uno speciale per non dimenticare - scuolereggello.it speciale... · I ricordi comunque rimangono...

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Anno 3, Supplemento Giugno 2013 ISTITUTO COMPRENSIVO DI REGGELLO Nella storia ci sono stati tanti demoni che hanno tentato di annullare la vita dei deboli o dei giusti o di coloro che non si sottomettono, distruggendo le cose più care, la casa, gli oggetti, le foto, la libertà. I ricordi comunque rimangono come segno dell’amore che abbiamo ricevuto dai nostri cari, e nessuno potrà portarli via. Il 27 gennaio e il 10 febbraio di ogni anno non sono giornate qualsiasi: si celebrano il “la giornata della memoria, e “il giorno del ricordo”. Quarantotto ore durante le quali il mondo si prende una pausa per ricordare la Shoa, l’Olocausto, e le tante vittime delle foibe, momenti storici che sono la grande Vergogna del secolo scorso. Sei milioni di ebrei ma anche zingari, omosessuali, portatori di handicap stermi- nati nei campi di concentramento nazisti, oltre duemila vittime per anni dimenticate nelle cavità carsiche, episodi terribili nella millenaria storia dell’umanità che fanno ancora inorridire. Anche se qualcuno tenta di negare ciò che è accaduto tra il 1938 e il 1945 e negli anni successivi nella penisola istriana, noi abbiamo il dovere e la responsabilità di tramandare il ricordo di tutti quei morti che ci hanno lasciato a causa di ideologie distorte, dell’odio, del razzismo, della follia perché coloro che rappresentavano le massime autorità pensavano che ci fossero razze inferiori, uomini “diversi” non consi- derati da loro come esseri umani tutti uguali, ma uniti tutti nella sofferenza. Dopo aver visto con i nostri occhi il campo di concentramento di Auschwitz, uno dei tanti luoghi degli orrori appena descritti, dopo aver conosciuto alcune vicende legate agli abitanti del confine orientale ascoltate anche dalla testimo- nianza diretta della Signora Liana Sossi, abbiamo deciso di raccogliere in queste pagine il racconto delle nostre emozioni scrivendo i pensieri nei testi che troverete all’interno, il nostro modo per ricordare le tante vittime di queste terribili atrocità. La redattrice Giulia Melara L'entrata del campo di concentramento di Auschwitz evidenzia l'infame scritta "Arbeit Macht Frei", "Il lavoro rende liberi". uno speciale per non dimenticare

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Anno 3, SupplementoGiugno 2013

ISTITUTO COMPRENSIVO DI REGGELLO

Nella storia ci sono stati tanti demoniche hanno tentato di annullare la vita deideboli o dei giusti o di coloro che non sisottomettono, distruggendo le cose piùcare, la casa, gli oggetti, le foto, la libertà.

I ricordi comunque rimangono comesegno dell’amore che abbiamo ricevuto dainostri cari, e nessuno potrà portarli via.

Il 27 gennaio e il 10 febbraio di ognianno non sono giornate qualsiasi: sicelebrano il “la giornata della memoria, e “ilgiorno del ricordo”. Quarantotto oredurante le quali il mondo si prende unapausa per ricordare la Shoa, l’Olocausto, ele tante vittime delle foibe, momenti storiciche sono la grande Vergogna del secoloscorso.

Sei milioni di ebrei ma anche zingari,omosessuali, portatori di handicap stermi-nati nei campi di concentramento nazisti,oltre duemila vittime per anni dimenticatenelle cavità carsiche, episodi terribili nellamillenaria storia dell’umanità che fannoancora inorridire.

Anche se qualcuno tenta di negare ciò

che è accaduto tra il 1938 e il 1945 e neglianni successivi nella penisola istriana, noiabbiamo il dovere e la responsabilità ditramandare il ricordo di tutti quei morti checi hanno lasciato a causa di ideologiedistorte, dell’odio, del razzismo, della folliaperché coloro che rappresentavano lemassime autorità pensavano che ci fosserorazze inferiori, uomini “diversi” non consi-derati da loro come esseri umani tuttiuguali, ma uniti tutti nella sofferenza.

