Urbanistica1980_solotesto

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Prima edizione: Milano 1979.

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Urbanistica 1980

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  • Prima edizione: Milano 1979.

  • Manuali Accademia A cura di Ettore Mazzali Copyright 1979 by Edizioni Accademia

  • LUCA MARESCOTTI

    U R B A N I S T I C A S A G G I O C R I T I C O ,

    T E S T I M O N I A N Z E . D O C U M E N T I . B I B L I O G R A F I A R A G I O N A T A

    EDIZIONI ACCADEMIA

  • Nuova edizione: Milano 1981.

  • Finito di stampare nel 1983 dalle Arti Grafiche LEVA, Sesto S.G., Milano Copyright 1979, Edizioni Accademia, Milano copyright 1981, clup, Milano Prima edizione: marzo 1981 Prima ristampa: novembre 1983 ISBN: 88-7005-490-X IN COPERTINA: Jean-Michel Folon, per gentile concessione dellautore. Paysage urbain, Circa 1980, Aquarelle et encres de couleur, signe par l'artiste l'encre bleue en bas droite.

  • LUCA MARESCOTTI

    F O N D A M E N T I D I U R B A N I S T I C A

    clup cooperativa libraria universitaria del politecnico

  • SOLO TESTO. Senza illustrazioni. Testimonianze e documenti, bibliografia ragionata, indice analitico. Per le citazioni fare riferimento ai testi a stampa.

    Indice

    1. Premessa ................................................................................................................ 3 2. Universit, ricerca e territorio....................................................................................... 7

    2.1. IL CONTESTO TERRITORIALE .................................................................... 7 2.2. LA SITUAZIONE UNIVERSITARIA E LE FACOLT D'ARCHITETTURA IN ITALIA ........................................................................... 10 2.3. FACOLT DI ARCHITETTURA E TERRITORIO ............................................... 16

    3. L'urbanistica come scienza: i contributi ........................................................................... 22 3.1. IL METODO .............................................................................................. 22 3.2. La situazione dell'urbanistica prima dell'affermazione della borghesia .......................................................................................................... 27 3.3. Le trasformazioni territoriali intorno tra XVIII e XX secolo e i contributi alla formazione disciplinare dell'urbanistica ................................................... 36

    3.3.1. Le influenze dei nuovi principi economici e sociali sull'organizzazione territoriale ..................................................................... 40

    3.4. Lazione urbanistica nellOttocento ................................................................... 50 3.5. La formazione disciplinare ............................................................................. 58 3.6. La nuova dimensione: urbanesimo, aree metropolitane e citt del passato ............................................................................................................ 63

    3.6.1. L'espansione delle citt e la pianificazione a scala territoriale .............................................................................................. 63 3.6.2. Problemi urbani e problemi metropolitani .............................................. 76 3.6.3. Urbanesimo, centri storici e rinnovo urbano ........................................... 79

    3.7. Storia dell'urbanistica e storia delle citt ............................................................. 85 3.8. CITT E TERRITORIO NELL'URBANISTICA ................................................. 101

    3.8.1. Il dibattito sulle origini dell'urbanistica moderna ...................................... 101 3.9. Economia e territorio: dalle prime analisi allo studio della rendita fondiaria urbana ................................................................................................. 110

    3.9.1. I saggi teorici degli urbanisti .............................................................. 116 4. Introduzione all'urbanistica democratica .......................................................................... 124

    4.1. Impostazione delle problematiche territoriali ........................................................ 124 4.2. La formulazione degli obiettivi urbanistici ........................................................... 129 4.3. Il significato della partecipazione ...................................................................... 135 4.4. Analisi e progettazione urbanistica .................................................................... 141

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    iiTESTIMONIANZE E DOCUMENTI OMISSIS Nel testo a stampa: da p. 273 a p.362. BIBLIOGRAFIA RAGIONATA OMISSIS Nel testo a stampa: da p. 363 a p.461. INDICE DEI NOMI OMISSIS Nel testo a stampa: da p. 463 a p.467. FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI OMISSIS Nel testo a stampa: da p. 469 a p.470. ATTENZIONE-WARNING: LE NOTE SONO INCOMPLETE.

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    1. Premessa

    L'origine e la crescita delle citt, il rapporto delle citt con il territorio, la possibilit di affrontarne l'assetto futuro pianificandone lo sviluppo, sono temi di studio affascinanti per la complessit dei problemi che sottendono e per la variet degli interessi che promuovono. Tuttavia, nonostante la delicatezza delle questioni suscitate dal governo dell'uso del suolo, dalla mancanza di abitazioni e di possibilit di lavoro, dall'inadeguatezza delle condizioni igieniche, fino ad oggi stata sottovalutata l'importanza della specializzazione disciplinare in urbanistica nell'universit e nell'esercizio professionale. Si trovano infatti architetti, ingegneri, economisti, geografi, sociologi e, non ultimi, psicologi che ne reclamano l'appartenenza alla propria disciplina, vedendo ciascuno l'urbanistica dalla propria visuale e mai nella sua complessit. La diversa formazione culturale ha dato luogo a profonde divergenze circa il contenuto dell'urbanistica, ma stato soprattutto il diverso modo di intendere i rapporti tra individuo e collettivit che ha reso inconciliabili le diverse convinzioni. In questa pubblicazione si voluto introdurre il pi chiaramente possibile allo studio dell'urbanistica nella convinzione che l'attuale organizzazione del territorio corrisponde alla volont di una minoranza e non alle esigenze presenti e future della collettivit e che la degradazione dell'ambiente naturale e urbano non pu essere attribuita a chimeriche ed ineluttabili necessit di sviluppo economico e sociale. Ne risulta che il compito degli urbanisti consiste nell'individuare le cause di un dato assetto del territorio, senz'altro storicamente ben definibili, nel comprenderne i meccanismi che presiedono a quella organizzazione e nel proporre le azioni necessarie per mantenerla o modificarla. L'organizzazione delle attivit umane sul territorio rappresenta un sistema composto da elementi concreti, di cui si deve predisporre l'assetto futuro secondo le necessit prevedibili e risolvendo le eventuali situazioni negative verificatesi nel passato. Poich. sul territorio si svolge la vita della collettivit, la sua amministrazione deve essere considerata

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    cosa pubblica: come tale deve esser aperta alla partecipazione di tutti nell'interesse supremo della societ. L'unica garanzia contro la violenza dell'interesse particolare e della mercificazione di questo bene pubblico che la superficie terrestre, consiste nel diffondere la conoscenza del funzionamento dell'organizzazione territoriale e nel ricorso al consenso di tutte le forze disponibili per attuare un'urbanistica democratica. La divulgazione dell'urbanistica, malgrado la continua e sovrabbondante produzione letteraria, non sembra aver prodotto molto di pi di una sorta di linguaggio comune, cui per non corrisponde un accordo sostanziale sulle azioni e sui temi di fondo. Solo in questi ultimi anni sono stati pubblicati lavori in cui sono esposti approfonditamente significati e contenuti dell'urbanistica come strumento di governo del territorio da parte delle pubbliche amministrazioni, delineando aspetti tecnici e legislativi della pianificazione, dai piani generali ai piani esecutivi, ma non per questo sono diminuiti i motivi di polemica su come si debba intendere l'urbanistica. Si quindi ritenuto pi opportuno affrontare un tema generale, quale la definizione disciplinare dell'urbanistica, piuttosto che altri aspetti pi contingenti e legati alla situazione particolare italiana, con l'intento di presentare uno strumento di studio, costruito quanto pi scientificamente possibile e che, nello stesso tempo, non fosse rivolto soltanto agli ambienti universitari. Nella prima parte, consci che tale libro ha soprattutto lo scopo di introdurre agli studi e che esiste uno stretto rapporto tra situazione scolastica e organizzazione sociale, si sono voluti presentare brevi accenni sull'universit e sull'insegnamento dell'urbanistica in Italia per trarne alcune considerazioni di carattere territoriale. Nella seconda parte illustrata una panoramica sufficientemente completa delle diverse correnti di pensiero catalogate sotto il termine urbanistica, confrontando le scuole presenti in Italia con quelle degli altri paesi. Nella terza parte, che costituisce la parte centrale del libro, analizzata la formazione disciplinare dell'urbanistica. In essa contenuta una guida ragionata ai contributi teorici esposta parallelamente ad una sintetica lettura della storia dell'organizzazione del territorio; gran parte degli argomenti costituiscono temi di ricerca tuttora poco esplorati. Nella quarta parte, a conclusione del testo, sono indicati alcuni aspetti specifici dell'urbanistica democratica.

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    In un allegato abbiamo ordinato un'antologia abbastanza succinta in modo da non essere di difficile lettura e un'ampia documentazione bibliografica con il sommario dei lavori schedati. L'appendice antologica stata intesa come raccolta di definizioni fondamentali e di aspetti problematici che nel testo sono appena citati in quanto erano gi stati trattati esaustivamente da altri autori. L'antologia, quindi, non stata intesa come esemplificazione del pensiero degli autori scelti, per quanto importanti siano; la loro comprensione lasciata pertanto alla insostituibile lettura diretta delle loro opere e dai loro lavori. Gli stessi passi riportati dai dialoghi di Platone non vogliono essere ovviamente rappresentativi della sua filosofia, quanto della lucidit con cui aveva enunciato gli aspetti ancora oggi pi controversi dell'urbanistica. Il criterio adottato nella ricerca bibliografica stato quello di vagliare tutto l'orizzonte per evitare che pregiudizi d'ogni genere indebolissero il metodo d'indagine. Tra le pubblicazioni esaminate e studiate se ne scelta una parte, preferendo fornire una campionatura rappresentativa delle diverse tendenze, piuttosto che la selezione esclusiva a favore soltanto dei lavori omogenei con l'indirizzo seguito; d'altronde il testo contiene ne gi le valutazioni che possono guidare ulteriori approfondimenti. Nel testo si rimanda alla bibliografia riportando solo il nome dell'autore e l'anno di edizione dell'opera, mentre per quei lavori che esulano dal carattere della bibliografia, sono stati forniti gli estremi bibliografici nelle note in calce al testo. Il testo accompagnato da illustrazioni riprese da altre pubblicazioni allo scopo di mostrare almeno un aspetto grafico di quanto si scritto, anche se nella maggior parte dei casi la documentazione disponibile palesa una concezione alquanto ristretta dell'intervento urbanistico. Alla lettura di un piano o dell'uso di un territorio non pu bastare, infatti, una semplice rappresentazione planimetrica, tanto pi quando si alle prime armi; si pu per aggiungere che, oltre ad essere superflue a questo livello introduttivo, l'assenza di quantificazioni delle destinazioni d'uso del suolo e delle attivit umane esistenti e previste non fa altro che sottolineare come in pochi lavori sia possibile trovare esempi completi di analisi urbanistica e di pianificazione.

