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UNIVERSITA’ DI PISA FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA TESI DI LAUREA IL PNEUMOTORACE SPONTANEO: ATTUALI ORIENTAMENTI NEL TRATTAMENTO, DALLA CHIRURGIA TRADIZIONALE ALLE NUOVE METODICHE Candidato Allidi Francesca Relatore Chiar.mo Prof. Alfredo Mussi ANNO ACCADEMICO 2004-2005

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UNIVERSITA’ DI PISA

FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA

TESI DI LAUREA

IL PNEUMOTORACE SPONTANEO:

ATTUALI ORIENTAMENTI NEL TRATTAMENTO, DALLA

CHIRURGIA TRADIZIONALE ALLE NUOVE METODICHE

Candidato

Allidi Francesca

Relatore

Chiar.mo Prof. Alfredo Mussi

ANNO ACCADEMICO 2004-2005

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INDICE

INTRODUZIONE

PAG 4

NOTE STORICHE

PAG 6

RICHIAMI DI ANATOMIA E FISIOLOGIA

PAG 8

EPIDEMIOLOGIA ED EZIOLOGIA

PAG 12

ANATOMIA PATOLOGICA E CLASSIFICAZIONI

PAG 14

PRESENTAZIONE CLINICA E DIAGNOSI

PAG 17

TERAPIA

PAG 19

MATERIALI E METODI

PAG 24

RISULTATI

PAG 27

DISCUSSIONE PAG 29

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3

CONCLUSIONI

PAG 32

BIBLIOGRAFIA

PAG 33

TABELLE

PAG 39

FIGURE

PAG 44

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INTRODUZIONE

Il pneumotorace (pnx) è una condizione patologica caratterizzata dalla

presenza di aria libera in cavità pleurica la cui incidenza varia da 7 ad

8 casi /anno ogni 100.000 abitanti [1]. Classicamente si distingue in:

(1) spontaneo, (2) post-traumatico e (3) iatrogeno (tabella I) e più

semplicemente in:

primitivo: per rottura di bolle sub-pleuriche nel contesto di un

parenchima polmonare perfettamente normale. Colpisce

generalmente individui giovani in buone condizioni di salute.

secondario: solitamente correlato ad una malattia polmonare di base

(enfisema bolloso e/o BPCO) che interessa per lo più individui di età

avanzata.

Clinicamente si manifesta all’improvviso, spesso con dolore toracico

e dispnea di entità variabile; raramente è asintomatico. Può andare

incontro a complicanze ed evolvere in pnx iperteso, associato ad

emotorace ed in casi eccezionali, essere bilaterale, simultaneamente.

La diagnosi è clinico-radiologica ed il trattamento, un tempo per lo

più conservativo, è oggi prevalentemente chirurgico grazie al largo

impiego della VATS (Video-Assisted Thoracoscopic Surgery). Il

perfezionamento della tecnica, parallelamente allo sviluppo della

strumentazione, ha reso possibile l’incremento delle procedure

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chirurgiche per il trattamento del pnx, che oggi costituisce la

patologia con maggiore indicazione per l’applicazione delle tecniche

mini-invasive. Tra queste, accanto a quelle ormai convenzionali, quali

la resezione/legatura delle bolle associata all’induzione della

pleurodesi in VATS, la coagulazione a freddo (floating ball) in

anestesia loco-regionale, quando possibile, rappresenta senza dubbio

la metodica meno traumatica nel contesto di una procedura già di per

sé mini-invasiva. Obiettivo di questo studio è la valutazione dei

risultati in un gruppo di pazienti con pnx spontaneo primitivo, trattati

con coagulazione a freddo presso la Chirurgia Toracica

dell’Università di Pisa del Dipartimento Cardio-Toracico diretto dal

Prof Alfredo Mussi.

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NOTE STORICHE

Boerhaave nel 1724 descrisse per primo la presenza di aria in cavo

pleurico, riconoscendo l’importante correlazione tra dato anatomico e

quadro clinico. Tre decadi dopo, Meckel descrisse il primo pnx

iperteso (in sede autoptica); nel 1803, Etard coniò il termine “

pneumotorace” e sedici anni più tardi (1819), Laennec ne descrisse la

clinica (i segni ed i sintomi tipici del pnx).

La tubercolosi è stata considerata causa principale di pnx, fino ai primi

anni ’30, ma già nel 1932, Kjaergaard aveva ipotizzato come possibile

causa, la rottura di “bolle” isolate, localizzate all’apice polmonare [2].

Questi descrisse anche alcune delle caratteristiche fisiche dei pazienti:

giovani adulti, maschi, fumatori, apparentemente sani, con

distribuzione bimodale dell’età. Per molti anni tutti questi fattori sono

stati identificati con la patogenesi del pnx spontaneo. Più di recente,

oltre agli episodi di pnx spontaneo primitivo sono sempre più

frequentemente descritti casi di pnx secondario. L’ostruzione cronica

delle vie aeree e le pneumopatie interstiziali diffuse sono diventate

cause frequenti di pnx, soprattutto nella popolazione anziana dei paesi

occidentali [3 4].

