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UNIVERSITA’DEGLI STUDI DI PALERMO FACOLTA’ DI FARMACIA CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN FARMACIA CONTROLLI DI QUALITASU RADIOFARMACI PER SCINTIGRAFIA OSSEA E CARDIACA Tesi Sperimentale di laurea di: Calogero Sciumé Relatore: Prof. Antonio Bartolotta Correlatore: Dott. Gaspare Arnone DIPARTIMENTO FARMACOCHIMICO TOSSICOLOGICO E BIOLOGICO UNITA’ OPERATIVA COMPLESSA DI MEDICINA NUCLEARE A.R.N.A.S. PALERMO ANNO ACCADEMICO 2007/08

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UNIVERSITA’DEGLI STUDI DI PALERMO FACOLTA’ DI FARMACIA

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN FARMACIA

CCOONNTTRROOLLLLII DDII QQUUAALLIITTAA’’ SSUU RRAADDIIOOFFAARRMMAACCII PPEERR

SSCCIINNTTIIGGRRAAFFIIAA OOSSSSEEAA EE CCAARRDDIIAACCAA

Tesi Sperimentale di laurea di: Calogero Sciumé

Relatore: Prof. Antonio Bartolotta

Correlatore: Dott. Gaspare Arnone

DIPARTIMENTO FARMACOCHIMICO TOSSICOLOGICO E BIOLOGICO UNITA’ OPERATIVA COMPLESSA DI MEDICINA NUCLEARE A.R.N.A.S.

PALERMO

ANNO ACCADEMICO 2007/08

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INDICE

1.INTRODUZIONE 1

2. LA MEDICINA NUCLEARE 3

2.1 Procedure, tecniche ed apparecchiature utilizzate nella 6

diagnostica Medico-Nucleare

2.2 La scintigrafia: le immagini planari 7

2.3 La tomoscintigrafia 8

2.4 Tomografia per emissione di fotone singolo (SPET) 10

2.5 Tomografia per emissione di positroni (PET) 11

3. LA RADIOPROTEZIONE DEL PAZIENTE 14

3.1 Effetti biologici delle radiazioni ionizzanti 14

3.2 Principi di radioprotezione 17

4.L’USO DEL TECNEZIO IN MEDICINA

NUCLEARE 19

4.1 Caratteristiche dei radiofarmaci in medicina nucleare 19

4.2 Il generatore 99

Mo/99

Tc 23

4.3 L’elemento chimico Tecnezio 26

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4.4 Chimica del tecnezio 28

4.5 Marcatura con il 99mTc 30

4.6 Via di somministrazione 32

4.7 Controllo di qualità sul radio farmaco 32

4.8 Il ruolo del radio farmacista 38

PARTE SPERIMENTALE

5. “ AGENTE AMERSCAN ( Medronato ) ”

il radiofarmaco utilizzato per la scintigrafia ossea 43

5.1Preparazione e somministrazione della forma farmaceutica 46

5.2 Effetti indesiderati 49

5.3 Metodica per la purezza radiochimica mediante radio

cromatografo 49

5.4 Messa a punto di una procedura per il controllo di qualità

sulla purezza radiochimica tramite calibratore di dose 52

6. “ CARDIOLITE ( Sestamibi ) “ il radiofarmaco utilizzato

per la Scintigrafia miocardica 59

6.1 Cinetica miocardica 61

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6.2 Preparazione e somministrazione della forma farmaceutica 62

6.3 Effetti indesiderati 67

6.4 Messa a punto di una procedura per il controllo di qualità

sulla purezza radiochimica tramite calibratore di dose 67

7.CONCLUSIONI 71

RINGRAZIAMENTI 72

8.BIBLIOGRAFIA 73

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1.INTRODUZIONE

L’attività di ricerca svolta nel corso del presente lavoro di tesi

sperimentale nasce grazie alla collaborazione tra il Gruppo di ricerca in Fisica

Sanitaria coordinato dal Prof. Antonio Bartolotta del Dipartimento Farmaco

chimico, Tossicologico e Biologico, e l’Unità Operativa Medicina Nucleare

diretta dal Dott. Gaspare Arnone dell’Ospedale Civico, A.R.N.A.S Palermo. In

tale lavoro sono state ottimizzate le procedure per il controllo di qualità sulla

purezza radiochimica di due radiofarmaci tecneziati .

I controlli di qualità negli impieghi medici delle radiazioni ionizzanti sono

diventati un obbligo di legge e costituiscono il presupposto necessario affinché

l’indagine diagnostica o l’impiego terapeutico siano effettuati con il massimo

beneficio ed il minimo rischio per paziente ed operatori.

Per ciascun paziente, l’impiego delle radiazioni ionizzanti deve infatti

essere ottimizzato al fine di ottenere il massimo beneficio possibile. La quantità

di radiofarmaco somministrata nel corso di una indagine di medicina nucleare

deve essere tale che la dose di radiazioni che ne risulta per il paziente sia la più

bassa ottenibile, tenendo presente la necessità di ottenere l’effetto diagnostico

desiderato (principio di ottimizzazione).

Una indagine di medicina nucleare è inoltre certamente ottimizzata se nel

preparato radioattivo somministrato al paziente è presente solamente il

radiofarmaco nella forma chimica desiderata. La presenza di impurezze, infatti,

può aumentare la dose al paziente in modo indebito, anche se l’informazione

diagnostica viene comunque ottenuta, o può anche peggiorare la qualità

dell’immagine stessa; in casi estremi l’esame può essere vanificato in quanto

l’informazione diagnostica non si ottiene o è insufficiente. La purezza

radiochimica del radiofarmaco (percentuale di attività nella forma chimica

desiderata) dipende da una corretta esecuzione delle procedure di marcatura, che

vengono effettuate subito prima della somministrazione, dalla purezza

radiochimica e radionuclidica iniziale dell’eluato e dal rispetto del massimo

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intervallo di tempo accettabile tra la preparazione e la somministrazione, prima

cioè che la purezza radiochimica diminuisca al di sotto del minimo accettabile. Il

controllo di qualità della purezza radiochimica deve essere pertanto effettuato

prima della esecuzione degli esami e deve quindi basarsi su procedure

relativamente semplici, rapide ed affidabili, eseguite da personale qualificato.

Il presente lavoro di tesi è stato dedicato alla messa a punto e alla

ottimizzazione dei controlli di qualità sulla purezza radiochimica dei seguenti

radiofarmaci: ”Agente Amerscan (Medronato)” e “Cardiolite (Sestamibi)“.

Tutto il lavoro sperimentale è stato svolto presso la U.O. di Medicina

Nucleare A.R.N.A.S Palermo, sotto la guida del primario Dott. Gaspare Arnone,

che ringrazio per l’opportunità che mi ha dato di acquisire una notevole

esperienza come radiofarmacista; ringrazio sentitamente per la grande

disponibilità e collaborazione scientifica anche i medici del reparto Dott.

Garaffa, Dott.ssa Greco e Dott.ssa Ricapito. Ringrazio inoltre per la preziosa

collaborazione i Tecnici Sanitari di Radiologia Medica del reparto, Sig. Liotta e

Sig.ra Giacalone.

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2. La Medicina Nucleare

La medicina nucleare è una disciplina medica che si avvale di tecniche che

utilizzano sostanze radioattive non sigillate per diagnosticare o trattare patologie

[1]. Essa permette di acquisire, generalmente in maniera non invasiva dati

fisiopatologici (morfo funzionali) ― in vivo ― o in ― vitro ‖, o di realizzare un

effetto radiobiologico selettivo terapeutico su organi o tessuti secondo varie

modalità di tropismo biologico.

Si differenzia dalle altre discipline diagnostiche come la Radiologia,

l’Ecografia, la Risonanza Magnetica Nucleare, perché non si limita ad

informazioni di tipo morfologico ma rappresenta le funzioni biochimiche e

fisiologiche dell’organo in esame.

L’immagine scintigrafica esprime la distribuzione spaziale o spazio-

temporale del radiofarmaco; essa in genere non ha la definizione di immagini

ottenute con tecniche diagnostiche come la TAC e RM, ma lo scarso dettaglio

morfologico è ampiamente compensato dall'informazione sulla funzione

biologica [8,9].

Mentre le tecniche radiologiche (e anche la risonanza magnetica standard)

restituiscono delle immagini statiche dell'anatomia del corpo, l'imaging nucleare,

visualizzando la posizione nello spazio e nel tempo delle concentrazioni dei

radiofarmaci, permette non solo di seguirne l'assorbimento, ma anche di

controllare la funzionalità di organi coinvolti nel metabolismo delle sostanze

marcate o nella dinamica del loro flusso.

Per presidio di medicina nucleare si intende un complesso strutturale ed

organizzativo con scopi clinici, diagnostici e terapeutici, finalizzato all’impiego

delle radiazioni ionizzanti emesse da radionuclidi ed in particolare a quello dei

radionuclidi artificiali in forma non sigillata.

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Gli elementi radioattivi usati sono dei radionuclidi prodotti artificialmente e

confezionati in forma non sigillata ( sospensioni, soluzioni, ecc.. ) .

L’ analisi medico nucleare si può suddividere in più fasi :

1) Preparazione del radiofarmaco .

2) Controllo di qualità sul preparato .

3) Somministrazione .

4) Tempo di attesa ( necessario affinché il radiofarmaco si localizzi nel

sito d’interesse) .

5) Rilevazione radioattività con imaging-morfo funzionale o effetto

terapeutico .

L'impiego per uso DIAGNOSTICO comprende:

1) applicazioni di laboratorio, totalmente "in vitro", es. dosaggi

radioimmunoassay (RIA) ;

2) applicazioni "in vivo" e "in vitro", ossia studi di patologie mediante

conteggi della radioattività nei fluidi corporei dopo aver somministrato opportuni

radiofarmaci ai pazienti da esaminare (es. determinazione del volume ematico e

plasmatico, calcolo della massa eritrocitaria, test di assorbimento della vit. B12);

3) applicazioni "in vivo", di imaging morfo-funzionale, ( scintigrafie) che

presentano un campo di applicazione potenzialmente vastissimo in quanto,

tramite l’utilizzo del radiofarmaco adatto, possono essere studiate numerose

funzioni fisiologiche e le loro eventuali alterazioni. L'imaging scintigrafico si

contraddistingue, rispetto alle altre metodiche di imaging, per la capacità di

mettere in evidenza una compromissione funzionale anche prima che siano

riconoscibili alterazioni anatomiche.

4) applicazioni nelle quali quel che viene rilevato sono taluni effetti fisici

(assorbimento, radiazioni di fluorescenza, diffusione Compton, ecc..) prodottisi

nel paziente irradiato da sorgenti di radionuclidi posti esternamente ad esso.

Sono applicazioni poco praticate od ancora sperimentali ( con eccezioni della

densitometria ossea).

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L’impiego per uso TERAPEUTICO prevede che il radiofarmaco

somministrato al paziente, concentrandosi nei tessuti malati, possa irradiarli e

distruggerli risparmiando, per quanto possibile, quelli sani. I radiofarmaci che

vengono usati in terapia sono, per lo più, differenti rispetto a quelli usati in

diagnostica perché emettono radiazioni corpuscolate in grado di dissipare tutta la

loro energia in un volume molto piccolo ( <1 cm3

) ; ciò permette una

radioterapia metabolica selettiva e mirata. Ovviamente, come per gli usi

diagnostici anche per gli usi terapeutici è fondamentale una costante ricerca per

la messa a punto di nuovi radiofarmaci che presentino sempre migliori

caratteristiche fisiche e farmacologiche.

Esempi di applicazioni di radioterapia metabolica sono:

1) in campo endocrinologico: la terapia dell'ipertiroidismo, con 131

I ;

2) in campo ematologico: la terapia della policitemia vera ( Morbo di

Vaquez ), con 32

P

3) in campo reumatologico: la terapia intra-articolare della sinovite cronica

da artrite reumatoide, con radiocolloidi;

4) in campo oncologico: la radioterapia metabolica del carcinoma tiroideo

con 131

I, la terapia delle metastasi ossee con 89

Sr , la terapia palliativa dei

versamenti sierose esiti neoplastici con radiocolloidi.

Le applicazioni in vivo della medicina nucleare esigono una partecipazione

attiva dell’organismo per l’assunzione, trasporto, distribuzione , accumulo ed

eliminazione di radionuclidi e radiofarmaci, rese possibili dall’ esistenza di

funzioni biologiche che presiedono a questi fenomeni. Le applicazioni medico

nucleari ―in vivo ― hanno i seguenti scopi :

1) Esplorare particolari funzioni organiche e se possibile , misurarle onde

verificare se esse siano normali od alterate e stabilire l’entità dell’alterazione;

2) Evidenziare lesioni localizzate in organi od apparati attraverso

l’alterazione di funzioni biologiche che la lesione localmente determina;

3) Utilizzare meccanismi biologici elettivi e noti di concentrazione di taluni

radiofarmaci in particolari tessuti allo scopo di :

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- caratterizzare la natura di una lesione

realizzare un effetto radiobiologico locale, utile ai fini terapeutici.

