La Bussola n°05

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EDITORIALE “...in questo povero paese in cui la politica, a destra e a sinistra, sembra aver perso la bussola democratica...” (Gianni Barbacetto) N° 5 Dicembre 2010 Distribuzione gratuita Stampato in proprio DUE POPOLI UNO STATO LA METAMORFOSI DI ISRAELE seconda parte Come uccidere la moglie / il marito senza andare... a pagina 6 Italiani brava gente a pagina 8 La rubrica a pagina 10 Le luci del Natale a pagina 10 E la chiamano riforma a pagina 4 Terreni agricoli e fotovoltaico a pagina 3 a pagina 8

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Titolo di copertina: Due popoli uno Stato: la metamorfosi di Israele_parte 2 Articoli: Costis Hatzidakis di Felice Massaro Terreni agricoli e fotovoltaico di Cristian Bellucci E la chiamano Riforma di Fiorenzo Martini Come uccidere la moglie/il marito senza andare in galera di Rodolfo Santini L’impianto del nostro sistema giudiziario di Rodolfo Santini Italiani brava gente di Andrea Traina Due popoli uno Stato: la metamorfosi di Israele_parte 2 di Simone Santini e Pino Cabras Le luci del Natale di Angelo D’Agostino RUBRICA. Pulire in modo ecologico: spruzzatore all’aceto di Claudia Romeo

Transcript of La Bussola n°05

EDITORIALE

“...in questo povero paese in cui la politica, a destra e a sinistra, sembra aver perso la bussola democratica...” (Gianni Barbacetto)

N° 5Dicembre 2010Distribuzione gratuitaStampato in proprio

DUE POPOLI UNO STATOLA METAMORFOSI DI ISRAELEseconda parte

Come uccidere la moglie / il marito senza andare... a pagina 6

Italiani brava gentea pagina 8

La rubricaa pagina 10

Le luci del Natalea pagina 10

E la chiamano riformaa pagina 4

Terreni agricoli e fotovoltaico a pagina 3

a pagina 8

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La Bussola - periodico culturaleRegistrato presso il tribunale di

Pesaro il 14 - 1 - 2010 ,n° di registrazione 568

------n°5 chiuso il 17 Dicembre 2010

Direttore responsabileFelice Massaro

[email protected]

RedazioneMonteMaggiore al Metauro (PU)

Via Carbonara 40 [email protected]

Grafica e impaginazionePaola Bacchiocchi

[email protected]

StampaStampato in proprio

Pubblicitàpubblicità@associazione-liberamente.it

[email protected]

Gli autori si assumo le rispettive responsabilità

Io so chi so

Io so chi sonosono mio nonno e mio padre,

ogni faccia che ho visto o pensato e baciato.

Io so chi so.

Sono la casa dove sono nato, i posti di cui ho letto e sognato.

Le strade i tetti e la terra,chiusi dentro la valigia mia, dentro le nuovole della pipa

mia, dentro il vino del bicchiere mio.

Io so chi so.

Simone Massi“Io so chi so”

Animazione 2006

COSTIS HATZIDAKISdi Felice Massaro

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F OTO V O LTA I C O D A D I S C I P L I N A R E

di Cristian Bellucci

TERRENI AGRICOLI E FOTOVOLTAICOne parliamo con il Sindaco Cicoli Fabio

E D I TO R I A L E

Si, l’ho letta e mi sono piaciute sia le tue domande, che cercano di capire il pensiero di un amministratore e che riguardano una tematica importante per chi ha una responsabilità ammi-nistrativa e si trova a dover affrontare problematiche nuove, sia le risposte del Sindaco Verdini che mi trovano perfettamente d’accordo e concorde.Leggo ad esempio “se le energie innovabili sono da perseguire ad ogni costo” e la mia risposta è sì.Ma, prima di scendere nel particola-re, vorrei fare una premessa: è bene ricordare sempre che un ammini-stratore ha inevitabilmente maggiori difficoltà rispetto al singolo cittadino o ai comitati perché c’è la responsabilità di trovare una risposta ai problemi, alle esigenze. Detto questo, se con-sideriamo che fino ad oggi abbiamo usato esclusivamente energie non rinnovabili come carbone e petrolio, è necessario guardare necessaria-mente alle fonti rinnovabili e quindi anche all’energia solare. E’ necessa-rio, pertanto, fare anche gli impianti fotovoltaici.

Sindaco, la critica che emerge dalle mie domande al Sindaco Verdini non è riferibile all’uso delle energie rinnovabili e in particolare al fotovol taico, ma alla speculazione che si sta cercando di fare sui terreni, in parti colare quelli agricoli.Certamente, su questo sono d’accordo perché c’è una notevole differenza

Sindaco, hai letto l’intervista al Sindaco di Montemaggiore al Me-tauro Verdini? Cosa ne pensi?

