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U.S.T. Siena -16 gennaio 2012 Il docente di sostegno nel sistema scolastico: ruoli, compiti e responsabilità. Relazione e disegni di Stefania Vannucchi insegnante referente Centro Supporti Territoriale Provincia di Prato I.C. Gandhi, via Mannocci n.23

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Il docente di sostegno nel sistema scolastico:ruoli, compiti e responsabilità.

Relazione e disegni di Stefania Vannucchiinsegnante referente Centro Supporti Territoriale Provincia di Prato

I.C. Gandhi, via Mannocci n.23

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• Chi è l’insegnante di sostegno?Canevaro definisce questa figura come "Un insegnante competente che permetta al contesto scolastico di

essere competente, e non limiti e chiuda, quindi, la competenza alla sua presenza, ma la colleghi all'investimento strutturale dell'ambiente scolastico" .

L'insegnante di sostegno deve attivare supporti e competenze, condividendo le responsabilità sull'intera classe.

Se tutti gli insegnanti si dedicassero al sostegno, si aprirebbero strade e orizzonti nuovi e si acuirebbero gli ingegni.

Si apprezzerebbero di più le piccole magie della vita, annebbiate da tante zavorre inutili, che non fanno altro che appesantire.

"L'essenziale è invisibile agli occhi” diceva il piccolo Principe.

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AREE di lavoro dell’insegnante di sostegno

• Valutazione funzionale dei prerequisiti.

• Individuazione di abilità acquisite.

• Individuazione di abilità emergenti.

• Programmazione degli interventi scolastici.

• Geografia scolastica.

• Strutturazione del contesto.

• Strategie.

• Compilazione P.I.S. e P.D.F.

• Rapporti A.S.L.

• Rapporti con la famiglia.

• Rapporti con colleghi di classe e di sostegno.

• Programmazione di team.

• Gruppi di ascolto e aiuto.

• Individuazione e rimedi per DSA.

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E' LA SCUOLA, L'ISTITUTO COMPRENSIVO NEL SUO INSIEME, CHE SI ADATTA AI BISOGNI SEMPRE PIU' SPECIALI DI OGNI SINGOLO

ALUNNO E NON VICEVERSA.

La scuola dovrebbe ATTIVARE una didattica potenziata e proporre un contesto unificanteper le diverse esperienze che i bambini in situazione di handicap vivono nella scuola.

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Importante sapere che:

circa il 2% della popolazione italiana tra zero e diciotto anni è disabile e almeno un quarto di essi presenta

disturbi di comunicazione transitori o permanenti. Lo 0,5 e lo 0,9 % della popolazione infantile ha bisogno di un

intervento a sostegno della comunicazione all’interno di diverse diagnosi: Paralisi Cerebrale Infantile, Autismo,

S. Angelman, S. Down e altre sindromi genetiche, ritardo mentale, disfasia grave, amiotrofia muscolare spinale,

distrofia muscolare, malattie progressive, ecc..

A questi dati dobbiamo aggiungere la crescente percentuale di bambini stranieri che affluiscono nel nostro

territorio e si integrano nel percorso didattico con scarsa conoscenza della lingua italiana.

Nell’età evolutiva, l’assenza di adeguate modalità per interagire e comunicare con gli altri determina molte

ricadute negative su tutti i piani dello sviluppo relazionale, linguistico, cognitivo e sociale.

In assenza di uno strumento di comunicazione, è evidente che le relazioni col mondo si deteriorano, il linguaggio

interno involve, il funzionamento cognitivo, a volte già compromesso di base, peggiora, e lo stesso avviene per le

interazioni sociali.

La gravità delle conseguenze della disabilità comunicativa rende immediatamente evidente l’importanza della

massima precocità e generalizzazione dell’intervento.

Molto spesso le indicazioni a trattamenti precoci sono disattesi, i bambini sono indirizzati molto tardivamente ad

interventi a sostegno della comunicazione e poche sono le strutture in grado di supportare tali progetti.

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Iniziamo a pensare che:

• Disabilità, handicap, diversamenteabili, tanti modi per ricordare che tutti siamo diversi .

• Tutti noi possediamo un handicap, una disabilità.• Tutti gli ALUNNI, senza distinzione di sesso, ceto

sociale o diversità, devono essere messi nella condizione di apprendere le stesse cose rispettando i tempi di ognuno, in maniera graduale e con tempi congrui.

• È importante definire, per l’alunno e la sua famiglia, i livelli minimi strutturali di processo di Qualità di Integrazione.

• Questi livelli di Qualità si devono trasformare in buone prassi.

