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    UNIVERSITA DEGLI STUDI ROMA TRE

    FACOLTA DI GIURISPRUDENZA

    A.A. 2010/2011

    IL VALORE

    DEL

    SIMBOLO

    Cattedradi

    Diritto delle Istituzioni religiose

    Prof. Carlo Cardia

    Relazione

    di

    Francesca Grande, Antonio La Bella, Domenico Cappadona

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    Premessa

    In unepoca come la nostra, caratterizzata dalla multiculturalit, dal pluralismo religioso, dal

    principio di laicit visto come principio essenziale per una societ pluralista, non pu stupire il fatto

    che la tematica dei simboli, da quelli profani a quelli pi specificatamente religiosi, risulti ancora

    in grado di suscitare notevole interesse.

    In molte parti dEuropa i fenomeni legati alla globalizzazione hanno portato popoli diversi

    per origine, costumi e religioni a contatto gli uni con gli altri: ci ha reso le democrazie

    occidentali assai meno omogenee dal punto di vista religioso e culturale rispetto al passato. Da qui

    linattesa reviviscenza dei simboli, soprattutto di quelli religiosi, che si mostrano essere gli unicirimedi di fronte al crescente bisogno di un rafforzamento della coesione sociale e di una forte

    identit collettiva.

    Natura del simbolo: sue caratteristiche e ruolo che esso svolge

    nella collettivit

    Il simbolo un costrutto culturale, una rappresentazione convenzionale; unentit che sta

    perunaltra cosa: non la cosa stessa ma una sua rappresentazione o evocazione.

    Il simbolo rimanda sempre a qualcosaltro, in quanto esprime la presenza di qualcosa di assente o

    che impossibile percepire, qualcosa la cui esistenza o conoscibilit dipendono, in qualche modo,

    dal simbolo stesso.

    Attraverso lesperienza simbolica si passa da una considerazione delle realt esterne come

    semplici oggetti empirici ad una loro percezione come immagini, queste ultime dotate di una

    peculiare capacit unificante.

    Il simbolo pu essere individuale o collettivo: il primo un simbolo che potremmo definire

    autobiografico, in quanto sintetizza e richiama una storia umana, magari damore; il simbolo

    collettivo, invece, un simbolo che sta per una credenza, fede o passione condivisa da pi individui.

    I simboli semplificano allestremo, e non per via di sintesi ragionata, ma in modo adialettico,

    arazionale il sistema della credenza, fede o passione; essi non stanno per concetti, ragionamenti o

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    discorsi, e non sono n veri n falsi, n verificabili n falsificabili: sono fuori da ogni dominio,

    analitico o empirico che sia. Ogni simbolo ha , pertanto, la capacit di evocare concetti complessi in

    maniera altamente sintetica sul piano cognitivo e fortemente mobilitante sul piano affettivo e

    volitivo.

    Per questa sua capacit di sintetizzare messaggi e di comunicarli con immediatezza, ilsimbolo strumento di richiamo identitario; se per tanta la sua capacit di suscitare e rafforzare

    appartenenze, altrettanta quella di determinare esclusioni1.

    Il simbolo, infatti, unisce e divide: unisce i partecipi della stessa credenza, fede o

    passione, e li divide dai non partecipi.

    Unisce nel senso che crea legami sociali tra persone che neppure si conoscono: questo il

    c.d. carattere intersoggettivo proprio di ciascun simbolo.

    Per questa sua funzione aggregante, vale a dire per la sua capacit di esprimere precisi

    messaggi di appartenenza, il simbolo deve essere vagoe fortemente evocativo.

    A volte questo sentimento di appartenenza, di partecipazione e di convinzione cos forte da

    superare la stessa validit di un simbolo.

    I simboli a forte carica identitaria quelli di religione, di nazione, di classe sociale, di partito

    politico sono i pi pericolosi, in quanto tendono a funzionare da catalizzatori di aggressivit, amobilitare contro. I simboli, infatti, come gli slogan, esprimono e generano un livello

    intellettuale e relazionale primitivo, quello delle semicieche fissazioni ed appartenenze2.

    Il simbolo caratterizzato, oltre che dal rimando e dallintersoggettivit, anche da

    unambiguit strutturale: la vista di un simbolo fa in generale subito sorgere il dubbio se una

    figura vada considerata come simbolo o no3. Un oggetto simbolo anche in relazione al luogo incui si trova: ad esempio il triangolo in una chiesa cristiana considerato simbolo della Trinit,

    mentre sulla lavagna di una scuola una semplice figura geometrica.

    Diversa da questa ambiguit quella interpretativa: ogni simbolo suscettibile di assumere

    significati diversi in relazione al contesto etnico-culturale in cui situato, vale a dire in relazione

    alle persone che si rapportano ad esso.

    1 Guazzarotti A. Giudici e minoranze religiose.2 Vallauri L. Simboli e realizzazione.3 Hegel Vorlesungen uber die Asthetik.

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    Per fare un esempio: il simbolo della croce rossa (simbolo dellomonima organizzazione

    internazionale umanitaria) dovrebbe essere simbolo di solidariet neutrale, con valenza universale;

    tuttavia, popoli appartenenti a contesti etnico-culturali diversi non lo riconoscono come simbolo di

    solidariet imparziale, ma lo riconducono sempre alla cristianit. Pertanto, ogni simbolo

    suscettibile di diverse interpretazioni.

    Per arrivare al significato di un simbolo, si parte sempre dal simbolo stesso, o meglio, dal

    dato sensibile in cui esso si manifesta. Questo aspetto del simbolo stato da alcuni definito in

    termini di trascendenzasemantica, proprio in relazione al fatto che al significato del simbolo si

    arriva attraverso un oltrepassamento dello stesso.

    Ogni simbolo, sia esso sacroo profano, deve la propria esistenza alla sua effettivit:

    esso potr svolgere la propria funzione soltanto quando il suo impiego avr luogo in forza di una

    consuetudine diffusa nella societ civile.

    Non per nulla scontato, infatti, che una prescrizione normativa (sia essa contenuta in un

    decreto o in una legge, piuttosto che nel codice canonico) riesca da sola ad imporre il rispetto e la

    devozione nei confronti di una qualche configurazione simbolica.

