V Serie 1975 fascicolo III-IV (Luglio-Dicembre) · 2018. 5. 31. · Solo Thus.ne l da avrà nomi...

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9) A. M. CoLINI, op. c!t., pp. J9I-92· 10) L. UC'RENll, op. at., p. 98· 11) M. BrEB!R, The Sculprure of the Hellenistic Age, New York 1955, pp. M. Cou.IGNON, Lu staruu /Uf!érairu dans /' a rt rr ec , Pans 191 l, pp. G. E. Rizzo, op. a t., pp. 86-94· 12 G. E. Rizzo, op. cic., tav. CXXXVU. 13 G. E. Rizzo, op. cil., tav. CXXXVI. 14 M. CoLLIGNON, op. cit., fig. 101 . 15 S. AuruG&MMA, Ritr aUo jemminì/e de/l'etd di A ugwco e statue mulitbri iconiche scoperte a Formia, in Boli. d'Arte, zo, 193o-3r, pp. 216--33· LE STAT UE ANTICHE DELLA LOGGIA DEI LANZ I SABJNE - THUSNELDA. Le cinque " Sabioe, della Loggia, come l'immagine femminile che in passato ne ha condiviso l'appellativo e oggi è più nota come " Thusnelda , , sono sicura- mente di proveniema romana, benché l'esatto luogo di rillvenimento sia incerto. Se ne dovrà probabilmente escludere l'identificazione con sei delle ' sette statue (l'ulùma, e l'unica ce.rta, è l'Apollo Uffizi 162, MAN- SUEl.Ll, I, n. 47) ritrovate secondo Flaminio Vacca (Memorie, n. 41) in Roma ... nel monte di Santa Maria Maggi ore ... avute da Leone Strozzi e donate al Cardinal Ftrdinarzdo. infatti un dato sicuro che l'ingresso delle nostre statue nelle raccolte medicee avvenne mediante l'acquisto della collezione Capranica- della Valle, e non per un dono Strozzi. Veramente, l'impossibilità di r i- conoscere nelle sei statue Capranica quelle già Strozzi lascia aperto il problema dell'identificazione di queste ultime: Vacca non le caratterizza in alcun modo, salvo che per le dimensioni colossali .•• due volte maggiori d el naturale, - il che peraltro è inesatto per l' Apoll o sopra ricordato -, e non precisa neppure se si tratti di figure maschili o femminili. Poiché statue di tali dimensioni non risultano nella raccolta degli Uffizi, la ricerca ne andrebbe fatta tra le altre collezioni me- dicee e tramite il confronto degli inventari Capranica e Villa Medici. In ogni caso, salvo un errore di Flaminio Vacca, le statue Capranica e Strozri costituiscono due serie distinte. Un'altra ipotesi, non contrastante con la presenza figure in Palazzo della Valle, ne indica il luogo di in una vigna Ronconi al Palatino, presu- mibil mente da uno stesso edificio (LANCJANT, II, P. 44 ss e III, p. II2). La notizia, se provata, potrebbe una ragione della concordama di misure, piut- tasto almeno tra cinque figure (Thusnelda • parte) e det tipi statuari fra quattro di esse, impiegate statue iconiche: l'ipot .esi di Hekler e Lippold p. 216) che si tratti di " Provincie , è dif- r te Sia per i torsi che per i ritratti, croool?g1co disporsi (età di l'alano- pruna età di Adr1ano) confermerebbe la loro :f:"jn enza ad un ?Omplesso i? qualche. modo uni- n di documenu puntuali, l'afferma- La di LanCJaru resta solo una attraente possibilità. sei statue presso amatori d'arte e .. Stat 1 dfp con la loro collocazione nel Giardino V"1e10 (IO ue alazzo della Valle: due ne di.segna Enea IL v) e !r rN !D B .. CAR. DE VALLE .... s. BXCUD. r 54 1 ÌD1 :- &'"e ne nproduce Hyerooimus Koch in una mosa (Cock exc: 1553· HAl!C VISUNTUR. ROMAB, IN HORTO CARD. A VALLE. BIUS BENEFICIO, EX ANTIQUITATIS RELI QUUS IBlDEM CONSERVATA). L'im- magine, forse ripresa da un più antico schizzo di Marten van Heemskerk (1532-36), e perciò anteriore di parec- chi anni alla data di Koch, costituisce tuttavia una ef- ficace illustrazione al passo di Ulisse Aldovrandi rela- tivo a quel giardino: Di rimpeto a la porta di questa logia ... a man manca si veggono due Donne Sabine vestite. Tre altre Sabine nel medesimo modo in piè vestite sono in capo della loggia al coverto (Statue, p. 218). I disegni e la descrizione fornirebbero dunque 1a prova dell'esistenza delle statue in palazzo della Valle anteriormente alla metà del secolo. Stando a ciò che si può vedere dalle immagini, le figure sarebbero già state completate con le teste che si vedono attualmente; mentre ancora prive di restauri alle mani e alle braccia le disegnò Giovannantooio Dosio e le incise Giovan- battista De Cavalleriis (I-n, So-83). Veramente, le di Vico, Dosio e De Cavalleriis sono incomplete, dal momento che illustrano solo quattro su sei figure; lo stesso Aldovrandi si limita a ricordarne cinque. D'altro canto, ciascuna delle due statue non rappresentate nelle incisioni è replica puntuale, per il corpo, di figure già riprodotte: potrebbe spiegarne l'assenza. Quanto ad Aldovrandi, la sua compilazione avvenne dichiaratamente a ordinamento non ancora terminato (In casa di M. Camillo Capranica che hora si fabrica ne la st rada della Valle) e presenta altre e più gravi lacune. Nel testo di Aldovrandi per la prima volta è applicata alle figure la denominazione di Sabine, usuale allora per immagini femminili di una certa dignità e senza attributi particolari: in maniera altrettanto vaga, le statue saranno più tardi identificate come Vestali, Sa- cerdotesse di Romolo, Muse, donne illustri o, ancor meno impegnativamente, " femmine , . Solo Thus.nel- da avrà nomi più inconsueti e suggestivi, fino al- l'attuale. Nel 1584, al momento dell'acquisto della collezione, le sei figure costarono al cardinale Ferdinando dei Me- dici complessivamente duemila ducati: e stato di conservazione sono annotati nell'ediztone fiorentina dell'Inventario delle Figure del Marchese Sig. A gnolo di Capranica, di cui i venditori erano gli eredi (Gom, p. 362: Le cinque Sabine, alte palmi 12, li mancano le braccia; un altra Sabina nel nichio, le manca un braccio. 2000). collocazione né· conservazione parrebbero dunque, alla data del 3 ottobre 15.84, avere subito mu- alla situazione illustrata dalle imma- gJOt precedenti. La sistemazione sotto il Loggiato di Villa Medici stabilisce definitivamente il collegamento tra le sei figure, già espresso con chiarezza nell'inventario, che rispecchia ev1dentemente l'opinione corrente, più che la collocazione in palazzo del la Valle, ove le figure non erano accostate. Non è precisabile quanto essa nasca dalle caratteristiche esterne delle immagini (prima di tutto dalle dimensioru) e quanto possa essere basata su un effettivo legame tra le sei statue, come il rinve- nimento in un unico luogo o l'appartenenza ad uno stesso edificio monumentale. Di fatto, a Villa Medici tale legame viene creato - o ricreato - anche ma- terialmente. Sotto la Loggia, divenuta una delle mete fisse degli amanti e cunosi d'antichità, le ricorda brevemente l'Inventario delle Masseritie del Giugno 1598 (nn. 75-So: S ei Statue di marmo magior del naturale vesti te dette 169 ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

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9) A. M. CoLINI, op. c!t., pp. J9I-92· 10) L. UC'RENll, op. at., p. 98· 11) M. BrEB!R, The Sculprure of the Hellenistic Age, New York

1955, pp. ~-23; M. Cou.IGNON, Lu staruu /Uf!érairu dans /'artrrec, Pans 191 l, pp. I~173i G. E. Rizzo, op. a t., pp. 86-94· 12 G. E. Rizzo, op. cic., tav. CXXXVU. 13 G. E. Rizzo, op. cil., tav. CXXXVI. 14 M . CoLLIGNON, op. cit., fig. 101 . 15 S. AuruG&MMA, RitraUo jemminì/e de/l'etd di A ugwco e

statue mulitbri iconiche scoperte a Formia, in Boli. d'Arte, zo, 193o-3 r, pp. 216--33·

LE STAT UE ANTICHE DELLA LOGGIA DEI LANZI

SABJNE - THUSNELDA.

Le cinque " Sabioe, della Loggia, come l'immagine femminile che in passato ne ha condiviso l'appellativo e oggi è più nota come " Thusnelda , , sono sicura­mente di proveniema romana, benché l'esatto luogo di rillvenimento sia incerto. Se ne dovrà probabilmente escludere l'identificazione con sei delle ' sette statue (l'ulùma, e l'unica ce.rta, è l'Apollo Uffizi 162, MAN­SUEl.Ll, I, n. 47) ritrovate secondo F laminio Vacca (Memorie, n. 41) in Roma ... nel monte di Santa Maria Maggiore ... avute da Leone Strozzi e donate al Cardinal Ftrdinarzdo. ~ infatti un dato sicuro che l'ingresso delle nostre statue nelle raccolte medicee avvenne mediante l'acquisto della collezione Capranica- della Valle, e non per un dono Strozzi. Veramente, l'impossibilità di ri­conoscere nelle sei statue Capranica quelle già Strozzi lascia aperto il problema dell'identificazione di queste ultime: Vacca non le caratterizza in alcun modo, salvo che per le dimensioni colossali .•• due volte maggiori del naturale, - il che peraltro è inesatto per l'Apollo sopra ricordato -, e non precisa neppure se si tratti di figure maschili o femminili. Poiché statue di tali dimensioni non risultano nella raccolta degli Uffizi, la ricerca ne andrebbe fatta tra le altre collezioni me­dicee e tramite il confronto degli inventari Capranica e Villa Medici. In ogni caso, salvo un errore di Flaminio Vacca, le statue Capranica e Strozri costituiscono due serie distinte.

Un'altra ipotesi, non contrastante con la presenza ~Ue figure in Palazzo della Valle, ne indica il luogo di ~v~nimeoto in una vigna Ronconi al Palatino, presu­mibilmente da uno stesso edificio (LANCJANT, II, P. 44 ss e III, p. II2). La notizia, se provata, potrebbe ~ una ragione della concordama di misure, piut­tasto ancoos~ete, almeno tra cinque figure (Thusnelda • parte) e det tipi statuari fra quattro di esse, impiegate ~:me statue iconiche: l'ipot.esi di Hekler e Lippold

!'P~n, p. 216) che si tratti di " Provincie , è dif­r te acce~abile. Sia per i torsi che per i ritratti, T~ croool?g1co en~o ~sembrano disporsi (età di

l'alano- pruna età di Adr1ano) confermerebbe la loro :f:"jnenza ad un ?Omplesso i? qualche. modo uni­~ n man~~a di documenu puntuali, l'afferma-

La di LanCJaru resta solo una attraente possibilità. ~or:au~. ~elle sei statue presso amatori d'arte e .. Stat 1dfp con la loro collocazione nel Giardino V"1e10 (IO ue alazzo della Valle: due ne di.segna Enea IL v) e !r rN !D B .. CAR. DE VALLE .... s. BXCUD. r 541 ÌD1 :- &'"e ne nproduce Hyerooimus Koch in una

mosa (Cock exc: 1553· HAl!C VISUNTUR.