La strumentazione disponibile in ogni centro consente attualmente alla

diagnostica medico-nucleare di eseguire quotidianamente sofisticate indagini

funzionali, ad esempio :

1) la distribuzione della funzione di accumulo di radiocomposti può essere

studiata anche mediante rilevazioni topografiche ( nelle tre dimensioni )

2) lo studio per immagini e quantitativo (in ml/min) dell’ irrorazione

ematica di alcuni organi può essere completato con valutazione dei flussi locali

in particolare ―zone di interesse ― entro l’organo

3) lo studio dinamico dell’ assunzione, escrezione e transito di radiofarmaci

adatti ad essere eliminati dagli emuntori ( renale ed epatobiliare ) può essere

effettuato con immagini seriate e con valutazioni semiquantitative e quantitative

basate sul campionamento delle variazioni di radioattività nel tempo ;

4) la cinetica di organi in movimento(cuore) può essere studiata globalmente

e zonalmente; possono venir determinati parametri che caratterizzano la funzione

cardiaca e possono venir costruite , dal calcolatore, immagini che rappresentano

la distribuzione spaziale di tali parametri;

5) può venir esplorata e caratterizzata la cinetica di contrazione di visceri

cavi ( vescica , colecisti)

2.1 Procedure, tecniche ed apparecchiature utilizzate nella diagnostica

Medico-Nucleare

Per l’esecuzione degli esami diagnostici di medicina nucleare si utilizzano

apparecchiature in grado di rilevare le radiazioni gamma emesse da radionuclidi

e di posizionare esattamente gli impulsi in rapporto alla sede di provenienza.

Questi strumenti si chiamano ―gammacamere‖. La tecnologia delle

gammacamere si è sviluppata progressivamente: dai primi sistemi analogici, che

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consentivano la sola registrazione su lastra di immagini planari, si è giunti ai

recenti sistemi interamente digitali, che eseguono tutti gli esami scintigrafici

planari, statici e dinamici, e tomoscintigrafici (SPET) di elevata qualità e sono

dotati di elaboratori molto veloci e potenti.

La strumentazione attualmente disponibile è costituita da gammacamere

per uso generale a testata unica o a testate multiple (doppia o tripla testa).

Attualmente vengono utilizzate preferibilmente gammacamere multitesta ed

in particolare a due testate di tipo digitale a grande campo (40x50cm2), che sono

in grado di effettuare in modo ottimale tutte le indagini scintigrafiche, planari

segmentarie e total body ed esami SPET.

Le apparecchiature recenti dispongono di lettino portapaziente motorizzato e

controllato da microprocessori, con possibilità di memorizzare disposizioni

standardizzate del lettino stesso e delle testate, favorendo quindi rapidità e

precisione delle procedure di centratura del paziente.

La gammacamera è collegata con un sistema di elaborazione, che è

componente essenziale del sistema di rivelazione, in quanto ne gestisce la

regolazione, le modalità di funzionamento e le modalità di acquisizione. Oltre a

ciò il sistema elaborativo permette simultaneamente l'elaborazione delle varie

indagini e la riproduzione delle immagini.

2.2 La scintigrafia : le immagini planari

Gli esami di medicina nucleare vengono definite scintigrafie, perché

l’elemento rivelatore delle radiazioni gamma è costituito da ioduro di sodio (NaI)

attivato al Tallio (Tl), che è un fotoscintillatore.

Gli esami scintigrafici si basano sull’acquisizione mediante gammacamere di

immagini planari in diverse proiezioni.

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Le scintigrafie si distinguono in:

scintigrafie "statiche", quando fotografano una situazione di

distribuzione del tracciante radioattivo che è stabile per molto tempo (ad esempio

la scintigrafia tiroidea con 99m

Tc , la scintigrafia polmonare con MAA 99m

Tc );

scintigrafie "dinamiche" quando una serie più o meno rapida di

immagini in sequenza documenta le variazioni di distribuzione di un tracciante

radioattivo in un determinato distretto corporeo (ad esempio la scintigrafia renale

sequenziale con MAG 3 99m

Tc, tracciante a rapida escrezione renale).

scintigrafie del "corpo intero" quando la gammacamera esegue una

scansione lungo il paziente e fornisce l'immagine di tutto il corpo e non solo di

un particolare distretto.

2.3 La tomoscintigrafia

La tecnica planare, utilizzata nella maggior parte delle indagini

scintigrafiche, determina una rappresentazione bidimensionale di quella che è in

realtà una distribuzione su tre dimensioni del radiofarmaco impiegato.

I radiofarmaci impiegati nelle diverse metodiche medico-nucleari assai

raramente si distribuiscono esclusivamente nell'organo in esame, ma in

percentuale più o meno rilevante sono presenti anche in strutture adiacenti e nel

compartimento vascolare, determinando il cosiddetto background o attività di

fondo. Si comprende pertanto come la sovrapposizione di più piani, tipica della

tecnica planare, possa comportare effetti di mascheramento di reperti

potenzialmente patologici, soprattutto se di limitata estensione, e possa rendere

difficile una corretta distinzione di strutture contigue. Per ovviare a questo

inconveniente, si fa ricorso nel caso di indagini riguardanti organi o strutture di

una certa dimensione alla acquisizione di molteplici proiezioni per meglio

valutare i diversi profili ed i piani profondi.

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Le tecniche tomoscintigrafiche hanno come scopo fondamentale la creazione

di sezioni transassiali, coronali e sagittali dell'organo in esame, così da

eliminare la radioattività sopra e sottostante, con il risultato di ottenere immagini

caratterizzate da maggior risoluzione e contrasto attraverso un miglioramento del

rapporto segnale-fondo.

Per ottenere immagini tomoscintigrafiche occorre disporre di un sistema

tomografico che ruotando attorno al paziente acquisisca immagini planari del

distretto anatomico interessato a diverse angolazioni, ciascuna immagine viene

detta proiezione.

Le tecniche tomoscintigrafiche, inizialmente indicate con la sigla ECT

( Emission Computed Tomography), sono definite di "emissione", poichè è il

paziente che emette le radiazioni gamma che vengono registrate e trasformate in

immagini, e si differenziano dalle tecniche tomografiche radiologiche, che sono

di "trasmissione", poichè è il detector che è anche sorgente del fascio radiante.

RADIOLOGIA MEDICINA NUCLEARE

Fig . 1 Differenza tra le indagini diagnostiche

In relazione alle caratteristiche fisiche dei radionuclidi impiegati, le tecniche

ECT si distinguono in:

tomografia per emissione di fotone singolo o SPET ( da Single

Photon Emission Tomography), che utilizza radionuclidi gammaemittenti;

tomografia per emissione di positroni o PET (Positron Emission

Tomography).

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2.4 Tomografia per emissione di fotone singolo (SPET)

La tomografia per emissione di fotone singolo ha trovato una vasta

applicazione in rapporto ad una serie di fattori favorevoli. Essa prevede

l'utilizzazione di radionuclidi gammaemittenti normalmente impiegati nelle più

comuni tecniche scintigrafiche planari e quindi disponibili presso i centri di

medicina nucleare.

Inoltre, ormai da diversi anni sono stati sintetizzate e commercializzate

nuove molecole, marcabili con 99m

Tc ed idonee a consentire studi di flusso

regionale a livello miocardico e cerebrale, e traccianti immunologici e

recettoriali marcati con 123

I o 111

In, che hanno ampliato le possibilità di

applicazione della tecnica SPET.

A ciò si deve aggiungere la rapida evoluzione tecnologica della

strumentazione, che ha permesso di disporre di gammacamere di efficienza più

elevata e soprattutto di gammacamere a più testate, a costi relativamente

contenuti. Tutto ciò ha determinato un notevole miglioramento qualitativo degli

esami tomoscintigrafici con possibilità di ottenere sezioni transassiali, coronali e

sagittali di elevata risoluzione e contemporaneamente di ridurre i tempi di

acquisizione.

Le indicazioni degli esami SPET sono attualmente molto ampie:

per alcune indagini la SPET rappresenta un completamento

dell'esame planare, come ad esempio nei casi in cui vengono impiegati indicatori

positivi, leucociti marcati o traccianti immunologici o recettoriali;

In alcune indicazioni tuttavia la SPET va progressivamente sostituendo o ha

già sostituito completamente la corrispondente tecnica planare :

la SPET cerebrale con radiofarmaci liposolubili marcati con99m

Tc

HM-PAO e ECD, è la tecnica di elezione per ottenere precise informazioni sul

flusso cerebrale distrettuale;

la SPET miocardica di perfusione con 201

Tl e soprattutto con isonitrili

marcati con 99m

Tc ha sostituito la scintigrafia miocardica planare, poiché

consente un non trascurabile miglioramento della accuratezza diagnostica.

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2.5 Tomografia per emissione di positroni (PET)

Nella PET vengono utilizzati radionuclidi emittenti positroni, cioè

particelle corpuscolate ( β+), che dopo aver percorso un brevissimo tratto nella

materia si annichilano, reagendo con un elettrone orbitale, con emissione di due

fotoni gamma di 511 keV fra loro in coincidenza.

Il positrone, antiparticella dell’elettrone, viene prodotto a seguito del

processo di trasformazione del protone:

p n + + +

Nel decadimento + il numero di massa del nuclide di partenza non cambia,

mentre il numero atomico diminuisce di una unità.

Fig . 2 Annichilamento del positrone con l’elettrone

I radionuclidi più comunemente impiegati (11

C; 15

O; 13

N) hanno un'emivita

fisica molto breve nell'ordine di pochi minuti e pertanto devono essere prodotti

nella sede stessa della loro utilizzazione mediante ciclotroni.

Si tratta di radioisotopi di elementi particolarmente abbondanti in natura che

possono marcare pertanto composti organici, i quali non subiscono variazioni per

quanto concerne sia le proprietà biologiche, sia il comportamento metabolico.

Le molecole marcate con isotopi emittenti positroni consentono pertanto di

valutare quantitativamente il flusso distrettuale ed anche diverse funzioni

metaboliche tessutali ed in particolare il consumo di ossigeno ed il tasso di

utilizzazione di substrati come il glucosio e gli aminoacidi.

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I sistemi di rivelazione sono tomografi PET dedicati con più anelli di

rivelatori contrapposti e disposti circolarmente, costituiti più frequentemente da

germanato di bismuto (BGO).

Ogni coppia di rilevatori contrapposti rileva, mediante un circuito elettronico

di coincidenza, le coppie di fotoni prodotte dalla reazione di annichilazione della

particella +.

Poichè la collimazione dei fotoni avviene elettronicamente e quindi non è

necessario impiegare collimatori, come avviene nella SPET, i tomografi PET

sono caratterizzati da un'elevata efficienza di conteggio e risoluzione spaziale,

che nei sistemi più moderni raggiunge i 4-5 mm.

La ricostruzione delle sezioni tomografiche della PET viene ottenuta con

algoritmi analoghi a quelli utilizzati nella SPET, anche se va osservato che nella

PET è possibile eseguire una correzione per l'attenuazione molto precisa,

facendo riferimento ad un'immagine di trasmissione, e quindi di ottenere dati di

tipo quantitativo.

La produzione di radionuclidi emittenti positroni viene ottenuta con

ciclotroni per uso biomedico, dove le molecole bersaglio o "target" vengono

bombardate da fasci di particelle accelerate. La radiazione corpuscolare incidente

colpisce il nucleo dell'atomo depositandovi tutta la sua energia, che viene

assorbita dal nucleo bersaglio. I differenti radionuclidi sono prodotti con diversi

target e con diverse reazioni nucleari.

In base alla specifica applicazione, i radiocomposti impiegati nella PET

possono essere distinti in perfusionali, metabolici e recettoriali. I

radiocomposti perfusionali comprendono in particolare l'ammoniaca marcata con

13N, radionuclide con emivita di 10 minuti; questa dopo iniezione endovenosa,

circola sotto forma di ione ammonio nel sangue, da dove viene rapidamente

estratto per localizzarsi soprattutto a livello del tessuto cerebrale e miocardico in

proporzione al flusso ematico regionale.

Un altro tracciante utilizzato per studi di perfusione miocardica è il 82

Rb,

prodotto da generatore, che ha un'emivita di 75 secondi.

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Essendo un catione monovalente analogo del potassio, penetra nei miociti

attraverso la pompa sodio-potassio e la sua fissazione in corrispondenza del

tessuto miocardico è proporzionale al flusso coronarico distrettuale. L'acqua

marcata con 15

O, radionuclide con emivita di due minuti, è utilizzata come

indicatore di flusso nello studio della perfusione cerebrale.

Fra i radiocomposti metabolici quello maggiormente impiegato è il fluoro-

desossi-glucosio marcato con 18

F (F-18 FDG), che dopo iniezione endovenosa

viene fosforilato a FDG-6-fosfato, il quale non va incontro a glicolisi e rimane

quindi intrappolato a livello cellulare per diverse ore.

Fig. 3 Trappola metabolica del fluorodessossiglucosio

Poiché il glucosio rappresenta la principale sorgente di energia per il tessuto

miocardico in condizioni di ischemia severa, il F-18 FDG è divenuto il tracciante

di elezione per lo studio del metabolismo miocardico con PET, allo scopo di

valutare la presenza di tessuto vitale in territori miocardici da sottoporre a

procedure di rivascolarizzazione coronarica.

Il F-18 FDG è stato utilizzato anche nello studio del metabolismo cerebrale

ed in particolare per individuare aree focali di ridotto metabolismo nell'epilessia

parziale complessa e zone di ridotto metabolismo corticale nelle demenze di

Alzheimer.

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E’ tuttavia nel settore oncologico che gli studi PET con F-18 FDG

presentano particolare interesse, poiché la valutazione del metabolismo tessutale

è in grado di individuare il grado di malignità di una neoplasia e di distinguere,

soprattutto dopo chemioterapia e radioterapia, se una massa residua è costituita

da tessuto fibroso-necrotico o da tessuto neoplastico vitale.

Nonostante le sue grandi potenzialità, l'impiego clinico della PET è stato

sino ad ora fortemente limitato dai costi elevati di impianto e di gestione del

ciclotrone.

Questi costi si vanno tuttavia riducendo in rapporto soprattutto all'evoluzione

tecnologica dei ciclotroni per uso biomedico, la cui gestione è risultata

progressivamente sempre più semplificata ed automatizzata.

