La riabilitazione del bambino con disprassia: protocollo di intervento ...
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DIPARTIMENTO DI RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE
NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Direttore Prof. Giulio Guido
CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA
IN MEDICINA E CHIRURGIA
Presidente Prof. Corrado Blandizzi
TESI DI LAUREA
“La funzione manuale nello sviluppo tipico e atipico. Presupposti
per il trattamento riabilitativo nella disprassia evolutiva.”
CANDIDATO
Federica Orlandi
RELATORE
Chiar.mo Prof. Bruno Rossi
CORRELATORE
Dott. Luca Bonfiglio
Anno Accademico 2015/2016
2
SOMMARIO
RIASSUNTO ANALITICO................................................................................... 4
1 CAPITOLO I .................................................................................................. 6
1.1 La disprassia evolutiva ....................................................................................... 6
1.1.1 Introduzione ................................................................................................ 6
1.1.2 Definizione ed evoluzione del termine disprassia ...................................... 7
1.1.3 La disprassia ............................................................................................... 9
1.1.4 Epidemiologia ........................................................................................... 13
1.1.5 Basi anatomo-funzionali del movimento volontario ................................ 13
1.1.6 La pianificazione del movimento ............................................................. 18
1.1.7 Lo sviluppo delle prassie .......................................................................... 23
1.1.8 Eziologia e fisiopatologia ......................................................................... 30
1.1.9 Meccanismi alterati alla base della disprassia .......................................... 40
1.1.10 Clinica ....................................................................................................... 44
1.1.11 Condizioni associate ................................................................................. 52
1.1.12 Diagnosi .................................................................................................... 53
1.1.13 Diagnosi differenziale ............................................................................... 65
1.1.14 Terapia ...................................................................................................... 66
1.1.15 Outcome .................................................................................................... 72
2 CAPITOLO 2 ................................................................................................ 74
2.1 Razionale .......................................................................................................... 74
2.2 Obiettivi dello studio ........................................................................................ 75
2.3 Materiali e metodi ............................................................................................ 76
2.3.1 Partecipanti ............................................................................................... 76
2.3.2 Strumenti ................................................................................................... 76
2.3.3 Criteri di valutazione degli errori e somministrazione del punteggio ...... 81
2.4 Analisi statistica ............................................................................................... 83
2.4.1 Elaborazione e analisi dei dati .................................................................. 83
3
2.4.2 Risultati ..................................................................................................... 84
2.5 Discussione ...................................................................................................... 87
3 BIBLIOGRAFIA .......................................................................................... 92
4 RINGRAZIAMENTI .................................................................................. 105
4
RIASSUNTO ANALITICO
La disprassia evolutiva è definibile come un disturbo del movimento intenzionale
destinato ad uno scopo e, più precisamente, come un’alterata acquisizione degli schemi
di movimento appresi in funzione di un determinato risultato1. Essa si realizza in
assenza di patologie neurologiche, cognitive o relazionali. Tuttavia, aspetti disprassici
possono essere presenti in bambini affetti da PCI2, da autismo
3 e da disturbi specifici
dell’apprendimento4. L’eziologia di tale disturbo è tuttora sconosciuta e sembrerebbe
essere ascrivibile ad un’alterazione dei processi di maturazione del sistema nervoso
centrale occorsa in epoca prenatale, perinatale o neonatale. L’intervento riabilitativo
assume un ruolo fondamentale nei bambini affetti da tale disturbo, perché quest’ultimo
può interferire in maniera sostanziale con le attività scolastiche e di vita quotidiana. La
finalità del presente studio, quindi, è quella di sviluppare un protocollo di rapida e
semplice somministrazione che consenta di valutare le abilità prassiche in età evolutiva
allo scopo di permettere la stesura di un progetto riabilitativo mirato a recuperare quelle
abilità che risultano compromesse. Abbiamo reclutato 63 bambini con sviluppo prassico
tipico, nella fascia d’età compresa tra i 3 e gli 8 anni, ai quali è stato somministrato il
protocollo di valutazione oggetto dello studio. Tale protocollo è suddiviso in 6 parti,
ciascuna delle quali relativa ad una modalità prassica e composta da subtests che ne
valutano alcuni aspetti specifici: modalità imitazione (prassie espressive e gesto
transitivo), modalità visiva e visuo-tattile (gesto transitivo), modalità verbale (prassie
espressive e gesto transitivo), modalità somestesica e cinestesica (riconoscimento di
posizione, identificazione e localizzazione tattile, riconoscimento di traiettorie),
pianificazione del movimento (pianificazione dell’azione), riconoscimento gestuale
(riconoscimento di gesto su foto, riconoscimento di gesto su terza persona). In totale il
5
protocollo prevede la somministrazione di 16 item. Dall’analisi dei dati si può osservare
un chiaro andamento evolutivo nell’acquisizione delle abilità prassiche, con una
riduzione progressiva del numero degli errori commessi all’aumentare dell’età dei
bambini. Pur trattandosi di uno studio preliminare ed essendo dunque necessario un
ampliamento del campione, i presenti dati suggeriscono l’affidabilità del protocollo nel
valutare le abilità prassiche dei bambini in età prescolare. Tale protocollo, pertanto,
potrebbe essere impiegato nella valutazione di bambini con disturbi prassici con lo
scopo di ottenere informazioni utili alla stesura di un progetto riabilitativo
personalizzato: restituisce, infatti, non solo informazioni di carattere quantitativo (un
punteggio totale e un punteggio parziale per ciascuna modalità prassica), ma anche
informazioni di carattere qualitativo (per es., il tipo di errore commesso dal bambino),
potenzialmente utilizzabili dall’equipe riabilitativa per orientare l’intervento verso le
abilità prassiche più compromesse.
6
1 CAPITOLO I
1.1 La disprassia evolutiva
1.1.1 Introduzione
La prassia normale, o euprassia, è definita come la capacità di compiere movimenti
coordinati diretti a un determinato fine. Disturbi riguardanti la coordinazione motoria e
il movimento definiscono quindi la disprassia5.
La normale funzione motoria richiede la coordinazione di processi neurofisiologici che
includono propriocezione, integrazione vestibolare, forza, equilibrio, coordinazione,
destrezza, abilità visuomotorie. Sono inoltre importanti i fattori ambientali e
individuali6.
Secondo Piaget le prassie e le azioni non sono semplicemente movimenti, ma sistemi di
movimenti coordinati in funzione di un’intenzione e di un risultato7,8
.
La disprassia può essere definita come una difficoltà a rappresentarsi, pianificare,
organizzare e coordinare atti motori consecutivi deputati e finalizzati ad un preciso
scopo ed obiettivo, in assenza di patologie neurologiche o deficit cognitivi9.
La disprassia tuttavia non è la versione semplificata dell’aprassia dell’adulto:
quest’ultima infatti determina un deficit dell’abilità di compiere azioni
precedentemente imparate e consolidate, mentre la disprassia è un disordine
caratterizzato dalla mancata acquisizione dell’abilità di eseguire azioni motorie
complesse o attività motorie volontarie adeguate per l’età10
.
Inoltre l’aprassia è caratterizzata dalla dissociazione automatica-volontaria, ovvero i
pazienti affetti da questo disturbo sono in grado di eseguire correttamente gesti in un
determinato contesto ambientale che gli induce una risposta di tipo automatico-
7
involontario (per esempio agitare la mano per salutare quando se ne vanno), ma non
sono capaci di eseguire la stessa azione in maniera volontaria al di fuori di tale contesto
o quando il gesto viene loro richiesto da un esaminatore11
.
1.1.2 Definizione ed evoluzione del termine disprassia
Sia nella pratica clinica che nella comunità scientifica permangono ancora oggi
ambiguità nella definizione e nei criteri di diagnosi della disprassia12
.
Il concetto di disprassia dello sviluppo è stato discusso per primo da Collier agli inizi
del 1900, usando il termine di “goffaggine congenita” (“congenital maladroitness”) per
evidenziare problemi di sviluppo motorio nei bambini7. Nel 1925, medici e terapisti
francesi segnalarono come anomali i comportamenti motori di alcuni bambini
definendoli affetti da “maldestrezza motoria” (“motor awkwardness”), riferendo questa
condizione a “debolezza motoria” (“motor weakness”) o a “sindrome psicomotoria”
(“psychomotor syndrome”)7.
Nel 1937 Orton descrisse per primo il disturbo, definendolo come “goffaggine”, e
identificandolo come uno dei più comuni disordini dello sviluppo13
.
Da allora sono stati utilizzati vari termini per identificare il medesimo disturbo: 14
Goffaggine o sindrome del bambino goffo (Orton13
, Gubbay15
);
Disfunzione cerebrale minima (MBD minimal brain dysfunction)16
;
Aprassia dello sviluppo;
Disturbo percettivo motorio;
Difficoltà dell’apprendimento motorio;
Deficit dell’integrazione sensoriale;
Disordine dell’attenzione e della percezione motoria (DAMP disorder of
attention and motor perception)17
;
Disprassia evolutiva (DD developmental dyspraxia);
8
Disturbo evolutivo specifico della funzione motoria (SDDMF specific
developmental disorder of motor function)18
;
Disturbo evolutivo della coordinazione motoria (DCD developmental
coordination disorder)19
.
Attualmente Developmental Coordination Disorder (DCD) è il termine maggiormente
utilizzato da quando è stato aggiunto alla terza edizione del DSM20
, dove è rimasto
anche nelle successive edizioni19,21
. Viene inoltre preferito nel 52,7% degli articoli
scientifici12
.
Disturbo di sviluppo della coordinazione motoria (DCD) è il termine preferito nei paesi
che utilizzano il DSM. Disturbo evolutivo specifico della funzione motoria (SDDMF) è
invece preferito nei paesi in cui l’ICD-10 ha status legale12
. Nei paesi scandinavi viene
utilizzato il termine Disordine dell’attenzione e della percezione motoria (DAMP)17
. In
Italia viene spesso preferito il termine Disprassia Evolutiva (DD)22
.
La Dyspraxia Foundation (UK) utilizza il termine “Disprassia”, definendola una forma
di DCD e descrivendola come un comune disordine che colpisce sia la motricità fine,
sia le abilità grosso-motorie. Sempre secondo la Dyspraxia Foundation, mentre DCD è
un termine utilizzato spesso per descrivere difficoltà di coordinazione motoria, il
termine disprassia deve essere utilizzato in riferimento a pazienti che hanno problemi
addizionali nella programmazione, organizzazione ed esecuzione del movimento nelle
situazioni di tutti i giorni e che manifestano disturbi del linguaggio, della percezione e
del pensiero23
.
La London International Consensus Conference, tenutasi in Canada del 1994, ha
stabilito che venga utilizzato il termine DCD (Developmental Coordination Disorder)
come parola chiave nella letteratura24
.
9
Alcuni autori hanno tentato di distinguere il DCD dalla DD, ma infine la DD non è stata
riconosciuta né come sindrome separata né come sottogruppo del DCD22,25
. Di
conseguenza DD e DCD vengono considerati sinonimi10
.
1.1.3 La disprassia
Quasi 30 anni dopo l’identificazione da parte di Orton della “goffaggine”, Gubbay,
Walton, Ellis e Court nel 1965 descrivono i cosiddetti “clumsy children”, o bambini
goffi, identificandoli come bambini che mostrano difficoltà motorie e che non
presentano deficit neurologici noti15
.
Gubbay continuò negli anni successivi a studiare i “bambini goffi”, osservando che
molti di loro, oltre ad essere maldestri, presentavano difficoltà di linguaggio e di
scrittura, a fronte di un QI nella norma. Tale autore evidenziò inoltre nei suoi studi una
differenza significativa tra il QI verbale e il QI di performance di questi bambini,
sottolineando che il secondo appariva notevolmente più basso. Egli perciò definì il
bambino “goffo” come un bambino con normali competenze cognitive, adeguata forza
fisica e adeguato livello neurosensoriale, ma con importanti difficoltà nei movimenti
volontari finalistici26,27
.
Un altro autore, Ayres, definisce nei suoi studi la goffaggine osservata in bambini con
disturbi dell’apprendimento come “disprassia dello sviluppo”, ed evidenzia la
possibilità che sia correlabile ad un disturbo di integrazione neurosensoriale che
interferisce con la pianificazione e l’esecuzione del movimento7,28,29
.
Dawdy successivamente affermò che le abilità motorie del bambino dovrebbero essere
comparate con il livello di sviluppo cognitivo: se significativamente ridotte di quanto
prevedibile in base al livello cognitivo, allora è possibile la diagnosi di disprassia7,30
.
In lavori successivi31,32
vengono sempre più definite alcune caratteristiche tipiche della
sindrome quali:33
10
Difficoltà nella coordinazione motoria generale;
Difficoltà nella coordinazione motoria fine e delle capacità costruttive e grafo
motorie;
Difficoltà nell’acquisizione di abilità riferite alla vita quotidiana (come vestirsi,
lavarsi ecc.);
Ritardo nella stabilizzazione della dominanza manuale;
Difficoltà nello schema corporeo;
Disorientamento temporo-spaziale;
QI di performance più basso del QI verbale;
Deficit in ambito neuropsicologico (ovvero delle funzioni mnesiche, attentive e
rappresentative);
Difficoltà sul piano emotivo-comportamentale.
Negli anni ’70 De Ajuriaguerra e Stamback, partendo dalla definizione di prassie data
da Piaget (secondo cui le prassie e le azioni non sono semplicemente movimenti ma
sistemi di movimenti coordinati in funzione di un’intenzione e di un risultato) hanno
sottolineato la presenza di disordini dello schema corporeo e di disordini costruttivi e
spaziali, proponendo la disprassia in età evolutiva come un disordine non solo motorio,
ma percettivo, gnosico e concettuale7,34
.
Denckla, nel 1984, sottolinea la povertà di strategie disponibili nei bambini disprassici e
le chiare difficoltà che hanno questi bambini nell’apprendere nuovi compiti motori
sfruttando soluzioni strategiche già acquisite, elemento probabilmente legato ad
un’alterazione del meccanismo di trasmissione volontario-automatico, con la difficoltà
di trasferire le sequenze apprese in atti motori automatizzati7,35
.
Secondo la studiosa canadese Dewey la disprassia è “un disturbo della performance del
gesto, che comporta un deficit dei gesti rappresentazionali (gesti correlati ad atti
11
significativi, come ad esempio fare ciao-ciao), non rappresentazionali (correlati ad atti
non significativi, come ad esempio imitare delle posture) e delle sequenze di gesti
(combinazioni di gesti che risultano in appropriate azioni, come ad esempio imburrare
un pezzo di pane) in bambini nei quali le abilità motorie di base sono intatte”. Questo
disturbo non è dovuto ad una lesione chiaramente identificabile (gli studi con
neuroimmagini hanno trovato un’alta incidenza di anormalità, ma non un pattern
lesionale tipicamente identificabile) insorta verosimilmente in epoca prenatale o
perinatale7,25
.
Sabbadini afferma che nelle disprassie evolutive non si possono escludere disturbi in
ambito percettivo-motorio, in quanto si deve tener conto che durante lo sviluppo un
deficit limitato anche ad un solo aspetto, motorio, percettivo o concettuale, possa
influenzare l’acquisizione di alcune abilità 9.
Sabbadini definisce la disprassia evolutiva come la “mancata acquisizione di un’attività
intenzionale, ovvero acquisizione di strategie povere e stereotipate, con scarse soluzioni
alternative e con scarsa capacità di trasferimento di strategie per analogia; ridotta
capacità di rappresentarsi l’oggetto su cui agire, l’intera azione e la sequenza che la
compongono; difficoltà di ordinare in serie e coordinare i relativi movimenti elementari
in vista di uno scopo (programmazione), di avviare i relativi programmi, di prevedere
un certo risultato, di controllare ciascuna sequenza e l’intera attività nel corso
dell’azione (feedback), di verificare il risultato ottenuto come corrispondente a quello
previsto ed atteso”7,9
.
Nel 2012 l’Accademia Europea dei bambini disabili (European Academy of Childhood
Diability, EACD) ha pubblicato linee guida per la definizione, diagnosi e intervento di
DCD12
. Secondo l’EACD, i criteri del DSM sono definiti in maniera migliore rispetto ai
criteri dell’ICD-10, infatti il Leeds Consensus Group del 2006 ha riconfermato il
12
Consensus di Londra e accettato i criteri e la terminologia del DSM come i migliori
attualmente disponibili12
.
L’ICD-10 (International Classification of Diseases) indica la disprassia evolutiva come
“Disturbo evolutivo specifico della funzione motoria” (F82) e la classifica nella sezione
dei disturbi dello sviluppo psicologico, facente parte del capitolo 5 relativo alle
patologie mentali e del comportamento. La disprassia evolutiva viene definita come un
disturbo nel quale la caratteristica principale è una grave difficoltà di coordinazione
motoria presente fin dalle prime fasi dello sviluppo, che non è esclusivamente
spiegabile in termini di ritardo mentale, e non è causata da nessun deficit neurologico
congenito o acquisito, anche se in molti casi, ad un attento esame clinico, si rileva una
certa immaturità neuroevolutiva, caratterizzata ad esempio da movimenti coreo-atetosici
delle estremità distali alla prova di Mingazzini sensibilizzata ad occhi chiusi o
movimenti specchio o altre caratteristiche motorie associate, come segni di
compromessa coordinazione motoria sia nei movimenti fini che grossolani18
.
Nel DSM-V (American Psychiatric Association), la disprassia è classificata all’interno
dei DCD, ovvero come disturbo evolutivo della coordinazione motoria, a sua volta
facente parte dei Disturbi Motori, i quali sono classificati all’interno dei Disturbi
Neuroevolutivi.
Per la diagnosi occorre che vengano rispettati quattro criteri:
L’acquisizione e l’esecuzione di compiti motori coordinati è inferiore rispetto a
quanto ci si potrebbe aspettare in base all’età e alle opportunità di apprendere
nuove abilità. Le difficoltà si manifestano con goffaggine, lentezza e
inaccuratezza dei movimenti della prestazione motoria;
Le difficoltà riscontrate interferiscono significativamente con le attività della
vita quotidiana, il gioco e l’apprendimento scolastico;
13
L’esordio dei sintomi avviene nelle prime fasi di sviluppo;
Le difficoltà motorie non sono meglio spiegabili da concomitanti disturbi dello
sviluppo intellettivo o da problemi visivi e non sono attribuibili a condizioni
neurologiche note che interessino il movimento, come paralisi cerebrale
infantile, distrofia muscolare o disordini degenerativi19
.
1.1.4 Epidemiologia
Attualmente la prevalenza stimata per il DCD varia, a seconda dei lavori scientifici, dal
5 al 20%. Tuttavia il valore più frequentemente riportato in letteratura si attesta attorno
al 6%36
. I dati epidemiologici variano in base alla ristrettezza dei criteri di diagnosi
applicati12
. Inoltre anche se il DCD è un disturbo relativamente comune, è ancora
largamente non riconosciuto dai professionisti in ambito sanitario37,38
.
Il DCD ha un rapporto maschi:femmine che varia da 2:1 a 7:139,40
.
1.1.5 Basi anatomo-funzionali del movimento volontario
A differenza dei riflessi, che sono movimenti involontari, stereotipati e geneticamente
definiti, e che si generano in risposta a stimoli adeguati prima di arrivare a livello
cosciente, il movimento volontario è un movimento complesso, indipendente da stimoli
fisici, diretto ad uno scopo, migliorabile con la pratica, e che richiede il corretto
funzionamento di diverse aree e strutture cerebrali corticali e sottocorticali e la loro
corretta integrazione con i sistemi sensoriali33
.
Per effettuare un movimento volontario è necessario prima di tutto conoscere la
posizione del corpo nello spazio, informazione che ci viene fornita dalle aree
somatosensitive del lobo parietale. Bisogna poi decidere il movimento da eseguire e la
strategia per realizzarlo, grazie alle aree associative prefrontali e alle cortecce
premotoria e motoria supplementare, confrontandolo, grazie alla corteccia temporale,
14
con strategie sfruttate in passato; successivamente, ne deve trattenere lo schema in
memoria per il tempo necessario all’attuazione tramite le strutture sottocorticali, e infine
eseguire il movimento, mentre la corteccia parietale riceve continui feedback sensoriali
per rifinire il processo33,41
.