ROMAB, IN HORTO CARD. A VALLE. BIUS BENEFICIO, EX ANTIQUITATIS RELIQUUS IBlDEM CONSERVATA). L'im­magine, forse ripresa da un più antico schizzo di Marten van Heemskerk (1532-36), e perciò anteriore di parec­chi anni alla data di Koch, costituisce tuttavia una ef­ficace illustrazione al passo di Ulisse Aldovrandi rela­tivo a quel giardino: Di rimpeto a la porta di questa logia ... a man manca si veggono due Donne Sabine vestite. Tre altre Sabine nel medesimo modo in piè vestite sono in capo della loggia al coverto (Statue, p. 218).

I disegni e la descrizione fornirebbero dunque 1a prova dell'esistenza delle statue in palazzo della Valle anteriormente alla metà del secolo. Stando a ciò che si può vedere dalle immagini, le figure sarebbero già state completate con le teste che si vedono attualmente; mentre ancora prive di restauri alle mani e alle braccia le disegnò Giovannantooio Dosio e le incise Giovan­battista De Cavalleriis (I-n, So-83). Veramente, le testimonian:~;e di Vico, Dosio e De Cavalleriis sono incomplete, dal momento che illustrano solo quattro su sei figure; lo stesso Aldovrandi si limita a ricordarne cinque. D'altro canto, ciascuna delle due statue non rappresentate nelle incisioni è replica puntuale, per il corpo, di figure già riprodotte: oò potrebbe spiegarne l' assenza. Quanto ad Aldovrandi, la sua compilazione avvenne dichiaratamente a ordinamento non ancora terminato (In casa di M. Camillo Capranica che hora si fabrica ne la strada della Valle) e presenta altre e più gravi lacune.

Nel testo di Aldovrandi per la prima volta è applicata alle figure la denominazione di Sabine, usuale allora per immagini femminili di una certa dignità e senza attributi particolari : in maniera altrettanto vaga, le statue saranno più tardi identificate come Vestali, Sa­cerdotesse di Romolo, Muse, donne illustri o, ancor meno impegnativamente, " femmine , . Solo Thus.nel­da avrà nomi più inconsueti e suggestivi, fino al­l'attuale.

Nel 1584, al momento dell'acquisto della collezione, le sei figure costarono al cardinale Ferdinando dei Me­dici complessivamente duemila ducati: prez:~;o e stato di conservazione sono annotati nell' ediztone fiorentina dell'Inventario delle Figure del Marchese Sig. Agnolo di Capranica, di cui i venditori erano gli eredi (Gom, p. 362: Le cinque Sabine, alte palmi 12, li mancano le braccia; un altra Sabina nel nichio, le manca un braccio. 2000). Né collocazione né· conservazione parrebbero dunque, alla data del 3 ottobre 15.84, avere subito mu­~~enti rispet~o alla situazione illustrata dalle imma­gJOt precedenti.

La sistemazione sotto il Loggiato di Villa Medici stabilisce definitivamente il collegamento tra le sei figure, già espresso con chiarezza nell'inventario, che rispecchia ev1dentemente l'opinione corrente, più che la collocazione in palazzo della Valle, ove le figure non erano accostate. Non è precisabile quanto essa nasca dalle caratteristiche esterne delle immagini (prima di tutto dalle dimensioru) e quanto possa essere basata su un effettivo legame tra le sei statue, come il rinve­nimento in un unico luogo o l'appartenenza ad uno stesso edificio monumentale. Di fatto, a Villa Medici tale legame viene creato - o ricreato - anche ma­terialmente.

Sotto la Loggia, divenuta una delle mete fisse degli amanti e cunosi d'antichità, le ricorda brevemente l'Inventario delle Masseritie del Giugno 1598 (nn. 75-So: Sei Statue di marmo magior del naturale vestite dette

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Sabine) e le raffigura una piccola stampa del Laurus, di poco più tarda, col numero 3 di Legenda: Sabine dentro le logge .. A distanza di pochi 3?ni l'uno dall'al­tro, Jan de B1sschop, Françots Pemer e Carl Dalen presentano, in immagi~i largamente dipenden.ti d~e più antiche, la figura di Thusnelda e due Sabme: gtà le incisioni del primo mostrano le statue restaurate alle mani o alle braccia, con lavori eseguiti evidente­mente poco dopo l'acquisto. L'ingresso alla Villa è riprodotto intor.no al 1.675 anche ~elle Fonta!l~ ~i_ Rom~ di Giovan Batt1Sta Falda: le Sabme sono vts1bih al di là e attraverso la porta serliana, concordemente alle indicazioni dell'Inventario generale del x67o (GR 779, 329: Loggia principale. Sei statue di sei sabine ~i marm!J bianche mag.ri del natur.le n. 6). Un secolo ptù tard1, ancora al loro posto le ricorderà il Mercurio Errante (ed. 1776, p. 406). A questa data, tuttavia, il progetto di trasportare a Firenze i beni dell'estinta casa Medici aveva ~ià provocato un sopralluogo di Rapbael Mengs, come mviato ufficiale di Leopoldo di Lorena. n le­game tra le sei figure e l'ambiente conchiuso della Loggia era se. ntito cosi arm?nico - I?er ~ sistemazione si faceva, benché a torto, t1 nome di Michelan$elo -che Mengs suggeriva per le figure la costruzton~, a Firenze, di una apposita. <;3-alleria. U~ pr~occupaztone an.alog~ è espressa da Pilippc;> Antoruo V)Scontt, com­mtSsarto papale alle Anttchità: Le statue levate dal Sito ..• avranno molto a minorare da quel pregio cui l'uni­formità e l'adattato collocamento le aveva fatte ascendere (Doc. lned., p. 78). n Visconti era incaricato di valu­tare l' opportumtà e la liceità di un trasferimento a Firenze delle statue, cui dette il nulla-osta con un giudizio ambiguo ma sostanzialmente negativo sul va­lore artistico delle figure: in due delle Sa bine ... vi ha qualche pregio nel panneggiamento, ma son ritocche e n~n di stile sublime. Per suo conto, la figura ... che sta zn atto mesto, e mostra parte del nudo è di vago disegno, ma non può contarsi tra le statue di prima sfera. Con altri beni già Medici, le "Sabine, e "Thusnelda, lascia­rono Roma nel 1787 (Doc. Ined., IV, p. 79, nn. 28-33).

Nell'agosto del 1789 le sei figure furono collocate sotto la Loggia dei L~i, sulle basi quadrangolari in mattoni pieni rivestiti di lastre di marmo, preparate nel mese precedente (Guida per osservare, p. x6o). Nessun documento prova che sotto la Loggia fiorentina si sia voluta rispettare la sistemazione di Villa Medici al Pincio; comunque, l'integrale ricostituzione della serie nella nuova sede replicava la collocazione in quella romana, ed era in più consonante con l'apertura al pubblico della Galleria. Il Carradori si occupò del re­stauro delle figure: probabilmente a lui, dunque, si deve la messa in opera delle lastrine rettan~olari di marmo che chiudono sui quattro lati i J?linti anttchi, ben chiari nelle immagini precedenti e viS1bili ancora oggi.

DISEGNI E INCISIONI: ENEA VICO, in A. B. VON BARTSCH, Le peintre-graveur, Leipzig x8o3-21 , XV, n. 42, p. 302; MARTEN VAN HEBMSKERK:, in C. Ht!J..SEN -H. HBGGBR, Die romischen Skizzenbiicher Marten van Heemskerks, Be.rlin 1916, II, tav. 128, nn. 9-JO, P· 58; nn. 18-20, p. 59; n . 78, p. 64: lo stesso schizzo, nell'inci­sione di HYERONIMUS Koca, anche in A. MI­CHAELIS, Romischen Skizzenbiicher Nordischer Kiinstler des XVI ]arhundert, jahrb. d. Inst. VI, 1891, fig. xo, p. 226; G. DOSIO, in HiiLSEN, Das Skizzenbuch des Giovannantonio Dosio, Berlin 1933, nn. 171 e 174: come sempre immaginose e infedeli le immagini in ] . ] . Bors.sARD, Urbis Romae Topographia, Frankfurt 1597-1002, tav. II, n. 150; G. B. DE CAVALLERIIS, Antiquae Statue Urbis

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Romae, Roma 1587, I , nn. 80-83 ; J. EPISCOPIUS, Icones Signorum Veterum, s. 1., 1630; J. LAURUS, Roma vetus et nova, Roma 1612, la sressa incisione che Cab. Est. V, n. 40, fol. 367, riprodotta anche in G. MAssoN, Italia11 Gardens, London xg6x, tav. 86; F. PERRIER, Segmenta nobilium Signorum et Statuarum, Paris 1638, tavv. 76, 78, 79; G. B. FALDA, Le fontane di Roma, Roma r684, tav. TII (la raccolta completa dei disegni e delle inc.tsionl raf­figuranti Villa Medici in G. M. ANDRES, The Villa Medici in Rome, Princeton 1941, III, p. I ss.); C. DALEN, Statuae Antiquae, s. !., 1700, tavv. 76, 78, 79; RillNACH, Rép. II, 665, g-xo; 656, 3-4; 668, g.

DocUMENTI: Inventario delle figure del Marchese Sig. Agnolo di Capranica, in A. GoTTI, Le Gallerie ed i Musei di Firenze, Firenze 1872, p. 361 ss.; Inventario delle Masseritie ed altre robbe che si trovano nel Palazo et Giardino del S'"0 Granduca di Toscana alla Ternità de Monti, in F. BoYER, Rev. Arch. 30, 1929, p. 259 ss.; Inventario generale delle robbe in R oma di S.A.S., GR (Archivio de!Ja Guardaroba) 779, 1670, 329; Consulenza di A. R. MENGs, AG (Archivto della Galleria) III, 13; Inventario degli oggetti d'arte trasportati a Firenze negli anni 1780-87, in Doc. Ined. = Documenti inediti per servire alla storia dei Musei italiani, Roma 1878, IV, p. 77 ss.; relazione di F . A. VIscoNTI, ibid., p. 77 ss.

