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Università degli Studi di Bologna FACOLTÁ DI LETTERE E FILOSOFIA Corso di Laurea in Lettere Moderne Indirizzo Filologico DALLA STORIA LOCALE AL QUADRO DI CIVILTÁ: LA COSTRUZIONE DELLA CONOSCENZA DEL PASSATO IN UNA SCUOLA ELEMENTARE Tesi di Laurea in Metodologia e Didattica della Storia Relatore: Presentata Chiar.mo Prof. da: IVO MATTOZZI LAURA VALENTINI Sessione III Anno Accademico 2002-‘03

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Università degli Studi di Bologna

FACOLTÁ DI LETTERE E FILOSOFIA

Corso di Laurea in Lettere Moderne Indirizzo Filologico

DALLA STORIA LOCALE AL QUADRO DI CIVILTÁ:

LA COSTRUZIONE DELLA CONOSCENZA DEL PASSATO

IN UNA SCUOLA ELEMENTARE

Tesi di Laurea in Metodologia e Didattica della Storia Relatore: Presentata

Chiar.mo Prof. da:

IVO MATTOZZI LAURA VALENTINI

Sessione III

Anno Accademico 2002-‘03

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INDICE

INTRODUZIONE ....................................................... pag. 9

PARTE PRIMA

Elementi che connotano i Quadri di Civiltà e il loro insegnamento nella scuola elementare

CAPITOLO I

Obiettivo: Costruzione di Quadri di Civiltà

1.1 - Obiettivo: costruzione di Quadri di Civiltà. ......... pag. 17 1.2 - Versante cognitivo e versante culturale: le

due facce del Quadro di civiltà. ........................... pag. 20 1.3 - Da fruitori di sussidiari ad artigiani del

sapere storico: due approcci a confronto. ............ pag. 25 1.4 - Terzo versante: la motivazione, ovvero

l’importanza di lavorare sulle preconoscenze. ..................................................... pag. 43

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CAPITOLO II

I Quadri di civiltà nella prospettiva del curricolo verticale

2.1 - Alcune questioni generali. .................................... pag. 47 2.2 - Copioni di conoscenza, quadri di civiltà,

processi di trasformazione ..................................... pag. 52

CAPITOLO III

Il Quadro di Civiltà partendo dalla storia locale

3.1 - Rapporti tra dimensione locale e

dimensione generale della storia insegnata. ......... pag. 59 3.2 - Uso didattico dei beni culturali per

l’elaborazione della conoscenza storica del passato del mondo. ................................................ pag. 63

PARTE SECONDA

Proposta di un itinerario didattico per costruire il quadro di civiltà a partire da esperienze di ricerca storico - didattica in una classe V elementare

CAPITOLO I

La Domus di Suasa: una casa che viene dal passato

1.1 - Caratteristiche del lavoro e obiettivi specifici. ................................................................ pag. 69

1.2 - I Fase: avvio delle attività all’interno della

classe e composizione di un dossier di partenza.................................................................. pag. 75

SCHEDE CHE COMPONGONO IL DOSSIER DI PARTENZA ........... pag. 79

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3

1.3 - II Fase: La visita al sito e alla Domus ................. pag. 92 1.4 - Il Sito .................................................................... pag. 94 1.5 - La Domus ............................................................. pag. 95

SCHEDE DA UTILIZZARE DURANTE LA VISITA......................... pag. 97

1.6 - Il Museo di Palazzo Della Rovere a

Castelleone di Suasa ............................................ pag. 109 SCHEDE DI LETTURA DEI REPERTI MUSEALI............................ pag. 113

1.7 - III Fase - Il lavoro in classe: ricapitolare,

approfondire, generalizzare .................................. pag. 123

SCHEDE DA UTILIZZARE IN CLASSE DOPO LA VISITA .............. pag. 129 1.8 - Verso la generalizzazione ..................................... pag. 160

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO E DI

GENERALIZZAZIONE............................................................... pag. 163

1.9 - . IV Fase - dalla dimensione locale al Quadro di Civiltà ................................................... pag. 183 SCHEDE INTRODUTTIVE AL QUADRO DI CIVILTÁ .................... pag. 189

CONCLUSIONE ......................................................... pag. 229

BIBLIOGRAFIA ......................................................... pag. 233

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Dedico questo lavoro alle maestre e ai maestri di Arcevia che mi hanno insegnato l’importanza e il gusto di accettare le sfide professionali

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Un particolare ringraziamento ad Andrea Barbadoro per l’aiuto prezioso che mi ha dato nella redazione finale del lavoro e per avermi sostenuto lungo il cammino

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“…. Anche storia mi piace e mi reputo abbastanza bravo, ma

alle medie ho paura che diventi il somaro della classe, perché mi

serve molto tempo per ricordare le date, che, da come mi dice mia

cugina, le vogliono con i mesi e i giorni dell’accaduto.

E il difficile sarà anche studiare quelle facciate che danno per

casa; io, avendo piscina, musica, ballo e banda e facendo la

sperimentale, ho paura di non avere tanto tempo sufficiente per

studiare. Io poi studio leggendo una volta e ripetendo, ma alle

medie con quei termini complicati, mi ci vorrà sicuramente il

doppio del tempo….”

Dal testo di un alunno di classe V

elementare dell’Istituto Comprensivo

“Dante Alighieri” di San Lorenzo in Campo.

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Introduzione

Quando, ancora fresca di nomina, entrai per la prima volta

nella scuola elementare, mi venne assegnato l’insegnamento

dell’area cosiddetta “antropologica” comprendente la storia, la

geografia e gli studi sociali, ambito disciplinare che, soprattutto in

passato, restava il più delle volte appannaggio delle neo-assunte per

la presunta semplicità rispetto a discipline più impegnative come

l’italiano e la matematica.

In quel momento, non potendo contare su alcun tipo di

esperienza pregressa, fu naturale e molto importante per me

ripensare alla formazione storica che io stessa avevo potuto

costruire nel corso dei miei studi e tentare di valutare in modo

critico l’esperienza dell’incontro e della frequentazione con questa

disciplina.

Il risultato fu abbastanza sconfortante, tuttavia, nonostante i

molti dubbi, fui animata da una certezza: quella di non voler ridurre

l’insegnamento della storia ad una parafrasi del libro di testo,

magari implementata da qualche fotocopia utile soprattutto a far

lievitare il quaderno dei miei alunni destinato a divenire un peso

per i loro zaini e per la mia coscienza professionale.

Questa riflessione mi obbligò naturalmente a cambiare anche

la prospettiva da cui considerare la questione: non si trattava più di

ricercare e costruire un metodo efficace di studio per

l’apprendimento della disciplina, ma di ricercare e costruire un

metodo efficace per insegnarla, considerata l’inadeguatezza della

formazione disciplinare e didattica con cui un insegnante si affaccia

alla professione.

Come trovare allora l’alternativa possibile che contemperasse

le istanze epistemologiche della materia di studio, il rispetto delle

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modalità di apprendimento e la motivazione dei ragazzi,

rispondente ai dettami dei programmi ministeriali?

L’occasione mi fu fornita da un corso di aggiornamento sul

“Curricolo delle operazioni cognitive” tenuto presso la mia scuola

dal Professor Ivo Mattozzi a cui fece seguito la nascita di un

laboratorio di didattica della storia.

Questa esperienza mi consentì di conoscere una proposta

curricolare possibile, teoricamente fondata, sostenuta da esperienze

di sperimentazione documentate e didatticamente trasferibili.

Inoltre mi fece tornare alla mente ciò che M.L. Altieri Biagi

sostiene nella prefazione di un suo libro a proposito della

competenza linguistica di coloro che la lingua la insegnano: “la

competenza linguistica necessaria a chi insegna è inversamente

proporzionale all’età anagrafica di chi impara”1. Condividendo

questa affermazione e ritenendola estremamente calzante anche per

la competenza storico-didattica, e comunque trasversale ad ogni

disciplina, riconsiderai l’importanza e la responsabilità della scuola

elementare e dei suoi operatori nella formazione culturale della

persona.

Da allora sono passati circa dieci anni e a tutt’oggi il mio

interesse per le problematiche connesse alla didattica della storia si

è mantenuto sempre vivo, sia per le continue e sempre nuove

sollecitazioni che emergono quotidianamente dai bambini, sia per il

confronto con colleghi animati dal mio stesso interesse oppure, al

contrario, animati da forti resistenze culturali verso un

insegnamento storico dalle forti connotazioni operative e pratiche,

ma il più delle volte pronti ad accettare le sfide professionali, e a

rimettere in discussione la loro personale e radicata idea di storia.

1 M.L.Altieri Biagi, Linguistica essenziale, Garzanti Editore, Milano,

1992

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Queste esperienze mi hanno convinto anche ad intraprendere

un’attività di formatrice e di coordinatrice di laboratori di didattica

della storia nel territorio in cui lavoro e a continuare la

sperimentazione di percorsi didattici innovativi all’interno delle

classi.

Alcune di queste esperienze sono confluite nella trattazione

che si va di seguito ad illustrare ed hanno costituito un importante

momento di riflessione sulle scelte didattiche da me effettuate e di

approfondimento di questioni fino ad ora trascurate.

Il presente lavoro si articola in due parti, nelle quali, oltre a

presentare i contesti istituzionali e degli ordinamenti con cui la

didattica della storia deve misurarsi, si propongono delle riflessioni

a carattere teorico su alcuni oggetti dell’insegnamento storico

nell’ambito della scuola primaria, e si illustrano delle unità di

apprendimento programmate per alunni di quinta elementare che

intraprendono lo studio di conoscenze relative al passato del

mondo.

Più dettagliatamente, nella I parte della trattazione, oltre ad

individuare gli obiettivi generali della formazione storica di base, si

assume come oggetto di riflessione e di studio il cosiddetto Quadro

di Civiltà, riconosciuto come una delle forme di conoscenza storica

più adeguate e rispondenti alle capacità di apprendimento dei

bambini e delle bambine di scuola elementare, evidenziando come

esso viene connotato nell’ambito dei programmi ministeriali

vigenti ma anche in relazione ai contributi e agli arricchimenti che

alcuni storiografi hanno fornito in passato sull’argomento.

Definito l’oggetto della riflessione, il lavoro punta a precisare

gli elementi che lo costituiscono e lo caratterizzano sia dal punto di

vista cognitivo che dal punto di vista culturale.

Nell’illustrare questa nuova e arricchita concezione del

Quadro di civiltà, si pongono anche all’attenzione le conseguenti

problematiche metodologiche e didattiche collegate al suo

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insegnamento, e si illustrano parallelamente sia le modalità

“tradizionali” con cui gli alunni vengono introdotti allo studio dei

popoli del passato, sia i possibili approcci “alternativi” ritenuti più

efficaci ed epistemologicamente più corretti; questo anche con il

supporto di esperienze didattiche condotte nelle classi terminali del

ciclo elementare.

Dopo aver considerato gli aspetti teorico e pratico, si propone

lo studio del Quadro di civiltà e la costruzione dei concetti ad esso

sottesi, partendo da esperienze di ricerca storico-didattica collegate

al territorio di appartenenza, ovvero a partire da contesti operativi

di storia locale.

