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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BARI II FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA - TARANTO TESI DI LAUREA IN DIRITTO DEL LAVORO LA TUTELA DELLA SALUTE E DELLA SICUREZZA NEL LAVORO MARITTIMO RELATORE: Ch.mo Prof. Domenico Garofalo LAUREANDO: Michele Leone ANNO ACCADEMICO 2008/2009

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1

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI

BARI

II FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA - TARANTO

TESI DI LAUREA

IN

DIRITTO DEL LAVORO

LA TUTELA DELLA SALUTE E DELLA

SICUREZZA NEL LAVORO MARITTIMO

RELATORE:

Ch.mo Prof. Domenico Garofalo

LAUREANDO:

Michele Leone

ANNO ACCADEMICO 2008/2009

2

PREMESSA

Ogni percorso formativo universitario incontra e conosce la sua tappa

conclusiva attraverso l‟elaborato di tesi.

Sovente, la tesi di laurea, nella vita di una persona costituisce la prima

e significativa esperienza di ricerca.

Con questa consapevolezza, cogliendo diverse sensibilità e fruendo di

vissuti culturali e professionali ho voluto, nella presente elaborazione,

confrontare due aspetti e accostare due modalità espressive

dell‟esperienza lavoristica: il genus della la sicurezza e della salute nei

luoghi di lavoro, facendo focus sulla species del lavoro marittimo, del

lavoro prestato a bordo delle navi da crociera, da pesca, da trasporto di

merci.

E quindi analizzare e cogliere in maniera sistematica i momenti

evolutivi della normativa in tema di safety in Italia, a valle

dell‟esperienza di recepimento delle norme comunitarie e condensate

nel varo del c.d. Testo Unico della Sicurezza, ma con lo sguardo

rivolto al mare, dove operano uomini a bordo delle navi, dove i rischi

sono notevoli e l‟attenzione è modesta.

3

Eppure se non ci fosse stata il disastro del cantiere Mecnavi1 a

Ravenna in cui, il 13 marzo 1987, 13 operai morirono soffocati nella

stiva della nave Elisabetta Montanari, , la 626 difficilmente avrebbe

visto la luce, come invece, si soggiunge, se non ci fosse stata la

sciagura della Thyssengroup2, il 6 novembre 2007, non avremmo

conosciuto il TUS.

Ma il nostro impegno di ricostruzione e di approfondimento

scientifico è rivolto alla prevenzione e alla protezione, allo studio

della scienza e della organizzazione della sicurezza e salute nei luoghi

di lavoro.

Questa è la bussola che orienterà il nostro elaborato.

1 La vicenda rappresentò una svolta nel modo di operare nella legislazione e dette vita alla nota

Commissione bicamerale presieduta da Luciano Lama, da cui nacquero gli RLS all‟interno delle

aziende. 2 La vicenda dell‟incendio è ancora al vaglio della Corte d‟Assise di Torino, perché si procede, per

la prima volta nella storia della legislazione antinfortunistica, per omicidio volontario.

4

Capitolo primo

L’EVOLUZIONE GIURIDICA DELLA NORMATIVA ANTINFORTUNISTICA

5

Se volessimo collocarci in uno spazio di osservazione, di riflessione e

di analisi attorno alla copiosa normativa prodotta in tema di sicurezza

e salute nei luoghi di lavoro, ricaveremmo agevolmente una

fondamentale acquisizione, ovvero la constatazione che essa

costituisca il portato finale, non certamente esaustivo di una

stratificazione di norme, molte delle quali di derivazione comunitaria,

emanate nell'arco di quasi sessanta anni3.

E l‟esigenza di procedere ad un riordino, ad una semplificazione delle

norme in materia venne avvertita dal legislatore della prima riforma

sanitaria, quella universalistica (l.833 del ‟78)4 che, all‟art.24,

delegava il Governo ad emanare il Testo Unico in materia di sicurezza

nei luoghi di lavoro entro il 31 dicembre 1979. Il Testo Unico, se così

si può definire il d.lgs. 81 vede la luce nell‟aprile del 2008, a quasi

trent‟anni dalla scadenza contenuta nella legge 833/78.

Ecco perché merita apprezzamento il fatto che il Governo, nella

consapevolezza della assoluta priorità della materia della sicurezza, ha

perseguito con convinzione l'obiettivo di procedere al riassetto ed alla

3 Così l‟incipit del testo governativo (governo Prodi con ministro del Lavoro Damiano) di

presentazione del d.lgs. 81/08. 4 E‟ la prima legge di riforma sanitaria dell‟Italia.

6

riforma delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro,

attraverso la legge delega 3 agosto 2007, n. 1235.

Infatti tale legge, attraverso la delega contenuta nell‟art.1, ha previsto,

non solo un'operazione di riorganizzazione della normativa di salute e

sicurezza sui luoghi di lavoro ma anche la rivisitazione della

medesima materia attraverso l'armonizzazione di tutte le leggi vigenti

in una logica unitaria ed innovativa e nel pieno rispetto delle

previsioni dell'art. 117 della Costituzione, il cui terzo comma

attribuisce alla competenza ripartita di Stato e Regioni la materia della

tutela e sicurezza del lavoro.

Il decreto legislativo n.81/08 è stato elaborato dal legislatore delegato

dall‟art.1 della l.123 del 2007 nel pieno rispetto della filosofia delle

direttive comunitarie in materia e del decreto legislativo 19 settembre

1994, n. 626, il quale - come noto - trova i suoi capisaldi nella

programmazione della sicurezza in azienda, da realizzare tramite la

partecipazione di tutti i soggetti delle comunità di lavoro.

Il decreto è stato predisposto all'esito di un serrato e costante

confronto con le Regioni, gli enti competenti in materia e le parti

sociali e tenendo conto di ogni altra segnalazione, proveniente da

5 La legge delega n.123/07 costituisce un momento di forte sintesi in Parlamento, che raggiunge

consensi plebiscitari, di reale unità nelle sedi parlamentari.

7

organizzazioni ed associazioni con competenze in materia, comunque

pervenuta ai Ministeri competenti - di iniziativa congiunta dei

Ministeri del lavoro e della previdenza sociale e della salute e secondo

una tecnica legislativa largamente ispirata alla matrice europea

(direttive CE) ed internazionale (Convenzioni dell'Organizzazione

Internazionale del Lavoro)6.

LA STORIA

La “Delega al governo per l'emanazione di un Testo Unico per il

riassetto e la riforma della normativa in materia di tutela della salute e

della sicurezza sul lavoro” considera sia l'attività di riordino della

normativa sia quella di riforma delle disposizioni preesistenti e

successive al decreto 626.

L'Italia dice addio alla vecchia legge 626, meglio conosciuta come la

legge sulla sicurezza sul lavoro. Il Consiglio dei Ministri ha approvato

il decreto che dà attuazione al Testo Unico in materia di tutela della

salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, secondo la delega contenuta

nella legge n. 123 del 3 agosto 2007. Ad agosto, infatti, vine

6 La materia della sicurezza è un caposaldo nella legislazione europea, unendo aspetti di direttive

sociali e di prodotto.

8

approvata in via definitiva dal Parlamento la delega per il riordino

della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, varata a

febbraio 2007 dal Consiglio dei ministri. Il Testo Unico comprende 13

Titoli e 306 articoli. È stato un lavoro lungo e complesso di

rivisitazione della materia, un testo che innova sul piano della

prevenzione, della formazione, del potenziamento e del

coordinamento della vigilanza, del ruolo delle parti sociali e dei

rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e della diffusione della

cultura della sicurezza, assicurando un sistema sanzionatorio

equilibrato.

Ma facciamo un passo indietro. L'attuale normativa in materia di

salute e sicurezza sul lavoro è il risultato di una progressiva

stratificazione di fonti molto diverse tra loro, succedutesi senza

soluzione di continuità dagli anni Cinquanta ad oggi7. Ne è derivato

un quadro regolatorio particolarmente complesso, in cui i

provvedimenti di recepimento delle direttive comunitarie di “nuovo

approccio 8” si sono sommati a disposizioni vecchie di decenni e di

ben diversa logica dando vita a una difficile compresenza. Pertanto, si

è reso necessario il riassetto della materia, da realizzare nel pieno

7 Si fa riferimento ai decreti prevenzionistici degli anni 50, oggi tutti abrogati dal TUS.

8 Intendiamo per nuovo approccio il superamento del concetto di “requisito minimo” e il

riconoscimento del “requisito essenziale”, affidando agli organi nazionali di normalizzazione gli

aspetti specifici di dettaglio

9

rispetto delle disposizioni comunitarie e dell'equilibrio delle

competenze tra Stato e Regioni garantendo, al contempo, l'uniformità

della tutela sull'intero territorio nazionale. Di conseguenza, la

formulazione del titolo “Delega al governo per l'emanazione di un

Testo Unico per il riassetto e la riforma della normativa in materia di

tutela della salute e della sicurezza sul lavoro” considera sia l'attività

di riordino della normativa sia quella di riforma delle disposizioni

preesistenti e successive al decreto legislativo 19 settembre 1994, n.

626, meglio conosciuto come legge sulla sicurezza, da ricondurre,

appunto, in un „Testo unico' non meramente compilativo.

I decreti attuativi della delega sono stati adottati su proposta del

ministro del Lavoro e della Previdenza sociale, con il ministro della

Salute, il ministro delle Infrastrutture (limitatamente alla revisione

della normativa in materia di appalti), il ministro dello Sviluppo

economico (limitatamente al riordino della normativa in materia di

macchine, impianti, attrezzature di lavoro), e di concerto con il

ministro per le Politiche europee, il ministro della Giustizia, il

ministro dell'Economia e delle finanze e il ministro della Solidarietà

sociale.

10

Previste nella delega anche misure premiali soprattutto per le piccole e

medie aziende, un sistema di qualificazione per le imprese edili, i

meccanismi per stabilire l'idoneità tecnico-professionale delle imprese

ai fini della partecipazione agli appalti pubblici, la previsione

dell'indicazione nei bandi di gara per i contratti pubblici dei costi della

sicurezza, l'esclusione di questi dal ribasso d'asta, la concessione di un

credito d'imposta per le aziende che fanno formazione9, il

coordinamento su tutto il territorio nazionale delle attività e delle

politiche in materia di salute e sicurezza, e l'avvio già nell'anno

scolastico 2007-2008 di iniziative sperimentali per diffondere la

cultura della sicurezza nelle scuole e nei corsi di formazione.

Inoltre, è previsto il coordinamento a livello territoriale e nazionale

dell'attività di vigilanza, l'assunzione di 300 nuovi ispettori (si è già

proceduto a realizzare tale volontà) oltre ai 300 già previsti in

Finanziaria, l'estensione della sospensione delle attività a causa di

gravi e reiterate violazioni della normativa sulla sicurezza,

l'interdizione all'accesso di benefici di finanza pubblica per le imprese

non virtuose. L'impegno finanziario disponibile è pari a 40 milioni e

400 mila euro finalizzati all'assunzione dei nuovi ispettori, per il

9 Si tratta di una disposizione di forte valenza promozionale, in una prospettiva di sviluppo della

c.d. “cultura della sicurezza”

11

credito d'imposta e i progetti formativi sperimentali, oltre alla

destinazione di risorse dell'Inail per finanziamenti di investimenti in

materia di salute e sicurezza del lavoro delle piccole medie imprese e

a consistenti risorse previste nel Fondo sociale europeo per la

formazione dei lavoratori10

.

La legge delega prevede anche la valorizzazione di accordi aziendali

e, su base volontaria, dei codici di condotta ed etici e delle buone

prassi che orientino i comportamenti dei datori di lavoro, anche

secondo i principi della responsabilità sociale, dei lavoratori e di tutti i

soggetti interessati, ai fini del miglioramento dei livelli di tutela

definiti legislativamente. Viene anche definito un assetto istituzionale

fondato sull'organizzazione e circolazione delle informazioni, delle

linee guida e delle buone pratiche utili a favorire la promozione e la

tutela della salute e sicurezza sul lavoro, anche attraverso il sistema

informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro che

valorizzi le competenze esistenti ed elimini ogni sovrapposizione o

duplicazione di interventi.

10

È un ruolo innovativo per l‟Inail, che diviene ente centrale per la prevenzione, ampliando le

prerogative legate all‟impostazione del rischio presunto

12

I CONTENUTI DEL TESTO UNICO PER LA SICUREZZA

Con l'approvazione in via definitiva da parte del Consiglio dei Ministri

del decreto legislativo, il n.81 del 9 aprile 2008, l'Italia dispone

finalmente di un Testo unico in materia di sicurezza sul lavoro. Il

provvedimento, giunto a compimento dopo un lungo iter, attua l‟art. 1

della legge delega 123 del 3 agosto 2007.

In sintesi il contenuto del Testo Unico comprende l‟ampliamento

dell‟applicazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza per

tutti i lavoratori, rivisitazione e coordinamento delle attività di

vigilanza, finanziamento delle azioni promozionali per la sicurezza sul

lavoro, revisione del sistema delle sanzioni ed alleggerimento degli

adempimenti di tipo burocratico a carico delle imprese: questo il

contenuto del Testo unico per la sicurezza sul lavoro, documento che

dà attuazione alla delega conferita al Governo dalla legge 3 agosto

2007 n. 123 in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Il Ministro del Lavoro Cesare Damiano11

ha commentato così

l‟approvazione definitiva del provvedimento: “E‟ stato raggiunto un

positivo equilibrio tra le diverse opinioni e mi auguro che tutte le parti

apprezzino l'impegno del Governo per una lunga trattativa durata sei

11

È opinione diffusa tra i giuslavoristi che la legislazione del governo breve (quello Prodi) è stata

ricchissima e tipica di un governo dotato di un forte impianto programmatorio

13

mesi”. Ha aggiunto poi: “il risultato sanzionatorio è calibrato”, anche

perché il Governo “si è mosso in una logica semplice, quella di

prevedere sanzioni proporzionate alle violazioni”12

.

Il Testo unico interviene, in particolare, su queste aree:

Riordino della normativa vigente

Revisione del sistema delle sanzioni

Estensione dei diritti

Coordinamento delle informazione

RIORDINO DELLA NORMATIVA VIGENTE.

L'obiettivo centrale del Testo unico è quello di riordinare e coordinare

tutte le disposizioni sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro

attraverso un provvedimento legislativo (il d.lgs. n.81/08) che dia

uniformità alla tutela del lavoro su tutto il territorio nazionale. A tale

proposito la normativa prevede, ad esempio, la semplificazione degli

adempimenti burocratici a carico delle imprese e la rivisitazione delle

12

Gli aspetti sanzionatori sono destinati ad occupare un grande spazio nel decreto correttivo del

Governo approvato dal CdM il 27 marzo 2009 ed oggi al varo delle competenti commissioni

parlamentari

14

modalità di attuazione della sorveglianza sanitaria. Il tutto avviene

attraverso l‟ottimizzazione delle risorse, l‟eliminazione delle

sovrapposizioni e il miglioramento dell‟efficienza degli interventi.

Revisione del sistema delle sanzioni. Il sistema sanzionatorio è stato

modificato e la sanzione verrà calibrata sulla gravità della violazione

delle norme sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Infatti, il

datore di lavoro che non abbia effettuato la valutazione dei pericoli a

cui possono essere esposti i lavoratori nelle aziende ad alto rischio,

potrà incorrere in tipologie diverse di sanzioni.

Per i casi gravi: è prevista la pena dell‟arresto da 6 a 18 mesi13

.

Per i casi meno gravi: ad esempio quelli di inadempienza, si applica la

sanzione dell‟arresto alternativo all‟ammenda o l‟ammenda, con la

graduazione delle sanzioni in relazione alle singole violazioni;

Per chi si mette subito in regola: non è applicata la sanzione penale ma

una sanzione pecuniaria. Nella stessa logica, il datore di lavoro che

cominci ad eliminare concretamente le conseguenze della violazione o

che adempia, anche in ritardo, all‟obbligo violato, ottiene, nel primo

caso, una riduzione della pena, nel secondo caso, la sostituzione della

13

Il contenuto della legge delega (art.1 co.1 lett.f) prevedeva come massimo l‟arresto fino a tre

anni.

15

stessa con una sanzione pecuniaria che va da un minimo di 8.000 a un

massimo di 24.000 euro.

Per il datore di lavoro recidivo: tale possibilità è esclusa qualora il

datore di lavoro sia recidivo o si siano causati, in conseguenza della

mancata valutazione del rischio, infortuni sul lavoro con danni alla

salute del lavoratore.

ESTENSIONE DEI DIRITTI.

Viene ampliata l‟applicazione delle disposizioni in materia di salute e

sicurezza, con conseguente innalzamento dei livelli di tutela, a tutte le

tipologie di lavoratori; è previsto anche il rafforzamento delle

rappresentanze in azienda, in particolare di quelle dei lavoratori

territoriali, e la creazione di un rappresentante di sito produttivo che

sia presente in realtà particolarmente complesse e pericolose (ad

esempio, le aree portuali).

Coordinamento delle informazioni. E‟ prevista la creazione di un

sistema informativo pubblico14

, al quale partecipano anche le parti

sociali, per la condivisione e la circolazione di notizie sugli infortuni,

14

Il SINP, certamente uno dei punti di forza dell‟intero Testo Unico, che realizza sinergie

istituzionali e crea adeguate banche dati.

16

sulle ispezioni e sulle attività in materia di salute e sicurezza sul

lavoro. Il sistema sarà utile anche ad indirizzare le azioni pubbliche.

Sono previsti inoltre i finanziamenti per le azioni promozionali private

e pubbliche come l‟inserimento nei programmi scolastici e universitari

della materia “salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”.

Analizzare il complesso il sistema sicurezza così come determinato e

voluto dal legislatore concorre a raggiungere l‟obiettivo di fornire

degli spunti di riflessione, anche in ordine ai ruoli che la legge assegna

a ciascuno dei soggetti coinvolti nella gestione della sicurezza.

La trattazione di una problematica tanto complessa come quella

afferente alla sicurezza dei lavoratori risulta, infatti, di particolare

interesse per i profondi risvolti interdisciplinari con cui si caratterizza.

Analizzare la normativa che disciplina la materia significa occuparsi

di tematiche che, prima di avere evidenti riflessi civilistici (artt. 2043,

2050, 2060, 2087 c.c.) e penalistici (artt. 437, 451, 589, 590 c.p.15

),

soprattutto inerenti alle responsabilità dell‟imprenditore o comunque

del datore di lavoro, sono dotate di enorme rilevanza sociale e

costituzionale (artt. 32, 35, 36, 38, 41 Cost.).

15

Sono fattispecie di reati delitti, mentre nel TUS sono presenti soltanto reati di tipo

contravvenzionale

17

Non a caso, la tutela della salute del lavoratore è imprescindibilmente

correlata alla tutela del cittadino, la quale, in un ordinamento come il

nostro, da un lato diviene il perno della convivenza civile; dall‟altro

rappresenta quella funzione irrinunciabile che coinvolge tutti i

consociati, sia singolarmente che collettivamente.

Se in questa ottica si può facilmente cogliere lo stretto rapporto che

lega il cittadino-lavoratore allo Stato, nello svolgimento delle sue

funzioni (legislativa, amministrativa-esecutiva e giurisdizionale) non

può non tenere conto di queste esigenze di tutela, non deve trascurarsi

l‟importanza e l‟influenza assunta nel tempo dalla legislazione

comunitaria.

La tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, infatti, ha

oggi in tutti gli Stati europei una obiettiva centralità, raggiunta, nel

corso degli anni, grazie al continuo affermarsi di una legislazione

comunitaria specifica, di carattere generale e di carattere tecnico, la

quale ha avuto un positivo ruolo di promozione e di impulso nei

confronti dei sistemi nazionali16

.

In ciascuno degli Stati appartenenti all‟Unione Europea, seppur con

una diversa sensibilità derivante dalla dissimile tradizione

16

Il Parlamento europeo è costantemente impegnato su questi fronti anche attraverso sessioni di

controllo e pubblicazione di testi di coordinamento tra i paesi europei

18

giuslavoristica di ognuno, esiste ormai da anni un complesso

legislativo primario che fissa i principi generali, servendo da quadro a

una legislazione secondaria più dettagliata.

D‟altra parte, in tutte le legislazioni moderne vengono riconosciuti

diritti e attribuiti obblighi ai datori di lavoro ed ai lavoratori ed esiste

comunque un obbligo generale a carico del datore di lavoro di

assicurare un ambiente di lavoro sicuro e sano17

.

La costante evoluzione legislativa registratasi negli ultimi anni in

Italia è pertanto dovuta, in gran parte, al recepimento di direttive

europee ed in altra parte alla volontà-necessità del nostro legislatore di

adeguarsi ai più alti livelli di tutela presenti negli Stati membri.

Ed invero, prima dell‟emanazione del D.Lgs. n. 81/2008, il principale

ancoraggio normativo era rappresentato dal D.Lgs. n. 626/94 nel quale

venivano contemporaneamente recepite ben otto direttive CEE (oggi

UE), ciascuna delle quali contenuta in un apposito Titolo del decreto.

In tal senso, è opportuno sottolineare che il decreto legislativo n. 626,

emanato il 19 Settembre del 1994, subito dopo la sua entrata in vigore

subisce immediatamente un attento lavorio parlamentare che porta

all‟emanazione, nei primi mesi del 1996, di un altro decreto legislativo

17

La materia della sicurezza si sposa con le problematiche della qualità e dell‟ambiente, formando

un trittico inscindibile

19

(n. 242/96), a sua volta subito modificato sempre in ottemperanza alla

normativa europea.

Oltre che, purtroppo, ad alcuni tragici eventi che hanno spinto il

legislatore a rivedere la normativa nel tentativo di ridurre l’enorme

numero di vittime sul lavoro. Basti in proposito pensare

all’accelerazione improvvisa che il cammino di approvazione del

nuovo Testo Unico ha subito a seguito del funesto rogo alla Tyssen

Group.

La stessa identica situazione rischia di riverificarsi oggi, a distanza di

oltre quattordici anni, dal momento che, nel rispetto della legge delega

e del Testo Unico, il governo in carica ha approvato, il 27 marzo 2009,

un decreto correttivo, che rimodella il TUS e che attualmente, dopo il

passaggio alla Conferenza Stato – Regioni, che non lo ha approvato, è

al vaglio delle competenti Commissioni Lavoro di Camera e Senato.

Come è possibile evincere, la tematica che ci si propone di esaminare

è particolarmente rilevante tanto in ambito europeo quanto entro i

nostri confini. Ed a testimonianza di ciò basti guardare l‟enorme mole

di sentenze emesse da giudici italiani in tema di sicurezza sul lavoro e

20

la crescente importanza che tali decisioni assumono giorno dopo

giorno nell‟opera di riforma dell‟ordinamento18

.

La CEE, peraltro, era già intervenuta, fin dal 1982, con una serie di

Direttive riguardanti i rischi industriali di particolare rilievo e

gravità presenti negli ambienti di lavoro: in proposito, un caso a noi

drammaticamente noto è la cosiddetta “Direttiva Seveso” (n. 501 del

1982 che è stata recepita con il D.P.R. 175/88) emanata all’indomani

della sciagura provocata dalla fabbrica Icmesa nell’omonimo comune

milanese.

Tuttavia, nonostante in Europa il quadro normativo si stia

omogeneizzando e nonostante la giurisprudenza italiana abbia

dimostrato grande capacità nella risoluzione di nuove ed intricate

fattispecie, restano da chiarire alcuni aspetti problematici sorti tra le

falle del sistema. Proprio la vastità della materia e dei possibili

collegamenti interdisciplinari impone pertanto un‟attenta

individuazione degli argomenti che si vogliono trattare allo scopo di

condurre un‟analisi quanto più possibile sistematica.

In tal senso, dopo aver svolto un‟analisi dell‟evoluzione storico-

legislativa delle fonti normative, ci si propone di condurre un

18

Non si intende affrontare un dibattito tra diverse posizioni politiche e di schieramento, ma

soltanto evidenziare come un TUS abbisogna di decreti d‟attuazione non già di riforme permenti,

che alimentano incertezze e favoriscono illegalità

21

dettagliato esame del D.Lgs. n. 81/2008 e delle innovazioni da esso

apportate, per poi giungere alla spinosa questione della responsabilità

del datore di lavoro, con una maggiore attenzione ad alcune ipotesi

problematiche (cause di esclusione della responsabilità civile,

responsabilità penale del responsabile del servizio di prevenzione e

protezione, concorso di colpa del lavoratore).

Infine, sarà possibile un‟analisi delle varie tipologie di danno

elaborate dalla giurisprudenza nelle ipotesi di infortuni (o malattie)

derivanti e conseguenti all‟attività lavorativa (in particolare danno

biologico differenziale e c.d. danno biologico da super lavoro).

Tuttavia, nelle successive direttive sulla sicurezza, la Commissione

Europea, al fine di evitare interventi non armonici, ha adottato

preliminarmente una “Direttiva quadro” (n. 391 del 12 giugno 198919

)

riguardante le misure da attuare per promuovere il miglioramento

della sicurezza e della salute dei lavoratori sui luoghi di lavoro.

In essa sono contenuti i principi fondamentali di tutto l‟impianto della

sicurezza afferenti tanto al campo di applicazione (art. 1), quanto

all‟indicazione di tutti i soggetti coinvolti (art. 2), nonché alle

indicazioni da seguire nella generalità dei casi: è su questo impianto

normativo che si sono poi articolate le direttive successive.

19

Spesso chiamata anche direttiva madre, un caposaldo di tutta la cultura e la normativa in materia

22

Le Direttive, insomma, si sono susseguite e si susseguono

rapidamente: il Consiglio dell'UE ha approvato una raccomandazione

diretta a determinare il miglioramento della protezione della salute e

della sicurezza sul lavoro dei lavoratori autonomi20

. In particolare si

raccomanda agli Stati membri di promuovere, nel quadro delle loro

politiche di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali,

la sicurezza e la salute dei lavoratori autonomi, tenendo conto dei

particolari rischi esistenti in settori specifici e della natura specifica

della relazione tra le imprese contraenti e i lavoratori autonomi e di

adottare le misure necessarie, comprese le campagne di

sensibilizzazione, per garantire che i lavoratori autonomi possano

ottenere, presso i servizi e/o gli organismi competenti, nonché presso

le loro organizzazioni rappresentative, informazioni e consigli utili

riguardo alla prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali

(Consiglio dell'Unione Europea, Raccomandazione 18 febbraio 2003

(2003/134/CE): relativa al miglioramento della protezione della salute

e della sicurezza sul lavoro dei lavoratori autonomi - pubblicata sulla

Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea del 18 febbraio 2003, L 53) e

tutte si ispirano non tanto all‟applicazione tecnologica di norme e

divieti, ma si basano sull‟analisi dei singoli rischi e delle relative

20

La tutela viene estesa a tutte le figure di lavoratori e tanto è un bene strategico

23

misure di sicurezza da adottare da parte di tutti i soggetti che vengono

così coinvolti nel processo della sicurezza.

UN BREVE EXCURSUS STORICO

La storia dell‟evoluzione normativa in materia di sicurezza e salute sui

luoghi di lavoro accompagna lo sviluppo economico e lo condiziona

sui valori e sugli obiettivi ed attraverso lo sguardo del divenire

giuridico in materia è possibile comprendere i traguardi raggiunti dalla

normativa ed i progressi ancora possibili.

L‟esigenza legislativa di tutelare i lavoratori nella quotidianità della

loro attività, infatti, sebbene sentita sin dalla fine del XIX secolo, non

si è concretizzata, agli albori della sua evoluzione, in una disciplina

organicamente definita né, tantomeno, tale da offrire al lavoratore un

sufficiente grado di protezione

Il tema della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro si sviluppa

gradualmente nel corso del Novecento, anche se si ritiene che la

prima legge sulla sicurezza sul lavoro possa essere considerata la n.

3567 del 188621

, concernente il lavoro dei fanciulli negli opifici.

21

In quel periodo l‟esperienza normativa venne condivisa da tutti i paesi europei, interessati alla

c.d.” rivoluzione industriale”

24

Le difficili condizioni igieniche delle fabbriche, gli orari di lavoro

prolungati al limite della sopportabilità dell‟organismo umano (anche

fino a 18 ore al giorno), l‟impiego indiscriminato di mano d‟opera

femminile, di ragazzi ed anche di fanciulli determinano in breve

tempo la comparsa di gravissime conseguenze sia sul piano sanitario

che su quello sociale.

Tuttavia, solo alla fine del 1800 il progresso delle conoscenze

mediche consente di mettere in luce i gravi pericoli per la salute insiti

in molte lavorazioni industriali: fra la fine dell‟800 e gli inizi del „900,

infatti, vengono eseguite ricerche sul saturnismo (intossicazione da

piombo) dei fonditori di piombo e dei tipografi, sul fosforismo

(intossicazione da fosforo) nelle fabbriche di fiammiferi,

sull‟anchilostomiasi (malattia infettiva) dei minatori del traforo del

Gottardo, sulla silicosi (malattia polmonare da inalazione di polveri)

dei minatori, ecc.

La tutela contro gli infortuni sul lavoro è prevista per la prima volta

nella legge n. 80 del 1898 con cui si impone ai datori di lavoro

dell'industria l'obbligo di assicurarsi per la responsabilità civile dei

danni derivanti dagli infortuni sul lavoro (ciò al fine di garantire gli

operai per il caso di insolvibilità dello stesso datore di lavoro).

25

Tuttavia, seppur importante dal punto di vista economico, questa

forma di intervento legislativo non mirava alla riduzione del numero

degli infortuni, né alla protezione psico-fisica del lavoratore, ma solo

a garantire una certa “remunerazione” laddove, a seguito di

infortunio, il lavoratore avesse perso, in tutto o in parte, la propria

capacità produttiva.

I primi atti normativi e regolamentari risalgono dunque al biennio

1898-1899, periodo in cui, in concomitanza con lo sviluppo delle

fabbriche e dei cantieri, se per un verso si impone, con la sopra

richiamata legge n. 80, l‟assicurazione obbligatoria; per altro verso,

con una serie di regi decreti, vengono emanati regolamenti aventi ad

oggetto la prevenzione degli infortuni nelle industrie oltre un certo

numero di dipendenti (R.D. n. 230/1899); la sicurezza all‟interno di

miniere e cave (R.D. n. 231/1899); la protezione di lavoratori a

contatto con materiale esplodente (R.D. n. 233/1899) e già nell‟anno

successivo, nel 1900, intervengono alcuni decreti applicabili al settore

delle costruzioni edili, delle strade ferrate, ed ai settori che

comportavano l‟impiego di gas tossici.

Una siffatta forma di legislazione, sebbene contenente in sé, almeno a

livello embrionale, i fondamenti dell‟odierna regolamentazione,

26

presentava tuttavia evidenti limiti, riscontrabili sia nella

frammentazione eccessiva della disciplina, sia nella limitatezza del

campo di applicazione della stessa22

.

Dal primo punto di vista, infatti, si palesava una regolamentazione

frastagliata che si modificava in modo determinante a seconda della

tipologia di lavoro prestato, senza che fossero presenti dei principi di

fondo in grado di dare un substrato comune alla tutela del lavoratore.

Dal secondo punto di vista, invece, il grande difetto di questa iniziale

forma di legislazione era ravvisabile nel fatto che venivano omessi

interi settori del sistema lavorativo, con un conseguente vuoto di tutela

del tutto inaccettabile: si pensi in tal senso al fatto che il lavoro

agricolo, nel settore commerciale e nelle piccole e medie imprese non

veniva affatto tutelato23

.

In altri termini, veniva assicurato un aiuto economico al lavoratore

vittima dell‟infortunio, senza che alcuna disposizione fosse dettata per

evitare o ridurre i rischi presenti sul lavoro.

Ove a ciò si aggiunga che l‟economia italiana, praticamente da

sempre, si fonda sui predetti settori, si comprende ancora meglio

l‟inadeguatezza della legislazione di questi anni.

22

Ma costituiva, senza ombra di dubbio, un viatico all‟evoluzione normativa in materia 23

L‟approccio era fortemente legato al mondo industriale per la presenza dei lavoratori

organizzati, sia pure in forme embrionali.

27

Inoltre, in questo periodo, alla generiche e spesso inadeguate

previsioni legislative, non solo non si accompagnavano sanzioni tali

da fungere da deterrente in caso di violazioni (per cui nella maggior

parte dei casi le norme che imponevano degli obblighi di sicurezza al

datore di lavoro risultavano imperfette), ma non era altresì prevista

alcuna azione di vigilanza od ispezione a rafforzamento del rispetto

degli obblighi.

Soltanto nel 1927 viene approvato un provvedimento più organico in

tema di igiene sul lavoro che estende la tutela a tutti i principali settori

lavorativi (industria, agricoltura e commercio) e che regolamenta la

costruzione e la manutenzione dei locali di lavoro fissando anche

l‟obbligatorietà di alcuni requisiti di natura ambientale.

Nel 1929 nasce la prima assicurazione contro le malattie professionali

nell‟industria (malattie assicurate: saturnismo, fosforismo,

mercurialismo, solfocarbonismo, intossicazioni da benzolo,ecc.), la

cui gestione viene affidata nel 1933 all‟Istituto Nazionale per

l‟Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro - INAIL.

Molto presto inoltre, nel ventennio 1930-1950, con l‟emanazione del

Codice “Rocco”, del Codice Civile e soprattutto della Costituzione,

vengono approvate importantissime disposizioni, ancora oggi in

28

vigore, tali da portare ad un evidente avanzamento della tutela del

lavoratore24

.

In particolare, si fa riferimento agli artt. 437 (Rimozione od omissione

dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro) (4) e 451 (Omissione

colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro) (5)

c.p. ; agli artt. 2043 (Risarcimento per fatto illecito) (6) e 2087 (Tutela

delle condizioni di lavoro) (7) c.c.

Art. 437 - Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni

sul lavoro

Chiunque omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati

a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li

danneggia, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

Se dal fatto deriva un disastro o un infortunio, la pena è della

reclusione da tre a dieci anni.

Art. 451 - Omissione colposa di cautele o difese contro disastri o

infortuni sul lavoro

Chiunque, per colpa, omette di collocare, ovvero rimuove o rende

inservibili apparecchi o altri mezzi destinati alla estinzione di un

incendio, o al salvataggio o al soccorso contro disastri o infortuni sul

24

Molte di quelle norme sono in vigore ancora oggi e costituiscono un enorme baluardo di

certezze normative

29

lavoro, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da

lire duecentomila a un milione.

Art. 2043 Risarcimento per fatto illecito Qualunque fatto doloso o

colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha

commesso il fatto a risarcire il danno (Cod. Pen. 185).

Art. 2087 Tutela delle condizioni di lavoro

L'imprenditore e tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le

misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la

tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità

morale dei prestatori di lavoro.

Nonché, agli artt. 32, 35, 36, 37, 38, 41 Cost. con cui si afferma che la

salute è tutelata, da un lato, come fondamentale diritto dell‟individuo e

interesse della collettività e, dall‟altro, come limite all‟esercizio

dell‟iniziativa economica privata.

Articolo 32

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto

dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite

agli indigenti.

30

Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario

se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso

violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Articolo 35

La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.

Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori.

Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali

intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro.

Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla

legge nell'interesse generale, e tutela il lavoro italiano all'estero.

Articolo 36

Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla

quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad

assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.

La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.

Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali

retribuite, e non può rinunziarvi.

Articolo 37

La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse

retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro

31

devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione

familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata

protezione.

La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.

La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e

garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di

retribuzione.

Articolo 38

Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per

vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale.

I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi

adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia,

invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.

Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento

professionale.

Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti

predisposti o integrati dallo Stato.

L'assistenza privata è libera.

Articolo 41

L'iniziativa economica privata è libera.

32

Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da

recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché

l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e

coordinata a fini sociali.

In questo quadro normativo costantemente in evoluzione, si

inseriscono nel 1955 e nel 1956, due importantissimi decreti che,

caratterizzati dalla enucleazione e normazione di nuovi concetti, quali

ad esempio quelli di “rischio specifico” e di “obbligo di rendere edotti

i lavoratori”, comportano una ulteriore e significativa evoluzione

verso un sistema di prevenzione e protezione più puntuale.

I decreti di cui si parla sono il D.P.R. n. 547 del 27.4.1955 ed il D.P.R.

n. 303 del 19.3.1956 aventi ad oggetto rispettivamente “Norme per la

prevenzione degli infortuni sul lavoro” e “Norme generali per l‟igiene

sul lavoro”25

.

In particolare, il D.P.R. n. 547, sebbene sia stato di volta in volta

aggiornato in seguito all'evoluzione delle conoscenze e della

25

Sono i famosi decreti prevenzionistici degli anni ‟50, espressivi del modello top down ovvero

comanda e controlla, comanda ed esegui. Oggi sono abrogati dal TUS.

33

tecnologia, è stato un caposaldo della prevenzione degli infortuni sul

lavoro.

Esso rappresenta il primo tentativo moderno di creare un corpo

integrato di norme di sicurezza sul lavoro ed è stato, per molti aspetti,

il testo fondamentale sull'argomento (anche se contiene molte norme

anacronistiche quali ad esempio l‟art. 380 che prescrive solo per le

lavoratrici che operino presso organi in rotazione che possono

rappresentare pericoli per i capelli, l'obbligo di una cuffia di

protezione).

Meno di un anno dopo l'emanazione del D.P.R. n. 547, avvertita la

necessità di dettare norme più precise in materia di igiene e sicurezza

del lavoro, viene invece emanato il D.P.R. n. 303, che in 5 titoli ed un

allegato specifica una serie di obblighi di tipo prevalentemente

igienico-sanitario (mentre il D.P.R. n. 547 mirava soprattutto alla

prevenzione degli infortuni).

Per la prima volta ad esempio, viene stabilito che gli addetti a

lavorazioni a rischio, definite in una apposita tabella, 26

devono essere

sottoposti a visite mediche periodiche, in modo che sia possibile

mettere in evidenza rapidamente eventuali anomalie legate al loro

26

Le c.d. malattie tabellate, espressive della cultura del c.d. rischio presunto, legate ad una visione

tipicamente assicurativa

34

lavoro; vengono inoltre previsti in modo abbastanza dettagliato una

serie di nuovi obblighi in materia di igiene del lavoro.

Come può facilmente evincersi dalla breve elencazione di norme

sopra riportata, il sistema prevenzionistico italiano si è sviluppato

attraverso la stratificazione e la sovrapposizione di vari interventi

legislativi, i quali hanno portato ad un importantissimo passaggio nella

metodologia di valutazione del rischio di infortuni.

Dalle disposizioni risalenti alla fine dell‟800, essenzialmente di natura

assicurativa e non direttamente protettive del lavoratore, bensì solo

miranti a risarcirlo in caso di infortunio, si passa negli anni 1930-1950

ad una legislazione contraddistinta dal protagonismo della persona-

lavoratore e dalle responsabilità del datore di lavoro.

È proprio in virtù di questa chiave interpretativa nuova che le norme

dei suddetti decreti, anche grazie a numerose iniziative sindacali,

danno il via ad una riscoperta e ad una rivisitazione, in termini

multidisciplinari, del sistema sicurezza.

Sennonché, negli anni ‟6027

, a fronte di una tutela legislativa che

cominciava a diventare così articolata e minuziosa, viene messo in

evidenza come l‟obiettivo della prevenzione degli infortuni e delle

27

Cominciano a svilupparsi forme di lotta sindacale e di organizzazione del consenso tra i

lavoratori sulla c.d. non monetizzazione del rischio

35

malattie professionali rimanesse inattuato, in quanto, da un lato, il

diritto alla sicurezza era posto in capo ai singoli lavoratori (e quindi le

disposizioni normative venivano invocate ex post, al verificarsi

dell‟evento lesivo ed al fine di fondare l‟obbligo del datore di lavoro

al risarcimento dei danni già occorsi); dall‟altro, il compito della

vigilanza era affidato all‟Ispettorato del lavoro che non sempre era

fornito dei mezzi adeguati ed all‟altezza di problematiche tecniche.

Il quadro normativo in materia di sicurezza si completa così,

successivamente negli anni ‟70, con l‟art. 9 dello Statuto dei

lavoratori28

, il quale attribuisce alle rappresentanze dei lavoratori la

tutela della salute e dell‟integrità fisica degli stessi, sia attraverso il

controllo e la promozione delle necessarie iniziative contrattuali (con

il diritto dei lavoratori di controllare l‟applicazione delle norme di

prevenzione e di promuoverne l‟attuazione), sia attraverso la

partecipazione al processo penale, avente ad oggetto la responsabilità

penale dei titolari dell‟impresa per inosservanza delle norme sulla

sicurezza del lavoro.

Art. 9. Tutela della salute e dell'integrità fisica.

28

La l.300 del maggio del 70

36

I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di

controllare l'applicazione delle norme per la prevenzione degli

infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca,

l'elaborazione e l'attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro

salute e la loro integrità fisica.

In questo modo, si introduce un ulteriore livello di tutela collettiva,

che si aggiunge a quella pubblica ed individuale, configurando in capo

ai lavoratori, mediante le loro rappresentanze, il “diritto di

controllare” l‟applicazione delle norme per la prevenzione degli

infortuni e delle malattie professionali

Con l‟approvazione della riforma sanitaria (Legge n. 833 del 1978)

invece, i compiti di prevenzione, in relazione ai fattori di nocività e di

vigilanza sull‟igiene e sicurezza del lavoro, sono attribuiti alle ASL

(succedute alle USL), le quali, attraverso un apposito servizio29

,

svolgono oggi anche compiti di informazione, formazione e supporto

dei lavoratori stessi (ad es. coinvolgendoli nei sopralluoghi o rendendo

loro noti i verbali).

Non dimentichiamo che nella stesse legge di riforma sanitaria era

ricompresa, all‟art.24, la delega al Governo affinché varasse, il Testo

Unico sulla sicurezza del lavoro.

29

Oggi si chiama SPESAL, servizio inserito nel Dipartimento della Prevenzione

37

Negli anni 1979-1991, anche grazie agli enormi progressi tecnico-

scientifici, si giunge ad una ulteriore evoluzione normativa

caratterizzata dal superamento del concetto di rischio specifico, verso

una dettagliata definizione del complesso dei rischi inerenti ad una

determinata attività o a determinate sostanze.

Il legislatore insomma, tenta per la prima volta di fornire alla

normativa un substrato omogeneo tramite la individuazione di

procedure da seguire a seconda del diverso rischio cui il lavoratore va

incontro ed a seconda di valutazioni predefinite su rischi sistemici.

Lo spunto per questo cambiamento di prospettiva è l‟emanazione di

due Circolari del ministero del Lavoro emanate negli anni 197930

e

1981 a seguito del lavoro svolto da un‟apposita commissione

ministeriale, le quali dettavano specifici criteri per la individuazione

dei rischi globali correlati alle lavorazioni con ammine aromatiche.