BIBL. : U. ALnovnANDr, Di tutte le statue antiche che per tutta Roma in diversi luoghi si veggono, Venezia 1556, p . 218; F. VACCA, Memorie di varie antichità trovate in diversi luoghi della città di Roma, scritte da Flaminio Vacca nell'anno 1594, manoscritto presso la Soprinten­denza alle GaJlerie di Firenze; Mercurio Errante, P. Rossim, Mercurio Errante delle Gra.ndezze di Roma, tanto antiche che moderne, Roma 1776, p. 406 ; Firenze antica e moderna illustrata, Firenze 1794, V, p. 378; Guida per osservare, C. GAMBIAGI, Guida per osservare con metodo le rarità e bellezze della città di Firenze, Firert.ze 1798, p. r6o; Esatta descrizione della Loggia dell'Orcagna con le sue decorazioni interne ed esterne, Firenz~ 1807, p. 3; Galérie Imperiale, Galérie Imperiale et Royale de Florencs, Firenze 1834, p. 207; L . PASSERINI, Curiosità storichs artistiche fiorentine, Firenze x866, p. ro6 ss. ; H. DUTSCHKB, Antike Bildwerke in Oberitalierz, III, .. .,,,....., ... _ 1878, p. 254 ss. i MICHAELIS, art. cit., loc. cit.; M. Les collections d'antiques formées par les Médicis siècle, Paris x8g?, p. 37 ss.; LANCIANI, R. LA.Nc:wo; Storia degli scavz dì Roma, III, Roma xgo8, p . H ttLEEN- EGGER, op. ci t., loc. cit.

Sulla parete di fondo della Loggia, da sinistra: .. I. - "Sabina, (figg. 2, 3).

Alt. m. 2,68 senza plìnto. Marmo bianco a graiiJI (il corpo), grigiastro (la testa).

La testa, con il velo che la ricopre ed il collo, è di stauro: la .linea di separazione tra la parte antica e più recente corre obliquamente all'altezza delle 10 leggera pendenza verso la spalla destra. la mano sinistra dal polso, il dito medio e il della destra, alcuni ~nelli e lembi dell' himation -presa la piccola nappa sotto la mano sinistra - la scoperta del piede smistro e tutti quei lembi della che sono adagiati sul plinto attuale, ma debordano quello originario.

È replica esatta del corpo la statua di Palazzo al Prato, DuTSCHKE 247· La già notata (E. A. diversità tra le due figure nella disposizione del che nell'esemplare della Loggia sale a velare e in quello Corsini sembra circondare . le spalle, è soltanto apparente. Nella statua da l'andamento del mantello sul dorso e ciò che

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d'antico del te~uto trattenuto dalla mano destra pro­vano la sostanztale esattezza del restauro cinquecen­tesco. D 'altro canto, alla figura del Prato, rinvenuta in Roma evidentemente acefala, fu imposta a suo tempo una testa non velata, rielaborazione di quella di una kore de~'Eretto (cfr .. E. E. ScHMmT, Die K opien der ~!echtezonkoren, . ~erlio 1973, p. 38, n. 3). Tuttavia, lmnaturale e n gtdo movrmento che il manto della st<~tua Corsini descrive dietro alla nuca e ai lati del collo assicura che anche questa figura fiorentina aveva io origine il capo. coP.erto. Di fatto, ~a salita e la rica­d~tta del velo. gtustificano alme':'o tn parte il gesto di .trattener~ il mante~~· che ncade appesantito da fi.tu cannell~ sul lato .Strustro della figura. Il chitone, ctnto sotto il seno, sctvola sulla spalla destra; l' hima­tion vi si a':'Volge int~roo a spirale, addoppiato e rac­colto antenormente m un rotolo, da cui il lembo meno e:'tes~ sfug~e o~liquamente, disponendqsi in u.n~ sene dt arc~t e .. rtcade!ldo dayann alla gamba St01Stra, mentre ti ptu ampto raggtw1ge la caviglia destra. U coofron~o, per questa p~rticolare disposizione, con ope~~ C?me l A~azzont; o Ga~none Cesi (BR. BR. 359) e l tOStStente ncerca di effettJ e contrasti potreb­bero forse abbassare la datazione recentemente pro­posta per la figura fiorentina (LINFERT- RE!ca, p. 50: fine del IV secolo a. C.).

Se la statua dei Lanzi, già Capranica, va riconosciuta in quella disegnata da Francesco Primaticcio anterior­D?ente. al 1532 - in Roma, ma senUl indicazione pre­asa dt luog~ (DI~R, o. 231, P· 469) - essa risul­terebbe testtmomata ancor pnma dell'incisione di Marten.ya.n Heemskerk~. (cfr. supra, p. 170), e, quello ~e ~ ptu tmportaote, gta completa della testa. Questa, gJUd!cata da DUTSCBKE, III, 558, un ritratto antico è assolutamente intatta in ogni sua parte fresca i~ S?Perficie, ed andrà considerata piuttosto' una crea­Zlo.ne dei p~mi de~enni del '500, appositamente ese­gw~ pe~ l'mte~raztone della figura. L' ispirazione al­t:annco (t~ parttc?lare la capigliatura a bande serpen­tt~e, con 1 boccoli sul collo, potrebbe blandamente ri­chiamare la tes~a inf!a o. 2) e la gentilezUl del volto offrono.uoa testtmoruanza diretta dei metodi, del livello e delle tntenzioni dei restauratori rinascimentali.

O Dg•GNJ E I NCl~ION!: F~CESCO PRIMATICClO, in ERu IMIER, ~ Prrmat1ce, PartS xgoo, n. 231, p. 469; in Vrco, .m BARTSCH, op. cit., loc. cit. ; G. DOSIO, =ULSEN,. Clt:, .n. 171, tav. XCII; DE CAVALLl!Rns, I, 82

a alra 1b1dem); ~PISCOPIUS, tav. 44 (rovesciata) ; Ran. I!R, taRv: 78 (rovesctata); DALEN, tav. 78 (rovesciata);

ACH, ep. I, 455, 6 e Il, 668, 9·

ia t~ DUTSCHKE, III, 558; E. A. 319; A. Hl!x.Lu, Htlltdbuc'J:'· Arch. St. XXXVI, 1909, p. 184; G. LIPPOLD, RaCB M P· 335, 3ì l?·• K_opien, p. 216; I. LINFERT­Irtlt.it' dritr;seu

1m ,::.nd Dtchterznnenfiguren des vierten und

}1. Kausa en _a. htJJlderts, Koln 1971, p. 51, tav. I, 10; }drluznd, ' t RomlSche weibliche Gewandstatuen des zweiten

er s n. Ch., GOttingen 1968, D 16. POT • Al' · aa..aR.:·(la lnan 2505; Sopr. Gallerie Firenze 15689, ~ statua) i 219130 (la testa).

a.- "Sab · Alt Ili a , (figg. 4• 5). ' m. 2,57 senza l' La P znto. Marmo bianco a grana fine.

11 teata è probabilm · aleDto, alle labbra ente anoca - con piccoli restauri !I'IPo. l boccoli d ' a! naso - , ':la non pertinente al ~ e forati au~:S':tt ~~e .ore~hie, spezzati, sono ri­

PGnione mancant enull rnfert.ore per l'adattamento e. collo è lllSento nella scollatura

con qualche zepJ?a, men~e alcuni boccoli sono di re­stauri?· Altre paro sono rtfatte: una porzione dell'avam­braccto destro c~n. la man~; la mano sinistra con iJ lembo ~l t~uto che VI .st appoggta; alcune costolature e la parte 'J'!fer1ore della n caduta dell' himation lungo il fianco si­nistro; la punta del piede sinistro e tutta la parte sco­pe.rta d~J destro; i lembi d~~ veste che escono dall'antico plinto . Irregolare, ora dellmttato da las trine di marmo poste lll quadrato.

. Il ~orso è replica di un tipo di cui sono note varianti dt dtverso formato, ravvicinate tradizionalmente al­I'Hera Campana ed all'Euterpe di Mileto, MBm:>EL n8. Dopo le giuste correzioni di Adriani al primo raggrup­pamento di Hekler, limiterei ancora in questo modo l'elenco delle copie pun tuali: I. Loggia dei Lanzi DUTSCHKE III, 562 (cfr. infra, n. 5); :a. Ny Carlsberg Glyptothek, 3I<? a; 3· ç7ià . Mattei, REINACH, Rép. I, 21~, 7· I ~apporti non uruvoct, ed anche cronologicamen­te mcertt, che sembrano esistere tra i due tipi fon­damentali sopra ricordati, l'Igea attribuita a Skopas (L~PO~D, .HOJ!dbuch, p. 252 ss.) ed una quantità di vartantt rrunort, s~gerivano ad Adriani la possibilità che nelle statue det Lanzi si dovesse riconoscere una rielaborazione composita di età romana. Di fatto la nostra statua differisce dall'Euterpe per la maggiore e~teosione ed. il dive~ equilibrio del manto panneg­g.tato: alla discesa obliqua dell ' himation dalla spalla destra fino quasi alla caviglia opP.osta si contrappone lo sporgere della gamba flessa; il tessuto è in parte sc:>llevato sull'avambraccio, cosicché il ventaglio di pteghe trasversali dell'Urania si trasforma qui in una regolare successione di archi acuti.

Il la":or~ è ~ondotto con abbonct:mza di sottosquadri e ~otazt~m. mmute, come la quantttà di ' ' liegefalten , e. l orlo mruo della veste e del manto. Il dorso appiat­tito e trascurato ne indica una antica disposizione con­tro una. par~te, presumibilmente per un impiego come statua tcoruca. . La testa, inserita sul busto conservandone l'imposta­

ZIOne ?bliq~a, .è di proporzi~ni ridotte rispetto a quello. Che St trattJ di un pezzo anttco e non di un rifacimento cinquecentesco parrebbe indicato dalla discordanUl s~essa delle ~eosioni (poco probabile in una testa nfatta apposttameote) e dall'estremo rispetto del re­stauratore per la capigliatura sul dorso, che scendendo b.en sott~ le spalle obblig~ sicuramente ad una decisa nlavoraz10ne della sommttà della schiena per adat­tarvela: anzi, una larga scheggia di marmo sembra es­serne . stata asportata pe_r far posto all'allargarsi dei capelli. Se anttca, tuttavta, la testa deve avere subito una profonda rilavorazione, da cui nessun tratto della superficie sembra essere stato risparmiato. Il volto è prtvo di ogni caratterizzazione; al contrario, la rituale complicazione della capigliatura - a bande ondulate, spartite sulla fronte e raccolte in un nodo s ulla nuca, sotto al quale il resto della chioma si organizu in un doppio ordine di boccoli - permetterebbe di acco­stare la testa ad altre immagini divine, come la Demeter Chiarar;nonti (AMELUNG, Sculpturen I , p. 472 e tav. 48) o la IS!S British Museum 1545: l'elaborato arcaizzare della capigliatura è proprio di simili immagini isiache.

Drssc;m E mctStONl: DE CAVALLERIIS, I, 8r, (Sabina alia ibidem); RBINACH, Rép. II, 665, 10.