tra gli impianti realizzati a terra e quelli realizzati sui tetti in quanto i tetti costituiscono una superficie già esistente e installare impianti su di essi significherebbe non cementificare ancora altro territorio.Altro aspetto è quello dell’impatto visi-vo perché la valle del Metauro dovreb-be avere una forte vocazione turistica, aspetto che ci vede molto in ritardo e andare a costruire su queste colline impianti fotovoltaici di grandi dimen-sioni è veramente privo di senso.Cosa può fare un amministratore? Da Sindaco sto portando avanti un discor-so ben preciso che riguarda la futura zona industriale ormai conosciuta come “zona Laghi 3“, ovvero, anche se la legge in materia prevede che in queste nuove aree sul 5% dei tetti vengano installati impianti fotovoltaici, noi abbiamo conseguito il risultato che in quella zona verranno instal-lati impianti sul 25% della superficie edificata totale. Cito a questo riguardo un esempio a noi molto vicino ovvero i fabbricati della ditta Profilglass di Bel-locchi di Fano dove sono stati installati impianti che produrranno energia per circa 18.000 persone. Questo signi-fica che nella zona di Fano e dintorni c’è la possibilità di produrre l’energia necessaria e credo che questo tipo di impianti rappresentino veramente il futuro.Per tornatr all’aspetto specu-lativo: non posso biasimare i privati che cercano di guadagnare ma devo rilevare che abbiamo assistito ad una degenerazione a causa di una vacatio legislativa e l’assenza di una normati-va specifica a tutti i livelli e per questo

sono stati realizzati impianti anche consistenti per i quali è la Provincia a rilasciare l’autorizzazione, mentre per i piccoli possiamo rilasciarli noi come Comune. Da agosto è necessa-ria anche una VIA e l’autorizzazione della Regione che limita fortemente la discrezionalità dei Comuni.

Spesso e volentieri chi vorrebbe realizzare impianti a terra lamenta il fatto che un numero sempre mag giore di cittadini vuole impedire gli impianti a terra senza però realizzare impianti sui propri tetti. Questo sembra essere in gran parte vero ma spesso e volentieri si hanno problemi di accesso al credito. Cosa può fare un Comune a riguardo?Rispetto al singolo cittadino, un Comu-ne è certamente un interlocutore col quale le banche si rapportano più facil-mente. Lo abbiamo constatato anche in quest’ultimo periodo di crisi quando siamo intervenuti come garanti a favore del cittadino quando c’erano problemi di dialogo vero e proprio. Porto l’esempio di quei cittadini che, ai sensi di una recente norma nazionale, si erano visti bloccare finanziamenti perché avevano perso il lavoro e grazie all’intervento del Comune la pratica si è risolta positivamente.Per quel che riguarda gli impianti fotovoltaici, credo che in molti casi non ci sia impossibili-tà di accesso al credito ma mancanza di sensibilità al problema e per questo ritengo fondamentale l’impegno del Comune a dare l’esempio utilizzando tutti gli edifici pubblici idonei.

Dopo aver intervistato sullo stesso argomento il Sindaco di Montemaggiore al Metauro Tarcisio Verdini, chiediamo al Sindaco di Saltara Fabio Cicoli cosa ne pensa degli impianti fotovoltaici.

Mercoledì 15 dicembre Costis Hatzi-dakis, un deputato ed ex ministro di destra, e’ stato picchiato dai manife-stanti durante uno sciopero generale nella capitale greca.Le immagini del malcapitato, sangui-nante e penoso, hanno fatto il giro del mondo.Lo hanno picchiato al grido di ‘’Ladri! Vergogna’’ durante lo sciopero contro l’austerity.La Grecia, infatti, sta lottando per evi-tare una bancarotta dovuta essenzial-mente alla corruzione della sua classe politica che ha rubato tutto quello che c’era da rubare. Ne risultano impove-rite le classi sociali deboli che, come in questi casi, pagano le conseguenze con blocco di stipendi, rinvio del diritto alla maturazione delle pensioni, au-mento delle tasse.

Quelle immagini serviranno da deter-rente per i nostri furbetti? Non spera-telo. I furbi continueranno a derubarci, cricche e combriccole continueranno a rallegrarsi quando ci sarà un altro terremoto, continueranno con festini a luci rosse, viaggi in aerei privati, prosti-tute, champagne, taxi-idrovolante. Un pronostico semplice per chi segue le vicende italiane, i protagonisti e i loro successori.

L’associazione Libera contro le mafie di Don Luigi Ciotti ha fortemente voluto un dossier, curato da Angelo Venti di site.it, che ha per titolo “L’Isola Felice”. Parla di mafia e malaffare ed è incentrato soprattutto sull’Abruzzo aquilano.Il dossier descrive cosa è accaduto all’Aquila fin nella notte fra il 5 e il 6 aprile 2009 ed evidenzia lo scempio compiuto nella regione da sempre.«Il rischio delle infiltrazioni non deve attendere l’inizio della ricostruzione, anzi arriva nelle prime ore insieme con la Protezione Civile», si legge ancora nel dossier, «e con un appalto sul mo-dello di gestione dei “Grandi Eventi”».A cosa si riferisce? A tutti gli affari. Pensiamo, ad esempio, ai bagni chimici che ci sono costati circa 60 euro al

giorno di affitto. Un bagno, un solo bagno chimico, in un anno ci è costato circa dicianovemila euro. Neanche un appartamento lussuoso rende tanto. Moltiplicate questo esempio per tutte le attività svolte e vedrete in 3D la bar-bara ingordigia che ha lasciato l’Aquila in un quadro desolante. Emblematica la telefonata del 6 aprile 2009 - ore 15,34 -, fra l’iimprenditore Francesco Maria Piscicelli De Vito e suo cognato, Pierfrancesco Gagliardi. “Non è che c’è un terremoto al giorno”, dice Piscicelli al cognato, segue risata che si può ascoltare qui HYPER-LINK “http://www.libero-news.it/news/358453/Gli_audio_della_cric-ca____.html” http://www.libero-news.it/news/358453/Gli_audio_del-la_cricca____.html).L’ultimo atto di Bertolaso? 180 assun-zioni con stipendi da capogiro (anche 170mila euro all’anno).

