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Università degli Studi di Padova General Course 2017/2018 Diritti umani e inclusione Utilizzo delle nuove tecnologie per una società inclusiva: contesti applicativi a confronto Ilaria Barbetta Silvia Begni Isotta De Zandonati Serena Tomasi

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Università degli Studi di Padova

General Course 2017/2018 — Diritti umani e inclusione

Utilizzo delle nuove tecnologie

per una società inclusiva:

contesti applicativi a confronto

Ilaria Barbetta

Silvia Begni

Isotta De Zandonati

Serena Tomasi

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INDICE

INTRODUZIONE

CAPITOLO 1

1.1 Il ruolo delle nuove tecnologie per l’inclusione scolastica

1.2 La convenzione dell’ONU sui diritti delle persone con disabilità

1.3 Progetti educativi per l’inclusione

CAPITOLO 2

2.1 Politiche per l’inclusione in Europa

2.2 L’inclusione in Italia

2.3 Le nuove tecnologie per l’inclusione

2.4 L’utilizzo della robotica per l’inclusione didattica

CAPITOLO 3

3.1 La robotica sociale in pediatria

3.2 Dalla Pet Therapy alla Robotica Pediatrica come facilitatore per l’inclusione

3.3 Tipologie di robot a confronto in diversi paesi esteri

CAPITOLO 4

4.1 La Robotica Sociale sul territorio Veneto: Il caso dell’Azienda Ospedaliera di

Padova

4.2 La testimonianza dell’ingegner Roberto Mancin

CONCLUSIONI

BIBLIOGRAFIA e SITOGRAFIA

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INTRODUZIONE

A cura di Ilaria Barbetta

Il nostro elaborato si propone l’intento di approfondire quanto utile possa essere

l’applicazione della tecnologia in differenti contesti sociali ed educativi, al fine di

promuovere una realtà che di giorno in giorno sia sempre più inclusiva e “a misura

di tutti”.

Il General Course è stato per noi fonte di ispirazione, infatti grazie ai numerosi

interventi coordinati da professori ed esperti dell’Università di Padova abbiamo

avuto la possibilità di conoscere ed approfondire il tema dell’inclusione in un’ottica

multidisciplinare. È stato stimolante poter constatare come sia necessario

sviluppare un pensiero inclusivo in qualsiasi realtà vissuta nel quotidiano, a partire

dalla stessa progettazione di oggetti o dall’implementazione di servizi la cui

accessibilità deve essere garantita a tutti.

È proprio in quest’ottica che si deve sviluppare la tecnologia moderna, pensata e

progettata con lo scopo di valorizzare le differenze, rendendo il mondo alla portata

di ogni individuo. Gli strumenti tecnologici sono potenti mezzi e possono costituire

una grande risorsa per noi esseri umani. È però necessario farne uso consapevole,

in modo da poter sviluppare un approccio interattivo e responsabile, orientato ad

abbattere le barriere di tipo architettonico e sociale.

In queste pagine si affronterà il tema relativo alle nuove tecnologie e a come esse

possano essere utilizzate in modo proficuo ed efficace al supporto di persone che

sperimentano una condizione di vulnerabilità.

Nel primo capitolo verranno approfondite le politiche europee sull’inclusione, per

poi focalizzarsi nello specifico sul contesto italiano con riferimento alla normativa

vigente sulla disabilità.

Il secondo capitolo riporta ed analizza differenti progetti educativi messi in atto sul

nostro territorio in contesto scolastico, evidenziando come sia possibile utilizzare

la tecnologia per sopperire ad eventuali deficit o fragilità.

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Gli ultimi due capitoli si dedicano allo sviluppo della robotica sociale in ambito

pediatrico. In particolare, nel terzo capitolo viene presentata una rassegna di studi

condotti con robot, i quali sono stati utilizzati all’interno di reparti ospedalieri

all’estero.

Il quarto capitolo è stato dedicato al progetto di Robot Terapy promosso

dall’Azienda Ospedaliera di Padova sotto la supervisione dell’ingegner Roberto

Mancin, il quale si è reso disponibile ad accoglierci presso la Pediatria

dell’ospedale, fornendoci materiali di approfondimento e mostrandoci il

funzionamento del robot Pepper.

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Capitolo 1

1.1 Il ruolo delle nuove tecnologie per l’inclusione scolastica

A cura di Isotta De Zandonati

Qual è lo scopo della ricerca tecnologica, se non quello di provare ad

abbattere le barriere che escludono un individuo dalla società?

Il nostro percorso si concentra sullo studio del ruolo benefico che le nuove

tecnologie possono avere se pensate per garantire ad ognuno il diritto

fondamentale ad avere un'istruzione. Il focus di questo progetto è dunque su

come la tecnologia possa essere inclusiva all'interno dell'ambiente didattico.

Lo scopo dell'inclusione sta nella valorizzazione delle differenze, perché tutti

gli esseri umani sono diversi l'uno dall'altro e unici al mondo.

Si tratta semplicemente di applicare l'articolo 3 della nostra Costituzione:

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge,

senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni

politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica

rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto

la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della

persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori

all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”

Se si prende ad esempio un bambino con disabilità a scuola, la tecnologia in

molti casi può fare la differenza, sia in termini di apprendimento che di

integrazione. Eppure secondo una recente indagine Istat si tratta di strumenti

che non sono ancora abbastanza utilizzati.

Stando ai dati del rapporto1, nell’anno scolastico 2013/2014 gli alunni con

disabilità in Italia sono più di 150.000, circa il 3% del totale. In questo contesto

l’impiego delle nuove tecnologie, sottolinea lo studio Istat, potrebbe costituire

1 Indagine Istat del 19 dicembre 2014: l'integrazione degli alunni con

disabilità nelle scuole primarie e secondarie di primo grado statali e non

statali

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un vero e proprio “facilitatore nel processo di inclusione scolastica dell’alunno

con disabilità, soprattutto nel caso in cui la postazione informatica sia situata

all’interno della classe”. L’indagine rivela che più di un quarto delle scuole

prese in esame non ha ancora postazioni informatiche destinate a persone con

disabilità, con punte che raggiungono quasi il 43% nelle scuole primarie

dell’Italia meridionale.

Che la tecnologia rappresenti uno strumento importante nel processo di inclusione

dell’alunno con disabilità a scuola viene riconosciuto anche a livello legislativo 2.

Sotto il punto di vista giuridico analizzeremo la Convenzione dell'ONU sui

diritti delle persone con disabilità, l'integrazione europea ed infine la

giurisdizione italiana. Nel primo paragrafo viene esposta la funzione delle

nuove tecnologie, in particolare dei robot, nelle scuole primarie. Nel secondo

paragrafo viene presentato un caso specifico, riguardante la Onlus Chiossone

di Genova, ed il suo concorso inclusivo avviato nel 2017 e ultimato nel 2018

con la premiazione dei vincitori. Quest'originale progetto è chiamato

#strabuzzagliocchi, si tratta di un lavoro di gruppo con l'obiettivo di rendere

la tecnologia accessibile ai bambini con disabilità visiva, che è utile anche per

l'apprendimento grazie alla realizzazione di libri digitali e applicazioni

interattive. È importante partire prima dalla giurisdizione per capire quanto

questi diritti umani siano garantiti, e per renderci conto che c'è ancora molto

da fare per arrivare ad avere delle scuole inclusive. La tesi che sosteniamo è

dunque che la tecnologia non sempre è un fattore di isolamento della persona,

anzi, se utilizzata nel modo corretto ed efficiente, può risultare essenziale nella

vita dell'essere umano, in particolare nella vita di una persona con disabilità.

La scuola è uno dei luoghi in cui il bambino cresce di più, dove avviene un

processo educativo e di crescita interiore. La scuola dev'essere un luogo sicuro

e ospitale per tutti, nessuno escluso. Lo Universal design for learning si

occupa proprio di questo, perché l'inclusione è uno stato del sistema, non degli

individui. Un sistema è inclusivo quando a monte non esclude niente, ed è

2 Articolo tratto dal sito web ilbolive.unipd.it: Disabili e tecnologia a

scuola:l'Italia è indietro.

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progettato per ogni possibilità futura, dunque le sue trasformazioni sono

continue 3. Ovviamente non sarà mai possibile raggiungere l'universalità

completa, ma ci si può avvicinare. Lo Universal design si basa su 7 principi

fondamentali:

1. Uso equo

2. uso flessibile

3. uso semplice ed intuitivo

4. percettibilità delle informazioni

5. tolleranza all'errore

6. riduzione dello sforzo fisico

7. dimensioni e spazi adeguati 4

Accessibilità significa usabilità di un prodotto, servizio, ambiente o strumento,

per persone col più ampio raggio di capacità.5 Spiegheremo dunque come,

attraverso le nuove tecnologie, si può migliorare l'inclusione degli alunni con

disabilità nel contesto scolastico.

1.2 La convenzione dell’ONU sui diritti delle persone con disabilità

A cura di Isotta De Zandonati

L’Italia, con legge n°18 del 3 marzo 2009 ha ratificato e resa esecutiva la

Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con

Protocollo opzionale, adottata dall’Assemblea Generale dell’ONU il 13

dicembre 2006 ed entrata in vigore il 3 maggio 2008. Con il medesimo

provvedimento (art.3) istituisce l’Osservatorio nazionale sulla condizione delle

persone con disabilità. L’Osservatorio svolgerà, tra gli altri, i seguenti compiti:

1. promuovere l’attuazione della Convenzione sui diritti delle persone con

disabilità ed elaborare il rapporto dettagliato sulle misure adottate di cui

3 Marina Santi durante l'incontro sullo Universal design del 22 marzo 2018 4 Dott. Alioscia Miotto e Dott. G.Lucio Santamaria, incontro sullo Universal

design del 22 marzo 2018

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all’articolo 35 della stessa Convenzione, in raccordo con il Comitato

interministeriale dei diritti umani; 2. predisporre un programma di azione

biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con

disabilità, in attuazione della legislazione nazionale e internazionale; 3.

promuovere la raccolta di dati statistici che illustrino la condizione delle persone

con disabilità, anche con riferimento alle diverse situazioni territoriali; 4.

promuovere la realizzazione di studi e ricerche che possano contribuire ad

individuare aree prioritarie verso cui indirizzare azioni e interventi per la

promozione dei diritti delle persone con disabilità 5.

Adottata da 192 paesi, firmata da 126 e ratificata da 49, con i suoi 50 articoli la

Convenzione ONU rappresenta il primo grande trattato sui diritti umani del

nuovo millennio. È un documento di grandissima importanza per la promozione

di una nuova cultura riguardo alla condizione delle persone con disabilità e delle

loro famiglie.

Di seguito alcuni articoli di rilevante importanza per gli argomenti che andremo a

trattare:

Articolo 1. Scopo

Scopo della presente Convenzione è promuovere, proteggere e assicurare il pieno

ed eguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte

delle persone con disabilità, e promuovere il rispetto per la loro inerente dignità. 2.

Le persone con disabilità includono quanti hanno minorazioni fisiche, mentali,

intellettuali o sensoriali a lungo termine che in interazione con varie barriere

possono impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base

di eguaglianza con gli altri.

5 Incontro 26 marzo 2018: L'accessibilità dalla teoria alla pratica. Prof. Ombretta

Gaggi, dip. di Matematica Unipd

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Articolo 2. Definizioni ai fini della presente Convenzione

“Comunicazione” comprende lingue, visualizzazioni di testi, Braille,

comunicazione tattile, stampa a grandi caratteri, le fonti multimediali accessibili

così come scritti, audio, linguaggio semplice, il lettore umano, le modalità,

i mezzi ed i formati comunicativi alternativi e accrescitivi, comprese le tecnologie

accessibili della comunicazione e dell’informazione;

“Il linguaggio” comprende le lingue parlate ed il linguaggio dei segni, come

pure altre forme di espressione non verbale;

“Discriminazione sulla base della disabilità” indica qualsivoglia distinzione,

esclusione o restrizione sulla base della disabilità che abbia lo scopo o l’effetto di

pregiudicare o annullare il riconoscimento, il godimento e l’esercizio, su base di

eguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali in campo

politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo. Essa

include ogni forma di discriminazione, compreso il rifiuto di un accomodamento

ragionevole;

“Accomodamento ragionevole” indica le modifiche e gli adattamenti necessari ed

appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo, ove ve ne sia

necessità in casi particolari, per assicurare alle persone con disabilità il godimento

e l’esercizio, su base di eguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e libertà

fondamentali;

“Progettazione universale” indica la progettazione (e realizzazione) di

prodotti, ambienti, programmi e servizi utilizzabili da tutte le persone,

nella misura più estesa possibile, senza il bisogno di adattamenti o di

progettazioni specializzate.

“Progettazione universale” non esclude dispositivi di ausilio per particolari

gruppi di persone con disabilità ove siano necessari.

Articolo 3. Principi generali

I principi della presente Convenzione sono:

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1. Il rispetto per la dignità intrinseca, l’autonomia individuale –

compresa la libertà di compiere le proprie scelte – e

l’indipendenza delle persone;

2. La non-discriminazione;

3. La piena ed effettiva partecipazione e inclusione all’interno della società

4. Il rispetto per la differenza e l’accettazione delle persone con

disabilità come parte della diversità umana e dell’umanità stessa;

5. La parità di opportunità;

6. L’accessibilità;

7. La parità tra uomini e donne;

8. Il rispetto per lo sviluppo delle capacità dei bambini con disabilità e il

rispetto per il diritto dei bambini con disabilità a preservare la propria

identità.