BIBL.: DOTSCHKB, III, 559i B. A. 333ì B. B. VAN D,BMAN, Am. ]our. Arch. 12, r9o8, p. 327; Hl!KLE.R, art. eu., p. 185, C; G. ~IPPOLD, Ròm. M itt. 33, 1917, p. 76 e nota 3i ID., Kopten, p. 216; lo., Handbuch, loc. cit.;

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A. AmuANI, Bull. Soc. Arch. Alex., n. s. IX, 1936, p. 16 ss.; per la testa, W. AMELUNG, Die S culptaren des Vaticanisches Museams, Berl!n 1903, l , n. 241, p. 471 ss., tav. 48; KRUSE, op. cit., D 14 e nota 16o (repliche e varianti non distinte tra loro).

FoT.: Alinari 2506; Sopr. Gallerie Firenze, 210884 (la statua); 219o6o, 219132 e 219133 (la testa).

3· - " Thusnelda, (figg. 6, 7). Alt. m. 2,49 senza plinto. Marmo bianco a grana fine. Nella testa sono di restauro la punta e il lato sinistro

del naso, le ciocche sulla fronte, e certamente la calott.1 cranica, di altro marmo e lavoro, eccessivamente alta, già raccordata al resto con un po' di gesso; il piano di ap­poggio del pezzo aggiunto è accuratamente lisciato. Sono di restauro anche l'avambraccio destro, da poco sotto il gomito, con la mano, l'omero sinistro con la S\)alla ed una piccola parte del panneggio, il capezzolo simstro, le dita della mano sinistra, alcuni cannelli verticali della veste. La forma del plinto originario, quadrangolare ed inserito obliquamente in quello moderno, potrebbe sug­gerire una veduta leggermente più da destra rispetto alla sistemazione attuale, che attenuerebbe l'eccessiva lun­ghezza della ~amba flessa rispetto a quella stante, senza alterare l'inclinazione della testa sulla spalla o l'aspetto colonnare del panneggio intorno alle gambe (dr. Mon. lnst. III, 1847, tav. 28 B).

Dopo l' abbandono delle vecchie denominazioni di Sabina, Veturia o Medea (cfr. A. MrLcHHOFER, Berl. Winck. Progr. 42, p. 37), il nome della sposa di Ar­minio è ormai definitivamente legato a questa imma­gine di donna barbara, vinta o prigioniera. Per con­fronto con le immagini riprodotte con interesse do­cumentario sui monumenti di età imperiale si è soste­nuta, probabilmente a ragione, l'appartenenza della prigioniera a qualche stirpe germanica, o collegata con quelle germaniche. La foggia dell'abito (cfr. TAc., Germania, 17, 3) è paragonabile in particolare a quella di immagini monetali (ToYNBEE, p. 9) in cui con si­curezza si riconosce la Germania; tra i rilievi di Pro­vincie o Nationes della Basilica Neptuni, due figure soprattutto offrono materia di confronto, per la veste ed i capelli ricadenti a ciocche: l'una, non identificata, armata di una lama ricurva (TOYNBEE, tav. XXXIV, I; per l'arma, cfr. L. Rossi, Trajan's Column and the Dacian War, London I97I, figg. 22 e 32), l'altra an­cora probabilmente una "Germania, (ToYNBEE, tav. XXXVI, 5). Anche la forma particolare deUe calza­ture, chiuse sul dorso del piede da cinghiette incro­ciate, è simile, salvo la presenza della suola, a quella dei Daci della colonna e del Foro di Traiano (ma cfr. AMELUNG, Fllhrer, p. II e PETERsoN, pp. I03-4). A parte quest'ultima concordanza esterna, il collega­mento con i prigionieri dei portici di Traiano (ora ZANKER, p. 505 ss.) nasce dalla simile qualità monu­mentale delle figure. I " captivi , sono concepiti per succedersi in serie, e tuttavia isolati ciascuno in sé stesso. L'architettura che li ospita (senza che essi ab­biano valore architettonico, giacché non sono por­tanti) li allinea uno di seguito all'altro, alternandoli tut­tavia regolarmente a spazi decorati, ed esaltandone cosi l'isolamento. Anche per Thusnelda, la compiutezza della figura non sarebbe incompatibile con il suo even­tuale inserimento in una serie di immagini simili, pri­gioniere o Nationes ~cfr. STRONG, p. 22~; F. W. 1564-5; anche la testa Brinsh Museum 1771). Un'altra pos­sibilità, forse secondaria, è che la figura facesse parte di un monumento o trofeo celebrativo: si confrontino

i sarcofagi in cui coppie di sposi barbari posti in di­sparte davanti ad un trofeo d'armi, rappresentano pateticamente la sconfitta di una stirpe come conclu­sione della battaglia che si svolge sulla faccia principale (HAMBERG, tavv. 39-41).

Come lontano antecedente per Thusnelda è stato . più volte richiamato l'atteggiamento di lutto delle ' piangenti , nel sarcofago di Sidone, tutto risolto nel­

l'equilibrio dei gesti e del panneggio. D 'altro canto, le ~ambe incrociate ed il braccio flesso, appoggiato con 1l gomito all'altro, la testa reclinata, sono a.ltrettanti -r6m>~ nella rappresentazione dei prigionieri in età imperiale, anche in immagini maschili (cfr. Rl!.!NACR, Rép. I, 518, 4, 5, 6; Am. ] oum. Arch., xo, 1go6, p. 15, fig. 8), benché più rari di altri, non numerosi scherni fissi: gambe divaricate, mani incrociate l'una sull'altra, o sollevate a trattenere il mantello o legate dietro la schiena. La stessa posa è comune ai giovinetti in braccae e berretto frigio, Attides dolenti (FABBRICOTTI, p. 132) o dadofori, usati talvolta come figure di sostegno (SCRINARI, figg. 12, 14, 16, x8), e che ripetono, forse per reciproche interferenze fra i due tip1, anche altri gesti det prigionieri, meno congruenti con le immagini oel dio frigio, e più consoni a " Persae, o orientali vinti. .

Per la redazione della Thusneld<l è stata per lo pil! indicata l'epoca traianea o la prima età di Adriano: la parentela con i prigionieri dei portici del Foro di Traiano in realtà non sembra solo formale, dal mo­mento che nell'una e negli altri ~li intenti celebrativi non hanno ancora ridotto il nenuco ad uoa insignifi­cante o supplice immagine di ribelle, e in qualche modo la gloria del vincitore si commisura alla dignità e de­terminazione dell'avversario.

DISEGNI E INCISIONI: ENEA VICO, in BARTSCH, op. cit., loc. cit.; MARTEN VAN HEEMSKERX, in MJ­CHAELIS, arl. cit., fig. IO, n. 77, p. 231 i DB CAVALLI!RJlS, I - Il, 8o e III-IV, 83 (Sabinae statua marmorea in aedibu Capranicae); EPrscoPros, tav. 43 (rovesciata); P. P. Ru­BBNS, disegno riprodotto in Gaz. Beaux Arts, 67, V, 19a5, p. 182 (Vigilantia) ; PERJUER, tav. 76 (Veturia Martll Corio! ani mater in Hortis Mediceis) (rovesciata) ; J.J,......,,, , tav. 76 (rovesciata, stessa didascalia); Mon. lnst . 1847, tav. 28 A, B.

BtBL: F. W. xs63 (con bibliografia DUTSCHKE III, 56o; BR. BR. 266; E. o.,.,~.,..·•nN Miu. 8, 1893, pp. 103-4; AMEI.UNG, Fiihrer W. 1'\J\uu .• u .. ,UJ Fllhrer durch die Antiken in Florenz, p. IO, n. 6; A. P. BrENKOWSKl, De Simulacris hn•rhn'f'm ,.. Gentiam apud Romanos, Cracow 1900, p. 37, fig. E. STRONG, Roman Sculpture1 Lond<;>n . 1907, r.· tav. 68; J. M. C. ToYNBEB, Tne Hadrramc Schoo, bridge 1934, pp. 9 e 91; P . G. HAM1!ERG, Studies in Imperia/ Art, UppsaJa 1945, tavv. 39-41; H. LADS:NDI~ Antikensta.dium und Antikenkopien, Berlin 1958, V. ScRINARI, Museo Archeologico di Aquileia. delle sculture romane, Roma 1972, nn. 12, 14, I E. FABBRICOTTI, Br. Sch. Rome XXVII, 1972, p. nota 16 (per Attis dolente); P. ZANKER, Arch. Anz. l?· 505 ss. (pe.r i Daci traianei); KRuss, op. ci t ., (con parte della bibliografia precedente); S. spettiva 2, 1976, pp. 4 ss., in part. p. 14 (per il

FoT. : Sopr. Gallerie Firenze a 19885 (la 219134 (la testa).

4· - "Sabina, (figg. 8-to). Alt. m. 2,60 senza plinto. Marmo bianco a grana Sono di restauro l'avambraccio e la mano destra,

e l'avambraccio sinistro con il tessuto mano con il lembo trattenuto tra le dita, n umerose

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e e<tnnlilli della veste e dell' himation, entnlmbi i piedi. Per la testa, non pertinente, le vecchie indicazioni dei restauri andranno cosi completate: il collo è solidale a1 busto per tre quarti de1la sua lunçhezza; la pa.rte sotto il mento e la nuca con l'estremità inferiore della chioma è di restauro, cosi come la parte posteriore con la crocchia, il naso dalla radice, l'alta corona di capelli dalla base. Piccole scheggiature alle labbra. La parte antica è pe­santemente rilavorata in superficie.

Il plinto originario è inglobato in quello attuale.

Il torso è variante del tipo già visto (supra, n. 2) per il maggiore arretramento della gamba flessa, l'as­senza dell'apoptygma, l'andamento del risvolto del­l' himation tra i seni, qui attorno su se stesso, e avvolto quindi intorno al polso, anziché liberamente ricadente. Ne sono repliche: r. Loggia dei Lall%i, DuTSCHKE III, 563 (infra, n. 6) ; 2. Firenze, Palazzo Corsini di Pa­rione, OUTSCRKE Il, 268, E . A. 333; 3· Belvedere Vaticano, AMELUNC, Sculpturen, I , 102 g, tav. 26. Escluderei la statua GoRI 25, RElNACB, Rép. l , 292, 5 per l'eccessiva brevità della ricaduta dell'himation; la figura Louvre, FROEHNER ~6, potrebbe rientrare nella serie se veramente il bracoo destro, dalla spalla, fosse tutto di restauro: il panneggio vi appare, tuttavia, più traboccante e voluminoso.

La cresta rigida formata dal manto dietro al collo dimostra che originariamente il capo era velato, come nel corretto restauro della reJ?Iica vicina n. 6. La te­sta - la parte antica in realtà si riduce alla sola ma­schera - è stata riconosciuta da tempo come replica di un ritratto di Matidia in età matura, eseguito pro­babilmente non molti anni prima della morte del­l'Augusta (II9 d. C.), noto anche nella splendida re­dazione postuma (WEGNER, pp. 81 e I23i HAUSMANN, p. 91 ss.). Il numero e l'estensione dei completamenti, oltre alla rilavorazione profonda, possono spiegare le piccole e non sostanziali discrepanze tra questa e le altre repliche. Il lungo, elegante collo di Matidia sem­bra qut risultare dall'artificiosa sovrapposizione, alla parte del collo che appartiene al busto, di tutta la porzione inferiore della testa, dalla gola alla nuca. Le chiome sul retro della testa, annodate in piccole trecce oblique non note dalle altre copie, sono dovute al re­stauro, cosi come la crocchia posteriore. A suggerire una esecuzione cosi miouziosa e monotona potrebbe essere stata la testa, ritratto di Marciana, della vicina " Sabina , n. 5· È errato anche il completamento del doppio diadema di capelli, in cui d 'anttco c'è solo la baSè con la partenza delle treccioline, disposte nel restauro ordinatamente parallele, anziché incrodantisi a canestro come nelle repliche del Louvre e di Napoli (WICNER, tavv. 39, 40).