Questo per creare nei bambini la consapevolezza che

qualsiasi informazione relativa ai popoli del passato nasce e si

fonda su un corretto e ragionato procedimento che utilizza le fonti e

i documenti, nonché sul lavoro di lettura e di interpretazione di

questi operato dallo storico.

Nei vari paragrafi, oltre a rilanciare le potenzialità educative

del territorio come risorsa didattica per la conoscenza del passato e

per lo studio della storia, si affronta la questione riguardante il

rapporto tra storia locale e storia generale, la valenza di questi due

versanti della conoscenza che concorrono in egual misura e con

pari dignità alla formazione storica di base dei nostri alunni,

sebbene con itinerari e specificità differenziate.

La parte II illustra un percorso didattico completo, in parte

sperimentato all’interno di alcune classi, relativo alla costruzione

del Quadro di civiltà dell’antica Roma a partire dallo studio di

alcuni reperti archeologici rinvenuti nella provincia di Ancona e

riguardanti una Domus di età imperiale.

Il lavoro documenta le fasi di approccio all’argomento di

studio, la preparazione della classe alla visita del sito archeologico,

la redazione di schede di lettura dei reperti per giungere alla

scrittura di brevi testi storici da parte dei bambini; documenta le

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modalità didattiche con cui si cerca di favorire nei ragazzi

l’operazione di generalizzazione ovvero l’idea che i modi di vita da

loro conosciuti e ricostruiti a livello locale possano costituire un

modello significativo e riferibile ad un panorama spaziale e

temporale più ampio riguardante la civiltà romana oltre i confini

regionali.

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PARTE PRIMA

Elementi che connotano i Quadri di Civiltà e il loro

insegnamento nella scuola

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CAPITOLO I

1.1 - Obiettivo: Costruzione di Quadri di Civiltà

La definizione di un percorso didattico obbliga l’insegnante a

proiettarsi subito al traguardo e chiedersi quali debbano essere le

conoscenze e le competenze minime, e anche quelle potenziabili, di

un alunno in uscita dalla scuola di base relativamente alla storia.

Sicuramente alla fine della scuola elementare un bambino

dovrà aver acquisito varie conoscenze e dovrà dimostrare di

possedere abilità connesse ai procedimenti propri della cultura e

della ricerca storica.

Riconoscere una valenza paritaria alla conoscenza (intesa

come dimensione del sapere) e alla competenza (intesa come

dimensione del saper fare) ci obbliga a fornire una definizione

anche sommaria e non certo esaustiva dei due termini.

Secondo un’accezione molto comune, il sapere e, nel nostro

caso specifico, il sapere storico, identifica una serie di informazioni

fattuali che nel gergo scolastico vengono chiamate “contenuti” e

stanno ad indicare gli argomenti presenti nel libro di testo;

tradizionalmente si è sempre attribuito alla conoscenza di questi

eventi del passato una intrinseca valenza formativa. In realtà,

accanto ai contenuti vanno messi sul conto i processi mentali che li

legano e attribuiscono loro un significato ed una struttura logica

ben definita. In questo modo il termine conoscenza rimanderà

all’insieme delle informazioni più gli atti cognitivi necessari ad

interconnetterle ed organizzarle.

Con il termine “competenza” poi si potrebbero indicare tutte

quelle abilità dimostrabili che possano essere manifestate mediante

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una prestazione o l’elaborazione di un prodotto, che testimoniano e

danno conto dell’effettivo possesso e raggiungimento di una

conoscenza e che risultano pertanto trasversali ai diversi

“contenuti”.

Sebbene tra i due versanti del curricolo le conoscenze

rappresentino la variabile più mobile in quanto legate a specifici

percorsi didattici scelti dai docenti, è possibile individuare un

elemento costante e ripetibile rappresentato dai quadri di civiltà.

Questo obiettivo generale trova una chiara e specifica

menzione nei documenti programmatici, in particolare nel

paragrafo dedicato agli “obiettivi e contenuti” laddove si individua

tra gli aspetti fondamentali da introdurre nel curricolo di storia “la

consapevolezza che i problemi con i quali l’uomo si è dovuto

confrontare si sono presentati in modi diversi ed hanno avuto

soluzioni diverse in rapporto alle condizioni generali, ovvero ai

“quadri di civiltà”, che hanno caratterizzato i vari periodi della

storia umana” sottolineando poi che lo studio della storia “porrà

peculiare attenzione ai momenti di promozione e trasformazione

delle civiltà, colti nel tessuto di una periodizzazione essenziale” per

consentire all’alunno di pervenire “ad una visione sufficientemente

articolata dei momenti significativi della storia, connettendoli in un

quadro cronologico a maglie larghe.”2

Dunque la didattica dei quadri di civiltà trova una piena

legittimazione nei programmi ministeriali e deve connotare il

curricolo di storia sia per quel che riguarda il bagaglio di

conoscenze da costruire sia in riferimento alle abilità operative

indispensabili a documentarle.

Cosa intendere allora con l’etichetta “quadro di civiltà”?

2 Programmi didattici per la scuola primaria, Istituto Poligrafico e Zecca

dello Stato, Roma, 1985

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Per partire potremmo attingere a modelli storiografici

autorevoli ovvero a quegli storici che hanno utilizzato questo

modello cognitivo per conoscere e interpretare il passato. Ad

esempio Braudel che ha cercato di costruire un sistema di

spiegazione del mondo in cui viviamo proprio mediante il concetto

di civiltà, definendo questo termine come “l’insieme dei tratti

caratteristici della vita collettiva di un gruppo o di un’età”3,

riproponendo una definizione già elaborata da L. Febvre. Volendo

poi manipolare questa definizione con aggiunte ed esempi, si

arriverebbe a connotare il Quadro di civiltà come “la descrizione

dei tratti caratterizzanti la vita collettiva di gruppi umani, dal

piccolo gruppo tribale all’insieme di popoli che condividono le

medesime forme di vita all’interno di un impero, in un ambiente e

in un periodo ben delimitati.” Tale descrizione dei modi di vita

viene ad essere sostanziata da tutte quelle informazioni relative,

oltre che al tempo e allo spazio, da aspetti di storia materiale:

l’ambiente, il tipo di insediamento, le abitazioni, gli edifici di altro

uso, l’abbigliamento, l’alimentazione, gli oggetti di uso quotidiano,

l’istruzione e il tipo di scrittura, le vie di comunicazione, i mezzi di

trasporto, i tipi di lavoro e gli strumenti, l’organizzazione sociale,

la religione, i rapporti con altri gruppi umani.

Evidentemente il piano della cultura e della civiltà materiale

risulta particolarmente significativo e adeguato alle capacità

cognitive dei bambini di 9 o 10 anni in quanto la loro stessa

esperienza quotidiana si costruisce, si alimenta e si snoda

all’interno di un mondo fatto di cultura materiale.

La parola “quadro” poi, definisce con molta chiarezza la

tipologia, le caratteristiche che questa conoscenza storica dovrebbe

assumere, e cioè essere in primo luogo una conoscenza descrittiva,

prevalentemente statica, che consenta di fermare nella mente del

3 F. Braudel, Il Mondo Attuale, (Vol. I), Torino, Einaudi, 1966, p.23

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bambino i tratti caratterizzanti del gruppo umano oggetto di studio,

come in una cartolina.

Questo elemento di staticità non va però letto come una

limitazione o un segno di superficialità, quanto come un elemento

di leggerezza capace di rendere l’informazione più accessibile e

alla portata cognitiva degli alunni di questo segmento scolastico.

Naturalmente nella didattica dei Quadri di Civiltà grande

rilevanza dovrà avere l’attività di storicizzazione delle informazioni

e soprattutto dei concetti ovvero il loro continuo riferimento

all’asse temporale e la loro precisa collocazione nel “contenitore”

genericamente classificato come “il passato”. Infatti è proprio

quest’aspetto che differenzia la conoscenza storica di una civiltà

dall’acquisizione puramente etnografica.

Proprio in questo senso i Programmi auspicano la costruzione

di un quadro cronologico a maglie larghe nel quale inserire le

conoscenze storiche conseguite e l’acquisizione di una

periodizzazione essenziale intesa come la capacità di organizzare le

informazioni dal punto di vista temporale. Infatti nell’elaborazione

di una conoscenza riferita al passato il tempo ha una funzione

organizzatrice, analitica, capace di evidenziare le relazioni tra i fatti

e i fenomeni rendendo questi ultimi sensati e significativi.

In questa prospettiva, dunque, la didattica dei quadri di civiltà

rappresenta un obiettivo dalla duplice valenza culturale e cognitiva.

1.2 - Versante cognitivo e versante culturale: le due

facce del quadro di civiltà

Dal punto di vista cognitivo, studiare il passato in termini di

civiltà significa effettuare una scelta di fondo che indirizza in modo

preciso l’itinerario di conoscenza e ci obbliga a sintetizzare i fatti e

i fenomeni storici e ad organizzarli secondo criteri e categorie

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spazio-temporali e concettuali ben precise; presuppone l’idea di

una storia collettiva in cui i gruppi umani hanno significato colti

nel loro insieme, in rapporto ad uno spazio inteso come ambiente

ricco di valenze e implicazioni e nella dimensione temporale della

lunga durata che consente di osservare i mutamenti e soprattutto le

permanenze di fenomeni strutturali legati alla vita materiale.

Questo implica il superamento del modello tradizionale di

conoscenza storica fondato sull’insieme di informazioni relative ad

avvenimenti politici e istituzionali e progressivi dal punto di vista

cronologico.

Comunque le coordinate che delineano il Quadro di Civiltà e

che sono necessarie a strutturare un percorso didattico ci possono

essere fornite dagli alunni stessi i quali, grazie a una serie di stimoli

e implementazioni provenienti sia dalla scuola che dall’extra-

scuola, hanno già costruito nella loro mente una prima idea di

civiltà ed hanno associato a questo termine tutta una serie di

significati che l’insegnante dovrebbe conoscere.

Si riportano di seguito le risposte fornite dai ragazzi di una

classe V alla domanda “Che cos’è secondo te una civiltà? Che cosa

si vuole indicare con questa parola?”.

La domanda, estremamente aperta e generale, faceva seguito

ad una attività di conoscenza e di confronto tra i modi di vita delle

tribù di cacciatori-raccoglitori e quelli delle popolazioni agricole

del periodo della rivoluzione neolitica.

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Popolo che collabora, gruppo di persone che si aiutano a vicenda

Popolazione molto antica, conosciuta e

famosa

E’ un popolo, cioè un gruppo di uomini messi insieme per formare un

paese

Popolo in cui le persone sanno fare cose diverse: alcuni i contadini, altri i

soldati ecc.

Per me la civiltà è la storia di un

popolo

Sono le popolazioni del passato, del

presente e del futuro

Insieme di persone che vivono in un posto, in un

villaggio del passato

Assomiglia alla parola “civile” quindi, per me, si

riferisce a persone che conoscono la buona

educazione e che sanno vivere “bene”

E’ una specie di popolazione che sa fare tutte le cose che servono

per tenere tutti in vita

CIVILTÀ

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Lo schema riassume le idee dei ragazzi organizzate in una

semplice mappa e non registra tutte le risposte in quanto molte

erano somiglianti, pertanto quelle che esprimevano gli stessi

concetti sono state unite per non ripeterle nello schema.