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    Per chiudere la premessa resta soltanto da annotare che questa pubblicazione l'espressione delle convinzioni che sono maturate in dieci anni di lavoro e di ricerca, condotti non isolatamente, ma all'interno di un gruppo presso l'Istituto di Urbanistica della Facolt di Architettura del Politecnico di Milano. Ben lungi dal voler essere un elogio delle condizioni in cui versa l'universit, si vuole soltanto ricordare che quanto si scritto, pur essendo stato elaborato individualmente, rispecchia in parte il risultato di questa esperienza collettiva, alla quale la sperimentazione di nuove forme e di nuovi contenuti didattici ha portato un contributo fondamentale.

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    2. Universit, ricerca e territorio

    2.1. IL CONTESTO TERRITORIALE Nel territorio sono impressi i segni lasciati dalle attivit dell'uomo. La sovrapposizione incessante delle azioni collettive e individuali, intraprese spezzando vecchi equilibri ambientali per costruirne altri pi adatti a nuove esigenze, sedimentata in ogni paesaggio. Per lavorare, riposare e ricrearsi e necessario spostarsi attraverso citt o paesi oppure percorrere campi coltivati o boschi, ma nella maggior parte dei casi le percezioni sono limitate alle parti pi evidenti, alla forma del paesaggio e delle architetture, senza apprezzarne i contenuti attuali e la loro storia. L'articolazione dell'organizzazione sociale e della sua distribuzione sulla superficie terrestre, in continuo mutamento. Il contenuto delle strutture che compongono l'organizzazione del territorio viene adattato all'ininterrotto sviluppo dell'organizzazione sociale Gli elementi del sistema vengono trasformati, a quelli esistenti se ne aggiungono di nuovi per integrarne il funzionamento o per modificarlo radicalmente. Gli elementi del passato, o addirittura l'intero sistema, possono mantenersi nel tempo funzionali all'ordinamento sociale; ma pu capitare che perdano il loro significato e vengano condannati alla obsolescenza finch gli interessi economici o sociali non ne decretino la definitiva distruzione o il recupero. I criteri di funzionalit, con cui si dovrebbe giudicare l'organizzazione dello spazio urbano sfuggono alla comprensione immediata; le percezioni frammentarie dell'ambiente, dei monumenti, delle attivit produttive e commerciali - del traffico, che si elaborano percorrendo le strade della citt, si sovrappongono spesso fino ad annullarsi reciprocamente.

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    L'abitudine alla citt in cui si risiede e la ripartizione delle azioni nella vita quotidiana rischiano di invalidare i giudizi e le sensazioni, cos come da una breve visita impossibile capire l'essenza e valutare l'importanza delle attivit che vi si svolgono. Le motivazioni delle trasformazioni urbane sono funzione dell'intreccio complesso di molteplici interessi, a volte persino in contrasto tra di loro. a fronte alla difficolt, magari puramente politica, di metterne a nudo le componenti, si preferisce trascurare le consegue delle volont umane e ipotizzare un'incontrastabile evoluzione. La superficialit delle impressioni suggestiona i giudizi fino a far interpretare la citt, e con essa la popolazione che vi abita, come un unico organismo collettivo vivente, dotato di una propria logica interna che ne guida la crescita, il cui processo diventa allora una legge inarrestabile. Si giunge cos ad animare gli oggetti inanimati: le citt costruite dagli uomini diventano soggetti attivi, organismi viventi che crescono espellendo ci che non serve pi e che distruggono la campagna espandendosi in ogni direzione. Nella campagna le culture di cereali, i frutteti, i pendii terrazzati sono testimonianze della storia secolare del lavoro dell'uomo, e dei continui conflitti tra pastorizia, agricoltura e paesaggio naturale. La conoscenza delle reali condizioni della vita rurale, della distruzione della natura - dai concimi chimici ai diserbanti, dal taglio dei boschi fino ai disastri ecologici - smentiscono le immagini idilliache della vita agreste, povera e semplice, da contrapporre a quella di ricchezza e di frenesia della citt. L'attuale dinamica del sistema urbano e industriale comporta la sottomissione dell'organizzazione della produzione agricola-alimentare. Alla stessa stregua all'interno delle citt la distribuzione delle attivit produttive e della residenza regolata da dispositivi giuridici e urbanistici che esprimono le esigenze dei gruppi dominanti. Non a caso nei manuali di urbanistica ottocenteschi e dei primi del Novecento la divisione della superficie urbana in zone funzionali comprende anche normative che distinguono le aree residenziali secondo le classi sociali1. Tali criteri vengono ancora oggi seguiti in alcuni paesi classificando le zone residenziali con precise indicazioni tipologiche la

    1 Cfr. D. Calabi, G. Piccinato, 1974, pp. 76-78.

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    cui attuazione comporta una gradazione dei costi e quindi una selezione automatica degli abitanti secondo il censo2. La tipologia edilizia, i prezzi dei terreni e degli edifici costituiscono dei filtri selettivi, cos da far diventare l'architettura - dai condomini e dalle caserme d'affitto alle palazzine e alle ville, dai grattacieli alle baracche - una codificazione dello stato sociale. Ma non esiste nessuna logica per cui obbligatoriamente la via dell'espansione economica si debba esprimere con la dicotomia citt-campagna risolta a netto sfavore delle attivit rurali e debba comportare l'ineguaglianza sociale e la precariet delle condizioni di vita. La mancata comprensione della necessit di risolvere globalmente le questioni sociali pu anche far ritenere sufficiente l'emanazione di normative igieniche e la predisposizione di soluzioni settoriali per razionalizzare lo sviluppo e per indurre le forze economiche in gioco a migliorare la qualit della vita. Da simili posizioni si pu anche derivare la convinzione che basti progettare case e indicare dove costruirle per modellare la vita sociale, fino a ritenere che l'avvenire delle citt e della societ sia semplicemente nelle mani degli architetti, quasi che il comportamento sociale dipenda dalla forma urbana. La critica al modello di uso del suolo e di sviluppo delle citt, cos come si consolidato in quasi tutto il mondo e che ha avuto una particolare spinta deformante e peggiorativa dove pi forti erano gli interessi promossi dai prezzi dei suoli, ha trovato un terreno particolarmente fertile nelle facolt di Architettura in Italia, dove negli ultimi quindici anni ha costituito uno dei temi su cui si maggiormente dibattuto e lavorato. Per quanto anche altre scuole qualificassero alla redazione di piani regolatori e alla

    2 Pur essendo questo il risultato costante dell'azzonamento negli Stati Uniti, in una recente sentenza della Corte Suprema si difende la legittimit della destinazione residenziale di una zona contro la richiesta di variante per edificare edilizia popolare, sostenendo che nelle intenzioni del pianificatore non vi erano elementi di discriminazione sociale, ma solo la volont di mantenere quei livelli di rendita fondiaria gi consolidati da decenni e che l'insediamento popolare avrebbe senz'altro abbassato. Cfr.: Norman Coplan, Bernard Tomson, Exclusionary zoning law upheld, in Progressive Architecture, 6, 1977, p. 108 e 7, 1977, p. 88.

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    progettazione architettonica, proprio in queste facolt, e quasi soltanto in queste, veniva anche messa in discussione la libera professione, gi in crisi per la concorrenza e per il mutato contesto sociale, biasimandone l'alleanza con la speculazione edilizia e il distacco dai problemi reali che investivano citt e territorio. Da ci sono scaturiti gran parte degli spunti della contestazione alla didattica tradizionale.

    2.2. LA SITUAZIONE UNIVERSITARIA E LE FACOLT D'ARCHITETTURA IN ITALIA opinione diffusa - e cos gran parte della stampa la rappresenta - che la Facolt di Architettura di Milano sia fra quelle in cui pi difficile produrre ricerche scientifiche e insegnare per la turbolenza degli studenti e per l'adesione che i docenti hanno dato nel passato alle lotte studentesche. In effetti non si pu dire che la situazione della Facolt sia tranquilla, ma nemmeno si pu affermare che altrove si stia meglio e che la sperimentazione in quanto tale sia la causa di tutto quanto; anzi proprio alla sperimentazione attribuibile la possibilit di compiere ricerche originali con sensibile e constatabile miglioramento della qualit di gran parte delle tesi di laurea. Le difficolt di lavoro nelle Facolt di Architettura sono le difficolt della ricerca scientifica in Italia; in effetti, la scelta stessa di far ricerca la scelta di condurre una battaglia dura il cui esito spesso la sconfitta, l'impossibilit di incidere sul mondo esterno all'universit, per le condizioni che a tutta la ricerca scientifica, ed in particolare a quella universitaria, vengono imposte da una serie di errate scelte politiche, utili solo al minimo livello di sussistenza delle attivit. Di fatto tutte le universit soffrono degli stessi mali, che riguardano sempre la impostazione del rapporto tra formazione e svolgimento della professione, tra mondo accademico e mondo del lavoro, ma ad Architettura e in qualche altra facolt queste contraddizioni sono state pi violente e palesi, conducendo pertanto alle estreme conseguenze l'apertura dei contratti tra libert di studio e di insegnamento e lotte sociali. Nell'universit italiana si davano gi prima delle contestazioni