Resta comunque intatta, perché correttamente in­krpre?ta, la serrata architettura delle corone di ca­pdli, tn cui si irrigidisce e si mortifica l'esuberanza ddle capigliature flavie e della prima età di Traia­~·Mcon. ~o processo graduale di cui quest~ ritratto

attdia sembra rappresentare uno stadio molto ~to.

~ accordo con i ritratti monetali (WECNER, Arch. _ ·lin1938, p. 284), in cui le chiome sono accomodate .._ ~e del tutto simili, il diadema di Augusta do­d::o n~tere in crescendo l'arco rigido dei capelli '-a ~ er:a posto. D'altro canto, il fatto che della ~e res~ ~ antico la sola maschera rende possibile lauhtac e 1D questo esemplare l'Augusta fosse raf-

a capo velato.

D tSECNt E INCtSIONI: BoiSSARD, tav. 11 (?) (Sab. Aug.); EPtScoPros, tav. 45i PERRlER, tav. 79 (Agrippina in Hortis Mediceis) (rovesciata) ; DALRN, tav. 79 (rove­sciata) ; REINACH, Rép. II, 656,4.

BraL.: DUTSCHKE, III, 561 e Il, 268 (Corsini); E. A. 333ì AMELUNG, S culpturen cit., I, tav. 26, n. 102, g; VAN DRMAN, art. ci t., op. cit.; HEKLER, art. cìt., loc. ci t.; ADRIANI, art. cit., loc. cit.; Lu>POLD, Handbuch, loc. cit.; per la testa, M. WECNER, Arch. Anz. 1938, p. 301; In., Hadrian, Berlin 1956, pp. 81 e 123, tavv. 39-40; U . HAUSMANN, jahrb. d. l nst. LXXIV, 1959, p. 164 ss., figg. r I e 25; KRUSE, op. cit., D 13 e tav. 45·

FoT.: Alinari 2508; Sopr. Gallerie Firenze, 219886 (la statua); 219136 e 41 (la testa).

5· - " Sabina, (figg. II-13}. Alt. m. 2,67 senza plinto. Marmo italico.

La testa è antica e adattata al collo (solidale :t1 busto) mediante una giuntura sotto il mento. Sono rifatte l'ar­cata sopracciliare sinistra, il naso, le labbra e l'or~c~o sinistro. Sono dovuti a restauro anche la mano sarustra con l'attributo, l'avambraccio, il polso e la mano destra (c.iascuno io un diverso pezzo di marmo), tutta la parte sinistra della ricaduta del manto, il piede sinistro e nu­merosi cannelli della veste. Il volto e il corpo sembrano largamente rilavorati.

I l corpo è replica della già vista statua o. 2, concor­dante nei particolari, e solo di lavoro più inerte. La testa ripete il ritratto ostiense di Marciana - di mi­sure colossali - il ctti modello fu eseguito probabil­mente per i decennali di Traiano, quando Marciana, ~ià Augus~ dal 105 d: C., era in età tra i. sessanta ed 1 sessantaanque anru (WEGNER, Hadnan, p. 77i HAusMANN, p. 195). La prese.nza di numerosi e anti~ restauri può contribuire a sciogliere gli ultimi dubbt sull'autenticità del ritratto dei Lanzi. (ma cfr. già WEGNER, H adn·an, p. 78, anche per la replica di New York) i d 'altro canto, neppure la rilavora~ione unifo~me della superficie ha cancellato l'aspetto segnato e un­perioso del volto. ~l _largo spazio dietrc;> l'alta .accon­ciatura rende posstbile la presenza dt un diadema in altro materiale: nei tipi monetali, e ,;>er.ciò !lelle immagini tra le più uffia ali ed autorevoh, m vtta e postume, in cui Marciana mostra sempre questa ca­pigliatura elaboratissima, il diadema, naturalmente sempre presente, conclude con la sua altezza mag­giore la risalita deiJe chiome, che sembrano appog­giarvisi ed in qualche modo presupporlo (WECNER, art. cit., p. 284).

L'ipotesi di Wegner circa una originaria associazione dj questa statua - con ques~o ~tratto :- alla pr.ec.e­dente con il ritratto della figlia di Maroana, Mattdia, è di per sé possibile ed attraente, per l'esistenza di altre serie statuarie celebrative delle due Auguste; nel nostro caso, come supporti al ritratto si sarebbero u~~ati corpi simili (anche nelle dimensioni) ma ~otttlmen~e differenziati. Tale po~sibilità ~drà tuttavt~ ~o~­surata all' incertezza cll'ca le rucostall%e d t rmveru­mento di ciascuna delle due figure, oltre che delle altre due, di analoghe dim.ensioni e ripeten~ i m~esi~ tipi, dotate purtroppo dt teste non pertt.oentt. E 1n ptù, con il dubbio sulla effettiva appartenenza della testa di Marciana e di quella di Matidia al torso su cui sono attualmente collocate.

DISEGNI E INCISIONI: REINACH, Rép. Il, 656, 3·

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BJ.BL.: DUTSCHKE, III, 562; E. A. 333i VAN DEMAN, art. cit., loc. cit. HEKLER, art. cit., loc. cit.; ADRIANl, art. cit., loc. cit. e tav. D, 3; LIPPOLD, Handbuch, loc. cit. ; per la testa, WEGNRR, art. cit., p. 275 ss., in particolare p. 291, figg. 7 e 8; Io., Hadrian, pp. 77 e 121; H. VON HEINTZE, Gymnasium 65, 1958, p. 477; HAUSMANN, art. ci t., p. 195; KRuss, op. ci t., D 12.

FoT.: AHnari 2509 ; Sopr. Gallerie Firenze, 219887 (la statua); 219037 e 40 (la testa).

6. - "Sabina, (figg. 14-x6). Alt. m. 2,63 senza plinto. Marmo bianco a grana fine

(il torso), leggermente più grossa (la testa).

Di restauro l'avambraccio destro e la mano con l'at­tributo; la mano sinistra con l'avambraccio fino a sopra il gomito; tutte le parti del manto trattenute dalla mano e immediatamente sotto ad essa, intorno al polso e al­l'avambraccio; alcuni lembi dell'orlo della veste sul plinto moderno, che ingloba fra lastre rettangolari quello antico. Nella testa, antic."l ma separata dal busto da una frattura a metà del collo, e forse non pertinente, sono di restauro i lembi laterali del manto che vela il capo, il naso e le labbra .... Latsuperficie..._è ampiamente rilavorata.

Il torso è replica della precedente statua n. 4 (cfr. ivi per le repliche). L'aspetto particolarmente appiattito del dorso e l'orlo posteriore rettilineo della veste e del plinto antico suggeriscono una originaria collocazione della statua contro una parete o in una nicchia.

In questo caso, una testa velata completa il torso: i lemb1 verticali del manto intorno al collo sono rac­cordati al tessuto sulle spalle mediante parti di re­stauro; la testa in ogni caso era velata anche in antico, poiché il manto sulla sommità del capo è solidale al resto.

li restauro completo del naso e delle labbra non im­pedisce di identificare la dama ritratta, per cui Dutschke rimandava alla testa Uffui II5 (" Messalina ,), ricono ­sciuta poi per un ritratto di Agrippina minor (MANSUEL­Ll, Il, n. 59). Per la diversa acconciatura, è escluso che il ritratto dei Lanù ne sia una replica ; d'altro canto, ciò che è ancora leggibile dei tratti del volto e la tipica pettinatura claudia - a ciocche divise sulJa fronte e disposte a tenaglia, avvolte poi sulle tempie in serie di riccioli fitti, mentre il resto della chioma scende in boccoli dietro le orecchie - rimandano senz'aJtro al­l'iconografia più o meno ufficiale delle due Agrippine.

Identificherei nel ritratto della Loçgia una replica, velata, della testa colossale dai Mercatl di T raiano, per ora isolata, e riconosciuta come immagine postuma di Agrippina minor, eseguita in età traianea (FucHs, Die Antike XIV, 1938, tav. 33 a p. 276; E. A. A., s. v. Agrippina minor; ZANKER, Arch. Anz. cit., p. 520, fi~g. 30 e 31): è identico il rovesciarsi all' indietro delle p1ccole bande ai lati della fronte, a formare i primi riccioli a chiocciola, e il numero, l'andamento e la disposizione di questi in file parallele davanti a quella sorta di melonenfrisur in cui sono accomodati i capelJi sulla sommità del capo (forse leggermente ritoccata). Anche i quattro corti boccoli davanti alle orecchie, che costituiscono una peculiarità del ritratto dei Mer­cati, si ripetono nella testa della Loggia, benché lo­gorati e ndotti a ciocche appuntite. Per ciò che i re­stauri e la rilavorazione lasciano capire, corrispon­derebbero anche le ampie sopracciglia - incise in entrambi gli esempla.ri- gli occhi dalle palpebre spes­se, la linea ampia della mandibola, i segni ai lati del naso e delle labbra. Mancano, ovviamente, nella testa

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fiorentina, le labbra serrate c infantili di Agrippina minor, cosl come le è estraneo il lavoro di netto inta­glio del ritratto dei Mercati, per la rilavorazione o per una originaria diversa qualità.

È difficile tuttavia accettare la reciproca originaria appartenenza di testa e torso: la porzione di collo che è unita al busto, e di cui è chiaramente visibile l'ori­gine dalla spalla, è spezzata poco sopra dalla stessa frattura che taglia i lembi del velo; ma quella parte del collo che è solidale alla testa, ed è stata sovrapposta all'altra, mostra sul lato sinistro della figura, sopra la frattura, i resti del tessuto po~giato sulla spalla e rivolto verso la gola (come nell esemplare di Roma) inconciliabili con l'andamento della veste alla scolla­tura o del lembo tirato sul capo. La sovrapposi.zione di due parti estranee l'una all'altra spiegherebbe la notevole lunghezza del collo come è oggi, e l'imbaraz­zato pasticcio, sul lato sinistro, tra collo, manto, spalla e capelli. D'altro canto, l'imposizione di ta le testa ad un corpo cui originariamente non era pertinente, po­trebbe essere avvenuta anche in antico, con una certa noncuranza per il disaccordo di particolari non molto rilevanti.