    Molto pi spesso i simboli prima si impongono nel sistema sociale e successivamentereclamano il loro riconoscimento nelle forme giuridiche congrue.

    Simbolo e multiculturalismo: simboli di Stato e simboli religiosi

    I simboli di Stato, anche detti simboli del potere sovrano, rappresentano elementi

    costitutivi essenziali di quelle religioni della politica che, in epoca moderna, hanno condizionato(e tuttora condizionano) in modo determinante le vicende degli Stati nazionali: queste sono forme di

    religione secolare (o laica), intendendosi con tale espressione un sistema, pi o meno

    elaborato, di credenze, di miti, di riti e di simboli, che conferisce carattere sacro ad unentit di

    questo mondo, rendendola oggetto di culto, devozione e dedizione4.

    Sistemi di tal sorta risultano compatibili tanto con regimi di ispirazione totalitaria, o comunque

    autoritaria, quanto con regimi democratici, i cui principi fondanti divengono oggetto di

    sacralizzazione.

    4Gentile E. Le religioni della politica. Fra democrazie e totalitarismi.

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    La simbolica evocativa del potere sovrano non altro che una rappresentazione dei valori

    espressi nelle carte costituzionali.

    In riferimento agli ordinamenti democratici si soliti usare la metafora della sovranit dei

    valori, questo perch nel II dopoguerra, con la scomparsa dei totalitarismi, si giunti ad una

    ridefinizione del concetto di sovranit, da suprema potest soggettiva di comando questa stataoggettivizzata in un nucleo essenziale di valori:le democrazie pluraliste occidentali sono, quindi,

    caratterizzate da un politeismo di valori sovrani, che trovano espressione nella simbolica

    istituzionalizzata.

    Le difficolt di gestione del pluralismo religioso hanno determinato la diffusa convinzione che

    lOccidente stia perdendo la propria identit e si stia trasformando in unentit multiculturale

    senzanima; ci ha portato ad un utilizzo della religione come linguaggio pubblico delle politichedi identit. Sempre pi frequentemente si assiste a tentativi di sostituzionedei simboli ufficiali

    con simboli religiosi; questi ultimi, infatti, sono considerati maggiormente in grado di proteggere

    una omogeneit culturale (quella occidentale) sempre pi percepita come minacciata dai

    fenomeni legati alla globalizzazione. Emblematica, a tal proposito, la questione del crocifisso in

    Italia, che ha visto dapprima il TAR Veneto e poi il Consiglio di Stato arrivare ad affermare il

    carattere semi-laicodel crocifisso. Ci perfettamente in linea con quella nuova declinazione di

    laicit che vorrebbe che lo Stato abdicasse al ruolo di osservatore esterno, di garante

    imparziale del pluralismo e che si calasse apertamente nel conflitto fra le varie concezioni religiose

    (e culturali), assumendone una come superiore.

    Nellintento di fornire un antidoto alla deriva relativistica che sembra colpire lOccidente nellera

    della globalizzazione, si chiede il riconoscimento pubblicodel patrimonio religioso nazionale;

    nel crocifisso non si vede pi soltanto un simbolo religioso, ma anche un simbolo identitario-

    culturale per la storia sia del nostro paese che dellintera civilt europea.

    Per imporne la presenza negli spazi pubblici il giudice italiano si fatto teologo: entrato nel

    merito del significato di questo simbolo ed ha sottolineato come i valori cristiani, che il crocifisso

    non smette mai di rappresentare, siano perfettamente compatibili con quelli espressi dalla nostra

    Costituzione.

    In questottica il simbolo del crocifisso potrebbe, pertanto, rientrare nella simbolica rappresentativa

    di una democrazia costituzionale; un discorso analogo non sembra, invece, possibile per simboli di

    altre religioni, in quanto alcuni risultano del tutto inconciliabili sia con i principi della democrazia

    che, in particolare, con i diritti delluomo.

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    Il valore del simbolo nella filosofia

    Tra simbolo, segno, mito e allegoria

    La parola simbolo deriva dal greco sumballein che significa mettere insieme.

    Nellantica Grecia era diffusa la consuetudine di tagliare in due un anello, una moneta o qualsiasi

    altro oggetto, e darne una met ad un amico o ad un ospite; le due parti, conservate dalluna e

    dallaltra parte, di generazione in generazione, consentivano, in tal modo, ai discendenti dei due

    amici di riconoscersi. Ognuna delle due parti si chiamava simbolo. Il significato della parola per

    non si arrest a questo solo significato pratico, ma and ad indicare tutte le relazioni che si

    ratificavano per cos dire tramite un segno visibile.Tra i vari significati rilevano: il principio di

    unione tra Stati; lo statuto di una confederazione; un accordo giuridico commerciale tra Stati;

    pegno di qualsiasi specie di acquisto o contratto; una garanzia delle operazioni di cambio; la

    parola dordine dellesercito; la fede nuziale.Come si vede la parolasimboloha una lunga storia e

    ha indicato i pi diversi eventi e rapporti umani. naturale pertanto che si tenda a questo punto ad

    eguagliare il significato disimbolo a quello disegno.Tuttavia una connotazione sinonimica nellusodei due termini non appare corretta. Infatti per cogliere il pi elevato senso del termine simbolo

    bisogna guardare ai suoi altri significati, quali imbattersi improvvisamente, incontrarsi, indovinare

    da oscuri accenni. Proprio da questi ultimi significati prende il via lindagine filosofica condotta dai

    filosofi che andiamo ad analizzare.

    Platone ci fornisce una sua definizione di simbolo nellopera il Simposio(189 d -193 d): ilcommediografo Aristofane, prendendo la parola, ricorre ad un mito per spiegare la potenza di Eros

    sugli uomini, e quindi la tematica del simbolo. Lantica nostra natura scrive Platone non era

    la medesima di oggi. In principio gli uomini erano luno e laltro, uomini e donne allo stesso

    tempo, la loro forma circolare, il loro aspetto intero e rotondo. [] Zeus, volendo castigare luomo

    per la sua tracotanza, avendo voluto sfidare gli di, non volendo distruggerlo, lo tagli in due.

