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.IN POMP~ MAGNA

di ALESSANDRO GANDOLFIfotogrqfìe diENRICA SCALFARI/AGF

SHELl

Alle porte di Milano un museoraccoglie vecchi distributori, tuttiancora funzionanti. E ancheutensili e gadget delle societàpetrolifere. È la colazione messainsieme in oltre trent'anni daun ragioniere con il pallinodelle stazioni di servizio

PALAZZOLO MILANESE. «Colpa deimobili brianzoli, non se ne vendevano

più». Quando Guido Fisogni smette dicommerciare credenze e tavolini correl'anno 1966. Ha venticinque anni. «Colpaanche del mio diploma da ragioniere. Nonvolevo farlo, io, il ragioniere». Col fratelloallora si butta nel campo petrolifero, ma-nutenzione delle stazioni di servizio. «Ungiorno sono in giro con il camion in unacava di sabbia. Me lo ritrovo li, abbando-nato: un Bergomi del '31 a pentalitri, bluAgip, con i fasci littori e la scritta Benzina:Victoria nelle antine. Sì, perché allora lavittoria era la normale e la littoria la superoChiedo gentilmente: posso portarlo via?».

Si inizia sempre così. TIBergomi del '31oggi è uno dei centocinquanta distributoridel Museo Fisogni, esposti insieme a __

Secondo una stima di esperti giapponesi, lacollezione Rsogni di stazioni di servizio ha

un valore di dieci miliardi. Qui a sinistra, undistributore del 1938 a misurazione

volunietrica con indicatori a orologio

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duemila latte dell'olio, tremila fra ingrassatori,"estintori, cambiaolio, compressori, e poi giochi,accessori, un archivio <li disegni tecnici e -materia-.le pubblicitario che fa la gioia degli studenti in de-sign del Politecnico. Con la pazienza del ragionie-re, in trentatré anniGuido Fisogni ha raccolto tut-to quello che ha trovato con impresso il marchiodi una -società petrolifera. -Compreso il-45 giri diGiulio Libano È una questione di scelta sponso-rizzato dalla Mobil. Compreso il manifestoL'Agip ha fornito il carburante per le conquiste

-dell' Impero. Compresa la locandina-di Ladro e - - Non solo 4istributori,guardia, con Franchi e Ingrassia: perché sulla si- ma anche lattenistra, in basso, spunta un distributore. dell'olio, ingrassatori,

Per fare tutto questo il ragioniere ha .trascurato compressorie~ila moglie, ha perso le ferie, ha occupato un enor- giochi e materialeme capannone, ha pagato tutto dì tasca propria, pubblicitario: il museocompresa la stampa di cataloghi, depliant e porta- Fisogni raccogtie tuHochiavi. Ha perfino assunto un operaio che a tempo quanto abbia impressopieno gli restaurasse i pezzi, fornendo ricambi e il marchio di unaprogetti originali: «Più che un meccanico un vero società petroliferaorologiaina.dice oggi.deìl'amico Giuseppe «ed è

-grazie a lui se i distributori sono ancora funzio-nanti». Funziona anche il più piccolo dì tutti, unriempiaccendini da muro trovato nel retro bottegadi un tabaccaio, in Valtellina. Oggetto introvabile,-coi cinque ugelli diversi che sceadevano a-servirei dìversi tipi di accendino.

Patrimonio notevole questo museo, se si pensache a-Palazzolo, una decina di chilometri a nord diMilano, sono raccolte più di una storia. C'è quelladelle stazioni di servizio, e si va dalla più vecchia,un venticinque litri del 1890 trovato in Svizzera epagato qualche milione, a quelle americane dì ini-zio secolo, su carrelli, alle italiane simili acolon-ne ioniche con tanto di basamento e capitello, finoalle Nizzoli del '58 (le prime che abbando- •••

