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Università di Pisa Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia MASTER DI I LIVELLO IN FISIOTERAPIA SPORTIVA Direttore: Chiar.mo Prof. Marco Gesi “Prevenzione della patologia di spalla da sovraccarico degli arti superiori in atleti paralimpici di Handbike con utilizzo di Taping Neuromuscolare” Relatore: Dott. David Blow Candidato: Andrea Genta ANNO ACCADEMICO 2013-2014

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Università di Pisa

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

MASTER DI I LIVELLO IN FISIOTERAPIA SPORTIVA

Direttore: Chiar.mo Prof. Marco Gesi

“Prevenzione della patologia di spalla da sovraccarico degli arti superiori in atleti paralimpici di

Handbike con utilizzo di Taping Neuromuscolare”

Relatore: Dott. David Blow

Candidato: Andrea Genta

ANNO ACCADEMICO 2013-2014

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1. La patologia di spalla nel diversamente abile.

La patologia di spalla rappresenta un’importante problema per gli atleti diversamente abili, con particolare

riferimento a quelli in carrozzina, sia nell’esecuzione del gesto sportivo, sia nello svolgimento di molte delle

attività di vita quotidiana. In particolare, il dolore causa la perdita della propria quotidiana autonomia

anche in quei semplici gesti di movimento, in cui la spalla ricopre, in questo tipo di pazienti, un ruolo di

eccezionale importanza.

I dati epidemiologici evidenziano che l’incidenza dei traumi spinali che portano all’utilizzo della carrozzella è

di circa 11000 nuovi casi/anno negli Stati Uniti (1) e di circa 18-20/milione in Italia (2).

Negli Stati Uniti d’America circa la metà delle persone affette da paraplegia che utilizzano la carrozzina

lamentano dolore alla spalla e vengono più precisamente riportati in letteratura 100000 casi a riguardo (3).

Un interessante studio riporta che il 32% dei pazienti affetti da paraplegia riferisce dolore alle spalle e tale

valore raggiunge l’85% dai 5 ai 19 anni dopo il trauma(4).

In un altro lavoro viene evidenziato come il 77% degli atleti con paraplegia lamenti dolore alla spalla e come

questo li limiti notevolmente nella loro performance sportiva riducendo la forza di propulsione sulla

carrozzina e la precisione di esecuzione del gesto atletico (5).

L’analisi critica dei dati in letteratura ci mostra come per questi pazienti la risoluzione del dolore debba

essere la priorità bella scelta del trattamento terapeutico. A questo si aggiunge, inoltre, il sovraccarico

cronico dell’articolazione della spalla che si traduce, nel tempo, in alterazioni anatomo-funzionali

progressive.

L’utilizzo della carrozzina porta a delle alterazioni biomeccaniche che giocano un ruolo fondamentale nel

provocare dolore e carichi eccessivi e ripetitivi sulla spalla determinano uno squilibrio muscolare tra

deltoide e cuffia dei rotatori. Il sovraccarico porterà quindi a varie patologie come l’impingement

subacromiale per alterata distribuzione degli stress e l’incremento dei valori pressori all’interno

dell’articolazione gleno-omerale, le lesioni della cuffia dei rotatori, le tendiniti del bicipite, l’osteoartrosi e la

necrosi della testa omerale e le anomale posture assunte nella carrozzina (atteggiamento in cifosi).

Per quanto riguarda quindi la biomeccanica dell’arto superiore nel paziente diversamente abile, dobbiamo

distinguere due fasi nel gesto della locomozione:

- La propulsione inizia nel momento in cui la mano impugna la ruota della carrozzina e termina

quando la stessa la rilascia (fig.1);

- Il recupero è rappresentato dal movimento che la spalla compie nel tornare allo stadio iniziale della

fase di propulsione (fig.2).

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(fig.1) (fig.2)

Tali gesti, associati alla particolare postura che si è obbligati ad assumere seduti in carrozzella,

contribuiscono a determinare degli squilibri muscolari in cui si realizza un reclutamento e potenziamento

eccessivo e selettivo dei muscoli abduttori, intrarotatori e flessori, e a questo si associa un indebolimento

dei muscoli antagonisti quali adduttori, extrarotatori ed estensori (6).

È evidente che questi stress, distribuiti in maniera alterata e associati alla particolare postura che il

soggetto è costretto ad assumere in carrozzella, possono determinare una traslazione verso l’alto della

testa omerale con conseguenti fenomeni di impingement subacromiale, di flogosi bursale e di iniziale

tendinosi del sovraspinato. Quest’ultimo, con il perpetuarsi dell’insulto, può andare incontro a una lesione

inizialmente parziale, poi successivamente a tutto spessore fino a coinvolgere, in maniera progressiva,

anche i restanti tendini della cuffia dei rotatori. Inoltre tale quadro può provocare quadri di osteolisi della

clavicola distale, di osteoartrosi gleno-omerale e di necrosi asettica della testa dell’omero.

Una diagnosi precoce è quindi di fondamentale importanza al fine di evitare l’instaurarsi di lesioni

progressivamente ingravescenti

Nella fase diagnostica è estremamente importante una ricca raccolta anamnestica, con particolare

riferimento ai traumi precedenti e alle loro conseguenze, alle abitudini di vita del soggetto e al tipo di

attività sportiva. Tutto questo sarà accompagnato da un attento esame obiettivo, in cui verranno eseguiti

anche i test clinici specifici che permettono di rilevare possibili patologie articolari ed extra articolari. Si

conclude quindi con la diagnostica per immagini, rappresentata principalmente dall’esame radiografico

effettuato nelle tre posizioni standard (AP, outlet view e proiezione ascellare), dall’esame ecografico (di

rapida esecuzione e poco invasivo), dall’esame TC e dalla RMN che offrono informazioni precise e

dettagliate sull’osso e sulle parti molli.

Per quanto riguarda la varie opzioni di trattamento, i dati risultati dall’analisi in letteratura appaiono

abbastanza controversi. Bisogna anche considerare che, come dimostrato da Pentland e Twernei,

solamente il 10% dei pazienti con trauma spinale cercano un consulto medico per il dolore alle spalle;

probabilmente perché timorosi di andare incontro ad un possibile intervento chirurgico invasivo (7).

Secondo alcuni autori sarebbe da preferire un trattamento incruento finalizzato alla risoluzione del dolore e

della flogosi nella prima fase del processo, per poi procedere al recupero completo del ROM e quindi al

potenziamento muscolare selettivo (intra rotatori, adduttori ed estensori), al fine di ristabilire e mantenere

una corretta funzione articolare.

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Tale atteggiamento terapeutico verrebbe giustificato dal fatto che è difficoltoso eseguire un adeguato

protocollo riabilitativo post-operatorio in un paziente diversamente abile, anche per il fatto di non poter

utilizzare per alcuni mesi l’arto operato nelle comuni attività della vita quotidiana.

Un altro importante argomento è la fisioterapia preventiva e post-operatoria. Si possono intraprendere due

tipi di strategie preventive:

- Esecuzione di esercizi specifici volti all’allungamento capsulare e al potenziamento muscolare

selettivo degli intra rotatori, adduttori ed estensori;

- Evitare delle gestualità scorrette, adottando degli accorgimenti nell’utilizzo della carrozzina (6).

Infatti, posizioni estreme di abduzione e intra rotazione della spalla possono essere evitate, ad esempio, da

una corretta altezza della sedia, da una corretta impugnatura delle ruote, da una carrozzina che non sia

eccessivamente pesante e che abbia delle dimensioni proporzionate a quelle del soggetto. Inoltre, è

necessario applicare dei bassi picchi di forze sulle ruote, aumentandone l’angolo di presa (push angle) in

modo che l’angolo formato dal braccio con l’avambraccio sia più o meno tra i 100 e i 120° e venga cosi

aumentato l’angolo di contatto e il tempo speso sul push rim con una diminuzione della cadenza delle

ripetizioni (6) (13).

2. Aspetti biomeccanici

È ormai comune opinione che la tendinopatia della cuffia dei rotatori, con particolare riferimento agli atleti

diversamente abili, sia legata soprattutto all’”overuse”. Questa patologia si riscontra anche in atleti in cui

viene evitata la posizione seduta e la forza di compressione verticale che spinge la testa dell’omero verso

l’acromion. Infatti, le condizioni di micro e macro instabilità dell’articolazione gleno-omerale possono

determinare, assieme alla discinesia di scapola, le basi per il verificarsi di una lesione tendinea della cuffia (9). I nostri tendini, da un punto di vista istologico, si presentano di un colore bianco-giallastro. Quando si

presentano delle condizioni di “over stress”, tendono a modificare il proprio colore fisiologico, andando

verso un colorito grigiastro, tipico della fase edematosa e indice di scarsa ossigenazione con accumulo di

sostanze nocive alla vita cellulare (10).

È molto importante soffermarsi sulle differenze istologiche del tendine in quella condizione di sovraccarico

tipica dello sportivo. A tal proposito, il tendine normale è descritto come formato da file di tenociti con

bande parallele di fibre collagene. Invece, negli atleti c’è una diversa disposizione dei tenociti in ordine

concentrico e una diversa capacità di proliferazione. La matrice extracellulare, in particolare, accumula

acqua e glicosamminoglicani con successiva disorganizzazione dell’unità strutturale e delle fibre collagene.

Di conseguenza, il tendine presenterà una struttura inspessita con forte perdita della sua elasticità e delle

sue caratteristiche biomeccaniche che sarà alla base di una riduzione del fisiologico carico di rottura (11).

Si deve sottolineare quindi come, in qualsiasi forma di sport, la quantità di carico e di esercizi sia

strettamente legata all’instaurarsi di quadri di tendinopatia, in cui viene perso quell’equilibrio omeostatico

del tendine che lo porta ad un lento deterioramento e alla manifestazione clinica del dolore.

3. Biomeccanica di spalla nel paziente in carrozzina

Circa il 70% dei disabili facenti uso di carrozzina, lamentano dolori e presentano lesioni da usura agli arti

superiori (12), essi sono causati essenzialmente dai carichi elevati che si registrano durante la fase di spinta (13) e dalla bassa efficienza meccanica del dispositivo, legata a sua volta alla difficoltà dei pazienti ad

imprimere una forza perfettamente tangenziale al cerchio della ruota (14).