I movimenti volontari, avviati dalla corteccia cerebrale, vengono generalmente messi in
atto tramite l’attivazione di particolari pattern funzionali depositati in altre strutture del
sistema nervoso centrale (cervelletto, nuclei della base, tronco encefalico e midollo
spinale), le quali a loro volta inviano comandi specifici ai muscoli effettori. Per alcuni
tipi di movimento, specialmente per quelli molto fini e di grande destrezza delle mani, è
la corteccia cerebrale che attiva direttamente i motoneuroni delle corna anteriori del
midollo spinale, tramite la via corticospinale e bypassando i livelli intermedi di
regolazione motoria.
La corteccia motoria si trova anteriormente alla scissura centrale e occupa
approssimativamente il terzo posteriore dei lobi frontali. La corteccia somatosensitiva
invece, che si estende posteriormente alla scissura centrale nel lobo parietale, invia
molti segnali responsabili dell’inizio dell’attività motoria alla corteccia motoria.
La corteccia motoria è suddivisa in tre aree41
:
La corteccia motoria primaria si trova sul giro precentrale anteriormente alla
scissura centrale (area 4 di Broadmann). A questo livello, i differenti territori
muscolari del corpo si trovano rappresentati con una precisa corrispondenza
somatotopica (faccia e bocca in vicinanza della scissura di Silvio, mano e
braccio nel territorio di mezzo, tronco nell’estremità superiore e gamba e piede
in profondità nella scissura longitudinale). Inoltre, la capacità di attuazione di
movimenti fini specifica di ciascuna parte del corpo è stata idealmente
rappresentata tramite il cosiddetto “homunculus motorio” di Penfield, dove le
15
proporzioni rispondono esclusivamente al criterio funzionale (a sua volta
direttamente proporzionale al numero di unità motorie attivabili) e non alle
normali regole di rappresentazione della figura umana. La corteccia motoria
primaria ha il ruolo di iniziare il movimento, ma non di pianificarlo. È
responsabile quindi dell’output effettore ed è sede del primo motoneurone da cui
traggono origine i fasci piramidali che conducono lo stimolo elettrico al secondo
motoneurone.
Figura 1: homunculus motorio di Penfield
La corteccia premotoria si trova da 1 a 3 cm anteriormente alla corteccia motoria
primaria e si estende inferiormente nella scissura di Silvio e superiormente nella
scissura longitudinale. L’organizzazione topografica è grossomodo uguale a
quella della corteccia primaria. La maggior parte dei segnali nervosi che
originano nell’area premotoria producono movimenti molto più complessi di
quelli elementari, generati dalla sola corteccia motoria primaria. Infatti la parte
più anteriore della corteccia premotoria genera dapprima l’immagine motoria di
16
come il movimento muscolare deve svilupparsi per essere eseguito
correttamente, in seguito la parte posteriore traduce questa immagine in una
serie di pattern di attivazione di gruppi muscolari diversi che serviranno a
ricostruire l’immagine dell’atto motorio. L’area premotoria invia segnali alla
corteccia motoria primaria per il comando di muscoli specifici direttamente e
indirettamente, lungo la via dei nuclei della base e del talamo. La corteccia
premotoria gestisce la preparazione dei muscoli posturali per l’inizio del
movimento e per l’orientamento del corpo e del braccio verso uno stimolo
target.
L’area motoria supplementare giace immediatamente al di sopra e davanti alla
corteccia premotoria, ma si estende principalmente dalla scissura longitudinale
in poi. Di solito la stimolazione di quest’area evoca contrazioni muscolari
bilaterali anziché unilaterali. In generale quest’area opera di concerto con l’area
premotoria per promuovere i movimenti posturali del corpo, di fissazione dei
differenti segmenti corporei, di posizionamento del capo e degli occhi e così via,
cioè per compiere attività motorie che rappresentano lo sfondo su cui agiscono i
meccanismi di regolazione motoria più fine delle parti distali degli arti, attuate
dalle aree premotoria e motoria primaria della corteccia.
Sulla base di studi condotti con tecniche di neuroimaging, è stato possibile evidenziare
come durante compiti motori semplici non si ottenga nessuna attivazione nella corteccia
motoria supplementare, mentre si ha un’attivazione importante a livello della corteccia
motoria primaria. Al contrario, in compiti molto complessi si ha un’attivazione di tutte e
tre le aree41
.
Oltre alle aree motorie corticali, altre due strutture cerebrali, ovvero il cervelletto e i
nuclei (o gangli) della base, svolgono un ruolo essenziale nel controllo della normale
17
funzione motoria. Nessuna delle due strutture può di per sé dare inizio a un movimento
volontario, ma entrambe agiscono sempre in associazione con altri sistemi di controllo
motorio.
Il cervelletto regola l’intensità e la coordinazione dei movimenti e apporta continui
aggiustamenti nel corso della loro esecuzione, in modo che siano conformi ai segnali
motori generati dalla corteccia cerebrale sulla base del confronto continuo tra attività
programmata e movimento effettivo. Inoltre il cervelletto partecipa alla pianificazione
dei movimenti eseguiti in sequenza, assicurando la fluidità della transizione da un
movimento all’altro. Infine il cervelletto trae insegnamento dai propri errori: se il
movimento non è stato eseguito correttamente i circuiti neuronali cerebellari
modificheranno il movimento la volta successiva33,41
.
I nuclei della base costituiscono un altro sistema motorio accessorio che, come il
cervelletto non opera da solo, ma in associazione con la corteccia cerebrale con la quale
scambia segnali in ingresso e in uscita. I nuclei della base sono situati in posizione
sottocorticale e comprendono: nucleo caudato, putamen, porzione interna ed esterna del
globo pallido, substantia nigra e nucleo subtalamico. Tutte le fibre motorie e sensitive
che collegano la corteccia cerebrale con il midollo spinale passano nella capsula interna,
spazio compreso tra le due principali strutture dei nuclei della base, il nucleo caudato e
il putamen. Le connessioni anatomiche tra i nuclei della base e le altre componenti del
sistema motorio sono molto complesse. I due circuiti principali sono il circuito del
putamen e il circuito caudato41
. Nei pazienti con lesioni gravi dei nuclei della base, le
funzioni di graduazione dei tempi di esecuzione e dell’ampiezza dei movimenti sono
compromesse se non del tutto assenti41
.
18
L’ipotesi che il circuito motorio attraverso i nuclei della base serva a facilitare l’inizio e
lo svolgimento dei movimenti volontari è stata confermata da studi su numerose
patologie umane42
.
1.1.6 La pianificazione del movimento
Come descritto da Kandel43
, il movimento si genera attraverso una serie di
trasformazioni sensorimotorie che si originano da segnali sensoriali in ingresso,
costituiti a loro volta da informazioni estrinseche come ad esempio segnali uditivi e
visivi, e da informazioni intrinseche come le informazioni di tipo cinematico che
concernono ad esempio posizione, velocità, lunghezza dei muscoli, e le informazioni di
tipo cinetico che concernono le forze generate dal nostro corpo o che coinvolgono
quest’ultimo. In seguito a queste trasformazioni sensorimotorie, che integrano le diverse
informazioni di cui può disporre il nostro corpo, i segnali sensoriali in ingresso vengono
convertiti in segnali motori in uscita, ovvero comandi nervosi che agiscono sui muscoli
facendoli contrarre e generando così il movimento.
Il sistema nervoso centrale contiene rappresentazioni interne dei diversi tipi di recettori
presenti a livello delle superfici recettoriali e dei muscoli, chiamate mappe neurali. Il
sistema nervoso centrale sembra contenere anche rappresentazioni interne che mettono
in relazione i comandi motori con i segnali sensoriali attesi in seguito ad un movimento.
Nel corso degli ultimi cinquant’anni si è fatta avanti l’ipotesi che nel sistema nervoso
siano presenti modelli predittivi che guidano il comportamento. Quest’ipotesi ha preso
origine dall’idea di modelli interni per le funzioni cognitive formulata da Kenneth
Craik, il primo ad avanzare l’ipotesi che gli organismi viventi facciano uso di
rappresentazioni interne del mondo esterno. Secondo questa concezione un modello
interno permette all’organismo di esaminare le conseguenze delle azioni che può
intraprendere senza impegnarsi nella loro messa in atto. Per eseguire atti motori accurati
19
il sistema nervoso centrale deve poter svolgere un’opera di controllo e di previsione. La
previsione e il controllo sono due facce della stessa medaglia ed entrambi i processi si
adattano con precisione a modelli diretti e inversi. Un modello interno che rappresenti le
relazioni causali che intercorrono tra azioni motorie e le loro conseguenze viene detto
modello diretto. Un modello interno che calcoli i segnali motori in uscita in base ai
segnali sensoriali in ingresso viene detto modello inverso44,45
.
Una volta definito un compito motorio, i piani motori per metterlo in atto non sono
predeterminati. Le trasformazioni cinematiche inverse possono avere differenti segnali
in uscita anche quando si basano sullo stesso segnale in ingresso. La capacità che hanno
i sistemi motori di eseguire un particolare compito motorio in parecchi modi diversi
viene detta ridondanza. Il sistema nervoso produce azioni motorie complesse, come ad
esempio la prensione, la scrittura manuale o a macchina, il disegno, a partire da
movimenti elementari che hanno caratteristiche spaziali e temporali altamente
stereotipate. Questi singoli elementi spaziotemporali che compongono un movimento
complesso sono stati denominati elementi basilari del movimento o schemi del
movimento, e sono conservati in memoria. È come se il sistema nervoso avesse un
repertorio di schemi del movimento dal quale attingere per la valutazione di tutti i
possibili modi per eseguire un movimento e per la scelta di quello migliore.
Quest’ipotesi implica che l’esecuzione dei movimenti migliori progressivamente
attraverso l’evoluzione e l’apprendimento motorio, finché non vengano raggiunti limiti
oltre i quali non è possibile andare44
.
Gli errori commessi durante il movimento e la sua variabilità dipendono dalla variabilità
dei segnali in ingresso e in uscita di queste trasformazioni sensorimotorie e dalla
mancanza di accuratezza delle loro rappresentazioni, e stanno alla base delle relazioni
inverse che intercorrono in modo ubiquitario fra velocità e accuratezza.
20
I segnali sensoriali in ingresso che raggiungono i sistemi motori nel corso
dell’esecuzione di un movimento forniscono informazioni sugli errori causati dal
rumore di fondo di natura nervosa, dalla mancanza di accuratezza dei comandi motori
per imperfezioni presenti nei modelli interni o da variazioni che intervengono nel
mondo esterno, come ad esempio lo spostamento inatteso del bersaglio.
I movimenti vengono controllati durante il loro svolgimento con un meccanismo a
feedforward (anticipatorio) o a feedback. I comandi a feedforward vengono generati
senza tener conto delle loro conseguenze e vengono detti a circuito aperto perché il
controllo sensorimotorio non è alimentato da segnali sensoriali a feedback. Questo
controllo a circuito aperto presenta indubbi vantaggi considerando i ritardi intrinseci al
sistema sensori motorio, ma presenta anche alcuni svantaggi: tutti gli errori del
movimento non possono essere corretti e aumentano mano a mano che passa il tempo o
durante l’esecuzione di movimenti successivi43,44
.
I sistemi in grado di correggere gli errori vengono denominati sistemi a feedback o a
circuito chiuso perché il circuito sensorimotorio è completo. Il sistema di controllo può
generare una risposta fissa quando l’errore supera una soglia, oppure più efficacemente
il sistema di controllo può essere proporzionale all’errore. Mediante una continua
correzione del movimento il controllo a feedback può diventare sufficientemente
intenso da compensare sia il rumore di fondo del sistema sensorimotorio sia le
perturbazioni presenti nell’ambiente.
Nella maggior parte dei sistemi motori il controllo del movimento viene conseguito
tramite processi sia a feedforward sia a feedback. Quando viene sollevato un oggetto
tenuto, per esempio, fra il pollice e l’indice, occorre generare una forza di presa
sufficientemente intensa da opporsi allo slittamento dell’oggetto prodotto dalla forza di
carico generata dal peso dell’oggetto. Per stabilire la forza di presa e la forza per
21
sollevare l’oggetto viene utilizzato un meccanismo di controllo a feedforward che si
basa sulla previsione di quando sia sdrucciolevole l’oggetto da sollevare e di quanto sia
il suo peso. Se l’attività dei recettori cutanei indica che l’oggetto sta scivolando fra le
dita, la forza della presa viene immediatamente aumentata mediante un meccanismo di
controllo rapido a feedback.
Il controllo a feedback non è in grado di generare un comando prima che si manifesti un
errore. Invece il controllo a feedforward si basa solo su un risultato che si intende
conseguire e perciò non tiene conto dell’errore.
I segnali a feedback provenienti dalla periferia contengono un elevato rumore di fondo e
vengono trasmessi lentamente. Per compensare gli effetti di questi ritardi e di
conseguenza per migliorare l’accuratezza dei circuiti sensoriali a feedback durante
l’esecuzione del movimento, possono essere adottate due strategie: l’intermittenza del
movimento e la previsione delle variazioni delle condizioni del corpo prodotte dal
movimento. Con la strategia dell’intermittenza il movimento viene momentaneamente
interrotto da una pausa, come avviene nel caso dei movimenti saccadici degli occhi e
dei movimenti di inseguimento della mano. Se la durata della pausa è superiore al
ritardo temporale del circuito sensorimotorio, l’intermittenza fa si che i segnali a
feedback possano contribuire a una maggiore accuratezza del movimento43,44
.
La strategia della previsione è migliore. Se sono noti sia lo stato in cui si trova il nostro
corpo in un particolare momento sia i comandi motori discendenti, si può ottenere una
stima delle condizioni in cui si troverà il nostro corpo in un momento successivo.
Questa stima viene ottenuta ricorrendo a un modello diretto che prevede le
modificazioni che si produrranno nel nostro corpo in risposta al comando motorio.
Poiché questa stima è di natura predittiva, anticipa nel tempo quel che accadrà e di
conseguenza può compensare gli effetti dei ritardi dei circuiti a feedback. Tuttavia,
22
questa stima tende a deteriorarsi col tempo se il modello diretto non è estremamente
accurato.
Il sistema nervoso possiede diversi modelli interni di controllo che utilizzano in varia
misura la previsione e i segnali a feedback. Quando il comportamento di un oggetto non
è prevedibile i segnali sensoriali a feedback forniscono i segnali più utili. Tuttavia
quando si maneggiano oggetti con proprietà stabili, i meccanismi di controllo basati
sulla previsione possono essere efficaci. Questo controllo di natura predittiva è
essenziale per il controllo dei movimenti rapidi che si osservano comunemente in quelle
forme di comportamento che richiedono destrezza.
Il sistema nervoso centrale è particolarmente sensibile alla comparsa di eventi inattesi o
all’assenza di un evento atteso, situazioni che evocano risposte di tipo reattivo.
Mel Goodale e David Milner hanno avanzato l’ipotesi che nel sistema nervoso centrale
le informazioni visive vengano trasmesse da due vie distinte. Una via dorsale che
proietta alla corteccia parietale posteriore ed è principalmente implicata nell’uso delle
informazioni visive per l’azione motoria, e una via ventrale che proietta alla corteccia
infero-temporale ed è implicata nella percezione visiva cosciente.
Gli animali possiedono una sorprendente capacità di apprendere nuove abilità motorie
attraverso l’interazione con l’ambiente. I sistemi di controllo sensorimotorio devono
costantemente adattarsi per tutta la vita mano a mano che le dimensioni e le proporzioni
del corpo di modificano, riuscendo così a mantenere una relazione appropriata fra
comandi motori e meccanica del corpo. Inoltre l’apprendimento è l’unico modo per
acquisire le abilità motorie che le convenzioni sociali richiedono, come la capacità di
scrivere o danzare. La maggior parte delle forme di apprendimento è costituita
dall’apprendimento procedurale o implicito in cui i soggetti generalmente non sono in
grado di esprimere a parole che cosa hanno imparato, esempi tipici sono imparare ad
23
andare in bicicletta o a suonare il piano, invece l’apprendimento esplicito o dichiarativo
comporta l’acquisizione di conoscenze che possono essere espresse con affermazioni ed
è accessibile all’introspezione43,44
.
Le trasformazioni sensorimotorie hanno componenti cinematiche e dinamiche. Le
trasformazioni cinematiche mettono in relazione eventi rappresentati in sistemi di
coordinate spaziali diverse, quali gli angoli delle articolazioni del braccio e la posizione
della mano nello spazio. Le trasformazioni dinamiche mettono in relazione le forze che
operano a livello delle articolazioni con il movimento del sistema.
Non tutte le modalità sensoriali sono ugualmente importanti per l’apprendimento dei
compiti motori. Quando si apprendono compiti di tipo dinamico, la propriocezione è più
importante della visione. I pazienti che hanno deficit propriocettivi hanno grandi
difficoltà nel controllo delle proprietà dinamiche dei loro arti o nell’apprendimento di
nuovi compiti motori in assenza di visione43,44
.
La propriocezione è di importanza fondamentale per la pianificazione delle traiettorie
della mano e per il controllo della dinamica del movimento. Ne è un esempio il fatto
che, durante l’esecuzione di un movimento di un arto in assenza di feedback visivo, in
pazienti con deficit propriocettivi, si assiste ad un graduale incremento degli errori nel
controllo a feedforward, con conseguente incapacità di definire con certezza dove sia
posizionato il proprio arto43,44
.
1.1.7 Lo sviluppo delle prassie
Le prassie si sviluppano in un continuum ordinato dai 2 ai 12 anni di età. Esse
costituiscono una funzione appresa (non il semplice prodotto della maturazione
motoria) richiedono l’interazione con il mondo esterno e la capacità di
rappresentarselo7.
24
Secondo Lurija la maturazione dell’area 4, responsabile del movimento volontario,
raggiungerebbe la completa maturazione ai 4 anni di età. Di conseguenza, un bambino
di 4 anni sarebbe in grado di svolgere solo compiti motori semplici. Secondo questo
autore, infatti, sarebbe l’area 6, situata nella regione premotoria e completamente
matura verso i 6-7 anni, ad essere essenziale per la combinazione di movimenti
complessi7,46
. Studi condotti da Kaplan sullo sviluppo del gesto in bambini normali
confermerebbero che lo sviluppo nelle abilità prassiche progredisce all’aumentare
dell’età. In tali studi ai bambini viene chiesto di eseguire su comando dei gesti
rappresentazionali come, per esempio, fingere di spazzolare i denti47
.
Si osserva che le risposte variano al variare dell’età7,47
:
1) a 3 anni di età o meno i bambini hanno chiare difficoltà: puntano il dito verso
l’area dove dovrebbe svolgersi l’azione (per esempio, la bocca) o cambiano
l’oggetto dell’azione (per esempio, si picchiettano i denti);
2) A 4 anni i bambini compiono il gesto, ma usando parti del corpo come oggetto
(per esempio, il dito usato come spazzolino);
3) All’aumentare dell’età, vi è un incremento della rappresentazione simbolica
degli oggetti immaginati cui corrisponde una diminuzione della
rappresentazione di parti del corpo come oggetti; infatti, a 7-8 anni l’oggetto è
tipicamente rappresentato sul piano simbolico, anche se la grandezza dello
stesso non è considerata;
4) A 12 anni l’abilità prassica del gesto rappresentazionale è simile a quella
dell’adulto.
Dewey, in uno studio del 1995, riporta che il numero di gesti rappresentazionali eseguiti
correttamente aumenta in modo lineare tra i 6 e gli 11 anni di età e che, sia per i gesti
transitivi (per esempio, battere un chiodo con il martello) che intransitivi (per esempio,
25
salutare), possono essere presenti delle performance età-correlate denominate “errori di
azione” ed “errori di movimento”. Gli “errori di azione” sono costituiti da alterazioni di
forza, temporalità o ampiezza tipici di un determinato movimento; gli “errori di
movimento” sono rappresentati, ad esempio, da una non corretta rotazione del palmo
della mano rispetto alla posizione dell’arto.
Un’osservazione finale di questa Autrice è che, per ogni fascia di età, i bambini con
deficit dello sviluppo motorio evidenziano globalmente più errori di quelli fatti dai
bambini normali di controllo25
.
Non vi è comunque un accordo generale su questo modo di intendere i tempi di
comparsa delle prassie. Secondo Sabbadini è importante definire il momento e i modi
della nascita dell’intenzione, perché “è possibile, anzi probabile, che la nascita
dell’intenzione e l’acquisizione delle abilità siano due momenti strettamente legati tra
loro. Il manifestarsi precocemente dell’intenzione può significare per il neonato la
capacità di regolare i propri processi cognitivi anche e soprattutto nel senso di realizzare
strategie di risposta ai fini adattativi” 9.