Le circolari classificavano cioè le lavorazioni con ammine secondo

uno schema molto innovativo fondato sulla divisione delle stesse in

differenti classi di rischio ed a seconda della classe di rischio di

30

Era il 12 giugno, la famosa circolare degli ammino – acidi, che centrò la sua attenzione sul

rischio e sulla sua valutazione

38

appartenenza era prescritta l‟eliminazione della sostanza o la

lavorazione in zona di alta sorveglianza.

Come può facilmente dedursi, il lavoratore risultava garantito da

previsioni fatte ex ante, grazie all‟applicazione in ambito lavorativo

delle ricerche scientifiche e soprattutto in virtù di una pre - definizione

normativa delle procedure da seguire.

Non a caso, è proprio in questo periodo che cominciano a circolare

concetti nuovi, quali quelli di preindividuazione, eliminazione o

riduzione dei rischi, adozione di misure adeguate, informazione e

formazione dei lavoratori ecc.

Si creano allora le condizioni per l‟affermazione del nuovo concetto di

rischio, quale rischio di sistema, collegato all‟attività posta in essere

ed a fattori generali anche solo ipotetici.

A testimonianza della suddetta evoluzione ed in attuazione di una

serie di direttive CEE in materia di protezione contro i pericoli

derivanti dall'esposizione ad agenti fisici, chimici e biologici, nel

1991, il 15 agosto, viene emanato il decreto legislativo n. 277 che

regolamenta l'esposizione a tre importanti fattori di rischio: il piombo,

l'amianto ed il rumore31

.

31

A questa legge si deve l‟introduzione nel nostro paese della figura del medico competente

39

Uno degli aspetti più innovativi di questa norma è l'individuazione

dettagliata di metodi di analisi e soprattutto di campionamento per la

determinazione delle sostanza pericolose e per il rumore: fino al 1991

infatti, non esistendo una normativa specifica, i prelievi dei campioni

da analizzare potevano essere eseguiti in modo arbitrario.

Il D.Lgs. n. 277 anticipa di quattro anni la legge-quadro

sull'inquinamento acustico, emanata a fine 1995, (in quanto il rischio

rumore negli ambienti di lavoro non è voluto, ma il lavoratore è

praticamente costretto a subirlo); introduce con riferimento

all‟amianto una serie di norme di tutela, ancora in via di

completamento; stabilisce per il piombo una serie di analisi su sangue

ed urine dei soggetti esposti.

Ma le vere innovazioni del D.Lgs. n. 277 sono riscontrabili

nell'istituzione di registri dei soggetti esposti a rischi particolarmente

elevati (rumore oltre 90 dB(A), alte concentrazioni di piombo o

amianto) e nell‟imposizione di uno specialista in medicina del lavoro

come unico abilitato al controllo periodico degli esposti, in questo

modo superando la vecchia figura del medico di fabbrica (magari

40

specializzato in pediatria) che aveva il compito generico di controllare

la salute32

.

Recependo tutte le diverse esigenze manifestate fino a quel momento,

nel 1994 giunge il D.Lgs. n. 626 che integra e completa la sequenza

logica delle normative precedenti prendendo il meglio delle diverse

disposizioni.

Grazie alla 626 il sistema italiano di prevenzione e sicurezza, posto a

fondamento della tutela del lavoratore, si allinea alle indicazioni

europee, innovando la magmatica normativa precedente più in termini

qualitativi e sistemici che quantitativi.

Dopo quattordici anni “di servizio”, tuttavia, il decreto è stato

formalmente abrogato per essere di fatto trasportato all‟interno del più

complesso sistema del D.Lgs. n. 81/2008, come si vedrà, ormai

divenuto il riferimento principale in materia di salute e sicurezza.

LA SICUREZZA SUL LAVORO COME BENESSERE

ORGANIZZATIVO

Tra le novità apportate dal D.Lgs. n. 81/2008 vi è una forte

32

Questa figura, inserita nel sistema di protezione aziendale, assicura la sorveglianza sanitaria

41

impostazione volta ai rischi nuovi, quelli trasversali come li definiva

l‟Ispesl, è necessario affrontare il problema concernente

l‟individuazione del b ovvero psico – sociali, cioè stress, mobbing e

burn out.

In ogni caso è necessario definire il bene giuridico sostanzialmente

tutelato dalla normativa.

La normativa ha subito una lunga evoluzione, ampliando negli anni la

propria sfera di tutela dalla sicurezza sui luoghi di lavoro (intesa come

protezione dagli infortuni) all'igiene sul lavoro fino a ricomprendere il

completo benessere psico-fisico del lavoratore: ciò in quanto la

regolamentazione in materia di sicurezza comprende, quale genus, sia

la species delle norme antinfortunistiche, sia quella delle norme in

materia di igiene del lavoro, le quali risultano complementari e

teleologicamente orientate alla protezione del lavoratore.

Con riferimento al bene giuridico oggetto di tutela si può dunque

affermare che sicurezza, igiene e benessere psico-fisico sono elementi

da considerare come parametri della protezione che alla salute del

lavoratore deve essere offerta nell‟ambito lavorativo33

.

33

È un elemento di forte rilevanza, in linea con le sensibilità volute dall‟OMS e legate alla

prevenzione del rischio e non già alla cura dei soggetti affetti da tale patologia

42

Tuttavia, se si guarda complessivamente la normativa in questione può

facilmente comprendersi come il concetto stesso di sicurezza non sia,

sic et simpliciter, limitato alla salute del lavoratore, bensì accresciuto

sino a ricomprendere il più ampio concetto di benessere organizzativo,

inteso quale rappresentazione della salute, ma anche come idoneità dei

mezzi, delle attrezzature e dei locali di lavoro in termini di

compatibilità con i bisogni del lavoratore.

Le prescrizioni tese a ridurre per quanto possibile i lavori ripetitivi,

quelle che attenzionano la aerazione e la temperatura dei locali, le

norme in tema di lotta al mobbing, il recente obbligo di valutazione

dello stress, devono essere lette esattamente come norme che tutelano,

oltre alla salute, il benessere dell'organizzazione, intesa come

l'insieme delle relazioni in seno al luogo di lavoro34

.

Non si tratta di una differenziazione accademica, in quanto salute e

benessere organizzativo, pur essendo concetti complementari,

comprendono valori differenti: la salute infatti attiene solo

all'individuo, inteso nella sua accezione personalista, mentre il

benessere organizzativo si riferisce alla comunità organizzativa nel

suo complesso, in relazione a quella che è la realtà aziendale.

34

Sono tutti elementi che spingono verso la cultura della motivazione, della salute, del benessere

nelle sue diverse accezioni

43

Se, dunque, garantire la salute significa impedire che il singolo

lavoratore possa contrarre malattie di natura psichica o fisica a causa

del lavoro, ovvero subire traumi derivanti da eventi infortunistici,

offrire un alto grado di benessere sul luogo professionale implica

rendere la vita in seno alla comunità lavorativa il più confortevole

possibile.

Ciò risulta ancor più palese oggi, laddove ci si rapporti con il concetto

stesso di salute che non è più semplicemente limitato alla “assenza di

malattia”, ma inteso come “stato di completo benessere fisico, mentale

e sociale”35

.

Sulla scorta di queste premesse è chiaro che la responsabilità dei

soggetti della sicurezza non può comprendere soltanto una costante

vigilanza sullo stato di salute del lavoratore, ma impone anche la

predisposizione di misure tali da evitare ogni forma di malessere

legato a disfunzioni organizzative, soprattutto quando ciò sia possibile

attraverso una diligente opera direzionale.

L'affaticamento, ad esempio, è una chiarissima ipotesi di malessere

che, pur non rientrando (se circoscritto sul piano temporale) nel

concetto di malattia, incide talvolta in modo grave sul livello di

sicurezza di un ufficio o di un reparto. Maggiore, infatti, è il livello di

35

È la definizione contenuta nell‟art. 2 lett.o) del Testo Unico

44

affaticamento, maggiore sarà la probabilità che si verifichino errori nei

processi di lavoro, con la conseguenza di abbassare notevolmente il

livello di sicurezza della comunità di lavoro.

I più recenti studi in tema di rapporto tra sicurezza e produttività

dimostrano, peraltro, come ci sia un rapporto direttamente

proporzionale tra la i due elementi, poiché un lavoratore che opera in

condizioni di sicurezza (intesa nella descritta accezione di benessere

organizzativo) è inevitabilmente più produttivo di un lavoratore che

non gode delle stesse condizioni.

Analoghe considerazioni potrebbero essere svolte intorno allo stress,

da cui, talvolta, derivano disorganizzazione e disattenzione.

Tanto viene ampiamente contemplato nell'ambito civilistico dall‟art.

2087 c.c.36

, che impone al datore di lavoro di "adottare nell'esercizio

dell'impresa le misure che secondo la particolarità del lavoro,

l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e

la personalità morale del lavoratore".

Il datore di lavoro è quindi chiamato, in primis, ad adottare non solo le

misure di sicurezza previste dalla legislazione vigente in materia, ma

anche quelle ritenute necessarie alla luce delle cognizioni della

36

L‟importante e sempre attuale norme di chiusura ed elastica del sistema prevenzionale

45

migliore tecnologia e del patrimonio di esperienza tipici di un

determinato momento storico.

La norma avrebbe potuto essere utilizzata in tutte le sue potenzialità

semantiche, se fosse stata applicata dagli organi di controllo in termini

di prevenzione dei fattori di rischio.

In questo modo, infatti, attraverso una periodica attività ispettiva, si

sarebbe potuto imporre alle imprese un adattamento al livello

tecnologico, evitando in tal modo l'obsolescenza delle misure di

sicurezza. Al contrario si è applicata la norma solo in termini

sanzionatori per il riconoscimento del risarcimento del danno quando

l'infortunio si era già verificato.

Sotto quest'ultimo aspetto la giurisprudenza ha valorizzato al massimo

le potenzialità operative della norma, rilevando nella previsione di cui

all'art. 2087 c.c. una facilitazione probatoria in favore del lavoratore al

quale è sufficiente provare il danno ed il nesso causale, spettando alla

controparte la dimostrazione di avere fatto tutto il possibile per evitare

lo stesso37

.

Peraltro, il datore di lavoro è tenuto ad un'attività di controllo e di

vigilanza costante, volta ad impedire comportamenti del lavoratore tali

37

Tutta la giurisprudenza, anche quella di legittimità, è concorse su questo punto di valutazione e

di analisi

46

da rendere inutili od insufficienti le cautele tecniche apprestate e deve

adottare, se necessario, sanzioni di carattere disciplinare anche di

carattere espulsivo, come il licenziamento. A titolo esemplificativo

Cass. Civile, 5 Marzo 2002, n. 3162; Cass. Civile 28 Luglio 2000, n.

9981; Cass. Civile 18 Febbraio 2000, n. 1886; Cass. Civile 7 Agosto

1998, n. 7792

Del resto, questa impostazione teorica ha il vantaggio di comprendere

nell'ambito della sicurezza le politiche di prevenzione di tutti i rischi o

le situazioni organizzative che possono compromettere la salute psico-

fisica del lavoratore, in quanto tale opera preventiva coincide con un

alto grado organizzativo nel lavoro.

C'è, tuttavia, un'altra conseguenza di grande portata teorica38

.

Se, infatti, sicurezza significa benessere organizzativo, allora concetti

quali efficienza o efficacia si trasformano in valori non tanto a

servizio dell'attività organizzativa, ma dell'organizzazione stessa e del

suo ordinato e ragionevole sviluppo.

In altre parole, attraverso il D.Lgs. 626/94 prima ed il D.Lgs. n. 81/08

adesso, diventa più chiaro il significato giuridico di efficienza ed

efficacia , laddove queste devono inevitabilmente essere sacrificate

38

È lo sviluppo della cultura della sicurezza e salute, nel senso della prevenzione e del benessere

47

nel caso in cui una loro eccessiva enfatizzazione risulti dannosa per la

salute dei lavoratori.

Tutto ciò è in perfetta armonia con il citato principio giurisprudenziale

che concepisce la salute come bene supremo della persona e tale da

prevalere su ogni altro interesse pubblico o privato.

Alla luce di queste considerazioni vanno lette le norme tese a ridurre il

lavoro ripetitivo 39

o le regole destinate a ridurre al minimo i rischi

della persona.

D'altra parte anche la scienza che studia l'organizzazione e la gestione

organizzativa ha ormai concluso che il fattore umano è preponderante

sull'attività dell'organizzazione.

Secondo alcuni autori infatti, ogni organizzazione efficiente si

caratterizza per tre fattori:

l'hardware, inteso come l'insieme dei mezzi di produzione;

il software, complesso delle procedure decisionali,

l'humanware, vale a dire la totalità delle risorse umane.

L'humanware in particolare è considerato un elemento strategico

aziendale e più genericamente organizzativo, di fondamentale

39

È il moderno concetto dell‟ergonomia, di cui all‟art.15, lett.d) delle Misure di Tutela contenute

nel Testo Unico

48

importanza: anzi costituisce la base teorica, prima che giuridica, della

normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.

E' importante effettuare un chiarimento perché concetti che da sempre

hanno connotato la produzione (l'efficienza non è altro che la misura

del livello di produzione di una certa impresa) diventano, nell'intento

della normativa sulla sicurezza, “misure dell’adattabilità

organizzativa ai processi psico-fisici dell'organismo umano”.

Sul piano costituzionale, peraltro, se la sicurezza implica da un lato il

riconoscimento della tutela della salute come diritto fondamentale

dell'individuo e interesse della collettività (art. 32 cost.) e dall'altro

l'imposizione di un limite all'esercizio dell'iniziativa economica

privata e pubblica (art. 41 cost.), ciò che conta maggiormente è che,

sussistendo questi chiari fondamenti costituzionali il valore della

sicurezza, così come ampiamente inteso, non può essere subordinato a

nessun altro valore per quanto meritevole di tutela giuridica.

49

L’ATTENZIONE DEI MASS MEDIA SULLA SICUREZZA DEL

LAVORO

Da qualche anno l‟interesse dei media e dell‟opinione pubblica si è

focalizzato sulle cosiddette morti bianche.

E‟ come se di colpo tutti, politici compresi, si fossero svegliati da un

lungo letargo accorgendosi che il lavoro uccide.

Nell‟affrontare questo argomento spesso ci si confronta con una fitta

ragnatela di leggi, riguardanti la salute e la sicurezza dei lavoratori nei

luoghi di lavoro.

Infatti, la legislatura Italiana, come scrive Soprani, avvocato e

magistrato inquirente40

, «per effetto del recepimento, nell‟ultimo

ventennio, delle direttive comunitarie di settore, è diventata un corpo

legislativo frammentato e complesso, il quale si è progressivamente

affiancato, e in parte sovrapposto, alla legislazione precedente

emanata per lo più nella seconda metà degli anni ‟50».

Abbiamo già detto come risalga al 1978, con l’art. 24 della legge n.

833/78 di istituzione del servizio sanitario nazionale, il primo tentativo

di riassetto e di riforma della normativa in materia.

40

V. Ambiente e Lavoro, n.14 del 2005

50

Il secondo tentativo arriva con l’art. 3 della legge n. 229/2003 (legge

di semplificazione amministrativa per l‟anno 2001), cui era seguito il

Testo Unico Berlusconi, peraltro ritirato il 3 maggio 20054 dopo avere

incassato il parere negativo sia della Conferenza Stato-Regioni (3

marzo 2005), sia del Consiglio di Stato (31 gennaio – 7 aprile 2005).

L‟ultimo tentativo in ordine di tempo è rappresentato dall’art. 1 della

legge 3 Agosto 2007, n. 123 (G.U. n. 185 del 10 agosto).

Tentativo riuscito, come abbiamo avuto modo di evidenziare.

Il provvedimento si inserisce in una precisa linea di tendenza che

coltiva lo scopo di perseguire l‟obiettivo della semplificazione della

legislazione vigente, specie mediante lo strumento della delegazione

legislativa.

Effetto di questo filone e dello sviluppo della formazione come

strumento di gestione è quello che negli anni il numero degli infortuni

(tra cui quelli mortali) è calato sensibilmente, e nel primo anno di vita

del TUS il numero degli infortuni mortali è sceso sotto i 1300.

E la domanda spontanea è la seguente: come mai proprio adesso che il

numero delle vittime sul lavoro è in calo si sono accese le luci su di

esso?

51

Secondo Michele Tiraboschi41

, professore di Diritto del Lavoro

all‟Università di Modena e consulente del ministero del Welfare per la

riforma sul mercato del lavoro, questo è «frutto di uno sciacallaggio

sulle morti bianche, utilizzate non di rado a fini puramente politici e

per alimentare, attraverso l‟immagine evocativa del padrone feroce,

l‟ennesimo scontro ideologico tra capitale e lavoro».

La verità è che c‟è chi vede nella mancanza di controlli il principale

problema. Secondo Franco Carinci, Ordinario di diritto del Lavoro

all‟Università di Bologna42

, «il difetto maggiore del nostro sistema di

sicurezza sul lavoro non era e non è costituito da un deficit di regole e

di sanzioni, ma sostanzialmente da tre fattori: emersione del lavoro

nero come fattore generale, controlli e formazione come fattori

particolari».

Proprio del problema dei controlli tratta un articolo, a cura di Marco

Bucciantini e Roberto Rossi, di inchiesta sulle morti bianche, che

equipara la frequenza con cui l‟Ispettorato del Lavoro si vede nel

cantiere o in fabbrica con quella della cometa di Halley che passa

sopra il nostro pianeta ogni 75 anni e 3 mesi. Infatti, continua

l‟articolo, «incrociando il numero degli ispettori che devono vigilare

41

Il Sole 24 ore del 13 maggio 2008 42

Rivista di Diritto del Lavoro, nr.4 del 2008

52

sulla sicurezza dei posti di lavoro – meno di 6 mila e 500 – e il totale

delle aziende da controllare (più di 6 milioni per Unioncamere) viene

fuori un rapporto senza scampo: si rischia un controllo ogni passaggio

di cometa. Basti pensare che l‟obiettivo ideale del nostro Paese è

arrivare ad un 5% dei controlli: se fossero sempre viaggi unici, senza

nuove visite nei posti sanzionati, si visionerebbero tutte le aziende in

circa 20 anni».

Un secondo aspetto, che starebbe tra le cause degli infortuni sul

lavoro, viene identificato nella mancanza di un‟adeguata formazione.

Le aziende lamentano infatti gli alti costi della formazione che rientra

tra i loro obblighi. La stessa Presidente di Confindustria Emma

Marcegaglia ha espresso la propria contrarietà alle misure del

Governo Prodi perché «troppo sbilanciate sul profilo sanzionatorio,

anziché essere focalizzate sulla prevenzione e sulla formazione».

Riguardo a questo, l’art. 10 del D.Lgs. n. 81, prevede che i diversi

attori in materia prevenzionistica, accanto agli enti di patronato e agli

organismi paritetici, costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei

datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative

sul piano nazionale, svolgono, anche sulla base di specifiche

convenzioni, attività di informazione, assistenza, consulenza,

53

formazione e promozione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di

lavoro.

Il giornalista Pietro Veronese 43

ha analizzato il fenomeno ed ha

verificato come oltre al bilancio umano, l‟alto tasso di mortalità sul

lavoro e la frequenza degli infortuni hanno naturalmente un costo.

Secondo i calcoli dell‟Inail, per l‟anno 2005 il costo sociale è stato per

l‟Italia di 45,5 miliardi di euro. Il 3,2 per cento del Pil.

In questo totale da capogiro l‟Inail fa rientrare i costi assicurativi, gli

interventi di prevenzione, le spese direttamente collegate ai danni (ore

di lavoro perdute, guasti, sostituzioni, perdita d‟immagine delle

aziende coinvolte)44

.

Il professore Luciano Gallino45

, sociologo e saggista, ha più volte e

giustamente rilevato come «l‟incremento del fenomeno infortunistico

sia in larga parte addebitabile ai recenti cambiamenti nei modelli

organizzativi della produzione e del lavoro; cioè, la frammentazione

pianificata dei processi produttivi in imprese e squadre di lavoro

sempre più piccole, collegate da lunghe catene di esternalizzazioni a

cascata e subappalti, disincentiva la formazione alla sicurezza. E in

molti casi la rende tecnicamente inattuabile. L‟elevato numero di

43

Ambiente Lavoro, nr. 18 del 2007 44

Rivista Inail, Inail docum. Nr. 21 del 2008 45

La Repubblica, 23 maggio 2008

54

datori di lavoro che reclutano masse di lavoratori in nero, connazionali

e immigrati, è un altro fattore che dalle due parti fa venir meno la

voglia, il tempo, la stabilità dell‟occupazione che sono indispensabili

per la formazione alla sicurezza. Allo stesso effetto operano i contratti

di lavoro atipici, in specie quelli con una durata di pochi mesi. Alle

carenze formative si aggiungono i costi dei dispositivi attivi e passivi

per la prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro che molte

imprese, vuoi perché premute dalle pressioni sui costi provenienti

dagli anelli superiori della catena di creazione del valore, vuoi perché

nella loro agenda gli investimenti in sistemi di sicurezza non sono una

priorità, cercano di limitare il più possibile. D‟altra parte tale tendenza

è stata accentuata dal decreto attuativo della legge 30 (la cd. Legge

Biagi), che ha facilitato la cessione di rami d‟impresa anche nel caso

in cui non erano in precedenza funzionalmente autonomi».

Non può mancare naturalmente, nell‟analisi delle cause che

contribuiscono a generare gli infortuni sul lavoro, quella

dell‟emersione del lavoro nero e della regolarizzazione del lavoro

irregolare, che, secondo Carinci, «deve essere preso dalla testa, a

cominciare dall‟immigrazione clandestina».

55

Lavoro nero e scarsa sicurezza vanno di pari passo. Lo dicono le

statistiche e lo raccontano le storie di chi esce di casa la mattina e non

rientra più. Essere irregolari, infatti, significa non avere alcuna

informazione sui rischi nei luoghi di lavoro e specialmente nei

cantieri46

.

Il fenomeno comprende milioni di persone che non soltanto lavorano

totalmente o parzialmente in situazioni irregolari, dal punto di vista

contributivo e fiscale, ma sono anche, e questo è l‟aspetto cui

andrebbe attribuito un maggior peso, totalmente prive di diritti.

Il 1° Aprile 2008 (il termine per l‟esercizio della delega era fissato al

25 maggio 2008, ma la crisi di Governo e la scadenza elettorale hanno

accelerato i tempi) il Governo Prodi ha varato in via definitiva il Testo

Unico in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di

lavoro. L‟atto di approvazione, è stato l‟ultimo anello di una catena di

provvedimenti susseguitisi in tempi assai ristretti (Parere della

Conferenza Stato-Regioni in data 12 marzo; parere della Commissione

permanente lavoro del Senato in data 20 marzo). A determinare in via

definitiva il governo all‟emanazione del provvedimento è stata la

tragica catena di morti, avvenuta anche con modalità che hanno

profondamente scosso l‟opinione pubblica: basti pensare al tragico

46

Commissione d‟inchiesta Tofani. Senato della Repubblica, 2008

56

rogo della ThyssenKrupp del 6 dicembre 2007, o ai 5 morti

nell‟autocisterna di zolfo nella zona industriale di Molfetta del 3-4

marzo 200847

.

Secondo Tiraboschi «la decisiva spinta della opzione pubblica e delle

più alte cariche istituzionali, in uno con la paziente e meritoria opera

di mediazione del Ministro del lavoro Cesare Damiano, hanno cosi

consentito di raggiungere, invero inaspettatamente, quell‟ampio e

(quasi) unanime consenso da parte delle Regioni, necessario per

intervenire su una materia come questa».

Secondo Francesco Bacchini48

, «l‟accelerazione con cui è stato

emanato il nuovo Testo Unico era facilmente prevedibile anche se,

forse, tecnicamente non auspicabile, laddove, per la fretta di dare, in

qualsiasi modo a qualsiasi prezzo, risposte normative e soddisfare così

l‟opinione pubblica, prevalesse l‟emozione sul giudizio, il sentimento

sulla ragione; giudizio e ragione i quali, invece, è bene accompagnino,

sempre, qualsiasi provvedimento legislativo, specie di particolare

complessità e di difficile equilibrio come quello avente ad oggetto la

tutela della vita e l‟incolumità dei lavoratori».

47

Una vicenda che ha fatto molto discutere e che è oggi al vaglio del Tribunale di Trani 48

Ambiente e Lavoro, nr. 6 del 2008

57

Giovanni Bissoni, assessore alla sanità della Regione Emilia

Romagna, alla conferenza sulla salute e sicurezza nel lavoro, tenutasi

alla Sala Auditorium della Regione Emilia-Romagna l‟ 8 luglio 2008,

ha affermato perentoriamente «i risultati sono iniziati ad arrivare dal

momento in cui si è alzata l‟attenzione dell‟opinione pubblica».

58

L’ANDAMENTO INFORTUNISTICO IN ITALIA TRA 1966-2008

Da un recente studio di Antonio Frenda, ricercatore Istat presso la

contabilità nazionale, vediamo che «i dati Eurostat per l‟anno 2005

evidenziano come l‟Italia presenti, per gli infortuni sul lavoro, un

tasso di incidenza pari a 2.900 infortuni per 100.000 occupati per

l‟intera economia, inferiore al valore medio calcolato sia per i 15 Paesi

dell‟UE (3.098) e sia per i 12 Paesi della zona euro (3.545)».

Sulla base dei dati rilevati per l‟anno 2005, continua Frenda49

, «l‟Italia

ha un numero di infortuni sul lavoro in linea con la media europea, e

sale poco al di sopra per quanto concerne i casi mortali; si osserva

tuttavia che nel settore agricolo il tasso di incidenza complessivo

risulta nettamente superiore alla media europea.

Gli ultimi dati dell‟Inail indicano che nel 2007 sono avvenuti circa

1.250 infortuni mortali, cioè 84 in meno (secondo le stime non

definitive) rispetto ai 1.341 del 2006, evidenziando quindi una

diminuzione percentuale vicina al 6.8 per cento».

«A partire dal 1966 è infatti cominciato un lento e continuo

decremento delle morti bianche in Italia: in quell‟anno se ne

49

Documenti ISTAT, 2008

59

contavano 3.744, mentre nel 2007 si rilevano 1.250 casi, una

diminuzione in 31 anni del 67 per cento».

Il dato degli infortuni nel sommerso, poiché concerne l‟economia non

direttamente osservabile, sfugge alle statistiche amministrative degli

enti previdenziali ed assicurativi (Inps, Inail) e ad indagini statistiche

ad hoc.

Il caso del sommerso italiano è molto interessante: le Regioni dove

l‟economia sommersa è più diffusa tendono ad avere una più bassa

percentuale di infortunati, rispetto al totale nazionale. E siccome non è

ipotizzabile che il ricorso all‟irregolarità abbia effetti benefici sulla

qualità del lavoro con conseguente riduzione del numero di infortuni,

è del tutto legittimo affermare che, pur essendo maggiore, il tasso di

incidenza degli infortuni in dette zone del Paese appare minore per

mancata denuncia dell‟evento all‟ente previdenziale e, talvolta, per

l‟influenza della criminalità organizzata che, soprattutto nelle Regioni

del sud, ha grossi interessi economici nell‟economia sommersa»

Paolo Berizzi, scrittore e giornalista del quotidiano La Repubblica50

,

afferma che «i lavoratori che si muovono nel sommerso, sono un vero

e proprio esercito: 5 milioni secondo l‟Istat e il Censis (su un totale di

24 milioni e 450 mila unità di lavoro complessive). Un numero che

50

13 maggio 2008

60

comprende gli irregolari in senso stretto, gli occupati non dichiarati e

gli stranieri non in regola.

Un milione e mezzo, secondo stime attendibili, sono i lavoratori

sottoposti a restrizioni e condizionamenti della libertà. Tradotto vuol

dire: vittime del caporalato, in qualsiasi forma esso si esprima».

Il lavoro nero, continua Berizzi, «è diventato, paradossalmente, una

componente di incidenza decisiva, tristemente necessaria

nell‟economia nazionale: basti pensare che il reddito ricavato dal

sommerso ammonterebbe al 27%. La media europea del sommerso è

del 18%»24.

L‟analisi dei dati di fonte Inail evidenzia quanto segue: nel periodo

1980–2005 gli infortuni sul lavoro (riconosciuti come tali e

indennizzati dall‟Inail) definiti nell‟insieme dell‟industria e dei

servizi, si sono nel complesso più che dimezzati, passando da 54,15 a

23,78 casi per milione di ore lavorate.

Si registra, per il decennio 1995–2005, una diminuzione del totale

degli infortuni denunciati in tutti i settori da 1.038.492 casi a 966.568

casi. Nello stesso periodo i casi mortali denunciati passano, nel

complesso, da 1.375 a 1.27826. Rispetto al totale dei casi mortali, la

componente degli infortuni legati alla circolazione stradale raggiunge

61

circa il 50%, la metà dei quali, nel 2005, occorsi lungo il percorso

casa-lavoro (in itinere).

E‟ da notare che nello stesso periodo il numero degli occupati ha

conosciuto una lenta ma continua espansione (secondo l‟Istat, tasso

medio annuo dell‟1,4%). Pertanto rapportando il numero degli

infortuni denunciati a tale dinamica occupazionale, la flessione reale

del fenomeno infortunistico risulta ancora più decisa, attestandosi su

un indice di incidenza in calo del 9,5%. In particolare nel terziario, ad

un calo del numero complessivo degli infortuni del 13,3% in valore

assoluto, si accompagna una contrazione del relativo indice di

incidenza addirittura di oltre il 17%, a conferma di una marcata

tendenza di questo settore al ridimensionamento del rischio

infortunistico.

Secondo Masciocchi e Leboffe51

«i dati ufficiali mostrano che la

situazione italiana non corrisponde a quella gravissima che viene

spesso riportata nei titoli della stampa nazionale. L‟Italia risulta infatti

collocata al di sotto della media europea sia per il totale degli infortuni

che per quelli mortali (per questi ultimi, al netto della infortunistica

stradale)» .

51

Ambiente e lavoro, nr.2 del 2008

62

Davvero l‟economia sommersa e il lavoro nero, come dice il

Professore Gallino, sono importanti al punto che, «ove simile universo

venisse improvvisamente a mancare, l‟economia regolare entrerebbe

in crisi entro breve tempo»?

Questo aspetto meriterebbe sicuramente un maggiore

approfondimento, come altresì meriterebbe approfondimento il

rapporto tra l‟Italia e gli altri Paesi dell‟Unione Europea, purtroppo

poco affrontato dagli Autori citati.

63

64

Capitolo secondo

PARERI SUL NUOVO TESTO UNICO D.LGS. N. 81/2008.

Il decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81, adottato dal governo in forza

della delega prevista dalla legge n. 123 del 3 agosto 2007,

generalmente noto come Testo Unico in materia di tutela della salute e

della sicurezza sul luogo di lavoro, è entrato in vigore il 15 maggio

2008. Esso fornisce, come sostiene Gian Carlo Caselli, Procuratore

generale presso la Corte d‟appello di Torino52

, «nuovi e incisivi

strumenti di prevenzione nei luoghi di lavoro».

I settori oggetto della delega e i suoi criteri direttivi sono i seguenti:

a) riordino, coordinamento, armonizzazione e semplificazione delle

disposizioni vigenti per l‟adeguamento alle normative comunitarie ed

alle convenzioni internazionali in materia.

b) Determinazione di misure tecniche ed amministrative di

prevenzione compatibili con le caratteristiche gestionali ed

organizzative delle imprese, in particolare di quelle artigiane e delle

piccole imprese, anche agricole, forestali e zootecniche.

52

Corriere della Sera, 12 maggio 2008

65

c) Riordino delle norme tecniche di sicurezza delle macchine e degli

istituti concernenti l‟omologazione, la certificazione e

l‟autocertificazione.

d) Riformulazione dell‟apparato sanzionatorio, con riferimento, in

particolare, alle fattispecie contravvenzionali a carico dei preposti, alla

previsione di sanzioni amministrative per gli adempimenti formali di

carattere documentale; alla revisione del regime di responsabilità

tenuto conto della posizione gerarchica all‟interno dell‟impresa e dei

poteri in ordine agli adempimenti in materia di prevenzione sui luoghi

di lavoro; al coordinamento delle funzioni degli organi preposti alla

programmazione, alla vigilanza ed al controllo, qualificando

prioritariamente i compiti di prevenzione e di informazione rispetto a

quelli repressivi e sanzionatori.

e) Promozione dell‟informazione e della formazione preventiva e

periodica dei lavoratori sui rischi connessi all‟attività dell‟impresa in

generale e allo svolgimento delle proprie mansioni.

f) Assicurazione della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro in

tutti i settori di attività, pubblici e privati, e a tutti i lavoratori,

indipendentemente dal tipo di contratto stipulato con il datore di

lavoro o con il committente.

66

g) Adeguamento del sistema prevenzionistico e del relativo campo di

applicazione alle nuove forme di lavoro e tipologie contrattuali, anche

in funzione di contrasto rispetto al fenomeno del lavoro sommerso ed

irregolare.

h) Promozione di codici di condotta e diffusione di buone prassi che

orientino la condotta dei datori di lavoro, dei lavoratori e di tutti i

soggetti interessati.

i) Riordino e razionalizzazione delle competenze istituzionali al fine

di evitare sovrapposizioni e duplicazioni di interventi e competenze,

garantendo indirizzi generali uniformi su tutto il territorio nazionale.

j) Realizzazione delle condizioni per una adeguata informazione e

formazione di tutti i soggetti impegnati nell‟attività di prevenzione per

la circolazione di tutte le informazioni rilevanti per l‟elaborazione e

l‟attuazione delle misure di sicurezza necessarie.

k) Modifica o integrazione delle discipline vigenti per i singoli settori

interessati, per evitare disarmonie.

l) Conferma del principio di esclusione di qualsiasi onere finanziario

per il lavoratore in relazione all‟adozione delle misure relative alla

sicurezza, all‟igiene e alla tutela della salute dei lavoratori.

67

Il decreto legislativo n.81/08 ha innescato un acceso dibattito tra

giornalisti, politici e tecnici.

Ecco alcuni esempi, che riguardano le considerazioni delle

Associazioni datoriali e di alcuni politici, che si focalizzano

soprattutto sul tema dell‟inasprimento delle sanzioni e sul Documento

di Valutazione dei Rischi.

Mario Casati, AIAS53

“vogliamo mettere in evidenza le preoccupazioni suscitate dalla legge

specialmente nel settore delle imprese medio piccole. E‟ una legge che

manca di senso della mediazione, troppo istantaneamente punitiva,

senza proposte riparatorie alternative, al punto che si prevedono

preoccupati scenari. La nostra preoccupazione risale alla

incapacità/impossibilità di fare applicare le leggi in Italia”.

Nicoletta Picchio54

: La critica delle imprese: sanzioni indiscriminate:

«Troppa demagogia, troppa sproporzione tra sanzioni e mancanze.

Questo il motivo del no del mondo imprenditoriale al testo del

Governo sulla sicurezza. Prima dell'incontro finale di ieri pomeriggio

a Palazzo Chigi, che ha anticipato il Consiglio dei ministri convocato

oggi per varare la riforma, Alberto Bombassei, vicepresidente di

53

Rivista Aias, maggio 2008 54

Ambiente e Lavoro, giugno 2008

68

Confindustria55

, ha voluto precisare con una nota, la posizione di viale

dell'Astronomia: “Sono indignato. La tragedia delle morti sul lavoro

non può creare contrapposizioni e divisioni. Nessuno è contrario a

questo provvedimento, sono state proprio le imprese a invocare un

Testo Unico per dare maggiori certezze ai datori di lavoro e ai

lavoratori. Ma non vogliamo che gli eventi drammatici di questi giorni

vengano strumentalizzati”.

Nessuna contestazione – spiega Bombassei – sul fatto che le aziende

non in regola debbano essere sanzionate. Ma ci deve essere un

rapporto tra inadempienza e punizione: “Riteniamo corretto che

l'imprenditore venga punito con la pena massima dell'arresto se omette

di procedere alla valutazione dei rischi, ma è ingiustificato l'arresto se

ha scritto il documento di valutazione n maniera incompleta”.

Nel testo, aggiunge Bombassei, “non solo sono stati quadruplicati gli

importi, ma non si distingue tra mancanze meramente formali e

mancanze che invece possono creare reali situazioni di pericolo per i

lavoratori”. Un meccanismo di sanzioni che punisce

indiscriminatamente tutti i comportamenti dell'impresa, secondo

Bombassei, ha l'effetto di mettere in difficoltà le imprese serie e

55

Il Sole 24 ore, 19 maggio 2008

69

rischia di far aumentare l'economia sommersa, che è all'origine degli

infortuni. Continuando sullo stesso articolo, troviamo interessanti

dichiarazioni del Ministro Pierluigi Bersani: “L'impianto della delega

prevede certamente una maggiore severità, ma non tale da giustificare

l'allarme delle imprese”. Bersani lascia uno spiraglio a “qualche

aggiustamento”, ma niente di più.

Più duri il Ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, e il

Sottosegretario alla salute, Giampaolo Patta56

: “L'indignazione

l'abbiamo noi verso gli industriali. Stanno cercando di bloccare

l'azione del Governo. Non si può conteggiare la sicurezza come un

costo in più”, ha detto Ferrero, mentre Patta, ancora prima

dell'incontro, aveva detto no a modificare le sanzioni.

Il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, ha definito

“intollerabile” l'atteggiamento di Confindustria. “Non posso pensare”

– ha detto invece l‟onorevole del Pd, Matteo Colaninno – “che per

risolvere un problema così drammatico si debbano dare delle sanzioni,

pensando che al sistema imprenditoriale non interessi la situazione

drammatica. Scaricare la responsabilità con delle sanzioni è mancare il

bersaglio”»

56

L‟Unità del 21 giugno 2008

70

Luca Cordero di Montezemolo Presidente di Confindustria57

:

«Inasprendo le pene non si salvano le vite. Un provvedimento centrato

su un fortissimo inasprimento delle sanzioni dedica poco o nulla alla

prevenzione. E‟ l‟ultimo atto di una sinistra demagogica e

antindustriale. Quella sinistra che vuol far piangere i ricchi e parla di

imprenditori a pancia piena, parole che non si sentivano nemmeno a

Cuba negli anni Sessanta. E‟ come se le aziende lavorassero a

consuntivo: cosi si chiude. Le imprese lavorano sui budget preventivi.

Lo stesso vale per la sicurezza: bisogna formare, innovare nella

prevenzione. Le pene possono essere anche durissime ma le regole

devono essere chiare. Il piccolo imprenditore piuttosto che andare in

giro per il mondo a trovare nuovi mercati si troverebbe invischiato in

una burocrazia delle pene, quando già la farraginosità delle procedure

è il motivo numero uno per cui gli investitori esteri non vengono in

Italia. Le imprese sane devono essere supportate, accompagnate verso

livelli di sicurezza sempre maggiori, non devono sentirsi minacciate.

Si deve contrastare l‟economia sommersa e illegale, quella dove si

concentrano i rischi. La vita delle persone è il bene primario, che noi

imprenditori vogliamo tutelare».

57

Il Sole 24 ore del 19 giugno 2008

71

Romano Prodi Presidente del Consiglio58

: «Il decreto non ha intenti

punitivi. Mette al centro la tutela della persona umana e il suo diritto a

un lavoro sicuro. E‟ un risultato importante purtroppo messo in ombra

dallo stillicidio di infortuni di questi giorni».

Cesare Damiano Ministro del lavoro59

: «E‟ esagerata la reazione del

Presidente di Confindustria, il testo non rappresenta una logica

antindustriale. Sarebbe utile darne una lettura razionale: è un testo di

straordinario equilibrio e non mette al centro le sanzioni rispetto alla

formazione e alla prevenzione».

Maurizio Sacconi Ministro del lavoro: «Un testo, ha osservato il

Ministro, che “presenta significative ambiguità, laddove parla di

sicurezza del lavoro, che ha avuto il dissenso di tutte le 15

associazioni dei datori di lavoro. Il punto di discussione non é se

occorrano adempimenti formali e sanzioni, il punto é se esista una

soglia oltre la quale la richiesta di adempimenti formali determina una

minima attenzione”. In sostanza “una esasperata attenzione

formalistica a scapito di un atteggiamento a creare un ambiente sicuro,

tanto più in presenza di una origine comportamentale degli infortuni”.

58

La Repubblica, 29 maggio 2008 59

Sito del Governo,

72

Il ministro ha ricordato che il 50,5% degli infortuni nel Paese avviene

su strada, in itinere o svolgendo attività lavorativa.

Sono sempre più, ha sottolineato il Ministro, gli incidenti sul lavoro su

strada (il dato è in crescita anche nel 2007), mentre gli altri infortuni

sono in calo, concentrati ancora nell'economia sommersa»

Basta leggere il contenuto della delega sulle sanzioni e si perverrà alla

semplice conclusione che il legislatore della delega si è attenuto ad

una soglia minimale delle sanzioni60

.

Secondo Franco Carinci, «è evidente lo sforzo del legislatore di

realizzare, coi principi e criteri direttivi, un giusto mix tra una politica

di semplificazione, incentivazione, formazione e promozione di una

cultura della sicurezza, con particolare rimando al mondo delle micro,

piccole e medie imprese e, rispettivamente, una rivisitata politica

sanzionatoria». Ci troviamo in presenza, secondo Carinci, di «una

riformulazione e razionalizzazione dell‟apparato sanzionatorio

amministrativo e penale, che fin dalla sua battuta iniziale rivela di

muoversi all‟insegna della proporzionalità, chiamando in causa sia il

criterio soggettivo della responsabilità, sia il criterio oggettivo della

natura della violazione (sostanziale o formale)». A giudizio di Carinci

«una certa tendenza ad un‟utilizzazione più parca, più selettiva e più

60

Art. 1, co. 1, lett.f) del dlgs. 81/08.

73

graduata dell‟arresto e della stessa ammenda, è certo percepibile; ma

non sembra proprio che debba essere considerata come una caduta di

considerazione del bene della sicurezza, perché quel che conta non è

l‟astratta gravità di una sanzione, ma la sua effettività e tempestività:

anche la strumentazione sanzionatoria deve essere funzionale alla

prevenzione».

Pierluigi Rausei, Docente di Diritto sanzionatorio del lavoro

all‟Università di Modena e Reggio Emilia61

, afferma che «la riforma

del quadro sanzionatorio e punitivo in materia di sicurezza e salute nei

luoghi di lavoro rappresenta uno dei profili di maggiore criticità e di

più ampia discussione del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 qui esaminato.

La scelta del legislatore delegato, anche a fronte della scarsa chiarezza

dei criteri orientativi della delega proprio sul piano sanzionatorio,

sembra essere quella di un atteggiamento largamente conservatore

rispetto all‟impianto sanzionatorio delineato dal D.Lgs. n. 626/1994,

con un notevole incremento dell‟impatto punitivo».

Dall‟altra parte politica assistiamo comunque a dichiarazioni, non

sempre condivisibili per esempio il Ministro del Welfare Maurizio

Sacconi, in un articolo a cura di Marco Bellinazzo, rimarca come

61

Ambiente Lavoro, febbraio 2009

74

occorra in materia di sicurezza «un approccio meno formalistico,

meno burocratico ma più orientato a investimenti nella formazione».