Molti autori (15) (16) hanno dimostrato che una spinta efficiente è quasi sempre meccanicamente poco

efficace, ovvero, la complessa serie di adattamenti fisici a cui il paziente va incontro, rende il movimento

molto vantaggioso dal punto di vista fisiologico, ma imperfetto da quello biomeccanico (17) (18) (19).

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L’efficacia del movimento di spinta dipende dal disegno della carrozzina e dunque da tutte le variabili

geometriche che lo caratterizzano (20) (21), ad esempio, un sedile basso provoca importanti sollecitazioni

torsionali alla spalla (19), e riduce cosi l’attivazione delle fibre muscolari necessarie alla fase propulsiva (20)

dipendente a sua volta dalla forza impressa alla ruota, legata, comunque, al diametro del cerchione (22) e

alla posizione del sedile nel piano sagittale (20) (23).

Gli arti superiori si distinguono per la loro grande mobilità e non sono affatto adatti a sostenere il peso del

corpo, pertanto, i movimenti di spinta, di trasferimento dalla carrozzina all’auto o al letto e tutte le attività

giornaliere espongono il paziente al rischio di traumi.

C’è incertezza sulle patologie legate all’uso della sedia a rotelle: secondo alcuni ricercatori (24) è la sindrome

da conflitto subacromiale il problema più frequente, mentre secondo altri (25) è la tendinite del bicipite

brachiale; inoltre, varie possono essere le cause di questi problemi: la ciclicità della sollecitazione (26) (27), i

notevoli sforzi muscolari richiesti per la fase propulsiva (24) e le particolari condizioni di carico alle

angolazioni estreme di movimento (24) (25).

3.1 Propulsione manuale: aspetti biomeccanici

3.1.1 Cinematica

La cinematica della spinta è piuttosto complessa: all’inizio, l’omero è posizionato circa 58° posteriormente

al piano verticale, muovendosi successivamente in avanti fino a raggiungere un valore massimo compreso

tra i 13 e 22 gradi. All’inizio l’elevazione è massima, poi diminuisce, arrivando ad un valore minimo in

corrispondenza della fase di ritorno; l’omero, inoltre, rimane internamente ruotato durante tutto il

movimento, presentando un’ampia escursione angolare, da 75° (inizio della spinta) a 21° (inizio della fase di

recupero) (28).

3.1.2 Dinamica

La propulsione di una carrozzina comprende una fase di spinta ed una fase di ritorno. Durante la prima, le

mani sono in contatto con la ruota e ne seguono il moto circolare senza che questo influenzi la direzione

della forza applicata; alcuni autori (29) hanno introdotto il concetto di frazione di forza efficace (fraction of

effect force, FEF): essa è definita come il rapporto tra la componente tangenziale (Fm) e la forza risultante

applicata alla ruota (Ftot); i valori di FEF sono generalmente inferiori a 0,8 essendo compresi negli intervalli

(0,47; 0,49) in pianura e (0,63; 0,74) in pendenza (30).

Nonostante i vincoli imposti dal sistema scheletrico e la complessa interazione uomo-dispositivo, è certo

che la spinga venga applicata nel modo fisiologicamente più vantaggioso (31) (32). In particolare, per il

movimento della ruota, si dovrebbe imprimere una forza tangente ad essa e rivolta verso l’alto tra l’inizio e

la metà della spinta, ed una verso il basso dalla metà alla fine del movimento.

Tra le articolazioni dell’arto superiore, è indubbio che le maggiori sollecitazioni sono a carico della spalla:

Veeger e collaboratori (29) calcolarono che la flessione e adduzione erano generate da coppie di 35nM e

20nM rispettivamente, risultati questi confermati anche da altri autori (30).

4. Handbike: lo sport paralimpico

Lo sport per disabili sta ottenendo in questi ultimi anni una grande valenza nel mondo dell’attività fisica. Ciò

può constatare dei cambiamenti che si sono andati formando negli ultimi decenni:

- Il numero di associazioni internazionali e nazionali di sport per disabili è in continuo aumento;

- Le opportunità di competizioni crescono perché si moltiplicano gli eventi ed i partecipanti ad esse;

- Gli sport si stanno sempre più perfezionando

- Le performances degli atleti stanno migliorando fino a raggiungere i livelli dei normo dotati;

- Gli atleti hanno maggior visibilità attraverso i media;

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- Le ricerche in ambito medico stanno evolvendo (maggiori congressi, seminari e conferenze)

- La medicina dello sport incomincia a specializzarsi nei disabili (allenamenti specifici, allenatori con

maggior preparazione, ecc…)

Queste modifiche possono fungere da specchio nei confronti dell’integrazione dell’accettazione che si sta

ormai diffondendo nei confronti di queste persone (33).

L’unione delle due realtà, sport e disabilità, trova nelle Paralimpiadi la massima espressione. I Giochi

Paralimpici sono l’equivalente dei Giochi Olimpici per atleti con disabilità fisiche, visive o intellettive

pensato come competizioni parallele a quelle che avvengono per i normo dotati (il nome deriva dalla

fusione del prefisso “para” = in parallelo e il sostantivo “olimpiadi”).

Attualmente partecipano atleti appartenenti a quattro grandi categorie di disabilità: lesioni midollari,

amputati, paralisi cerebrali e non vedenti. Accanto a questi vi sono inoltre altre patologie meno rilevanti dal

punto di vista numerico come la SM (Sclerosi Multipla), la distrofia muscolare, il nanismo e altri (34).

Tutto nasce nel 1948 quando il medico britannico Ludwig Guttmann organizzò una competizione sportiva

per veterani di guerra mondiale con lesione midollare chiamata “Stroke Mandeville Games” in onore della

città inglese che ospitò la manifestazione. Nel 1952 alcuni atleti olandesi parteciparono ai giochi, dando cosi

un carattere internazionale all’evento. Questa idea suggerì al medico italiano Antonio Maglio, direttore del

centro paraplegici dell’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), di

disputare la successiva edizione del 1960 a Roma, nello stesso anno in cui la capitale ospitava la XVII

Olimpiade. Tutto ciò porto alla creazione della I Paralimpiade estiva. Ad ogni edizione il numero delle

nazioni e degli atleti partecipanti aumenta, si va da Roma 1960 dove parteciparono 23 nazioni con un totale

di 400 atleti circa fino ad Atene 2004 con 136 nazioni e 3969 atleti. La stessa considerazione si può fare per

i Giochi invernali, che hanno raggiunto il record nell’ultima edizione avvenuta a Torino nel 2006 con 486

atleti provenienti da 39 stati. In virtù del continuo sviluppo degli sport per disabili e di conseguenza della

partecipazione ai giochi, ad ogni manifestazione vengono inserite nuove discipline.

L’Handbike è una disciplina nuova, riconosciuta ufficialmente dalla F.I.S.D (Federazione Italiana Sport

Disabili) a partire dall’anno 2000, anche se l’interesse si manifesta già nei primi anni Novanta. È entrata a

far parte dei giochi Paralimpici a partire dall’anno 2004. Pur essendo cosi “giovane”, l’Handbike sta

acquisendo sempre più popolarità tra le persone disabili. In Italia si contano circa 100 atleti agonisti.

Proprio da questi ultimi è nata la richiesta e la necessità di essere tutelati sotto il profilo della salute.

4.1 L’epidemiologia degli infortuni

L’aumento della partecipazioni agli sport ed alle attività fisiche non ha fatto che incrementare, in questi

ultimi anni, la percentuale di infortuni. Nonostante ciò, son stati messi in atto pochissimi sforzi da parte

della scienza per cercare di indagare le cause del problema, al fine di attuare un giusto trattamento ed una

corretta prevenzione (34).

Molti degli studi fatti hanno utilizzato la sopravvivenza (35), o dei disegni retrospettivi (36) e solo pochi hanno

impiegato metodologie prospettive.

Un’indagine effettuata nel 2000 da Ferrara MS e Peterson CL (34) sulla frequenza dei danni conseguiti

durante la Paralimpiade estiva del 1996 riportò un indice pari a 9.3 infortuni per 1000 atleti esposti.

La tipologia di danno era per lo più riconducibile a lesione dei tessuti molli come abrasioni, contusioni,

strappi e stiramenti. Danni più rilevanti come fratture o lussazioni ebbero un’incidenza minore. Questo è

probabilmente dovuto al fatto che vi sono pochissimi sport di contatto nel programma paralimpico. Infatti

la maggior parte delle specialità sono state classificate dalle due autrici sopra citate in attività a basso

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rischio di danno, come bocce, nuoto o tiro con l’arco, mentre altre discipline sono state reputate ad alto

rischio, come il rugby o il basket.

La maggior parte dei traumi avviene a livello del cingolo scapolare. A tal proposito, su un campione di 19

atleti in carrozzina, è stato rilevato che la parte più alta dell’arto superiore era la più comune agli infortuni

(58%), seguita dalle estremità inferiori (22%), collo e rachide (18%) e altri stati di malessere (2%) (35).

Inoltre le zone sopra citate sono più soggette a danni cronici che acuti, in virtù del fatto che i disabili sono

sottoposti alla ripetitività del gesto di propulsione della carrozzina quasi 24 ore su 24, impegnando il cingolo

scapolare a continui stress elevati.

Distretto corporeo Numero Percentuale

Spalla 8 27,6

Polso 6 20,7

Dita 5 17,2

Mano 4 13,8

Gomito 4 13,8

Braccio 1 3,4

Avambraccio 1 3,4

Tab. I : Numero degli infortuni riscontrati all’arto superiori nello studio di MS (35).

I fattori che influiscono il numero e la tipologia di infortuni sono:

- Tipologia e livello di lesione;

- Caratteristiche intrinseche dell’individuo (età, sesso, ecc…);

- Anni di attività sportiva;

- Forma di sport;

- Gesto specifico;

- Ausili e strumenti impiegati durante la competizione e l’allenamento.

Riguardo a ciò alcuni studiosi hanno cercato di dare una spiegazione alla predisposizione che hanno questi

individui nei confronti dei traumi alle spalle. La tesi più avvalorata è quella che riconduce la causa al fatto

che le articolazioni dell’arto superiore, soprattutto la scapolo-omerale, non ricevono mai un sufficiente

tempo di riposo, che permetterebbe alla muscolatura ed ai tessuti molli circostanti, un recupero adeguato (34).