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    studentesche del 1968-1969 motivi di crisi profonda, assai diversi da quelli da cui prendeva le mosse il movimento internazionale della contestazione. Al divario tra teoria insegnata all'universit. e pratica del mondo del lavoro si aggiungevano infatti la carenza di strumenti scientifici, di aule per l'insegnamento e di laboratori per le esercitazioni. Il personale insegnante e quello non insegnante, cio impiegati esecutivi e tecnici addetti al funzionamento dell'universit e della ricerca, era mal pagato e insufficiente rispetto alla quantit di studenti. L'organizzazione interna, inoltre, era composta con criteri fortemente verticistici. A ci si deve aggiungere che la maggior parte (94,4%) del personale insegnante si trovava inquadrata nell'organico universitario con contratti precari, cio a rinnovo discrezionale con scadenze generalmente annuali (vedi tab. l). All'incarico per assistenti e professori si affiancavano le borse di studio e gli assegni di studio che comportavano lavoro didattico e di. ricerca retribuito con 125.000 lire al mese circa, con cui. non si garantiva n uno sbocco nella carriera universitaria n alcun titolo di specializzazione; infine esisteva il volontariato, cio un titolo valido per la carriera, con obbligo di lavoro e senza retribuzione. Le contestazioni studentesche, soprattutto quelle del 1968, colpirono dunque una situazione non pi difendibile; a queste si aggiunsero le richieste sociali avanzate dai sindacati nell'autunno caldo del 1969, con il risultato che, sotto la violenza delle pressioni, il Governo promise la riforma di tutto il sistema dell'istruzione. Soltanto nel 1977, ad otto anni di distanza, venne presentata alla discussione parlamentare la riforma, ma dopo un anno essa sub una prima drastica riduzione, quando fu limitata soltanto alla carriera e al dimensionamento dell'organico, senza alcun riferimento, n esplicito n implicito, ai bisogni scolastici della societ; ma anche questa formula riduttiva fu presto abbandonata per giungere ad una proposta (decreto-legge 23-12-1978 n. 817) privata di qualsiasi finalit concreta e reazionaria nel modo di diluire nel tempo i problemi dei precari pi deboli e "stabilizzare" gran parte dei professori incaricati, cio quelli con tre anni di incarico. In questo lasso di tempo l'obiettivo ministeriale sembra essere stato quello di scardinare il sistema scolastico o di lasciarlo scardinare dalla contestazione dove non era in grado di intervenire direttamente: nonostante la drammatica carenza di aule e di

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    strumenti scientifici, di insegnamento e di qualit dell'insegnamento, si cercato, abbastanza maldestramente, di tamponare solo le situazioni pi gravi, a mano a mano che esse si presentavano. Alla demagogia presente anche in queste iniziative parziali si sommava la lentezza dell'attuazione delle leggi con cui si. facevano slittare tutte le scadenze prefissate. Nel 1969, direttamente sotto l'effetto delle pressanti richieste sociali, fu approvata una prima innovazione dell'ordinamento scolastico, con la quale si concedeva ai diplomati delle scuole medie superiori la liberalizzazione dell'accesso alle universit. Il problema reale consisteva nella crisi delle scuole medie superiori dalla maggior parte delle quali non si otteneva una qualifica adatta per lavorare. L'effetto della legge non tard a provocare una dequalificazione e licealizzazione delle universit assolutamente impreparate e inadatte ad affrontare l'ingresso improvviso di nuove masse studentesche, comprendenti anche i lavoratori. Si pensi, per avere un'idea della viscosit della situazione, che l'apertura dell'universit alla categoria dei lavoratori implicava il problema dei corsi serali a tutt'oggi, dopo dieci anni, irrisolto dalle autorit e affrontato in modo autonomo e precario solo in alcune facolt. D'altra parte la nuova popolazione studentesca si componeva specialmente di diplomati gi da tempo immessi nel mondo del lavoro, e ora in ricerca di un ampliamento del campo professionale e delle retribuzioni, sia che si. trattasse di liberi professionisti oppure di lavoratori dipendenti. L'unica risposta concreta da parte degli studenti alle nuove situazioni fu l'assenteismo, giustificabile per la carenza di mezzi e sussidi didattici, e la richiesta dei voti politici. Nell'ottobre del 1973 furono varati i provvedimenti urgenti per la scuola e l'universit, sotto forma di decreto legge per sottolineare il carattere di urgenza e di necessit e nello stesso tempo l'impegno del Governo a intervenire direttamente, non potendosi pi dilazionare ci che era stato Promesso quattro anni prima. Con i provvedimenti urgenti si sarebbe dovuto intervenire su gran parte dei fattori di crisi dell'istruzione. In particolare per l'organico- dell'universit venivano istituiti nuovi concorsi per ottenere la nomina a professori, triplicando i posti di ruolo, poi fornendo una serie di garanzie per gli altri contratti di lavoro: stabilit per coloro che erano stati almeno per tre anni professori incaricati -, nuovi concorsi, contratti, concorsi di ricerca per neolaureati, borse di studio, abolizione del volontariato; la questione della gestione verticistica che

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    veniva affrontata aumentando il numero dei partecipanti al Consiglio di facolt e permettendo il dibattito pubblico. Il nuovo Consiglio di Facolt allargato era composto dai professori di ruolo, dai professori incaricati "stabilizzati" e da rappresentanze delle altre componenti universitarie. I provvedimenti urgenti non costituivano certamente la soluzione reale, ma contenevano alcuni elementi migliorativi. Tuttavia, approfittando., del fatto che stavano profilandosi all'orizzonte nuovi problemi economici e politici, ci che poteva essere positivo fu bloccato dalla lentezza delle procedure burocratiche che ne impoverirono i contenuti. La triplicazione delle cattedre non ancora avvenuta: su 7500 posti da mettere a concorso solo 2500 furono avviati, e si impiegarono quasi cinque anni per portarli a termine. L'allargamento dell'organo di gestione delle facolt, il consiglio di facolt, non fu proposto in termini di confrontabilit tra le componenti universitarie (docenti - non docenti - studenti), ma principalmente in termini di aumento numerico dei professori partecipanti, ottenendo cos un organismo che per l'alto numero di componenti quasi ingovernabile. Al volontariato dovevano essere sostituiti i collaboratori alle esercitazioni, ma non se ne sono ancora definiti i compiti e le retribuzioni restano sul livello di alcune decine di migliaia di lire all'anno. Le retribuzioni del personale docente e non docente, pur subendo un lieve miglioramento e livellamento, sono rimaste assolutamente inconfrontabili a quelle del mondo non universitario. Lo Stato riserva per le universit meno dell'1% del prodotto nazionale lordo, cifra risibile rispetto agli altri paesi, ma ottiene ancor meno in termini di contributi allo sviluppo sociale ed economico. Dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, che dovrebbe rappresentare il massimo organo di produzione e di coordinamento delle ricerche, non si riesce ad ottenere un effettivo coordinamento; solo ultimamente sono stati delineati dei grandi temi, ma la capacit di finanziamento talmente debole che essa si risolve quasi unicamente nella dispersione dei fondi con contributi alle singole ricerche di pochi milioni di lire all'anno. Originalit dei contributi e brevetti, che rappresentano un indice significativo dell'utilit e dell'efficacia dei finanziamenti, costituiscono episodi marginali. I rapporto annuali del Consiglio Nazionale delle Ricerche offrono

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    un'immagine panoramica: in quello del 1972, e la situazione non si modificata da allora, si leggeva che l'Italia era uno dei paesi europei che investiva di meno nella ricerca, ma che ripartiva gli esigui stanziamenti spendendo percentualmente di pi nella fisica delle alte energie e della ricerca spaziale e di meno, neanche a dirlo, per migliorare le condizioni di vita e la produttivit nell'agricoltura. Poich questo l'ambiente in cui si svolge la ricerca in Italia, non dovrebbe meravigliare nessuno il fatto che si verifichi oggi una "fuga dei cervelli" e che l'emigrazione dei laureati risolva in molti casi il desiderio di compiere un lavoro conforme ai propri studi con un adeguato compenso. Si calcola che soltanto verso gli Stati Uniti negli ultimi 30 anni siano emigrati ben 15.000 ricercatori italiani. In questo modo il risparmio sugli investimenti per l'universit e la ricerca si risolve nello spreco dei fondi utilizzati per la formazione di quei laureati e nella perdita dei possibili contributi scientifici che avvantaggeranno invece altri paesi. Per delineare l'involuzione del sistema universitario italiano sufficiente mettere a confronto l'incremento dei laureati, degli studenti universitari e dei docenti universitari dal 1951 al 1977, facendo riferimento speciale al 1969, anno della liberalizzazione dell'accesso alle universit (vedi tabelle 1, 2, 3). Mentre la popolazione cresciuta con un ritmo decennale compreso tra il 6% e il 7%, l'incremento dei laureati stato quasi sette volte pi forte: in assoluto l'incremento passato da 181 a 280 mila in pi tra il primo (1951-1961) e il secondo (1961-1971) periodo intercensuale; l'incremento degli studenti universitari salito da 123.000 (1951-1961) a 281.000 iscritti (19611969) e negli otto anni successivi (1969-1977) ha gi superato le 409.000 unit, mentre il numero dei professori di ruolo, l'unico dato effettivamente confrontabile, ha subito un incremento irrilevante nel primo decennio intercensuale (211 professori in pi tra il 1951 e il 1961); poi fra il 1961 e il 1969 sono aumentati di 1100 unit, percentualmente pari alla met del corrispettivo valore percentuale di incremento degli studenti; soltanto tra il 1969 e il 1977 l'incremento percentuale stato paragonabile a quello degli studenti con oltre 2400 nuovi posti di ruolo per professori. Lo Stato, non contento di aver condannato studenti e cittadini a pagare con le proprie tasse la dequalificazione dell'universit, la svalutazione della laurea e la disoccupazione dei laureati, riuscito a dare a tutto il personale, docenti e funzionari, la giustificazione per non impegnarsi