In primo luogo è interessante notare le sfumature di

significato che arricchiscono questo termine nella mente dei

bambini e che riflettono gli schemi culturali del mondo in cui

vivono. Tali definizioni, inoltre, rispecchiano l’evoluzione

semantica della parola “Civiltà” che, nel corso dei secoli, si è

contrapposta al concetto di “barbaro, selvaggio, primitivo”, è

divenuta poi sinonimo di “cultura”, da cui si è successivamente

distinta per indicare “l’insieme delle conoscenze tecniche e pratiche

che consentono di agire sulla natura”, fino ad identificare

“l’insieme dei tratti caratteristici della vita collettiva di un gruppo o

di un’età”4 secondo la definizione di Braudel e Febvre già citata nel

paragrafo precedente.

Comunque, al di là di queste riflessioni generali e di carattere

più teorico, nelle risposte fornite dai bambini sono rintracciabili gli

elementi strutturali del Quadro di Civiltà: vi è un “oggetto” da

studiare che è un popolo; sono presenti le fondamentali categorie

spaziali e temporali rintracciabili in parole come posto – paese –

villaggio – passato – presente – futuro – popolazione antica ; sono

suggeriti degli identificatori di civiltà ovvero quelle abilità garanti

della sopravvivenza, l’organizzazione sociale, la divisione dei ruoli,

elementi tutti che mettono nella condizione di capire i modi di vita

della gente.

Sul piano metacognitivo sono questi gli assi portanti del

quadro di civiltà che vengono più comunemente chiamati

“indicatori”.

4 ibidem

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Dunque, dal punto di vista cognitivo, la didattica dei Quadri

di Civiltà consente ai ragazzi di costruire un modello di conoscenza

sul passato del mondo proprio a partire dalle loro idee trasformando

le informazioni individuali in un patrimonio di conoscenza della

classe che diventerà il punto di accesso per il sapere storico di base.

Questa scelta educativa, infatti, ci consentirà di raggiungere

l’altro versante, quello che abbiamo già definito con il termine

“culturale”.

Cosa intendere con questa affermazione?

Un’adeguata risposta ci può essere fornita dalle parole di Ivo

Mattozzi:

“ Proviamo a immaginare un’aula: su una parete c’è una

mappa spazio-temporale in cui i bambini man mano vanno a

collocare questi quadri di civiltà nel tempo e nello spazio. Adesso

immaginiamo che lettura possono fare i bambini di questa mappa,

avendo gli indicatori che permettono la comparazione, il confronto:

possono rendersi conto che c’è stato in un certo tempo un livello di

cultura, di organizzazione sociale che era quello delle tribù di

cacciatori-raccoglitori; poi, in alcuni luoghi e tempi, questi sono

continuati fino ai giorni nostri, in altri sono invece passati, per

esempio, all’agricoltura, che si è a sua volta differenziata in certe

aree geografiche, mentre in altre si è sviluppata l’industria ecc.

I bambini, dopo aver imparato ma anche costruito le

descrizioni dei quadri di civiltà attraverso dei tabelloni o dei poster,

possono poi leggerli, possono fare paragoni tra un quadro di civiltà

e l’altro. Alla fine emergerà una sorta di immagine del passato del

mondo, nella quale le informazioni essenziali sulle trasformazioni,

sui mutamenti che l’umanità ha subito, vengono elaborate dai

bambini in modo induttivo.”5

5 Intervista a I. Mattozzi, Il Curricolo di Storia nella nuova scuola di

base. Le civiltà a quadri, a cura di Mario di Rienzo, La Vita Scolastica n. 15, 2000.

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Evidentemente una impostazione didattica così concepita,

oltre a formare un bagaglio di conoscenze significative per i ragazzi

in quanto costruite “in proprio” consentirà di rimuovere alcune

false conoscenze generate dall’uso pedissequo del sussidiario.

In primo luogo potrà essere rimossa l’idea per cui la

narrazione dei fatti politici e istituzionali che si susseguono dal

punto di vista cronologico possano intrinsecamente garantire una

conoscenza storica integrale; che vi sono alcuni argomenti

assolutamente necessari e irrinunciabili per la comprensione del

divenire della nostra civiltà; che le uniche civiltà utili alla

comprensione del nostro presente siano quelle menzionate

nell’indice, ovvero quelle con cui i nostri antenati sono venuti a

vario titolo a contatto, generalmente gravitanti sul nostro territorio

nazionale e presentate in modo tale da far pensare che ognuna di

esse sia nata dalle ceneri dell’altra.

1.3 - Da fruitori di sussidiari ad artigiani del sapere

storico

La didattica delle civiltà configurata nelle ultime righe del

paragrafo precedente e comunemente definita con l’aggettivo

“tradizionale”, ricorre di solito ad uno strumento unico per la

ricerca di informazioni, cioè il libro di testo che, specificatamente

per la scuola elementare assume i connotati del sussidiario; mette in

campo una mediazione da parte dell’insegnante che si risolve nella

parafrasi linguistica del testo proposto e in una verifica consistente

in questionari scritti oppure orali finalizzati a valutare la quantità di

informazioni assunte dagli alunni e la fluidità con cui esse vengono

ripetute nell’esposizione a voce alta. Tale didattica identifica il

libro di testo con i Programmi ministeriali, trae la sua ispirazione

teorica dalla convinzione che il sapere storico codificato nel testo

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sia “integrale” o quantomeno che sia la forma più fedele del sapere

storico ridotto e adattato a misura di bambino, pertanto il

trasferimento di informazioni dal libro all’alunno deve avvenire

nella maniera più uniforme e aderente possibile.

Spesso gli insegnanti avvertono i limiti del procedimento

insito nell’uso esclusivo di uno strumento come il sussidiario e si

mettono alla ricerca di strumenti e materiali diversi che però non

garantiscono di per sé un approccio realmente alternativo e le

incoerenze didattiche permangono nonostante gli sforzi.

Come individuare allora la chiave di volta per una didattica

rispondente ai bisogni cognitivi, affettivi, agli interessi dei bambini

e nel contempo rispettosa dell’impianto disciplinare e dei

programmi?

La risposta non è semplice e certo non sarà fornita da questo

lavoro, ma la pratica didattica quotidiana, la sperimentazione di

alcuni itinerari e l’entusiasmo con cui i bambini lavorano per

costruire la loro conoscenza storica ci consentono di individuare

elementi molto importanti per il raggiungimento di un obiettivo

tanto ambizioso.

A supporto di questa tesi, si riporta di seguito un’esperienza

didattica effettuata in una classe V che aveva già affrontato nel

corso dell’anno scolastico precedente lo studio dei popoli del

passato nella maniera che abbiamo appena definito tradizionale,

ovvero con il ricorso al solo sussidiario. Il lavoro si configura più

che altro come riflessione o problematizzazione nata tra i ragazzi

sull’approccio classico allo studio delle civiltà antiche e individua

nel contempo un modo diverso di affrontare lo studio di questo

argomento. Tale attività ci consentirà di evidenziare come una

didattica della civiltà appiattita sull’uso esclusivo del sussidiario

preluda alla costruzione di un concetto abbastanza misero di civiltà

al limite del “quadretto di genere”, risulti abbastanza demotivante

per i ragazzi e soprattutto produca delle conoscenze implicite e

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distorte che, se non rimosse, costituiranno la base per gli

apprendimenti futuri e continueranno ad agire su di essi in maniera

impropria.

Nello stesso tempo si potrà dimostrare che esistono modi

diversi di preparare il terreno allo studio dei popoli del passato e

alla costruzione di un concetto di civiltà più articolato e ricco di

sfaccettature così come è stato delineato nelle pagine iniziali; di

individuare alcuni elementi metodologici e didattici a nostro parere

fondamentali per la costruzione di un elementare ma non banale

sapere storico.

All’inizio dell’anno scolastico 2002/2003 dopo quasi due

anni di assenza, ripresi la mia attività nella classe a cui ero stata

assegnata e che cominciava il V anno di frequenza alla scuola

elementare. Avendo individuato in sede di programmazione tra gli

obiettivi della conoscenza storica l’acquisizione del concetto di

Civiltà, essendo a conoscenza del programma che la classe aveva

svolto l’anno precedente, decisi di chiedere ai ragazzi un breve

resoconto di quello che avevano studiato riguardo alla storia al fine

di individuare con loro alcuni parametri essenziali per la lettura e la

definizione di un Quadro di civiltà.

I ragazzi fornirono un nutritissimo elenco di eventi storici,

popoli, personaggi aneddoti studiati che decidemmo, oltre che di

elencare e menzionare in forma scritta, di rappresentare mediante

un disegno.

Si riporta di seguito il fuoco di fila delle risposte seguito alla

mia richiesta : “Che cosa ricordate della storia studiata lo scorso anno? Quali argomenti avete affrontato?” G.: I Barbari; X.: I Romani; M.: il Medioevo; D.: Egiziani e greci; F.: Gli arabi; G.: Le civiltà primitive;

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T.: I monasteri; O.: Gli Unni che facevano la guerra contro le civiltà. Tutte le civiltà, anche i Franchi; D.: il Monachesimo; G.: Le crociate e i Galli; M.: siamo arrivati alla distruzione dell’Impero di Roma; O.:Noo! E’ stato diviso, non distrutto!; M.: Io mi ricordo Pipino il Grande. G.: Il breveee!; E.: Gli Italici; F.: Gli Italiani!; A.: Un pochino di Carlo Magno; O.: Allora anche il Cristianesimo, e gli Ostrogoti, e i Visigoti, e quelli lì… i Goti, insomma! M.: l’Islam; D.: i crociati; T.: Abbiamo studiato anche la leggenda del Minotauro. F.: Romolo, Teo e la lupa. T.: Ma quella era Roma!! A.: Abbiamo visto una cassetta che parlava della morte di Giulio Cesare. M.: Sulla cassetta del “gladiatore”. O.: Anche gli scribi romani che sulle pergamene fatte di papiro che poi le conservavano in una specie di biblioteca…; G.: La prima e la seconda guerra mondiale…no!.. Punica! Eravamo arrivati all’anno mille, quando temevano la distruzione del mondo. F.: Io mi ricordo dei monaci amanuensi; D.: E quando quelli sono diventati poveri, sono cominciate le malattie e tutti si sono ritirati nei monasteri.

Data la copiosità del materiale scaturito dalla domanda

iniziale si poneva il problema di come organizzare i contenuti che i

ragazzi avevano ricordato, di decidere se era il caso ed

eventualmente in quale misura rivedere le conoscenze incoerenti

che erano emerse, e di come convogliare i dati e le informazioni in

possesso dei ragazzi per l’acquisizione del concetto di civiltà.

Questa prima fase di ristrutturazione si articolò in due

momenti:

I. ricercare le relazioni tematiche all’interno di questo

elenco al fine di fornire un contesto significativo ai

nomi, per cui Carlo Magno poteva essere ricondotto a

I Franchi ed entrambi al Medioevo… e così via;

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II. attribuire una sommaria collocazione temporale agli

avvenimenti citati riordinando secondo i criteri della

successione e della contemporaneità i disegni

raffiguranti gli argomenti storici ricordati.

Già la prima fase del lavoro risultò estremamente difficoltosa

in quanto l’unica capacità a cui i ragazzi tentarono di fare ricorso

per svolgere il loro lavoro fu la memoria.