Articolo 4. Obblighi generali

1. Intraprendere o promuovere la ricerca e lo sviluppo di beni, servizi,

apparecchiature e attrezzature progettati universalmente, come definito

nell’articolo 2 della presente Convenzione, le quali dovrebbero

richiedere il minore adattamento possibile ed il costo più basso per venire

incontro alle esigenze specifiche delle persone con disabilità, e

promuovere la loro disponibilità ed uso, incoraggiare la progettazione

universale nell’elaborazione degli standard e delle linee guida;

2. Intraprendere o promuovere ricerche e sviluppo, e promuovere la

disponibilità e l’uso di nuove tecnologie, incluse tecnologie

dell’informazione e della comunicazione, ausili alla mobilità,

dispositivi e tecnologie di ausilio, adatti alle persone con disabilità,

dando priorità alle tecnologie dai costi più accessibili;

3. Fornire alle persone con disabilità informazioni accessibili in merito ad

ausili alla mobilità, dispositivi e tecnologie di ausilio, comprese le nuove

tecnologie, così pure altre forme di assistenza, servizi di supporto e

attrezzature;

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Articolo 7. Bambini con disabilità

1. Gli Stati Parti prenderanno ogni misura necessaria ad assicurare il pieno

godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali da parte dei

bambini con disabilità su base di eguaglianza con gli altri bambini.

2. In tutte le azioni concernenti i bambini con disabilità, il superiore

interesse del bambino sarà tenuto prioritariamente in considerazione.

3. Gli Stati Parti garantiranno che i bambini con disabilità abbiano il

diritto di esprimere le proprie opinioni liberamente in tutte le

questioni che li riguardano, le loro opinioni essendo prese nella

dovuta considerazione in rapporto alla loro età e maturità, su base di

eguaglianza con gli altri bambini, e che sia fornita adeguata assistenza

in relazione alla disabilità e all’età allo scopo di realizzare tale diritto.

Articolo 9. Accessibilità

1. Al fine di consentire alle persone con disabilità di vivere in maniera

indipendente e di partecipare pienamente a tutti gli ambiti della vita, gli

Stati Parti devono prendere misure appropriate per assicurare alle

persone con disabilità, su base di eguaglianza con gli altri, l’accesso

all’ambiente fisico, ai trasporti, all’informazione e alla comunicazione,

compresi i sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione, e ad

altre attrezzature e servizi aperti o offerti al pubblico, sia nelle aree

urbane che nelle aree rurali. Queste misure, che includono

l’identificazione e l’eliminazione di ostacoli e barriere all’accessibilità,

si applicheranno, tra l’altro a: a) edifici, strade, trasporti e altre

attrezzature interne ed esterne agli edifici, compresi scuole, alloggi,

strutture sanitarie e luoghi di lavoro; b) servizi di informazione,

comunicazione e altri, compresi i servizi elettronici e quelli di

emergenza.

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Articolo 21. Libertà di espressione e opinione e accesso all’informazione

1. mettere a disposizione delle persone con disabilità in forme

accessibili e mediante le tecnologie appropriate ai differenti tipi di

disabilità, tempestivamente e senza costi aggiuntivi, le informazioni

destinate al grande pubblico;

2. invitare gli enti privati che forniscono servizi al grande pubblico, anche

attraverso Internet, a fornire informazioni e servizi con sistemi accessibili e

utilizzabili dalle persone con disabilità;

3. incoraggiare i mass media, inclusi gli erogatori di informazione tramite

Internet, a rendere i loro servizi accessibili alle persone con disabilità;

Articolo 24. Istruzione

1. Gli Stati Parti riconoscono il diritto delle persone con disabilità

all’istruzione. Allo scopo di realizzare questo diritto senza discriminazioni

e su una base di eguaglianza di opportunità, gli Stati Parti faranno in modo

che il sistema educativo preveda la loro integrazione scolastica a tutti i

livelli e offra, nel corso dell’intera vita, possibilità di istruzione finalizzate:

a) al pieno sviluppo del potenziale umano, del senso di dignità e

dell’autostima ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani, delle

libertà fondamentali e della diversità umana; b) allo sviluppo, da parte delle

persone con disabilità, della propria personalità, dei talenti e della

creatività, delle proprie abilità fisiche e mentali, fino al loro massimo

potenziale; c) a mettere in grado le persone con disabilità di partecipare

effettivamente a una società libera.

2. Nel realizzare tale diritto, gli Stati Parti dovranno assicurare che: a) le

persone con disabilità non siano escluse dal sistema di istruzione generale

sulla base della disabilità e che i bambini con disabilità non siano esclusi

dall’istruzione primaria obbligatoria gratuita o dall’istruzione secondaria

in base alla disabilità; b) le persone con disabilità possano accedere ad

un’istruzione primaria inclusiva, di qualità e gratuita e ad un’istruzione

secondaria su base di eguaglianza con gli altri e all’interno delle comunità

in cui esse vivono; c) un accomodamento ragionevole venga fornito per

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andare incontro alle esigenze individuali; d) le persone con disabilità

ricevano il sostegno necessario, all’interno del sistema educativo generale,

al fine di agevolare la loro effettiva istruzione; e) efficaci misure di

supporto individualizzato siano fornite in ambienti che ottimizzino il

programma scolastico e la socializzazione, conformemente all’obiettivo

della piena inclusione.

3. Gli Stati Parti devono mettere le persone con disabilità in condizione di

acquisire le competenze pratiche e sociali necessarie in modo da facilitare

la loro piena ed eguale partecipazione all’istruzione e alla vita della

comunità. A questo scopo, gli Stati Parti adotteranno misure appropriate, e

specialmente miranti a: a) agevolare l’apprendimento del Braille, della

scrittura alternativa, delle modalità, mezzi, forme e sistemi di

comunicazione alternativi e migliorativi, di abilità all’orientamento e alla

mobilità e a facilitare il sostegno tra pari e il mentoring; b) agevolare

l’apprendimento del linguaggio dei segni e la promozione dell’identità

linguistica della comunità delle persone con disabilità uditiva; c) assicurare

che l’istruzione delle persone, ed in particolare dei bambini con disabilità

visiva o uditiva, sia erogata nei linguaggi, nelle modalità e con i mezzi di

comunicazione più appropriati per l’individuo e in ambienti che

ottimizzino il progresso scolastico e lo sviluppo sociale.

4. Allo scopo di contribuire ad assicurare la realizzazione di tale diritto, gli

Stati Parti adotteranno misure appropriate per impiegare insegnanti, ivi

compresi insegnanti con disabilità, qualificati nel linguaggio dei segni e/o

nel Braille e per formare i professionisti e il personale a tutti i livelli

dell’istruzione. Tale formazione dovrà includere la consapevolezza delle

problematiche della disabilità e l’utilizzo di appropriati modalità, mezzi,

forme e sistemi di comunicazione migliorativi e alternativi, nonché di

tecniche e materiali didattici adatti alle persone con disabilità.

5. Gli Stati Parti assicureranno che le persone con disabilità possano avere

accesso all’istruzione post-secondaria generale, alla formazione

professionale, all’istruzione per adulti e alla formazione continua lungo

tutto l’arco della vita senza discriminazioni e sulla base dell’eguaglianza

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con gli altri. A questo scopo, gli Stati Parti assicureranno che sia fornito un

accomodamento adeguato alle persone con disabilità. 6

1.3 Progetti educativi per l’inclusione

A cura di Isotta De Zandonati

o Il caso dell’Istituto Chiossone di Genova

La storia: l'assessore David Chiossone e un progetto educativo per l'inclusione

L’Istituto dei ciechi (nome iniziale) di Genova nacque dall’impegno tenace di

David Chiossone (1820-1873), medico e letterato, uno dei protagonisti della

stagione risorgimentale. La sua opera andava dal giornalismo alla

drammaturgia, ai dibattiti della medicina igienista, dall’impegno politico per

l’unità della nazione al ruolo di amministratore nel governo della città di

Genova. La sua impresa più impegnativa fu l’apertura di un istituto educativo

che facilitasse l’istruzione e il potenziale inserimento sociale delle persone con

disabilità visiva, sino ad allora spesso ospitati nell’Albergo dei poveri o

all’Ospizio dei cronici. Le persone con disabilità visiva non avrebbero più

vissuto rinchiusi nelle case di lavoro o negli ospizi di mendicità né avrebbero

dato pietoso spettacolo mendicando o esibendosi sulle piazze. Il progetto venne

sottoposto a una prima approvazione nel 1865 da parte dell’allora sindaco, ma

solo nel marzo del 1868 la giunta, guidata dal nuovo sindaco, barone Andrea

Podestà, e quindi il Consiglio comunale deliberarono la creazione di un «ospizio

per i ciechi» come venne chiamato all'epoca. Chiossone scelse il convento dei

Barnabiti perché vicino al centro della città, quindi più facilmente accessibile e

consono alle uscite degli ospiti e alle visite dei familiari. Dovevano essere

accolti in istituto solo bambini e giovani in età scolare: non si sarebbe trattato di

un asilo finalizzato alla protezione e alla custodia di chi non vede ma di un

istituto educativo in vista dell'inserimento lavorativo e sociale dei giovani.

6 Articoli tratti da: S.O.S. Comunicazione esterna interna, Marketing, U.R.P.

ottobre 2010 Traduzione: Serling Soc. Coop.

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La marcia dagli anni Novanta ai giorni nostri

L’attività educativa, riabilitativa e di ricerca delle disabilità visive dovrà

risultare qualificante e con una propria forma di autonomia di tipo tecnico-

scientifico e anche economico-amministrativo: questo è il focus della

ricostruzione del Chiossone come istituto specializzato per il trattamento

riabilitativo della cecità e dell’ipovisione. La riabilitazione che pur si forniva

era ancorata alla dimensione educativa e psicologica. Si trattava ora di dare

piena attuazione a quella scelta, concretizzandola sul piano sociosanitario. La

novità più importante fu il passaggio da una pura dimensione assistenziale a una

situazione mista tra servizio assistenziale e servizio riabilitativo, e si aggiungeva

la persistente attenzione all’integrazione scolastica e alle nuove tecnologie.

Il Chiossone a un certo punto del suo percorso, sul finire del secolo scorso, compì

un radicale cambiamento, dal punto di vista di personalità giuridica: da istituto

pubblico di assistenza e beneficenza di ottocentesca memoria divenne un soggetto

privato, ovviamente senza scopo di lucro. Nel 2014, a un quindicennio dalla

privatizzazione, l’assemblea dei soci, che è stata integrata da nuovi ingressi, si pone

il problema della continuità. Per dare futuro all’istituto è necessario consolidarne le

radici. Si sceglie allora di trasformare l’associazione in fondazione con un' ulteriore

modifica statutaria. Con la privatizzazione, fino alla costituzione della fondazione,

si accelerò il processo di sviluppo dell’istituto, aperto a nuove esperienze. Oggi

dunque quest'istituto è un'organizzazione no-profit che con le sue diverse strutture

ambulatoriali e residenziali, dove operano équipe multidisciplinari altamente

specializzate, impegnate nella ricerca ed in continui aggiornamenti. È un centro di

eccellenza a livello nazionale attivo in tutti i campi che riguardano la disabilità

visiva in tutte le fasce d'età, dall'infanzia alla vecchiaia, convenzionato con il

Servizio Sanitario Nazionale. L'Istituto Chiossone, in costante evoluzione, è risorsa

per il territorio, capace di rispondere con efficacia alle richieste che da questo

provengono.

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o Il concorso #strabuzzagliocchi

Il concorso #strabuzzagliocchi 7 nasce in collegamento con il progetto Sharehab,

portale che seleziona le applicazioni che risultano facilmente usabili da bambini

con disabilità visiva. Il concorso è stato pensato per i ragazzi delle scuole

secondarie di secondo grado e consiste nella realizzazione di prodotti digitali (app,

giochi, video, storie animate, libri digitali interattivi, fumetti, slide show etc.)

coinvolgenti, originali e divertenti, ma soprattutto accessibili ai bambini con

disabilità visiva per un utilizzo in ambito riabilitativo. Le varie classi hanno avuto

tempo per consegnare il proprio elaborato fino al 2 marzo 2018 e i lavori realizzati

nell’ambito del concorso sono stati valutati da specialisti e inseriti poi tra le app

segnalate sul portale Sharehab, in modo da trovare diffusione nella community ed

essere quindi effettivamente utilizzate da bambini e ragazzi con disabilità visiva.

Esistono delle regole per realizzare un'applicazione/libro digitale adatto e

inclusivo:

• Nelle illustrazioni, è da preferire il tratto grafico con linee pulite, contorni

essenziali e ben definiti

• meglio immagini con pochi dettagli, quelli indispensabili… less is more!

• per far risaltare un soggetto, uno sfondo neutro o uniforme è il migliore

• colori? Certamente! Tinte piene, forti, ben contrastate. Ottimo anche il «bianco

e nero»

7 foto dal sito web del concorso: https://www.sharehab.it/?r=site/concorso

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• spazi bene organizzati, senza affollare lo schermo

• animazioni e videoclip con sottofondo sonoro e musicale sono

graditissimi. Senza fretta però!

• grandi lettori vogliono grandi caratteri e font semplici come Arial e Verdana

• interazione basata su gesti semplici come il singolo tocco, e magari un feedback

sonoro.8

In tutto sono state progettate 25 app, storie interattive e giochi elettronici

accessibili ai bambini con disabilità visiva, grazie al lavoro di 350 studenti

appartenenti a 15 classi di 9 scuole secondarie di Liguria e Toscana. Il progetto

didattico è stato un’importante occasione per sensibilizzare i più giovani sui

temi della disabilità visiva e delle barriere digitali. Questo progetto è indirizzato

ai bambini tra gli 0 e 10 anni, con lo scopo di utilizzare questi preziosi strumenti

per la riabilitazione, per attività scolastiche ed extrascolastiche, ma anche nel

tempo libero. Alle classi vincitrici è stata offerta la visita a Dialogo nel Buio, il

percorso multisensoriale in totale assenza di luce accompagnati da guide con

disabilità visiva. 9

o Fred alla scoperta del mare: un libro digitale e inclusivo.