DISEGNI E INClSIONI: DE CAVALLERUS, l , 83 (Sabina alia ibidem); RElNACH, Rép. 11, 655, 9·

BJ.BL.: DUTSCHKB Hl, 563; E. A. A. 333i VAN DEMAN, art. cit., loc. cit.; HEKLER, art. cit., loc. cit.; ADRIANI, art. ci t., p. 15 e p. x8 ss., tav. D, 1; per la testa, S. FucHS, Rom. Mitt . 51, 1936, p. 217 e p. 218 ss.; In., Die Antike XIV, 1938, p. 267 ss.; E. A. A. l , fig. x6o; ZANDR, Arch. Anz. 1970, p. 520, figg. 30 e 31; per Agrippina minor, cfr. C. SALETTI, Il ciclo statuario della Basilica di Velleia, Milano 1968, nota 53, p. 20; KRusE, op. cit., D 15.

PoT.: Alinari 2510; Sopr. Gallerie Firenze :ug888 (la statua); 217746 e 2r9142 (la testa).

LEON[.

La sistemazione sotto la Loggia delle cinque Sabille e della Thusnelda seguì di pochi mesi quella dei leoni, l;l<>Sti ai lati dell'entrata, e, come quelle sr.a·nz.­provementi dall'aJtra Loggia romana. La uu..pu:su.aull-: simmetrica ai lati della scala d'ingresso ripete di Vil4 Medici, dove l'effetto di rispondenza spec:ublft dei due leoni era stato a suo tempo volutamente struito. Il leone attualmente alla destra di chi (fig. 17), antico, aveva subito infatti un curioso èli adattamento per giungere all'aspetto OCllentto, solo in seguito era stato fornito di un .. v .... ~,..15,uv ricordo ... quel leone antico che ~ nella Loggia del Granduca, il quale anticamente stava nella via stina (sic) fuori di porta S. Lorenzo, e d. Leont mezzo rilievo, l'accomodò Giovanni Sci arano di Fiesole, eppoi il G. Duca per accompagnarlo fea l'altro a me di tutto rilievo, stando al suo Giardino Trinità del m.te Pincio. (VACCA, Memorie, n. Il pendant dunque fu eseguito appositamente da minio Vacca, come informa anche la firma sul supporto, utilizzando un marmo di nobile Mi ricordo, sopra il monte Tarpeio, diedro al dei Conservatori verso Carceri Tulliane, molti pilastri di marmo statuali, con alcwri tanto grandi che in uno di essi io vi fei il ~onld. fé fare il Gran Ferdinando Duca ne suo Grar tnD Trinità di Monte Pincio (ibid., n. 64).

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La presenza continua dei due leoni nella Villa ro­mana è testimon ata tanto dagli inventari del 1598 (nn. 81-2: 2 Leoni di marmo magior del naturale con una palla p. uno) e del 1670 (Due leoni di marmo mag.ri del naturale con due pialle (sic) sotto le zampe), quanto dalla già ricordata stampa del Laurus, con il n. 2 di Legenda: Vicino alla porta verso il giardino doi leoni e con maggior fine:.:za, dall'incisione del Falda. Di l~ro si fa ancora precisa menzione nel resoconto di Mengs a Leopoldo di Lorena, che lo aveva inviato a Roma per individuare nella collezione medicea i pezzi più significativi, da trasferire immediatamente a Fi­renze: ... cosl ancora vi sarebbero i quattro schiavi di porfido, e i Leoni, e diverse altre cose di questa Villa (1771. AG III, 13). li consiglio fu seguito per queste come per tutte le opere indicate dal Mengs, nono­stante il parere, questa volta più caldo, del commissario papale Visconti, (dei due leoni) ... essendo uno di per­fetto lavoro greco ... e l'altro imitato su quel modello, superiori entrambi, a suo avviso, a qualsiasi altro leone delle collezioni papali. Pochi decenni più tardi Fran­cesco Cancellien, ridotto ormai a descnvere quello che c'era stato nella Villa piuttosto che quello che c'era ri­masto, dei leoni poteva solo rimpiangere la partenza: [La Villa] ... nel passato pontificato rimase pn'va ... di due Leoni, uno antico, ed uno riformato da Flaminio Vacca (Campane, p. I?.5• nota 3). Infatti, dopo qualche re­stauro attribuibile al Carradori, già da diciotto anni i due marmi avevano ricevuto la sistemazione attuale.

DISEGNI E INCISIONI: LAURUS, Op. cit., tav. cit. n. 2; FALDA, op. cit., loc. cit.

DoCUM ENTI: Inventario delle Masseritie, in BovER, art. cit., loc. cit.; GR 779, 1670, 329 (Inv. Villa Medici); AG I II, r3 (consulenza di R. Mengs); Inventario degli flggetti d'arte trasferiti cit., nn. 26-7 (Il leone antico del portico col suo compagno) e Relazione di F. A. Visconti, 10 Doc. Jned., IV, p. 77 ss.

BmL.: VACCA, Memorie cit., nn. 64 e 75; Mercurio Errante cit., p. 406; Firen.ze antica e moderna cit., V, P· 378; Guida per osservare cit., p. 16o; F. CANCELLIERI, Campane, Le due nuove Campane di Campidoglio, Roma, 18o6, .P· 155, nota 3; Esatta descrizione cit., p. 3; DuTsCHXE, op. Clt., III, n. 565; F. BrcAzzr, Iscrizioni e Memorie della città di Firenze, Bologna z886, p. 69; AMBI.UNG, Fùh

8rtr cit., p. 12; L ANCIANI, op. cit., Ilf, pp. u3-4,

Il l 151·

7· - A destra della scala d'ingresso:

(fiAlt. )max. m. 1,26; lungh. m. 1,76; marmo cipollino l · 17.

~no dj restauro iJ globo su cui appoggia la zampa an­teriore destra, la mandibola -assicurata con un pernio -Pife della coda, qualche ciocca della criniera e i tasselli IU dorso e sulle zampe; queste, spezzate ad altezza di­~t' sondo probabilmente pertinenti, a giudicare dalle ...... ure d marmo.

.!!e t~to dj pOTscRKE, III, 565, in cui definisce i l Del se zur Halfte ~rgam:te , , va inteso correttamente ~nso che all'arumale, già ù1 rilievo, il restauratore il &an~en.ta.le rifece dallo spessore del marmo tutto Ilario . 5l01Stro (cfr. supra, p. 174). L'aspetto origi­l'•..__,~ può dunque immaginare stmile a quello del-~evoBb' ' ~ ar e~ (BR. BR. 645); una antica de-

bile anO:e funer~, certa per quest'ultimo, è possi­~ fonuper !l leone della Loggia, forse anche in

to dt un compagno simmetrico.

La derivazione da un rilievo indica con chiarezza quale sia la veduta principale: la leggera torsione della testa dalla parte della zampa levata e dell'osservatore determinava probabilmente un più forte aggetto del muso e della criniera rispetto al fianco.

Il confronto con il leone Barberini può valere, in parre, anche per la minuzia dei particolari anatomici, qui tuttavia esasperati e subordinati ad un colorismo più ricco, in un corpo dalle proporzioni ancora più mas­sicce. Testa, petto e ventre sono dilatati dalla massa della criniera e del pelame: le ciocche, separate da sol­chi e cavità profonde, sono drizzate minacciosamente sulla nuca e ricadono verso il basso sul petto, raccordate alle prime da un pelame più minuto e nettamente inciso.

BIBL.: D UTSCiiKE, ni, 565; AMELUNG, Fiihrer cit., P· 12; G. MANSUELLI, Rom. Mitt., 63, 1956, p. 66 ss., u1 part. p. 84 e nota 69; pp. 85-86.

FoT.: Sopr. Gallerie Firenze, 526o9.

11 M ENELAO E PATROCLO , .

Le circostanze di rinvenimento del gruppo oggi alla Loggia dei Lanzi sono descritte da F laminio Vacca in un passo ben noto (Memorie, n. 97): Mi ricordo, fuori di detta Portese, lontano circa mezzo miglio, nella vigna di Antonio Velli, vi fù trovato un Pasquino in opera sopra un piedestallo di tufo. Io non voglio credere che anucamente fussi in quel loco, non vedendosi altri vestigi d'antichità; ma quelli primi che ferno vigna in quel loco, perché d. Pasquino avanzava dalla cintura in sù sopra il piano della vigna, dando noia à piantare le viti, si crede che i villani con zappe e marre lo ruppero sino alla cintura, ma il gladiatore che li muore in braccio vi era tutto. Per essere tutto dal piano della vigna, li fù perdonato, e quando venne il duca Cosimo a incoro­narsi a Roma G. Duca, fece diligenza di vedere molte cose che à quel tempo vi si trovavano, quale vedendo il sudd. P asquino lo comprò per cinquecento scudi; ora si ritrova a Firenze, e l'ha accompagnato con l'altro, c' hebbe da Paolo An t. Soderino, quale fù trovato nel Mausoleo d'Augusto.

Se l'anno del rinvenimento resta incerto- un marmo cosl notevole, tuttavia, non dovette restare a lungo senza padrone - quello di acquisto viene fissato senza dubbi al 1570, in coincidenza con l'incoronazione gran­ducale di Cosimo e con il suo secondo viaggio a Roma (contra, MuNn, p. 21).

La sistemazione scelta fu ... in piè del ponte Vecchio dalla parte di mezzogiorno (Bocclft-ClNELU, p. 115), ... ad una fontana (PELu-BENCIVENNI, I , p. 78) che andrà riconosciuta in quella con un sarcofago per ba­cino, scomparsa nelle distruzioni del 1944 e ricostituita con un altro sarcofago ed un Bacco bronzeo cinque­centesco. Nessun dubbio è possibile sull'identità di questo Pasquino con quello della Loggia: l'errore di Carlo Fea - ripetuto fino alla puntualizzazione di Schweitzer - che riconosceva nel gruppo di Vigna Velli quello og~i a Pitti, faceva sparire .rrusteriosamente quello Soderint e identificava il marmo di Ponte Vec­chio con la statua ll ricordata da Dante (/nf. XIII, 146), nasceva da notizie incomplete ed errate, e fu corretto dall'autore stesso, che aveva scambiato per un " Pa­squino , l'antica statua, forse equestre, perita in una delle piene dell'Arno.

175

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Solo settanta anni dopo, nel 1640, furono compiuti i restauri al gruppo, su progetto del Tacca, e material­mente eseguiti da Lodovico Salvetti : essi riguardavano il torso e la testa di Menelao, sicuramente il braccio pendente di Patrodo, ma certo anche l'altro allacciato a quello di Menelao: ambedue mancanti fino dal rin­venimento, se il "vi e.ra tutto , di Flaminio Vacca relativo al " gladiatore 11 va inteso relativamente aJ busto e alla testa, e rispetto al più vistosamente muti­lato Menelao. L'ipotesi infatti di una originaria com­pletezza del caduto nel marmo di Vigna Velli al momento della scoperta (SCHWEITZER, p. 2 e p. 40 ss). dovrà comunque tener conto della mancanza sicura del braccio destro di Patroclo, coinvolto nella frattura di quello sinistro del compagno, cosicché in nessun caso le parole di Vacca possono essere intese letteral­mente. I completamenti riguardarono anche la base su cui poggiano i piedi e le gambe de.gli eroi: il residuo piano antico (attualmente tutt'altro che piatto, e forse anche in antico mosso e accidentato, diversamente che nelle altre repliche del gruppo) fu integrato con pezzi aggiunti tuttt intorno e scolpiti alla maniera di una superficie rocciosa; probabilmente il piano attuale (un quadrato di m. 1,28 X 1,28 smussato all'angolo po­steriore sinistro) non è che una ulteriore regolarizza­zione della base creata da Salvetti (cfr. fig. I per la divisione tra la parte antica e quelle aggiunte).