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    nella ricerca e nell'insegnamento: elefantiasi burocratica, assenza di controlli sulla qualit del lavoro e stipendi irrilevanti fanno dell'universit, della scuola in generale, un cadavere vivente3. Alle retribuzioni basse rispetto ad altri settori del pubblico impiego e irrilevanti rispetto alla libera professione, si aggiunge poi la beffa di uno stipendio effettivo pari soltanto a circa un terzo della retribuzione mensile. Sulla base dello stipendio vengono calcolati i contributi per la previdenza e le tredicesime, in modo da permettere allo Stato di risparmiare nella gestione della scuola. Nello stesso tempo si permette ai docenti di cumulare, spesso oltre ai lavori esterni, pi funzioni all'interno dell'insegnamento universitario, ottenendo un lieve miglioramento della retribuzione e un ulteriore risparmio allo Stato, Poich gli incarichi aggiuntivi sono retribuiti soltanto parzialmente4. In questo contesto si deve inquadrare la situazione particolare delle facolt di architettura, dove tra il 1961 e il 1977 si registrato un incremento di studenti del 773%, pi del triplo quindi di quanto si registrato generalmente per l'universit. Per contro l'incremento dei professori di ruolo ad architettura era inferiore di un terzo circa al corrispettivo aumento totale. Gli effetti della legge del 1969 e contemporaneamente non si pu trascurarlo, della minor selettivit degli studi, sono stati in queste facolt molto pi deleteri: negli otto anni successivi ai provvedimenti urgenti. l'incremento di studenti stato tre volte quello degli otto anni precedenti, mentre rimasto quasi uguale l'incremento dei professori di ruolo. Dopo otto anni dalla liberalizzazione dell'accesso all'universit, gli architetti in Italia sono diventati 45.000, ed ormai il numero degli studenti supera le

    3 Cfr. A. Buzzati Traverso, Il fossile denutrito. L'universalit italiana, Il Saggiatore, Milano 1969 [1956/1968]; A. La Penna, Universit e istruzione pubblica, in Storia d'Italia, vol. 5, tomo II, Einaudi Torino 1973. 4 Solo recentemente si sta cercando di porre un freno a questa situazione: mentre nel passato era normale cumulare tre e pi incarichi, magari in sedi diverse, ora, ma non in tutte le universit, si sta cercando di limitare il cumulo, ritenendo a ragion veduta che questo avvenga a scapito dell'impegno dei docenti nella ricerca e nell'assistenza degli studenti.

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    53.000 unit5. L'universit vecchia, fatiscente, obsoleta persino nella sua struttura fisica. A Roma si registrano la pi alta concentrazione universitaria del mondo e il livello pi basso di attrezzature didattiche e sociali. A Milano la facolt di Architettura fu progettata negli anni '60 per ospitare solo alcune centinaia di studenti, mentre gli iscritti attuali sono oltre 12.000. La riforma universitaria non passa senz'altro solo attraverso il potenziamento dell'organico l'adeguamento dei livelli retributivi e delle sedi universitarie, ma non pu trascurarli, pur nel quadro dell'austerit e della bonifica della giungla retributiva, se veramente il governo vuole incidere sulla formazione di una societ corrispondente alle necessit attuali. N ci vuol molto per capire l'importanza dell'istruzione nello sviluppo di una societ e per comprendere come queste scelte politiche, di conseguenza, si riflettano sull'intera societ. Le condizioni di sfacelo dell'universit, e della scuola in generale costituiscono soltanto una parte del quadro di riferimento in cui vanno situati gli avvenimenti delle facolt di Architettura: l'altra parte, di cui si parler in seguito, rappresentata dalle trasformazioni del territorio e dal rapporto tra queste e il mondo universitario.

    2.3. FACOLT DI ARCHITETTURA E TERRITORIO La professione di architetto, non solo in Italia, ha forse definitivamente raggiunto una crisi molto profonda da cui ci auguriamo si risollevi attraverso una radicale trasformazione; in essa, come era tradizionalmente intesa, alcune specifiche contraddizioni hanno infatti accentuato la crisi derivante dalla svalutazione della laurea, dalla preparazione astratta e non direttamente utilizzabile nel lavoro, dalla disoccupazione e sottoccupazione dei giovani laureati6. Si fa 5 Gli architetti iscritti all'albo professionale sono per soltanto 15.600, ma l'esercito che opera nel campo dell'edilizia e dell'urbanistica conta anche ingegneri, geometri e periti industriali per un totale di altri 140.000 tecnici, contando solo gli iscritti agli albi professionali. Cfr.: Consiglio Nazionale degli Architetti, 1977b, pp. 15-16. 6 Si possono vedere: A, Ferrari, G. Pellicciari (a cura di), 1976; Consiglio nazionale degli Architetti (a cura di) 1977a; Consiglio nazionale degli Architetti (a cura di) 1977b.

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    comunemente risalire al XIX secolo la codificazione di due campi distinti nella costruzione degli edifici: il progettista delle strutture, degli impianti tecnici e degli edifici industriali separato sa quello interessato alle soluzioni formali o all'uso di materiali soprattutto nelle abitazioni, nell'arredamento, fino al disegno degli oggetti prodotti industrialmente. Questa assurda separazione in due mondi dell'attivit progettuale nell'architettura era per gi sentita nel passato e ci si rispecchia sin dall'antichit nell'uso dei due termini architetto e ingegnere, ai quali si aggiunge il terzo di geometra. Nella stessa urbanistica sono coesistiti questi due filoni ogni qualvolta predominava l'aspetto costruttivo della citt e delle opere di urbanizzazione su quello della loro pianificazione. Cos la specializzazione nei problemi igienici e difensivi trattati dall'ingegneria civile e militare dava luogo ad una via di mezzo tra l'ingegnere e l'urbanista, mentre la rappresentazione aulica del prestigio richiedeva una preparazione pi architettonica. Quando poi nel XIX secolo si fece evidente la necessit sociale di imporre allo sviluppo urbano un ordine ben diverso da quello che l'economia industriale del laissez faire aveva adottato, furono approntate in tutti i paesi nuove leggi per imporre normative igieniche e per facilitare l'esecuzione di opere di pubblica utilit, estendendo lentamente l'uso dei piani regolatori a un numero crescente di citt; ma non per questo si ritenne necessario predisporre nelle universit piani di studio specifici per i tecnici e gli amministratori che devono occuparsene. Nella maggior parte delle scuole nei primi decenni del nuovo secolo sopravvivevano tendenze ottocentesche e l'insegnamento dell'urbanistica vi approd a fatica. La separazione tra ingegneria e architettura fu resa pi drastica dalle riforme idealistiche, con la discriminante estetica che isolava le opere d'arte dai manufatti della produzione corrente e con il distacco fra teoria nella scuola e pratica nel lavoro. Per quanto la pratica dell'amministrazione pubblica nelle citt e le indagini sulle condizioni di vita e di lavoro avrebbero dovuto, a ben vedere, far capire in che cosa consistesse l'urbanistica., non si riusc ad arrivare ad un accordo sui contenuti, n tanto meno ad attribuire ad una scuola precisa il compito di istruire i futuri urbanisti, lasciando che essi scegliessero per la propria formazione tra ingegneria e architettura. Il compito di portare un ordine

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    nuovo all'organizzazione territoriale e in prima istanza allo sviluppo urbano sembra essere stato origine di equivoci: alla prima spinta di garantire alle citt condizioni igieniche si sostitu la critica all'estetica della nuova citt. In realt il giudizio emergente potrebbe essere quello di una assoluta incomprensione o sottovalutazione delle forze e dei meccanismi che orientavano l'espansione e la ristrutturazione delle citt. Nella lettura dei manuali di urbanistica pubblicati tra Otto e Novecento si ritrovano analisi e obiettivi dell'urbanistica espressi in termini chiari, lucidamente confrontati con le tesi di Friedrich Engels per dimostrare la necessit di risolvere in altro modo le contraddizioni urbane. Le scelte politiche di fondo sono legate agli interessi della borghesia industriale liberale e questo aiuta a comprendere il contenuto della pianificazione e i compiti che erano affidati all'urbanista. Nel nome del progresso economico e del risanamento igienico Reinhardt Baumeister (1876) sosteneva le demolizioni di larga parte dei centri storici lasciando solo qualche elemento a testimonianza del passato, scelto come pi significativo. esteticamente e storicamente. Come esempio straniero da imitare riportava il piano di Giuseppe Poggi (1864-1872)7__ e le altre proposte per lo sventramento di Firenze che sarebbe stato attuato tra il 1881 e il 1898. Pi tardi (1890) anche Joseph Stubben lo riport come modello7. Entrambi sono tra gli autori urbanisti che pi contribuirono alla codificazione dell'urbanistica liberale che ebbe gran parte nella formazione dell'urbanistica moderna. Le motivazioni non cambiavano molto quando si. trattava di lottizzare ville con parchi, o di costringere la citt con immense e fitte ragnatele di strade, sbizzarrendosi nelle forme delle piazze e nella combinazione degli incroci. Non questo il luogo dove ricordare quante testimonianze storiche sono state demolite o con quali costi sociali8, ma non si pu trascurare quanto abbia influito il consenso degli architetti, anche di coloro che alla libera professione affiancavano incarichi universitari e conoscenze di storia dell'architettura. La coscienza, nonostante la gravit dei problemi sociali e ambientali, resta a lungo tranquilla. Lo stesso razionalismo e il dibattito sull'urbanistica tra le due guerre mondiali, pur introducendo innovazioni, non ne contesta i criteri informatori. Le esperienze delle amministrazioni

    7 Cfr.: D. Calabi, G. Piccinato 1974, pp. 189, 234-237, e la nota 50 a p. 480. 8 Come approfondimento del caso citato si veda; S. Fei 1977.