Anche per ciò che riguarda le modalità di trattamento, vi sono state

variazioni nel tempo, in relazione alla migliore conoscenza della

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patologia, ma soprattutto grazie all’evoluzione tecnologica, avvenuta

nell’ultima decade. Per lungo tempo la terapia maggiormente

utilizzata è stata di tipo “conservativo” (riposo a letto anche per

settimane), sebbene già negli anni ’30-40, autori come Bigger e Tyson

e Crandall sostenessero l’efficacia del trattamento chirurgico, in

elezione [5 6].

Il posizionamento di un drenaggio toracico in cavità pleurica ha senza

dubbio contribuito a migliorare la strategia di trattamento, divenendo

nei primi anni ‘60, il metodo di scelta per pnx spontanei, al I episodio

[7]. Gaensler e Thomas e Gebauer descrissero la pleurectomia

parietale come metodo alternativo per ottenere una pleurodesi

permanente [8 9].

Nel 1970 Youmans ha fornito ulteriori evidenze cliniche e

sperimentali sull’efficacia dell’abrasione pleurica nel ridurre il rischio

di recidiva [10] e nel 1980 Deslauriers per primo, ha descritto

risultati positivi circa la associazione della bullectomia e della

pleurectomia apicale [11]. (tabella II)

L’evoluzione tecnologica ha portato nei primi anni ’90

all’applicazione di tecniche mini-invasive in chirurgia, costituendo

una vera e propria rivoluzione anche in campo toracico, in particolare

per il trattamento chirurgico del pnx spontaneo.

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RICHIAMI DI ANATOMIA E FISIOLOGIA

Anatomia del cavo pleurico

Si definisce cavo pleurico lo spazio fisiologico virtuale situato tra

foglietto viscerale, che ricopre l’intera superficie polmonare e quello

parietale, che riveste le superfici interne della parete toracica, del

mediastino e del diaframma. In condizioni normali, all’interno di

questa cavità vige una pressione negativa che garantisce al polmone la

possibilità di espandersi massimamente in modo consensuale alla

gabbia toracica, ad ogni atto respiratorio.

La pleura parietale è vascolarizzata da rami delle arterie intercostali; la

pleura apicale, da rami della arteria succlavia. La pleura parietale, a

differenza di quella viscerale, ha un’innervazione somatica e gli

stimoli dolorifici sono trasmessi dai nervi intercostali e dal nervo

frenico.

L’occupazione del cavo pleurico da parte di qualunque sostanza che

ne modifichi i valori pressori preesistenti, si traduce nella

trasformazione in cavo “reale” di questo spazio (fisiologicamente

virtuale) e nella conseguente alterazione, più o meno significativa,

della espansione del parenchima polmonare.

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Fisiologia del cavo pleurico

In condizioni di riposo (capacità funzionale residua), le forze elastiche

della parete toracica e del polmone tendono a separare la pleura

parietale da quella viscerale, creando una pressione negativa rispetto a

quella atmosferica ed a quella alveolare. La pressione intrapleurica

negativa non è uniforme in tutto lo spazio pleurico, ma esiste un

gradiente pressorio tra base ed apice polmonare. All’apice, vi è una

pressione negativa maggiore che alla base e questa differenza

favorisce una maggiore distensione degli alveoli apicali. Negli

individui alti, questo gradiente risulta ancora maggiore e può favorire

la rottura delle blebs apicali, contribuendo probabilmente allo

sviluppo del pnx.

Normalmente lo spazio pleurico è privo di gas, tuttavia la membrana

pleurica è una struttura semipermeabile attraverso cui i gas possono

passare per semplice diffusione. Nel pnx, il gradiente pressorio tra il

gas nel cavo pleurico ed il gas nel sistema venoso subpleurico è la

forza motrice che dirige questo processo di diffusione. Ogni gas è

riassorbito indipendentemente dagli altri in maniera graduale ed in due

fasi successive: durante la prima fase si realizza l’equilibrio tra la

pressioni parziale di ossigeno e quella dell’anidride carbonica, mentre

durante la seconda fase vi è un progressivo riassorbimento dei

rimanenti gas intrapleurici. Gradualmente la pressione intrapleurica

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ritorna negativa favorendo la riespansione polmonare. La velocità di

riassorbimento di un pnx è correlata alla qualità della membrana

pleurica ed è proporzionale all’area totale della pleura e alla quantità

di gas residuo: in una pleura fibrotica ad esempio il tasso di

riassorbimento è minore che in una pleura normale. La composizione

dei gas nello spazio pleurico è inoltre variabile, così come le loro

caratteristiche: l’ossigeno, per esempio è più diffusibile e solubile e la

sua velocità di trasferimento, dalla pleura al circolo, è maggiore di

quella dell’anidride carbonica o dell’azoto.

Alterazioni fisiologiche secondarie al pneumotorace

Quando si realizza una comunicazione tra polmone e lo spazio

pleurico, la pressione positiva dell’aria intra-alveolare determina un

flusso d’aria dal polmone al cavo pleurico, fino a quando non si

annulla la differenza tra la pressione negativa intrapleurica e quella

atmosferica. Lo stesso meccanismo di equilibrio pressorio si realizza

quando c’è una comunicazione tra l’esterno della parete toracica e la

cavità pleurica.