L' incertezza circa l'identità delle figure(" Pasquino" e un "ldadiatore , per Vacca, "Pasquino che so­stiene Afessandro fento" nell'opinione popolare se­condo il Cinelli, p. II5) fece n solvere Tacca, e poi Salvetti, a restauri non interpretativi per quanto con­cerne i personag~i raffigurati, così che ancora Cinelli, a restauro esegwto, poteva intendere il gruppo come " u11 soldato che sostiene Aiace", avvertendo tut­tavia della sopravvivenza di_ altre denominazioni correnti.

o ...... ..... , ... . D .. .. . .. , ........ .. J - Firtnzt, Loggia dei Lanzi: Ment!ao e Patroclo, base

Il restauro del T acca è noto da un gesso oggi a Dresda (SCHWEIT~, p. 3 e fig. 26); altra proposta, più sottilmente nervosa e raffinata (specie per la resti­tuzione del braccio destro del caduto) è la piccola cera di Casa Buonarroti (ibid., fig. 27; e p. 3 per l'impos­sibilità cronologica di una attribu~ione a Michelangelo). Tecnicamente, il restauro fu compiuto dilatando di poco la base della composizione piramidale mediante l'al­lungamento e l'allontanamento del braccio pendente di Patroclo: dò può forse dimostrare che la veduta scelta allora come principale era quella in cui la gamba destra di Menelao ed il braccio del caduto si contrap­ponevano esattameme per direzione e inclinazione. La torsione del capo di Menelao verso la sua destra era interpretata in maniera più corretta dell'attuale: più dell 'esemplare di Pitti (spesso ritoccato per la posizione della testa e oggetto di un infelicissimo restauro, cfr. MANDOWSKI, fig. 3), lo stesso Pasquino romano. noto direttamente o attraverso disegni, avrebbe potuto sug­gerire il restauro seicentesco del ca~, ruotato sulla sua destra in enfatica opposizione aJJ abbandono della testa del caduto. Tuttavia, tale effetto, che non pare davvero dovuto a casuale coincidenz;a (SCHWEITZER, p. 3), corrisponde all'inquietudine tardo-manierista del­l'autore dei Quattro Mori (così come da tempo si è riconosciuto nel braccio esasperatamente dislocato di Patroclo il motivo ritornante di tante Pietà barocche) anche se l'intuizione è immiserita dalla modestia della testa e dal collo troppo debole. D 'altro canto, la con­son30%3 tra l'ultimo manierismo toscano o il barocco e la drammaticità del gruppo antico è provata dall'at­tenz;ione che sembra essere stata riservata al marmo di Ponte Vecchio ed a quello romano, disegnati o ri· prodotti più volte, nell'insieme o nelle loro più '""'~"'·-­facenti anatomie (SCHWEJTZER, p. 3 e fig. 50; DOR.F, p. 37 e nota 41).

La più tarda incisione in MAFFBT (1704, n. 42) la statua su di un alto piedistallo, o base quadrata, mile all'attuale, e completa di alcuni particolari, l'elsa della spada, che si dovrà dunque credere grata nei restauri del Tacca (benché manchi nel di Dresda), poiché la parte del fodero, rimasta ade:tallll alla porzione antica del torso di Menelao, un invito ad una facile e libera integrazione. al contrario il balteo, del tutto scomparso con la superiore del tronco del guerriero; il Pasquino ed il gruppo di Pitti ne avrebbero potuto UJ. 1w~o_., forma e l'andamento, se esaminati ai fini del del terzo esemplare: il che, evidentemente, non fu

Il gruppo è ra~':{ato anche in incisioni di Gaetano Vasc · i (1777: i restauri al DaliiiD~ sono in particolare evidenza), di anonimo (A of Plates, III, tav. II, 2), oltre che in uno .,..,,,n., Giovanni Marchi, a Firenze al seguito di Reynolds (1752: MANDOWSKl, p. II5 ss., fig. negli anni intorno al 1830 il gruppo fu sotto,)()llro Stefano Ricci a nuovi restaur i, e Loggia nel 1838 (Nuova Guida, p. 34). Nei spettando in generale la ricostruz;ione prc:ce4:1el:lte. rono però sostituite le vecchie in di mole (ad esempio, il torso e la testa Menelao) all'altro ~ruppo fiorentino, a sua volta res:ta111J'ai:O scorta dt questo della Loggia (ScHWEJT%ER, parti mancanti in entrambi furono ricostruite nei due esemplari : cosi le braccia · · eroi e particolari minori, come la spada. RiJDIIII;j i due gruppi una sostanziale differenza per la

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Fr Lozria da Lan..-, : ~ - 5.1buu (n. 1), dopo LI resauro; 3 - S~uu (n. 1), Ics~ d1 ptO!Spfllo dopo 1J rauwo

4 - ~b111.1 (n. - a), lesa di profilo dopo 11 res1.1uro; 5 - Sabm.a (n. 2), dopo Il ra~uro

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Firm::t, lAiftD dn Lan:1: 6 - Tbusnd~, prim.l dcJ restauro; 7 - Testa di Thusad~, dopo •l rar:auro

F•rm:t, LDuaa dn Lan::r: 8- ~bnu (n. 4), ntnno di ~udi:& d• ptOSJ!tltO dopo il resuuro; 9- ~buu (n. 4), poma dd rdflllll'

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IO Il

Fircn:t, Lo~ dta Lan.:1

10 - Sabuu (n. 4), dunntc Il rauuro

11 - Sabtn.~ (n. 5), dopo il ruuuro

12 - Sabuu (n. 5), ritntto di Mlrci.uu, dopoilrauuro

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l'

13 - Fir~~~Zt, LD,W dd lAn:t - Sabuu (n. 5), ntnteo d1 M.tn:wl.1 dopo il ruuwo

"

Ftrmu, LIJifla dd Lmtzi : 14, 15 - SabUl.l (n. 6); t6 - ~bm;a (n. 6), testa di profilo dopo iJ ruuuro

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17 - F1rert:t, LIJflla da UrllZI - IAone ;a d~ ddb teLa di accesso

t8 - Fan.n;t, l.olfl4 da l.ott."l - Mene.bo e Puroclo, dopo il ruuuro

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della testa di Menelao, volta aU'i.ndietro, ma ancora troppo debolmente, nell'esemplare di Pitti, flessa in basso e in avanti in quello della Loggia: quasi due pro­poste di restauro, che contrastano tuttavia entrambe con il documento principale, il Pasquino di Palazzo Braschi.

DISEGNI E INCISIONI: P. A. MAFFEI, Raccolta di Statue Antiche e Moderne date in luce da I. De Rossi, Roma 1704, tav. 42i G. MARCBl, in E. MANDosWKI, Art Bull., XXVIII, 1946, p. 115 ss.; G. VASCELLINJ, Sta­tue e gruppi in bronzo e marmo che sono in Firenze alla vista del pubblico, Firenze 1777, rav. 19; A Collection oj Plates illustrating Statues of Florence, s. l. 178o, tav. Il, 2; O. DONNER, Ann. lnst. 42, 1870, tavv. EF 3, CD 3·

BraL.: VACCA: Memorie cit., n. 97 ; M. F. BoccHr ­M. C. CrNELLI, Le Bellezze della·città di Firenze, Firenze 1677, p. u5; F. BALDINUCCl, Notizie dei Professori di Disegno, Firenze 1728, XII, p. 68 ss.; G. PELLI - F. BENClVENNl, Saggio !storico sulla Reale Galleria, Firenze 1779, I, p. 77 ss.; F. FANTOZZI, Nuova Guida della città e dei contorni di Firenze, Firenze 1842, p. 34i L. URLJCHS­E. voN DER LAtmin, Bonn. Winck. Progr. IV, 1867, p. 31 i DONNER, art. cit., p. 75 ss.; Mi.lNTZ, op. cit., P· .. 21 i LANClANl, UI, p. no; B. SCHWEITZER, Abhand. Sachs. Akad. XLIIl, 1938, p. x ss.; MANnowsta, art. cit., loc. cit.j LADBNDORF, op. Cit., tavv. 101-105, p. 37 e Lit. 888-g e 953·

8. - Al centro della Loggia : Alt. m. 2,53 compresa la base rocciosa; alt. ma.x della

parte antica conservata, senza la base, m. 1,38. Marmo bianco a grana media (la parte antica); italico, probabil­mente bianco di Carrara (i restauri) (fig. 18).

L'indicazione di restauri è rimasta incerta e per qualche parte errata anche in lavori recentissimi (B. ANDRBAB, Antike Plastik, XIV, 1974, p. 88), e può essere cosi precis:na dopo la nuova ripulitura e daJtìosserva:zione diretta: in Menelao sono rifatti la testa e il torso, da poco sotto i pettoraJi, all'incirca all'altez:za della base dell'elsa; tutto il braccio destro (ricavato in un pez:zo a parte) compreso il polso; l'elsa e la parte terminale della spa~a; iJ primo ed il quarto dito del piede destro (gli altra sono corrosi, ma antichi); tutto il braccio sinist.ro con la mano; qualche canneflo della veste. La gamba destra, fessurata (più che fratturata) secondo la stessa :enat'!ra del m~!llo visibile sopra le ginocchia di Patroclo, L-antica; la stniStra, data per nuova (DONNER) o per Uilltturata (DUTSCHKE) è intatta e solidale al resto. In ~~o sono rifatti il naso, il labbro superiore e parte ucue Juance ai lati di quello, l'orecchio destro, alcuni tassellt sul collo e sulla spalla sinistra, il braccio destro, nc:cordato al torso mediante una zeppa, ed il sinistro dalb( spalla; tutto il piede destro compresa la caviglia t ~on l~ .sola parte anteriore: ANDREAB, op. cit., loc. ~,lall sarustro con la gamba fino a1 polpaccio escluso.

b;lSe, cfr. supra e fig. 18.