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    di sinistra - a Lione agli inizi del secolo, e a Vienna negli anni venti - e della Russia, ancora durante gli stessi anni, sono esperienze isolate. In Italia solo verso gli anni Sessanta, quando la rendita fondiaria aveva ormai mostrato in pieno la sua forza distorcente e inarrestabile nello sconquasso dell'ambiente, le critiche a quell'urbanistica e a quell'architettura presero consistenza9 e iniziarono a far vacillare quella solida tranquillit con l'occupazione della Facolt di Architettura di Milano (1963), con la quale si ottenne un primo mutamento nel quadro dei docenti. Da l il movimento si diffuse alle altre facolt di Architettura. Dopo un breve periodo di calma, con l'occasione della contestazione sessantottesca, la situazione precipit ancora e nel 1971 si raggiunse la situazione di collasso quando nella facolt milanese furono ospitate 74 famiglie senza casa, e per reazione il Ministero della Pubblica Istruzione sospese il preside e sette professori di ruolo10. La svolta della facolt di Architettura milanese poneva ulteriori motivi di crisi alla professione; mentre l'insegnamento veniva innovato e reso aderente alle condizioni politiche e sociali della realt esterna, l'esercizio della professione era ancora dominato dai fattori tradizionali del mercato edilizio privato, a sua volta legato alla rendita fondiaria e alla speculazione. La sperimentazione didattica introdotta nell'anno universitario 1967-1968 port nell'insegnamento la ricerca originale sul campo svolta unitamente da docenti e studenti, collegante strettamente temi di studio, ricerca, realt territoriale e realt amministrativa. Furono 9 Gi prima non erano mancate opposizioni. Si vedano per esempio i piani presentati dal GUR (Gruppo Urbanisti Romani) diretti da Luigi Piccinato in polemica con i piani ufficiali a Padova e a Roma. Cfr. L. Piccinato, Urbanistica e storia in Italia negli anni Trenta, in Storia della citt, I, 1, 1977, pp. 35-39. 10 Nel 1971 un gruppo di famiglie senza casa occup gli appartamenti di via Tibaldi a Milano, costruiti dall'Istituto Autonomo Case Popolari di Milano, in protesta contro i caratteri non popolari n economici di quell'edilizia pubblica. Fatti sgomberare dalla polizia, trovarono rifugio presso la Facolt, ma di qui vennero nuovamente allontanati sempre per l'intervento della polizia. In seguito furono destituiti i docenti del Consiglio di Facolt, che li avevano accolti e furono accusati di "favoreggiamento" e "falso ideologico". Solo dopo quattro anni furono assolti e reintegrati nell'universit, che negli anni della sospensione era stata governata da un comitato tecnico del Ministero.

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    condotte indagini sulla pianificazione nei comuni intorno a Milano e sulle proposte di pianificazione intercomunale; a Milano furono analizzate le condizioni abitative, i prezzi di vendita dei suoli e i progetti di pianificazione. L'aderenza alla realt permise di fornire contributi anche all'esterno della facolt, nei dibattiti consiliari dei comuni, nei quartieri periferici milanesi, nei consigli di zona del decentramento amministrativo milanese, delineando un nuovo modello di formazione universitaria degli urbanisti. In questi anni, per, la situazione politica delle facolt non si mantenne compatta, perch, oltre alla costanza della repressione ministeriale che ne aveva indebolito le forze, non si fu in grado di sostituire alla sperimentazione un piano di studi e di ricerche programmato nel tempo con il concorso di tutti i docenti. Cos con gli anni si sono consolidate le posizioni di un nuovo individualismo dei gruppi. necessario ribadire che i limiti maggiori, riscontrabili nella didattica e nella ricerca, derivano dalle condizioni generali dell'universit, tali da impedire qualsiasi ricerca e riforma seria, tali da permettere ogni abuso. Questa fase di degradazione non imputabile quindi ai singoli docenti e ai giochi accademici per il potere, difetti che ricorrono in tutte le altre universit, ma trova le maggiori responsabilit nella meschinit di cui stata oggetto la politica universitaria, nel disimpegno o nella mancanza di continuit quando l'impegno c'era, con cui i partiti hanno trattato questi temi e quelli dell'uso del territorio. La stessa volont politica pronta alla demagogia, ma debole contro gli interessi dei suoi pi vicini elettori, che si trovata incapace di affrontare la questione universitaria e in particolare quella delle facolt di architettura non riesce a sancire l'autonomia disciplinare della pianificazione ed costretta ad affidarsi alla provvidenza per tutto ci che riguarda uso e conservazione del territorio. Malgrado la delicatissima e precaria condizione idrogeologica del paese, non si trova necessario avere nell'organico statale pi di un paio di geologi, ma nemmeno si ritengono prioritarie opere per consolidare il suolo, per irreggimentare le acque e per il rimboschimento. Le relazioni ministeriali e i progetti di investimento restano senza risposta11. Se la formazione degli urbanisti trascurata, alla pianificazione del territorio si rinuncia, lasciando che i

    11 Cfr. G. Campos Venuti 1978, pp. 115-129 in particolare il paragrafo 3.

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    nodi da sciogliere si inglobino nel cemento che avanza sul territorio. piani regionali e piani comprensoriali. sono rimandati continuamente al futuro, per ora spetta quindi soltanto ai piani comunali e alla partecipazione dei cittadini il compito di salvare il territorio e di rispondere ai bisogni sociali.

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    3. L'urbanistica come scienza: i contributi

    3.1. IL METODO Lorganizzazione delle attivit umane sul territorio costituisce il dominio dellurbanistica. La parola territorio contiene nellaccezione italiana molti elementi che possono0 essere descritti tramite il concetto di ambiente antropico; ogni azione tendente a modificare laspetto del territorio in senso quantitativo e qualitativo, mutando per esempio la distribuzione della popolazione e delle strutture produttive, un atto urbanistico; quotidianamente se ne sperimentano gli effetti, usufruendo dei vantaggi di situazioni privilegiate per la vicinanza di attrezzature sociali, per la facilit di collegamenti o per la bellezza del sito, o sopportando i disagi della segregazione e di condizioni abitative insalubri. In questo senso pochi atti sono cos pregnanti per lurbanistica come laffermazione della pubblica utilit oppure la strenua difesa della propriet privata dei suoli al di sopra di ogni considerazione sulla natura sociale del territorio. Non necessario disegnare un piano per fare urbanistica: sufficiente essere in grado di agire e di permettere lazione; non sono necessarie leggi specificamente urbanistiche: basta operare tramite i meccanismi che interferiscono con lorganizzazione del territorio. Per esprimere il governo del territorio e rendere funzionale la struttura fisica agli obiettivi politici si possono approvare leggi settoriali, o modificare i contenuti delle leggi attraverso circolari e decreti, si pu prorogare lentrata in vigore delle leggi, e ancora usare strumenti finanziari, restringendo o allargando a piacere il credito alle costruzioni pubbliche e private, agevolando la cooperazione piuttosto che la propriet individuale. Al limite si pu non avere il quadro esatto di tutto quel che avviene; si pu essere cos imprudenti che, pur di racimolare qualcosa, si proceda

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    di giorno in giorno, trovando espedienti o ponti, tappi e tamponi 12 per rimediare ai controsensi pi vistosi. Si pu anche sostenere che questa non sia urbanistica, in quanto sembra negare platealmente il concetto di piano, se addirittura quello stesso di pianificazione13, oppure ritenere che lurbanistica non sia una scienza, poich lazione continua di amministratori pubblici e di urbanisti di professione non riesce a essere qualcosa di troppo diverso da un coacervo di norme empiriche14, attraverso le quali favorire o contrastare determinate forze economiche e sociali. Questi giudizi sembrano per dipendere da una valutazione negativa, misurata con parametri odierni, delle trasformazioni avvenute nel passato, scartando a priori la scientificit di un insieme di azioni, magari settoriali e apparentemente contraddittorie, con cui si fatto prevalere un certo assetto del territorio. A volte si dimentica che si deve essere realisti e che non vi nessun motivo per cui l'azione di un pianificatore debba obbligatoriamente predisporre il massimo delle risorse disponibili per rispondere ai bisogni sociali o illustrare dettagliatamente i propri obiettivi e criteri. Si possono anche usare ambiguamente determinate fraseologie correnti a sfondo sociale per nascondere i propri obiettivi e mistificare le proprie azioni, senza per questo togliere all'urbanistica i propri contenuti disciplinari. Lurbanistica non soltanto una disciplina moderna. Quando si pone come condizione qualificante dellurbanistica la modernit si trovano

    12 I termini si riferiscono a alcune leggi italiane: la legge del 1967 era intesa come ponte tra la legge urbanistica del 1942 e la promessa riforma urbanistica, le leggi del 1968 e del 1973 con le quali si prorogava la validit dei vincoli nei piani urbanistici senza che lente locale dovesse espropriare e risarcire immediatamente i proprietari dei terreni sottoposti a vincolo a loro volte erano definite tappo e tampone della irrisolta questione urbanistica. 13 Se G. Piccinato valuta un fallimento cent'anni di storia disciplinare dell'urbanistica, M. Allione sostiene che la pianificazione, in Italia e in senso generale, non esistita. Cfr. D. Calabi, G. Piccinato 1974, p. 1; M. Allione 1976 [1965-1975] p. 9. 14 P. L. Crosta 1967 introduzione a T. Reiner 1976 (1963), p. XIII; si veda anche: A. Terranova 1977, pp. 110-114 e le conclusioni, pp. 117-129.