Dopo aver visto con i nostri occhi ilcampo di concentramento di Auschwitz,uno dei tanti luoghi degli orrori appenadescritti, dopo aver conosciuto alcunevicende legate agli abitanti del confineorientale ascoltate anche dalla testimo-nianza diretta della Signora Liana Sossi,abbiamo deciso di raccogliere in questepagine il racconto delle nostre emozioniscrivendo i pensieri nei testi che trovereteall’interno, il nostro modo per ricordare letante vittime di queste terribili atrocità.

La redattrice Giulia Melara

L'entrata del campo diconcentramento diAuschwitz evidenzial'infame scritta "ArbeitMacht Frei", "Il lavororende liberi".

uno speciale per non dimenticare

ANNO 3, SUPPLEMENTOPAGINA 2

Franz si svegliò come ogni mattina al canto del gallodella sua fattoria: si vestì velocemente con i suoistraccetti da contadino e, sedutosi sul letto di pagliaavvolto da coperte di candido lino, si infilò le scarpe.Scese dal granaio dove dormiva e corse in cucina perfare colazione. Trovò il solito latte fresco con un uovo alpadellino. Sua madre, evidentemente, era andata inpaese a vendere il pane e le uova fresche.

Franz consumò velocemente il suo pasto ed uscì.Fuori cominciava a riscaldarsi e il sole splendevainsolitamente sulle colline brulle.

Non perse tempo: prese i semi e cominciò aspargerli sul campo arato. Uno stormo di corvi nerivolava in cielo. Terminata la semina, il ragazzo si asciu-gò la fronte imperlata di sudore e si lavò. Si asciugò allameglio i capelli biondi e ricci e si sedette ammirando ilpaesaggio. Il sole però si stava oscurando, dietro anuvoloni che predicevano un acquazzone.

Come previsto, Franz sentì una goccia di pioggia.Corse nel capannone appena in tempo per sentire ilrumore scrosciante del temporale e l’odore di terra arsache assorbe velocemente l’acqua. Si sdraiò sul letto eprese la foto di suo padre. Era stato un bell’uomo alto,con molte medaglie appuntate sulla divisa da militare.Era morto prima che Franz nascesse, durante la GrandeGuerra.

Il ragazzo fu distolto dai suoi pensieri da una voceche proveniva dal portone del granaio: in piedi, tuttabagnata, con i capelli scuri attaccati al volto e il vestitinodi cotone tutto inzuppato, c’era Sarah, la sua amica delcuore, che veniva a chiedere del latte per il suofratellino. Fin da quando erano bambini lui e Sarahgiocavano nei campi e molte volte Franz andava a casadell’amica per aiutare la madre di lei a seminare e araccogliere il grano e la verdura.

Adesso, però, con il Fuhrer al potere, Sarah veniva dirado a casa di Franz e lui non sapeva capacitarsi delperché. Sarah era ebrea.

Da quel giorno, i mesi trascorrevano monotoni perFranz, scanditi solo dal canto del gallo e dalle nottistellate. Passarono gli anni e il ragazzo cresceva e siirrobustiva. Nel suo paese, però, in Germania, le cosestavano peggiorando. Sua madre diceva da tempo chesecondo lei, se Hitler continuava “in quel modo”, moltopresto sarebbe scoppiata un’altra guerra.

Il Fuhrer, infatti, aveva convertito gran parte delleindustrie in fabbriche belliche e dai suoi discorsi sicapiva che stava cominciando a “radunare” gli ebrei.

Un giorno Franz fu svegliato di prima mattina dauna voce che conosceva bene. Aprì gli occhi e trovòSarah che lo fissava terrorizzata dalle scalette. “Sarah,che cosa ci fai qui?”, mormorò assonnato. “Ho paura!“Quelli” hanno ucciso mia madre e mio fratello! Aiuta-mi! Nascondimi, ti prego!”.

Anghela, l’anziana madre di Franz, che nelfrattempo aveva assistito alla scena, non perse tempo ele disse: “Presto, Sarah, nasconditi qua dentro!”.