Ciò fa ritenere possibile in un prossimo futuro una maggior diffusione di

questa tecnica.

3. La radioprotezione del paziente

Le radiazioni ionizzanti possono essere causa di effetti biologici

nell’individuo irradiato, di varia natura e grado di pericolosità. L’uso delle

radiazioni in campo medico deve pertanto essere effettuato secondo modalità e

procedure tali da escludere quasi del tutto, per quanto possibile, i rischi per i

lavoratori, così come regolamentato dalla vigente normativa di radioprotezione, e

da comportare per il paziente sottoposto ad indagine o terapia il minimo rischio

con il massimo beneficio.

3.1 Effetti biologici delle radiazioni ionizzanti

I fenomeni che intervengono e causano gli effetti biologici delle radiazioni

ionizzanti sono di molteplice natura :

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- Inizialmente di natura fisica: ionizzazioni ed eccitazioni di molecole

del mezzo attraversato ;

- Successivamente di natura chimica: generazione di radicali liberi

altamente reattivi e conseguente reazione di questi con biomolecole che vengono

modificate chimicamente.

- Se tali modificazioni non vengono riparate enzimaticamente, si

tradurranno in un danno cellulare che darà origine ad eventi letali o mutageni.

L’insieme di reazioni biochimiche, che danneggia molecole biologiche

avviene in un tempo relativamente breve ( 10-5

-10 -6

secondi

), mentre per

riscontrare un effetto biologico derivante dal danno stesso occorrono ore, giorni

o anni.

I danni provocati da radiazioni ionizzanti possono essere sanati da sistemi

enzimatici di riparazione cellulare o permanere e dare origine, a lungo termine a

processi degenerativi quali citotossicità e alterazioni ereditarie.

I bersagli preferenziali delle radiazioni ionizzanti sono proteine, enzimi,

membrane cellulari ed acidi nucleici.

Alcuni degli effetti mutageni possono rimanere latenti, per poi esplodere in

patologie quali il cancro o la leucemia ( effetti tardivi ) o manifestarsi a carico

delle generazioni successive ( effetti ereditari ).

Se l’interazione avviene con la molecola d’ interesse biologico, proteine,

enzimi, membrane cellulari, acidi nucleici si parla di effetto diretto; poiché

l’organismo umano è composto prevalentemente da acqua, le interazioni

avvengono invece principalmente con tali molecole; da queste si può produrre

poi un effetto nelle bio-molecole ( effetto indiretto ) tramite una sequenza di

reazioni radiochimiche con la formazione di radicali liberi descritto

sinteticamente in questa reazione :

Radiazione + H2O —> H2O+

+ e –

H2O+

—> H

+ + OH

e –

+ H2O —> H2O- —> H

• + OH

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Tali radicali molto reattivi sono responsabili del danno cellulare.

In dipendenza della natura della radiazione ionizzante, varierà la

distribuzione spaziale degli eventi di ionizzazione e quindi la sua pericolosità .

Distinguiamo radiazioni corpuscolari ed elettromagnetiche; nella prima

categoria rientrano le radiazioni α e β, nella seconda quelle X e γ .

La radiazione α è in grado di percorrere nei tessuti biologici solo alcuni

micrometri; se la sorgente radioattiva è esterna, l’interazione delle particelle α è

quindi delimitata allo strato epidermico superficiale, costituito da cellule morte.

Se essa è interna, il danno provocato è maggiore a causa dell’elevata

ionizzazione specifica.

La radiazione β ( elettroni e positroni ) percorre alcuni centimetri nei tessuti

biologici, rendendosi quindi, potenzialmente più pericoloso della α, in caso di

irraggiamento esterno.

La radiazione elettromagnetica (raggi X e γ ), quando interagisce con la

materia, causa l’ emissione di elettroni veloci i quali cedono l’energia al tessuto,

provocando così il danno biologico; pertanto il danno risulta simile a quello

prodotto dalle radiazioni β di pari energia.

A seguito della somministrazione nell’individuo di sostanze radioattive o di

contaminazione interna, l’ordine di pericolosità delle radiazioni α, β e γ va

invertito; infatti le particelle α, che sono dotate di grande potere ionizzante e

scarsa capacità di penetrazione, si ritrovano in prossimità di organi e tessuti dove

poter espletare il loro effetto; lo stesso vale per le particelle β. Le radiazioni γ,

poiché cedono solo parte della loro energia all’interno dell’ organismo causano

danni minori.

Gli effetti biologici delle radiazioni si distinguono in due categorie :

- effetti deterministici: sono quelli che si manifestano nell’individuo

irradiato solo dopo il superamento di una dose ― soglia ― e la cui gravità è

funzione della dose stessa ( eritema, induzione di cataratta, sterilità, morte

dell’individuo)

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- effetti stocastici: si manifestano a carico dell’individuo irradiato

anche dopo anni dall’irraggiamento ( effetti tardivi , quali induzione di cancro o

leucemia) o a carico delle generazioni successive ( effetti ereditari ). Alla luce

delle attuali conoscenze non sembra esistere per tali effetti una dose soglia,

mentre è il numero di eventi che dipende dalla dose.

3.2 Principi di radioprotezione

Come già detto le radiazioni ionizzanti rappresentano un fattore di rischio di

danno genetico e somatico sia sul paziente sia sul personale medico e non

medico che impiega radionuclidi.

La radioprotezione si occupa di prevenire gli effetti deterministici delle

radiazioni ionizzanti e cioè quegli effetti che si manifestano solo quando viene

superata la ―soglia― di dose.

La prevenzione di tali effetti è, infatti, possibile fissando dei limiti di dose

assorbita, talmente bassi, da non permettere il raggiungimento del valore soglia,

nemmeno durante tutta la vita lavorativa.

Per quanto riguarda gli effetti stocastici, non eliminabili in quanto non

presentano una dose ―soglia‖, la radioprotezione si pone come fine quello di

ridurre tali eventi ad un valore ― accettabile‖.

La radioprotezione si basa su principi fondamentali :

Giustificazione :

Nessuna pratica che comporta esposizioni alle radiazioni dovrà essere

adottata, se non è dimostrato che essa produce un beneficio, agli individui

esposti o alla società, tale da bilanciare il danno radiologico che esso provoca.

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Ottimizzazione :

In relazione di una certa sorgente nell’ambito di una pratica, i valori delle

dosi individuali, il numero delle persone esposte e le probabilità di esposizioni

potenziali devono essere mantenuti bassi quanto ragionevolmente possibile, il

cosiddetto principio ― ALARA ― ( As Low As Reasonably Archievable ),

considerando anche fattori sociali ed economici.

Al fine di limitare lo squilibrio derivante dalle considerazioni economiche e

sociali, si devono introdurre dei vincoli mediante restrizioni sulle dosi individuali

(vincoli di dose) e nel caso di rischi individuali nell’ambito di esposizioni

potenziali (vincoli di rischio ed ottimizzazione della protezione).

Poiché la maggior parte delle procedure che danno luogo ad esposizioni

mediche sono chiaramente giustificate e poiché le procedure stesse vanno di

solito a beneficio diretto dell’individuo esposto, l’attenzione dell’ottimizzazione

di queste procedure è stato minore che per le altre.

Di conseguenza vi è ancora un certo margine di riduzione della dose in

diagnostica con radiazioni ionizzanti.

Provvedimenti semplici e a basso costo sono disponibili per la riduzione

della dose al paziente senza perdita dell’informazione diagnostica.

Bisogna anche considerare il ricorso a livelli di riferimento per la dose da

applicare con una certa flessibilità, consentendo l’utilizzo di dosi elevate quando

queste siano ritenute utili in base ad un fondato giudizio clinico.

Limitazione delle dosi individuali ( lavoratori ) :

Per gli operatori sanitari esposti alle radiazioni ionizzanti sono previsti dei

limiti di dose volti a prevenire l’insorgenza di effetti deterministici e contenere

l’insorgenza di effetti stocastici. I limiti raccomandati dall’ ICRP(International

Commission on Radiological Protection ) e ripresi dalla legislazione italiana

sono: dose efficace 20 mSv/ anno; dose equivalente: 150 mSv / anno al

cristallino, 500 mSv / anno per mani e piedi, 500 mSv / anno per la pelle ( valore

medio per cm2

).

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4.L’uso del tecnezio in medicina nucleare

4.1 Caratteristiche dei radiofarmaci in medicina nucleare

Il termine radiofarmaco è di diffusione molto recente, infatti, nel trattato di

Monasterio e Donato[11] “ livre de chevet”, nel quale sono raccolte le esperienze

di una generazione di medici nucleari, non compare mai la parola radiofarmaco,

ma al suo posto vi sono termini quali “composti radioattivi” o “prodotti

radioattivi” distinti in “traccianti” ed “indicatori”. Solo 35 anni dopo la

pubblicazione di questo trattato del 1960, compare per la prima volta il termine

radiofarmaco, infatti, B. J. Baker inizia il suo capitolo, nel trattato di Murray ed

Ell , evidenziando la crescente tendenza in medicina nucleare ad utilizzare il

termine radiofarmaco al posto di agente radiodiagnostico.

Baker, inoltre, elenca le differenze, secondo la sua opinione, tra farmaci e

radiofarmaci e quindi i motivi per i quali è difficile considerare come farmaco un

“radiofarmaco”. Esso infatti si distingue da tutti gli altri medicinali per i seguenti

motivi:

i medicinali agiscono per l’attività farmacologica della molecola. Questo

non è vero per i radiofarmaci in cui l’agente è il radionuclide veicolato,

mentre l’attività farmacologica della molecola, quando presente (MIBG,

ecc.) è indesiderata;

la molecola è importante per la sua biodistribuzione, ma il vero

“principio attivo”, diagnostico o terapeutico, è la radiazione emessa;

i radiofarmaci sono somministrati in quantità ponderalmente minime e le

reazioni avverse sono eccezionali ed in genere di modesta entità.

i radiofarmaci sono radioattivi e, in quanto tali, sottoposti alla

legislazione sulla radioprotezione, oltre che a quella sui medicinali.

Della stessa opinione sembrarono essere i Legislatori Europei, i quali

emanarono una specifica direttiva sui radiofarmaci la 89/343/CEE[12] ,che tiene

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conto della normativa 84/466/Euratom che stabilisce le misure

radioprotezionistiche fondamentali.

In Italia, tale direttiva, che impostava una normativa specifica per i

radiofarmaci, non è stata recepita singolarmente ma contestualmente al D.Lgs. n°

178 del 29/5/1991 [7], che racchiude in blocco varie direttive sui medicinali.

Tale decreto, successivamente integrato dal D. Lgs n°. 44 del 18/2/1997,

inserisce i radiofarmaci nella categoria generale di “prodotti medicinali”. In

particolare, nell’Art 1, comma 1 vi è una chiara definizione di medicinale, quale:

“ogni sostanza o composizione presentata avente come proprietà curative o

profilattiche delle malattie umane o animali, nonché ogni sostanza o

composizione da somministrare all’uomo o all’animale allo scopo di stabilire

una diagnosi medica o di ripristinare, correggere o modificare funzioni organiche

dell’uomo o dell’animale”.

Queste ragioni inducono a pensare che il radiofarmaco sia un medicinale

con una fisionomia particolare ( medicinale “ sui generis “ ).

Ai radiofarmaci, pertanto, sono stati estesi gli adempimenti generali dei

prodotti farmaceutici che, come tali, devono possedere una ben precisa

composizione e devono rispondere ai requisiti di qualità, efficacia e sicurezza.

A tal proposito, il I supplemento della farmacopea ufficiale XI ed . contiene

le Norme di Buona preparazione dei Radiofarmaci in Medicina Nucleare.

Tali norme diventano un presupposto imprescindibile per la realizzazione

di un Sistema di Assicurazione di Qualità, che prevede la protezione dei pazienti

da esposizione indebite e la realizzazione di composti costantemente conformi a

delle specifiche, al fine di ottenere “la massima efficacia diagnostica e

terapeutica possibile”.

L’ impiego diagnostico o terapeutico dei radiofarmaci deve quindi essere

preventivamente autorizzato, per ogni indicazione e modalità di

somministrazione, dalle Autorità Sanitarie, come qualunque altro farmaco.

Storicamente, il primo radiofarmaco introdotto nella pratica clinica è stato lo

Iodio-131 (131

I), utilizzato nello studio delle patologie tiroidee. Successivamente

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sono stati sviluppati altri radiofarmaci che, come lo131

I, avevano però

caratteristiche fisiche e radio-biologiche non ottimali.

Questo obbligava ad impiegarne quantitativi molto piccoli, che permettevano di

ottenere solo immagini di qualità scadente, o precludevano del tutto la possibilità

di ottenerle.

L'impulso decisivo alla crescita della medicina nucleare, che ne ha

permesso la trasformazione da branca della radiologia a disciplina autonoma, è

venuto dalla ideazione del primo generatore di 99 metastabile Tecnezio(99m

Tc),

costruito al Brookhaven Lab di New York nel 1958 e introdotto nell'uso clinico

nel 1963.

Oggi il tecnezio rappresenta più del 90% dei radionuclidi impiegati in

diagnostica, per le sue caratteristiche chimico-fisiche e per il semplice metodo di

preparazione.

Sono oggi disponibili numerosi radiofarmaci in grado di concentrarsi

elettivamente in diversi tessuti e organi, permettendo quindi lo studio delle loro

caratteristiche morfo-funzionali. Essi possono essere "marcati" facilmente e

rapidamente (per lo più con la semplice introduzione di una soluzione di 99m

Tc

nel flacone contenente il farmaco stesso).

