Va “insegnata” fin dalla tenera età · sporto una querela per ingiuria, diffamazio-ne e...

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14 scuolaatuttocampo LA DIFESA DEL POPOLO 22 MARZO 2015 Una ragazza appena quindicenne entra in un grande store in centro a Padova con due amiche. Improvvisamente se ne esce, lasciando lì le altre due coetanee. Dopo mezz’ora, le amiche la chiamano al telefo- no, invitandola a tornare immediatamente nel negozio perché attesa dai carabinieri, chiamati dalla direttrice che le aveva sco- perte a rubare una maglietta alla quale avevano cercato di togliere il dispositivo antitaccheggio. La ragazzina accorre subi- to e, appena arrivata, direttrice e carabinie- ri le chiedono di vuotare la borsa che porta con sé. Dalla borsetta saltano fuori alcuni oggetti effettivamente rubati ma non in quel grande magazzino bensì in un altro, nel quale le tre erano precedentemente transitate. I genitori, giunti sul posto, si so- no meravigliati e dispiaciuti non del fatto che la figlia avesse comunque rubato ma che fosse stata così ingenua da portare con sé da casa quel provento di furto, fa- cendosi così ingenuamente scoprire. Ho affrontato il caso di un’intera classe di liceo che aveva iniziato a insultare pe- santemente su Facebook un’alunna che, non presentandosi a scuola, si era sottratta a una interrogazione programmata espo- nendo così i compagni alle domande del- l’insegnante. Già durante la lezione il grup- po aveva iniziato a postare le ingiurie e le minacce alla ragazza, continuando, anzi aggravando gli epiteti e soprattutto le mi- nacce nei giorni seguenti; a questi si erano aggiunti gli incoraggiamenti di altri amici che nulla sapevano delle circostanze che avevano determinato quelle condotte ma che comunque solidarizzavano contro la vittima, tanto che la ragazzina non se l’era più sentita di tornare in classe, coinvolgen- do i propri genitori che, per tutelarla, ave- vano dovuto cambiarla di scuola, dopo aver sporto una querela per ingiuria, diffamazio- ne e minacce. Recentemente la stampa ha dato appro- priato risalto a un gruppo di studenti della Bassa Padovana (penalmente non imputa- bili), accusati di aver letteralmente deva- stato la loro scuola, inondando con gli idranti i locali e spaccando i vetri. E. D. T. EDUCARE ALLA LEGALITÀ/1 A partire dalle piccole cose in famiglia, a scuola, nello sport, nelle relazioni sociali Va “insegnata” fin dalla tenera età L’esperienza professionale di avvo- cato penalista a Padova mi porta molto spesso ad assistere ragazzi coinvolti in procedimenti penali per aver posto in essere condotte che non aveva- no ben valutato essere reati, o che ave- vano agito per spirito di emulazione per- ché così fanno in tanti. Per non parlare di quei genitori che, pur non giustifican- do il modo di agire dei loro figli, fanno capire che, tutto sommato, quanto acca- duto non sembra poi così grave da deter- minare una effettiva sanzione penale. Accade così di difendere ragazzi mi- norenni o poco più, accusati di furto ag- gravato di oggettini di valore inferiore ai 10 euro in un grande magazzino pur avendo i soldi in tasca sufficienti per pa- garli; ragazzi che hanno in- sultato sui social network un coetaneo (trattasi di ingiuria e diffamazione); ragazzi che hanno regalato una can- na a un amico (la legge pu- nisce lo spaccio di stupefa- centi), eccetera. Solo quan- do si trovano a risponderne davanti a un giudice realiz- zano il disvalore sociale e penale di quella condotta, ignorando i più comuni principi della legalità. Essere un operatore del diritto insie- me ai magistrati e alle forze dell’ordine, fa subito comprendere come la conce- zione materialistica prevalente nella so- cietà odierna abbia determinato un