Improvvisamente si sentì bussare alla porta. Anghelaaprì ed entrò un generale con una fascia rossa condisegnata la svastica. “Il saluto, prego!”, ruggì. Franz esua madre dovettero farlo. “Ci è giunta voce che nellafattoria non lontana da qui vivano degli ebrei. Due liabbiamo uccisi, ma manca ancora una ragazza: voi

l’avete vista?”, gridò l’ufficiale prendendo Franz per icapelli e puntandogli una pistola alla testa. Anghela,senza esitare un istante, gridò: “Sì, è dentro il baule!”.“Mamma!”, cercò di opporsi Franz. Sotto gli occhisbigottiti del giovane, il nazista aprì il baule e afferròviolentemente Sarah per un braccio. “Il ragazzo dovràvenire con noi! E’ il minimo che possiate fare per avernascosto un’ebrea!”, sentenziò il generale. Poi trascinòFranz e Sarah fuori e sbatté la porta alle sue spalle.

Pur terrorizzato, il ragazzo provò a reagire scalcian-do: in un attimo venne tramortito e cadde a terra sve-nuto. Quando si riprese, sentì un dolore acuto alla testae si accorse solo dopo un po’ di essere su un treno inmovimento. Passato un tempo incalcolabile, la locomo-tiva si arrestò e le porte furono aperte. Davanti a Franzstava un edificio grigio con un’inferriata che recitava :“Il lavoro rende liberi”. Un odore forte e nauseante, dicarne bruciata, penetrò insistentemente nelle narici delgiovane, che inorridì. Lui ed altre centinaia di uominicon un pigiama a righe furono portati davanti ad alcunisoldati che li smistarono secondo il sesso e l’età. Franzaveva 26 anni e fu messo insieme agli uomini.

Venne condotto con i compagni alla fabbrica side-rurgica dove un ufficiale spiegò, senza mezzi termini, lecondizioni: o lavoravano o morivano.

Franz dovette trasportare per tutto il giorno pesanticarriole. Erano cariche di munizioni. Era in compagniadi gente spenta, smunta, affamata, sporca, dallo sguar-do vuoto…troppo debole per ribellarsi a tutto questo.

Dopo il lavoro dovevano dormire in stanzoni sudicie freddi, in spazi che bastavano a malapena per ventipersone dovevano riposare 50 uomini e più… Ogni

Uno scorcio di Auschwitz fotografato durante una visita scolastica.Foto dell'alunno Calussi della classe 3^A

storia di un'amicizia speciale

PAGINA 3CACCIA ALLA NOTIZIA

giorno era peggiore del precedente, ogni tantoqualcuno accanto a Franz cadeva sfinito e giaceva alsuolo immobile, morto.

Ogni tanto un ufficiale veniva e portava via unaventina di persone per far loro la “doccia” e Franz, cheaveva capito, si doveva nascondere dietro ad altri. Ilragazzo era arrivato alla consapevolezza che sarebbemorto presto.

I giorni passavano e sempre più persone morivano.Franz tentava di resistere con la forza della dispera-zione, ma anche quella ormai era esaurita. Si trovòdimagrito di almeno 10 chili. L’odore di cadaveribruciati era sempre più penetrante. Quando ogni mat-tina il ragazzo si avviava con gli altri verso la fabbricadoveva pregare Dio di riuscire a resistere.

Passarono i mesi. Era giunta voce che i russi stavanoarrivando. Franz fu preso da due sentimenti contras-tanti: era felice dato che forse li avrebbero liberati, d’al-tro canto indovinava che “quelli” negli ultimi giorniavrebbero cercato di uccidere quanti più prigionieripotevano e così fecero.

Era una sera come tutte le altre quando la portadello stanzone fu spalancata. Entrò un generale cheraggruppò una ventina di ebrei e li portò fuori. Da den-tro lo stanzone si sentì il rumore assordante di unamitragliatrice e il tonfo di corpi che cadevano a terra.Franz capì subito quello che stava succedendo.Terrorizzato non si mosse. Il generale rientrò dal por-tone e prese un altro gruppo. Stesso rumore dimitragliatrice. Infine venne la volta di Franz: fu preso edisposto sul lastricato. I prigionieri furono disposti in filae davanti a loro i soldati con i mitragliatori puntati…Ilgenerale contò in tedesco: 1…2…3…Fuoco! Un turbiniodi proiettili partì e Franz fu colpito al braccio destro.

