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1 DIPARTIMENTO DI RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA Direttore Prof. Giulio Guido CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN MEDICINA E CHIRURGIA Presidente Prof. Corrado Blandizzi TESI DI LAUREA La funzione manuale nello sviluppo tipico e atipico. Presupposti per il trattamento riabilitativo nella disprassia evolutiva.” CANDIDATO Federica Orlandi RELATORE Chiar.mo Prof. Bruno Rossi CORRELATORE Dott. Luca Bonfiglio Anno Accademico 2015/2016

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DIPARTIMENTO DI RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE

NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA

Direttore Prof. Giulio Guido

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA

IN MEDICINA E CHIRURGIA

Presidente Prof. Corrado Blandizzi

TESI DI LAUREA

“La funzione manuale nello sviluppo tipico e atipico. Presupposti

per il trattamento riabilitativo nella disprassia evolutiva.”

CANDIDATO

Federica Orlandi

RELATORE

Chiar.mo Prof. Bruno Rossi

CORRELATORE

Dott. Luca Bonfiglio

Anno Accademico 2015/2016

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SOMMARIO

RIASSUNTO ANALITICO................................................................................... 4

1 CAPITOLO I .................................................................................................. 6

1.1 La disprassia evolutiva ....................................................................................... 6

1.1.1 Introduzione ................................................................................................ 6

1.1.2 Definizione ed evoluzione del termine disprassia ...................................... 7

1.1.3 La disprassia ............................................................................................... 9

1.1.4 Epidemiologia ........................................................................................... 13

1.1.5 Basi anatomo-funzionali del movimento volontario ................................ 13

1.1.6 La pianificazione del movimento ............................................................. 18

1.1.7 Lo sviluppo delle prassie .......................................................................... 23

1.1.8 Eziologia e fisiopatologia ......................................................................... 30

1.1.9 Meccanismi alterati alla base della disprassia .......................................... 40

1.1.10 Clinica ....................................................................................................... 44

1.1.11 Condizioni associate ................................................................................. 52

1.1.12 Diagnosi .................................................................................................... 53

1.1.13 Diagnosi differenziale ............................................................................... 65

1.1.14 Terapia ...................................................................................................... 66

1.1.15 Outcome .................................................................................................... 72

2 CAPITOLO 2 ................................................................................................ 74

2.1 Razionale .......................................................................................................... 74

2.2 Obiettivi dello studio ........................................................................................ 75

2.3 Materiali e metodi ............................................................................................ 76

2.3.1 Partecipanti ............................................................................................... 76

2.3.2 Strumenti ................................................................................................... 76

2.3.3 Criteri di valutazione degli errori e somministrazione del punteggio ...... 81

2.4 Analisi statistica ............................................................................................... 83

2.4.1 Elaborazione e analisi dei dati .................................................................. 83

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2.4.2 Risultati ..................................................................................................... 84

2.5 Discussione ...................................................................................................... 87

3 BIBLIOGRAFIA .......................................................................................... 92

4 RINGRAZIAMENTI .................................................................................. 105

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RIASSUNTO ANALITICO

La disprassia evolutiva è definibile come un disturbo del movimento intenzionale

destinato ad uno scopo e, più precisamente, come un’alterata acquisizione degli schemi

di movimento appresi in funzione di un determinato risultato1. Essa si realizza in

assenza di patologie neurologiche, cognitive o relazionali. Tuttavia, aspetti disprassici

possono essere presenti in bambini affetti da PCI2, da autismo

3 e da disturbi specifici

dell’apprendimento4. L’eziologia di tale disturbo è tuttora sconosciuta e sembrerebbe

essere ascrivibile ad un’alterazione dei processi di maturazione del sistema nervoso

centrale occorsa in epoca prenatale, perinatale o neonatale. L’intervento riabilitativo

assume un ruolo fondamentale nei bambini affetti da tale disturbo, perché quest’ultimo

può interferire in maniera sostanziale con le attività scolastiche e di vita quotidiana. La

finalità del presente studio, quindi, è quella di sviluppare un protocollo di rapida e

semplice somministrazione che consenta di valutare le abilità prassiche in età evolutiva

allo scopo di permettere la stesura di un progetto riabilitativo mirato a recuperare quelle

abilità che risultano compromesse. Abbiamo reclutato 63 bambini con sviluppo prassico

tipico, nella fascia d’età compresa tra i 3 e gli 8 anni, ai quali è stato somministrato il

protocollo di valutazione oggetto dello studio. Tale protocollo è suddiviso in 6 parti,

ciascuna delle quali relativa ad una modalità prassica e composta da subtests che ne

valutano alcuni aspetti specifici: modalità imitazione (prassie espressive e gesto

transitivo), modalità visiva e visuo-tattile (gesto transitivo), modalità verbale (prassie

espressive e gesto transitivo), modalità somestesica e cinestesica (riconoscimento di

posizione, identificazione e localizzazione tattile, riconoscimento di traiettorie),

pianificazione del movimento (pianificazione dell’azione), riconoscimento gestuale

(riconoscimento di gesto su foto, riconoscimento di gesto su terza persona). In totale il

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protocollo prevede la somministrazione di 16 item. Dall’analisi dei dati si può osservare

un chiaro andamento evolutivo nell’acquisizione delle abilità prassiche, con una

riduzione progressiva del numero degli errori commessi all’aumentare dell’età dei

bambini. Pur trattandosi di uno studio preliminare ed essendo dunque necessario un

ampliamento del campione, i presenti dati suggeriscono l’affidabilità del protocollo nel

valutare le abilità prassiche dei bambini in età prescolare. Tale protocollo, pertanto,

potrebbe essere impiegato nella valutazione di bambini con disturbi prassici con lo

scopo di ottenere informazioni utili alla stesura di un progetto riabilitativo

personalizzato: restituisce, infatti, non solo informazioni di carattere quantitativo (un

punteggio totale e un punteggio parziale per ciascuna modalità prassica), ma anche

informazioni di carattere qualitativo (per es., il tipo di errore commesso dal bambino),

potenzialmente utilizzabili dall’equipe riabilitativa per orientare l’intervento verso le

abilità prassiche più compromesse.

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1 CAPITOLO I

1.1 La disprassia evolutiva

1.1.1 Introduzione

La prassia normale, o euprassia, è definita come la capacità di compiere movimenti

coordinati diretti a un determinato fine. Disturbi riguardanti la coordinazione motoria e

il movimento definiscono quindi la disprassia5.

La normale funzione motoria richiede la coordinazione di processi neurofisiologici che

includono propriocezione, integrazione vestibolare, forza, equilibrio, coordinazione,

destrezza, abilità visuomotorie. Sono inoltre importanti i fattori ambientali e

individuali6.

Secondo Piaget le prassie e le azioni non sono semplicemente movimenti, ma sistemi di

movimenti coordinati in funzione di un’intenzione e di un risultato7,8

.

La disprassia può essere definita come una difficoltà a rappresentarsi, pianificare,

organizzare e coordinare atti motori consecutivi deputati e finalizzati ad un preciso

scopo ed obiettivo, in assenza di patologie neurologiche o deficit cognitivi9.

La disprassia tuttavia non è la versione semplificata dell’aprassia dell’adulto:

quest’ultima infatti determina un deficit dell’abilità di compiere azioni

precedentemente imparate e consolidate, mentre la disprassia è un disordine

caratterizzato dalla mancata acquisizione dell’abilità di eseguire azioni motorie

complesse o attività motorie volontarie adeguate per l’età10

.

Inoltre l’aprassia è caratterizzata dalla dissociazione automatica-volontaria, ovvero i

pazienti affetti da questo disturbo sono in grado di eseguire correttamente gesti in un

determinato contesto ambientale che gli induce una risposta di tipo automatico-

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involontario (per esempio agitare la mano per salutare quando se ne vanno), ma non

sono capaci di eseguire la stessa azione in maniera volontaria al di fuori di tale contesto

o quando il gesto viene loro richiesto da un esaminatore11

.

1.1.2 Definizione ed evoluzione del termine disprassia

Sia nella pratica clinica che nella comunità scientifica permangono ancora oggi

ambiguità nella definizione e nei criteri di diagnosi della disprassia12

.

Il concetto di disprassia dello sviluppo è stato discusso per primo da Collier agli inizi

del 1900, usando il termine di “goffaggine congenita” (“congenital maladroitness”) per

evidenziare problemi di sviluppo motorio nei bambini7. Nel 1925, medici e terapisti

francesi segnalarono come anomali i comportamenti motori di alcuni bambini

definendoli affetti da “maldestrezza motoria” (“motor awkwardness”), riferendo questa

condizione a “debolezza motoria” (“motor weakness”) o a “sindrome psicomotoria”

(“psychomotor syndrome”)7.

Nel 1937 Orton descrisse per primo il disturbo, definendolo come “goffaggine”, e

identificandolo come uno dei più comuni disordini dello sviluppo13

.

Da allora sono stati utilizzati vari termini per identificare il medesimo disturbo: 14

Goffaggine o sindrome del bambino goffo (Orton13

, Gubbay15

);

Disfunzione cerebrale minima (MBD minimal brain dysfunction)16

;

Aprassia dello sviluppo;

Disturbo percettivo motorio;

Difficoltà dell’apprendimento motorio;

Deficit dell’integrazione sensoriale;

Disordine dell’attenzione e della percezione motoria (DAMP disorder of

attention and motor perception)17

;

Disprassia evolutiva (DD developmental dyspraxia);

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Disturbo evolutivo specifico della funzione motoria (SDDMF specific

developmental disorder of motor function)18

;

Disturbo evolutivo della coordinazione motoria (DCD developmental

coordination disorder)19

.

Attualmente Developmental Coordination Disorder (DCD) è il termine maggiormente

utilizzato da quando è stato aggiunto alla terza edizione del DSM20

, dove è rimasto

anche nelle successive edizioni19,21

. Viene inoltre preferito nel 52,7% degli articoli

scientifici12

.

Disturbo di sviluppo della coordinazione motoria (DCD) è il termine preferito nei paesi

che utilizzano il DSM. Disturbo evolutivo specifico della funzione motoria (SDDMF) è

invece preferito nei paesi in cui l’ICD-10 ha status legale12

. Nei paesi scandinavi viene

utilizzato il termine Disordine dell’attenzione e della percezione motoria (DAMP)17

. In

Italia viene spesso preferito il termine Disprassia Evolutiva (DD)22

.

La Dyspraxia Foundation (UK) utilizza il termine “Disprassia”, definendola una forma

di DCD e descrivendola come un comune disordine che colpisce sia la motricità fine,

sia le abilità grosso-motorie. Sempre secondo la Dyspraxia Foundation, mentre DCD è

un termine utilizzato spesso per descrivere difficoltà di coordinazione motoria, il

termine disprassia deve essere utilizzato in riferimento a pazienti che hanno problemi

addizionali nella programmazione, organizzazione ed esecuzione del movimento nelle

situazioni di tutti i giorni e che manifestano disturbi del linguaggio, della percezione e

del pensiero23

.

La London International Consensus Conference, tenutasi in Canada del 1994, ha

stabilito che venga utilizzato il termine DCD (Developmental Coordination Disorder)

come parola chiave nella letteratura24

.

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Alcuni autori hanno tentato di distinguere il DCD dalla DD, ma infine la DD non è stata

riconosciuta né come sindrome separata né come sottogruppo del DCD22,25

. Di

conseguenza DD e DCD vengono considerati sinonimi10

.

1.1.3 La disprassia

Quasi 30 anni dopo l’identificazione da parte di Orton della “goffaggine”, Gubbay,

Walton, Ellis e Court nel 1965 descrivono i cosiddetti “clumsy children”, o bambini

goffi, identificandoli come bambini che mostrano difficoltà motorie e che non

presentano deficit neurologici noti15

.

Gubbay continuò negli anni successivi a studiare i “bambini goffi”, osservando che

molti di loro, oltre ad essere maldestri, presentavano difficoltà di linguaggio e di

scrittura, a fronte di un QI nella norma. Tale autore evidenziò inoltre nei suoi studi una

differenza significativa tra il QI verbale e il QI di performance di questi bambini,

sottolineando che il secondo appariva notevolmente più basso. Egli perciò definì il

bambino “goffo” come un bambino con normali competenze cognitive, adeguata forza

fisica e adeguato livello neurosensoriale, ma con importanti difficoltà nei movimenti

volontari finalistici26,27

.

Un altro autore, Ayres, definisce nei suoi studi la goffaggine osservata in bambini con

disturbi dell’apprendimento come “disprassia dello sviluppo”, ed evidenzia la

possibilità che sia correlabile ad un disturbo di integrazione neurosensoriale che

interferisce con la pianificazione e l’esecuzione del movimento7,28,29

.

Dawdy successivamente affermò che le abilità motorie del bambino dovrebbero essere

comparate con il livello di sviluppo cognitivo: se significativamente ridotte di quanto

prevedibile in base al livello cognitivo, allora è possibile la diagnosi di disprassia7,30

.

In lavori successivi31,32

vengono sempre più definite alcune caratteristiche tipiche della

sindrome quali:33

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Difficoltà nella coordinazione motoria generale;

Difficoltà nella coordinazione motoria fine e delle capacità costruttive e grafo

motorie;

Difficoltà nell’acquisizione di abilità riferite alla vita quotidiana (come vestirsi,

lavarsi ecc.);

Ritardo nella stabilizzazione della dominanza manuale;

Difficoltà nello schema corporeo;

Disorientamento temporo-spaziale;

QI di performance più basso del QI verbale;

Deficit in ambito neuropsicologico (ovvero delle funzioni mnesiche, attentive e

rappresentative);

Difficoltà sul piano emotivo-comportamentale.

Negli anni ’70 De Ajuriaguerra e Stamback, partendo dalla definizione di prassie data

da Piaget (secondo cui le prassie e le azioni non sono semplicemente movimenti ma

sistemi di movimenti coordinati in funzione di un’intenzione e di un risultato) hanno

sottolineato la presenza di disordini dello schema corporeo e di disordini costruttivi e

spaziali, proponendo la disprassia in età evolutiva come un disordine non solo motorio,

ma percettivo, gnosico e concettuale7,34

.

Denckla, nel 1984, sottolinea la povertà di strategie disponibili nei bambini disprassici e

le chiare difficoltà che hanno questi bambini nell’apprendere nuovi compiti motori

sfruttando soluzioni strategiche già acquisite, elemento probabilmente legato ad

un’alterazione del meccanismo di trasmissione volontario-automatico, con la difficoltà

di trasferire le sequenze apprese in atti motori automatizzati7,35

.

Secondo la studiosa canadese Dewey la disprassia è “un disturbo della performance del

gesto, che comporta un deficit dei gesti rappresentazionali (gesti correlati ad atti

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significativi, come ad esempio fare ciao-ciao), non rappresentazionali (correlati ad atti

non significativi, come ad esempio imitare delle posture) e delle sequenze di gesti

(combinazioni di gesti che risultano in appropriate azioni, come ad esempio imburrare

un pezzo di pane) in bambini nei quali le abilità motorie di base sono intatte”. Questo

disturbo non è dovuto ad una lesione chiaramente identificabile (gli studi con

neuroimmagini hanno trovato un’alta incidenza di anormalità, ma non un pattern

lesionale tipicamente identificabile) insorta verosimilmente in epoca prenatale o

perinatale7,25

.

Sabbadini afferma che nelle disprassie evolutive non si possono escludere disturbi in

ambito percettivo-motorio, in quanto si deve tener conto che durante lo sviluppo un

deficit limitato anche ad un solo aspetto, motorio, percettivo o concettuale, possa

influenzare l’acquisizione di alcune abilità 9.

Sabbadini definisce la disprassia evolutiva come la “mancata acquisizione di un’attività

intenzionale, ovvero acquisizione di strategie povere e stereotipate, con scarse soluzioni

alternative e con scarsa capacità di trasferimento di strategie per analogia; ridotta

capacità di rappresentarsi l’oggetto su cui agire, l’intera azione e la sequenza che la

compongono; difficoltà di ordinare in serie e coordinare i relativi movimenti elementari

in vista di uno scopo (programmazione), di avviare i relativi programmi, di prevedere

un certo risultato, di controllare ciascuna sequenza e l’intera attività nel corso

dell’azione (feedback), di verificare il risultato ottenuto come corrispondente a quello

previsto ed atteso”7,9

.

Nel 2012 l’Accademia Europea dei bambini disabili (European Academy of Childhood

Diability, EACD) ha pubblicato linee guida per la definizione, diagnosi e intervento di

DCD12

. Secondo l’EACD, i criteri del DSM sono definiti in maniera migliore rispetto ai

criteri dell’ICD-10, infatti il Leeds Consensus Group del 2006 ha riconfermato il

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Consensus di Londra e accettato i criteri e la terminologia del DSM come i migliori

attualmente disponibili12

.

L’ICD-10 (International Classification of Diseases) indica la disprassia evolutiva come

“Disturbo evolutivo specifico della funzione motoria” (F82) e la classifica nella sezione

dei disturbi dello sviluppo psicologico, facente parte del capitolo 5 relativo alle

patologie mentali e del comportamento. La disprassia evolutiva viene definita come un

disturbo nel quale la caratteristica principale è una grave difficoltà di coordinazione

motoria presente fin dalle prime fasi dello sviluppo, che non è esclusivamente

spiegabile in termini di ritardo mentale, e non è causata da nessun deficit neurologico

congenito o acquisito, anche se in molti casi, ad un attento esame clinico, si rileva una

certa immaturità neuroevolutiva, caratterizzata ad esempio da movimenti coreo-atetosici

delle estremità distali alla prova di Mingazzini sensibilizzata ad occhi chiusi o

movimenti specchio o altre caratteristiche motorie associate, come segni di

compromessa coordinazione motoria sia nei movimenti fini che grossolani18

.

Nel DSM-V (American Psychiatric Association), la disprassia è classificata all’interno

dei DCD, ovvero come disturbo evolutivo della coordinazione motoria, a sua volta

facente parte dei Disturbi Motori, i quali sono classificati all’interno dei Disturbi

Neuroevolutivi.

Per la diagnosi occorre che vengano rispettati quattro criteri:

L’acquisizione e l’esecuzione di compiti motori coordinati è inferiore rispetto a

quanto ci si potrebbe aspettare in base all’età e alle opportunità di apprendere

nuove abilità. Le difficoltà si manifestano con goffaggine, lentezza e

inaccuratezza dei movimenti della prestazione motoria;

Le difficoltà riscontrate interferiscono significativamente con le attività della

vita quotidiana, il gioco e l’apprendimento scolastico;

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L’esordio dei sintomi avviene nelle prime fasi di sviluppo;

Le difficoltà motorie non sono meglio spiegabili da concomitanti disturbi dello

sviluppo intellettivo o da problemi visivi e non sono attribuibili a condizioni

neurologiche note che interessino il movimento, come paralisi cerebrale

infantile, distrofia muscolare o disordini degenerativi19

.

1.1.4 Epidemiologia

Attualmente la prevalenza stimata per il DCD varia, a seconda dei lavori scientifici, dal

5 al 20%. Tuttavia il valore più frequentemente riportato in letteratura si attesta attorno

al 6%36

. I dati epidemiologici variano in base alla ristrettezza dei criteri di diagnosi

applicati12

. Inoltre anche se il DCD è un disturbo relativamente comune, è ancora

largamente non riconosciuto dai professionisti in ambito sanitario37,38

.

Il DCD ha un rapporto maschi:femmine che varia da 2:1 a 7:139,40

.

1.1.5 Basi anatomo-funzionali del movimento volontario

A differenza dei riflessi, che sono movimenti involontari, stereotipati e geneticamente

definiti, e che si generano in risposta a stimoli adeguati prima di arrivare a livello

cosciente, il movimento volontario è un movimento complesso, indipendente da stimoli

fisici, diretto ad uno scopo, migliorabile con la pratica, e che richiede il corretto

funzionamento di diverse aree e strutture cerebrali corticali e sottocorticali e la loro

corretta integrazione con i sistemi sensoriali33

.

Per effettuare un movimento volontario è necessario prima di tutto conoscere la

posizione del corpo nello spazio, informazione che ci viene fornita dalle aree

somatosensitive del lobo parietale. Bisogna poi decidere il movimento da eseguire e la

strategia per realizzarlo, grazie alle aree associative prefrontali e alle cortecce

premotoria e motoria supplementare, confrontandolo, grazie alla corteccia temporale,

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con strategie sfruttate in passato; successivamente, ne deve trattenere lo schema in

memoria per il tempo necessario all’attuazione tramite le strutture sottocorticali, e infine

eseguire il movimento, mentre la corteccia parietale riceve continui feedback sensoriali

per rifinire il processo33,41

.