L’ipoventilazione alveolare e l’ipossiemia si sviluppano in pazienti

con pnx significativo (>25%). L’ipossiemia è spesso conseguente ad

un’alterazione del rapporto ventilazione/perfusione [12] ma anche uno

shunt anatomico può contribuire a ridurre la tensione d’ossigeno

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arteriosa. Il pnx inoltre, riduce la compliance polmonare oltre che la

capacità vitale, la capacità polmonare totale e quella funzionale

residua [13] con scomparsa del normale gradiente pressorio tra apice e

base [14].

Nel pnx iperteso si produce una pressione intrapleurica positiva

durante l’espirazione poiché l’aria intrapleurica accumulata non può

refluire nell’albero bronchiale. Ad ogni inspirazione, una quantità

d’aria sempre maggiore si accumula in cavità toracica, aumentando la

pressione intrapleurica con possibile sbandamento delle strutture

mediastiniche.

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EPIDEMIOLOGIE ED EZIOLOGIA

Nell’85% dei casi, il pnx spontaneo primitivo colpisce soggetti

giovani, prevalentemente maschi, tra i 18 ed i 40 aa (5-8 volte

maggiore del sesso femminile). Spesso si tratta di longilinei, alti, [15]

con peso inferiore al valore atteso di 9-14 Kg e fumatori (<20

sigarette/die) [16]. Negli USA, l’incidenza è di 6-7/100000 negli

uomini e di 1-2/100000 nelle donne [15]. Il pnx spontaneo primitivo si

verifica più frequentemente a destra che a sinistra [17] ed è bilaterale

in meno del 10% dei pazienti [18].

Negli ultimi anni, l’aumento dell’abitudine al fumo di tabacco tra le

donne, ha determinato un aumento dell’incidenza di pnx spontaneo

primitivo anche nel sesso femminile [19]. Documentata è anche una

certa incidenza familiare [20].

Il pnx può insorgere sia a riposo che sotto sforzo; entrambi i polmoni

possono essere interessati in eguale misura, con una lieve prevalenza

del polmone destro. Il collasso polmonare può essere totale o parziale:

nel 13% dei casi è compreso tra il 50% ed il 75% del volume

polmonare totale e nel 33% è totale. Il pnx spontaneo bilaterale

sincrono si verifica in meno del 5% dei casi [16].

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Il meccanismo specifico attraverso cui si sviluppa un pnx è ancora

oggetto di discussione. Sebbene possa essere correlato con le

variazioni della pressione atmosferica (numero di episodi più alto

entro le prime 48 ore dopo riduzione della pressione atmosferica)[21],

svariati altri fattori sembrano avere un ruolo importante nella sua

insorgenza [22]. La causa più comune di pnx spontaneo è la rottura di

piccole blebs o bolle subpleuriche.

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ANATOMIA PATOLOGICA E CLASSIFICAZIONI

Le blebs sono piccole raccolte subpleuriche d’aria (meno di 2 cm)

localizzate a livello del foglietto pleurico viscerale. Esse costituiscono

il risultato della rottura degli alveoli, con intrappolamento d’aria tra la

lamina elastica interna e quella esterna della pleura viscerale. Sono

classicamente localizzate all’apice dei lobi polmonari superiori o a

livello dei segmenti apicali dei lobi inferiori e spesso sono

accompagnate da distrofia e fibrosi apicale [23]. Si ritiene che

rappresentino una varietà parasettale di enfisema che può essere

presente indipendentemente da un esteso enfisema centroacinoso o

panacinoso.

Le blebs risultano ben distinguibili dal parenchima polmonare

normale, anche se sono connesse ad esso mediante una stretta base

d’impianto. All’esame microscopico, la membrana esterna di una bleb

non presenta cellule mesoteliali, ma fibre collagene nude e piccoli

pori, che apparentemente costituiscono la causa della perdita d’aria

[24].

Le bolle sono grossi spazi ripieni d’aria che possono associarsi con

ogni forma di enfisema. Di solito si formano in seguito ad un

deterioramento della parete alveolare, tipico dell’enfisema diffuso, ma

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si possono anche riscontrare nel contesto di parenchima polmonare

sano.

La patogenesi delle blebs e delle bolle è probabilmente da ricondurre

alla degradazione delle fibre elastiche, causata dallo squilibrio tra

proteasi ed antiproteasi e tra ossidanti ed antiossidanti, in cui

macrofagi e neutrofili giocano un ruolo fondamentale. Anche il

processo infiammatorio a carico dei bronchioli che si osserva nei

fumatori si associa a fibrosi della parete [25].

Diverse classificazioni sono state elaborate in rapporto all’eziologia,

al tipo di lesioni ed al quadro endoscopico in corso di toracoscopia.