Nello sviluppo motorio del bambino l’intenzionalità svolge un ruolo determinante
laddove il soggetto, con strumenti percettivi e motori adeguati, è posto in un ambiente
costruttivo7.
Bernstein ha invece definito il movimento intenzionale in termini di interazione
cooperante di molte parti del corpo, ovvero un prodotto in cui l’apporto di ogni singolo
segmento non è più riconoscibile.
Questa attività così complessa sembra richiedere un modulo organizzatore che coordina
e dirige le varie parti verso la realizzazione del movimento. Bernstein ipotizza un
sottosistema che contestualmente alla localizzazione delle parti interessate dal
movimento pianifichi dei programmi motori specializzati; questa organizzazione del
26
sistema motorio e cognitivo rende il movimento adattabile in modo flessibile alle
esigenze dell’ambiente esterno48
.
Bruner ha poi posto in rilievo quanto il momento della verifica del risultato sia
determinante per l’evoluzione globale del bambino.
L’apprendimento di schemi motori, infatti, evolve a partire da comportamenti istintivi o
riflessi. Attraverso dei pre-adattamenti, altamente flessibili, i comportamenti riflessi si
trasformano in atti intenzionali (azioni) solo dopo che il bambino ha potuto verificare
quali adattamenti comportamentali gli procurano soddisfazione.
L’acquisizione di competenze e di abilità precoci si realizza tramite i parametri
intenzione e verifica del risultato. Si realizza quindi un meccanismo a feedback che non
è soltanto un controllo “a posteriori”: esso presuppone un processo interno che verifica
il risultato a partire dalla rappresentazione del mondo esterno, costruita dall’esperienza
precedente7,49
.
Questo meccanismo è costituito da tre momenti:
- La preparazione e l’anticipazione dell’azione;
- Il feedback vero e proprio che si realizza nel corso dell’azione operata dal
sistema effettore;
- La verifica del risultato (globale).
L’intenzione coincide cronologicamente con il feedforward, con la rappresentazione
mentale dell’attività, e con la programmazione degli atti sequenziali indispensabili per
realizzarla7.
A questo proposito vi è un interessante teoria, ovvero quella della mappatura e
mappatura rientrante proposta da Gerald Edelman, biologo, premio Nobel del 1972. Il
cervello è formato da cellule nervose interconnesse tramite un complesso sistema di reti
neurali. Molte di queste reti si sono selezionate per scopi precisi. La forza delle
27
connessioni aumenta quando a una determinata azione corrisponde il raggiungimento di
un preciso obiettivo. Tutto ciò che funziona verrà ripetuto, oppure, se superfluo,
abbandonato; ovvero, tutto ciò che ha lasciato una traccia a livello della rete neurale
potrà essere ripetuto e sarà quindi oggetto di marcatura, ovvero di mutamenti
nell’intensità delle connessioni sinaptiche50
.
Le abilità motorie si sviluppano grazie all’attivazione e all’integrità di funzioni di base o
di strutture di elaborazione e grazie all’uso di strategie di organizzazione, cioè di
processi di controllo.
Le strutture di elaborazione si identificano con tutti quei sistemi che permettono
all’individuo di acquisire, attraverso le funzioni di base, le informazioni provenienti sia
dall’ambiente esterno che dall’ambiente interno dell’organismo. Queste strutture di
elaborazione sono: percezione, azione e memoria. Le informazioni acquisite vengono
poi ulteriormente rielaborate dai processi di controllo, ovvero l’attenzione, le strategie
di organizzazione e di nuovo la memoria. Si deve sottolineare inoltre il ruolo importante
che l’attenzione svolge anche per il funzionamento delle strutture processanti.
L’attenzione e la memoria sono funzioni implicite in tutti i processi di input e di output.
Essendo entrambe sempre attive nell’organizzazione delle funzioni cognitive, viene loro
assegnato un ruolo di controllo. Di fatto sia l’attenzione che la memoria sono implicite
nelle funzioni di base, ma la loro funzione all’interno delle strutture di elaborazione
segue un processo fisiologico governato da automatismi, mentre all’interno dei processi
di controllo assumono un ruolo metacognitivo (intendendo per metacognizione la
consapevolezza, il controllo di se stessi e dei propri processi interni e la capacità di
pianificazione) e quindi di attuazione volontaria di strategie. Le informazioni acquisite
vengono poi ulteriormente rielaborate dai processi di controllo.
28
I processi di controllo hanno dunque il compito di organizzare le diverse funzioni
cognitive, cioè di modulare l’intervento delle strutture di elaborazione, e, nell’ambito di
questa organizzazione, selezionano la strategia economicamente più adeguata,
verificano il risultato raggiunto e, in base alla verifica effettuata, pianificano un nuovo
intervento d’azione. I processi di controllo formano quindi un sistema complesso che
opera all’interno di funzioni diverse, quali strategie di organizzazione, pianificazione
dell’azione e verifica del risultato. L’abilità di autoregolazione è strettamente correlata
alle capacità di attenzione selettiva e sostenuta nei confronti del compito.
La conoscenza di una procedura motoria non è condizione sufficiente per essere in
grado di utilizzarla in modo flessibile ed economico.
Per fare un esempio, il bambino, generalmente intorno ai tre mesi, sviluppa la funzione
di prensione dell’oggetto. Perché questa avvenga, deve essere presente la coordinazione
tra funzione visiva e funzione motoria. L’elemento scatenante la funzione è dato dal
desiderio di arrivare all’oggetto e dalla possibilità offerta dall’ambiente di raggiungerlo.
L’apprendimento di tale funzione dipenderà poi dalla verifica positiva del risultato e
dalla possibilità conseguente di ripetere tale esperienza.
È importante riconoscere le difficoltà di apprendimento di un bambino disprassico per il
quale la percezione del mondo è difficoltosa sin dai primi momenti di vita, in termini sia
di percezione che di organizzazione dell’azione7.
In caso di disprassia il bambino “non sa fare”, ma potremmo anche ammettere che “non
sa ancora fare”, non ha ancora imparato a realizzare funzioni. Oppure ha acquisito
determinate funzioni, ma le sa realizzare in modo stereotipato, cioè con strategie povere
e/o con scarse alternative33
.
Denckla ha osservato che, attraverso gli esercizi e la pratica continuativa, questi
bambini possono acquisire funzioni e svolgere senza grandi difficoltà le attività apprese
29
della vita quotidiana. Tuttavia, è indispensabile ricordare le loro difficoltà, se sottoposti
a compiti nuovi e inusuali35
.
La povertà delle loro strategie, cioè la stereotipia del loro comportamento, impedisce di
acquisire nuovi compiti sostituendogli, per analogia, soluzioni strategiche già acquisite.
Essi, cioè, imparano una cosa alla volta, in un certo modo e solo in quel modo, senza
realizzare soluzioni alternative e senza possibilità di trasferimento.
La mancata acquisizione può essere imputata a un deficit del feedback nel corso
dell’azione o a una difficoltà di verifica del risultato o a un mancato sviluppo del
feedforward ovvero della rappresentazione interna dell’azione. È ipotizzabile comunque
che tutti e tre questi aspetti siano carenti e vadano considerati in un piano di terapia.
Nei vari tipi di disprassia risultano dunque deficitari sia il sistema afferente che le
strutture efferenti, ma soprattutto la capacità di immagazzinare la rappresentazione del
modello, da utilizzare e riutilizzare nelle sue componenti, inteso nella sua globalità33
.
A qualsiasi “livello” si trovi il disturbo, si tratti di una difficoltà nel “che cosa fare”
oppure nel “come fare”, di tipo ideativo o ideomotorio, della programmazione o della
sequenzialità, è sempre indispensabile esercitare la rappresentazione, rieducando cioè la
capacità di “manipolare” le proprie immagini mentali, in un confronto continuo con le
esperienze concrete ricavate dalla realtà, e, soprattutto, mettendo in atto i processi
metacognitivi di controllo: feedback, verifica e feedforward33
.
Quindi, la disprassia può essere definita come la mancata acquisizione di un’attività
intenzionale o l’acquisizione di strategie povere e stereotipate, con scarse soluzioni
alternative e con scarsa capacità di trasferimento di strategie per33
:
- Ridotta capacità di “rappresentazione” dell’oggetto su cui agire l’intera azione o
le sequenze che la compongono;
30
- Difficoltà a ordinare in serie e coordinare i relativi movimenti elementari in vista
di uno scopo (programmazione);
- Difficoltà ad avviare i relativi programmi;
- Difficoltà di prevedere un certo risultato;
- Difficoltà di controllare ciascuna sequenza e l’intera attività nel corso
dell’azione (feed-back);
- Difficoltà di verificare il risultato ottenuto come corrispondente a quello previsto
e atteso.
In sintesi i bambini con disprassia evolutiva33
:
- Non hanno un’adeguata rappresentazione del target;
- Non sanno prevedere e organizzare un progetto loro proposto;
- Non sanno sequenziare;
- Non sanno controllare lo svolgersi dell’azione;
- Alcuni non sanno dare inizio all’azione (deficit di starter). 7
1.1.8 Eziologia e fisiopatologia
Il DCD è un disturbo idiopatico e non vi è ancora accordo sulla precisa eziologia10
. I
bambini con DCD sperimentano difficoltà nella progettazione e nell’esecuzione di
compiti motori, ma anche nella propriocezione, nell’integrazione sensoriale e nei
processi visivi6,51,52
.
Nonostante la mancanza di precisi meccanismi di insorgenza e il fatto che i bambini con
DCD rappresentino una popolazione eterogenea, sono state proposte numerose ipotesi
per spiegarne l’eziologia e la fisiopatologia.
Il DCD è stato descritto inizialmente come una forma di disfunzione cerebrale minima
(MBD minimal brain dysfunction), caratterizzata da un insieme di sintomi come
difficoltà motorie, di lettura e di attenzione16,53
. Hadders-Algra nel 2002 parla di MND
31
(minimal neurological dysfunction), descrivendo il DCD come “una forma distinta di
disfunzione cerebrale perinatale acquisita che è molto probabilmente associata a danni
strutturali del cervello”53-55
. Infatti i bambini con DCD esprimono spesso segni di
MND56
. La nascita pretermine è considerata uno dei fattori che più comunemente
contribuiscono allo sviluppo di MND57-59
.
Gilger e Kaplan nel 2001 hanno proposto che i sintomi di DCD, dislessia e ADHD
siano dovuti ad uno “sviluppo atipico del cervello” (ABD atypical brain
development)53,60
, che, secondo Kaplan e colleghi, può esprimersi con diversi sintomi a
seconda della localizzazione, del momento di insorgenza e della gravità53,61
.
Lavori precedenti prendono in causa disturbi della sensopercezione, soprattutto
visivi53,62
.
Si è posta attenzione anche alla preferenza di utilizzo della mano destra o sinistra. Circa
il 50% dei bambini con DCD, infatti, è mancino o ambidestro rispetto al 10% della
popolazione generale63,64
. Questo sembra suggerire il ruolo di un’incompleta
lateralizzazione6.
Smits-Engelsman e Wilson hanno osservato in un recente studio che i bambini con
DCD manifestano un livello maggiore di variabilità nell’esecuzione dei compiti motori
rispetto alla popolazione generale. Secondo la nozione di “rumore neuromotorio” è
normale che, ripetendo la stessa azione più volte, il movimento, anche se molto
semplice, non sia mai completamente lo stesso. Tuttavia nei bambini con DCD la
differenza di esecuzione è sensibilmente maggiore. Dunque, questi autori hanno
ipotizzato che i bambini con DCD possano presentare un “rumore neuromotorio” di
fondo eccessivo rispetto ai bambini con sviluppo tipico, condizione questa che limita le
loro abilità65
.
32
Anche fattori genetici potrebbero essere importanti. Infatti in uno studio su 10895
gemelli si è stimato che la genetica possa avere un impatto fino al 70% nei bambini con
DCD66
. Tuttavia, vista la sovrapposizione tra DCD e altri disordini neuroevolutivi
diventa difficile determinare quali geni siano effettivamente responsabili.6
I dati di neuroimaging sono scarsi, ma numerose aree cerebrali sembrerebbero coinvolte
nella neurofisiopatologia del DCD. Alcune tecniche, principalmente di risonanza
magnetica morfologica (MRI), hanno dimostrato che in alcuni bambini con DCD si
possono avere alcune alterazioni della sostanza bianca rispetto ai bambini con sviluppo
tipico67-69
.
È noto anche che i bambini nati pretermine o con basso peso alla nascita sperimentano
difficoltà motorie, comportamentali e scolastiche, più di frequente rispetto ai bambini
nati a termine e con normale peso70,71
. È stata avanzata l’ipotesi che le lesioni della
sostanza bianca periventricolare e della capsula interna che si riscontrano
frequentemente in bambini con problematiche perinatali possano dar luogo a disordini
motori che variano dalla paralisi cerebrale infantile al DCD. Quest’ultimo aspetto ha
portato a concludere che il substrato neurale del DCD possa essere simile a quello della
paralisi cerebrale infantile. L’alta prevalenza di disfunzioni neurologiche minori in
bambini con DCD sembra avvalorare tale ipotesi. È importante però sottolineare
l’origine multifattoriale del DCD che implica che i bambini possono avere
problematiche motorie in assenza di lesioni minime a livello cerebrale69
. Quello che è
certo è che il DCD è spesso associato a una storia di parto pretermine e basso peso alla
nascita70,72,73
.
Una revisione sistematica del 2011 ha stimato che il rischio di DCD è più alto nei
bambini nati prima delle 32 settimane e in quelli con un peso inferiore ai 1500 g,
rispetto ai bambini nati a termine e di normale peso (OR 6.3, 95% CI 4.4-9.0)70
.
33
Un successivo studio di coorte ha confermato l’aumentato rischio di DCD nei bambini
prematuri e SGA (small for gestational age) (OR 6.3 per bambini nati da 23 a 31.1
settimane; OR 2.1 per bambini nati da 32 a 36.6 settimane; e OR 1.7 per bambini nati
piccoli per età gestazionale)6,74
.
È stato inoltre discusso il possibile coinvolgimento di specifiche strutture ed aree
cerebrali nella patogenesi del DCD, fra cui il cervelletto, la corteccia prefrontale ed il
corpo striato75
.
Una delle prime strutture che è stata studiata per tentare di spiegare la genesi del DCD è
il cervelletto: vi sono infatti studi su animali che suggeriscono che un ritardo di sviluppo
del cervelletto possa avere conseguenze sulla coordinazione motoria76
. Ci sono due
interessanti teorie riguardo i meccanismi che sottostanno al DCD e che suggeriscono un
coinvolgimento del cervelletto: l’ipotesi del deficit di automatizzazione e l’ipotesi del
deficit del modello interno.
L’ipotesi del deficit di automatizzazione suggerisce che i bambini con DCD, così come
quelli con dislessia, possano avere difficoltà nelle abilità motorie automatizzate77,78
,
legate dunque ad un interessamento del cervelletto55,79,80
.
Un’ipotesi molto interessante è quella del deficit del modello interno53,55,81,82
: secondo
questa teoria infatti un adeguato controllo motorio è correlato ad un modello interno che
predice le conseguenze sensoriali del comando motorio83
. Il cervelletto è in grado di
costruire un modello interno di movimento attraverso la pratica e tramite il controllo di
feedback esterni, che a loro volta permettono una verifica preliminare dell’errore e
l’automatizzazione del movimento. La corteccia motoria è quindi in grado di effettuare
un preciso controllo del movimento utilizzando il modello dinamico del circuito
interno84
.
34
Quando viene progettato un movimento, un comando motorio si genera dalla corteccia
motoria e viene trasmesso ai muscoli dal tratto corticospinale85
. Allo stesso tempo una
copia di tale comando (copia efferente) è trasmessa alla corteccia parietale e a quella
cerebellare86
.
Il cervelletto, tramite una verifica continua della corrispondenza tra dati rilevati e dati
attesi, compara il movimento che il soggetto sta eseguendo con quello che dovrebbe
essere eseguito sulla base del modello interno e, se rileva un mismatch, invia come
feedback un segnale di errore affinchè in futuro il movimento sia più accurato53,55,87
. La
capacità di effettuare rapide correzioni durante il movimento è correlata alla possibilità
da parte del sistema nervoso di prevedere la posizione futura degli arti in base al
modello interno53,86,88,89
. Un circuito funzionale tra corteccia parietale e cervelletto
stima costantemente la posizione attuale e successiva degli arti, ponendo le basi per la
correzione continua90
. Inoltre, i segnali di errore agiscono come allenamento per rifinire
l’accuratezza dei modelli interni: questo processo continuo è fondamentale per
l’apprendimento motorio91
.
Una ridotta funzionalità del modello interno avrebbe quindi un impatto molto
importante sulla capacità di apprendimento motorio, elemento che si può osservare nei
bambini con DCD53
.
Shadmer e Holcomb nel 1997 hanno mostrato che l’acquisizione di un’abilità motoria
complessa presuppone l’apprendimento del modello dinamico, il quale permette al
cervello di anticipare e compensare l’evento meccanico. Durante le ore che seguono
all’esercizio, la rappresentazione del modello interno diviene gradualmente meno
fragile nei confronti delle interferenze. Il cervello, infatti, trasferisce le informazioni
acquisite dalle regioni prefrontali, dove viene immagazzinata l’informazione
sensomotoria per l’utilizzo a breve termine, alle cortecce premotoria e parietale
35
posteriore e alla corteccia cerebellare anteriore92
. La rappresentazione del modello
interno, quindi, diventa più stabile quando questo viene depositato nelle strutture
deputate alla memoria a lungo termine93
.
Figura 2: Modello di controllo motorio (adattato da Bubic et al, 2010)53
All’interno del cervello è presente quindi un “modello interno” che fa da ponte tra
azione e percezione94
. La programmazione motoria comporta cioè un bilancio
previsionale anticipatorio delle informazioni che si andranno a raccogliere eseguendo
una certa azione, bilancio necessario per sapere se quell’azione può essere eseguita e per
controllare in corso d’opera quanto stiamo effettuando2.
Un ulteriore esempio in grado di confermare l’esistenza di rappresentazioni mentali del
corpo è il fenomeno dell’arto fantasma, un’espressione di un errore dovuto alla
discrepanza fra il modello interno, che continua a contemplare l’esistenza di una certa
parte del corpo, e la realtà esterna, in cui essa invece non esiste più2.
Il possibile ruolo della fase anticipatoria nell’origine della disprassia evolutiva è stata
evidenziata anche dagli studi di Smyth del 1991, nei quali i bambini con disprassia non
solo avevano bisogno di più tempo per eseguire sequenze motorie complesse, ma
mostravano anche una minore fluidità di esecuzione, a causa della difficoltà di
36
programmazione del movimento dovuta ad una maggior dipendenza dai sistemi di
feedback2,95
.
Successivamente altri autori hanno sostenuto l’ipotesi del deficit del modello interno nei
bambini affetti da DCD53
.
Altri hanno invece ipotizzato il coinvolgimento della corteccia prefrontale (PFC) per
spiegare l’eziologia del DCD. La corteccia prefrontale è collocata nella parte anteriore
dei lobi frontali del cervello, davanti alle cortecce motoria e premotoria, ed è suddivisa
in due subregioni: corteccia prefrontale dorsale e ventrale75
. La PFC oltre ad avere un
ruolo nell’apprendimento motorio, organizza i pensieri e le azioni in accordo con
l’obiettivo prefissato96,97
. Funzioni come pianificazione e organizzazione del
movimento, controllo del comportamento e capacità decisionale si fondano su un’intatta
PFC. Perciò la disfunzione della PFC riscontrata nei bambini con DCD può essere causa
delle difficoltà sensorimotorie75
. La parte dorsale della PFC è inoltre strettamente
interconnessa con regioni cerebrali facenti parte della rete neurale dell’attenzione98
. La
parte ventrale della PFC, invece, è interconnessa con le regioni cerebrali coinvolte nelle
emozioni99
e ciò può esser causa dei sintomi emozionali frequentemente riscontrati nei
bambini con DCD37,100,101
. Allo stesso modo, altri disturbi dell’apprendimento e del
linguaggio che spesso si associano al DCD possono essere dovuti ad un coinvolgimento
della PFC75
.