Tuttavia, se questa li aveva assistiti nel menzionare gli

argomenti, appariva insufficiente a fornire dati più significativi,

informazioni più profonde e articolate, a ricostruire relazioni.

Insomma dietro quei nomi emergeva un vuoto di conoscenza.

Il Medioevo era una civiltà? Cosa centravano Romolo e

Remo con le guerre puniche?

Queste difficoltà divennero l’occasione per sollevare insieme

alla classe una serie di problematiche interessanti che presto

divennero oggetto per una riflessione collettiva.

In primo luogo si pensò di individuare alcuni ambiti generali

a cui ricondurre gli argomenti citati, e, senza sottilizzare troppo, si

fissarono tre categorie concettuali: i personaggi storici, gli

avvenimenti storici, le civiltà quali assi per l’ordinamento degli

argomenti.

Ecco in quali termini venne fornita la consegna:

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Il passo successivo fu quello di riordinare dal punto di vista

temporale i temi studiati collocando i disegni lungo un asse

cronologico approssimativo in cui gli operatori cognitivi messi in

campo furono quelli della successione, della contemporaneità e

della coerenza tematica; e così anche questo momento divenne

un’occasione per riorganizzare le conoscenze mediante riflessioni,

confronti, discussioni e ragionamenti.

Ogni alunno elaborò una personale linea del tempo,

dopodiché tutte le linee prodotte vennero presentate alla classe e

Civiltà primitive

Crociate

Pipino il Breve

Arabi

Egizi Galli Italici Unni

Greci I e II guerra punica

Barbari Romani

Carlo Magno Caduta -Divisione

dell’Impero Romano

Islam

Franchi Monachesimo Medioevo

Monasteri

Feudo

Dalla conversazione in classe sono emersi gli argomenti studiati lo scorso anno. Qui sotto ti viene fornito un breve elenco che riporta alcuni di questi argomenti (non tutti). Dato l’elenco scrivi accanto ad ogni tessera se si tratta di una civiltà, di un fatto storico o di un personaggio storico. Colora di rosso le tessere delle civiltà e circonda di verde quelle che in qualche modo sono collegate al medioevo

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motivate, innescando così un fertile confronto tra i ragazzi e una

lunga discussione. Dal confronto emerse che quasi tutti i lavori

ponevano al principio l’uomo primitivo, solo due su venti

evidenziavano delle contemporaneità.

Alla fine, comunque, i ragazzi decisero di assumere come

linea comune di riferimento quella elaborata dal loro compagno M.

Tale linea infatti, soprattutto nella prima parte, riproponeva la

stessa successione individuata dalla maggior parte di loro, ed era

risultata più convincente delle altre nella parte finale.

Si riporta di seguito la consegna di partenza e il lavoro

elaborato da M. come sintesi della discussione collettiva.

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CIVILTA’ PRIMITIVE

EGIZI GRECI ITALICI I E II GUERRA PUNICA

ROMANI

UNNI GALLI CADUTA O DIVISIONE

DELL’IMPERO

MEDIOEVO ISLAM ARABI PIPINO IL BREVE

FEUDO FRANCHI MONACHE-SIMO

CARLO MAGNO CROCIATE

MONASTERI

BARBARI

“Dopo aver ricordato gli argomenti di storia studiati lo scorso anno, prova a riordinarli dal punto di vista temporale secondo i criteri della successione e della contemporaneità.”

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Come si può osservare il lavoro ricalca l’ordine temporale

proposto dai sussidiari, presenta qualche piccola deviazione dalla

successione canonica che si trova nei testi, e una indecisione su

dove/quando collocare Pipino il Breve, inizialmente inserito dopo

gli Arabi e prima del Feudo, successivamente catapultato indietro

nel tempo, tra gli Italici e le due guerre puniche. Presenta una

contemporaneità tra monachesimo e monasteri, individua

correttamente gli argomenti riconducibili al medioevo. Per queste

sue caratteristiche venne giudicato dai compagni “corretto” e scelto

come modello per una striscia del tempo collettiva.

Naturalmente, come sempre accade all’interno di un gruppo

classe in cui vi sono modalità e livelli diversificati di

apprendimento, la maggior parte delle linee del tempo elaborate

presentavano delle incoerenze, delle indecisioni, a volte i ragazzi

non avevano saputo in quale ordine collocare le tessere, alcuni

avevano tirato ad indovinare, coloro che non riuscirono a trovare

argomentazioni abbastanza forti per sostenere il proprio

ragionamento, sottoscrissero la proposta del loro compagno che

aveva mostrato maggior sicurezza e decisione nell’ordinamento dei

tasselli.

Una volta raggiunto il compromesso su ciò che “veniva

prima” e ciò che “veniva dopo”, proposi di dare una collocazione

spaziale agli argomenti menzionati individuando lo spazio

geografico di ciascuno su un planisfero. Il prodotto finale elaborato

sia in modo collettivo che in modo individuale fu “il grafico delle

civiltà”, ovvero una mappa spazio-temporale del passato di alcuni

popoli.

Questa fase del lavoro riservò ai ragazzi le maggiori sorprese

convincendoli di una cosa molto importante, cioè che nello studio

delle civiltà del passato è assolutamente necessario un apparato

spazio temporale di riferimento e generò delle problematizzazioni

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interessanti e utili per alcune riflessioni di ordine metodologico e

didattico.

In primo luogo si diffuse nella classe una sorta di “delusione”

nel constatare che le tante pagine di storia studiate si riducessero ad

uno spazio geografico ben delimitato e quello che loro avevano

percepito fino a quel momento come lo studio del passato di tutto il

mondo fosse in realtà il passato di una parte molto circoscritta; quel

planisfero li aveva obbligati ad assumere un punto di vista spaziale

molto diverso e aveva consentito loro di cogliere delle relazioni

significative che la sola carta “regionale” non aveva saputo

evidenziare.

Inoltre il grafico temporale e il planisfero avevano consentito

di mettere in relazione due assi portanti della conoscenza storica, lo

spazio e il tempo, evidenziando lo spessore temporale degli

argomenti studiati mai avvertito prima di allora, chiarendo che se

nell’economia del sussidiario ai vari popoli viene dedicato lo stesso

numero di pagine a questo non corrisponde la stessa durata sulla

linea del tempo per cui a fronte di civiltà millenarie ve ne sono

state altre dalla durata molto più breve, costringendo i ragazzi a

modificare l’idea che i popoli si fossero succeduti come i capitoli

nell’indice del sussidiario.

A ulteriore chiarimento delle riflessioni fin qui elaborate si

riporta di seguito il lavoro svolto dalla classe, con il prodotto finale

e le riflessioni scaturite.

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Elaborato individuale prodotto dagli alunni della classe V sez.A della scuola elementare di San Lorenzo in Campo dal titolo: Il grafico delle civiltà.

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LE CIVILTA’ STUDIATE NELLO SPAZIO E NEL TEMPO Per poter collocare nel grafico temporale e nel planisfero le civiltà studiate lo scorso anno, abbiamo dovuto ricercare sui vecchi quaderni le date e le cartine e ci siamo resi conto che per alcune di esse mancavano informazioni sul tempo e sullo spazio. Le abbiamo ricercate e utilizzate per costruire un grafico spazio-temporale . Dall’osservazione del grafico abbiamo potuto capire elementi nuovi: le civiltà che abbiamo studiato non si sono susseguite una dopo l’altra, ma alcune di esse sono state contemporanee per spazi di tempo più o meno lunghi; che ci sono state civiltà durate più a lungo e altre durate di meno; che queste sono localizzate tutte nel bacino del Mediterraneo, e questo ci ha fatto pensare che quei popoli vissuti nel primo millennio a.C. sulle sponde del Mediterraneo navigavano in quello stesso mare, si conoscevano tra di loro, avevano rapporti commerciali, e, talvolta, si facevano la guerra. E IL RESTO DEL MONDO ERA VUOTO? Ecco le nostre ipotesi ……………………………………………

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L’AMERICA NON ERA STATA SCOPERTA MA ERA ABITATA DA TRIBU’ DI

CACCIATORI RACCOGLITORI, DAGLI INDIANI E DAI PELLIROSSA (TRIBU’ DEI PIEDI NERI….)

FORSE NOI ABBIAMO STUDIATO SOLO QUELLE PIU’ IMPORTANTI CHE HANNO

FATTO COSE O SCOPERTE FAMOSE E DI CUI TUTTI I LIBRI PARLANO. OPPURE QUELLE

VISSUTE PIU’ A LUNGO, CHE SI SONO ESTINTE PIU’ TARDI, PER ULTIME.

FORSE C’ERANO DEI POPOLI QUA E LA’ MA NOI NON LI ABBIAMO CONOSCIUTI

PERCHE’, SICCOME NON SI FACEVANO LA GUERRA, IL LIBRO NON CI RACCONTA

NIENTE SU DI LORO. LE CIVILTA’ CHE NON VINCONO LE GUERRE E NON CONQUISTANO

ALTRI POPOLI RIMANGONO PICCOLE E SI RIDUCONO SEMPRE DI PIU’ E POI

SCOMPAIONO. PER QUESTO NON SI STUDIANO!

IN AFRICA C’ERANO SOLO GLI ANIMALI …

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I MILLENNIO a.C. : UN MONDO PIENO Andando a cercare alcune informazioni sui testi abbiamo scoperto che le nostre ipotesi e le nostre idee erano in parte sbagliate: che intorno al I millennio a.C. tutto il mondo era popolato; c’erano importanti civiltà, grandi regni e imperi in ogni continente. In Africa, ad esempio vi furono popoli sedentari che scoprirono l’agricoltura già tra il 6000 e il 5000 a.C, civiltà che intorno al V secolo a.C. commerciavano con i Cartaginesi. Sempre in Africa gli storici e gli archeologi hanno trovato resti di civiltà ricche e fiorenti che commerciavano con gli Arabi e con gli Europei.

Il lavoro appena presentato ci consente di effettuare alcune

riflessioni metodologiche e didattiche utili per strutturare un

percorso di studio sulle civiltà del passato:

in primo luogo si sottolinea la scelta di affrontare questo

argomento nella parte finale del ciclo elementare e non all’inizio

della classe terza come vorrebbe la scansione tradizionale proposta

dai programmi. Un concetto di civiltà ricco di quelle sfaccettature e

delle implicazioni di cui si è detto in precedenza, si configura come

un obiettivo di conoscenza elevato non paragonabile ad una gamma

di informazioni tenute insieme da un esile tessuto narrativo; le

stesse deduzioni e le riflessioni elaborate dai ragazzi non

potrebbero scaturire da alunni di classe terza, per i quali è ancora

opportuno proporre delle attività di ricostruzione di porzioni di

passato in cui gli orizzonti temporali siano di facile dominio, gli

spazi per quanto possibile percorribili e i temi vicini alla loro

esperienza di vita.

Gli obiettivi adeguati a questo livello di età, infatti,

richiedono attività di ricostruzione di aspetti del passato della

classe, del passato personale e generazionale, del passato locale -

sociale; attività queste basate su procedure controllate, sull’uso di

fonti molteplici e varie, su operazioni mentali adeguate ai livelli di

sviluppo cognitivo dei bambini di 7/8 anni.