    Per curare lantica ferita, Zeus, dopo averla inflitta, invi Erosfra gli di, lamico degli uomini, il

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    medico [] colui che riconduce allantica condizione. Cercando di far uno, ci che due 5.

    Platone pertanto intende dire che ciascuno di noi il simbolo di un uomo, la met che cerca laltra

    met, il simbolo corrispondente. Il simbolo, dunque, come il segno, caratterizzato dal rinvio; ci

    ha consentito da un lato di includere concettualmente il simbolo nellambito del segno, come un suo

    caso specifico; dallaltro di opporlo al segno perch mentre il segno unisce convenzionalmentequalcosa con qualcosaltro (aliquid stat pro aliquo), il simbolo, evocando la sua parte

    corrispondente, rinvia ad una determinata realt che non decisa dalla convenzione, ma dalla

    ricomposizione di un intero. Una seconda opera di Platone utile ai fini della nostra indagine il

    Sofista (240 A-B); in essa Platone, analizzando la tematica dellimmagine, in particolare dello

    specchio, afferma: ogni immagine (segno, simulacro) ci che, fatto a somiglianza di una cosa

    vera, per distinta da questa e simile6. Il segno, in effetti, pone un complesso e problematico

    legame vero-falso: esso non vero in s, ma nei limiti del suo essere appunto immagine diqualcosaltro e rappresenta uno strumento di conoscenza.

    Aristotele, la cui indagine filosofica volta a definire scientificamente laccadere, analizza il

    concetto di simbolo in un passo degliElenchi sofistici, in cui afferma: Dato che non possibile

    discutere presentando gli oggetti come tali [] ci serviamo invece dei nomi, come simboli che

    sostituiscono gli oggetti7. Come ribadito anche nellopera De sensu, la parola per Aristotele

    simbolo, ed essa lo per una convenzione simbolico-linguistica, per un accordo stabilito tra gli

    uomini affinch un discorso possa compiersi. Egli non fu il primo pensatore ad introdurre la

    nozione di simbolo per spiegare il rapporto tra nomi e cose. Lo stesso Democrito, in un suo

    frammento, afferma: La voce era inadatta a significare ed era confusa per la scarsa articolazione

    delle espressioni; gli uomini stabilirono perci tra di loro dei simboli per gli oggetti, e cos resero

    intellegibili a loro stessi il loro esprimersi intorno a qualsiasi argomento8. Aristotele quindi

    intende il simbolo come convenzione della mente, identificando il simbolo al linguaggio: esso era

    parola discorsiva. Ci verr, come vedremo, ripreso nella semiologia.

    Ilsimbolopoi ha trovato una sua rilevante funzione nel neoplatonismo e nel cristianesimo.

    Non pertanto inutile richiamare in questo contesto lemanazionismo di Plotino, ossia il rapporto

    5

    Platone: Simposio (189 d 193 d)6 Platone: Sofista (240 A-B)7 Aristotele: Elenchi sofistici (165 a 7-13)

    8 Democrito: frammento B 5 1

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    che lega luomo allAssoluto, a Dio9: ogni suo grado limmagine simbolica del grado superiore.

    Plotino intende unire la trascendenza e purezza delle idee platoniche, alla trascendenza di Dio nelle

    scritture: tale teoria si basa sul rapporto di continuit tra Dio ed il mondo. Essa rappresentabile

    come passaggio dalla Luce allombra e ritorno alla Luce. Plotino fa un consueto uso dei simboli nel

    suo linguaggio di derivazione platonica, ma il simbolo luce10

    riveste una parte preponderante. Intale contesto si pone anche la differenza tra simboloe allegoria, che ha caratterizzato i primi tempi

    dellera cristiana e tutto il medioevo. Mentre il simbolo esprime staticit e concretezza e viene

    interpretato intuitivamente, lallegoria utilizza lelaborazione intellettuale delluomo il quale

    attraverso un ragionamento mentale del tutto soggettivo interpreta e d concretezza ad unidea

    astratta. Nel simbolo il significato gi contenuto nellimmediatezza sensibile, mentre

    nellallegoria necessita di una convenzionalit linguistica. Nel simbolo racchiuso uno sfondo

    metafisico di segrete affinit tra il mondo visibile (concreto) e linvisibile (divino) che sicompenetrano reciprocamente. Nella tradizione cristiana, invece, il rapporto del simbolo con

    lallegoria determinato dal peso di volta in volta assunto dalla coscienza teologica nella storia. Il

    simbolo , cos, nettamente prevalso negli indirizzi teologici di derivazione neoplatonica, meno

    inclini a porre al centro della loro analisi lincontro fra luomo e Dio. In tale ambito il simbolo

    rappresentava un mezzo atto a penetrare linfinita ricchezza dellunit divina.

    In epoca moderna alla tematica teologica si sostituisce la riflessione estetica: unestetica di

    impostazione classicistica, riconducibile essenzialmente ad Hegel, e unimpostazione romantica,

    che riscopre lallegoria non pi come strumento retorico, ma come interpretazione soggettiva:

    nellallegoria infatti, a differenza del simbolo, il legame tra oggetto significato e immagine

    significante non pu essere decodificato in maniera intuitiva e immediata, ma necessita di

    un'elaborazione intellettuale.

    Un importantesimbolo nel pensiero giusnaturalista di Hobbes il Leviatano. Hobbes non ci

    fornisce una definizione del termine simbolo, quindi sembrerebbe improprio un riferimento in

    questa sede a questo filosofo. Risulta invece interessante trattarlo brevemente per le diverse

    opinioni dei critici: se il Leviatano11sia unsimbolo, o unallegoria. Il giurista tedesco Karl Smith,

    9 Luigi Pelloux, L'assoluto nella dottrina di Plotino, ed. Vita e Pensiero, 1994, pp. 107 e ss.

    10 Vedi nota 5

    11 Giuseppe Antonio Di Marco, Thomas Hobbes nel decisionismo giuridico di Carl Schmitt, ed. Guida Editori, 1999,

    pp. 670 e ss.