Il problema dell’epidemiologia e dell’incidenza negli sport per disabili rimane ancora una questione aperta,

poiché ci sono troppi fattori che la rendono incerta. Prima fra tutti è la problematica legata alla

determinazione della popolazione di riferimento, la mancanza di un’autorità centrale capace di riunire tutti

i piccoli gruppi lasciati a loro stessi, la mancanza di una corretta classificazione degli individui, l’elevata

eterogeneità dei casi e la ridotta consultazione di uno specialista in caso di patologie non acute.

4.2 Storia della bicicletta e dello sport

Il primo modello di Handbike fu costruito alla fine del 1980, quando la classica sedia a rotelle con sistema a

propulsione, che sfruttava la spinta posteriore, fu sostituito un sistema a pedali.

Anteriormente alle due ruote ne venne montata una ulteriore, ottenendo così una carrozzina con tre ruote:

fu così che nacque il prototipo di un’Handbike. In questo modo la spinta proveniva dalle braccia e non dalle

gambe, permettendo allo sportivo diversamente abile di “pedalare con le mani”.

Gli immediati vantaggi di questa modifica furono un miglioramento del 11/15% dell’efficienza.

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Attualmente, grazie alle più moderne tecnologie, si sta lavorando affinché l’Handbike possieda il minor

peso dei componenti, i migliori sistemi di cambio, rapporti e presa delle manovelle ed un sistema che

permetta un’adattabilità individuale della seduta.

Essendo dotata di un cambio a più rapporti permette di superare pendenze elevate e di raggiungere alte

velocità.

Recentemente sono stati creati molti modelli di Handbike, specifici per ogni tipologia di disabilità (lesione

midollare, amputazione o poliomieliti).

Fondamentale è che l’atleta personalizzi la propria “bicicletta” rivolgendosi al personale competente per le

corrette modifiche.

Da un punto di vista medico, l’Handbike fu raccomandata per il mantenimento di un buon livello di attività

fisica, necessario a prevenire le malattie arteriosclerotiche sia nei disabili che nei normo dotati.

4.3 Le categorie

Gli handbikers gareggiano in tre divisioni di invalidità, con gare distinte per uomini e donne. L’obiettivo è di

raggruppare insieme atleti con un potenziale di movimento simile, cioè con la medesima possibilità di dare

origine ad un atto motorio.

Benchè possano esistere differenze tra soggetti appartenenti alla stessa classe, legate a diverse patologie,

queste devono essere tali da consentire lo svolgimento della competizione sportiva in maniera equa.

La classe viene attribuita ad ogni atleta dalla Commissione Classificatrice autorizzata dalla FISD

(Federazione Italiana Sport Disabili), la quale adotta un Sistema Funzionale di Classificazione, dove viene

stabilita la capacità funzionale dell’atleta sulla base del grado di lesione del midollo spinale o di una

invalidità equivalente.

Dal momento della sua assegnazione ha valore permanente e ufficiale; solo nel caso in cui esistano

condizioni particolari di dubbio all’atleta viene attribuita una classificazione di tipo rivedibile.

Può essere richiesta da parte del soggetto una nuova visita di classificazione nel caso in cui avvenga un

peggioramento della patologia.

La Commissione Classificatrice ha identificato tre divisioni, ognuna delle quali raggruppa al suo interno

diverse classi:

- HC Divisione A – Classi HC 1 e 2

- HC Divisione B – Classi HC 3, 4 e 5

- HC Divisione C – Classi HC 6, 7 e 8

HC Divisione A – Atleti con un grado di invalidità più grave con la perdita totale delle funzioni del tronco e

degli arti inferiori, e anche con altri tipi di invalidità gravi e complesse.

Classe HC 1 - tetraplegici con disabilità conseguenti ad una lesione cervicale totale superiore o a

livello di C7/C8;

Classe HC 2 - atleti con nessuna lesione del midollo spinale ma che, a causa di altri processi

patologici, rientrano in un profilo di capacità funzionale equivalente a quello descritto nella classe

HC 1.

HC Divisione B - Atleti con la perdita totale della funzione degli arti inferiori e stabilità del tronco ridotta.

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Classe HC 3 – paraplegici con disabilità corrispondente ad una lesione totale da T1 a T3, i quali

presentano una stabilità molto ridotta del tronco ed alterazioni del SN simpatico;

Classe HC 4 – paraplegici con disabilità determinata da una lesione totale da T4 a T9/T10 e

conseguente ridotta stabilità del tronco;

Classe HC 5 – atleti con nessuna lesione del midollo spinale ma che tuttavia rientrano in un profilo

di capacità funzionale equivalente a quello descritto nelle classi HC ¾ per altri processi patologici.

HC Divisione C – atleti con perdita totale della funzione degli arti inferiori ma con altre minime invalidità

funzionali o con una parziale funzione degli arti inferiori insieme ad altri tipi di invalidità.

Classe HC 6 – paraplegici con invalidità corrispondenti ad una lesione da T11 a L4, assenza o ridotta

funzione degli arti inferiori e stabilità del tronco normale o quasi normale;

Classe HC 7 – atleti con nessuna lesione del midollo spinale ma che, a causa di altri processi

patologici, rientrano in un profilo di capacità funzionale equivalente a quello descritto nella classe

HC 6;

Classe HC 8 – amputati sopra le ginocchia o di un’unica gamba, con perdita parziale della funzione

degli arti inferiori o con altri tipi di invalidità che ostacolano l’uso sicuro di una bicicletta o di un

triciclo tradizionale. In questa classe l’idoneità all’Handbike viene stabilita paragonando l’invalidità

dell’atleta con i profili funzionali della classificazione appropriata della bicicletta tradizionale.

Ad ogni soggetto viene sempre riconosciuto il diritto di competere, su propria richiesta, con atleti

appartenenti ad una classe superiore, nel rispetto dei regolamenti tecnici di ciascuna disciplina sportiva.

5. Taping Neuromuscolare (37)

5.1 Meccanismo d’azione

Il Taping NeuroMuscolare (TNM) è una tecnica che consiste nell’applicazione di un nastro adesivo elastico

(tape) sulla cute, con effetto terapeutico diretto locale e a distanza per via riflessa. La corretta applicazione

può ridurre il dolore e facilitare il drenaggio linfatico tramite la formazione di pliche cutanee.

La tecnica del NMT, a differenza del taping tradizionale anelastico ed elastico, si basa sull’agevolazione dei

movimenti cutanei e muscolari in modo da ottenere un effetto biomeccanico terapeutico sulle zone

trattate.

I muscoli rappresentano uno dei bersagli più importanti su cui agisce il TNM, con effetti diretti sulla

circolazione venosa e linfatica e sulla temperatura corporea.

Le caratteristiche fondamentali del TNM, che lo differenziano da altri tipi di taping e bendaggi, sono

sostanzialmente:

- Utilizzo di un nastro con particolari caratteristiche;

- Metodo di applicazione;

- Tecnica di taping definita “decompressiva” e “compressiva”.

Il nastro è costituito da uno strato di cotone di pochi millimetri di spessore con adesivo acrilico (latex free)

spalmato a onde, permette la traspirazione della pelle, è facilmente tollerabile, ipoallergico e può essere

applicato per più giorni. La superficie adesiva è protetta da un liner di carta removibile.

Il nastro rappresenta un’elasticità sovrapponibile a quella cutanea, è elastico solo in lunghezza (40% circa) e

resistente all’acqua. L’applicazione, insieme al movimento del corpo, produce movimenti del nastro che

stimolano i recettori cutanei e quelli degli strati sottostanti, inviando stimoli esterocettivi e propriocettivi a

livello del sistema nervoso centrale, che determinano una risposta muscolare riflessa. Il nastro, stimolando

la sensibilità esterocettiva, riduce la stasi linfatica ed ematica, migliora la microcircolazione locale e

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permette l’assorbimento di eventuali edemi. Infatti, sollevando la cute, dilata gli spazi interstiziali e

conseguentemente migliora la circolazione e l’assorbimento dei liquidi e riduce la pressione sottocutanea.

Perché ciò avvenga è importante, prima dell’applicazione, ricercare il movimento muscolare e articolare

applicando il nastro in modo da determinare micromovimenti locali e provocare la sua azione

decompressiva grazie alla formazione di pieghe cutanee durante il movimento.

Il nastro si applica a vari livelli di tensione che dipendono dall’effetto terapeutico desiderato e la sua

speciale struttura ondulata aerata permette la traspirazione locale. Utilizzando un nastro elastico capace di

fornire un’assistenza esterna ai muscoli, se ne migliora il funzionamento e si stimola la risposta del sistema

nervoso ai differenti fattori strutturali, biochimici, emozionali ed energetici.

5.2 Funzioni base

Agendo sulla cute, muscoli, sistema nervoso, sistema linfatico ed articolazioni, il TNM raggiunge sei principi:

- Alleviare il dolore;

- Normalizzare la tensione muscolare;

- Rimuovere la congestione venosa e linfatica;

- Migliorare la vascolarizzazione sanguigna;

- Correggere l’allineamento articolare;

- Migliorare l’assetto posturale.

Conseguentemente, agisce a diversi livelli:

- Sensitivo, stimolando i recettori cutanei, muscolari e articolari e controllando lo stimolo doloroso;

- Muscolare, ripristinando il giusto tono, riducendo la fatica, l’eccessiva distensione e contrazione;

- Linfatico, riducendo la flogosi locale, aumentando la circolazione sanguigna e migliorando il

drenaggio linfatico;

- Articolare, stabilizzando a livello fasciale, aumentando il ROM e riducendo il dolore.

La tecnica del TNM può essere utilizzata sia come terapia aggiuntiva da inserire in programmi terapeutici

sia manuali che strumentali, sia impiegata come unica risorsa.

Il nastro può essere applicato per più giorni, non contiene alcun principio attivo e può essere usato su

bambini, adulti, anziani e donne in gravidanza.

Nel trattamento delle patologie ortopedico-sportive, viene utilizzato a livello:

- Muscolare (elongazioni, distrazioni, fasciti, sovraccarichi funzionali, contratture antalgiche)

- Tendinee (tendiniti inserzionali, peritendiniti, tendinosi)

- Articolari (traumi distorsivi, traumi contusivi, borsiti)

5.3 Taping Neuromuscolare durante l’attività sportiva

È possibile bendare un muscolo sano per aiutare la contrazione muscolare durante il lavoro fisico svolto

durante un’attività sportiva.