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Secondariamente si evidenzia come la didattica delle civiltà

di cui parlano i Programmi, possa uscire dalla sola dimensione

teorica e libresca per arricchirsi di occasioni operative che vanno

dalla conversazione alla strutturazione di grafici e tabelle, dalla

costruzione di mappe, linee del tempo, all’uso di carte geografiche

diversificate ampliando così per i bambini le chiavi di accesso ad

un sapere storico formalizzato ed ermetico come quello

confezionato dai sussidiari.

In questa maniera i bambini potranno costruire in modo

consapevole la rete concettuale in cui inserire le conoscenze

relative ai vari popoli evidenziando i nessi che legano le

informazioni che nei sussidiari sono spesso nascosti o, peggio,

inesistenti.

Si evidenzia, inoltre, come anche lo studio delle civiltà del

passato risulti un contesto operativo adeguato all’uso degli

operatori temporali quali la successione, la contemporaneità, il

periodo, la durata, la datazione ecc., elementi che nel corso dei

primi anni di scuola elementare gli alunni avevano conosciuto e

utilizzato in riferimento alla ricostruzione del proprio passato

immediato e personale.

Questo trasferimento degli operatori cognitivi ad un contesto

più difficile e formalizzato in cui gli orizzonti spaziali e temporali

si ampliano considerevolmente ci permette anche di sottolineare la

necessità di inserire le conoscenze storiche in un quadro dalle

dimensioni mondiali uscendo in modo decisivo e convinto dalla

visione eurocentrica ancora molto presente nei sussidiari e nella

prassi educativa più comune.

Balza agli occhi anche come, nei bambini, sia implicito

identificare il libro di testo come la sede naturale della conoscenza

storica che lì si cristallizza, per cui tutto ciò che viene dal libro

assume dei connotati quasi dogmatici: dal sussidiario si evince che

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cosa è importante sapere del passato e della storia, che ci sono

popoli più degni di altri di essere conosciuti, che gli avvenimenti

politico-istituzionali e, soprattutto bellici, le guerre di conquista,

sono l’elemento chiave sufficiente a motivare lo studio di un

popolo.

Le ipotesi elaborate dai ragazzi sullo stato del mondo nel I

millennio a.C., ci rivelano cosa si agita nella loro mente, delineano

l’immaginario prodotto e alimentato da una didattica “tradizionale”

delle civiltà, evidenziano le storture che si possono generare se

anche l’insegnante, oltre ai suoi allievi, utilizza il sussidiario come

fornitore non mediato di conoscenza.

Inoltre, sottolinea la necessità di far emergere che cosa i

bambini sanno rispetto ad un argomento, quali sono le loro idee

pregresse, le mappe concettuali già possedute dai nostri alunni al

fine di rendere realmente proficuo e non dissonante il nostro

intervento educativo.

Infatti, prima di introdurre nel curricolo conoscenze nuove, è

importante assicurarsi che quelle già possedute siano ben

organizzate, solo a quel punto potremo procedere e puntare al

sapere formalizzato rappresentato dalla disciplina.

Ci viene inoltre ribadito come una conoscenza storica

fondata sull’assemblaggio di dati e informazioni affidate al ricordo

e alla memoria non produca alcun beneficio formativo; come lo

spazio e il tempo siano cardini fondamentali nello studio di questa

disciplina in quanto assumono il ruolo di organizzatori di

conoscenza, di produttori di significato, per cui esigono una

didattica non marginale, ma mirata e sapientemente articolata. Se si

trascura l’aspetto del tempo inteso quale operatore e organizzatore

cognitivo a più livelli e si accetta l’apparato temporale veicolato dal

sussidiario si rischia di appiattire la dimensione cronologica al solo

asse della successione e di non dare sufficiente visibilità alle

durate, ai periodi, alla contemporaneità, alla ciclicità dei fenomeni

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risolvendo il tutto nella giustapposizione di argomenti proposta

dall’indice.

Al contrario “la comprensione e il dominio della cronologia

storica sono un requisito essenziale per lo studio della Preistoria e

della Storia Antica. Dunque gli insegnanti dovrebbero progettare

unità di apprendimento per formare il senso e il sapere

cronologico.”6

Il più delle volte i sussidiari non offrono la possibilità di

seguire tali percorsi e danno per scontata la comprensione

dell’apparato temporale sotteso al testo privilegiando la dimensione

evocativa del racconto, fornendo con parsimonia elementi per una

datazione o periodizzazione precise, ripiegando su una cronologia

che potremmo definire del tempo “semantico”.

Se si scorre con l’occhio qualche pagina di sussidiario, non è

raro ma è anzi consueto notare l’assenza di date e il ricorso a

convenzioni terminologiche attinte dal linguaggio comune e

riguardanti il tempo che possono risultare fuorvianti per una

adeguata comprensione del testo.

Il “più tardi” che nell’esperienza quotidiana dei bambini di

8/9 anni può significare “qualche ora dopo”, potrebbe coprire nel

testo del sussidiario un periodo di qualche secolo o anche di

millenni.

La critica, pur condivisibile, al sapere storico - scolastico

tradizionale fondato sulla difficoltà e inutilità di ricordare a

memoria le tante date di eventi e fatti storici, non deve farci

sottovalutare l’importanza dei riferimenti cronologici per lo studio

del passato.

In particolare, la conoscenza delle civiltà antiche presuppone

la formazione di un sapere cronologico che si fonda su dati

6 Ivo Mattozzi, Le Indicazioni nazionali/Le opinioni, La Vita Scolastica

n.18 2003, Ed. Giunti, Firenze

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temporali precisi, che è frutto di una convenzione operata dagli

uomini e che si riferisce ad eventi considerati fondamentali, o

meglio “periodizzanti” per le civiltà stesse e che per questo può

cambiare da una civiltà all’altra.

Non a caso, durante l’esperienza di costruzione del grafico

della civiltà, i ragazzi, una volta rilevata la carenza, se non

addirittura la mancanza di appigli cronologici nei testi utilizzati nel

corso dell’anno precedente, sono andati “a caccia” di indizi

temporali, espressi sotto forma di numeri o di parole all’interno di

altri testi, al fine di organizzare meglio il tema che si era scelto di

approfondire.

Oltre a quanto già detto, ci corre l’obbligo di rilevare un

ultimo aspetto, certo non ultimo per importanza se si considera il

ruolo centrale del bambino nel processo di conoscenza storica che

ogni insegnante è chiamato a strutturare.

Durante lo svolgimento dell’esperienza didattica, è stato

possibile osservare i ragazzi, le reazioni di fronte alle sollecitazioni

che via via venivano loro proposte, ed è stato possibile rilevare il

grande e interesse e la forte motivazione che li ha accompagnati

lungo il percorso: da una prima fase di compiacimento per il fatto

di ricordare tante cose, tanti argomenti, ad un fase di crisi, per cui, i

dati di cui erano in possesso, non apparivano sufficienti a

testimoniare una reale conoscenza; dalla delusione provata nel

costatare che la loro conoscenza del passato del mondo era in realtà

limitata al solo bacino del Mediterraneo, alla curiosità e al

desiderio di approfondire una ricerca di risposte più convincenti,

per cui da semplici fruitori del sussidiario si sono trasformati in

artigiani del loro sapere storico, in protagonisti attivi nella

costruzione della loro conoscenza.

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1.4 - Terzo versante: l’importanza di lavorare sulle

preconoscenze

Oltre all’aspetto cognitivo e a quello culturale, vi è un terzo

versante molto importante da non trascurare nell’ambito di

un’attività didattica riguardante la storia: esso riguarda la

dimensione individuale collegata alla motivazione.

Infatti anche nel curricolo di storia, e in particolare nella

didattica dei Quadri di Civiltà, la sfera emozionale della

personalità e la motivazione all'apprendimento rivestono un ruolo

molto importante, costituiscono una preziosa risorsa di cui tenere

conto. Soprattutto nella fase iniziale del processo formativo è

importante che gli schemi pregressi, le attitudini e le preconoscenze

dei ragazzi vengano fatti emergere e valorizzati come veri e propri

trampolini di lancio verso le future attività didattiche.

Ma cosa si intende precisamente con il termine

"preconoscenze"?

Si tratta di quelle conoscenze che i bambini possiedono per il

fatto stesso di fare esperienze, di muoversi nel mondo, di far parte

di un gruppo sociale, di avere scambi linguistici, di essere in

interazione con l'ambiente.

Queste si presentano sottoforma di parole, informazioni,

concetti e danno conto di immagini mentali, rappresentazioni,

concettualizzazioni e schemi cognitivi che i bambini usano nel loro

procedere verso la costruzione personale della conoscenza; sono

composte di frammenti di informazioni più o meno corrette, di

concetti anche incoerenti, talvolta uniti da relazioni un po' forzate e

bislacche, altre volte da legami logici sorprendenti.

Il rapporto quotidiano con i bambini ci insegna che essi non

partono mai completamente disarmati di fronte ad un argomento;

spesso anche riguardo a temi inconsueti elaborano idee, operano

deduzioni, costruiscono nessi.

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La precedente mappa elaborata sulle risposte dei bambini di

una classe V ci mostra come l’immaginario dei bambini collegato

alla storia e in particolare alle civiltà sia ricco anche perché

continuamente alimentato da una proliferazione di film, cartoni

animati, materiale dell’editoria per l’infanzia collegato a temi

storici del passato delle civiltà che contribuiscono a creare nella

mente del bambino dei copioni e degli stereotipi di conoscenza

operanti a livello mentale, cognitivo, destinati a sopravvivere e

magari a prendere il sopravvento.

Lavorare sulle preconoscenze significa far emergere ciò che i

bambini già sanno, quali informazioni hanno acquisito, quali canali

hanno veicolato tali conoscenze, qual è l'immaginario prodotto

dalle notizie che in vario modo e nelle varie occasioni essi hanno

assunto.

Naturalmente rilevare le preconoscenze, portarle ad un livello

di consapevolezza e di condivisione nella classe non è sufficiente,

il problema è come gestire questo patrimonio di informazioni per

utilizzarlo in modo proficuo e generativo, capace di “stimolare e

sviluppare nei fanciulli il passaggio dalla cultura vissuta, assorbita

direttamente dall’ambiente di vita, alla cultura come ricostruzione

intellettuale”7.

Questo substrato infatti rappresenta la base su cui

l’insegnante dovrà innestare il sapere formalizzato rappresentato

dalle discipline. Per questo è molto importante ricercare ed attuare

strategie didattiche che tengano conto della struttura e delle

caratteristiche epistemologiche della materia e che allo stesso

tempo siano compatibili con il patrimonio di conoscenze elaborato

autonomamente dai bambini.

Gardner rileva l’importanza e la complessità della mente pre-

scolastica e pre-disciplinare che ogni bambino si è venuto via via

7 Programmi Didattici per la Scuola Primaria, op. cit.

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costruendo e considera cruciale l’incontro tra quelle che lui

definisce “mente intuitiva” e “mente secolarizzata”: “Questo

formidabile complesso costruito in proprio di teorie, competenze,

idee e propensioni, i bambini lo portano con loro a scuola; e,

naturalmente, è un tessuto che, a sua volta, influisce notevolmente

sul modo in cui i giovani studenti imparano le nozioni nuove che vi

incontrano… . Solo se queste teorie intuitive verranno riconosciute

e affrontate, sarà possibile per il bambino (e per il suo maestro)

stabilire in quali circostanze esse devono continuare a valere,

quando non sono pertinenti e quando sono in contrasto con quelle

conoscenze o con quelle credenze più formali sviluppate nella

cultura di appartenenza che la scuola ha il compito di trasmettere.”8

Chiediamoci allora che cosa accadrà per la storia.