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Cosa si intende per Buone Prassi:

• Tutte quelle azioni che migliorano la qualità di vita degli alunni, lo STAR BENE a SCUOLA.• Azioni che si concordano in team, in gruppo, in un lavoro strutturato che inizia da un’osservazione dell’alunno, della sua patologia, delle sue potenzialità, dei suoi bisogni, dei suoi

modi di comunicare.• Non esiste un catalogo dove scegliere una buona prassi. Tutti noi possiamo inventarne

qualcuna, utile per un determinato contesto e persona. • Lasciamo libere creatività e fantasia, usciamo dagli schemi classici.• Cambiamo il contesto in modo da renderlo il più fruibile possibile.

Le buone prassi, una volta sperimentate, devono poi diventare istituzionali, sicure, stabili edurature per tutta la permanenza del bambino dalla scuola dall’infanzia, alle superiori.

Il bambino che entra per la prima volta a scuola deve essere ACCOLTO nel migliore dei modi,per sviluppare le sue capacità e potenzialità.

Progettare senza lasciare niente al caso o all’emergenza.

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PEDAGOGIA DELL'ADERENZA don Lorenzo Milani

PEDAGOGIA• Disciplina che studia i metodi e i problemi relativi all'educazione dei giovani e alla

formazione della loro personalità.• Didattica - Educazione - Formazione - Istruzione.

ADERENZA • Essere aderente - costruzione in aderenza - amicizia - appoggio - adesione -

concordanza - conformità - fedeltà - presa - aggancio - conoscenza ...• Stare attaccato, appoggiato, vicino.

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"Divertirsi tutta la vita, scantonare, fare cose diverse"

“I ragazzi sono tutti diversi, sono diversi i momenti storici e ogni momento dello stesso ragazzo. Sono diversi i paesi, gli ambienti, le famiglie"

da Lettera a una professoressa

Alla scuola del priore si includeva, si insegnava

partendo dall’alunno, dai suoi bisogni,

dalle sue capacità e programmando un

intervento didattico che mirava all’autonomia

della persona oltre alla conoscenza dei saperi.

“Non c’è peggior ingiustizia che far parti uguali tra disuguali”

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INCLUSIVITA’ come un diverso modo di fare scuola, non partendo solo dal soggetto in

svantaggio, ma valorizzando tutti gli alunni, attraverso un percorso di metacognizione, in cui essi stessi sono iprotagonisti del loro apprendimento. Concetti base:1. Promuovere la cultura per un'accettazione serena e costruttiva della diversità. Non riferita

solamente ai soggetti disabili ma alle diversità insite in ognuno di noi. Includere non significa appiattimento ed omologazione, ma arricchimento e crescita del singolo.

2. Smettere di vivere la disabilità nella logica dell’emergenza, perché è uno dei motivi per mantenere le persone in una condizione di subordinazione e di dipendenza.

3. Produrre un progetto di vita credibile e allargato a tutti per garantire agli alunni, futuri cittadini, le pari opportunità sancite dalla Costituzione.

4. Raggiungere un’ottima qualità di inclusione scolastica degli alunni. (Cartina tornasole della qualità stessa dell’intero sistema formativo della scuola dove si lavora!).

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PROGETTARE l’inclusività nella classe:

Riunione operativa degli insegnanti della classe con l’insegnante funzione strumentale handicap e con i collaboratoriscolastici per:1. avere notizie sulla disabilità dell’alunno attraverso la diagnosi esistente;2. capire come comunica: se esiste il linguaggio verbale; se usa metodi di CAA o programmi specifici come il TEACCH;

se usa protesi o ausili speciali.3. capire se ha problemi fisici e di postura, se è deambulante oppure no.4. valutare l’ubicazione della classe , dei servizi per facilitare al meglio gli spostamenti e lavorare sull’autonomia;

Riunione con i genitori, insieme al gruppo degli insegnanti, ai collaboratori per:1. Conoscere le caratteristiche e le abitudini del proprio figlio/a;2. Capire quali sono le loro esigenze educative prioritarie su cui iniziare il lavoro di autonomia;

Riunione mensile durante le ore di programmazione, con le insegnanti coinvolte per verificare e modificare il percorso scelto.

Incontri periodici con tutti i genitori, dove si attivano gruppi di auto-aiuto, finalizzati al confronto e allo scambio delle esperienze e delle difficoltà incontrate durante il percorso educativo.

Percorsi di formazione specifici per tutto il personale che lavora a scuola e l'aggiornamento continuo.

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I CARE Don Milani - Scuola di Barbiana: Mi prendo cura, mi preoccupo.