Sacconi non condivide la legge che affida alle Asl regionali il compito

di vigilanza ma vorrebbe portare le stesse sotto le competenze dello

Stato62

.

Sempre sullo stesso articolo vediamo che il 18 settembre 2008 il

Ministro del lavoro Maurizio Sacconi ha firmato una delibera di 15

pagine, assai fumosa: cari ispettori (suonava grosso modo così) non

accanitevi contro le aziende. Non le controllate più di una volta. E

quando vi presentate nei cantieri, nelle fabbriche, ovunque, siate meno

poliziotti e più consulenti, «cercando comunque di garantire la

continuità produttiva dell‟impresa».

L‟ultima frase è letterale: ma come fa il controllore a «garantire la

continuità produttiva» del controllato?

Il nuovo Testo Unico per essere efficace dovrà essere completato con

decreti attuativi e dovrà essere corretto in alcuni allegati tecnici. Per

tali motivi questo strumento legislativo rischia di perdere la propria

efficacia ancor prima di essere collaudato sul campo.

62

Sul sito istituzionale del Governo, ministero del Welfare

75

CONCLUSIONI

È interesse di chi scrive porre l‟accento e attirare l‟attenzione su un

aspetto oggettivamente posto in secondo piano, quello che oggi viene

conosciuto da tutti come know how e cioè: quanto, i trucchi del

mestiere dei lavoratori, il sapere che gli anziani tramandano ai

giovani, il fare una determinata cosa in sicurezza, sono tenuti in

considerazione da chi, oggi, occupa le stanze dei bottoni?

In genere i lavoratori nella fase della implementazione delle norme

non entrano negli orizzonti del legislatore come soggetti attivi

portatori di esperienze utili alla gestione dei rischi presenti nel lavoro.

Il lavoratore viene considerato prevalentemente come destinatario

passivo di misure tese alla tutela della propria incolumità e salute.

Se prendiamo in esame il D.lgs 81/2008 possiamo individuare come

all‟art.20 63

si richieda un obbligo generico di attenzione rispetto al

tema salute e sicurezza: “Ogni lavoratore deve prendersi cura della

propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul

luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni,

63

Anche in relazione a quanto era contenuto nell‟art. 4 del dpr 547/55 in cui veniva affermato che

“l‟imprenditore rende edotto il lavoratore” quasi a voler indicare la diffusione della cultura tra i

lavoratori

76

conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti

dal datore di lavoro”.

Spesso constatiamo che in alcune aziende, anche di grosse dimensioni,

molti lavoratori anziani considerino più fastidiose che utili alcune

misure di gestione della sicurezza, decise ed imposte da chi quel

lavoro non lo svolge e nella maggior parte dei casi non lo ha mai

svolto.

Ma è sempre stato così, c‟è sempre stata questa esclusione dei

lavoratori dalle decisioni in materia o la spinta delle lotte operaie del

‟68 aveva impostato una gestione della sicurezza diversa da quella

attuale?64

Secondo Francesco Carnevale, medico del lavoro e storico, «sia sul

tema della partecipazione sia sulle prospettive della prevenzione nei

luoghi di lavoro, in Europa è stato dato tutto il potere alla valutazione

dei rischi e solo adesso finalmente si vuole vedere come i lavoratori

utilizzino e partecipino a questa valutazione implementandola e

migliorandola. La valutazione dei rischi non può essere fine a se

stessa, ma deve essere vista come uno strumento, tra i tanti, finalizzato

a gestire il rischio. I lavoratori devono partecipare, alla gestione e alla

64

Resta nella storia del movimento sindacale la riunione di Rimini del ‟69 e l‟abbandono del

principio della c.d. monetizzazione del rischio.

77

valutazione dei rischi. Per riuscire ad impostare un sano lavoro,

bisogna superare i vizi ideologici che ci sono attualmente e si

presentano con diversa forza e natura».

I vizi ideologici cui fa riferimento Carnevale65

sono quelli che

inducono la parte datoriale a reputare assolutamente inutile l‟aiuto e la

collaborazione, delle volte anche il consenso, da parte dei lavoratori

stessi. Questo è un vizio molto diffuso in certe situazioni, delle volte

viene anche vantato come alibi per non far perdere tempo e non

prendere in giro i lavoratori. In effetti, è anche vero che in certe

situazioni degradate, potrebbe ricorrere una situazione di questo

genere e cioè i lavoratori alla ricerca di una partecipazione a tutti i

costi, possono introdurre degli elementi di disturbo in una corretta

gestione dei rischi.

Un altro vizio ideologico, sicuramente più diffuso del primo, è

presente soprattutto nel settore della pubblica amministrazione.

Il vizio consiste nel voler entrare mediante il Documento di

Valutazione dei Rischi nella discussione sindacale o parasindacale

rivolgendosi così a temi che con la sicurezza hanno poco a che

vedere».

65

Noto medico del lavoro, impegnato in commissioni consultive europee in materia

78

Ma cosa significa partecipazione oggi?66

Secondo Carnevale, è qualcosa di diverso da come la intendeva la

linea sindacale. «La linea sindacale è nata e maturata in un contesto

del tutto eccezionale, in una congiuntura del tutto eccezionale, in cui,

bisogna riconoscerlo, con quelle azioni direttamente o indirettamente

il livello produttivo italiano ha recuperato ritardi, di tipo tecnologico e

per la sicurezza, che erano stati accumulati negli anni. Parliamo del

periodo che va dalla metà degli anni „60 fino alla fine degli anni „70.

Attualmente, il modello impostato dalla linea sindacale non esiste più,

siamo in un sistema, di modello Europeo, assolutamente in alternativa

a quello degli anni ‟70, che vedeva come protagonisti indiscussi i

lavoratori e la loro cultura del lavoro. Il modello Europeo è tutt‟altra

cosa; è un modello in cui la partecipazione dei lavoratori è vista in

maniera molto piatta, come possibile collaborazione ai datori di

lavoro, ad un progetto che comunque è e rimane dei datori di lavoro e

dei suoi esperti. Oggi di certo, dire che bisogna chiudere con questo

modello e ricominciare da capo sarebbe affermare una sciocchezza,

perché abbiamo comunque una macchina da tenere in movimento.

66

Dobbiamo tener conto della crescita della consapevolezza dei lavoratori che non si misura nel

tasso di adesione alle OO.SS., ma a far funzionare gli organismi della partecipazione

79

Bisogna più che altro adeguare gli strumenti rispetto agli obiettivi da

raggiungere. Per fare ciò, lo strumento della valutazione dei rischi, che

era sembrato lo strumento più efficace, oggi non basta più».

L‟argomento trattato da Carnevale può essere realmente un fattore che

venendo introdotto, può migliorare i sistemi di gestione della

sicurezza.

Altre proposte, provenienti da Magistratura Democratica, vengono

elencate da Gian Carlo Caselli67

, Procuratore generale presso la Corte

d‟Appello di Torino, nella sua introduzione al libro di Diego Novelli

sulla ThyssenKrupp. Vediamole nello specifico: «Per quel che

concerne l‟organizzazione degli uffici della Procura della Repubblica

e degli uffici giudicanti penali, di primo grado, di appello e di

legittimità, l‟introduzione (a opera del CSM) di indicazioni

obbligatorie per l‟istituzione di sezioni specializzate, composte da uno

o più magistrati dotati di specifica formazione professionale in materia

ed esclusa in assoluto la possibilità di assegnazione dei relativi

procedimenti ai magistrati ordinari.

L‟obbligatorietà per i magistrati addetti a tali sezioni di un percorso

permanente di formazione specialistica, comune a tutti gli organismi

67

Nella Procura di Torino opera anche un altro magistrato impegnato su queste tematiche, il dr.

Raffaele Gauriniello

80

di vigilanza e alle sezioni di polizia giudiziaria, capace di

aggiornamenti tempestivi in caso di innovazioni legislative.

La formazione a cura del Consiglio Superiore della Magistratura, con

successiva diffusione a tutte le Procure, di protocolli d’indagine sui

reati in materia di sicurezza sul lavoro68

.

L‟istituzione presso gli enti locali territoriali di osservatori

sull’andamento della giustizia in tema di sicurezza del lavoro

composti da magistrati, dai rappresentanti delle parti collettive e dai

responsabili degli organismi pubblici di vigilanza e controllo, cui

affidare il monitoraggio dell‟andamento dei processi specialistici,

sotto il profilo sia statistico (indicativo di situazioni di pericolo) sia

della dinamica processuale».

Infine, un cenno al tema dell‟opportunità o meno di istituire una

Procura nazionale in materia di infortuni. Secondo Caselli, «una

procura nazionale con funzioni di semplice coordinamento delle varie

Procure territoriali potrebbe utilmente contribuire alla diffusione di

una miglior cultura della sicurezza, alla proposizione di modelli

organizzativi già efficacemente sperimentati, alla costituzione di una

banca dati cui potrebbero attingere tutte le istituzioni interessate.

Soprattutto, la Procura nazionale potrebbe curare la progressiva

68

Di tanto sovente si occupa il dr. Beniamino Deidda, procuratore generale della Toscana

81

specializzazione dei magistrati chiamati a occuparsi (nelle varie sedi)

di sicurezza sui posti di lavoro, specializzazione che è sicuramente

indispensabile. Non solo per i Pm, ma anche per i magistrati

giudicanti».

Forse il semplice riordino della normativa vigente non appare

sufficiente ad arrestare gli infortuni, ma come scrive il presidente

Napolitano69

, che ha fatto dell‟impegno nella sicurezza sui luoghi di

lavoro la cifra del suo settennato, le leggi e i regolamenti non bastano,

ma sono strumenti indispensabili”.

Ha ragione Franco Carinci nell‟individuare grossa parte delle cause di

infortuni, nel lavoro nero, nella mancanza di controlli e nella

mancanza di formazione.

Abbiamo visto che in effetti il numero di infortuni è in calo, siamo

infatti passati da 3744 morti avvenuti nel 1966 ad un numero di 1250

morti avvenuti nel 2007. Tuttavia, nello stesso tempo, il fenomeno in

questi anni non subisce significativi cali e si mantiene stabile.

L‟economia sommersa è tristemente presente nel nostro Paese e gli

infortuni che avvengono al suo interno sfuggono alle statistiche qui

considerate.

69

Non ci si stancherà mai di annotare la continua sollecitazione che il presidenet Napolitano

assicura alla materia

82

Anche l‟allarmismo delle Associazioni datoriali, soprattutto sul tema

delle sanzioni, non incontra riscontri oggettivi70

.

La flessibilizzazione e la precarizzazione del lavoro, siano fattori che

mettono a rischio la salute e la sicurezza non solo degli stessi

lavoratori precari ma nello stesso tempo anche di tutti gli altri

lavoratori.

Occorre un cambiamento culturale e la leva della formazione opererà

come volano di sensibilizzazione, come strumento di gestione e come

leva dei diritti dei lavoratori ed espressione della loro tutela.

70

Ambiente Lavoro, gennaio 2009

83

Capitolo terzo

ORIENTAMENTI DI GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI

SICUREZZA DEL LAVORO

E‟ tempo di operare un trait d‟union tra le norme generali sulla salute

e sicurezza del lavoro a quelle speciali che afferiscono al lavoro

marittimo.

In subiecta materia vigono norme internazionali71

, tanto è vero che il

legislatore della delega per il Testo Unico, consapevole delle

specificità, ma anche vincoli, derivanti da accordi e trattati

internazionali. Infatti l‟art. 3 comma 2 rinvia la normazione in

materia, attraverso successivi decreti da emanarsi entro il maggio

2009 (ma il termine è spirato infruttuosamente), da parte dei ministri

competenti, di concerto con i ministri del Welfare, acquisito il parere

della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni, al

fine di consentire il coordinamento tra la disciplina contenuto nel

Testo Unico alla normativa relativa alle attività lavorative a bordo

71

Norme ILO, IMO ecc.

84

delle navi di cui ai diversi decreti sui quali ci diffondiamo nel presente

lavoro.

Tanto conferma il percorso logico e sequenziale che ha ispirato e

permeato il presente lavoro che analizzando i contenuti delle norme

offrono la sintesi unitaria della legislazione in materia e le sue

esigenze di armonizzazione e coordinamento.

Al fine di poter analizzare i contenuti delle attuali norme operanti a

livello internazionale, abbiamo inteso procedere ad uno sguardo

d‟insieme sulle norme internazionali, recepite dallo Stato italiano,

sulle quali, a fronte della loro oggettiva rilevanza, svilupperemo i

contenuti e forniremo le indicazioni opportune e significative, dal

momento che tali norme non solo sono l‟unico corpus normativo in

vigore, ma anche che costituiscono la fonte giuridica operante nel

settore.

ORIENTAMENTI DELLA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI

SICUREZZA DEL LAVORO

Sorge quindi, a carico del datore di lavoro e dei suoi collaboratori, un

“debito di sicurezza” che implica comunque una presunzione di

85

responsabilità civile datoriale72

in ogni caso di danno a carico del

lavoratore, salva la prova liberatoria di aver adottato tutte le misure

idonee di prevenzione, comprese iniziative disciplinari e sanzionatorie

nei confronti di comportamenti ed atteggiamenti di leggerezza ed

incoscienza da parte del lavoratore come sancito dai tre principi

generali dell‟art. 2087 del c.c. oltre che dalle leggi specifiche di

settore. Il lavoratore invece dovrà dimostrare solo il danno ed il nesso

causale.

“L’IMPRENDITORE E’ TENUTO AL RISARCIMENTO DEL

DANNO PER INFORTUNI SUL LAVORO ANCHE SE

L’INSTALLAZIONE DEI DISPOSITIVI DI SICUREZZA SIA

STATA DA LUI AFFIDATA AD ALTRA IMPRESA” – Il

dipendente deve essere informato e controllato (Cassazione Sezione

Lavoro n. 18603 del 5 dicembre 2003, Pres. Sciarelli, Rel. Vidiri).

Angelo B., dipendente della società Tecnolifts, ha subito un infortunio

mentre stava montando l‟impianto elettrico di un ascensore. Egli ha

chiesto al Giudice del Lavoro di Brescia la condanna dell‟azienda al

risarcimento del danno biologico e morale. L‟azienda si è difesa

sostenendo che l‟infortunio si era verificato perché il lavoratore aveva

72

A valere sull‟art.2087 del codice civile

86

operato stando sul tetto anziché all‟interno della cabina e che

comunque essa non poteva essere ritenuta responsabile della mancanza

dell‟apparato di fermo corsa, in quanto aveva incaricato un‟altra ditta

di provvedere alla sua installazione. Il Tribunale di Brescia ha

condannato l‟azienda al risarcimento del danno, ma la sua decisione è

stata integralmente riformata dalla Corte d‟Appello che ha escluso la

responsabilità della Tecnolifts per l‟infortunio, in quanto ha ritenuto

che l‟installazione del “fermo corsa” fosse a carico della ditta cui tale

compito era stato affidato e che il lavoratore avrebbe dovuto verificare

se questo congegno fosse in opera. Angelo B. ha proposto ricorso per

cassazione, censurando la decisione impugnata per difetto di

motivazione e violazione di legge..

La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 18603 del 5 dicembre 2003,

Pres. Sciarelli, Rel. Vidiri) ha accolto il ricorso. Le norme dettate in

tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire

l‟insorgenza di situazioni pericolose – ha affermato la Cassazione –

sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti

dalla sua disattenzione ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia,

negligenza ed imprudenza dello stesso, per cui ne consegue che il

datore di lavoro è sempre responsabile dell‟infortunio occorso al

87

lavoratore, sia allorquando ometta di adottare le idonee misure

protettive sia allorquando non accerti e vigili che di queste misura

venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo

attribuirsi alcun effetto esimente per l‟imprenditore – allorquando si

sia verificato un infortunio sul lavoro per violazione delle relative

prescrizioni protettive – al concorso di colpa del lavoratore. La

condotta del dipendente può, infatti, comportare l‟esonero totale del

datore di lavoro da responsabilità solo quando essa presenti i caratteri

dell‟abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento

lavorativo ed alle direttive ricevute, come pure dell‟aticipità ed

eccezionalità, così da porsi come causa esclusiva dell‟evento.

Nel caso di specie – ha osservato la Cassazione – la Corte d‟appello di

Brescia, nel riformare la decisione del primo giudice e nel rigettare la

domanda del lavoratore, ha considerato quest‟ultimo unico

responsabile dell‟infortunio occorsogli; in tal modo non ha tenuto in

alcun conto delle norme antinfortunistiche e, segnatamente, dell‟art. 4,

lettera b), e dell‟art. 5, ultimo comma, del d. P.R. 27 aprile 1955 n.

547, che prescrivono rispettivamente che il datore di lavoro deve

rendere edotti i lavoratori dei rischi specifici cui essi sono esposti

nell‟espletamento della loro attività e che i macchinari ed attrezzi di

88

sua proprietà che siano usati dal lavoratore siano muniti di dispositivi

di sicurezza. La Cassazione ha anche ritenuto che la Corte d‟Appello

di Brescia sia incorsa in errore attribuendo rilevanza alla circostanza

che l‟installazione del “fermo corsa” fosse stata affidata ad un‟impresa

terza.

Nel contesto attuale – ha osservato la Suprema Corte – è sempre più

frequente il c.d. “processo di esternalizzazione” in base al quale le

imprese spesso si affidano per l‟esecuzione di opere essenziali per

l‟esercizio della loro attività produttiva, ad imprese terze e a dette

imprese affidano anche fasi e parti significative del processo

produttivo, soprattutto quando questo risulti articolato, complesso ma

nello stesso tempo agevolmente scindibile; le opere commissionate o,

più in generale, affidate a vario titolo (ad esempio attraverso appalti o

contratti d‟opera) a soggetti esterni costituiscono peraltro una fase

dell‟intero processo produttivo dell‟impresa che commissiona detti

lavori. Corollario di tutto ciò – ha affermato la Corte – è che il datore

di lavoro, quale responsabile dell‟intero processo produttivo, deve

accertare, prima di disporre la continuazione dell‟attività lavorativa da

parte dei propri dipendenti, se la condotta dei soggetti cui ha affidato

l‟esecuzione di una fase della produzione sia – in ragione di colpose

89

inadempienze, di censurabili negligenze o anche per meri fatti

oggettivi - fonte di pericolo per i lavoratori73

. Solo attraverso tale

accertamento - di particolare rilevanza proprio allorquando le opere

affidate a terzi attengano all‟apprestamento di misure necessarie per la

messa in sicurezza di tutte le fasi lavorative- il datore di lavoro deve

assolvere all‟obbligo su di esso gravante di rendere edotti i propri

dipendenti “dei rischi specifici cui essi sono esposti”. L‟imprenditore –

ha concluso la Corte – potrà ritenersi esentato dalla responsabilità al

riguardo solo ove provi di avere adempiuto al suddetto obbligo

informativo e di avere anche dotato i propri dipendenti, così come

voluto dall‟art. 5, ultimo comma, del d.P.R. n. 547/1955, dei

dispositivi di sicurezza necessari in presenza di situazioni di pericolo

che, comunque, si presentino.

Anche a fronte dunque, di un comportamento disattento, imprudente

negligente o d‟imperizia del proprio dipendente, il datore è sempre

responsabile degli incidenti sul lavoro ed inoltre, in caso di violazione

di prescrizioni delle normative antinfortunistiche, non beneficerà di

alcuna attenuante malgrado il concorso di colpa del lavoratore; può

73

La parcellizzazione e la frammentazione del lavoro è una delle cause più importanti degli

infortuni sul lavoro

90

tuttavia aversi un esonero totale di responsabilità per la parte datoriale

quando il comportamento del dipendente presenti le caratteristiche

dell‟abnormità e della imprevedibilità assoluta, da considerarsi e

valutarsi anche rispetto all‟esperienza lavorativa e all‟anzianità di

servizio del dipendente medesimo.

“Esclusione, in tutto o in parte, della responsabilità penale del

datore di lavoro - Rischi conseguenti ad eventuali imprudenze e

disattenzioni dei lavoratori – rilevanza della condotta del

lavoratore - inosservanza di precise disposizioni antinfortunistiche

- la colpa dell'infortunato nella produzione dell'evento -.74

La prevalente giurisprudenza di questa Suprema Corte è orientata nel

senso che "..le norme sulla prevenzione degli infortuni hanno la

funzione propria di evitare che si verifichino eventi lesivi della

incolumità, intrinsecamente connaturati alla esecuzione di talune

attività lavorative, anche nelle ipotesi in cui siffatti rischi siano

conseguenti ad eventuali imprudenze e disattenzioni dei lavoratori, la

cui incolumità deve essere sempre protetta con appropriate cautele..".

"..Solo se il lavoratore ponga in essere una condotta inopinabile,

imprevedibile, esorbitante dal procedimento di lavoro ed incompatibile

74

Cass. 3 marzo 1980, Sez. IV penale, sentenza nr. 1588 del 16.1.02

91

con il sistema di lavorazione oppure si concreta nella inosservanza, da

parte sua, di precise disposizioni antinfortunistiche, solo in questa

evenienza è configurabile la colpa dell'infortunato nella produzione

dell'evento, con esclusione, in tutto o in parte, della responsabilità

penale del datore di lavoro..".

Questo “debito” di sicurezza “impone” al datore di lavoro la

consapevolezza della particolarità del lavoro della sua impresa:

conoscenze specifiche che deve avere o comunque acquisire attraverso

consulenze di esperti, al fine di costruire l‟azienda predisponendo

luoghi, attrezzature e scegliendo i collaboratori in modo da

ottimizzare sia il risultato produttivo che la tutela dei lavoratori e di

tutti coloro che potrebbero avere danni dall‟esercizio d‟impresa.

Ancor prima dell‟esperienza il datore di lavoro deve attenzione ai fatti,

con specifico riferimento agli incidenti, agli infortuni ed alle malattie

professionali del proprio settore di attività ed in particolare allo

svolgimento delle stesse nella propria realtà aziendale.

“Infortuni sul lavoro - responsabilità del datore di lavoro - sussiste

anche quando l’infortunio sia derivato da imperizia, negligenza od

92

imprudenza del lavoratore - pericolosità della macchina operatrice

- l'obbligo di predisporre adeguata protezione - esonero da

responsabilità dell'imprenditore.”75

La responsabilità del datore di lavoro in casi di infortunio occorso ad

un proprio dipendente addetto ad un macchinario pericoloso non è

esclusa anche in caso di osservanza di specifiche prescrizioni

contenute in una norma o disciplina antinfortunistica, laddove

l'infortunio stesso sia derivato non per verificarsi del pericolo previsto

dalla norma antinfortunistica e nei confronti del quale erano dirette le

prescrizioni tecniche in essa contenute, ma per effetto della specifica

pericolosità della macchina operatrice, verso cui sorge l'obbligo di

predisporre adeguata protezione, ovvero della applicazione di più

specifiche ed idonee misure di sicurezza. La normativa dettate

riguardante la prevenzione degli infortuni sul lavoro, finalizzata ad

impedire l'insorgenza di situazioni pericolose prevede la tutelare del

lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione,

ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza

dello stesso: ne consegue che il datore di lavoro e' sempre responsabile

dell'infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le

idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste

75

Corte di Cassazione, 21.05.2002 nr. 7454

93

misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non

potendo attribuirsi alcun effetto liberatorio all'eventuale concorso di

colpa del lavoratore, per l'imprenditore che abbia provocato un

infortunio sul lavoro per violazione delle relative prescrizioni;

conseguentemente si afferma che l'imprenditore e' esonerato da

responsabilità solo quando il comportamento del dipendente presenti i

caratteri dell'abnormità, inopinabilità e esorbitanza rispetto al

procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, come pure

dell'atipicità e dell‟ eccezionalità, così da porsi come causa esclusiva

dell'evento, interrompendo il nesso di causalità tra i fattori scatenanti

l‟avvenimento dannoso e il contenuto proprio dell‟attività lavorativa

dell‟infortunato.

Il datore e i suoi collaboratori devono inoltre adottare, fin dalla

progettazione d‟impresa tutti gli accorgimenti possibili per garantire

l‟incolumità dei lavoratori e ,successivamente seguire tutte le

evoluzioni tecnologiche e scientifiche del proprio settore produttivo,

in un percorso continuo di sicurezza secondo i noti criteri del nostro

diritto positivo di prudenza, diligenza e perizia.

94

La giurisprudenza ha sancito che per “aggiornamento tecnico

scientifico” è da intendersi “ ..il massimo tecnicamente possibile,

ormai in uso comune ed in proporzione alla tipologia ed alla gravità di

rischio specifica della propria attività..”.

“Inquinamento da rumore - obbligo per il datore di lavoro di

ridurre al minimo i rischi derivanti dall'esposizione al rumore

mediante le misure concretamente attuabili - i mezzi di protezione

dell'udito”76

.

Con il decreto legislativo n. 277 del 15 agosto 1991,il Governo ha dato

attuazione alle direttive C.E.E. comprese nell'elenco allegato alla

Legge 29 dicembre 1990 n. 428. Premesso che il datore di lavoro deve

ridurre al minimo i rischi derivanti dall'esposizione al rumore mediante

l‟attuazione di tutte le misure concretamente possibili, l'art. 41 di tale

decreto legislativo, fissa talune prescrizioni (esposizione di una

appropriata segnaletica, ecc.) relative ai luoghi di lavoro che possono

comportare un'esposizione personale quotidiana superiore a 90 dBA;

l'art. 42 precisa il contenuto della "informazione e formazione" che

deve essere trasmesso ai lavoratori esposti ad un rumore superiore a 80

76

Cassazione Civile, sez.Lavoro; 7 aprile 1998, n.3582,

95

od a 85 dBA; negli artt. 43 e 44 vengono indicati i mezzi di protezione

dell'udito da fornire ai lavoratori che siano effettivamente esposti ad

oltre 85 decibel ed i controlli sanitari cui essi devono sottoporsi; e

nell'art. 45, infine (Superamento dei valori limite di esposizione), viene

stabilito che, se nonostante le misure di applicazione previste dall'art.

41, comma primo, l'esposizione al rumore risulta superiore a 90 dBA,

il datore di lavoro ha l‟obbligo di comunicare all'organo di vigilanza le

misure tecniche ed organizzative applicate, informando i lavoratori o i

loro rappresentanti. Da ciò si evince , che i così detti valori - limite di

esposizione al rumore rappresentano una soglia inaccettabile, al cui

superamento gravano sul datore di lavoro specifici oneri, e che tuttavia

l'esposizione a rumori che pur raggiungendo soglie inferiori ma

superiori, in particolare, ad 85 decibel, richiede comunque l'adozione

di adeguati mezzi di protezione e la sottoposizione del lavoratore a

controllo sanitario; è da ritenersi, in definitiva, che anche l'esposizione

ad una rumorosità inferiore ai 90 decibel sia idonea a pregiudicare

l'apparato uditivo. “..secondo quanto affermato da questa Corte in un

una fattispecie sostanzialmente analoga a quella in esame77

, può quindi

affermarsi che l'accertamento che la rumorosità lavorativa svolta non

supera i valori indicati dall'art. 45 del d.l.vo n. 277 del 19919 non può

77

Cass. 26 agosto 1992, n. 9860

96

costituire idonea fonte di valutazione della richiesta diretta ad ottenere

la prestazione prevista per la malattia professionale denunciata, ne

quindi esime il giudice dall'indagine medico - legale in ordine alla

sussistenza o meno della malattia, atteso che la tabella delle malattie

professionali contempla la sola esposizione al rischio della lavorazione

e che, del resto, la diversa capacità di resistenza di ciascun organismo

esposto al rischio non può influire sul riconoscimento della

tecnopatia.”

“Inquinamento acustico - esposizione dei lavoratori a rumori

dannosi - l'adempimento dell'obbligo di legge da parte del datore

di lavoro - natura del reato”78

. La omessa valutazione del rischio da

rumore configura il reato di cui agli art. 40 e 50 d.lg. 15 agosto 1991 n.

277; questo ha natura permanente e la permanenza cessa con

l'adempimento dell'obbligo di legge da parte del datore di lavoro,

ovvero con la sentenza di primo grado.

“La delega dei compiti antinfortunistici - esonero della

responsabilità del datore di lavoro – condizioni”79

.

78

Cassazione penale, sez. III, 18 febbraio 1998, n.4133 79

Cass.Penale sez. IV 4 aprile 2002, sentenza 12771

97

La delega dei compiti antinfortunistici esonera da responsabilità il

datore di lavoro, a condizione che sia inequivoca, specifica e sia

accettata dal delegato. Ovviamente, quest'ultimo deve essere fornito di

adeguati mezzi di spesa. La Corte ha, altresì, stabilito che la prova di

tali condizioni spetta al datore di lavoro.

“Violazione di norme antinfortunistiche - la recidiva quale

insuperabile ostacolo ai fini del riconoscimento delle attenuanti

generiche - il pericolo l'incolumità dei lavoratori”.

Può essere anche vero che l'unico precedente in tema di violazione di

norme antinfortunistiche sia risalente nel tempo, anche se all'imputato

è stata contestata la recidiva infraquinquennale; ma, è pur sempre un

precedente che, proprio perché attinente alla violazione delle norme

che pongono in pericolo l'incolumità dei lavoratori, la Corte di Appello

ha correttamente sottolineato ritenendolo, con assoluta ragionevolezza,

parametro negativo e, quindi, di insuperabile ostacolo ai fini del

riconoscimento delle attenuanti generiche.

98

“L'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro

esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile - danno

biologico e morale - risarcimento dei danni non patrimoniali -

danno differenziale - responsabilità del datore di lavoro”80

.

L'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro esonera il

datore di lavoro dalla responsabilità civile per i danni occorsi al

lavoratore e ne limita l'azione risarcitoria al danno differenziale nel

caso di esclusione di detto esonero per la presenza di responsabilità

penali ex. art. 10 DPR n. 1124/1965: in sostanza, l'assicurazione copre

il danno patrimoniale legato alla riduzione della capacità lavorativa e

non il danno alla salute o quello morale di cui all'art. 2059 C.C. che il

lavoratore, in accordo con i principi ricavabili dalle sentenze della

Corte Costituzionale n. 356 e n. 485 del 1991, può rivendicare in caso

di sussistenza dei presupposti di responsabilità del datore di lavoro.

“Mobbing - delitto di maltrattamento”81

.

Commette il delitto di maltrattamento previsto dall'art. 572 c.p. il

datore di lavoro che realizzi nei confronti di lavoratori dipendenti

80

Cassazione del 16 giugno 2001 sentenza n. 8182 81

Cassazione Penale Sezione VI, del 12 marzo 2001, sentenza n. 10090

99

ripetute e sistematiche vessazioni atte a produrre in essi uno stato di

abituale sofferenza fisica e morale.

“Obbligo di formazione dei lavoratori: rischi specifici e

comuni”82

,

La Corte di Cassazione, con la sentenza 6 febbraio 2004, n. 4870, si è

pronunciata in tema di infortunio sul lavoro, ricordando che il risalto

palesemente dato dalle norme di legge, e in particolare dall'articolo 22

del Decreto legislativo 19 settembre 1994 n. 626, sulla necessità di

una sostanziale formazione del lavoratore sui rischi specifici non

consente al datore di lavoro di disinteressarsi dei rischi comuni

nell'ordinario svolgimento del lavoro sulla presunzione della loro

evidenza.La Suprema Corte ha ricordato, riportandosi a precedenti e

ben note pronunzie, che “..il responsabile della sicurezza deve avere la

cultura e la "forma mentis" del garante del bene costituzionalmente

rilevante costituito dalla integrità fisica del lavoratore ed ha perciò il

preciso dovere di non limitarsi ad assolvere formalmente il compito di

informare i lavoratori sulle norme antinfortunistiche previste, ma di

82

Corte di Cassazione IV Sez. pen. - Sentenza 6 febbraio 2004, n. 4870.

100

attivarsi e controllare sino alla pedanteria, che tali norme siano

assimilate dai lavoratori nella ordinaria prassi di lavoro..”

“Obbligo di formazione dei lavoratori: rischi specifici e comuni.-

Lavori pericolosi.- Obbligo di intesa.- Formazione dei

lavoratori.”83

La Corte di Cassazione conferma l‟incondizionato obbligo per il datore

di lavoro di formare ed educare in modo permanente, insistente e

ripetitivo i lavoratori, tra cui a maggior ragione coloro i quali vengano

destinati ,in solitario, a lavori pericolosi.

In questa sentenza La Suprema Corte si è occupata di un infortunio

occorso ad un dipendente di una società il quale mentre caricava un

camion di altra società esterna alla quale era stato dato in appalto il

servizio di trasporto dei rifiuti, a carico ultimato, constatato che il

telone di copertura si era impigliato sulle spallate del camion, era salito

sul bordo superiore del cassone servendosi di una scaletta di cui

l‟automezzo era dotato e, ciò facendo, aveva perso l‟equilibrio

cadendo da una altezza di circa due metri e mezzo e procurandosi

83

Corte di Cassazione, sezione IV penale, 7 dicembre 2000 n. 12775, Pres. Sciuto, rel. Battisti P.M.

Murie (conf.), ric. Fornaciari.

101

lesioni personali tali da tenerlo assente dal lavoro per tre mesi. Sia il

Giudice di merito che la Cassazione, hanno addebitato alla parte

datoriale la responsabilità di non aver reso sicuro l‟accesso al cassone

mediante adeguati mezzi di sicurezza, ad esempio funi o cinture di

sicurezza, non presenti invece sul luogo di lavoro, evidenziando inoltre

che l‟iniziativa del lavoratore di issarsi fino alla sponda del cassone

dell‟automezzo per sbrogliare il telone, e per agganciarlo affinché non

volasse via nel corso del viaggio, non può definirsi “isolata e

straordinaria” (come sostento dalla difesa dell‟imprenditrice), poiché

“..si trattò di operazione certamente rischiosa, ma non eccezionale, né

imprevedibile, come tale conosciuta o doverosamente conoscibile da

parte dell‟imputata..”.Così enunciati i principi fondamentali:“..in

materia di prevenzione degli infortuni non può ritenersi eccezionale,

imprevedibile, abnorme la condotta del lavoratore, dalla quale siano

derivate lesioni personali, posta in essere nell‟esecuzione del lavoro

che gli è stato affidato. Le norme antinfortunistiche, infatti, sono

previste dal legislatore anche per prevenire le imprudenze del

lavoratore e spetta incondizionatamente al datore di lavoro di adottare i

presidi di sicurezza previsti dalla legge o suggeriti dalla migliore

ricerca tecnica del settore. E questa adozione non significa e non può

102

significare che il datore di lavoro possa limitarsi a munire il lavoratore

di quei presidi, ma significa, anche e soprattutto, che il datore di lavoro

educhi il lavoratore ad avvalersene e accerti, quindi, sia che quegli sia

“formato/educato” a servirsene, sia che sia solito a farlo, vincendo le

prevedibili pigrizie. Questa educazione, o formazione, deve essere,

inoltre, tanto più attenta e insistita allorchè il lavoratore esegua lavori

in solitudine come quello di autotrasportatore, per la esecuzione dei

quali non può ragionevolmente pretendersi che il lavoratore sia

costantemente accompagnato dal datore di lavoro o da un preposto per

imporre il rispetto delle norme antinfortunistiche..”.

Come si evince dagli esempi di giurisprudenza riportati, vera “cartina

tornasole” dello stato dell‟arte sostanziale, oltre le previsioni

normative formali, della sicurezza e prevenzione sul lavoro, e

confortati da una giusta distanza temporale, dalla loro presa in

considerazione negli ordinamenti positivi, affinché anche le esigenze

di affidabilità delle discipline statistiche ed epidemiologiche potessero

essere soddisfatte, si può oggi affermare che la rapida trasformazione

tecnologica, ma anche l‟evoluzione socioeconomica dei paesi

industrializzati del nostro continente, hanno trasformato la natura del

103

rischio infortunistico ed il quadro ambientale in cui si svolge l‟attività

lavorativa.

Da realtà aziendali con un impiantistica sempre più sofisticata e

generalmente in regola con le sempre più esigenti norme comunitarie

di sicurezza, emergono dati inquietanti , in quanto si azzera

tendenzialmente il rischio legato al “grande e gravissimo infortunio”,

per lasciare il posto ad un troppo elevato numero di micro incidenti sul

lavoro, di gravità medio-bassa al punto da non venire nemmeno

sempre classificati come infortuni, ma di costo sociale elevatissimo.

Da tutti gli studi di settore, autorevole nel nostro paese il rapporto

INAIL-CENSIS e le considerazioni elaborate dall‟Osservatorio

Statistico Attuariale dal titolo “Verso un modello partecipato di

prevenzione”, ma ormai numerosi nei paesi UE e tutti convergenti agli

stessi risultati, emerge come forte criticità ed urgente necessità una

maggiore formazione e consulenza sui rischi unitamente alla necessità

di unificazione del quadro normativo, (siamo nel nostro paese ai

dettagli sulla definitiva stesura di un testo unico in materia).

Si pone dunque una forte attenzione sui paradigmi culturali della

prevenzione e sicurezza , temi in cui disattenzione e fatalità sono

ormai diventati un luogo comune, l‟ormai più importante fattore di

104

rischio degli eventi infortunistici ma anche capro espiatorio di

motivazioni necessarie ad eventi inspiegabili.

Ad un‟analisi multidisciplinare rivolta alla comprensione di tutti i

possibili fattori e cause di questi fenomeni, impegno ad oggi costante

di tutte le organizzazioni istituzionali sul lavoro tanto dell‟Unione

Europea84

, quanto di ogni singolo Stato membro ma anche

dell‟Organizzazione Internazionale del Lavoro85

, emerge con chiarezza

che l‟attuale fenomeno infortunistico dato dal progressivo

trasferimento del rischio verso eventi lesivi di minore gravità ma di

elevato costo socioeconomico sia imprescindibilmente legato al lavoro

che cambia ed alle nuove dinamiche occupazionali.

Se ad esempio, dopo il primo momento di stupore davanti all‟inatteso

risultato, nel nostro paese, di una correlazione inversa tra rischio di

infortunio e indice di rischio sommerso, se ne considerano le possibili

cause, si scopre che nei territori ad alto indice di lavoro sommerso,

corrisponde un‟elevata incidenza di omissione di denuncie di infortuni

ed incidenti occorsi durante lo svolgimento di attività lavorative,

proprio perché prestazioni rese “in nero”.

84

dalla Commissione Europea sull‟Impiego e gli Affari sociali ed il suo Comitato consultivo per la

sicurezza e la salute sul luogo di lavoro, all‟Agenzia Europea per la sicurezza e la salute sul posto

di lavoro 85

OIL, presso le Nazioni Unite

105

Quindi un dato appare evidente: il lungo cammino verso l‟emersione

di tutte le forme di lavoro illegale, iniziata con il “Libro Bianco”, può

ingannevolmente elevare il numero degli infortuni nelle statistiche, in

quanto “recupera” al conteggio quegli incidenti che ad oggi finivano

sotto altre cause; indubbiamente la maggiore flessibilizzazione e

deregolamentazione del mercato del lavoro ed anche l‟introduzione di

nuove forme e modelli contrattuali, comportano un inevitabile periodo

di adattamento che può disorientare prima di arrivare ad una loro

approfondita conoscenza.

C‟è comunque anche un trasferimento del rischio infortunistico verso i

soggetti più deboli del mercato del lavoro, in particolare le donne e la

spiegazione anche in questo caso riguarda fattori socioeconomici e

culturali: nell‟occupazione femminile si ricorre spesso a forme di

lavoro atipiche, con conseguente combinazione tra tempi ed orari di

lavoro e di impegni familiari tali da abbassare la soglia di attenzione e

di percezione del rischio.

Anche il sempre maggiore ricorso al lavoro individuale risulta un

fattore di criticità per la sicurezza ed il rischio infortunistico: le

trasformazioni conseguenti dalla new economy ed alle esigenze indotte

dalle dinamiche della destrutturazione del sistema di impresa, con la

106

conseguente esternalizzazione e decentramento di fasi produttive,

generano un continuo aumento del numero di ditte individuali i cui

titolari, sottoponendosi a ritmi e tempi incalzanti in funzione del

guadagno, abbassano il loro livello di attenzione aumentando così la

loro esposizione al rischio come infatti si evince dall‟elevato numero

di infortuni accaduti nella categoria.

107

Capitolo quarto

IL LAVORO MARITTIMO

“I lavoratori del mare”, mutuando l‟espressione del titolo di un

romanzo di Victor Hugo86 , rappresentano una realtà del tutto

particolare in campo occupazionale. L‟ambiente lavorativo mutevole

(il mare), il luogo di lavoro (gli ambienti e le attrezzature della nave)

e la durata dell‟esposizione a diversi agenti (che di fatto si protrae per

l‟intera durata dell‟imbarco) costituiscono peculiari fattori di rischio

per la salute degli operatori.

Le condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori del mare sono state

oggetto di analisi da parte di diverse normative che, sia a livello

nazionale, comunitario e con particolare intensità in ambito globale,

con il dichiarato intento di ridurre gli infortuni mortali e di infortuni

gravi.

Tuttavia l‟approccio non si è connotato è stato in termini di

prevenzione, se non nel caso del comparto della pesca; per la restante

parte del settore marittimo (trasporto di persone, merci, ecc.) non è

86

I lavoratori del mare (Les Travailleurs de la mer) è un romanzo di Victor Hugo. L'opera è

dedicata all'isola di Guernsey, dove Hugo passò 15 anni in esilio.

108

agevole evincere una modalità di accostamento al problema, che

prevede anche l‟analisi delle cause degli infortuni e che può sfociare

in proposte nell‟ottica della limitazione dei rischi e dei danni.

I dati forniti dalle Organizzazioni Internazionali - Organizzazione

Internazionale del Lavoro (OIL)87

, International Maritime

Organization (IMO)88

, e la Food and Agriculture Organization

(FAO)89

- e dalla Commissione europea (Direzione Generale per

l'Occupazione, gli Affari Sociali e le Pari Opportunità - Unità “Salute,

Sicurezza e Igiene sul Lavoro”), comunque, evidenziano che in

Europa l‟attività della pesca ha un‟incidenza di infortuni mortali

superiore a quella dell‟industria di trasformazione . Tale situazione

87 L'Organizzazione Internazionale del Lavoro è un'agenzia specializzata delle Nazioni Unite

che si occupa di promuovere la giustizia sociale e i diritti umani internazionalmente riconosciuti,

con particolare riferimento a quelli riguardanti il lavoro in tutti i suoi aspetti. È stata la prima

agenzia specializzata a far parte del sistema delle Nazioni Unite nel 1946, ma la sua fondazione

risale al 1919 in seno alla Società delle Nazioni. Ne fanno parte 178 Stati e le lingue ufficiali sono

inglese, francese e spagnolo. Ha sede principale a Ginevra. In Italia è presente a

Torino.L'Organizzazione è comunemente conosciuta attraverso i suoi acronimi: ILO in inglese

(International Labour Organization), OIT in francese (Organisation International du Travail) e

OIL in italiano.