La diagnostica medico-nucleare in vivo si fonda essenzialmente sulla

possibilità di studiare fenomeni fisiopatologici utilizzando dei radiocomposti, i

quali una volta somministrati nell’organismo umano sotto forma di semplici

radionuclidi o di molecole radiomarcate, si comportano come traccianti di un

particolare fenomeno biologico, permettendo, attraverso l’impiego di appositi

rilevatori, di produrre immagini diagnostiche.

Un radiofarmaco, quindi è caratterizzato oltre che dalla struttura chimica e

dalla forma farmaceutica, anche dal radionuclide con cui è marcato, dalle cui

proprietà dipende non solo la possibilità di sintesi del radiofarmaco e la sua

stabilità, ma anche l’ efficienza di rivelazione e la radioesposizione al paziente.

Le caratteristiche ideali di un radionuclide destinato alla preparazione di un

radiofarmaco sono le seguenti:

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- breve tempo di dimezzamento ( per il 99m

Tc è 6 h , questo fa si che il

radiofarmaco si localizzi nel sito di interesse ma nello stesso tempo non

rimanga a lungo nel corpo)

- trasformazione in un nuclide stabile

- basso costo di produzione

- alta purezza radionuclidica

- alta attività specifica

- pronta disponibilità

- proprietà chimiche che permettano di legarsi facilmente a molecole di

interesse biologico

Fra tutti i radionuclidi proposti il 99m

Tc è quello che ha proprietà più simili

a quelle sopraindicate; oggi infatti è il radionuclide di gran lunga più utilizzato

nella pratica clinica.

I radiofarmaci usati in medicina nucleare vengono suddivisi in due gruppi,

quelli non tecneziati, composti marcati con radionuclidi a lunga emivita

(dell’ordine di giorni ), quali: 123

I, 131

I, 201

Tl, 67

Ga, 111

In, 89

Sr etc ; alcuni di

questi sono “ready to inject” in quanto considerati prodotti finiti che

non necessitano di particolari manipolazioni prima della somministrazione e la

loro iniettabilità è garantita dalla produzione, e quelli tecneziati gruppo di

composti marcati con99m

Tc, radionuclide con emivita relativamente breve

(6.03 ore). L’uso di radionuclidi a corta emivita è reso possibile dall’esistenza di

generatori portatili, che ne permettono l’impiego anche a lunghe distanze dai

luoghi di produzione, superando le limitazioni di tempo legate alle fasi di

preparazione, di trasporto e di immagazzinamento .

I radionuclidi utilizzati in medicina nucleare vengono prodotti

artificialmente tramite:

- acceleratori di particelle cariche: ciclotroni

- reattori nucleari con processi di cattura elettronica

- reattori nucleari con processi di fissione

- generatori

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Quelli che io tratterò sono quelli prodotti mediante generatore; esso è un

sistema di produzione di elementi radioattivi che permette di disporre in qualsiasi

momento, di radionuclidi a vita breve, sfruttando un fenomeno detto “equilibrio

transiente” .

In tale processo un radionuclide a vita relativamente lunga, detto

radionuclide “padre”, si trasforma in un altro elemento “figlio” a vita nettamente

più breve, in tal modo si raggiunge dopo un certo tempo uno stato di equilibrio

per cui la velocità di decadimento del radionuclide “figlio “ è uguale a quella

dell’ elemento “padre”. Pertanto, se le proprietà chimico fisiche dei due

radionuclidi sono tali da potere essere separati facilmente, è possibile disporre

dell’elemento “figlio” a breve vita per un periodo di tempo che non dipende dal

suo tempo di dimezzamento, ma da quello sensibilmente più lungo

dell’elemento “padre”.

Con il termine generatore, in generale, ci si riferisce al sistema 99

Mo/99

Tc,

anche se in realtà, ne sono stati proposti diversi tipi, di cui qui non parlerò.

4.2 Il generatore99

Mo/99

Tc

Il funzionamento del generatore si fonda sulla reazione riportata in figura e

su un procedimento cromatografico che permette di separare gli elementi

presenti, adsorbiti su una opportuna “fase fissa” in base alla loro diversa

solubilità nei riguardi di una “fase mobile” eluente.

Fig . 4 Decadimento del 99

Mo a 99

Tc

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Fig . 5 Generatore 99

Mo/99

Tc

Il meccanismo di funzionamento è relativamente semplice:

Il Molibdeno (numero atomico 32) e il Tecnezio (numero atomico 43)

sono elementi chimicamente differenti; è quindi possibile scegliere una resina "a

scambio ionico" con caratteristiche tali da legare in modo indissolubile il

Molibdeno, lasciando invece completamente libero il Tecnezio. Una colonnina

sterile di tale resina è il "cuore" del generatore

99Mo 99 mTc

essa, dopo che è stato adsorbito il 99Mo, viene introdotta in un contenitore di

piombo (in grigio, al centro del disegno) di spessore adeguato (alcuni cm) per

frenare le radiazioni gamma emesse dal 99Mo, che sono di energia elevata (fino a

1 MeV). Il 99Mo decade, con una emivita di 67.7 ore, a 99 mTc che a sua volta

decade a 99Tc con un'emivita di 6 ore.

Sulla colonnina, in mancanza di interventi esterni, sono quindi presenti, in

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equilibrio fra loro, sia il 99Mo (in rosso nel disegno) sia il 99mTc (in verde nel

disegno). L’attività dei radionuclidi è uguale e il tecnezio decade con il tempo di

dimezzamento del molibdeno.

La colonnina è collegata all'esterno da due tubicini che, partendo dalle due

estremità della stessa, finiscono in altrettanti aghi fissati in due cavità poste sulla

parte superiore del generatore. Per eluire il 99 mTc è sufficiente infilare, in uno dei

2 aghi, un flaconcino in vetro con tappo in gomma perforabile, contenente

semplice soluzione fisiologica sterile (in celeste nel disegno); si infila quindi nel

secondo ago un altro flaconcino, simile al primo, ma sottovuoto (in bianco nel

disegno), inserito in un contenitore schermato (piombo o tungsteno).

La depressione creata dal vuoto provoca lo svuotamento del flaconcino

contenente la soluzione fisiologica che "lava" la colonnina di resina,

asportandone il solo 99 mTc che, al termine dell'eluizione, è tutto contenuto nel

secondo flaconcino, pronto per essere utilizzato per marcare i vari radiofarmaci

(il 99Mo rimane intrappolato nella resina).

Fig . 6 Andamento della concentrazione di 99Mo e 99 mTc in un generatore,

procedendo ad una eluizione al giorno, per una settimana.

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Subito dopo l'eluizione, la colonnina contiene quindi solo 99Mo; tuttavia, il

decadimento continua e così inizia subito a formarsi nuovo 99 mTc . Il processo di

rigenerazione procede con andamento esponenziale e, in circa una emivita (6

ore), si rigenera il 50% del 99 mTc, dopo 12 ore il 75% circa e dopo 18 ore il 90%

circa. Dopo 4 emivite (24 ore) 99Mo e 99 mTc raggiungono nuovamente

l'equilibrio e il generatore è pronto per essere nuovamente eluito. Ovviamente,

poichè nel frattempo il 99Mo è decaduto, non si otterrà più la stessa attività di

99mTc del giorno prima, bensì circa il 70%.

4.3 L’ elemento chimico Tecnezio

Elemento chimico di numero atomico 43, è stato il primo elemento chimico

prodotto in laboratorio con mezzi artificiali (deriva dalla parola greca

тεκνηтός che significa “ artificiale”, di qui il nome ).

Il numero di massa del suo isotopo facilmente più ottenibile è 99 ed il peso

atomico di questo isotopo è 98,91. Nel sistema periodico degli elementi è nello

stesso gruppo( VII A) del manganese e del renio ed è chimicamente simile a

quest’ ultimo.

Tale elemento fu assiduamente ricercato in minerali verso il 1925 da I.

Tacke e W. Noddack , che ad un certo punto cedettero di averlo trovato e lo

chiamarono masurio; la presunta scoperta non fu confermata ed oggi si sa che

non è probabile che ci siano quantità di tecnezio in minerali.

La scoperta del tecnezio è da ascrivere a C. Perrier e E. Segrè , che nel

1936 all’ università di Palermo, scoprirono diversi isotopi radioattivi dell’

elemento 43 in alcuni campioni di molibdeno irradiati con deutoni nel ciclotrone

dell’università di California e, servendosi di metodi radiochimici, stabilirono

molte delle proprietà chimiche del nuovo elemento.

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Il tecnezio può essere prodotto con vari tipi di reazioni nucleari, per es;

bombardando molibdeno con neutroni o deutoni; esso è anche prodotto

abbondantemente nella fissione dell’uranio.

Se ne conoscono quindici isotopi, con numero di massa da 92 a 107; sono tutti

radioattivi, alcuni per emissione beta altri per cattura elettronica. Gli isotopi di

vita media più lunga sono quelli con numero di massa 97, 98, 99 . Il 99

Tc si può

ottenere in quantità relativamente grandi sia irradiando molibdeno in un reattore

nucleare, sia come prodotto di fissione dell’ uranio; ha un periodo di

dimezzamento radioattivo di circa 2,12 • 105 anni ed anche uno stato eccitato,

isomero con un periodo di 6 h; lo stato fondamentale emette elettroni con

energia massima di 292 keV.

Quantità macroscopiche di tecnezio si estraggono dai residui della

scissione dell’uranio precipitando il tecnezio come pertecnetato di

tetrafenilalsonio, e raffinando il prodotto attraverso una distillazione come Tc2O7

e una precipitazione come Tc2S7; si possono anche usare tecniche di estrazione

con solventi organici e scambiatori ionici.

Il metallo allo stato puro si può ottenere per riduzione con idrogeno del

solfuro a 1100 °C o per riduzione del pertecnato di ammonio.

L’ elemento è un metallo grigio argenteo di densità 11.50 g/cm3

che fonde

a circa 2150 °C ed è debolmente paramagnetico; cristallizza isomorficamente al

renio; diviene super conduttore alla temperatura di 11,2 K ed è l’elemento che

ha la massima temperatura di transizione di superconduzione.

Il tecnezio si scioglie in acido nitrico ed in acido solforico, mentre è

resistente all’ acido cloridrico. Nei suoi composti può presentare numerosi stati

di ossidazione dei quali più comuni sono +3 +7. Forma un ossido Tc2O7 ,

volatile ( punto di ebollizione 311 °C ) che si combina con l’acqua formando

acido pertecnetico (HTcO4 ). I pertecnetati in soluzione presentano una

colorazione rosso violetta simile a quella dei permanganati. Si conosce anche un

triossido, TcO3 e un biossido TcO2. Il tecnezio forma vari ioni complessi

combinandosi con gli alogeni; con lo zolfo forma i solfuri Tc2S7 e TcS2 simili a

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quelli del renio. Il tecneto carbonile Tc2(CO)10 serve come punto di partenza per

tutta una serie di composti organometallici.

L’isotopo del 99

Tc di 6 ore di vita può essere estratto senza trascinatori ed

è usato a scopo diagnostico in medicina, nella tecnica scintigrafia; esso è

prodotto commercialmente.

4.4 Chimica del tecnezio

Un radiofarmaco marcato con 99m

Tc costituisce quello che, dal punto di

vista chimico, viene chiamato un composto di coordinazione o complesso.

Queste specie sono sempre formate da un metallo di transizione a cui sono legate

molecole che prendono il nome di leganti. Il tecnezio costituisce appunto il

metallo di transizione, mentre i leganti possono essere singoli atomi come: cloro,

bromo, ossigeno, azoto, oppure vere e proprie molecole, come: ammoniaca,

acqua, ossido di carbonio, amminoacidi, che in determinate condizioni si legano

al metallo. In un complesso, il metallo è generalmente coordinato a vari leganti

che possono essere uguali o differenti. Il metallo è quindi capace di formare un

numero variabile di legami, in base alla propria configurazione elettronica, con

altrettanti leganti. Il numero di leganti che possono chelare il metallo è

chiamato numero di coordinazione del metallo; ad esempio il tecnezio può

formare complessi con numeri di coordinazione 4, 5 ,6 , 7 ( più comuni sono 5 e

6 ) .

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Fig . 7 complessi aventi coordinazione 6 ( esacoordinazione ) a sinistra e 5

( pentacoordinazione ) a destra, con leganti rappresentati dai simboli L o X.

A volte può accadere che due o più leganti, coordinati al metallo, siano tra

loro uniti da una catena opportuna di atomi a formare un ponte fra di essi .

Il legante risultante, L-L ( oppure X-L, X-X ) è chiamato legante bidentato

o chelante, per sottolineare il fatto che i due gruppi ( L o X ) non sono più

indipendenti fra di loro, ma uniti indissolubilmente dalla catena laterale. Ne

consegue, che collegamenti fra tre o quattro gruppi leganti danno origine a

leganti tridentati (L-L-L o L-X-L , etc ) e tetradentati (L-L-L-L o L-X-L-X , etc),

rispettivamente.

Un’importante proprietà dei composti di coordinazione è la geometria

molecolare. Ogni complesso può infatti essere descritto da un particolare solido

geometrico, che si ottiene congiungendo idealmente le posizioni occupate dai

vari atomi dei leganti coordinati al metallo, e assegnando, a quest'ultimo, la

posizione centrale all'interno della figura geometrica risultante.

In questo modo, se gli atomi legati al tecnezio, contenuti nei complessi

rappresentati in figura 7 vengono uniti da una linea ideale, è possibile ottenere i

solidi geometrici corrispondenti alle geometrie piramidale a base quadrata e

cubica-ottaedrica.

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Fig .8 Geometrie piramidale a base quadrata e cubica-ottaedrica.