Questo libro è stato realizzato dalla classe III A del liceo classico Colombo di

Genova, è destinato ai bambini tra i 7 e i 10 anni. Questi volenterosi ragazzi sono

stati i primi classificati al concorso nella categoria libro digitale. I disegni rispettano

tutti i criteri posti dagli esperti, i tratti sono semplici e chiari, i colori sono forti e

vibranti.

8 Vadecum illustrato dal sito https://www.sharehab.it/?r=site/concorso 9 http://www.genovatoday.it/attualita/strabuzza-gli-occhi-2018.html

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La storia di questo pesciolino è narrata dalla voce di uno dei ragazzi, che ha

utilizzato una velocità adeguata per la comprensione del racconto. Attraverso il

link seguente vi si può accedere:

http://www.scribaepub.it/play.html?ebook=15051&asset=55597438

o Quiz game: l'applicazione che mette alla prova i bambini

Realizzata dalla II C dell'ITIS Marconi Pontedera (PI), “Quiz game” è

un'applicazione interattiva e divertente ideata per i bambini tra i 7 e i 10 anni. Un

feedback sonoro pone delle domande al bambino, il quale se digita la risposta

corretta viene incoraggiato e lodato dalla voce stessa. Le domande sono varie e

stimolano le conoscenze del bambino, toccano varie materie scolastiche, come la

matematica, la storia e l'italiano. In questo modo oltre che a divertirsi il bambino ha

la possibilità di allenare la sua vista senza problemi e imparare cose nuove. Al

seguente link si può accedere alla versione online:

https://scratch.mit.edu/projects/212506091/

o Gli insetti: un mondo da scoprire

Questo terzo progetto è un video realizzato dalla II D dell'IIS G. Caboto di Chiavari

(GE). L'età dei destinatari è sempre tra i 7 e i 10 anni. In questo caso i ragazzi

descrivono delle immagini di vari insetti, spiegando ai bambini tutto quello che c'è

da sapere sul loro mondo. Si tratta di un video scientifico che aiuta a sviluppare

l'interesse dei bambini verso il mondo animale. I disegni sono semplici e adatti

anche ai bambini con disabilità visiva. Il link al video:

https://www.youtube.com/watch?v=WyF2DR1gjAw&feature=youtu.be

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o Il premio destinato ai ragazzi vincitori: “Dialogo nel Buio”

Dialogo nel Buio è una mostra percorso sensoriale dove i visitatori compiono

un “viaggio” in totale assenza di luce che trasforma luoghi e gesti familiari in

un’esperienza straordinaria.

A piccoli gruppi si è accompagnati da guide con disabilità visiva attraverso

ambienti nell’oscurità che, in completa sicurezza, riproducono situazioni reali

di vita quotidiana nelle quali occorre imparare “un altro vedere”: non si usano

gli occhi ma i sensi del tatto, dell’udito, dell’olfatto e del gusto. Un percorso

fuori dal comune dove non c’è niente da vedere, ma molto da imparare. E da

capire.

Idee e percezioni non visive che appartengono alla cultura delle persone

con disabilità visiva diventano il punto di partenza per scoprire

l’invisibile intorno a noi.

Dialogo nel Buio non è una simulazione della cecità, ma l’invito a sperimentare

come la percezione della realtà e la comunicazione possano essere molto più

profonde e intense in assenza della luce. Dialogo nel Buio è un invito a scoprire

questa nuova dimensione multisensoriale che diventa dialogo interiore e

scambio di esperienze diverse sulla percezione del mondo.

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Dialogo nel Buio si rivolge a chiunque sia interessato a riscoprire il valore dei propri

sensi. Il buio diventa un prezioso momento di crescita10.

Al momento questo percorso è disponibile in 21 paesi sparsi per il globo.

In Asia: Cina, India, Israele; Giappone; Malesia; Singapore; Corea del Sud, Taiwan,

Thailandia.

In Oceania; Australia.

In Europa: Austria, Germania, Grecia, Italia (a Genova e a Milano), Lituania,

Russia, Turchia.

In Nord America: Messico e nell’America del Sud: Argentina e Brasile.

La missione

La missione di Dialogue in the dark è quella di facilitare l'inclusione

sociale delle persone con disabilità visiva a livello globale. I loro obiettivi

sono:

1. Cambiare la mentalità del pubblico a proposito della disabilità

e della diversità per aumentare il livello di tolleranza verso “il

diverso”.

2. Garantire l'occupazione lavorativa alle persone con disabilità visiva in giro

per il mondo.

Il metodo

Dialogue in the Dark è un'esperienza che ha il potere di trasformare la

percezione delle persone, spostando i paradigmi in un contesto di inclusione

e diversità. È un processo di conoscenza di se stessi e richiede autenticità,

coinvolgimento completo, concentrazione sul momento presente e

consapevolezza delle emozioni e sensazioni che l'ambiente circostante può

trasmettere. È anche una possibilità di incontro, infatti il percorso stimola il

10 http://dialogonelbuio.genova.it/sponsor.html

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dialogo tra le due parti, tra i visitatori e le guide, che condividono la loro

storia e guidano le persone lungo il percorso. Ci si trova a provare le

emozioni che le persone con disabilità visiva provano ogni giorno. Grazie a

questa condivisione si instaura un legame di fiducia tra le persone, e ognuno

crea un collegamento mentale con la propria guida, e quindi tutto ciò

favorisce l'inclusione e la valorizzazione della diversità. 11

11 Traduzione dall'inglese: http://www.dialogue-in-the-dark.com/about/exhibition/

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Capitolo 2

2.1 Politiche per l’inclusione in Europa

A cura di Serena Tomasi

L’Inclusione è il riconoscimento dei diritti umani, per combattere ogni forma di

discriminazione.

L’inclusione sociale prevede una cittadinanza attiva e richiede una partecipazione

responsabile alla società civile, rimuovendo gli ostacoli e le barriere e

fondamentali sono la lotta alla povertà e all’esclusione sociale.

Alcune tappe importanti che segnano l’evoluzione delle politiche europee in tema

di inclusione:

- la Conferenza di Salamanca sui Bisogni Educativi Speciali (UNESCO,

1994);

- il SEN Code of Practices (DfES - 1994; 2001),

- il Disability and Discrimination Act (1995),

- il Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente della

Commissione della Comunità Europea (2000),

- il documento UNESCO (2002),

- il movimento Education for all,

- la Dichiarazione di Madrid (2003),

- la Convenzione ONU sui Diritti delle persone con Disabilità (2006);

- 48ª Conferenza Internazionale sull'Educazione dell'UNESCO "Inclusive

Education: the way of the future" (2008);

- Linee Guida per le Politiche di Integrazione nell'Istruzione (2009)

dell'UNESCO.

I documenti della politica europea: Conclusioni del Consiglio sulla società

dell’informazione accessibile e Un’agenda digitale europea12 sottolineano

l’importante ruolo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione

12 https://www.european-agency.org/projects/ict4i

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(TIC) in tutti i settori della vita, tra cui l’istruzione, l’occupazione e l’ambiente

culturale e sociale. L’alfabetizzazione digitale deve essere considerata una

competenza fondamentale per l’inclusione sociale a livello personale, nonché un

elemento chiave per agevolare i progressi ‘verso una società dei saperi aperta,

verde e competitiva’ su scala europea (Consiglio dell’Unione Europea, 2009, pag.

5). Tuttavia nella Comunicazione della Commissione del 2013 su “Aprire

l’istruzione” si afferma che: L’istruzione nell’UE non riesce a tenere il passo con

la società e l’economia digitale.

Le tecnologie digitali sono pienamente integrate nel modo in cui le persone

interagiscono, lavorano e commerciano; tuttavia, non vengono pienamente

sfruttate nei sistemi di istruzione e formazione europei.

La Comunicazione suggerisce inoltre che oltre ad ampliare l’accesso

all’istruzione, un utilizzo più ampio delle nuove tecnologie e delle risorse

didattiche aperte può contribuire ad alleviare i costi degli istituti di istruzione e

degli studenti, specialmente per quanto riguarda i gruppi svantaggiati. Questo

impatto in termini di equità richiede tuttavia ingenti investimenti nelle

infrastrutture didattiche e nelle risorse umane.

L’obiettivo di ampliare l’accesso all’educazione mediante le nuove tecnologie è

in linea con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con

disabilità, che riconosce: l’importanza dell’accessibilità alle strutture fisiche,

sociali, economiche e culturali, alla salute, all’istruzione, all’informazione e alla

comunicazione, per consentire alle persone con disabilità di godere pienamente

di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali (Nazioni Unite, 2006,

Preambolo).

I risultati del progetto Nuove tecnologie per l’inclusione (ICT4I) suggeriscono

l’esistenza di sfide per tutti i decisori delle politiche e per gli operatori affinché

adeguino il proprio modo di pensare e di lavorare e si adoperino per rimuovere

gli ostacoli e consentire a tutti gli studenti di beneficiare delle opportunità

educative che le nuove tecnologie accessibili, ampiamente disponibili ed a prezzi

convenienti, sono in grado di offrire.

Il progetto ICT4I ha individuato cinque questioni politiche cruciali che è

necessario affrontare:

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• Colmare il digital divide al fine di garantire che tutti gli studenti beneficino delle

nuove tecnologie come strumento per l’apprendimento.

• Garantire che ICT4I diventi una questione trasversale, costantemente presente

e tenuta in considerazione in tutti i settori pertinenti delle politiche.

• Garantire la disponibilità e l’adozione di percorsi completi e integrati di

formazione degli insegnanti in ICT4I, come ‘presupposto’ essenziale per qualsiasi

iniziativa ICT4I.

• Sostenere l’attuazione dei risultati della ricerca correlata a ICT4I nella prassi

didattica.

• Mettere a disposizione dati significativi – sia dal punto di vista qualitativo sia

quantitativo – per il monitoraggio e l’informazione delle politiche e delle prassi

in ICT4I. I risultati complessivi del progetto ICT4I suggeriscono l’esistenza di

punti di forza potenziali che dovrebbero essere ulteriormente sfruttati nel

tentativo di affrontare l’esclusione digitale nell’educazione:

1. Appalti pubblici di hardware, software e materiali didattici digitali per le nuove

tecnologie, che incorporano l’accessibilità come criterio (a livello nazionale,

regionale e organizzativo).

2. Un programma di formazione ampiamente disponibile per tutti gli stakeholder

dell’ecosistema ICT4I, tra cui genitori, insegnanti, dirigenti scolastici, personale

di sostegno per le nuove tecnologie, amministratori web e professionisti

informatici e dei media.

3. Politiche e piani d’azione per ICT4I a livello scolastico conformi alle politiche

a livello nazionale ed efficacemente monitorati in modo da informare la più ampia

implementazione di ICT4I.

4. Il sostegno ai direttori scolastici nella loro comprensione e visione di ICT4I,

affinché mantengano un atteggiamento positivo nei confronti del progetto. Il

progetto ICT4I conclude che l’utilizzo efficace delle nuove tecnologie a sostegno

dell’apprendimento nell’educazione inclusiva esemplifica il buon insegnamento

per tutti gli alunni. Tuttavia, ICT4I richiede una nuova pedagogia che si serva

delle nuove tecnologie per mettere tutti gli studenti in grado di prendere le

decisioni più efficaci circa il loro apprendimento, nonché di realizzarle. Questa

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nuova pedagogia consentirebbe: “a tutti di imparare, ovunque, in qualsiasi

momento, su qualsiasi dispositivo, con il sostegno di chiunque”.

2.2 L’inclusione in Italia

A cura di Serena Tomasi

Il nostro Paese è stato il primo in Europa ad aver realizzato una normativa

sull’inclusione generalizzata degli alunni con disabilità. La normativa italiana è

ispirata a due principi fondamentali della costituzione italiana: il principio di

eguaglianza13 garantito dall’art 3 e il diritto allo studio14 sancito dall’art. 34.

Nessuna legge ha formalmente abolito le classi speciali, ma a partire dagli anni

'70 esse vengono quasi ovunque smantellate. I bambini con disabilità, anche molto

gravi, erano velocemente inseriti nelle scuole comuni anche quando, purtroppo,

mancavano i più elementari presupposti (personale di assistenza, eliminazione

delle barriere architettoniche, formazione degli insegnanti, supporto

specialistico). L'ingresso nelle classi di bambini così diversi risultava

incompatibile con l'organizzazione di una scuola che non poteva o sapeva

modificare né i contenuti né il metodo di insegnamento. Nonostante molti gravi

disservizi, si consolidava però nella società un atteggiamento di rifiuto verso ogni

sistema educativo che, come i vecchi istituti, creasse emarginazione, per cui la

scelta dell'inserimento nella scuola comune risultava sempre più condivisa e di

fatto irreversibile.

IL TERMINE INCLUSIONE

Il termine ha fatto ufficialmente la sua comparsa nella scuola italiana con la

Direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012.

L’idea di inclusione si basa non sulla misurazione della distanza di un allievo da

un preteso standard di «normalità», ma sul fatto che tutti gli alunni debbano

essere ugualmente valorizzati e accolti nelle loro diversità.

13 https://www.brocardi.it/costituzione/principi-fondamentali/art3.html 14 https://www.brocardi.it/costituzione/parte-i/titolo-ii/art34.html

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Con l’Inclusione non si interviene sul singolo alunno, ma si interviene

principalmente sul contesto che deve adeguarsi alle necessità e alle difficoltà dei

vari tipi di utenza.