88 L'Organizzazione marittima internazionale, in acronimo IMO (dall'inglese International

Maritime Organization) è un'agenzia autonoma delle Nazioni Unite incaricata di sviluppare i

principi e le tecniche della navigazione marittima internazionale, promuovere la progettazione e lo

sviluppo del trasporto marittimo internazionale rendendolo più sicuro ed ordinato.

89

L'Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) è

un‟agenzia specializzata delle Nazioni Unite con il mandato di aiutare ad accrescere i livelli di

nutrizione, aumentare la produttività agricola, migliorare la vita delle popolazioni rurali e

contribuire alla crescita economica mondiale. La FAO lavora al servizio dei suoi paesi membri per

ridurre la fame cronica e sviluppare in tutto il mondo i settori dell‟alimentazione e dell‟agricoltura.

Fondata il 16 ottobre 1945 a Città del Québec, Québec, Canada, dal 1951 la sua sede è stata

trasferita da Washington a Roma. Da Novembre 2007[1]

, ne sono membri 191 paesi più la

Comunità Europea.

109

suggerisce alla comunità scientifica la necessità di un

approfondimento riguardante i determinanti di questi infortuni, con

l‟obiettivo di programmare ed attuare efficaci interventi preventivi.

Con presente studio si intende analizzare i dati relativi agli infortuni

avvenuti a bordo di natanti e segnalati alle Capitanerie di Porto

secondo quanto previsto dalla normativa vigente, ossia il Decreto

Legislativo 27 luglio 1999, n. 271 - Adeguamento della normativa

sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a bordo delle navi

mercantili da pesca nazionali, a norma della legge 31 dicembre 1998,

n. 485 (Gazzetta Ufficiale n. 185 del 9 agosto 1999, SO n. 151), al

fine di quantificare e determinare la gravità degli eventi accaduti ai

lavoratori del comparto marittimo.

Le analisi effettuate potrebbero consentire lo sviluppo di

raccomandazioni, indicazioni procedurali, supporti ed azioni di tipo

informativo-formativo per interventi di prevenzione mirati.

Un ruolo importante nella formazione dei futuri lavoratori marittimi

italiani è dato dall‟Accademia Italiana della Marina Mercantile90

, un

90 L'Accademia Italiana della Marina Mercantile è un istituto di formazione per personale

marittimo per la carriera di coperta o di macchina

110

istituto di formazione post-diploma IFTS indirizzato al personale

direttivo marittimo.

L'offerta formativa di base dell'Accademia si indirizza essenzialmente

ai giovani che intendano intraprendere la carriera marittima come

Capitano di Lungo Corso o come Direttore di Macchina.

L'Accademia Italiana della Marina Mercantile è un soggetto senza fini

di lucro, e i suoi corsi, cui si accede dopo una selezione, sono gratuiti,

in quanto finanziati dal Ministero della Pubblica Istruzione.

Per tutti gli anni 1980 e buona parte degli anni 1990 l'armamento

italiano ha puntato, per motivi essenzialmente economici, all'utilizzo

di forza lavoro straniera a bordo delle proprie navi mercantili, finendo

così da un lato per trascurare la lunga tradizione marinara italiana,

dall'altro per chiudere le porte e disincentivare all'accesso delle

professioni marittime le giovani generazioni nazionali.

Alla lunga "l'andar per mare" è diventato un lavoro poco ambito, uno

di quei lavori che "gli italiani non vogliono più fare".

La fonte principale del personale marittimo direttivo, ossia gli istituti

scolastici a indirizzo nautico, hanno conosciuto così un graduale

declino, confermato dal fatto che una crescente quota di diplomati

111

presso queste scuole assai raramente poi intraprendeva la carriera di

ufficiale.

A complicare il quadro fu anche la fissazione di standard di legge

internazionali per il personale di bordo, che resero la preparazione

degli istituti nautici statali italiani quantitativamente insufficiente: se

da un lato la scuola forniva all'allievo tutti gli strumenti teorici

indispensabili per affrontare la professione marittima, dall'altro le

leggi richiedevano patenti, certificati ed esperienza aggiuntive, che

l'allievo doveva provvedere autonomamente ad acquisire, effettuando

corsi di formazione a pagamento di stampo internazionale riconosciuti

dai nostri ministeri.

Nel dettaglio il passaggio da diplomato nautico (allievo ufficiale) a

ufficiale può avvenire, sulla base della normativa, solo dopo aver

conseguito le patenti relative ai corsi sulla sicurezza IMO-STCW91

(STCW - Standards of training, certification and watchkeeping),

costituiti dal seguente "pacchetto formativo ":

Corso di Primo soccorso;

Corso di Sicurezza e salvataggio;

91

STCW (Standards of training, certification and watchkeeping) è una convenzione

internazionale creata da l'IMO (International Maritime Organizzation) e L'ILO (International

Labour Organization).

112

Corso di Sicurezza personale e Responsabilità sociale;

Corso di Antincendio di base;

Corso di Antincendio avanzato;

Corso di Radarista (osservatore semplice e, in taluni casi, anche

osservatore al radar elettronico).

La convenzione STCW, adottata in sede IMO nel 1978 e

completamente rivisitata nel 1995, è lo strumento normativo

internazionale che fissa gli standard di competenza professionale

propri ad ogni figura professionale e ne disciplina la relativa attività di

certificazione.

Questi corsi del “pacchetto IMO-STCW”sono particolarmente

impegnativi, ma soprattutto fuori dalla portata degli istituti scolastici

classici che solo in rari casi sono in grado di organizzare l'acquisizione

da parte degli allievi di tali patenti.

L'aspirante ufficiale di macchina o di coperta, dunque, dopo il diploma

deve provvedere autonomamente e a sue spese all'acquisizione di

questi titoli, rivolgendosi a soggetti formativi e di addestramento

privati.

113

Lo scrivente ha svolto per alcuni anni funzioni di tutoraggio ed anche

di docenza nei corsi tenuti a Taranto da un ente di formazione la

T.S.T. (Tema Safety and Training)92

.

Nel percorso formativo, insieme a queste "patenti" è indispensabile

aver effettuato almeno 18 mesi di esperienza a bordo, certificati nel

libretto di navigazione (il documento d'identità e di lavoro del

lavoratore marittimo), di cui almeno 6 come allievo ufficiale. Questi

passaggi nel tempo hanno creato uno scollamento notevole tra il

percorso scolastico e lo sbocco lavorativo, allontanando istruzione e

impresa. Da un lato infatti la necessità di specializzare la propria

formazione e l'addestramento richiede tempo e risorse economiche

significative, che non tutte le famiglie sono in grado di sostenere;

dall'altro la necessità di reperire imbarchi, che corrisponde alla ricerca

di un lavoro, ha rappresentato una notevole difficoltà per il marittimo,

specie nel momento in cui il trend delle compagnie di navigazione era

indirizzato all'imbarco di personale straniero, più conveniente dal

punto di vista economico.

92

La Tema Safety & Training Srl, costituitasi nell‟anno 2001, è una società italiana di consulenza

e formazione sulla safety and security la cui attività è rivolta ad offrire ai propri clienti assistenza

nell‟ambito della prevenzione, nell‟ottenimento delle certificazioni e a promuovere la formazione

in ogni ambito lavorativo.

114

Nel corso dei decenni, dunque, questo "vuoto formativo" è diventato

un disincentivo per i giovani a intraprendere gli studi prima e la

carriera poi nell'ambito marittimo, svuotando la flotta mercantile

italiana di quel personale professionale e ad alta caratterizzazione di

efficienza che storicamente ha sempre caratterizzato la marineria

italiana. Lo scollamento tra scuola e impresa, poi, ha determinato

anche un abbassamento evidente nello standard delle performance

qualitative espresse dalle compagnie di navigazione.

L'aspetto delle gratuità fu un elemento su cui conversero tutti i

progettisti e successivamente i soci dell'Accademia Italiana della

Marina Mercantile.

Uno degli elementi che più allontanava i giovani dalla carriera

marittima era la spesa richiesta per l'acquisizione delle patenti

richieste per legge, e gli alti costi per i corsi di specializzazione fissati

da altre strutture formative private di settore.

Su questa linea si decise di sfruttare le linee dei finanziamenti per i

corsi I.F.T.S. (Istruzione e Formazione Tecnica Superiore), inventati

dal Ministero della Pubblica Istruzione con l'esplicita finalità di

115

specializzare i giovani in specifici ambiti economici, per avvicinarli in

modo concreto al mondo del lavoro.

Ufficiale di Navigazione, Sezione Coperta

Ufficiale di Navigazione, Sezione Macchina

Ufficiale Commissario di Bordo.

I periodi di riposo precedono e seguono i periodi d'imbarco, e hanno

durate variabili. I periodi di imbarco si svolgono a bordo solamente di

navi battenti bandiera italiana, per garantire all'allievo le tutele

sindacali e l'imbarco a libretto, diritti protetti dalle leggi italiane. Le

navi su cui imbarcano gli allievi sono di diverse tipologie: passeggeri,

chimichiere, gasiere, merci, traghetti.

Gli imbarchi durano in media quattro mesi, e durante l'esperienza di

lavoro a bordo l'allievo riceve il trattamento dell'allievo ufficiale,

contrattualizzato secondo il CCNL. L'esperienza a bordo viene

registrata nel "Training book", fornito gratuitamente a tutti i cadetti.

116

Capitolo Quinto

INDAGINE SULLE CAUSE DI INFORTUNIO DEI

LAVORATORI MARITTIMI

Da vari studi di settore emerge un quadro che evidenzia per i

lavoratori marittimi livelli di rischio infortunistico elevati, soprattutto

in riferimento agli eventi mortali. L‟Organizzazione Internazionale del

Lavoro (OIL) ha recentemente approvato la nuova e tanto attesa

Convenzione sul Lavoro Marittimo del 200693

nella quale vengono

riuniti ed aggiornati 68 documenti (Convenzioni e Raccomandazioni

ILO) e sono stabiliti importanti principi su salute e sicurezza dei

lavoratori marittimi, sull‟inquinamento ambientale e sull‟attività di

supervisione e coordinamento riguardanti le condizioni delle navi

anche in relazione alle operazioni che i lavoratori delle navi stesse ed i

lavoratori portuali svolgono in porto. In Italia il recepimento delle

Direttive europee di settore, avvenuto nel 1999, ha colmato un vuoto

normativo che preoccupava gli operatori della prevenzione, proprio

93

Ginevra, 23 febbraio 2006

117

perché il settore della navigazione marittima presenta caratteristiche

peculiari di rischio.

In risposta al nuovo quadro normativo, l‟Istituto Superiore per la

Prevenzione e Sicurezza del Lavoro (ISPESL)94

ha avviato nel 2001

un progetto di ricerca per l‟implementazione di un sistema

informativo di prevenzione nel settore marittimo, all‟interno del quale

il recupero e l‟ottimizzazione dei flussi informativi relativi agli

infortuni ed alle malattie professionali rappresentano la fase di analisi

necessaria per pianificare interventi di prevenzione, attraverso la

creazione e la divulgazione di supporti informativi e formativi diretti

ai diversi attori del sistema nazionale per la sicurezza sul lavoro.

L‟indagine che qui viene

presentata, quindi, si inserisce in questo ambito progettuale e si

prefigge di quantificare gli infortuni dei lavoratori del mare, la loro

gravità e le loro cause, in un‟ottica di prevenzione.

94 SPESL è l'acronimo di Istituto Superiore per la Prevenzione E la Sicurezza del Lavoro, un

ente di diritto pubblico del settore della ricerca, sottoposto alla vigilanza del Ministero del Lavoro,

della Salute e delle Politiche Sociali. E' organo tecnico-scientifico del Servizio Sanitario Nazionale

di ricerca, sperimentazione, controllo, consulenza, assistenza, alta formazione, informazione e

documentazione in materia di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, sicurezza

sul lavoro e di promozione e tutela della salute negli ambienti di vita e di lavoro, del quale si

avvalgono gli organi centrali dello Stato preposti ai settori della salute, dell'ambiente, del lavoro,

della produzione e le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.E' focal point italiano

nel network informativo dell'Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro.

118

Lo studio è basato sull‟osservazione delle informazioni contenute

nelle schede degli infortuni ricevute dalle Capitanerie di Porto e si

riferisce agli eventi avvenuti in Italia al personale marittimo nel

periodo 2007 - 2008.

L‟analisi dei dati e gli approfondimenti sulle cause degli infortuni sul

lavoro sono stati realizzati mediante procedure statistiche e condotti in

modo da dare priorità alla ricostruzione dell‟evento ed

all‟individuazione delle cause che lo hanno determinato. Si sono

applicate metodologie di statistica descrittiva, non essendo i dati

osservati un campione, ma anzi costituendo virtualmente

essi l‟universo da studiare.

Il risultato principale di questa prima analisi dei flussi informativi

provenienti dalle Capitanerie di Porto riguarda la modalità di

accadimento degli incidenti che si presenta con maggiore frequenza:

la caduta a bordo. Le cadute a bordo sembrerebbero non essere tanto

legate alle condizioni climatiche, alla forza delle onde o a fattori

riconducibili ai pericoli del mare, quanto soprattutto alla specifica

attività lavorativa svolta dal personale di bordo.

Questa osservazione evidenzia l‟importanza del fattore

“organizzazione del lavoro a bordo” nell‟ambito dei determinanti

119

degli infortuni, che troppo spesso invece vengono imputati a “cause

accidentali”. La conoscenza approfondita dei cicli lavorativi e l‟attenta

e corretta valutazione dei rischi a bordo, grazie ad un‟analisi dei

determinanti infortunistici, potranno portare alla individuazione delle

“buone pratiche”95

per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e

salute dei lavoratori marittimi.

Questa indagine sugli infortuni è stata effettuata anche grazie alla

collaborazione fornita dal Comando Generale del Corpo delle

Capitanerie di Porto che, trasmettendo anche all‟Istituto Superiore per

la Prevenzione e Sicurezza del Lavoro (ISPESL) le schede di

rilevazione degli infortuni, ha permesso di intraprendere un processo

di ottimizzazione dei flussi di dati infortunistici del comparto

marittimo, quale supporto alla programmazione di interventi di

prevenzione e protezione.

MATERIALI E METODI

95

Riferimento alle best practies introdotte nel nuovo Codice ILO

120

La segnalazione di un infortunio di un marittimo avviene tramite

schede standardizzate disciplinate all‟art. 26, comma 2, del D. Lgs.

271/99, l‟attuale formato delle schede è quello previsto dal Decreto

Ministeriale del 30 maggio 2000, che vengono presentate alla

Capitaneria di Porto competente, (Ministero dei Trasporti e della

Navigazione - Approvazione del modello del registro degli infortuni e

della scheda di rilevazione statistica degli infortuni a bordo delle navi

mercantili e da pesca nazionali , Gazzetta Ufficiale n. 146 del 24

giugno 2000). La struttura di tale scheda di infortunio è diretta

principalmente alla rilevazione specifica dell‟evento infortunistico e

delle sue conseguenze. L‟ISPESL ha sottoscritto un accordo con il

Comando Generale delle Capitanerie di Porto che prevede che tutte le

Capitanerie di Porto italiane trasmettano all‟Istituto copia delle schede

di infortunio ad esse prevenute.

L‟importanza che l‟ISPESL abbia un database costruito su queste

schede (finora poco sfruttate da un punto di vista di prevenzione)

consiste nel fatto che la scheda chiede notizie che approfondiscono

l‟evento più di quanto non facciano i dati degli archivi dell‟Istituto

Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro

121

(INAIL)96

e dell‟Istituto di Previdenza per il Settore Marittimo

(IPSEMA)97

. La scheda infatti (come si desume dalla Tabella A ,

riportata nelle pagine che seguono) è composta da diverse sezioni

contenenti informazioni sul natante (tipo, armatore e nome), sul

lavoratore (ad esempio nazionalità, età e qualifica a bordo), sulle

condizioni in cui gli incidenti si sono verificati (ad esempio condizioni

del mare, posizione della nave e occupazione del lavoratore al

momento dell‟incidente), sulle caratteristiche e le conseguenze

dell‟incidente (ad esempio tipo di lesione, parte del corpo interessata e

misure adottate) ed, infine, su quelle che vengono definite le “cause”

dell‟infortunio (rappresentate da modalità come caduta a bordo per

scivolata, esplosione, attrezzature da ormeggio, ecc.).

Nella versione della scheda trasmessa all‟ISPESL, in rispetto alle

leggi sulla privacy98

, alcuni campi contenenti dati sensibili sono

96

L‟Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL) è un ente

pubblico non economico italiano istituito nel 1933 con lo scopo di tutelare, dal punto di vista

assicurativo, le vittime degli infortuni sul lavoro. Nato come INFAIL (acronimo di Istituto

Nazionale Fascista per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro) venne rinominato INAIL

nel 1943, dopo la caduta del fascismo. 97

L'IPSEMA, o Istituto di Previdenza per il Settore Marittimo, è un ente pubblico previdenziale

che ha il compito precipuo di assicurare la tutela previdenziale, infortunistica e delle malattie

professionali ai soli dipendenti del settore marittimo. Con il D. Lgs. n. 479/1994 dalla fusione

delle tre Casse, nasce l'IPSEMA, l'Istituto di Previdenza del Settore Marittimo.

98 La legislazione sulla privacy in Italia è attualmente contenuta nella Costituzione (articoli 15 e

21), nel Codice penale (Capo III - Sezione IV) e - parzialmente - nel Decreto legislativo 30 giugno

2003, n. 196, intitolato Codice in materia di protezione dei dati personali e noto

impropriamente [1]

anche come Testo unico sulla privacy.Il D.Lgs 196/2003 abroga la precedente

legge 675/96, Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali, che

era stata introdotta per rispettare gli Accordi di Schengen ed era entrata in vigore nel maggio 1997.

122

oscurati (nome del lavoratore, dell‟armatore e della nave). Nella

pratica gli infortuni effettivamente segnalati sono quasi

esclusivamente quelli che hanno comportato uno sbarco a terra, ma si

nota che anche per i dati dei due istituti assicuratori (INAIL e

IPSEMA) sussiste lo stesso problema.

Nel periodo osservato (2007 - 2008) sono pervenute all‟ISPESL 1.114

schede infortuni. La quantità di schede, pur essendo consistente per

affrontare un primo studio statistico, rappresenta, in base alle verifiche

effettuate per il 2008, circa la metà degli infortuni avvenuti in totale,

queste sono informazioni deducibili dal numero delle Capitanerie di

Porto che non hanno mai inviato schede infortuni e dal numero delle

denunce presentate presso l‟IPSEMA nel 2008.

Potenzialmente, quindi, le schede degli infortuni dei marittimi sono

riferite a tutti gli eventi subiti dai lavoratori del mare; pur non essendo

così nella pratica, però, i dati contenuti in esse non possono essere

considerati e trattati come un campione casuale o rappresentativo: per

questo motivo l‟analisi si è basata sulla sola statistica descrittiva.

Con il tempo a tale norma si erano affiancate ulteriori diverse disposizioni, riguardanti singoli

specifici aspetti del trattamento dei dati, che sono state riassunte nel Testo Unico vigente, entrato

in vigore il 1º gennaio 2004.Sull'applicazione della normativa vigila l'Autorità Garante per la

protezione dei dati personali, istituita dalla L. 675/1996 e confermata dal Testo Unico del 2003.

123

124

Tabella A - Scheda di rilevazione degli infortuni dei lavoratori

marittimi. Informazioni desumibili, divise per tipologia

Fonte: elaborazioni ISPESL su scheda rilevazione infortuni marittimi

IMBARCAZIONI LAVORATORE LAVORATORE INCIDENTE

INFORTUNIO

Tipo nave Nazionalità Data Natura della lesione

Armatore Qualifica a bordo Ora Zona della lesione

Nome nave Sezione Condizioni luce Causa dell’incidente

Durata abituale dell’uscita in mare

Misure adottate

Posizione nave al momento dell’incidente

Conseguenze

Tempo di permanenza al lavoro dell’infortunato al momento dell’incidente da <2h a>7h consecutive

Condizione meteorologiche: forza del vento, forza del mare

Luogo dell’incidente

Occupazione del lavoratore al momento dell’incidente

125

Le schede ricevute sono state protocollate ed archiviate mediante l‟uso

di un software di gestione di dati prodotto dall‟Istituto. Nel database

sono stati inseriti tutti i campi contenuti nella scheda ed, inoltre, un

campo relativo alla Capitaneria di Porto che ha provveduto all‟invio

della scheda stessa. Una volta archiviati i dati, si è proceduto al

trattamento degli stessi attraverso l‟applicativo statistico SPSS99

. La

prima fase del trattamento ha riguardato l‟eliminazione degli errori di

digitazione avvenuti nella fase di inserimento. Nel corso di questa

fase, sono state calcolate le distribuzioni di frequenza per tutte le

variabili e sono state ricodificate in classi le variabili riguardanti l‟ora

dell‟incidente e la parte del corpo infortunata. Successivamente,

considerato l‟alto numero di modalità all‟interno del campo “qualifica

a bordo”, si è creata la nuova variabile “qualifica” (Tabella B,

riportata nella pagina seguente),con sette modalità.

99

SPSS v. 16.0, SPSS Inc., Chicago Illinois, USA

126

Tabella B - Qualifiche a bordo. Classificazione aggregata

CLASSE QUALIFICA DETTAGLIO QUALIFICA

(in base al dato originario della qualifica a bordo)

1 Comandante Comandante, Comandante in seconda, Direttore di macchina, Capo commissario, Direttore sanitario

2 Ufficiali e Allievi 1° Ufficiale di coperta, 1° Ufficiale di macchina, 1° Commissario, 2° Ufficiale di coperta, 2° Ufficiale di macchina, 2° Commissario, 3° Ufficiale di coperta, 3° Ufficiale di macchina, 3° Commissario, Allievo uff. di coperta, Allievo uff. di macchina, Allievo commissario

3 Personale di coperta nostromo, marinaio, giovanotto di coperta, mozzo

4 Altro personale di coperta carpentiere, ottonaio, operaio di coperta, pompiere, addetto al garbage utility

5 Altro personale di macchina (sottoufficiali e comuni)

capo operaio, operaio meccanico, operaio motorista, elettricista, ingrassatore, saldatore, tubista, giovanotto di macchina

6 Altro personale di Hotel e servizi (sottoufficiali e comuni)

Maître d'hôtel, cuoco,

cambusiere, bottigliere, panettiere, pasticciere, macellaio, garzone di cucina, piccolo di cucina, lavapiatti, maestro di casa, guardarobiere, cameriere, garzone di camera, piccolo di camera, lavandaio, stiratore, assistente di ufficio, tipografo, operatore, hostess, estetista, manicure, parrucchiere, orchestrale, ginnasta ecc.

7 Personale del servizio sanitario 1° medico, 2° medico, 3° medico, Infermiere/a

Fonte: elaborazioni ISPESL su scheda rilevazione infortuni marittimi

127

Le frequenze di questa nuova variabile ed il relativo incrocio con il

campo “tipo nave” hanno permesso di osservare che le qualifiche sono

fortemente legate al tipo di nave. Alla luce di questa informazione è

stato aggregato anche il campo “tipo nave” secondo il principio della

finalità di utilizzo dell‟imbarcazione (Tabella C,riportata nella pagina

che segue).

128

Tabella C - Tipo nave. Classificazione aggregata

TIPO NAVE AGGREGAZIONE

Navi per il trasporto di carico liquido Navi da carico generale Navi per il trasporto di contenitori

Navi per il Trasporto Merci

Navi da pesca Navi da Pesca

Aliscafi Navi veloci Navi traghetto Navi per il trasporto di passeggeri

Navi per il Trasporto di Persone

Rimorchiatori Rimorchiatori

Altro Altre Navi

Fonte : elaborazioni ISPESL su scheda rilevazione infortuni marittimi

129

Con queste nuove aggregazioni, si osserva che l‟82% degli infortuni

coinvolge navi dedite al trasporto di persone, alla pesca ed al trasporto

di merci. Considerata l‟alta percentuale, per ognuna di queste tre

tipologie sono state effettuate analisi di approfondimento, verificando

che l‟alta frequenza delle “cadute a bordo” è comune a tutti i tipi di

nave. In particolare, questo tipo di infortunio riguarda maggiormente i

lavoratori che hanno la qualifica di marinaio sulle navi da pesca e di

personale di hotel o di servizio sulle navi dedite al trasporto di

persone. Si è stabilito, quindi, di risalire alle principali cause che

determinano questo tipo di incidente. Con tale proposito, si è

esaminata la variabile “causa dell‟incidente”, concentrandosi sulle tre

modalità relative alle cadute (a bordo e oltre-bordo100

): per scivolata,

per ondata, per altre cause. Utilizzando le tre modalità, per ogni tipo di

nave si sono prodotte nuove distribuzioni di frequenza e nuove tavole

di contingenza tra variabili relative al lavoratore, all‟incidente e

all‟infortunio.

100

Spesso bei testi e documenti ufficiali viene utilizzato l‟acronimo MOB, dall‟inglese man over

board

130

Tabella D.1 - Analisi delle cadute a bordo e oltre-bordo.

(periodo 2007 - 2008) Tipi di navi

Variabile Modalità Trasporto persone Pesca Trasporto merci Totale

Freq % Freq % Freq. % Freq. %

Castello di prua 6 2.33 3 2.63 4 5.71 13 2.95 Ponte principale 12 4.67 47 41.23 19 27.14 78 17.69 Ponte imbarcazioni 6 2.33 1 0.88 7 1.59 Ponte comando 6 2.33 5 4.32 0 11 2.49 Altro ponte 15 5.84 6 5.32 4 5.71 25 5.67 Verricello principale 1 0.39 2 1.75 1 1.43 4 0.91 Verricelli secondari 0 0.00 1 0.88 0 1 0.23 Plancia 1 0.39 1 0.88 2 0.45 Stiva 3 1.17 2 1.75 4 5.71 9 2.04 Locali macchina 29 11.28 9 7.89 12 17.74 50 11.34 Luogo Cucina/refertorio 31 12.06 1 0.88 3 4.23 35 7.94 incidente Alloggi 33 12.84 4 3.51 4 5.71 41 9.30 Accesso nave 3 1.17 2 1.75 5 1.13 Via di fuga 1 0.39 1 0.23 Accessi/vie di

circolazione/scale 59 22.96 9 7.89

10 14.23 78 17.69

Locali chiusi 5 1.95 2 1.75 5 7.14 12 2.72 Depositi 4 1.56 0 0 4 0.91 Locali garage 16 6.23 0 0 16 3.63 Tragitto casa/lavoro 0 0.00 0 4 5.71 4 0.91 Altro ambiente di

lavoro 26 10.12 19 16.67 45 10.20

Fonte: elaborazioni ISPESL su dati Capitanerie di Porto

131

Tabella D.2 - Analisi delle cadute a bordo e oltre-bordo.

(periodo 2007 - 2008) Qualifica dell’infortunato

Variabile Modalità Trasporto

Persone Pesca Trasporto

merci Totale

Qualifica a Bordo

Freq % Freq % Freq % Freq % Comandante 10 4.37 12 12.24 8 13.79 30 7.79 Ufficiali e Allievi

17 7.42 2 2.04 13 22.41 32 8.31

Personale di coperta

56 24.45 67 68.37 24 41.38 147 38.18

Altro personale di coperta

14 6.11 4 4.08 3 5.17 21 5.54

Altro personale di macchina

29 12.66 10 10.20 9 15.52 48 12.47

Altro personale di Hotel e servizi

103 44.98 3 3.06 1 1.72 107 27.79

Fonte: elaborazioni ISPESL su dati Capitanerie di Porto

132

I risultati sono stati messi a confronto tra loro per capire se nei diversi

tipi di imbarcazione le condizioni ambientali in cui si verificano gli

incidenti sono le medesime. Ciò ha permesso di arrivare ad alcune

considerazioni utili allo studio dei pericoli e dei fattori di rischio che

possono provocare infortuni.

RISULTATI

I dati analizzati riguardano 1.194 schede di infortuni avvenuti tra il

2008 e il 2009. I dati relativi agli infortuni per tipo di nave ( Tabella

001 ) mostrano che gli incidenti avvengono con maggiore frequenza

nelle navi che trasportano persone (489 pari a 47%) catalogate come

aliscafi, navi veloci, navi traghetto o navi per il trasporto di

passeggeri, nelle navi da pesca (234 pari a 22%) e nelle navi per il

trasporto delle merci (135 pari a 13%): in queste tre tipologie di

imbarcazione si concentra l‟82% degli incidenti.

133

TABELLA 001

Per quanto riguarda le qualifiche degli infortunati, il personale di

coperta risulta essere il più coinvolto, con il suo 32% degli eventi

denunciati, seguito da altro personale di hotel e di servizio, con il

21%. La causa principale di infortunio è la caduta a bordo per

scivolata (42%), mentre la parte della nave in cui si verificano più

incidenti è il ponte principale (18%); inoltre le contusioni ed i colpi

134

(51%) sono i danni fisici più frequenti. Le lesioni riguardano

soprattutto gli arti inferiori (24%) e le mani (18%). Il 44% degli

incidenti accadono nella fascia oraria compresa tra le 6:00 e le 12:00

del mattino e per l‟80% dei casi è stata richiesta una esenzione dal

servizio maggiore di 24 ore.

La descrizione delle cause di incidente, come già indicato, si è

concentrata sulle cadute. Sommando le frequenze delle diverse cause

di caduta a bordo e oltre-bordo (per scivolata, per ondata e per altre

cause) si arriva al 55% degli infortuni subiti dai lavoratori marittimi; il

restante 45% è suddiviso in altre tredici modalità, ognuna delle quali

non raggiunge il 5%. Nella tabelle riepilogativa 001 sono stati

riportati, relativamente alle cadute, i valori assoluti e percentuali delle

distribuzioni doppie degli infortuni per la variabile “tipo di nave”

accoppiata con diverse variabili ambientali e anagrafiche. Dal

confronto dei dati per tipo di imbarcazione, si riscontrano differenze

sostanziali per quanto riguarda le condizioni di luce, la posizione della

nave e l‟occupazione dell‟infortunato al momento dell‟incidente e,

inoltre, per quanto riguarda il luogo dell‟evento, l‟età e la qualifica del

lavoratore. Al contrario, non ci sono grandi discordanze relativamente

alla durata abituale dell‟uscita in mare, alle condizioni di visibilità,

135

alla forza del mare, alla forza del vento, alle ore di permanenza in

mare al momento dell‟evento ed all‟orario dell‟infortunio stesso. Nelle

navi per il trasporto di persone, i lavoratori che hanno qualifica di

“altro personale di hotel o di servizio” subisce il maggior numero di

cadute (45%). Queste avvengono per lo più in condizioni di luce

artificiale (72%) e con la nave posizionata in banchina (53%). Gli

infortuni avvengono maggiormente lungo le vie di circolazione, le

scale e gli accessi della nave (23%) durante l‟attività di camera e

cucina (35%) e coinvolgono i marittimi con età compresa tra i 16 ed i

25 anni (20%). Gli arti inferiori e la testa (cranio, viso, collo) sono le

parti del corpo più lesionate principalmente a causa di contusioni e

colpi. Nelle navi da pesca il personale di coperta è quello più

danneggiato da questo tipo di infortunio (68%). Gli incidenti

avvengono in condizione di luce viva (62%) quando la nave si trova in

navigazione (62%). Il luogo della nave più pericoloso è il ponte

principale (41%) e le incombenze più a rischio sono costituite dalle

attività lavorative che si svolgono in coperta (45%). In questo caso la

fascia di età maggiormente interessata è quella compresa tra i 45 ed i

50 anni (23%). Le zone del corpo che subiscono più lesioni sono le

136

mani e gli arti inferiori, mentre i danni più frequenti sono le

contusioni, i colpi e le fratture.

Infine, per quanto concerne le navi per il trasporto di merci, la

qualifica che subisce più infortuni è quella del personale di coperta

(41%); il luogo di incidente più frequente è il ponte principale (27%) e

la circostanza più comune è quella in cui il lavoratore si trova in

coperta (47%). Al momento dell‟incidente, la posizione della nave è

per il 50% dei casi in banchina, le condizioni sono indifferentemente

di luce viva (48%) o di luce artificiale (46%). La fascia di età più

infortunata è quella tra i 50 ed i 55 anni; le parti del corpo più

implicate sono gli arti inferiori ed i tipi di lesione maggiormente

riscontrati sono le contusioni ed i colpi.

Considerate le peculiarità delle qualifiche a bordo, il quadro che

descrive la corrispondente distribuzione degli eventi non è così

sorprendente. Ciò che invece appare più inatteso è, per tutte le

tipologie di navi, la bassa incidenza che hanno le condizioni meteo, le

condizioni del mare e l‟orario di lavoro sul verificarsi degli infortuni.

Infatti, nella gran parte dei casi (72%), la durata abituale di uscita in

mare è compresa tra zero e due giorni. Il tempo di attività continuativa

al momento dell‟infortunio, poi, spesso non supera le quattro ore

137

(79%) ed, anzi, in molti casi non eccede le due ore (40%). La presenza

di foschia è rilevata solo nel 5% degli eventi; la forza del vento è

sovente (77%) minima, cioè compresa tra 0 e 3 nodi, ed il mare non

supera forza 3 nel 76% dei casi. Infine, il 73% degli infortuni avviene

tra le 6:00 e le 18:00, che spesso, considerando le molte attività

marittime soggette a stagionalità, equivalgono a situazioni diurne, cioè

a situazioni in cui, almeno all‟esterno, l‟illuminazione è quella

naturale dell‟irraggiamento solare.

CONCLUSIONI

Gli esiti di questa analisi degli infortuni subiti dai lavoratori marittimi,

basata sulle schede delle Capitanerie di Porto, sono un supporto

informativo utile al miglioramento della valutazione dei rischi a bordo

ed alla pianificazione degli interventi di prevenzione mirati a gestire i

fattori che contribuiscono a determinare gli infortuni o a modulare la

loro gravità. E‟ ovvio, comunque, che ulteriori analisi, fondate sui dati

che continuano a giungere dalle Capitanerie in modo sempre più

138

esaustivo, potranno costituire una conferma (o, al contrario, una

confutazione) di ciò che è finora emerso.

La tipologia principale degli infortuni dei lavoratori marittimi è la

“caduta a bordo”, ma, attenendosi alle informazioni contenute nel

database dell‟ISPESL, questo evento non è particolarmente correlato

né alle condizioni meteorologiche o del mare sfavorevoli né

all‟accumulo di tensione e di carico di lavoro dovuto ad una lunga

permanenza in mare o ad un orario di lavoro estenuante. Anche le

condizioni di luce non sembrano essere determinanti e, inoltre, non

emerge una chiara tendenza riguardo alle età più colpite. A proposito

dell‟età ed anche delle nazionalità più a rischio, però, non è da

escludere che i risultati siano parzialmente inficiati dalla presenza di

lavoro irregolare; si tenga presente, ad esempio, che le nazionalità dei

lavoratori infortunati è per il 64% italiana e per il 29% non dichiarata;

questo potrebbe essere un campanello d‟allarme. Per ogni nazionalità

straniera101

non si supera il numero di tre infortunati per il periodo

considerato.

Un altro dato interessante, che dovrà essere approfondito, è la

presenza di cause comuni a tutte le tipologie di navi, cioè la

circostanza che si verifichino infortuni simili pur in presenza di

101

ad eccezione di quella tunisina, che arriva a coprire il 5% dei casi

139

diverse attività lavorative a bordo; questo aspetto, però, richiede uno

studio più approfondito, che potrà essere realizzato grazie alla buona

collaborazione avviata tra l‟ISPESL e le Capitanerie di Porto, che

prevede anche un processo di ottimizzazione quantitativa e qualitativa

dei flussi di dati provenienti dalle stesse Capitanerie.

Il potenziamento della banca-dati a disposizione dell‟ISPESL

consentirà di migliorare le capacità di analisi e di valutazione dei

rischi a bordo delle navi, oltre che di implementare indirettamente

altre banche-dati dell‟ISPESL, che fungono da supporto tecnico-

organizzativo e formativo per la gestione della salute e sicurezza nei

luoghi di lavoro.

Le azioni di bonifica, che possono essere intraprese per migliorare la

sicurezza degli ambienti di lavoro con attenzione particolare ai

“percorsi di trasferimento” da un ambiente ad un altro102

, e le

iniziative di informazione e formazione, rivolte ai marittimi per

sviluppare una maggiore consapevolezza dei rischi lavorativi legati

alla loro qualifica, rappresentano fondamentali misure di prevenzione

da pianificare dopo una completa e coerente valutazione dei rischi a

bordo.

102

accessi, vie di circolazione, scale, ponti.

140

A tal fine, il monitoraggio delle dinamiche infortunistiche, sviluppato

con la collaborazione del Comando Generale del Corpo delle

Capitanerie di Porto, potrà fornire utili informazioni quantitative e

qualitative.

141

Capitolo sesto

CONVENZIONE INTERNAZIONALE PER LA SALVAGUARDIA DELLA VITA UMANA IN MARE (SOLAS)

La Convenzione SOLAS, dall‟acronimo inglese di International

Convention for the Safety of Life at Sea è una convenzione

internazionale dell'Organizzazione Marittima Internazionale

(International Maritime Organization - IMO) agenzia delle Nazioni

Unite103

per il miglioramento della sicurezza marittima e la

prevenzione dell‟inquinamento derivante dalle imbarcazioni.

E‟ uno dei più importanti trattati internazionali sulla sicurezza

marittima volta a tutelare la sicurezza della navigazione mercantile,

con esplicito riferimento alla salvaguardia della vita umana a bordo.

Venne adottata per la prima volta nel 1914, dopo il gravissimo

naufragio del Titanic104

avvenuto nella notte tra il 14 e il 15 aprile

103

L'Organizzazione delle Nazioni Unite (in inglese United Nations, in sigla UN; in francese

Organisation des Nations unies ; in spagnolo Organización de las Naciones Unidas; in russo

Организация Объединённых Наций; in cinese 聯合國; in arabo algis ni ,(تحدة م م ال ,ONUاألم

spesso abbreviata in Nazioni Unite, è la più importante organizzazione internazionale, in

particolare è un'organizzazione intergovernativa. 104

Il RMS Titanic era una nave passeggeri britannica della Olympic Class, divenuta famosa per la

collisione con un iceberg nella notte tra il 14 e il 15 aprile 1912, e il conseguente drammatico

affondamento avvenuto nelle prime ore del giorno. Secondo di un trio di transatlantici, il Titanic,

142

1912. La sciagura del Titanic fu uno dei primi grandi incidenti

marittimi, anche perché il primo ad essere documentato dai media e

quindi ad interessare grandi masse di persone.

L‟IMO dopo la prima convenzione del 1914, costituita invero di

poche pagine ma che mostravano una volontà di porre sotto

regolamentazione ogni aspetto della vita di bordo che potesse

comportare pericolo per la vita umana: non solo i passeggeri, ma

anche l'equipaggio, l‟organizzazione Internazionale Marittima

pubblicò successivamente una nuova versione della Convenzione

Internazionale per la Sicurezza della vita in mare, ovvero la

convenzione SOLAS del 1960.

La versione del 17 giugno 1960 entrò in vigore il 26 maggio 1965 e fu

il più grande atto di studio dell'IMO dopo la sua creazione; in tale

occasione le misure che vennero adottate palesarono la volontà di una

modernizzazione delle norme per restare al passo coi tempi, date le

nuove costruzioni e i nuovi sviluppi del mondo marittimo.

Questa fu poi rivista negli anni seguenti. L'intenzione fu quella di

mantenere la Convenzione aggiornata periodicamente attraverso una

con le sue due navi gemelle Olympic e Britannic, era stato progettato per offrire un collegamento

settimanale con l‟America, e garantire il dominio delle rotte oceaniche alla White Star Line.

143

serie di emendamenti105, ma di fatto tale idea si rivelò irrealizzabile,

data la lentezza del processo.

Nel 1974, per far fronte a tali difficoltà, venne approvata una nuova

versione della Convenzione, che riportava molti degli emendamenti

proposti fino a quel momento, usando la procedura del tacito accordo:

per accelerare i tempi, si dichiarò che i suddetti emendamenti

sarebbero entrati in vigore in una specifica data, a meno che una serie

di Paesi membri entro tale data non avessero opposto obiezione.

Operando in tal modo, è stata adottata una nuova convenzione che

include tutti gli emendamenti concordati fino a quella data e che, tra le

altre cose, stabilisce quindi una nuova procedura più snella, veloce ed

efficiente per apportare le correzioni alla Convenzione.

La SOLAS 1974 è stata ratificata in Italia con la Legge n. 313 del 23

maggio 1980, recante: "Adesione alla convenzione internazionale del

1974 per la salvaguardia della vita umana in mare, con allegato, aperta

alla firma a Londra il 1° novembre 1974, e sua esecuzione" e

pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 190 del 12 luglio 1980,

(Supplemento Ordinario).

105

L' emendamento è una proposta di parziale modifica di un disegno di legge in ambito

legislativo, prima che esso diventi legge a tutti gli effetti.

144

Le regole di tale Convenzione si applicano unicamente alle navi che

effettuano viaggi internazionali (escluse le navi da guerra o addette al

trasporto di truppe, le navi da carico inferiori a 500 tonnellate di

stazza lorda, le navi senza mezzi di propulsione meccanica, le navi in

legno di costruzione primitiva, le navi da diporto che non si dedicano

ad alcun traffico commerciale, le navi da pesca).

In seguito, in particolare nel 1988 fu presentato un emendamento che

aggiornò il capitolo riguardante le radiocomunicazioni e sostituì il

Codice Morse106 con il GMDSS Code107 ed è applicata dal 1992.

106

Continuous wave code - CW 107

Global Maritime Distress and Safety System

145

Capitolo settimo

SISTEMA MONDIALE DI SOCCORSO

E SICUREZZA IN MARE ( GMDSS )

La mia esperienza come tutor e di docente in alula , mi ha permesso di

conoscere in profondità un mondo con specifiche regole e con un

modello di elevata formazione alla prevenzione.

Infatti, il sistema mondiale di soccorso e sicurezza in mare, conosciuto

anche come "Sistema Mondiale di Soccorso e Sicurezza Marittimi", è

noto a livello internazionale con l'acronimo GMDSS (Global

Maritime Distress Safety System).

Il GMDSS è un sistema di comunicazioni radio con copertura

globale108

ideato e progettato per la sicurezza marittima , per

imbarcazioni e natanti , ma che al suo interno integra anche funzioni

di telecomunicazione e quindi permette anche di inviare e ricevere

messaggi in tempo reale, elaborato dall'IMO fin dal 1970, per

realizzare un sistema automatico nella gestione delle Emergenze in

108

Intendendo l‟uso di Satelliti specifici per il settore marittimo

146

mare.