Le geometrie ottaedrica ( a sinistra) e piramidale a base quadrata ( a destra)

su riportate sono quelle che si ritrovano più frequentemente nei complessi del

tecnezio utilizzati, nella pratica clinica, come agenti diagnostici.

Un altro parametro molto importante, per la caratterizzazione di un

composto di coordinazione, è costituito dal numero o stato di ossidazione del

metallo ( tecnezio ).

4.5 Marcatura con 99m

Tc

Come detto precedentemente il radionuclide 99m

Tc viene ottenuto tramite

generatori, sottoforma di anione pertecnetato(TcO4-), esso è un composto di

coordinazione fra il tecnezio e l'ossigeno con struttura tetraedrica.

Lo stato di ossidazione del tecnezio nell'anione pertecnetato è + 7. Esso

costituisce lo stato di ossidazione più elevato raggiungibile da questo metallo e

rappresenta una delle specie chimiche del tecnezio più stabili in soluzione

acquosa .

Se si vuol preparare un radiofarmaco a partire da [99m

TcO4 ]-, con leganti

coordinati per conferire al complesso specifiche proprietà biologiche, è

necessario rimuovere, in parte o completamente, gli atomi di ossigeno legati al

metallo e sostituirli con gli atomi coordinati dei nuovi leganti. Durante questo

processo, lo stato di ossidazione del tecnezio subisce una diminuzione

assumendo valori inferiori a + 7.

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Pertanto, la marcatura con 99m tecnezio, viene descritta, come una

procedura di riduzione ( diminuzione del numero di ossidazione )

[99mTcO4]- + R + L 99mTc-(L)n

Nello schema riportato sopra, L rappresenta un legante opportunamente

scelto, mentre R rappresenta una specie il cui ruolo è quello di ridurre l'atomo di

tecnezio attraveso la rimozione degli atomi di ossigeno nell'anione pertecnetato

per formare il complesso finale 99m

Tc (L )n.

Come specie riducente è assai comunemente utilizzato lo ione stannoso

(Sn2+

) che viene introdotto in soluzione acquosa sotto forma di sale di cloro

( SnCl2 ) . La reazione precedente può essere riscritta.

[99mTcO4]- + Sn2+ + L 99mTc-(L)n + Sn4+

In pratica, tutti i radiofarmaci del 99m Tc, che sono stati fino ad oggi

introdotti nell'uso clinico, sono preparati attraverso la reazione riportata qui sopra

in quanto il metodo descritto ha il vantaggio che può essere applicato in

condizioni fisiologiche e rigorosamente sterili ed apirogene.

Inoltre è necessaria una quantità relativamente bassa di SnCl2, per ottenere

la completa riduzione del tecnezio a partire dall'anione pertecnetato , quantità

che non crea generalmente problemi ne di solubilità nella preparazione ne di

tossicità per il paziente.

La rimozione degli atomi di ossigeno nell'anione [99m

TcO4 ]-, avviene

attraverso la formazione della specie Sn(OH)4 ( e di altre specie simili), in cui lo

stagno si lega all'ossigeno del gruppo OH- allontanandolo, in questo modo, dall'

atomo di tecnezio che è quindi libero di coordinarsi al legante L.

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Quest' ultimo non ha solo lo scopo di impartire opportune proprietà

biologiche al complesso finale, ma anche di stabilizzare fortemente il metallo,

così da non permettergli di ricombinarsi con gli atomi di ossigeno ( sempre

presenti in soluzione acquosa) e di riformare l'anione pertecnetato, o una specie

ossigenata secondaria quale il biossido di tecnezio, che essendo poco solubile,

tende a formare particelle colloidali. Il legante L deve quindi essere scelto tra

quelli che hanno elevata capacità coordinante nei confronti del tecnezio.

4.6 Vie di somministrazione

La via elettiva di somministrazione del [99m

TcO4]-

è quella endovenosa,

dove gli ioni pertecnetato rimangono in equilibrio, in parte liberi ed in parte

legati alle sireoproteine. Gli ioni liberi, per le loro piccole dimensioni, escono

dal compartimento vascolare e, migrando verso i liquidi interstiziali, abbassano

la concentrazione ematica di pertecnetato; questo comporta un equivalente

rilascio di pertecnetato legato alle proteine

Una volta giunta nei liquidi interstiziali, il pertecnetato si localizza in

diverse strutture quali lo stomaco, la tiroide, le ghiandole salivari, l'intestino, i

plessi coroidei, le mucose, il rene e le strutture vascolari.

4.7 Controllo di qualità sul radiofarmaco

Ogni preparazione di radiofarmaci deve essere sottoposta a controlli di

qualità secondo le istruzioni del fabbricante e della Farmacopea Ufficiale.

Infatti il radiofarmaco prima di essere somministrato è sottoposto a

specifici studi per valutare parametri quali:

isotonicità : Viene testata utilizzando un osmometro che misura

l’osmolarità questa deve essere compresa tra 250 -350 osm

apirogenicità e sterilità : La sterilità del prodotto viene confermata

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tramite tests di crescita batterica su terreni di accrescimento generale eseguiti da

personale qualificato. L’apirogenicità viene valutata mediante test in vitro per la

determinazione di endotossine batteriche (Limulus test).

temperatura : per la marcatura di alcuni composti è necessario il

riscaldamento. Questa procedura è molto delicata in quanto possono verificarsi

contaminazioni della soluzione finale ( tracce di acqua ) che oltre a

compromettere la sterilità del prodotto, possono anche influenzare la reazione di

marcatura stessa. Altrettanto critica è la successiva fase di raffreddamento che se

troppo lenta o troppo rapida, può portare a delle modificazioni chimico fisiche,

con una bassa qualità dell' aquisizione d 'immagine.

misura del pH dell' eluato: è all’incirca 7, compreso nel range di

accettabilità fisiologica (4,5 – 8,5).

controllo visivo dell' eluato: questo deve presentarsi limpido ed

incolore, senza tracce in sospensione

resa di marcatura: la qualità dell'eluato è fondamentale per una

marcatura ottimale ed influenza la purezza radionuclidica e radiochimica.

La sicurezza e l'uso efficace di un radiofarmaco richiedono la massima

purezza sia radiochimica sia radionuclidica di quest'ultimo, in caso contrario

infatti le impurezze presenti determinerebbero informazioni diagnostiche errate

ed una indebita somministrazione di radiazioni al paziente.

La purezza radionuclidica è definita come la percentuale di attività totale

dovuta al radionuclide considerato; valutare tale parametro è importante in

quanto potrebbero essere presenti radionuclidi differenti.

Per quanto riguarda tale purezza, la tecnica più completa è la spettroscopia

gamma, che si basa sull'utilizzo di un rivelatore a scintillazione allo ioduro di

sodio accoppiato ad uno spettrometro multicanale. Sia lo spettro dei raggi

gamma che l'emivita fisica sono utilizzate per la valutazione delle specie

radionuclidiche presenti.

Il parametro più importante da controllare, prima di ogni somministrazione,

è la purezza radiochimica definita come la percentuale di attività totale dovuta al

radionuclide considerato, presente nella forma chimica specificata.

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Impurezze radiochimiche dannose possono generarsi in tutte le fasi della

radiomarcatura di un composto, come pure da processi radiolitici originatisi dopo

la marcatura dello stesso composto. Esse non contribuiscono all’informazione

diagnostica o al beneficio terapeutico del radiofarmaco, piuttosto aumentano

indebitamente la radioattività somministrata allo stesso paziente. Un esempio è

dato dall’Ittrio-90, un radioisotopo terapeutico, che libero, cioè non chelato, si

accumula nella matrice ossea causando mielotossicità e peggiorando le già

precarie condizioni del paziente neoplastico.

La purezza radiochimica di un radiofarmaco è un parametro essenziale per

la somministrazione dello stesso, specie se trattasi di un radiofarmaco

terapeutico, dove il valore della purezza radiochimica deve essere rigorosamente

maggiore del 95% a causa della pericolosità dei radioisotopi terapeutici

impiegati che, liberi, potrebbero determinare danni irreparabili ad altri tessuti

diversi da quelli bersaglio.

Attualmente, la valutazione quantitativa della purezza radiochimica viene effettuata mediante l’ausilio delle tecniche cromatografiche, che sono diventate

essenziali per ottenere degli accurati controlli di qualità .

La cromatografia, in generale, è una metodica analitica che permette la

separazione delle differenti sostanze, presenti nello stesso campione. Il

campione, quindi, viene risolto nei suoi componenti, tramite una migrazione

differenziale indotta da due sistemi di forze: la ritenzione su una fase

stazionaria e il trascinamento di una fase mobile. La fase stazionaria può essere

costituita da un solido o da un liquido, depositati o introdotti in un colonna. La

fase mobile, invece, può essere un gas un liquido a bassa viscosità che viene o

introdotto in colonna, oppure può salire o scendere per capillarità lungo uno

strato di fase stazionaria.

I legami che si possono instaurare tra la sostanza da separare e le due fasi

sono per lo più di tipo debole, come legami a idrogeno, dipolo-dipolo,

dipolo-dipolo indotto e legami di Van der Waals.

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In alcuni casi è possibile la formazione di composti di coordinazione,

oppure si può verificare l’instaurarsi di meccanismi di scambio ionico, di

interazioni steriche, e così via.

In tutte queste interazioni, la polarità delle due fasi svolge di solito un ruolo

determinante.

Generalmente, in medicina nucleare per controllare la purezza

radiochimica,viene utilizzata la cromatografia su strato sottile (TLC, Thin Layer

Chromatography) o la ITLC ( Instant Thin Layer Chromatography).

Nella TLC, la fase stazionaria è stratificata, come un film sottilissimo, su

supporti di natura diversa come: la plastica, il vetro, i fogli di alluminio o la fibra

di vetro, che possono essere tagliati dall’operatore a varie lunghezze.

Nella ITLC, le lastrine sono miniaturizzate in modo da ridurre i tempi di

analisi.

Il supporto utilizzato nella ITLC è in fibra di vetro, mentre la fase

stazionaria può essere o gel di silice (ITLC-SG) o acido silicico (ITLC-SA).

Per effettuare una analisi ITLC e TLC, la fase mobile deve essere immessa

in un contenitore, munito di coperchio (fig.9) fino a circa un centimetro di

livello, in tal modo si otterrà, dopo circa 5-10 min, la saturazione della camera.

Dopo aver effettuato tale lavoro, l’operatore segnerà sulla lastrina, a circa 1.5cm

dal margine inferiore del supporto (fig.9), l’origine che è il luogo di

semina, cioè il punto in cui viene deposto il campione, mediante l’utilizzo di una

pipetta Pasteur.

La lastrina viene prima lasciata asciugare e poi posta all’interno della

camera cromatografica. La fase mobile salirà lungo la lastrina per adsorbimento

e capillarità fino alla distanza desiderata.

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Fig . 9 Contenitore e preparazione della lastrina

La distanza relativa che un composto percorre rispetto alla distanza del

fronte del solvente viene definita come Rf ( Relative Front ), e questo valore è

tipico di un determinato composto. Questo parametro si ricava dalla formula

seguente:

Rf = Fc / Fs dove:

Fc = distanza dall’origine al centro della macchia;

Fs = distanza dall’origine al fronte del solvente.

Se gli Rf delle sostanze sono molto simili è necessario che le macchie

siano compatte per distinguerle l’una dall’altra.

La misura dell’attività dei composti separati sulla lastrina può essere

effettuata mediante radiocromatografo, o tramite il calibratore di dose. Il

radiocromatografo è un rivelatore che effettua una scansione della lastra

cromatografica, la sua risoluzione dipende comunque sia dalla lunghezza della

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TLC o ITLC, sia dalla vicinanza dei picchi da analizzare che dalla velocità di

scansione.

PPRR ==aattttiivviittàà ffrroonnttee ssoollvveennttee// aattttiivviittàà oorriiggiinnee xx 110000

Fig . 10 Cromatogramma ottenuto da gamma-cromatografo

La figura rappresenta due picchi: il primo picco indica le impurezze e

deve mantenersi basso, il secondo picco rappresenta il radiofarmaco, l’altezza

relativa a questo indica che la quantità di radiofarmaco è alta, quindi abbiamo

operato bene.

Quando non si dispone del radiocromatografo si utilizza il calibratore di

dose, presente in ogni struttura di medicina nucleare, in questo caso la lastrina

viene frazionata in strisce di uguale lunghezza dove viene contata l’attività di

ciascuna striscia.

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In ogni caso, la purezza radiochimica sarà data dal rapporto percentuale

tra l’attività del composto desiderato, contraddistinto dal suo specifico Rf, e la

somma delle attività dovute alle impurezze, anch’esse caratterizzate dai

rispettivi Rf.

Fig .11 Calibratore di dose

4.8 Il ruolo del radiofarmacista

Il controllo di qualità[4], ha come fine ultimo quello di massimizzare il

rapporto beneficio/rischio per il paziente. Un insufficiente grado di purezza

radiochimica o radionuclidica, può infatti ad esempio essere causa di un’immagine

di cattiva qualità, priva quindi del richiesto contenuto di informazione diagnostica,

oltre che dannosa per il paziente per indebita esposizione

.

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Fig .12 WB con 99mTc-HMPAO-WBC: 99mTc libero

In figura si osserva in un paziente a cui è stato somministrato il “Ceretec”

(99m

TcHMPAO o 99m

Tcesametazina ) la presenza di tecnezio libero in stomaco,

ghiandole salivari e tiroide probabilmente dovuto ad un errore di ricostituzione

del radiofarmaco; ecco perché diventa importantissimo effettuare il controllo di

qualità sul preparato.