I movimenti volontari, avviati dalla corteccia cerebrale, vengono generalmente messi in

atto tramite l’attivazione di particolari pattern funzionali depositati in altre strutture del

sistema nervoso centrale (cervelletto, nuclei della base, tronco encefalico e midollo

spinale), le quali a loro volta inviano comandi specifici ai muscoli effettori. Per alcuni

tipi di movimento, specialmente per quelli molto fini e di grande destrezza delle mani, è

la corteccia cerebrale che attiva direttamente i motoneuroni delle corna anteriori del

midollo spinale, tramite la via corticospinale e bypassando i livelli intermedi di

regolazione motoria.

La corteccia motoria si trova anteriormente alla scissura centrale e occupa

approssimativamente il terzo posteriore dei lobi frontali. La corteccia somatosensitiva

invece, che si estende posteriormente alla scissura centrale nel lobo parietale, invia

molti segnali responsabili dell’inizio dell’attività motoria alla corteccia motoria.

La corteccia motoria è suddivisa in tre aree41

:

La corteccia motoria primaria si trova sul giro precentrale anteriormente alla

scissura centrale (area 4 di Broadmann). A questo livello, i differenti territori

muscolari del corpo si trovano rappresentati con una precisa corrispondenza

somatotopica (faccia e bocca in vicinanza della scissura di Silvio, mano e

braccio nel territorio di mezzo, tronco nell’estremità superiore e gamba e piede

in profondità nella scissura longitudinale). Inoltre, la capacità di attuazione di

movimenti fini specifica di ciascuna parte del corpo è stata idealmente

rappresentata tramite il cosiddetto “homunculus motorio” di Penfield, dove le

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proporzioni rispondono esclusivamente al criterio funzionale (a sua volta

direttamente proporzionale al numero di unità motorie attivabili) e non alle

normali regole di rappresentazione della figura umana. La corteccia motoria

primaria ha il ruolo di iniziare il movimento, ma non di pianificarlo. È

responsabile quindi dell’output effettore ed è sede del primo motoneurone da cui

traggono origine i fasci piramidali che conducono lo stimolo elettrico al secondo

motoneurone.

Figura 1: homunculus motorio di Penfield

La corteccia premotoria si trova da 1 a 3 cm anteriormente alla corteccia motoria

primaria e si estende inferiormente nella scissura di Silvio e superiormente nella

scissura longitudinale. L’organizzazione topografica è grossomodo uguale a

quella della corteccia primaria. La maggior parte dei segnali nervosi che

originano nell’area premotoria producono movimenti molto più complessi di

quelli elementari, generati dalla sola corteccia motoria primaria. Infatti la parte

più anteriore della corteccia premotoria genera dapprima l’immagine motoria di

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come il movimento muscolare deve svilupparsi per essere eseguito

correttamente, in seguito la parte posteriore traduce questa immagine in una

serie di pattern di attivazione di gruppi muscolari diversi che serviranno a

ricostruire l’immagine dell’atto motorio. L’area premotoria invia segnali alla

corteccia motoria primaria per il comando di muscoli specifici direttamente e

indirettamente, lungo la via dei nuclei della base e del talamo. La corteccia

premotoria gestisce la preparazione dei muscoli posturali per l’inizio del

movimento e per l’orientamento del corpo e del braccio verso uno stimolo

target.

L’area motoria supplementare giace immediatamente al di sopra e davanti alla

corteccia premotoria, ma si estende principalmente dalla scissura longitudinale

in poi. Di solito la stimolazione di quest’area evoca contrazioni muscolari

bilaterali anziché unilaterali. In generale quest’area opera di concerto con l’area

premotoria per promuovere i movimenti posturali del corpo, di fissazione dei

differenti segmenti corporei, di posizionamento del capo e degli occhi e così via,

cioè per compiere attività motorie che rappresentano lo sfondo su cui agiscono i

meccanismi di regolazione motoria più fine delle parti distali degli arti, attuate

dalle aree premotoria e motoria primaria della corteccia.

Sulla base di studi condotti con tecniche di neuroimaging, è stato possibile evidenziare

come durante compiti motori semplici non si ottenga nessuna attivazione nella corteccia

motoria supplementare, mentre si ha un’attivazione importante a livello della corteccia

motoria primaria. Al contrario, in compiti molto complessi si ha un’attivazione di tutte e

tre le aree41

.

Oltre alle aree motorie corticali, altre due strutture cerebrali, ovvero il cervelletto e i

nuclei (o gangli) della base, svolgono un ruolo essenziale nel controllo della normale

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funzione motoria. Nessuna delle due strutture può di per sé dare inizio a un movimento

volontario, ma entrambe agiscono sempre in associazione con altri sistemi di controllo

motorio.

Il cervelletto regola l’intensità e la coordinazione dei movimenti e apporta continui

aggiustamenti nel corso della loro esecuzione, in modo che siano conformi ai segnali

motori generati dalla corteccia cerebrale sulla base del confronto continuo tra attività

programmata e movimento effettivo. Inoltre il cervelletto partecipa alla pianificazione

dei movimenti eseguiti in sequenza, assicurando la fluidità della transizione da un

movimento all’altro. Infine il cervelletto trae insegnamento dai propri errori: se il

movimento non è stato eseguito correttamente i circuiti neuronali cerebellari

modificheranno il movimento la volta successiva33,41

.

I nuclei della base costituiscono un altro sistema motorio accessorio che, come il

cervelletto non opera da solo, ma in associazione con la corteccia cerebrale con la quale

scambia segnali in ingresso e in uscita. I nuclei della base sono situati in posizione

sottocorticale e comprendono: nucleo caudato, putamen, porzione interna ed esterna del

globo pallido, substantia nigra e nucleo subtalamico. Tutte le fibre motorie e sensitive

che collegano la corteccia cerebrale con il midollo spinale passano nella capsula interna,

spazio compreso tra le due principali strutture dei nuclei della base, il nucleo caudato e

il putamen. Le connessioni anatomiche tra i nuclei della base e le altre componenti del

sistema motorio sono molto complesse. I due circuiti principali sono il circuito del

putamen e il circuito caudato41

. Nei pazienti con lesioni gravi dei nuclei della base, le

funzioni di graduazione dei tempi di esecuzione e dell’ampiezza dei movimenti sono

compromesse se non del tutto assenti41

.

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18

L’ipotesi che il circuito motorio attraverso i nuclei della base serva a facilitare l’inizio e

lo svolgimento dei movimenti volontari è stata confermata da studi su numerose

patologie umane42

.

1.1.6 La pianificazione del movimento

Come descritto da Kandel43

, il movimento si genera attraverso una serie di

trasformazioni sensorimotorie che si originano da segnali sensoriali in ingresso,

costituiti a loro volta da informazioni estrinseche come ad esempio segnali uditivi e

visivi, e da informazioni intrinseche come le informazioni di tipo cinematico che

concernono ad esempio posizione, velocità, lunghezza dei muscoli, e le informazioni di

tipo cinetico che concernono le forze generate dal nostro corpo o che coinvolgono

quest’ultimo. In seguito a queste trasformazioni sensorimotorie, che integrano le diverse

informazioni di cui può disporre il nostro corpo, i segnali sensoriali in ingresso vengono

convertiti in segnali motori in uscita, ovvero comandi nervosi che agiscono sui muscoli

facendoli contrarre e generando così il movimento.

Il sistema nervoso centrale contiene rappresentazioni interne dei diversi tipi di recettori

presenti a livello delle superfici recettoriali e dei muscoli, chiamate mappe neurali. Il

sistema nervoso centrale sembra contenere anche rappresentazioni interne che mettono

in relazione i comandi motori con i segnali sensoriali attesi in seguito ad un movimento.

Nel corso degli ultimi cinquant’anni si è fatta avanti l’ipotesi che nel sistema nervoso

siano presenti modelli predittivi che guidano il comportamento. Quest’ipotesi ha preso

origine dall’idea di modelli interni per le funzioni cognitive formulata da Kenneth

Craik, il primo ad avanzare l’ipotesi che gli organismi viventi facciano uso di

rappresentazioni interne del mondo esterno. Secondo questa concezione un modello

interno permette all’organismo di esaminare le conseguenze delle azioni che può

intraprendere senza impegnarsi nella loro messa in atto. Per eseguire atti motori accurati

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il sistema nervoso centrale deve poter svolgere un’opera di controllo e di previsione. La

previsione e il controllo sono due facce della stessa medaglia ed entrambi i processi si

adattano con precisione a modelli diretti e inversi. Un modello interno che rappresenti le

relazioni causali che intercorrono tra azioni motorie e le loro conseguenze viene detto

modello diretto. Un modello interno che calcoli i segnali motori in uscita in base ai

segnali sensoriali in ingresso viene detto modello inverso44,45

.

Una volta definito un compito motorio, i piani motori per metterlo in atto non sono

predeterminati. Le trasformazioni cinematiche inverse possono avere differenti segnali

in uscita anche quando si basano sullo stesso segnale in ingresso. La capacità che hanno

i sistemi motori di eseguire un particolare compito motorio in parecchi modi diversi

viene detta ridondanza. Il sistema nervoso produce azioni motorie complesse, come ad

esempio la prensione, la scrittura manuale o a macchina, il disegno, a partire da

movimenti elementari che hanno caratteristiche spaziali e temporali altamente

stereotipate. Questi singoli elementi spaziotemporali che compongono un movimento

complesso sono stati denominati elementi basilari del movimento o schemi del

movimento, e sono conservati in memoria. È come se il sistema nervoso avesse un

repertorio di schemi del movimento dal quale attingere per la valutazione di tutti i

possibili modi per eseguire un movimento e per la scelta di quello migliore.

Quest’ipotesi implica che l’esecuzione dei movimenti migliori progressivamente

attraverso l’evoluzione e l’apprendimento motorio, finché non vengano raggiunti limiti

oltre i quali non è possibile andare44

.

Gli errori commessi durante il movimento e la sua variabilità dipendono dalla variabilità

dei segnali in ingresso e in uscita di queste trasformazioni sensorimotorie e dalla

mancanza di accuratezza delle loro rappresentazioni, e stanno alla base delle relazioni

inverse che intercorrono in modo ubiquitario fra velocità e accuratezza.

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I segnali sensoriali in ingresso che raggiungono i sistemi motori nel corso

dell’esecuzione di un movimento forniscono informazioni sugli errori causati dal

rumore di fondo di natura nervosa, dalla mancanza di accuratezza dei comandi motori

per imperfezioni presenti nei modelli interni o da variazioni che intervengono nel

mondo esterno, come ad esempio lo spostamento inatteso del bersaglio.

I movimenti vengono controllati durante il loro svolgimento con un meccanismo a

feedforward (anticipatorio) o a feedback. I comandi a feedforward vengono generati

senza tener conto delle loro conseguenze e vengono detti a circuito aperto perché il

controllo sensorimotorio non è alimentato da segnali sensoriali a feedback. Questo

controllo a circuito aperto presenta indubbi vantaggi considerando i ritardi intrinseci al

sistema sensori motorio, ma presenta anche alcuni svantaggi: tutti gli errori del

movimento non possono essere corretti e aumentano mano a mano che passa il tempo o

durante l’esecuzione di movimenti successivi43,44

.

I sistemi in grado di correggere gli errori vengono denominati sistemi a feedback o a

circuito chiuso perché il circuito sensorimotorio è completo. Il sistema di controllo può

generare una risposta fissa quando l’errore supera una soglia, oppure più efficacemente

il sistema di controllo può essere proporzionale all’errore. Mediante una continua

correzione del movimento il controllo a feedback può diventare sufficientemente

intenso da compensare sia il rumore di fondo del sistema sensorimotorio sia le

perturbazioni presenti nell’ambiente.

Nella maggior parte dei sistemi motori il controllo del movimento viene conseguito

tramite processi sia a feedforward sia a feedback. Quando viene sollevato un oggetto

tenuto, per esempio, fra il pollice e l’indice, occorre generare una forza di presa

sufficientemente intensa da opporsi allo slittamento dell’oggetto prodotto dalla forza di

carico generata dal peso dell’oggetto. Per stabilire la forza di presa e la forza per

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sollevare l’oggetto viene utilizzato un meccanismo di controllo a feedforward che si

basa sulla previsione di quando sia sdrucciolevole l’oggetto da sollevare e di quanto sia

il suo peso. Se l’attività dei recettori cutanei indica che l’oggetto sta scivolando fra le

dita, la forza della presa viene immediatamente aumentata mediante un meccanismo di

controllo rapido a feedback.

Il controllo a feedback non è in grado di generare un comando prima che si manifesti un

errore. Invece il controllo a feedforward si basa solo su un risultato che si intende

conseguire e perciò non tiene conto dell’errore.

I segnali a feedback provenienti dalla periferia contengono un elevato rumore di fondo e

vengono trasmessi lentamente. Per compensare gli effetti di questi ritardi e di

conseguenza per migliorare l’accuratezza dei circuiti sensoriali a feedback durante

l’esecuzione del movimento, possono essere adottate due strategie: l’intermittenza del

movimento e la previsione delle variazioni delle condizioni del corpo prodotte dal

movimento. Con la strategia dell’intermittenza il movimento viene momentaneamente

interrotto da una pausa, come avviene nel caso dei movimenti saccadici degli occhi e

dei movimenti di inseguimento della mano. Se la durata della pausa è superiore al

ritardo temporale del circuito sensorimotorio, l’intermittenza fa si che i segnali a

feedback possano contribuire a una maggiore accuratezza del movimento43,44

.

La strategia della previsione è migliore. Se sono noti sia lo stato in cui si trova il nostro

corpo in un particolare momento sia i comandi motori discendenti, si può ottenere una

stima delle condizioni in cui si troverà il nostro corpo in un momento successivo.

Questa stima viene ottenuta ricorrendo a un modello diretto che prevede le

modificazioni che si produrranno nel nostro corpo in risposta al comando motorio.

Poiché questa stima è di natura predittiva, anticipa nel tempo quel che accadrà e di

conseguenza può compensare gli effetti dei ritardi dei circuiti a feedback. Tuttavia,

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questa stima tende a deteriorarsi col tempo se il modello diretto non è estremamente

accurato.

Il sistema nervoso possiede diversi modelli interni di controllo che utilizzano in varia

misura la previsione e i segnali a feedback. Quando il comportamento di un oggetto non

è prevedibile i segnali sensoriali a feedback forniscono i segnali più utili. Tuttavia

quando si maneggiano oggetti con proprietà stabili, i meccanismi di controllo basati

sulla previsione possono essere efficaci. Questo controllo di natura predittiva è

essenziale per il controllo dei movimenti rapidi che si osservano comunemente in quelle

forme di comportamento che richiedono destrezza.

Il sistema nervoso centrale è particolarmente sensibile alla comparsa di eventi inattesi o

all’assenza di un evento atteso, situazioni che evocano risposte di tipo reattivo.

Mel Goodale e David Milner hanno avanzato l’ipotesi che nel sistema nervoso centrale

le informazioni visive vengano trasmesse da due vie distinte. Una via dorsale che

proietta alla corteccia parietale posteriore ed è principalmente implicata nell’uso delle

informazioni visive per l’azione motoria, e una via ventrale che proietta alla corteccia

infero-temporale ed è implicata nella percezione visiva cosciente.

Gli animali possiedono una sorprendente capacità di apprendere nuove abilità motorie

attraverso l’interazione con l’ambiente. I sistemi di controllo sensorimotorio devono

costantemente adattarsi per tutta la vita mano a mano che le dimensioni e le proporzioni

del corpo di modificano, riuscendo così a mantenere una relazione appropriata fra

comandi motori e meccanica del corpo. Inoltre l’apprendimento è l’unico modo per

acquisire le abilità motorie che le convenzioni sociali richiedono, come la capacità di

scrivere o danzare. La maggior parte delle forme di apprendimento è costituita

dall’apprendimento procedurale o implicito in cui i soggetti generalmente non sono in

grado di esprimere a parole che cosa hanno imparato, esempi tipici sono imparare ad

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andare in bicicletta o a suonare il piano, invece l’apprendimento esplicito o dichiarativo

comporta l’acquisizione di conoscenze che possono essere espresse con affermazioni ed

è accessibile all’introspezione43,44

.

Le trasformazioni sensorimotorie hanno componenti cinematiche e dinamiche. Le

trasformazioni cinematiche mettono in relazione eventi rappresentati in sistemi di

coordinate spaziali diverse, quali gli angoli delle articolazioni del braccio e la posizione

della mano nello spazio. Le trasformazioni dinamiche mettono in relazione le forze che

operano a livello delle articolazioni con il movimento del sistema.

Non tutte le modalità sensoriali sono ugualmente importanti per l’apprendimento dei

compiti motori. Quando si apprendono compiti di tipo dinamico, la propriocezione è più

importante della visione. I pazienti che hanno deficit propriocettivi hanno grandi

difficoltà nel controllo delle proprietà dinamiche dei loro arti o nell’apprendimento di

nuovi compiti motori in assenza di visione43,44

.

La propriocezione è di importanza fondamentale per la pianificazione delle traiettorie

della mano e per il controllo della dinamica del movimento. Ne è un esempio il fatto

che, durante l’esecuzione di un movimento di un arto in assenza di feedback visivo, in

pazienti con deficit propriocettivi, si assiste ad un graduale incremento degli errori nel

controllo a feedforward, con conseguente incapacità di definire con certezza dove sia

posizionato il proprio arto43,44

.

1.1.7 Lo sviluppo delle prassie

Le prassie si sviluppano in un continuum ordinato dai 2 ai 12 anni di età. Esse

costituiscono una funzione appresa (non il semplice prodotto della maturazione

motoria) richiedono l’interazione con il mondo esterno e la capacità di

rappresentarselo7.

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Secondo Lurija la maturazione dell’area 4, responsabile del movimento volontario,

raggiungerebbe la completa maturazione ai 4 anni di età. Di conseguenza, un bambino

di 4 anni sarebbe in grado di svolgere solo compiti motori semplici. Secondo questo

autore, infatti, sarebbe l’area 6, situata nella regione premotoria e completamente

matura verso i 6-7 anni, ad essere essenziale per la combinazione di movimenti

complessi7,46

. Studi condotti da Kaplan sullo sviluppo del gesto in bambini normali

confermerebbero che lo sviluppo nelle abilità prassiche progredisce all’aumentare

dell’età. In tali studi ai bambini viene chiesto di eseguire su comando dei gesti

rappresentazionali come, per esempio, fingere di spazzolare i denti47

.

Si osserva che le risposte variano al variare dell’età7,47

:

1) a 3 anni di età o meno i bambini hanno chiare difficoltà: puntano il dito verso

l’area dove dovrebbe svolgersi l’azione (per esempio, la bocca) o cambiano

l’oggetto dell’azione (per esempio, si picchiettano i denti);

2) A 4 anni i bambini compiono il gesto, ma usando parti del corpo come oggetto

(per esempio, il dito usato come spazzolino);

3) All’aumentare dell’età, vi è un incremento della rappresentazione simbolica

degli oggetti immaginati cui corrisponde una diminuzione della

rappresentazione di parti del corpo come oggetti; infatti, a 7-8 anni l’oggetto è

tipicamente rappresentato sul piano simbolico, anche se la grandezza dello

stesso non è considerata;

4) A 12 anni l’abilità prassica del gesto rappresentazionale è simile a quella

dell’adulto.

Dewey, in uno studio del 1995, riporta che il numero di gesti rappresentazionali eseguiti

correttamente aumenta in modo lineare tra i 6 e gli 11 anni di età e che, sia per i gesti

transitivi (per esempio, battere un chiodo con il martello) che intransitivi (per esempio,

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salutare), possono essere presenti delle performance età-correlate denominate “errori di

azione” ed “errori di movimento”. Gli “errori di azione” sono costituiti da alterazioni di

forza, temporalità o ampiezza tipici di un determinato movimento; gli “errori di

movimento” sono rappresentati, ad esempio, da una non corretta rotazione del palmo

della mano rispetto alla posizione dell’arto.

Un’osservazione finale di questa Autrice è che, per ogni fascia di età, i bambini con

deficit dello sviluppo motorio evidenziano globalmente più errori di quelli fatti dai

bambini normali di controllo25

.