Il sistema deve consentire alle autorità responsabili della ricerca e del

soccorso ed alle navi che si trovino nelle immediate vicinanze di

un'unità in pericolo , di essere informate della situazione in tempo

reale, e quindi poter intervenire con la maggiore tempestività per

salvare vite umane. Inoltre il sistema GMDSS consente, la diffusione

di messaggi urgenti per la sicurezza della navigazione in riferimento ai

fenomeni meteorologici. La nascita del sistema GMDSS non è

avvenuta immediatamente, ma come spesso accade dopo un incidente

marittimo di importanza globale, per gravità e per lo scalpore che ha

generato non solo nel settore marittimo, mi riferisco alla tremenda

sciagura del Titanic, avvenuta il 15 aprile del 1912. In realtà tutto ebbe

inizio con il codice morse ( CW ) acronimo inglese per Continuos

Wave109

, quando a partire dal 1845 le navi utilizzavano il Codice per

trasmettere le proprie chiamate d‟allarme, ma solo dopo la spaventoso

disastro del Titanic, si intuì fino in fondo la vera importanza che il

mezzo radio poteva offrire a differenza dei segnali morse.

109 Il codice Morse, detto anche alfabeto Morse, è un sistema per trasmettere lettere, numeri e

segni di punteggiatura per mezzo di un segnale in codice ad intermittenza. È stato sviluppato da

Alfred Vail nel 1835 durante la sua collaborazione con Samuel Morse nello sviluppo della

telegrafia e completato l'8 gennaio del 1838.Il codice Morse è una forma ante litteram di

comunicazione digitale

147

L‟affondamento del transatlantico suscitò un‟enorme impressione

aggravata dal fatto che altre navi sentirono il segnale Morse ma non

capirono la posizione in mare, nonostante il Titanic fosse affondato

non molto distante dalla costa. Questa fu l‟occasione per la

convocazione della prima conferenza per la “sicurezza della vita

umana in mare”. Da quel momento in poi le navi ebbero l‟obbligo di

attrezzarsi con apparati radiotelegrafici più sofisticati e le chiamate

d‟allarme e soccorso permisero immediatamente il salvataggio di

migliaia di vite. Si perfeziono la figura professionale dell‟operatore

radio che tuttavia trascorreva moltissime ore all‟ascolto per le

chiamate di soccorso. Il range delle onde medie (500 kHz)110

era

limitato così come lo era anche il numero di stazioni che si potevano

contemporaneamente ascoltare. Più di 15 anni fa l‟IMO (International

Maritime Organization presso le Nazioni Unite) cercò una via

definitiva per aumentare ed estendere la sicurezza in mare tramite

procedure e sistemi di comunicazioni radio maggiormente affidabili.

Un gruppo di esperti tracciò una convenzione internazionale sulla

“ricerca e salvataggio in mare” (con l‟acronimo inglese Search and

110

Le onde medie sono uno spettro di frequenza che spazia da 300 kHz e 3000 kHz (pari a 3

MHz).

148

Rescue Operation -SAR)111

, tramite lo sviluppo di un piano generale

di livello mondiale. Per perfezionare la ricerca e anche grazie alle

nuove tecnologie è stato necessario passare al GMDSS. Il compito

primario di questo sistema di soccorso è quello di allertare le autorità

costiere dello stato di pericolo di una nave e richiedere immediata

assistenza per il soccorso. Il centro di coordinamento al salvataggio

(dall‟acronimo inglese MRCC)112

che viene contattato ha un ruolo

chiave, ovvero coordina quindi le operazioni di ricerca e salvataggio

(SAR), mentre le navi eventualmente in zona, sono obbligate a

prestare assistenza diretta partecipando alle operazioni.

Questo assicura alle navi in difficoltà di ricevere aiuti senza alcun

ritardo e con una efficienza caratterizzata da procedure

standardizzzate che non consentono o limitano enormemente ogni

possibile errore salvando quindi il maggior numero di vite possibili, e

non da ultimo il carico della nave con tutto quello che ne comporta in

termini economici e ambientali ( si pensi alle gigantesche navi

petroliere).

111

Search and rescue ovvero Ricerca e salvataggio, spesso abbreviato come SAR, sono le

operazioni di ricerca e soccorso in montagna, forra o mare (ambiente ostile) condotte da mezzi

navali o aerei; ogni paese ha assegnate delle zone di competenza nelle quali è tenuto a fornire una

simile operatività. 112

Centrale operativa del Comando Generale delle Capitanerie di Porto nelle sue funzioni di

MRCC (Maritime Rescue Coordination Centre).

149

Con il sistema GMDSS, perfezionato dalle varie nazioni, si è voluto

quindi superare alcune limiti nei collegamenti terrestri con

l‟introduzione di satelliti mirati esclusivamente alle comunicazioni

marittime (COSPAS/SARSAT o INMARSAT EPIRB, collegamenti

satellitari all‟Inmarsat-C )113

.

Indubbio vantaggio ad esempio nella possibilità di radiolocalizzazione

della nave in emergenza tramite sistemi di radionavigazione (GPS114

,

DGPS, Decca, Loran, ...) e altre apparecchiature d‟alta tecnologia a

bordo delle navi e barche e comprenderanno la cosiddetta stazione

GMDSS che annovera al suo interno terminali o sistemi

computerizzati, boe di radio allarme, radio satellitari,con il

caratteristico inoltro automatico di chiamate d‟allerta (Distress alert

Call ) e soccorso anche nei casi in cui l‟operatore radio non abbia

tempo o modo per mandare la chiamata SOS o MAYDAY115

,

113

Il COSPAS-SARSAT è un sistema satellitare ideato e gestito da Canada, Francia, USA e

Russia mediante il quale è possibile localizzare, con una certa precisione e tempestività (variabile a

seconda che siano utilizzati radiotrasmettitori di allarme operanti sulle frequenze di 121,5 Mhz e

243,0 Mhz o 406,025 Mhz) il vettore, sia esso terrestre, marittimo o aereo che, dotato di uno di tali

trasmettitori, si trovi in situazione di pericolo e necessiti di soccorso.

114

Il Global Positioning System (abbreviato in GPS, a sua volta abbreviazione di NAVSTAR

GPS, acronimo di NAVigation System Time And Ranging Global Positioning System), è un

sistema di posizionamento su base satellitare, a copertura globale e continua, gestito dal

dipartimento della difesa statunitense.

115 La parola mayday è utilizzata per indicare un'immediata necessità di aiuto da parte di

un'imbarcazione o di un velivolo.

In radiotelefonia, il segnale internazionale di richiesta d'aiuto consiste nell'enunciazione della

parola "Mayday", pronunciata come l'espressione francese "m'aider". In caso d'emergenza, la

150

esercitando un ruolo fondamentale nella tempistica del salvataggio.

Naturalmente l‟introduzione di queste nuove tecnologie ha

ovviamente mandato in soffitta le comunicazioni marittime in segnali

Morse, e per la maggior parte dei paesi evoluti, a partire dal 1/2/1999,

il GMDSS sarà obbligatorio su tutte le navi. Inoltre si assisterà ad altri

profondi cambiamenti. Ad esempio la conosciutissima frequenza di

2.182 kHz , utilizzata per comunicazioni in mare di qualsiasi tipo, ora

sarà riservata solo per chiamate "DISTRESS116

/SAFETY" ovvero di

emergenza e soccorso e non più "CALLING" o chiamate comuni per

le quali ne sarà assegnata una nuova.

I requisiti dei sistemi di comunicazione da installare a bordo non sono

più basati sul tonnellaggio delle navi, ma sul tipo di navigazione da

effettuare, in quanto i sistemi previsti presentano delle limitazioni

dipendenti sia dall'area geografica sia dalle prestazioni delle singole

apparecchiature.

Quindi, tutte le navi, in relazione alla zona di navigazione, devono

trasmissione di questo particolare segnale è allo scopo di assicurare riconoscimento alla chiamata

radiotelefonica d'emergenza da stazioni di ogni nazionalità.Quindi, il segnale che indica pericolo è

la parola francese "m'aider" cioè "aiutatemi", che, per esser meglio compreso anche dai non

francofoni, è stato anglofonizzato con la parola inglese "mayday".

116

Distress è forma aulica del termine stress, di cui condivide il significato. Più in dettaglio, il

termine "distress" rappresenta l'aspetto negativo dello stress, e viene contrapposto ad "Eustress"

(che rappresenta l'aspetto positivo, di stimolazione fisiologica, dello stress inteso nel senso

originario di "sindrome di adattamento").

151

essere dotate di apparecchiature ricetrasmittenti sufficienti per

comunicare nelle 4 zone chiamate Aree Marittime. Tutti i mari e gli

oceani del mondo sono stati suddivisi in 4 aree , associando ad ogni

Area Marittima delle procedure di chiamata d‟allerta diverse a

seconda dell‟area interessata. Le quattro aree sono:

Area A1: Area coperta da almeno una stazione costiera in

ascolto permanente DSC (Digital Selective Calling)117

in

VHF118. Il segnale inviato dalla nave può essere ricevuto entro

un raggio di circa 30 mg (miglia marittime) dalla stazione

costiera;

Area A2: Area coperta da almeno una stazione costiera in

ascolto permanente DSC in MF. Il segnale inviato dalla nave

può essere ricevuto entro un raggio di fino alle 250/400 mg

(miglia marittime) dalla stazione costiera;

Area A3: Area coperta da almeno una stazione costiera in

ascolto permanente DSC in MF/HF; inoltre la copertura in

quest'area viene assicurata da 4 satelliti geostazionari 117

Il DSC ( digital selective calling) è una importante funzionalità di sicurezza che può essere

presente negli apparati di trasmissione VHF marini ed opera sul canale 70. Premendo un singolo

bottone (tipicamente rosso) il sistema provvede a trasmettere l‟identificativo della barca ed anche

la posizione da cui si invia la richiesta di aiuto se lo strumento è interfacciato con un GPS.

118 VHF è l'acronimo di Very High Frequency e sta ad indicare la parte dello spettro delle onde

radio compresa tra 30 e 300 MHz

152

(INMARSAT) posti ad una altezza di 36000 km dalla superficie

terrestre e ricevono segnali da imbarcazioni che si trovino a non

più di 70° di latitudine;

Area A4: È tutta la zona che resta fuori dalle zone A1, A2, A3,

copre le zone con latitudine maggiore di 70° mediante stazioni

costiere che trasmettono in MF/HF con DSC e radiotelex.

Tutte le navi in relazione alla loro dislocazione devono disporre

degli apparati radio necessari per fare in modo che:

1. il segnale di soccorso possa essere emesso, ricevuto e rilanciato

in qualsiasi momento, in tutte le zone trasmettendo sui tre

circuiti nave-terra, nave-nave, e terra-terra:

2. le navi dislocate nelle aree entro la A2 possano emettere il

segnale di soccorso sui circuiti nave-nave, e nave-terra sulla

frequenza di 2187.5 KHz; quelle che navigano entro la A1

utilizzeranno i circuiti nave-nave e nave-terra sulla frequenza di

156.525 MHz per mezzo della DSC.

3. Le navi dislocate nelle aree A3 possano, emettere il segnale di

soccorso sul circuito nave- nave, sulla frequenza di 2187.5 KHz

, e , sul circuito nave-terra per mezzo della stazione satellitare di

153

bordo, e/o per mezzo della chiamata selettiva numerica DSC

(Digital Select Call) o a mezzo della EPIRB119

(Emergency

Position Indicating Radio beacon);

La normativa IMO prevede che le navi siano equipaggiate con i

seguenti apparati radio:

apparati VHF in grado di ricevere e trasmettere comunicazioni

in DSC sul canale 70, ed in radiotelefonia sui canali 6, 13 e 16;

apparati in ascolto continuo DSC su VHF canale 70;

risponditori Radar (SART) operanti sulla banda 9 GHz;

ricevitori di avvisi di sicurezza (nautici e meteorologici),

Navtex, sulla frequenza di 518 KHz, per le aree dove questo

servizio è operativo;

apparati di ricezione delle MSI (Maritime Safety

Information) del sistema Inmarsat EGC (Enhanced Group

Call) per le zone non coperte dal servizio Navtex;

indicatori di posizione EPIRB a funzionamento manuale ed

automatico.

119

Boa galleggiante per segnalare emergenze gravi

154

L‟introduzione di queste nuove tecnologie comporterà molto presto la

fine delle comunicazioni marittime in Codice Morse (CW) per la

maggior parte dei paesi più sviluppati.

Oggi l‟uso delle apparecchiature GMDSS è consentito solo ai

possessori del certificato generale (GOC) o del certificato ristretto di

operatore GMDSS (ROC) che vengono rilasciati previo esame nelle

sedi competenti e autorizzate dall‟IMO.

L'abilitazione all'utilizzo di apparecchiature digitali selettive prevede

una adeguata certificazione di un ministero con specifiche deleghe. In

Italia il ministero competente è il Ministero delle Comunicazioni,

tuttavia, in virtù di esami di competenza presso la sede ministeriale di

Roma, grazie a convenzioni internazionali è possibile anche convertire

(ovvero effettuare il cosidetto Endorsement) certificati emessi da stati

europei secondo standard CEPT (Conferenza Europea delle

amministrazioni delle Poste e delle Telecomunicazioni)120

.

120

La Conferenza Europea delle amministrazioni delle Poste e delle Telecomunicazioni, in

francese Conférence européenne des administrations des postes et des télécommunications,

acronimo CEPT, è un'organizzazione nata il 26 giugno 1959 in Francia per assolvere a compiti di

coordinamento, uniformando norme procedurali e tecniche, e di organizzazione in ambito europeo

riguardo gli standard di telecomunicazione e servizi postali.

155

Si ricordano le frequenti campagne volute dal Ministero delle

Comunicazioni e dall‟ IMO innanzitutto per verificare la capacità

degli operatori GMDSS ad utilizzare con competenza tali

apparecchiature, affinché si possano evitare utilizzi errati delle

strumentazioni che causavano numerosi falsi allarmi sul sistema

satellitare con conseguenti ripercussioni sulle procedure di soccorso e

salvataggio (SAR).

Recentemente è stata prevista l‟obbligatorietà delle apparecchiature

radio GMDSS sulle imbarcazioni e navi da diporto, attualmente la

normativa in vigore (Decreto ministeriale 21 gennaio 1994, n.232 e il

Decreto 5 ottobre 1999,n.478) non prevede tale obbligo per le navi da

pesca di piccole dimensioni. Qualora il Comandante di un'unità da

diporto decidesse, volontariamente, di installare a bordo dette

apparecchiature, egli dovrà dotarsi di apposita abilitazione GMDSS,

effettuando un corso di alcune settimane presso il Ministero delle

Comunicazioni o un centro di Formazione specializzato in questi corsi

e riconosciuto dall‟IMO e dal Ministero Italiano.

La richiesta di un titolo GMDSS proviene dall'IMO-STCW e

non è nei poteri delle singole nazioni aderenti modificarne le

regole.

156

L'esame per il GMDSS "Global Maritime Distress and Safety

System" è un esame molto complesso e necessita inoltre di una

cultura generale minima di base e di una buona conoscenza

della lingua inglese.

Le navi sono "equipaggiate" a seconda del range di navigazione,

indipendentemente dalla loro stazza, in quattro tipologie:

Il DSC è parte integrante del GMDSS (secondo le CCIRR Rec. 493-6,

541-5) essendo sostanzialmente un sistema di "chiamate selettive"

delle navi e il relativo riconoscimento da parte della stazione costiera.

Infatti ogni "chiamata" consta di un pacchetto dati digitale in una delle

quattro tipologie previste: Distress, Safety, Routine o Urgency.

I messaggi „Distress‟ sono trasmessi in automatico a tutte le stazioni

nelle bande marittime: MF (2187.5 kHz), HF (4207.5, 6312, 8414.5,

12577, 16804.5 kHz), VHF (Ch.70 - 156.525 MHz).

Le informazioni contenute nel pacchetto dati DSC coprendono:

il proprio numero identificativo MMSI121

il numero MMSI del destinatario (o più di uno nel caso di

chiamate collettive) 121

Acronimo dall‟ inglese Maritime Mobile Service Identities

157

la propria posizione geografica

la richiesta di una frequenza e modo d‟emissione per continuare

la comunicazione. Il DSC serve per stabilire un primo contatto

iniziale scegliendo successivamente la frequenza e il modo

d‟emissione (fonia, fax) per far seguire il traffico vero e proprio.

la tipologia della chiamata (Distress, Safety, Routine, Urgency),

nel caso specificando anche il tipo di emergenza. Queste sono

trasmesse secondo la tipologia FEC con correzione d‟errore,

verificando inoltre l‟integrità di ogni pacchetto tramite un

"check sum" dei dati ricevuti. Il modo d‟emissione è l‟F1B (o

J2B) a 100 Baud in banda MF/HF e 1200 Baud in VHF.

Più in dettaglio il numero identificativo MMSI è rappresentato da un

codice di nove numeri assegnato univocamente a ogni stazione. Tre

numeri identificano i paesi di appartenenza o MID e sono posizionati

diversamente a seconda si tratti di:

navi (MIDxxxxxx) stazioni costiere (00MIDxxxx)

----------------------------------------------------------

218.. GERMANIA 00211.. GERMANIA

232.. INGHILTERRA 00237.. GRECIA

158

Per le stazioni costiere il seguente schema è di esempio per la

Germania:

MMSI Stazione (MRCC associato)

-----------------------------------------------------

002114200 Norddeich Radio (MRCC Bremen)

002114300 Elbe Weser Radio (MRCC Bremen)

002114400 Keil Radio (MRCC Bremen)

002114500 Rugen Radio (MRCC Bremen)

I messaggi DSC, possono essere indirizzati a tutte le stazioni o,

contrariamente alle tradizionali chiamate in fonia, ad alcune in

particolare utilizzando il loro proprio codice di chiamata selettiva. I

possibili destinatari possono essere:

una nave specifica o una stazione costiera

i mezzi in una specifica area geografica

un gruppo specifico (es. Guardia Costiera)

Il ricevitore DSC "seleziona" automaticamente le varie chiamate

trasmesse on-air esaminando l‟MMSI, l‟area geografica e la tipologia

di chiamata allertando l‟operatore radio o il personale incaricato

solamente se la chiamata è diretta alla propria unità. Si elimina quindi

159

la necessità di monitorare costantemente gli apparati radio o, in caso

di piccole imbarcazioni, di avere personale specifico a bordo.

Il NAVTEX è un altro sistema facente parte del GMDSS e consiste

nella trasmissione di avvisi per la navigazione, dati meteorologici e

informazioni urgenti ai naviganti. I dati sono trasmessi dalle varie

stazioni costiere principalmente in lingua inglese a determinati minuti

ogni 4 ore. Il modo d‟emissione è il SITOR-B (con correzione

d‟errore). Le trasmissioni sulla frequenza mondiale di 518 kHz,

possono tranquillamente coprire un range di circa 400 miglia marine,

ma in caso di problemi di ricezione, dovuti a forti rumori statici, esiste

anche la frequenza 4209,5 kHz.

Ogni messaggio NAVTEX, della durata di 10/15 min., è preceduto da

blocco di 4 caratteri (2 lettere più 2 numeri) secondo il seguente

schema ed esempi: zczc (inizio messaggio) t (ID stazione) a

(Categoria messaggio) 10 (n°messaggio)

L‟IDENTIFICATIVO della stazione è costituito da una singola lettera

che serve al ricevitore di bordo per far "accettare" o meno i messaggi

provenienti da una certa zona. Tuttavia l‟ID può esser uguale anche ad

altri trasmettitori che devono però essere situati in aree geografiche

160

diverse per non causare errate ricezioni da due stazioni

contemporaneamente. Nell‟area mediterranea si possono facilmente

ricevere :

ID Nazione Stazione (orario di trasmissione in UTC)

------------------------------------------------------------------

F Azzorre Horta (0050,0450,0850,1250,1650,2050)

T Belgio Ostenda (0248,0648,1048,1448,1848,2248)

I Canarie Las Palmas (0120,0520,0920,1320,1720,2120)

M Cipro Troodos (0200,0600,1000,1400,1800,2200)

A Francia Corsica (0000,0400,0800,1200,1600,2000)

W Francia La Garde (0340,0740,1140,1540,1940,2340)

K Grecia Kerkyra (0140,0540,0940,1340,1740,2140)

H Grecia Iraklion (0110,0510,0910,1310,1710,2110)

S Inghilterra Niton (0018,0418,0818,1218,1618,2018)

O Malta (0220,0620,1020,1420,1820,2220)

P Olanda CG Ijmuiden (0348,0748,1148,1548,1948,2348)

D Spagna Coruna (0030,0430,0830,1230,1630,2030)

G Spagna Tarifa (0100,0500,0900,1300,1700,2100)

X Spagna Valencia (0350,0750,1150,1550,1950,2350)

161

La CATEGORIA MESSAGGI è composta da diverse tipologie

d‟avvisi che possono essere selezionati sul ricevitore di bordo a

seconda della loro importanza, mentre altri invece, sono stampati

automaticamente (*). Dall‟ultimo aggiornamento del 1/5/95 esse

comprendono:

A - Avvisi per la navigazione (*)

B - Avvisi meteo (*)

C - Avvisi sui ghiacci

D - Informazioni SAR (*)

E - Previsioni meteo

F - Messaggi di servizio per i piloti

G - Messaggi DECCA

H - Messaggi LORAN

I - Messaggi OMEGA

J - Messaggi SATNAV (es. GPS)

K - Altri messaggi, oltre a quelli dei gruppi G/J

V - Altri messaggi, oltre a quelli del gruppo A

Z - nessun messaggio

162

Come in ogni sistema, dove nuove tecnologie vanno ad impattare con

le precedenti, rimangono ancora molti punti e questioni "scottanti". La

data del 1/2/1999 è molto vicina e la situazione a livello mondiale non

è delle migliori. Innanzitutto la figura del radio-operatore vedrà

compromessa fortemente la propria posizione verso sistemi

computerizzati. Da mesi i marconisti italiani discutono e conversano

via radio sulle sorti della loro categoria e sull‟aggiornamento tecnico

necessario alle loro mansioni. Attualmente la diffusione globale di

sistemi GMDSS completi è bassissima. Alcuni paesi europei contano

poche navi totalmente equipaggiate e a livello mondiale la percentuale

di flotte già "convertite" è molto lontana dai piani di attuazione.

Inoltre si dovranno ancora effettuare importanti implementazioni e

correzioni al sistema ad esempio contro le "false chiamate". Era molto

alta la percentuale di avvisi e chiamate di tipo "distress" accidentali e

involontarie dovute solamente ad un tasto premuto per sbaglio! Per

questo motivo gli apparecchi usciti in questi anni hanno un piccolo

sportellino che copre il tasto Distress e evita ogni involontario

allarme.

Il continuo monitoraggio radio ha evidenziato in questi ultimi mesi

alcuni aspetti interessanti:

163

una media di 4/5 DSC ogni ora (e specialmente di giorno)

i messaggi sono stati quasi sempre del tipo ROUTINE con

pochi altri casi

la tipologia di chiamata è stata al 50% tra nave-nave e nave-

stazione costiera

Pertanto ci saranno ancora buone possibilità di dx sulle bande

marittime per diverso tempo e il tanto amato codice morse, ascoltato

per decenni dai luoghi più esotici della Terra…

Ecco le frequenze "all-mode" per avvicinarsi subito all‟GMDSS:

Tipo Frequenza

----------------------------------------------------------------------

DSC: 2187.5, 4207.5, 6312.0, 8414.5, 12577.0, 16804.5 kHz,

in VHF 156.525 MHz

NBDP: 2174.5, 4177.5, 6268, 8376.5, 12520, 16695 kHz

NBDP/FEC: 490, 518, 4209.5, 4210, 6314, 8416.5, 12579, 16806.5,

19680.5, 22376, 26100.5 kHz

Fonia: 2182, 3023 (*), 4125, 5680 (*), 6215, 8291, 12290, 16420

kHz,

121.5, 123.1, 156.3, 156.650, 156.8 MHz,

164

1.530-1.544, 1.626,5-1.645,5 GHz

EPIRB: 121.5, 243, 406-406.1 MHz,

1.544-1.545, 1.645,5-1646,5 GHz

SART: 9.2-9.5 GHz

Zattere di salvataggio:

-----------------------

in fonia tra 156 e 174 MHz e sempre su 156.8 MHz.

DSC nel range 1605-2850 kHz, per trasmettere a 2187.5 kHz;

4000-27500 Khz per trasmettere a 8414.5 Khz;

156-174 MHz, per trasmettere a 156.525 MHz.

(*) Frequenze aeronautiche usate per intercomunicazioni

tra stazioni mobili e terrestri in operazioni SAR

165

Sigle ed abbreviazioni utilizzate nel testo:

COSPAS sistema SARSAT russo

CW Codice Morse (Continuos Wave)

D&S Distress and Safety

DSC Digital Selective Calling (variante del Sitor-B)

EPIRB Emergency Position Indicating Radio Beacon

FEC Forward Error Correction

GMDSS Global Maritime Distress and Safety System

GPS Global Positioning System

IMO International Maritime Organization

INMARSAT International Marine Satellite

MID Maritime Identification Digits

MMSI Maritime Mobile Service Identity

MRCC Maritime Rescue Coordination Centre

NAVTEX Navigational Telex

NBDP Narrow Band Direct-Printing

SAR Search and Rescue

166

SARSAT Search and Rescue Satellite Aided Tracking

SART Search and Rescue Transponder

Capitolo ottavo

REGOLAMENTO CE N. 725-2004 DEL 31-3-2004, GAZZETTA

UFFICIALE DELL' UNIONE EUROPEA L 129/6 DEL 29

APRILE 2004. IL MIGLIORAMENTO DELLA SICUREZZA

DELLE NAVI E DEGLI IMPIANTI PORTUALI.

Il Regolamento (CE) N. 725/2004 mira a migliorare la sicurezza delle

navi e degli impianti portuali, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'

UE L 129/6 del 29 aprile 2004 il Regolamento(CE) N. 725/2004 del

Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004.

Obiettivo principale del regolamento è l' introduzione e l' applicazione

delle misure comunitarie finalizzate a migliorare la sicurezza delle

navi adibite al commercio internazionale ed al traffico nazionale,

nonché dei relativi impianti portuali, contro le minacce di azioni

167

illecite intenzionali , come gli atti di terrorismo, gli atti di pirateria122

,

divenuti recentemente piuttosto frequenti o altri atti dello stesso tipo e

portata. Nel trasporto di merci contenenti sostanze particolarmente

pericolose, come le sostanze chimiche e radioattive, i pericoli causati

da azioni illecite intenzionali possono avere gravi conseguenze per i

cittadini e per l' ambiente dell' Unione Europea.

Il regolamento intende inoltre fornire una base per l'interpretazione e

l'applicazione armonizzate e per il controllo comunitario delle misure

speciali per migliorare la sicurezza marittima adottate dalla

Conferenza diplomatica dell' organizzazione marittima internazionale

(IMO) il 12 dicembre 2002, alcuni emendamenti alla Convenzione

internazionale del 1974 per la salvaguardia della vita umana in mare

(definita anche Convenzione SOLAS), nonché un Codice

internazionale per la sicurezza delle navi e degli impianti portuali

(cosiddetto Codice ISPS123

, il Codice internazionale per la sicurezza

delle navi e degli impianti portuali dell'IMO).

122

Pirateria è il termine che indica l'attività di quei marinai denominati pirati che, abbandonando

per scelta o per costrizione la precedente vita sui vascelli mercantili, abbordano, depredano o

affondano le altre navi in alto mare, nei porti, sui fiumi e nelle insenature. 123

Il nuovo Codice per la Security per le navi e le strutture portuali nel mondo contiene in

dettaglio i requisiti di Security per i Governi, le Autorità portuali e le società armatrici nella

sezione obbligatoria – chiamata “A” insieme ad una serie di linee-guida (non obbligatoria)

relativa ad ottenere tali requisiti e denominata “B”. La stessa Conferenza ha altresì adottato una

serie di risoluzioni ispirate ad aumentare l‟importanza agli emendamenti ed incoraggiare

l‟applicazione di tali norme alle navi, alle attrezzature portuali e tracciare la strada per futuri lavori

sull‟argomento.

168

Essi costituiscono degli idonei strumenti tesi a migliorare la sicurezza

delle navi adibite al commercio internazionale e dei relativi impianti

portuali, comprendono disposizioni di natura obbligatoria, di alcune

delle quali dovrà essere precisata l' efficacia nella Comunità e

disposizioni con valore di raccomandazione , alcune delle quali - con l'

adozione del Regolamento - vengono rese obbligatorie.

In relazione al traffico marittimo internazionale, gli Stati membri sono

impegnati ad applicare integralmente, entro il 1° luglio 2004, le

misure speciali previste dalla Convenzione SOLAS e la parte A del

Codice ISPS, secondo le modalità e nei confronti delle navi, delle

società e degli impianti portuali prescritti dagli strumenti citati.

Per quanto riguarda il traffico marittimo nazionale, gli Stati membri

devono applicare, entro il 1° luglio 2005, le misure speciali per

migliorare la sicurezza marittima della Convenzione SOLAS e della

parte A del Codice ISPS, nella versione adottata dalla Conferenza

diplomatica internazionale IMO il 12 dicembre 2002, alle navi

passeggeri di classe A ai sensi dell' art. 4 della direttiva 98/18/CE del

Consiglio, del 18 marzo 1998, relativa alle disposizioni e norme di

sicurezza per le navi passeggeri, adibite al traffico nazionale nonché

Tutto ciò premesso, vediamo ora di analizzare come e che cosa comporterà per gli utenti,

intendendo per essi: i naviganti, gli Armatori e le aziende portuali.

169

alle loro società, quali definite alla Regola IX/1 della Convenzione

SOLAS, ed agli impianti portuali che ad esse prestano servizi.

Dopo una valutazione obbligatoria dei rischi per la sicurezza, entro il

1° luglio 2007, gli Stati membri dovranno decidere in che misura

applicare le disposizioni del Regolamento alle varie categorie di navi

che effettuano il servizio locale, alle loro società e agli impianti

portuali che ad esse prestano i servizi.

Le decisioni prese dovranno essere notificate alla Commissione

europea a intervalli non superiori a cinque anni.

Ai fini del Regolamento, la Regola 11 ( accordi di sicurezza

alternativi) delle misure speciali per migliorare la sicurezza marittima

della Convenzione SOLAS può applicarsi anche al traffico marittimo

intracomunitario di linea effettuato su rotte fisse che fanno uso di

impianti portuali associati.

Inoltre, sulla medesima lunghezza d‟onda, mette conto rilevare che il

successivo regolamento europeo (N. 884/2005 –CE , della

commissione del 10 giugno 2005 ) ha istituito una nuova procedura

per lo svolgimento di ispezioni della Commissione nel settore della

sicurezza marittima .

Tale norma ribadisce, con la dovuta evidenza quanto segue:

170

“È opportuno garantire in permanenza la sicurezza dei trasporti

marittimi della Comunità europea, quella dei cittadini che fanno uso di

detti trasporti, nonché la sicurezza dell'ambiente dinanzi alla minaccia

di azioni illecite intenzionali, come gli atti di terrorismo, gli atti di

pirateria o altri atti dello stesso tipo. Nel trasporto di merci contenenti

sostanze particolarmente pericolose , come le sostanze chimiche e

radioattive, i pericoli causati da azioni illecite intenzionali

possono avere gravi conseguenze per i cittadini e per l'ambiente

dell'Unione”.

Inoltre la Conferenza diplomatica dell'Organizzazione marittima

internazionale (IMO) ha adottato, il 12 dicembre 2002, alcuni

emendamenti alla Convenzione internazionale del 1974 per la

salvaguardia della vita umana in mare (Convenzione SOLAS), nonché

un Codice internazionale per la sicurezza delle navi e degli impianti

portuali (Codice ISPS). Questi strumenti, che sono intesi a migliorare

la sicurezza delle navi adibite al commercio internazionale e dei

relativi impianti portuali, comprendono disposizioni di natura

obbligatoria, di alcune delle quali dovrà essere precisata l'efficacia

nella Comunità e disposizioni con valore di raccomandazione, alcune

171

delle quali dovranno essere rese obbligatorie all'interno della

Comunità.

Ferma restando la normativa degli Stati membri nel settore della

sicurezza nazionale e delle misure che possono essere adottate sulla

base del titolo VI del Trattato sull'Unione europea, è opportuno che il

conseguimento dell'obiettivo di sicurezza di cui al considerando n. 2

avvenga tramite l'adozione di misure idonee nel settore della politica

del trasporto marittimo, definendo norme comuni relative

all'interpretazione, all'applicazione ed al controllo all'interno della

Comunità delle disposizioni adottate dalla Conferenza diplomatica

dell'IMO il 12 dicembre 2002. Per l'adozione delle modalità di

applicazione dettagliate è opportuno delegare alla Commissione le

necessarie competenze di esecuzione.

Inoltre il Regolamento concorre a rispettare i diritti fondamentali e ad

osservare i principi riconosciuti, in particolare dalla Carta dei diritti

fondamentali dell'Unione europea.

Infatti il Regolamento sottolinea come “La sicurezza dovrebbe essere

rafforzata non solo per le navi adibite al traffico marittimo

internazionale e per gli impianti portuali che ad esse forniscono

servizi, ma anche per le navi che effettuano servizi di linea in traffico

172

nazionale in seno alla Comunità e per i relativi impianti portuali; in

particolare dovrebbe essere rafforzata la sicurezza delle navi

passeggeri a motivo dell'elevato numero di vite umane che questo tipo

di traffico espone a rischi.

Per contribuire alla realizzazione dell'obiettivo riconosciuto e

necessario di promuovere il traffico marittimo intracomunitario a

corto raggio, è opportuno che gli Stati membri vengano invitati a

concludere, in relazione alla Regola 11 delle misure speciali per

migliorare la sicurezza marittima della Convenzione SOLAS, gli

accordi riguardanti le disposizioni in materia di sicurezza per il

traffico marittimo intracomunitario di linea su rotte fisse che fanno

uso di impianti portuali associati specifici, senza per questo

compromettere il livello generale di sicurezza auspicato.

Per gli impianti portuali situati in porti che solo occasionalmente

forniscono servizi al traffico marittimo internazionale potrebbe

risultare non proporzionato applicare in via permanente il complesso

di regole di sicurezza previste dal presente regolamento. Gli Stati

membri dovrebbero determinare, in base alle valutazioni di sicurezza

che effettueranno, i porti interessati e le misure alternative atte a

garantire un livello di protezione adeguato”.

173

Viene poi ribadito nel Regolamento che “gli Stati membri dovrebbero

sottoporre ad un attento controllo dell'osservanza delle norme di

sicurezza le navi di qualunque origine che intendono entrare in un

porto della Comunità.

Come effetto di tale disposizione si apprezza come lo Stato membro

interessato dovrebbe designare una «autorità competente per la

sicurezza marittima» incaricata di coordinare, attuare e controllare

l'applicazione delle misure di sicurezza prescritte dal presente

regolamento in relazione alle navi ed agli impianti portuali. Tale

autorità dovrebbe esigere da ogni nave che chieda di entrare in un

porto di fornire anticipatamente le informazioni riguardanti il suo

certificato internazionale di sicurezza ed i livelli di sicurezza ai quali

sta operando ed ha in precedenza operato, come pure qualunque altra

informazione pratica relativa alla sicurezza”.

Inoltre è importante rilevare come “ controlli di sicurezza nel porto

possono essere effettuati dalle autorità competenti per la sicurezza

marittima degli Stati membri, ma anche, per quanto concerne i

certificati internazionali di sicurezza, dagli ispettori che operano ai fini

del controllo da parte dello Stato di approdo, quale previsto dalla

direttiva 95/21/CE del Consiglio, del 19 giugno 1995 relativa

174

all'attuazione di norme internazionali per la sicurezza delle navi, la

prevenzione dell'inquinamento e le condizioni di vita e di lavoro a

bordo, per le navi che approdano nei porti comunitari e che navigano

nelle acque sotto la giurisdizione degli Stati membri (controllo dello

Stato di approdo). Occorre quindi prevedere la complementarità delle

autorità qui richiamate qualora tali operazioni non vengano compiute

dalla stessa autorità. Stante l'esistenza di una pluralità di soggetti

competenti per l'applicazione delle misure di sicurezza, ciascuno Stato

membro dovrebbe designare un'unica autorità competente

responsabile del coordinamento e del controllo, a livello nazionale,

dell'applicazione delle misure di sicurezza del trasporto marittimo. Gli

Stati membri dovrebbero predisporre i mezzi necessari ed elaborare un

piano nazionale per l'applicazione del presente regolamento allo scopo

di conseguire l'obiettivo di sicurezza descritto al considerando n. 2, in

particolare attraverso un calendario di applicazione anticipata di talune

misure, secondo le indicazioni della risoluzione 6 adottata il 12

dicembre 2002 dalla Conferenza diplomatica dell'IMO. È necessario

che l'efficacia dei controlli sull'applicazione di ciascun sistema

nazionale sia oggetto di ispezioni effettuate sotto la supervisione della

Commissione.

175

L'applicazione effettiva ed uniforme delle misure di tale politica

solleva importanti questioni connesse agli aspetti del suo

finanziamento. Il finanziamento di talune misure addizionali di

sicurezza non deve portare a distorsioni della concorrenza. Al

riguardo, la Commissione dovrebbe avviare immediatamente uno

studio (dedicato in particolare alla ripartizione del finanziamento tra le

autorità pubbliche e gli operatori, fatta salva la ripartizione delle

competenze tra gli Stati membri e la Comunità europea) e sottoporre

al Parlamento europeo e al Consiglio i risultati e le eventuali proposte,

se opportuno. Poiché gli scopi del presente regolamento, ossia

l'introduzione e l'applicazione di misure utili nel settore della politica

dei trasporti marittimi, non possono essere realizzati in misura

sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa della

dimensione europea del presente regolamento, essere realizzati meglio

a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio

di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato”.

Il Regolamento, ovviamente, si limita a quanto è necessario per

conseguire tali scopi, in ottemperanza al principio di proporzionalità

enunciato nello stesso articolo.

176

Per quanto riguarda il traffico marittimo internazionale ,intendendo

cosi qualunque collegamento marittimo via nave tra un impianto

portuale di uno Stato membro e un impianto portuale situato fuori di

tale Stato membro o viceversa gli Stati membri applicano

integralmente, entro il 10 luglio 2004, le misure speciali per

migliorare la sicurezza marittima della Convenzione SOLAS e la parte

A del Codice ISPS, secondo le modalità e nei confronti delle navi,

delle società e degli impianti portuali prescritti dagli strumenti

suddetti.

Per quanto riguarda il traffico marittimo nazionale, ovvero qualunque

collegamento via nave effettuato nelle zone marittime tra un impianto

portuale di uno Stato membro e lo stesso impianto portuale o un altro

impianto portuale di tale Stato membro gli Stati membri applicano,

entro l‟ 1 luglio 2005, le misure speciali per migliorare la sicurezza

marittima della Convenzione SOLAS e della Parte A del Codice ISPS,

nella versione adottata dalla Conferenza diplomatica internazionale

dell'IMO il 12 dicembre 2002, alle navi passeggeri di classe A ai sensi

dell'articolo 4 della direttiva 98/18/CE del Consiglio, del 17 marzo

1998, relativa alle disposizioni e norme di sicurezza per le navi da

passeggeri, adibite al traffico nazionale nonché alle loro società, quali

177

definite alla Regola IX/1 della Convenzione SOLAS, ed agli impianti

portuali che ad esse prestano servizi.

Gli Stati membri decidono, dopo una valutazione obbligatoria dei

rischi per la sicurezza, in che misura applicano, entro l‟1 luglio 2007,

le disposizioni del presente regolamento alle varie categorie di navi

che effettuano servizio nazionale diverse da quelle di cui al paragrafo

2, alle loro società e agli impianti portuali che ad esse prestano servizi.

Il livello globale di sicurezza non dovrebbe essere compromesso da

una decisione di questo tipo.

Gli Stati membri notificano alla Commissione le decisioni adottate

nonché le loro revisioni periodiche che devono effettuarsi a intervalli

non superiori a cinque anni.

Queste revisioni periodiche sono effettuate anche dal «punto di

contatto per la sicurezza marittima», un organismo nominato da ogni

Stato membro per fungere da punto di contatto per la Commissione e

gli altri Stati membri per l'attuazione, il controllo e l'informazione

sull'applicazione delle misure di sicurezza marittima definite nel

presente regolamento.

178

Altro organismo competente in materia è “l‟autorità per la sicurezza

marittima”124

, nominata da uno Stato membro per coordinare, attuare e

controllare l'applicazione delle misure di sicurezza definite dal

presente regolamento in relazione alle navi e/o ad uno o più impianti

portuali.

124

Le gravi conseguenze dovute all'inquinamento delle acque e delle coste europee che hanno

provocato gravi conseguenze negli ultimi anni ha spinto le istituzioni europee ad istituire l'Agenzia

europea per la sicurezza marittima - EMSA - che è stata istituita con regolamento CE n.1406/2002

del 27 giugno 2002.

179

APPENDICE LEGISLATIVA

Decreto Legislativo 27 luglio 1999, n. 271

"Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a bordo delle

navi mercantili da pesca nazionali, a norma della legge 31 dicembre 1998, n. 485"

pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 185 del 9 agosto 1999 - Supplemento Ordinario n. 151

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Vista la legge 31 dicembre 1998, n. 485, concernente delega al Governo in materia di sicurezza del

lavoro nel settore portuale marittimo;

Vista la legge 16 giugno 1939, n. 1045, inerente le condizioni di igiene ed abitabilita' degli

equipaggi a bordo delle navi mercantili nazionali;

Vista la legge 2 agosto 1952, n. 1305, inerente la ratifica ed esecuzione delle convenzioni

internazionali del lavoro n. 68 sul servizio di alimentazione a bordo delle navi e n. 69 concernente

il diploma di capacita' professionale dei cuochi di bordo;

Vista la legge 10 aprile 1981, n. 157, inerente la ratifica ed esecuzione delle convenzioni

internazionali del lavoro n. 109 relativa alla durata del lavoro a bordo e gli effettivi

dell'equipaggio, n. 134 sulla prevenzione degli infortuni della gente di mare e n.139 sulla

prevenzione ed il controllo dei rischi professionali causati da sostanze ed agenti cancerogeni;

Vista la Convenzione di Londra sulla salvaguardia della vita umana in mare di cui alla legge 23

maggio 1980, n.313, e successivi emendamenti di seguito denominata Convenzione Solas;

Vista la legge 10 aprile 1981, n. 158, inerente la ratifica ed esecuzione delle convenzioni

internazionali del lavoro n. 92 e n. 133 sugli alloggi dell'equipaggio a bordo delle navi;

Vista la legge 10 aprile 1981, n. 159, inerente la ratifica ed esecuzione della convenzione

internazionale del lavoro n.147 relativa alle norme minime di sicurezza da osservare sulle navi

mercantili;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 8 novembre 1991, n. 435, concernente

regolamento per la sicurezza della navigazione e della vita umana in mare;

Visto il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, inerente attuazione di direttive comunitarie

riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro, e

successive modificazioni ed integrazioni;

180

Visto il decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624, inerente attuazione della direttiva

92/91/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione e

della direttiva 92/104/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive a

cielo aperto o sotterranee;

Vista la preliminare determinazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 28

maggio 1999; Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del

Senato della Repubblica; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata, nella riunione

del 23 luglio 1999; Sulla proposta del Ministro dei trasporti e della navigazione;

E M A N A

il seguente decreto legislativo:

Art. 1

Oggetto

1. Il presente decreto ha lo scopo di adeguare la vigente normativa sulla sicurezza e la salute dei

lavoratori sul luogo di lavoro, alle particolari esigenze dei servizi espletati su tutte le navi o unita'

indicate all'articolo 2, in modo da:

a) assicurare, in materia di sicurezza del lavoro, la tutela della salute e la prevenzione dagli

infortuni e dalle malattie professionali;

b) determinare gli obblighi e le responsabilita' specifiche da parte di armatori, marittimi ed altre

persone interessate in relazione alla valutazione dei rischi a bordo delle navi;

c) fissare, in materia di igiene del lavoro, i criteri relativi alle condizioni di igiene ed abitabilita'

degli alloggi degli equipaggi;

d) definire i criteri relativi al l'organizzazione del sistema di prevenzione, igiene e sicurezza del

lavoro a bordo ed all'impiego dei dispositivi di protezione individuale;

e) definire la durata dell'orario di lavoro e del periodo di riposo del personale marittimo;

f) dettare le misure di sicurezza in presenza di particolari condizioni di rischio;

g) assicurare l'informazione e la formazione degli equipaggi;

h) prevedere i criteri per il rilascio delle certificazioni e attestazioni dell'avvenuta formazione.