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Se mi prendo cura, devo…

•Mettere gli alunni a proprio agio•Offrire loro giusti strumenti di comunicazione •Nutrire una sconfinata fiducia nelle loro potenzialità•Stare al loro fianco per incoraggiarli•Fare da cassa di risonanza alla loro creatività e credere nei loro desideri•Desiderare il loro bene•Stare bene con loro

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Principi fondamentali per includere:• Avere cura• Attenzione • Discrezione • Rispetto

Ogni persona è unica e irripetibile

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INGREDIENTI base per l'INCLUSIVITA' della scuola

1. L’intervento educativo didattico che adotta modalità cognitivo-comportamentali e indicazioni dell’insegnamento strutturato: il programma T.E.A.C.C.H. (Treatment and Education of Autistic and Communication Handicap Children; trattamento ed educazione del bambino autistico e con handicap della comunicazione)) e la C.A.A. (Comunicazione Aumentativa Alternativa). Due metodi che si basano sull’individuazione, sul rispetto e sull’uso efficace delle diverse modalità di funzionamento cognitivo che i bambini con problemi di comunicazione e in situazione di bisogni speciali presentano.

2. Attrezzature di lavoro e strategie operative non tradizionali che fanno riferimento a schemi visivi, agende con la scansione degli impegni scolastici e a tutte quelle modalità che permettano agli alunni di riconoscere e prevedere spazi, attività e tempi.

3. I genitori a cui è riconosciuta la funzione orientativa sul percorso complessivo essendo loro i veri esperti del bambino secondo la lezione di E. Schopler (1998) e sono direttamente coinvolti durante tutte le fasi della progettazione operativa. L’esperienza ci ha insegnato che, invece di essere interlocutori inutili e talvolta fastidiosi, i genitori, oltre a fornire tutte le informazioni necessarie a determinare le priorità delle esigenze educative del bambino, divengono dei preziosi aiuti e co-programmatori dell’intervento scolastico complessivo. Prima dell’ingresso a scuola di ogni alunno con bisogni speciali, sono convocati i suoi genitori a cui viene sottoposta una lunga intervista per conoscere al meglio le caratteristiche del proprio figlio/a.

4. Gli incontri periodici con tutti i genitori, dove si attivano gruppi di auto-aiuto, finalizzati al confronto e allo scambio delle esperienze e delle difficoltà incontrate durante il percorso educativo.

5. I percorsi di formazione specifici per gli insegnanti, per i collaboratori e l'aggiornamento continuo.

6. La creatività e la fantasia

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Conoscere l’alunno come punto di partenza per qualsiasi attività:• Comunicazione.• Comprensione delle situazioni.• Affettività.

Comunicare: la parola non è tutto. Il neonato impara prima a comunicare e poi a parlare. Alcuni bambini non lo faranno mai. Importante è sapere come quell’alunno dimostra i suoi bisogni. Comprendere le situazioni: ogni contesto ed ogni situazione sono diversi. MAI omologare, ma diversificare, nel

rispetto delle DIVERSITA’ insite in ognuno di noi.

Rapporto interpersonale: fiducia, confidenza, complicità, affetto: quattro parole che non devono maiessere date per scontate.Non farsi prendere dal “pietismo” e pensare: “poverino, non può,…” ognuno ha qualcosa dentro. Sta a noi capire cosa e aiutare la crescita.

Solo così il disagio quotidiano potrà essere attenuato.

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Organizzazione quotidiana, da concordare con il gruppo di lavoro:• Strutturazione degli ambienti.• Strutturazione degli spazi di lavoro.• Strutturazione dei tempi per le diverse attività.

Curiamo e personalizziamo il contesto per lavorarein maniera più efficace e meno dispendiosa di energie.

Far diventare ogni attività programmata come fosseunica, piacevole, quasi magica per Noi stessi e per gli Alunni.

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Consigli utili da proporre nelle classi perIncludere Tutti…Nessuno escluso!

Utilizzo delle mappe concettuali

Danno l’opportunità di rendere concrete le esperienze vissute ponendo l’alunno al centro del suo percorso e permettono agli

insegnanti di avere una maggiore organicità nell’iter didattico.

Adozione del materiale alternativo

Permette agli operatori di creare percorsi a misura di bambino stimolando il lavoro a gruppi, la ricerca, il pensiero creativo e

offre l’opportunità di utilizzare e saper consultare vari materiali.

Lavorare con il motivo occasionale

Il motivo occasionale rappresenta una valida opportunità per creare un ambiente ricco e motivante per l’apprendimento. Può

essere spunto di riflessioni collettive o un motore di ricerca per approfondire l’argomento che ne scaturisce.

I bambini sono protagonisti di questo percorso utilizzando l’esperienza vissuta.

L’insegnante assume il ruolo di regista e coordinatore per organizzare le conoscenze e strutturarle in un percorso di

apprendimento.

Il motivo occasionale diventa ancora più valido se supportato da attività di Apprendimento Cooperativo.

Si ribalta il concetto tradizionale di fare scuola:

L’ alunno costruisce il suo sapere, la sua consapevolezza, si impara di più con il fare, si apprende meglio insieme;

l’insegnante costruisce insieme all’alunno, migliorando la relazione tra adulti e bambini ed il clima della classe.