sen- sibile affievolimento del senso dei dove- ri sociali e del rapporto costruttivo tra gli uomini, tra genitori e figli, tra nuove e vecchie generazioni. La scuola, sotto questo punto di vista, potrebbe fare mol- to di più non puntando soltanto ad au- mentare la cultura dei ragazzi ma colti- vando l’educazione alla socializzazione, insegnando allo studente bambino pri- ma, e ragazzo poi, le regole del vivere civile, spiegando quali siano i doveri so- ciali, intesi quali l’obbedienza alle leggi, il rispetto della persona e della dignità, dell’identità, della sessualità, della pro- prietà, l’astensione dalla giustizia privata e quindi la rinuncia alla vendetta, la soli- darietà nel lavoro. Ogni progetto di crescita implica fa- tica e momenti di dolore non eliminabile e si colloca in una società che, oggi più che in ogni altro tempo, invia messaggi gravemente illusori che creano nei ra- gazzi un senso di onnipotenza e di diffu- sa irresponsabilità, anestetizzandoli sulle conseguenze della loro condotta e sulla necessità di coltivare i rapporti persona- li. La libertà virtuale della quale godono crea nei ragazzi grandi aspettative: “po- stando” un video sui social e raccoglien- do centinaia di “mi piace” si sentono realizzati. Tutto questo però in un contesto di relazioni interpersonali superficiali, tra ragazzi che non hanno ricevuto un progetto educa- tivo con regole certe. La le- galità si impara sin da bam- bini e va insegnata sin dalle piccole cose, giorno per giorno, a casa, a scuola, nel- lo sport, nelle relazioni so- ciali tra coetanei e tra persone di diverse generazioni. Cosa avranno imparato quei ragazzi che giocando una partita di calcio vedo- no che i loro genitori azzuffarsi fino al- l’intervento dei carabinieri per una azio- ne di gioco sbagliata o per un fallo non fischiato? Quale comportamento terrà da adulto il figlio del genitore che guida inviando sms o insulta gli altri automo- bilisti che non sono stati pronti a lasciar- gli la strada o che semplicemente par- cheggia negli spazi dedicati ai disabili non rispettandone i diritti? Quando sono invitato a parlare agli studenti delle medie o del liceo del ri- spetto delle leggi, appaiono molto inte- ressati ad ascoltare i casi concreti dei quali si tratta nelle aule dei tribunali per- ché molto spesso riguardano fatti che in maniera diretta o indiretta li hanno già visti coinvolti. I ragazzi delle scuole me- die hanno un’età nella quale stanno ini- ziando a “girare” da soli per la strada e a confrontarsi con la maleducazione degli automobilisti. Cominciano ad affrontare da soli la società. Dalle domande che mi pongono capisco quanto sia vivo il loro interesse per l’argomento “legalità”. Vo- gliono conoscere cosa si può e cosa non si può fare e cosa succede se si violano le regole, avendo tutto sommato ben chiaro il principio che chi sbaglia paga. Quando un adolescente mi fa una do- manda tocco con mano il senso di lega- lità che ha respirato all’interno delle mu- ra domestiche, del rispetto delle regole sociali che ha visto tenere dai suoi geni- tori e dal suo “gruppo” di appartenenza. Diverso è invece l’approccio avuto con i ragazzi che frequentano il liceo. Qui siamo di fronte a giovani pienamen- te digitalizzati e capaci di sfruttare ogni potenzialità dei social network. In tema di legalità hanno già sviluppato un pre- ciso atteggiamento che molto spesso si manifesta in un sentimento di sostanzia- le indifferenza e sfiducia verso le san- zioni imposte dalle leggi e che, al sentire parlare di condanne in relazione a deter- minate condotte per loro abituali, sgra- nano gli occhi per lo stupore. Quando, ad esempio, si parla loro di rispetto dell’onore e del decoro delle persone, hanno ben chiaro che dare