Classificazione Eziologica

Prevede una forma primitiva, senza evidenti cause dirette ed una

secondaria, in corso di patologie come BPCO, enfisema bolloso,

lesioni infiammatorie, neoplasie polmonari, etc.

Classificazione Anatomo-patologica di L.Reid (1967): [26]

Comprende 3 tipi di bolle:

Tipo I: hanno pareti sottili costituite da pleura e tessuto connettivo,

con vasi sanguigni. Sono per lo più localizzate agli apici polmonari o

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in sede peri-scissurale, collegate al parenchima polmonare attraverso

una stretta base d’impianto.

Tipo II: le cellule mesoteliali risultano ben conservate, ma alla loro

base vi sono strutture alveolari distrutte. Gli alveoli alterati sono in

continuità con le bolle attraverso un’ampia area di contatto [24].

Tipo III: hanno ampia base d’impianto che si estende in profondità nel

parenchima polmonare.

Classificazione endoscopica di RJA Vanderschueren (1981) [27]:

Stadio I (40% dei pazienti): parenchima polmonare apparentemente

normale senza evidenza di lesioni macrocopicamente evidenti.

Stadio II (12% dei casi): aderenze pleuropolmonari, spesso causate da

precedenti episodi di pnx.

Stadio III (31% dei pazienti): blebs e piccole bolle di dimensioni

inferiori ai 2 cm di diametro. Queste lesioni enfisematose, ben visibili

sulla superficie polmonare, hanno pareti sottilissime e non

vascolarizzate.

Stadio IV (17%): bolle multiple > 2 cm di diametro. Si tratta di un

vera distrofia bollosa che nella maggior parte dei casi appare

strettamente correlata con pazienti non giovanissimi (> 40 aa) ed

affetti da bronchite cronica. (tabella III) (figura 1)

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CLINICA E DIAGNOSI

Classicamente i sintomi sono rappresentati da: dolore toracico,

dispnea, cianosi o subcianosi e tosse. Spesso il quadro clinico è silente

e quando presente, la sua severità correla con l’entità del collasso

polmonare. All’esame obiettivo si osservano: riduzione dei movimenti

della gabbia toracica, ipertimpanismo e riduzione o assenza del

murmure vescicolare. Talvolta è possibile rilevare rumori di

sfregamento pleurico.

La radiografia standard del torace, nelle due proiezioni, costituisce

l’esame diagnostico fondamentale (figura 2). Segni radiologici classici

sono la scomparsa della trama parenchimale e la presenza di aree

iperdiafane più o meno estese (figura 3). È possibile apprezzare un

eventuale versamento pleurico concomitante. In caso di pnx iperteso,

si evidenzia il completo collasso polmonare con sbandamento del

mediastino fino all’inversione dell’emidiaframma.

L’impiego della TAC risulta particolarmente utile per la migliore

definizione delle lesioni (blebs/bolle), della sede o della eventuale

patologia parenchimale associata (es. EBG).

La toracoscopia rappresenta un’utile indagine diagnostica nella

valutazione di eventuali lesioni parenchimali per un accurato

“staging” del pnx.

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Complicanze

La recidiva è certamente la complicanza più frequente: si verifica nel

25-30% dei casi, frequentemente entro 2 anni dal primo episodio [16].

Il rischio di pnx dopo un secondo episodio è compreso tra il 50% e

l’80% [28] ed il fumo sembra essere il maggiore fattore prognostico

coinvolto.

Il pnx iperteso è una grave complicanza che si verifica quando l’aria

alveolare continua penetrare nello spazio pleurico senza però alcuna

possibilità di fuoriuscirvene. Il paziente di solito mostra segni di grave

sofferenza respiratoria con dispnea imponente, dolore toracico, cianosi

periferica, ansia e talvolta enfisema sottocutaneo. Il quadro cardio-

circolatorio è spesso compromesso con tachicardia, ipotensione grave

fino allo shock cardiogeno, che pongono il paziente in grave pericolo

di vita (figure 4 5 6 7).

L’ emopneumotorace si verifica nel 10-12% dei casi e la sua incidenza

è 30 volte maggiore negli uomini che nelle donne [29]. E’ in genere

causato dalla lacerazione di un’aderenza vascolare tra pleura parietale

e viscerale e meno frequentemente, dalla rottura di blebs o bolle

vascolarizzate. La severità del quadro clinico dipende dall’entità

dell’emorragia.

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TERAPIA

Il trattamento del pnx include due possibili opzioni: il trattamento

conservativo (osservazione, toracentesi, drenaggio pleurico) ed il

trattamento chirurgico (toracotomia, tecniche chirurgiche mini-

invasive).

La tendenza al trattamento chirurgico in prima istanza è oggi

giustificata dalla disponibilità di tecniche videotoracoscopiche sempre

meno invasive.

In occasione del I episodio, si possono valutare diverse strategie

terapeutiche in base all’entità del pnx ed alla presenza o meno dei

sintomi. Per esempio, pazienti asintomatici in precedente buona salute

con pnx di lieve entità (< 25% ) e senza evidenza di progressione,

possono essere passibili di una strategia attendista [30] (riposo

assoluto a letto). La somministrazione di ossigeno puro per via nasale

può essere d’aiuto nell’accelerare la risoluzione del quadro,

soprattutto in pnx lievi [31].