E il ministro La Russa? La Russa, è cronaca, ha partecipato e anche orga-nizzato tante manifestazioni in piazza quando era segretario regionale del Fronte della Gioventù.Il 12 aprile 1971 lo vediamo addirittura insieme all’onorevole Franco Petro-nio e Ciccio Franco che capitanava i moti insurrezionali del 1971 a Reggio Calabria dove caddero altri tre Poliziot-ti: Antonio Bellotti, Gabriello Pieroni, Vincenzo Curigliano.In quegli anni non si maneggiavano le molotov ma pistole, mazze ferrate e bombe a mano del tipo SRCM, usate dai militari in guerra, devastanti bom-be a frammentazione.Il 12 aprile, alle 17,30, cade anche il po-liziotto Antonio Marino, schierato tra via Bellotti e via Poerio con il compito di impedire ai manifestanti di raggiun-gere la Prefettura.Due militanti delle frange estreme del MSI, Maurizio Murelli e Vittorio Loi, quest’ultimo figlio del pugile Duilio Loi, lo ammazzano lanciandogli una Rsm (www.polizianellastoria.it).

Oggi nell’ultima trasmissione di Anno-Zero dà del vigliacco al rappresentante

degli studenti per il solo fatto che in quella manifestazione ci sono stati infiltrati con i quali gli studenti non avevano nulla a che spartire. Vigliacco – vigliacco – vigliacco.Sì, proprio lui, l’ex fascista commilitone di Ciccio Franco. La Russa, finalmente Ministro, che, nel frattempo, impegna nel settore aeronautica tanti miliardi di euro quanti sono sufficienti per risolvere il problema università, cultura, disoccupazio-ne e quant’altro.Aspettando la bancarotta dell’Italia e un altro Costis Hadzidakis.

“La terra produce abbastanza per soddisfare il bisogno di tutti ma poco per l’ingordigia di qualcuno”Mahatma Gandhi

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Pesaro il 14 - 1 - 2010 ,n° di registrazione 568

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Direttore responsabileFelice Massaro

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RedazioneMonteMaggiore al Metauro (PU)

Via Carbonara 40 [email protected]

Grafica e impaginazionePaola Bacchiocchi

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Gli autori si assumo le rispettive responsabilità

Io so chi so

Io so chi sonosono mio nonno e mio padre,

ogni faccia che ho visto o pensato e baciato.

Io so chi so.

Sono la casa dove sono nato, i posti di cui ho letto e sognato.

Le strade i tetti e la terra,chiusi dentro la valigia mia, dentro le nuovole della pipa

mia, dentro il vino del bicchiere mio.

Io so chi so.

Simone Massi“Io so chi so”

Animazione 2006

COSTIS HATZIDAKISdi Felice Massaro

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F OTO V O LTA I C O D A D I S C I P L I N A R E

di Cristian Bellucci

TERRENI AGRICOLI E FOTOVOLTAICOne parliamo con il Sindaco Cicoli Fabio

E D I TO R I A L E

Si, l’ho letta e mi sono piaciute sia le tue domande, che cercano di capire il pensiero di un amministratore e che riguardano una tematica importante per chi ha una responsabilità ammi-nistrativa e si trova a dover affrontare problematiche nuove, sia le risposte del Sindaco Verdini che mi trovano perfettamente d’accordo e concorde.Leggo ad esempio “se le energie innovabili sono da perseguire ad ogni costo” e la mia risposta è sì.Ma, prima di scendere nel particola-re, vorrei fare una premessa: è bene ricordare sempre che un ammini-stratore ha inevitabilmente maggiori difficoltà rispetto al singolo cittadino o ai comitati perché c’è la responsabilità di trovare una risposta ai problemi, alle esigenze. Detto questo, se con-sideriamo che fino ad oggi abbiamo usato esclusivamente energie non rinnovabili come carbone e petrolio, è necessario guardare necessaria-mente alle fonti rinnovabili e quindi anche all’energia solare. E’ necessa-rio, pertanto, fare anche gli impianti fotovoltaici.

Sindaco, la critica che emerge dalle mie domande al Sindaco Verdini non è riferibile all’uso delle energie rinnovabili e in particolare al fotovol taico, ma alla speculazione che si sta cercando di fare sui terreni, in parti colare quelli agricoli.Certamente, su questo sono d’accordo perché c’è una notevole differenza

Sindaco, hai letto l’intervista al Sindaco di Montemaggiore al Me-tauro Verdini? Cosa ne pensi?