L’inclusione scolastica è impegno fondamentale di tutte le componenti della

comunità scolastica le quali, nell'ambito dei specifici ruoli e responsabilità,

concorrono ad assicurare il successo formativo degli alunni.

L'inclusione scolastica ha come obiettivo prioritario lo sviluppo delle

potenzialità della persona con disabilità nell'apprendimento, nella comunicazione,

nelle relazioni e nella socializzazione. Viene garantito così l'esercizio del diritto

all'istruzione che non può essere impedito da difficoltà di apprendimento né da

altre difficoltà derivanti dalla disabilità.

L’area dello svantaggio scolastico, e pertanto dei conseguenti bisogni educativi

speciali, non resta tuttavia limitata alla presenza di disabilità ma è attualmente

molto più ampia. Comprende infatti queste tre categorie:

• disabilità;

• disturbi evolutivi specifici e/o disturbi specifici dell’apprendimento;

• svantaggio socio-economico, linguistico, culturale. In quest’ultima categoria

sono compresi anche gli alunni immigrati.

MISURE DI SOSTEGNO

Per quanto riguarda le misure specifiche di sostegno per gli alunni con

disabilità, la scuola, insieme agli operatori del Servizio sanitario nazionale e i

genitori, cura un Piano educativo individualizzato (PEI) in cui vengono

individuati strumenti, strategie e modalità per realizzare un ambiente di

apprendimento adeguato e descritti gli interventi predisposti per tali alunni in un

determinato periodo di tempo (normalmente per ogni anno scolastico).

L’inclusione è un compito che riguarda tutta l’istituzione scolastica, il cui

organico viene potenziato con i cosiddetti insegnanti di sostegno che ricevono,

nell’ambito della formazione iniziale, una formazione specifica per l’integrazione

degli alunni con disabilità. Sono assegnati alla classe e non all'alunno con

disabilità, con il compito prioritario di attuare interventi di inclusione attraverso

strategie didattiche specifiche, insieme agli insegnanti curricolari.

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La valutazione degli alunni con disabilità certificata, ha come oggetto il

comportamento, le discipline e le attività che sono svolte sulla base del Piano

educativo individualizzato.

Anche per gli alunni ai quali è stato diagnosticato un disturbo specifico

dell’apprendimento (DSA) e con bisogni educativi speciali derivanti da uno

svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale individuato su basi oggettive

vengono previste specifiche misure di sostegno. In particolare, le scuole possono

attivare percorsi di didattica personalizzata, ricorrendo a strumenti compensativi

e misure dispensative, anche attraverso la redazione di un Piano didattico

personalizzato.

Tony Booth e Mel Ainscow propongono l’Index for Inclusion, strumento per

l’analisi della qualità della progettazione inclusiva nelle scuole, che considera, tra

le risorse da mettere in campo, gli ausili, le tecnologie e i materiali necessari a

garantire la partecipazione scolastica di ciascun alunno; con particolare

riferimento a tre indicatori:

• le attività di formazione aiutano gli insegnanti ad affrontare le diversità degli

alunni;

• gli alunni sono attivamente coinvolti nelle attività di apprendimento;

• gli insegnanti sviluppano risorse per sostenere l’apprendimento e la

partecipazione. L’Index è organizzato in modo che a ciascun indicatore

corrisponda una serie di domande, utili ad agevolare il processo di

autovalutazione dei soggetti e delle organizzazioni scolastiche che programmano

una didattica incentrata sull’inclusività con le tecnologie digitali.

L’autoanalisi del grado di inclusività della scuola (in termini di criticità, punti di

forza, opportunità e risorse) e l’individuazione dei bisogni educativi speciali

presenti, costituiscono le azioni propedeutiche per la pianificazione degli

interventi per l’inclusione nella predisposizione del Piano annuale per

l’Inclusività (PAI).

Il PAI è lo “strumento” per una progettazione dell’offerta formativa in senso

“inclusivo” e quindi un’opportunità, quasi una finestra aperta verso una didattica

innovativa, attenta ai bisogni di ciascuno nel realizzare gli obiettivi comuni,

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sollecitando una fattiva interazione tra il docente di sostegno e i docenti curriculari

di classe in un’operativa azione convergente per l’effettiva integrazione degli

alunni disabili o con difficoltà nel gruppo classe, così da poter crescere e

camminare insieme.

Il PAI, che è una parte integrante del POF15, costituisce nello stesso tempo:

- una risorsa strategica per la costruzione di una scuola più equa e per il

miglioramento dei risultati in termini di inclusività;

- una azione pedagogica di sistema per il coinvolgimento dell’intera

comunità educante e il rilancio di sinergie nuove intorno ad obiettivi

comuni;

- uno strumento per la progettazione di una offerta formativa inclusiva,

coerente con i bisogni educativi rilevati e attenta a valorizzare punti di forza

e a compensare criticità.

Il PAI è proposto dal Gruppo di Lavoro per l’Inclusione (GLI) e approvato

dal Collegio dei Docenti.

NORMATIVA PER GLI STRANIERI

DLGS n. 286 del 1998

C.M. n. 24 del 1/3/2006

C.M. n. 2 dell'8 gennaio 2010

C.M. n. 4233 del 19/2/2014

NORMATIVA PER LA DISABILITA’

L. n° 104/92 nota prot. n. 4274 del 4 agosto 2009

NORMATIVA PER I DSA

L. n° 170/10 D.M. 12/07/2011 e Linee guida

NORMATIVA PER I BES

15 Piano dell’offerta formativa –bisogni educativi speciali e inclusione

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Direttiva Ministeriale del 27/12/2012 C.M. n° 8/13 16

PROVVEDIMENTI ITALIANI PIU’ RECENTI

• D.Lgs. 19 febbraio 2004, n. 59 Definizione delle norme generali relative alla

scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione, a norma dell'articolo 1 della

L. 28 marzo 2003, n. 53 (1/circ). Il capo III di questo decreto esprime le finalità

da perseguire nella scola primaria:

La scuola primaria, accogliendo e valorizzando le diversità individuali, ivi

comprese quelle derivanti dalle disabilità, promuove, nel rispetto delle diversità

individuali, lo sviluppo della personalità, ed ha il fine di far acquisire e sviluppare

le conoscenze e le abilità di base, ivi comprese quelle relative all'alfabetizzazione

informatica, fino alle prime sistemazioni logico-critiche, di fare apprendere i

mezzi espressivi, la lingua italiana e l'alfabetizzazione nella lingua inglese, di

porre le basi per l'utilizzazione di metodologie scientifiche nello studio del mondo

naturale, dei suoi fenomeni e delle sue leggi, di valorizzare le capacità relazionali

e di orientamento nello spazio e nel tempo, di educare ai princìpi fondamentali

della convivenza civile.

•Legge 170/10 + Decreto Ministeriale n. 5669 e Linee Guida 12/07/11

La presente legge riconosce: la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la

discalculia quali disturbi specifici di apprendimento; che si manifestano in

presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di

deficit sensoriali, ma possono costituire una limitazione importante per alcune

attività della vita quotidiana.

L’impegno è quello relativo all' attività diagnostica, che consta di due aspetti:

• la diagnosi

• l'identificazione precoce.

16 Circolare ministeriale http://www.edscuola.eu/wordpress/wp-

ontent/uploads/2013/03/cm008_13.pdf

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•Direttiva Ministeriale sui BES 27/12/12 e la Circolare Ministeriale n. 8 del

6/03/13 “Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e

organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”.

È un documento di notevole importanza perché accoglie degli orientamenti da

tempo presenti nei paesi dell'Unione Europea e che completano il quadro

italiano dell'inclusione scolastica. Infatti il nostro sistema è stato il primo in

Europa ad introdurre l'inclusione scolastica generalizzata degli alunni con

disabilità e ha di recente riordinato i principi della stessa con le linee guida

emanate il 04/08/2009.

Con quest'ultima direttiva il Ministero fornisce indicazioni organizzative

sull'inclusione anche degli alunni che non siano certificabili nè con disabilità,

nè con DSA, ma che hanno difficoltà di apprendimento dovute a svantaggio

personale, familiare e socio-ambientale.

Con il termine BES si intendono:

1. alunni con disabilità

2. alunni con DSA

3. alunni con svantaggio socio-economico, linguistico, culturale

2.3 Le nuove tecnologie per l’inclusione

A cura di Serena Tomasi

Le tecnologie emergenti presentano sfide importanti, ma offrono al contempo

enormi opportunità per ampliare l’accesso e la partecipazione nell’istruzione

inclusiva. Queste opportunità sono in linea con l’invito da parte dell’Unione

Europea (UE) per consentire «a tutti di imparare, ovunque, in qualsiasi momento,

su qualsiasi dispositivo, con il sostegno di chiunque»

L’uso efficace delle nuove tecnologie a sostegno dell’apprendimento esemplifica

buone prassi di insegnamento per tutti gli studenti.

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Tra i supporti che la tecnologia fornisce al mondo della scuola vale la pena di

ricordare il crescente numero di applicazioni che, pur non connesse alla robotica,

rispondono attraverso il semplice uso di un tablet a una questione attualmente

centrale nei dibattiti su pedagogia e didattica.

Si tratta di programmi che potenziano le competenze del bambino attraverso

attività specifiche e spesso a carattere ludico. In alcuni casi queste applicazioni

svolgono anche una funzione di individuazione dei disturbi di comunicazione nei

bambini in età prescolare e di screening per quelli più grandi. Per aiutare gli alunni

nel perfezionamento di lettura, scrittura e capacità matematiche, questi

programmi si servono di strumenti come immagini, video, mappe concettuali,

tastiera vocale e calcolatrice sonora. Così facendo, sostituiscono elementi visivi e

uditivi a simboli come numeri e lettere, la cui comprensione crea difficoltà agli

alunni con disabilità.

L’acquisto e l’utilizzo di nuove tecnologie non bastano a rendere efficace la

didattica. È necessario, in primo luogo, che i docenti siano preparati per essere in

grado di servirsi con competenza di questi strumenti, e ciò

richiede un ulteriore investimento in termini di risorse, tempo ed energie. Oltre a

ciò, è fondamentale che vi sia una progettazione dettagliata e calibrata sulle

esigenze degli alunni interessati; la considerazione di un target preciso (i bambini

presenti nella particolare classe interessata) aiuta nella scelta degli obiettivi

principali su cui focalizzarsi e nella costruzione di un percorso mirante al loro

raggiungimento.

La scuola tradizionale non appare in grado di rispondere alle esigenze, più o meno

nuove, di una società in continuo cambiamento.

Questioni come la disabilità e la diversa provenienza culturale e sociale

continuano a rappresentare un punto di discussione e a volte, purtroppo, di

fallimento per un sistema educativo che vuole mirare all’equità e all’inclusione

sociale. In molti casi ciò finisce con il legarsi a fenomeni come il bullismo.

La scuola, tra l’altro spesso mal finanziata, non è in grado di sfruttare le possibilità

offerte dallo sviluppo tecnologico: l’Italia risulta al venticinquesimo posto nella

classifica per la diffusione delle nuove tecnologie nei Paesi dell’UE (dati del

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2015). Gli insegnanti sono spesso impreparati nella gestione di classi eterogenee,

sia sul piano strettamente didattico che su quello sociale; raramente sono

supportati in modo adeguato, così come accade anche alle famiglie.

Il 47% degli alunni con sostegno usa apparecchi informatici per la

personalizzazione della didattica (PC, tablet, registratori…), mentre il 25%

utilizza software didattici per l’apprendimento. Tuttavia, il 35% degli alunni con

disabilità non si avvale di alcun supporto didattico.

Alcune delle soluzioni tecnologiche più aggiornate che permettono l’inclusione

in modo particolare delle persone con disabilità sono: tablet per stimolare le

capacità cognitive, ambienti virtuali e software educativi per un apprendimento

attivo e inclusivo, videogame e giochi interattivi, nuove tecnologie, robotica.

Attraverso di essi può essere possibile favorire la partecipazione e l'autonomia,

con soluzioni inclusive ed innovative.

La flessibilità dei percorsi e l’adattamento dei contenuti for all non è realizzabile

con strumenti didattici tradizionali (libri di testo stampati o i materiali non

modificabili), ma con le tecnologie digitali; le quali permettono di personalizzare

i contenuti proposti grazie ai processi di digitalizzazione e alla combinazione di

linguaggi differenti. Integrare le tecnologie digitali nella didattica per l’inclusività

significa riflettere sull’importanza di una corrispondenza tra le caratteristiche

degli studenti e le modalità di insegnamento: si tratta di rispondere alle differenze

tra gli alunni per le fasi di riconoscimento, organizzazione e attribuzione di

significati emozionali a informazioni e concetti.

I dati, Istat e Miur- Ufficio di statistica e diffusi da Exposanità, attestano che in

Italia gli studenti con disabilità iscritti nell’anno scolastico 2014/2015 sono stati

quasi 235 mila, il 2,7% del totale: il 65,3% degli studenti con disabilità ha un

deficit di tipo intellettivo, il 3,5% motorio, il 2,7% uditivo e l’1,6% visivo. Nel

nostro Paese il rapporto tra numero di studenti con disabilità e posti per il

sostegno, dopo aver raggiunto quota 2,09 nell’anno scolastico 2009-2010, è

ritornato a 1,85 nell’anno 2014-2015. Il 10% degli studenti disabili frequenta la

scuola dell’infanzia, il 37% la scuola primaria, il 28% la scuola secondaria di I

grado e il 25% la scuola secondaria di II grado. Con riferimento alla scuola

primaria e secondaria di I grado, solo 4 scuole primarie su 10 (39,3%) e poco più

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di un terzo delle secondarie di primo grado (36,6%) hanno aule dotate di

attrezzature informatiche destinate a studenti con disabilità (pc, tablet,

registratori, lettori cd/dvd, fotocamere che permettono la personalizzazione della

didattica, per il 47% degli alunni con sostegno).