Art. 2

Campo di applicazione

1. Le norme del presente decreto si applicano ai lavoratori marittimi imbarcati a bordo di tutte le

navi o unita' mercantili, nuove ed esistenti, adibite a navigazione marittima ed alla pesca nonche'

alle navi o unita' mercantili in regime di sospensione temporanea di bandiera, alle unita' veloci e

alle piattaforme mobili.

Art. 3

Definizioni

1. Ai fini del presente decreto si intende per:

a) nave : qualsiasi costruzione adibita per fini commerciali, al trasporto marittimo di merci o

passeggeri, alla pesca o qualsiasi altro fine di natura commerciale;

b) nave nuova: qualsiasi nave la cui chiglia sia stata impostata, o che si trovava ad un equivalente

stadio di costruzione, alla data di entrata in vigore del presente decreto o successivamente ad esso;

c) nave esistente: qualsiasi nave che non sia nuova;

d) unita' veloci: unita' cosi' come definite alla regola 1 del capitolo X della Convenzione

internazionale SOLAS ed a cui si applica il Codice internazionale per le unita' veloci (International

Code of Safety for High Speed - HSC Code);

e) piattaforme mobili: destinate al servizio di perforazione del fondo marino per la ricerca e lo

sfruttamento del fondo stesso e del relativo sottosuolo;

f) regime di sospensione temporanea di bandiera: il periodo di tempo nel quale, ai sensi di quanto

181

previsto dagli articoli 28 e 29 della legge 14 giugno 1989, n. 234, la nave o unita' mercantile e'

autorizzata a dismettere temporaneamente la bandiera;

g) Ministero: il Ministero dei trasporti e della navigazione Dipartimento della navigazione

marittima ed interna - Unita' di gestione del trasporto marittimo e per vie d'acqua interne;

h) Autorita' marittima: organo periferico del Ministero dei trasporti e della navigazione e,

all'estero, le autorita' consolari;

i) organi di vigilanza: l'Autorita' marittima, le Aziende Unita' sanitarie locali e gli Uffici di sanita'

marittima;

l) armatore: il responsabile dell'esercizio dell'impresa di navigazione, sia o meno proprietario della

nave, ovvero il titolare del rapporto di lavoro con l'equipaggio;

m) medico competente: medico in possesso di uno dei titoli indicati all'articolo 2, lettera d) del

decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 come sostituito dall'articolo 2 del decreto legislativo

19 marzo 1996, n. 242;

n) lavoratore marittimo: qualsiasi persona facente parte dell'equipaggio che svolge, a qualsiasi

titolo, servizio o attivita' lavorativa a bordo di una nave o unita' mercantile o di una nave da pesca ;

o) personale adibito a servizi generali e complementari: personale imbarcato a bordo non facente

parte ne' dell'equipaggio ne' dei passeggeri e non impiegato per i servizi di bordo;

p) ambiente di lavoro: tutti i locali presenti a bordo di una unita' mercantile o da pesca frequentati

dal lavoratore marittimo;

q) locali di lavoro: sono tutti i locali di bordo, chiusi o all'aperto, in cui i lavoratori marittimi

esplicano normalmente la propria attivita' lavorativa a bordo e nei quali sono presenti macchinari

di propulsione, caldaie, apparati ausiliari, generatori e macchinari elettrici, apparati di controllo o

comando, locali destinati al carico, depositi, officine;

r) locali di servizio: si intendono gli spazi usati per le cucine e locali annessi, i locali destinati ai

presidi sanitari (ospedale di bordo, cabina isolamento), ripostigli e locali deposito;

s) locali alloggio: comprendono le cabine, i locali mensa, i locali di ritrovo, i locali adibiti ai

servizi igienici, i locali destinati agli uffici.

Art. 4

Esclusioni

1. Le disposizioni del presente decreto non si applicano alle:

a) navi o unita' appartenenti alle Amministrazioni militari, doganali, di polizia ed al Corpo dei

vigili del fuoco, o da essi direttamente esercitate, ai servizi di protezione civile ed alle navi adibite

al trasporto di truppe, ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626,

come modificato dal decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242;

b) navi da diporto che non sono impiegate in attivita' di traffico commerciale ;

c) navi in cui la vela costituisce il principale mezzo di propulsione, anche se dotate di motore

ausiliario.

Art. 5

Misure generali di tutela

1. A bordo di tutte le navi o unita' di cui all'articolo 2 - ai fini della prevenzione degli infortuni e

dell'igiene del lavoro dei marittimi - sono attuate le seguenti misure di tutela:

a) valutazione delle situazioni di rischio per la salute e la sicurezza, connesse all'esercizio

dell'attivita' lavorativa a bordo;

b) eliminazione dei rischi derivanti dall'impiego di materiali nocivi alla salute del lavoratore,

mediante sostituzioni da realizzare conformemente alle tecnologie disponibili nel settore della

progettazione e costruzione navale, e, qualora cio' non fosse possibile, riduzione al minimo del

loro impiego a bordo;

c) riduzione dei rischi alla fonte;

d) programmazione delle attivita' di prevenzione in stretta relazione con la gestione tecnico-

operativa dell'unita' navale, anche al fine di limitare al minimo il numero di lavoratori marittimi

che sono, o possono essere, esposti al rischio;

e) sostituzione di cio' che e' pericoloso con cio' che non lo e', o e' meno pericoloso;

182

f) rispetto dei principi ergonomici nella progettazione e costruzione dei locali di lavoro, nella

scelta delle attrezzature di lavoro e nella definizione delle metodologie di lavoro, anche al fine di

limitare i fattori di fatica;

g) priorita' delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di' protezione individuale;

h) misure di protezione collettiva ed individuale;

i) utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici a bordo delle navi;

l) predisposizione di un programma di controllo sanitario dei lavoratori in funzione dei rischi

specifici individuati nella valutazione di cui alla lettera a);

m) allontanamento del lavoratore marittimo dall'esposizione a rischio per motivi sanitari inerenti la

sua persona;

n) idonee misure igieniche;

o) misure di emergenza in caso di operazioni di soccorso, antincendio, abbandono nave e di

pericolo grave ed immediato;

p) impiego di idonea segnaletica di sicurezza;

q) corretta e regolare manutenzione degli ambienti di lavoro, dei locali di servizio e dei locali

alloggio nonche' delle attrezzature di lavoro, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in

conformita' alle indicazioni dei fabbricanti;

r) informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori marittimi alle questioni

relative alla prevenzione degli infortuni, all'igiene ed alla sicurezza del lavoro a bordo;

s) istruzioni per i lavoratori, adeguate all'attivita' lavorativa da svolgere a bordo.

2. Le misure relative alla prevenzione degli infortuni, all'igiene ed alla sicurezza del lavoro a bordo

sono a carico dell'armatore e non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i

lavoratori marittimi.

Art. 6

Obblighi dell'Armatore e del Comandante

1. L'armatore delle navi o unita' di cui all'articolo 2 in relazione alle caratteristiche tecnico-

operative dell'unita', valuta, i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori marittimi

predisponendo il piano di sicurezza dell'ambiente di lavoro che deve contenere i seguenti elementi:

a) progetto dettagliato dell'unita' - nel quale sono riportate le sistemazioni inerenti l'ambiente di

lavoro;

b) specifica tecnica dell'unita', comprendente tutti gli elementi ritenuti utili per l'esame delle

condizioni di igiene e sicurezza del lavoro presenti a bordo della nave;

c) relazione tecnica sulla valutazione dei rischi per la tutela della salute e la sicurezza del

lavoratore marittimo connessi allo svolgimento dell'attivita' lavorativa a bordo; nella relazione

sono specificati i criteri adottati per la valutazione stessa e le misure di prevenzione e protezione

dei lavoratori, nonche' il programma di attuazione di eventuali interventi migliorativi dei livelli di

igiene e sicurezza a bordo.

2. La documentazione di cui al comma 1, redatta da personale tecnico delle costruzioni navali di

cui all'articolo 117 del codice della navigazione e articolo 275 del relativo regolamento di

attuazione, e' inviata, a cura dell'armatore, al Ministero ai fini dell'approvazione secondo le

seguenti modalita':

a) per le navi o unita' nuove: almeno sei mesi prima dell'entrata in esercizio;

b) per le navi o unita' esistenti: entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto;

c) per le navi o unita' acquistate all'estero: al momento della richiesta di immatricolazione

dell'unita' e comunque entro e non oltre tre mesi dalla predetta data;

d) per le navi sottoposte a trasformazione o modifica: almeno sei mesi prima dell'entrata in

esercizio.

3. Il piano di sicurezza e' integrato ed aggiornato ogni volta che siano apportate modifiche o

trasformazioni a bordo ai sensi di quanto previsto dall'articolo 33, comma 3.

183

4. Per le unita' adibite ai servizi tecnico-nautici e portuali, per le navi o unita' mercantili nuove ed

esistenti di stazza lorda inferiore a 200 e per quelle da pesca nuove ed esistenti di lunghezza

inferiore a 24 m, o con equipaggio fino a sei unita' di tabella di armamento, la documentazione di

cui al comma 2, autocertificata da parte dell'armatore o dal proprietario, non e' inviata al Ministero

per l'approvazione ma e' conservata a bordo ed esibita a richiesta degli organi di vigilanza, al fine

di verificarne la conformita' alle disposizioni del presente decreto.

5. L'armatore ed il comandante della nave, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze,

sono obbligati a:

a) designare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dei lavoratori marittimi nel

rispetto delle disposizioni di cui all'art. 12, commi 1, 2 e 5;

b) designare il personale addetto al servizio di prevenzione e protezione nel rispetto delle

disposizioni di cui all'art. 12, commi 1, 2 e 5;

c) designare il medico competente di cui all'articolo 23;

d) organizzare il lavoro a bordo, in modo da ridurre al minimo i fattori di fatica di cui all'allegato I

e verificare il rispetto della durata del lavoro a bordo secondo quanto previsto dal presente decreto

e dai contratti collettivi nazionali di categoria;

e) informare i lavoratori marittimi dei rischi specifici cui sono esposti nello svolgimento delle loro

normali attivita' lavorative ed addestrarli sul corretto utilizzo delle attrezzature di lavoro nonche'

dei dispositivi di protezione individuali;

f) limitare al minimo il numero dei lavoratori marittimi esposti a bordo ad agenti tossici e nocivi

per la salute, nonche' la durata del periodo di esposizione a tali agenti nocivi, anche mediante

isolamento delle aree o locali interessati dalla presenza degli agenti, e predisporre un programma

di sorveglianza sanitaria mirato;

g) fornire ai lavoratori marittimi i necessari dispositivi individuali di sicurezza e di protezione,

conformi alle vigenti norme e mantenerne le condizioni di efficienza;

h) informare i lavoratori marittimi sulle procedure da attuare nei casi di emergenza,

particolarmente per l'incendio a bordo e l'abbandono della nave, secondo quanto indicato nel

vigente regolamento di sicurezza adottato con decreto del Presidente della Repubblica 8 novembre

1991, n. 435 di seguito denominato regolamento di sicurezza;

i) formare e addestrare il personale marittimo in materia di igiene e di sicurezza dell'ambiente di

lavoro a bordo predisponendo in merito appositi manuali operativi di facile consultazione;

l) richiede l'osservanza da parte dei lavoratori marittimi delle norme di igiene e di sicurezza e

l'utilizzazione dei mezzi individuali di protezione messi a loro disposizione;

m) tenere a bordo della singola unita' navale ed aggiornare il "registro degli infortuni",di cui

all'articolo 25, comma 2, nel quale sono annotati gli infortuni occorsi ai lavoratori e la tipologia

dell'infortunio;

n) garantire le condizioni di efficienza dell'ambiente di lavoro ed, in particolare, la regolare

manutenzione tecnica degli impianti, degli apparati di bordo e dei dispositivi di sicurezza;

o) permettere ai lavoratori marittimi, mediante il rappresentante alla sicurezza, di verificare

l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute e consentire al rappresentante

stesso di accedere alle informazioni ed alla documentazione aziendale cosi' come indicato all'art.

16 comma 2, lettera d);

p) fornire e mettere a disposizione dell'equipaggio tutta la raccolta di normative nazionali ed

internazionali, documentazione tecnica; il manuale di cui all'articolo 17 e la guida di cui

all'articolo 24 comma 4, e le procedure di sicurezza utili per lo svolgimento delle attivita'

lavorative di bordo in condizioni di sicurezza;

q) attuare misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al minimo i rischi connessi

all'impiego delle attrezzature di lavoro presenti a bordo ed impedire che queste vengano utilizzate

per operazioni o in condizioni per le quali non sono adatte;

6. L'armatore non puo' delegare gli adempimenti previsti dai commi 1, 2, 3, 4 e 5 lettera a).

Art. 7

Obblighi del Comandante della nave

184

1. Ferme restando le disposizioni previste dal codice della navigazione e dal relativo regolamento

di attuazione nonche' dalle norme vigenti in materia di sicurezza della navigazione, il comandante

della nave deve:

a) emettere procedure ed istruzioni per l'equipaggio, relative all'igiene, salute e sicurezza del

lavoro, in forma chiara e comprensibile;

b) segnalare all'armatore, sentito il servizio di prevenzione e protezione di bordo di cui all'articolo

13, le deficienze ed anomalie riscontrate che possono compromettere l'igiene, la salute e la

sicurezza del lavoro a bordo;

c) valutare, d'intesa con il servizio di prevenzione e protezione, la tipologia di infortuni occorsi al

lavoratore marittimo a bordo e comunicare tale dato all'armatore;

d) designare, tra i componenti dell'equipaggio, i lavoratori marittimi incaricati dell'attuazione delle

misure di prevenzione nelle situazioni di emergenza, anche in relazione a quanto previsto

dall'articolo 203 del regolamento di sicurezza;

e) informare l'armatore ed il rappresentante alla sicurezza di cui all'articolo 16, nel caso in cui si

verifichino a bordo eventi non prevedibili o incidenti che possano comportare rischi per la salute e

la sicurezza dei lavoratori ed adottare idonee misure atte a identificare e rimuovere la causa

dell'evento ed a limitare al minimo i rischi per i lavoratori.

Art. 8

Obblighi del lavoratore marittimo

1. Il lavoratore marittimo imbarcato a bordo delle navi o unita' di cui all'articolo 2, deve:

a) osservare le misure disposte dall'armatore e dal comandante della nave, ai fini della igiene e

della sicurezza dell'ambiente di lavoro a bordo;

b) non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che possano compromettere la

sicurezza propria e di altri lavoratori;

c) utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze ed i dispositivi tecnico-sanitari di

bordo, nonche' i dispositivi individuali di protezione forniti dall'armatore;

d) segnalare al comandante della nave o al responsabile del servizio di prevenzione e di protezione

di cui all'articolo 13 le deficienze eventuali dei dispositivi e dei mezzi di protezione suddetti,

dandone notizia al rappresentante alla sicurezza dell'ambiente di lavoro di cui all'articolo 16;

e) cooperare, insieme all'armatore ed al comandante o al responsabile del servizio di prevenzione e

di protezione, al fine di dare piena attuazione a tutti gli obblighi imposti dagli organi di vigilanza e

di ispezione o comunque necessari per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori marittimi

durante il lavoro;

f) sottoporsi ai controlli sanitari secondo quanto disposto dalle vigenti normative in materia;

g) attuare, con diligenza, le procedure previste nei casi di emergenza di cui al comma 5 lettera h)

dell'articolo 6.

Art. 9

Obblighi dei progettisti, dei costruttori, dei fornitori e degli installatori

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 6 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626

come modificato dal decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242, i progettisti ed i costruttori di navi

mercantili e da pesca nazionali devono rispettare i principi generali di prevenzione in materia di

tutela della salute e di sicurezza del lavoro a bordo, secondo le disposizioni del presente decreto e

di quanto stabilito, rispettivamente, dall'articolo 232 del codice della navigazione e dall'articolo

275 del relativo regolamento di attuazione, integrato dalle disposizioni contenute all'articolo 20

della legge 14 giugno 1989, n. 234 e nel decreto del Ministro della marina mercantile 18 febbraio

1992, n. 280.

Art. 10

Contratto d'appalto o d'opera

185

1. L'armatore, in caso di affidamento di lavori o di servizi a bordo della nave mercantile o da pesca

nazionale, ad imprese appaltatrici od a lavoratori autonomi, deve:

a) verificare l'idoneita' tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in

relazione ai lavori da affidare in appalto o contratto d'opera, secondo quanto previsto dall'articolo

68 del Codice della Navigazione;

b) fornire agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti a bordo delle

navi e nei locali interessati alle attivita' appaltate e sulle relative misure di prevenzione e

protezione dai rischi sul lavoro da adottare;

c) fornire istruzioni al servizio di prevenzione e protezione di bordo di cui all'articolo 13 del

presente decreto, al fine di coordinare le misure di protezione di cui al comma 2 lettera b) con le

attivita' oggetto dell'appalto o del contratto d'opera.

2. Il titolare della impresa appaltatrice o il lavoratore autonomo e l'armatore devono:

a) cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi di cui al comma 1

lettera b), incidenti sulle attivita' oggetto dell'appalto o del contratto d'opera;

b) coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi dei propri lavoratori, al fine di

evitare interferenze con l'attivita' lavorativa di bordo connessa all'esercizio della navigazione.

3. L'armatore promuove la cooperazione ed il coordinamento di cui al comma 2. Tale obbligo non

si estende ai rischi specifici propri dell'attivita' delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori

autonomi.

Art. 11

Orario di lavoro a bordo delle navi mercantili e da pesca

1. Per "durata del lavoro a bordo della nave" si intende il tempo durante il quale un lavoratore

marittimo e' tenuto ad effettuare l'attivita' lavorativa connessa all'esercizio della navigazione.

Rientrano nella durata del lavoro a bordo, oltre alle normali attivita' di navigazione e di porto:

a) gli appelli per le esercitazioni di emergenza antincendio ed abbandono nave, nonche' tutte le

esercitazioni prescritte dal regolamento di sicurezza e dalla Convenzione di Londra sulla

salvaguardia della vita umana in mare di cui alla legge 23 maggio 1980, n. 313 e successivi

emendamenti di seguito denominata Convenzione Solas;

b) le attivita' richieste dal comandante inerenti la sicurezza della navigazione, in caso di pericolo

per l'equipaggio e la nave;

c) le attivita' di formazione in materia di igiene e sicurezza del lavoro a bordo, in relazione alle

mansioni svolte;

d) le attivita' di manutenzione ordinaria della nave;

e) le attivita' richieste dal comandante nel caso di operazioni di soccorso ad altre unita' mercantili o

da pesca o di soccorso a persone.

2. Per "ore di riposo" si intende il tempo non compreso nella durata del lavoro; questa espressione

non comprende le interruzioni di breve durata.

3. Fatte salve le disposizioni presenti nei contratti collettivi nazionali di categoria, la durata

dell'orario di lavoro del lavoratore marittimo, a bordo delle navi mercantili e delle navi da pesca, e'

stabilita in otto ore giornaliere, con un giorno di riposo a settimana, oltre ai giorni di ferie.

4. I limiti dell'orario di lavoro o di quello di riposo a bordo delle navi sono cosi' stabiliti:

a) il numero massimo di ore di lavoro a bordo non deve superare:

1. 14 ore in un periodo di 24 ore;

2. 72 ore per un periodo di sette giorni;

ovvero:

b) il numero minimo delle ore di riposo non e' inferiore a:

1. 10 ore in un periodo di 24 ore;

2. 77 ore per un periodo di sette giorni.

186

5. Le ore di riposo non possono essere suddivise in piu' di due

periodi distinti, cui uno e' almeno di 6 ore consecutive, e

l'intervallo tra i due periodi consecutivi di riposo non deve super-

are le 14 ore.

6. Le attivita' di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del comma 1 sono svolte, per quanto possibile, in

maniera tale da non disturbare i periodi di riposo e da non provocare fatica.

7. Nelle situazioni in cui il lavoratore marittimo si trovi in disponibilita' alle chiamate, il marittimo

dovra' usufruire di un adeguato periodo di riposo compensativo qualora la durata normale del suo

periodo di riposo sia interrotta da una chiamata di lavoro.

8. Per le navi impiegate in viaggi di breve durata e per le particolari tipologie di navi impiegate in

servizi portuali, la contrattazione collettiva potra' derogare a quanto previsto nei commi 4 e 5,

tenendo conto di periodi di riposo piu' frequenti o piu' lunghi oppure della concessione di riposi

compensativi ai marittimi impiegati nel servizio di guardia o ai marittimi che operano a bordo.

9. A bordo di tutte le navi mercantili e da pesca nazionali e' affissa, in posizione facilmente

accessibile e redatta in lingua italiana ed in lingua inglese, una tabella con l'organizzazione del

servizio di bordo, contenente per ogni posizione lavorativa:

a) l'orario del servizio in navigazione e del servizio in porto;

b) il numero massimo di ore di lavoro o il numero minimo di ore di riposo previste ai sensi del

presente decreto o dai contratti collettivi in vigore.

10.Una copia dei contratto collettivo e' conservata a bordo, a disposizione di tutti i lavoratori

imbarcati e degli organi di vigilanza.

Art. 12

Servizio di prevenzione e protezione - criteri generali

1. L'armatore designa per ogni unita' navale, tra il personale di bordo, una o piu' persone che

espleteranno i compiti del servizio di prevenzione e protezione, nonche' il responsabile del servizio

stesso, sentito il rappresentante alla sicurezza dell'ambiente di lavoro di cui all'articolo 16.

2. Il personale di cui al comma 1 e' rappresentativo delle diverse categorie di equipaggio presenti a

bordo ed e' in numero sufficiente, in relazione alla tipologia dell'unita' ed al tipo di navigazione,

allo svolgimento dell'incarico ricevuto. Esso deve inoltre possedere le necessarie capacita'

professionali e deve ricevere, da parte dell'armatore, tutte le informazioni appropriate in materia di

igiene e sicurezza del lavoro a bordo, nonche' le risorse adeguate al compito assegnato.

3. Il personale designato al servizio di prevenzione e protezione di bordo non puo' subire

pregiudizio alcuno a causa dell'esercizio delle funzioni connesse all'espletamento del proprio

incarico.

4. I nominativi del personale designato sono annotati nel ruolo di equipaggio o nella licenza ed a

tale annotazione e' allegata una dichiarazione nella quale si attesti, con riferimento alle singole

persone designate:

a) i compiti svolti all'interno del servizio di prevenzione e protezione a bordo;

b) il curriculum professionale.

187

5. Per le unita' adibite ai servizi tecnico-nautici e portuali, per le navi o unita' mercantili nazionali

nuove ed esistenti di stazza lorda inferiore a 200 e per quelle da pesca nuove ed esistenti di

lunghezza inferiore a 24 m o con equipaggio fino a sei unita' di tabella di armamento, il servizio di

prevenzione e protezione puo' essere istituito a terra ed il responsabile del servizio di prevenzione

e protezione e gli addetti possono essere nominati nell'ambito del personale appartenente alla

struttura armatoriale di terra.

6. Per le unita' indicate al comma 5, i dati e le informazioni di cui al comma 4 sono conservati

presso la sede della struttura armatoriale.

7. L'armatore ed il comandante forniscono al servizio di prevenzione e protezione a bordo

informazioni in merito:

a) alla natura dei rischi;

b) all'organizzazione del lavoro, alla programmazione ed all'attuazione delle misure preventive e

protettive;

c) alla descrizione delle attrezzature di lavoro di bordo;

d) ai dati del registro degli infortuni e delle malattie professionali.

Art. 13

Servizio di prevenzione e protezione a bordo - compiti

1. Il servizio di prevenzione e protezione provvede a:

a) collaborare con il comandante dell'unita' e con il responsabile della sicurezza dell'ambiente di

lavoro a bordo dell'unita', al fine di attuare le norme in materia di igiene e sicurezza del lavoro a

bordo predisposto dall'armatore;

b) segnalare al responsabile della sicurezza dell'ambiente di lavoro le deficienze ed anomalie

riscontrate che possono compromettere l'igiene, la salute e la sicurezza del lavoro a bordo;

c) individuare i fattori di rischio connessi alle attivita' lavorative svolte a bordo dell'unita' e relativi

al normale esercizio della stessa;

d) individuare, in collaborazione con l'armatore, le misure di igiene e sicurezza dell'ambiente di

lavoro, ai fini della prevenzione e protezione contro i rischi identificati;

e) esaminare, congiuntamente al responsabile alla sicurezza dell'ambiente di lavoro, gli infortuni

verificatisi a bordo dell'unita' a carico dei lavoratori marittimi, al fine di relazionare in merito alla

struttura armatoriale di terra;

f) informare l'equipaggio sulle problematiche inerenti l'igiene e la sicurezza del lavoro a bordo

dell'unita';

g) proporre programmi di formazione e di informazione dei lavoratori marittimi imbarcati.

2. Il servizio di prevenzione e protezione ha accesso a tutte le informazioni inerenti l'igiene, la

salute e la sicurezza dell'ambiente di lavoro a bordo dell'unita' ed e' consultato dall'armatore per

l'elaborazione delle metodologie di lavoro a bordo che possono avere degli effetti sulla salute e

sulla sicurezza del lavoratore marittimo.

Art. 14

Riunione periodica di prevenzione e protezione a bordo

1. L'armatore, tramite il servizio di prevenzione e protezione, deve convocare, almeno una volta

l'anno, una riunione alla quale partecipano il comandante della nave, il responsabile della sicurezza

dell'ambiente di lavoro ed il rappresentante alla sicurezza dell'ambiente di lavoro, al fine di

esaminare:

a) le misure di igiene e sicurezza dell'ambiente di lavoro previste a bordo, ai fini della prevenzione

e protezione, con riferimento a quanto indicato nel piano di sicurezza di cui all'articolo 6, comma l;

b) l'idoneita' dei mezzi di protezione individuali previsti a bordo;

c) i programmi di informazione e formazione dei lavoratori marittimi, predisposti dall'armatore, ai

fini della sicurezza e della protezione della loro salute;

188

d) eventuali variazioni, rispetto alle normali condizioni di esercizio dell'unita', delle situazioni di

esposizione del lavoratore a fattori di rischio, con particolare riferimento all'organizzazione del

lavoro a bordo ed all'introduzione di nuove tecnologie che potrebbero comportare riflessi

sull'igiene e la sicurezza dei lavoratori.

2. A conclusione della riunione e' redatto apposito verbale che e' conservato tra i documenti di

bordo a disposizione degli organi di vigilanza e di ispezione. Copia del suddetto verbale e' affissa a

bordo per opportuna conoscenza di tutto l'equipaggio.

Art. 15

Il responsabile della sicurezza dell'ambiente di lavoro

1. Ferme restando le responsabilita' del comandante della nave previste dal codice della

navigazione e dell'ufficiale responsabile della sicurezza, ove previsto, stabilite dal regolamento di

sicurezza, a bordo di tutte le navi o unita' di cui all'articolo 2, il responsabile del servizio di cui

all'articolo 13, deve:

a) sensibilizzare l'equipaggio all'applicazione delle direttive in materia di igiene e sicurezza del

lavoro a bordo;

b) controllare lo stato di applicazione delle prescrizioni specifiche in materia di igiene e sicurezza

del lavoro procedendo alle verifiche inerenti l'igiene e la sicurezza dell'ambiente di lavoro a bordo;

c) segnalare al comandante della nave le deficienze ed anomalie riscontrate che possono

compromettere l'igiene, la salute e la sicurezza del lavoro a bordo;

d) valutare, d'intesa con il comandante, la tipologia di infortuni occorsi al lavoratore marittimo a

bordo, al fine di individuare nuove misure di prevenzione degli infortuni.

2. Nello svolgimento delle sue funzioni, il responsabile della sicurezza dell'ambiente di lavoro si

avvale del servizio di prevenzione e protezione e della collaborazione del rappresentante alla

sicurezza.

Art. 16

Il rappresentante alla sicurezza dell'ambiente di lavoro

1. A bordo di tutte le navi o unita' di cui all'articolo 2, i lavoratori marittimi eleggono il proprio

rappresentante all'igiene e sicurezza dell'ambiente di lavoro, secondo le modalita' previste dai

contratti collettivi nazionali di categoria.

2. Il rappresentante alla sicurezza:

a) collabora con il servizio di prevenzione e protezione di cui all'articolo 13;

b) e' consultato preventivamente sulla designazione effettuata dall'armatore del personale addetto

al servizio di prevenzione e protezione;

c) propone iniziative in materia di prevenzione e protezione del lavoratore a bordo;

d) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi e le

misure di prevenzione relative, nonche' quelle riguardanti le sostanze ed i materiali pericolosi, le

attrezzature di lavoro, l'organizzazione e l'ambiente di lavoro a bordo, gli infortuni e le malattie

professionali.

3. Il rappresentante della sicurezza non puo' subire pregiudizio alcuno a causa della sua attivita' e

beneficia delle misure di salvaguardia e liberta' dei diritti sindacali, previste dalle vigenti norme in

materia di tutela dei lavoratori. Egli, inoltre, deve disporre del tempo necessario allo svolgimento

del proprio incarico senza perdita di retribuzione, nonche' dei mezzi necessari per l'esercizio delle

funzioni connesse al compito assegnato.

4. Il rappresentante della sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di igiene e

sicurezza del lavoro a bordo delle navi, concernente la normativa nazionale ed internazionale

189

vigente nel settore ed i rischi specifici esistenti nel proprio ambito di rappresentanza, tale da

assicurargli adeguate nozioni sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi.

5. Per le unita' adibite ai servizi tecnico-nautici e portuali, per le navi o unita' mercantili nuove ed

esistenti di stazza lorda inferiore a 200 e per quelle da pesca nuove ed esistenti di lunghezza

inferiore a 24 m o con equipaggio fino a sei unita' di tabella di armamento, il rappresentante alla

sicurezza puo' essere eletto nell'ambito del personale appartenente alla struttura armatoriale di

terra.

Art. 17

Manuale di gestione della sicurezza dell'ambiente di lavoro

1. Nel "Manuale di gestione per la sicurezza dell'ambiente di lavoro a bordo" sono riportati gli

strumenti e le procedure utilizzate dall'armatore per adeguarsi alle disposizioni previste dal

presente decreto e dalle norme internazionali. Esso puo' costituire parte integrante del "Safety

Management Manual" redatto ai sensi di quanto previsto dal codice internazionale di gestione per

la sicurezza delle navi (ISM Code) di cui alla Convenzione Solas.

Art. 18

Tipi di Visite

1. Ai fini di verificare l'applicazione delle disposizioni contenute nel presente decreto, le navi di

cui all'articolo 2, sono sottoposte alle seguenti visite:

a) visita iniziale:

1) per le navi o unita' mercantili nazionali nuove;

2) per le navi da pesca nuove di lunghezza superiore ai 24 m;

b) visita periodica:

1) per le navi o unita' mercantili nazionali esistenti di stazza lorda superiore a 200;

2) per le navi da pesca esistenti di lunghezza superiore a 24 m;

c) visita occasionale:

1) per le navi o unita' mercantili nazionali nuove ed esistenti;

2) per le navi da pesca nuove ed esistenti;

3) per le navi adibite al servizio di pilotaggio e per quelle adibite a servizio di rimorchio in ambito

portuale;

4) per le navi in regime di sospensione temporanea di bandiera;

5) per le navi o unita' mercantili straniere.

2. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 21, comma 1, le visite di cui al comma 1 sono disposte

dall'Autorita' marittima del compartimento marittimo di iscrizione della nave su richiesta

dell'Azienda unita' sanitaria locale competente, dell'armatore o di un suo rappresentante.

3. Le visite sono eseguite dalla Commissione territoriale per la prevenzione degli infortuni, igiene

e sicurezza del lavoro di cui all'articolo 31, di seguito denominata Commissione territoriale.

4. Le risultanze delle visite sono annotate in apposito documento conforme a modello approvato

dal Ministero. Copia del documento e' conservata tra i documenti di bordo, a disposizione degli

organi di vigilanza.

Art. 19

Visita iniziale

190

1. Le unita' di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 18 sono sottoposte a visita iniziale:

a) entro la data di fine lavori della costruzione e comunque prima che avvenga l'immatricolazione,

per le navi o unita' nuove;

b) al primo porto nazionale di approdo, per le navi nuove acquistate dall'estero.

2. Al fine di verificare la corretta compilazione del piano di sicurezza dell'ambiente di lavoro di

cui all'articolo 6, comma 1 nonche' di prevenire costruzioni non conformi alle disposizioni del

presente decreto e del regolamento di cui all'articolo 34, la visita iniziale puo' essere preceduta da

visite informali e preliminari.

3. La visita iniziale e' effettuata, in riferimento al tipo di unita', alla specie di navigazione ed al

servizio svolto dall'unita' stessa, in modo da verificare che i materiali impiegati, le sistemazioni dei

locali alloggio, dei locali di lavoro e di quelli di servizio, le condizioni climatiche ed ambientali

interne ai suddetti locali, gli accessi e le vie di sfuggita, l'impiego dei macchinari e degli impianti,

le apparecchiature nonche' le dotazioni sanitarie siano conformi alle disposizioni del presente

decreto e del regolamento di cui all'articolo 34.

Art. 20

Visita periodica

1. Le unita' di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 18 sono visitate, a cadenza biennale, al

fine di verificare il mantenimento della conformita' dell'ambiente di lavoro a quanto riscontrato nel

corso della visita iniziale ovvero il rispetto delle norme previste dal presente decreto e dal

regolamento di cui all'articolo 34.

Art. 21

Visita occasionale

1. Al fine di verificare il mantenimento della conformita' dell'ambiente di lavoro e ogni qualvolta

se ne verifichi la necessita' una visita occasionale e' disposta, a bordo delle unita' di cui all'articolo

18 comma 1 lettera c), dall'Autorita' marittima competente di propria iniziativa, o su richiesta

dell'Azienda unita' sanitaria locale competente, dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali,

degli armatori o della gente di mare. La visita puo', inoltre, essere richiesta direttamente dai

lavoratori mediante il rappresentante alla sicurezza dell'ambiente di lavoro di cui all'articolo 16.

2. Le navi o unita' in regime di sospensione temporanea di bandiera sono sottoposte a visita

occasionale al primo porto nazionale di approdo.

3. La visita occasionale effettuata a bordo delle navi o unita' mercantili straniere e' svolta secondo

le procedure indicate nel Memorandum di intesa sul controllo dello stato del porto di approdo.

Art. 22

Mantenimento delle condizioni dopo le visite

1. Dopo l'effettuazione delle visite di cui all'articolo 18, svolte con riferimento a quanto riportato

nel piano di sicurezza dell'ambiente di lavoro a bordo di cui all'articolo 6 comma 1, nessun

cambiamento puo' essere apportato se non con le procedure di cui all'articolo 33, comma 3.

2. Il comandante ha l'obbligo di sostituire immediatamente, di propria iniziativa, le dotazioni che

presentino deterioramenti o deficienze tali da compromettere l'igiene e la sicurezza dell'ambiente

di lavoro.

Art. 23

Medico competente e sorveglianza sanitaria del lavoratore marittimo

191

1. Il medico competente:

a) collabora con l'armatore e con il servizio di prevenzione e protezione di cui all'articolo 13, sulla

base della specifica conoscenza dell'organizzazione del lavoro a bordo e delle situazioni di rischio,

alla predisposizione dell'attuazione delle misure per la tutela della salute del lavoratore marittimo;

b) effettua gli accertamenti sanitari ed esprime i giudizi di idoneita' alla mansione specifica indicati

al comma 6;

c) istituisce ed aggiorna, sotto la propria responsabilita', una cartella sanitaria e di rischio da

custodire, presso l'armatore con salvaguardia del segreto professionale;

d) fornisce informazioni ai lavoratori marittimi sul significato degli accertamenti sanitari cui sono

sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessita' di

sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attivita' che comporta

l'esposizione a tali agenti. Fornisce altresi' a richiesta informazioni analoghe al rappresentante alla

sicurezza dell'ambiente di lavoro;

e) informa il lavoratore marittimo dei risultati degli accertamenti sanitari di cui alla lettera b) e a

richiesta rilascia copia della documentazione sanitaria;

f) comunica in occasione delle riunioni di cui all'articolo 14, i risultati anonimi collettivi degli

accertamenti clinici e strumentali effettuati e fornisce indicazioni sul significato degli stessi;

g) congiuntamente al responsabile della sicurezza visita gli ambienti di lavoro almeno due volte

l'anno e partecipa alla programmazione del controllo dell'esposizione dei lavoratori marittimi;

h) fatti salvi i controlli sanitari di cui alla lettera b) effettua le visite mediche richieste dai

lavoratori qualora tali richieste siano correlate ai rischi professionali.

2. Il medico competente puo' avvalersi nello svolgimento della propria attivita' di sorveglianza

sanitaria, per motivate ragioni, della collaborazione di medici specialisti, scelti dall'armatore che

ne sopporta gli oneri.

3. Qualora il medico competente a seguito degli accertamenti sanitari di cui al comma 1, lettera b)

esprima un giudizio di inidoneita' parziale o temporanea o totale del lavoratore imputabile

all'esposizione a situazioni di rischio, ne informa per iscritto l'armatore ed il lavoratore. A seguito

di tale informazione l'armatore dispone una nuova valutazione del rischio e una analisi ambientale

finalizzata alla verifica dell'efficacia delle nuove misure di protezione adottate.

4. Avverso il giudizio di cui al comma 3 e' ammesso ricorso entro trenta giorni dalla data di

comunicazione del giudizio medesimo all'Ufficio di sanita' marittima del Ministero della sanita'

territorialmente competente.

5. Il medico competente puo' essere dipendente di una struttura pubblica o privata convenzionata

con l'armatore, libero professionista o dipendente dell'armatore. Il dipendente di una struttura

pubblica non puo' svolgere l'attivita' di medico competente qualora esplichi l'attivita' di vigilanza.

6. La sorveglianza sanitaria effettuata dal medico competente comprende:

a) accertamenti preventivi intesi a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui i

lavoratori marittimi sono destinati ai fini della valutazione della loro idoneita' alla mansione

specifica;

b) accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di

idoneita' alla mansione specifica.

7. Gli accertamenti di cui al comma 6 comprendono esami clinici, biologici e indagini

diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente.

Art. 24

Assistenza sanitaria a bordo

192

1. L'armatore provvede alla fornitura ed al mantenimento a bordo delle dotazioni mediche,

medicinali ed attrezzature sanitarie adeguate al tipo di navigazione, alla durata della linea, nonche'

al numero dei lavoratori marittimi imbarcati previsto dalla vigente normativa.

2. Il comandante dell'unita' provvede a che il materiale sanitario di cui al comma 1 sia sempre

disponibile ed e' responsabile della custodia e della gestione delle sostanze stupefacenti facenti

parte di tali dotazioni. Ferma restando tale responsabilita', il comandante della nave puo' delegare

la custodia del suddetto materiale sanitario a personale dell'equipaggio, componente del servizio di

prevenzione e protezione.

3. Il comandante puo' richiedere, qualora lo ritenga necessario, assistenza medica tramite radio alla

nave piu' vicina con medico a bordo o al Centro Internazionale Medico (C.I.R.M.) nonche' alla

stazione costiera che offre assistenza medica.

4. Per pronta consultazione dell'equipaggio, e' disponibile a bordo, a spese dell'armatore, la "Guida

Pratica medica per l'assistenza ed il pronto soccorso a bordo delle navi" o altra analoga

pubblicazione.

Art. 25

Infortuni a bordo delle navi mercantili e da pesca

1. In caso di infortunio, indipendentemente dalla durata del periodo di inattivita' del lavoratore

marittimo, l'armatore - sulla base di quanto indicato dal servizio di prevenzione e protezione di cui

all'articolo 13 - segnala l'infortunio all'Autorita' Marittima ed all'istituto assicuratore ai sensi di

quanto previsto dalla normativa vigente, nonche' alla Azienda Unita' sanitaria locale del

compartimento di iscrizione della nave.

2. Gli elementi significativi relativi all'infortunio a bordo sono annotati su apposito "registro degli

infortuni" conforme al modello approvato dal Ministero. Il registro e' tenuto a bordo della nave a

disposizione degli organi di vigilanza.

Art. 26

Statistiche sugli infortuni

1. Ai fini della elaborazione di specifiche statistiche, ogni infortunio verificatosi a bordo,

indipendentemente dalla durata del conseguente periodo di inattivita' del lavoratore marittimo, e'

segnalato dall'Autorita' marittima che ha svolto l'inchiesta sommaria o formale, al Ministero.

2. L'Autorita' di cui al comma 1, entro un mese dalla fine dell'anno di riferimento, invia al

Ministero, statistiche sul numero, la natura, le cause e le conseguenze degli infortuni sul lavoro,

specificando in quale parte della nave (ponte, sala macchine o locali adibiti ai servizi generali) ed

in quale luogo (in mare o in porto) gli incidenti si sono verificati. Tali informazioni saranno redatte

su appositi modelli approvati dal Ministero.

3. I dati statistici forniti saranno elaborati a cura del Ministero e, ai fini della prevenzione degli

infortuni, annualmente sara' predisposto un rapporto informativo che sara' inviato al Ministero del

lavoro e della previdenza sociale, al Ministero della sanita', alle parti sociali interessate e, per

conoscenza, all'Ufficio internazionale del lavoro ai sensi della legge 10 aprile 1981, n. 157.

Art. 27

Informazione e formazione dei lavoratori marittimi

1. L'armatore e il comandante provvedono affinche' ciascun lavoratore marittimo imbarcato riceva

una adeguata informazione su:

193

a) i rischi per la sicurezza e la salute connessi all'esercizio della navigazione marittima;

b) le misure e le attivita' di protezione adottate;

c) i rischi specifici cui e' esposto in relazione all'attivita' svolta a bordo, le normative di sicurezza e

le disposizioni armatoriali in materia;

d) i pericoli connessi all'uso di sostanze e dei preparati pericolosi presenti a bordo;

e) le procedure che riguardano il pronto soccorso, la lotta antincendio, l'abbandono nave;

f) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione a bordo ed il medico competente.