“ I bambini incontrano la storia molto prima di arrivare a

scuola. Ogni bambino si è formato nel corso della sua esperienza,

un’idea del passato, della sua storia e della storia del mondo. Ha,

cioè, delle preconoscenze che derivano dalla sua capacità di

“organizzare” mentalmente le informazioni più disparate che gli

arrivano dalla televisione, dal cinema, dalle conversazioni con gli

adulti, dai libri. Perciò è opportuno dare spazio, nella

programmazione, a una fase specifica dedicata alle preconoscenze

dei bambini: tali preconoscenze, rilevate e rielaborate,

costituiscono il punto di partenza nel viaggio di costruzione di un

nuovo sapere storico da costruire insieme. Se si ignora che cosa si

agita nella mente dei bambini, il processo di apprendimento rischia

di diventare “un’interazione muta”: gli alunni finiscono col

rimanere impigliati nel loro schema mentale, trovano sempre

maggiori difficoltà a mettere in connessione le cose che sanno con

quelle che vengono loro insegnate. Questa consapevolezza deve

8 H. Gardner, Educare al comprendere. Stereotipi infantili e

apprendimento scolastico, Milano, Feltrinelli, 2001

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diventare un presupposto della programmazione e dell’azione

didattiche.”9

A ben vedere, dunque, l’importanza dell’argomento e la

complessità delle operazioni che esso innesca, configura una vera e

propria “didattica delle preconoscenze”, che non può essere risolta

e liquidata in un episodio isolato, una volta per tutte, ma diventa un

abito mentale e operativo dell’insegnante, il fondamentale

momento di avvio per ogni percorso di apprendimento.

Tale didattica, infatti, si connota come una vera e propria

palestra di creatività in quanto i ragazzi utilizzano i dati di cui già

dispongono, li confrontano e li arricchiscono con elementi nuovi

combinandoli secondo criteri diversi ed inconsueti per arrivare ad

una costruzione mentale del tutto nuova rispetto a quella originale.

In virtù di queste caratteristiche, la didattica delle

preconoscenze si arricchisce di un altro aspetto molto importante:

la trasversalità rispetto a tutte quelle discipline che, come la storia,

prevedono un percorso attivo e dinamico di costruzione della

conoscenza.

9 L. Coltri, Che cosa sai della storia, Laboratorio di Storia – Classi III –

V Sez. Didattica, La Vita Scolastica n. 2, Giunti Scuola, Firenze, 2002.

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CAPITOLO II

Il quadro di civiltà nella prospettiva del curricolo

verticale

2.1 - Alcune questioni generali

Nel panorama delle problematiche didattiche ancora aperte

riveste un ruolo importante la questione del curricolo verticale,

ovvero la necessità di considerare la cultura storica in maniera

coerente ma fluida, non ripetitiva, adeguata alle strutture cognitive

di un alunno in formazione che si diversifichi nei vari segmenti

scolastici e che si fondi su una mediazione didattica adeguata alle

varie età, rispondente agli obiettivi programmatici previsti per ogni

specifico segmento.

La questione non può certo essere liquidata con la

distribuzione dei capitoli dell’indice del manuale di storia tra i vari

ordini scolastici, ovvero essere ridotta al piano della spartizione dei

contenuti, ma merita una riflessione più articolata che tenga in

considerazione alcune variabili e alcune costanti.

In relazione a quanto appena affermato si cercherà di

individuare nello schema seguente10 quali sono gli elementi di

10 Rielaborazione degli schemi a cura di I. Mattozzi, La costruzione del

curricolo continuativo nell’area geo-storico-sociale a partire dalla storia. Questioni di contenuti, di strumenti, di mediazione didattica, dalla relazione n. 2

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continuità, i fili conduttori da non interrompere nel passaggio da

una scuola all’altra e quali gli elementi di specificità che

caratterizzano e differenziano un segmento scolastico da quello

precedente e da quello successivo.

del corso di aggiornamento in storia per gruppi di ricerca didattica sull’insegnamento della storia nella scuola elementare e media, Arcevia, 1996.

Centralità del soggetto che apprende

Ruolo delle preconoscenze

Importanza delle operazioni cognitive e rispetto dell’impianto disciplinare

Centralità della mediazione didattica

Metodologia che si fonda sull’operatività

I “contenuti” ovvero le conoscenze e i sistemi che le organizzano

Elementi di continuità:

COSTANTI

Strumenti che veicolano la conoscenza storica (fonti e testi) e loro uso

Complessità delle operazioni cognitive e delle abilità richieste

Modalità di comunicazione del sapere elaborato

Elementi di specificità:

VARIABILI

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L’assunto iniziale da cui partire per poter parlare

sensatamente di curricolo verticale in storia è una concezione di

questa disciplina come processo di conoscenza, per cui la storia

non è un sapere dato e cristallizzato, ma un sapere da costruire.

Questo carattere processuale della costruzione del sapere

storico si fonda su alcuni pilastri strutturali, costante elemento di

riferimento nella programmazione didattica sia che questa venga

pensata per la scuola materna, sia che riguardi la scuola elementare

piuttosto che la scuola media.

Innanzitutto la centralità dell’alunno come soggetto del

processo di conoscenza, con il suo bagaglio affettivo ed

esperienziale che nell’incontro con la disciplina diviene soggetto di

operazioni cognitive. Questo rilancio dei valori cognitivi e

disciplinari non va posto come alternativo alla dimensione affettiva

dell’alunno, al contrario come la risposta all’altezza del suo

bisogno di conoscenza.

Infatti, tematizzare il passato, cioè scegliere che cosa studiare

di esso, cercare le tracce che ha lasciato e individuare solo quelle

più coerenti e significative, renderlo visibile mediante un grafico

temporale, sono operazioni mentali che aiutano l’alunno ad

organizzare in maniera significativa dati e informazioni in modo da

renderli rispondenti ai propri bisogni affettivi e alla motivazione

all’apprendimento.

Altro elemento forte, centrale e ricorrente riferito al curricolo

verticale e strettamente legato al soggetto che apprende è la

questione della mediazione didattica.

Con questi due termini si intende definire l’attività di

organizzazione continua e dinamica dell’insegnamento e

dell’apprendimento allo scopo di rendere accessibili e interessanti

le singole conoscenze e il sistema del quale esse fanno parte. Ciò

richiede un lavoro di trasformazione delle une e dell’altro allo

scopo di ristrutturarli secondo criteri didattici per renderli adeguati

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ai soggetti dell’apprendimento, cioè agli alunni, alle loro strutture

cognitive diverse per età, esperienze pregresse, per motivazione,

per cui è necessario un continuo lavoro di diagnosi delle loro

competenze, delle loro preconoscenze e dei loro interessi.

Vi è un terzo elemento “fisso” che rappresenta un

denominatore comune e un ordinatore dei saperi storici, che

richiede una didattica continua ma differenziata, ovvero il concetto

di tempo.

Questo rappresenta un elemento costante nello svolgimento

del curricolo verticale di storia, pur variando in relazione al tipo di

approccio di cui esso necessita, all’età dell’allievo, al contesto

operativo di riferimento. La centralità del tempo si concretizza con

la realizzazione in classe di esperienze diversificate ma continue di

educazione temporale fin dalla scuola materna che continuano nella

scuola elementare e non si interrompono drasticamente in classe

terza con l’inizio dell’uso del manuale come solitamente accade

nella didattica tradizionale, ma continua per tutto l’arco della

scuola primaria fino alla terza media arricchendosi di spessore e di

complessità11. Questo asse di convergenza delle esperienze e delle

conoscenze storiche presuppone un’idea di tempo non ridotta alla

sola unità di misura dei fatti, ma concepisce il tempo come

strumento mentale utile a ordinare fenomeni, a stabilire relazioni

tra di loro, a fornire significati.

Parallelamente a questi obiettivi fissi da perseguire lungo

tutto l’arco del periodo scolastico, ve ne sono, come abbiamo già

detto, altri suscettibili di modifiche e cambiamenti in quanto legati

al livello scolastico in cui ci si trova ad operare.

Primo fra tutti quello dei “contenuti” o meglio delle singole

conoscenze e dei sistemi che le organizzano. Esiste infatti una

11 P. Sandri, La didattica del tempo convenzionale, Milano, Franco Angeli

Editori, 1997.

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gradualità nell’approccio agli argomenti, o meglio un progressivo

livello di difficoltà per la costruzione del sapere storico che prevede

vari stadi di elaborazione :

1) in primo luogo la costruzione da parte del bambino di

concetti interpretativi della realtà strettamente collegati alla

sua esperienza di vita quotidiana, da cui sono generati e

dalla quale traggono il loro significato; si tratta di

“semplici” concetti spaziali, sociali o economici come la

famiglia, l’agricoltura, il paese, la città, il lavoro,

l’artigianato, l’industria, la religione, ecc. su cui il bambino

può essere invitato a riflettere e a lavorare per poter

attribuire loro concretezza e significato.

2) Successivamente sarà opportuno puntare alla

storicizzazione di questi concetti ovvero alla loro

collocazione in un panorama spazio-temporale più ampio e

articolato caratterizzato da referenti diversi rispetto al “qui e

ora”;

3) il raggiungimento dello stadio precedente consentirà di

elaborare conoscenze riferite a stati di cose in un tempo e in

uno spazio che nel corso della scuola elementare possono

assumere i connotati dei quadri di civiltà;

4) un livello successivo in cui questi stati di cose entrano in

rapporto dinamico, divengono elementi di paragone, dando

agli scolari la possibilità di ricostruire i processi di

trasformazione che hanno portato, ad esempio, da uno stato

all’altro;

5) Vi è un ulteriore livello della conoscenza storica che si

caratterizza per l’elevato grado di formalizzazione ma che

comunque può rappresentare un obiettivo se non alla portata

degli allievi della scuola dell’obbligo, sicuramente adeguato

a studenti degli ordini successivi. Esso prevede la capacità

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di formulare problemi di tipo storico, cioè l’abitudine a

chiedersi il perché delle grandi trasformazioni del passato

del mondo.

Questo processo graduale finalizzato alla costruzione di una

personalità pronta per uno studio consapevole della storia, porta

con sé una progressione anche rispetto agli strumenti che veicolano

la conoscenza, cioè le fonti e i testi, e alle modalità di

comunicazione del sapere elaborato.

2.2 Copioni di conoscenza, quadri di civiltà, processi

di trasformazione.

Nel corso del paragrafo precedente sono state individuate

delle fasi progressive che delineano nel loro complesso un possibile

itinerario di costruzione della conoscenza storica a partire dalla

scuola dell’infanzia. Se, come si è più volte ribadito, tale itinerario

prevede specificatamente per la scuola elementare la costruzione e

la conoscenza di quadri di civiltà del passato, è lecito chiedersi

come queste possano essere adeguatamente preparate nel corso del

segmento scolastico precedente, quello della scuola dell’infanzia,

ovvero quali esperienze sia opportuno predisporre per i bambini di

4/5 anni che siano fondanti e in un certo senso propedeutiche alle

conoscenze storiche da costruire successivamente.