Il riconoscimento della diversità deve avvenire nell’ottica della sua

valorizzazione, con una differenziazione funzionale dei percorsi, che trova però

forza nelle relazioni e nella cooperazione del gruppo classe o di gruppi all’interno

della classe. Quindi l’apprendimento cooperativo si fonda sull’aiuto reciproco, sul

gruppo pensato come squadra, in cui si esercitano abilità sociali, di problem

solving, si sviluppa il pensiero creativo e la responsabilità individuale. Il docente

crea degli obiettivi didattici a partire dai contenuti della disciplina, organizza

l’ambiente e le modalità di apprendimento, pianifica le sequenze didattiche e

utilizza attività di ricerca e riflessione, condivisa con gli studenti.

La LIM in questo contesto si presta a essere uno strumento versatile. Le sue

potenzialità multimediali forniscono numerosi e diversi stimoli nella fase

dell’input del processo di insegnamento-apprendimento, sia a livello visivo che

uditivo. Ma diventa importante anche nella fase di comprensione ed elaborazione

dei significati, attraverso strumenti di facilitazione e semplificazione. La LIM è

uno strumento rivolto a tutta la classe, non solo ad alunni BES, e per questo è uno

strumento davvero inclusivo. Non si deve immaginare di utilizzarla

specificamente per alunni con disabilità o difficoltà, e nemmeno di utilizzarla in

un’ottica di didattica tradizionale rivolta ad alunni normodotati. La Lavagna

Interattiva Multimediale trova significato quando usata nel pieno delle sue

potenzialità, in un contesto cooperativo, rivolgendosi a tutta la classe nel rispetto

delle diversità e per la loro valorizzazione.

L’utilizzo delle tecnologie digitali nella didattica può sostenere attivamente le

pratiche inclusive, in quanto:

- Permettono la valorizzazione di risorse latenti negli alunni, che possono avere

difficoltà a emergere nelle pratiche didattiche tradizionali, basate sull’ascolto,

sulla ripetizione orale e sulla produzione di elaborati scritti

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- Realizzano esperienze di apprendimento significativo, in una didattica basata

sulla soluzione di problemi reali e sulla realizzazione di progetti, dove ogni

studente è al centro dell’azione didattica con la propria motivazione e le proprie

conoscenze, e può muoversi attivamente nella realtà e nelle discipline.

- Migliorano la gestione dei processi inclusivi dentro e fuori la classe,

permettendo ai docenti di progettare attività collaborative e cooperative tra gli

studenti.

Dunque i processi inclusivi possono essere potenziati attraverso le tecnologie, le

quali permettono di gestire l’eterogeneità della classe, apportando tre grandi

vantaggi:

1. Valorizzazione delle differenze nell’ambito di una progettazione

didattica inclusiva e significativa, le tecnologie digitali permettono di

utilizzare diversificati codici comunicativi multi e ipermediali, i quali

attivano differenti modalità di elaborazione della conoscenza da parte

degli alunni.

2. Valorizzare le differenze nel gruppo classe non significa

individualizzare ogni percorso didattico, fornendo a ogni studente uno

strumento diverso da quello del compagno; affidandosi alla logica della

“macchina per imparare”, di fatto va a depotenziare le relazioni

all’interno del gruppo.

3. L’inclusività si fonda proprio sull’uso delle tecnologie nel gruppo, come

medium per eliminare barriere all’apprendimento e facilitare i processi

di elaborazione della conoscenza per tutti. Per permettere a studenti con

bisogni educativi speciali di apprendere ed elaborare al meglio i

contenuti, si rende necessario utilizzare ausili e strumenti tecnologici in

percorsi individualizzati e personalizzati: questo è un grande vantaggio

che le tecnologie digitali apportano nell’ottica della valorizzazione delle

differenze.

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2.4 L’utilizzo della robotica per l’inclusione didattica

A cura di Serena Tomasi

La scuola digitale dell'immediato futuro dovrebbe prevedere tablet e PC per ogni

alunno, lavagne e tavoli interattivi multimediali, classi 2.0 e strumenti di

robotica educativa. La didattica si avvale di veri e propri robot: l'ape robot, che

aiuta i bambini a sviluppare la logica, a contare e a muoversi nello spazio, il Set

di costruzione WeDo, che permette di fare esperienze didattiche manuali, trovare

soluzioni creative e lavorare in gruppo, o il Lego Mindstorm, un mattoncino

intelligente programmabile e un software di programmazione di facile uso, per

stimolare la creatività.

Anche un piccolo robot può contribuire a far compiere un grande passo verso

l’inclusione degli studenti con disabilità.

Le tecnologie digitali e la robotica possono, se impiegate in modo attento e

consapevole, contribuire a promuovere l’apprendimento e le abilità relazionali di

alunni con bisogni speciali; agendo da strumenti facilitatori dei processi di

apprendimento, favoriscono la gestione autonoma delle attività, il lavoro di

gruppo e permettono ad ognuno di esprimere competenze e creatività.

L’impiego delle tecnologie digitali e della robotica educativa ha trovato conferme

in diversi studi e sperimentazioni come nei progetti: IROMEC – Interactive

Robotic Social Mediators as Companions17; AURORA –Autonomus mobile

Robot as a Remedial tool for Acustic children, che ha mostrato l’utilità dei robot

nello stimolare l’attenzione e la curiosità dei soggetti autistici; più recente il

progetto europeo: EDUROB18 .

In particolare, l’impiego dei robot nella didattica offre particolari vantaggi: i

giovani apprendono più rapidamente e facilmente se hanno a che fare con oggetti

concreti ed i robot sono oggetti reali, tridimensionali, che si muovono nello spazio

e nel tempo e sono in grado di riprodurre vari aspetti del comportamento umano

o animale.

17 IROMEC will investigate how robotic toys can provide opportunities for learning and

enjoyment 18 http://www.europole.org/edurob/

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Il progresso e lo sviluppo della robotica negli ultimi anni ha permesso di dare

alcune risposte a questi problemi, per quanto ancora in fase di sperimentazione.

Negli ultimi anni si è sviluppata all’interno di questa disciplina una branca

dedicata nello specifico alle tematiche dell’apprendimento: la robotica educativa.

Tale disciplina trova i suoi fondamenti pedagogici nel Costruzionismo19 di

Seymour Papert, a sua volta derivato dal costruttivismo dell’apprendimento di

Jean Piaget. Gli studi di Papert descrivono i vantaggi apportati dall’utilizzo in

ambito scolastico di kit di costruzione e programmazione (in questo caso i robot),

utili a rendere gli alunni ideatori dei propri strumenti didattici e protagonisti

dell’apprendimento. Per quanto metodi e forme della robotica educativa siano

ancora ampiamente in fase di sperimentazione, numerose esperienze ne

dimostrano il successo nello sviluppo di creatività, curiosità, problem-solving e

lavoro di squadra, e l’aumento del coinvolgimento e della motivazione. Un

numero sempre crescente di progetti viene attuato nelle scuole di tutto il mondo

per sperimentarne l’efficacia e per osservare le reazioni dei bambini coinvolti.

Nomi ricorrenti in tali ambiti sono quelli dell’umanoide Nao, del Mindstorm EV3

della Lego e, per i più piccoli, di Bee-bot, un’ape robotizzata dotata di comandi

direzionali sul dorso e in grado di eseguire un percorso fino a quaranta mosse.

19 costruzionismo è basato sulla teoria del costruttivismo secondo la quale l'individuo che apprende costruisce modelli mentali per comprendere il mondo intorno a lui.

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I vantaggi dell’utilizzo dei robot all’interno delle attività scolastiche per gli alunni

con bisogni educativi sociali sono diversi. Innanzitutto, è stato notato come i

tempi e la qualità dell’attenzione aumentino notevolmente rispetto alle lezioni

tradizionali. La possibilità di dare al robot una serie di comandi e di vederli

eseguiti correttamente dà ai bambini con disabilità cognitive e relazionali il senso

di controllo che normalmente si ottiene dalla nascita e durante la crescita ma che

a loro manca. In più, attraverso la rappresentazione in un contesto concreto, li

facilita nell’apprendimento di concetti astratti come il tempo e lo spazio. I

vantaggi della robotica inclusiva, però, non si limitano agli alunni con bisogni

educativi speciali. Le attività di pianificazione e ragionamento logico svolte con

un robot (ad esempio l’ideazione di un percorso da fargli eseguire attraverso

comandi direzionali) costituiscono una sorta di allenamento ad un migliore

apprendimento, favorendo lo sviluppo di competenze superiori alla base di azioni

come la lettura o la scrittura. Oltre a ciò, la presenza di un robot rende la lezione

generalmente più accattivante per molti bambini.

L’utilizzo di un robot nelle attività didattiche aiuta l’inclusione degli alunni con

disabilità all’interno della classe. Inoltre, l’interazione con un robot è più facile e

prevedibile rispetto a quella con altri esseri umani, e per ciò può rappresentare,

per alcuni bambini, una valida alternativa nell’apprendimento delle competenze

sociali che normalmente si acquisiscono attraverso il gioco.

Ciò contribuisce ad ampliare le loro capacità sul piano interpersonale, rendendo

più semplici le interazioni con gli altri bambini. Infine, ottenere dei successi e un

progresso nell’apprendimento ha un effetto positivo sulla percezione che la

persona ha di sé, migliorandone la motivazione e, conseguentemente, i risultati in

campo sia didattico che sociale.

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Capitolo 3

3.1 La robotica sociale in pediatria

A cura di Ilaria Barbetta

Cosa è la robotica sociale e in che modo si differenzia da quella a scopo

industriale?

In questa seconda parte del nostro elaborato abbiamo avuto il desiderio di

approfondire l’utilizzo della robotica all’interno del contesto ospedaliero – nello

specifico in ambito pediatrico – enfatizzandone l’efficacia e l’importanza per

alleviare il dolore dei più piccoli e con lo scopo di creare un clima il più possibile

inclusivo.

La robotica pediatrica è un campo a tutt’oggi solo parzialmente esplorato, tanto che

c’è non poca difficoltà nel trovare articoli scientifici che diano validità all’efficacia

dell’utilizzo di robot con bambini ricoverati. Tuttavia i riscontri empirici sono

positivi e danno manforte all’implementazione di idee e nuovi progetti sulla

robotica sociale e sulla sua spendibilità in contesti ospedalieri.

Innanzitutto è bene differenziare due ambiti applicativi della robotica tra loro

completamente differenti, il primo è il settore industriale, ove è ormai comune la

definizione di robot come un “manipolatore multifunzionale riprogrammabile,

progettato per muovere materiali, parti, attrezzi o dispositivi specialistici attraverso

vari movimenti programmati, per l’esecuzione di diversi compiti” (Robot Institute

of America, 1980) 20. In tal senso, la robotica industriale coinvolge differenti campi

disciplinari, dalla meccanica all’elettronica, ed è definibile come lo studio di

macchine che siano in grado di svolgere compiti in autonomia, sia in termini di

attività fisica sia decisionale, sostituendosi all’esecuzione manuale riservata agli

esseri umani. Principalmente, lo scopo che hanno i robot industriali è di tipo

supportivo, in quanto sono progettati al fine di mettere in atto una serie di attività

20 http://www.automazionenews.it/la-robotica-industriale/

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volte al completamento di mansioni faticose o comunque ripetitive per l’uomo, in

modo da assolverlo da incarichi gravosi e spesso frustranti 21.

Un secondo settore è quello della robotica sociale; essa fa uso di robot progettati

per essere in grado di atteggiarsi con regole sociali e capaci di interagire con gli

esseri umani in modo da rapportarsi ad un livello avanzato, comprendere modelli

mentali dei loro partner sociali, formare relazioni, fare uso di segnali di

comunicazione naturale, e imparare le capacità sociali più comunemente

utilizzate22.

Tutte queste abilità sono fondamentali per far in modo che un robot possa entrare

in contatto con un essere umano e non solo, ma possa anche instaurare un rapporto

basato su comunicazione e scambio di informazioni. Per fare questo è risultato,

però, fondamentale che il robot avesse un aspetto che gli potesse conferire con più

facilità un certo grado di fiducia e socievolezza da parte dell’essere umano, sia

bambino sia adulto. Infatti, sembra che i robot con caratteristiche fisiche

antropomorfe siano capaci di far scaturire una maggior simpatia e una diffidenza

minore in coloro che tentano di approcciarsi ad essi23.

I robot socialmente interattivi sviluppano diversi livelli di comportamento sociale,

essi infatti sono: evocativi, sociali, ricettivi, collocati, integrati ed intelligenti.

o Socialmente evocativi: non hanno capacità sociali proprie, ma fanno

affidamento sulla tendenza dell’uomo di proiettare capacità sociali.

o Interfaccia sociale: imitano le norme sociali, in modo da poter entrare in

contatto con facilità con l’essere umano.

o Socialmente ricettivi: imparano attraverso l’imitazione ed è per questo motivo

che sono in grado di cogliere in modo efficace gli input che provengono

dall’esterno, dagli individui e dall’ambiente.

o Socialmente collocati: i robot funzionano entro gli ambienti sociali,

sviluppando la capacità di discernere tra ciò che è e ciò che non è sociale.

21 http://home.deib.polimi.it/rocco/robotica/introduzione.pdf 22 http://robocare.istc.cnr.it/collana/rc-tr-1103-1.pdf 23 Bologna D., Robot sociali: cosa sono e cosa fanno, Controcorrente:

Intelligenza artificiale, aprile 2017.