Non vi è comunque un accordo generale su questo modo di intendere i tempi di

comparsa delle prassie. Secondo Sabbadini è importante definire il momento e i modi

della nascita dell’intenzione, perché “è possibile, anzi probabile, che la nascita

dell’intenzione e l’acquisizione delle abilità siano due momenti strettamente legati tra

loro. Il manifestarsi precocemente dell’intenzione può significare per il neonato la

capacità di regolare i propri processi cognitivi anche e soprattutto nel senso di realizzare

strategie di risposta ai fini adattativi” 9.

Nello sviluppo motorio del bambino l’intenzionalità svolge un ruolo determinante

laddove il soggetto, con strumenti percettivi e motori adeguati, è posto in un ambiente

costruttivo7.

Bernstein ha invece definito il movimento intenzionale in termini di interazione

cooperante di molte parti del corpo, ovvero un prodotto in cui l’apporto di ogni singolo

segmento non è più riconoscibile.

Questa attività così complessa sembra richiedere un modulo organizzatore che coordina

e dirige le varie parti verso la realizzazione del movimento. Bernstein ipotizza un

sottosistema che contestualmente alla localizzazione delle parti interessate dal

movimento pianifichi dei programmi motori specializzati; questa organizzazione del

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sistema motorio e cognitivo rende il movimento adattabile in modo flessibile alle

esigenze dell’ambiente esterno48

.

Bruner ha poi posto in rilievo quanto il momento della verifica del risultato sia

determinante per l’evoluzione globale del bambino.

L’apprendimento di schemi motori, infatti, evolve a partire da comportamenti istintivi o

riflessi. Attraverso dei pre-adattamenti, altamente flessibili, i comportamenti riflessi si

trasformano in atti intenzionali (azioni) solo dopo che il bambino ha potuto verificare

quali adattamenti comportamentali gli procurano soddisfazione.

L’acquisizione di competenze e di abilità precoci si realizza tramite i parametri

intenzione e verifica del risultato. Si realizza quindi un meccanismo a feedback che non

è soltanto un controllo “a posteriori”: esso presuppone un processo interno che verifica

il risultato a partire dalla rappresentazione del mondo esterno, costruita dall’esperienza

precedente7,49

.

Questo meccanismo è costituito da tre momenti:

- La preparazione e l’anticipazione dell’azione;

- Il feedback vero e proprio che si realizza nel corso dell’azione operata dal

sistema effettore;

- La verifica del risultato (globale).

L’intenzione coincide cronologicamente con il feedforward, con la rappresentazione

mentale dell’attività, e con la programmazione degli atti sequenziali indispensabili per

realizzarla7.

A questo proposito vi è un interessante teoria, ovvero quella della mappatura e

mappatura rientrante proposta da Gerald Edelman, biologo, premio Nobel del 1972. Il

cervello è formato da cellule nervose interconnesse tramite un complesso sistema di reti

neurali. Molte di queste reti si sono selezionate per scopi precisi. La forza delle

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connessioni aumenta quando a una determinata azione corrisponde il raggiungimento di

un preciso obiettivo. Tutto ciò che funziona verrà ripetuto, oppure, se superfluo,

abbandonato; ovvero, tutto ciò che ha lasciato una traccia a livello della rete neurale

potrà essere ripetuto e sarà quindi oggetto di marcatura, ovvero di mutamenti

nell’intensità delle connessioni sinaptiche50

.

Le abilità motorie si sviluppano grazie all’attivazione e all’integrità di funzioni di base o

di strutture di elaborazione e grazie all’uso di strategie di organizzazione, cioè di

processi di controllo.

Le strutture di elaborazione si identificano con tutti quei sistemi che permettono

all’individuo di acquisire, attraverso le funzioni di base, le informazioni provenienti sia

dall’ambiente esterno che dall’ambiente interno dell’organismo. Queste strutture di

elaborazione sono: percezione, azione e memoria. Le informazioni acquisite vengono

poi ulteriormente rielaborate dai processi di controllo, ovvero l’attenzione, le strategie

di organizzazione e di nuovo la memoria. Si deve sottolineare inoltre il ruolo importante

che l’attenzione svolge anche per il funzionamento delle strutture processanti.

L’attenzione e la memoria sono funzioni implicite in tutti i processi di input e di output.

Essendo entrambe sempre attive nell’organizzazione delle funzioni cognitive, viene loro

assegnato un ruolo di controllo. Di fatto sia l’attenzione che la memoria sono implicite

nelle funzioni di base, ma la loro funzione all’interno delle strutture di elaborazione

segue un processo fisiologico governato da automatismi, mentre all’interno dei processi

di controllo assumono un ruolo metacognitivo (intendendo per metacognizione la

consapevolezza, il controllo di se stessi e dei propri processi interni e la capacità di

pianificazione) e quindi di attuazione volontaria di strategie. Le informazioni acquisite

vengono poi ulteriormente rielaborate dai processi di controllo.

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I processi di controllo hanno dunque il compito di organizzare le diverse funzioni

cognitive, cioè di modulare l’intervento delle strutture di elaborazione, e, nell’ambito di

questa organizzazione, selezionano la strategia economicamente più adeguata,

verificano il risultato raggiunto e, in base alla verifica effettuata, pianificano un nuovo

intervento d’azione. I processi di controllo formano quindi un sistema complesso che

opera all’interno di funzioni diverse, quali strategie di organizzazione, pianificazione

dell’azione e verifica del risultato. L’abilità di autoregolazione è strettamente correlata

alle capacità di attenzione selettiva e sostenuta nei confronti del compito.

La conoscenza di una procedura motoria non è condizione sufficiente per essere in

grado di utilizzarla in modo flessibile ed economico.

Per fare un esempio, il bambino, generalmente intorno ai tre mesi, sviluppa la funzione

di prensione dell’oggetto. Perché questa avvenga, deve essere presente la coordinazione

tra funzione visiva e funzione motoria. L’elemento scatenante la funzione è dato dal

desiderio di arrivare all’oggetto e dalla possibilità offerta dall’ambiente di raggiungerlo.

L’apprendimento di tale funzione dipenderà poi dalla verifica positiva del risultato e

dalla possibilità conseguente di ripetere tale esperienza.

È importante riconoscere le difficoltà di apprendimento di un bambino disprassico per il

quale la percezione del mondo è difficoltosa sin dai primi momenti di vita, in termini sia

di percezione che di organizzazione dell’azione7.

In caso di disprassia il bambino “non sa fare”, ma potremmo anche ammettere che “non

sa ancora fare”, non ha ancora imparato a realizzare funzioni. Oppure ha acquisito

determinate funzioni, ma le sa realizzare in modo stereotipato, cioè con strategie povere

e/o con scarse alternative33

.

Denckla ha osservato che, attraverso gli esercizi e la pratica continuativa, questi

bambini possono acquisire funzioni e svolgere senza grandi difficoltà le attività apprese

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della vita quotidiana. Tuttavia, è indispensabile ricordare le loro difficoltà, se sottoposti

a compiti nuovi e inusuali35

.

La povertà delle loro strategie, cioè la stereotipia del loro comportamento, impedisce di

acquisire nuovi compiti sostituendogli, per analogia, soluzioni strategiche già acquisite.

Essi, cioè, imparano una cosa alla volta, in un certo modo e solo in quel modo, senza

realizzare soluzioni alternative e senza possibilità di trasferimento.

La mancata acquisizione può essere imputata a un deficit del feedback nel corso

dell’azione o a una difficoltà di verifica del risultato o a un mancato sviluppo del

feedforward ovvero della rappresentazione interna dell’azione. È ipotizzabile comunque

che tutti e tre questi aspetti siano carenti e vadano considerati in un piano di terapia.

Nei vari tipi di disprassia risultano dunque deficitari sia il sistema afferente che le

strutture efferenti, ma soprattutto la capacità di immagazzinare la rappresentazione del

modello, da utilizzare e riutilizzare nelle sue componenti, inteso nella sua globalità33

.

A qualsiasi “livello” si trovi il disturbo, si tratti di una difficoltà nel “che cosa fare”

oppure nel “come fare”, di tipo ideativo o ideomotorio, della programmazione o della

sequenzialità, è sempre indispensabile esercitare la rappresentazione, rieducando cioè la

capacità di “manipolare” le proprie immagini mentali, in un confronto continuo con le

esperienze concrete ricavate dalla realtà, e, soprattutto, mettendo in atto i processi

metacognitivi di controllo: feedback, verifica e feedforward33

.

Quindi, la disprassia può essere definita come la mancata acquisizione di un’attività

intenzionale o l’acquisizione di strategie povere e stereotipate, con scarse soluzioni

alternative e con scarsa capacità di trasferimento di strategie per33

:

- Ridotta capacità di “rappresentazione” dell’oggetto su cui agire l’intera azione o

le sequenze che la compongono;

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- Difficoltà a ordinare in serie e coordinare i relativi movimenti elementari in vista

di uno scopo (programmazione);

- Difficoltà ad avviare i relativi programmi;

- Difficoltà di prevedere un certo risultato;

- Difficoltà di controllare ciascuna sequenza e l’intera attività nel corso

dell’azione (feed-back);

- Difficoltà di verificare il risultato ottenuto come corrispondente a quello previsto

e atteso.

In sintesi i bambini con disprassia evolutiva33

:

- Non hanno un’adeguata rappresentazione del target;

- Non sanno prevedere e organizzare un progetto loro proposto;

- Non sanno sequenziare;

- Non sanno controllare lo svolgersi dell’azione;

- Alcuni non sanno dare inizio all’azione (deficit di starter). 7

1.1.8 Eziologia e fisiopatologia

Il DCD è un disturbo idiopatico e non vi è ancora accordo sulla precisa eziologia10

. I

bambini con DCD sperimentano difficoltà nella progettazione e nell’esecuzione di

compiti motori, ma anche nella propriocezione, nell’integrazione sensoriale e nei

processi visivi6,51,52

.

Nonostante la mancanza di precisi meccanismi di insorgenza e il fatto che i bambini con

DCD rappresentino una popolazione eterogenea, sono state proposte numerose ipotesi

per spiegarne l’eziologia e la fisiopatologia.

Il DCD è stato descritto inizialmente come una forma di disfunzione cerebrale minima

(MBD minimal brain dysfunction), caratterizzata da un insieme di sintomi come

difficoltà motorie, di lettura e di attenzione16,53

. Hadders-Algra nel 2002 parla di MND

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31

(minimal neurological dysfunction), descrivendo il DCD come “una forma distinta di

disfunzione cerebrale perinatale acquisita che è molto probabilmente associata a danni

strutturali del cervello”53-55

. Infatti i bambini con DCD esprimono spesso segni di

MND56

. La nascita pretermine è considerata uno dei fattori che più comunemente

contribuiscono allo sviluppo di MND57-59

.

Gilger e Kaplan nel 2001 hanno proposto che i sintomi di DCD, dislessia e ADHD

siano dovuti ad uno “sviluppo atipico del cervello” (ABD atypical brain

development)53,60

, che, secondo Kaplan e colleghi, può esprimersi con diversi sintomi a

seconda della localizzazione, del momento di insorgenza e della gravità53,61

.

Lavori precedenti prendono in causa disturbi della sensopercezione, soprattutto

visivi53,62

.

Si è posta attenzione anche alla preferenza di utilizzo della mano destra o sinistra. Circa

il 50% dei bambini con DCD, infatti, è mancino o ambidestro rispetto al 10% della

popolazione generale63,64

. Questo sembra suggerire il ruolo di un’incompleta

lateralizzazione6.

Smits-Engelsman e Wilson hanno osservato in un recente studio che i bambini con

DCD manifestano un livello maggiore di variabilità nell’esecuzione dei compiti motori

rispetto alla popolazione generale. Secondo la nozione di “rumore neuromotorio” è

normale che, ripetendo la stessa azione più volte, il movimento, anche se molto

semplice, non sia mai completamente lo stesso. Tuttavia nei bambini con DCD la

differenza di esecuzione è sensibilmente maggiore. Dunque, questi autori hanno

ipotizzato che i bambini con DCD possano presentare un “rumore neuromotorio” di

fondo eccessivo rispetto ai bambini con sviluppo tipico, condizione questa che limita le

loro abilità65

.

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32

Anche fattori genetici potrebbero essere importanti. Infatti in uno studio su 10895

gemelli si è stimato che la genetica possa avere un impatto fino al 70% nei bambini con

DCD66

. Tuttavia, vista la sovrapposizione tra DCD e altri disordini neuroevolutivi

diventa difficile determinare quali geni siano effettivamente responsabili.6

I dati di neuroimaging sono scarsi, ma numerose aree cerebrali sembrerebbero coinvolte

nella neurofisiopatologia del DCD. Alcune tecniche, principalmente di risonanza

magnetica morfologica (MRI), hanno dimostrato che in alcuni bambini con DCD si

possono avere alcune alterazioni della sostanza bianca rispetto ai bambini con sviluppo

tipico67-69

.

È noto anche che i bambini nati pretermine o con basso peso alla nascita sperimentano

difficoltà motorie, comportamentali e scolastiche, più di frequente rispetto ai bambini

nati a termine e con normale peso70,71

. È stata avanzata l’ipotesi che le lesioni della

sostanza bianca periventricolare e della capsula interna che si riscontrano

frequentemente in bambini con problematiche perinatali possano dar luogo a disordini

motori che variano dalla paralisi cerebrale infantile al DCD. Quest’ultimo aspetto ha

portato a concludere che il substrato neurale del DCD possa essere simile a quello della

paralisi cerebrale infantile. L’alta prevalenza di disfunzioni neurologiche minori in

bambini con DCD sembra avvalorare tale ipotesi. È importante però sottolineare

l’origine multifattoriale del DCD che implica che i bambini possono avere

problematiche motorie in assenza di lesioni minime a livello cerebrale69

. Quello che è

certo è che il DCD è spesso associato a una storia di parto pretermine e basso peso alla

nascita70,72,73

.

Una revisione sistematica del 2011 ha stimato che il rischio di DCD è più alto nei

bambini nati prima delle 32 settimane e in quelli con un peso inferiore ai 1500 g,

rispetto ai bambini nati a termine e di normale peso (OR 6.3, 95% CI 4.4-9.0)70

.

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33

Un successivo studio di coorte ha confermato l’aumentato rischio di DCD nei bambini

prematuri e SGA (small for gestational age) (OR 6.3 per bambini nati da 23 a 31.1

settimane; OR 2.1 per bambini nati da 32 a 36.6 settimane; e OR 1.7 per bambini nati

piccoli per età gestazionale)6,74

.

È stato inoltre discusso il possibile coinvolgimento di specifiche strutture ed aree

cerebrali nella patogenesi del DCD, fra cui il cervelletto, la corteccia prefrontale ed il

corpo striato75

.

Una delle prime strutture che è stata studiata per tentare di spiegare la genesi del DCD è

il cervelletto: vi sono infatti studi su animali che suggeriscono che un ritardo di sviluppo

del cervelletto possa avere conseguenze sulla coordinazione motoria76

. Ci sono due

interessanti teorie riguardo i meccanismi che sottostanno al DCD e che suggeriscono un

coinvolgimento del cervelletto: l’ipotesi del deficit di automatizzazione e l’ipotesi del

deficit del modello interno.

L’ipotesi del deficit di automatizzazione suggerisce che i bambini con DCD, così come

quelli con dislessia, possano avere difficoltà nelle abilità motorie automatizzate77,78

,

legate dunque ad un interessamento del cervelletto55,79,80

.

Un’ipotesi molto interessante è quella del deficit del modello interno53,55,81,82

: secondo

questa teoria infatti un adeguato controllo motorio è correlato ad un modello interno che

predice le conseguenze sensoriali del comando motorio83

. Il cervelletto è in grado di

costruire un modello interno di movimento attraverso la pratica e tramite il controllo di

feedback esterni, che a loro volta permettono una verifica preliminare dell’errore e

l’automatizzazione del movimento. La corteccia motoria è quindi in grado di effettuare

un preciso controllo del movimento utilizzando il modello dinamico del circuito

interno84

.

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34

Quando viene progettato un movimento, un comando motorio si genera dalla corteccia

motoria e viene trasmesso ai muscoli dal tratto corticospinale85

. Allo stesso tempo una

copia di tale comando (copia efferente) è trasmessa alla corteccia parietale e a quella

cerebellare86

.

Il cervelletto, tramite una verifica continua della corrispondenza tra dati rilevati e dati

attesi, compara il movimento che il soggetto sta eseguendo con quello che dovrebbe

essere eseguito sulla base del modello interno e, se rileva un mismatch, invia come

feedback un segnale di errore affinchè in futuro il movimento sia più accurato53,55,87

. La

capacità di effettuare rapide correzioni durante il movimento è correlata alla possibilità

da parte del sistema nervoso di prevedere la posizione futura degli arti in base al

modello interno53,86,88,89

. Un circuito funzionale tra corteccia parietale e cervelletto

stima costantemente la posizione attuale e successiva degli arti, ponendo le basi per la

correzione continua90

. Inoltre, i segnali di errore agiscono come allenamento per rifinire

l’accuratezza dei modelli interni: questo processo continuo è fondamentale per

l’apprendimento motorio91

.

Una ridotta funzionalità del modello interno avrebbe quindi un impatto molto

importante sulla capacità di apprendimento motorio, elemento che si può osservare nei

bambini con DCD53

.

Shadmer e Holcomb nel 1997 hanno mostrato che l’acquisizione di un’abilità motoria

complessa presuppone l’apprendimento del modello dinamico, il quale permette al

cervello di anticipare e compensare l’evento meccanico. Durante le ore che seguono

all’esercizio, la rappresentazione del modello interno diviene gradualmente meno

fragile nei confronti delle interferenze. Il cervello, infatti, trasferisce le informazioni

acquisite dalle regioni prefrontali, dove viene immagazzinata l’informazione

sensomotoria per l’utilizzo a breve termine, alle cortecce premotoria e parietale

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posteriore e alla corteccia cerebellare anteriore92

. La rappresentazione del modello

interno, quindi, diventa più stabile quando questo viene depositato nelle strutture

deputate alla memoria a lungo termine93

.

Figura 2: Modello di controllo motorio (adattato da Bubic et al, 2010)53

All’interno del cervello è presente quindi un “modello interno” che fa da ponte tra

azione e percezione94

. La programmazione motoria comporta cioè un bilancio

previsionale anticipatorio delle informazioni che si andranno a raccogliere eseguendo

una certa azione, bilancio necessario per sapere se quell’azione può essere eseguita e per

controllare in corso d’opera quanto stiamo effettuando2.

Un ulteriore esempio in grado di confermare l’esistenza di rappresentazioni mentali del

corpo è il fenomeno dell’arto fantasma, un’espressione di un errore dovuto alla

discrepanza fra il modello interno, che continua a contemplare l’esistenza di una certa

parte del corpo, e la realtà esterna, in cui essa invece non esiste più2.

Il possibile ruolo della fase anticipatoria nell’origine della disprassia evolutiva è stata

evidenziata anche dagli studi di Smyth del 1991, nei quali i bambini con disprassia non

solo avevano bisogno di più tempo per eseguire sequenze motorie complesse, ma

mostravano anche una minore fluidità di esecuzione, a causa della difficoltà di

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36

programmazione del movimento dovuta ad una maggior dipendenza dai sistemi di

feedback2,95

.

Successivamente altri autori hanno sostenuto l’ipotesi del deficit del modello interno nei

bambini affetti da DCD53

.

Altri hanno invece ipotizzato il coinvolgimento della corteccia prefrontale (PFC) per

spiegare l’eziologia del DCD. La corteccia prefrontale è collocata nella parte anteriore

dei lobi frontali del cervello, davanti alle cortecce motoria e premotoria, ed è suddivisa

in due subregioni: corteccia prefrontale dorsale e ventrale75

. La PFC oltre ad avere un

ruolo nell’apprendimento motorio, organizza i pensieri e le azioni in accordo con

l’obiettivo prefissato96,97

. Funzioni come pianificazione e organizzazione del

movimento, controllo del comportamento e capacità decisionale si fondano su un’intatta

PFC. Perciò la disfunzione della PFC riscontrata nei bambini con DCD può essere causa

delle difficoltà sensorimotorie75

. La parte dorsale della PFC è inoltre strettamente

interconnessa con regioni cerebrali facenti parte della rete neurale dell’attenzione98

. La

parte ventrale della PFC, invece, è interconnessa con le regioni cerebrali coinvolte nelle

emozioni99

e ciò può esser causa dei sintomi emozionali frequentemente riscontrati nei

bambini con DCD37,100,101

. Allo stesso modo, altri disturbi dell’apprendimento e del

linguaggio che spesso si associano al DCD possono essere dovuti ad un coinvolgimento

della PFC75

.