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    infinite possibilit per fissare una data, un piano urbanistico, un evento da cui fare iniziare la storia. Sigfried Giedion descrisse le trasformazioni cinquecentesche di Roma (1585-1690) come linizio di un nuovo concetto di spazio e di urbanistica, affermando che Sisto V era chiaramente consapevole della grande complessit dellurbanistica moderna poich affront contemporaneamente i diversi problemi urbani, dalla sistemazione monumentale allapprovvigionamento idrico della citt fino al grave problema del lavoro, con il progetto di trasformazione del Colosseo in filanda15. Con altri intendimenti Bruno Zevi scrisse delladdizione erculea realizzata da Biagio Rossetti a Ferrara (1492-1534) come della costruzione della prima citt moderna europea, e prese a proprio sostegno unaffermazione di Burckdardt (1860); alla stessa stregua, Jos-Augusto Frana defin la ricostruzione di Lisbona dopo il terremoto del 1755 come la nascita della prima citt moderna europea16. Anche nelle enciclopedie di cui si parlato nel capitolo precedente, quando si tratta di fissare il momento preciso della nascita dellurbanistica moderna e quindi di mettere in evidenze le tappe della sua maturazione disciplinare, si scelgono quasi in ogni articolo eventi diversi in un arco di tempo abbastanza circoscritto, ma che copre oltre tre quarti di secolo, dai grandi lavori di George Eugne Haussmann a Parigi (1851-1870) fino alla progettazione del piano di ampliamento per Amsterdam, diretta da Cor Van Eesteren (1928-1935). Anzi proprio dai problemi storiografici sull'origine dellurbanistica moderna si sviluppato lunico episodio di polemica aperta e circostanziata registratosi nella cultura architettonica italiana, una polemica che dimostra come non sia tanto la scelta dei singoli episodi, quanto la scelta ideologica di fondo a suscitare reazioni e dibattiti: in questo caso il rapporto tra politica e urbanistica faceva risaltare quanto

    15 S. Giedion 1965 (1941), pp. 71-100, citazione p. 29. 16 B. Zevi 1971 (1960) e J.A. Frana 1972 (1965).

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    diversi fossero i significati che veniva attribuiti all'urbanistica17. Leccessiva attenzione al carattere moderno dellurbanistica e allintroduzione di un nuovo linguaggio e di nuovi strumenti ha contribuito a formare una netta cesura tra passato e presente: la conoscenza storica si arresta e quei limiti che vengono definiti le pietre miliari, tanto da far credere che l'urbanistica moderna spunti improvvisamente tra i fumi della rivoluzione industriale18. Semmai la modernit dellurbanistica contemporanea consiste nellenorme accelerazione con cui si susseguono le trasformazioni urbane a livello planetario e di conseguenza nellavere sviluppato, in certi paesi prima che in altri, una legislazione apposita per i piani urbanistici, nellavere individuato gli elementi della pianificazione urbanistica e nellavere messo in atto politiche di controllo delle trasformazioni. Alcuni decenni di pratica hanno dato ancor maggior vigore a questo aspetto: nonostante le ambiguit del processo democratico e della definizione delle funzioni dello stato, soprattutto in quei paesi con una pi alta densit urbana, i fatti hanno dimostrato la necessit di far quadrare, come in un bilancio, le destinazioni duso del suolo quantificando lesistente - in termini demografici occupazionali e di strutture fisiche - e mettendolo a confronto continuo con le previsioni e le attuazioni. Lorganizzazione del territorio oggetto di azioni politiche, rispecchia determinati rapporti sociali, implica ordinanze, leggi, decreti, richiede e richiama investimenti e quindi anche finanziamenti. Ma la forma dell'organizzazione costituisce solo uno schema senza vita e senza significato, se non viene riempita da questi contenuti.

    17 Si vedano: L. Benevolo 1964 (1963); C. Aymonino 1977 (1965) da cui sono tratte le citazioni (p. 7) e in cui va notato il riferimento alla cultura architettonica e non urbanistica; E. Salzano 1965. Largomento ripreso pi avanti, pp. 191/205 e 3-120. Va per aggiunto che oggi si sta sviluppando una polemica ben pi concreta sul rinnovo urbano dei centri storici, che coinvolge un importante settore dellurbanistica non solo italiana. Si vedano le pp. 163/168. 18 Si osservi che per larchitettura, le cui vicende storico-critiche sono strettamente legate a quelle dell'urbanistica, lo stesso fenomeno era stato registrato da C. Aymonino 1977.

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    Ogni epoca ha la sua urbanistica, ma eredita i risultati dell'urbanistica delle epoche anteriori, proprio come ogni societ rappresenta un compromesso, travagliato da tensioni interne, tra la societ attuale in divenire e il retaggio delle societ superate e scomparse che lhanno preceduta, ma che sopravvivono a se stesse. Si sarebbe tentati di definire l'urbanistica una materializzazione in pietra, in mattoni o in calcestruzzo delle strutture sociali, materializzazione che va dall'archeologia sociale alla previsione di fenomeni sociali19.

    Ma lurbanistica qualcosa di pi e qualcosa di diverso. Qualcosa di pi perch riguarda tutta l'organizzazione del territorio e non solo la citt le pietre e i mattoni; oggi vediamo ancora monti disboscati e terre bonificate da opere antiche di secoli, ancora oggi la suddivisione modulare del territorio fatta dai Romani permane nell'organizzazione di certe campagne, testimoniando un passato lontano di ben duemila anni. Ed ovviamente qualcosa di diverso perch, anche se permane una certa forma di organizzazione del territorio, questa testimonianza, ma non ovviamente permanenza e imposizione di quellordine sociale. Come la centuriazione romana comprensibile ricordando le necessit strategiche, coloniali e agricole, e come le citt fondate nel medioevo ricordano le espansioni demografiche e produttive con laffrancamento della schiavit e la bonifica di nuove terre da coltivare, cos lurbanistica - e questo vale sia nello studio della storia, sia nellazione politica in cui siamo coinvolti non pu essere compresa se non rifacendoci ai significati politici, sociali ed economici. Si tratta quindi di trovare ed applicare un unico metodo al passato e al presente. La storia deve essere motivata dalle analisi delle condizioni che hanno portato e permesso la progettazione e l'attuazione di determinate forme dell'organizzazione del territorio, giungendo a descrivere attraverso quali meccanismi stata data quella forma e perch quella piuttosto che unaltra era funzionale ai contenuti economici e sociali; significa avvicinarsi alla storia dell'organizzazione del territorio non da storico, da geografo, da architetto o da sociologo, ma da urbanista. Non quindi sufficiente elencare progetti, nomi dei progettisti e dei committenti, allegando disegni o fotografie, 19 P. George 1976 (1966).

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    proponendo classificazioni secondo landamento della rete stradale, ma bisogna sottolineare i rapporti tra progetti e attuazioni, tra le singole parti e lorganizzazione complessiva, lavoro per il quale esistono numerosi documenti e sopravvivono, come gi si detto, tutt'oggi nell'assetto del territorio le testimonianze dellurbanistica passata, materia che in gran parte ancora da esplorare e inquadrare sistematicamente. Allattuale significato di urbanistica hanno contribuito numerosi studi facenti capo a diverse discipline, ma in particolare la pratica dell'organizzazione delle attivit umane sul territorio, che, senza soluzione di continuit, stata applicata dall'antichit. I fatti riguardano le citt e il territorio, la fondazione di nuove citt, l'espansione di citt esistenti, le ristrutturazioni e i rinnovi del tessuto urbano, luso delle strutture edilizie, cos come luso del territorio e le grandi infrastrutture necessarie al potenziamento produttivo, ai collegamenti, all'approvvigionamento. Il criterio ordinatore di questo studio dell'urbanistica la corrispondenza tra realt della pianificazione, gli strumenti per realizzarla e le formulazioni teoriche; lobiettivo quello di fornire un orientamento attraverso la letteratura esistente e indicare frontiere di nuove ricerche, rimanendo per nell'ambito della storia dell'epoca moderna, e riandando al passato attraverso gli studi di storia dellurbanistica.

    3.2. La situazione dell'urbanistica prima dell'affermazione della borghesia Alle soglie delle grandi rivoluzioni produttive e sociali che si attuarono tra la fine del XVII e il XIX secolo, l'assetto del territorio era caratterizzato da un uso estensivo del suolo, con scarsa produttivit e rapida degradazione della fertilit. Agricoltori e allevatori, in perenne contrasto, si contendevano le terre, e la necessit portava a colonizzarne sempre di nuove attraverso disboscamenti e bonifiche. Guerre, carestie, crisi economiche, insurrezioni contadine e urbane fecero fluttuare la popolazione tra citt e campagna. Secondo le congiunture economiche dell'artigianato nelle citt si sostituiva nelle campagne il lavoro a

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    domicilio legato al lavoro agricolo, e a questo si contrapponeva poi il reclutamento come salariato presso le manifatture. In Italia una fitta rete urbana costituiva la base solida a cui far riferimento, adattando le citt esistenti con rinnovamenti e migliorando i collegamenti sul territorio; oltralpe le esigenze militari richiedevano in maggior misura opere di fortificazioni e fondazione di citt militari per difendere i confini estremi. Nelle colonie d'oltreoceano si poneva poi un problema completamente diverso: vasti domini da urbanizzare, sostituendo radicalmente l'organizzazione sociale indigena con un nuovo potere, il cui governo si esprimesse attraverso solide strutture urbane, appositamente fondate.

    Nei secoli tra il XVI e il XVIII, e oltre, i processi dell'accumulazione originaria improntavano di s i pi diversi aspetti della storia dell'Occidente europeo e quelli dell'Italia in particolare (...) il ritmo della accumulazione originaria - premessa necessaria per la instaurazione del nuovo modo di produzione capitalistico dipese per una larga misura dal grado di sfruttamento dei lavoratori del Nuovo Mondo: da quelli delle miniere, in primo luogo, e poi, sempre pi largamente, da quelli delle piantagioni di canna da zucchero, di cacao, di caff ecc. I processi (...) relativi alla parte che il sistema coloniale (...) ha avuto nell'accumulazione originaria, sono da riferire, in generale, alla pratica del capitale commerciale: che - sino all'avvento della produzione industriale di massa e cio, in Europa, fino al secolo XIX insieme con il capitale usurario ha sempre avuto una parte decisiva nell'accumulazione di quei patrimoni monetari, la cui formazione costituisce un presupposto necessario, seppure non sufficiente, per l'insorgere del nuovo modo di produzione capitalistico (...). Da un lato (...) contingenti importanti di patrimoni monetari accumulati, in varie parti del paese, nelle attivit commerciali, artigianali ed altre, tendono a trasferirsi dal campo di attivit pi caratteristico per il capitale commerciale a quello pi specifico per il capitale usurario, da prestito e bancario. D'altro lato si pu rilevare che, nella nuova situazione, contingenti non meno importanti dei patrimoni accumulati, in ragione delle attivit artigianali, commerciali e bancarie, e di quelle agricole stesse,

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    cominciano a rifluire in misura crescente dalle citt verso le campagne, avviando, gi nel corso del secolo XVI, quel processo che stato definito come quello di una vera e propria terrierizzazione dei patrimoni monetari medesimi, e che verr assumendo un rilievo ancor pi decisivo nel secolo XVII20.