Fortunatamente non morì, ma cadde a terra dal dolore.Fu così che gli venne in mente una folle idea per

salvarsi. Protetto dai cadaveri dei compagni, Franz nonsi mosse. Come si aspettava ci furono altri spari e altricorpi caddero sopra quel cumulo di morti. Infine icadaveri vennero spinti vicino ad un muro. Il ragazzoera in fondo e respirava a fatica. Solo ora una paura loassalì: sarebbe stato cremato vivo? Ma la fortuna eraancora dalla sua parte. Franz aveva i polmoni saturi diodore di cadaveri e un dolore lancinante al braccio.Non seppe quanto passò, ma quando spuntò il solesentì degli strani rumori: delle jeep e una parlata nontedesca. Riconobbe l’accentò russo e gridò. Si divincolònell’ammasso di quei corpi e riuscì a sgusciarne fuori.Quello che vide sembrava un sogno: i russi erano sullejeep e di tedeschi non c’era l’ombra!

Un uomo lo vide e parlandogli in tedesco glidomandò: “Ehi, chi sei? Come stai? Hai bisogno d’aiu-to? Vieni, sali!”. Franz salì sull’auto e fu portato ad unaccampamento fuori da quell’inferno. Venne rifocillato.Dopo qualche ora di meritato riposo gli fu chiesto seconosceva alcuni deportati di una lista e con suogrande stupore e gioia vide il nome della sua caraamica, Sarah. Chiese di vederla e fu portato da lei.

Non la riconobbe subito, era calva, con una ban-dana nera in testa, incredibilmente dimagrita. Franz lesi avvicinò e le sollevò il viso: lei gli rivolse un sorriso chenon si sarebbe mai scordato. Si abbracciarono in lacri-me, felici. Rimasero così, uno stretto all’altra, per untempo incalcolabile.

La loro amicizia, quella di un tedesco e di una ebrea,era sopravvissuta al capitolo più bestiale della folliaumana: la SHOAH !

A cura di Francesco Di Rosa ­ Classe 3^E

L'ingresso per il campo di Bikernau ­ fonte vortexnewscalabria.com ­ http://alturl.com/wo2v5

ANNO 3, SUPPLEMENTOPAGINA 4

A mani nudeTi osservodietro a comignoli di fumoin mezzo alla neve e al filo spinatocon occhi imploranti la libertà.A mani nudeChiedi un aiutoA mani nudeChiedi di vivere i tuoi teneri anniA mani nudeSogni una vita spensierataA mani nudeSono imponente:non posso ridartila libertà.

Chiara Vasta

E iochiuso in questa stanza oscura,viaggio con la mente offuscata per trovare risposta.Oh fratello caroA tutti gli uominiChe come teHanno perso il gioco della vitaPer un solo uomo,in grado di annientare il sognocon una semplice parola.

Marco Montigiani

Se la storia fosse scrittaDalle povere anime torturateDa una guerra senza fine,orrore e lacrimene cancellerebbero le parole.

Andrea Paszkowski

Un lungo viale imbiancato,un silenzio di pianto.Uomini, donne e bambini.Ragazzi, adulti ed anziani.Strappati alle case e agli affetti,trascinati e rinchiusi nei ghetti.Tutto intorno c’è un muro,restan fuori la speranza e il futuro.Capelli mortiChe un tempo abbellironoLa testa di giovani donneE che ora giaccionoTutti per terra.Scarpe vecchieChe vestivano i loro piediE li condussero qui.E vecchi occhiali, vestiti,denti e altre cose.D’improvviso tutto scompare,si sgretolarono i sogni , le libertà.La vita si sgretolava davanti agli occhi.Non esisteva piu il tempo anch’esso

prigioniero come loro.Il sole non riusciva più a splendere,non esistevano più giorno e notte,neppure bei tramonti e sognic’era solamente il buio negli occhi di quelle personeprive di felicitàprive di voglia di vivere,oppure semplicemete sperare e andare avanti...niente più aveva senso,c’era solo puzza di morte,cattiveria, crudeltàniente più affetto, coccole,tutto era morto insieme a quelle persone,

persino le loro anime...ancora oggi si vedono i loro vestiti, capelli...ed altre cose che ci fanno un grande effetto,ci fanno venire i brividi,e ogni persona che ritorna da quel postoritorna con grande tristezzae con un grande terrore negli occhi.Provare a descrivere quello che quelle persone

hanno provatoIn quei momentiNon è per niente facile...In quel momentoLa gente non può dire parolaDel dolore che provaViene ridotta al silenzioE in un attimoSolo il fumo mostreràChe qui è stataÈ morta , lasciando soltantoUn brutto ricordo della loro fine straziante...