Un’altra interessante ipotesi prende in considerazione i gangli della base e, in special

modo, il neostriato. È risaputo che i gangli della base giocano un ruolo fondamentale

nel controllo e nell’apprendimento motorio76,102,103

. Diversi studi hanno rilevato che

bambini con DCD mostrano scarse prestazioni motorie basate sulla funzione dei gangli

della base, come il controllo della forza104,105

e l’apprendimento di sequenze

motorie76,106

. Lundy-Elkman et al. hanno rilevato che bambini con lievi segni

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neurologici di disfunzione dei gangli della base erano selettivamente impacciati in

compiti di controllo della forza, mentre bambini con segni cerebellari erano

selettivamente in difficoltà in compiti che richiedevano una precisa tempistica di

esecuzione107

. Sembrerebbe, quindi, che esista almeno un sottogruppo di bambini con

DCD le cui difficoltà di apprendimento motorio potrebbero essere attribuibili a

disfunzione dei gangli della base76

. Per quanto riguarda invece il neostriato (costituito

dai nuclei caudato e putamen), è ben conosciuto il suo ruolo nella pianificazione e nella

modulazione del movimento, ma è potenzialmente coinvolto anche in una varietà di

processi cognitivi che includono le funzioni esecutive (come la memoria di lavoro), la

flessibilità cognitiva e l’abitudine108

. Secondo Deng et al., il neostriato potrebbe essere

coinvolto sia nelle difficoltà sensorimotorie che cognitive sperimentate dai bambini con

DCD.75

Infatti, il neostriato è implicato normalmente nell’apprendimento motorio, che

risulta deficitario nei bambini con DCD. Ciò potrebbe far sospettare un suo

coinvolgimento nell’eziologia di tale disturbo. Inoltre, alterazioni funzionali del

neostriato contribuiscono al comportamento impulsivo e all’iperattività, che sono di

frequente riscontro nei bambini con DCD con comorbidità per ADHD109

. Infine, si

pensa che un deficit precoce del neostriato possa causare la comparsa di comportamenti

compulsivi. È interessante notare, a questo proposito, che i bambini con DCD siano a

più alto rischio di obesità110,111

, fatto recentemente messo in relazione con un disordine

da alimentazione incontrollata correlato ad una disturbata omeostasi della dopamina

striatale75

. È importante anche tenere conto che il neostriato potrebbe essere coinvolto

nella capacità di apprendere l’ordine temporale di esecuzione di sequenze motorie75

.

Yin ha scoperto che lesioni eccitotossiche del neostriato dorsolaterale (sensorimotorio)

hanno un impatto molto importante sull’acquisizione di semplici sequenze motorie,

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dimostrando che il neostriato è necessario per l’apprendimento seriale112

, notoriamente

deficitario nei bambini con DCD75

.

Vi è poi un’ulteriore ipotesi che ritiene coinvolta la corteccia parietale. Si ritiene infatti

che connessioni fronto-parietali siano implicate nella trasformazione sensorimotoria e

nell’apprendimento (per esempio nei processi visuospaziali durante l’apprendimento di

abilità motorie). Molteplici studi hanno rivelato scarsa elaborazione spaziale visiva nei

bambini con DCD, come ad esempio nello studio di de Oliveira e Wann del 2010113

.

Questi autori sostengono che il funzionamento non ottimale di alcuni networks

cerebellari e parietali nel DCD sia responsabile di una scarsa integrazione visuospaziale

a discapito delle capacità di controllo motorio in tempo reale e di preparazione al

movimento. Mentre il coinvolgimento della corteccia parietale nell’adattamento

visuomotorio e nell’apprendimento di sequenze motorie è ormai assodato, solo pochi

studi di imaging cerebrale sono stati indirizzati alla ricerca di una disfunzione parietale

nel DCD. Particolarmente significativo è il riscontro di un’anomala connettività nei

network parietali nel DCD114

. Tutti questi dati suggeriscono che una funzionalità

subottimale della corteccia parietale potrebbe essere coinvolta nello sviluppo di

difficoltà motorie nei bambini con DCD, ma sono necessari ulteriori studi per

confermare questa ipotesi76

.

Nello studio dell’eziologia del DCD sono di grande importanza gli studi di risonanza

magnetica funzionale (fMRI).

I dati di neuroimaging funzionale, infatti, supportano l’ipotesi che i bambini con DCD

presentino una minore attivazione delle regioni cerebrali responsabili dell’automatismo

motorio6. Alcuni studi, in particolare mostrano alterazioni della connettività

frontoparietale, dimostrando che i bambini con DCD hanno difficoltà di integrazione

delle informazioni visuospaziali115

.

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Altri studi hanno dimostrato che bambini con DCD hanno una minore attivazione della

corteccia prefrontale dorsolaterale, durante compiti “Go-NoGo” (per esempio, premere

un pulsante ogni qualvolta compaia sullo schermo un particolare stimolo o bersaglio e

non premerlo in risposta a stimoli differenti). Ciò sembrerebbe suggerire una

disfunzione del circuito attentivo cerebrale55,114

.

Kashiwagi e colleghi hanno dimostrato che i bambini con DCD, durante compiti di

monitoraggio visuomotorio continuativo, hanno una minore attivazione dei lobuli

parietali superiore e inferiore rispetto ai bambini di controllo55,116

.

In uno studio condotto da Zwicker e colleghi, è stato visto che i bambini con DCD

hanno una maggiore attivazione cerebrale nelle regioni frontale, parietale e temporale

durante compiti di riconoscimento di traiettorie fatte percorre passivamente con la

mano, mentre i bambini con sviluppo tipico hanno mostrato maggiore attivazione del

precuneo e delle aree associate al controllo motorio, all’apprendimento motorio e alla

processazione degli errori67

. Inoltre, i bambini con DCD hanno avuto un’attivazione

superiore di quasi il doppio rispetto ai bambini di controllo, suggerendo un maggiore

sforzo nel portare a termine i compiti55,117

.

In contrasto con la maggiore attivazione cerebrale durante le prestazioni motorie67

, nei

bambini con DCDè stata dimostrata una minore attivazione correlata all’apprendimento

di schemi motori118

. Inoltre, dopo tre giorni di allenamento giornaliero, sono state

riscontrate significative differenze di attivazione tra i due gruppi nelle regioni associate

all’apprendimento motorio, come i lobuli parietali inferiori bilaterali, la corteccia

prefrontale dorsolaterale destra ed il cervelletto55

.

È stata riscontrata anche un’alta incidenza di anomalie aspecifiche cerebrali, rilevabili

alla risonanza magnetica o alla PET (Tomografia a emissione di positroni), come atrofia

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corticale o demielinizzazione119

, assottigliamento del corpo calloso e dilatazione

ventricolare10,120

.

Cambiamenti nelle connessioni sinaptiche sono di basilare importanza

nell’apprendimento motorio e nella memorizzazione75,121,122

. Alla base di una memoria

motoria duratura vi sono una rapida e durevole riorganizzazione sinaptica e la

stabilizzazione delle nuove connessioni neuronali123

. La disregolazione della plasticità

sinaptica può essere causa di un alterato controllo motorio nei pazienti affetti da DCD75

.

In conclusione, possiamo affermare che il DCD sembra il risultato di alterazioni

cerebrali diffuse piuttosto che di aree specifiche.

1.1.9 Meccanismi alterati alla base della disprassia

Sono state avanzate diverse ipotesi per cercare di individuare i meccanismi

psicofisiologici disfunzionali sottesi a tale disturbo7:

1. Una prima ipotesi è che la disprassia possa essere il risultato di un difetto di

rappresentazione del gesto124

. Questo spiegherebbe l’alta frequenza di “uso di

parti del corpo come oggetto” e di alterazione delle sequenze motorie nei test

pantomimici, non attribuibili a deficit percettivo-motori, bensì ad una

compromissione della rappresentazione del gesto124,125

.

Vi sono studi, inoltre, che hanno indagato l’associazione tra sviluppo del gesto,

abilità linguistiche e competenze cognitive generali e che forniscono supporto

all’idea che la disprassia evolutiva sottenda un disturbo linguistico

concettuale7,126

.

2. Una possibile interpretazione è che il deficit gestuale osservato nei bambini con

disturbi di linguaggio e di apprendimento sia dovuto a problemi di attenzione.

Denckla e colleghi hanno riscontrato più frequentemente problemi di

coordinazione motoria nei bambini dislessici con deficit attentivi che nei

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bambini dislessici “puri”35

. La disprassia inoltre è stata associata da più Autori

alla dislessia e a deficit di attenzione con o senza iperattività (ADHD)7,126

.

Inoltre, i bambini con ADHD presentano un problema significativo nella

pianificazione spaziale, nell’inibizione motoria e nell’attenzione visiva. Nel loro

studio i bambini con ADHD presentavano una difficoltà strutturale nel produrre

e utilizzare il pensiero categoriale nel problem solving e una marcata difficoltà

nell’ideazione, nella programmazione e nel controllo dell’atto prassico127

.

3. Collegata ai punti precedenti c’è la questione se il disturbo delle prassie esista

indipendentemente da altri disturbi cognitivi, come i disturbi del linguaggio,

dell’apprendimento o dell’attenzione. Dewey e colleghi, nel 2002, hanno

presentato un importante lavoro dal titolo: “Disturbo dello sviluppo della

coordinazione (DCD): problemi nell’attenzione, apprendimento e adattamento

psicosociale”128

. Gli autori sono partiti dai seguenti presupposti dettati

dall’esperienza clinica e dalla letteratura: a) i bambini con problemi di

attenzione, apprendimento e linguaggio presentano deficit in compiti di abilità

motoria; b) in bambini con deficit motori sono presenti problemi di sviluppo

generale (significative difficoltà di linguaggio, lettura, calcolo ed abilità visuo-

percettive); c) i bambini con disprassia sono più immaturi, socialmente isolati,

passivi, con basso concetto di sé, alti livelli di ansia e sintomi psicosomatici.

Sulla base di questi presupposti hanno ricercato la compresenza di problemi

attentivi, di apprendimento e di adattamento psicosociale in due gruppi di

bambini in età scolare: uno con DCD severo ed uno con sospetto DCD. Le

conclusioni sono state che tutti i bambini con problemi di movimento,

indipendentemente dalla gravità del DCD, sono significativamente a rischio di

problemi di sviluppo negli ambiti testati. Da qui tali Autori parlano di “sviluppo

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atipico del cervello” (Atypical Brain Development) come di un generico

disturbo dello sviluppo che interviene in alcuni bambini e che si può manifestare

in molti modi, in ambito scolastico, emozionale e comportamentale128

.

4. Un’altra ipotesi è quella di un disturbo nell’orientamento spaziale. Ancora una

volta prendendo spunto dagli studi sull’aprassia dell’adulto: il paziente aprassico

orienta gli oggetti in maniera impropria quando ne deve far uso129

, oppure

realizza movimenti su piani sbagliati dello spazio130

.

O’Brien e coll (2002) hanno pubblicato un lavoro dal titolo “Analisi della

coerenza di forma e movimento nella disprassia: evidenza di un deficit

dell’analisi spaziale globale”131

. Considerati i deficit visuo-percettivi segnalati

nei bambini disprassici, gli Autori hanno voluto testare i due sistemi visivi

descritti da Milner e Goodale132

: il sistema ventrale (occipito-temporale,

parvocellulare, o sistema del “cosa”) e il sistema dorsale (occipito-parietale,

magnocellulare, o sistema del “dove”). I risultati hanno evidenziato che la soglia

per il riconoscimento dei pattern di coerenza della forma è significativamente

più alta nel gruppo dei bambini disprassici rispetto ai controlli; non sono state

invece trovate differenze nella prova di coerenza del movimento. Perciò i

bambini con disprassia evidenziano uno specifico deficit nell’analisi

dell’informazione spaziale (riconoscimento della forma) che interessa il sistema

occipito-temporale131

.

5. Un’interpretazione originale è quella data da Ayres che vede la disprassia come

un disturbo dell’integrazione sensoriale. L’Autrice basa quest’idea sulla

correlazione tra test per la funzione tattile e test di pianificazione motoria. La

pianificazione motoria richiede lo sviluppo di uno schema motorio

“semicosciente” che si sviluppa grazie all’integrazione sensoriale. Esso

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comincia a formarsi con il sistema tattile, che alla nascita è il più sviluppato. Se

vi è un’alterazione di questo sistema, le informazioni errate provenienti dai

recettori cutanei porterebbero allo sviluppo di un alterato schema motorio e

quindi ad un’alterazione della pianificazione del movimento28,29

.

Il tema dell’integrazione sensoriale come possibile meccanismo deficitario nella

disprassia è stato ripreso recentemente da un interessante lavoro di Zoia e

colleghi133

. Questo studio riguarda il ruolo dell’informazione sensorimotoria in

relazione alla conoscenza concettuale. Tale informazione, oltre al ruolo nel

controllo dell’azione durante la produzione del gesto, giocherebbe un ruolo

anche nella pianificazione del gesto. Secondo questi Autori, l’informazione

visiva, così come la tattile e la cinestesica, avrebbero un ruolo primario nella

rappresentazione del gesto comparabile alla conoscenza lessicale e semantica.

Pertanto introducono due modalità aggiuntive di produzione del gesto, quella

visiva+tattile e quella visiva, oltre all’imitazione e al comando verbale. Nei

bambini normali l’imitazione e la modalità visiva+tattile sono le condizioni più

facili per eseguire i gesti. Il percorso legato alla sola modalità visiva non appare

disponibile prima dei 7-8 anni, mentre quello legato alla modalità verbale non è

pienamente disponibile prima dei 9 anni di età. Intorno ai 9-10 anni possono

essere prodotti gesti in ogni modalità e la performance diviene sempre più

accurata. Nei bambini disprassici, invece, l’esecuzione nelle condizioni cross-

modale (visiva+tattile) e verbale non equivale a quella dei bambini con sviluppo

tipico. In particolare, nella modalità verbale la differenza tende a crescere

piuttosto che a ridursi con l’età. I bambini disprassici, prima dei 9 anni,

mostrano difficoltà anche nell’imitazione e nella modalità visiva, poi, in genere,

si assiste a un certo recupero133

.

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1.1.10 Clinica

Nel descrivere i bambini con DCD bisogna ricordare che formano un gruppo molto

eterogeneo e la tipologia di disturbo della coordinazione motoria può variare da

paziente a paziente134

. I problemi di coordinazione possono coinvolgere le abilità

grosso-motorie, le abilità finemotorie o entrambe135

. Alcuni bambini sperimentano

difficoltà in varie aree, mentre altri solo in specifiche attività.

Il DCD è comunemente definito come una difficoltà nel controllo e nella coordinazione

del movimento volontario in assenza di alterazioni fisiche o neurologiche o di ritardo

mentale, che possano esserne la causa10

.

I bambini con DCD sono goffi, lenti e inaccurati nei movimenti e ciò può ripercuotersi

sulle attività quotidiane, nel gioco e sui risultati scolastici19

.

Molti sono gli studi in letteratura che esaminano le difficoltà incontrate dai bambini con

DCD. Le limitazioni più frequenti si riscontrano in:

Gioco e attività ludiche, come andare in bicicletta, sui pattini, saltare la corda;

Attività in classe;

Sport e attività correlate alla grosso-motricità;

Attività quotidiane;

Abilità sociali;

Ambito psicologico;

Difficoltà nell’ambito linguistico136

.

La maggior parte dei bambini affetti da DCD acquisisce in ritardo le tappe motorie

evolutive (vedi tab1).

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Anni Tappe evolutive

1-2 Cammina senza aiuto

Si inginocchia e si accuccia per raccogliere oggetti

Spinge la palla con il piede

2-3 Salta piccoli oggetti

Va sul triciclo per almeno 2 metri

3-4 Abbottona serie di tre o quattro bottoni

Si lava i denti da solo

Sa indossare i calzini correttamente

4-5 Sale e scende le scale alternando i piedi

Chiude da solo le cerniere

È indipendente nella cura di se stesso (strappa la carta igienica, lava le mani,

si veste)

È in grado di abbottonarsi

Taglia il foglio con le forbici in linea retta

Fa e scioglie nodi

5-6 Si veste da solo

Fa il bagno o la doccia senza bisogno di assistenza

Afferra una palla piccola lanciata da una distanza di 3 metri

Va in bicicletta senza ruotine

Ritaglia figure complesse con le forbici

Si allaccia le scarpe da solo

6-8 Usa forchetta, cucchiaio e coltello in maniera appropriata

È in grado di rifare il letto

Salta

Tabella 1: Dati desunti da Sparrow SS, Balla DA, Cicchetti DV: Vineland Adaptive

Behaviour Scales: Interview Edition. Circle Pines, MN, American Guidance Service,

1984 and Shepherd J, Activities of DL and adaptation for independent living, in Case-

Smith J (ed): Occupational Therapy for Children (ed 5). St Louis, MO, Elsevier-

Mosby, 2005.135

I bambini con DCD nel primo anno di età, possono presentare difficoltà nella

suzione/deglutizione o nel mantenere la posizione seduta, possono gattonare in ritardo,

afferrare con difficoltà oggetti piccoli e non riuscire a manipolare i giocattoli con

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facilità. Inoltre, possono camminare sulle punte o avere un’andatura a base allargata

anche dopo i 14 mesi di età o acquisire la deambulazione autonoma intorno ai 18

mesi6,33,137

. Spesso, tra i 18 e i 30 mesi di età, mostrano difficoltà nell’uso del cucchiaio,

hanno problemi di equilibrio e cadono facilmente, non mostrano preferenza per la mano

destra o sinistra, hanno difficoltà nei giochi di costruzione e nell’infilare i chiodini nei

buchi (nine hole peg test), presentano difficoltà articolatorie nel linguaggio e nel

mantenere a lungo l’attenzione33,137

.

Spesso i bambini disprassici hanno difficoltà a vestirsi, allacciare le scarpe, abbottonare

o chiudere le cerniere, lavarsi i denti e in altre azioni della vita quotidiana e della cura di

sé stessi6,135,137

.

Queste difficoltà di coordinazione motoria possono avere un impatto anche sulle attività

scolastiche. Infatti i bambini disprassici possono avere una scrittura lenta e/o

disordinata, scarse capacità nel disegno, difficoltà nell’impugnatura della penna,

nell’uso delle forbici e di altri oggetti comunemente utilizzati a scuola 6,12,135,138-140

. Nel

gioco possono avere difficoltà nell’andare in bicicletta, sui pattini e sullo skateboard,

nel lanciare o calciare la palla, nell’arrampicarsi, nel saltare la corda, possono correre in

maniera impacciata6,135

. Per questi motivi spesso i bambini con DCD preferiscono

giocare con bambini più piccoli che hanno simili capacità di coordinazione, possono

aver bisogno di sentirsi ripetere le istruzioni per imparare nuove abilità motorie, ed

evitano di partecipare ad attività o sport di competizione6,141,142

. I bambini con DCD

mostrano una certa discrepanza tra le abilità motorie, per definizione carenti, e le

capacità intellettive o di linguaggio, che, in genere sono buone.

Alcuni studi descrivono una diminuzione della forza di base143

e molti altri un deficit

delle abilità motorie fini, dell’equilibrio e delle abilità visuomotorie12,61,144,145

. Numerosi

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studi considerano cruciali le disfunzioni propriocettive52

, specialmente nella

processazione delle informazioni cinestesiche12,146

.

Le difficoltà sperimentate da questi bambini possono interferire anche con la vita di

relazione e con le abilità sociali ed emozionali, comportando in alcuni casi problemi

comportamentali6,19

.

Questi bambini sono spesso isolati, introversi, facilmente frustrati e con bassa

autostima, socialmente immaturi100

e hanno maggiori difficoltà dei coetanei nel fare

nuove amicizie e nel mantenerle147

. Le abilità motorie carenti possono rendere questi

bambini vittime di bullismo148

, cosa che contribuisce al loro isolamento.