,.:e repliche. del gruppo, recentemente raccolte da Spcr~' op. at., p. 87 ss., 3· 2. 1-12 (per la copia di IOddonga.cfr. B: CONTICELLO, ibid., p. 36 ss., 3.1.1-2) lil ~gJu.nto .il frammento con i piedi di Patroelo, il pro( aB tnedit? (d~vo la segnalaz;tone e l'immagine Sc:aiWIJ · · Paoberu). La testa Petworth House, ~ ~. fig: ~~, ~elusa dall'elenco delle copie ~ f~de.de1 .r111ev1 sull'elmo, è per il resto una

... ~ntaztone dei particolari non sopravvissuti ~o .a!fida~ ad una. quantità di rilievi, gemme, Jp. ,_13) lllhtn var:o ma.tenale e formato (ScaWEITZER,

' c e tesUmoruano l'eccezionale fortuna del

gruppo in antico, lasciando aperti tuttavia un certo numero di problemi. L'identità dei personaggi - da tempo riconosciuti serua obiezioni per Mendao e Patroelo - di recente, sulla base della replica di Sper­longa, è stata rimessa in dubbio da B. CONTICELLO (op. cit., p. 36 e nota 52i Boli. d'Arte, 58, 1973, p. 171 ss.), che ne sostiene l'identifica.Uone, almeno nel caso della grotta d i Tiberio, in Odisseo e Achille morto. E ciò non tanto per Iii posizione distorta delle caviglie del caduto - che sarebbe stata una raffinatezza inav­vertibile ai più, e che forse si ricollega aUe dimensioni originarie del blocco di marmo - quanto per questioni di unità interna nelle rappresentazioni del " Cielo , di Sperlonga, di cui si suppone che il gruppo faccia parte, e che sarebbe stato collocato nell'antro al momento della nuova sistemazione monumentale di questo (per una convincente attribuzione di questi lavori all'età di Tiberio, cfr. F. COARELLt, in Dia[. d'Arch., VI!,I, 1973, p. 109 ss.). È tuttora discussa l'esistenza di uno solo o più punti di vista principali (ScRWEITZER, p. 47): la struttura a cuneo, limitato alla base dai piedi del guerrie. ro armato e dalla mano abbandonata del morto, fa della visione di tre quarti da sinistra la più impetuosa e nello stesso tempo La più poveraj mentre quella fron­tale, se esalta il drammatico nodo dei corpi e la con­trapposizione delle teste, violentemente allontanate l'una daU'altra, lascia singolarmente in ombra la rispondenza ritmica delle braccia allacciate e abbandonate. La crono­logia dell'originale, già fissata (SCHWF.lTZER) nella se­conda metà del III secolo a. C., è stata poi tentativa­mente abbassata al II o al I secolo a. C. (cfr. ANDREAE, op. cit., p. 93 e note 76-77).

La replica dei Lanzi presenta una leggera variante neJia posizione delle gambe di Patroelo, allontanate tra di loro più che nelle altre repliche (anche se molto meno di quanto appaia nelle immagini angolatissime di Antike Plastik cit., tav. 68 a). La particolarità nasce dalla maggiore divaricazione delle cosce del caduto, piuttosto che daUe altre cause supposte (ANDREAE, p. 91): l'avanzamento della coscia destra non è più accentuato che nella stessa replica di Sperlonga (ibid., fig. 33); l'effetto di sollevamento da terra del ginocchio destro è almeno in parte dipendente dal fatto che il piano di posa moderno fu proprio in quel punto ribas­sato, e forma quasi uno scalino (ibid., tav. 66 a). E in generale, nel confronto di questa con le altre repliche, si dovrà tener presente che le figure furono collocate dal T acca sul plinto da lui ricostruito, e lasciato pres­soché intatto dal Ricci, con una certa inclinazione al­l'indietro e a sinistra di chi guarda rispetto al piano orizzontale. Cosicché, ad esempio, le presunte di­versità di equilibrio ed impianto tra questa replica e quella di Pitti (ibid., p. 91) dipendono in buona parte dalla differente maniera in cui i due gruppi frammentari furono restaurati e impostati sulla loro base, nel primo caso rifatta solo parzialmente, nel secondo del tutto nuova. I piedi, a differenza di quanto supposto finora, risultano entrambi di restauro, caviglie comprese, co­sicché non è possibile sapere se essi fossero disposti come nelle due repliche vaticane e nei frammenti di Budapest (ANDREAE, figg. 6o, 62-65) e Gorga, o come nella replica variata di Sperlonga, o ancora in qualche altro modo. All'inverso, la replica dei Lan.zi è tuttora l'unica che conservi per intero la parte inferiore della figura di Menelao, ed è perciò di importanza documen­taria eccezionale, nonostante la mut.il.azione del busto e della testa.

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Il lavoro, attribuito da Schweitzer all'età flavia, è di qualità discontinua, e decisamente meno curato in queJie parti, come l'interno del.la gamba sinistra di Menelao, il tronco, la parte posteriore della veste, che restano in secondo piano o comunque poco visibili nella sistemazione odierna, a veduta frontale, che anche per tale motivo potrebbe corrispondere a quel.la pre­scelta dal copista. La documentata provenienza, infine, indica negli lrorti Caesaris una possibile sede del gruppo io antico.

BmL.: Della notevole bibliografia relativa al gruppo e alle sue repticl1e1 si riporta qui solo queJJa in cui più particolarmente e trattato li marmo dei Lanzi: J. D. FJORILLO, Kuntsblatt, 5, 1824, p. 185 ss.; W. HELBIC, Bull. Jnst. 1864, p. 66; Io., Arch. Zeit., 1864, p. 197; DONNRR, art. cit., p. 78 ss.; F. W. 1398; OUTscmcE, III, s64; o. WASER, Neae ]arhb. klass. Altert., VII, IC)OI , p. 598 ss.; BR. BR. 436; AM:Et.trnc, Fahrer cit., n. s, p. 8; G. LucLt, Boli. d'Arte, 9, 1929-30, p. 207 ss., tnJart. p. 231 ss.; .ScHW~ITZER, art. cit., p. r ss., in part. 2 , n. 3ì Io., Dte Antike, XIV, 1938, pp. 43 ss.; B. ANDRBAB, Antike Plastik, XIV, 1974, pp. 88 e go ss.

FoT.: Brogi 3083; Alinari 2482, 2482 a, 2482 b; So p r. Gallerie Firenze 219889 (il gruppo dopo i restauri); 15687 (torso dj Patroclo); 15686 (torso di Menelao); 219127 e 219129 (elmo di Menelao).

GABRIELLA CAPECCHl

NOTA SUL RESTAURO DELLE SCULTURE DELLA LOGG lA DEI LANZI

N ELL' AUTUNNO del 1972 un gruppo di studenti in vena di esibizionisnu goliardiCI, causò seri danni

ad alcune delle sculture collocate nella Loggia dell'Or­cagna, in ?.articolare aJ " Ratto di Polisseoa , di Pio Fedi, al 'Ratto delle Sabine, e all'" Ercole e il Centauro, del Giambologna. L'episodio che, peraltro, non era che l'ultimo anche se il più clamoroso di una lunga serie di minori e anonimi danneggiamenti pro­vocati dal.la scarsa sorveglianza e dalla eccessiva usura pubblica cui è tradizionalmente sottoposto l'ambiente in occasioni di celebrazioni civili o di manifestazioni politiche, provocò una vivace reazione nella stampa e fu alla base del successivo intervento di revisione e restauro globale di tutto l'arredo scultoreo della Loggia, deciso dalla Soprintendenza. L'intervento è,stato rea­lizzato fra il 1973 e il 1974 da un gruppo di operatori specializzati (Giovanna Agosti, Andreina Andreoni, Francesca Kumar, Rosanna Moradei, Carla Potestà, Ernesto Tucciarelli, Angelo Venticonti) guidati da Guglielmo Galli, sotto la direzione del dr. Umberto Baldini e di chi scrive per la Soprintendenza per i beni artistici e s torici e del dr. ~ino Fossi per la Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici.

La prima analisi sistematica delle sculture, accom­pagnata e documentata da una minuziosa e dettaglia­tissima campagna fotografica, dimostrò l'impressionan­te condizione di degrado dei capolavori scultorei da secoli collocati sotto la Loggia coperta di piazza della Signoria. Al di sotto del.la spessa patina nera provocata dall'accumulo e dalla condensazione del pulviscolo atmosferico, dalle sostanze oleose in polluzione e dal guano dei piccioni, fu facile constatare la presenza di diffusi e avanzati processi di solfatazione che avevano,

in più punti, intaccato profondamente la consistenza dei marmi (specie nelle parti plastiche in aggetto) ri­ducendoli ad un livello di friabilità in molti casi pres­soché saccaroide. Tale fenomeno risultava soprattutto avanzato ed evidente nelle sculture muliebri di età classica co!Jocate nel.la parete di fondo. L'intervento su queste ultime appariva inoltre particolarmente deli­cato per la presenza di una enorme quantità di re­stauri integrativi settecenteschi ed ottocenteschi; re­stauri di varia qualità ed accuratezza, tutti però rea­lizzati mediante tassellature e integrazioni in un marmo micro-cristallino di Carrara, considerevolmente di­verso, per colore e consistenza, dal marmo greco dei pezzi archeologici.

La pulitura venne realizzata secondo una metodo­logia di intervento ormai largamente sperimentata che si svolge attraverso le seguenti fasi operative:

r) rimozione delle sostanze oleose solubili con l'impiego di solventi aromatici in polvere inerte saturata;

2) applicazione di impacchi di " sepiolite , e car­bonato d'ammonio in soluzione acquosa;

3) asportazione meccanica dei residui più consi­stenti con limitate applicazioni locali di carbonato di ammonio e di EDTA. Un sale, questo ultimo, solubile in acqua, che ha la proprietà di aggredire i depositi di sotfatazione, sciogliendoli.

Conclusa la pulitura delle superfici e risarciti i danni più vistosi che le sculture di Pio Fedi e del Giambo­legna avevano subito (rincol.laggio con resine epossidi­che delle parti staccate, ricostruzione con l'ausilio di fotografie e di calchi e l'utilizzo di resine sintetiche, polvere di marmo, quarzo e pigmenti colorati, dei mi­nimi volumi mancanti) si affrontò con particolare im­pegno il problema costituito dal.le sculture muliebri di età classica.

In perfetto accordo con il Soprintendente Guglielmo Maetzke, fu deciso di evitare un restauro di tipo " ar­cheologico , . t-tEra tale infatti la percentuale delle parti di integrazio­ne o di restauro neiJe sculture muliebri che · gli oggetti ad una ipotetica situazione di " figurativa avrebbe significato ridurli a conoscibili. IJ che è sembrato ovviamente u· •o...vu•~o,duuuo con la funzione ormai storicizzata di arredo di decoro pubblico che le sculture svolgono. vento sulle sculture di età classica è consistito ziaJmente, quindi, in una revisione accurata antichi restauri che sono stati consolidati dove era sibile (impiego di resine polimeriche) rimossi e struiti ex-novo con resine sintetiche e polvere di mo là dove i volumi marmorei apparivano COIDPIICII mente clisgregati e non più recuperabili.

Da ricordare, infine, l'uso diffuso di resine che per interventi di sutura e di

PINARIVS CERIALIS, GEMMARIVS POMPEIANVS

N ELL'ESTATE del 1918, 1> a Pompei, mentte fettuava lo scavo della Regione> III,

in uno degli ambienti che costituiscono la del vicolo occidentale, e più precisamente

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