In pazienti senza particolari patologie polmonari, specialmente se

giovani (<50 anni) e con un pnx moderato [32], l’aspirazione di aria

mediante agocannula 16 G, è risolutiva nella maggior parte dei casi.

Questa tecnica è utilizzata per lo più nella decompressione di pnx

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iatrogeni insorti come complicanza di biopsie polmonari percutanee o

altro.

Il posizionamento del tubo di drenaggio può essere considerato la

procedura di scelta nella gestione di pnx spontaneo in pazienti

sintomatici opportunamente selezionati (I episodio e I categoria).

Un’altra procedura utilizzata in pnx di piccola entità o ipertesi o è il

posizionamento di un drenaggio di minima collegato ad una valvola

unidirezionale tipo Heimlich che consente una maggiore libertà di

movimento al paziente[29].

Il trattamento chirurgico del pnx è indicato nei casi di pnx persistente,

plurirecidivo e bilaterale [33-35]. Con l’introduzione delle tecniche

mini-invasive l’indicazione chirurgica è stata estesa anche ai casi di

pnx al I episodio ed appartenenti alle categorie II, III, IV di

Vanderschueren.. Casi particolari sono costituiti da pazienti con

elevato rischio per motivi occupazionali (personale di volo e

sommozzatori) [29] o giovani donne in gravidanza, con patologia

bollosa in cui la chirurgia è consigliabile a partire dal II trimestre e

riservando il trattamento conservativo al I trimestre o in prossimità del

parto [16]. Anche pazienti che vivono in aree isolate o che viaggiano

spesso, possono essere candidati alla chirurgia “di elezione” [28].

(tabella IV)

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Gli elementi chiave nel trattamento chirurgico del pnx spontaneo

includono:

1) la resezione del parenchima polmonare distrofico e delle bolle

2) l’obliterazione dello spazio pleurico mediante abrasione pleurica o

pleurectomia (pleurodesi).

La pleurodesi può essere ottenuta tramite pleurectomia parietale o

abrasione meccanica. Entrambi questi metodi creano una superficie

infiammatoria con conseguente adesione secondaria del polmone alla

fascia endotoracica. Deslauriers e collaboratori (1980) hanno

dimostrato che una pleurectomia limitata all’apice produce

un’adesione sufficiente a prevenire le recidive [11]. La morbidità

associata alla pleurectomia apicale è generalmente bassa ed i risultati

della pleurectomia sono di solito eccellenti con frequenze di recidiva

tra l’1 ed il 5% [36 37].

Il trattamento chirurgico del pnx include due possibili vie di accesso:

la Toracotomia e la Videochirurgia toracoscopia (VATS).

Attualmente la tecnica di scelta per il trattamento del pnx è

rappresentata dalla VATS (Video-Assisted Thoracoscopic Surgery); la

chirurgia “a cielo aperto” con incisione toracotomica e’ riservata a

casi eccezionali.

VATS: Come per altri interventi in Videochirurgia toracoscopica,

poche sono le controindicazioni per questo tipo di procedura [38]. Con

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questo tipo di approccio sono possibili gli stessi atti chirurgici della

chirurgia convenzionale “open”.

Gli interventi sono effettuati in anestesia generale, con intubazione

selettiva e paziente in decubito laterale. L’arto superiore è esteso in

alto e posizionato su apposito supporto per meglio esporre il triangolo

ascellare, sede degli accessi chirurgici (figura 8 9). Il numero delle

incisioni varia da 2 a 3 in rapporto al tipo di procedura adottata.

Solitamente le incisioni hanno una disposizione ben definita:

1ª incisione (ottica) VII-VIII spazio intercostale (linea ascellare

media)

2ª “ VI-VII spazio intercostale (linea ascellare

posteriore)

3ª “ V spazio intercostale (linea ascellare

anteriore).

In tutti i casi è comunque sempre consigliabile l’esplorazione della

cavità toracica prima di completare l’accesso chirurgico con altre

incisioni, per verificare la “fattibilità” dell’intervento in VATS (figura

10).

TORACOTOMIA : questo tipo di approccio chirurgico è utilizzato

nei casi in cui vi siano reali controindicazioni all’applicazione della

tecnica VATS. Si tratta per lo più di difficoltà tecniche legate alla

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presenza di lesioni quali: tenaci aderenze pleuriche, prevalentemente a

sede mediastinica, voluminose bolle intraparenchimali, o bolla rotta

con una larga base d’impianto, nel contesto di un parenchima

polmonare enfisematoso estremamente delicato (tipo “vanishing

lung”) . In questi casi l’incompleta mobilizzazione del polmone, così

come la impossibilità ad utilizzare suturatici per il trattamento di tali

lesioni, rendono indispensabile l’approccio toracotomico.