I principi generali per la realizzazione di una corretta applicazione sono:

- Applicazione con una tensione del 25% e con una lieve attivazione muscolare: in questo modo si

possono svolgere le attività sportive di resistenza diminuendo il rischio di lesioni muscolari;

- Applicazioni con una tensione del 25/50% e con il muscolo attivato in isometria: in questo modo si

possono svolgere attività sportive di velocità e forza diminuendo i rischio di lesioni.

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Bisogna ricordare che, maggiore sarà la tensione di applicazione del nastro e meno tempo lo si potrà tenere

applicato; inoltre, a fine attività sportiva, dovrà essere rimosso.

Durante l’applicazione del nastro, una postura in “accorciamento” o “ipercorrezione”, produrrà tensione

del nastro e quindi compressione cutanea. Questo fattore deve essere tenuto presente nella progettazione

del bendaggio. L’applicazione deve tener conto, in una visione globale e tridimensionale, della necessità di

favorire l’azione di ripristino dell’equilibrio dei muscoli agonisti e antagonisti implicati nella sinergia della

contrazione muscolare. Inoltre, come in caso di contrattura, si può verificare il trauma per squilibrio del

tono muscolare.

Il TNM può avere un effetto positivo sulla prestazione atletica anche per una ragione meccanica: il nastro,

applicato con l’intento di favorire la contrazione muscolare dei muscoli “attivi” nel gesto tecnico e stimolare

il rilassamento dei muscoli che potrebbero “frenare” la contrazione dei muscoli “attivi” che sono retratti,

migliora l’equilibrio muscolare.

5.4 Tipi di applicazione

L’applicazione del Taping Neuromuscolare con tecnica eccentrica produce uno stimolo di allungamento a

livello sia cutaneo sia sottocutaneo. Questo stimolo aumenta l’elasticità della cute e ripristina una normale

estensione del muscolo e del tendine, ossia esercita un’azione decompressiva. Tale azione, sommandosi

all’azione delle pliche cutanee sulle articolazioni e sui percorsi muscolari e tendinei, accentua l’estensione

del tessuto muscolare, della fascia connettivale e della cute, riducendone la congestione e normalizzando la

loro risposta e il loro funzionamento. Uno stimolo in decompressione aumenta gli spazi interstiziali e riduce

la compressione cutanea e sottocutanea normalizzando il flusso sanguigno e linfatico.

L’applicazione del Taping Neuromuscolare con tecnica concentrica, invece, produce uno stimolo di

accorciamento sia a livello cutaneo sia sottocutaneo, creando un’azione compressiva. Tale stimolo aumenta

la contrazione della cute, dei muscoli e dei tendini, ma riduce il flusso sanguigno e linfatico.

5.4.1 Spessore ed elasticità cutanei

La cute uno spessore differente secondo il genere, il tipo etnico di appartenenza, le regioni del corpo e il

grado di sollecitazione meccanica che riceve. Il suo spessore può variare da 0,5 a 2mm, ma in alcune aree

può raggiungere i 4-5mm. In generale è più sottile nelle superfici flessorie rispetto a quelle estensorie. È più

spessa nel maschio e nelle aree dorsolaterali (testa, collo, tronco) e tende ad assottigliarsi in direzione

ventrale (addome, inguine, estremità distali degli arti). Si presenta più spessa (4mm) nella regione cervicale

posteriore, nel palmo delle mani e nella pianta dei piedi. È sottilissima (0,5mm) quella delle palpebre, del

prepuzio e delle piccole labbra e del meato acustico esterno.

La pelle ha una buona elasticità e un alto grado di distensibilità e resistenza. L’elasticità cutanea non è,

però, uguale in tutte le parti corporee. E maggiore nelle aree estensorie (convesse) di un’articolazione,

come per esempio nella zona anteriore del ginocchio o posteriore del gomito, mentre elasticità minore si

ha ai lati e posteriormente all’articolazione stessa. Nonostante la notevole resistenza e la buona elasticità,

un’eccessiva e prolungata distensione della pelle, a causa di gravidanza o cambiamenti di peso, può

determinare parziali fratture della maglia tridimensionale delle fibre connettivali del derma, che possono

esitare in anestetiche cicatrici interne, le ben note smagliature.

L’applicazione di un nastro adesivo elastico sulla cute deve tener conto delle traiettorie elastiche cutanee,

cioè delle linee di Langer (dal nome dell’anatomo-patologo austriaco che agli inizi dell’Ottocento le

individuò), generalmente seguendo un decorso perpendicolare a esse per sfruttare la direzione di maggior

elasticità cutanea in modo da accentuare le pliche cutanee. Tuttavia le linee di Langer da sole non offrono

sufficienti informazioni per l’applicazione del nastro. Infatti la tecnica del NMT interessa anche altre

strutture oltre la pelle, creando una decompressione della struttura cutanea e dell’immediato sottocute.

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La cute, pur aderendo ai piani profondi per mezzo dell’ipoderma, essendo elastica e deformabile presenta

una certa mobilità che ne permette il sollevamento in pliche a volte ampie e che contribuisce a mantenere

l’asse articolare e facilita i movimenti limitandone l’escursione.

In alcune regioni del corpo, la struttura del derma e dell’ipoderma conferisce una forte aderenza della cute

ai piani sottostanti e impedisce il sollevamento in pliche: le aree dove non è possibile “dare un pizzocotto”

sono il margine anteriore della tibia, la cresta iliaca, la regione inguinale, la regione sacrale, la spalla in

corrispondenza dell’acromion, il cuoio capelluto, la pianta del piede e il palmo della mano.

5.4.2 Linee di maggior elasticità cutanea

Per una corretta applicazione del Taping Neuromuscolare è fondamentale che i nastri seguano le linee di

maggior elasticità cutanea (MEL , Major Elasticity Lines). Essse si basano sullo studio del corpo in

movimento e sulla dinamicità della coordinazione del movimento stesso. Per ottenere il maggior effetto

terapeutico si devono seguire queste linee nell’applicazione delle tecniche decompressive e compressive,

tranne nel caso di alcune applicazione correttive articolari. In linea generale la direzione della elasticità

cutanea segue il decorso delle fibre della muscolatura superficiale ma non è sempre cosi, come per

esempio nel caso dei muscoli romboidi e del muscolo massetere.

5.5 Preparazione del nastro

5.5.1 Taglio del nastro

La forma del nastro dipende dalla zona da trattare e dal tipo di applicazione.

La lunghezza del nastro deve essere uguale a quella del muscolo da trattare più alcuni centimentri di base o

ancoraggio iniziale e alcuni centimetri di coda o ancoraggio finale.

Si deve prestare attenzione a non invadere con gli ancoraggi il percorso di un altro muscolo, il percorso

linfatico o vascolare o la chiusura articolare della zona ascellare, inguinale o clavicolare, la zona

sternocleidomastoidea e quella del muscolo trapezio. Gli ancoraggi, anche se correttamente applicati senza

imprimere alcuna tensione, possono, se troppo estesi, causare un eccessiva compressione.

Di seguito alcuni tagli utilizzati nella tecnica di TNM:

- Taglio a I, applicazione sopra il ventre muscolare (muscolo retto dell’addome, flessore breve

dell’alluce) – (fig.3);

- Toglio a Y, applicazione intorno al ventre muscolare (muscolo bicipite brachiale, gastrocnemio,

parte discendente del muscolo trapezio) – (fig.4);

- Taglio a W, applicazione distribuita sul ventre muscolare (muscolo grande pettorale) – (fig.5);

- Taglio a X, applicazione del centro del nastro su un punto fisso e dei raggi sopra il ventre muscolare

(muscoli romboidi: il centro del nastro è fissato sulla quarta vertebra toracica) – (fig.6);

- Taglio a ventaglio a quattro, applicazione drenante (drenaggio anteriore del collo) – (fig.7);

- Taglio a ventaglio a cinque, applicazione drenante (es. capsulite adesiva di spalla) – (fig.8);

- Taglio a Y lungo combinato, applicazione decompressiva (tendine d’Achille, muscolo gastrocnemio)

– (fig.9);

- Taglio a ventaglio e a Y lungo combinato, applicazione decompressiva (es. spina calcaneale) –

(fig.10).

(fig.3) (fig.4) (fig.5)

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(fig.6) (fig.7) (fig.8)

(fig.9) (fig.10)

5.5.2 Tecnica decompressiva

In questa tecnica il nastro viene applicato senza tensione sulla cute in posizione di allungamento.

Volendo applicare tale tecnica, per esempio, al muscolo deltoide, si deve tendere la pelle al di sopra del

muscolo stesso. l’ancoraggio del nastro, in posizione neutra, deve essere distale all’inserzione del muscolo.

Posizionare una banda del nastro sulle fibre anteriori del muscolo deltoide (parte clavicolare) e l’altra sulle

fibre posteriori (parte spinale). Le code del nastro finiscono all’origine del muscolo.

Durante la flessione e l’estensione del muscolo si notano le pliche cutanee che vengono accentuate dalla

presenza del nastro. Queste pieghe producono lo stimolo in decompressione.

Le funzioni della tecnica decompressiva sono:

- Rimuovere la congestione della circolazione dei fluidi corporei per migliorare la circolazione

sanguigna e il drenaggio linfatico, ridurre l’eccesso di calore e di sostanze chimiche presenti nei

tessuti, ridurre l’infiammazione e l’anormale sensibilità e il dolore nella pelle e nei muscoli;

- Azionare i sistemi analgesici endogeni per stimolare il sistema inibitore spinale e il sistema inibitore

discendente;

- Correggere i problemi delle articolazioni per ridurre gli allineamenti imprecisi causati da spasmi e

muscoli accorciati, normalizzare il tono del muscolo e l’anormalità di fascia delle articolazioni e

migliorare il ROM.

5.5.3 Tecnica compressiva

In questa tecnica il nastro viene applicato sulla cute sopra il muscolo in leggera contrazione isometrica.

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La tensione del nastro può variare tra lo zero e il 25%: in genere viene applicata tensione nel caso di

muscoli con un lungo ventre muscolare (per esempio il bicipite brachiale).

Se si vuole agire sempre sul muscolo deltoide, ma con tecnica compressiva, si deve contrarre il muscolo per

accorciare la pelle. L’ancoraggio del nastro, in posizione neutra, deve essere distale all’inserzione del

muscolo. Posizionare una banda del nastro con 0% di tensione sulle fibre anteriori del muscolo deltoide e

l’altra sulle fibre posteriori. Le code del nastro finiscono all’origine del muscolo.