Un’altra interessante ipotesi prende in considerazione i gangli della base e, in special
modo, il neostriato. È risaputo che i gangli della base giocano un ruolo fondamentale
nel controllo e nell’apprendimento motorio76,102,103
. Diversi studi hanno rilevato che
bambini con DCD mostrano scarse prestazioni motorie basate sulla funzione dei gangli
della base, come il controllo della forza104,105
e l’apprendimento di sequenze
motorie76,106
. Lundy-Elkman et al. hanno rilevato che bambini con lievi segni
37
neurologici di disfunzione dei gangli della base erano selettivamente impacciati in
compiti di controllo della forza, mentre bambini con segni cerebellari erano
selettivamente in difficoltà in compiti che richiedevano una precisa tempistica di
esecuzione107
. Sembrerebbe, quindi, che esista almeno un sottogruppo di bambini con
DCD le cui difficoltà di apprendimento motorio potrebbero essere attribuibili a
disfunzione dei gangli della base76
. Per quanto riguarda invece il neostriato (costituito
dai nuclei caudato e putamen), è ben conosciuto il suo ruolo nella pianificazione e nella
modulazione del movimento, ma è potenzialmente coinvolto anche in una varietà di
processi cognitivi che includono le funzioni esecutive (come la memoria di lavoro), la
flessibilità cognitiva e l’abitudine108
. Secondo Deng et al., il neostriato potrebbe essere
coinvolto sia nelle difficoltà sensorimotorie che cognitive sperimentate dai bambini con
DCD.75
Infatti, il neostriato è implicato normalmente nell’apprendimento motorio, che
risulta deficitario nei bambini con DCD. Ciò potrebbe far sospettare un suo
coinvolgimento nell’eziologia di tale disturbo. Inoltre, alterazioni funzionali del
neostriato contribuiscono al comportamento impulsivo e all’iperattività, che sono di
frequente riscontro nei bambini con DCD con comorbidità per ADHD109
. Infine, si
pensa che un deficit precoce del neostriato possa causare la comparsa di comportamenti
compulsivi. È interessante notare, a questo proposito, che i bambini con DCD siano a
più alto rischio di obesità110,111
, fatto recentemente messo in relazione con un disordine
da alimentazione incontrollata correlato ad una disturbata omeostasi della dopamina
striatale75
. È importante anche tenere conto che il neostriato potrebbe essere coinvolto
nella capacità di apprendere l’ordine temporale di esecuzione di sequenze motorie75
.
Yin ha scoperto che lesioni eccitotossiche del neostriato dorsolaterale (sensorimotorio)
hanno un impatto molto importante sull’acquisizione di semplici sequenze motorie,
38
dimostrando che il neostriato è necessario per l’apprendimento seriale112
, notoriamente
deficitario nei bambini con DCD75
.
Vi è poi un’ulteriore ipotesi che ritiene coinvolta la corteccia parietale. Si ritiene infatti
che connessioni fronto-parietali siano implicate nella trasformazione sensorimotoria e
nell’apprendimento (per esempio nei processi visuospaziali durante l’apprendimento di
abilità motorie). Molteplici studi hanno rivelato scarsa elaborazione spaziale visiva nei
bambini con DCD, come ad esempio nello studio di de Oliveira e Wann del 2010113
.
Questi autori sostengono che il funzionamento non ottimale di alcuni networks
cerebellari e parietali nel DCD sia responsabile di una scarsa integrazione visuospaziale
a discapito delle capacità di controllo motorio in tempo reale e di preparazione al
movimento. Mentre il coinvolgimento della corteccia parietale nell’adattamento
visuomotorio e nell’apprendimento di sequenze motorie è ormai assodato, solo pochi
studi di imaging cerebrale sono stati indirizzati alla ricerca di una disfunzione parietale
nel DCD. Particolarmente significativo è il riscontro di un’anomala connettività nei
network parietali nel DCD114
. Tutti questi dati suggeriscono che una funzionalità
subottimale della corteccia parietale potrebbe essere coinvolta nello sviluppo di
difficoltà motorie nei bambini con DCD, ma sono necessari ulteriori studi per
confermare questa ipotesi76
.
Nello studio dell’eziologia del DCD sono di grande importanza gli studi di risonanza
magnetica funzionale (fMRI).
I dati di neuroimaging funzionale, infatti, supportano l’ipotesi che i bambini con DCD
presentino una minore attivazione delle regioni cerebrali responsabili dell’automatismo
motorio6. Alcuni studi, in particolare mostrano alterazioni della connettività
frontoparietale, dimostrando che i bambini con DCD hanno difficoltà di integrazione
delle informazioni visuospaziali115
.
39
Altri studi hanno dimostrato che bambini con DCD hanno una minore attivazione della
corteccia prefrontale dorsolaterale, durante compiti “Go-NoGo” (per esempio, premere
un pulsante ogni qualvolta compaia sullo schermo un particolare stimolo o bersaglio e
non premerlo in risposta a stimoli differenti). Ciò sembrerebbe suggerire una
disfunzione del circuito attentivo cerebrale55,114
.
Kashiwagi e colleghi hanno dimostrato che i bambini con DCD, durante compiti di
monitoraggio visuomotorio continuativo, hanno una minore attivazione dei lobuli
parietali superiore e inferiore rispetto ai bambini di controllo55,116
.
In uno studio condotto da Zwicker e colleghi, è stato visto che i bambini con DCD
hanno una maggiore attivazione cerebrale nelle regioni frontale, parietale e temporale
durante compiti di riconoscimento di traiettorie fatte percorre passivamente con la
mano, mentre i bambini con sviluppo tipico hanno mostrato maggiore attivazione del
precuneo e delle aree associate al controllo motorio, all’apprendimento motorio e alla
processazione degli errori67
. Inoltre, i bambini con DCD hanno avuto un’attivazione
superiore di quasi il doppio rispetto ai bambini di controllo, suggerendo un maggiore
sforzo nel portare a termine i compiti55,117
.
In contrasto con la maggiore attivazione cerebrale durante le prestazioni motorie67
, nei
bambini con DCDè stata dimostrata una minore attivazione correlata all’apprendimento
di schemi motori118
. Inoltre, dopo tre giorni di allenamento giornaliero, sono state
riscontrate significative differenze di attivazione tra i due gruppi nelle regioni associate
all’apprendimento motorio, come i lobuli parietali inferiori bilaterali, la corteccia
prefrontale dorsolaterale destra ed il cervelletto55
.
È stata riscontrata anche un’alta incidenza di anomalie aspecifiche cerebrali, rilevabili
alla risonanza magnetica o alla PET (Tomografia a emissione di positroni), come atrofia
40
corticale o demielinizzazione119
, assottigliamento del corpo calloso e dilatazione
ventricolare10,120
.
Cambiamenti nelle connessioni sinaptiche sono di basilare importanza
nell’apprendimento motorio e nella memorizzazione75,121,122
. Alla base di una memoria
motoria duratura vi sono una rapida e durevole riorganizzazione sinaptica e la
stabilizzazione delle nuove connessioni neuronali123
. La disregolazione della plasticità
sinaptica può essere causa di un alterato controllo motorio nei pazienti affetti da DCD75
.
In conclusione, possiamo affermare che il DCD sembra il risultato di alterazioni
cerebrali diffuse piuttosto che di aree specifiche.
1.1.9 Meccanismi alterati alla base della disprassia
Sono state avanzate diverse ipotesi per cercare di individuare i meccanismi
psicofisiologici disfunzionali sottesi a tale disturbo7:
1. Una prima ipotesi è che la disprassia possa essere il risultato di un difetto di
rappresentazione del gesto124
. Questo spiegherebbe l’alta frequenza di “uso di
parti del corpo come oggetto” e di alterazione delle sequenze motorie nei test
pantomimici, non attribuibili a deficit percettivo-motori, bensì ad una
compromissione della rappresentazione del gesto124,125
.
Vi sono studi, inoltre, che hanno indagato l’associazione tra sviluppo del gesto,
abilità linguistiche e competenze cognitive generali e che forniscono supporto
all’idea che la disprassia evolutiva sottenda un disturbo linguistico
concettuale7,126
.
2. Una possibile interpretazione è che il deficit gestuale osservato nei bambini con
disturbi di linguaggio e di apprendimento sia dovuto a problemi di attenzione.
Denckla e colleghi hanno riscontrato più frequentemente problemi di
coordinazione motoria nei bambini dislessici con deficit attentivi che nei
41
bambini dislessici “puri”35
. La disprassia inoltre è stata associata da più Autori
alla dislessia e a deficit di attenzione con o senza iperattività (ADHD)7,126
.
Inoltre, i bambini con ADHD presentano un problema significativo nella
pianificazione spaziale, nell’inibizione motoria e nell’attenzione visiva. Nel loro
studio i bambini con ADHD presentavano una difficoltà strutturale nel produrre
e utilizzare il pensiero categoriale nel problem solving e una marcata difficoltà
nell’ideazione, nella programmazione e nel controllo dell’atto prassico127
.
3. Collegata ai punti precedenti c’è la questione se il disturbo delle prassie esista
indipendentemente da altri disturbi cognitivi, come i disturbi del linguaggio,
dell’apprendimento o dell’attenzione. Dewey e colleghi, nel 2002, hanno
presentato un importante lavoro dal titolo: “Disturbo dello sviluppo della
coordinazione (DCD): problemi nell’attenzione, apprendimento e adattamento
psicosociale”128
. Gli autori sono partiti dai seguenti presupposti dettati
dall’esperienza clinica e dalla letteratura: a) i bambini con problemi di
attenzione, apprendimento e linguaggio presentano deficit in compiti di abilità
motoria; b) in bambini con deficit motori sono presenti problemi di sviluppo
generale (significative difficoltà di linguaggio, lettura, calcolo ed abilità visuo-
percettive); c) i bambini con disprassia sono più immaturi, socialmente isolati,
passivi, con basso concetto di sé, alti livelli di ansia e sintomi psicosomatici.
Sulla base di questi presupposti hanno ricercato la compresenza di problemi
attentivi, di apprendimento e di adattamento psicosociale in due gruppi di
bambini in età scolare: uno con DCD severo ed uno con sospetto DCD. Le
conclusioni sono state che tutti i bambini con problemi di movimento,
indipendentemente dalla gravità del DCD, sono significativamente a rischio di
problemi di sviluppo negli ambiti testati. Da qui tali Autori parlano di “sviluppo
42
atipico del cervello” (Atypical Brain Development) come di un generico
disturbo dello sviluppo che interviene in alcuni bambini e che si può manifestare
in molti modi, in ambito scolastico, emozionale e comportamentale128
.
4. Un’altra ipotesi è quella di un disturbo nell’orientamento spaziale. Ancora una
volta prendendo spunto dagli studi sull’aprassia dell’adulto: il paziente aprassico
orienta gli oggetti in maniera impropria quando ne deve far uso129
, oppure
realizza movimenti su piani sbagliati dello spazio130
.
O’Brien e coll (2002) hanno pubblicato un lavoro dal titolo “Analisi della
coerenza di forma e movimento nella disprassia: evidenza di un deficit
dell’analisi spaziale globale”131
. Considerati i deficit visuo-percettivi segnalati
nei bambini disprassici, gli Autori hanno voluto testare i due sistemi visivi
descritti da Milner e Goodale132
: il sistema ventrale (occipito-temporale,
parvocellulare, o sistema del “cosa”) e il sistema dorsale (occipito-parietale,
magnocellulare, o sistema del “dove”). I risultati hanno evidenziato che la soglia
per il riconoscimento dei pattern di coerenza della forma è significativamente
più alta nel gruppo dei bambini disprassici rispetto ai controlli; non sono state
invece trovate differenze nella prova di coerenza del movimento. Perciò i
bambini con disprassia evidenziano uno specifico deficit nell’analisi
dell’informazione spaziale (riconoscimento della forma) che interessa il sistema
occipito-temporale131
.
5. Un’interpretazione originale è quella data da Ayres che vede la disprassia come
un disturbo dell’integrazione sensoriale. L’Autrice basa quest’idea sulla
correlazione tra test per la funzione tattile e test di pianificazione motoria. La
pianificazione motoria richiede lo sviluppo di uno schema motorio
“semicosciente” che si sviluppa grazie all’integrazione sensoriale. Esso
43
comincia a formarsi con il sistema tattile, che alla nascita è il più sviluppato. Se
vi è un’alterazione di questo sistema, le informazioni errate provenienti dai
recettori cutanei porterebbero allo sviluppo di un alterato schema motorio e
quindi ad un’alterazione della pianificazione del movimento28,29
.
Il tema dell’integrazione sensoriale come possibile meccanismo deficitario nella
disprassia è stato ripreso recentemente da un interessante lavoro di Zoia e
colleghi133
. Questo studio riguarda il ruolo dell’informazione sensorimotoria in
relazione alla conoscenza concettuale. Tale informazione, oltre al ruolo nel
controllo dell’azione durante la produzione del gesto, giocherebbe un ruolo
anche nella pianificazione del gesto. Secondo questi Autori, l’informazione
visiva, così come la tattile e la cinestesica, avrebbero un ruolo primario nella
rappresentazione del gesto comparabile alla conoscenza lessicale e semantica.
Pertanto introducono due modalità aggiuntive di produzione del gesto, quella
visiva+tattile e quella visiva, oltre all’imitazione e al comando verbale. Nei
bambini normali l’imitazione e la modalità visiva+tattile sono le condizioni più
facili per eseguire i gesti. Il percorso legato alla sola modalità visiva non appare
disponibile prima dei 7-8 anni, mentre quello legato alla modalità verbale non è
pienamente disponibile prima dei 9 anni di età. Intorno ai 9-10 anni possono
essere prodotti gesti in ogni modalità e la performance diviene sempre più
accurata. Nei bambini disprassici, invece, l’esecuzione nelle condizioni cross-
modale (visiva+tattile) e verbale non equivale a quella dei bambini con sviluppo
tipico. In particolare, nella modalità verbale la differenza tende a crescere
piuttosto che a ridursi con l’età. I bambini disprassici, prima dei 9 anni,
mostrano difficoltà anche nell’imitazione e nella modalità visiva, poi, in genere,
si assiste a un certo recupero133
.
44
1.1.10 Clinica
Nel descrivere i bambini con DCD bisogna ricordare che formano un gruppo molto
eterogeneo e la tipologia di disturbo della coordinazione motoria può variare da
paziente a paziente134
. I problemi di coordinazione possono coinvolgere le abilità
grosso-motorie, le abilità finemotorie o entrambe135
. Alcuni bambini sperimentano
difficoltà in varie aree, mentre altri solo in specifiche attività.
Il DCD è comunemente definito come una difficoltà nel controllo e nella coordinazione
del movimento volontario in assenza di alterazioni fisiche o neurologiche o di ritardo
mentale, che possano esserne la causa10
.
I bambini con DCD sono goffi, lenti e inaccurati nei movimenti e ciò può ripercuotersi
sulle attività quotidiane, nel gioco e sui risultati scolastici19
.
Molti sono gli studi in letteratura che esaminano le difficoltà incontrate dai bambini con
DCD. Le limitazioni più frequenti si riscontrano in:
Gioco e attività ludiche, come andare in bicicletta, sui pattini, saltare la corda;
Attività in classe;
Sport e attività correlate alla grosso-motricità;
Attività quotidiane;
Abilità sociali;
Ambito psicologico;
Difficoltà nell’ambito linguistico136
.
La maggior parte dei bambini affetti da DCD acquisisce in ritardo le tappe motorie
evolutive (vedi tab1).
45
Anni Tappe evolutive
1-2 Cammina senza aiuto
Si inginocchia e si accuccia per raccogliere oggetti
Spinge la palla con il piede
2-3 Salta piccoli oggetti
Va sul triciclo per almeno 2 metri
3-4 Abbottona serie di tre o quattro bottoni
Si lava i denti da solo
Sa indossare i calzini correttamente
4-5 Sale e scende le scale alternando i piedi
Chiude da solo le cerniere
È indipendente nella cura di se stesso (strappa la carta igienica, lava le mani,
si veste)
È in grado di abbottonarsi
Taglia il foglio con le forbici in linea retta
Fa e scioglie nodi
5-6 Si veste da solo
Fa il bagno o la doccia senza bisogno di assistenza
Afferra una palla piccola lanciata da una distanza di 3 metri
Va in bicicletta senza ruotine
Ritaglia figure complesse con le forbici
Si allaccia le scarpe da solo
6-8 Usa forchetta, cucchiaio e coltello in maniera appropriata
È in grado di rifare il letto
Salta
Tabella 1: Dati desunti da Sparrow SS, Balla DA, Cicchetti DV: Vineland Adaptive
Behaviour Scales: Interview Edition. Circle Pines, MN, American Guidance Service,
1984 and Shepherd J, Activities of DL and adaptation for independent living, in Case-
Smith J (ed): Occupational Therapy for Children (ed 5). St Louis, MO, Elsevier-
Mosby, 2005.135
I bambini con DCD nel primo anno di età, possono presentare difficoltà nella
suzione/deglutizione o nel mantenere la posizione seduta, possono gattonare in ritardo,
afferrare con difficoltà oggetti piccoli e non riuscire a manipolare i giocattoli con
46
facilità. Inoltre, possono camminare sulle punte o avere un’andatura a base allargata
anche dopo i 14 mesi di età o acquisire la deambulazione autonoma intorno ai 18
mesi6,33,137
. Spesso, tra i 18 e i 30 mesi di età, mostrano difficoltà nell’uso del cucchiaio,
hanno problemi di equilibrio e cadono facilmente, non mostrano preferenza per la mano
destra o sinistra, hanno difficoltà nei giochi di costruzione e nell’infilare i chiodini nei
buchi (nine hole peg test), presentano difficoltà articolatorie nel linguaggio e nel
mantenere a lungo l’attenzione33,137
.
Spesso i bambini disprassici hanno difficoltà a vestirsi, allacciare le scarpe, abbottonare
o chiudere le cerniere, lavarsi i denti e in altre azioni della vita quotidiana e della cura di
sé stessi6,135,137
.
Queste difficoltà di coordinazione motoria possono avere un impatto anche sulle attività
scolastiche. Infatti i bambini disprassici possono avere una scrittura lenta e/o
disordinata, scarse capacità nel disegno, difficoltà nell’impugnatura della penna,
nell’uso delle forbici e di altri oggetti comunemente utilizzati a scuola 6,12,135,138-140
. Nel
gioco possono avere difficoltà nell’andare in bicicletta, sui pattini e sullo skateboard,
nel lanciare o calciare la palla, nell’arrampicarsi, nel saltare la corda, possono correre in
maniera impacciata6,135
. Per questi motivi spesso i bambini con DCD preferiscono
giocare con bambini più piccoli che hanno simili capacità di coordinazione, possono
aver bisogno di sentirsi ripetere le istruzioni per imparare nuove abilità motorie, ed
evitano di partecipare ad attività o sport di competizione6,141,142
. I bambini con DCD
mostrano una certa discrepanza tra le abilità motorie, per definizione carenti, e le
capacità intellettive o di linguaggio, che, in genere sono buone.
Alcuni studi descrivono una diminuzione della forza di base143
e molti altri un deficit
delle abilità motorie fini, dell’equilibrio e delle abilità visuomotorie12,61,144,145
. Numerosi
47
studi considerano cruciali le disfunzioni propriocettive52
, specialmente nella
processazione delle informazioni cinestesiche12,146
.
Le difficoltà sperimentate da questi bambini possono interferire anche con la vita di
relazione e con le abilità sociali ed emozionali, comportando in alcuni casi problemi
comportamentali6,19
.
Questi bambini sono spesso isolati, introversi, facilmente frustrati e con bassa
autostima, socialmente immaturi100
e hanno maggiori difficoltà dei coetanei nel fare
nuove amicizie e nel mantenerle147
. Le abilità motorie carenti possono rendere questi
bambini vittime di bullismo148
, cosa che contribuisce al loro isolamento.