tra gli impianti realizzati a terra e quelli realizzati sui tetti in quanto i tetti costituiscono una superficie già esistente e installare impianti su di essi significherebbe non cementificare ancora altro territorio.Altro aspetto è quello dell’impatto visi-vo perché la valle del Metauro dovreb-be avere una forte vocazione turistica, aspetto che ci vede molto in ritardo e andare a costruire su queste colline impianti fotovoltaici di grandi dimen-sioni è veramente privo di senso.Cosa può fare un amministratore? Da Sindaco sto portando avanti un discor-so ben preciso che riguarda la futura zona industriale ormai conosciuta come “zona Laghi 3“, ovvero, anche se la legge in materia prevede che in queste nuove aree sul 5% dei tetti vengano installati impianti fotovoltaici, noi abbiamo conseguito il risultato che in quella zona verranno instal-lati impianti sul 25% della superficie edificata totale. Cito a questo riguardo un esempio a noi molto vicino ovvero i fabbricati della ditta Profilglass di Bel-locchi di Fano dove sono stati installati impianti che produrranno energia per circa 18.000 persone. Questo signi-fica che nella zona di Fano e dintorni c’è la possibilità di produrre l’energia necessaria e credo che questo tipo di impianti rappresentino veramente il futuro.Per tornatr all’aspetto specu-lativo: non posso biasimare i privati che cercano di guadagnare ma devo rilevare che abbiamo assistito ad una degenerazione a causa di una vacatio legislativa e l’assenza di una normati-va specifica a tutti i livelli e per questo

sono stati realizzati impianti anche consistenti per i quali è la Provincia a rilasciare l’autorizzazione, mentre per i piccoli possiamo rilasciarli noi come Comune. Da agosto è necessa-ria anche una VIA e l’autorizzazione della Regione che limita fortemente la discrezionalità dei Comuni.

Spesso e volentieri chi vorrebbe realizzare impianti a terra lamenta il fatto che un numero sempre mag giore di cittadini vuole impedire gli impianti a terra senza però realizzare impianti sui propri tetti. Questo sembra essere in gran parte vero ma spesso e volentieri si hanno problemi di accesso al credito. Cosa può fare un Comune a riguardo?Rispetto al singolo cittadino, un Comu-ne è certamente un interlocutore col quale le banche si rapportano più facil-mente. Lo abbiamo constatato anche in quest’ultimo periodo di crisi quando siamo intervenuti come garanti a favore del cittadino quando c’erano problemi di dialogo vero e proprio. Porto l’esempio di quei cittadini che, ai sensi di una recente norma nazionale, si erano visti bloccare finanziamenti perché avevano perso il lavoro e grazie all’intervento del Comune la pratica si è risolta positivamente.Per quel che riguarda gli impianti fotovoltaici, credo che in molti casi non ci sia impossibili-tà di accesso al credito ma mancanza di sensibilità al problema e per questo ritengo fondamentale l’impegno del Comune a dare l’esempio utilizzando tutti gli edifici pubblici idonei.

Dopo aver intervistato sullo stesso argomento il Sindaco di Montemaggiore al Metauro Tarcisio Verdini, chiediamo al Sindaco di Saltara Fabio Cicoli cosa ne pensa degli impianti fotovoltaici.

Mercoledì 15 dicembre Costis Hatzi-dakis, un deputato ed ex ministro di destra, e’ stato picchiato dai manife-stanti durante uno sciopero generale nella capitale greca.Le immagini del malcapitato, sangui-nante e penoso, hanno fatto il giro del mondo.Lo hanno picchiato al grido di ‘’Ladri! Vergogna’’ durante lo sciopero contro l’austerity.La Grecia, infatti, sta lottando per evi-tare una bancarotta dovuta essenzial-mente alla corruzione della sua classe politica che ha rubato tutto quello che c’era da rubare. Ne risultano impove-rite le classi sociali deboli che, come in questi casi, pagano le conseguenze con blocco di stipendi, rinvio del diritto alla maturazione delle pensioni, au-mento delle tasse.

Quelle immagini serviranno da deter-rente per i nostri furbetti? Non spera-telo. I furbi continueranno a derubarci, cricche e combriccole continueranno a rallegrarsi quando ci sarà un altro terremoto, continueranno con festini a luci rosse, viaggi in aerei privati, prosti-tute, champagne, taxi-idrovolante. Un pronostico semplice per chi segue le vicende italiane, i protagonisti e i loro successori.

L’associazione Libera contro le mafie di Don Luigi Ciotti ha fortemente voluto un dossier, curato da Angelo Venti di site.it, che ha per titolo “L’Isola Felice”. Parla di mafia e malaffare ed è incentrato soprattutto sull’Abruzzo aquilano.Il dossier descrive cosa è accaduto all’Aquila fin nella notte fra il 5 e il 6 aprile 2009 ed evidenzia lo scempio compiuto nella regione da sempre.«Il rischio delle infiltrazioni non deve attendere l’inizio della ricostruzione, anzi arriva nelle prime ore insieme con la Protezione Civile», si legge ancora nel dossier, «e con un appalto sul mo-dello di gestione dei “Grandi Eventi”».A cosa si riferisce? A tutti gli affari. Pensiamo, ad esempio, ai bagni chimici che ci sono costati circa 60 euro al

giorno di affitto. Un bagno, un solo bagno chimico, in un anno ci è costato circa dicianovemila euro. Neanche un appartamento lussuoso rende tanto. Moltiplicate questo esempio per tutte le attività svolte e vedrete in 3D la bar-bara ingordigia che ha lasciato l’Aquila in un quadro desolante. Emblematica la telefonata del 6 aprile 2009 - ore 15,34 -, fra l’iimprenditore Francesco Maria Piscicelli De Vito e suo cognato, Pierfrancesco Gagliardi. “Non è che c’è un terremoto al giorno”, dice Piscicelli al cognato, segue risata che si può ascoltare qui HYPER-LINK “http://www.libero-news.it/news/358453/Gli_audio_della_cric-ca____.html” http://www.libero-news.it/news/358453/Gli_audio_del-la_cricca____.html).L’ultimo atto di Bertolaso? 180 assun-zioni con stipendi da capogiro (anche 170mila euro all’anno).