2. L'armatore assicura che ciascun lavoratore marittimo riceva una formazione sufficiente ed

adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento alla tipologia di nave ed

alle mansioni svolte a bordo.

3. La formazione deve avvenire in occasione:

a) dell'imbarco;

b) del trasferimento e cambiamento di mansioni;

c) dell'introduzione di nuove attrezzature di lavoro o nuove tecnologie, di nuove sostanze o

preparati pericolosi.

4. La formazione deve essere ripetuta periodicamente in relazione all'evoluzione dei rischi ovvero

all'insorgenza di nuovi rischi.

5. Il Ministero dei trasporti e della navigazione, di concerto con i Ministeri del lavoro e della

previdenza sociale e della sanita', d'intesa con le organizzazioni di categoria degli armatori e dei

lavoratori, puo' promuovere, istituire ed organizzare corsi di formazione ed aggiornamento dei

lavoratori marittimi in materia di igiene e sicurezza del lavoro a bordo delle navi mercantili e da

pesca , tenendo presente quanto indicato in merito dalle Convenzioni internazionali di settore.

6. Con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione saranno stabiliti i criteri per il rilascio

delle certificazioni relative alla formazione del personale marittimo.

Art. 28

Vigilanza

1. L'attivita' di vigilanza sull'applicazione della normativa in materia di tutela della salute e

sicurezza del lavoro a bordo delle navi o unita' di cui all'articolo 2, e' di competenza dell'organo di

vigilanza di cui all'articolo 3, comma 1, lettera i).

2. Le visite e gli accertamenti di cui agli articoli 19, 20 e 21 sono effettuati dalle Commissioni

territoriali e dagli Uffici periferici della sanita' marittima del Ministero della sanita'.

3. Con atto di indirizzo e coordinamento, su proposta dei Ministri dei trasporti e della navigazione,

del lavoro e della previdenza sociale e della sanita', previa deliberazione del Consiglio dei ministri,

entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono individuati i criteri per

assicurare unitarieta' ed omogeneita' di comportamento in tutto il territorio nazionale

nell'applicazione delle disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori marittimi.

Art. 29

Informazione, consulenza ed assistenza

1. Il Ministero dei trasporti e della navigazione, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale,

il Ministero della sanita', l'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA), nonche' gli

altri organismi previsti dall'articolo 24 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, le

organizzazioni sindacali degli armatori e dei lavoratori di categoria del settore marittimo svolgono

194

attivita' di informazione, consulenza ed assistenza in materia di tutela della salute e sicurezza dei

lavoratori marittimi a bordo delle navi mercantili e da pesca.

2. L'attivita' di consulenza non puo' essere prestata dai soggetti che svolgono attivita' di controllo e

di vigilanza.

Art. 30

Comitato tecnico per la prevenzione degli infortuni, igiene e sicurezza del lavoro a bordo:

composizione e funzioni

1. Nell'ambito della Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e

l'igiene del lavoro di cui all'articolo 26 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e

successive modificazioni, e' istituito un Comitato tecnico permanente con il compito di esaminare i

particolari problemi applicativi della normativa nazionale ed internazionale, in materia di tutela

della salute e sicurezza dei lavoratori marittimi nell'ambiente di lavoro a bordo delle navi, nonche'

esaminare le proposte avanzate dalle Commissioni territoriali di cui all'articolo 31.

2. Ai fini di cui al comma 1 la Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli

infortuni ed igiene dei lavoro e' integrata dai seguenti componenti:

a) due dirigenti del Ministero dei trasporti e della navigazione - Dipartimento della navigazione

marittima ed interna - esperti nel settore dell'igiene e della sicurezza del lavoro marittimo, di cui

uno in possesso di laurea in ingegneria;

b) tre esperti designati dalle organizzazioni sindacali della gente di mare maggiormente

rappresentative a livello nazionale, di cui uno rappresentante dei lavoratori della pesca;

c) tre esperti designati dalle associazioni armatoriali maggiormente rappresentative a livello

nazionale, di cui uno rappresentante delle associazioni della pesca.

3. I componenti di cui al comma 2 sono nominati con decreto del Ministro dei trasporti e della

navigazione e durano in carica tre anni.

Art. 31

Commissione Territoriale per la prevenzione degli infortuni, igiene e sicurezza del lavoro a

bordo: composizione e funzioni

1. Con decreto del Direttore marittimo sono istituite le Commissioni territoriali per la prevenzione

degli infortuni, igiene e sicurezza del lavoro a bordo, presiedute dai capi dei compartimenti

marittimi dipendenti o da un Ufficiale superiore, da lui delegato, cosi' composte:

a) l'ufficiale responsabile della sezione sicurezza della navigazione, della Capitaneria di Porto

territorialmente competente in relazione al luogo in cui la nave effettua la visita;

b) il medico di porto, o medico designato dall'Ufficio di sanita' marittima competente per

territorio;

c) un rappresentante della Azienda unita' sanitaria locale competente per territorio;

d) un ingegnere o capo tecnico, dipendente del Ministero;

e) due rappresentanti designati dalle organizzazioni sindacali della gente di mare, maggiormente

rappresentative a livello nazionale;

f) due rappresentanti designati dalle associazioni degli armatori.

2. I componenti di cui al comma 1, lettere b), c), d), e) ed f) possono far parte di piu' Commissioni

territoriali della stessa zona marittima. Le funzioni di segreteria sono svolte da personale

dell'Amministrazione periferica del Ministero.

3. Per le navi da pesca, i componenti di cui al comma 1 lettere e) ed f), sono sostituiti da due

rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori della pesca e da due rappresentanti

delle associazioni della pesca.

195

4. Per le problematiche concernenti le unita' che svolgono servizio di pilotaggio, ai componenti di

cui alla lettera f) del comma 1, e' aggiunto un rappresentante della federazione italiana piloti dei

porti.

5. Per ogni rappresentante effettivo e' designato un supplente.

6. I componenti della Commissione territoriale sono nominati dal Direttore marittimo, durano in

carica tre anni e possono essere riconfermati.

7. La Commissione territoriale ha il compito di:

a) effettuare le visite di cui all'articolo 18;

b) effettuare visite occasionali al fine di rilevare le condizioni tecniche ed igieniche delle singole

navi mercantili e da pesca, il numero e le condizioni di lavoro dei marittimi imbarcati, il numero e

le cause degli infortuni eventualmente occorsi a bordo delle unita' ispezionate;

c) formulare proposte al Comitato di cui all'articolo 30 per le modifiche delle sistemazioni e delle

dotazioni delle navi esistenti al fine di rendere le stesse navi rispondenti alle condizioni di igiene e

di sicurezza disciplinate dal presente decreto e di prevenire gli incidenti a bordo;

d) effettuare accertamenti preliminari durante i lavori di costruzione o trasformazione delle navi;

e) vigilare sull'applicazione dei contratti collettivi di lavoro di categoria per le materie inerenti il

presente decreto;

f) inviare, annualmente, al Comitato di cui all'articolo 30, una relazione sull'attivita' di vigilanza

effettuata.

8. La Commissione territoriale, istituita ai sensi del presente articolo sostituisce la Commissione

locale per l'igiene degli equipaggi di cui all'articolo 82 della legge 16 giugno 1939, n. 1045.

Art. 32

Approvazione del piano di sicurezza dell'ambiente di lavoro

1. Entro centoventi giorni dalla data di presentazione, la documentazione di cui all'articolo 6,

comma 1, lett. a) e b), dopo l'eventuale verifica della Commissione territoriale, e' munita di visto

di approvazione da parte del Ministero che attesta la conformita' delle condizioni inerenti

l'ambiente di lavoro a quanto richiesto dal presente decreto e dal regolamento di cui all'articolo 34.

2. Una copia della documentazione di cui al comma 1 e' conservata agli atti della Capitaneria di

porto di iscrizione della nave ed una ulteriore copia e' conservata a bordo della nave ed esibita

durante le visite effettuate dagli organi di vigilanza.

Art. 33

Certificato di sicurezza dell'ambiente di lavoro a bordo

1. A seguito della conclusione dell'istruttoria e dopo l'approvazione della documentazione di cui

all'articolo 32, comma 1, e' rilasciato, da parte dei Ministero, un certificato attestante la conformita'

alle disposizioni del presente decreto e del regolamento di cui all'articolo 34.

2. Per le unita' indicate nell'articolo 6, comma 4, il certificato e' rilasciato dall'Autorita' marittima,

a seguito di verifica nel corso di una visita occasionale da parte degli organi di vigilanza.

3. Dopo il rilascio del certificato, l'Autorita' marittima, sentita l'Azienda unita' sanitaria locale

competente, qualora lo ritenga opportuno, autorizza cambiamenti di lieve entita' rispetto alle

condizioni inerenti l'ambiente di lavoro a bordo indicate nel piano di sicurezza approvato, purche'

sia garantito un livello equivalente di sicurezza ed igiene dell'ambiente di lavoro.

196

Art. 34

Criteri progettuali e costruttivi

1. Con regolamento da adottare, ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 agosto 1988, n. 400 entro

90 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, dal Ministro dei trasporti e della Navigazione

di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, della sanita', e' emanata la

normativa tecnica per la costruzione e le sistemazioni relative all'ambiente di lavoro a bordo delle

navi mercantili e da pesca nazionali, in conformita' anche con le disposizioni di cui alle

convenzioni dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n.109, n. 134 ratificate e rese

esecutive con la legge 10 aprile 1981, n. 157, nonche' n. 92 e n. 133 ratificate e rese esecutive con

la legge 10 aprile 1981, n. 158.

2. Con l'entrata in vigore del regolamento di cui al comma 1, la legge 16 giugno 1939, n.1045 e'

abrogata.

Art. 35

Sanzioni relative agli obblighi dell'armatore e del comandante

1. L'armatore e' punito:

a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per la

violazione degli articoli 6 commi 1, 2, 3, 5 lettera a); 23 comma 3, secondo periodo; 24, comma 1;

27, commi 2, 3 e 4;

b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni per la violazione

dell'articolo 14.

2. Il comandante e' punito:

a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per la

violazione degli articoli 22, comma 2; 24, comma 2;

b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire cinque milioni per

la violazione dell'articolo 7, comma 1, lettere a), b), d) ed e).

3. L'armatore ed il comandante sono puniti:

a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per

violazione degli articoli 6, comma 5 lettere f), g), i), n) e q); 16, comma 4; 22, comma 1;

b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire cinque milioni per

la violazione degli articoli 6, comma 5, lettere b), c), d), e), h), l), o) e p); 12, comma 7; 27, comma

1;

c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni per la violazione

dell'articolo 6, comma 5, lettera m).

Art. 36

Sanzioni relative agli obblighi dei lavoratori

1. I lavoratori marittimi sono puniti con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da lire

quattrocentomila a lire un milioneduecentomila per la violazione dell'articolo 8.

Art. 37

Sanzioni relative agli obblighi del medico competente

1. Il medico competente e' punito:

a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire sei milioni per la

violazione dell'articolo 23, comma 1, lettere b), c), g);

b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da lire cinquecento mila a lire tre milioni per la

violazione dell'articolo 23, comma 1, lettere d), e), f), h) e comma 3 primo periodo.

197

Art. 38

Sanzioni relative agli obblighi del titolare dell'impresa appaltatrice e dell'armatore

1. La violazione dell'articolo 10, comma 2, e' punita con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda

da lire tre milioni a lire otto milioni.

2. La violazione dell'articolo 10, commi 1 e 3, e' punita con l'arresto da due a quattro mesi o con

l'ammenda da lire un milione a lire cinque milioni.

Art. 39

Estinzione delle contravvenzioni

1. Alle contravvenzioni di cui agli articoli 35, commi 1, lettera a), 2, 3, lettere a), b); 36; 37 e 38 si

applicano le disposizioni del Capo II del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758.

Art. 40

Sanzioni amministrative

1. Qualora l'Autorita' marittima riscontri che a bordo dell'unita' mercantile o da pesca nazionale vi

siano difformita' rispetto al piano di sicurezza approvato ed al relativo "Certificato di sicurezza

dell'ambiente di lavoro" che comportino rischi per l'igiene e la sicurezza del lavoratore marittimo,

provvede, ai sensi dell'articolo 181 del codice della navigazione, non concedendo il rilascio delle

spedizioni.

Art. 41

Disciplina sanzionatoria

1. All'accertamento delle violazioni delle disposizioni contenute nel presente decreto e

all'applicazione delle sanzioni amministrative provvede l'Autorita' marittima. Alla vigilanza ai fini

penali, alle prescrizioni e alla applicazione del Capo II del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n.

758, provvedono gli organi di vigilanza di cui all'articolo 3, comma 1, lettera i), in coordinamento

tra loro.

Art. 42

Adeguamenti al progresso tecnico

1. Con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione, di concerto con i Ministri del lavoro

e previdenza sociale e della sanita', si provvede:

a) al riconoscimento della conformita' alle vigenti norme per la sicurezza e la salute dei lavoratori

marittimi di mezzi e sistemi di sicurezza utilizzati a bordo delle navi;

b) all'attuazione di direttive della Unione europea in materia di sicurezza e salute dei lavoratori

marittimi a bordo delle navi per le parti in cui modificano modalita' esecutive e caratteristiche di

ordine tecnico di altre direttive gia' recepite nell'ordinamento nazionale;

c) all'adeguamento della normativa di natura strettamente tecnica degli allegati al presente decreto

e del regolamento di cui all'articolo 34 in relazione al progresso tecnologico nel settore marittimo.

Art. 43

Oneri relativi a prestazioni e controlli

1. Gli oneri derivanti al Ministero per le spese relative a studi, analisi, istruttorie, valutazioni

tecniche, controlli e vigilanza da eseguirsi in applicazione delle disposizioni del presente decreto

sono poste a carico dei richiedenti, secondo tariffe e modalita' da stabilirsi entro 90 giorni dalla

data di entrata in vigore del presente decreto, con uno o piu' decreti del Ministro dei trasporti e

198

della navigazione di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione e

economica.

ALLEGATO I

(rif. art. 6 comma 5 lettera d)

FATTORI DI FATICA

1 Introduzione

1.1 Lo scopo di questo documento e' quello di fornire una descrizione generale del fattore fatica, al

fine di identificare le attivita' lavorative a bordo delle navi che possono contribuire alla fatica,

classificare tali fattori in esplicite categorie e indicare il punto con cui i fattori possono essere

messi in relazione.

1.2 L'obiettivo e' quello di aumentare la consapevolezza di coloro che svolgono attivita' in campo

marittimo dell'importanza di questi fattori e di tenerne conto nel momento in cui si prendono

decisioni operative.

2 Descrizione generale della fatica

2.1 La fatica ha come conseguenza la diminuzione delle prestazioni dell'uomo, il rallentamento dei

riflessi fisici e mentali e/o la riduzione della capacita' di fare valutazioni razionali.

2.2 La fatica puo' essere provocata da fattori come il prolungamento di periodi di attivita' fisiche o

mentali, riposo inadeguato, condizioni ambientali avverse, fattori fisiologici e/o stress o altri fattori

psicologici.

3 Classificazione dei fattori di fatica collegati al gruppo

3.1 Nel caso dei marittimi le principali cause di fatica piu' comunemente riconosciute e

documentate sono la cattiva qualita' del riposo, gli eccessivi carichi di lavoro, l'eccessivo rumore

ed i rapporti interpersonali. I fattori che contribuiscono a creare tali cause di fatica sono vari.

L'importanza dei fattori che contribuiscono alle cause di fatica si differenziano in relazione alle

varie attivita'. Alcuni fattori sono piu' trattabili che altri. Alcuni possono essere raggruppati come

segue:

3.1.1 Gestione a terra e a bordo della nave e responsabilita' di Amministrazione:

- programmazione del lavoro e periodi di riposo;

- gradi di armamento;

- assegnazione di mansioni;

- comunicazione a terra della nave;

- unificazione delle procedure di lavoro;

- pianificazione dei viaggi;

- procedure di tenuta della guardia;

- politica di armamento;

- operazioni portuali;

- servizi ricreativi;

- compiti amministrativi;

3.1.2 Fattori relativi alla nave:

- grado di automazione;

- affidabilita' delle attrezzature;

- caratteristiche del movimento;

- livelli di rumore, calore e delle vibrazioni;

- qualita' dell'ambiente di vita e di lavoro;

- caratteristiche e requisiti del carico;

199

- progettazione navale;

3.1.3 Fattori relativi all'equipaggio:

- completezza di addestramento;

- esperienza;

- compatibilita' della composizione dell'equipaggio;

- qualita' e competenza dell'equipaggio.

3.1.4 Fattori ambientali esterni:

- condizioni meteorologiche;

- condizioni portuali;

- condizioni di ghiaccio;

- densita' del traffico navale.

4 Disposizioni generali

4.1 Direzione a terra a bordo e altre responsabilita' di Amministrazione

4.1.1 E' essenziale che la Direzione fornisca chiare concise e scritte guide al fine di assicurare che

l'equipaggio della nave abbia familiarita' con le procedure operative della nave, le caratteristiche

del carico, la lunghezza del viaggio, la destinazione, le normali procedure di comunicazione

interna ed esterna e l'acquisizione della conoscenza delle procedure di gestione della nave.

4.1.2 La Direzione deve controllare che l'equipaggio che si assegna alla nave deve essere

sufficientemente riposato prima di assumere le mansioni di bordo.

4.2 Fattori specifici della nave

4.2.1 Nella progettazione o modificazione delle navi devono essere tenuti in conto le prescrizioni,

raccomandazioni, norme e pubblicazioni che riguardano i sopra elencati fattori di fatica. Inoltre

dovrebbero essere considerati, nel momento di progettazione delle navi, l'adozione di mezzi per

prevenire la fatica da questi fattori.

4.3 Fattori specifici dell'equipaggio

4.3.1 Il perfezionamento dell'addestramento deve essere considerato importante nella prevenzione

della fatica. Idoneita' alla mansione, compresa l'idoneita' medica, appropriati titoli professionali

esperienza lavorativa e caratteristiche dei membri dell'equipaggio sono considerati importanti in

questo contesto.

4.3.2 E' importante che la Direzione della nave riconosca le problematiche che derivano

dall'impiego di equipaggi multinazionali sulla stessa unita', consuetudine che potrebbe avere come

conseguenza ostacoli nel linguaggio, isolamento sociale, culturale e religioso, tutto cio' puo'

portare problemi alla sicurezza.

4.3.3 Particolare accento deve essere posto dalla Direzione sui rapporti interpersonali, sulla

solitudine carenza sociale e aumenti dei carichi di lavoro che possono verificarsi con un

equipaggio ridotto.

4.3.4 La noia puo' contribuire alla fatica percio' e' necessario fornire ai marittimi opportuni stimoli.

4.4 Fattori ambientali esterni

4.4.1 Si dovrebbe riconoscere che i fattori ambientali esterni contribuiscono alla fatica.

200

Decreto Legislativo 27 luglio 1999, n. 272

"Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori nell'espletamento di

operazioni e servizi portuali, nonche' di operazioni di manutenzione, riparazione e

trasformazione delle navi in ambito portuale, a norma della legge 31 dicembre 1998, n. 485"

pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 185 del 9 agosto 1999 - Supplemento Ordinario n. 151

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Vista la legge 31 dicembre 1998, n. 485, concernente la delega al Governo in materia di sicurezza

del lavoro nel settore portuale marittimo;

Visto il codice della navigazione approvato con regio decreto 30 marzo 1942, n. 327;

Visto il regolamento per l'esecuzione del codice della navigazione (navigazione marittima)

approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1952, n. 328;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.547, recante norma per la

prevenzione degli infortuni sul lavoro;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, recante norme per la

prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, recante norme generale per

l'igiene del lavoro;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n. 321, recante norme per la

prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro nei cassoni ad aria compressa;

Vista la legge 10 aprile 1981, n. 157, inerente la ratifica ed esecuzione della convenzione

internazionale del lavoro n. 139 sulla prevenzione ed il controllo dei rischi professionali causati da

sostanze ed agenti cancerogeni;

Vista la legge 10 aprile 1981, n. 159, inerente la ratifica ed esecuzione della convenzione

internazionale del lavoro n. 147 relativa alle norme minime di sicurezza da osservare sulle navi

mercantili;

Vista la legge 19 novembre 1984, n. 862, inerente la ratifica ed esecuzione della convenzione

dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) n. 152 relativa alla sicurezza e all'igiene del

lavoro nelle operazioni portuali;

Vista la legge 10 ottobre 1990, n. 287, recante norme per la tutela della concorrenza e del mercato;

201

Visto il decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, concernente attuazione di direttive in materia di

protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e

biologici durante il lavoro;

Visto il decreto legislativo 10 settembre 1991, n. 304, concernente l'attuazione di direttive relative

ai carrelli semoventi per movimentazione;

Visto il decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, concernente attuazione della direttiva

89/686/CEE in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai

dispositivi di protezione individuale;

Vista la legge 28 gennaio 1994, n. 84, concernente il riordino della legislazione in materia

portuale, e successive modificazioni ed integrazioni;

Visto il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, inerente attuazione di direttive riguardanti il

miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro;

Visto il decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, concernente attuazione di direttive Euratom in

materia di radiazioni ionizzanti;

Visto il decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242, recante modifiche ed integrazioni al citato

decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626;

Visto il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, concernente le prescrizioni minime di sicurezza

e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili;

Visto il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493, concernente attuazione della direttiva

92/58/CEE in ordine alle prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e salute sul luogo di

lavoro;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 459, concernente attuazione di

direttive riguardanti il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 19 maggio 1997, n. 268, concernente attuazione di

direttive relative alle condizioni minime necessarie per le navi dirette a porti marittimi della

Comunita' o che ne escano e che trasportano merci pericolose o inquinanti;

Visto il decreto legislativo 3 agosto 1998, n. 314, concernente attuazione di direttive relative alle

disposizioni ed alle norme comuni per gli organi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo

delle navi e per le pertinenti attivita' delle amministrazioni marittime;

Vista la preliminare determinazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 4 giugno

1999; Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della

Repubblica; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 23 luglio

1999; Sulla proposta del Ministro dei trasporti e della navigazione;

E M A N A

il seguente decreto legislativo:

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI IN MATERIA DI SICUREZZA E IGIENE DEL LAVORO INERENTI

LE OPERAZIONI E I SERVIZI PORTUALI

202

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1

Oggetto

1. Il presente decreto ha lo scopo di adeguare la vigente normativa sulla sicurezza e la salute dei

lavoratori sul luogo di lavoro alle particolari esigenze delle operazioni e dei servizi svolti nei porti,

comprese le operazioni di manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi in ambito

portuale, in modo da:

a) assicurare la tutela della salute e la prevenzione degli infortuni e malattie professionali;

b) determinare gli obblighi e le responsabilita' specifiche del datore di lavoro, dei lavoratori in

relazione alla valutazione dei rischi derivanti da agenti chimici, fisici e biologici;

c) definire i criteri relativi all'organizzazione dei sistema di prevenzione, igiene e sicurezza dei

lavoro;

d) dettare le disposizioni generali sull'impiego dei mezzi personali di protezione;

e) adottare le misure di sicurezza in presenza di condizioni particolari di rischio;

f) assicurare la formazione e l'informazione del personale addetto alle operazioni ed ai servizi

portuali, nonche' alle operazioni di manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi in

ambito portuale.

2. Per quanto non diversamente previsto dal presente decreto si applicano le disposizioni di cui al

decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, come modificato dal decreto legislativo 19 marzo

1996, n. 242.

Art. 2

Campo di applicazione

1. Le norme del presente decreto si applicano alle operazioni ed ai servizi portuali e alle operazioni

di manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi in ambito portuale.

2. Il presente decreto non si applica ai depositi e stabilimenti di prodotti petroliferi o chimici allo

stato liquido e di altri prodotti affini, siti in ambito portuale.

Art. 3

Definizioni

1. Ai fini del presente decreto si intende per:

a) operazioni e servizi portuali: operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e

movimentazione in genere delle merci e di ogni altro materiale, operazioni complementari ed

accessorie svolte nell'ambito portuale;

b) operazioni di manutenzione, riparazione e trasformazione navale: qualsiasi operazione di

manutenzione, riparazione e trasformazione effettuata su navi in armamento o in disarmo

ormeggiate o ancorate in ambito portuale;

c) datore di lavoro: il titolare dell'impresa portuale; il comandante della nave che si avvale dei

membri dell'equipaggio per i servizi e le operazioni portuali, in regime di autoproduzione, ai sensi

dell'articolo 16, comma 4 lettera d) della legge 28 gennaio 1994, n. 84, o per operazioni di

riparazione e manutenzione navale; il titolare dell'impresa di manutenzione, riparazione e

trasformazione delle navi;

d) merce pericolosa: la merce di cui al codice marittimo internazionale per il trasporto delle merci

pericolose (Codice I.M.D.G.);

e) accessori di sollevamento e di imbracatura: quelli definiti dal punto 4.1.1. dell'allegato I del

decreto del Presidente della Repubblica del 24 luglio 1996, n. 459;

f) luoghi di lavoro a terra: aree di carico, scarico e trasbordo delle merci e relativi accessi;

g) luoghi di lavoro a bordo: luoghi ove si svolgono operazioni e servizi portuali e operazioni di

203

manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi in ambito portuale;

h) locali chiusi e angusti: ambienti di lavoro chiusi a bordo di nave, di dimensioni ridotte, privi di

adeguata ventilazione naturale;

i) Autorita': l'Autorita' portuale o, ove non istituita, l'Autorita' marittima;

l) ambito portuale: area delimitata e disegnata dal piano regolatore portuale.

Art. 4

Documento di sicurezza

1. Il datore di lavoro elabora il documento di cui articolo 4 del decreto legislativo n. 626 del 1994

e successive modifiche, di seguito denominato documento di sicurezza, contenente anche:

a) la descrizione delle operazioni e dei servizi portuali oggetto dell'attivita' dell'impresa portuale;

b) l'individuazione di ogni fase o ciclo di lavoro, in relazione alla tipologia della nave, della merce

e dei materiali movimentati e dell'attrezzatura portuale utilizzata;

c) il numero medio dei lavoratori ed il loro impiego per ogni ciclo ed ambiente di lavoro;

d) la descrizione dei mezzi ed attrezzature utilizzati dall'impresa per le operazioni e i servizi

portuali;

e) l'individuazione delle misure di prevenzione e protezione e dei dispositivi di protezione

individuale da adottare in relazione ai rischi derivanti dalle operazioni e dai servizi portuali;

f) le misure da mettere in atto per la prevenzione e la lotta contro l'incendio, per la gestione

dell'emergenza e per il pronto soccorso;

g) per il titolare dell'impresa concessionaria del terminal di cui all'articolo 18, della legge n. 84 del

1994, le misure adottate per la circolazione all'interno dell'area.

2. Il documento di sicurezza deve essere custodito presso la sede dell'impresa portuale e copia

dello stesso deve essere trasmessa all'Autorita' e all'Azienda unita' sanitaria locale competente.

3. Qualora nel corso delle operazioni e dei servizi portuali insorgano fatti tali da comportare la

sospensione delle operazioni stesse, il datore di lavoro e' tenuto a ripristinare le condizioni di

sicurezza.

4. Il datore di lavoro comunica all'Autorita' gli eventi di cui al comma 3.

Art. 5

Obblighi del datore di lavoro in ordine alla prevenzione incendi evacuazione dei lavoratori,

pronto soccorso

1. Il datore di lavoro, nel corso delle operazioni e dei servizi portuali, deve:

a) prevedere, in caso di operazioni nave-nave, un mezzo nautico o idoneo mezzo collettivo di

salvataggio allo scopo di garantire sia l'evacuazione dei lavoratori sia l'eventuale trasporto di

infortunati;

b) avvalersi del "servizio integrativo antincendio portuale", di cui alla legge 13 maggio 1940, n.

690 ed alla legge 27 dicembre 1973, n. 850, in tutti i casi previsti dall'Autorita' in regolamenti od

ordinanze, emanati su conforme parere del comandante provinciale dei vigili dei fuoco, ferma

restando la possibilita' di avvalersi dell'autoproduzione prevista dalla legge 10 ottobre 1990, n.

287.

Art. 6

Formazione dei lavoratori

1. Il Ministero dei trasporti e della navigazione promuove corsi di formazione ed aggiornamento

dei lavoratori addetti alle operazioni ed ai servizi portuali, nonche' alle operazioni di

manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi in ambito portuale in materia di sicurezza

ed igiene del lavoro, con onere a carico dei datori di lavoro.

204

2. Con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione, di concerto con i Ministri del lavoro

e della previdenza sociale e della sanita', sentite le organizzazioni sindacali maggiormente

rappresentative a livello nazionale delle imprese datoriali e dei lavoratori, sono stabiliti contenuti e

modalita' per lo svolgimento dei corsi di cui al comma 1, nonche' criteri per il rilascio delle

relative certificazioni.

Art. 7

Comitato di igiene e sicurezza del lavoro

1. In sede locale l'Autorita' puo' istituire comitati di sicurezza e igiene del lavoro presieduti

dall'Autorita' stessa, con la partecipazione di un rappresentante dell'Azienda unita' sanitaria locale

competente, e composti da rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori, per la formulazione

di proposte in ordine alle misure di prevenzione e tutela per la sicurezza ed igiene del lavoro.

CAPO II

DISPOSIZIONI INERENTI LE OPERAZIONI E I SERVIZI PORTUALI

Art. 8

Mezzi di accesso a bordo non in dotazione della nave

1. Il datore di lavoro mette a disposizione mezzi di accesso a bordo aventi le seguenti

caratteristiche:

a) larghezza minima di 0,55 m.;

b) corrimano ai lati o barriere di protezione laterali di altezza netta minima non inferiore a 0,80 m.;

c) listelli antisdrucciolo e di tipo fisso;

d) sistemi di illuminazione;

e) rete di protezione da posizionarsi in corrispondenza del punto terminale dei mezzi al di sotto

degli stessi.

Art. 9

Scale di accesso alle stive non in dotazione alla nave

1. Nella nave il cui fondo e' situato a piu' di 1,50 metri dal livello della coperta, e non vi siano

scale di accesso alle stive in corrispondenza delle paratie terminali, il datore di lavoro mette a

disposizione scale di accesso alle stive aventi le seguenti caratteristiche:

a) per i piedi un appoggio sicuro la cui profondita', aumentata dello spazio retrostante alla scala,

sia di almeno 115 mm. per una larghezza di almeno 250 mm., e per le mani un appoggio robusto;

b) non ubicate internamente sotto il ponte piu' di quanto sia necessario per non ostruire il

boccaporto;

c) poste sulla stessa linea dei dispositivi, che la continuano attraverso i battenti o mastre dei

boccaporti, fissati ai battenti o alle mastre stesse e che offrano sostegno ai piedi e alle mani come

indicato alla lettera a);

d) munite di ganci di trattenuta da ancorare ad elementi fissi e aventi una lunghezza tale che

almeno un montante superi di 1 metro il piano di calpestio superiore, qualora le scale impiegate

siano di tipo non fisso.

2. Ove non sia possibile, in relazione alla costruzione della nave o al tipo di merce trasportata,

utilizzare una scala, il datore di lavoro mette a disposizione altri mezzi di accesso alle stive,

purche' soddisfino le condizioni di sicurezza; e', comunque, vietato l'utilizzo di scale di corda di

forma marinaresca del tipo biscagline.

Art. 10

Spazio libero per l'accesso alle stive

205

1. Il datore di lavoro deve:

a) in corrispondenza dei battenti o mastre dei boccaporti dei corridoi lasciare libero uno spazio di

larghezza non inferiore a 80 cm per poter raggiungere i mezzi di accesso alle stive;

b) per le navi aventi merci in coperta prendere opportune misure atte a rendere possibile il

passaggio in sicurezza dei lavoratori.

Art. 11

Boccaporti

1. Il datore di lavoro deve provvedere affinche':

a) durante le fasi di chiusura e apertura dei boccaporti e di manovra di dispositivi di chiusura,

azionati da forza motrice, come porte a murata, rampe, ponti garage mobili, le operazioni siano

segnalate in modo da consentire l'allontanamento tempestivo dei lavoratori;

b) i boccaporti delle stive, il cui fondo sia situato a piu' di 1,50 metri dal livello della coperta,

quando non protetti fino ad una altezza netta di almeno 75 cm. da battenti o mastre, siano chiusi,

se non utilizzati per le operazioni; nel caso in cui tali boccaporti siano aperti, ma coperti da tendoni

o da cagnari, siano opportunamente protetti e segnalati.

2. Le misure del presente articolo si applicano anche durante i periodi di riposo ed altre

interruzioni di lavoro.

Art. 12

Locali chiusi a bordo delle navi

1. Il datore di lavoro, prima di fare iniziare il lavoro in qualsiasi locale chiuso, deve:

a) provvedere che l'ambiente sia stato convenientemente aerato;

b) far sottoporre ad adeguato periodo di ventilazione locali o depositi chiusi contenenti prodotti,

merci o sostanze che possono emanare esalazioni tossiche e nocive per la salute del lavoratore

stesso.

2. Il datore di lavoro deve provvedere affinche' il lavoratore che per primo accede ai predetti

ambienti sia munito di cintura di sicurezza con corde di adeguata lunghezza e sorvegliato

dall'esterno dell'apertura di accesso in modo da poter essere tratto fuori tempestivamente in caso di

emergenza.

Art. 13

Lavoro in stiva

1. Il datore di lavoro non puo' far lavorare nella stessa stiva piu' di una squadra alla volta, a meno

che il lavoro non si svolga in sezioni non adiacenti situate in modo tale che la distanza fra i ganci

dei rispettivi mezzi di sollevamento risulti comunque non inferiore a 6 metri e sempreche' non

sussista la possibilita' di contatto tra mezzi di sollevamento al massimo sbraccio. Non puo', altresi',

impiegare nella medesima stiva piu' di due squadre dislocate a livelli diversi, ma sovrastanti.

Art. 14

Registro degli apparecchi e degli accessori

1. E' istituito, secondo un modello da stabilirsi con decreto del Ministro dei trasporti e della

navigazione, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, un registro

in cui siano indicati il numero e la tipologia degli apparecchi di sollevamento e degli accessori e,

limitatamente alla nave, a quei mezzi non fissi in dotazione della nave, che deve essere custodito

dal datore di lavoro.

206

2. Il registro, comprensivo di certificati ovvero verbali rilasciati ai sensi della vigente normativa in

occasione di verifiche degli apparecchi di sollevamento e degli accessori da parte dei competenti

organi, deve essere tenuto a disposizione dell'Autorita', che puo' richiederne l'esibizione.

Art. 15

Controllo degli accessori degli apparecchi di sollevamento a terra

1. Il datore di lavoro deve sottoporre a controllo integrale almeno una volta all'anno ogni tipo di

accessorio e verificare, prima di ogni movimentazione, le braghe nei carichi pre-imbragati.

Art. 16

Manovra degli apparecchi di sollevamento di bordo

1. Il datore di lavoro provvede affinche':

a) il carico sia sollevato solo dopo essere stato imbracato o altrimenti fissato in modo sicuro

all'apparecchio di sollevamento dal segnalatore.

b) non sia superata in alcun caso la portata massima indicata sugli apparecchi di sollevamento e,

qualora gli stessi abbiano piu' di una portata massima di utilizzo, siano dotati di efficaci dispositivi

che permettano al manovratore di determinare la portata massima in tutte le condizioni di utilizzo,

informandone l'impresa portuale.

Art. 17

Utilizzo dei veicoli nei magazzini e nelle stive

1. Il datore di lavoro provvede affinche':

a) i magazzini o le stive, nei quali si opera con carrelli, siano convenientemente aerati;

b) sia apposta ben chiara, nei piani superiori, l'indicazione del carico ammissibile per metro

quadrato e del peso lordo a pieno carico del carrello impiegabile.

Art. 18

Uso dei trasportatori meccanici continui

1. Il datore di lavoro provvede affinche':

a) i trasportatori meccanici continui, nei punti di carico e scarico, alla testa motrice e a quella di

rinvio, nonche' in altri punti, siano dotati di appropriati dispositivi per il rapido arresto

dell'apparecchio;

b) i comandi per la manovra di due o piu' trasportatori meccanici continui che lavorano in serie,

consentano che il movimento s'interrompa, anche quando uno di essi si arresta;

c) ogni inizio e ripresa del movimento, quando i trasportatori si prolungano fuori del campo visivo

dei posti di comando, sia preceduto da un segnale convenuto, ottico od acustico;

d) i trasportatori meccanici continui siano dotati di dispositivi atti ad evitare l'accumulo e la

fuoriuscita del materiale e siano facilmente individuabili e raggiungibili senza pericolo i punti di

lubrificazione ed ingrassaggio.

Art. 19

Uso dei trasportatori pneumatici

1. Il datore di lavoro, per l'uso dei trasportatori pneumatici, provvede affinche':

a) le aperture d'entrata dell'aria delle soffiere e dei ventilatori aspiranti siano protette con robusti

graticci o griglie metalliche;

b) ogni mezzo di aspirazione sia dotato di un idoneo strumento di misura della depressione che dia

all'operatore un'indicazione visiva in qualunque momento dello stato della depressione;

c) ogni mezzo di aspirazione sia in grado di emettere un segnale acustico a qualsiasi persona che

lavori nelle vicinanze quando la depressione scende all'80% o meno del valore di regime stabilito

o nella eventualita' che una pompa di aspirazione cessi di funzionare;

207

d) il dispositivo di aspirazione sia usato solamente sul tipo di merce particolarmente adatta ad

essere trattenuta o aspirata con la depressione o, altrimenti, su carichi che abbiano una superficie

idonea per la presa a "ventosa";

e) durante le operazioni di aspirazione, nessuna persona possa accedere nella stiva o in qualsiasi

altro luogo dove possa esservi un cedimento del carico o parte di esso, fatto salvo quanto previsto

dall'articolo 25, comma 1, lettera c).

Art. 20

Operazioni sui vagoni ferroviari

1. Il datore di lavoro deve:

a) vietare, durante le manovre di carico e scarico di merci alla rinfusa e di carico di tronchi sui

vagoni, la presenza dei lavoratori sui vagoni stessi;

b) fornire ai lavoratori scale o altri mezzi idonei, qualora esigenze operative impongano la verifica

delle merci o la copertura dei carri scoperti;

c) far utilizzare, per il carico e lo scarico di merci in colli, appositi piani caricatori mobili ausiliari

del tipo piattaforme, plancher, sui quali i lavoratori possano trovare collocazione esterna al campo

di azione dei mezzi di sollevamento;

d) provvedere affinche' i piani caricatori siano completi di indicazione di massimo carico espresso

in kg per mq di superficie e protetti sui lati da parapetti o difese equivalenti qualora la loro altezza

da terra superi 1,50 metri.

Art. 21

Informazioni ai lavoratori relativamente alle merci pericolose

1. Il datore di lavoro, in base alle prescrizioni contenute nell'autorizzazione d'imbarco o nel nulla-

osta allo sbarco rilasciata dall'Autorita' marittima, deve informare i lavoratori incaricati della

esecuzione delle operazioni portuali sulla natura pericolosa delle merci, impartendo istruzioni in

ordine alle modalita' delle operazioni, agli attrezzi da usare ed alle cautele da adottare per la loro

manipolazione.

Art. 22

Sosta nelle aree portuali di merci pericolose

1. L'Autorita', sentita l'azienda unita' sanitaria locale competente, stabilisce i tempi, i limiti e le

modalita' relativi al deposito temporaneo delle merci pericolose nelle aree portuali in attesa di

imbarco o di deflusso.

Art. 23

Sostanze radioattive

1. Il datore di lavoro deve assicurarsi che la movimentazione o la manipolazione ed il deposito di

colli contenenti sostanze radioattive siano effettuati per il tempo strettamente necessario secondo

le modalita' individuate dall'Autorita' sentita l'Azienda unita' sanitaria locale competente.

Art. 24

Utilizzazione delle pallets

1. Il datore di lavoro provvede affinche' le pallets, comprese quelle "a perdere", siano:

a) di buona e di adeguata resistenza allo scopo per cui sono impiegate;

b) mantenute in buono stato di conservazione;

c) impiegate in modo appropriato.

208

2. Il datore di lavoro provvede, altresi', affinche':

a) nell'alzata il carico sia ben bilanciato e le braghe, stringendosi, non danneggino il carico e le

stesse pallets;

b) per l'accatastamento, con non piu' di quattro pallets cariche, sia costituita una solida base sul

pavimento, o sul ponte, o sopra le precedenti pallets;

c) i forcali dei carrelli per la movimentazione penetrino nelle pallets per una profondita' pari al

75% della sua larghezza parallelamente ad essa;

d) le pallets a perdere non siano reimpiegate; qualora esse siano reimpiegabili, le stesse siano

maneggiate accuratamente e sistemate con ordine.

Art. 25

Precauzioni per i lavoratori per le operazioni relative a merci alla rinfusa solide e merci

pericolose

1. Il datore di lavoro deve:

a) qualora il carico alla rinfusa sia suscettibile di emettere gas tossico o infiammabile o di causare

impoverimento del contenuto di ossigeno nell'ambiente provvedere, tramite un consulente chimico

di porto, alla misurazione della concentrazione di gas ed ossigeno nell'aria e all'adozione, sulla

base dei risultati delle analisi, delle opportune misure di sicurezza; comunicandole all'Autorita',

che puo' disporre controlli;

b) qualora durante le operazioni relative a merci alla rinfusa i lavoratori debbano scendere ad

operare in stiva o negli interponti, mettere a disposizione dei lavoratori scale fisse, o mobili pronte

all'uso, atte ad assicurare un'immediata evacuazione in caso di pericolo per carico franante;

c) nello sbarco di rinfusa a mezzo apparecchi aspiranti, assicurarsi che i lavoratori, addetti ad

operazioni da effettuarsi in stiva, utilizzino idonee cinture di sicurezza.

Art. 26

Utilizzo di benne

1. Il datore di lavoro deve, quando lo scarico viene eseguito per mezzo della "benna" o altri mezzi

simili, provvedere affinche' non sia effettuato il cosiddetto "lancio della benna", teso a raccogliere

la merce in punti della stiva difficilmente accessibili all'attrezzo.

Art. 27

Precauzioni per i lavoratori relativamente alle merci congelate o refrigerate

1. Il datore di lavoro provvede affinche':

a) i pompaggi di alimentazione del circuito frigorifero cessino prima dell'inizio delle operazioni

nell'ambiente interessato;

b) quando all'interno della stiva o locale' o contenitore frigorifero la temperatura e' inferiore a -14

c, il tempo di impiego dei lavoratori addetti alla movimentazione delle merci all'interno di detti

locali sia contenuto in modo da garantire condizioni di sicurezza e di salute;

c) non siano effettuate operazioni quando la temperatura all'interno della stiva o cella frigorifera e'

inferiore a -22 c.