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o Socialmente integrati: padroneggiano i modelli sociali tipicamente utilizzati.

o Socialmente intelligenti: manifestano livelli di comprensione sociale elevata, in

funzione di modelli tipici della cognizione umana. 24

Quindi, se nella robotica industriale si fa per lo più riferimento all’intelligenza

artificiale (analogia tra la mente umana e il modo di funzionare di un computer), in

ambito sociale ci si rivolge maggiormente alla robotica intesa come “vita

artificiale”, che prende le distanze da quella di stampo tradizionale. Infatti, per

quanto concerne la vita artificiale un robot evolve ed apprende man mano

interagisce ed opera in uno specifico contesto, quindi non viene programmato a fare

quello che fa (robotica filogenetica e ontogenetica). Inoltre, il sistema di controllo

del robot ha circuiti interni ricorrenti attraverso i quali esso auto-genera i suoi stessi

input dando luogo ai fenomeni della vita mentale e dell’attività cognitiva superiore:

immagini, ricordi, pensieri, ragionamenti, previsioni, valutazioni e decisioni.

3.2 Dalla Pet Therapy alla Robotica Pediatrica come facilitatore per

l’inclusione

A cura di Ilaria Barbetta

Il perno su cui si basa il concetto di inclusione fa riferimento alla progettazione di

interventi ad hoc che siano pianificati in modo da considerare prima di tutto

l’individuo, che deve essere protagonista indiscusso e valorizzato nella sua unicità.

Lo scopo è quello di migliorare la qualità di vita di coloro che sono in una

condizione di vulnerabilità e che vivono in una situazione di difficoltà spesso

dimenticata o comunque poco considerata dal contesto entro il quale la persona si

trova a vivere ed agire 25.

Sicuramente la vita di un bambino in ospedale non è paragonabile a quella dei suoi

coetanei, liberi di potersi muovere, giocare e stare a contatto gli uni con gli altri.

24 Baroni I., Nalin M., La robotica cognitiva entra in pediatria, Mondo Digitale 2,

2014. 25 Saldien, J., Goris, K., Vanderborght, B., Verrelst, B., Van Ham, R., & Lefeber,

D., ANTY: The development of an intelligent huggable robot for hospitalized

children, In 9th International Conference on Climbing and Walking Robots and

the Support Technologies for Mobile Machines, 2006.

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L’esperienza dell’ospedalizzazione in sé è un processo complesso e traumatico,

spesso inaspettato e comunque vissuto con ansie e paure dal minore, dai genitori e

dall’intero nucleo familiare. Tale dinamica implica diverse conseguenze, come il

radicale cambiamento di abitudini ed attività quotidiane, il distacco dalla propria

casa e dagli ambienti entro i quali si era abituati a vivere ed interagire, ma

soprattutto il dover rinunciare alla vicinanza con familiari, amici e la rete sociale

che nel tempo è stata creata e mantenuta. L’inserimento in un ambiente nuovo,

diverso e con il quale non si ha confidenza instilla nel bambino un senso di

inquietudine e diffidenza, soprattutto anche perché spesso non c’è la

consapevolezza della persona circa le motivazioni che la inducono a permanere in

una struttura ospedaliera. Ciò che spesso capita ai bambini, ma a volte anche agli

anziani, è la mancanza di informazione. Infatti, per proteggerli e tutelari si

promuove un comportamento basato sulla mancanza di chiarezza e su carenti

spiegazioni rispetto al significato della degenza e della vulnerabilità che coinvolge

il minore.

Tutto questo è sicuramente causa di malessere e insicurezza, ci si sente impotenti e

fragili, disorientati ed abbandonati nelle mani di estranei. Il bambino è spesso

assalito da sensi di colpa – pensa di essere stato punito per una cattiva condotta –

oppure sperimenta la paura del non poter più tornare a casa, alla sua “vita di

sempre”, alla sua quotidianità26. A ciò si accompagna la paura del dolore,

l’irrequietudine del non sapere cosa stia accadendo e cosa ci si possa aspettare, la

mancata possibilità di poter scegliere.

Purtroppo una situazione simile porta il bambino a rendere difficoltoso un

intervento che può essere per lui salvifico; infatti il minore può essere resistente e

poco predisposto all’aiuto da parte di medici ed infermieri, ostacolando il processo

di cura e di pronta guarigione. In questo modo sarà molto difficile instaurare un

rapporto di fiducia e nel tempo le continue paure del bambino lo porteranno ad

26 Saldien, J., Development of the huggable social robot Probo: on the conceptual

design and software architecture, (Doctoral dissertation, Vrije Universiteit

Brussel. Faculty of Engineering), 2009.

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essere un “cattivo paziente”, impedendo la nascita di un’alleanza terapeutica

vincente.

Sicuramente ci sono risorse che possono entrare in gioco per rendere più facile e il

meno dolorosa possibile un’esperienza in pediatria, ruolo fondamentale è quello dei

genitori, i quali sono il punto di riferimento per il bambino entro il contesto nuovo

nel quale è costretto a vivere. i caregivers devono essere dei facilitatori al

trattamento, relazionandosi con i medici in modo costruttivo ed impedendo che

l’ansia permei il rapporto con il figlio in condizione di fragilità.

Inoltre, è necessario considerare le risorse dello stesso minore, il quale sviluppa nel

tempo la capacità di razionalizzare l’esperienza in ospedale facendo domande e

dando un significato alle diverse vicissitudini. Fondamentale risulta essere la

gestione delle proprie emozioni, cercando strategie efficaci per controllare pensieri

e vissuti negativi in modo da evitare il più possibile situazioni stressanti ed

immagini che acuirebbero ansie e paure. La ricerca di socializzazione con altri

bambini può essere d’aiuto, così come la partecipazione ad attività ludiche messe a

disposizione dalla struttura ospedaliera, entrambe possono essere valide opzioni per

reindirizzare l’attenzione e mantenere l’autocontrollo.

In moltissimi ospedali si può constatare l’impegno del settore pediatrico

nell’incentivare una degenza che sia per il minore il più possibile serena, tanto che

spesso si ricorre all’intervento di clown, maestri, musicoterapisti e psicologi in

corsia, in modo da creare un ambiente che sia accogliente, colorato e “a misura di

bambino”. 27

Esistono anche delle terapie alternative sulle quali nel corso degli anni ci si

appoggia sempre di più e che hanno notevoli vantaggi sulla qualità della degenza

del minore. Tra queste è stata introdotta da Levinson (1960) la “Pet Therapy”, con

scopo prevalentemente comunicativo e che permette al bambino di instaurare più

velocemente un legame con il suo medico di riferimento proprio grazie

all’introduzione di un animale – solitamente un cane – in grado di far “sciogliere il

27 Panella J. J., Preoperative Care of Children: Strategies From a Child Life

Perspective, AORN J 104 (1), 11-22, 2016.

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ghiaccio”. 28 Tale concetto viene abbandonato nel tempo e sostituito da due nuove

categorie: l’Animal Assisted Activity (AAA) e Animal Assisted Therapy (AAT).

La prima si focalizza sull’incremento di attitudini motivazionali e su un

miglioramento dello stile di vita di pazienti con disabilità fisica o motoria grazie

all’utilizzo di animali. Per quanto concerne la AAT, essa si caratterizza per un

processo di cura che considera l’animale come parte integrante del percorso di

guarigione, tanto da incentivare miglioramenti rispetto a funzioni cognitive, sociale

ed emozionali. 29

Necessario ricordare che è stato constatato un effetto benefico degli animali sui

bambini, in quanto la relazione che si instaura produce un decremento dei livelli di

ansia e stress nel minore, causando un forte miglioramento dell’umore e del ritmo

respiratorio, soprattutto grazie alla comunicazione con l’animale e alla percezione

tattile 30

Tra le terapie educative più utilizzate in ambito pediatrico è fondamentale

annoverare l’utilizzo dei robot come ausilio e strumento supportivo per le fasi più

delicate del ricovero ospedaliero. È ben risaputo che negli anni c’è sempre più

interesse verso la robotica, ma soprattutto è in forte crescita la progettazione di robot

che siano utili alla riabilitazione motoria e all’attuazione di delicati interventi

chirurgici. Con il passare del tempo si è pensato all’utilizzo dei robot in un’ottica

differente, più che orientata al campo medico/industriale si è cercato di

implementare una versione di robot “sociale”. infatti, sulla base degli effetti positivi

avuti con la T.A.A. molti ospedali si sono muniti di piccoli dispositivi autonomi e

programmabili in forma animale ed umana, con l’obiettivo di interagire e

comunicare con gli esseri umani in modo da rendere il ricovero meno stressante

28 Saldien, J., Development of the huggable social robot Probo: on the conceptual

design and software architecture, (Doctoral dissertation, Vrije Universiteit

Brussel. Faculty of Engineering), 2009. 29 Panella J. J., Preoperative Care of Children: Strategies From a Child Life

Perspective, AORN J 104 (1), 11-22, 2016. 30 Saldien, J., Goris, K., Vanderborght, B., Verrelst, B., Van Ham, R., & Lefeber,

D., ANTY: The development of an intelligent huggable robot for hospitalized

children, In 9th International Conference on Climbing and Walking Robots and

the Support Technologies for Mobile Machines, 2006.

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possibile. In questo caso la robotica prende una forma più educativa/sociale, rispetto

al suo uso tradizionale in ambito riabilitativo, e viene utilizzata come strumento di

supporto al personale sanitario per promuovere il benessere e l’inserimento sociale

dei pazienti, oltre che essere d’ausilio alla loro formazione ed educazione.

I fattori che sicuramente contraddistinguono un robot sociale sono: la capacità di

suscitare nel paziente reazioni emotive, l’aspetto esteriore che è curato in ogni

dettaglio, avvicinandosi sempre di più ad un modello antropomorfo e l’interattività.

Non è certo un caso se si sta affermando in molti paesi del mondo la Robot Therapy

come efficace supporto alternativo alla Pet Therapy negli ospedali, soprattutto per

i piccoli pazienti pediatrici, più spaventati e vulnerabili e, quindi, difficili da gestire.

Le principali motivazioni che spingono all’utilizzo della robotica sociale sono di

tipo igienico e logistico. Per quanto concerne l’igiene è da sottolineare che il robot

è sterilizzabile, a differenza di un animale, quindi la possibilità di accesso a reparti

nei quali i pazienti hanno difese immunitarie basse è maggiore. Mentre da un punto

di vista logistico, l’ospedale non è un ambiente che prevede la permanenza di

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animali per un lungo periodo, mentre il robot è poco ingombrante e più facilmente

collocabile in struttura 31.

La Robot Therapy è, quindi, una soluzione alternativa, ma comunque efficace in

quanto in grado di perseguire la maggior parte degli obiettivi della Pet Therapy, da

come si può osservare dalla seguente tabella:

31 Saldien, J., Development of the huggable social robot Probo: on the conceptual

design and software architecture, (Doctoral dissertation, Vrije Universiteit

Brussel. Faculty of Engineering), 2009.

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Tab. in cui sono confrontati AAT e Robot Therapy in diverse aree

(Baroni I. & Nalin M., 2014)

Si può evincere, quindi, che il robot sociale in contesto ospedaliero è facilitatore

d’inclusione, in quanto consente al piccolo paziente di abbattere le barriere della

disinformazione, dell’incapacità di relazione con figure estranee e spesso adulte e

dell’interruzione di rapporti con coetanei ed amici (in quanto attraverso il robot si

può comunicare con terzi). Non da ultimo grazie all’utilizzo di tale strumento si

possono superare bias socio-culturali e linguistici, basti pensare a un bimbo

straniero ricoverato in un Paese del quale non conosce la lingua, ma che può

interagire con un robot programmato per parlare più lingue - tra cui quella del

paziente – e perciò in grado di tranquillizzarlo 32.

32 Baroni I., Nalin M., La robotica cognitiva entra in pediatria, Mondo Digitale 2,

2014.

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3.3 Tipologie di robot a confronto in diversi paesi esteri

A cura di Silvia Begni

L’uso della tecnologia per l’informazione e la comunicazione (ICT) è vastamente

riconosciuto come parte della vita quotidiana di ognuno di noi, ed ha un impatto

decisivo in vari aspetti della società tra cui l’educazione, la riabilitazione e il lavoro,

la prosperità economica degli individui e degli stati in generale, così come sui media

e l’informazione, e le attività di svago. Molti passi in avanti sono stati compiuti per

massimizzare il beneficio che può conferire l’uso della tecnologia nell’educazione

e nella riabilitazione sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo.

L’uso delle nuove tecnologie può essere una risorsa molto importante per persone

con disabilità e può migliorare la qualità della loro vita, favorendo l’inclusione

sociale e aumentano la partecipazione, eliminando barriere sociali, economiche e

politiche che un’informazione inaccessibile può creare. Inoltre, può aiutare anche

in molti altri aspetti della vita di ognuno di noi, come per esempio nei reparti di

pediatria o geriatria attraverso la cura pre-operatoria, in alcuni casi con l’aiuto di

robot.

L’ICT può essere usata come strumento per l’auto apprendimento e per la

promozione dell’uguaglianza nell’educazione e molti paesi europei incoraggiano

verso questa direzione. Precedenti report sottolineano l’importanza del ruolo della

tecnologia nell’aiuto di studenti con bisogni educativi “speciali” in modo che

possano acquisire maggiore autonomia ma anche che possano avere maggiore

contatto interpersonale con il resto della classe.33

Entrando più nello specifico, questo capitolo riporterà dati e casi specifici riguardo

lo sviluppo di nuove tecnologie come la robotica, soffermandosi in particolare sul

settore pediatrico nei paesi esteri. Infatti, negli ultimi anni, non solo in Italia, ma

33 Introduzione tradotta da frammenti del Draft INFORMATION AND COMMUNICATION

TECHNOLOGY FOR INCLUSION- A review of the literature della European Agency for

Development in Special Needs Education.