E il ministro La Russa? La Russa, è cronaca, ha partecipato e anche orga-nizzato tante manifestazioni in piazza quando era segretario regionale del Fronte della Gioventù.Il 12 aprile 1971 lo vediamo addirittura insieme all’onorevole Franco Petro-nio e Ciccio Franco che capitanava i moti insurrezionali del 1971 a Reggio Calabria dove caddero altri tre Poliziot-ti: Antonio Bellotti, Gabriello Pieroni, Vincenzo Curigliano.In quegli anni non si maneggiavano le molotov ma pistole, mazze ferrate e bombe a mano del tipo SRCM, usate dai militari in guerra, devastanti bom-be a frammentazione.Il 12 aprile, alle 17,30, cade anche il po-liziotto Antonio Marino, schierato tra via Bellotti e via Poerio con il compito di impedire ai manifestanti di raggiun-gere la Prefettura.Due militanti delle frange estreme del MSI, Maurizio Murelli e Vittorio Loi, quest’ultimo figlio del pugile Duilio Loi, lo ammazzano lanciandogli una Rsm (www.polizianellastoria.it).

Oggi nell’ultima trasmissione di Anno-Zero dà del vigliacco al rappresentante

degli studenti per il solo fatto che in quella manifestazione ci sono stati infiltrati con i quali gli studenti non avevano nulla a che spartire. Vigliacco – vigliacco – vigliacco.Sì, proprio lui, l’ex fascista commilitone di Ciccio Franco. La Russa, finalmente Ministro, che, nel frattempo, impegna nel settore aeronautica tanti miliardi di euro quanti sono sufficienti per risolvere il problema università, cultura, disoccupazio-ne e quant’altro.Aspettando la bancarotta dell’Italia e un altro Costis Hadzidakis.

“La terra produce abbastanza per soddisfare il bisogno di tutti ma poco per l’ingordigia di qualcuno”Mahatma Gandhi

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R I F O R M A / C O N T R O R I F O R M A

E LA CHIAMANO RIFORMA

E’ un impegno Sindaco?Certamente. Abbiamo già commissio-nato un progetto al riguardo e si tratta solo di aspettare i necessari tempi tecnici per le pratiche.

Non pensa che sarebbero necessari anche incontri con i cittadini per informarli e stimolarli?Si, penso ad incontri di tipo promozio-nale perché i cittadini possano decide-re in maniera consapevole.Ribadisco che questa è la strada da percorrere, quella di utilizzare le superfici già esistenti. Per quello che riguarda gli impianti a terra penso che quei Co-muni che presentano precisi requi-siti dovrebbero avere la possibilità di realizzarne uno, destinarne il guada-gno maturato ai servizi sociali.Prendo spunto da questo per precisare che oggi giorno il confine tra investimento e speculazione è molto labile perché soprattutto nell’industria questi im-pianti sono visti come investimento.

Prima hai accennato alla zona Laghi 3 dove avete imposto il 25% di superficie edificata coperta con pannelli fotovoltaici ….Io sono convinto di più perché quando dovranno realizzare un impianto che copra il 25% del capannone, capiranno che vale la pena coprirne il più possi-bile. Bene, però non converrebbe convertire in parte la Laghi 3 in modo che al posto dei capannoni vengano realizzati impianti

fotovoltaici a terra, senza andare a utilizzare terreni agricoli e magari realizzare l’impianto comunale che ipotizzavi poc’anzi? Il Comune potrebbe acquistare o affittare il terreno necessario dal privato consentendogli quel guadagno che si aspetta da un terreno sul quale da anni paga un ICI elevata ed evitare la costruzione di nuovi capannoni che sembrano inutili visto l’alto numero di capannoni vuoti nella zona industriale già esistente. La grossa preoccupazione mia e di molte altre persone è che in Italia, con la scusa che l’agricoltura da 30 anni non viene favorita e quindi è fonte di scarsi guadagni, si finisca per penalizzarla ulteriormente, posto che i Sindaci o i Presidenti di Provincia non possono nulla da soli sul rilancio della stessa.Su questo sono perfettamente d’ac-cordo ma per fortuna nella nostra zona il numero di impianti sorti è limi-tato rispetto ad altre zone e mi auguro che si siano esaurite tutte le domande di realizzazione perché sono convin-to che agricoltura e turismo siano i settori sui quali investire da subito: proprio ieri in Regione c’è stato un fo-rum sull’agricoltura che ha dimostrato come ci sia interesse a riguardo.Pertanto, ritengo che il fotovoltaico vada fatto sui tetti e, nel caso si vo-gliano realizzare a terra i soli impianti comunali, non credo si toglierebbe grande spazio all’agricoltura.I guai sono dovuti agli impianti finora

realizzati in presenza dei ritardi nor-mativi delle Istituzioni, dalla Regione, alle Province e ai Comuni.