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nano la classica forma a frigorifero: due sono sta-te donate alla Triennale) e alle Benaglia anni Set-tanta. C'è la storia delle illustrazioni pubblicitarie,delle targhe a smalto, delle promozioni (già nel1914la Gulf Oil Company spediva a diecimila au-tomobilisti la cartina della Pennsylvania con lapropria. pubblicità), {:'è poi la storia dei marchiaziendali: quanti sanno che prima del cane a seizampe l' Agip, che nel '27 si chiamava Snom (So-cietà nazionale olii minerali), avev-a come simboloun orso, e che allora la benzina arrivava dallaRussia? O che il celebre ornino della Michelin,quando ancora non era politicamente scorretto, te-neva in bocca con l'indice e il medio della manodestra un bel sigaro fumante? Oppure che la Mo-biloil 'negli anni è passata dal drago al pegaso gi-rato verso sinistra e poi, chissà perché, girato ver-so destra, e che al posto del cavallo la Esso avevaun cane lupo? «L'Oleoblitz come marchio aveva iramoscelli d'ulivo» racconta Fisogni mentre cam-mina fra i suoi cimeli «ma dovette aggiungere tre

frecce tricolori: c'era chi lousava come olio da cucina».

L'unica cosa è che il Mu-seo Fisogni, nascosto in unbrutte- qttartiere- di periferia,non lo conosce nessuno. Èfuori dal mondo. Sì, qualchescolaresca arriva, con il pa-drone di casa che accoglie,fa da guida e da cassiere

(l'ingresso è gratuito ma per chi vuole ci sono icataloghi). Così c'è il problema dei soldi: «Miavessero dato una lira, le società petrolifere: sem-pre "bello, bellissimo, che idea questo museo si-gnor Fisogni", ma mai un soldo. Eppure un qual-che interesse a mantenere la memoria dovrebberoaverlo anche loro». Per farsi un po' di pubblicità,da qualche anno il nome di Fisogni campeggiasulle magliette del Como 2000, calcio femminile:«Penso che sia l'unica squadra ad essere sponso-rizzata da un museo. Le ho portate dall' oratorioalla serie B ma quest'anno si rischia di salire in Ae allora io l'ho premesso: troppe trasferte, troppisoldi».

Qualche contatto a dir la verità Fisogni lo haavuto. Otto mesi fa si fanno avanti i giappo- •••

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Sopra a destra, GuidoFisogni in una delle saledel museo. A fianco ildistributore Bergomi del1931, coni fasciliHorielascritta Benzina Victoria:così allora si chiamava lanonnale, mentre la superera detta LiHoria

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nesi e sparano la cifra: il museo vale die-ci miliardi. Un'offerta che col tempo sirivela diversa. In realtà propongono di~ -realizzare una società che organizzi mo-

, stre itineranti partendo da Tokyo: loro cimettono quattro miliardi per gli allesti-menti e le spese, Fisogni i dieci del suomuseo e alla fine gli utili si dividono inproporzione. «Troppo complicato» spie-ga «e poi c'era da trasportare i pezzi ingiro per il mondo. Ho rinunciato. Qual-che' mese fa è arrivata altra' gente; VOF

rebbero fare un'asta da Christie's e ven-dere pezzo per pezzo. Ho chiesto che migarantiscano un minimo, poi ci ho pen-sato: sarebbe un peccato disperdere ilmio museo».

Ci ha pensato, il ragioniere, a venderetutto. Potrebbe tornare alla sua vecchiapassione, allevare cavalli da corsa. Omagari tentare di riaprire' i canali di unmercato, quello delle stazioni di servizioalbanesi, che abbandonò quattro anni fa.O soltanto rallentare il ritmo. Ci ha pen-sato, ma poi vallo a trovare uno che te licompra tutti in blocco, questi oggetti.Perché a vendere il distributore Siliamdel '38 disegnata da Marcello Piacentini,praticamente un fascio verde con tantodi sagoma che ricorda il saluto fascista,non ci vuole niente. È un pezzo rarissi-mo. Ma a piazzare 1'enorme impalcaturadi un lavaggio del' 48, da tirare avanti e-indietro manualmente, o lo stock di ma-tite, fiammiferi e coltellini, sarebbeun'impresa;

Alla fine lancia I' appello: «10 sonoqui, disposto a discutere con chiunque.Si vuole fare la storia dei cento anni del-la distribuzione? Si vogliono espone idisegni a china degli anni Venti? Bastachiedere. Se poi ci fosse un ente pubbli-co o privato che volesse spostare il mu-seo in una. grossa città, tanto meglio.Vorrei solo due cose: che si riuscisse amantenere da solo e che non venissesmembrato all'asta». Per il ragionieresarebbe un po' come morire.

Alessandro Gandolfi

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ANCHE PER MENTADENTNON ESISTONO DUE BOCCHE UGUALI.

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