Osservazione del comportamento di un bambino di 6-12 mesi di età33
:
ABILITÀ SOCIALI
BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO
Si consola facilmente alla voce
dell’adulto e al contatto fisico
Mangia bene, suzione valida;
presenta soddisfazione dopo ogni
pasto e accetta varietà di cibi
Dai sei mesi riesce a dormire per
l’intera notte
Beve da un bicchiere per bambini
Porta il cibo alla bocca con le
mani
Si diverte a fare il bagnetto
Può rimanere per un po’ a giocare
da solo
Non è facilmente consolabile,
presenta eccitabilità ed è facilmente
irritabile
Difficoltà di alimentazione e
suzione
Presenta problemi di sonno. Ha
bisogno di rassicurazione da parte
dell’adulto
Usa il biberon per lungo tempo
Non prende l’iniziativa di portarsi
da solo il cibo alla bocca
Generalmente non ama l’acqua
Richiede costante attenzione
dell’adulto
ABILITÀ MOTORIE
BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO
Da supino effettua cambi di
posizione
Sta seduto senza aiuto
Gattona
Esplora sistematicamente
Ha difficoltà nei cambi di
posizione
Non sta seduto senza aiuto
Non gattona e non utilizza altre
modalità di spostamento
48
l’ambiente
Segue oggetti in movimento; presta
attenzione a stimoli nuovi
Sposta lo sguardo da un oggetto
all’altro: i movimenti oculari sono
completi e coordinati
È in continuo movimento
Non si ferma sulle cose (presenta
iperattività)
Presenta a volte ripetute
oscillazioni del tronco e del capo
Presenta difficoltà di sguardo e di
oculomozione
ABILITÀ MOTORIA FINE
BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO
Sa prendere piccoli oggetti con
entrambe le mani
Usa la prensione a pinza
Passa gli oggetti da una mano
all’altra
Osserva e manipola gli oggetti
È capace di puntare l’indice per
indicare
Afferra piccoli oggetti con presa
palmare
Ha difficoltà a prendere oggetti
piccoli
Non manipola i giocattoli; non li
passa da una mano all’altra
Usa tutta la mano per indicare ciò
che vuole o usa il gesto di
indicazione in modo
approssimativo
ABILITÀ LINGUISTICHE
BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO
Risponde alle richieste dell’adulto,
per esempio: dov’è la palla?
Inizia a produrre le prime parole
Interagisce con l’adulto, risponde
al babbling
Dimostra attenzione con
condivisione di sguardo
Non presta troppa attenzione agli
input verbali
Spesso non ci sono segnali che
facciano prevedere l’emergere del
linguaggio
Facilmente distraibile da stimoli
visivi
ABILITÀ COGNITIVE
BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO
Ricerca l’oggetto interessante
anche se scompare o viene
nascosto
Conosce la funzione degli oggetti
(schema d’azione)
Dimostra breve interesse per un
oggetto; passa da una cosa all’altra,
dopo pochi secondi
Dimentica subito l’oggetto che
scompare dalla sua vista
49
Osservazione del comportamento di un bambino di 18-30 mesi di età33
:
ABILITÀ SOCIALI
BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO
Collabora quando viene aiutato a
vestirsi
Si toglie le scarpe e la giacca
Mangia con il cucchiaio, beve dalla
tazza
Inizia a collaborare con i coetanei;
scambia con loro i giocattoli
Non collabora, non cerca di fare
da solo
Scarso controllo del cucchiaio
Va aiutato durante il pasto
Rimane isolato; non ama stare nel
gruppo dei coetanei
ABILITÀ MOTORIE
BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO
Cammina sciolto, con sicurezza e
con movimento alternato braccia-
gambe
Salta da un piccolo gradino con due
piedi
Corre e si arrampica sulle scale
Sale e scende con appoggio e con
un piede alla volta
Sa dare un calcio alla palla con
entrambi i piedi
Lancia la palla con entrambe le
mani
Dimostra interesse per il triciclo
Corre guidandolo, anche se non
pedala
La deambulazione viene acquisita
spesso dopo i 18 mesi
Non sa saltare
È insicuro, ha poco equilibrio, cade
facilmente
Sale e scende le scale solo per
mano dell’adulto
Non sa calciare
Ha difficoltà a mantenere la
traiettoria nel lancio e dirigere il
movimento (coordinazione OM)
Non ama i giochi dove è necessaria
la coordinazione occhio-mano
Rifiuta di utilizzare il triciclo e lo
usa per spingerlo da dietro
CAPACITÀ MOTORIA FINE
BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO
Inizia a mostrare una preferenza
per la mano destra o sinistra
Fa giochi di costruzione con
blocchetti
Costruisce una torre di 6 blocchi
Mette i chiodini nei buchi
Ama giocare con l’acqua e fare
travasi
Ama fare scarabocchi
Ritardo nell’acquisizione della
dominanza manuale
Ha difficoltà a fare giochi di
costruzione; non vuole provare
Ha problemi nell’afferrare,
manipolare e infilare i chiodini nei
buchi
Necessita di tempi lunghi, si
stanca, rinuncia
Fa pasticci nei giochi con l’acqua e
nei travasi
50
Ha difficoltà a impugnare le
matite; il tratto è troppo leggero o
troppo marcato
ABILITÀ LINGUISTICHE
BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO
Possiede un vocabolario di 20-30
parole che aumentano con rapidità;
a 24 mesi possiede più di 50 parole
Inizia piccole combinazioni con
gesti e parole
Ama ascoltare storie e osservare le
figure di un libro
Inizia a produrre suoni isolati, ma
ha difficoltà a produrre parole; può
presentare difficoltà articolatorie
Ha difficoltà a eseguire il gesto o il
ritmo giusto al momento giusto
Non mantiene a lungo l’attenzione
nell’osservare le figure di un
racconto illustrato
ABILITÀ COGNITIVE
BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO
È in grado di completare
l’inserimento delle tre forme nella
tavoletta
Ama fare puzzles e costruire forme
con grandi pezzi del Lego
Possiede il concetto e l’uso
dell’oggetto neutro (fare finta di…
con un sostituto dell’oggetto reale)
Ha difficoltà a manipolare le forme
di legno e inserirle nella giusta
posizione; è molto frustrato da
questi compiti
Evita questo tipo di attività
Spesso in ritardo l’acquisizione
dell’uso dell’oggetto neutro
Osservazione del comportamento di un bambino di 30-42 mesi di età33
:
ABILITÀ SOCIALI
BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO
Mangia da solo, usa cucchiaio e
forchetta
Gioca con gli altri bambini; usa il
linguaggio e i gesti per scambi
comunicativi
Può rimanere occupato su una
specifica attività anche più di 15
minuti
Dorme tutta la notte
Viene imboccato, se fa da solo
preferisce usare le dita
Scambi sociali poveri per difficoltà
di linguaggio; ne risente
emotivamente ed è facilmente
frustrabile
Breve tempo di attenzione a un
compito (2-3 minuti)
Persistono difficoltà di sonno;
spesso agitato quando dorme
51
CAPACITÀ MOTORIE
BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO
Sempre più capace a mantenere
l’equilibrio; sta su un piede solo
per 6-10 secondi
Sa camminare sulle punte dei piedi
Muove le braccia alternativamente
quando cammina
Sale e scende le scale alternando i
piedi
È coordinato nei movimenti sia nel
correre che nel saltare
Sa pedalare e guidare il triciclo
Non riesce a stare su un piede solo
Ha difficoltà e poco equilibrio sulle
punte; le braccia sono rigide o
cadenti ai lati del corpo
Ha difficoltà a scendere le scale, ha
paura a saltare un gradino
Corre in maniera goffa, con le
braccia allineate al corpo
Si muove in continuazione e
disordinatamente; non pedala
CAPACITÀ MOTORIA FINE
BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO
Sa copiare semplici forme: linee,
croce, cerchio, quadrato
Sa tagliare con le forbici figure
grandi
Ancora a livello di scarabocchio,
non ama queste attività
Non sa usare le forbici; la
dominanza non è ancora stabilita,
ha difficoltà a usare le due mani in
contemporanea
ABILITÀ LINGUISTICHE
BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO
Ha un vocabolario ampio e forma
delle frasi
Ama ripetere canzoncine e abbina
gesti simbolici
È interessato a libri figurati, presta
attenzione al racconto di brevi
storie con figure
Riconosce i concetti spaziali e i
termini su, sopra, dentro, fuori,
vicino e lontano
È appena in grado di usare singole
parole, utilizzando alcuni (pochi)
gesti per farsi capire, qualora sia
presente disprassia verbale
Non sa coordinare i gesti al ritmo e
alle parole delle canzoni
Perde facilmente l’interesse e
l’attenzione
Confonde i termini che indicano
relazioni spaziali
ABILITÀ COGNITIVE
BAMBINO NORMALE BAMBINO DISPRASSICO
Aumenta la capacità di gioco
simbolico anche in sequenza
Sa fare costruzioni e puzzle di
Non presenta sequenze di gioco
simbolico o ne ha un numero
limitato
52
semplici figure Evita questo tipo di attività
1.1.11 Condizioni associate
Ci sono forti evidenze che il DCD sia associato ad altre condizioni, come la sindrome
da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), disturbi dello spettro autistico (ASD),
disturbi dell’apprendimento, disturbo della condotta e disturbo oppositivo provocatorio,
nonché problemi quali ansia e depressione128,147,149,150
.
L’associazione tra DCD e ADHD, in particolare, è piuttosto forte. Circa il 50% dei
bambini con DCD presenta anche ADHD39,109
e, viceversa, approssimativamente il 50%
dei bambini con ADHD presenta il DCD6,12,151
. L’associazione sembra particolarmente
forte tra deficit della motricità fine e il sottotipo inattentivo dell’ADHD152
.
Il DCD è comune nei bambini con ASD12,19,153-155
. Circa l’80% di bambini con ASD ha
difficoltà motorie, dato ottenuto utilizzando il MABC (Movement Assessment Battery
for Children) e il DCD-Q (DCD questionnaire)153
. In uno studio di popolazione, una
comorbidità con ASD è stata trovata in 10 su 122 bambini con grave DCD e in 9 su 222
bambini con DCD moderato40
.
Il DCD è associato anche ai disturbi dell’apprendimento. Il DCD determina difficoltà
non solo in compiti più strettamente motori, come la scrittura, ma anche nella lettura e
nel calcolo6. Questi bambini hanno però abilità verbali simili ai bambini con sviluppo
tipico156,157
. Tutto ciò suggerisce che le difficoltà siano più correlate alle abilità
visuospaziali che verbali6.
Il DCD è associato anche a disturbi d’ansia e a disturbi depressivi158,159
. Un fattore di
rischio importante per lo sviluppo dei problemi di salute mentale è il bullismo, a cui
sono sottoposti i bambini con minori capacità di relazione6,158,160,161
. Questi bambini
hanno una più bassa autostima rispetto ai coetanei, tanto minore quanto minori sono le
capacità motorie e quanto maggiore è il bullismo correlato149,162,163
. La depressione è
53
più comune nei bambini con DCD, e in particolar modo in quelli in cui coesiste
ADHD159
.
I bambini con DCD infine sono meno attivi fisicamente dei coetanei12,164
e questo
conduce a un maggior rischio di aterosclerosi, obesità e diminuita funzione
cardiopolmonare164,165
. Vi è però mancanza di studi che valutino l’associazione tra DCD
e aterosclerosi6.
1.1.12 Diagnosi
La gestione del bambino con DCD deve cominciare con una diagnosi accurata14
.
Nonostante i criteri del DSM-5 vengano spesso usati per descrivere la sindrome e
definire un primo orientamento diagnostico, tuttavia non sono ancora disponibili dei
criteri standardizzati di valutazione e di diagnosi6.
La questione di come il DCD debba essere diagnosticato, potrebbe essere risolta
esaminando il ruolo dell’anamnesi, dei questionari, dell’esame obiettivo e dei test
motori12
.
Chiaramente, nelle normali attività fisiche quotidiane, si può individuare uno “spettro di
normalità” e alcuni bambini con DCD possono trovarsi all’estremità di questo. Definire
cosa costituisca la normalità e dove questa sfoci nella malattia può essere difficile14
.
Innanzitutto, è importante procedere con un’accurata anamnesi e un attento esame
obiettivo, in modo da escludere subito la presenza di condizioni fisiche o neurologiche
che possano spiegare il quadro clinico del bambino. È importante ottenere una storia
dettagliata in ambito medico, evolutivo e scolastico. È rilevante chiedere ai genitori la
storia pre- e perinatale, se il bambino sia nato pretermine166
e/o abbia presentato un
basso peso alla nascita73
, , se la madre abbia assunto alcol durante la gravidanza167
o se
si siano verificate complicazioni perinatali6. Ha rilevanza anche l’anamnesi familiare,
soprattutto nel caso di familiarità per disordini dello sviluppo6,12,168
.
54
In caso di DCD, nella storia del bambino si rileveranno ritardi nell’acquisizione delle
normali tappe evolutive, soprattutto delle competenze motorie. Inoltre, potranno essere
presenti difficoltà scolastiche, come problematiche nella lettura, dislessia, disgrafia e
necessità di assistenza in alcuni compiti.
È fondamentale indagare la presenza di altre condizioni mediche che potrebbero
spiegare il quadro clinico, come paralisi cerebrale infantile, tumori cerebrali, distrofia
muscolare, condizioni genetiche, sindrome fetale alcolica, disturbi sensoriali, epilessia,
storia di cadute o traumi cranici. La progressione dei sintomi esclude che si possa
trattare di DCD, essendo il DCD per definizione una sindrome non progressiva6. È
importante anche verificare la presenza di disturbi come ASHD o ASD o disturbi
dell’apprendimento che possono associarsi al DCD.
Elementi che preoccupano e che richiedono ulteriori indagini sono168
:
Recente storia di traumi cranici;
Storia di deterioramento delle competenze motorie;
Storia di mal di testa, dolore agli occhi o visione offuscata;
Anomalie dell’andatura, ad esempio atassica o prolungata andatura sulle punte;
Tono muscolare incrementato, fluttuante o ipertonia significativa;
Tono o forza muscolare asimmetrici;
Disartria, difficoltà di deglutizione e di alimentazione;
Segno di Gowers: difficoltà nel raggiungimento della stazione eretta (segno di
distrofia muscolare);
Anomalie muscolo scheletriche;
Lesioni neurocutanee;
Il fatto che il bambino eviti il contatto visivo;
Caratteristiche dismorfiche;
55
Difficoltà visive, come lo strabismo.
Uno strumento usato per valutare le abilità motorie nei bambini tra i 5 e i 15 anni è il
DCD-Q (Developmental Coordination Disorder Questionnaire)169
.
Il DCD-Q è un questionario per i genitori che comprende 15 voci che intendono
indagare le capacità motorie dei bambini tra i 5 e i 15 anni (suddivisi in tre gruppi di
età: 5-7, 8-9 e 10-15). Ai genitori viene chiesto di valutare le prestazioni dei propri
bambini in relazione a quelle dei compagni, assegnando un punteggio da 1 a 5 per ogni
domanda. Il punteggio finale può variare da 15 a 75 e tanto più è alto, tanto maggiore è
la probabilità per il bambino in esame di avere un DCD. Il DCD-Q esiste in diverse
varianti, adattate ai differenti contesti e culture dei diversi paesi, che permettono di
avere una buona validità predittiva169
.
È molto importante anche interrogare gli insegnanti sulle eventuali difficoltà incontrate
a scuola dal bambino12,170
.
Esistono anche dei questionari a cui sono chiamati a rispondere gli stessi bambini: la All
about Me Scale171
, il Perceived Efficacy and Goal Setting System171
, la Children Self-
Perceptions of Adequacy in and Predilection for Physical Activity (CSAPPA)12,172,173
.
Questi resoconti personali sono utili per farsi un’idea di come il bambino percepisce le
proprie difficoltà, ma non hanno una sufficiente validità per poter essere utilizzati come
strumenti diagnostici di DCD12
.
Nonostante non esistano marker diagnostici definiti per il DCD, un attento esame
clinico può essere di aiuto di fronte ad un bambino con sospetto DCD. Infatti,
guardando il bambino mentre sta in piedi, cammina, lancia o afferra una palla, si siede e
fa alcuni compiti motori fini, ci si può fare un’idea del suo livello di abilità motoria,
salvo poi integrare questo primo orientamento avvalendosi di test motori più
specifici168
.
56
L’esame generale fisico dovrebbe includere6,12,174
:
altezza, peso e circonferenza della testa;
esame della cute alla ricerca di segni neurocutanei come macule iperpigmentate
o ipopigmentate (suggestive di neurofibromatosi o di sclerosi tuberosa);
esame delle unghie alla ricerca di asimmetrie;
valutazione dell’acuità visiva;
esame neurologico che includa lo stato mentale, l’esame dei nervi cranici, del
sistema motorio, dei riflessi, dei movimenti involontari, delle funzioni
cerebellari, del sistema sensoriale e che comprenda anche l’analisi di abilità
motorie quali camminare, salire le scale, disegnare, scrivere. Importante anche
una valutazione cognitiva e comportamentale12
.
Gli esami di laboratorio, quali la misurazione della LDH e della CPK, o di
neuroimaging, quali la MRI, generalmente non sono necessari nella valutazione dei
bambini con DCD, ma possono essere necessari per escludere altre cause di
incoordinazione motoria6.
Infine, è fondamentale sottoporre il bambino a test motori standardizzati12
. I test che
indagano funzioni motorie sono numerosi, ma solo pochi test sono stati studiati e
selezionati per la diagnosi di DCD12
. La valutazione del movimento può essere “con
riferimento alla normalità” (“norm referenced”) o “con riferimento al criterio”
(“criterion referenced”). Un test “norm referenced” compara le prestazioni del soggetto
in esame a quelle di un gruppo di riferimento statisticamente selezionato che si è
sottoposto al test precedentemente, mentre un test “criterion referenced” compara le
prestazioni a criteri predeterminati175
.
Il test più comunemente utilizzato è il M-ABC (Movement Assessment Battery for
Children), un test “norm referenced”, di cui è uscita recentemente una nuova versione, il
57
M-ABC-2. Il M-ABC è una revisione del TOMI (Test of Motor Impairment) e origina
dalla scala Oseretsky per le capacità motorie dei bambini. Il test è disponibile per
bambini tra i 4 e i 12 anni e si compone di 32 prove distribuite in 4 fasce di età. Ogni
fascia di età comprende 8 prove che esaminano le abilità manuali comprese in tre
categorie: abilità di destrezza manuale, abilità con la palla e capacità di equilibrio. Il test
richiede un tempo di esecuzione di 20-30 minuti. Ad ogni prova è attribuito un
punteggio da 0, miglior prestazione, a 5, peggior prestazione. I vantaggi più importanti
sono: disponibilità in diversi paesi europei, validità crossculturale, facilità di
somministrazione. Gli svantaggi invece consistono in: ampio range di età delle fasce
che causa perdita di specificità (poiché l’età è un fattore critico di cui tenere conto nella
diagnosi di DCD12
), e proporzione sfavorevole tra numero di prove e tempo richiesto (8
prove in 20/30 minuti). Nella versione rivisitata, il M-ABC-2, sono state aggiunte
osservazioni qualitative, che però non hanno impatto sul punteggio e specificano solo il
tipo di difficoltà incontrato. La versione rivisitata si compone di tre parti: il test
standard, la checklist e un manuale che descrive il corretto approccio al bambino con
difficoltà motorie. L’età è stata ampliata, da 3 a 16 anni, e le fasce di età riorganizzate
(3-6, 7-10 e 11-16). Infine, alcuni compiti sono stati modificati, al fine di aumentare la
corrispondenza (e la sensibilità) tra i compiti e le differenti fasce d’età. Il M-ABC è
stato tradotto in diverse lingue, ad esempio olandese, svedese, italiano, cinese,
giapponese176
.
Il MOT 4-6 (Motoriktest für vier- bis sechsjährige Kinder) è un test di origine tedesca,
sviluppato negli anni 80 e studiato per indagare le abilità sia finemotorie che grosso-
motorie nei bambini in età prescolare, tra i 4 e i 6 anni.