Il controllo di qualità è definito come una serie di test , analisi e verifiche

che dimostrano che il prodotto ricostituito è sicuro, privo di impurezze ed

efficace. Diventa quindi importante la realizzazione di un “Sistema di Qualità” in

medicina nucleare, atto ad ottenere dall’impiego dei radiofarmaci il massimo

rendimento diagnostico o terapeutico, minimizzando contemporaneamente la

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dose al paziente e agli operatori.

Tale necessità è stata recepita recentemente nelle “ Norme di Buona

Preparazione dei Radiofarmaci in Medicina Nucleare “, pubblicate sulla

Gazzetta Ufficiale nr. 168 del 21 luglio 2005[3], contenute nel supplemento alla

XI edizione della Farmacopea Ufficiale della Repubblica Italiana[2]; tali norme

entrano in vigore dal 1 agosto 2008.

Le strutture di medicina nucleare devono dotarsi di un organigramma nel

quale siano definite chiaramente le figure responsabili; rimane comunque il

Medico Nucleare, il responsabile generale (Dl.vo 187 /00 ).

Fig .13 Organigramma della Gestione della Qualità nella preparazione dei

RF

Le “ Norme di Buona Preparazione dei Radiofarmaci ” affermano che la

preparazione ed il controllo di qualità di tali prodotti devono essere effettuati da

personale specializzato ed in possesso di tutte le conoscenze necessarie per poter

operare in condizioni controllate con sorgenti radioattive non sigillate.

In particolare la direttiva europea 97/43 art 5.3 afferma che per gli aspetti

pratici comprendenti la preparazione dei RF, il Responsabile delega qualsiasi

persona che abbia requisiti e titoli, “ soggetti abilitati ad operare in campo di

Responsabilità

generale

(Medico Nucleare)

Responsabile

Assicurazione

Qualità

Responsabile

operazioni di

preparazione

Responsabile

Controllo Qualità

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specializzazione riconosciuto ”.

Attualmente, con lo sviluppo dei radiofarmaci sta nascendo, e prende

sempre più consistenza, la figura del radio farmacista.[5, 6]

Il radiofarmacista deve essere un laureato in Farmacia o in Chimica e

Tecnologia Farmaceutiche all’ uopo istruito (tramite scuole di specializzazione

o master) con esperienze pratiche nel campo della radiofarmacia.

Una volta acquisito la specializzazione, il radiofarmacista è chiamato, nell’

ambito di un servizio di medicina nucleare, ad assolvere i seguenti compiti:

- Fornire un adeguato supporto tecnico-scientifico nella scelta ed acquisto

di radiofarmaci, generatori e kit

- Definire istruzioni specifiche di preparazione e controllo di qualità dei

radiofarmaci

- Ricerca e sviluppo di nuovi radiofarmaci

- Monitorare eventuali reazioni avverse e dei difetti di fabbricazione

- Organizzare gli approvvigionamenti del magazzino

Il radiofarmacista lavorando a stretto contatto con il medico nucleare

fornisce le adeguate informazioni in merito a :

- Possibili interferenze tra farmaci e radiofarmaci da somministrarsi al

paziente e quindi orientare le necessità diagnostiche verso prodotti che

nell’ambito della medesima categoria offrono vantaggi rispetto alle specifiche

esigenze del momento;

- Valutare ed ottimizzare l’utilizzo di prodotti farmaceutici per particolari

esigenze diagnostiche, ritenute marginali dalle ditte produttrici

- Preparare procedure di indagini idonee alla valutazione e confronto dei

radiofarmaci utilizzati, allestendo linee guida che possono ulteriormente

svilupparsi rispetto ai routinari controlli di radiochimica oggi in uso

- Collaborare per le proprie competenze specifiche, all’ utilizzo di farmaci

non registrati somministrati sotto la diretta responsabilità del medico nucleare e

che richiedono preventive analisi bio- farmacologiche e controlli radiochimici

- Collaborare per le proprie competenze specifiche all’ impiego di

radiofarmaci autorizzati a scopo terapeutico, in stretta collaborazione ai medici

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ed ai fisici in merito al corretto uso del radiofarmaco e all’ individuazione delle

possibili associazioni farmacologiche nella terapia del paziente.

Da quanto detto appare evidente che per un ottimale gestione della

“Camera Calda” dovrebbe essere individuato un responsabile ( radiofarmacista)

dotato della necessaria preparazione specifica radiofarmacologica e delle

conoscenze normative vigenti per lo uso di radio farmaci.

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5. Agente Amerscan Medronato il radiofarmaco

utilizzato per la scintigrafia ossea

Negli ultimi anni lo studio del sistema scheletrico con radionuclidi, e in

particolare la scintigrafia ossea, si è sviluppato in maniera continua e

considerevole rappresentando oggi una delle applicazioni cliniche della medicina

nucleare di più largo impiego, soprattutto per la ricerca di metastasi scheletriche.

Oltre che in campo oncologico la scintigrafia ossea trova applicazione anche

nella diagnosi e nel monitoraggio di altre patologie ossee, come ad esempio,

lesioni traumatiche, infezioni, disordini metabolici.[10]

Esistono diversi radiofarmaci per l’apparato osteoarticolare tra cui : MDP

( Medronato ), HMDP ( Ossidronato ), HMDP ( Ossidronato ).

O

P COH

OH

P

O

OH

OH

H

H

O

P COH

OH

P

O

OH

OH

H

OH

Metilen-di-fosfonato Idrossi-metilen-di-fosfonato

MDP ( Medronato ) HMDP ( Ossidronato )

O

P COH

OH

P

O

OH

OH

OH

CH3

Idrossi-etilen-di-fosfonato

HEDP ( Etidronato )

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Questi sono composti organici caratterizzati dal legame P-C-P, che hanno

mostrato rispetto ai fosfati caratterizzati dal gruppo inorganico P-O-P, una

maggior stabilità in vivo; infatti mentre sui fosfati è attivo l’enzima fosfatasi, sui

fosfonati no; inoltre essi mostrano una più rapida eliminazione renale, che

consente di ottenere una migliore qualità di immagini, anche dopo tempi

nettamente più brevi dalla somministrazione. Le diverse formulazioni illustrate

in figura sono state studiate proprio con lo scopo di migliorare l’eliminazione

renale e ottenere un maggior rapporto osso/tessuto molle.

In questo lavoro ci siamo occupati della scintigrafia ossea che fa uso del

radiofarmaco tecnezio medronato, che una volta somministrato è in grado di

localizzarsi nel tessuto osseo( cristalli di idrossiapatite) mimando la fisiologia

del calcio.

Con il metildifosfonato ( il radiofarmaco di più largo utilizzo nella scintigrafia

ossea ), l'accumulo patologico si ha in aree di aumentata reattività osteoblastica,

aree cioè in cui si assiste alla formazione di nuovo tessuto osseo, sia per il

processo di guarigione di una frattura, sia per una formazione neoplastica sia per

un processo infiammatorio. Anche se molto poco specifica, la scintigrafia

scheletrica è una tecnica diagnostica molto sensibile.

Le tecniche di acquisizione scintigrafica sono diverse :

- Scintigrafia totale corporea evidenzia l'intero apparato scheletrico nelle

proiezioni anteriore e posteriore eseguite 2-3 ore dalla somministrazione con la

possibilità di acquisire proiezioni particolari per alcuni dettagli

- Scintigrafia distrettuale permette l'acquisizioni di immagini planari

relative ad un solo distretto scheletrico

- Tomoscintigrafia ( SPET) permette l'acquisizione di immagini

tomografiche relative ad uno o più distretti scheletrici, ciò permette di avere un

maggiore contrasto anche se con minore risoluzione spaziale facilitando il

riconoscimento e la localizzazione di eventuali lesioni, specie se interessanti la

colonna vertebrale o le grosse articolazioni ( spalla, anca, ginocchio )

- Scintigrafia trifasica impiegata in casi selezionati, ad esempio quando si

sospetta una patologia flogistica.

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Essa si divide in tre fasi :

1. fase (perfusoria) contemporaneamente alla somministrazione del

radiofarmaco viene acquisita una serie di immagini sequenziali, per evidenziare

il primo transito del radiofarmaco nel distretto esplorato

2. fase (all' equilibrio ematico): 3- 5 minuti dopo l'iniezione viene

acquisita l'immagine relativa alla distribuzione del radiofarmaco omogeneamente

distribuito nella circolazione sanguigna e negli spazi extracellulari

3. fase (tardiva) 2-3 ore dopo l'iniezione si acquisisce l'abituale

scintgrafia corporea totale o distrettuale .

Le indicazioni diagnostiche per malattie non maligne più in uso sono : la

osteomielite, dolori ossei di origine sconosciuta, studio della perfusione della

vitalità ossea nei casi di trapianto osseo, follow- up di intervento di artroprotesi,

ricerca di fratture occulte non evidenziate radiologicamente od anche valutazione

di danno post traumatico.

Nelle lesioni neoplastiche essa viene utilizzata in tutte le forme che

possono dare lesioni secondarie a livello scheletrico e nelle neoplasie primarie

dell'osso.

La scintigrafia ossea è priva di effetti collaterali e risulta ben tollerata dai

pazienti di qualunque età; la dose di irradiazione ricevuta dall'osso e dal midollo

osseo è bassa come per i vari organi ( vedi tabella ); in un tipico esame di

scintigrafia scheletrica la dose somministrata è intorno a 700 MBq .

La dose annualmente assorbita da ogni individuo della popolazione per

effetto della radioattività naturale é mediamente di 2,4 mSv/anno (corrispondente

a 2,4 mGy di fotoni); in ogni caso per il principio di ottimizzazione la dose

somministrata al paziente viene mantenuta bassa quanto ragionevolmente

possibile.

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Organo Dose tipo/mgy

Scheletro 7,1

Midollo osseo 5,7

Rene 6,2

Fegato 1,6

Corpo intero 1,3

Parete vescicale

( minzione ogni 2h)

26

Ovaie ( minzione ogni 2h) 3,4

Testicoli ( minzione ogni 2h) 1,6

Tabella n°1 dosi assorbite da un paziente medio in una scintigrafia ossea

5.1 Preparazione e somministrazione della forma farmaceutica

Per la ricostituzione del Metilendifofonato tecneziato la casa

farmaceutica(GE Healthcare) fornisce dei flaconcini contenenti: sodio

medronato 6,25 mg, stagno floruro 0,34 mg e sodio p- ammiobenzoato 2 mg

sotto forma di composto liofilo sigillato sotto azoto.

I fosfonati sono agenti chelanti piuttosto deboli e i complessi di tecnezio

tendono a degradarsi sotto l’azione di ossidanti dando di nuovo origine

all’anione pertecnetato. Nel kit oltre alla presenza dello stagno è presente

un’antiossidante (l’acido paraminobenzoico) la cui azione permette di limitare la

quantità di ione stannoso presente nel kit, rendendo più improbabile la

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formazione di stagno idrossido colloidale.

Il ruolo dello stagno in questi composti è particolarmente importante,

perché lo ione stannoso ha la funzione di riducente.

Le operazioni di preparazione sono piuttosto delicate e quindi devono

essere effettuate da personale qualificato rispettando tutte le procedure indicate

nel foglietto illustrativo; innanzitutto si prende un flaconcino il cui tappo di

gomma viene disinfettato con un tampone sanitizzante , viene aggiunto con una

siringa sterile da 10 ml la quantità opportuna di eluato ( pertecnetato) ottenuto

precedentemente da un generatore sterile. L ‘aggiunta del pertecnetato nel

flaconcino determina una reazione chimica che porta alla formazione del radio

farmaco.

Fig . 14 Meccanismo di formazione del radiofarmaco tecneziato a partire

dal pertecnetato ( TcO4)-

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La rimozione degli atomi di ossigeno dall’anione pertecnetato avviene

attraverso la formazione di specie Sn(OH)n, in cui lo stagno si lega all’ossigeno

del gruppo OH- allontanandolo dal Tc-99m, che è quindi libero di coordinarsi al

legante L (medronato).

Quest’ultimo coordinandosi forma il complesso finale (radiofarmaco) e

stabilizza fortemente il metallo in modo che non si riossidi a pertecnetato o non

formi biossido di Tc-99m ( TcO2 ).

Prima di estrarre l'ago del flaconcino si aspira dallo spazio sovrastante la

soluzione un volume equivalente di azoto così da normalizzare la pressione

interna. Infine si capovolge il flaconcino per dieci secondi fino ad ottenere la

completa dissoluzione della polvere e si misura la radioattività totale con il

calibratore di dose.

L'attività media somministrata con una singola iniezione endovenosa è di

700 MBq, ma può subire delle variazioni in base al peso ed all'età del paziente.

Una volta avvenuta la ricostituzione il medico nucleare provvede alla

somministrazione per via endovenosa al paziente tramite siringa piombata.

Nei primi tre minuti dopo l'iniezione di tecnezio medronato si verifica una

captazione tissutale ed un accumulo renale blandi. Man mano che aumenta

l'eliminazione da queste zone si riscontra un progressivo accumulo nel sistema

scheletrico, inizialmente nelle vertebre lombari e nella regione pelvica. La

clearance ematica si articola in tre fasi:

1. fase rapida t1/2 = 3,5 min

2. fase media t1/2 = 27 min

3. fase lenta t1/2 = 144 min

La fase rapida corrisponde al passaggio della sostanza radioattiva dalla

circolazione nel sistema extravascolare, mentre quella media comporta

captazione scheletrica. La fase lenta è probabilmente legata alla liberazione del

complesso tecnezio medronato da un complesso legante proteine.

Circa il 50% della dose iniettata si accumula nello scheletro. L'accumulo

massimo osseo si ha un'ora dopo l'iniezione e resta praticamente costante fino a

72 h. Il complesso circolante non legato viene eliminato attraverso i reni.