Keysi Lakja

Eravamo come quando,in una corona di fiorise ne appassisce uno e...tutti perdono la bellezza.Eravamo come quando,in un grande alberosi rompe una radice e...tutto perde vita.Eravamo come quando,le nuvole coprono il cielo,coprono il sole,coprono la luna,coprono le stelle e...tutto è oscurità!Eravamo incatenati gli uni agli altrisul ciglio di un burrone.Eravamo uomini,italiani,fatti morire nella nostra terra madre.

Susanna UffreduzziClasse 3^B

poesie sulla shoa dela Classe 3^D

A mani nude

speranze

le vittime

Un giorno difficile da non ricordare

eravamo (poesia sulle foibe)

PAGINA 5CACCIA ALLA NOTIZIA

Un’altra notte. Torvo, il cielo si chiude ancorasul silenzio mortale volteggiando come

un avvoltoio.Simile ad una bestia acquattata, la luna

cala sul campopallida come un cadavere.Notte, notte senza fine. Nessuna alba.I miei occhi sono avvelenati dal sonno.La nebbia cala su Birkenau,come il giudizio divino sul cadavere della terra.La Divina Commedia sarebbeun’opera di grande sensazionese Dante, invece che all’Inferno,fosse stato nei campi di concentramento.Vita sciupataChe infamiaChe i giorni scorrano senza alcun sensoChe anziché il riso — io conosca soltanto lacrimeSono avvilito, sono angosciatoPer aver perduto ogni speranza da così tanto tempoSono fessure i ricordi,ferite senza sangue,asciutte e, ancora aperte.Ferite che non si possono scordare,anche se si vuole loro si ripresentano.Sono ferite durate anni,mesi...Sono ferite che hanno cambiatoper sempre la storia di un popoloFili elettrici, alti e doppi,non ti lasceranno mai più rivedere

tua figlia, Mamma.Non credere alle mie lettere censurate,ben diversa è la verità; ma non piangere, Mamma.Son morto ch’ero bambinoson morto con altri centopassato per il caminoe adesso sono nel vento.Son morto senza colpe,senza motivo,senza assaggiare la vitaperché me l’hanno toltacome un bambino sono arrivatoe come bambino me ne sono andato.

Osaid El Debuch, Giulio Navarrini

Il giorno della memoriasi ripete ogni anno,portando con sé la stessa tristezza.È un modo per ricordare,per non dimenticare.Per non scordare l’ orroredella morte e della paura,delle famiglie distrutte,delle vite ormai perennemente segnate.Per non scordare bisognaImparare a ricordare,ma questo non confronta le perdite,non riempie i vuoti del cuore,ma forsa ci aiuta a non ripercorrere stradeche negano l’ uomo.

Matilde Tozzi, Elettra Berti, Linda Nocentini,Alice Deloni, Jasmine Pellegrini

Deserti e ossa e dune di teschi,occhiaie vuote e denti digrignanti,di forte rabbia per una morte orrenda,deliranti nelle fosse gridano il doloree dai roventi forni le vermiglie fiammesputano al vento l’eloquente cenered’ un olocausto truce e immotivato.Come il canto degli uccelli in gabbia,che tra le gretole cinguettan di mestizia;così, o fratelli, la vostra nenia veementesale dalle oscure tenebre sottoterrae tuona tra i lampi , mentre il ciel imbruna.L’ aria di morte di sudore è pregna d’antiche ansie,di pene e vilipendio,che offendono ancor l’ essere umano.Le mie lacrime di sangue raggrumatoson parole d’amore dette al vento,mentre si spezza l’anima l’affanno.Niente mi resta, se non col capo flessopregar per voi senza obliar giammai,perchè i campi spinati e i crematoi,sensali a forza del ceto scellerato,nella fredda quiete ancor singhiozzano,nolenti discenar sì grave lutto.Pensate, o uomini, a ciò che la storia scriveed accendete i forni per bruciare i semi,che son flagelli dei destini umani.Forse la storia non è magistra vitae,ma accademia per tanti delinquenti,che insegna spesso a vincere le partite,annientando gli onesti concorrenti.