Gli autori hanno stabilito 18 differenti compiti che includono locomozione, stabilità,
controllo degli oggetti e abilità motorie fini. Il punteggio per ciascun compito va da 0,
58
compito non eseguito, a 2, compito eseguito alla perfezione. Il tempo totale di
somministrazione del test varia da 15 a 20 minuti. Il MOT 4-6 è un test “norm
referenced” ed è uno strumento di valutazione della coordinazione per bambini in età
prescolare, raccomandato per scopi di ricerca educazionale a causa del suo specifico
range di età. 12,175
Il BOTMP (Bruininks-Oseretsky test of Motor Proficiency), e la sua versione revisitata
BOTMP-2 (Bruininks-Oseretsky test of Motor Proficiency, second edition), sono test
per lo studio dello sviluppo delle funzioni motorie sia fini che grossolane, “norm
referenced”, prevalentemente utilizzati negli USA e in Canada. Sono utilizzati per
identificare deficit motori da lievi a moderati. Valutano la qualità del movimento, la
coordinazione, la velocità, la destrezza degli arti superiori, la velocità delle risposte e il
controllo visuomotorio. Sono adatti a individui dai 4 ai 21 anni. Il BOTMP-2 long form
è costituito da 53 compiti e suddivido in 8 sottoprove: 7 compiti di precisione motoria
fine, 8 di integrazione motoria fine, 5 di destrezza manuale, 7 di coordinazione
bilaterale, 9 di equilibrio, 5 di agilità e velocità nella corsa, 7 di coordinazione dell’arto
superiore e 5 di forza. I compiti in ogni sottoprova diventano progressivamente più
difficili. La short form del BOTMP-2 comprende 14 compiti estrapolati dalla long form
del BOTMP-2. Il punteggio varia in base ai diversi compiti e può essere basato su una
scala da 2 punti (esegue/non esegue) fino a una scala da 13 punti. Il tempo richiesto per
il test è tra i 45 e i 60 minuti per la forma completa e tra i 15 e i 20 minuti per quella
breve. Per i bambini più piccoli il tempo richiesto può essere eccessivo, così può essere
utile suddividere il test in due sessioni. Gli intervalli di età considerati sono di 4 mesi
per i bambini in età prescolare, di 6 mesi per i bambini in età scolare e di 1 anno per gli
adolescenti sopra i 14 anni. Il test ha termini di confronto diversi per ciascun sesso.
59
Il BOTMP/BOTMP-2 mostra un’affidabilità da buona a eccellente, una validità
paragonabile a quella del M-ABC-2, una buona specificità, ma una sensibilità minore
rispetto al M-ABC. L’uso del test è raccomandato per la diagnosi di difficoltà motorie,
per lo screening, per lo sviluppo e la valutazione di programmi di allenamento motorio,
e per obiettivi di ricerca.
I punti di forza più importanti del BOTMP-2 includono:
Le fotografie in esso contenute, che aiutano a ridurre al minimo le esigenze
linguistiche e forniscono agli esaminatori un aiuto per far si che la
somministrazione del test risponda agli standard e sia efficiente;
La validità delle prove somministrate, che riflettono le attività motorie tipiche
dei bambini (ad esempio, le abilità con la palla, il movimento, le attività con la
penna e il foglio);
La validità di costrutto del test, che è buona;
L’attendibilità inter-operatore (inter-rater reliability) e l’attendibilità nella
ripetizione (test-retest reliability), che sono molto buone sia per la forma
completa che per la short form;
I termini di paragone, che sono relativamente aggiornati e riflettono i dati
demografici degli USA.
Le limitazioni più importanti includono:
La debole affidabilità di ripetizione per alcuni test secondari e per alcuni gruppi
di età, che limitano in parte la sicurezza nell’uso di questi risultati;
L’assegnazione dei punteggi, che richiede molto tempo;
La difficoltà di alcune prove per i bambini di 4 anni con sviluppo tipico o di 5
anni con ritardo.
I criteri per i paesi non americani sono carenti. 12,175
60
In sintesi, il livello di evidenza per la qualità e idoneità del BOTMP è classificato come
moderato (LOE 2), ma, in generale, l’evidenza è più debole rispetto al M-ABC, in
particolare sulla sensibilità del test. Tuttavia, l’originale popolazione standardizzata
americana è grande e i valori di riferimento con intervalli di 4 mesi nei bambini sembra
convincente.
Il PDMS-2 (Peabody Development Scales), versione rivisitata del PDMS,
originariamente pubblicato nel 1983, è uno strumento di diagnosi qualitativo e
quantitativo per valutare le abilità sia grosso-motorie che finemotorie nei bambini da 0 a
6 anni. Può essere utilizzato sia per la diagnosi che per i programmi di trattamento,
nonché per scopi di ricerca. Il test consiste di 6 sottoprove di cui 4 indagano la grosso-
motricità e 2 la motricità fine. I compiti per valutare la grosso-motricità includono:
riflessi (8 prove), prestazioni stazionarie (30 prove), locomozione (89 prove) e
manipolazione degli oggetti (24 prove). I compiti per la valutazione della motricità fine
comprendono: afferrare gli oggetti (26 prove) e l’integrazione visuomotoria (72 prove).
Il test è standardizzato su un campione di 2000 bambini provenienti da 20 stati USA. Il
punteggio usa una scala a 3 punti: 0 in caso in cui l’abilità non sia acquisita, 1 per abilità
in via di acquisizione e 3 in caso di abilità completamente acquisite. 12,175
Il Körperkoordinationtest für Kinder (KTK), sottoposto a revisione nel 2007, è adatto
sia per bambini con sviluppo tipico sia per bambini con danni cerebrali, problemi di
comportamento o disturbi dell’apprendimento. Il test indaga il controllo del corpo e la
coordinazione. Il KTK è una versione più breve del Hamm-Manburger
Körperkoordination Test für Kinder of Kiphard and Schilling (1974). Il test copre un
range di età dai 5 ai 14 anni e richiede circa 20 minuti per l’esecuzione. Il KTK è
limitato allo studio dell’equilibrio e della coordinazione e non indaga altre funzioni
61
motorie come la locomozione o il controllo degli oggetti. È un test “norm
referenced”12,175
.
Il Test of Gross Motor Development, second edition (TGMD-2) valuta le abilità di
grosso-motricità. È un test “criterion and norm referenced”. Secondo gli autori può
essere utilizzato per identificare bambini che hanno prestazioni grosso-motorie
significativamente al di sotto di quelle dei coetanei. Il TGMD-2 è una revisione
dell’originale TGMD, pubblicato nel 1985. Il range di età va da 3 a 10 anni, coprendo il
periodo più critico dello sviluppo delle abilità motorie. Il test include compiti relativi
alla locomozione, come ad esempio correre e saltare, e compiti relativi all’abilità di
controllo degli oggetti, come ad esempio afferrare e calciare una palla. Il bambino deve
compiere l’azione due volte. Il punteggio può essere 0, se il compito non viene eseguito
o viene eseguito male, o 1, se il compito è eseguito correttamente. Il test richiede un
tempo di esecuzione di 15-20 minuti12,175
.
Altri test utilizzati12,175
:
McCarron Assessment of Neuromuscolar Dysfunction, utilizzato soprattutto in
Australia;
Frostig/FEW2 (DTVP2), utile per diagnosticare problemi visuomotori o di
visuopercettivi;
ZNA, molto utilizzato in Svizzera. Esamina le abilità motorie nei bambini e
negli adolescenti dai 5 ai 18 anni. Nessuno studio però ha ancora valutato lo
ZNA in relazione al M-ABC, né la sua utilità nella diagnosi di DCD;
Bayley Scales of Infant Development III che valuta le funzioni cognitive,
motorie e comportamentali nei bambini da 0 a 3 anni;
Purdue Pegboard Test per la valutazione della motricità fine e della destrezza;
62
Maastrichtse Motoriek Test (MMT)175
, un nuovo strumento di diagnosi, messo a
punto da Vles e collaboratori, il cui scopo è identificare in età precoce i bambini
a rischio di ADHD. Il test richiede da 20 a 25 minuti per l’esecuzione, è adatto a
bambini di 5-6 anni e consiste di 70 prove, di cui 34 indagano gli aspetti
quantitativi del movimento e 36 quelli qualitativi. Il punteggio per ogni compito
va da 0 a 2;
Test che indagano disturbi della scrittura come il Detailed Assessment of Speed
of Handwriting177
, il Minnesota Handwriting Test, il Children’s Handwriting
Evaluation Scale Manuscript, l’Evaluation Tool of Children’s Handwriting
Manuscript, il Test of Legible Handwriting, il Test on Diagnosis and
Remediation of Handwriting Problems;
Systematische Opsporing van Schrijfproblem⁄Beknopte Beoordelingsmethode
voor Kinder Handschriften178-180
: un test indirizzato a valutare le capacità di
scrittura dei bambini delle scuole elementari. Il compito consiste nel copiare un
testo standard su un foglio senza righe, o almeno 5 righe di testo se il bambino è
molto lento nella scrittura, in 5 minuti. Il test valuta la qualità e la velocità della
scrittura.
TEST SCOPO ASSESSMENT/
TRAINING
ETÀ
(anni:mesi
)
DURATA
ESAME
(min)
NUMERO
DI PROVE
MOT 4-6 Valutare lo
sviluppo
motorio in età
prescolare.
Valutazione generale
di abilità grosso-
motricità e di
motricità fine.
4:0-6:11 15-20 18
M-ABC Identificare e
descrivere
difficoltà
motorie nella
vita di tutti i
giorni.
Screening di
difficoltà motorie;
Misurazione di
livello;
Valutazione del
trattamento.
4:0-12:0 20-30 32 suddivisi
in 4 fasce
d’età (4x8)
PDMS 2 Valutazione
dello sviluppo
motorio e
Approfondita
valutazione,
allenamento o
0:0-6:11 LV: 46-60
STV: 20-
30
249
63
della terapia
per bambini
con disabilità.
recupero di abilità
motorie fini e
grossolane.
KTK Valutazione
dell’equilibrio.
Screening di
bambini che hanno
sofferto di danni
cerebrali o di
disturbi del
comportamento o
dell’apprendimento;
Screening delle
abilità grosso
motorie.
5:0 – 14:0 20 4
TGMD-2 Identificare i
bambini
significativame
nte al di sotto
dei coetanei.
Identificare, valutare
e pianificare
cambiamenti in
relazione all’età o
all’esperienza;
valutare
cambiamenti dopo
intervento o
istruzione.
3:0-10:0 15-20 12
MMT Oggettivare
aspetti
qualitativi e
quantitativi del
movimento.
Individuazione di
ADHD.
5:0-6:11 LV:30
SV:7
LV: 70
SV: 20
BOT-2 Identificazione
di deficit in
bambini con
lievi o
moderati
problemi di
coordinazione.
Analisi del profilo
per valutare i punti
di forza e di
debolezza, studi di
validità clinica di
autismo ad alto
funzionamento,
sindrome di
Asperger, DCD e
ritardo mentale da
lieve a moderato.
4:0-21:0 LF: 46-60
SF: 15-20
LF: 53
SF: 14
Tabella 2175
TEST GROSSO-MOTRICITÀ MOTRICITÀ FINE
Abilità di
locomozione
Abilità di controllo
degli oggetti
Abilità di
stabilità
MOT 4-6 6 4 9 3
M-ABC 1 2 3 3
PDMS 2 16 10 18 18
KTK 0 / 4 /
TGMD-2 6 6 / /
64
MMT / 8 34 28
BOT-2 9 8 16 20
Tabella 3175
TEST PUNTI DI FORZA PUNTI DI DEBOLEZZA
MOT 4-6 Appropriato per bambini in età prescolare; Adatto per l'uso in un contesto educativo; Scheda di valutazione breve e chiara; Altamente efficiente (abilità testata / tempo di valutazione); Il punteggio fa riferimento ad abilità motorie generali e fondamentali; Fornisce informazioni sul livello di padronanza delle abilità: al di sopra o al di sotto del previsto.
Dati di riferimento vecchi; Nessuna recente revisione disponibile; Poche informazioni sul test e sui risultati dei test disponibili nella letteratura internazionale.
M-ABC Appropriato per bambini in età prescolare; Disponibili dati di riferimento internazionali; Valutazione qualitativa e quantitativa; Fortemente adatto per la rilevazione di difficoltà; Adatto per l’uso in un contesto educativo; Grande quantità di studi sulle caratteristiche psicometriche del test.
Nessuna informazione sulla padronanza delle abilità al di sopra del livello previsto; Efficienza piuttosto bassa (abilità testata / tempo di valutazione);
PDMS-2 Appropriato per bambini in età prescolare; Strumento di valutazione molto dettagliato; Le sottoprove possono essere somministrati da sole; Fornisce informazioni sul livello di padronanza delle abilità: al di sopra o al di sotto del previsto; Sono inclusi aspetti qualitativi del comportamento motorio.
Specificatamente designato per rilevare deficit o difficoltà motorie; Forma breve non disponibile; L’esecuzione del test completo è piuttosto lunga per i bambini piccoli; L'assenza di dati di riferimento di bambini europei.
KTK Rapido screening della stabilità; Considerato ancora come molto affidabile e molto apprezzato per la sua accuratezza e standardizzazione .
Dati di riferimento vecchi Meno appropriato per la valutazione di bambini in età prescolare; Informazioni sullo sviluppo del movimento limitate (equilibrio).
TGMD-2 Appropriato per bambini in età prescolare; Sono inclusi aspetti qualitativi del
Non valutato lo sviluppo di abilità di motricità fine né di stabilità;
65
comportamento motorio; Enfasi sullo sviluppo delle abilità motorie di controllo degli oggetti; Fornisce informazioni sul livello di padronanza delle abilità: al di sopra o al di sotto del previsto.
Per l’Europa la batteria di test non è esente da differenze culturali.
MMT Valutazione di prove sia quantitative che qualitative; Altamente efficiente (abilità testata / tempo di valutazione); Fornisce informazioni sul livello di padronanza delle abilità: al di sopra o al di sotto del previsto.
Adatto a un ristretto range di età ; Specialmente progettato per la rilevazione di ADHD.
BOT-2 Appropriato per bambini in età prescolare; Strumento di valutazione molto dettagliato; Le sottoprove possono essere somministrate da sole; Disponibile la Short Form; Fornisce informazioni sul livello di padronanza delle abilità: al di sopra o al di sotto del previsto; Sono inclusi aspetti qualitativi del comportamento motorio; Grande quantità di evidenze sulle caratteristiche psicometriche del test.
Accento posto sulla rilevazione di deficit; Assenza di dati di riferimento europei; Complicato ricevere un kit per il test; La standardizzazione del test è piuttosto difficile; L’esecuzione del test completo è piuttosto lunga per i bambini piccoli; Necessità di una grande sala per la prova di corsa; Scheda di valutazione confusa.
Tabella 4175
1.1.13 Diagnosi differenziale
I problemi di coordinazione motoria possono essere indicativi di altre condizioni
mediche come difficoltà sensoriali, disordini neurologici o deficit intellettivi181
. Prima
di porre diagnosi di DCD occorre effettuare un’attenta anamnesi ed esame obiettivo,
così da escludere condizioni di disabilità intellettiva, cerebrovasculopatie, traumi
cerebrali, paralisi cerebrali infantili, emiplegia, sindrome di Tourette e distrofia
muscolare135,181
.
La diagnosi differenziale della “goffaggine” include disordini progressivi e non
progressivi che possono causare difficoltà di coordinazione motoria nei bambini182
. Il
66
DCD è per definizione un disordine non progressivo, perciò la presenza di una
progressione ne esclude la diagnosi6. Per questo motivo è importante il follow up,
soprattutto nei casi in cui la diagnosi è incerta, considerando anche che alcuni disordini
progressivi inizialmente possono non sembrare tali.
Tra i disordini progressivi la diagnosi differenziale deve prendere in considerazione6:
Tumori cerebrali;
Condizioni metaboliche (es aminoaciduria, malattia di Wilson);
Disordini neuromuscolari (es miositi, distrofie muscolari, neuropatie);
Idrocefalo;
Atassia cerebellare;
Epilessia mioclonica.
Tra i disordini non progressivi è importante escludere6:
Disabilità intellettive: il DCD può essere diagnosticato in bambini che hanno
disabilità intellettive, ma solo se le difficoltà motorie sono eccessive rispetto a
quelle solitamente riscontrate;
Vertigini;
ADHD: DCD e ADHD coesistono spesso, ma alcuni bambini con ADHD
possono essere goffi a causa della mancanza di attenzione e non per problemi di
coordinazione.
1.1.14 Terapia
Spesso le difficoltà motorie di bambini in età prescolare e scolare vengono interpretate
genericamente e approssimativamente come problemi relativi a disattenzione e scarsa
voglia di applicarsi in qualsiasi tipo di apprendimento. Di conseguenza, tali bambini
possono essere impropriamente accusati di disinteresse, pigrizia e goffaggine. È invece
67
molto importante porre precocemente diagnosi di DCD e trattare tempestivamente
questi bambini, poiché possono presentare importanti miglioramenti se sottoposti a un
trattamento adeguato. Una meta-analisi del 2013 ha concluso che intervenire porta
effettivi benefici rispetto a non intervenire183
. Quale sia l’approccio ottimale è però
ancora dibattuto.
Principi generali di trattamento sono184
:
Coinvolgimento attivo del bambino;
Dare priorità alle attività funzionali della vita quotidiana rilevanti per il bambino
e per i genitori;
Insegnare competenze ed abilità che possano essere generalizzate e sfruttate in
altre attività;
Utilizzare metodi supportati dall’evidenza;
Trattare possibili condizioni associate, come l’ADHD o i disturbi
dell’apprendimento;
Fornire supporto psicologico;
Coinvolgere più persone nel piano di trattamento, come genitori e insegnanti
oltre ai professionisti sanitari. Questo tipo di approccio è noto come “approccio
ecologico”184
.
È sicuramente importante una terapia di supporto. È fondamentale che il bambino, i
genitori e gli insegnanti capiscano che le difficoltà non sono dovute a pigrizia o
mancanza di impegno del bambino, che quindi non deve essere colpevolizzato. È altresì
importante che ad essi vengano spiegati il quadro sindromico, i possibili approcci e i
risultati che possono essere ottenuti con un trattamento adeguato184
. Il bambino deve
essere incoraggiato a partecipare ad attività nelle quali può riuscire. Non deve essere
caricato, infatti, di aspettative troppo alte che possano minare la sua autostima in caso di
68
insuccesso. È necessario, affinché i trattamenti abbiano successo, che il bambino riceva
il supporto necessario dai genitori, dagli insegnanti e dalle persone più importanti della
sua vita. Gli insegnanti devono adattare l’insegnamento alle necessità del bambino,
fornendo in alcuni casi più tempo per portare a termine gli esercizi e devono impedire
che il bambino venga infatti deriso dai compagni a causa delle sue difficoltà. I bambini
con DCD, infatti, beneficiano del contatto con i coetanei e l’isolamento che può
derivare da eventuali esclusioni da parte dei compagni incide negativamente sul loro
sviluppo184
.
Lo sport può apportare importanti benefici, riducendo il rischio di obesità e di mancata
socializzazione. Occorre scegliere però uno sport che il bambino apprezzi e che sia in
grado di praticare, privilegiando sport non competitivi nei quali la partecipazione sia
individuale e non all’interno di una squadra. Infatti, poiché lo sport di squadra richiede
coordinazione con i compagni, le ridotte abilità sportive del bambino con DCD rispetto
ai coetanei potrebbero esporlo a isolamento da parte di questi ultimi184
.
Relativamente al trattamento riabilitativo del DCD, esistono differenti approcci che
sono stati tra loro confrontati e sistematicamente revisionati185-187
. Le modalità di
intervento possono essere “task-oriented”, cioè finalizzate a riabilitare le funzioni, o
“deficit-oriented”, cioè finalizzate a riabilitare le attività motorie risultate
deficitarie55,135
.
Nella prospettiva “deficit-oriented”, spesso denominato approccio tradizioale, si
possono individuare tre tipologie di approccio135
: di integrazione sensoriale (sensory
integration, SI)188-191
, sensorimotorio (sensorimotor SM)192-198
e process-oriented
(PO)199-202
.
L’approccio “deficit-oriented”, spesso denominato approccio tradizionale, è stato
sviluppato negli anni ‘60 e ‘70. Si basa sulla premessa che le prestazioni motorie sono il
69
risultato di un corretto funzionamento del sistema nervoso e muscoloscheletrico e,
quindi, il deficitario o anormale sviluppo di tali sistemi produca il deficit motorio203
.
L'obiettivo dell’intervento è quello di ripristinare il sistema o i sistemi deficitari,
cercando di ridurre il deficit funzionale e migliorare le prestazioni. Sono stati sviluppati,
e sono ancora in uso, vari interventi che si rifanno a questo tipo di approccio, come la
terapia neuroevolutiva, quella di integrazione sensoriale e quella
percettiva/sensorimotoria55,135
.
Questi interventi suppongono che le difficoltà motorie che i bambini con DCD
sperimentano siano il risultato di un difettoso sistema sensoriale, motorio o
sensorimotorio sottostante o dei sistemi di integrazione sensoriale. L'intervento mira a
ripristinare la funzione deficitaria attraverso il ripristino dell’efficienza del sistema
danneggiato. L’idea è che, una volta risolto il problema alla base, si risolverà anche la
difficoltà motoria135
.
