistico e culturale;un • museo diffuso in cui la comunità riconosce un patrimonio, partecipa alla salvaguardia e valorizzazione del proprio territorio;un• museo del paesaggio del territorio che rappresenta la comunità che lo partecipa;un• museo che comprende un paesaggio aperto composto da diversi aspetti del territorio;un • progetto integrato per conservare un patrimonio culturale e territoriale;una b• anca dati della comunità;un• a rete di interventi e attività per valorizzare il territorio, responsabilizzare le persone nella manutenzione, rendere cosciente la comunità del valore dei luoghi che abitano e vivono;un• a realtà fondata sulla partecipazione attiva delle comunità all’interno di un territorio diffuso e condiviso;un • patrimonio comune, materiale e immateriale, che pone al centro le persone che abitano quel territorio invitandole a conservare e ristrutturare la propria identità culturale, a qualificare e migliorare il proprio ambiente di vita partendo dalle piccole cose (“importante l’educazione, la pulizia del proprio ambiente di vita”);il luo• go in cui vorrei vivere tra pineta e saline, mare e cielo.

2° Domanda Qual è la funzione della mappa di comunità?

La mappa è…

opportunità conoscitiva per i turisti e per la comunità: il fatto •che la mappa venga realizzata e definita dai cittadini ha un ruolo di arricchimento e partecipazione importante;

occa• sione per “caratterizzare” una comunità e promuovere il patrimonio in modo condiviso;

punto• di partenza per sensibilizzare una comunità, per aggregare persone, per attivare progetti;

stru• mento per prendere coscienza dei punti di forza di un territorio attraverso il confronto con i cittadini;

m• ezzo per individuare i caratteri del territorio e diffonderne la conoscenza, per coinvolgere la comunità;

meto• do di rappresentazione del territorio realizzato su una base cartacea corredata da foto di quelle che sono i contesti tipici e delle zone che rappresenta;

azio• ne attiva dei cittadini per conservare, valorizzare, partecipare il patrimonio culturale del proprio territorio;

pro• gettazione del paesaggio orientata alla conservazione e valorizzazione;

proc• esso partecipativo in cui si costruiscono e si raccolgono gli elementi fondamentali del territorio locale grazie alle testimonianze delle comunità;

p• ercorso collettivo con il quale si arriva a disporre di un archivio permanente che consente di attivare azioni per valorizzare il patrimonio;

conve• rgenza e condivisione di itinerari tematici;

sinte• si delle “risorse” di una comunità;

lu• ogo di ritrovo delle persone che si riconoscono in un territorio;

“Si potrebbero definire i quartieri le nuove mappe di comunità: in alcuni casi sono ben distinti tra loro perché seppur distanti solo pochi chilometri risultano nettamente divisi…bisognerebbe cercare di renderli territorio unico.”

“Vorrei rappresentare la mappa di comunità sulle piazze di Cervia…e dipanare da esse attività, incontri, confronti che portano al mare, alle saline, alle pinete….una sorta di caccia al tesoro per scuole e turisti.”

3° Domanda Come costruire la mappa di comunità di Cervia?

Contesti

La città di Cervia. •Milano Marittima.•Il centro storico.•I centri minori.•I borghi.•Le saline.•I salinai e i loro capanni.•I bagni salati e la raccolta millenaria.•I pescatori e la pesca.•Il mare.•La vita portuale.•I cittadini, i loro ricordi e i loro aneddoti. •Gli anziani e le loro testimonianze.•I giovani e le loro speranze.•I lavoratori, gli strumenti e gli oggetti di lavoro.•Il dopolavoro in città.•La natura.•Le terme.•Le pinete e i relativi mestieri, il sottobosco e la raccolta dei •pinoli.Le langhe.•I percorsi.•I canali, le reti d’acqua., le idrovore.•Il turismo dagli albori allo sviluppo.•La villeggiatura.•

Fasi

Segnare su una base planimetrica le aree di interesse.•Ingrandire i dettagli planimetrici (scala più piccola).•Individuare le emergenze architettoniche, paesaggistiche e culturali •di ogni contesto.Indicare per ciascun partecipante cosa rappresenta l’elemento •individuato.Definire il grado di importanza degli elementi.•Scegliere la rappresentazione più idonea.•

Informazione.•Coinvolgimento.•Definizione degli obiettivi.•Raccolta dei materiali.•Organizzazione e catalogazione.•Stesura.•

Individuare gli elementi identitari.•Condividere la rappresentazione.•Diffondere e promuovere.•

Rendere partecipe la popolazione con iniziative collettive.•Incoraggiare e incuriosire inizialmente.•Approfondire e definire poi.•Mantenere sempre vivo l’interesse (NO noia, lungaggini, orari strani).•

Creare una banca della meoria.•Motivare ed attivare.•Definire obiettivi.•Elaborare progetti.•Realizzare.•Riscontrare (feed back da diversi enti).•

Progettazione: l’importanza del saline e del mare.•Presentazione: alla popolazione, ai turisti.•Raccoglimento: testimonianze di cittadini e turisti.•Coinvolgimento: attività in salina con le scuole.•

Progetto

Mappe di PaesaggioUn nuovo strumento di comunità per un sostenibile sviluppo del territorio

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Attivita’Corso di formazione per facilitatore volontario ecomuseale

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Quando si dice PAESAGGIO...18 dicembre 2014a cura di Davide Papotti, docente di Geografia Culturale presso l’Università degli Studi di Parma Paesaggi umani in salina. Un documentario delle voci15 e 16 gennaio 2015a cura di Gruppo Memoro, la Banca della Memoria, Associazione Banca della Memoria (Chieri, Torino) Valorizzare il patrimonio locale, la partecipazione19 marzo 2015a cura di Maurizio Tondolo, referente dell’Ecomuseo delle Acque del Gemonese (Udine) Ma cos’è un ecomuseo?26 marzo 2015a cura di Donatella Murtas, architetto, esperta di progetti ecomuseali e sviluppo locale Conoscere un ecomuseo18 aprile 2015Giornata di formazione all’Ecomuseo del Casentino, incontro con Andrea Rossi, coordina-tore della rete ecomuseale e visita all’Ecomuseo Un ecomuseo del paesaggio21 maggio 2015a cura di Raul Dalsanto, coordinatore dell’Ecomuseo di Parabiago L’ecomuseo come processo di trasformazione del territorio e della comunitàdal 28 al 31 maggio 2015a cura di Hugues de Varine, archeologo e museologo francese, padre fondatore degli ecomusei

progetto promosso da

Associazione Gruppo Culturale Civiltà Salinara

Comune di CerviaServizio Progettazione Culturaletelefono 0544.979253e.mail [email protected]

progetto realizzato con il sostegno di

Regione Emilia RomagnaLegge Regionale n. 3/2010 - bando 2014

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