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49

Il picco dell'attività attraverso i reni è raggiunto dopo circa 20 min.

5.2 Effetti indesiderati

Come detto precedentemente, con la somministrazione di radiofarmaci gli

effetti indesiderati sono rari. Nel caso del tecnezio medronato si possono avere

reazioni di ipersensibilità (0,5 casi su 100000 esami); tale reazione si manifesta

comunemente diverse ore dopo l'iniezione e può durare sino a 48 ore.

Fra le altre reazioni riferite figurano abbassamento della pressione

sanguigna e sintomi di ipotensione, nausea, vomito, vasodilatazione cutanea,

cefalea, malessere, edema alle estremità ed artralgia.

Nel periodo da me trascorso presso l'Unità operativa di Medicina Nucleare

dell'Ospedale Civico di Palermo non sono stati riscontrati nei pazienti effetti

collaterali.

5.3 Metodica per la purezza radiochimica mediante radio

cromatografo

Prima della somministrazione è necessaria la determinazione della purezza

radiochimica.

Le impurezze presenti nel preparato potrebbero essere pertecnectato

(TcO4), ovvero tecnezio che non è stato ridotto che tenderà ad accumularsi in

tiroide, stomaco, ghiandole salivari ed intestino, tecnezio ridotto ( TcO2 )

probabilmente derivato da una diluizione del radiofarmaco, ma non legato che

tende a formare dei microcolloidi, che verranno captati dal sistema reticolo-

endoteliale (fegato, milza, midollo osseo) ed infine molecole denaturate

( frammenti, polimeri etc ) marcate con tecnezio.

Nel caso dell'agente medronato, per tale operazione è necessaria la

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combinazione di due sistemi cromatografici. I campioni da testare sono

depositati attraverso una micropipetta a 2,5 cm dall'estremità inferiore di due

strisce ITLC/SG (2,5 cm x 20 cm), successivamente le strisce vengono

posizionate nelle camere cromatografiche, precedentemente saturate con gli

opportuni solventi, una contenente butan-2one (MEK) e l'altra sodio acetato 1,0

M .

Dopo un' eluizione di 15 cm vengono rimosse le strisce, si segnano i fronti

del solvente e si lascia asciugare, infine si determina l'attività tramite il radio

cromatografo (quando se ne dipone ) altrimenti si utilizza il calibratore di dose.

Nel sistema 1 (ITLC/butan-2one) il complesso tecnezio medronato ( 99m

Tc- MDP) ed il tecnezio colloidale (99m

TcO2) rimarranno al punto di origine,

mentre il pertecnetato(99m

TcO4- ) migra con un Rf =0,8-1.

Nel sistema 2 (ITLC/sodio acetato) il tecnezio colloidale(99m

TcO2) rimane

al punto di origine mentre il complesso tecnezio medronato ( 99m

Tc- MDP) e il

pertecnetato (99m

TcO4- ) migrano con un Rf=0.

Nelle figure seguenti sono mostrati 2 grafici, in ciascuno dei quali sono

presenti due picchi che rappresentano le attività dei composti presenti nel

preparato; sull’ ascissa è indicata la distanza dal punto di origine ( cm ) sulla

ordinata è segnata l‘attività del composto.

Dal sistema 1 si ricava la percentuale di attività corrispondente allo ione

pertecnetato (B%), utilizzando la seguente formula:BtaleAattivitàto

attivitàBB

% x 100

CCoonn lloo stesso procedimento per il sistema 2, si ottiene la percentuale di

attività corrispondente allo ione pertecnetato e al medronato(D%).

DtaleCattivitàto

attivitàDD

% x 100

Calcolando la differenza tra i due valori ottenuti ( D % - B %) si ricava la

purezza radiochimica(ovvero la percentuale di attività totale dovuta al

radionuclide considerato ).

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Determinazione della purezza radiochimica mediante radio cromatografo:

1. Fase mobile

Fase stazionaria: ITLC-SG

(Rf=0 per

99m

TcO2 ,

99m

Tc-MDP), (Rf=1 per

99m

TcO4

-)

Fig .15 Distribuzione della radioattività sitema 1

2. Fase mobile : 1.0 M acetato di sodio (o fisiologica)

Fase stazionaria: ITLC-SG

(Rf=0 per

99m

TcO2 ), (Rf=1 per

99m

TcO4

-,

99m

Tc-MDP)

Fig . 16 Distribuzione della radioattività del sitema 2

D

C

a

t

t

i

v

i

t

à

a

t

t

i

v

i

t

à

Distanza dall’origine (cm)

Distanza dall’origine (cm)

A

B

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52

5.4 Messa a punto di una procedura per il controllo di qualità

sulla purezza radiochimica tramite calibratore di dose

La purezza radiochimica è definita come il rapporto percentuale tra

l’attività del radionuclide nella forma chimica desiderata e l’attività totale del

preparato.

La tecnica cromatografica da me utilizzata è stata la TLC, una delle

metodiche più semplici e più rapide per il controllo di qualità periodico da

eseguirsi sui radiofarmaci utilizzati presso un centro di medicina nucleare.

Come mostra il cromatogramma ottenuto col radiocromatografo le zone

sulla lastra cromatografica sono ben delineate, quindi non disponendo di tale

strumento, è possibile effettuare questo controllo con un operazione manuale.

Tale procedura prevede il taglio orizzontale in 2 punti della lastra

cromatografica, ognuna delle quali viene misurata attraverso un calibratore di

dose.

L’ operatore deve conoscere i parametri di migrazione dei composti in

modo da essere preciso nel taglio.

Durante il mio lavoro presso l'Unita Operativa di Medicina Nucleare ho

seguito rigorosamente tale procedura.

Evidenziando con una matita i segni indicanti l'origine ( Rf =0 ) e il

fronte del solvente (Rf =0,8-1) ho tagliato le lastre cromatografiche .

Successivamente ho prelevato con una micropipetta 10 microlitri del

radiofarmaco ricostituito che quindi ho depositato sul punto d'origine per ogni

striscia. Tali strisce sono state riposte all'interno di camere cromatografiche

saturate con gli opportuni eluenti ed ho atteso la conseguente migrazione verso

il fronte del solvente.

Nelle figure seguenti è mostrato un esempio di distribuzione dell’attività

sulla lastra cromatografica, si può dividere la lastra in frazioni di centimetro ed

attraverso il calibratore di dose misurare l’ attività (simulando l’attività del

cromatografo ).

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0102030405060708090

100

attività%

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

frazioni

Fig .17 Cromatogramma del MDP in MEK

Fig . 18 Cromatogramma del MDP in NaCl

Con la procedura messa a punto si ottiene una separazione netta ; quindi si

può semplificare la procedura tagliando in due parti le strisce.

99mTc-MDP

99mTcO2

RF ~0

99m

Tc O4-

RF ~1

0102030405060708090

100

attività %

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11frazioni

99mTcO2

RF ~0

99mTc-

MDP 99m

TcO4-

RF~ 1

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Una volta avvenuta la completa migrazione del radiofarmaco, ho tagliato

le strisce in due frazioni ed ho calcolato l ‘attività presente in ciascuna delle due

parti.

Data Pertecnetato

(1)

tecnezio-mdp

pertecnetato (2)

PRC

Rf=1MEK-

Rf=1NaCl

18/04/07 2 96.7 95 %

23/04/07 1.8 96.25 95 %

27/04/07 1.77 96.3 95 %

03/05/07 0.63 97.4 96.7%

17/05/07 2.4 97.6 95.2%

21/05/07 2.1 98.8 96.7%

28/05/07 1.56 96.4 95 %

04/06/07 1.3 98 96.7%

Tabella n° 2 Valori di purezza radiochimica per il tecnezio medronato di

diverse date

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Tabella n° 3 Valori di purezza radiochimica per il tecnezio medronato di

diverse date

In tali tabelle ho riportato alcuni dei valori di purezza radiochimica ottenuti

durante il controllo quotidiano effettuato subito dopo la ricostituzione del

farmaco, secondo la metodica di calcolo descritta nel paragrafo (5.3)

Data Pertecnetato(1)

tecnezio-mdp

pertecnetato

(2)

PRC

Rf=1MEK-

Rf=1NaCl

11/06/07 1.2 96.7 95.5%

14/06/07 0.12 96 96

25/06/07 0.28 96.6 96.3

28/06/07 1 99 98

01/07/07 1.05 99 97.95

20/07/07 2.11 99.6 97.5

26/07/07 0.25 95 94.7

30/07/07 0.20 99.2 99

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Tabella n °4 Valori di purezza radiochimica per il tecnezio medronato di

diverse date

Nei controlli da me effettuati nel periodo aprile 2007 - gennaio 2008 non

si è mai verificato un caso di purezza radiochimica inferiore ai valori ritenuti

idonei alla somministrazione (95%); tali misure da me effettuate hanno seguito

rigorosamente le procedure indicate nel foglietto illustrativo presente nei kit

fornite dalle case farmaceutiche .

Data Pertecnetato(1)

tecnezio-mdp

pertecnetato

(2)

PRC

Rf=1MEK-

Rf=1NaCl

10/08/07 1.2 96.7 95.5%

14/09/07 0.12 96 96

25/09/07 0.28 96.6 96.3

28/09/07 1 99 98

01/10/07 1.05 99 97.95

19/10/07 2.11 99.6 97.5

26/10/07 0.25 95 94.7

01/11/07 0.20 99.2 99

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Fig .19 Valori medi di purezza radiochimica per il medronato nei vari mesi

Nel corso dei miei studi, ho effettuato ogni mese una media dei valori

delle purezze radiochimiche ottenute tramite il controllo di qualità ed è risultato

il grafico sopra riportato .

In tale grafico ho indicato in ascissa i mesi in cui ho effettuato i controlli

ed in ordinate la purezza radiochimica.

Un altro studio sperimentale da me effettuato è stato quello di valutare la

purezza radiochimica nel tempo.

Normalmente una volta ricostituito il radiofarmaco, viene somministrato

ai pazienti in rapida successione anche se gli esami diagnostici dei pazienti

iniettati verranno effettuati in tempi diversi.

La prima valutazione è stata effettuata subito dopo la ricostituzione del

radiofarmaco, la seconda un ora dopo la ricostituzione, la terza due ore dopo e

la quarta,6 ore dopo la ricostituzione .

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58

93,5

94

94,5

95

95,5

96

96,5

97

0 ore 1 ora 2 ore 3 ore 6 ore

Fig . 20 Purezza radiochimica per il medronato nel tempo

Da tali risultati si evince che la purezza del radiofarmaco ricostituito fino

a 6 ore è piuttosto buona; ciò garantisce al paziente che la stabilità del prodotto

venga mantenuta per tutto il periodo di validità.

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6. “ Cardiolite ( Sestamibi ) “ il radiofarmaco utilizzato per la

Scintigrafia miocardica

Negli ultimi anni si è assistito ad un notevole sviluppo delle tecniche di

Medicina Nucleare applicate allo studio del cuore: si stima che il 30 %

dell’attività diagnostica di Medicina Nucleare sia coperto da queste tecniche.

I dati epidemiologici ci indicano che la cardiopatia ischemica con

disfunzione ventricolare sinistra costituisce la più frequente causa di morte nei

paesi sviluppati.

Appare ovvio che lo studio della funzione ventricolare, dell'estensione e

gravità di una ischemia residua inducibile e del miocardio vitale in aree

disfunzionanti mediante le tecniche di imaging cardiaco è di estrema importanza,

sia per porre l'indicazione ad una rivascolarizzazione miocardica, sia dal punto di

vista prognostico.

Fig . 21 Scintigrafia miocardica con 99m

Tc-sestamibi

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Lo studio scintigrafico perfusionale si basa sulla rilevazione mediante

gamma-camera, delle radiazioni elettromagnetiche emesse da radioisotopi, che

somministrati per via endovenosa, si distribuiscono nel tessuto cardiaco in

maniera proporzionale al flusso ematico regionale.

I radiofamaci più utilizzati sono il tallio 201 (Tl-201), il tecnezio 99m-

metossiisobutilisonitrile(99m

Tc-MIBI) e il 99m

Tc-tetrofosmina.

Il vantaggio principale di tale metodica consiste nella possibilità di valutare

la riserva coronarica esprimendo l'eventuale ischemia miocardica nei termini di

sede, estensione e gravità, parametri nei confronti dei quali le alterazioni del

tratto ST all'elettrocardiogramma da sforzo sono poco attendibili.

I test da sforzo usati in angiocardiologia nucleare assumono una notevole

importanza, in quanto permettono di valutare le modificazioni dei parametri

emodinamici che si verificano rispetto alle condizioni di riposo, ottenendo così

ulteriori informazioni di notevole significato clinico. Gli esercizi cui vengono

sottoposti i pazienti sono ad esempio: pedalare su cicloergometro, camminare su

tappeto rotante, etc. Quando il paziente è impossibilitato ad eseguire tali test per

delle condizioni particolari quali zoppia, astenia, dispnea, etc. si ricorre all’uso di

altri test quali immersione della mano in acqua ghiacciata ( cold pressure ) o si fa

stringere in una mano un oggetto non deformabile ( hand grip isometrico). Sono

eseguibili anche studi dopo test farmacologico di tipo migliorativo (calcio

antagonisti, β- bloccanti o nitroderivati) o peggiorativo ( dopo trattamento con

dipiridamolo ).

I test da sforzo sono atti a rilevare condizioni di ridotta riserva coronaria

quali si verificano per stenosi uguale o maggiore al 50 % del diametro del vaso.