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    nella sua opera Teologia politica, ci fornisce una sua analisi molto particolare circa la natura del

    Leviatano individuando unincongruenza tra la forza evocativa del simbolo leviatanico, e il senso

    dellopera di Hobbes. Da un primo punto di vista, possibile notare che la figura del Leviatano,

    storicamente evocava un simbolo mitico, demoniaco, pieno di reconditi significati di origine

    medioevale, un vero e proprio mostro; da un altro punto di vista, secondo Smith, tale la potenza diquesto simbolo, che nellopera di Hobbes, nonostante il termine Leviatano compaia solo tre volte,

    stato distorto il messaggio che Hobbes, tramite questo simbolo voleva trasmettere. Il simbolo del

    Leviatano, infatti, allepoca di Hobbes, aveva perduto gi nel passaggio dal 1500 al 1600 la forza

    evocativa del simbolo demoniaco con cui proveniva dal Medioevo. Su Hobbes stata quindi

    scaricata la valenza negativa del simbolo del Leviatano, imputando al pensatore dello Stato

    moderno, la negazione di quanto invece proprio lui aveva teorizzato. Il Leviatano, secondo

    linterpretazione che quindi Smith fornisce, rappresenta una costruzione fatta dagli uomini, e,poich ha una forza superiore a ciascuno degli individui, in grado di proteggerli e governarli, e

    non deve essere inteso come qualcosa di demoniaco, di negativo che deve schiacciarli. Quindi

    Hobbes privo di contenuti metafisico - religiosi della tradizione medioevale che riempivano il

    simbolodi una potenza evocativa; il Leviatano tuttal pi unallegoria, intesa, come detto prima,

    non come un artificio retorico, ma come elaborazione intellettuale, anche se la questione resta

    ancora aperta.

    Kant pu essere considerato, per certi aspetti, il precursore del concetto di simbolo, a noi

    pi familiare, che poi i romantici sapranno poi sviluppare. Nella Critica del giudizio ( 59), egli

    concepisce il simbolo quale rappresentazione emblematica12: Tutte le intuizioni sono o schemi

    o simboli. I primi procedono dimostrativamente, i secondi per mezzo di analogia13. Una tale

    accezione di simbolo, affiancata da unaltra definizione che viene fornita dallo stesso Kant:

    sempre nella Critica del giudizio (49) scrive: Il poeta osa rendere sensibili idee razionali di

    esseri invisibili, il regno dei beati, il regno infernale, leternit, la creazione, lamore, la gloria, la

    morte e tutti i vizi [] in cui limmaginazione gareggia con lintelletto, rappresentando tutto ci di

    cui la natura non ci d esempio14. Dunque nel pensiero di Kant, si individuano due accezioni del

    termine simbolo: da un lato il simbolo come rappresentazione indiretta di unidea per mezzo di

    unanalogia; dallaltro simbolo come mezzo per comunicare le sensazioni.

    12 Elio Franzini, Maddalena Mazzocut-Mis, I nomi dell'estetica, Pearson Paravia Bruno Mondad, 2003, pp. 32 e ss.

    13 Omar Calabrese, Breve storia della semiotica: dai presocratici a Hegel, Feltrinelli Editore, 2001, p. 126

    14 Vedi nota 7

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    Le prime organiche riflessioni sul simbolo presero avvio nel XIX secolo nel circolo

    romantico di Heidelberger con G. Friedrich Creuzer, autore della Simbolica. Creuzer studi la

    simbolica e la mitologia dei popoli antichi che lo portarono ad individuare un significato di simbolo

    che non aveva nulla a che fare col simbolo aristotelico inteso come parola discorsiva15.Questa

    solo unaccezione tarda del termine simbolo che compare dopo un lungo travaglio e cammino

    millenario. Il simbolo era lessenzialit del gesto evocativo: esempi possono essere il dare un

    nome a cose prima prive di nome; le preghiere recitate in forma breve e coincisa. Anche lo stesso

    insegnamento arcaico, secondo Creuzer, consisteva nel rivelare: Il sacerdote ammaestrava se

    esponeva unidea in una sentenza enigmatica. Ed ammaestrava anche quando indicava, nella

    potenza degli elementi, i potenti di, quando mostrava i segni del cielo e le figure delle stelle,

    quando esibiva le interiora della vittima sacrificale. Questi discorsi non erano dimostrazioni, n

    potevano esserlo, n dottrine del divino; erano guide al divino, rivelazioni direttive16. Anche

    nellopera Simbolo e mito, Creuzer fornisce unaltra importante definizione di simbolo utile ai fini

    della nostra indagine; parla del simbolo come epifania del divino, come un raggio che giunge dalle

    profondit dellessere e del pensiero, come un fulmine che di colpo illumina la notte buia17. Con

    ci Creuzer vuole sottolineare loriginaria simbolicit del mito, che altro non sono che simboli

    pronunciati con una portata ontologica.

    La posizione di Creuzer fu condivisa anche da J. J. Bachofen, autore di numerose opere

    romanistiche e di storia del diritto, il quale si avvalse di vastissime conoscenze filologiche e

    archeologiche (tra cui lo stesso Creuzer) per tentare una ricostruzione della storia dei popoli e delle

    religioni antiche, ricostruzione che prendeva le mosse dai risultati dell'indagine romantica sul mito e

    sul simbolo per giungere a risultati a di grande originalit anticipatrice. Nellopera Saggio sul

    simbolismo funerario degli antichi (1859), Bachofen defin il concetto disimbolo,come qualcosadi in s concluso e autosufficiente che possa offrirsi a varie spiegazioni, restando tuttavia nella sua

    essenza completamente autonomo da ogni spiegazione18. Ilsimbolo, inoltre, viene definito come

    qualcosa che non rappresenta altro che s e che, rappresentando s, attinge alla verit metafisica

    15 Anna Cazzullo, Il concetto e l'esperienza: Aristotele, Cassirer, Heidegger, Ricoeur, Editoriale Jaca Book, 1988, pp.

    16 e ss.

    16 Universit cattolica del Sacro Cuore, Societ italiana per gli studi filosofici e psicologici, Universit cattolica del

    Sacro Cuore. Facolt di lettere e filosofia, Rivista di filosofia neo-scolastica, Volume 80, Agostino Gemelli, ed.Universit cattolica del Sacro Cuore, 198817 Vedi nota 7, pp. 34 e ss.18 Nicola Abbagnano, Dizionario di filosofia, Utet, Terza edizione, p. 1001

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    incarnata nella storia. Il mito, il quale aduna i simboli nelle sue forme, dunque per Bachofen al

    tempo stesso immagine mediata di una verit trascendente e riflesso delle forme sociali e degli

    eventi della storia.