Oltre ad un primo approccio alla dimensione del tempo

mediante esperienze di educazione temporale riguardanti la

didattica del tempo convenzionale, è opportuno guidare i bambini

alla costruzione di quelli che Gardner chiama “copioni di

conoscenza” e che rappresentano una delle forme di

categorizzazione della realtà proprie dei bambini in età prescolare.

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Con il termine “uso dei copioni”, l’autore definisce la

tendenza innata e naturale dei bambini ad identificare

descrittivamente degli eventi ricorrenti che, per le loro

caratteristiche, sono riconducibili a categorie esperienziali

significative e familiari.

“ Per esempio, il copione di una festa di compleanno di un

bambino americano prevede, per lo meno, l’arrivo degli ospiti, una

qualche attività comune, uno spuntino, l’apertura dei pacchi

contenenti i regali, infine il coro Happy Birthday to you”.12

Proprio grazie ai caratteri di comparazione e trasferibilità i

copioni rappresentano anche un riferimento per dare significato ad

eventi inediti della propria esistenza, per cui quando il bambino

incontra nella sua esperienza di vita scolastica o extrascolastica una

sequenza di eventi sconosciuti cercherà di misurarli, compararli e

metterli in relazione ai copioni che gli sono più familiari allo scopo

di fornirli di significato.

Questa operazione rappresenta la prima fase di costruzione di

concetti interpretativi della realtà circostante. In questo senso è

opportuno che la scuola predisponga delle attività significative

adeguate e finalizzate all’arricchimento della gamma dei copioni,

durante le quali, le esperienze vissute, possano diventare oggetti

rappresentabili e su cui sia possibile riflettere. Il lavoro sui copioni,

inoltre, rappresenta in prospettiva un investimento di conoscenza

poiché può prevedere due potenziali sviluppi: da una parte consente

di preparare i bambini alla costruzione del quadro di civiltà del

presente grazie alle esperienze di conoscenza della realtà in cui

vive ed è inserito; dall’altra costituisce una premessa importante

alla storicizzazione dei concetti stessi, alla collocazione di questi

lungo l’asse del tempo.

12 H. Gardner, Educare al comprendere, op. cit.

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A titolo esemplificativo può essere utile fare un accenno ad

un’esperienza condotta nell’anno scolastico 2002/2003 nella scuola

materna dell’Istituto comprensivo statale “Dante Alighieri” di S.

Lorenzo in Campo relativa alla fattoria.

A partire dalla lettura della favola de “I tre porcellini” i

bambini hanno cominciato a conoscere l’ambiente di una vera

fattoria; mediante visite guidate hanno potuto vedere come è fatta

oggi una fattoria, chi ci vive, chi ci lavora e quali attività vi si

svolgono; quanti e quali sono gli animali che vi vengono allevati e

qual è il loro impiego, chi è l’allevatore e che cosa fa.

I bambini hanno anche visitato un grande allevamento di

suini ed hanno concluso la loro esperienza nella bottega del

macellaio.

Questa attività può costituire un adeguato contesto per la

costruzione di concetti come quello dell’allevamento,

dell’agricoltura, della trasformazione e conservazione dei cibi che

serviranno successivamente ai bambini per comprendere meglio

alcuni tratti caratteristici di quell’uomo agricoltore e allevatore che

si incontrerà più volte nello studio del passato e che caratterizzerà

delle forme di civiltà tipiche di alcuni gruppi umani rispetto ad

altri.

Questo patrimonio di esperienze e di concetti costruiti nel

corso della scuola dell’infanzia, infatti, troverà una evoluzione e un

approfondimento nel corso del segmento scolastico successivo,

quello della scuola elementare, durante il quale gli alunni dovranno

collocare nel passato i concetti conosciuti e procedere ad una

operazione di storicizzazione.

Concetti complessi come quelli di AGRICOLTURA o di

ALLEVAMENTO ritorneranno utili, ad esempio, nello studio di

una civiltà come quella dei Romani, prevalentemente connotata nei

sussidiari per la propria organizzazione politica e per

l’espansionismo militare ma raramente letta come civiltà

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dell’agricoltura e dell’allevamento, che ha trovato proprio in questa

forma di economia la chiave per il proprio sviluppo, per la nascita

di strutture sociali e politiche complesse e articolate.

Giunti alla scuola elementare, conosciuti i diversi quadri di

civiltà in cui tanti concetti hanno trovato una preciso significato, è

opportuno rientrare nell’ottica del curricolo verticale e chiedersi

quali siano i possibili sviluppi di questa mappa formata da quadri

diversi.

Se la mappa delle civiltà costruita dai ragazzi nel corso della

scuola elementare è strutturata in modo da rendere i vari quadri

comparabili, questa diventerà un contesto problematizzante

adeguato a generare nei bambini delle curiosità e delle domande

che essi si porteranno dietro nel nuovo ciclo di studi.

“I bambini, attraverso la costruzione dei quadri di civiltà,

imparano che l’umanità è piena di problemi, di progressi, di

arretramenti, di momenti di stasi...però non sanno perché. Quindi

entrano nella classi successive della scuola di base carichi di

problemi, a differenza di adesso che entrano nella scuola media con

la sensazione di aver già studiato la Storia, e quindi si chiedono

perché la devono ristudiare ancora.”13

In questa prospettiva possiamo individuare con maggiore

chiarezza gli obiettivi di conoscenza da perseguire nel corso della

scuola media che siano il più possibile congruenti con la didattica

dei quadri di civiltà e cioè la comprensione di quei processi di

trasformazione che hanno consentito ad una civiltà di evolversi, di

mutare le proprie caratteristiche strutturali, oppure di cogliere le

grandi trasformazioni segnate da fatti storiografici rilevanti o da

eventi periodizzanti.

13 Intervista a I. Mattozzi, Il Curricolo di Storia nella nuova scuola di

base. Le civiltà a quadri, a cura di Mario di Rienzo, La Vita Scolastica n. 15, 2000.

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Una didattica finalizzata alla comprensione dei processi di

trasformazione si fonda naturalmente sulla conoscenza del quadro

di civiltà in quanto deriva da un confronto tra due situazioni per

molti aspetti comparabili: una situazione di partenza (o stato del

mondo iniziale, es. il mondo romano nel periodo imperiale) e una

situazione di arrivo ( o stato del mondo finale, es. il mondo

medievale) e dalla rilevazione di mutamenti e permanenze.

Parallelamente dovrà superare la dimensione statica e

descrittiva del quadro e acquisire un maggior dinamismo narrativo

sia in relazione ai testi e ai materiali che veicolano le informazioni,

sia per quel che riguarda le modalità di comunicazione della

conoscenza costruita.

Avviene infatti a questo punto del percorso di formazione

storica il passaggio da una conoscenza semplice e descrittiva ad un

sistema di conoscenze che si mettono in moto.

La ricostruzione di processi di trasformazione, infatti, oltre a

presupporre le categorie narrative del PRIMA, DOPO, e quindi

anche quella del DURANTE, si caratterizza per la sua accresciuta

complessità strutturale in cui le informazioni non sono soltanto

giustapposte, ma collegate da relazioni di diversa natura,

temporale, causale, spaziale, consequenziale ecc.

Di pari passo è opportuno prevedere un mutamento anche

negli strumenti che veicolano le conoscenze e nella modalità della

comunicazione del sapere elaborato.

In una prima fase un ruolo preponderante verrà affidato alle

conversazioni guidate, alla rappresentazione grafica e iconica delle

esperienze vissute sia al di fuori della scuola che all’interno di

percorsi programmati per la classe.

L’utilizzo di una canale espressivo come quello del disegno

consente ai bambini di esprimere liberamente le loro idee senza

essere condizionati da giudizi od opinioni contrastanti, e costituisce

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un patrimonio non “volatile” a cui è possibile ritornare in ogni

momento.

Anche il ricorso al “parlare” rappresenta un’abitudine a cui è

bene non rinunciare in alcuna fase evolutiva dell’apprendimento in

quanto oltre ad assumere un importante valore diagnostico

favorisce la dimensione della socializzazione e dell’interazione tra

pari.

Già nella scuola elementare le rappresentazioni iconiche e i

disegni possono evolversi in rappresentazioni simboliche più

complesse e formalizzate.

In questa fase, infatti, comincia ad essere ricorrente l’uso di

grafici, schede, tabelle, linee del tempo e, soprattutto nell’ambito

della didattica dei quadri di civiltà, un ruolo fondamentale continua

ad essere rappresentato dalle immagini che possono assumere la

forma di carte geografiche, riproduzioni di fonti o reperti,

ricostruzioni di ambienti di vita, diorami per l’inquadramento

geografico e ambientale ecc. Queste infatti si caricano di un

considerevole potere semantico in quanto facilitano la costruzione

mentale di immagini del passato che il solo testo scritto non

potrebbe veicolare. Oggi poi, è possibile prevedere l’uso di

audiovisivi, di CD Rom a carattere storico che costituiscono un

interessante quanto utile sussidio per la conoscenza descrittiva dei

popoli del passato.

Nella seconda parte della trattazione sarà possibile

evidenziare l’importanza dell’uso delle immagini per lo studio della

storia e verificare il loro sostegno all’azione didattica.

Il successivo passaggio alla scuola media, sebbene non

significhi il superamento di questi strumenti e l’approdo esclusivo

al testo del manuale, rappresenta un momento importante per

evidenziare come la conoscenza storica si connoti maggiormente

per la sua dimensione testuale, ragion per cui comincia a farsi

sempre più frequente e necessario l’uso dei testi storiografici per i

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quali sarà importante prevedere una azione didattica che ne faciliti

l’uso e ne favorisca la comprensione.

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CAPITOLO III

Il quadro di civiltà a partire dalla storia locale

3.1 – Rapporti tra dimensione locale e dimensione

generale della storia insegnata

Nelle pagine precedenti si è cercato di individuare subito

l’obiettivo del lavoro didattico (ovvero il Quadro di Civiltà)

definendolo nei suoi elementi strutturali, fornendo la descrizione

delle sue caratteristiche costitutive. La prospettiva scelta per tale

analisi è quella di chi, avendo chiaro il punto di arrivo, si chiede

quale possa essere il percorso più giusto e funzionale al traguardo

da raggiungere, quali siano le attrezzature intellettuali più utili da

costruire.

In questo senso l’esperienza di ricerca storico-didattica

appare un punto di partenza particolarmente significativo e

stimolante.

Infatti, per costruire categorie concettuali di carattere

generale, è essenziale per i bambini muoversi in contesti vicini al

loro ambiente di vita, collocati in spazi percorribili, ricchi di oggetti

reali da guardare e “manipolare”.

Ma quali sono le potenzialità formative di un percorso di

conoscenza basato sulla ricerca storica? Quali le implicazioni

cognitive della didattica della storia locale in rapporto ai Quadri di

Civiltà?