Osservazione del comportamento di un bambino di 6-12 mesi di età33

:

ABILITÀ SOCIALI

BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO

Si consola facilmente alla voce

dell’adulto e al contatto fisico

Mangia bene, suzione valida;

presenta soddisfazione dopo ogni

pasto e accetta varietà di cibi

Dai sei mesi riesce a dormire per

l’intera notte

Beve da un bicchiere per bambini

Porta il cibo alla bocca con le

mani

Si diverte a fare il bagnetto

Può rimanere per un po’ a giocare

da solo

Non è facilmente consolabile,

presenta eccitabilità ed è facilmente

irritabile

Difficoltà di alimentazione e

suzione

Presenta problemi di sonno. Ha

bisogno di rassicurazione da parte

dell’adulto

Usa il biberon per lungo tempo

Non prende l’iniziativa di portarsi

da solo il cibo alla bocca

Generalmente non ama l’acqua

Richiede costante attenzione

dell’adulto

ABILITÀ MOTORIE

BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO

Da supino effettua cambi di

posizione

Sta seduto senza aiuto

Gattona

Esplora sistematicamente

Ha difficoltà nei cambi di

posizione

Non sta seduto senza aiuto

Non gattona e non utilizza altre

modalità di spostamento

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l’ambiente

Segue oggetti in movimento; presta

attenzione a stimoli nuovi

Sposta lo sguardo da un oggetto

all’altro: i movimenti oculari sono

completi e coordinati

È in continuo movimento

Non si ferma sulle cose (presenta

iperattività)

Presenta a volte ripetute

oscillazioni del tronco e del capo

Presenta difficoltà di sguardo e di

oculomozione

ABILITÀ MOTORIA FINE

BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO

Sa prendere piccoli oggetti con

entrambe le mani

Usa la prensione a pinza

Passa gli oggetti da una mano

all’altra

Osserva e manipola gli oggetti

È capace di puntare l’indice per

indicare

Afferra piccoli oggetti con presa

palmare

Ha difficoltà a prendere oggetti

piccoli

Non manipola i giocattoli; non li

passa da una mano all’altra

Usa tutta la mano per indicare ciò

che vuole o usa il gesto di

indicazione in modo

approssimativo

ABILITÀ LINGUISTICHE

BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO

Risponde alle richieste dell’adulto,

per esempio: dov’è la palla?

Inizia a produrre le prime parole

Interagisce con l’adulto, risponde

al babbling

Dimostra attenzione con

condivisione di sguardo

Non presta troppa attenzione agli

input verbali

Spesso non ci sono segnali che

facciano prevedere l’emergere del

linguaggio

Facilmente distraibile da stimoli

visivi

ABILITÀ COGNITIVE

BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO

Ricerca l’oggetto interessante

anche se scompare o viene

nascosto

Conosce la funzione degli oggetti

(schema d’azione)

Dimostra breve interesse per un

oggetto; passa da una cosa all’altra,

dopo pochi secondi

Dimentica subito l’oggetto che

scompare dalla sua vista

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Osservazione del comportamento di un bambino di 18-30 mesi di età33

:

ABILITÀ SOCIALI

BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO

Collabora quando viene aiutato a

vestirsi

Si toglie le scarpe e la giacca

Mangia con il cucchiaio, beve dalla

tazza

Inizia a collaborare con i coetanei;

scambia con loro i giocattoli

Non collabora, non cerca di fare

da solo

Scarso controllo del cucchiaio

Va aiutato durante il pasto

Rimane isolato; non ama stare nel

gruppo dei coetanei

ABILITÀ MOTORIE

BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO

Cammina sciolto, con sicurezza e

con movimento alternato braccia-

gambe

Salta da un piccolo gradino con due

piedi

Corre e si arrampica sulle scale

Sale e scende con appoggio e con

un piede alla volta

Sa dare un calcio alla palla con

entrambi i piedi

Lancia la palla con entrambe le

mani

Dimostra interesse per il triciclo

Corre guidandolo, anche se non

pedala

La deambulazione viene acquisita

spesso dopo i 18 mesi

Non sa saltare

È insicuro, ha poco equilibrio, cade

facilmente

Sale e scende le scale solo per

mano dell’adulto

Non sa calciare

Ha difficoltà a mantenere la

traiettoria nel lancio e dirigere il

movimento (coordinazione OM)

Non ama i giochi dove è necessaria

la coordinazione occhio-mano

Rifiuta di utilizzare il triciclo e lo

usa per spingerlo da dietro

CAPACITÀ MOTORIA FINE

BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO

Inizia a mostrare una preferenza

per la mano destra o sinistra

Fa giochi di costruzione con

blocchetti

Costruisce una torre di 6 blocchi

Mette i chiodini nei buchi

Ama giocare con l’acqua e fare

travasi

Ama fare scarabocchi

Ritardo nell’acquisizione della

dominanza manuale

Ha difficoltà a fare giochi di

costruzione; non vuole provare

Ha problemi nell’afferrare,

manipolare e infilare i chiodini nei

buchi

Necessita di tempi lunghi, si

stanca, rinuncia

Fa pasticci nei giochi con l’acqua e

nei travasi

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Ha difficoltà a impugnare le

matite; il tratto è troppo leggero o

troppo marcato

ABILITÀ LINGUISTICHE

BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO

Possiede un vocabolario di 20-30

parole che aumentano con rapidità;

a 24 mesi possiede più di 50 parole

Inizia piccole combinazioni con

gesti e parole

Ama ascoltare storie e osservare le

figure di un libro

Inizia a produrre suoni isolati, ma

ha difficoltà a produrre parole; può

presentare difficoltà articolatorie

Ha difficoltà a eseguire il gesto o il

ritmo giusto al momento giusto

Non mantiene a lungo l’attenzione

nell’osservare le figure di un

racconto illustrato

ABILITÀ COGNITIVE

BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO

È in grado di completare

l’inserimento delle tre forme nella

tavoletta

Ama fare puzzles e costruire forme

con grandi pezzi del Lego

Possiede il concetto e l’uso

dell’oggetto neutro (fare finta di…

con un sostituto dell’oggetto reale)

Ha difficoltà a manipolare le forme

di legno e inserirle nella giusta

posizione; è molto frustrato da

questi compiti

Evita questo tipo di attività

Spesso in ritardo l’acquisizione

dell’uso dell’oggetto neutro

Osservazione del comportamento di un bambino di 30-42 mesi di età33

:

ABILITÀ SOCIALI

BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO

Mangia da solo, usa cucchiaio e

forchetta

Gioca con gli altri bambini; usa il

linguaggio e i gesti per scambi

comunicativi

Può rimanere occupato su una

specifica attività anche più di 15

minuti

Dorme tutta la notte

Viene imboccato, se fa da solo

preferisce usare le dita

Scambi sociali poveri per difficoltà

di linguaggio; ne risente

emotivamente ed è facilmente

frustrabile

Breve tempo di attenzione a un

compito (2-3 minuti)

Persistono difficoltà di sonno;

spesso agitato quando dorme

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CAPACITÀ MOTORIE

BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO

Sempre più capace a mantenere

l’equilibrio; sta su un piede solo

per 6-10 secondi

Sa camminare sulle punte dei piedi

Muove le braccia alternativamente

quando cammina

Sale e scende le scale alternando i

piedi

È coordinato nei movimenti sia nel

correre che nel saltare

Sa pedalare e guidare il triciclo

Non riesce a stare su un piede solo

Ha difficoltà e poco equilibrio sulle

punte; le braccia sono rigide o

cadenti ai lati del corpo

Ha difficoltà a scendere le scale, ha

paura a saltare un gradino

Corre in maniera goffa, con le

braccia allineate al corpo

Si muove in continuazione e

disordinatamente; non pedala

CAPACITÀ MOTORIA FINE

BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO

Sa copiare semplici forme: linee,

croce, cerchio, quadrato

Sa tagliare con le forbici figure

grandi

Ancora a livello di scarabocchio,

non ama queste attività

Non sa usare le forbici; la

dominanza non è ancora stabilita,

ha difficoltà a usare le due mani in

contemporanea

ABILITÀ LINGUISTICHE

BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO

Ha un vocabolario ampio e forma

delle frasi

Ama ripetere canzoncine e abbina

gesti simbolici

È interessato a libri figurati, presta

attenzione al racconto di brevi

storie con figure

Riconosce i concetti spaziali e i

termini su, sopra, dentro, fuori,

vicino e lontano

È appena in grado di usare singole

parole, utilizzando alcuni (pochi)

gesti per farsi capire, qualora sia

presente disprassia verbale

Non sa coordinare i gesti al ritmo e

alle parole delle canzoni

Perde facilmente l’interesse e

l’attenzione

Confonde i termini che indicano

relazioni spaziali

ABILITÀ COGNITIVE

BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO

Aumenta la capacità di gioco

simbolico anche in sequenza

Sa fare costruzioni e puzzle di

Non presenta sequenze di gioco

simbolico o ne ha un numero

limitato

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semplici figure Evita questo tipo di attività

1.1.11 Condizioni associate

Ci sono forti evidenze che il DCD sia associato ad altre condizioni, come la sindrome

da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), disturbi dello spettro autistico (ASD),

disturbi dell’apprendimento, disturbo della condotta e disturbo oppositivo provocatorio,

nonché problemi quali ansia e depressione128,147,149,150

.

L’associazione tra DCD e ADHD, in particolare, è piuttosto forte. Circa il 50% dei

bambini con DCD presenta anche ADHD39,109

e, viceversa, approssimativamente il 50%

dei bambini con ADHD presenta il DCD6,12,151

. L’associazione sembra particolarmente

forte tra deficit della motricità fine e il sottotipo inattentivo dell’ADHD152

.

Il DCD è comune nei bambini con ASD12,19,153-155

. Circa l’80% di bambini con ASD ha

difficoltà motorie, dato ottenuto utilizzando il MABC (Movement Assessment Battery

for Children) e il DCD-Q (DCD questionnaire)153

. In uno studio di popolazione, una

comorbidità con ASD è stata trovata in 10 su 122 bambini con grave DCD e in 9 su 222

bambini con DCD moderato40

.

Il DCD è associato anche ai disturbi dell’apprendimento. Il DCD determina difficoltà

non solo in compiti più strettamente motori, come la scrittura, ma anche nella lettura e

nel calcolo6. Questi bambini hanno però abilità verbali simili ai bambini con sviluppo

tipico156,157

. Tutto ciò suggerisce che le difficoltà siano più correlate alle abilità

visuospaziali che verbali6.

Il DCD è associato anche a disturbi d’ansia e a disturbi depressivi158,159

. Un fattore di

rischio importante per lo sviluppo dei problemi di salute mentale è il bullismo, a cui

sono sottoposti i bambini con minori capacità di relazione6,158,160,161

. Questi bambini

hanno una più bassa autostima rispetto ai coetanei, tanto minore quanto minori sono le

capacità motorie e quanto maggiore è il bullismo correlato149,162,163

. La depressione è

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più comune nei bambini con DCD, e in particolar modo in quelli in cui coesiste

ADHD159

.

I bambini con DCD infine sono meno attivi fisicamente dei coetanei12,164

e questo

conduce a un maggior rischio di aterosclerosi, obesità e diminuita funzione

cardiopolmonare164,165

. Vi è però mancanza di studi che valutino l’associazione tra DCD

e aterosclerosi6.

1.1.12 Diagnosi

La gestione del bambino con DCD deve cominciare con una diagnosi accurata14

.

Nonostante i criteri del DSM-5 vengano spesso usati per descrivere la sindrome e

definire un primo orientamento diagnostico, tuttavia non sono ancora disponibili dei

criteri standardizzati di valutazione e di diagnosi6.

La questione di come il DCD debba essere diagnosticato, potrebbe essere risolta

esaminando il ruolo dell’anamnesi, dei questionari, dell’esame obiettivo e dei test

motori12

.

Chiaramente, nelle normali attività fisiche quotidiane, si può individuare uno “spettro di

normalità” e alcuni bambini con DCD possono trovarsi all’estremità di questo. Definire

cosa costituisca la normalità e dove questa sfoci nella malattia può essere difficile14

.

Innanzitutto, è importante procedere con un’accurata anamnesi e un attento esame

obiettivo, in modo da escludere subito la presenza di condizioni fisiche o neurologiche

che possano spiegare il quadro clinico del bambino. È importante ottenere una storia

dettagliata in ambito medico, evolutivo e scolastico. È rilevante chiedere ai genitori la

storia pre- e perinatale, se il bambino sia nato pretermine166

e/o abbia presentato un

basso peso alla nascita73

, , se la madre abbia assunto alcol durante la gravidanza167

o se

si siano verificate complicazioni perinatali6. Ha rilevanza anche l’anamnesi familiare,

soprattutto nel caso di familiarità per disordini dello sviluppo6,12,168

.

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In caso di DCD, nella storia del bambino si rileveranno ritardi nell’acquisizione delle

normali tappe evolutive, soprattutto delle competenze motorie. Inoltre, potranno essere

presenti difficoltà scolastiche, come problematiche nella lettura, dislessia, disgrafia e

necessità di assistenza in alcuni compiti.

È fondamentale indagare la presenza di altre condizioni mediche che potrebbero

spiegare il quadro clinico, come paralisi cerebrale infantile, tumori cerebrali, distrofia

muscolare, condizioni genetiche, sindrome fetale alcolica, disturbi sensoriali, epilessia,

storia di cadute o traumi cranici. La progressione dei sintomi esclude che si possa

trattare di DCD, essendo il DCD per definizione una sindrome non progressiva6. È

importante anche verificare la presenza di disturbi come ASHD o ASD o disturbi

dell’apprendimento che possono associarsi al DCD.

Elementi che preoccupano e che richiedono ulteriori indagini sono168

:

Recente storia di traumi cranici;

Storia di deterioramento delle competenze motorie;

Storia di mal di testa, dolore agli occhi o visione offuscata;

Anomalie dell’andatura, ad esempio atassica o prolungata andatura sulle punte;

Tono muscolare incrementato, fluttuante o ipertonia significativa;

Tono o forza muscolare asimmetrici;

Disartria, difficoltà di deglutizione e di alimentazione;

Segno di Gowers: difficoltà nel raggiungimento della stazione eretta (segno di

distrofia muscolare);

Anomalie muscolo scheletriche;

Lesioni neurocutanee;

Il fatto che il bambino eviti il contatto visivo;

Caratteristiche dismorfiche;

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Difficoltà visive, come lo strabismo.

Uno strumento usato per valutare le abilità motorie nei bambini tra i 5 e i 15 anni è il

DCD-Q (Developmental Coordination Disorder Questionnaire)169

.

Il DCD-Q è un questionario per i genitori che comprende 15 voci che intendono

indagare le capacità motorie dei bambini tra i 5 e i 15 anni (suddivisi in tre gruppi di

età: 5-7, 8-9 e 10-15). Ai genitori viene chiesto di valutare le prestazioni dei propri

bambini in relazione a quelle dei compagni, assegnando un punteggio da 1 a 5 per ogni

domanda. Il punteggio finale può variare da 15 a 75 e tanto più è alto, tanto maggiore è

la probabilità per il bambino in esame di avere un DCD. Il DCD-Q esiste in diverse

varianti, adattate ai differenti contesti e culture dei diversi paesi, che permettono di

avere una buona validità predittiva169

.

È molto importante anche interrogare gli insegnanti sulle eventuali difficoltà incontrate

a scuola dal bambino12,170

.

Esistono anche dei questionari a cui sono chiamati a rispondere gli stessi bambini: la All

about Me Scale171

, il Perceived Efficacy and Goal Setting System171

, la Children Self-

Perceptions of Adequacy in and Predilection for Physical Activity (CSAPPA)12,172,173

.

Questi resoconti personali sono utili per farsi un’idea di come il bambino percepisce le

proprie difficoltà, ma non hanno una sufficiente validità per poter essere utilizzati come

strumenti diagnostici di DCD12

.

Nonostante non esistano marker diagnostici definiti per il DCD, un attento esame

clinico può essere di aiuto di fronte ad un bambino con sospetto DCD. Infatti,

guardando il bambino mentre sta in piedi, cammina, lancia o afferra una palla, si siede e

fa alcuni compiti motori fini, ci si può fare un’idea del suo livello di abilità motoria,

salvo poi integrare questo primo orientamento avvalendosi di test motori più

specifici168

.

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L’esame generale fisico dovrebbe includere6,12,174

:

altezza, peso e circonferenza della testa;

esame della cute alla ricerca di segni neurocutanei come macule iperpigmentate

o ipopigmentate (suggestive di neurofibromatosi o di sclerosi tuberosa);

esame delle unghie alla ricerca di asimmetrie;

valutazione dell’acuità visiva;

esame neurologico che includa lo stato mentale, l’esame dei nervi cranici, del

sistema motorio, dei riflessi, dei movimenti involontari, delle funzioni

cerebellari, del sistema sensoriale e che comprenda anche l’analisi di abilità

motorie quali camminare, salire le scale, disegnare, scrivere. Importante anche

una valutazione cognitiva e comportamentale12

.

Gli esami di laboratorio, quali la misurazione della LDH e della CPK, o di

neuroimaging, quali la MRI, generalmente non sono necessari nella valutazione dei

bambini con DCD, ma possono essere necessari per escludere altre cause di

incoordinazione motoria6.

Infine, è fondamentale sottoporre il bambino a test motori standardizzati12

. I test che

indagano funzioni motorie sono numerosi, ma solo pochi test sono stati studiati e

selezionati per la diagnosi di DCD12

. La valutazione del movimento può essere “con

riferimento alla normalità” (“norm referenced”) o “con riferimento al criterio”

(“criterion referenced”). Un test “norm referenced” compara le prestazioni del soggetto

in esame a quelle di un gruppo di riferimento statisticamente selezionato che si è

sottoposto al test precedentemente, mentre un test “criterion referenced” compara le

prestazioni a criteri predeterminati175

.

Il test più comunemente utilizzato è il M-ABC (Movement Assessment Battery for

Children), un test “norm referenced”, di cui è uscita recentemente una nuova versione, il

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M-ABC-2. Il M-ABC è una revisione del TOMI (Test of Motor Impairment) e origina

dalla scala Oseretsky per le capacità motorie dei bambini. Il test è disponibile per

bambini tra i 4 e i 12 anni e si compone di 32 prove distribuite in 4 fasce di età. Ogni

fascia di età comprende 8 prove che esaminano le abilità manuali comprese in tre

categorie: abilità di destrezza manuale, abilità con la palla e capacità di equilibrio. Il test

richiede un tempo di esecuzione di 20-30 minuti. Ad ogni prova è attribuito un

punteggio da 0, miglior prestazione, a 5, peggior prestazione. I vantaggi più importanti

sono: disponibilità in diversi paesi europei, validità crossculturale, facilità di

somministrazione. Gli svantaggi invece consistono in: ampio range di età delle fasce

che causa perdita di specificità (poiché l’età è un fattore critico di cui tenere conto nella

diagnosi di DCD12

), e proporzione sfavorevole tra numero di prove e tempo richiesto (8

prove in 20/30 minuti). Nella versione rivisitata, il M-ABC-2, sono state aggiunte

osservazioni qualitative, che però non hanno impatto sul punteggio e specificano solo il

tipo di difficoltà incontrato. La versione rivisitata si compone di tre parti: il test

standard, la checklist e un manuale che descrive il corretto approccio al bambino con

difficoltà motorie. L’età è stata ampliata, da 3 a 16 anni, e le fasce di età riorganizzate

(3-6, 7-10 e 11-16). Infine, alcuni compiti sono stati modificati, al fine di aumentare la

corrispondenza (e la sensibilità) tra i compiti e le differenti fasce d’età. Il M-ABC è

stato tradotto in diverse lingue, ad esempio olandese, svedese, italiano, cinese,

giapponese176

.

Il MOT 4-6 (Motoriktest für vier- bis sechsjährige Kinder) è un test di origine tedesca,

sviluppato negli anni 80 e studiato per indagare le abilità sia finemotorie che grosso-

motorie nei bambini in età prescolare, tra i 4 e i 6 anni.