L’incisione può essere posterolaterale o anterolaterale (ascellare): la

prima consente una visione molto ampia del campo operatorio, ma è

gravata da una elevata invasività; la seconda è meno traumatica e

meglio tollerata come dolore post-operatorio, in quanto risparmia i

fasci del muscolo gran dorsale. (figura 11)

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MATERIALI E METODI

Dal gennaio 2000 al dicembre 2005, 338 pazienti (pz) sono stati

sottoposti ad intervento chirurgico per pnx spontaneo, presso l’U.O. di

Chirurgia Toracica dell’Università di Pisa. Si è trattato di 281 maschi

(83,1%) e 57 femmine (16,9%) con un rapporto maschi/ femmine

4,9/1 ed età media 35 anni (range 5-89 aa). Ciquantatre pz (15,7%)

appartenevano alla I categoria di Vanderschueren e 267 (78,9%) alle

categorie superiori . In 1 caso era associata una Istiocitosi X ed in 18

(5,4%) un Enfisema bolloso gigante (EBG). Complessivamente sono

stati eseguiti 371 interventi / 338 pz: 336 (90,5%) in VATS, 32 (8,6%)

in toracotomia; in 3 casi (0,9%) è stato posizionato un drenaggio

toracico come unica procedura. Trecentosessantadue interventi sono

stati effettuati in anestesia generale con intubazione selettiva; negli

altri casi è stata adottata un’anestesia loco-regionale.

Dal Novembre 2003, in 21 dei pz sottoposti a VATS (età media di 28

aa, range 16-56) è stata adottata la tecnica di coagulazione a freddo

effettuata con TissueLink Floating Ball (TissueLinkTM Medical, Inc).

Si tratta di un dispositivo elettrochirurgico dotato di una punta di

elettrodo a sfera mobile, che utilizza energia in radiofrequenza e di un

interruttore di accensione/spegnimento per l’emostasi e la

coagulazione tissutale.

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Esso è collegato ad un elettrobisturi convenzionale attraverso cavi

elettrici disposti nella sua parte distale e ad un sistema di fornitura di

soluzione salina in grado di erogare al dispositivo stesso un flusso di

2-6 ml/min. Questo permette la coagulazione “a freddo” delle lesioni

bollose, con retrazione delle fibre collagene, senza necrosi dei tessuti,

grazie alla fuoriuscita di liquido (0,9% NaCl), dalla sua estremità

distale (figura 12).

L’indicazione per questo tipo di procedura è stata posta in 9 pz con

pnx persistente ed in 12 con pnx recidivante (3 al I episodio (14,3%),

4 al II (19%); 3 al III (14,3%) e 2 al IV(9,5%). (tabella V)

Secondo la classificazione endoscopica di Vanderschueren, 15

(71,5%) pz appartenevano alla III categoria, 4 (19%) alla IV e 2

(9,5%) alla I. In 6 casi, l’intervento è stato effettuato in anestesia loco-

regionale. Tra T4-T5 è stato posizionato un catetere epidurale,

attraverso cui sono stati somministrati lidocaina 60 mg, ropivacaina

1% (10 ml) e fentanyl 0,1 mg (previa premedicazione con atropina 1

mg e midazolam 0,1mg/kg) per il blocco sensitivo-motorio da T1 a

T8. Venti minuti prima dell’inizio dell’intervento è stata effettuata

una nebulizzazione con lidocaina 2% e O2 attraverso una venti-mask

ed una sedazione con infusione di propofol (1,5-2 mg/kg/h). ECG,

NIBP, SpO2 ed EtCO2 sono stati monitorizzati durante la procedura

chirurgica.

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26

Gli accessi chirurgici sono stati effettuati nel triangolo ascellare

secondo disposizione convenzionale (Figura 10). In 17 pazienti,

trattati con la tecnica della coagulazione a freddo sono state praticate

2 sole incisioni <1 cm: una per l’introduzione di un’ottica (7 mm di

diametro) solitamente al VII spazio intercostale sulla linea ascellare

media ed una per l’introduzione del TissueLink Floating Ball, al V

spazio intercostale sulla linea ascellare anteriore.

La pleurodesi è stata praticata in tutti i pazienti utilizzando 3 differenti

tecniche:

- abrasione con garza asciutta nei pazienti sottoposti a toracotomia

- cruentazione con elettrobisturi del foglietto parietale e successiva

abrasione con endobrush, lungo i primi 8 metameri costali, nei

pazienti sottoposti a trattamento chirurgico in VATS.

- coagulazione dei primi 8 archi costali con TissueLink Floating Ball

nei pz trattati con la tecnica della coagulazione a freddo. In questo

caso la pleurodesi è stata effettuata sospendendo l’irrigazione di

soluzione salina per un migliore effetto “irritante” della pleura

parietale.

In tutti i pazienti sono stati posizionati 2 drenaggi toracici: di 28 F in

quelli sottoposti a VATS convenzionale e toracotomia e di 24 F, in

quelli trattati con coagulazione a freddo.

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27

RISULTATI

Complessivamente sui 371 interventi effettuati non vi sono state

complicanze intraoperatorie.