Se il test viene eseguito con il cicloergometro è importante che il paziente esegua

lo sforzo per ottenere il massimo stress. Il test da sforzo viene eseguito secondo

un protocollo che prevede l’aumento ogni tre minuti del carico di lavoro del 10

%.

Il limite principale è dato dall'impossibilità di una misura assoluta del

flusso, ma soltanto relativa alla sua distribuzione regionale.

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Nello studio da me condotto ho trattato il tecnezio 99m-

metossiisobutilisonitrile (99m

Tc-MIBI).

Tale radiofarmaco viene utilizzato nelle seguenti indicazioni :

Diagnosi strumentale della patologia ischemica del miocardio

Diagnosi strumentale e localizzazione di infarto del miocardio

Valutazione della funzione globale ventricolare con tecnica di primo

passaggio ( per la determinazione della frazione di eiezione e/o della cinesi

parietale bi ventricolare)

Supporto per la diagnosi di malignità in pazienti con sospetto cancro

della mammella;

Supporto diagnostico per lo studio di pazienti con iperparatiroidismo

anche recidivante o persistente.

6.1 Cinetica miocardica

Tra gli agenti di imaging cardiaco, il tecnezio sestamibi è uno dei più

utilizzati; esso è un complesso cationico lipofilico che possiede una buona

cinetica di captazione miocardica.

Fig . 22 Tecnezio Sestamibi

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62

Esso viene captato attraverso le membrane sarcolemmatiche e

mitocondriali dei miociti per distribuzione passiva e trattenuto nei mitocondri

all’equilibrio, a causa di un elevato potenziale trans membrana negativo.

Elevata è la frazione di estrazione al primo transito. Durante le prime tre

ore dopo la somministrazione, il 30% circa del composto marcato con 99m

Tc

viene eliminato dal cuore. Nonostante sia stata dimostrata una sua lieve

ridistribuzione nel caso di deficit ischemici in esperimenti su animali ed in

pazienti neoplastici, il grado della ridistribuzione negli umani è minimo e non ha

significato clinico.

Poiché la distribuzione miocardica di agenti marcati con 99m

Tc rimane

relativamente fissa nel tempo la distribuzione del flusso ematico miocardico

dell’iniezione è “congelata” nel tempo e può essere visualizzata anche dopo

molte ore.

Inoltre sono necessarie due iniezioni separate per valutare la captazione

miocardica a riposo e sotto sforzo.

La distribuzione miocardica di tale farmaco è proporzionale alla

distribuzione regionale del flusso ematico miocardico.

Successivamente alla somministrazione del radiofarmaco, esso si accumula

rapidamente nel fegato e viene successivamente eliminato dal tratto biliare.

Grazie alla ritenzione intracellulare ed alla successiva captazione

miocardica addizionale durante il ricircolo la ritenzione assoluta netta del

sestamibi molti minuti dopo la somministrazione si può paragonare

approssimativamente a quella del 201

Tl

6.2 Preparazione e somministrazione della forma farmaceutica

Per la ricostituzione del radiofarmaco la casa farmaceutica(Bristol Squibb)

fornisce dei flaconcini contenenti: 1 mg di tetrakis (2-metossi–isobutil-isonitrile),

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Cu ( I ) tetraflofluoroborato [ Cu(mibi) 4] BF4 , 0.075 mg di cloruro stannoso

diidrato, 1 mg di L-cisteina –cloridrato-monoidrato e come eccipienti sodio

citrato diidrato, mannitolo.

Il flacone è ricostituito con la soluzione di sodio pertecnetato con un

massimo di attività di 11,1 GBq in un volume di 3 ml.

In base al tipo di indagine diagnostica vengono consigliate dosi diverse da

somministrare al paziente

Tabella n° 5 Dosi consigliate per singola iniezione endovenosa per un

paziente medio ( 70 Kg)

Diagnosi Dose da somministrare

Patologia ischemica ed infartuale del

miocardio

740 MBq

Funzionalità ventricolare globale 740-925 MBq

Malignità in pazienti con sospetto cancro

della mammella

740-925 MBq

Iperparatiroidismo recidivante o persistente 185-740MBq

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64

Per la diagnosi di patologia ischemica del miocardio sono necessarie due

iniezioni separate ( a riposo e durante test ergometrico ) per differenziare la

riduzione di captazione miocardica del tracciante transitoria ( ischemica) da

quella persistente infartuale.

Non deve essere somministrata un attività superiore a 925 MBq come

somma delle due iniezioni, che dovrebbero essere effettuate ad almeno sei ore di

distanza, indipendentemente dalla loro sequenza.

Ovviamente tutto ciò deve avvenire sotto la supervisione del cardiologo

che durante il test da sforzo valuterà l’ elettrocardiogramma.

E’ consigliabile che il paziente assuma un leggero pasto grasso o che beva

uno o due bicchieri di latte nel periodo che intercorre fra l’iniezione e l’imaging;

in tal modo si promuove una rapida clearance epatobiliare del Tecnezio

sestamibi, risultante in una minore attività epatica nell’immagine.

La dose assorbita dal paziente in condizioni di riposo, dopo la

somministrazione del radiofarmaco 99m

Tc -metossiisobutilisonitrile è indicata in

tabella:

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Organo adulti 5 Anni 1 Anno

Ghiandole surrenali 7,5 22 38

Vescica 11 23 41

Superficie ossea 8,2 21 38

Cervello 5,2 16 27

Mammella 3,8 11 20

Cistifellea 39 100 320

Tratto gastroenterico 6.5 21 35

Cuore 6,3 18 30

Reni 36 85 150

Fegato 11 30 52

Polmoni 4,6 14 25

Muscoli 2,9 7,6 14

Ovaie 9,1 25 45

Pancreas 7,7 24 39

Midollo rosso 5,5 30 44

Cute 3,1 9,8 19

Testicoli 3,8 11 21

Tiroide 5,3 24 45

Utero 7,8 22 38

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Tabella n° 6 Dose assorbita per unità di attività somministrata di 99m

Tc –

sestamibi (uGy/ MBq)

La preparazione del 99m

Tc- Sestamibi dal Kit CARDIOLITE deve essere

effettuata in condizioni di sterilità secondo la procedura seguente:

1. Utilizzare guanti impermeabili durante le operazioni di preparazione.

Rimuovere il dischetto di plastica del flacone del Kit CARDIOLITE e

disinfettare con alcool etilico il tappo sottostante.

2. Porre il flacone in un opportuno contenitore schermato recante

l’etichetta con la data, l’ora di preparazione, il volume e l’attività impiegate.

3. Aspirare con siringa sterile schermata un volume da 1 a 3 ml di

soluzione sterile, apirogena e priva di additivi, di ( 99m

TcO4-

)

4. Iniettare in condizioni sterili la soluzione di 99m

TcO4-

nel flacone

schermato in piombo. Prima di estrarre l’ago aspirare un pari volume di aria per

mantenere la pressione atmosferica all’interno del flacone.

5. Agitare il flacone vigorosamente con rapidi movimenti dall’alto

verso il basso.

6. Rimuovere il flacone dallo schermo piombato e porlo in posizione

verticale in un recipiente schermato in bagnomaria con acqua all’ebollizione.

Mantenerlo in acqua per dieci minuti prendendo il tempo dall’inizio della ripresa

dell’ebollizione: anche il bagnomaria deve essere schermato.

E’ importante che durante la fase di bollitura il flacone rimanga in

posizione verticale e il livello dell’acqua bollente non raggiunga il tappo del

flacone.

7. Togliere il flacone schermato dall’acqua e lasciarlo raffreddare per

quindici minuti.

8. Prima della somministrazione, verificare visivamente l’assenza di

particelle in sospensione o variazioni di colore della soluzione originale.

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67

9. Infine deve essere controllata la purezza radiochimica .

6.3 Effetti indesiderati

Successivamente alla somministrazione i pazienti possono manifestare mal

di testa, vampate, rash non pruriginoso, anche se questi sono rari. Sono stati

segnalati rari casi (< 0.001 % ) di tipo convulsivo successivi alla

somministrazione, anche se non è stata stabilita una relazione causale con tale

farmaco.

6.4 Messa a punto di una procedura per il controllo di qualità

sulla purezza radiochimica tramite calibratore di dose

Il controllo cromatografico da me effettuato, ha seguito quanto suggerito

dalla casa produttrice, utilizzando come fase stazionaria delle strisce Baker-Flex

di ossido di alluminio, 1B-F pretagliate da 2,5 cm x 7,5 cm e come fase mobile

Etanolo > 95%; inoltre ho utilizzato il calibratore di dose per la misura di

attività, una micropipetta ed infine una piccola camera di sviluppo (beaker da

100 ml) con copertura in pellicola trasparente ( Parafilm ).

Per tale procedura si pone nel beaker una piccola quantità di etanolo (fino

ad avere un livello di liquido di 3-4mm) e si copre il beaker con Parafilm

saturandolo per circa 10 minuti.

Successivamente con la micropipetta ho depositato una goccia di etanolo

sulla striscia da TLC di ossido di alluminio, a1,5 cm nel margine inferiore e

rapidamente sulla stessa, 10 microlitri di soluzione di 99m

Tc-Sestamibi

immergendola nel beaker.

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Fig . 23” Cromatogramma” sestamibi

Anche per questo radiofarmaco, (come per il medronato ) si può notare che

i composti migrano con due rate flow ( Rf ) differenti quindi si possono operare

soltanto due tagli come dice la procedura.

Sviluppata la cromatografia fino a 5 cm dal punto di deposizione ho

tagliato la striscia a 4cm dal margine inferiore, misurando l’attività di ciascun

pezzo nel calibratore di dose.

Con i dati ottenuti ho calcolato la percentuale di purezza radiochimica

come: infsup

sup%

attività

eriorerzioneattivitàpostamibiattivitàse

La percentuale di 99m

Tc Sestamibi deve essere almeno del 90% altrimenti

la preparazione non può essere utilizzata.

Anche per tale radiofarmaco per il calcolo della purezza radiochimica ho

seguito rigorosamente le istruzioni presenti nel foglietto illustrativo.

0102030405060708090

100

attività %

1 2 3 4 5 6 7

frazioni

99mTcO2

99mTcO4

-

RF~ 0

Tc-99m

Sestamibi

RF~ 8

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Data

Attività in MBq

porzione superiore

Attività in MBq

porzione inferiore

PRC % =(Attività della porzione

superiore) / (Attività in entrambe

le porzioni della striscia) x 100.

09/05/07 8.38 0.07 98.8

13/06/07 5.50 0.01 99.8

20/06/07 8.96 0.02 99.7

11/07/07 4.8 0.15 96.7

25/07/07 4.4 0.4 91.6

19/09/07 5.2 0.4 93

Tabella n°7 Valori di purezza radiochimica per il 99m

Tc Sestamibi di diverse date

Altro studio condotto sul 99m

Tc-metossiisobutilisonitrile è stato effettuato

variando sia la temperatura che il tempo di riscaldamento raggiunti durante la

ricostituzione del radiofarmaco.

I risultati sono mostrati in tabella n ° 8, dalla quale si evince che per

ottenere la purezza richiesta ≥ del 90 %, è fondamentale un controllo accurato di

questi due parametri.

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70

Temperatura del forno Tempo di riscaldamento in

minuti

PRC

< 70 °C 10 75

<70 °C 10 70

70 °C 8 87

70 °C 15 92

100°C 10 98.9

100°C 10 99.2

Tabella n° 8 Dipendenza della purezza radiochimica del 99m

Tc Sestamibi dalla

temperatura e del tempo di riscaldamento nella marcatura

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CONCLUSIONI

La attività sperimentale svolta nell’ambito della presente tesi mi ha

permesso di raggiungere l’obiettivo di mettere a punto un protocollo per

l’esecuzione di alcuni controlli di qualità nel Servizio di Medicina Nucleare, con

elevate caratteristiche di attendibilità del risultato, compatibilmente con una

sufficiente semplicità e rapidità di esecuzione.

Le “ Norme di Buona Preparazione dei Radiofarmaci in Medicina

Nucleare”, contenute nel I supplemento alla XI Edizione della Farmacopea

Ufficiale della Repubblica Italiana, impongono alle strutture di Medicina

Nucleare di individuare entro luglio 2008 le figure responsabili della

preparazione, dei Controlli di Qualità e della Assicurazione di Qualità dei

Radiofarmaci.

La realizzazione di un “ Sistema Qualità “ in Medicina Nucleare è premessa

indispensabile per ottenere il massimo rendimento diagnostico o terapeutico,

minimizzando contemporaneamente la dose al paziente ed agli operatori.

Si è infine sottolineata l’ importanza del ruolo del radiofarmacista presso un

centro di Medicina Nucleare, che in collaborazione con i medici e il fisico

sanitario, contribuisce ad assicurare che le indagini con il radiofarmaco siano

eseguite con il massimo dell’informazione diagnostica.

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RINGRAZIAMENTI

Ringrazio :

- il Dott. Gaspare Arnone Primario della U.O. di Medicina

Nucleare A.R.N.A.S. PALERMO per l’ospitalità, e per avere

creduto nell’importanza e della validità del progetto ;

- Gli altri medici e tutto il personale del reparto.

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Radiofarmacia (2000)

[7] D.Lgs 178 del 29/5/91 “Recepimento delle direttive della CEE in materia di

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[8] A .Desgrez , J.L. Moretti , J.Robert , J.M.Vinot “ Medicina Nucleare”

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[10] NUCMED MED – Scintigrafia Scheletrica

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[12] Direttiva 89/343/CEE

[13] medicinanucleare.blogspot.com

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[14] www.galenotech.org

[15] www.empireo.it

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[18] www.immaginarioscientifico.it

[19] lem.ch.unito.it/.../2007_Tecnezio/Radiofarmaci_Tc.html

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