Quindi Sindaco, sulla Laghi 3 non si può far nulla? Proporre di fare impianti piuttosto che Capannoni?Non si può far nulla perché vi sono dei diritti già acquisiti e forti di questi ti risponderebbero che fanno il capanno-ne con sopra l’impianto.Volevo sottolineare che lo Stato pre-vede che questi impianti fotovoltaici sono di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti; il Legislatore, pertanto, da subito avrebbe dovuto prendersi la re-sponsabilità di individuare i siti idonei. Mi sembra quasi che si possano para-gonare agli impianti nucleari: compe-tenza dello Stato, o quantomeno della Regione, a decidere dove realizzare gli impianti senza lasciare ai Comuni la scelta se farli nel proprio territorio, dove, quanti e di che dimensioni.

Grazie Sindaco della disponibilità.Grazie a te.

Il capo, in un corso di preparazione per propagandisti del suo partito, ha infor-mato che il livello dell’elettore medio è quello di un bambino delle scuole elementari.Chiunque, convinto che ciò sia vero, avendo le leve del comando e, soprat-tutto, disponendo di potenti mezzi di informazione, può essere tentato di dire o fare qualsiasi cosa e, con un artificio retorico, convincere la gente che quella sia la cosa più bella e con-veniente.

Cosa fa il nostro? Prende un particola-re aspetto problematico della società italiana su cui nessuna persona di buon senso non può non convenire.A questo punto prospetta una so-luzione al problema che non risolve assolutamente nulla ma che risponde a degli interessi precisi. Chi fa notare la contraddizione viene sepolto dalle accuse peggiori giocando sull’equivoco che chi non è d’accordo contesta la soluzione non il problema.

Vediamo, ad esempio, il tema Giustizia.Nessuna persona di buon senso può sostenere che in Italia la giustizia sia troppo lenta e farragginosa. Tutti con-vengono che bisogna intervenire: dimi-nuendo un grado di giudizio, aumen-tando il numero dei magistrati o non so che cosa, non spetta a me dirlo. Ma a nessuna persona di buon senso verrebbe in mente che la soluzione per i processi troppo lunghi sia quella di eliminarli. L’eliminazione riguarda naturalmente solo quelli a carico dei

PERCHÈ DOVREBBERO DIVENTARE FONDAZIONI PRIVATE?Per riuscire a finanziarsi, aumentando le tasse agli studenti, tasse che non avrebbero più un limite di legge. Le tasse infatti potrebbero aumentare a dismisura, anche raggiungendo i 6-7000 euro l’anno, sul modello delle università americane.Inoltre le fondazioni verrebbero finan-ziate da enti privati, come ad esempio le industrie farmaceutiche (forse le sole a poterselo permettere) e tali enti finirebbero per tagliare le gambe a tut-ti quei settori universitari e di ricerca che non rientrano nei loro interessi.Ma soprattutto sarebbero le ricerche ad essere danneggiate pesantemen-

vedere e valutare come questi soldi vengono spesi: eliminare le troppe sedi, i troppi corsi di laurea, i profes-sori fannulloni, i raccomandati e via di seguito.E’ stato fatto questo?Il Governo ha approvato il 25 giugno con la fiducia un decreto (poi legge 133) che modifica profondamente la struttura dell’università: ci sarà un ta-glio di 500 milioni di euro in 3 anni alle università e, per alcuni atenei, questo potrebbe significare la chiusura.Con il nuovo decreto, le università pub-bliche potranno scegliere se diventare fondazioni private o meno.

te, non più spinte dal puro interesse culturale e sociale, ma dai fondi messi a disposizione e dalle commissioni dirette degli enti stessi!Cosa ci riserva il futuro?Università di serie A e di serie B in base alle disponibilità economiche degli studenti, quindi titoli di studio dal differente peso e possibile perdita del valore legale di questi.Risulta evidente che invece di investire sull’istruzione si tende a far cassa.Ma perché, se c’è da far cassa, non cominciamo dagli stipendi dei politi-ci (i più altri al mondo), dai manager pubblici, dagli enti inutili (a comin-ciare dalle provincie ), dai redditi da speculazione? (non da lavoro). Perché

dobbiamo assistere inermi al prolife-rare delle cricche che si spartiscono gli appalti e gioiscono per le scosse di terremoto?Forse perché il capo aveva ragione: il livello dell’elettore medio è quello di un bambino delle scuole elementari.

potenti, quelli che già non sono stati eliminati con leggi ad hoc. Per tutti gli altri, che non hanno avvocati per allungarli, si va a giudizio rapidamente. Quindi, si fa intendere di voler riformare la Giustizia, una neces-sità riconosciuta da tutti, ma se ne fa una controriforma inserendo tasselli utili non alla società ma agli attori della modifica. Altro esempio, la Scuola.E’ dal 1923 (riforma Gentile) che si tenta un riordino organico della Scuola Superiore in Italia: tutte le persone di buon senso la ritengono ineludibile. E l’Università? Trovatemi una per-sona sana di mente che approva i meccanismi di assunzione attuali che favoriscono figli nipoti, amanti e via di seguito. Emblematico il caso denun-ciato da Report nell’università di Bari (facoltà di medicina) dove in un piano le targhette fuori della porta porta-

vano tutte lo stesso cognome. E chi non ritiene esagerato ed eccessivo il numero dei corsi di laurea in Italia ? Il punto da valutare serenamente e con obiettività è questo. Ma, le soluzioni proposte per l’università e la Scuola superiore vanno in questa di-rezione o rispondono ad altre logiche?Per evitare distorsioni ideologiche teniamoci ai numeri che, come si sa, sono testardi.In un Paese moderno il denaro speso per scuola, università e ricerca non può essere considerato una perdita ma piuttosto un sicuro nvestimento per il futuro. Che in l’Italia, per l’Università, si spenda solo l’1,6% del PIL rispetto al 2,8 dell’Europa, è un segno dell’arretra-tezza culturale del nostro Paese. Una riforma degna di questo nome dovreb-be per prima cosa riequilibrare ciò che si spende per la ricerca e l’istruzione.In un secondo momento dovrebbe