    Questa posizione non invece condivisa da W. F. Hegel che confutando la concezione di

    Creuzer, ritiene che il simboloin generale unesistenza esterna che immediatamente presente o

    data allintuizione, ma che non deve essere presa in base a lei stessa, cos come immediatamente si

    presenta, bens in un senso pi ampio e universale. Quindi nel simbolo vanno distinti due lati: il

    significato e la sua espressione. Il primo fa del simbolo una rappresentazione il cui contenuto

    relativo, la seconda unesistenza sensibile o unimmagine qualsiasi 19. Il simbolo, secondo

    questo suo concetto, rimane essenzialmente ambiguo. Una simile dubbiosit cessa solo se vengononominati entrambi i lati, cio ilsignificatoe la sua espressione, e venga espresso il rapporto tra loro.

    Hegel nella sua opera Enciclopedia( 458) ribadisce, in conformit a come si erano gi espressi i

    filosofi del passato, la differenza tra simbolo e segno: questultimo rappresenta un contenuto del

    tutto diverso da quello che ha per s20, cio tra il segno e ci che rappresenta e significa vi un

    rapporto di reciproca indifferenza e convenzionalit. In tal senso possibile quindi assimilare

    concettualmente il terminesegno,secondo la teoria hegeliana, al terminesegnale; ilsimbolo, invece

    riassumendo, il contenuto che esso esprime come simbolo21il cui contenuto non indifferente,

    poich tra simbolo e oggetto simbolizzato si pongono relazioni di somiglianza e analogia.

    Dopo let romantica ed idealistica il tentativo condotto fino a quel momento di tener distinti

    segnoesimbolofallisce. I pensatori successivi risolvono il concetto di simbolo, nel segno, operando

    una equiparazione semiologica dei due termini. La scienza del simbolo diviene di pressoch

    esclusivo interesse dellasemiologiaossia, la scienza che studia i segni in relazione alla produzione,

    trasmissione, interpretazione, scienza che ha origini molto antiche rispetto a come si soliti

    erroneamente ritenere: basti pensare allOrganon aristotelico in et antica; al Saggio sullintelletto

    umano di Locke, in et moderna. quindi possibile affermare come ai giorni nostri non sia sentita

    pi dai filosofi la necessit di riflettere ed di elaborare una definizione concettualmente univoca del

    terminesimbolo, ma sentita dai semilogi la necessit di indagare ilsimbolo-segno, soffermandosi

    sullaspetto linguistico, visivo, gestuale. Ci pu risultare pi chiaro facendo un rapido accenno alla

    19 G. W. F. Hegel, Estetica, Feltrinelli, 1963, p. 346

    20 Matteo Bonazzi, Il libro e la scrittura: tra Hegel e Derrida, Mimesis Edizioni, 2004, pp. 29 e ss.

    21 Paolo D'Angelo, Simbolo e arte in Hegel, Laterza, 1989, p. 198

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    teoria dei giochi linguistici nellopera Libro blu, dellaustriaco Wittgestein, nel quale egli vuole

    combattere il desiderio di generalit, che ci induce a cercare definizioni univoche di una parola,

    ossia ci che stato fatto facendo riferimento alla parola simbolo nel corso della storia della

    filosofia. Non possibile una definizione univoca, in quanto la parola, come il simbolo,

    indefinibile una volta per tutte perch ogni volta assumono un significato diverso a secondadell'accordo e non accordo con altre parole, spazio, tempo e societ.

    Ch. S. Peirce, fondatore del pragmatismo, corrente filosofica che si presenta come reazione

    all'idealismo dell'Ottocento, che assume la pratica quale criterio di verifica di fronte al fallimento

    della ragione in ordine ai problemi metafisici, avvia una critica radicale ai metodi dellimpostazione

    classica, opponendo due dottrine logiche fondamentali sia alla logica aristotelico-kantiana sia allalogica hegeliana: egli fonda la sua analisi su una triade del segno22 composta da icona, che si

    riferisce alloggetto in virt di caratteri propri come ad esempio la similarit, l indice, che vi si

    riferisce in virt di una determinazione come ad esempio la causalit fisica, e ilsimbolo,che un

    segno che si riferisce alloggetto in virt di unassociazione di idee. Risulta evidente quindi che il

    simbolo rientra nellordine dei segni, essendo legato alloggetto da una convenzione sociale,

    riprendendo per questultimo aspetto quella che era la nozione aristotelica di simbolo.

    Ad una identificazione tra simbolico e semiotico giunge anche E. Cassirer. il quale facendo

    propria la premessa kantiana di simbolo come mezzo di comunicazione delle sensazioni,

    definisce il simbolo non come un rivestimento meramente accidentale del pensiero, ma il suo

    organo necessario ed essenziale; ogni pensiero veramente rigoroso ed esatto, dunque, trova il suo

    punto fermo solo nella simbolica, nella semiotica, sulla quale esso poggia23. In questo seguace

    ideale di Kant, Cassirer non intende la conoscenza come copia, in quanto non crede che l'uomo

    possa arrivare all'in - s delle cose: il linguaggio lo specchio di noi stessi, della coscienza dellecose, e non lo specchio delle cose stesse. Cassirer, nella sua operaFilosofia delle forme simboliche,

    intende perci dire che luomo si caratterizza per la sua capacit di dare senso al molteplice e ci

    viene operato grazie a funzioni simboliche originarie che egli ha, quali il mito, il linguaggio, la

    conoscenza intellettuale. Il simbolo per Cassirer quindi lo strumento che permette all'uomo

    d'operare una mediazione attiva tra il concretoe il concetto;la forma simbolica il mezzo mediante

    il quale un contenuto spirituale viene collegato a un segno sensibile. In altre parole, la forma

    22 Vedi nota 1223 Ernest Cassirer, Filosofia delle forme simboliche, 1921-1929, La Nuova Italia,Firenze, 1960-1966, p. 20

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    simbolica un codice attraverso cui si oggettiva lo spirito, mediante cui si esprime lo spirito umano.