del “deficiente” a una persona che è lì pre- sente costituisce una ingiuria o che dare del ladro a uno che non è presente sia diffamatorio ma, incredibilmente, quasi nessuno ha ancora capito che scrivere quelle stesse offese su Facebook, What- sapp o altri social costituisce un reato che il destinatario può denunciare. Quando queste condotte vengono portate all’attenzione dell’autorità giudi- ziaria, ci si rende conto che la scuola avrebbe potuto fare molto per fornire ai ragazzi gli strumenti sociali adeguati, promuovendo una cultura della legalità, insegnando il rispetto delle regole, degli altri, educandoli a confrontarsi positiva- mente con chi la pensa in maniera diver- sa e si comporta in maniera differente dal branco, spingendo le vittime ad ave- re il coraggio di segnalare subito le si- tuazioni di sopruso subito. L’esperienza professionale insegna che con forme più sottili, e quindi se pos- sibile ancor più pericolose, anche molte ragazze si sono rese responsabili di epi- sodi di bullismo verso la o le compagne deboli del gruppo, ree magari di sgarbi involontari e inconsapevoli e, per questa ragione, punite con uno stillicidio di vio- lenze sottili e spesso sadiche che vengo- no a lungo accettate dalle stesse vittime, parti di un contesto sociale e scolastico che viene governato da regole completa- mente distorte, rese possibili da un clima permissivo dove è più forte l’approva- zione del gesto prevaricatore che la criti- ca per il danno provocato alla vittima. Incredibilmente, si arriva così a giu- dicare nelle aule di giustizia situazioni molto gravi protrattesi per mesi, che avevano portato a un annientamento del- la personalità della vittima fino a farle perdere l’autostima in una totale assenza di conoscenza di tale situazione da parte degli insegnanti e delle famiglie. Situa- zioni determinate, oltre che da scarsa at- tenzione di chi è preposto a vigilare e dall’indifferenza di molti genitori in al- tre faccende affaccendati, da un clima di omertà dei compagni che, viceversa, una adeguata responsabilizzazione avrebbe potuto far denunciare. Ernesto De Toni avvocato del Foro di Padova EDUCARE ALLA LEGALITÀ/2 Tre casi: furti, insulti su Facebook, danni alla scuola Scuola a tutto campo è realizzato da Lorenzo Celi, Franco Costa, Gian- domenico Bellomo, Emanuele Fontana, Francesco Ghedini, Massimo Mogno, Francesco Monte- maggiore, Giuseppe Pinton, Patrizio Zanella. TWEET AGAIN di Giacomo Bevilacqua Bociati Nea vita ghe xe sempre quei che vien promosi e quei che resta bociati. No voio dire che i gabia fato ben, de farse bociare, i gavarà anca e so colpe, ma ne resta drento ’na simpatia par lori, che i gha perso un anno, magari anca do, a scoea. No so parché, forse parché par che i ne voia dire che tanto i anni i xe tuti persi, i ne scampa tra i dei, e quei dea scoea de più dei altri. Vegnemo grandi, deventemo veci, e desmenteghemo in tanti i anni sui banchi, de quando jerimo, tuti, bociati. S. U. Nell’ambito della discussione sulla buona scuola (buona que- sta!) si segnala il progetto dell’Unione degli studenti intitolato “L’altra scuola” (rispetto a questa o rispetto alla buona?) Sette punti tra cui si parla anche di stop ai voti e di abolizio- ne delle bocciature. Senza voler dare giudizi, impossibile nel- lo spazio, pur dilatato, di un tweet, pare che tra i prof questi due punti, se messi ai voti, rischierebbero una bocciatura. Chi scrive però non pensa che il bravo prof sia quello che boccia di più e a riprova di ciò si va a ospitare un testo del nostro Sugo U., naturalmente in dialetto. La scuola potrebbe fare molto, non puntando solo ad aumentare la cultura dei ragazzi, ma insegnando le regole del vivere civile e spiegando quali sono i doveri sociali