    Le trasformazioni strutturali portano a un secondo feudalesimo con tanto di investiture e all'uso dei terreni demaniali a campi aperti si sostituirono in misura sempre pi massiccia le recinzioni abusive dei campi pubblici da parte dei feudatari.

    La rifeudalizzazione rappresent causa primaria della rovina delle campagne per due motivi. In primo luogo essa provoc un mutamento di ruolo dell'economia agricola; lo scopo di questa non era pi di produrre beni in relazione alle esigenze di consumo della comunit, ma di produrre reddito in relazione alle esigenze del proprietario. In questa situazione le aree meno produttive furono abbandonate o convertite a colture richiedenti minore manodopera, ad esempio, a pascolo. In molti casi queste conversioni produssero situazioni di spopolamento della campagna, in quanto i coltivatori stabili furono sostituiti da manodopera avventizia stagionale, meno costosa, rappresentata da immigrati dalla montagna. Abbandono di terre e conversione di colture rappresentarono la causa immediata della degradazione sopra delineata. In secondo luogo la rifeudalizzazione provoc l'esodo dei signori, per cui i redditi prodotti nella campagna non si convertivano in opere di miglioramento agricolo ma erano impiegati nell'ambito delle attivit urbane. L'abbandono della campagna da parte dei signori fu determinato da due cause, spesso concomitanti. La prima era rappresentata dal pericolo dei briganti e delle soldatesche straniere sbandate (si rammenti che il Serlio concepiva la residenza del signore in campagna al modo di una piccola fortezza); la seconda era rappresentata

    20 E. Sereni 1972, pp. 202-203 e 205.

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    dalla volont del principe di raccogliere i nobili in un solo luogo, la citt, per meglio controllarne le azioni21.

    Il processo economico e politico invest complessivamente l'assetto territoriale e le trasformazioni assunsero un ritmo sempre pi veloce. Se gi nel XVI secolo era stata intravista la soluzione al problema agricolo attraverso lintegrazione tra agricoltura ed allevamento22 o erano state poste le premesse ad esempio con il potenziamento dell'irrigazione nel nord Europa e nella Padana, dovette per passare pi di un secolo prima delle applicazioni delle nuove teorie, e quasi mezzo secolo perch queste si diffondessero dall'Inghilterra a tutta l'Europa determinando una vera e propria rivoluzione agronomica. Criteri e guide dell'organizzazione del territorio erano costituiti da un complesso sistema di azioni private, di norme giuridiche - dagli statuti comunali alle leggi sul taglio dei boschi, al dazio e alle tasse sulle basi catastali - e di diffusione della cultura agronomica, attraverso i trattati. Ciononostante nella campagna che si riversano i lavori pi importanti per il consolidamento dell'assetto generale ed nella campagna che si manifestano i maggiori problemi di ordine sociale. I progetti di citt ideali e le utopie rinascimentali sembrano evocare un'immagine in particolare contrasto con queste profonde trasformazioni strutturali accompagnate da mobilit sociale, sommosse e guerre, ma un contrasto solo apparente proprio perch le citt rappresentano i luoghi di maggior immobilismo sociale23, e inoltre perch non esiste una vera e propria separazione concettuale tra citt reale e citt ideale. Come afferma Eugenio Garin:

    La citt ideale di tante scritture del secolo XV una citt razionale; una citt reale portata a compimento, svolta secondo la sua natura; un piano o un progetto attuabile; Firenze, Venezia, Milano, quando siano perfezionate le loro leggi e finite le loro fabbriche. Ed la citt naturale, che osserva le leggi immanenti alle cose. Senza estremismi, la giustizia fatta di coordinamenti e di organizzazione; un

    21 G. Simoncini 1974, vol. I, p. 163 22 Si veda il testo di agronomia di Camillo Tarello, Ricordo d'agricoltura, 1567, in cui per la prima volta si integrano agricoltura e zootecnia. 23 Cfr. G. Simoncini 1974, pp. 167-169.

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    problema risolubile con deliberazioni sagge e volont concordi, con eque tassazioni. Di Platone si ammira la razionalit, larchitettura, la distribuzione in classi, piuttosto che la comunione di beni e delle donne. Cos nelle strutture fisiche come negli istituti la citt ideale un disegno in via dattuazione, nella fiducia che luomo ha di s, confermata dalle antiche storie di citt ideali che si realizzarono: Atene e Sparta, come Firenze e Venezia. I problemi sono tutti di politica e di urbanistica, di saggezza e di giustizia. Ed importante che in queste scritture, dialoghi, storie, elogi, scarso e nessun posto abbiano i grandi temi religiosi. La citt ideale del Quattrocento in terra, e non si confonde n si confronta con la citt celeste24.

    Progetti di citt ideale, in questa accezione, di utopie urbane a sfondo sociale o viceversa, e interventi sulle citt esistenti costituiscono i tre momenti fondamentali attraverso cui passano i contributi alla pianificazione urbana, contributi dai quali risulta molto chiaramente che la citt era interpretata come testimonianza diretta dei rapporti sociali: lo schema geometrico era espressione concreta e contemporaneamente rappresentazione simbolica della stabilit sociale25. Dal primo impegno politico diretto degli architetti o degli urbanisti e dalla relazione concreta tra citt e societ verso la fine del Rinascimento si pass al disimpegno sociale del progettista a mano a mano che prevaleva l'aspetto del potere autoritario: la purezza geometrica dellimpianto signific sempre pi soltanto la ricerca formale di una progettazione, un ibrido tra urbanistica e architettura. Nel XVIII secolo diminuendo le necessit di ulteriori citt fortificate, si innest sul tema della progettazione di citt nuove la contrapposizione tra la forma geometrica chiusa al territorio e quella sempre geometrica, ma monumentale, simbolo del fasto regale, integrata con la natura mediante i parchi e aperta verso la campagna. In questa

    24 E. Garin 1965, pp. 52-53. 25 Sul rapporto tra citt e societ nel Rinascimento si rimanda ancora a G. Simoncini 1974.

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    contrapposizione, puramente formale e architettonica, si espresse l'assolutismo degli interventi urbani ormai sempre pi lontani dal concetto di decentramento e partecipazione al governo della citt del primo Rinascimento, e sempre meno aderenti ai reali bisogni della popolazione. Malgrado i rapporti indubbiamente stretti tra interventi sulle citt esistenti e fondazione di citt nuove, dal punto di vista progettuale la scelta delluno piuttosto che dellaltro illustra due modi antitetici di concepire la citt, emblematicamente rappresentati da Luigi XV che voleva allontanarsi da Parigi, citt degradata e centro di disordini e ribellioni sociali, per isolarsi nello splendore di Versailles e da Colbert che realisticamente voleva invece trasformare Parigi, perch in essa, concentrandosi e accumulandosi il potere economico, si potesse costruire il futuro centro nazionale. Oltre che dai trattati, i contributi alla formazione della pianificazione urbana sono contenuti e vanno ricercati nella pratica, ove senzaltro appaiono con maggior immediatezza e quantit di informazioni: ogni citt rappresenta un fatto particolare per le condizioni politiche ed economiche, per il retaggio e le innovazioni di normative giuridiche e per il regime fondiario. In questo campo, ancora suscettibile di numerose e fruttifere indagini, si propone una classificazione schematica ed esemplificativa degli interventi, dei quali pi che una descrizione, per la quale si rimanda ai libri di storia, si fanno alcune osservazioni e si indicano dei problemi ancora aperti, sottolineando per che allo stadio attuale degli studi storici possibile soltanto una classificazione di tipo formale, e non sostanziale, sui contenuti urbanistici per le citt nuove e per gli interventi sulle citt esistenti. Tra le nuove fondazioni si possono citare come casi emblematici Palmanova, citt di confine, realizzata a difesa dell'entroterra veneziano e progettata secondo schemi e necessit militari, senza per mai assolvere a funzioni strategiche; Versailles, lesempio pi sfarzoso e famoso di citt regale; Pietroburgo ora Leningrado che fondata nel 1703 da Pietro il Grande, ebbe poi un piano nel 1716 redatto da Alexandre-Jean-Baptiste Le Blond. interessante notare che, a differenza di Palmanova, questa citt voluta come sbocco della Russia verso lEuropa, assolse a questa funzione diventando citt industriale, espandendosi e dimostrando la validit della localizzazione, ma lo

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    sviluppo fu conseguito abbandonando quasi subito il progetto disegnato da Le Blond per dirigere la crescita con maggior accordo alle condizioni geografiche e alle necessit che via via maturavano. Tra gli interventi sulle citt esistenti si pu fare una distinzione tra gli interventi normali dovuti a motivazioni di rinnovo e di espansione e quelli eccezionali resisi necessari in seguito a catastrofi. Sventramenti, addizioni, lottizzazioni di espansione e abbellimenti si susseguono nel tempo utilizzando normative edilizie e piani di sviluppo, a volte piani con indicazioni funzionali. I meccanismi della crescita urbana al regime immobiliare e finanziario oscillano tra l'intervento autoritario e quello privato. Tra i diversi casi esaminati nella storia dell'urbanistica spicca per leccezionalit della continuit e del disegno urbano quello di Amsterdam, il cui piano predisposto da Staets nel 1607, approvato nel 1609, fu attuato in oltre 60 anni; in seguito furono approntati altri piani che seppero mantenere il carattere unico rispetto a quanto avveniva altrove, fino ai famosi piani moderni, quello di Hendrik Petrus Maria von Berlage del 1902, aggiornato nel 1917, e quello dellUfficio Tecnico, redatto tra il 1928 e il 1935 sotto la guida di Cor van Eesteren. Un altro esempio riccamente documentato costituito dalle trasformazioni urbanistiche che si compiono a Parigi nel Seicento durante gli intervalli di pace, quando la guerra non assorbiva tutte le possibilit finanziarie. Linflazione, che diminuiva la redditivit agricola e commerciale, e la politica a sostegno dellattivit edile per far circolare denaro e mantenere posti di lavoro, contribuirono ad agevolare la possibilit di enormi guadagni nelledilizia, cos che la costruzione delle piazze reali, di cui Place Royale (ora Place des Vosges) uno degli esempi pi famosi, non rappresenta soltanto un carattere innovativo rispetto ad altri sventramenti; l'obiettivo dichiarato culturale ed estetico di farne la pi bella citt del mondo non basta a togliere il sospetto che, come per altre operazioni parigine contemporanee, il movente speculativo fosse tutt'altro che secondario26. Linurbamento parigino fu eccezionale: si pass da 100.000 abitanti nel 26 Cfr. L. Benevolo 1968, pp. 923-939 e 1046-1048