VATS: L’intervento è stato risolutivo in 332/336 (98,8%) pazienti

trattati in VATS, con completa riespansione del polmone,

documentata da controlli clinici e radiologici del torace, per un

periodo di follow-up variabile da 1 a 6 mesi. In 3 casi è stata

necessaria la conversione in toracotomia: 2 pz con bolla gigante

intraparenchimale, nel contesto di un parenchima diffusamente

enfisematoso, ed 1 con tenaci aderenze pleuropolmonari. La durata

media dei drenaggi è stata di 3 gg (range 2-10) e la degenza p.o. di 4

gg. Quattro (1, 2%) pazienti hanno presentato una recidiva di pnx, di

cui 2 monolaterale (a distanza di 3 e 12 mesi ) e 2 controlaterale (a

distanza di 12 e 14 mesi). Tutti sono stati sottoposti a reintervento in

VATS.

Toracotomia: Trentadue pazienti sono stati trattati con approccio

toracotomico “d’emblee” per presenza di tenaci aderenze pleuriche e/o

di lesioni bollose, evidenziate da una iniziale toracoscopia, che non

hanno consentito il trattamento con tecnica mini-invasiva. Il decorso è

stato caratterizzato in 2 pazienti da una prolungata fuga d’aria con

rimozione dei drenaggi in VI e VIII p.o con una degenza di 8 e 9

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giorni, rispettivamente. Negli altri casi, i drenaggi sono stati rimossi

dopo una media di 4 giorni (range 3-10) ed al follow-up nessun

paziente ha presentato recidiva.

Coagulazione a freddo: in 20/21 pz trattati con la tecnica della

coagulazione a freddo, l’intervento è stato risolutivo ed i pazienti

hanno deambulato entro le 12 ore. In 17/21 pz sono state effettuate 2

sole incisioni (< 1 cm) versus 3 accessi della VATS convenzionale. In

media i drenaggi sono stati rimossi dopo 2 giorni (range 2-8) e la

degenza post-operatoria è stata di 3,1 giorni (range 1-7).

La durata media dell’intervento è stata di 20 minuti (range 15-40) ed

in nessun caso si sono verificate complicanze intraoperatorie né

perioperatorie. Riguardo alla anestesia loco-regionale utilizzata in

6/21 pz trattati con floating ball non si sono evidenziate differenze

significative nel tempo operatorio, ma nel post-operatorio i pz hanno

potuto deambulare ed alimentarsi la sera stessa dell’intervento. Un pz

ha presentato recidiva in XI giornata che ha richiesto un reintervento

per via toracotomica. (tabellaVI)

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DISCUSSIONE

La terapia del pnx include due possibili opzioni: quella conservativa e

quella chirurgica. Per lungo tempo la scelta tra i due tipi di trattamento

è stata oggetto di dibattito. A partire dagli anni’80, con l’introduzione

e lo sviluppo delle tecniche di videotoracoscopia, questa controversia

è stata in gran parte superata [39].

Restano tuttavia oggetto di discussione alcuni punti: se sia opportuno

trattare pnx al I episodio; che tipo di trattamento adottare in pz

appartenenti alla I categoria di Vanderschueren e quale modalità di

pleurodesi preferire. Vi è in genere ampio accordo sul fatto che un pnx

al I episodio non debba essere trattato chirurgicamente. Nella nostra

esperienza, in caso di pnx con collasso polmonare >25% ed al I

episodio, è sempre indicata una toracoscopia diagnostica [38-40].

Sulla base poi del tipo di alterazioni presenti (categorie II, III, IV di

Vanderschueren), si procede alla scelta del trattamento chirurgico da

attuare (resezione bolle o altro). La pleurodesi costituisce il punto

centrale nel trattamento del pnx termini di prevenzione delle recidive

[29]. Esiste una pleurodesi chimica, che prevede l’impiego di sostanze

come il talco [41], le tetracicline o la bleomicina [42], queste ultime

ormai superate, ed una pleurodesi chirurgica, che comprende

l’abrasione pleurica o la pleurectomia parietale [43 44].

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Tra queste la pleurodesi è senza dubbio la procedura più efficace, che

consente, insieme al trattamento delle lesioni (es. resezione bolle) il

controllo radicale delle recidive con una percentuale vicina allo 0%

[45]. E’ nostra convinzione che la pleurectomia così come il talcaggio

debba esser utilizzata solo in casi eccezionali ed opportunamente

selezionati. Pazienti anziani ed enfisematosi, che difficilmente

potranno necessitare di un intervento toracico nel corso degli anni,

possono essere i candidati ideali [46 47].

Per quanto riguarda la scelta del trattamento nei pz appartenenti alla I

categoria di Vanderschueren, il dibattito è ancora aperto: alcuni Autori

consigliano di limitare l’intervento alla sola abrasione pleurica, ma

esistono evidenze in letteratura su risultati ottimali ottenuti con la

resezione dell’apice anche in assenza di lesioni [45]. E’ stato visto che

nei casi di pnx al I stadio trattati in VATS, la mancata resezione

apicale (sede frequente di microlesioni spesso non visibili), porta ad

un’elevata percentuale di recidiva [38].