Gli approcci “deficit-oriented” si basano su teorie gerarchiche e di neuromaturazione
oramai obsolete con inconcludenti evidenze sulla loro efficacia185,186
.
Le teorie meccanicistiche e gerarchiche che hanno guidato negli anni ’60 e ‘70 lo studio
dei deficit motori nei bambini, sono state infatti gradualmente sostituite da teorie di
controllo e apprendimento motorio. La prestazione motoria non è unicamente
controllata dai sistemi corporei ed elicitata da input sensoriali, ma emerge
dall’interazione dinamica di differenti sistemi tra cui corpo, compito ed ambiente.
Conseguentemente al fatto che i deficit presenti nel DCD non sono ben compresi e che
il rapporto tra prestazione e funzionamento del sistema sottostante non è diretto, alcuni
ricercatori si sono allontanati dall’approccio “deficit-oriented” per approdare al metodo
“task-oriented”135
.
70
Nella prospettiva “task-oriented”, si possono individuare 3 tipologie di approccio135
: il
compito specifico (task-specific, TS)204-206
, il programma di intervento genitore-
insegnante (parent-teacher intervention program PTIP) e l’orientamento cognitivo per la
performance occupazionale (cognitive orientation to daily occupational performance
CO-OP)207-210
.
L’intervento in questo caso è focalizzato sull’esecuzione del compito, e l’interazione tra
la persona, il compito e l’ambiente diventa di primaria importanza. L’obiettivo si sposta
dal processo al compito specifico: invece di cercare di ristabilire la funzione corporea
persa, ci si prefigge di insegnare al bambino ad eseguire le fondamentali attività della
vita quotidiana e trovare strategie che lo aiutino ad aggirare le sue difficoltà. Vi sono
diversi tipi di intervento “task-oriented”: gli interventi per compiti specifici (ad esempio
l’insegnamento della scrittura a mano), il training di abilità neuromotorie, il PTIP
(approccio ecologico) e il CO-OP135
.
L’approccio CO-OP, Cognitive Orientation to daily Occupational Performance, è un
approccio al problem solving, basato sui risultati, che pone il bambino al centro del
processo di apprendimento. Ciò consente l’acquisizione di abilità e competenze
percettivo-motorie e funzionali (ad esempio andare in bicicletta, allacciare le scarpe,
etc.) attraverso l’uso di un processo cognitivo fondato sulla scoperta e l’uso di strategie
che permettano al bambino di raggiungere gli obiettivi che si è prefissato. Questo
metodo è stato sviluppato per venire incontro alle esigenze dei bambini con DCD
utilizzando ricerche e teorie cognitive, percettive e motorie recenti e basate
sull’evidenza. L’approccio CO-OP riconosce l'importanza della partecipazione e del
successo nelle occupazioni della vita quotidiana come elemento essenziale alla salute e
allo sviluppo del bambino. A differenza di altri approcci “task-oriented” pone l’accento
sul ruolo del processo cognitivo nello sviluppo di abilità motorie. Il CO-OP, inoltre, si
71
prefigge tre obiettivi addizionali: l’uso di strategie cognitive, la generalizzazione di
strategie e il trasferimento dell’apprendimento in situazioni reali, di vita quotidiana.
Nell’approccio CO-OP i bambini imparano abilità scelte da loro stessi in modo che
l’intervento sia centrato sul bambino e che il bambino sia fortemente motivato a
lavorare su compiti per lui difficili senza essere tentato di abbandonare. Nel CO-OP il
ruolo del terapista è quello di guidare i bambini alla scoperta di strategie, alla
formulazione di un programma d’azione, alla realizzazione e al controllo dell’azione. La
“scoperta guidata” è un punto chiave del CO-OP che affonda le sue radici nei principi
generali delle teorie di apprendimento. Anche se le ricerche sono ancora in corso e non
ci sono ancora sufficienti dati per fornire prove inconfutabili dell’efficacia
dell’approccio CO-OP nel promuovere l’acquisizione di abilità, le prove fino ad oggi
raccolte sono senza subbio incoraggianti135
.
Una metanalisi pubblicata nel 2013 e basata su 26 studi e 912 bambini ha concluso che i
metodi “task-oriented” hanno effetti più importanti sulle performance motorie rispetto
ai metodi “process-oriented”183
, che si basano sull’osservazione del percorso mentale
del soggetto, dal momento della presentazione del compito, fino alla sua conclusione,
indipendentemente dal risultato e dal punteggio quantitativo211
.
Nonostante la teoria e le prime evidenze favoriscano l’approccio “task-oriented”,
tuttavia nessun tipo di intervento è stato pienamente approvato e confermato da
ricerche185
, né da dati neurobiologici o da studi di neuroimaging. Studi di neuroimaging
potrebbero aumentare la nostra comprensione della neurobiologia del DCD e aiutarci
ad individuare il miglior intervento per questi bambini.
Sulla base dei principi dell’apprendimento motorio e della neuroplasticità, è ipotizzabile
che i bambini con DCD possano presentare un miglioramento delle abilità motorie
relativamente duraturo in seguito a training dell’apprendimento motorio.
72
Non sono ancora noti, ad oggi, il miglior tipo e l’intensità ottimale di allenamento
necessari per indurre cambiamenti neuro plastici. Né, eventualmente, l’esercizio più
appropriato per favorire la rappresentazione del modello interno di movimento nei
bambini con DCD.
L’approccio migliore andrebbe scelto caso per caso, individuando specifici obiettivi,
pianificando un programma individuale e valutando la responsività al trattamento.
Sono stati anche studiati approcci di tipo dietologico, come l’aumentato apporto con la
dieta di acidi grassi, sulla base di conoscenze neurobiologiche secondo cui gli acidi
grassi sono necessari nello sviluppo del sistema nervoso e avrebbero un’influenza
positiva su lettura, dizione e comportamento in bambini con DCD, ma non è stata
dimostrata nessuna evidenza di un loro effetto anche sulle funzioni motorie12,184
.
1.1.15 Outcome
Un gran numero di studi prospettici hanno esaminato l’outcome motorio dei bambini
con DCD, dimostrando che i deficit motori persistono nell’adolescenza e nell’età adulta.
Essi possono associarsi a difficoltà scolastiche, emozionali e di comportamento, nonché
a problemi di benessere e forma fisica, probabilmente dovuti alla riluttanza mostrata da
questi bambini ad impegnarsi nell’attività fisica14,128,149,162,184,212
.
I bambini con DCD, infatti, sono più a rischio rispetto ai coetanei di avere scarse
relazioni sociali, bassa autostima, depressione, ansia e obesità141,212,213
.
Sono, inoltre, meno attivi fisicamente rispetto ai coetanei con sviluppo tipico164
, e
questo sembra potersi associare ad un aumentato rischio aterosclerotico, anche se tale
associazione attende di essere confermata da ulteriori studi 164,165
.
Gli adulti con una storia di DCD riportano impieghi lavorativi di livello inferiore,
minore soddisfazione nei confronti della loro vita e più alti livelli di ansia e
depressione6,214,215
.
73
La diagnosi e il trattamento precoce potrebbero permettere a questi bambini di superare
le loro difficoltà e/o di sviluppare strategie che le rendano gestibili14
, evitando pertanto
potenziali conseguenze sulla vita adulta, come disoccupazione, disturbi psichiatrici,
abuso di sostanze, scarse relazioni interpersonali e criminalità14,216,217
.
74
2 CAPITOLO 2
2.1 Razionale
La disprassia è un disturbo complesso, con implicazioni che possono coinvolgere sia il
sistema motorio che le funzioni cognitive. Spesso il bambino con disprassia viene
semplicemente considerato un bambino goffo e impacciato, e, a meno che non
intervengano altri disturbi dell’apprendimento associati, spesso non giunge
all’osservazione del medico. Sarebbe, invece, molto importante diagnosticare
precocemente e trattare tempestivamente il bambino con disprassia evolutiva, al fine di
consentirgli il recupero delle abilità motorie compromesse.
Il protocollo di valutazione della disprassia evolutiva oggetto del presente studio è stato
sviluppato con lo scopo di consentire la formulazione di un progetto riabilitativo
individuale nell’ottica della modalità di intervento proposta dalla Teoria Neurocognitiva
della Riabilitazione (TNR). Tale prospettiva si basa su di un approccio “terapeutico”, in
quanto si prefigge l’apprendimento o il riapprendimento di specifiche capacità, e
“conoscitivo”, in quanto il movimento viene considerato come strumento di interazione
con e di conoscenza del mondo esterno. Anche quando una lesione non colpisce
primariamente i sistemi sensoriali, ogni riduzione o alterazione del movimento si
accompagna, infatti, ad un impoverimento della capacità di raccogliere informazioni.
Gli esercizi sono studiati per stimolare e sviluppare, insieme al movimento, anche i
processi cognitivi del paziente: la percezione, l’attenzione e la capacità di risolvere i
problemi. Questo approccio prevede che il paziente interagisca con “sussidi”, dedicati,
risolvendo specifici “problemi conoscitivi” che vengono costruiti in base all’elemento
della patologia che si desidera superare. Proporre l’esercizio in termini di risoluzione di
75
un problema motorio comporta, infatti, l’attivazione di una serie di funzioni cognitive,
come attenzione, motivazione e memoria.
Da tempo è noto che la struttura complessiva di un’azione implica la presenza di
un compito, la formulazione di un piano d’azione, un modello predittivo dei risultati
attesi, la regolazione del movimento e la verifica dei risultati ottenuti: ciò significa che
al movimento osservabile è sottesa una serie di processi cerebrali che lavorano in modo
combinato46
.
Nella TNR il recupero viene considerato come un processo di apprendimento che ha
luogo in condizioni patologiche: come per altri tipi di apprendimento che hanno luogo
in condizioni fisiologiche, solitamente ci si esercita risolvendo problemi. Nel caso di un
disturbo motorio gli esercizi sono dunque costituiti da problemi specifici da risolvere
con il movimento. Il paziente, con la guida del terapista, è quindi chiamato a mettere in
atto quella complessa serie di operazioni mentali che precedono e accompagnano il
movimento, attivando reti neurali su vasta scala218
.
2.2 Obiettivi dello studio
La finalità del presente studio è quella di sviluppare un protocollo di rapida e semplice
somministrazione che consenta di valutare le abilità prassiche in età evolutiva
relativamente agli arti superiori, allo scopo di permettere la stesura di un progetto
riabilitativo individuale mirato a recuperare quelle abilità che risultano compromesse.
Il protocollo di valutazione può essere inoltre utilizzato come strumento di follow-up,
per poter valutare il successo della terapia.
In un primo momento si è deciso di proporre il test a bambini con sviluppo tipico di età
compresa fra i 3 e gli 8 anni (coprendo dunque il periodo più critico nello sviluppo delle
abilità motorie, che sono normalmente acquisite in un processo continuo, progressivo ed
ordinato219
), con l’obiettivo di osservare lo sviluppo delle abilità motorie durante la
76
crescita. In un secondo momento, il protocollo è stato proposto anche a bambini con
disprassia evolutiva, allo scopo di confrontarne i punteggi con quelli ottenuti dai
soggetti sani.
2.3 Materiali e metodi
2.3.1 Partecipanti
Nel presente studio sono stati reclutati 63 soggetti con sviluppo prassico tipico, sia di
sesso maschile che femminile, tutti di età compresa tra i 3 e gli 8 anni, in buone
condizioni di salute, senza patologie psichiatriche e/o neurologiche, ai quali è stato
somministrato il protocollo di valutazione in oggetto. I genitori (o tutori) dei
partecipanti hanno fornito il loro consenso scritto dopo essere stati informati degli
aspetti generali della ricerca, della procedura dello studio e della garanzia di anonimato.
2.3.2 Strumenti
Il protocollo è suddiviso in 6 parti, ciascuna delle quali relativa ad una modalità prassica
e composta da subtests che ne valutano alcuni aspetti specifici: modalità imitazione
(prassie espressive e gesto transitivo), modalità visiva e visuo-tattile (gesto transitivo),
modalità verbale (prassie espressive e gesto transitivo), modalità somestesica e
cinestesica (riconoscimento di posizione, identificazione e localizzazione tattile,
riconoscimento di traiettorie), pianificazione del movimento (pianificazione
dell’azione), riconoscimento gestuale (riconoscimento di gesto su foto, riconoscimento
di gesto su terza persona). In totale il protocollo prevede la somministrazione di 16 item
e il tempo richiesto per l’esecuzione è di circa 40 minuti.
L’esaminatore necessita di alcuni oggetti per somministrare il protocollo di valutazione:
un piattino, una pallina, un bicchiere, una tazzina, un telefono giocattolo, un paio di
77
forbici, un martello giocattolo, un paio di occhiali giocattolo, una scatola, una penna,
una bottiglietta vuota, una mascherina o una benda, la fotocopia di un pentagono
ritagliabile, tre fogli raffiguranti traiettorie, una scacchiera 3x3 sulla quale poter
collocare tesserine con diversa texture tattile, fotografie che ritraggano diverse modalità
di presa di oggetti (quali forbici, tazzina, bicchiere, penna, martello).
Il disturbo disprassico viene quindi indagato attraverso diverse modalità, in modo da
poter ottenere il maggior numero di informazioni possibile.
Nella modalità imitazione, il corpo stesso del bambino diviene campo di esperienza e
mezzo di indagine, evitando che la presenza di oggetti e l’uso del linguaggio possano
fungere da intermediari. L’imitazione del gesto proposto presuppone la conoscenza e la
padronanza del corpo in quanto strumento, e presuppone la conoscenza del corpo
dell’altro7.
Al soggetto in esame vengono proposti 3 esercizi: uno riguardante le prassie espressive
e due relativi ai gesti transitivi. Nel primo esercizio (P.1) viene chiesto al bambino di
mimare il gesto effettuato dall’esaminatore. I gesti presi in considerazione sono 6 e sono
attinenti ai seguenti significati simbolici: “ciao”, “buono”, “zitto”, “vieni qui”, “sei
matto”, “che m’importa”.
Nel secondo esercizio (P.2A) l’esaminatore mima in sequenza l’azione di prendere e
trasportare un bicchiere, un martello, una penna e una tazzina senza spiegare
verbalmente cosa sta facendo e chiede al bambino di osservare e imitare ciascuna azione
subito dopo averla eseguita.
Nel terzo esercizio (P.2B) l’esaminatore mima in sequenza l’azione di prendere il
bicchiere per bere, il martello per battere un chiodo, la penna per scrivere e la tazzina
per bere, senza spiegare verbalmente cosa sta facendo, e chiede al bambino di osservare
e imitare ciascuna azione subito dopo averla eseguita.
78
Come precedentemente descritto, un possibile meccanismo deficitario nella disprassia
evolutiva è l’integrazione sensoriale. L’informazione visiva, così come quella tattile e
quella cinestesica, hanno infatti un ruolo primario nella rappresentazione del gesto7. Di
conseguenza, nel protocollo sono state introdotte la modalità visiva e la modalità
visuotattile, comprendenti ciascuna 4 esercizi. Tramite queste modalità è possibile
osservare che il bambino disprassico mostra difficoltà ad integrare informazioni
derivanti da differenti sistemi sensoriali in una stabile rappresentazione motoria.
Nei successivi due esercizi (P.3A e P.3B) l’esaminatore chiede al bambino di fingere di
spostare un bicchiere, un martello, una penna e una tazzina (modalità visiva) e,
successivamente, gli chiede di spostarli realmente (modalità visuo-tattile) in una scatola
controlateralmente all’arto scelto per eseguire gli esercizi.
Nei seguenti due esercizi (P.4A e P.4B) l’esaminatore chiede al bambino di fingere di
usare un bicchiere, un martello, una penna e una tazzina (modalità visiva) e,
successivamente, gli chiede di usare realmente i vari oggetti (modalità visuo-tattile).
Quando il compito è quello di fingere di spostare l’oggetto, quest’ultimo deve essere
posto ben in vista, in posizione centrale, ma lontano dal bambino. Se il compito è quello
di spostare l’oggetto, questo deve essere posto vicino al bambino, in posizione centrale.
Gli oggetti sono posti davanti al bambino uno per volta a seconda della richiesta.
Si può notare come il bambino con disprassia commetta frequentemente l’errore di
utilizzare la propria mano come se fosse un oggetto, per una compromissione della
rappresentazione del gesto.
Data la presenza di studi in letteratura che hanno affrontato l’associazione tra sviluppo
del gesto, abilità linguistiche e competenze cognitive generali, e che hanno fornito
supporto all’ipotesi che la disprassia evolutiva comporti un disturbo linguistico
concettuale7, sono stati messi a punto alcuni esercizi per indagare la modalità verbale,
79
prendendo in esame sia prassie espressive che gesti transitivi. I bambini con disprassia,
infatti, sembrerebbero presentare qualche difficoltà nell’utilizzare l’input verbale7.
Dewey e Kaplan hanno evidenziato, in uno studio condotto su bambini con deficit dello
sviluppo motorio, che i bambini con maggiori deficit prassici erano anche quelli con
punteggi peggiori nei test di comprensione del linguaggio220
.
Nel successivo esercizio (P.5), che indaga le prassie espressive, l’esaminatore chiede al
bambino di mostrargli come saluta, come fa per dire “buono”, come fa per dire “zitto”,
come fa per chiamare qualcuno, come fa per dire “sei matto” e come fa per dire “che
m’importa”.
Nei successivi due esercizi (P.6A e P.6B), indaganti il gesto transitivo, l’esaminatore
chiede al bambino, senza alcun oggetto presente, di fingere di mettere un bicchiere, un
martello, una penna e una tazzina nella scatola che ha accanto, e successivamente, gli
chiede di fingere di usare un bicchiere, un martello, una penna e una tazzina.
L’organizzazione dello spazio, la costruzione di relazioni spaziali intracorporee e tra lo
spazio egocentrico e quello allocentrico, forniscono un substrato indispensabile per la
comprensione e la progettualità dell’azione126
. La propriocezione è di importanza
fondamentale per il controllo della dinamica del movimento. Quindi, per ciò che
concerne le modalità somestesica e cinestesica, vengono proposti 3 esercizi da
effettuare con l’ausilio di una mascherina o di uno schermo che impediscano di vedere
la propria mano.
Nel primo esercizio (P.7), da eseguire con 4 oggetti (bottiglia, piattino, pallina e
tazzina), presenti e visibili, l’esaminatore benda il bambino e adatta la mano di questi
alla prensione per l’uso di uno dei quattro oggetti. Una volta sbendato il bambino e
posizionata la mano aperta sul tavolo, chiede quale oggetto stava facendo finta di
prendere.
80
Nel secondo esercizio (P.8) l’esaminatore benda il bambino e gli chiede di riconoscere,
tra nove tesserine tattili collocate su una scacchiera 3x3, quale sia e in che posizione si
trova quella che l’esaminatore gli fa toccare di volta in volta con la mano. Vengono
fatte toccare dapprima 3 tesserine in maniera puntuale e, successivamente, 6 tesserine in
maniera sequenziale due alla volta.
Il terzo esercizio (P.9) consiste nel riconoscimento su modello di una traiettoria fatta
seguire passivamente con la mano.
I bambini affetti da disprassia evolutiva non solo presentano difficoltà ad eseguire un
atto motorio, ma anche a programmare e pianificare serie più o meno complesse di
movimenti. Per indagare, quindi, l’aspetto relativo alla pianificazione del movimento
(P.10), si invita il bambino ad eseguire alcuni comandi senza specificare le tappe
necessarie ad eseguire l’azione: gli viene chiesto di bere ponendogli davanti un
bicchiere capovolto, di telefonare fornendogli il telefono con la tastiera rivolta verso la
superficie del tavolo, di ritagliare una figura ponendogli le forbici con la punta rivolta in
direzione opposta rispetto al foglio, infine, lo si invita ad indossare gli occhiali che
vengono posti sul tavolo capovolti e con le stanghette chiuse. Uno dei più complessi
aspetti della pianificazione motoria è difatti il raggiungimento dell’oggetto con un
corretto posizionamento della mano221
, che può essere testato proponendo al bambino di
utilizzare oggetti posti in una posizione tale che richieda l’anticipazione della posizione
della mano alla presa. Inoltre, in questo esercizio viene indagata la capacità di disporre i
singoli movimenti in una sequenza logica che conduca al raggiungimento dello scopo.