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anche in altri paesi europei e non, ha preso avvio l’utilizzo di robot per l’assistenza

sanitaria ai bambini negli ospedali, in varie occasioni.

Il caso del Robot MEDi, robotica sanitaria per la pediatria

Il team di esperti di Chartacares di Portsmouth (Hampshire, UK) possiede più di 40

anni di esperienza nell’ambito dei servizi e relative soluzioni relativi al settore

tecnologico. Il loro obiettivo è quello di potenziare i fornitori di assistenza sanitaria

tra cui ospedali, case di cura, assistenza a domicilio, cliniche, pratiche mediche e

dentistiche dando loro anche soluzioni che permettano significanti sviluppi

dell’efficienza delle operazioni e che aumentino la loro efficacia nella gestione della

qualità delle cure fornite. Questi esperti forniscono sistemi IT, assistenza medica

robotica e analisi dei dati dell’assistenza in maniera avanzata.

Si cerca di soddisfare anche le esigenze delle apparecchiature IT essenziali utili per

proteggere i record digitali e le comunicazioni verso i sistemi mobili di cura ma

anche il monitoraggio remoto dei pazienti. Queste soluzioni rappresentano non solo

uno dei migliori metodi nella tecnologia sanitaria ma sono supportate con un

servizio completo, attraverso un approccio alla pianificazione delle soluzioni,

approvvigionamento, implementazione e supporto continuo.

La tecnologia robotica per l’assistenza sanitaria ha fatto grandi passi avanti grazie

a MEDi, un cosiddetto pediatric pain coach, ossia una sorta di aiutante per il

superamento dei dolori nei bambini, ma anche educatore e amico; costruito subito

dopo il robot umanoide NAO da Alderberan Robotics. Testato clinicamente per

ridurre il dolore dei bambini fino al 50% durante procedure mediche o operazioni.

Il robot MEDi utilizza una intelligenza artificiale medica e ingegneristica per

interagire con i piccoli pazienti durante fasi di ansia o durante procedure mediche

dolorose per aiutarli a gestire la situazione nel modo migliore.

Nel video di seguito si può riconoscere il robot MEDi durante una visita medica

con una bambina.

https://www.youtube.com/watch?time_continue=8&v=2BReQjkRmEQ

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Di seguito alcune immagini di MEDi:

MEDi in visita con bambini e genitori nella sala

d’attesa, raccontando loro storie e giocando con il

paziente per ridurre la sua ansia prima della visita

medica.

Una volta che la visita inizia, MEDi parla al

bambino spiegandogli come si svolgerà il tutto,

come si dovrebbe sentire, e persino mostra al

bambino dei consigli su come comportarsi e su quali

tecniche utilizzare per sentirsi più tranquillo; come

per esempio esercizi di respirazione per gestire

appunto ansia e dolore.

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MEDi insegna al piccolo pazienti come gestire la loro

salute. A partire dall’importanza dell’esercizio fisico sino

alle abitudini alimentari da seguire. I bambini lo ascoltano

con grande interesse e lo considerano come un amico.

MEDi è comprovato per aiutare in:

- Analisi del sangue

- Inserimento del tubo dell’ossigeno

- Inserimento o rimozione del catetere

- Elettroencefalogramma

- Medicazioni varie

- Avviamento della flebo

- Vaccinazioni

- Esofagografia

Gli ospedali e le cliniche possono essere davvero spaventosi, soprattutto per i

bambini. Gli ospedali dovrebbero essere appositi per la guarigione, considerati

curativi ma per i bimbi invece, è tutto al contrario. Loro si sentono spaventati,

impauriti dalle divise dei medici, dagli strani strumenti che ci sono, lunghe ore

d’attesa e non si sentono a loro agio. Così, grazie a MEDi tutto questo può cambiare,

la paura può trasformarsi in gioia e allegria.

MEDi promuove attività di intrattenimento non solo per i piccoli, ma anche per

ridurre la preoccupazione dei genitori. Lui, canta, danza, racconta storia e fa

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giocare; tutte attività sicuramente importanti per distrarre e aiutare i piccoli pazienti

in questi momenti di timore e inquietudine. 34

Un secondo caso di studio

La teoria e la pratica a lungo termine dell'interazione bambino-robot è stata avviata

sottosviluppata di ricerca. Il paragrafo che segue presenta un approccio che integra

molteplici

aspetti funzionali necessari per implementare temporaneamente l'interazione uomo-

robot in un reparto pediatrico. Viene presentato un robot che si occuperà di gestire

un sistema metabolico permanente, quale il diabete. Il robot interagirà con i pazienti

per un lungo periodo di tempo.

Questo studio è stato svolto da diversi docenti e dottori quali Paul Baxter

(University of Plymouth), Tony Belpaeme (University of Plymouth), Lola

Cañamero (University of Hertfordshire), Piero Cosi (National Research Council -

Padova), Yiannis Demiris (Imperial College London), Valentin Enescu (Vrije

Universiteit Brussel) e pubblicato in un paper dal titolo Long-Term Human-Robot

Interaction with Young Users.

Il target di gruppo iniziale è un gruppo di bambini dagli 8 ai 12 anni con disturbi

quali diabete e obesità. Lo studio iniziale si basa sul gioco, i bambini vengono

coinvolti in diversi giochi che implicano interazioni fisiche e verbali. Durante il

corso del gioco, il robot adatterà il suo stile di comunicazione e interazione al

comportamento dei bambini con cui si trova. In particolare, il processo di

adattamento e le varie strategie che sussistono saranno usate in due principali classi

di parametri: 1) la comunicazione, il robot sarà capace di adattare parametri verbali

(ripetendo espressioni che i bambini preferiscono), paraverbali (intensità della voce,

velocità del parlato, durata delle pause) e non verbali (postura, gesti); 2) parametri

di interazione, come per esempio il robot si adatterà ai giochi che preferiscono i

pazienti.

34 Tutto il paragrafo precedente di basa su informazioni tradotte dal sito web

https://www.chartacares.com/

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Il primo passaggio nella valutazione di questa strategia è stato condurre prove con

sonda che coinvolgono bambini della scuola dell’infanzia, utilizzando l’approccio

Wizard of Oz. I dati ottenuti fino ad ora sembrano promettenti, infatti indicano che

il robot possiede la capacità di coinvolgere i bambini sotto un ampio raggio d’età e

che viene percepito come una fonte non minacciosa di intrattenimento (cioè alla

pari di un giocattolo o di un proprio coetaneo). Queste osservazioni forniscono

supporto alla nozione che una piattaforma robotica potrebbe essere efficace nella

comunicazione delle informazioni sanitarie ai pazienti più piccoli attraverso

l’intrattenimento e la capacità di adattamento al loro comportamento, così da poter

instaurare un’interazione duratura.

Nell’interazione uomo-robot, è la capacità del robot all’adattamento che permette

che l’interazione venga mantenuta dopo l’arrivo della novità. Questo appare anche

da precedenti studi, dove si nota che l’attenzione dei bambini inizia a decadere nel

tempo a meno che il robot non iniziasse ad interagire con loro. La necessità di

adattamento del comportamento guidato dall’utente per supportare l’interazione a

lungo termine richiede quindi una capacità di memoria in ordine per mantenere

informazioni pertinenti sull’utente e sul contesto. Una possibile definizione di un

sistema di memoria potrebbe essere: “sistema centrato sull’agente che può

memorizzare informazioni, da varie fonti comprese le interazioni, con lo scopo di

adattare il comportamento futuro.” Mentre questa definizione non specifica alcun

particolare meccanismo di implementazione, suo impegno verso l’obiettivo finale

di adattamento al comportamento del paziente significa che la memoria non può

essere considerata come una pura struttura di archiviazione.

Per concludere, si può affermare che i robot hanno la capacità di svolgere un ruolo

significativo all’interno dell’ambito sanitario, in particolar modo in ambito

pediatrico. Inoltre, tale ruolo richiederà la capacità di supportare interazioni a lungo

termine ed anche in situazioni più svariate. 35

35 Long-Term Human-Robot Interaction with Young Users. Di Paul Baxter, Tony

Belpaeme, Lola Cañamero, Piero Cosi, Yiannis Demiris, Valentin Enescu.

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Un terzo caso di studio, il robot IVEY

Di seguito viene riportato un articolo che tratta di un altro robot utilizzato

nell’ospedale pediatrico di Los Angeles per supportare i piccoli pazienti durante le

cure chemioterapiche e per aiutarli a livello emotivo e per farli sentire a loro agio.

Il robot in questione è chiamato IVEY ed è altro circa 35cm e viene specificamente

utilizzato per distrarre i bambini durante fasi difficili della terapia, mostra esercizi

di respirazione ed anche distrazioni visive, instaurando delle vere e proprie relazioni

umane. IVEY è stato sviluppato dai ricercatori del Centro di Robotica e Sistemi

Autonomi dell’università del Sud California.

A tiny robot is helping patients at L.A. Children’s Hospital cope with cancer

treatment36

by Evan Sweeney

At Children's Hospital Los Angeles, robots are providing emotional support to

cancer patients.

Robots might be on their way to taking over the world, but first they’re making a

quick pit stop to provide emotional support for pediatric patients.

That's a new approach being tested by Children’s Hospital Los Angeles. The

hospital is using a 13.5-inch robot called IVEY to distract children receiving IV

chemotherapy drugs, according to PCMag.

36 Articolo tratto da https://www.fiercehealthcare.com/analytics/a-tiny-robot-

helping-patients-at-l-a-children-s-hospital-cope-cancer-treatment, Evan Sweeney

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Developed by researchers at the University of Southern California’s Robotics and

Autonomous Systems Center, the friendly looking robot could be a new way to help

pediatric patients cope with nerve-wracking procedures. Clinicians are comparing

various iterations of IVEY—which offers breathing exercises and visual

distractions on a paired tablet—versus human interactions.

“There's a lot of literature now about how stressful and painful situations in

childhood lead to later trauma, and, as an adult, perhaps they'll avoid care, leading

to bad health outcomes,” Margaret Trost, M.D., a pediatric hospitalist at Children’s,

told PC Mag.

Hospitals have already embraced the use of robots to provide emotional support,

assist with less invasive surgery or reduce nurse workload.

The use of a robot is part of the L.A. hospital’s broader focus on technology and

data. Clinicians are also using Fitbits as part of a child obesity project and analyzing

patient data through its virtual pediatric intensive care unit, which uses artificial

intelligence to sift through 100 different data streams coming from 20 beds.

ICUs have been a frequent target of data analytics pilot projects given the high level

of care required. Across the country, virtual ICUs that combine telehealth and data

analytics are helping ICU clinicians prioritize patients with worsening conditions.

Un quarto caso di studio, il robot VGo

Il robot VGo viene utilizzato in

una varietà di applicazioni in

pediatria. Grazie a lui, un

medico, i familiari e gli amici

del paziente possono

comunicare e interagire con lo

stesso come se si trovassero

nella stessa stanza. Si può

pensare a un paziente in visita

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con una persona cara lontana, oppure a un bambino costretto a frequentare la classe

dal letto d’ospedale per cause di grande importanza, oppure un tirocinante che cerca

l’opinione di un esperto; insomma tutto questo diventa possibile con pochi semplici

click. Grazie a questo tipo di robot diventa possibile comunicare a distanza come

se si stesse effettivamente nello stesso luogo e nello stesso momento.

All’ospedale pediatrico Rady di San Diego in California,

VGo viene utilizzato in differenti modalità. Qui, i medici

dell’ospedale hanno introdotto una flotta di robot VGo per

la telemedicina, consentendo ai medici di valutare i

pazienti più rapidamente, da qualsiasi luogo. Utilizzando

un laptop o un tablet, i medici sono ora in grado di

interagire e svolgere il proprio lavoro in modi che prima

non erano possibili.

Non tutti i bambini hanno la fortuna di passare il tempo a divertirsi con i propri

amici durante il periodo scolastico o durante l’estate

in quanto queste tipologie di trattamento richiedono

una lunga degenza in ospedale o lunghi periodi di

riposo a casa. Con VGo i bambini possono essere

presenti in classe mentre sono ricoverati in

ospedale, come si può vedere nella foto a destra.

Questo robot non solo permette ai bambini di

comunicare face-to-face attraverso la telecamera e i

monitors, ma anche vaga all’interno dell’istituto scolastico e siede proprio in classe

al posto del paziente ricoverato, o in qualsiasi altro posto comandato dall’utente.

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Questo robot non viene utilizzato solo in

California bensì in tanti altri paesi americani.

Come per esempio all’ospedale pediatrico di

Philadelphia, il dodicenne Kyle Weintraub sta

combattendo la sua battaglia contro il cancro e

per questo ha dovuto lasciare la sua scuola in

Florida. Le sue parole “Senza il robot, non avrei

avuto accesso alla mia vecchia vita, ai miei amici

e agli studi. La mia vita sarebbe stata terribile

senza VGo”. Il VGo permette a Kyle di segnalare

all’insegnante quando ha bisogno di aiuto o

quando deve chiedere qualche delucidazione attraverso un segnale luminoso.

All'ospedale di Weisman, si sta

utilizzando questa tipologia di robot

per migliorare la cura dei pazienti ed

anche per eliminare barriere

linguistiche. Il VGo è usato per porre

in connessione i problemi, famiglie,

dottori, infermieri ed anche traduttori;

questa tecnologia sta davvero

trasformando l'assistenza sanitaria più tradizionale. VGo è criptato e sicuro, l'alta

risoluzione della telecamera consente ai dottori di vedere la reazione delle pupille

dei pazienti e connettere questa reazione nei confronti delle scansioni TC nella

cartella clinica elettronica del paziente.