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Perché l’Apprendimento Cooperativo: Lavorare in gruppo è meglio Arricchisce la persona Aiuta ad acquisire comportamenti sociali positivi Migliora la relazione Dilata i tempi di apprendimento Sviluppa la partecipazione e la collaborazione Sviluppa l’autonomia e il senso critico Fa acquisire maggiore consapevolezza Si impara attraverso l’azione, si ha un ruolo attivo Incoraggia la persistenza: stimola a sforzarsi per migliorare le proprie

competenze Aiuta a far maturare il senso di responsabilità e ad assumersi degli

impegni

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“ Chi ascolta dimentica, chi vede ricorda, chi fa impara”Don Milani

Cambiare la scuola si può veramente se riusciamo a vedere il nostro lavoro di docenti in un’ottica diversa da quella che solitamente usiamo.

Organizziamoci per attivare: APPRENDIMENTO COOPERATIVO UTILIZZO DI MAPPE CONCETTUALI MOTIVO OCCASIONALE NON ADOZIONE DEI LIBRI DI TESTO UTILIZZO MATERIALE LIBRARIO ALTERNATIVO LA NON DIVISIONE DEGLI AMBITI CIRCLE TIME CENTRALITA’ DELL’ALUNNO INSEGNANTE REGISTA e portatore di strumenti INTERAZIONE NEL TEAM DIVERSE LE MODALITA’ DI VALUTATAZIONE

La Geografia Scolastica:le classi organizzate con i banchi a gruppi permettono agli alunni di:

interagire nel piccolo gruppo aiutare chi è più timido stimolarsi a vicenda condividere il materiale creare un’interdipendenza positiva, anche a

seguito di correzioni di interdipendenze negative confrontarsi nel lavoro aiutarsi in situazioni di difficoltà operative sentirsi insieme ed includere tutti

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RICADUTE SUGLI ALUNNI• Si rispetta il tempo di APPRENDIMENTO di ogni alunno • Si rilevano più facilmente eventuali difficoltà presenti nell’alunno • Si contribuisce ad una crescita più organica della personalità• Si Aumenta l’autostima • Si guida la crescita degli alunni in una clima sociale positivo • Si trasmette l’importanza della collaborazione • Si sviluppa un ampio senso della convivenza civile

RICADUTE SUGLI INSEGNANTI• Meno ansie da prestazione• Si vive il proprio ruolo più serenamente • Ci si apre ad un continuo confronto• Si utilizzano di più le risorse offerte dai bambini• Si vive la scuola come luogo di vita, non solo di lavoro • Si valutano tutti gli alunni in un ottica più reale • Si aumenta il benessere della classe

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Consiglio per progettare meglio i nostri interventi:

iniziare un lavoro di conoscenza e divulgazione del:

ICF CLASSIFICAZIONE INTERNAZIONALE DEL FUNZIONAMENTO,

DELLA DISABIITA’ E DELLA SALUTE.

Organizzazione Mondiale della Sanità O.M.S.

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• L’Inclusione è un percorso in verticale……..

Non solo per l’alunno disabile ma anche per tutto l’istituto. Cercando una migliore inclusione, cresce anche l’esperienza

della scuola.

IDEE VINCENTI:

• CONTINUITA’ del gruppo Docente • Docenti di sostegno per PROFESSIONE

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Ricapitolando…

• NO all’improvvisazione quotidiana. • NO ad una divisione netta di compiti.• NO a percorsi statici a compartimenti stagni.• NO ad una geografia di spazi scolastici rigidi

e uguale per tutti. • NO ad una divisione netta di responsabilità.• NO alla sindrome di “Candy-Candy”.• NO…

• SI a una crescita integrata.• SI all’apprendimento in gruppo.• SI al lavoro condiviso con tutti i docenti. • Si al coinvolgimento emotivo.• SI alla collaborazione con i genitori, strutturata

e dosata.• SI a creare buone prassi.• SI alla strutturazione degli spazi, dei tempi,

delle attività.• SI a un team di docenti e collaboratori scolastici

intercambiabili.• SI ad una programmazione dei PIS condivisa.• SI alla didattica mediata dai pari.• SI alla didattica di metacognizione.

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“Il problema è che per fare l’educatore devi inventare sempre nuovi appuntamenti, nuove attese… ma se non hai un progetto, anche un progettino piccolo, è un guaio…” (Sergio Neri).

Autori e docenti di riferimento:

DarioIanes, Andrea Canevaro, Don Milani, ,

Howard Gadner, Raffaele Iosa, Fabio Celi,

Sergio Neri, Eric Shopler e altri che hanno

ispirato il mio modo di essere insegnante.

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