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14 � scuolaatuttocampo LA DIFESA DEL POPOLO22 MARZO 2015

� Una ragazza appena quindicenne entrain un grande store in centro a Padova condue amiche. Improvvisamente se ne esce,lasciando lì le altre due coetanee. Dopomezz’ora, le amiche la chiamano al telefo-no, invitandola a tornare immediatamentenel negozio perché attesa dai carabinieri,chiamati dalla direttrice che le aveva sco-perte a rubare una maglietta alla qualeavevano cercato di togliere il dispositivoantitaccheggio. La ragazzina accorre subi-to e, appena arrivata, direttrice e carabinie-ri le chiedono di vuotare la borsa che portacon sé. Dalla borsetta saltano fuori alcunioggetti effettivamente rubati ma non inquel grande magazzino bensì in un altro,nel quale le tre erano precedentemente

transitate. I genitori, giunti sul posto, si so-no meravigliati e dispiaciuti non del fattoche la figlia avesse comunque rubato mache fosse stata così ingenua da portarecon sé da casa quel provento di furto, fa-cendosi così ingenuamente scoprire.� Ho affrontato il caso di un’intera classedi liceo che aveva iniziato a insultare pe-santemente su Facebook un’alunna che,non presentandosi a scuola, si era sottrattaa una interrogazione programmata espo-nendo così i compagni alle domande del-l’insegnante. Già durante la lezione il grup-po aveva iniziato a postare le ingiurie e leminacce alla ragazza, continuando, anziaggravando gli epiteti e soprattutto le mi-nacce nei giorni seguenti; a questi si erano

aggiunti gli incoraggiamenti di altri amiciche nulla sapevano delle circostanze cheavevano determinato quelle condotte mache comunque solidarizzavano contro lavittima, tanto che la ragazzina non se l’erapiù sentita di tornare in classe, coinvolgen-do i propri genitori che, per tutelarla, ave-vano dovuto cambiarla di scuola, dopo aversporto una querela per ingiuria, diffamazio-ne e minacce.� Recentemente la stampa ha dato appro-priato risalto a un gruppo di studenti dellaBassa Padovana (penalmente non imputa-bili), accusati di aver letteralmente deva-stato la loro scuola, inondando con gliidranti i locali e spaccando i vetri.

�E. D. T.

EDUCARE ALLA LEGALITÀ/1 A partire dalle piccole cose in famiglia, a scuola, nello sport, nelle relazioni sociali

Va “insegnata” fin dalla tenera età� L’esperienza professionale di avvo-

cato penalista a Padova mi portamolto spesso ad assistere ragazzi

coinvolti in procedimenti penali per averposto in essere condotte che non aveva-no ben valutato essere reati, o che ave-vano agito per spirito di emulazione per-ché così fanno in tanti. Per non parlaredi quei genitori che, pur non giustifican-do il modo di agire dei loro figli, fannocapire che, tutto sommato, quanto acca-duto non sembra poi così grave da deter-minare una effettiva sanzione penale.

Accade così di difendere ragazzi mi-norenni o poco più, accusati di furto ag-gravato di oggettini di valore inferiore ai10 euro in un grande magazzino puravendo i soldi in tasca sufficienti per pa-garli; ragazzi che hanno in-sultato sui social network uncoetaneo (trattasi di ingiuriae diffamazione); ragazziche hanno regalato una can-na a un amico (la legge pu-nisce lo spaccio di stupefa-centi), eccetera. Solo quan-do si trovano a rispondernedavanti a un giudice realiz-zano il disvalore sociale epenale di quella condotta, ignorando ipiù comuni principi della legalità.