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R I F O R M A / C O N T R O R I F O R M A

E LA CHIAMANO RIFORMA

E’ un impegno Sindaco?Certamente. Abbiamo già commissio-nato un progetto al riguardo e si tratta solo di aspettare i necessari tempi tecnici per le pratiche.

Non pensa che sarebbero necessari anche incontri con i cittadini per informarli e stimolarli?Si, penso ad incontri di tipo promozio-nale perché i cittadini possano decide-re in maniera consapevole.Ribadisco che questa è la strada da percorrere, quella di utilizzare le superfici già esistenti. Per quello che riguarda gli impianti a terra penso che quei Co-muni che presentano precisi requi-siti dovrebbero avere la possibilità di realizzarne uno, destinarne il guada-gno maturato ai servizi sociali.Prendo spunto da questo per precisare che oggi giorno il confine tra investimento e speculazione è molto labile perché soprattutto nell’industria questi im-pianti sono visti come investimento.

Prima hai accennato alla zona Laghi 3 dove avete imposto il 25% di superficie edificata coperta con pannelli fotovoltaici ….Io sono convinto di più perché quando dovranno realizzare un impianto che copra il 25% del capannone, capiranno che vale la pena coprirne il più possi-bile. Bene, però non converrebbe convertire in parte la Laghi 3 in modo che al posto dei capannoni vengano realizzati impianti

fotovoltaici a terra, senza andare a utilizzare terreni agricoli e magari realizzare l’impianto comunale che ipotizzavi poc’anzi? Il Comune potrebbe acquistare o affittare il terreno necessario dal privato consentendogli quel guadagno che si aspetta da un terreno sul quale da anni paga un ICI elevata ed evitare la costruzione di nuovi capannoni che sembrano inutili visto l’alto numero di capannoni vuoti nella zona industriale già esistente. La grossa preoccupazione mia e di molte altre persone è che in Italia, con la scusa che l’agricoltura da 30 anni non viene favorita e quindi è fonte di scarsi guadagni, si finisca per penalizzarla ulteriormente, posto che i Sindaci o i Presidenti di Provincia non possono nulla da soli sul rilancio della stessa.Su questo sono perfettamente d’ac-cordo ma per fortuna nella nostra zona il numero di impianti sorti è limi-tato rispetto ad altre zone e mi auguro che si siano esaurite tutte le domande di realizzazione perché sono convin-to che agricoltura e turismo siano i settori sui quali investire da subito: proprio ieri in Regione c’è stato un fo-rum sull’agricoltura che ha dimostrato come ci sia interesse a riguardo.Pertanto, ritengo che il fotovoltaico vada fatto sui tetti e, nel caso si vo-gliano realizzare a terra i soli impianti comunali, non credo si toglierebbe grande spazio all’agricoltura.I guai sono dovuti agli impianti finora

realizzati in presenza dei ritardi nor-mativi delle Istituzioni, dalla Regione, alle Province e ai Comuni.

Quindi Sindaco, sulla Laghi 3 non si può far nulla? Proporre di fare impianti piuttosto che Capannoni?Non si può far nulla perché vi sono dei diritti già acquisiti e forti di questi ti risponderebbero che fanno il capanno-ne con sopra l’impianto.Volevo sottolineare che lo Stato pre-vede che questi impianti fotovoltaici sono di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti; il Legislatore, pertanto, da subito avrebbe dovuto prendersi la re-sponsabilità di individuare i siti idonei. Mi sembra quasi che si possano para-gonare agli impianti nucleari: compe-tenza dello Stato, o quantomeno della Regione, a decidere dove realizzare gli impianti senza lasciare ai Comuni la scelta se farli nel proprio territorio, dove, quanti e di che dimensioni.

Grazie Sindaco della disponibilità.Grazie a te.

Il capo, in un corso di preparazione per propagandisti del suo partito, ha infor-mato che il livello dell’elettore medio è quello di un bambino delle scuole elementari.Chiunque, convinto che ciò sia vero, avendo le leve del comando e, soprat-tutto, disponendo di potenti mezzi di informazione, può essere tentato di dire o fare qualsiasi cosa e, con un artificio retorico, convincere la gente che quella sia la cosa più bella e con-veniente.

Cosa fa il nostro? Prende un particola-re aspetto problematico della società italiana su cui nessuna persona di buon senso non può non convenire.A questo punto prospetta una so-luzione al problema che non risolve assolutamente nulla ma che risponde a degli interessi precisi. Chi fa notare la contraddizione viene sepolto dalle accuse peggiori giocando sull’equivoco che chi non è d’accordo contesta la soluzione non il problema.