    Commento [ACL1]: controllare

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    1500 a 200.000 verso la fine del secolo, a 415.000 nel 1637, a 600.000 verso il 1670. Questo aumento di popolazione vanific le ordinanze reali per limitare il perimetro urbano edificabile, mentre permise alla speculazione fondiaria ed edilizia di agire senza freno. Luigi XIV e Colbert, che ebbe la carica di controllore generale per diciotto anni (1665-1683), tentarono di imporre un ordine razionale nella costruzione di Parigi e nell'amministrazione dello Stato, curandone ogni particolare della gestione, e poich individuava come elemento fondamentale del benessere e della ricchezza dello Stato la concentrazione della ricchezza, si interess particolarmente dello sviluppo di Parigi e di solo alcuni elementi nodali del territorio francese. Uno spaccato interessante e rappresentativo della cultura urbanistica dell'epoca offerto dalle catastrofi che colpirono alcune citt e obbligarono a predisporre piani di ricostruzione con caratteri di urgenza. A Londra nel 1666 un incendio distrusse quasi interamente la City. Per la ricostruzione furono presentate diverse proposte, fra le quali fu prescelta quella di Christopher Wren, ma senza arrivare alla discussione in Parlamento. L'impossibilit giuridica, economica e finanziaria della pubblica amministrazione di imporre il riassetto delle propriet fondiarie, imped l'attuazione di piani che non tenevano conto dello stato di fatto dei lotti. Si promulg allora una legge in cui fu stabilito il termine di tre anni per la ricostruzione da parte dei privati, pena l'esproprio a valore di mercato. Si prescrissero anche allargamenti delle strade con una normativa edilizia e fu realizzata una nuova rete fognaria27. Il terremoto del 1693 che colp numerose cittadine della Sicilia occidentale e quello del 1790 che rase al suolo Messina e danneggi buona parte della Calabria furono altre tristi occasioni per sperimentare modelli urbanistici partendo dalla tabula rasa del passato, sostenuti dall'autorit legale, liberi nelle ricerche progettuali, passando dagli esempi di ricostruzioni in logo a Catania, Augusta, Reggio Calabria e Messina - in quest'ultima fu attuata una piazza aperta verso il mare, innovazione architettonica che in seguito ebbe molta fortuna - alle nuove fondazioni su terreni liberi lontani dai centri distrutti come

    27 L. Benevolo 1968, pp. 1228-1251; Rasmussen 1972, pp. 91-129.

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    Avola, Grammichele e Noto28. Nel 1755 un terremoto seguito da maremoto e incendio ridusse in rovina il centro di Lisbona, grande citt di 250.000 abitanti nota come la residenza d'Europa per la ricchezza e la mitezza del clima. Il piano di ricostruzione fu proposto in una situazione completamente diversa da quella di Londra non tanto perch era passato quasi un secolo, in cui la cultura urbanistica non aveva subito apprezzabili mutamenti, quanto per le diverse condizioni politiche. Lautorit centrale dellassolutismo illuminato permise di adottare misure durgenza e di imporre un piano che modificava radicalmente la situazione fondiaria del passato. Non bisogna scordare che tra i primi provvedimenti per attuare questo piano vi furono tasse su tutte le importazioni e il contributo di molti paesi, timorosi di essere danneggiati nei propri interessi commerciali, che permisero la costituzione di un fondo per lattuazione del piano. Per sveltire la ricostruzione furono studiate e imposte misure modulari che condizionavano tutta lopera di ricostruzione, avviando una sorta di industrializzazione moderna dell'edilizia. Lintervento fu quindi globale, dal piano generale alle opere di infrastruttura e la produzione edilizia, risolto non attraverso la progettazione di un solo individuo, ma di un vasto gruppo di lavoro diretto dal marchese di Pombal29. Lesperienza coloniale complementare a quella europea; in America, come osserva Benevolo:

    gli europei possono operare in uno spazio vuoto e devono attuare in pochi decenni un immenso programma di colonizzazione. Questo senso di libert e novit la caratteristica saliente dalle realizzazioni cinquecentesche al di l dell'oceano, e i protagonisti ne erano ben consapevoli. Sugli stipiti del palazzo arcivescovile di Mexico stata scritta questa frase dell'Apocalisse: Dixit qui sedebat in throno: ecce nova facio omnia.

    28 M. Giuffr, Utopie urbane nella Sicilia del '700, Facolt di Architettura dellUniversit di Palermo, Quaderno n. 8-9, 1966. 29 L. Benevolo, 1968, pp,. 1369-1377; J.A. Frana 1972.

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    Sarebbe un grave errore considerare le esperienze americane come episodi marginali nella storia dell'architettura del 500; esse non solo le sistemazioni quantitativamente pi cospicue realizzate nel secolo XVI, ma sono anche per certi aspetti le pi significative, perch i loro caratteri dipendono in misura maggiore dai concetti culturali acquisiti a quel tempo, e in misura minore dalle resistenze dell'ambiente urbano e rurale organizzato in precedenza30.

    Nel nuovo modello le utopie vennero assunte come indicazioni concrete di criteri per fondare le citt. Si instaur tra Europa e Nuovo Mondo un rapporto di reciproca influenza, dal quale si svilupparono per due strade diverse, pur senza raggiungere sostanziali differenze e innovazioni nell'assetto del territorio. Cos mentre in Europa lo sviluppo urbano era legato alla tradizione, in America si sperimentarono le applicazioni delle utopie e le teorie rinascimentali, ma non per questo mutarono i rapporti tra citt e campagna, n la formazione e la fruizione dellambiente urbano ebbe diverse caratteristiche.

    3.3. Le trasformazioni territoriali intorno tra XVIII e XX secolo e i contributi alla formazione disciplinare dell'urbanistica Nel XVIII secolo si compirono gli eventi che ebbero maggior peso nel modificare lo sviluppo dell'organizzazione del territorio; mutarono ed esplosero situazioni che sconvolsero l'andamento demografico, i modi produttivi, gli equilibri economici e il potere politico. Gli effetti oltrepassarono l'ambito in cui avvenivano, stravolsero i rapporti tra citt e campagna, ed obbligarono alla ricerca di nuovi strumenti per governare il territorio. Pur essendo diventato luogo comune della storiografia architettonica ed urbanistica porre l'accento su questi elementi e considerarli separatori, in senso metodologico e cronologico, tra l'urbanistica del passato e

    30 L. Benevolo 1968, pp. 605-606.

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    quella moderna, necessario riproporli ancora succintamente, osservando quanto ancora siano sommarie e incomplete le analisi di questi fenomeni dal punto di vista territoriale, solitamente limitato al caso inglese. Il primo evento fondamentale registrato verso la seconda met del XVIII secolo. Ha origine nella rivoluzione agronomica, nelle riforme agrarie e nella riorganizzazione sociale nelle campagne, passa attraverso la recinzione delle terre comuni e attraverso l'adozione dei catasti come strumenti per incentivare la produttivit agricole e aumentare il gettito fiscale, ed ha sbocco nella rivoluzione industriale. In Inghilterra si verificarono insieme, prima che negli altri paesi, le condizioni necessarie: gli aumenti della ricchezza nazionale e della produzione agricola e manifatturiera, accompagnati dal progresso delle ricerche scientifiche e, non bisogna trascurarlo, dai successi di politica estera e dell'economia coloniale, portarono a rivoluzionare i sistemi produttivi. Nuove tecniche applicate alla tessitura e nuove macchine per produrre energia furono le premesse all'industria moderna. Alla vecchia struttura produttiva delle industrie manifatturiere che era diffusa con il lavoro a domicilio, integrativo dei lavori agricoli, si sostitu la concentrazione dei luoghi di lavoro trasformando artigiani e contadini in proletari salariati. Il mutamento dei modi di produzione nelle industrie si svolse quasi parallelamente al miglioramento della produttivit agricola e quindi alla diminuzione del fabbisogno di mano d'opera in campagna. Alla fuga di popolazione dalle campagne e all'urbanesimo che ne deriv non sempre corrispose un uguale incremento di posti di lavoro nelle citt. Agli investimenti per costruire vie di comunicazione con strade e canali si aggiunsero lo sfruttamento della macchina a vapore e l'invenzione delle ferrovie. Le innovazioni dei mezzi di trasporto rivoluzionarono il concetto di distanza con un ridimensionamento cos radicale da influenzare fortemente l'economia e il commercio regionale e internazionale. Se prima dello sviluppo dei mezzi di trasporto, il processo di crescita della produzione industriale era condizionato dall'accessibilit del mercato e dalla localizzazione dei giacimenti di

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    materie prime e di carbone, con l'avvento della ferrovia e l'estensione delle linee, gli investimenti di capitali non erano pi limitati non solo dalle distanze e dai costi di trasporto, ma nemmeno dalle aree di influenza politica diretta. A dispetto delle norme protezionistiche i rapporti economici furono gestiti con maggior spregiudicatezza, facendo scricchiolare l'equilibrio raggiunto con le guerre del XVII e XVIII seco