Sono da considerare significativi in questo senso gli studi sui neuroni mirror, che hanno
dimostrato come gli stessi neuroni dell’area premotoria si attivino sia durante
l’osservazione di un’azione realizzata da altri sia quando la stessa azione viene eseguita
dal soggetto126
. Pertanto per valutare la capacità di riconoscimento gestuale vengono
81
proposti al bambino 3 esercizi: nei primi due (P.11) l’esaminatore mostra alcune foto e
chiede al bambino di giudicare la correttezza della presa per trasportare l’oggetto
rappresentato e, successivamente, gli chiede di giudicare la correttezza della presa per
utilizzare l’oggetto rappresentato. Gli oggetti sono i seguenti: bicchiere, martello,
penna, tazzina, forbici. Per ogni oggetto ci sono 3 dimostrazioni, due sbagliate e una
giusta, poste in ordine casuale e diverso nelle due richieste.
Nel terzo esercizio (P.12) l’esaminatore mima le seguenti azioni: pettinarsi i capelli,
mangiare, telefonare, lavarsi i denti e cancellare con la gomma e chiede al bambino di
identificarle.
2.3.3 Criteri di valutazione degli errori e somministrazione del
punteggio
Per la valutazione degli errori i 16 items che compongono il protocollo di valutazione
sono stati presi in considerazione separatamente, assegnando un punteggio crescente
all’aumentare della gravità degli errori commessi.
MODALITÀ IMITAZIONE
P.1 Prassie espressive
Non esegue: 4 punti.
Errore di localizzazione del punto finale: 3 punti
Errore di orientamento e/o di adattamento: 2 punti
Aggiunta di distretti corporei non direttamente interessati dal
movimento: 1 punto.
P.2A e P.2B Gesto transitivo
Non esegue: 3 punti.
Errore di orientamento e/o di adattamento: 2 punti.
82
Errore di localizzazione del punto finale: 1 punto.
MODALITÀ VISIVA E VISUO-TATTILE
P.3A e P.3B Gesto transitivo (trasporto dell’oggetto)
Non esegue: 3 punti.
Errore di orientamento e/o di adattamento: 2 punti
Presa non convenzionale: 1 punto.
P.4A e P.4B Gesto transitivo (uso dell’oggetto)
Non esegue: 4 punti.
UMO (utilizzo della mano come se fosse l’oggetto): 3 punti.
Errore di orientamento e/o di adattamento: 2 punti
ENF (utilizzo dell’oggetto con l’estremità non funzionale): 1 punto.
MODALITÀ VERBALE
P.5 Prassie espressive
Non esegue: 2 punti.
Esegue altro: 1 punto.
P.6A e P.6B Gesto transitivo:
Non esegue: 3 punti.
UMO (utilizzo della mano come se fosse l’oggetto): 2 punti.
Errore di orientamento e/o di adattamento: 1 punto.
MODALITÀ SOMESTESICA E CINESTESICA
P.7 Riconoscimento posizione
Errore somestesico: 1 punto per ciascun oggetto non riconosciuto.
P.8 Identificazione e localizzazione tattile
Errore identificazione: 1 punto per ogni tesserina non identificata.
Errore localizzazione 1 punto per ogni localizzazione sbagliata.
83
P.9 Riconoscimento traiettorie
Errore cinestesico: 1 punto per ogni traiettoria non identificata.
PIANIFICAZIONE MOVIMENTO
P.10 Pianificazione azione
Non esegue: 4 punti.
NO HCE (no hand confort effect: non anticipa la posizione della mano
per la presa dell’oggetto): 3 punti.
Errore omissione: 2 punti
ENF: 1 punto.
RICONOSCIMENTO GESTUALE
P.11 Riconoscimento gestuale su foto: 1 punto per ogni foto non
correttamente riconosciuta.
P.12 Riconoscimento gesto su terza persona: 1 punto per ogni gesto non
correttamente riconosciuto.
2.4 Analisi statistica
2.4.1 Elaborazione e analisi dei dati
Per il gruppo dei soggetti con sviluppo tipico, è stato considerato il valore medio dei
punteggi ottenuti da ogni fascia d’età per ogni singola prova del protocollo. Da questi
dati è stato ricavato un istogramma (Fig. 3) che ci ha permesso di avanzare alcune
considerazioni di natura qualitativa sul profilo delle performance in relazione alle fasce
d’età. Inoltre, per entrambi i gruppi, bambini con sviluppo tipico e bambini con
disprassia, sono stati considerati anche i punteggi totali, che sono stati successivamente
utilizzati per l’indagini statistica mediante Modello delle Equazioni Strutturate (MES).
Quest’ultima ci ha consentito di stimare un punteggio standardizzato, di valutare la
84
correlazione di ciascuna variabile con lo score stimato, di valutare il grado di
adattamento ai dati del modello finale, di studiare la relazione dello score con l’età e
l’appartenenza al gruppo, di indicare una differenza significativa tra i due gruppi e,
infine, di calcolare, con i dati attualmente a nostra disposizione, specificità e sensibilità
del protocollo di valutazione.
2.4.2 Risultati
Come si può osservare dal grafico in Fig. 3, dove sono rappresentate le medie dei
punteggi ottenuti dai soggetti con sviluppo tipico per fascia d’età e per ogni singola
prova del protocollo, è riconoscibile un profilo di performance generalmente
inversamente proporzionale all’età. Tuttavia, se questa relazione inversa è quasi sempre
rispettata per la fascia dei 3 anni, che presenta i punteggi più alti, e per la fascia degli 8
anni, che presenta i punteggi più bassi, talvolta non è rispettata per le fasce intermedie.
In queste ultime, infatti, i punteggi medi sono invertiti in alcune prove (più bassi per
fasce d’età più basse e più alti per fasce d’età più alte). Questo potrebbe far pensare ad
una evolutività su scala diversa rispetto alla annuale (per esempio, 18 o 24 mesi) e,
pertanto, all’eventualità di ampliare le fasce intermedie (per esempio, 4-5 anni e 6-7
anni) per ottenere profili più corrispondenti. Ciò, in parte, trova rispondenza su quanto
riportato da Dewey25
, secondo la quale gli scalini evolutivi delle prassie si verificano a 4
anni, in cui l’area 4 è completamente maturata (consentendo l’esecuzione di gesti
semplici), a 6-7 anni, in cui arriva a maturazione l’area 6 (consentendo l’esecuzione di
gesti complessi), e ad 8 anni, quando è ormai possibile la rappresentazione simbolica
degli oggetti.
Una possibile interpretazione alternativa di questo fenomeno è che i criteri di
attribuzione dei punteggi, con il progressivo miglioramento e affinamento della
performance, potrebbero perdere progressivamente la capacità di cogliere anomalie
85
sempre meno grossolane nell’esecuzione del gesto e risultare, di conseguenza, uno
strumento sempre meno sensibile nel cogliere piccole alterazioni gestuali. Potrebbe
essere necessario, in questo caso, aumentare il numero e la varietà dei livelli di
punteggio. D’altra parte, dovendo preservare il potere di confronto tra le varie fasce
d’età, questa variazione dovrebbe coinvolgere anche le fasce d’età più basse.
Figura 3
L’analisi statistica mediante Modello delle Equazioni Strutturate (MES) ci ha, inoltre,
consentito di definire uno punteggio standardizzato (da 0 a 1) sul totale dei soggetti (63
controlli e 10 casi), ipotizzando una variabile latente (score) in funzione delle variabili
standardizzate rappresentate dalle singole prove del protocollo di valutazione. Di tutte le
variabili inizialmente considerate, solo P3B e P4B non sono risultate correlate con lo
score stimato e, pertanto, sono state eliminate dal prosieguo dell’analisi. Il modello
finale risulta avere un buon adattamento ai dati (Goodness of fit SRMR=0.0989).
Lo score può essere espresso attraverso il seguente modello lineare:
SCORE= P1*0.05 + P2A*0.02 + P2B*0.03 + P3A*0.13 + P4A*0.08 + P5*0.06 +
P6A*0.07 + P6B*0.07 + P7*0.04 + P8ip*0.04 + P8is*0.03 + P8lp0.03 + P8ls*0.07 +
P9*0.04 + P10*0.05 + P11p*0.02 + P11f*0.03 + P12*0.03.
I numeri sopra riportati rappresentano i pesi di ogni singola variabile stimati attraverso
un modello di regressione lineare, con y pari a “score” e x pari a tutte le variabili sopra
86
riportate. Le variabili con maggior peso sullo score sono risultate: P3A, P4A, P6A, P6B,
P8ls. Dato che lo score stimato potrebbe avere anche valori negativi, è stato riscalato su
una scala da 0 a 1 (score 01) per agevolarne l’interpretazione.
E’ stata studiata, inoltre, la relazione tra l’età e l’appartenenza al gruppo (caso o
controllo) con lo score 01. La funzione che si adatta meglio (R2=0.58) è la seguente:
score 01 = alpha + beta1*età + beta2*caso = 1.04-0.11*età+0.22*caso. Dove “alpha” è
la costante, “beta1” il coefficiente angolare dell’età, “beta2” il coefficiente angolare di
caso, “età” una variabile continua e “caso” una variabile dicotomica. Si può stimare, ad
esempio, che lo score di un bambino di 5 anni con disprassia sia pari a 1-
0.11*5+0.22*1=0.67; di un bambino di 6 anni con disprassia sia pari a 1-
0.11*6+0.22*1=0.56; e di un bambino di 6 anni con sviluppo tipico sia pari a 1-
0.11*6+0.22*0=0.34.
Dalla Fig. 4 si evidenzia che la differenza tra le due curve è statisticamente
significativa, anche se c’è una certa sovrapposizione tra le linee che ne rappresentano i
limiti di confidenza, soprattutto perché la variabilità del gruppo dei casi è ampia.
Sulla base di questo modello, è stato inoltre possibile attribuire i livelli di specificità e
sensibilità del test. Il protocollo di valutazione è stato in grado di classificare 60 su 63
soggetti di controllo come non affetti da disprassia (veri negativi) (95.2%) e 3 su 63
come potenzialmente disprassici (falsi positivi). Inoltre, ha classificato 3 su 10 casi
come affetti da disprassia (veri positivi) (30%) e 7 su 10 come potenzialmente non
affetti (falsi negativi). Il test, pertanto, con i dati attualmente a nostra disposizione, è da
considerarsi altamente specifico, ma poco sensibile. Tale risultato risente, al momento,
della bassa numerosità del gruppo dei casi e, forse, anche della loro scarsa
rappresentatività, dato che 7 di essi, al momento dell’esecuzione del test, erano in corso
87
di trattamento riabilitativo. La qual cosa, infatti, potrebbe aver influito positivamente
sulle loro capacità di performance.
0.5
11.5
2 4 6 8 10eta
95% CI Fitted score casi
Fitted score controlli casi
controlli
Figura 4
In questa fase della ricerca, che potremmo definire ancora esplorativa, il modello non è
stato in grado di fornire un valore di “cut-off” capace di discriminare i casi dai controlli.
Tuttavia, si prevede che questo obiettivo possa essere raggiunto ampliando la
numerosità del gruppo dei casi ad almeno 30 soggetti e aumentandone la
rappresentatività.
2.5 Discussione
I risultati che abbiamo ottenuto ci confermano sostanzialmente la corretta composizione
del protocollo di valutazione che proponiamo nel presente lavoro. Le singole prove
prescelte, infatti, hanno mostrato una buona appropriatezza nel valutare l’evolutività
della performance motoria nello sviluppo tipico. Il profilo dei punteggi età dipendente,
88
sia per singola prova che globale, risulta infatti discretamente sovrapponibile a quanto si
desume dalla letteratura sull’argomento222
. In particolare, trova una certa
corrispondenza con quelle abilità prassiche che vengono considerate pietre miliari dello
sviluppo motorio del bambino: la capacità di eseguire gesti semplici (acquisita
pienamente all’età di 4 anni), quella di eseguire gesti complessi (acquisita pienamente
all’età di 6-7 anni), e, infine, la rappresentazione simbolica degli oggetti (acquisita
pienamente all’età di 8 anni)25
. Tanto che si potrebbe pensare di estrapolare dal
protocollo globale alcune prove-chiave, specifiche per queste abilità, da utilizzare per
valutazioni rapide di screening. Tutt’al più, dato che le prove P3B e P4B, tra tutte le
variabili considerate inizialmente, non sono risultate correlare allo score stimato, si
potrebbe pensare in futuro di escluderle dal protocollo, riducendone il tempo di
somministrazione senza perdere in specificità di punteggio. Il protocollo in oggetto,
inoltre, risulta esprimere una buona corrispondenza tra punteggi e livello di
performance (cioè, un buon livello di rappresentatività del livello di performance). In
aggiunta, è stato in grado di classificare 60 soggetti di controllo su 63 come non affetti
da disprassia (veri negativi) (95.2%), segnalandosi come un test dotato di alta
specificità. Nel complesso, pertanto, sembra di poterlo ritenere un efficace strumento di
valutazione delle abilità motorie degli arti superiori nel bambino con sviluppo tipico
delle prassie tra i 3 e gli 8 anni d’età.
Dai dati attualmente a nostra disposizione, ancora parziali e in corso di completamento,
non risulta tuttavia dotato di una sensibilità accettabile, dato che è stato in grado di
classificare solo 3 casi su 10 come realmente affetti da disprassia (veri positivi) (30%) e
7 su 10 come potenzialmente non affetti (falsi negativi). Sono doverose, a questo punto,
alcune considerazioni sulla composizione dei due gruppi di soggetti in esame. Il gruppo
di controllo è stato reclutato nelle scuole dell’infanzia e nelle scuole primarie con un
89
protocollo di screening sostanzialmente generalizzato. Per l’accesso al gruppo di
controllo era sufficiente che il bambino non fosse segnalato da genitori e/o insegnanti
come maldestro nelle abilità grosso- e fino-motorie. Ciò, però, non è probabilmente
sufficiente ad escludere che bambini potenzialmente disprassici possano essere stati
inclusi nel gruppo. Infatti, 3 controlli su 63 sono stati individuati come potenzialmente
disprassici. Considerato che tale proporzione (circa il 5%) corrisponde alla distribuzione
dei casi di disprassia nella popolazione generale, il test potrebbe aver correttamente
individuato in questi bambini dei livelli di performance non ottimali. Il gruppo dei casi,
invece, è stato reclutato includendo sia bambini appena riferiti al Servizio di
Riabilitazione Neurocognitiva dell’Età Evolutiva (3 bambini) sia bambini già in
trattamento riabilitativo (7 bambini). Questo, considerato un possibile effetto benefico
del trattamento sulle effettive abilità motorie di questi bambini, potrebbe aver inciso
sulla rappresentatività del gruppo. Infatti, 7 casi su 10 sono stati classificati come
potenzialmente non affetti. Affinché l’analisi statistica possa fornire dati attendibili, di
conseguenza, il reclutamento futuro del gruppo dei casi dovrà strettamente osservare il
criterio della numerosità (stimata ad almeno 30 soggetti) e della rappresentatività (casi
di prima osservazione, non in trattamento).
Una volta completato il gruppo di controllo, sufficientemente numeroso e
rappresentativo, potrà essere individuato un punteggio “cut-off” in grado di discriminare
l’appartenenza del soggetto in esame ad uno dei due gruppi. Nel caso di appartenenza
del bambino al gruppo dei casi, confrontando i valori individuali di performance ai
valori medi del gruppo di controllo per fascia d’età corrispondente e per ogni singola
prova del protocollo, sarà possibile individuare in quale/i prova/e la prestazione del
singolo caso risulti deficitaria. Su questa base sarà possibile stilare un progetto
riabilitativo personalizzato mirato alla riabilitazione/esercizio delle abilità
90
specificatamente compromesse. Per esempio, passando in rassegna le 6 diverse modalità
prassiche alle quali fanno capo le singole prove:
1. Se risulta compromessa la modalità imitazione, il trattamento riabilitativo dovrà
essere rivolto prevalentemente a favorire l’integrazione delle informazioni visive
con quelle somestesiche (di posizione) e cinestesiche (di movimento), in modo
che il bambino sviluppi una rappresentazione di tipo propriocettivo ed
egocentrata del movimento visto eseguire da un’altra persona;
2. Se risulta compromessa la modalità visiva e visuo-tattile, il trattamento
riabilitativo dovrà favorire prevalentemente la pianificazione e l’organizzazione
del gesto in funzione dell’orientamento dell’oggetto;
3. Se risulta compromessa la modalità verbale, il trattamento riabilitativo dovrà
favorire la pianificazione e l’organizzazione del gesto in assenza dell’oggetto e
l’attribuzione del gesto al suo significato simbolico;
4. Se risulta compromessa la modalità somestesica e cinestesica, il trattamento
riabilitativo dovrà favorire il riconoscimento di posizioni del corpo e di
traiettorie;
5. Se risulta compromessa la pianificazione del movimento, il trattamento
riabilitativo dovrà favorire la pianificazione e l’organizzazione di sequenze
motorie attraverso la rappresentazione dell’immagine motoria del movimento;
6. Infine, se risulta compromesso il riconoscimento gestuale, il trattamento
riabilitativo dovrà favorire il riconoscimento della posizione della mano in
rapporto ad oggetti di forma simile, ma che presuppongono un diverso
orientamento di presa.
91
La somministrazione periodica longitudinale del protocollo nel singolo bambino in
trattamento (follow-up riabilitativo) consentirà, infine, di valutare l’efficacia del
trattamento stesso ed, eventualmente, di aggiustarne indirizzo e intensità.
92
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4 RINGRAZIAMENTI
Desidero ringraziare, innanzitutto, il professor Bruno Rossi per la fiducia
accordatami accettando il ruolo di Relatore per il mio lavoro di tesi, per i preziosi
insegnamenti impartiti durante lo svolgimento delle sue lezioni e per la sua grande
disponibilità e professionalità.
Ringrazio il dottor Luca Bonfiglio che mi ha accompagnato in questo interessante
percorso per il tempo, l’aiuto, l’attenzione e i validi consigli a sostegno di questa tesi,
ma anche per la sua grande cortesia e disponibilità. Un ringraziamento speciale anche
a tutto il suo gruppo, soprattutto alla dottoressa Crecchi e alla dottoressa Tozzini che
mi sono state di grande aiuto.
Ringrazio il dottor Fabrizio Minichilli per la gentilezza e l’eccellente lavoro svolto
per la parte statistica di questo studio.
Ringrazio il dottor Francesco Varricchio per il suo indispensabile aiuto nella fase
di ricerca e stesura delle fonti bibliografiche e per i suoi preziosissimi consigli.
Un sentito ringraziamento va a tutti i miei amici, che mi hanno accompagnato in
questi lunghi anni, condividendo con me gioie e dolori e ai colleghi universitari insieme
ai quali ho fatto un importante pezzo di strada . Grazie ai miei amici Nicolò e Simone
per avermi sempre supportato e sopportato in questi lunghi anni, siete degli amici
fantastici e non so come avrei fatto senza di voi. Grazie alla mia grandissima amica
Chiara, che non mi lascia mai sola e ha sempre la parola giusta per me. Grazie a tutti
gli altri amici, siete stati fondamentali nella mia vita: Alessandro, Alessio, Arianna,
Benedetta, Cristina, Enrica, Francesca, Jessica, Maria, Matteo, Miriam, Sara,
Sebastiano, Simona, Simone.
106
In questo momento così importante della mia vita, non posso che ringraziare di
cuore tutta la mia famiglia. Un grazie speciale va ai miei meravigliosi genitori Carla e
Alberto che con tanta pazienza e tanto amore mi hanno sempre sostenuto in questi anni,
a volte anche molto difficili, dandomi smisurato appoggio e mostrando sempre immensa
fiducia nelle mie capacità. Siete i genitori migliori che potessi avere: è grazie a voi se
io sono quella che sono oggi. Siete la mia roccia e non sarei qui senza di voi. Questa
laurea è vostra prima ancora che mia. Ringrazio mia sorella Claudia e mio cognato
Mauro che mi sono sempre stati vicini con affetto e sono due persone indispensabili
nella mia vita; i miei splendidi nipotini Niccolò e Tommaso che oltre a riempirmi di
amore ogni giorno della mia vita hanno accettato di entrare a far parte dello studio; i
miei nonni Anna e Walter che hanno sempre creduto in me e mi hanno appoggiato con
amore nelle mie scelte, e infine i miei zii Simonetta e Claudio per essere stati sempre
presenti con affetto nella mia vita.
Grazie a tutti.