Gli autori hanno stabilito 18 differenti compiti che includono locomozione, stabilità,

controllo degli oggetti e abilità motorie fini. Il punteggio per ciascun compito va da 0,

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compito non eseguito, a 2, compito eseguito alla perfezione. Il tempo totale di

somministrazione del test varia da 15 a 20 minuti. Il MOT 4-6 è un test “norm

referenced” ed è uno strumento di valutazione della coordinazione per bambini in età

prescolare, raccomandato per scopi di ricerca educazionale a causa del suo specifico

range di età. 12,175

Il BOTMP (Bruininks-Oseretsky test of Motor Proficiency), e la sua versione revisitata

BOTMP-2 (Bruininks-Oseretsky test of Motor Proficiency, second edition), sono test

per lo studio dello sviluppo delle funzioni motorie sia fini che grossolane, “norm

referenced”, prevalentemente utilizzati negli USA e in Canada. Sono utilizzati per

identificare deficit motori da lievi a moderati. Valutano la qualità del movimento, la

coordinazione, la velocità, la destrezza degli arti superiori, la velocità delle risposte e il

controllo visuomotorio. Sono adatti a individui dai 4 ai 21 anni. Il BOTMP-2 long form

è costituito da 53 compiti e suddivido in 8 sottoprove: 7 compiti di precisione motoria

fine, 8 di integrazione motoria fine, 5 di destrezza manuale, 7 di coordinazione

bilaterale, 9 di equilibrio, 5 di agilità e velocità nella corsa, 7 di coordinazione dell’arto

superiore e 5 di forza. I compiti in ogni sottoprova diventano progressivamente più

difficili. La short form del BOTMP-2 comprende 14 compiti estrapolati dalla long form

del BOTMP-2. Il punteggio varia in base ai diversi compiti e può essere basato su una

scala da 2 punti (esegue/non esegue) fino a una scala da 13 punti. Il tempo richiesto per

il test è tra i 45 e i 60 minuti per la forma completa e tra i 15 e i 20 minuti per quella

breve. Per i bambini più piccoli il tempo richiesto può essere eccessivo, così può essere

utile suddividere il test in due sessioni. Gli intervalli di età considerati sono di 4 mesi

per i bambini in età prescolare, di 6 mesi per i bambini in età scolare e di 1 anno per gli

adolescenti sopra i 14 anni. Il test ha termini di confronto diversi per ciascun sesso.

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Il BOTMP/BOTMP-2 mostra un’affidabilità da buona a eccellente, una validità

paragonabile a quella del M-ABC-2, una buona specificità, ma una sensibilità minore

rispetto al M-ABC. L’uso del test è raccomandato per la diagnosi di difficoltà motorie,

per lo screening, per lo sviluppo e la valutazione di programmi di allenamento motorio,

e per obiettivi di ricerca.

I punti di forza più importanti del BOTMP-2 includono:

Le fotografie in esso contenute, che aiutano a ridurre al minimo le esigenze

linguistiche e forniscono agli esaminatori un aiuto per far si che la

somministrazione del test risponda agli standard e sia efficiente;

La validità delle prove somministrate, che riflettono le attività motorie tipiche

dei bambini (ad esempio, le abilità con la palla, il movimento, le attività con la

penna e il foglio);

La validità di costrutto del test, che è buona;

L’attendibilità inter-operatore (inter-rater reliability) e l’attendibilità nella

ripetizione (test-retest reliability), che sono molto buone sia per la forma

completa che per la short form;

I termini di paragone, che sono relativamente aggiornati e riflettono i dati

demografici degli USA.

Le limitazioni più importanti includono:

La debole affidabilità di ripetizione per alcuni test secondari e per alcuni gruppi

di età, che limitano in parte la sicurezza nell’uso di questi risultati;

L’assegnazione dei punteggi, che richiede molto tempo;

La difficoltà di alcune prove per i bambini di 4 anni con sviluppo tipico o di 5

anni con ritardo.

I criteri per i paesi non americani sono carenti. 12,175

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60

In sintesi, il livello di evidenza per la qualità e idoneità del BOTMP è classificato come

moderato (LOE 2), ma, in generale, l’evidenza è più debole rispetto al M-ABC, in

particolare sulla sensibilità del test. Tuttavia, l’originale popolazione standardizzata

americana è grande e i valori di riferimento con intervalli di 4 mesi nei bambini sembra

convincente.

Il PDMS-2 (Peabody Development Scales), versione rivisitata del PDMS,

originariamente pubblicato nel 1983, è uno strumento di diagnosi qualitativo e

quantitativo per valutare le abilità sia grosso-motorie che finemotorie nei bambini da 0 a

6 anni. Può essere utilizzato sia per la diagnosi che per i programmi di trattamento,

nonché per scopi di ricerca. Il test consiste di 6 sottoprove di cui 4 indagano la grosso-

motricità e 2 la motricità fine. I compiti per valutare la grosso-motricità includono:

riflessi (8 prove), prestazioni stazionarie (30 prove), locomozione (89 prove) e

manipolazione degli oggetti (24 prove). I compiti per la valutazione della motricità fine

comprendono: afferrare gli oggetti (26 prove) e l’integrazione visuomotoria (72 prove).

Il test è standardizzato su un campione di 2000 bambini provenienti da 20 stati USA. Il

punteggio usa una scala a 3 punti: 0 in caso in cui l’abilità non sia acquisita, 1 per abilità

in via di acquisizione e 3 in caso di abilità completamente acquisite. 12,175

Il Körperkoordinationtest für Kinder (KTK), sottoposto a revisione nel 2007, è adatto

sia per bambini con sviluppo tipico sia per bambini con danni cerebrali, problemi di

comportamento o disturbi dell’apprendimento. Il test indaga il controllo del corpo e la

coordinazione. Il KTK è una versione più breve del Hamm-Manburger

Körperkoordination Test für Kinder of Kiphard and Schilling (1974). Il test copre un

range di età dai 5 ai 14 anni e richiede circa 20 minuti per l’esecuzione. Il KTK è

limitato allo studio dell’equilibrio e della coordinazione e non indaga altre funzioni

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61

motorie come la locomozione o il controllo degli oggetti. È un test “norm

referenced”12,175

.

Il Test of Gross Motor Development, second edition (TGMD-2) valuta le abilità di

grosso-motricità. È un test “criterion and norm referenced”. Secondo gli autori può

essere utilizzato per identificare bambini che hanno prestazioni grosso-motorie

significativamente al di sotto di quelle dei coetanei. Il TGMD-2 è una revisione

dell’originale TGMD, pubblicato nel 1985. Il range di età va da 3 a 10 anni, coprendo il

periodo più critico dello sviluppo delle abilità motorie. Il test include compiti relativi

alla locomozione, come ad esempio correre e saltare, e compiti relativi all’abilità di

controllo degli oggetti, come ad esempio afferrare e calciare una palla. Il bambino deve

compiere l’azione due volte. Il punteggio può essere 0, se il compito non viene eseguito

o viene eseguito male, o 1, se il compito è eseguito correttamente. Il test richiede un

tempo di esecuzione di 15-20 minuti12,175

.

Altri test utilizzati12,175

:

McCarron Assessment of Neuromuscolar Dysfunction, utilizzato soprattutto in

Australia;

Frostig/FEW2 (DTVP2), utile per diagnosticare problemi visuomotori o di

visuopercettivi;

ZNA, molto utilizzato in Svizzera. Esamina le abilità motorie nei bambini e

negli adolescenti dai 5 ai 18 anni. Nessuno studio però ha ancora valutato lo

ZNA in relazione al M-ABC, né la sua utilità nella diagnosi di DCD;

Bayley Scales of Infant Development III che valuta le funzioni cognitive,

motorie e comportamentali nei bambini da 0 a 3 anni;

Purdue Pegboard Test per la valutazione della motricità fine e della destrezza;

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Maastrichtse Motoriek Test (MMT)175

, un nuovo strumento di diagnosi, messo a

punto da Vles e collaboratori, il cui scopo è identificare in età precoce i bambini

a rischio di ADHD. Il test richiede da 20 a 25 minuti per l’esecuzione, è adatto a

bambini di 5-6 anni e consiste di 70 prove, di cui 34 indagano gli aspetti

quantitativi del movimento e 36 quelli qualitativi. Il punteggio per ogni compito

va da 0 a 2;

Test che indagano disturbi della scrittura come il Detailed Assessment of Speed

of Handwriting177

, il Minnesota Handwriting Test, il Children’s Handwriting

Evaluation Scale Manuscript, l’Evaluation Tool of Children’s Handwriting

Manuscript, il Test of Legible Handwriting, il Test on Diagnosis and

Remediation of Handwriting Problems;

Systematische Opsporing van Schrijfproblem⁄Beknopte Beoordelingsmethode

voor Kinder Handschriften178-180

: un test indirizzato a valutare le capacità di

scrittura dei bambini delle scuole elementari. Il compito consiste nel copiare un

testo standard su un foglio senza righe, o almeno 5 righe di testo se il bambino è

molto lento nella scrittura, in 5 minuti. Il test valuta la qualità e la velocità della

scrittura.

TEST SCOPO ASSESSMENT/

TRAINING

ETÀ

(anni:mesi

)

DURATA

ESAME

(min)

NUMERO

DI PROVE

MOT 4-6 Valutare lo

sviluppo

motorio in età

prescolare.

Valutazione generale

di abilità grosso-

motricità e di

motricità fine.

4:0-6:11 15-20 18

M-ABC Identificare e

descrivere

difficoltà

motorie nella

vita di tutti i

giorni.

Screening di

difficoltà motorie;

Misurazione di

livello;

Valutazione del

trattamento.

4:0-12:0 20-30 32 suddivisi

in 4 fasce

d’età (4x8)

PDMS 2 Valutazione

dello sviluppo

motorio e

Approfondita

valutazione,

allenamento o

0:0-6:11 LV: 46-60

STV: 20-

30

249

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della terapia

per bambini

con disabilità.

recupero di abilità

motorie fini e

grossolane.

KTK Valutazione

dell’equilibrio.

Screening di

bambini che hanno

sofferto di danni

cerebrali o di

disturbi del

comportamento o

dell’apprendimento;

Screening delle

abilità grosso

motorie.

5:0 – 14:0 20 4

TGMD-2 Identificare i

bambini

significativame

nte al di sotto

dei coetanei.

Identificare, valutare

e pianificare

cambiamenti in

relazione all’età o

all’esperienza;

valutare

cambiamenti dopo

intervento o

istruzione.

3:0-10:0 15-20 12

MMT Oggettivare

aspetti

qualitativi e

quantitativi del

movimento.

Individuazione di

ADHD.

5:0-6:11 LV:30

SV:7

LV: 70

SV: 20

BOT-2 Identificazione

di deficit in

bambini con

lievi o

moderati

problemi di

coordinazione.

Analisi del profilo

per valutare i punti

di forza e di

debolezza, studi di

validità clinica di

autismo ad alto

funzionamento,

sindrome di

Asperger, DCD e

ritardo mentale da

lieve a moderato.

4:0-21:0 LF: 46-60

SF: 15-20

LF: 53

SF: 14

Tabella 2175

TEST GROSSO-MOTRICITÀ MOTRICITÀ FINE

Abilità di

locomozione

Abilità di controllo

degli oggetti

Abilità di

stabilità

MOT 4-6 6 4 9 3

M-ABC 1 2 3 3

PDMS 2 16 10 18 18

KTK 0 / 4 /

TGMD-2 6 6 / /

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MMT / 8 34 28

BOT-2 9 8 16 20

Tabella 3175

TEST PUNTI DI FORZA PUNTI DI DEBOLEZZA

MOT 4-6 Appropriato per bambini in età prescolare; Adatto per l'uso in un contesto educativo; Scheda di valutazione breve e chiara; Altamente efficiente (abilità testata / tempo di valutazione); Il punteggio fa riferimento ad abilità motorie generali e fondamentali; Fornisce informazioni sul livello di padronanza delle abilità: al di sopra o al di sotto del previsto.

Dati di riferimento vecchi; Nessuna recente revisione disponibile; Poche informazioni sul test e sui risultati dei test disponibili nella letteratura internazionale.

M-ABC Appropriato per bambini in età prescolare; Disponibili dati di riferimento internazionali; Valutazione qualitativa e quantitativa; Fortemente adatto per la rilevazione di difficoltà; Adatto per l’uso in un contesto educativo; Grande quantità di studi sulle caratteristiche psicometriche del test.

Nessuna informazione sulla padronanza delle abilità al di sopra del livello previsto; Efficienza piuttosto bassa (abilità testata / tempo di valutazione);

PDMS-2 Appropriato per bambini in età prescolare; Strumento di valutazione molto dettagliato; Le sottoprove possono essere somministrati da sole; Fornisce informazioni sul livello di padronanza delle abilità: al di sopra o al di sotto del previsto; Sono inclusi aspetti qualitativi del comportamento motorio.

Specificatamente designato per rilevare deficit o difficoltà motorie; Forma breve non disponibile; L’esecuzione del test completo è piuttosto lunga per i bambini piccoli; L'assenza di dati di riferimento di bambini europei.

KTK Rapido screening della stabilità; Considerato ancora come molto affidabile e molto apprezzato per la sua accuratezza e standardizzazione .

Dati di riferimento vecchi Meno appropriato per la valutazione di bambini in età prescolare; Informazioni sullo sviluppo del movimento limitate (equilibrio).

TGMD-2 Appropriato per bambini in età prescolare; Sono inclusi aspetti qualitativi del

Non valutato lo sviluppo di abilità di motricità fine né di stabilità;

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comportamento motorio; Enfasi sullo sviluppo delle abilità motorie di controllo degli oggetti; Fornisce informazioni sul livello di padronanza delle abilità: al di sopra o al di sotto del previsto.

Per l’Europa la batteria di test non è esente da differenze culturali.

MMT Valutazione di prove sia quantitative che qualitative; Altamente efficiente (abilità testata / tempo di valutazione); Fornisce informazioni sul livello di padronanza delle abilità: al di sopra o al di sotto del previsto.

Adatto a un ristretto range di età ; Specialmente progettato per la rilevazione di ADHD.

BOT-2 Appropriato per bambini in età prescolare; Strumento di valutazione molto dettagliato; Le sottoprove possono essere somministrate da sole; Disponibile la Short Form; Fornisce informazioni sul livello di padronanza delle abilità: al di sopra o al di sotto del previsto; Sono inclusi aspetti qualitativi del comportamento motorio; Grande quantità di evidenze sulle caratteristiche psicometriche del test.

Accento posto sulla rilevazione di deficit; Assenza di dati di riferimento europei; Complicato ricevere un kit per il test; La standardizzazione del test è piuttosto difficile; L’esecuzione del test completo è piuttosto lunga per i bambini piccoli; Necessità di una grande sala per la prova di corsa; Scheda di valutazione confusa.

Tabella 4175

1.1.13 Diagnosi differenziale

I problemi di coordinazione motoria possono essere indicativi di altre condizioni

mediche come difficoltà sensoriali, disordini neurologici o deficit intellettivi181

. Prima

di porre diagnosi di DCD occorre effettuare un’attenta anamnesi ed esame obiettivo,

così da escludere condizioni di disabilità intellettiva, cerebrovasculopatie, traumi

cerebrali, paralisi cerebrali infantili, emiplegia, sindrome di Tourette e distrofia

muscolare135,181

.

La diagnosi differenziale della “goffaggine” include disordini progressivi e non

progressivi che possono causare difficoltà di coordinazione motoria nei bambini182

. Il

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DCD è per definizione un disordine non progressivo, perciò la presenza di una

progressione ne esclude la diagnosi6. Per questo motivo è importante il follow up,

soprattutto nei casi in cui la diagnosi è incerta, considerando anche che alcuni disordini

progressivi inizialmente possono non sembrare tali.

Tra i disordini progressivi la diagnosi differenziale deve prendere in considerazione6:

Tumori cerebrali;

Condizioni metaboliche (es aminoaciduria, malattia di Wilson);

Disordini neuromuscolari (es miositi, distrofie muscolari, neuropatie);

Idrocefalo;

Atassia cerebellare;

Epilessia mioclonica.

Tra i disordini non progressivi è importante escludere6:

Disabilità intellettive: il DCD può essere diagnosticato in bambini che hanno

disabilità intellettive, ma solo se le difficoltà motorie sono eccessive rispetto a

quelle solitamente riscontrate;

Vertigini;

ADHD: DCD e ADHD coesistono spesso, ma alcuni bambini con ADHD

possono essere goffi a causa della mancanza di attenzione e non per problemi di

coordinazione.

1.1.14 Terapia

Spesso le difficoltà motorie di bambini in età prescolare e scolare vengono interpretate

genericamente e approssimativamente come problemi relativi a disattenzione e scarsa

voglia di applicarsi in qualsiasi tipo di apprendimento. Di conseguenza, tali bambini

possono essere impropriamente accusati di disinteresse, pigrizia e goffaggine. È invece

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molto importante porre precocemente diagnosi di DCD e trattare tempestivamente

questi bambini, poiché possono presentare importanti miglioramenti se sottoposti a un

trattamento adeguato. Una meta-analisi del 2013 ha concluso che intervenire porta

effettivi benefici rispetto a non intervenire183

. Quale sia l’approccio ottimale è però

ancora dibattuto.

Principi generali di trattamento sono184

:

Coinvolgimento attivo del bambino;

Dare priorità alle attività funzionali della vita quotidiana rilevanti per il bambino

e per i genitori;

Insegnare competenze ed abilità che possano essere generalizzate e sfruttate in

altre attività;

Utilizzare metodi supportati dall’evidenza;

Trattare possibili condizioni associate, come l’ADHD o i disturbi

dell’apprendimento;

Fornire supporto psicologico;

Coinvolgere più persone nel piano di trattamento, come genitori e insegnanti

oltre ai professionisti sanitari. Questo tipo di approccio è noto come “approccio

ecologico”184

.

È sicuramente importante una terapia di supporto. È fondamentale che il bambino, i

genitori e gli insegnanti capiscano che le difficoltà non sono dovute a pigrizia o

mancanza di impegno del bambino, che quindi non deve essere colpevolizzato. È altresì

importante che ad essi vengano spiegati il quadro sindromico, i possibili approcci e i

risultati che possono essere ottenuti con un trattamento adeguato184

. Il bambino deve

essere incoraggiato a partecipare ad attività nelle quali può riuscire. Non deve essere

caricato, infatti, di aspettative troppo alte che possano minare la sua autostima in caso di

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insuccesso. È necessario, affinché i trattamenti abbiano successo, che il bambino riceva

il supporto necessario dai genitori, dagli insegnanti e dalle persone più importanti della

sua vita. Gli insegnanti devono adattare l’insegnamento alle necessità del bambino,

fornendo in alcuni casi più tempo per portare a termine gli esercizi e devono impedire

che il bambino venga infatti deriso dai compagni a causa delle sue difficoltà. I bambini

con DCD, infatti, beneficiano del contatto con i coetanei e l’isolamento che può

derivare da eventuali esclusioni da parte dei compagni incide negativamente sul loro

sviluppo184

.

Lo sport può apportare importanti benefici, riducendo il rischio di obesità e di mancata

socializzazione. Occorre scegliere però uno sport che il bambino apprezzi e che sia in

grado di praticare, privilegiando sport non competitivi nei quali la partecipazione sia

individuale e non all’interno di una squadra. Infatti, poiché lo sport di squadra richiede

coordinazione con i compagni, le ridotte abilità sportive del bambino con DCD rispetto

ai coetanei potrebbero esporlo a isolamento da parte di questi ultimi184

.

Relativamente al trattamento riabilitativo del DCD, esistono differenti approcci che

sono stati tra loro confrontati e sistematicamente revisionati185-187

. Le modalità di

intervento possono essere “task-oriented”, cioè finalizzate a riabilitare le funzioni, o

“deficit-oriented”, cioè finalizzate a riabilitare le attività motorie risultate

deficitarie55,135

.

Nella prospettiva “deficit-oriented”, spesso denominato approccio tradizioale, si

possono individuare tre tipologie di approccio135

: di integrazione sensoriale (sensory

integration, SI)188-191

, sensorimotorio (sensorimotor SM)192-198

e process-oriented

(PO)199-202

.

L’approccio “deficit-oriented”, spesso denominato approccio tradizionale, è stato

sviluppato negli anni ‘60 e ‘70. Si basa sulla premessa che le prestazioni motorie sono il

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risultato di un corretto funzionamento del sistema nervoso e muscoloscheletrico e,

quindi, il deficitario o anormale sviluppo di tali sistemi produca il deficit motorio203

.

L'obiettivo dell’intervento è quello di ripristinare il sistema o i sistemi deficitari,

cercando di ridurre il deficit funzionale e migliorare le prestazioni. Sono stati sviluppati,

e sono ancora in uso, vari interventi che si rifanno a questo tipo di approccio, come la

terapia neuroevolutiva, quella di integrazione sensoriale e quella

percettiva/sensorimotoria55,135

.

Questi interventi suppongono che le difficoltà motorie che i bambini con DCD

sperimentano siano il risultato di un difettoso sistema sensoriale, motorio o

sensorimotorio sottostante o dei sistemi di integrazione sensoriale. L'intervento mira a

ripristinare la funzione deficitaria attraverso il ripristino dell’efficienza del sistema

danneggiato. L’idea è che, una volta risolto il problema alla base, si risolverà anche la

difficoltà motoria135

.