La nostra esperienza, iniziata nel 1991, ha condotto ad analoghe

conclusioni, sebbene non sia stato effettuato uno studio randomizzato

in tal senso. Attualmente è nostra opinione che si debba effettuare

comunque il trattamento chirurgico del pnx, privilegiando, quando

possibile, l’impiego di delle più recenti innovazioni

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videotoracoscopiche, nell’ambito di un tecnica già di per sé mini-

invasiva come la VATS.

Dal 2003 abbiamo introdotto la coagulazione a freddo (TissueLink

Floating Ball) per il trattamento chirurgico di lesioni bollose

(categoria III), utilizzando quando indicato 2 soli accessi chirurgici in

anestesia loco-regionale, con l’intento di ottenere il massimo dei

risultati con il minimo trauma. Questa procedura ha consentito la

ripresa delle normali attività entro poche ore dall’intervento.

Sebbene la nostra serie non sia numerosa, riteniamo che questa tecnica

possa essere incrementata nel prossimo futuro, data la mini-invasività

dell’atto chirurgicio, che consente una migliore gestione dei pazienti.

.

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CONCLUSIONI

Con l’introduzione della VATS nel trattamento del pnx è stato

possibile eliminare le problematiche estetiche inerenti l’accesso per

via toracotomica, pur mantenendo tutti i vantaggi di quest’ ultimo in

termini di efficacia del trattamento.

La coagulazione a freddo è una tecnica di recente introduzione,

semplice e facilmente ripetibile. Può essere a pieno titolo considerata

un metodo alternativo alle suturatrici meccaniche in pazienti

opportunamente selezionati.

Il floating ball, effettuato in anestesia loco regionale (epidurale

perioperatoria T4/T5), costituisce una metodica ancor più mini-

invasiva, comportando un minimo trauma per il pz ed un recupero

funzionale immediato.

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39

TABELLE

TABELLA I : CLASSIFICAZIONE DEL PNX

SPONTANEO

Primario

Secondario (a patologie polmonari)

BPCO Infezioni Neoplasie Catameniale

POST-TRAUMATICO IATROGENO

Involontario Diagnostico Terapeutico

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TABELLA II : EVENTI STORICAMENTE RILEVANTI

AUTORI

EVENTI STORICI RILEVANTI

Boerhaave (XVIIIsec)

Meckel (XIX sec)

Etard (XIX sec)

Laennec (XIX sec)

Kjaergaard (1932)

Getz e Beasely (1983)

Wait ed Estrera (1992)

Rottura dell’esofago con presenza di aria nel cavo pleurico

Descrizione di pneumotorace iperteso post-mortem

Introduzione del termine pneumotorace

Descrizione dei sintomi e dei segni clinici di un pneumotorace

Rottura di blebs polmonari come causa più frequente di pneumotorace al

posto della tubercolosi

Malattie polmonari croniche ostruttive come causa principale di

pneumotorace spontaneo

Polmonite da P.Carinii e da CMV, infezioni da micobatteri atipici in corso di

AIDS come cause comuni di pneumotorace

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TABELLA III: CLASSIFICAZIONE DI VANDERSCHUEREN

Vanderschueren

(n=126)

(%)

Boutin

(n=100)

(%)

Tipo I

Tipo II

Tipo III

Tipo IV

40

12

31

17

30

12

41

17

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TABELLA IV : INDICAZIONI ALLA CHIRURGIA NEL PNEUMOTORACE SPONTANEO

PRIMO EPISODIO

Complicanze precoci

Perdita d’aria prolungata Mancata riespansione polmonare Bilateralità Emotorace Pneumotorace iperteso Pneumotorace massivo

Possibili rischi

Rischio occupazionale Assenza di presidi medici ina ree isolate Presenza di una singola grossa bolla associata Psicologici

SECONDO EPISODIO

Recidiva ipsilaterale Recidiva controlaterali dopo il primo episodio

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TABELLA V: COAGULAZIONE A FREDDO

Tipo pnx N=21 %

persistente 9 42,9

I recidiva 3 14,3

II recidiva 4 19

III recidiva 3 14,3

IV recidiva 2 9,5

TABELLA VI: DURATA DRENAGGI E DEGENZE

Tipo intervento n°casi rimozione drenaggi

(gg)

durata degenza

(gg)

Toracotomia 32 4 (3-10) 6 (5-8)

VATS convenzionale 315 3 (2-10) 4 (2-9)

Floating Ball 21 2 (2-8) 3,1 (1-7)

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FIGURE

Figura 1: Stadi secondo la classificazione di Vanderschueren (1981)

Stadio I Stadio II

Stadio III Stadio IV

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Fig.2: Rx torace normale

Fig.3: Pnx dx

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Fig. 4: Rx pnx iperteso

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Fig.5: TAC pnx iperteso

Fig.6 TAC pnx iperteso

Fig.7: TAC pnx iperteso

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Fig.8: posizionamento paziente per procedura VATS

Fig.9 posizione paziente

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Fig.10: accessi chirurgici VATS

Fig.11: Toracotomia

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Figura 12: TissueLink Floating Ball