Durante la flessione e l’estensione del muscolo si noti la mancanza di pliche cutanee e il nastro teso e

compatto. Quest’ultimo produce lo stimolo in compressione.

Le funzioni della tecnica compressiva sono:

- Sostegno del muscolo per migliorare la contrazione muscolare nei muscoli indeboliti, ridurre

l’affaticamento, ridurre l’eccessiva estensione e contrazione, aumentare il ROM e ridurre i crampi e

la possibile lesione dei muscoli;

- Correggere i problemi di articolazioni e tendini per migliorare gli allineamenti imprecisi causati da

spasmi e muscoli accorciati e sostenere i tendini lesionati e indeboliti;

- Sostegno del muscolo, legamento, articolazione o ossa post-trauma durante l’attività sportiva.

Dopo la fase agonistica il bendaggio viene rimosso per evitare delle controindicazioni circolatorie.

Fig. 9a – 9b Differenza tra tecnica compressiva e tecnica decompressiva, visione frontale

Fig. 10a – 10b Differenza tra tecnica compressiva e tecnica decompressiva, visione dorsale

5.6 Controindicazioni all’applicazione del TNM

Le principali controindicazioni all’utilizzo e all’applicazione del Taping Neuromuscolare sono:

- Cute irritata o lesionata: mancanza di sterilità del nastro. Per evitare problemi legati alla

traspirazione cutanea, si potrebbe bendare sopra la medicazione della parte;

- Allergia accertata alla colla acrilica: anticipare la prima applicazione con una prova, per accertare

eventuali allergie;

- Nei: la presenza di nei sopraelevati rende controindicato il bendaggio elastico, che altrimenti

darebbe una stimolazione meccanica del neo, fino ad arrivare al sanguinamento;

- Rischio di trombosi: quando ci troviamo di fronte a un paziente a rischio di trombosi, il bendaggio

potrebbe aggravare il quadro patologico;

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- Edema da cause generali: in presenza di scompensi cardiaci o problemi della circolazione renale

non si dovrebbe ulteriormente aumentare la portata di liquidi;

- Presenza di metastasi tumorali della zona da trattare: sarà meglio evitare il bendaggio elastico, che

può dare un effetto stimolante alla circolazione dei liquidi.

6. Materiali e metodi

Scopo dello studio

Lo studio che mi sono proposto di effettuare mira a rilevare l’efficacia del Taping Neuromuscolare nel

trattamento riabilitativo preventivo della spalla in atleti professionisti paralimpici di Handbike con patologie

di base a carico del midollo spinale.

La tecnica TNM che è stata proposta mira a fornire all’atleta un supporto muscolare durante la prestazione

e una fase di scarico durante il post-allenamento per quanto riguarda selettivamente la spalla e, inoltre,

una tecnica per il mantenimento della postura corretta in carrozzina.

Descrizione del campione selezionato

Sono stati raccolti i dati di 3 atleti professionisti paralimpici di Handbike (1 femmina e 2 maschi) con età

media di 46,7 anni (min 42 max 53), praticanti lo sport nelle categorie HC1, HC3 seguiti nel periodo di

tempo Gennaio 2015 – Marzo 2015.

Criteri di Inclusione / Esclusione

Per lo studio sono stati selezionati atleti di Handbike a livello agonistico con lesione midollare, partecipanti

a una o più gare nell’anno corrente.

Sono stati, quindi, esclusi dal trattamento atleti non agonistici e con altre disabilità (nelle categorie

sopracitate, infatti, vengono inclusi anche atleti amputati o atleti con altre patologie non a carico del

midollo spinale).

Valutazioni e trattamento

È stata effettuata una valutazione preliminare in toto dell’atleta, in modo tale da poter individuare

eventuali problematiche a cui gli atleti sono più esposti, sia durante le attività della vita quotidiana (gli atleti

in carrozzina sfruttano, come si è detto, gli arti superiori per le attività di trasporto di oggetti pesanti, come

avviene durante i trasferimenti e durante la fase di spinta della carrozzina) che nell’attività sportiva (gli

atleti che partecipano a maratone o comunque a gare di alto livello, espongono le proprie spalle ad un

elevato rischio di squilibrio muscolare e articolare, presupposto per una ampia varietà di danni da overuse).

Sono stati determinati degli esercizi specifici a cui sottoporre l’atleta durante la fase di allenamento

quotidiano. Questi esercizi, quindi, mirano a:

- Ottenere un equilibrio muscolare tra le briglie anteroposteriori e tra i muscoli depressori e il

deltoide;

- Individuare i movimenti, e di conseguenza i muscoli, che l’atleta, abitudinariamente, sfrutta e

sovraccarica maggiormente durante le AVQ e lo sport. Si ricerca quindi un rilassamento di questi

ultimi e, al contempo, un rinforzo dei muscoli antagonisti, normalmente più deboli;

- Valutare l’eventuale presenza di patologie specifiche, causa di dolore, di spalla (o danno acuto di

origine macrotraumatica, verificatosi da un unico evento di elevata intensità, o danni

microtraumatici, che insorgono in un lungo periodo di tempo e sono spesso secondari a quello che

è definito “overuse” o “overload”).

I pazienti sono stati sottoposti al seguente trattamento fisioterapico:

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È stata proposta una progressione di trattamento volta ad effettuare 3 valutazioni:

- Valutazione Iniziale (T0);

- Valutazione Intermedia (T1) per ottenere un riscontro al trattamento con solo utilizzo di esercizi

specifici di prevenzione alla patologia di spalla;

- Valutazione Finale (Tf) per verificare la differenza di trattamento con soli esercizi o con

l’associazione di esercizi + Taping Neuromuscolare.

I pazienti sono stati sottoposti a 10 sedute (2/settimana) di trattamento durante l’attività di allenamento

con utilizzo di ciclomulino, per una durata di circa 1 ora e 30 minuti (la valutazione iniziale T0 è stata fatta

prima dell’inizio del trattamento, la valutazione intermedia T1 dopo 5 sedute di trattamento con esercizi

specifici e la valutazione finale Tf dopo le successive 5 sedute in cui è stata introdotta la tecnica di Taping

Neuromuscolare).

Sono stati raccolti i seguenti dati:

Anamnesi generale, patologica e sportiva

Esame obiettivo

Test Clinici per le patologie muscolo-scheletriche

Punteggi Shoulder Rating Questionnaire (SRQ)

6.1 Anamnesi

Generale Patologica Sportiva

Nome – Cognome Patologia di base Tipo di sport

Età Patologie remote Categoria

Sesso Anni in carrozzina Ore di allenamento

Braccio dominante Abilità AVQ Gare/settimana

Tipologia allenamento

6.2 Esame Obiettivo (38)

L’esame obiettivo considera essenzialmente quattro fasi:

Valutazione Iniziale (T0)

Esercizi di rinforzo selettivo

Esercizi di rinforzo selettivo

Applicazioni TNM

Valutazione Finale (Tf)

Valutazione Intermedia (T1)

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Valutazione della motilità attiva e passiva, durante i movimenti di:

o Flessione / Estensione

o Rotazione Interna / Rotazione Esterna

o Abduzione / Adduzione

Nell’esame obiettivo un ruolo importante è riservato alla valutazione dell’ampiezza di movimento passivo e

attivo di entrambe le spalle. Questa valutazione comparativa, tra l’arto patologico e quello ritenuto sano,

non sempre è attendibile. Il paziente che si rivolge al medico per un sintomo ad una delle due spalle, può

essere stato interessato, in passato, da fratture dell’estremo prossimale, o aver subito un precedente

intervento di protesi di spalla, o ancora soffrire di patologie bilaterali.

Le alterazioni della motilità interessano sia le variazioni in difetto che quelle in eccesso (eccessiva o ridotta

motilità di uno o più movimenti). Queste alterazioni possono essere globali (limitazione o accentuazione su

tutti i piani di movimento), o distrettuali (limitazione o accentuazione di una sola direzione del movimento).

Le cause di queste variazioni possono essere diverse:

Limitazione passiva:

- Fase acuta del dolore;

- Lussazione G/O volontaria;

- Capsulite adesiva primaria;

- Spalla rigida post-traumatica;

- Retrazione della capsula posteriore;

- Patologie degenerative articolari;

- Discinesie scapolo-toraciche volontarie o involontarie.

Limitazione attiva (movimento passivo completo)

- Tendiniti;

- Lesione cuffia dei rotatori;

- Lesioni del deltoide;

- Discinesie scapolo-toraciche volontarie o involontarie.

Accentuazione motilità passiva:

- Lassità congenita;

- Lassità acquisita conseguente a gesti ripetuti (sportivi, lussatori volontari);

- Esiti di lussazione traumatica G/O;

- Ampie lesioni tendinee della cuffia;

- Ipotrofie muscolari (muscoli rotatori, deltoide).

Valutazione della forza muscolare:

o Cuffia dei Rotatori – Sovraspinato, Sottospinato, Sottoscapolare, Piccolo Rotondo;

o Deltoide;

o Bicipite Brachiale.

Osservazione statica e dinamica

L’osservazione statica e dinamica del paziente può fornire importanti indicazioni iniziali. Entrambe le

osservazioni devono, necessariamente, comprendere una visione frontale, laterale e dorsale della

persona. La valutazione deve coinvolgere entrambe le spalle, e non solo quella in cui il paziente

lamenta dolore, per scongiurare patologie bilaterali di origine reumatologica, neurologica o muscolare

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su base congenita. La posizione nella quale si valuta il paziente comprende sia la stazione eretta che

quella in decubito. L’età, inoltre, può orientarci sui possibili tessuti interessati dal problema; i pazienti

giovani possono soffrire di un dolore associato ad instabilità (tessuto capsulo-legamentoso), quelli con

più di 30-35 anni possono essere interessati da iniziali sofferenze tendinee, sopra i 50-55 anni le iniziali

sofferenze possono evolvere in lesioni degenerative (tessuto tendineo), infine sopra i 65-70 anni

aumentano le probabilità di patologie degenerative ossee (omartrosi).

Palpazione

Scopo della palpazione è di verificare la presenza di punti dolorosi o di alterazioni della parti molli

secondarie a traumi o a processi infiammatori.