    In Cassirer esistono rapporti tra religione e mito, anche se - a dire il vero - quando viene a

    predominare il momento religioso il superamento della visione mitica ormai inesorabilmente in

    atto. Nel mito i simboli sono essenziali per la comprensione, mentre nella religione, secondo

    Cassirer, si fa maggiormente largo la razionalit a scapito del simbolo: il numero meno cospicuo disimboli utilizzati dalla religione non impedisce per che essi siano usati con pi consapevolezza e

    per supportare una certa idea di divinit, cos come questa immagine emerge dai testi sacri.

    Dopodich Cassirer riconosce una differenza tra le forme simboliche di natura concettuale e le

    forme simboliche di natura puramente imitativa24, ma raccoglie queste differenze sotto lidentica

    categoria del simbolico - semiotico.

    Lvi Strauss, insigne antropologo, psicologo e filosofo francese, dalla seconda met degli

    anni sessanta alla prima met degli anni settanta del secolo scorso, si dedica alla realizzazione di un

    grande progetto di oltre duemila pagine, ossia la scrittura dei quattro volumi di studi dal

    titoloMythologiques, nei quali raccoglie milletrecento racconti mitici delle diverse trib Indios.

    Questopera si presenta come un immenso labirinto allinterno del quale vi sono numerosi richiami

    da un racconto allaltro, tra una mitologia e unaltra. Egli nella sua indagine rileva come, nonostante

    vi siano versioni leggermente diverse di uno stesso mito, ossia segmenti diversi di uno stesso mito,

    essi pongono in rilievo un medesimo elemento che assurge a simbolo. Tra i tanti miti indios , quali

    le origini delle tempeste, il veleno, larcobaleno, il miele, il tabacco, le eclissi, viene riportato

    quello relativo allorigine del fuoco, mito che fu elaborato anche da popoli molto lontani dal Sud

    America, come il mito greco, ad esempio, di Prometeo: Quando gli uomini ancora non

    conoscevano il fuoco, accadde che un indigeno invit il cognato a salire su di una roccia (o su di

    un albero), per catturare alcuni pappagalli che lass avevano il loro nido. Ma poich il ragazzo,

    una volta raggiunto il nido con una lunga scala, cerca di ingannarlo negando che lass vi sia alcun

    uccello, laltro si vendica portandosi via la scala e lasciando il giovane cognato bloccato sulla

    roccia. Dopo un po di tempo il ragazzo viene salvato dallintervento del giaguaro, il quale lo

    conduce poi alla propria dimora, ove pu offrirgli da mangiare della carne arrostita: perch a quei

    tempi il giaguaro era il signore del fuoco. Il racconto infine si conclude con la fuga del ragazzo

    dalla casa del giaguaro, al quale egli per sottrae un tizzone acceso: grazie ad esso la societ

    umana potr accedere alluso del fuoco25. Tramite le due opposte categorie del cotto e del crudo,

    24 Vedi nota 1225 Guido Ferraro, Il linguaggio del mito: valori simbolici e realt sociale nelle mitologie, Meltemi Editore srl, 2001

    pp. 47 e ss.

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    secondo Lvi Strauss, il pensiero simbolico indigeno sembra voler la contrapposizione tra ci che

    allo stato di natura, crudo nel senso di non aver subito alcun intervento da mano umana, e ci che

    invece tale intervento ha subito, diventato cotto, cio segnato da un procedimento tipicamente

    culturale. dunque evidente qual il ruolo simbolico del fuoco da cucina: una sorta di piccolo

    sole sulla terra, esso rappresenta la giusta e moderata unione dei due elementi; ad esso si oppone daun lato il mondo bruciato,prodotto da ununione eccessiva tra il sole e la terra, e dallaltro il mondo

    putrido, il mondo freddo della luna. Fondamentale dunque la questione da dove provenga questa

    efficacia dei simboli che Lvi Strauss pone in un capitolo dellopera Anthropologie structurale:

    egli, da antropologo, risponde con lo studio della cura sciamanica, mostrando che tutta lazione

    dello sciamano simbolica. Linfluenza dello sciamano, che opera per mezzo dei simboli,

    indurrebbe una trasformazione organica, consistente essenzialmente in una riorganizzazione

    strutturale. Portando ad esempio un malato a vivere intensamente un mito, lo sciamano opera suiprocessi organici, sullinconscio e sul pensiero riflessivo. Ed proprio linconscio, secondo Lvi

    Strauss, lorgano della funzione simbolica26.

    U. Eco, infine, legge il simbolo come una decisione: Il mondo simbolico presuppone

    sempre e comunque un processo di invenzione applicato ad un riconoscimento. Ogni segno,

    linguistico e non, definibile e interpretabile solo attraverso altri segni in una catena infinita, come

    quando apriamo il dizionario per cercare il significato di una parola e troviamo altre parole per

    descriverci il senso del termine cercato, in una serie interminabile di rimandi27.Ne deriva quindi

    secondo la visione di Eco, un andamento circolare, che per fare un esempio possiamo individuare

    anche nel famoso romanzo Il nome della rosa, che si chiude con la frase: stat rosa pristina

    nomine, nomina nuda tenemus28, tradotto con permane la rosa originale con il nome, abbiamo poi

    soltanto nudi nomi. Frase da intendere, secondo lautore, in senso nominalista, con la parola rosa

    che non avrebbe alcun significato se le rose dei nostri giardini smettessero di esistere. Se la rosa

    come tale scompare, scompare anche il suo nome. Ecco, allora, il significato del termine simbolo:

    simbolocome mezzo convenzionale despressione letterale e figurativo allo stesso tempo29.