Giulia Melara

Il monumento all'ingresso della foiba di Basovizza. Il bassorilievo indica ledifferenti altezze della fossa nel corso del tempo e la composizione degli strati.Fonte Wikipedia ­ http://alturl.com/z8p3j

senza futuro

guardare indietro per andare avanti...

L’olocausto degli ebrei , perche?

ANNO 3, SUPPLEMENTOPAGINA 6

Vogliamo chiudere questo speciale con una poesiache ha vinto uno dei premi nella terza edizione delconcorso per le scuole dell’Istituto Comprensivo di Reg-gello “In memoria di Renato Scarpelli”.

Il testo si intitola “Solidarietà” ed è stato scritto daAlice Aiello della classe 2^C.

Ci è sembrato il modo più appropriato per chiuderecon un messaggio positivo la pubblicazione diquest’anno, ricordando un sentimento che dovrebbeprovare ogni essere umano nei confronti dei proprisimili.

Prof.ssa Alessandra Bonciani

Solidarietà è pensarea quanto ci si può aiutare.È bello porgere la manoa chi da solo non va lontano.E’ bello illuminaregli occhi che non possono guardare.E’ bello insegnarealla bocca che non sa parlare.

La solidarietà non ha confiniè per i grandi e per i piccini.La solidarietà non ha frontiereè per le pelli bianche e per le nere.La solidarietà non ha religioneed è conosciuta in ogni nazione.

E’ sbagliato pensareche non tutti si possono aiutareperché se c'è amore e umiltàc'è anche la solidarietà.

Alice AielloClasse 2C

All'interno di uno speciale come questo é essenzialeinserire immagini che arricchiscano le parole edintroducano ulteriori spunti di riflessione; purtroppo,mentre abbondano foto terrificanti delle condizioni deideportati nei lager, non é facile trovare documenti visiviche permettano di capire cosa sia rimasto doposettanta anni dal termine degli eventi.

Cercando delle foto appropriate su internet hotrovato diverse immagini di provenienza incerta (quelledegli ingressi dei campi di concentramento ad esem-pio) e mi sono imbattuto in un bellissimo articolo, di cuiconsiglio la lettura, da cui sono tratte le foto di questapagina, raggiungibile a http://alturl.com/672kg in cuil'autore racconta la visita effettuata con un gruppo adAuschwitz.

Naturalmente le foto sono di proprietà dei rispettiviautori, non ho avuto il tempo di chiedere i permessi mala pubblicazione non ha alcuno scopo di lucro ed homesso i riferimenti di tutte le immagini utilizzate sianello speciale che nella pubblicazione principale.

Se qualche attribuzione fosse errata vogliate scusarcie comunicarci i giusti riferimenti, provvederemo allarettifica dell'errore nel prossimo numero (previsto pergiugno 2014).

Samuele Gaggioli

Dal sito dell'autore Marco Crupi ­ http://alturl.com/672kgNella foto in basso il capolinea dei treni della morte, in lontananza potetevedere il gate di ingresso Birkenau, anche questa foto è stata scattata colcellulare ed elaborata con Instagram.Come potete notare oltre a questa "scultura" vi sono dei sassi per terra con lastella di David e dei simboli ebraici, sono una antica tradizione ebraica nataquando, dopo aver seppellito un parente, venivano posti dei sassi a protezionedella salma. Vogliono dire "sono stato qui, e mi prendo cura di te".

Camera a gas ­ Marco Crupi ­ http://alturl.com/672kg

Forno crematorio ­ Marco Crupi ­ http://alturl.com/672kg

Solidarieta'

in chiusura

nota sulle foto