Le principali sedi di palpazione, i reperi ossei principali nell’articolazione della spalla, sono:

- Articolazione acromion claveare;

- Clavicola;

- Articolazione sterno clavicolare;

- Acromion;

- Grande tuberosità dell’omero e solco bicipitale;

- Spina scapolare

- Bordo mediale della scapola e angolo inferiore.

6.3 Test Clinici per le patologie muscolo-scheletriche (38)

I test clinici, eseguiti accuratamente e preceduti da una minuziosa anamnesi, sono importanti, in ambito

ortopedico, per stabilire una corretta diagnosi. Nel sistema muscolo-scheletrico i test si basano

sull’applicazione dei principi biomeccanici. Nelle patologie della spalla, cosi come nei diversi distretti

corporei, hanno l’obiettivo di valutare:

- La struttura anatomica responsabile del sintomo;

- L’appropriata stabilità articolare resa possibile dal giusto stato di tensione degli stabilizzatori

passivi;

- La forza di determinati muscoli;

- L’integrità del tessuto osseo;

- L’escursione articolare;

- La presenza di sensibilità;

- Il corretto sincronismo dei movimenti.

L’obiettivo dei vari test è quello di accentuare e attenuare il sintomo riferito dal paziente che può essere il

dolore, la diminuzione di forza, il deficit di stabilità, l’alterazione della sensibilità, ecc....

Tra i più famosi test per la spalla, quello di Jobe risulta utile per la valutazione del tendine del sovraspinato.

Si esegue con il paziente in posizione di braccia abdotte, anteposte di 30° (sul piano scapolare) e

intraruotate; da questa posizione si richiede una spinta verso l’alto che verrà contrastata in modo

isometrico. Ogni singolo accorgimento, adottato in questo test, ha una spiegazione logica. L’abduzione di

90° e l’intrarotazione del braccio favoriscono il contatto del tendine con l’arco coracoacromiale.

L’anteposizione delle braccia di 30° allinea le fibre muscolari del sovraspinato, mentre l’intrarotazione ne

accentua l’allungamento, mettendo al tempo stesso il muscolo deltoide in svantaggio meccanico rispetto al

muscolo sovraspinato. La contrazione isometrica richiesta, infine, concentra l’attività sul tendine invece che

sul ventre muscolare.

Se l’unità muscolo-tendinea è perfettamente integra, la posizione sarà mantenuta e il paziente non riferirà

dolore. In caso contrario si presenterà un deficit di forza più o meno marcato associato a dolore più o meno

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intenso. La sola ipostenia, in completa assenza di dolore, deve far pensare a un possibile coinvolgimento

neurologico; contrariamente, un danno tendineo si associa a dolore, essendo queste strutture riccamente

innervate.

In molte occasioni, l’iter costituito da una minuziosa anamnesi e dalla somministrazione dei test clinici,

conduce a una diagnosi più specifica che agli esami strumentali.

Test per l’Instabilità

Hanno il compito di valutare l’escursione della testa dell’omero nei confronti della superficie glenoidea,

oppure di riprodurre i sintomi di apprensione riferiti dal paziente. Si possono riscontrare microinstabilità

o instabilità conclamate nelle direzioni anteriori, posteriori, inferiori o nelle posizioni intermedie a

queste.

- Segno del Solco: su esegue preferibilmente con il paziente a busto eretto con il braccio rilassato

lungo il fianco. L’operatore traziona il braccio caudalmente e osserva la possibile comparsa del

solco costituito dall’accentuazione dello spazio che si trova tra acromion e testa dell’omero. La

comparsa del solco è indice di instabilità inferiore conseguente a eccessiva lassità capsulo

legamentosa sopra-equatoriale – (figg. 11a – 11b);

(figg. 11a – 11b)

- Drawer Test o Cassetto Anteriore/Posteriore: si esegue preferibilmente con il paziente a busto

eretto con il braccio rilassato lungo il fianco. L’operatore con una mano stabilizza la scapola mentre,

con l’altra, afferra la testa dell’omero ed effettua spinte in senso anteriore e posteriore. L’eccessiva

traslazione in una direzione, o in entrambe, è indice di una accentuata lassità delle strutture

stabilizzatrici anteriori e/o posteriori – (figg. 12a – 12b)

(figg. 12a – 12b)

Test per l’Apprensione

Hanno il compito di riprodurre o attenuare la sensazione o la paura del paziente di una possibile

lussazione anteriore o antero-inferiore.

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- Crank Test: si esegue con il paziente a busto eretto. L’esaminatore, con una mano, effettua una

rotazione esterna del braccio del paziente, mentre con il pollice della mano controlaterale, spinge

la testa dell’omero in avanti. Il braccio del paziente può essere mantenuto abdotto a 45°/90°/135°,

per valutare porzioni diverse della capsula anteriore (figg. 13a – 13b – 13c).

(fig. 13a)

(fig. 13b)

(fig. 13c)

Conflitto

Lo scopo di questo gruppo di test è quello di ricercare il contatto meccanico tra specifiche strutture

anatomiche. Se il test di contatto si associa alla comparsa di dolore, si è in presenza di una sofferenza

della struttura anatomica interessata dalla compressione (i tendini della cuffia sono compressi tra il

trochite e l’arco coraco-acromiale).

- Segno di Neer: dopo aver stabilizzato manualmente la scapola, l’operatore esegue una abduzione

passiva del braccio mantenuto in rotazione interna. La stabilizzazione della scapola ne limita il

basculamento laterale, accentuando il conflitto (fig. 14);

(fig. 14)

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- Hawkins: l’operatore mantiene il braccio del paziente anteposto di 90°, da questa posizione esegue

una intrarotazione passiva (fig. 15);

(fig. 15)

- Yocum: il paziente posiziona la mano sulla spalla controlaterale mantenendo il gomito a 90° di

elevazione (il braccio risulta addotto e intraruotato). Da questa posizione si richiede una spinta

attiva verso l’alto, contrastata dall’operatore (figg. 16a – 16b);

(figg. 16a – 16b)

- Gerber: l’operatore esegue una adduzione orizzontale e rotazione interna del braccio del paziente.

Il test è positivo anche nei casi di conflitto coracoideo (fig. 17).

(fig. 17)

Test per la Cuffia dei Rotatori

Sono dei test attivi dove si richiede di mantenere una posizione o di contrastare una resistenza mediante

una contrazione isometrica. Lo stimolo isometrico concentra la sua maggiore azione sul tendine

interessato che si trova a mantenere uno stato di tensione protratto. Le attività isometriche, cosi come

quelle eccentriche, sono le più indicate per valutare lo stato di salute del tendine.

- Test di Jobe: valutazione del tendine del sovraspinato. Il paziente viene invitato a mantenere il

braccio abdotto a 90°, anteposto di 30° (sul piano scapolare) e intraruotato. Se la posizione viene

mantenuta, l’operatore richiede una spinta verso l’alto contrastata manualmente (fig. 18);

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(fig. 18)

- Test di Rotazione Esterna: valutazione del tendine del sottospinato. Il paziente viene invitato a

mantenere le braccia addotte in rotazione neutra, con i gomiti flessi a 90°. Se la posizione viene

mantenuta, l’operatore richiede una spinta in rotazione esterna contrastata manualmente (fig. 19);

(fig. 19)

- Test di Patte: valuta il tendine del piccolo rotondo. Il paziente viene invitato a mantenere il braccio

abdotto a 90° ed extraruotato, con gomito flesso a 90°. Se la posizione viene mantenuta,

l’operatore richiede una spinta in rotazione esterna contrastata (figg. 20a – 20b);

(figg. 20a – 20b)

- Belly Press / Napoleone: valuta il tendine del sottoscapolare. Il paziente viene invitato a premere la

mano contro l’addome, mantenendo il gomito sul piano frontale. Se la posizione viene mantenuta,

l’operatore richiede una spinta del gomito in avanti contrastata manualmente (figg. 21a – 21b).

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(figg. 21a – 21b)

Test per il Capo Lungo Bicipite Brachiale

- Palm Up Test: valuta il tendine del capo lungo del bicipite. Il paziente viene invitato a portare le

braccia anteposte a 90° ed extraruotate e l’avambraccio supinato. Da questa posizione, si richiede

una spinta verso l’alto contrastata manualmente dall’operatore (figg. 22a – 22b).

(fig. 22a) (fig. 22b)

Test per Articolazione Acromion-Claveare

- Grind Test: valuta la stabilità dell’articolazione. L’operatore con una mano stabilizza l’acromion,

mentre con due dita dell’altra afferra la clavicola imprimendo un movimento avanti e indietro. La

mobilità riscontrata viene confrontata con quella del controlaterale (fig. 23a);

(fig. 23a)

- Test di O’Brien: si effettua con il braccio esteso e anteposto di 90°, addotto di 10° e intraruotato. Da

questa posizione si invita il paziente a spingere verso l’alto contro la resistenza manuale

dell’operatore. Il test deve evocare dolore elettivo sull’articolazione acromion-claveare (fig. 24a).

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(fig. 24a)

6.4 Scala di valutazione SRQ (Shoulder Rating Questionnaire) – (Vedi allegato 1) (39)

Il “Shoulder Rating Questionnaire” è una scala di valutazione soggettiva basata sulla funzionalità

dell’arto superiore e comprende 21 domande (i quesiti sono sia di tipo quantitativo, con assegnazione

di un punteggio da 0 a 5, che di tipo qualitativo, nei quali si ricerca una risposta più specifica), con

punteggio finale massimo di 100 punti (dove 0 è il punteggio peggiore e 100 il punteggio migliore).

È definito “eccellente” un risultato pari a 100, “buono” se superiore a 85, “medio” tra 65 e 85, “scarso”

se inferiore a 65.

Il “Shoulder Rating Questionnaire” è diviso in 4 parti, alle quali corrispondono vari Items di valutazione:

- Dolore (domande 1-5) – punteggio massimo 30;

- Attività della vita quotidiana (6-11) – punteggio massimo 30;

- Attività ricreative/sportive (12-14) – punteggio massimo 15;

- Lavoro (15-21) – punteggio massimo 25.

7. Trattamento riabilitativo

7.1 Esercizi

Agli atleti sono stati proposti degli esercizi volti a determinare un equilibrio muscolare tra i muscoli

abduttori, intrarotatori e flessori (normalmente reclutati e potenziati in modo eccessivo) e i muscoli

antagonisti adduttori, extrarotatori ed estensori (normalmente più indeboliti, poiché reclutati meno).