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Le attività di ricerca e sperimentazione sulla didattica della

storia che ormai da anni si vanno sommando dimostrano che

l'esperienza diretta di lavoro con le fonti è fondamentale nel

percorso di formazione storica dei ragazzi. Per questo tale attività

dovrebbe essere, non solo auspicata, ma garantita nell'arco di un

completo e serio ciclo di studi. Le motivazioni che ci obbligano

come insegnanti a fare questa scelta sono molteplici e fortemente

coerenti tra di loro: prima tra tutte il rispetto della struttura

epistemologica della disciplina. Se è vero che la storia che si studia

sui libri è il frutto di un processo di conoscenza che nasce da una

domanda rivolta al passato, si fonda sulla ricerca di fonti e

documenti da cui ricavare informazioni, su operazioni mentali che

permettono di ricostruire fatti accaduti in un tempo e in uno spazio

per poi approdare ad un testo che comunichi i risultati del lavoro, è

evidente che gli stessi "ingredienti" debbono potersi ritrovare

nell'ambito di un curricolo disciplinare di storia. In secondo luogo,

avvicinarsi alla conoscenza storiografica recuperandone gli itinerari

fondamentali, è previsto dagli stessi Programmi.

Lavorare sulle tracce, inoltre, risponde a diversi bisogni

cognitivi ed emotivi degli alunni: genera in loro l’idea che il

passato è interessante e conoscibile, favorisce la costruzione di

concetti storici importanti come quello di “fonte”, con le

conseguenti problematiche del loro reperimento e della loro lettura;

consente di dare valore ad oggetti, edifici, immagini e scritti che

provengono dal passato scoprendone le potenzialità informative,

promuove la capacità di compiere delle inferenze evidenziando

come anche lo studio della storia concorra allo sviluppo del

pensiero e del ragionamento; rimuove la tradizionale concezione

della storia come materia orale evidenziandone gli aspetti operativi;

aiuta a valorizzare il patrimonio culturale che li circonda favorendo

una fruizione più interessata e attiva e facendo crescere nei futuri

cittadini il senso del valore e del significato dei beni culturali;

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infine consente di scoprire un legame significativo tra la disciplina

storia e il proprio territorio di appartenenza.14

Scegliere di partire da un contesto di storia locale permette

quindi di acquisire capacità cognitive e strumentali specifiche e

forti dando così agli alunni la possibilità di arrivare alla conoscenza

della storia generale in maniera più consapevole e partecipata.

In tal modo, infatti, si evidenzia come la storia locale assolva

ad una, non certo l’unica, delle sue specifiche funzioni: quella di

fornire significati concreti a modelli generali che altrimenti

rischierebbero di restare solo enunciazioni astratte e generiche.

Una volta definiti i rapporti tra dimensione locale e

dimensione generale della storia e dopo aver compreso quanto la

prima possa essere fondante per l’altra, si cercherà di evidenziare

come entrambi questi aspetti dello studio della disciplina siano

legati alla costruzione del Quadro di Civiltà. In via preliminare,

però, ci sembra opportuno riflettere su alcune concezioni

inconsapevoli quanto diffuse nella pratica didattica che possono a

nostro parere offuscare l’importanza di questo legame.

Generalmente, e certo non a torto, si tende ad associare al

termine di civiltà una dimensione geografica che potremmo

definire mondiale e una dimensione temporale che si proietta in un

passato molto lontano.

In altre parole, quando si comincia a parlare di civiltà ai

ragazzi di IV o V elementare la scala spaziale e quella temporale

sembrano doversi necessariamente dilatare proiettando i contenuti

della conoscenza molto lontano dal punto di vista geografico e

cronologico. Ne consegue che i soli strumenti adeguati a fornirci

informazioni per questo tipo di conoscenza siano i testi

storiografici.

14 Cfr. La raccolta egizia di Giuseppe Acerbi, Percorso Didattico per la

scuola elementare, Museo Civico di Palazzo Te, Assessorato alla Cultura del Comune di Mantova, Cooperativa Librai Mantovani.

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Queste asserzioni sono sicuramente esatte ma possono

risultare riduttive per l’ampiezza di un concetto come quello di

civiltà.

A ben vedere, infatti, anche i nostri bambini sono inseriti in

un tessuto spaziale, sociale, storico, e materiale che qualora si

decidesse di trasformare in oggetto di studio diverrebbe quello che

ormai da più parti si connota come “quadro di civiltà del presente”.

Inoltre non è certo raro nella nostra realtà territoriale

imbattersi in castelli, rocche e fortificazioni, monasteri, chiese o

altri monumenti del passato, case coloniche, zone di interesse

archeologico con annessi musei, biblioteche o archivi che ci

consentono di trovare legami concreti e significativi con momenti

diversi del nostro passato locale e che nel contempo rimandano ad

altrettanti significativi aspetti di storia generale. Quindi, perché

quando è possibile, non prevedere nell’ambito del nostro progetto

educativo finalizzato alla costruzione di un quadro di civiltà un

momento di contatto con il territorio che ci circonda, capace di

offrirci spunti interessanti, concreti e reali per il raggiungimento di

conoscenze più generali?

In tal modo sarà possibile perseguire importanti obiettivi:

evidenziare che il concetto di civiltà si configura come una

chiave di lettura di uno spazio vicino in un certo punto del passato,

una lente attraverso cui poter leggere e dare significato ai “rilevanti

avvenimenti civili, politici e religiosi di cui sono stati protagonisti i

popoli, personalità e forme di organizzazione che nel tempo hanno

contraddistinto l’evolversi della società umana” di cui si parla nei

programmi;

Comprendere che la storia dell’umanità e la storia locale non

sempre viaggiano su binari paralleli destinati a non incontrarsi mai,

ma che il nostro passato locale coincide in certi momenti e per certe

situazioni con il passato generale del mondo che si studia sui libri

di testo.

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Ancora, strutturare un Quadro di Civiltà partendo da una

ricerca di storia locale ci consente di non considerare quest’ultima

come un mero campo di esercitazione per le operazioni storiche,

ma come un utile supporto intellettuale e culturale per comprendere

fenomeni generali, nazionali o sopranazionali.

Infine tale itinerario evidenzia come il Quadro di Civiltà si

arricchisca di quella triplice valenza, culturale, cognitiva e

motivazionale, di cui si è già parlato nel primo capitolo in quanto

favorisce la costruzione di un modello di conoscenza del passato

che abbia per oggetto lo studio di un popolo, di un gruppo umano,

vissuto in un certo tempo nel nostro stesso territorio di

appartenenza nel quale ha lasciato una testimonianza di sé e del

proprio modo di vita, e che allo stesso modo, qualsiasi civiltà,

anche la più lontana da loro nello spazio e nel tempo, non è il frutto

di una narrazione leggendaria, ma il prodotto di una ricerca storica

fondata sull’uso di fonti e reperti.

3.2 – Uso didattico dei beni culturali per

l’elaborazione della conoscenza storica.

La prospettiva fin qui illustrata evidenzia la centralità del

territorio dal punto di vista didattico e l’importanza di un rapporto

sinergico tra scuola ed enti preposti alla tutela e alla salvaguardia

dei beni culturali; entrambi infatti concorrono al raggiungimento di

un comune obiettivo pur nelle proprie specifiche funzioni e

competenze: considerare il territorio un’importante risorsa per un

apprendimento storico significativo in cui i luoghi e i segni del

passato divengono oggetti reali e non virtuali capaci di veicolare

informazioni significative in contesti motivanti.

Ai fini di un’educazione integrale, infatti, è importante che

gli studenti comprendano la funzione di musei, archivi siti

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archeologici ecc. in quanto luoghi della storia, istituzioni deputate

alla conservazione dei beni culturali e soprattutto in quanto

espressione della memoria collettiva di una comunità.

Solo un approccio positivo e coinvolgente al bene culturale

presente nel proprio ambiente di vita renderà gli alunni fruitori

consapevoli e “difensori” essi stessi del patrimonio storico che li

circonda.

Fortunatamente in questi ultimi anni si sta sempre più

diffondendo tra le strutture museali e simili la convinzione che la

scuola rappresenti un referente fondamentale per la scoperta e il

rilancio del territorio e del suo patrimonio storico e culturale.

Infatti si vanno moltiplicando da più parti sezioni didattiche

all’interno dei musei, dei siti archeologici e degli archivi: proposte

di laboratori gestiti da operatori museali calibrate per bambini della

scuola dell’obbligo piovono copiose quasi ogni giorno sulle

cattedre degli insegnanti.

Tuttavia, sebbene questo importante servizio sia da salutare

come un segnale estremamente positivo, è importante che gli

insegnanti non deleghino esclusivamente a queste figure il ruolo di

mediatori didattici della conoscenza ripiegando sulla funzione di

organizzatori di visite guidate.

La mediazione didattica rimane competenza fondamentale

(certamente non esclusiva) degli insegnanti che coerentemente con

i programmi e l’epistemologia della disciplina hanno il compito di

ricercare strategie adeguate agli stili di apprendimento dei propri

allievi; inoltre, la percezione degli oggetti museali, dei documenti e

dei reperti archeologici come FONTI del passato rimane una

conquista intellettuale che la scuola ha il compito da garantire.

Nella pratica didattica della storia locale questo significa

prevedere e mettere in conto tutta una serie di attività specifiche:

monitoraggio delle risorse presenti sul territorio, preparazione dei

materiali specifici elaborati per il raggiungimento di obiettivi

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formativi, competenze di tipo pedagogico-didattico e disciplinare,

tempo per l’analisi e lo studio di oggetti, per la progettazione del

percorso e delle schede di lavoro.

E’ lungo questo articolato percorso di programmazione che

sarà importante la collaborazione e il supporto degli operatori

museali, del personale competente nei vari ambiti specifici di

conoscenza.

Sulla base delle motivazioni sopra elencate nasce il progetto

didattico di cui si parlerà nella III parte di questo lavoro che

prevede l’approdo al Quadro di Civiltà a partire da un’esperienza di

storia locale.15

La convinzione che sorregge e anima tale progetto parte da

un’idea di bambino che acquisisce attivamente competenze e

conoscenze, che è agente attivo delle sue conquiste culturali e

cognitive, ma soprattutto dalla volontà di escludere

l’improvvisazione didattica a favore di una programmazione

educativa attenta alle procedure e agli strumenti per la loro verifica.

Lungo questo cammino, il bambino si dovrà cimentare in un

percorso variegato per tipologie esperienziali: lavoro individuale,

lavoro di gruppo, comunicazione orale individuale, stesure di testi.

Le varie fasi di lavoro, i gradini di conoscenza, la

motivazione, gli interrogativi, la ricerca di risposte evolvono

all’interno del gruppo classe dove ognuno dà e riceve per creare

l’esperienza complessiva dell’apprendimento.

Lungo questo cammino il ruolo dell’insegnante non sarà

quello di portatore di conoscenze già elaborate, ma quello di

facilitatore e co-costruttore attivo di una conoscenza nuova.

15 Come esempio di felice collaborazione tra scuola ed enti operanti sul

territorio si segnala il fascicolo curato da L. Cella e G. Longhi, Castelli… di tutti i colori, Nuove Arti Grafiche Artigianelli, 2001.

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Con questa esperienza infatti, si tende a perseguire un duplice

obiettivo: l’educazione al patrimonio e al bene culturale e lo

sviluppo di una pluralità di competenze di ordine disciplinare.