    26 Julien Ries, Opera omnia Mito e rito Le costanti del sacro, Editoriale Jaca Book pp. 198 e ss.27 Umberto Galimberti, Psicologia, Le Garzantine, Garzanti, p. 968

    28 Franco Forchetti, Il segno e la rosa: i segreti della narrativa di Umberto Eco, Castelvecchi, 2005

    29 Renato Giovannoli, Nome della Rosa, Bompiani, 1985, p. 119

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    Il simbolo e la religione

    Per cogliere la struttura delloggetto della religione di importanza capitale lo studio dei

    simboli. Ogni religione possiede un pensiero filosofico-metafisico che si esprime implicitamente o

    esplicitamente ed in generale ogni religione si esprime nel linguaggio simbolico complesso dei

    propri miti e credenze, preghiere e proverbi, riti e sacrifici. Il simbolo costituisce un richiamo

    allorigine30dove resta nascosta e gelosamente custodita o la verit originaria, o la fonte da cui si

    dischiudono nuovi sensi e nuovi significati.

    Con l'espressione simbolismo religioso si indica l'insieme di segni che, per astrazione,

    rappresentano e mettono in particolare evidenza aspetti importanti delle religioni. Nella religione

    cristiana la croce un simbolo di Ges Cristo, la mezzaluna rappresenta l'Islam, nella religione

    ebraica la stella a sei punte fa riferimento a Davide e pi in generale a tutta la religione ebraica,

    mentre il lingam induista richiama Shiva e la fertilit maschile.

    I simboli religiosi non sono la realt che rappresentano ma, pur non essendolo, la richiamano

    immediatamente. Inoltre hanno il grande vantaggio di essere immediati, semplici e universali. In

    particolare sono indipendenti dalla lingua e dallappartenenza. I simboli numerici sono

    assolutamente universali, semplici e immediati. Infatti i numeri sono un elemento conosciuto da

    tutta l'umanit e sciolto da qualsiasi appartenenza locale o nazionale. Il simbolismo religioso, per le

    sue caratteristiche di semplicit, immediatezza ed universalit, facilita la comprensione e la

    diffusione di concetti-chiave delle rispettive religioni in vasti strati della popolazione. Le immagini

    sacre (quadri, affreschi, statue,...) sono altrettanti simboli che aiutano la preghiera e rafforzano la

    devozione. Diventa questo l'uso pi tipico del simbolismo religioso e come tale stato ampiamente

    diffuso e utilizzato. Il simbolo nelle religioni colma la distanza fra uomo e Dio, mette insieme il

    visibile e l'invisibile, ha perci il potere di mettere l'uomo in relazione con il sacro, con l'eterno e

    con il divino, mediante oggetti e forme che hanno significati sempre da scoprire, come la croce, il

    30G. Van der Leeuw, M. Eliade, R. Guenon e H. Corbin

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    simbolo, in questo senso, per esempio, un triangolo con dentro un occhio, che allude al concetto,

    esprimibile anche in parole chiare, del Dio onniveggente uno e trino, mentre non costituisce

    lespressione spontanea dellesperienza che di questo Dio ha il soggetto religioso: ma la spiga

    matura mostrata agli iniziati a Eleusi, poteva esser simbolo della Dea Demetra, simbolo irriducibile

    a concetti razionali. Anche questa concezione pi raffinata del simbolo si presta a malintesi ederrori: tra questi lidea che un simbolo abbia necessariamente una validit universale; a

    questerrore si giunti con laccentuazione eccessiva del rapporto di corrispondenza

    tra il simbolo e il suo oggetto, mentre la validit di tale rapporto evidentemente limitata precisare

    condizioni storiche ( la spiga di grano non pu essere simbolo di qualche cosa nelle civilt non

    agricole; diverso il valore simbolico dellacqua per un popolo che vive presso il mare e per gli

    abitanti di un deserto tropicale, ecc.).

    La teologia stato il primo grande scenario delle operazioni simboliche volte a colmare il

    divario tra la lettera e lo spirito. La storia dellesegesi prevede che la Scrittura sia fonte infinita di

    interpretazioni, ma ci che linterpretazione scopre deve gi ritrovarsi nella scrittura. In questo

    circolo si aprono due itinerari, quello allegorico che deve avere un codice per tradurre le proprie

    figure in significati socializzabili e comunicabili, e quello simbolico che non pu avere codice e

    resta perci aperto e disponibile a tutte le proiezioni dellinterprete. Quando una determinata lettura

    simbolica si afferma e, da proiezione inizialmente privata, diventa modo comune di vedere e di

    intendere, allora la lettura simbolica a fornire le regole di quella allegorica, in caso contrario il

    simbolo a essere codificato allegoricamente. Questi due itinerari contraddistinguono lesperienza

    mistica da quella codificata dalla tradizione condivisa.31

    Lesperienza religiosa determina una riqualificazione simbolica dello spazio e del tempo. La

    verit dei simboli religiosi si risolve interamente nella loro finalit antropologica. Essi

    contribuiscono a far si che luomo si collochi nel reale rendendolo a se familiare. Il ruolo che riveste

    il simbolo religioso si esplica nel favorire lemersione delluomo dalle differenti situazioni di crisi

    che minacciano di farlo scomparire32.

    31Le Garzantine Psicologia Umberto Galimberti32Teologia Fondamentale Giuseppina De Simone

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    Il simbolo religioso non afferma nulla direttamente di Dio ma si riferisce ai suoi rapporti con

    luomo; esso non che un residuo sintetico evocatore di unesperienza, una guida di

    comportamento, un segnale indicatore. Pensando Padre, Luce, Voce, Albero, Montagna , Cielo,

    evochiamo uno stato danimo che orienta la coscienza nella direzione in cui si situa ogni incontro

    con Dio.