Essere un operatore del diritto insie-me ai magistrati e alle forze dell’ordine,fa subito comprendere come la conce-zione materialistica prevalente nella so-cietà odierna abbia determinato un sen-sibile affievolimento del senso dei dove-ri sociali e del rapporto costruttivo tra gliuomini, tra genitori e figli, tra nuove evecchie generazioni. La scuola, sottoquesto punto di vista, potrebbe fare mol-to di più non puntando soltanto ad au-mentare la cultura dei ragazzi ma colti-vando l’educazione alla socializzazione,insegnando allo studente bambino pri-ma, e ragazzo poi, le regole del viverecivile, spiegando quali siano i doveri so-ciali, intesi quali l’obbedienza alle leggi,

il rispetto della persona e della dignità,dell’identità, della sessualità, della pro-prietà, l’astensione dalla giustizia privatae quindi la rinuncia alla vendetta, la soli-darietà nel lavoro.

Ogni progetto di crescita implica fa-tica e momenti di dolore non eliminabilee si colloca in una società che, oggi piùche in ogni altro tempo, invia messaggigravemente illusori che creano nei ra-gazzi un senso di onnipotenza e di diffu-sa irresponsabilità, anestetizzandoli sulleconseguenze della loro condotta e sullanecessità di coltivare i rapporti persona-li. La libertà virtuale della quale godonocrea nei ragazzi grandi aspettative: “po-stando” un video sui social e raccoglien-do centinaia di “mi piace” si sentono

realizzati. Tutto questo peròin un contesto di relazioniinterpersonali superficiali,tra ragazzi che non hannoricevuto un progetto educa-tivo con regole certe. La le-galità si impara sin da bam-bini e va insegnata sin dallepiccole cose, giorno pergiorno, a casa, a scuola, nel-lo sport, nelle relazioni so-

ciali tra coetanei e tra persone di diversegenerazioni.

Cosa avranno imparato quei ragazziche giocando una partita di calcio vedo-no che i loro genitori azzuffarsi fino al-l’intervento dei carabinieri per una azio-ne di gioco sbagliata o per un fallo nonfischiato? Quale comportamento terràda adulto il figlio del genitore che guidainviando sms o insulta gli altri automo-bilisti che non sono stati pronti a lasciar-gli la strada o che semplicemente par-cheggia negli spazi dedicati ai disabilinon rispettandone i diritti?

Quando sono invitato a parlare aglistudenti delle medie o del liceo del ri-spetto delle leggi, appaiono molto inte-ressati ad ascoltare i casi concreti deiquali si tratta nelle aule dei tribunali per-

ché molto spesso riguardano fatti che inmaniera diretta o indiretta li hanno giàvisti coinvolti. I ragazzi delle scuole me-die hanno un’età nella quale stanno ini-ziando a “girare” da soli per la strada e aconfrontarsi con la maleducazione degliautomobilisti. Cominciano ad affrontareda soli la società. Dalle domande che mipongono capisco quanto sia vivo il lorointeresse per l’argomento “legalità”. Vo-gliono conoscere cosa si può e cosa nonsi può fare e cosa succede se si violanole regole, avendo tutto sommato benchiaro il principio che chi sbaglia paga.Quando un adolescente mi fa una do-manda tocco con mano il senso di lega-lità che ha respirato all’interno delle mu-ra domestiche, del rispetto delle regolesociali che ha visto tenere dai suoi geni-tori e dal suo “gruppo” di appartenenza.

Diverso è invece l’approccio avutocon i ragazzi che frequentano il liceo.Qui siamo di fronte a giovani pienamen-te digitalizzati e capaci di sfruttare ognipotenzialità dei social network. In temadi legalità hanno già sviluppato un pre-ciso atteggiamento che molto spesso simanifesta in un sentimento di sostanzia-le indifferenza e sfiducia verso le san-zioni imposte dalle leggi e che, al sentireparlare di condanne in relazione a deter-minate condotte per loro abituali, sgra-nano gli occhi per lo stupore.

Quando, ad esempio, si parla loro dirispetto dell’onore e del decoro dellepersone, hanno ben chiaro che dare del“deficiente” a una persona che è lì pre-sente costituisce una ingiuria o che daredel ladro a uno che non è presente siadiffamatorio ma, incredibilmente, quasinessuno ha ancora capito che scriverequelle stesse offese su Facebook, What-sapp o altri social costituisce un reatoche il destinatario può denunciare.