Art. 28

Merce in colli e in contenitori

1. Il datore di lavoro provvede affinche':

a) l'accesso dei lavoratori al piano superiore di merci in colli che non superino i 5 metri di altezza e

dei contenitori appilati su due ordini sia consentito con l'uso di scale portatili, purche' queste siano

di lunghezza tale da garantire un sicuro ed agevole accesso alla zona di lavoro;

b) ai piani superiori delle merci in colli oltre i 5 metri di altezza e dei contenitori appilati su tre o

piu' ordini i lavoratori accedano:

1) a mezzo di piattaforme di lavoro elevabili, 2) a mezzo di gabbia, movimentata da portainer,

209

solidale con lo spreader ovvero a mezzo di spreader dotato di vano con adeguato parapetto e che la

movimentazione della gabbia avvenga lentamente ed il mezzo di sollevamento non effettui piu' di

un movimento per volta;

c) i lavoratori, che operano oltre i 5 metri di altezza o sul tetto di contenitori oltre il secondo

ordine, od ove si presenti comunque il rischio di caduta, indossino una cintura di sicurezza e siano

agganciati all'apparecchio che li ha trasportati sulla postazione di lavoro o ad altro apparecchio

equivalente.

Art. 29

Movimentazione dei contenitori

1. Il datore di lavoro provvede affinche':

a) nelle operazioni di imbarco o sbarco, il sollevamento dei contenitori pieni sia effettuato facendo

uso degli appositi spreaders e il manovratore non proceda a virare il contenitore prima di aver

ottenuto la sicurezza della chiusura dei twist-locks, attraverso l'indicazione delle apposite alette o

delle apparecchiature automatiche di controllo; nel caso di sollevamento da camion a mezzo gru,

l'autista posizioni il contenitore nel punto di aggancio sotto lo spreader solo dopo essersi assicurato

che il contenitore sia libero dai twist. Nel caso di utilizzo di spreaders a chiusura manuale, al

manovratore sia comunicato che la chiusura dei twist-locks e' stata effettuata; qualora non siano

disponibili spreaders, la manovra dei contenitori sia effettuata mediante imbragatura che assicuri la

verticalita' dei calanti d'angolo;

b) i contenitori siano movimentati uno per volta, a meno che non siano disponibili spreaders od

idonei congegni predisposti per operazioni multiple;

c) i contenitori siano movimentati anche con carrelli elevatori equipaggiati con idonee forche, solo

nel caso in cui siano forniti delle apposite tasche di presa.

2. Il datore di lavoro puo' derogare alle prescrizioni di cui al comma 1, lettera a), per la

movimentazione dei contenitori vuoti, purche' siano adottate cautele volte ad assicurare la corretta

esecuzione delle operazioni ed a garantire l'incolumita' dei lavoratori.

Art. 30

Contenitori appilati e su pianali

1. Il datore di lavoro provvede affinche':

a) i contenitori appilati su piu' ordini siano sistemati in modo che i blocchi d'angolo combacino fra

di loro, per garantire stabilita' a tutto l'appilaggio e che il massimo strapiombo rispetto alla

verticale non superi l'1,5%;

b) i contenitori caricati su pianale siano ad esso assicurati mediante serraggio dei rispettivi twist -

locks, a meno che il pianale non sia fornito di apposite guide laterali e d'angolo di invito e

contenimento.

Art. 31

Protezioni e dotazioni dei mezzi addetti alla movimentazione dei contenitori

1. Il datore di lavoro provvede affinche':

a) la parte retrostante della cabina di guida dei trattori e delle automotrici addetti alla

movimentazione dei contenitori nei terminali sia dotata di strutture idonee a proteggere il

conducente da contatti violenti in direzione orizzontale, salvo l'utilizzo di rimorchi specializzati;

b) i mezzi meccanici di sollevamento e movimentazione dei contenitori siano dotati di fanaleria di

circolazione di efficacia almeno pari a quella prevista per le macchine operatrici in genere; siano

inoltre equipaggiati con fanali atti a realizzare condizioni di illuminazione di massima sicurezza

nell'area operativa, oltre che con dispositivo acustico, con luce gialla lampeggiante ed ogni altro

dispositivo che le condizioni di esercizio locali facciano presumere utile per la sicurezza degli

addetti;

210

c) ogni mezzo, oltre ai normali freni di esercizio, sia dotato di freno di soccorso da azionarsi in

caso di pericolo.

2. Il datore di lavoro provvede, altresi', che all'interno del terminale nessun mezzo, compresi gli

autoveicoli, superi la velocita' di 30 Km/h.

Art. 32

Ausilio ai conducenti dei mezzi di movimentazione dei contenitori

1. Il datore di lavoro provvede affinche':

a) la circolazione dei mezzi operativi lungo la viabilita' sia eseguita con l'ausilio di segnalatori a

terra ogni qual volta il conducente del mezzo non sia in grado di controllare visivamente, in tutto o

in parte, il percorso da seguire;

b) il segnalatore ed i lavoratori presenti nelle aree operative indossino indumenti ad alta visibilita'

con bande o bretelle rifrangenti.

Art. 33

Movimentazione di merci in colli e in contenitori in aree portuali non specializzate e non recintate

1. Il datore di lavoro provvede affinche':

a) non siano utilizzate macchine movimentatrici a portale del tipo transcontainers, ponti mobili su

rotaie, e quelle di tipo a cavaliere, quali straddle carriers e simili;

b) la velocita' di spostamento dei mezzi meccanici di sollevamento e movimentazione non superi i

20 Km/h;

Art. 34

Divieto di imbarco di veicoli con sovraccarico su navi traghetto e navi a carico orizzontale

1. Il datore di lavoro provvede affinche':

a) non vengano imbarcati veicoli merci il cui carico risulti superiore alla portata indicata nel

documento di circolazione;

b) la manovra di imbarco e sbarco avvenga con a bordo solamente il conducente.

Art. 35

Stivaggio dei veicoli e sistemazione a bordo su navi traghetto e navi a carico orizzontale

1. Il datore di lavoro provvede affinche':

a) prima dell'imbarco a bordo sia accertato che non vi siano perdite di combustibile dal mezzo da

imbarcare;

b) i veicoli siano rizzati in modo sicuro;

c) i veicoli e le merci siano distanziati in maniera da consentire un agevole accesso ai lavoratori

addetti alle operazioni di rizzaggio e derizzaggio e comunque intorno ad ogni veicolo sia lasciato

uno spazio libero non inferiore a 40 cm;

d) siano lasciati liberi i passaggi di disimpegno e le zone prospicienti i mezzi antincendio;

e) siano tenuti fermi il tergicristallo ed eventuali altri servizi elettrici;

f) siano tenute spente le luci esterne ed interne;

g) non siano chiuse a chiave le porte;

h) durante l'imbarco, la permanenza a bordo e lo sbarco dei veicoli non sia consentito fumare ed

eseguire sulla nave lavori che comportino l'uso di fiamme libere o che possano generare sorgenti

di ignizione nel locale veicoli e nelle zone scoperte di ponte su cui sono sistemati;

i) il motore dei veicoli sia tenuto acceso soltanto per il tempo strettamente necessario alle

operazioni di imbarco e sbarco.

Art. 36

Livello di inquinamento e rumorosita' sulle navi traghetto e sulle navi a carico orizzontale

211

1. Il datore di lavoro provvede affinche':

a) durante le operazioni di imbarco e sbarco il limite di inquinamento dell'aria da ossido di

carbonio sia contenuto al di sotto di 50 ppm; se tale limite e' superato, siano utilizzate idonee

misure protettive individuali; se la concentrazione di ossido di carbonio raggiunge 75 ppm le

operazioni siano sospese e le persone presenti nel locale siano allontanate;

b) qualora il livello di rumorosita' superi gli 85 decibels siano utilizzate idonee misure protettive

individuali.

Art. 37

Norme particolari per le navi a piu' ponti provviste di elevatori

1. Il datore di lavoro provvede affinche':

a) durante la manovra di imbarco e sbarco e in fase di movimentazione all'interno della nave, il

conducente del veicolo sia assistito da un segnalatore il quale deve indossare indumenti ad alta

visibilita' con bande o bretelle rifrangenti;

b) siano predisposte idonee misure, quali difese mobili, candelieri o mezzi simili, volte a

proteggere il vano di corsa dell'elevatore da qualsiasi possibilita' di accesso, quando la piattaforma

mobile non e' presente.

TITOLO II

DISPOSIZIONI INERENTI LE OPERAZIONI DI MANUTENZIONE, RIPARAZIONE E

TRASFORMAZIONE

Art. 38

Documento di sicurezza

1. Qualora i lavori di manutenzione, riparazione e trasformazione siano eseguiti da piu' imprese,

l'armatore o il comandante della nave designa l'impresa capo-commessa.

2. Il titolare dell'impresa capo-commessa nomina il responsabile tecnico dei lavori a bordo ed

elabora il documento di sicurezza di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 626 dei 1994 e

successive modifiche, contenente anche:

a) l'individuazione delle fasi di lavoro e delle principali attrezzature utilizzate, e delle imprese che

eseguono i lavori;

b) l'indicazione del tecnico responsabile dei lavori a bordo;

c) la localizzazione ed il numero medio dei lavoratori per ogni fase ed ambiente di lavoro;

d) le fasi nelle quali si puo' verificare la presenza contemporanea di un numero consistente di

lavoratori che svolgono lavorazioni diverse in uno stesso ambiente;

e) la descrizione delle misure di sicurezza e di igiene per le diverse fasi di lavorazione, con

particolare riguardo a quelle svolte in ambienti nei quali siano prevedibili situazioni di maggiore

rischio;

f) l'indicazione delle misure da mettere in atto per la prevenzione, la lotta contro l'incendio, per la

gestione dell'emergenza e del pronto soccorso.

3. Il titolare dell'impresa capo-commessa consegna copia del documento di cui al comma 2 alle

imprese che operano a bordo, che hanno l'obbligo di attenersi alle procedure in esso contenute ed a

informare i lavoratori del suo contenuto prima dell'inizio dei lavori.

4. Gli obblighi relativi ai rischi specifici propri dell'attivita' delle singole imprese fanno capo alle

imprese stesse.

5. Il titolare dell'impresa capo-commessa e' tenuto a conservare copia del documento e degli

eventuali aggiornamenti presso i propri uffici e a bordo, nonche' a consegnarne copia all'Autorita'

ed all'Azienda unita' sanitaria locale competente.

212

Art. 39

Accesso alla nave, posti di lavoro e di passaggio

1. Il datore di lavoro, tenendo conto del numero dei lavoratori presenti a bordo e delle operazioni

in corso, provvede affinche':

a) siano messe a disposizione, per una rapida evacuazione in caso di emergenza, oltre allo

scalandrone in dotazione della nave, altre passerelle di adeguata robustezza e sicurezza, poste in

banchina, in zone sgombre per facilitare il transito delle persone;

b) le vie di fuga dai vari locali siano segnalate con apposite "frecce" fluorescenti, ed illuminate con

impianto di luce di emergenza.

Art. 40

Parapetti dei bacini galleggianti

1. Il datore di lavoro provvede affinche':

a) i bacini galleggianti siano provvisti di piani percorribili di sommita' di parapetto normale su tutti

i lati verso il vuoto;

b) il parapetto verso l'interno del bacino sia abbattibile per consentire le operazioni di ormeggio e

disormeggio delle navi in entrata o in uscita;

c) le scale fisse, a gradini, poste all'interno dei bacini, siano, altresi', fornite di parapetto.

Art. 41

Galleggianti adibiti a lavori di manutenzione

1. Il datore di lavoro provvede affinche':

a) le opere provvisionali, installate sui galleggianti, siano solidali con il galleggiante stesso, su cui

devono essere previste apposite sedi di ancoraggio e adeguati tiranti;

b) i ponteggi, facenti parte delle opere provvisionali del galleggiante, siano protetti su tutti i lati da

robusto parapetto ed idoneo fermapiede.

Art. 42

Impianti elettrici della nave

1. Il datore di lavoro, ove un impianto elettrico della nave venga alimentato da energia elettrica

dall'esterno, provvede affinche':

a) tutti i circuiti per ricevere l'energia elettrica siano dotati di idonea protezione di sicurezza;

b) tutti i circuiti prima di essere inseriti siano ispezionati al fine di accertarne l'idoneita' a ricevere

energia elettrica da terra in condizioni di sicurezza;

c) se la nave si trova in bacino galleggiante, essa sia messa a terra.

Art. 43

Impianti elettrici all'interno dei bacini galleggianti

1. Il datore di lavoro provvede che ogni impianto elettrico, posizionato sulla platea del bacino

galleggiante, necessario all'esecuzione dei lavori, sia a tensione di sicurezza non superiore a 50 V

o munito di idonea protezione differenziale.

Art. 44

Illuminazione di sicurezza

1. Il datore di lavoro provvede affinche':

a) le zone interessate alla lavorazione ed al transito delle persone siano dotate di un impianto per

l'illuminazione di sicurezza alimentato da batterie di accumulatori, provviste di dispositivi di

ricarica, ovvero da gruppi elettrogeni indipendenti con dispositivo automatico di avviamento,

213

ovvero ancora da lampade di emergenza fisse con batteria incorporata.

b) le vie di sfuggita siano segnalate anche in condizione di illuminazione ordinaria.

Art. 45

Illuminazione di emergenza

1. Il datore di lavoro provvede affinche':

a) l'impianto di illuminazione di emergenza per transito con esodo sia indipendente dall'impianto

di normale illuminazione della nave e sia adeguato a garantire l'esodo in sicurezza dei lavoratori,

assicurando l'individuazione delle vie di emergenza e delle uscite di sicurezza;

b) l'alimentazione dell'impianto di emergenza sia effettuata tramite linee dedicate ed indipendenti,

tali da garantire la normale energia di distribuzione dello stabilimento e, in caso di emergenza,

un'alternativa;

c) le lampade dell'impianto di illuminazione di emergenza siano tenute sempre accese.

Art. 46

Misure di prevenzione in caso di uso di miscele ossiacetileniche, della fiamma ossidrica, della

saldatura elettrica e sicurezza nelle operazioni di ossitaglio

1. In caso di uso a bordo di miscele ossiacetileniche, fiamma ossidrica , saldatura elettrica ad arco

per lavori di qualsiasi genere, nonche' in caso di operazioni di ossitaglio, il datore di lavoro deve

presentare domanda, corredata dal certificato di non pericolosita' rilasciato dal consulente chimico

di porto, all'Autorita' marittima affinche' la stessa, su conforme parere del comandante provinciale

dei vigili del fuoco e sentita l'Azienda unita' sanitaria locale competente, rilasci il nulla-osta all'uso

della fiamma.

2. La domanda di cui al comma 1 deve contenere:

a) natura e durata del lavoro;

b) descrizione dei locali nei quali viene usata la fiamma o altri simili mezzi;

c) denominazione dell'impresa che eseguira' i lavori;

d) nominativo della persona esperta responsabile dell'operazione.

3. L'Autorita' marittima rilascia il nulla-osta di cui al comma 1 indicando le misure che devono

essere adottate ai fini della sicurezza e si riserva la facolta' di avvalersi, a spese del richiedente,

dell'opera di un organo tecnico per accertamenti e controlli.

4. L'Autorita' marittima provvede a trasmettere copia dei nulla-osta di cui al comma 1 all'Azienda

unita' sanitaria locale competente ai fini della vigilanza.

5. E' vietato l'uso di fiamma e di mezzi simili su navi con passeggeri a bordo, salvo che per lavori

di lieve entita' o improrogabili.

6. Prima di iniziare i lavori di taglio, il datore di lavoro deve munirsi di un certificato di "gas-free"

rilasciato da un consulente chimico di porto, attestante che nei locali, compresi quelli adiacenti in

cui devono essere eseguiti lavori, non vi siano sostanze suscettibili di infiammarsi od esplodere

sotto l'azione del calore o delle scintille.

Art. 47

Operazioni di saldatura elettrica

1. Il datore di lavoro provvede affinche':

a) sia predisposto un adeguato sistema di ventilazione, nonche' un sistema di aspirazione

localizzata dei fumi alla sorgente, tenuto conto della cubatura del locale;

214

b) la zona di saldatura sia protetta con schermi di intercettazione di radiazioni dirette o riflesse,

quando queste costituiscono pericolo per gli altri lavoratori.

2. Per operazioni di saldatura da effettuare in ambienti con presenza di gas inerte o in atmosfera

protetta, il datore di lavoro e' tenuto a:

a) munire i lavoratori, qualora non sia possibile dotare l'ambiente di adeguati sistemi di

ventilazione, di adeguati respiratori isolanti;

b) munire, inoltre, i lavoratori di idonea cuffia protettiva per le radiazioni U.V. e di casco con

visiera dotato di vetro inattinico;

c) schermare, nelle operazioni di saldatura su lega leggera, la zona interessata all'operazione in

modo adeguato per evitare che altri lavoratori possano essere colpiti dalle radiazioni UV. riflesse

sulla lamiera.

Art. 48

Lavori in locali chiusi e angusti

1. Il datore di lavoro provvede affinche':

a) negli spazi chiusi e angusti, l'accesso di operai isolati avvenga soltanto con assistenza esterna;

b) sia prevista idonea ventilazione forzata ed adeguata illuminazione;

c) ove, a causa di lavori gia' effettuati o di sostanze precedentemente contenute, esistano rischi di

esplosione, incendio, intossicazione o asfissia, prima di fare accedere il personale, anche nei locali

adiacenti, intervenga un consulente chimico di porto che accerti, preventivamente, le condizioni di

respirabilita' o di infiammabilita' dell'aria presente nell'ambiente;

d) nei lavori che implicano l'uso di cannelli ossiacetilenici, di pinze per la saldatura, di utensili

sprigionanti scintille, un consulente chimico di porto accerti che nel locale non vi siano gas in

concentrazioni tali da provocare incendi od esplosioni;

e) per le lavorazioni a fuoco sia predisposta idonea aspirazione alla fonte dei fumi prodotti. Una

persona addestrata a svolgere il servizio di prevenzione antincendio assista all'operazione. Qualora

il servizio non fosse svolto da membri dell'equipaggio, l'assistenza sia prestata da personale

appartenente ai "servizi integrativi antincendio" autorizzati dall'Autorita'.

Art. 49

Lavori entro cisterne, casse, depositi di combustibile, doppi fondi e locali simili

1. Il datore di lavoro deve impedire che i lavoratori effettuino lavori all'interno di cisterne, casse

nafta, depositi di combustibile o di lubrificanti, doppi fondi, intercapedini, o altri locali interni,

comunque pericolosi, delle navi, delle macchine o delle apparecchiature, se prima non si sia

provveduto alla degasificazione degli ambienti ed alla loro aerazione, se necessario anche forzata.

2. Quando debbono effettuarsi eccezionalmente sopralluoghi o lavori di breve durata in cisterne di

petroliere od in grandi depositi con accesso dall'alto, se la presenza di gas, vapori nocivi e

temperature molto elevate non possono evitarsi con sufficiente sicurezza, il datore di lavoro deve

munirsi dei nulla osta dell'Autorita' marittima di cui all'articolo 46 e deve, comunque, provvedere

affinche':

a) i lavoratori siano muniti di cintura di sicurezza, e, ove necessario, di idonei apparecchi atti a

consentire la normale respirazione; e che essi siano assistiti da un operaio presso l'accesso dei

predetti locali, pronto ad intervenire in caso di necessita';

b) le valvole e gli altri dispositivi dei condotti in comunicazione coi suddetti locali siano chiusi e

bloccati, i tratti di tubazione eventualmente liberi siano intercettati mediante flange cieche o mezzi

equivalenti e che sia applicato sui dispositivi di chiusura o di isolamento un avviso con

l'indicazione del divieto di manovra.

Art. 50

Operazioni di sabbiatura su navi sottoposte a lavori

215

1. Il datore di lavoro vieta nei lavori di sabbiatura "a secco" l'uso della sabbia silicea e di materiali

che diano luogo allo sviluppo di polveri contenenti silice libera, assicurando l'utilizzazione solo di

graniglia di metalli o di altre sostanze prive di silice.

2. Tali lavori devono essere effettuati con modalita' che non interferiscano con altri lavori ed in

orari differiti.

3. Il datore di lavoro deve:

a) dotare i lavoratori addetti all'operazione di sabbiatura dei seguenti dispositivi di protezione

individuale:

1) cappuccio o casco con visiera, con idonei protettori oculari, dotato di regolatore di flusso d'aria;

2) scarpe antiscivolo;

3) idonea tuta protettiva;

4) guanti;

5) protettori auricolari;

6) respiratore a presa d'aria esterna.

b) controllare i filtri di depurazione dell'aria di alimentazione al casco proveniente dal

compressore;

c) assicurare un sistema per l'interruzione automatica del getto che entri in azione allo

sganciamento accidentale della spingarda;

d) predisporre per le operazioni di sabbiatura nei locali interni:

1) adeguata illuminazione;

2) sufficiente ventilazione di diluizione, garantendo il controllo visivo o sonoro e l'assistenza da

parte di un operatore esterno, ovvero attraverso l'adozione dei doppi controlli e dei doppi comandi

alla spingarda ed all'esterno.

e) assicurare periodiche pulizie delle zone di lavoro, utilizzando anche idonee apparecchiature

meccaniche, al termine del turno di lavoro e, comunque, al termine della lavorazione;

f) predisporre un idoneo sistema per la raccolta del materiale di risulta, da smaltire nel rispetto

delle norme vigenti in materia di smaltimento dei rifiuti.

3. Le operazioni di sabbiatura al fasciame esterno delle navi, all'interno dei bacini galleggianti e ad

accosti ben definiti e, comunque, lontani dalle zone dove si compiono operazioni commerciali,

sono autorizzate dall'Autorita' su conforme parere dell'Azienda unita' sanitaria locale competente.

Art. 51

Operazioni di pitturazione a spruzzo (airless)

1. Il datore di lavoro, per le operazioni di pitturazione a spruzzo di tipo airless, che nel corso della

lavorazione e nella successiva fase di essiccazione possono produrre atmosfere tossiche od

esplosioni, deve provvedere a:

a) togliere nella zona di lavoro e negli ambienti comunicanti tutto quanto possa innescare incendi

od esplosioni;

b) interrompere l'alimentazione elettrica, ad esclusione delle utenze antideflagranti;

c) rimuovere gli oggetti metallici, che cadendo possono provocare scintille;

d) verificare che nessuno porti con se' fiammiferi, accendini, chiavi, coltelli ed ogni altro elemento

che cadendo o sfregando possa provocare scintille;

e) segnalare con idonei cartelli la zona interessata alla pitturazione;

f) ventilare l'ambiente con estrattori, di idonea portata e di tipo "a sicurezza", che garantiscano

l'allontanamento dei vapori di solventi;

g) preparare e miscelare pitture nello stesso ambiente di lavoro, purche' idoneo, controllato e

ventilato ai sensi della lettera f);

h) disporre che nei locali interessati non si svolgano altre lavorazioni;

i) predisporre un impianto elettrico di illuminazione del tipo "a sicurezza";

l) disporre che i contenitori di pittura e di solvente, non usati, siano chiusi e separati da fonti di

calore, compresi i raggi del sole;

m) munirsi di pittura in quantita' necessaria al tipo di lavoro;

216

n) conservare, al termine dei lavori, ogni quantita' residua di pittura o solvente in recipienti

ermeticamente chiusi, con l'indicazione in ordine al contenuto;

o) non far effettuare, a fine pitturazione, alcun'altra lavorazione, se non dopo una valutazione

ambientale eseguita dall'organo tecnico in ordine alla situazione dell'ambiente di lavoro;

p) effettuare la pitturazione delle parti esterne della nave con modalita' tali da evitare interferenze

con altre eventuali lavorazioni, o in orari differiti;

q) dotare il personale addetto alla pitturazione di indumenti antistatici, scarpe con suola senza

chiodatura e prive di rifiniture metalliche, respiratore isolante a presa d'aria esterna o maschera a

filtro in modo che il sistema di areazione in funzione garantisca una concentrazione di ossigeno

non inferiore al 17%.

2. Le operazioni di cui al comma 1 devono essere effettuate in condizioni meteorologiche idonee

secondo le prescrizioni dettate dall'Autorita' sentita l'Azienda unita' sanitaria locale competente.

Art. 52

Operazioni di coibentazione

1. Il datore di lavoro non deve consentire, sia in fase di nuove applicazioni sia in fase di ripristino

di coibentazioni, l'uso di materiali contenenti amianto, ne' aria compressa per pulizie di qualunque

tipo nel corso o alla fine dei lavori di coibentazione.

2. Il datore di lavoro provvede affinche':

a) il materiale costituito da fibre minerali artificiali (MMMF), quali fibra di vetro, lana di vetro e

di roccia, fibre ceramiche o altro, che si puo' presentare sotto forma di materassini, di cordolo, di

coppella preformata, di foglio, di pannello, ed altro, non sia accumulato nei locali di lavoro in

quantita' superiore a quella necessaria per la lavorazione e protetto in idonee condizioni;

b) nelle operazioni di taglio, sagomatura e adeguamento dimensionale dei materiale di cui alla

lettera a), per la successiva applicazione, in caso di formazione di polveri di qualunque specie,

siano adottate misure volte a impedire o ridurre lo sviluppo e la diffusione nell'ambiente di lavoro

delle polveri derivanti;

c) i locali di lavoro siano puliti mediante aspiratori a fine turno e non contemporaneamente

all'applicazione o installazione dei materiali;

d) i locali in cui sono eseguite operazioni di coibentazione di consistente entita' e durata o

interventi con materiali che possano disperdere fibre siano isolati dai locali in cui si eseguono altre

lavorazioni;

e) le operazioni di taglio ed incollaggio di pannelli in poliuretano e l'applicazione di schiume

poliuretaniche siano effettuate usando idonei sistemi di aspirazione alla fonte, e gli addetti alla

lavorazione siano dotati di tute monouso e idonei respiratori a filtro.

TITOLO III

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PROVE A MARE DI NUOVE COSTRUZIONI E DI OPERE

DI GRANDE TRASFORMAZIONE NAVALE

Art. 53

Documento di sicurezza

1. Il datore di lavoro deve, con congruo anticipo rispetto al momento di inizio delle prove,

elaborare il documento di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 626 del 1994, e successive

modifiche, contenente anche:

a) l'individuazione delle situazioni di emergenza ed i relativi piani predisposti;

b) la descrizione della situazione degli alloggiamenti e dei servizi igienico-assistenziali aggiuntivi

alla dotazione della nave.

Art. 54

Equipaggio e personale tecnico imbarcato

217

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 16, del decreto del presidente della Repubblica 8

novembre 1991, n. 435 per l'esecuzione di prove di navigazione di nuove costruzioni o di navi che

abbiano subito lavori di trasformazione o riparazione, il datore di lavoro provvede affinche':

a) sia assegnato un equipaggio, in conformita' alla tabella di armamento determinata dall'Autorita'

marittima, addestrato secondo la tipologia e le caratteristiche della costruzione o nave oggetto

delle prove;

b) l'equipaggio riceva adeguata formazione relativamente alle caratteristiche degli impianti di

bordo e della loro utilizzazione, con chiamata a bordo in congruo anticipo, in modo da garantire

che lo stesso sia in grado di fronteggiare situazioni di emergenza come l'abbandono della nave,

l'incendio grave, la collisione, l'incaglio, la falla, il pronto intervento, l'uomo a mare, il pronto

soccorso;

c) nel corso delle ore notturne il personale che rimane a bordo, abbia adeguata sistemazione

logistica;

d) sia garantita la presenza a bordo di un medico e di un infermiere, di dotazioni mediche,

medicinali ed attrezzature sanitarie adeguate in relazione alla tipologia ed alla durata delle prove,

nonche' al numero del personale imbarcato, secondo la vigente normativa;

e) prima dell'imbarco la verifica dell'integrita' e dell'efficienza degli impianti e dei mezzi di

sicurezza di bordo e di quelli imbarcati per lo svolgimento delle prove e l'applicazione di tutte le

norme previste dal documento di sicurezza di cui all'articolo 53 ed un controllo accurato dei mezzi

di salvataggio;

f) a tutto il personale imbarcato sia consegnato un vademecum contenente le informazioni di

sicurezza e le norme di comportamento a bordo, e che tale personale, prima dell'inizio delle prove,

sia formato sulle materie contenute nel vademecum.

Art. 55

Dimostrazioni al personale imbarcato

1. Il datore di lavoro, prima dell'uscita in mare della costruzione o della nave in prove di

navigazione, provvede affinche' sia effettuata una dimostrazione pratica delle azioni di sicurezza,

con particolare riguardo all'illustrazione dei segnali di pericolo ed ai mezzi di salvataggio.

TITOLO IV

SANZIONI

Art. 56

Norma generale

1. I datori di lavoro, i dirigenti, i preposti, il medico competente ed i lavoratori sono soggetti alle

sanzioni previste nel Titolo IX del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, come modificato

dall'articolo 13 dei decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758 e dal decreto legislativo 19 marzo

1996, n. 242, salvo quanto previsto nel presente titolo.

Art. 57

Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro, dai dirigenti e dai preposti

1. Il datore di lavoro e' punito con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a

lire otto milioni per violazione dell'articolo 5.

2. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da

lire cinquecentomila a lire due milioni per violazione dell'articolo 46, commi 1 e 6, ovvero per

violazione delle prescrizioni di cui all'articolo 46, comma 3, e di cui all'articolo 22.

3. Il datore di lavoro, il dirigente ed il preposto sono puniti:

a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per

violazione dell'articolo 4, comma 3;

218

b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire cinque milioni per

violazione dell'articolo 21;

c) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni per le

violazioni degli articoli da 8 a 13; da 15 a 20; da 23 a 37; da 39 a 45; 46, comma 5 ; da 47 a 52; 54.

Art. 58

Contravvenzioni del titolare dell'impresa capo-commessa

1. Il titolare dell'impresa capo-commessa e' punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da

lire cinquecentomila a lire tre milioni per violazione dell'articolo 38, comma 3.

Art. 59

Sanzioni amministrative

1. Il datore di lavoro e' punito con la sanzione amministrativa da lire un milione a lire sei milioni

per violazione dell'articolo 14.

2. Il datore di lavoro, il dirigente ed il preposto sono puniti con la sanzione amministrativa da lire

un milione a lire sei milioni per violazione dell'articolo 4, comma 4.

Art. 60

Misure accessorie

1. Nel caso di reiterate violazioni delle disposizioni previste e sanzionate dagli articoli 56, 57, 58 e

59, che comportino concreto pericolo per l'igiene, la salute e la sicurezza dei lavoratori, l'Autorita'

puo' sospendere, per un periodo non superiore a tre mesi, l'atto autorizzatorio o concessorio

all'esercizio dell'attivita'.

Art. 61

Estinzione delle contravvenzioni

1. Alle contravvenzioni di cui agli articoli 57 e 58 si applicano le disposizioni del capo II del

decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758. Le aziende unita' sanitarie locali sono l'organo di

vigilanza competente per il procedimento diretto alla estinzione della contravvenzione di cui al

Capo II del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758 e agiscono a tal fine in coordinamento

con le autorita' indicate all'articolo 23 del decreto legislativo n. 626 del 19 settembre 1994 e

successive modificazioni.

219

Decreto Legislativo 17 agosto 1999, n. 298

"Attuazione della direttiva 93/103/CE relativa alle prescrizioni

minime di sicurezza e di salute per il lavoro a bordo delle navi da

pesca"

pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 201 del 27 agosto 1999

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Vista la direttiva 93/103/CE del Consiglio del 23 novembre 1993, riguardante le

prescrizioni minime di sicurezza e di salute per il lavoro a bordo delle navi da

pesca (tredicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della

direttiva 89/391/CEE);

Vista la legge 24 aprile 1998, n. 128, recante disposizioni per l'adempimento di

obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee (legge

comunitaria 1995-1997), ed in particolare gli articoli 1 e 51, nonche' gli allegati A

e B;

Vista la legge 10 aprile 1981, n. 157;

Vista la legge 10 aprile 1981, n. 158;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 8 novembre 1991, n. 435;

Visto il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modifiche ed

integrazioni;

Visto il decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella

riunione del 14 maggio 1999;

Acquisiti i pareri delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del

Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione definitiva del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione

del 4 agosto 1999;

220

Sulla proposta dei Ministri per le politiche comunitarie e del lavoro e della

previdenza sociale, di concerto con i Ministri degli affari esteri, di grazia e

giustizia, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, per le

politiche agricole, dei trasporti e della navigazione e della sanita';

E m a n a

il seguente decreto legislativo:

Art. 1.

Campo di applicazione

1. Il presente decreto legislativo fissa prescrizioni minime di tutela della salute e

di sicurezza dei lavoratori a bordo delle navi da pesca quali definite all'articolo 2.

2. Le disposizioni del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive

modifiche ed integrazioni, del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, nonche'

della vigente legislazione in materia di prevenzione infortuni e di igiene del lavoro

si applicano al settore di cui al comma 1, fatte salve le disposizioni specifiche

contenute nel presente decreto legislativo.

Art. 2.

Definizioni

1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intendono per:

a) nave da pesca: ogni imbarcazione battente bandiera di uno Stato membro

dell'Unione europea o registrata sotto la piena giurisdizione di uno Stato membro,

impiegata per fini commerciali per la cattura, o per la cattura e la lavorazione, del

pesce o di altre risorse vive del mare;

b) nave da pesca nuova: ogni nave da pesca la cui lunghezza fra le perpendicolari

e' superiore o uguale a quindici metri, per la quale, alla data di entrata in vigore

del presente decreto:

1) e' stato concluso un contratto di costruzione o di importante trasformazione;

oppure

2) in mancanza di un contratto di costruzione, e' stata effettuata la posa della

chiglia, ovvero e' stata effettuata una costruzione identificabile con una nave

particolare, ovvero e' iniziato il montaggio, con l'impiego di almeno 50 tonnellate

o l'1% della massa stimata di tutti i materiali di struttura, se quest'ultimo valore e'

inferiore;

c) nave da pesca esistente: ogni nave da pesca la cui lunghezza fra le

perpendicolari e' superiore o uguale a diciotto metri e che non e' una nave da

pesca nuova;

d) nave: ogni nave da pesca nuova od esistente;

e) lavoratore marittimo: qualsiasi persona che svolga un'attivita' professionale a

bordo di una nave, nonche' i tirocinanti e gli apprendisti, ad esclusione del

personale a terra che effettua lavori a bordo di una nave all'ormeggio e dei piloti

portuali;

f) armatore: il proprietario registrato di una nave. Se la nave e' stata noleggiata a

221

scafo nudo o e' gestita interamente o parzialmente da una persona fisica o

giuridica diversa dal proprietario registrato in base ad un contratto di gestione, si

considera armatore rispettivamente il noleggiatore a scafo nudo o la persona fisica

o giuridica che gestisce la nave;

g) comandante: la persona cui e' affidato il comando della nave.

Art. 3.

Obblighi dell'armatore

1. L'armatore, fatta salva la responsabilita' del comandante ai sensi della

legislazione vigente e tenendo conto delle condizioni meteorologiche prevedibili,

nonche' delle caratteristiche tecniche operative della nave, assicura che la stessa

venga impiegata senza compromettere la sicurezza e la salute dei lavoratori.

2. In particolare, l'armatore:

a) assicura la manutenzione tecnica delle navi, degli impianti e dei dispositivi, in

particolare di quelli indicati agli allegati I e II e l'eliminazione dei difetti

riscontrati;

b) adotta misure organizzative intese a garantire la regolare pulizia delle navi e del

complesso degli impianti e dei dispositivi per mantenere condizioni adeguate di

igiene;

c) tiene a bordo delle navi mezzi di salvataggio e di sopravvivenza appropriati, in

buono stato di funzionamento e in quantita' sufficiente per i lavoratori;

d) osserva le prescrizioni minime di sicurezza e di salute riguardanti i dispositivi

di salvataggio e di sopravvivenza di cui all'allegato III;

e) osserva, fatte salve le disposizioni del decreto legislativo 19 settembre 1994, n.

626, titolo IV, e successive modifiche ed integrazioni, le specifiche in materia di

dispositivi di protezione individuali di cui all'allegato IV;

f) fornisce al comandante i mezzi necessari per conformarsi agli obblighi

contenuti nel presente decreto legislativo;

g) dispone che gli eventi verificatisi durante la navigazione e che hanno o che

possono avere effetto sulla sicurezza e la salute dei lavoratori a bordo siano

oggetto di un resoconto dettagliato da trasmettere all'autorita' marittima del primo

porto di approdo e siano accuratamente e circostanziatamente registrati per

iscritto;

h) assicura che anche nei confronti dei lavoratori non marittimi presenti a bordo,

in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, si applichino le disposizioni

previste per i lavoratori marittimi.

Art. 4.

Requisiti di sicurezza e di salute

1. Le navi da pesca nuove e quelle oggetto di riparazioni, ovvero trasformazioni,

ovvero modifiche di grande portata devono soddisfare alle prescrizioni minime di

sicurezza e di salute di cui all'allegato I a partire dalla data di entrata in vigore del

presente decreto.

222

2. Fermo restando le disposizioni legislative e regolamentari vigenti, le navi da

pesca esistenti devono essere adeguate alle prescrizioni di sicurezza e di salute di

cui all'allegato II entro il 23 novembre 2002.

Art. 5.

Informazione dei lavoratori

1. Le informazioni di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 19 settembre 1994,

n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni, e dell'articolo 27, comma 1, del

decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, che i lavoratori devono ricevere a bordo

della nave da pesca sulla quale sono imbarcati devono essere comprensibili per

tutti i lavoratori.

Art. 6.

Formazione dei lavoratori

1. Ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 19

settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni, e dell'articolo

27, commi 2, 3, 4 e 5, del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, l'armatore

deve garantire che i lavoratori ricevano una formazione adeguata in particolare:

a) per quanto riguarda la sicurezza e la salute a bordo delle navi, con particolare

riferimento alla lotta antincendio e all'impiego di mezzi di salvataggio e di

sopravvivenza, in conformita' al decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio

1996, n. 474;

b) per quanto attiene il pronto soccorso e l'assistenza medica a bordo ai sensi della

normativa vigente;

c) in relazione all'impiego delle apparecchiature utilizzate e delle attrezzature di

trazione, nonche' ai differenti metodi di segnalazione specie di quella gestuale. 2.

Con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione, di concerto con i

Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanita', da adottarsi entro il

31 marzo 2000, sono definiti la durata ed i contenuti minimi della formazione di

cui al comma 1, lettera c).

Art. 7.

Formazione del comandante della nave da pesca

1. L'armatore assicura che il comandante riceva una formazione approfondita

riguardante in particolare:

a) la prevenzione delle malattie e degli infortuni sul lavoro a bordo e le misure da

prendere in caso di infortuni;

b) la stabilita' della nave ed il mantenimento della stabilita' stessa in tutte le

condizioni prevedibili di carico e all'atto delle operazioni di pesca;

c) la navigazione e le comunicazioni via radio, comprese le procedure.

Art. 8.

Vigilanza

223

1. La vigilanza sull'applicazione del presente decreto e' svolta ai sensi dell'articolo

28 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271.

Art. 9.

S a n z i o n i

1. L'armatore e' punito con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre

milioni a lire otto milioni per la violazione degli articoli 3, comma 2, lettere a), c),

d), e) ed f), 4 e 7.

2. L'armatore ed il comandante sono puniti:

a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire otto

milioni per la violazione degli articoli 3, comma 2, lettera h), e 6;

b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire

cinque milioni per la violazione degli articoli 3, comma 2, lettera b), e 5.

3. L'armatore ed il comandante sono puniti con la sanzione amministrativa

pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni per la violazione dell'articolo 3,

comma 2, lettera g).

Art. 10.

Entrata in vigore

1. Le disposizioni del presente decreto legislativo entrano in vigore sei mesi dopo

la data della pubblicazione nella Gazzetta-Ufficiale Repubblica italiana.

224

225

BIBLIOGRAFIA:

sono stati consultati i seguenti testi:

Edoardo Ghera - “Diritto del Lavoro” – Cacucci editore

Gino Giugni - “Diritto Sindacale” – Cacucci editore

Bruno Galli – “Lo Statuto dei Lavoratori” commento alla legge

– Edizioni Cetim

Pietro Di Pietri – “La tutela della salute nell‟ambiente di

lavoro”- manuale edito dall‟A.I.O.P

Fist Cisl lazio – “Enti Locali e Servizio Sanitario Nazionale – Il

Ruolo del Lavoratori e del Rappresentante per la Sicurezza nel

Percorso Prevenzionistico del Decreto legislativo 626/94” –

Pubblicazione patrocinata dall‟ISPESL – Ministero della Sanità.

1. Brandt LP, Kirk NU, Jensen OC, Hansen HL. Mortality

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Med. 1994 Jun;25(6):867-76

2. Hansen HL. Surveillance of deaths on board Danish

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3. Jaremin B, Kotulak E, Starnawska M, Tomaszunas S. Causes

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Voyages. J Travel Med. 1996 Jun 1;3(2):91-95 4. Giorgianni C,

226

Bondì L, Dugo G, Barbaro Martino L, Abbate C. La pesca a

strascico: valutazione del fenomeno infortunistico nella più

grande marineria italiana. G Ital Med Lav .2000; 22:296-298

5. Jensen OC. Work related injuries in Danish fishermen. Occup

Med 1996; 46:414-420 6. 6. Jensen OC. Non-fatal occupation

fall and slip injuries among commercial fishermen analyzed by

use of the NOMESCO injuriy registration system. Am J Ind

Med. 2000;37:637- 644

7. Jensen OC, Stage S, Noer P. Classification and coding of

commercial fishing injuries by work process: an experience in

the Danish fresh market fishing industry. Am J Ind Med.

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8. Norrish AE, Cryer P C. Work related injury in New Zeland

commercial fishermen. Br J Ind Med. 1990; 47:726-732

9. Thomas TK, Lincoln JM, Husberg BJ, Conway GA. Its it

safe on deck? Fatal and non-fatal workplace injuries among

Alaskan commercial fishermen. Am J Ind Med. 2001; 40:693-

702

10. Tomaszunas S. Work-related lost time accidents in deep-sea

fishermen. Bull Inst Mar Trop Gdynia. 1992; 43:35-41

11. International Labour Organization. Report for discussion at

the Tripartite Meeting on Safety and Health in the Fishing

Industry. Ginevra. 1999.

12. Norušis MJ. SPSS 16.0 Guide to Data Analysis. Prentice

Hall. 2008

227

228

INDICE

Premessa …………………………………………..………………….2

Capitolo 1

L‟evoluzione giuridica della normativa antinfortunistica…………..4

Capitolo 2

Testo Unico sulla Sicurezza D.Lgs.81/08 TUS……………………..62

Capitolo 3

Gli orientamenti giurisprudenziali…………………………….……81

Capitolo 4

Il lavoro marittimo……………………..………………………….105

Capitolo 5

Gli infortuni nel settore marittimo……………………….……….114

Capitolo 6

La Convenzione SOLAS…………………………………………..138

Capitolo 7

Il GMDSS……………………………………….…………………141

Capitolo 8

Regolamento UE 725/2004…………………..…………………….163