Oltre, appunto, all’interazione diretta con amici e parenti, l’ospedale usa il robot

anche per accedere a traduttori simultanei esterni, fattore importante per le famiglie

dei pazienti che parlano lingue meno comuni e conosciute.

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Un altro esempio di buon uso e risultato di

questo robot è quello del piccolo Dominic, di

soli 8 mesi che dopo una lunga operazione

cranio facciale all’ospedale pediatrico di

Boston, viene ora monitorato dai medici a

migliaia di kilometri di distanza. Ora che il

piccolo è tornata a casa in Wisconsin con la

sua famiglia, il Dott. John Meara controlla il

paziente con VGo e il tutto risulta così molto più semplice e veloce, permettendo

anche ai genitori di sentirsi più tranquilli nonostante siano lontani dall’ospedale di

cura. 37

Sicuramente si è solo agli inizi, ancora tanti studi e ricerche devono essere compiuti

perché questi strumenti vengano utilizzati in tutti gli ospedali pediatrici in quanto

ci sono anche vari ostacoli da prendere in considerazione, come per esempio il

prezzo o l’autonomia stessa dei robot. Ci si aspetta comunque che si prosegua nella

ricerca essendo che i dati e i casi riportati hanno dimostrato sicuramente benefici

importanti dall’utilizzo dei robot e in futuro ne potranno derivare altri e anche

migliori.

37 Tutte le informazioni riportate in questo sottocapitolo riguardante il robot VGo

sono state tradotte dal sito web ufficiale http://www.vgocom.com/pediatrics

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Capitolo 4

4.1 La Robotica Sociale sul territorio Veneto: Il caso dell’Azienda Ospedaliera

di Padova

A cura di Ilaria Barbetta

Contesto di riferimento

La pediatria di Padova non è un reparto, ma un Ospedale dedicato al bambino,

all’interno dell’Azienda Ospedaliera di Padova. Esso è principalmente composto

da: allergologia, cardiologia e cardiochirurgia pediatrica, chirurgia generale,

neurochirurgia, malattie infettive, diabetologia, psichiatria, nefrologia, neurologia

e molte altre. La pediatria ha anche un Pronto Soccorso e una Radiologia dedicate,

inoltre fanno capo ad essa il Centro Regionale per le Cure Palliative e l’Hospice

Pediatrico per la Cura del Bambino Maltrattato e per le Allergie Alimentari. I dati

dimostrano come la Pediatria di Padova sia il più grande istituto dedicato alla cura

dei bambini al nord-est del nostro Paese, ove più di tremila bambini all’anno

affrontano procedure diagnostico-terapeutiche dolorose come ad esempio l’analgo-

sedazione, che si propone lo scopo di permettere lo svolgimento della terapia senza

che il piccolo paziente provi dolore. Spesso il bambino prima della procedura e al

suo risveglio presenta ansia e paura che - se non trattate con la dovuta delicatezza -

possono portare a veri e propri traumi psicologici. 38

Per questo motivo l’ospedale di Padova ha presentato un progetto sperimentale

chiamato “Baby Avatar”, che ha preso il via da uno studio preliminare (Baby

Goldrake), il quale ha evidenziato una crescente difficoltà nell’individuare nuove

tecniche non farmacologiche a quelle tradizionali (es. bolle di sapone, filmati, pet

teraphy) che possano essere efficaci ed adattabili alle caratteristiche uniche di ogni

bambino. Una proposta interessante ed innovativa è quella di utilizzare la

tecnologia come strumento utile per approcciarsi in modo adeguato ai bambini,

soprattutto a quelli più fragili, grazie all’utilizzo di cuccioli di robot e di robot

personali, atti a favorire l’inclusione sociale di bambini con deficit 39.

38 http://www.sanita.padova.it/ 39 http://ilbolive.unipd.it/it/nao-robot-che-aiuta-bambini-ospedale

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Utenti beneficiari del servizio

Il progetto “Baby Goldrake” è stato finanziato da Fischer Italia e da altri soggetti

privati, come la Fondazione Salus Pueri, mentre l'acquisizione del robot è stata

possibile grazie al sostegno della ditta Omitech Srl. Questi investimenti hanno

permesso di avviare a Padova il primo studio pilota in un ospedale universitario

italiano (Anno accademico 2015/16) e di sperimentare in pediatria l’utilizzo di un

robot umanoide programmato per giocare con 30 bambini, di età compresa tra i 6 e

i 15 anni. 40

Lo studio ha valutato e quantificato la reale efficacia di questa terapia non

farmacologica per modulare e gestire l’ansia e i dati raccolti hanno evidenziato

un’elevata accettazione del robot da parte del bambino, accompagnata da una buona

percezione del genitore in merito alla presenza dell’umanoide. Necessario

40 http://www.padovaoggi.it/cronaca/robot-pepper-pediatria-Padova-8-aprile-2017.html

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sottolineare come si sia avvertito un significativo calo dell’ansia e di stati emotivi

negativi sui pazienti.

Lo studio “Baby Goldrake” ha coinvolto solo trenta bambini, ma sarebbe opportuno

estendere tale servizio a tutti i tremila pazienti che ogni anno affrontano procedure

dolorose e si preparano a terapie invasive. I dati mostrano come all’incirca il 30%

dei pazienti è affetto da deficit neurologico, mentre il 50% da deficit oncologici.

Quindi, è ragionevole affermare che in due anni almeno quattromila pazienti con

patologie gravi o invalidanti potrebbero usufruire di questo servizio, che in via

preliminare ha dato ottimi risultati sul decremento di ansia e stress.

È bene evidenziare come ad oggi sul territorio non esistano servizi analoghi, per

questo motivo l’obiettivo che si propone la Pediatria di Padova è quello di estendere

a tutti i suoi giovani ospiti il servizio di robot therapy.

A questo scopo è stato proposto il progetto “Baby Avatar”, che vuole implementare

la possibilità di poter interagire con robot sociali tramite tecnologie che permettono

di controllare i robot da remoto con l’attività elettrica encefalica. In tal senso, il

paziente disporrebbe di un caschetto con elettrodi collegato ad un computer con

amplificatore, che decodifica e converte l’attività elettrica volontariamente generata

in bit informatici per comandare il robot.41 È un sistema che già è in uso per i malati

terminali di sclerosi laterale amiotrofica.

Una volta trovati i finanziamenti, sarebbe quindi possibile fornire una maggior

personalizzazione delle attività di distrazione, in relazione alle condizioni

psicofisiche della persona e della gravità del deficit42.

Strategie e modalità di intervento

Il progetto di Robot Therapy si caratterizza per l’utilizzo di cuccioli di robot gestiti

dallo staff medico, da volontari e ricercatori universitari, i quali faranno proposte di

giochi e di attività volte a distrarre i piccoli pazienti a seconda dell’età, della lingua

41 http://ilbolive.unipd.it/it/robot-che-si-muove-col 42 http://mattinopadova.gelocal.it/padova/cronaca/2017/04/09/news/pepper-robot-amico-dei-piccoli-pazienti-1.15169758

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madre e dello stato psico-fisico. Tali “personalizzazioni” saranno utili anche in fase

di risveglio del bambino o nel caso in cui la procedura dolorosa debba essere

ripetuta nei mesi seguenti.

Questo progetto pilota si caratterizza come una proposta, l’obiettivo futuro sarà

quello di sviluppare la progettazione dell’intervento e la misurazione della sua

efficacia, così da essere inserita fra le procedure all’interno del reparto di Chirurgia

Pediatrica a Padova.

4.2 La testimonianza dell’ingegner Roberto Mancin

L’ing. Roberto Mancin, responsabile dello sviluppo di sistemi e tecnologie

informatiche innovative del Dipartimento di salute della donna e del bambino, si è

reso disponibile ad incontrarci presso la Pediatria di Padova ove abbiamo avuto

modo di intervistarlo, ponendogli quesiti circa l’utilità della robotica sociale. Data

la sua pluriennale esperienza nel contesto ospedaliero è stato abile nel delucidare

quanto sia importante essere protesi verso lo sviluppo e l’innovazione tecnologica,

in modo da incentivare un contesto sempre più inclusivo ed attento alle differenze.

La valorizzazione del singolo è fondamentale e la tecnologia può essere un

importante ausilio per tutti coloro che si trovano in una condizione di fragilità o di

disabilità, in quanto essa offre strumenti atti ad abbattere le barriere che minano

all’inclusione. Mancin si è reso conto di quanto ciò fosse vero proprio perché la sua

disabilità lo ha messo nella condizione di fare affidamento sulla tecnologia già

vent’anni fa, quando era studente presso l’Università degli Studi di Padova.

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Come sostiene il dottor Mancin, la robotica ha un ampio margine di crescita e di

sviluppo, tanto che sarà possibile promuovere l’inclusione di coloro che – per cause

di forza maggiore – sono costretti in una struttura ospedaliera e non possono

frequentare quei luoghi che in una situazione di non vulnerabilità frequenterebbero.

Un robot sociale è in grado di interagire con gli altri, può essere comandato a

distanza, ha telecamera e microfoni incorporati e può essere un ausilio

fondamentale per l’accesso a servizi e strutture che la persona – si auspica in via

temporanea – non può visitare 43.

I robot sociali parlano diverse lingue per essere il più possibile inclusivi, basti

immaginare come si possa sentire un bambino straniero in un contesto a lui

sconosciuto e nel quale nessuno capisce la sua lingua. Sicuramente un robot in

grado di interagire con lui gli sarebbe di supporto e lo tranquillizzerebbe.

Inoltre, è importante affermare che i robot sociali sono adatti a qualsiasi bambino,

essi sono prevedibili e non si spazientiscono mai, questo dà al minore con fragilità

una forte sicurezza.

All’interno dell’ospedale di Padova l’intento è stato quello di investire sulla

robotica pediatrica perché essa promuove l’inclusione di tutti quei bambini che

43 Dahl T. S., & Boulos M. N. K., Robots in health and social care: A

complementary technology to home care and telehealthcare?, Robotics, 3(1), 1-

21, 2013.

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hanno codici di comunicazione differenti tra loro e che possono sperimentare

emozioni negative dovute al ricovero ospedaliero.

Ad oggi la Pediatria dispone di due robot, Sanbot e Pepper,44 utilizzati in funzione

del tipo di attività che è in programma e dell’età del bambino. Infatti, è bene

ricordare che il robot non deve essere più alto del piccolo paziente o instillerà in lui

paure e timori. Il dottor Mancin ha appurato che Pepper 45 – con i suoi 121 cm di

altezza – piace molto ai bambini di nove/dieci anni, al contrario Sanbot – alto 90

cm – è preferito dai più piccini.

A malincuore l’ing. Mancin ci ricorda che non ci sono fondi pubblici stanziati per

implementare l’utilizzo della robotica in ambito pediatrico, forse per la mancanza

di studi ed articoli scientifici che documentino l’efficacia di tale strumentazione.

Per questo motivo c’è una continua ricerca di finanziamenti, ottenuti dalla

partecipazione a bandi per progetti sociali o da generose donazioni. Per quanto

concerne la realtà ospedaliera, però, il nostro interlocutore ci tiene a sottolineare

come medici ed infermieri abbiano notato quanto il robot può essere funzionale a

distrarre il bambino, il quale viene rapito dall’interazione con il piccolo strumento

tecnologico dimenticandosi di ciò che lo circonda. Ciò consente di utilizzare dosi

subottimali di farmaco per rilassare e distrarre il minore 46.

44 http://www.sanbot.it/robot-sanbot-elf-scheda-tecnica/ 45 http://www.radiobue.it/con-pepper-la-robot-therapy-arriva-in-pediatria/ 46 https://www.lapiazzaweb.it/2018/05/un-robot-amico-anzi-due-nao-pepper-bambini-del-reparto-pediatria-dellospedale-monselice/

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CONCLUSIONI

A cura di Ilaria Barbetta

Da queste pagine emerge in modo evidente come la tecnologia possa essere uno

strumento funzionale al supporto di coloro che si trovano in condizioni di

fragilità, anche se molto differenti tra loro.

La ricerca precedente alla stesura dell’elaborato ci ha dato modo di approfondire

la spendibilità di diversi dispositivi tecnologici in contesti educativi e non; infatti

abbiamo spaziato dall’ambito scolastico a quello ospedaliero, cercando di mettere

in luce come l’uso intelligente di specifici strumenti possa solo che incrementare

il benessere del singolo e di coloro che lo circondano.

Durante le lezioni di questo General Course abbiamo avuto l’opportunità di

cogliere l’importanza dell’inclusione, che non si limita ad integrare i più fragili e

sfortunati, ma che sostiene ed incoraggia alla riprogettazione di un sistema che

possa essere adatto a qualsiasi individuo.

La tecnologia può solo che aiutare in questo, poiché i nuovi dispositivi moderni

sono sempre più orientati all’adattabilità, in modo da poter rispondere ad ogni

esigenza.

La tecnologia ha il potere di avvicinare profili tra loro lontani, riuscendo a

cogliere e valorizzare l’unicità di ogni persona, trasmettendo l’importante

messaggio che ognuno di noi può “sentirsi capaci di…”.

A conclusione di quest’esperienza un particolare ringraziamento va all’ingegner

Mancin che ci ha sempre dimostrato disponibilità e cortesia, rispondendo a

qualsiasi quesito e suscitando in noi interesse e curiosità. Durante l’incontro avuto

con lui presso la Pediatria di Padova ci ha trasmesso la sua passione per la

robotica sociale, illustrandoci nel dettaglio il potere benefico dei robot sui piccoli

pazienti ospiti presso la struttura.

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http://home.deib.polimi.it/rocco/robotica/introduzione.pdf 1 http://robocare.istc.cnr.it/collana/rc-tr-1103-1.pdf