Gli approcci “deficit-oriented” si basano su teorie gerarchiche e di neuromaturazione

oramai obsolete con inconcludenti evidenze sulla loro efficacia185,186

.

Le teorie meccanicistiche e gerarchiche che hanno guidato negli anni ’60 e ‘70 lo studio

dei deficit motori nei bambini, sono state infatti gradualmente sostituite da teorie di

controllo e apprendimento motorio. La prestazione motoria non è unicamente

controllata dai sistemi corporei ed elicitata da input sensoriali, ma emerge

dall’interazione dinamica di differenti sistemi tra cui corpo, compito ed ambiente.

Conseguentemente al fatto che i deficit presenti nel DCD non sono ben compresi e che

il rapporto tra prestazione e funzionamento del sistema sottostante non è diretto, alcuni

ricercatori si sono allontanati dall’approccio “deficit-oriented” per approdare al metodo

“task-oriented”135

.

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Nella prospettiva “task-oriented”, si possono individuare 3 tipologie di approccio135

: il

compito specifico (task-specific, TS)204-206

, il programma di intervento genitore-

insegnante (parent-teacher intervention program PTIP) e l’orientamento cognitivo per la

performance occupazionale (cognitive orientation to daily occupational performance

CO-OP)207-210

.

L’intervento in questo caso è focalizzato sull’esecuzione del compito, e l’interazione tra

la persona, il compito e l’ambiente diventa di primaria importanza. L’obiettivo si sposta

dal processo al compito specifico: invece di cercare di ristabilire la funzione corporea

persa, ci si prefigge di insegnare al bambino ad eseguire le fondamentali attività della

vita quotidiana e trovare strategie che lo aiutino ad aggirare le sue difficoltà. Vi sono

diversi tipi di intervento “task-oriented”: gli interventi per compiti specifici (ad esempio

l’insegnamento della scrittura a mano), il training di abilità neuromotorie, il PTIP

(approccio ecologico) e il CO-OP135

.

L’approccio CO-OP, Cognitive Orientation to daily Occupational Performance, è un

approccio al problem solving, basato sui risultati, che pone il bambino al centro del

processo di apprendimento. Ciò consente l’acquisizione di abilità e competenze

percettivo-motorie e funzionali (ad esempio andare in bicicletta, allacciare le scarpe,

etc.) attraverso l’uso di un processo cognitivo fondato sulla scoperta e l’uso di strategie

che permettano al bambino di raggiungere gli obiettivi che si è prefissato. Questo

metodo è stato sviluppato per venire incontro alle esigenze dei bambini con DCD

utilizzando ricerche e teorie cognitive, percettive e motorie recenti e basate

sull’evidenza. L’approccio CO-OP riconosce l'importanza della partecipazione e del

successo nelle occupazioni della vita quotidiana come elemento essenziale alla salute e

allo sviluppo del bambino. A differenza di altri approcci “task-oriented” pone l’accento

sul ruolo del processo cognitivo nello sviluppo di abilità motorie. Il CO-OP, inoltre, si

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prefigge tre obiettivi addizionali: l’uso di strategie cognitive, la generalizzazione di

strategie e il trasferimento dell’apprendimento in situazioni reali, di vita quotidiana.

Nell’approccio CO-OP i bambini imparano abilità scelte da loro stessi in modo che

l’intervento sia centrato sul bambino e che il bambino sia fortemente motivato a

lavorare su compiti per lui difficili senza essere tentato di abbandonare. Nel CO-OP il

ruolo del terapista è quello di guidare i bambini alla scoperta di strategie, alla

formulazione di un programma d’azione, alla realizzazione e al controllo dell’azione. La

“scoperta guidata” è un punto chiave del CO-OP che affonda le sue radici nei principi

generali delle teorie di apprendimento. Anche se le ricerche sono ancora in corso e non

ci sono ancora sufficienti dati per fornire prove inconfutabili dell’efficacia

dell’approccio CO-OP nel promuovere l’acquisizione di abilità, le prove fino ad oggi

raccolte sono senza subbio incoraggianti135

.

Una metanalisi pubblicata nel 2013 e basata su 26 studi e 912 bambini ha concluso che i

metodi “task-oriented” hanno effetti più importanti sulle performance motorie rispetto

ai metodi “process-oriented”183

, che si basano sull’osservazione del percorso mentale

del soggetto, dal momento della presentazione del compito, fino alla sua conclusione,

indipendentemente dal risultato e dal punteggio quantitativo211

.

Nonostante la teoria e le prime evidenze favoriscano l’approccio “task-oriented”,

tuttavia nessun tipo di intervento è stato pienamente approvato e confermato da

ricerche185

, né da dati neurobiologici o da studi di neuroimaging. Studi di neuroimaging

potrebbero aumentare la nostra comprensione della neurobiologia del DCD e aiutarci

ad individuare il miglior intervento per questi bambini.

Sulla base dei principi dell’apprendimento motorio e della neuroplasticità, è ipotizzabile

che i bambini con DCD possano presentare un miglioramento delle abilità motorie

relativamente duraturo in seguito a training dell’apprendimento motorio.

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Non sono ancora noti, ad oggi, il miglior tipo e l’intensità ottimale di allenamento

necessari per indurre cambiamenti neuro plastici. Né, eventualmente, l’esercizio più

appropriato per favorire la rappresentazione del modello interno di movimento nei

bambini con DCD.

L’approccio migliore andrebbe scelto caso per caso, individuando specifici obiettivi,

pianificando un programma individuale e valutando la responsività al trattamento.

Sono stati anche studiati approcci di tipo dietologico, come l’aumentato apporto con la

dieta di acidi grassi, sulla base di conoscenze neurobiologiche secondo cui gli acidi

grassi sono necessari nello sviluppo del sistema nervoso e avrebbero un’influenza

positiva su lettura, dizione e comportamento in bambini con DCD, ma non è stata

dimostrata nessuna evidenza di un loro effetto anche sulle funzioni motorie12,184

.

1.1.15 Outcome

Un gran numero di studi prospettici hanno esaminato l’outcome motorio dei bambini

con DCD, dimostrando che i deficit motori persistono nell’adolescenza e nell’età adulta.

Essi possono associarsi a difficoltà scolastiche, emozionali e di comportamento, nonché

a problemi di benessere e forma fisica, probabilmente dovuti alla riluttanza mostrata da

questi bambini ad impegnarsi nell’attività fisica14,128,149,162,184,212

.

I bambini con DCD, infatti, sono più a rischio rispetto ai coetanei di avere scarse

relazioni sociali, bassa autostima, depressione, ansia e obesità141,212,213

.

Sono, inoltre, meno attivi fisicamente rispetto ai coetanei con sviluppo tipico164

, e

questo sembra potersi associare ad un aumentato rischio aterosclerotico, anche se tale

associazione attende di essere confermata da ulteriori studi 164,165

.

Gli adulti con una storia di DCD riportano impieghi lavorativi di livello inferiore,

minore soddisfazione nei confronti della loro vita e più alti livelli di ansia e

depressione6,214,215

.

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La diagnosi e il trattamento precoce potrebbero permettere a questi bambini di superare

le loro difficoltà e/o di sviluppare strategie che le rendano gestibili14

, evitando pertanto

potenziali conseguenze sulla vita adulta, come disoccupazione, disturbi psichiatrici,

abuso di sostanze, scarse relazioni interpersonali e criminalità14,216,217

.

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2 CAPITOLO 2

2.1 Razionale

La disprassia è un disturbo complesso, con implicazioni che possono coinvolgere sia il

sistema motorio che le funzioni cognitive. Spesso il bambino con disprassia viene

semplicemente considerato un bambino goffo e impacciato, e, a meno che non

intervengano altri disturbi dell’apprendimento associati, spesso non giunge

all’osservazione del medico. Sarebbe, invece, molto importante diagnosticare

precocemente e trattare tempestivamente il bambino con disprassia evolutiva, al fine di

consentirgli il recupero delle abilità motorie compromesse.

Il protocollo di valutazione della disprassia evolutiva oggetto del presente studio è stato

sviluppato con lo scopo di consentire la formulazione di un progetto riabilitativo

individuale nell’ottica della modalità di intervento proposta dalla Teoria Neurocognitiva

della Riabilitazione (TNR). Tale prospettiva si basa su di un approccio “terapeutico”, in

quanto si prefigge l’apprendimento o il riapprendimento di specifiche capacità, e

“conoscitivo”, in quanto il movimento viene considerato come strumento di interazione

con e di conoscenza del mondo esterno. Anche quando una lesione non colpisce

primariamente i sistemi sensoriali, ogni riduzione o alterazione del movimento si

accompagna, infatti, ad un impoverimento della capacità di raccogliere informazioni.

Gli esercizi sono studiati per stimolare e sviluppare, insieme al movimento, anche i

processi cognitivi del paziente: la percezione, l’attenzione e la capacità di risolvere i

problemi. Questo approccio prevede che il paziente interagisca con “sussidi”, dedicati,

risolvendo specifici “problemi conoscitivi” che vengono costruiti in base all’elemento

della patologia che si desidera superare. Proporre l’esercizio in termini di risoluzione di

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un problema motorio comporta, infatti, l’attivazione di una serie di funzioni cognitive,

come attenzione, motivazione e memoria.

Da tempo è noto che la struttura complessiva di un’azione implica la presenza di

un compito, la formulazione di un piano d’azione, un modello predittivo dei risultati

attesi, la regolazione del movimento e la verifica dei risultati ottenuti: ciò significa che

al movimento osservabile è sottesa una serie di processi cerebrali che lavorano in modo

combinato46

.

Nella TNR il recupero viene considerato come un processo di apprendimento che ha

luogo in condizioni patologiche: come per altri tipi di apprendimento che hanno luogo

in condizioni fisiologiche, solitamente ci si esercita risolvendo problemi. Nel caso di un

disturbo motorio gli esercizi sono dunque costituiti da problemi specifici da risolvere

con il movimento. Il paziente, con la guida del terapista, è quindi chiamato a mettere in

atto quella complessa serie di operazioni mentali che precedono e accompagnano il

movimento, attivando reti neurali su vasta scala218

.

2.2 Obiettivi dello studio

La finalità del presente studio è quella di sviluppare un protocollo di rapida e semplice

somministrazione che consenta di valutare le abilità prassiche in età evolutiva

relativamente agli arti superiori, allo scopo di permettere la stesura di un progetto

riabilitativo individuale mirato a recuperare quelle abilità che risultano compromesse.

Il protocollo di valutazione può essere inoltre utilizzato come strumento di follow-up,

per poter valutare il successo della terapia.

In un primo momento si è deciso di proporre il test a bambini con sviluppo tipico di età

compresa fra i 3 e gli 8 anni (coprendo dunque il periodo più critico nello sviluppo delle

abilità motorie, che sono normalmente acquisite in un processo continuo, progressivo ed

ordinato219

), con l’obiettivo di osservare lo sviluppo delle abilità motorie durante la

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crescita. In un secondo momento, il protocollo è stato proposto anche a bambini con

disprassia evolutiva, allo scopo di confrontarne i punteggi con quelli ottenuti dai

soggetti sani.

2.3 Materiali e metodi

2.3.1 Partecipanti

Nel presente studio sono stati reclutati 63 soggetti con sviluppo prassico tipico, sia di

sesso maschile che femminile, tutti di età compresa tra i 3 e gli 8 anni, in buone

condizioni di salute, senza patologie psichiatriche e/o neurologiche, ai quali è stato

somministrato il protocollo di valutazione in oggetto. I genitori (o tutori) dei

partecipanti hanno fornito il loro consenso scritto dopo essere stati informati degli

aspetti generali della ricerca, della procedura dello studio e della garanzia di anonimato.

2.3.2 Strumenti

Il protocollo è suddiviso in 6 parti, ciascuna delle quali relativa ad una modalità prassica

e composta da subtests che ne valutano alcuni aspetti specifici: modalità imitazione

(prassie espressive e gesto transitivo), modalità visiva e visuo-tattile (gesto transitivo),

modalità verbale (prassie espressive e gesto transitivo), modalità somestesica e

cinestesica (riconoscimento di posizione, identificazione e localizzazione tattile,

riconoscimento di traiettorie), pianificazione del movimento (pianificazione

dell’azione), riconoscimento gestuale (riconoscimento di gesto su foto, riconoscimento

di gesto su terza persona). In totale il protocollo prevede la somministrazione di 16 item

e il tempo richiesto per l’esecuzione è di circa 40 minuti.

L’esaminatore necessita di alcuni oggetti per somministrare il protocollo di valutazione:

un piattino, una pallina, un bicchiere, una tazzina, un telefono giocattolo, un paio di

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forbici, un martello giocattolo, un paio di occhiali giocattolo, una scatola, una penna,

una bottiglietta vuota, una mascherina o una benda, la fotocopia di un pentagono

ritagliabile, tre fogli raffiguranti traiettorie, una scacchiera 3x3 sulla quale poter

collocare tesserine con diversa texture tattile, fotografie che ritraggano diverse modalità

di presa di oggetti (quali forbici, tazzina, bicchiere, penna, martello).

Il disturbo disprassico viene quindi indagato attraverso diverse modalità, in modo da

poter ottenere il maggior numero di informazioni possibile.

Nella modalità imitazione, il corpo stesso del bambino diviene campo di esperienza e

mezzo di indagine, evitando che la presenza di oggetti e l’uso del linguaggio possano

fungere da intermediari. L’imitazione del gesto proposto presuppone la conoscenza e la

padronanza del corpo in quanto strumento, e presuppone la conoscenza del corpo

dell’altro7.

Al soggetto in esame vengono proposti 3 esercizi: uno riguardante le prassie espressive

e due relativi ai gesti transitivi. Nel primo esercizio (P.1) viene chiesto al bambino di

mimare il gesto effettuato dall’esaminatore. I gesti presi in considerazione sono 6 e sono

attinenti ai seguenti significati simbolici: “ciao”, “buono”, “zitto”, “vieni qui”, “sei

matto”, “che m’importa”.

Nel secondo esercizio (P.2A) l’esaminatore mima in sequenza l’azione di prendere e

trasportare un bicchiere, un martello, una penna e una tazzina senza spiegare

verbalmente cosa sta facendo e chiede al bambino di osservare e imitare ciascuna azione

subito dopo averla eseguita.

Nel terzo esercizio (P.2B) l’esaminatore mima in sequenza l’azione di prendere il

bicchiere per bere, il martello per battere un chiodo, la penna per scrivere e la tazzina

per bere, senza spiegare verbalmente cosa sta facendo, e chiede al bambino di osservare

e imitare ciascuna azione subito dopo averla eseguita.

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Come precedentemente descritto, un possibile meccanismo deficitario nella disprassia

evolutiva è l’integrazione sensoriale. L’informazione visiva, così come quella tattile e

quella cinestesica, hanno infatti un ruolo primario nella rappresentazione del gesto7. Di

conseguenza, nel protocollo sono state introdotte la modalità visiva e la modalità

visuotattile, comprendenti ciascuna 4 esercizi. Tramite queste modalità è possibile

osservare che il bambino disprassico mostra difficoltà ad integrare informazioni

derivanti da differenti sistemi sensoriali in una stabile rappresentazione motoria.

Nei successivi due esercizi (P.3A e P.3B) l’esaminatore chiede al bambino di fingere di

spostare un bicchiere, un martello, una penna e una tazzina (modalità visiva) e,

successivamente, gli chiede di spostarli realmente (modalità visuo-tattile) in una scatola

controlateralmente all’arto scelto per eseguire gli esercizi.

Nei seguenti due esercizi (P.4A e P.4B) l’esaminatore chiede al bambino di fingere di

usare un bicchiere, un martello, una penna e una tazzina (modalità visiva) e,

successivamente, gli chiede di usare realmente i vari oggetti (modalità visuo-tattile).

Quando il compito è quello di fingere di spostare l’oggetto, quest’ultimo deve essere

posto ben in vista, in posizione centrale, ma lontano dal bambino. Se il compito è quello

di spostare l’oggetto, questo deve essere posto vicino al bambino, in posizione centrale.

Gli oggetti sono posti davanti al bambino uno per volta a seconda della richiesta.

Si può notare come il bambino con disprassia commetta frequentemente l’errore di

utilizzare la propria mano come se fosse un oggetto, per una compromissione della

rappresentazione del gesto.

Data la presenza di studi in letteratura che hanno affrontato l’associazione tra sviluppo

del gesto, abilità linguistiche e competenze cognitive generali, e che hanno fornito

supporto all’ipotesi che la disprassia evolutiva comporti un disturbo linguistico

concettuale7, sono stati messi a punto alcuni esercizi per indagare la modalità verbale,

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prendendo in esame sia prassie espressive che gesti transitivi. I bambini con disprassia,

infatti, sembrerebbero presentare qualche difficoltà nell’utilizzare l’input verbale7.

Dewey e Kaplan hanno evidenziato, in uno studio condotto su bambini con deficit dello

sviluppo motorio, che i bambini con maggiori deficit prassici erano anche quelli con

punteggi peggiori nei test di comprensione del linguaggio220

.

Nel successivo esercizio (P.5), che indaga le prassie espressive, l’esaminatore chiede al

bambino di mostrargli come saluta, come fa per dire “buono”, come fa per dire “zitto”,

come fa per chiamare qualcuno, come fa per dire “sei matto” e come fa per dire “che

m’importa”.

Nei successivi due esercizi (P.6A e P.6B), indaganti il gesto transitivo, l’esaminatore

chiede al bambino, senza alcun oggetto presente, di fingere di mettere un bicchiere, un

martello, una penna e una tazzina nella scatola che ha accanto, e successivamente, gli

chiede di fingere di usare un bicchiere, un martello, una penna e una tazzina.

L’organizzazione dello spazio, la costruzione di relazioni spaziali intracorporee e tra lo

spazio egocentrico e quello allocentrico, forniscono un substrato indispensabile per la

comprensione e la progettualità dell’azione126

. La propriocezione è di importanza

fondamentale per il controllo della dinamica del movimento. Quindi, per ciò che

concerne le modalità somestesica e cinestesica, vengono proposti 3 esercizi da

effettuare con l’ausilio di una mascherina o di uno schermo che impediscano di vedere

la propria mano.

Nel primo esercizio (P.7), da eseguire con 4 oggetti (bottiglia, piattino, pallina e

tazzina), presenti e visibili, l’esaminatore benda il bambino e adatta la mano di questi

alla prensione per l’uso di uno dei quattro oggetti. Una volta sbendato il bambino e

posizionata la mano aperta sul tavolo, chiede quale oggetto stava facendo finta di

prendere.

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Nel secondo esercizio (P.8) l’esaminatore benda il bambino e gli chiede di riconoscere,

tra nove tesserine tattili collocate su una scacchiera 3x3, quale sia e in che posizione si

trova quella che l’esaminatore gli fa toccare di volta in volta con la mano. Vengono

fatte toccare dapprima 3 tesserine in maniera puntuale e, successivamente, 6 tesserine in

maniera sequenziale due alla volta.

Il terzo esercizio (P.9) consiste nel riconoscimento su modello di una traiettoria fatta

seguire passivamente con la mano.

I bambini affetti da disprassia evolutiva non solo presentano difficoltà ad eseguire un

atto motorio, ma anche a programmare e pianificare serie più o meno complesse di

movimenti. Per indagare, quindi, l’aspetto relativo alla pianificazione del movimento

(P.10), si invita il bambino ad eseguire alcuni comandi senza specificare le tappe

necessarie ad eseguire l’azione: gli viene chiesto di bere ponendogli davanti un

bicchiere capovolto, di telefonare fornendogli il telefono con la tastiera rivolta verso la

superficie del tavolo, di ritagliare una figura ponendogli le forbici con la punta rivolta in

direzione opposta rispetto al foglio, infine, lo si invita ad indossare gli occhiali che

vengono posti sul tavolo capovolti e con le stanghette chiuse. Uno dei più complessi

aspetti della pianificazione motoria è difatti il raggiungimento dell’oggetto con un

corretto posizionamento della mano221

, che può essere testato proponendo al bambino di

utilizzare oggetti posti in una posizione tale che richieda l’anticipazione della posizione

della mano alla presa. Inoltre, in questo esercizio viene indagata la capacità di disporre i

singoli movimenti in una sequenza logica che conduca al raggiungimento dello scopo.