    Simboli religiosi realistici ed idealistici

    Lultimo sviluppo della generalizzazione del valore dei simboli rappresentato dagli

    archetipi dello psicologismo storico religioso recente. Ma anche a parte lestensione illecita della

    validit del simbolo, da chiedersi se ogni simbolo, nella sua origine sia veramente simbolo, oppure

    soltanto diventi tale, a condizione di perdere la propria funzione originaria. Quando si vuol

    distinguere tra i simboli realistici e i simboli idealistici, intendendo per i primi quelli che per una

    civilt religiosa sono semplicemente identici con quanto rappresentano, il significato stesso del

    termine simbolo rischia di annullarsi; chiaro , infatti, che quando per esempio presso popoli a

    organizzazione totemistica gli esecutori di un rito vestono pelli di animali o si mettono maschere,

    essi non mirano tanto a rappresentare quanto a essere realmente gli antenati totemici; ma in tal caso

    essi non si servono pi di simboli bens di mezzi atti a trasformarli in ci che il simbolo soltanto

    esprimerebbe; e simile la funzione di tanti altri cosiddetti simboli: lacqua lustrale non simbolo

    ma mezzo della purificazione effettiva, lo spegnimento e la riaccensione dei fuochi non simboleggia

    ma realmente inaugura linizio dellanno, ecc. Daltra parte i cosiddetti simboli idealistici si

    confondono facilmente con i segni convenzionali privi di un valore simbolico nel senso sopra

    definito: se la svastica spirale, la stella, ecc. in determinate civilt arcaiche (anche preistoriche)

    hanno indubbiamente valore di simbolo in quanto esprimono complessi idee religiose irriducibili ad

    altri termini, la croce nel cristianesimo e la mezzaluna nel mondo islamico, bench di origine

    analoga, sono simboli al massimo nel senso etimologico del termine, cio segni convenuti di

    riconoscimento.33

    Bisogna infine ricordare la reciprocit del rapporto simbolico: la raffigurazione di una

    donna triforme o con le corna (Hathor) pu essere simbolo della luna, la luna a sua volta, dati i suoi

    periodi, pu essere simbolo della femminilit: in realt donna e luna, in determinate civilt, sono

    33Enciclopedia Treccani

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    simboli reciproci intercambiabili di unesperienza non riducibile ad altri termini. Per questi valori

    differenti del termine simbolo, negli studi storico-religiosi opportuno definire sempre con

    esattezza laccezione che si intende attribuire alla parola.

    Simbolo e allegoria nel Medioevo

    Il Medioevo lepoca dei simboli per eccellenza. La cultura medievale senza dubbio

    quella che maggiormente ha reso visibile nelle sue manifestazioni la dimensione simbolica che la

    permeava. Questo stato possibile perch gli uomini "tradizionali" del medioevo percepivano

    chiaramente lunita spirituale che unisce tutte le parti dell'universo e che permette di scoprire le

    analogie e le corrispondenze tra le parti e la loro unione al Creatore che da vita a queste parti. Gli

    uomini "moderni" schiacciati e svuotati dalla ricerca scientifica quantitativa hanno perso la speranza

    di una spiegazione globale e totale delle cose.

    "Noi vediamo come in uno specchio, in immagine, solo allora [nella vita eterna] vedremo

    invece faccia a faccia". Su queste parole di san Paolo (lettera ai Corinzi, XIII, 12), riprese da

    santAgostino, si fonda il modo di pensare e di rappresentare il mondo tipico del Medioevo.

    Lintera natura appare come un libro scritto da Dio, che manifesta attraverso i fenomeni e le

    creature sensibili i segni della sua volont. Luniverso dunque un grande sistema di simboli da

    decifrare. La ricerca dei significati occulti delle cose si basa essenzialmente in questo periodo su un

    procedimento analogico e intuitivo, che tende a illuminare le corrispondenze segrete tra i diversi

    piani dellesperienza. Le piante, gli animali, i minerali sono descritti nelle loro caratteristiche

    naturali, nei colori e comportamenti, in quanto spie di virt o vizi o comunque di qualit che li

    oltrepassano e li rendono simbolici. Le pietre gialle e verdi guariscono per analogia le malattie del

    fegato, quelle rosse le emorragie. La rosa bianca rimanda alla verginit, quella rossa alla carit:

    entrambe simboleggiano la Vergine. La mela (da malum) simboleggia il male, il grappolo di uva il

    Cristo che ha versato il sangue per luomo. Gli animali incarnano soprattutto il male: il caprone la

    lussuria, lo scorpione la falsit. Il Fisiologo, che il modello di tutti i bestiari medievali, unisce

    sistematicamente alla descrizione naturale o fantastica dellanimale la rivelazione del significato

    morale e religioso, sostenuto da passi della Bibbia. Anche i gesti hanno un ricco significato

    simbolico, da quelli liturgici (il segno della croce, i gesti di benedizione) a quelli politici e sociali

    (la cerimonia di investitura cavalleresca, i gesti di sottomissione, di omaggio, di sfida si veda per

    esempio lofferta del guanto a Dio da parte di Orlando morente nella Chanson de Roland. I numeri

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    nel Medioevo non servono tanto a misurare quanto a stabilire corrispondenze simboliche tra

    microcosmo e macrocosmo; quattro sono gli elementi della natura (aria, acqua, terra e fuoco),

    quattro gli elementi del corpo umano (carne, sangue, respiro, calore). Fondamentale luso

    simbolico della proporzione numerica che riproduce nella cattedrale lordine cosmico. Ma

    soprattutto la parola la chiave che permette laccesso al senso delle cose: il loro significato sirecupera risalendo alla loro origine ed essenza per mezzo del nome: di qui il valore e la diffusione

    delle etimologie dove parole e cose si corrispondono. Lo studio della grammatica, della littera,

    anche alla base dellinterpretazione allegorica dei testi, che si fonda sulla distinzione tra senso

    letterale e senso spirituale: questo metodo di lettura fin dallantichit era applicato alla Bibbia, per

    cogliere il vero senso che si nasconde dietro le metafore dei Salmi e delle parabole. Esteso poi

    anche ai testi profani dellantichit classica ne permise un uso strumentale, funzionale al loro

    inserimento nella concezione morale cristiana. Fulgenzio, autore cristiano del V secolo, lo applicaallEneide, che si trasforma cos in una specie di allegoria della salvezza dellanima.

    Linterpretazione allegorica o tipologica esprime una concezione cristiana della storia in cui

    il passato il presente e il futuro sono legati da un rapporto di prefigurazione nella prospettiva della

    salvezza finale, il Vecchio Testamento prefigura il Nuovo, Adamo prefigura Cristo e Cristo la

    salvezza dellanima. "Linterpretazione figurale osserva Auerbach stabilisce fra due fatti e

    persone un nesso in cui uno di essi non significa soltanto se stesso, ma significa anche laltro,

    mentre laltro comprende e adempie il primo. I due poli della figura sono separati nel tempo, ma si

    trovano entrambi nel tempo come fatti e figure reali

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