Quando queste condotte vengono

portate all’attenzione dell’autorità giudi-ziaria, ci si rende conto che la scuolaavrebbe potuto fare molto per fornire airagazzi gli strumenti sociali adeguati,promuovendo una cultura della legalità,insegnando il rispetto delle regole, deglialtri, educandoli a confrontarsi positiva-mente con chi la pensa in maniera diver-sa e si comporta in maniera differentedal branco, spingendo le vittime ad ave-re il coraggio di segnalare subito le si-tuazioni di sopruso subito.

L’esperienza professionale insegnache con forme più sottili, e quindi se pos-sibile ancor più pericolose, anche molteragazze si sono rese responsabili di epi-sodi di bullismo verso la o le compagnedeboli del gruppo, ree magari di sgarbiinvolontari e inconsapevoli e, per questaragione, punite con uno stillicidio di vio-lenze sottili e spesso sadiche che vengo-no a lungo accettate dalle stesse vittime,parti di un contesto sociale e scolasticoche viene governato da regole completa-mente distorte, rese possibili da un climapermissivo dove è più forte l’approva-zione del gesto prevaricatore che la criti-ca per il danno provocato alla vittima.

Incredibilmente, si arriva così a giu-dicare nelle aule di giustizia situazionimolto gravi protrattesi per mesi, cheavevano portato a un annientamento del-la personalità della vittima fino a farleperdere l’autostima in una totale assenzadi conoscenza di tale situazione da partedegli insegnanti e delle famiglie. Situa-zioni determinate, oltre che da scarsa at-tenzione di chi è preposto a vigilare edall’indifferenza di molti genitori in al-tre faccende affaccendati, da un clima diomertà dei compagni che, viceversa, unaadeguata responsabilizzazione avrebbepotuto far denunciare.

�Ernesto De Toniavvocato del Foro di Padova

EDUCARE ALLA LEGALITÀ/2 Tre casi: furti, insulti su Facebook, danni alla scuola

Scuolaa tutto campo

è realizzatoda Lorenzo

Celi, Franco Costa,

Gian-domenicoBellomo,

EmanueleFontana,

FrancescoGhedini,

MassimoMogno,

FrancescoMonte-

maggiore, Giuseppe

Pinton,PatrizioZanella.

TWEET AGAIN di Giacomo Bevilacqua

BociatiNea vita ghe xe semprequei che vien promosie quei che resta bociati.

No voio dire che i gabia fato ben,de farse bociare, i gavarà anca e so colpe,

ma ne resta drento’na simpatia par lori, che i gha perso un anno, magari anca do, a scoea.

No so parché, forse parchépar che i ne voia dire che tanto i anni i xe tuti persi, i ne scampa tra i dei,e quei dea scoea de più dei altri.

Vegnemo grandi,deventemo veci, e desmenteghemo in tantii anni sui banchi, de quando jerimo, tuti, bociati.

S. U.

Nell’ambito della discussione sulla buona scuola (buona que-sta!) si segnala il progetto dell’Unione degli studenti intitolato“L’altra scuola” (rispetto a questa o rispetto alla buona?)Sette punti tra cui si parla anche di stop ai voti e di abolizio-ne delle bocciature. Senza voler dare giudizi, impossibile nel-lo spazio, pur dilatato, di un tweet, pare che tra i prof questidue punti, se messi ai voti, rischierebbero una bocciatura. Chi scrive però non pensa che il bravo prof sia quello cheboccia di più e a riprova di ciò si va a ospitare un testo delnostro Sugo U., naturalmente in dialetto.

La scuola potrebbe faremolto, non puntandosolo ad aumentare

la cultura dei ragazzi,ma insegnando le regole

del vivere civilee spiegando quali sono

i doveri sociali