Sono da considerare significativi in questo senso gli studi sui neuroni mirror, che hanno

dimostrato come gli stessi neuroni dell’area premotoria si attivino sia durante

l’osservazione di un’azione realizzata da altri sia quando la stessa azione viene eseguita

dal soggetto126

. Pertanto per valutare la capacità di riconoscimento gestuale vengono

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proposti al bambino 3 esercizi: nei primi due (P.11) l’esaminatore mostra alcune foto e

chiede al bambino di giudicare la correttezza della presa per trasportare l’oggetto

rappresentato e, successivamente, gli chiede di giudicare la correttezza della presa per

utilizzare l’oggetto rappresentato. Gli oggetti sono i seguenti: bicchiere, martello,

penna, tazzina, forbici. Per ogni oggetto ci sono 3 dimostrazioni, due sbagliate e una

giusta, poste in ordine casuale e diverso nelle due richieste.

Nel terzo esercizio (P.12) l’esaminatore mima le seguenti azioni: pettinarsi i capelli,

mangiare, telefonare, lavarsi i denti e cancellare con la gomma e chiede al bambino di

identificarle.

2.3.3 Criteri di valutazione degli errori e somministrazione del

punteggio

Per la valutazione degli errori i 16 items che compongono il protocollo di valutazione

sono stati presi in considerazione separatamente, assegnando un punteggio crescente

all’aumentare della gravità degli errori commessi.

MODALITÀ IMITAZIONE

P.1 Prassie espressive

Non esegue: 4 punti.

Errore di localizzazione del punto finale: 3 punti

Errore di orientamento e/o di adattamento: 2 punti

Aggiunta di distretti corporei non direttamente interessati dal

movimento: 1 punto.

P.2A e P.2B Gesto transitivo

Non esegue: 3 punti.

Errore di orientamento e/o di adattamento: 2 punti.

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Errore di localizzazione del punto finale: 1 punto.

MODALITÀ VISIVA E VISUO-TATTILE

P.3A e P.3B Gesto transitivo (trasporto dell’oggetto)

Non esegue: 3 punti.

Errore di orientamento e/o di adattamento: 2 punti

Presa non convenzionale: 1 punto.

P.4A e P.4B Gesto transitivo (uso dell’oggetto)

Non esegue: 4 punti.

UMO (utilizzo della mano come se fosse l’oggetto): 3 punti.

Errore di orientamento e/o di adattamento: 2 punti

ENF (utilizzo dell’oggetto con l’estremità non funzionale): 1 punto.

MODALITÀ VERBALE

P.5 Prassie espressive

Non esegue: 2 punti.

Esegue altro: 1 punto.

P.6A e P.6B Gesto transitivo:

Non esegue: 3 punti.

UMO (utilizzo della mano come se fosse l’oggetto): 2 punti.

Errore di orientamento e/o di adattamento: 1 punto.

MODALITÀ SOMESTESICA E CINESTESICA

P.7 Riconoscimento posizione

Errore somestesico: 1 punto per ciascun oggetto non riconosciuto.

P.8 Identificazione e localizzazione tattile

Errore identificazione: 1 punto per ogni tesserina non identificata.

Errore localizzazione 1 punto per ogni localizzazione sbagliata.

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P.9 Riconoscimento traiettorie

Errore cinestesico: 1 punto per ogni traiettoria non identificata.

PIANIFICAZIONE MOVIMENTO

P.10 Pianificazione azione

Non esegue: 4 punti.

NO HCE (no hand confort effect: non anticipa la posizione della mano

per la presa dell’oggetto): 3 punti.

Errore omissione: 2 punti

ENF: 1 punto.

RICONOSCIMENTO GESTUALE

P.11 Riconoscimento gestuale su foto: 1 punto per ogni foto non

correttamente riconosciuta.

P.12 Riconoscimento gesto su terza persona: 1 punto per ogni gesto non

correttamente riconosciuto.

2.4 Analisi statistica

2.4.1 Elaborazione e analisi dei dati

Per il gruppo dei soggetti con sviluppo tipico, è stato considerato il valore medio dei

punteggi ottenuti da ogni fascia d’età per ogni singola prova del protocollo. Da questi

dati è stato ricavato un istogramma (Fig. 3) che ci ha permesso di avanzare alcune

considerazioni di natura qualitativa sul profilo delle performance in relazione alle fasce

d’età. Inoltre, per entrambi i gruppi, bambini con sviluppo tipico e bambini con

disprassia, sono stati considerati anche i punteggi totali, che sono stati successivamente

utilizzati per l’indagini statistica mediante Modello delle Equazioni Strutturate (MES).

Quest’ultima ci ha consentito di stimare un punteggio standardizzato, di valutare la

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correlazione di ciascuna variabile con lo score stimato, di valutare il grado di

adattamento ai dati del modello finale, di studiare la relazione dello score con l’età e

l’appartenenza al gruppo, di indicare una differenza significativa tra i due gruppi e,

infine, di calcolare, con i dati attualmente a nostra disposizione, specificità e sensibilità

del protocollo di valutazione.

2.4.2 Risultati

Come si può osservare dal grafico in Fig. 3, dove sono rappresentate le medie dei

punteggi ottenuti dai soggetti con sviluppo tipico per fascia d’età e per ogni singola

prova del protocollo, è riconoscibile un profilo di performance generalmente

inversamente proporzionale all’età. Tuttavia, se questa relazione inversa è quasi sempre

rispettata per la fascia dei 3 anni, che presenta i punteggi più alti, e per la fascia degli 8

anni, che presenta i punteggi più bassi, talvolta non è rispettata per le fasce intermedie.

In queste ultime, infatti, i punteggi medi sono invertiti in alcune prove (più bassi per

fasce d’età più basse e più alti per fasce d’età più alte). Questo potrebbe far pensare ad

una evolutività su scala diversa rispetto alla annuale (per esempio, 18 o 24 mesi) e,

pertanto, all’eventualità di ampliare le fasce intermedie (per esempio, 4-5 anni e 6-7

anni) per ottenere profili più corrispondenti. Ciò, in parte, trova rispondenza su quanto

riportato da Dewey25

, secondo la quale gli scalini evolutivi delle prassie si verificano a 4

anni, in cui l’area 4 è completamente maturata (consentendo l’esecuzione di gesti

semplici), a 6-7 anni, in cui arriva a maturazione l’area 6 (consentendo l’esecuzione di

gesti complessi), e ad 8 anni, quando è ormai possibile la rappresentazione simbolica

degli oggetti.

Una possibile interpretazione alternativa di questo fenomeno è che i criteri di

attribuzione dei punteggi, con il progressivo miglioramento e affinamento della

performance, potrebbero perdere progressivamente la capacità di cogliere anomalie

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sempre meno grossolane nell’esecuzione del gesto e risultare, di conseguenza, uno

strumento sempre meno sensibile nel cogliere piccole alterazioni gestuali. Potrebbe

essere necessario, in questo caso, aumentare il numero e la varietà dei livelli di

punteggio. D’altra parte, dovendo preservare il potere di confronto tra le varie fasce

d’età, questa variazione dovrebbe coinvolgere anche le fasce d’età più basse.

Figura 3

L’analisi statistica mediante Modello delle Equazioni Strutturate (MES) ci ha, inoltre,

consentito di definire uno punteggio standardizzato (da 0 a 1) sul totale dei soggetti (63

controlli e 10 casi), ipotizzando una variabile latente (score) in funzione delle variabili

standardizzate rappresentate dalle singole prove del protocollo di valutazione. Di tutte le

variabili inizialmente considerate, solo P3B e P4B non sono risultate correlate con lo

score stimato e, pertanto, sono state eliminate dal prosieguo dell’analisi. Il modello

finale risulta avere un buon adattamento ai dati (Goodness of fit SRMR=0.0989).

Lo score può essere espresso attraverso il seguente modello lineare:

SCORE= P1*0.05 + P2A*0.02 + P2B*0.03 + P3A*0.13 + P4A*0.08 + P5*0.06 +

P6A*0.07 + P6B*0.07 + P7*0.04 + P8ip*0.04 + P8is*0.03 + P8lp0.03 + P8ls*0.07 +

P9*0.04 + P10*0.05 + P11p*0.02 + P11f*0.03 + P12*0.03.

I numeri sopra riportati rappresentano i pesi di ogni singola variabile stimati attraverso

un modello di regressione lineare, con y pari a “score” e x pari a tutte le variabili sopra

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riportate. Le variabili con maggior peso sullo score sono risultate: P3A, P4A, P6A, P6B,

P8ls. Dato che lo score stimato potrebbe avere anche valori negativi, è stato riscalato su

una scala da 0 a 1 (score 01) per agevolarne l’interpretazione.

E’ stata studiata, inoltre, la relazione tra l’età e l’appartenenza al gruppo (caso o

controllo) con lo score 01. La funzione che si adatta meglio (R2=0.58) è la seguente:

score 01 = alpha + beta1*età + beta2*caso = 1.04-0.11*età+0.22*caso. Dove “alpha” è

la costante, “beta1” il coefficiente angolare dell’età, “beta2” il coefficiente angolare di

caso, “età” una variabile continua e “caso” una variabile dicotomica. Si può stimare, ad

esempio, che lo score di un bambino di 5 anni con disprassia sia pari a 1-

0.11*5+0.22*1=0.67; di un bambino di 6 anni con disprassia sia pari a 1-

0.11*6+0.22*1=0.56; e di un bambino di 6 anni con sviluppo tipico sia pari a 1-

0.11*6+0.22*0=0.34.

Dalla Fig. 4 si evidenzia che la differenza tra le due curve è statisticamente

significativa, anche se c’è una certa sovrapposizione tra le linee che ne rappresentano i

limiti di confidenza, soprattutto perché la variabilità del gruppo dei casi è ampia.

Sulla base di questo modello, è stato inoltre possibile attribuire i livelli di specificità e

sensibilità del test. Il protocollo di valutazione è stato in grado di classificare 60 su 63

soggetti di controllo come non affetti da disprassia (veri negativi) (95.2%) e 3 su 63

come potenzialmente disprassici (falsi positivi). Inoltre, ha classificato 3 su 10 casi

come affetti da disprassia (veri positivi) (30%) e 7 su 10 come potenzialmente non

affetti (falsi negativi). Il test, pertanto, con i dati attualmente a nostra disposizione, è da

considerarsi altamente specifico, ma poco sensibile. Tale risultato risente, al momento,

della bassa numerosità del gruppo dei casi e, forse, anche della loro scarsa

rappresentatività, dato che 7 di essi, al momento dell’esecuzione del test, erano in corso

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di trattamento riabilitativo. La qual cosa, infatti, potrebbe aver influito positivamente

sulle loro capacità di performance.

0.5

11.5

2 4 6 8 10eta

95% CI Fitted score casi

Fitted score controlli casi

controlli

Figura 4

In questa fase della ricerca, che potremmo definire ancora esplorativa, il modello non è

stato in grado di fornire un valore di “cut-off” capace di discriminare i casi dai controlli.

Tuttavia, si prevede che questo obiettivo possa essere raggiunto ampliando la

numerosità del gruppo dei casi ad almeno 30 soggetti e aumentandone la

rappresentatività.

2.5 Discussione

I risultati che abbiamo ottenuto ci confermano sostanzialmente la corretta composizione

del protocollo di valutazione che proponiamo nel presente lavoro. Le singole prove

prescelte, infatti, hanno mostrato una buona appropriatezza nel valutare l’evolutività

della performance motoria nello sviluppo tipico. Il profilo dei punteggi età dipendente,

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sia per singola prova che globale, risulta infatti discretamente sovrapponibile a quanto si

desume dalla letteratura sull’argomento222

. In particolare, trova una certa

corrispondenza con quelle abilità prassiche che vengono considerate pietre miliari dello

sviluppo motorio del bambino: la capacità di eseguire gesti semplici (acquisita

pienamente all’età di 4 anni), quella di eseguire gesti complessi (acquisita pienamente

all’età di 6-7 anni), e, infine, la rappresentazione simbolica degli oggetti (acquisita

pienamente all’età di 8 anni)25

. Tanto che si potrebbe pensare di estrapolare dal

protocollo globale alcune prove-chiave, specifiche per queste abilità, da utilizzare per

valutazioni rapide di screening. Tutt’al più, dato che le prove P3B e P4B, tra tutte le

variabili considerate inizialmente, non sono risultate correlare allo score stimato, si

potrebbe pensare in futuro di escluderle dal protocollo, riducendone il tempo di

somministrazione senza perdere in specificità di punteggio. Il protocollo in oggetto,

inoltre, risulta esprimere una buona corrispondenza tra punteggi e livello di

performance (cioè, un buon livello di rappresentatività del livello di performance). In

aggiunta, è stato in grado di classificare 60 soggetti di controllo su 63 come non affetti

da disprassia (veri negativi) (95.2%), segnalandosi come un test dotato di alta

specificità. Nel complesso, pertanto, sembra di poterlo ritenere un efficace strumento di

valutazione delle abilità motorie degli arti superiori nel bambino con sviluppo tipico

delle prassie tra i 3 e gli 8 anni d’età.

Dai dati attualmente a nostra disposizione, ancora parziali e in corso di completamento,

non risulta tuttavia dotato di una sensibilità accettabile, dato che è stato in grado di

classificare solo 3 casi su 10 come realmente affetti da disprassia (veri positivi) (30%) e

7 su 10 come potenzialmente non affetti (falsi negativi). Sono doverose, a questo punto,

alcune considerazioni sulla composizione dei due gruppi di soggetti in esame. Il gruppo

di controllo è stato reclutato nelle scuole dell’infanzia e nelle scuole primarie con un

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protocollo di screening sostanzialmente generalizzato. Per l’accesso al gruppo di

controllo era sufficiente che il bambino non fosse segnalato da genitori e/o insegnanti

come maldestro nelle abilità grosso- e fino-motorie. Ciò, però, non è probabilmente

sufficiente ad escludere che bambini potenzialmente disprassici possano essere stati

inclusi nel gruppo. Infatti, 3 controlli su 63 sono stati individuati come potenzialmente

disprassici. Considerato che tale proporzione (circa il 5%) corrisponde alla distribuzione

dei casi di disprassia nella popolazione generale, il test potrebbe aver correttamente

individuato in questi bambini dei livelli di performance non ottimali. Il gruppo dei casi,

invece, è stato reclutato includendo sia bambini appena riferiti al Servizio di

Riabilitazione Neurocognitiva dell’Età Evolutiva (3 bambini) sia bambini già in

trattamento riabilitativo (7 bambini). Questo, considerato un possibile effetto benefico

del trattamento sulle effettive abilità motorie di questi bambini, potrebbe aver inciso

sulla rappresentatività del gruppo. Infatti, 7 casi su 10 sono stati classificati come

potenzialmente non affetti. Affinché l’analisi statistica possa fornire dati attendibili, di

conseguenza, il reclutamento futuro del gruppo dei casi dovrà strettamente osservare il

criterio della numerosità (stimata ad almeno 30 soggetti) e della rappresentatività (casi

di prima osservazione, non in trattamento).

Una volta completato il gruppo di controllo, sufficientemente numeroso e

rappresentativo, potrà essere individuato un punteggio “cut-off” in grado di discriminare

l’appartenenza del soggetto in esame ad uno dei due gruppi. Nel caso di appartenenza

del bambino al gruppo dei casi, confrontando i valori individuali di performance ai

valori medi del gruppo di controllo per fascia d’età corrispondente e per ogni singola

prova del protocollo, sarà possibile individuare in quale/i prova/e la prestazione del

singolo caso risulti deficitaria. Su questa base sarà possibile stilare un progetto

riabilitativo personalizzato mirato alla riabilitazione/esercizio delle abilità

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specificatamente compromesse. Per esempio, passando in rassegna le 6 diverse modalità

prassiche alle quali fanno capo le singole prove:

1. Se risulta compromessa la modalità imitazione, il trattamento riabilitativo dovrà

essere rivolto prevalentemente a favorire l’integrazione delle informazioni visive

con quelle somestesiche (di posizione) e cinestesiche (di movimento), in modo

che il bambino sviluppi una rappresentazione di tipo propriocettivo ed

egocentrata del movimento visto eseguire da un’altra persona;

2. Se risulta compromessa la modalità visiva e visuo-tattile, il trattamento

riabilitativo dovrà favorire prevalentemente la pianificazione e l’organizzazione

del gesto in funzione dell’orientamento dell’oggetto;

3. Se risulta compromessa la modalità verbale, il trattamento riabilitativo dovrà

favorire la pianificazione e l’organizzazione del gesto in assenza dell’oggetto e

l’attribuzione del gesto al suo significato simbolico;

4. Se risulta compromessa la modalità somestesica e cinestesica, il trattamento

riabilitativo dovrà favorire il riconoscimento di posizioni del corpo e di

traiettorie;

5. Se risulta compromessa la pianificazione del movimento, il trattamento

riabilitativo dovrà favorire la pianificazione e l’organizzazione di sequenze

motorie attraverso la rappresentazione dell’immagine motoria del movimento;

6. Infine, se risulta compromesso il riconoscimento gestuale, il trattamento

riabilitativo dovrà favorire il riconoscimento della posizione della mano in

rapporto ad oggetti di forma simile, ma che presuppongono un diverso

orientamento di presa.

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La somministrazione periodica longitudinale del protocollo nel singolo bambino in

trattamento (follow-up riabilitativo) consentirà, infine, di valutare l’efficacia del

trattamento stesso ed, eventualmente, di aggiustarne indirizzo e intensità.

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4 RINGRAZIAMENTI

Desidero ringraziare, innanzitutto, il professor Bruno Rossi per la fiducia

accordatami accettando il ruolo di Relatore per il mio lavoro di tesi, per i preziosi

insegnamenti impartiti durante lo svolgimento delle sue lezioni e per la sua grande

disponibilità e professionalità.

Ringrazio il dottor Luca Bonfiglio che mi ha accompagnato in questo interessante

percorso per il tempo, l’aiuto, l’attenzione e i validi consigli a sostegno di questa tesi,

ma anche per la sua grande cortesia e disponibilità. Un ringraziamento speciale anche

a tutto il suo gruppo, soprattutto alla dottoressa Crecchi e alla dottoressa Tozzini che

mi sono state di grande aiuto.

Ringrazio il dottor Fabrizio Minichilli per la gentilezza e l’eccellente lavoro svolto

per la parte statistica di questo studio.

Ringrazio il dottor Francesco Varricchio per il suo indispensabile aiuto nella fase

di ricerca e stesura delle fonti bibliografiche e per i suoi preziosissimi consigli.

Un sentito ringraziamento va a tutti i miei amici, che mi hanno accompagnato in

questi lunghi anni, condividendo con me gioie e dolori e ai colleghi universitari insieme

ai quali ho fatto un importante pezzo di strada . Grazie ai miei amici Nicolò e Simone

per avermi sempre supportato e sopportato in questi lunghi anni, siete degli amici

fantastici e non so come avrei fatto senza di voi. Grazie alla mia grandissima amica

Chiara, che non mi lascia mai sola e ha sempre la parola giusta per me. Grazie a tutti

gli altri amici, siete stati fondamentali nella mia vita: Alessandro, Alessio, Arianna,

Benedetta, Cristina, Enrica, Francesca, Jessica, Maria, Matteo, Miriam, Sara,

Sebastiano, Simona, Simone.

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In questo momento così importante della mia vita, non posso che ringraziare di

cuore tutta la mia famiglia. Un grazie speciale va ai miei meravigliosi genitori Carla e

Alberto che con tanta pazienza e tanto amore mi hanno sempre sostenuto in questi anni,

a volte anche molto difficili, dandomi smisurato appoggio e mostrando sempre immensa

fiducia nelle mie capacità. Siete i genitori migliori che potessi avere: è grazie a voi se

io sono quella che sono oggi. Siete la mia roccia e non sarei qui senza di voi. Questa

laurea è vostra prima ancora che mia. Ringrazio mia sorella Claudia e mio cognato

Mauro che mi sono sempre stati vicini con affetto e sono due persone indispensabili

nella mia vita; i miei splendidi nipotini Niccolò e Tommaso che oltre a riempirmi di

amore ogni giorno della mia vita hanno accettato di entrare a far parte dello studio; i

miei nonni Anna e Walter che hanno sempre creduto in me e mi hanno appoggiato con

amore nelle mie scelte, e infine i miei zii Simonetta e Claudio per essere stati sempre

presenti con affetto nella mia vita.

Grazie a tutti.