Gli strumenti utilizzati per la realizzazioni di questi esercizi di rinforzo sono:

- Theraband (img. 1)

(img. 1)

- Pesi (img. 2)

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(img. 2)

Gli esercizi proposti vanno a ricercare il rinforzo dei seguenti gruppi muscolari:

- Extrarotatori;

- Adduttori;

- Estensori;

- Romboidi.

Essi sono stati differenziati in base alla patologia del paziente in carico (è stata quindi valutata la

necessità di una diversificazione in caso di tetraparesi o paraplegia).

Extrarotatori – esercizi in posizione seduta (paraplegia con controllo del tronco)

o R1 (figg. 25a – 25b) – R2 (figg. 25c – 25d) – R3 (figg. 25e – 25f)

(figg. 25a – 25b)

(figg. 25c – 25d)

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(figg. 25e – 25f)

Extrarotatori – esercizi in posizione prona e supina (tetraparesi con insufficiente controllo del

tronco) (figg. 26a – 26b – 26c – 26d);

(figg. 26a – 26b)

(figg. 26c – 26d)

Adduttori – esercizi in posizione seduta (paraplegia con controllo del tronco) (figg. 27a – 27b);

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(figg. 27a – 27b)

Adduttori – esercizi in posizione prona e supina (tetraparesi con insufficiente controllo del tronco)

(figg. 28a – 28b);

(figg. 28a – 28b)

Estensori – esercizi in posizione seduta (paraplegia con controllo del tronco) (figg. 29a – 29b);

(figg. 29a – 29b)

Estensori – esercizi in posizione prona e supina (tetraparesi con insufficiente controllo del tronco)

(figg. 30a – 30b);

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(figg. 30a – 30b)

Romboidi – esercizi in posizione seduta (paraplegia con controllo del tronco) (figg. 31a – 31b);

(figg. 31a – 31b)

Romboidi – esercizi in posizione prona e supina (tetraparesi con insufficiente controllo del tronco)

(figg. 32a – 32b);

(figg. 32a – 32b)

7.2 Taping Neuromuscolare: applicazioni (37)

Agli atleti sono state proposte delle applicazioni di Taping Neuromuscolare durante l’attività sportiva

(tecnica compressiva) e durante il defaticamento post-attività (tecnica decompressiva).

L’applicazione utilizzata a livello della spalla durante l’attività sportiva è:

- Stabilità multidirezionale

L’applicazione utilizzata a livello della spalla durante la fase di defaticamento è:

- Linfotaping drenante

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Sono state proposte, inoltre, delle applicazioni per il mantenimento della corretta postura in carrozzina,

utilizzate sia durante l’attività sportiva, sia durante la fase di defaticamento:

- Muscoli sacrospinali;

- Muscolo retto dell’addome;

Stabilità multidirezionale di spalla

Caratteristiche del nastro

Larghezza: 5cm (deltoide anteriore e posteriore) – 2,5cm (deltoide medio)

Lunghezza: 2cm di ancoraggio distale + ventre muscolare

Forma: Y (deltoide anteriore e posteriore) – I (deltoide medio)

Applicazioni cliniche

Stabilità di spalla durante l’attività sportiva (non si usa durante le fasi infiammatorie, post-trauma o con

limitazioni articolari).

Come far aderire il nastro

Le 3 strisce vengono applicate con tensione 0% del nastro a 25° di movimento (flessione per il deltoide

anteriore, estensione per il deltoide posteriore e abduzione per il deltoide medio).

Le figure 33a, 33b e 33c mostrano l’applicazione del nastro. La figura 33d mostra l’applicazione

completa.

(fig. 33a) (fig. 33b) (fig. 33c)

(fig. 33d)

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Muscoli sacrospinali

Caratteristiche del nastro

Larghezza: 5cm

Lunghezza: 25cm se l’altezza del paziente è 160cm, 30cm se l’altezza è tra 160 e 180cm, 35cm se

maggiore di 180cm

Forma: 2 nastri a forma di I

Applicazioni cliniche

Questa tecnica viene effettuata per migliorare l’assetto posturale dell’individuo, nelle sindromi di

dolore lombare, nelle deformazioni lombari e nelle ernie discali sintomatiche.

Come far aderire il nastro

Le 2 strisce vengono applicate con tensione 0%. Il paziente è in stazione eretta con inclinazione

lombare di 45°, flessione del collo e retroversione del bacino.

Le figure 34a, 34b e 34c mostrano l’applicazione del nastro. La figura 34d mostra l’applicazione

completa.

(fig. 34a) (fig. 34b) (fig. 34c)

(fig. 34d)

Muscolo retto dell’addome

Caratteristiche del nastro

Larghezza: 5cm

Lunghezza: Dalla linea pubica al di sopra del margine costale

Forma: 2 nastri a forma di I

Applicazioni cliniche

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Questa tecnica viene effettuata nei casi di dorsalgia, ernia del disco lombare sintomatica, pubalgia,

spondilolisi e spondilolistesi. Effettuata insieme alla tecnica dei muscoli sacrospinali aiuta a mantenere

l’assetto posturale durante le attività.

Come far aderire il nastro

Le 2 strisce vengono applicate con tensione 0%. Il paziente è in posizione supina, con le braccia oltre il

capo, lo schienale abbassato senza cuscino, gambe distese e respirando normalmente.

Le figure 35a, 35b e 35c mostrano l’applicazione del nastro. La figura 35d mostra l’applicazione

completa.

(fig. 35a) (fig. 35b) (fig. 35c)

(fig. 35d)

Linfotaping drenante spalla

Caratteristiche del nastro

Larghezza: 1cm

Lunghezza: 30cm

Forma: 2 nastri a forma di ventaglio

Applicazioni cliniche

Questa tecnica viene effettuata in decompressione sopra la zona di congestione, quindi o in casi di

edemi o dopo un’attività per scaricare la zona interessata. La corretta applicazione favorisce il

drenaggio linfatico e la circolazione sanguigna. Il nastro esercita un drenaggio continuo per tutto il

tempo dell’applicazione.

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Come far aderire il nastro

La misura del nastro applicato nella parte anteriore della spalla parte dal terzo medio della clavicola. I

tre nastri inferiori vanno applicati con braccio abdotto a 90° e gomito e polso estesi, i due nastri

superiori con braccio abdotto a 45° e gomito e polso estesi. Il nastro applicato nella parte posteriore

della spalla parte dal margine mediale della scapola. I tre nastri inferiori vanno applicati con braccio a

90° e la mano sulla spalla controlaterale. I due nastri superiori vanno applicati con braccio a 45° e la

mano sulla spalla controlaterale.

Le figure 36a e 36b mostrano l’applicazione del nastro. La figura 36c mostra l’applicazione completa.

(fig. 36a) (fig. 36b)

(fig. 36c)

8. Risultati (T0, T1, Tf)

Nella tabella 1a sono riportati i dati anamnestici dei 3 pazienti dello studio.

I dati riguardano l’età, il sesso, la patologia di base, eventuali patologie remote, il lavoro e lo sport

praticato (includendo la categoria nella quale gareggiano, l’allenamento e le gare).

Nome M/F Età Patologia Lavoro Sport Categ. Allenam./sett. Gare/mese

L.P. F 42 Tetraparesi C6-C7

Infermiera Handbike WH-1 5h 2

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F.C. M 45 Tetraparesi C5-C6

Disoccupato Handbike MH-3 10/12h 4

P.V. M 53 Paraplegia D5-D6

Meccanico Handbike MH-1 6h 4

8.1 Punteggi della SRQ

I punteggi risultanti della scala di valutazione SRQ (Shoulder Rating Questionnaire) sono stati calcolati

sia nella loro totalità (Items 1-21), sia per ogni sua parte (dolore, attività quotidiana, attività sportiva e

lavoro), in modo da poter confrontare il risultato complessivo e le variazioni per ogni singolo elemento

in valutazione.

Nel Grafico 1 sono stati messi a confronto i valori iniziali (T0), intermedi (T1) e finali (Tf) per ogni

paziente in trattamento.

Grafico 1

Confrontando i risultati totali della Shoulder Rating Questionnaire, ho riscontrato dei differenti risultati

nel campione selezionato.

A T1, un solo atleta ha avuto un miglioramento nella sintomatologia (passando da un valore iniziale di

78 a un valore intermedio di 82), al contrario degli altri due atleti, nei quali si è verificato un

momentaneo peggioramento (passando da valori iniziali, rispettivamente, di 90 e 73, a valori intermedi

di 72 e 59).

A Tf, invece, si possono riscontrare dei miglioramenti in tutti gli atleti del campione rispetto a T1; solo

uno, però, ha avuto un miglioramento effettivo rispetto alla situazione iniziale a T0.

Infatti, un atleta è passato da un valore iniziare di 78 ad un valore finale di 94.

Al contrario, due atleti sono passati da valori iniziali, rispettivamente, di 90 e 73, a valori finali di 89 e

69.

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

L.P. F.C. P.V.

Shoulder Rating Questionnaire - Totale

T0 T1 Tf

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Nei grafici 1a, 1b, 1c e 1d sono stati messi in evidenza i valori delle singole parti della scala SRQ, e

quindi, rispettivamente, dolore, funzionalità durante le attività quotidiane, durante le attività sportiva e

il lavoro.

Grafico 1a Grafico 1b

Grafico 1c Grafico 1d

Passando, invece, ad analizzare ogni singolo Item della scala SRQ si possono notare dei risultati in linea

con i punteggi totali.

Infatti, per quanto riguarda il dolore, due atleti hanno avuto un miglioramento finale rispetto alla

sintomatologia iniziale (nonostante un punteggio intermedio negativo rispetto alla situazione a T0); un

atleta, invece, ha riferito un peggioramento a T1 e un miglioramento a Tf non superiore al risultato di

T0.

Nel modulo riguardante le funzionalità durante le attività della vita quotidiana, un atleta ha mantenuto

il suo stato iniziale con punteggio massimo, uno ha avuto un miglioramento continuo ed uno ha

peggiorato la sua situazione iniziale, ma migliore rispetto al risultato di T1.

Nel modulo riguardante le funzionalità durante le attività sportive (in questo caso, l’Handbike), tutti gli

atleti hanno avuto un miglioramento della sintomatologia da T0 a Tf. In particolar modo in due di essi si

riscontra un punteggio crescente, in un atleta, invece, nonostante il miglioramento finale, c’è stato un

punteggio a T1 minore di quello iniziale.

Infine, per quanto riguarda l’attività lavorativa, un solo paziente ha avuto un miglioramento continuo,

al contrario degli altri due, nei quali si riscontra un peggioramento a T1 e un risultato Tf pari o minore a

quello di T0.

0

10

20

30

T0 T1 Tf

Dolore

L.P. F.C. P.V.

0

20

40

T0 T1 Tf

Funzionalità durante le Attività Quotidiane

L.P F.C P.V

0

5

10

15

20

T0 T1 Tf

Funzionalità durante le Attività Sportive

L.P F.C P.V

0

5

10

15

20

25

30

T0 T1 Tf

Lavoro

L.P F.C P.V

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7.4 Risultati delle valutazioni

7.4.1 Mobilità Articolare

Nel grafico 2 vengono mostrate le medie dei punteggi ottenuti dalle valutazioni riguardo la mobilità

articolare in tutti i piani di movimento sia attivi che passivi.

Grafico 2

Andando ad analizzare i punteggi ottenuti dalle valutazioni riguardo la mobilità articolare nei tre atleti

trattati durante il mio studio, si possono riscontrare dei risultati importanti in tutti i principali

movimenti dell’articolazione della spalla.

Sono stati valutati sia i movimenti passivi, sia quelli attivi.

Per quanto riguarda i movimenti passivi, si sono riscontrati dei miglioramenti soprattutto riguardo

l’abduzione. Nei restanti movimenti non c’è stato un miglioramento, ma è importante sottolineare che,

sia per quanto riguarda l’abduzione, sia per le rotazioni, la mobilità era sufficiente buona e senza

rilevanti alterazioni o limitazioni.

Nei movimenti attivi, si sono riscontrati dei miglioramenti nella flessione anteriore e nelle rotazioni. Nel

movimento di abduzione, invece, il valore iniziare è rimasto invariato anche nelle altre valutazioni.

7.4.2 Forza Muscolare

Nel grafico 3 vengono mostrate le medie dei punteggi ottenuti dalle valutazioni riguardo la forza

muscolare, seguendo la scala MRC.

0

20

40

60

80

100

120

140

160

180

200

Flessioneattiva

Flessionepassiva

Abd attiva Abd passiva Intra attiva Intra passiva Extra attiva Extra passiva

Mobilità Articolare

T0 T1 Tf

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Grafico 3

Per valutare la forza muscolare è stata presa in considerazione la scala MRC (40) (Medical Research

Council), nella quale sono possibili 6 risultati:

- 0 = assenza di movimento;

- 1 = contrazione muscolare senza movimento;

- 2 = movimento in assenza di gravità;

- 3 = movimento contro gravità;

- 4 = movimento contro gravità e media resistenza;

- 5 = movimento contro gravità e massima resistenza (normale).

Alla luce dei risultati ottenuti, vi è un sostanziale miglioramento della forza muscolare passando da T0 a

Tf, soprattutto a riguardo dei movimenti di abduzione, intrarotazione ed extrarotazione.

In specifico, vi è un miglioramento stenico in abduzione soprattutto tra T1 e Tf, in extrarotazione tra T0

e T1 ed infine un miglioramento continuo in intrarotazione.

Nel movimento di flessione, invece, i valori sono rimasti invariati a 4,5/5 della scala MRC.

8 Conclusioni

Nello studio che mi sono proposto di effettuare, ho voluto valutare l’efficacia del Taping

Neuromuscolare nel trattamento riabilitativo preventivo della spalla in atleti professionisti paralimpici

di Handbike con patologie di base a carico del midollo spinale.

Il gruppo di atleti trattati durante il mio studio era composto da 2 maschi e 1 femmina con età media di

46,7 anni (min 42 max 53), praticanti lo sport a livello agonistico (allenamenti periodici e 3 gare, in

media, al mese) nelle categorie HC1, HC3.

I risultati della Shoulder Rating Questionnaire hanno evidenziato complessivamente, durante il periodo

di trattamento con soli esercizi di prevenzione, un sostanziale peggioramento della sintomatologia. Solo

in uno degli atleti in trattamento è stato rilevato un lieve miglioramento.

0

1

2

3

4

5

6

Flessione Abduzione Intrarotazione Extrarotazione

Forza Muscolare (MRC) (40)

T0 T1 Tf

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Al contrario a Tf, dopo il periodo di trattamento con esercizi e utilizzo di TNM, si sono riscontrati

miglioramenti della sintomatologia in tutti gli atleti rispetto alla valutazione precedente a T1, in un solo

atleta questo risultato superava i punteggi di T0.

Andando a valutare i risultati delle varie sezioni, si può notare come i vari Items abbiano un andamento

simile a quello del totale della SRQ.

Si sono riscontrati risultati importanti soprattutto nei seguenti casi:

- Items riguardanti la sintomatologia dolorosa, nel quale ci sono stati miglioramenti effettivi solo a Tf;

- Items riguardanti le funzionalità durante le attività sportive, nel quale, nonostante un

peggioramento a T1, i punteggi sono migliorati a Tf;

- Negli Items riguardanti le AVQ e l’attività lavorativa non vi sono state sostanziali differenze tra i vari

momenti di valutazione (tranne un caso di peggioramento effettivo a T1).

Per quanto riguarda I risultati dell’esame obiettivo a proposito della mobilità articolare e la forza

muscolare, si può affermare che:

- Non vi sono risultati generali significativi per quanto riguarda la mobilità articolare sia passiva che

attiva, poiché gli atleti in trattamento non dimostravano importanti limitazioni a riguardo;

- I miglioramenti riscontrati ci sono stati sia durante il periodo di trattamento con esercizi di rinforzo,

sia durante il periodo in cui sono state aggiunte le applicazioni di TNM.

- Vi sono risultati generali soddisfacenti per quanto riguarda la forza muscolare;

- I miglioramenti si sono riscontrati sia a T1 sia a Tf.

I risultati ottenuti da questo studio hanno evidenziato, in ultima analisi:

- Un miglioramento soddisfacente solo nel momento della seconda e finale valutazione Tf;

- Le applicazioni di Taping Neuromuscolare hanno portato benefici rispetto al solo utilizzo di esercizi

specifici di rinforzo soprattutto nei riguardi della sintomatologia dolorosa e durante le attività

sportive;

- A livello di funzionalità durante le attività della vita quotidiana e durante il lavoro, non vi è stata

una sostanziale differenza tra i vari periodi di valutazione;

- L’associazione tra Taping Neuromuscolare ed esercizi ha portato ad un aumento lento ma

progressivo nei riguardi della mobilità articolare, nonostante l’assenza o la scarsa presenza di

limitazioni articolari;

- Gli esercizi di rinforzo preventivo adottati, hanno portato l’atleta ad un miglioramento

soddisfacente a livello di forza muscolare, obiettivo prefissato per ottenere un equilibrio muscolare,

perso durante i movimenti in carrozzina, i trasferimenti e lo schema di movimento in Handbike. Con

l’introduzione del TNM, l’efficienza muscolare ha tenuto un andamento costante.

Alla luce di questa esperienza, ritengo utili le seguenti considerazioni:

- La patologia di spalla in atleti diversamente abili è una delle principali cause di dolore e di

limitazioni funzionali soprattutto a livello sportivo e durante le attività quotidiane;

- Secondo la letteratura, la risoluzione del dolore, in questi pazienti, è la priorità per la scelta del

trattamento riabilitativo;

- La carrozzina porta ad alterazioni biomeccaniche che, oltre a provocare dolore, carichi eccessivi e

ripetitivi sulla spalla, ne determinano uno squilibrio muscolare, causa di potenziali patologie da

sovraccarico;

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- L’Handbike, cosi come molti altri sport paralimpici, è esposto ad un’alta percentuale di infortuni,

soprattutto ai tessuti molli ed, in alta percentuale, a livello del cingolo scapolare come regione

anatomica.

La decisione di intraprendere un trattamento riabilitativo specifico deve essere considerata solo dopo

una valutazione accurata dell’atleta, sia durante i suoi spostamenti, sia durante l’attività e il gesto

sport-specifico.

L’anamnesi, la valutazione clinica, la somministrazione di test clinici volti ad evidenziare eventuali

patologie hanno l’importanza di inquadrare l’atleta in tutti i suoi aspetti.

Il trattamento riabilitativo nel quale vengono somministrati esercizi di rinforzo muscolare volti al

ritorno dell’equilibrio tra cuffia dei rotatori e deltoide ha trovato la sua utilità nella ripresa di un tono

muscolare efficiente, ma questa scelta riabilitativa risulta carente soprattutto nei riguardi della

sintomatologia dolorosa e della funzionalità nello sport, che, come si è detto, risultano prioritari.

Nel periodo in cui, invece, sono state aggiunte le applicazioni di Taping Neuromuscolare (le

somministrazioni effettuate miravano al miglioramento della performance sportiva durante l’attività,

della postura assiale e in fase di defaticamento) si sono riscontrati risultati più soddisfacenti sia per

quanto riguarda il dolore e le attività sportive, sia a livello di mobilità che di forza muscolare.

Ritengo, quindi, che l’utilizzo del Taping Neuromuscolare sia una valida scelta riabilitativa nel

trattamento di questa tipologia di paziente. Questa tecnica è risultata un efficiente coadiuvante al

trattamento con solo utilizzo di esercizi di rinforzo, poiché i risultati più importanti si sono ritrovati nel

periodo tra T1 e Tf.

Questo è dimostrato dal fatto che, tra i principi del TNM ci sono:

- Diminuzione del dolore;

- Normalizzazione della tensione muscolare;

- Migliorare la vascolarizzazione;

- Correggere e migliorare l’assetto posturale.

Lo studio effettuato necessita, comunque, di un ulteriore approfondimento e di un continuo interesse,

sempre crescente, riguardo alla salute di questa tipologia di atleti disabili.

Come si è detto, negli ultimi anni, il numero di associazioni internazionali e nazionali di sport per disabili

è in aumento, gli atleti hanno maggior visibilità attraverso i media e le performances si stanno sempre

più perfezionando. Questo, insieme alla ricerca e alla medicina dello sport, deve essere un punto di

partenza per salvaguardare questa categoria di atleti nella loro complessità.

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