Vediamo, ad esempio, il tema Giustizia.Nessuna persona di buon senso può sostenere che in Italia la giustizia sia troppo lenta e farragginosa. Tutti con-vengono che bisogna intervenire: dimi-nuendo un grado di giudizio, aumen-tando il numero dei magistrati o non so che cosa, non spetta a me dirlo. Ma a nessuna persona di buon senso verrebbe in mente che la soluzione per i processi troppo lunghi sia quella di eliminarli. L’eliminazione riguarda naturalmente solo quelli a carico dei

PERCHÈ DOVREBBERO DIVENTARE FONDAZIONI PRIVATE?Per riuscire a finanziarsi, aumentando le tasse agli studenti, tasse che non avrebbero più un limite di legge. Le tasse infatti potrebbero aumentare a dismisura, anche raggiungendo i 6-7000 euro l’anno, sul modello delle università americane.Inoltre le fondazioni verrebbero finan-ziate da enti privati, come ad esempio le industrie farmaceutiche (forse le sole a poterselo permettere) e tali enti finirebbero per tagliare le gambe a tut-ti quei settori universitari e di ricerca che non rientrano nei loro interessi.Ma soprattutto sarebbero le ricerche ad essere danneggiate pesantemen-

vedere e valutare come questi soldi vengono spesi: eliminare le troppe sedi, i troppi corsi di laurea, i profes-sori fannulloni, i raccomandati e via di seguito.E’ stato fatto questo?Il Governo ha approvato il 25 giugno con la fiducia un decreto (poi legge 133) che modifica profondamente la struttura dell’università: ci sarà un ta-glio di 500 milioni di euro in 3 anni alle università e, per alcuni atenei, questo potrebbe significare la chiusura.Con il nuovo decreto, le università pub-bliche potranno scegliere se diventare fondazioni private o meno.

te, non più spinte dal puro interesse culturale e sociale, ma dai fondi messi a disposizione e dalle commissioni dirette degli enti stessi!Cosa ci riserva il futuro?Università di serie A e di serie B in base alle disponibilità economiche degli studenti, quindi titoli di studio dal differente peso e possibile perdita del valore legale di questi.Risulta evidente che invece di investire sull’istruzione si tende a far cassa.Ma perché, se c’è da far cassa, non cominciamo dagli stipendi dei politi-ci (i più altri al mondo), dai manager pubblici, dagli enti inutili (a comin-ciare dalle provincie ), dai redditi da speculazione? (non da lavoro). Perché

dobbiamo assistere inermi al prolife-rare delle cricche che si spartiscono gli appalti e gioiscono per le scosse di terremoto?Forse perché il capo aveva ragione: il livello dell’elettore medio è quello di un bambino delle scuole elementari.

potenti, quelli che già non sono stati eliminati con leggi ad hoc. Per tutti gli altri, che non hanno avvocati per allungarli, si va a giudizio rapidamente. Quindi, si fa intendere di voler riformare la Giustizia, una neces-sità riconosciuta da tutti, ma se ne fa una controriforma inserendo tasselli utili non alla società ma agli attori della modifica. Altro esempio, la Scuola.E’ dal 1923 (riforma Gentile) che si tenta un riordino organico della Scuola Superiore in Italia: tutte le persone di buon senso la ritengono ineludibile. E l’Università? Trovatemi una per-sona sana di mente che approva i meccanismi di assunzione attuali che favoriscono figli nipoti, amanti e via di seguito. Emblematico il caso denun-ciato da Report nell’università di Bari (facoltà di medicina) dove in un piano le targhette fuori della porta porta-

vano tutte lo stesso cognome. E chi non ritiene esagerato ed eccessivo il numero dei corsi di laurea in Italia ? Il punto da valutare serenamente e con obiettività è questo. Ma, le soluzioni proposte per l’università e la Scuola superiore vanno in questa di-rezione o rispondono ad altre logiche?Per evitare distorsioni ideologiche teniamoci ai numeri che, come si sa, sono testardi.In un Paese moderno il denaro speso per scuola, università e ricerca non può essere considerato una perdita ma piuttosto un sicuro nvestimento per il futuro. Che in l’Italia, per l’Università, si spenda solo l’1,6% del PIL rispetto al 2,8 dell’Europa, è un segno dell’arretra-tezza culturale del nostro Paese. Una riforma degna di questo nome dovreb-be per prima cosa riequilibrare ciò che si spende per la ricerca e l’istruzione.In un secondo momento dovrebbe

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G I U S T I Z I A - S A L D I D I F I N E S TA G I O N E

di Rodolfo Santini

COME UCCIDERE LA MOGLIE / IL MARITO SENZA ANDARE IN GALERAQualche anno fa, un tale, in un mo-mento d’ira, uccise la moglie a coltel-late, inferendole diversi colpi fintanto che la poveretta non stramazzava al suolo, in un lago di sangue.Tornato in sé, l’uomo, resosi conto della tragedia, si costituì ai carabinieri del luogo, confessando le sue colpe e ammettendo l’insano gesto, davanti allo sbigottito maresciallo della piccola stazione, che stentava a credere alla confessione.Al che i carabinieri si portarono sul luogo del delitto, fecero tutti i rilievi del caso, nulla era stato toccato, fecero tutti gli accertamenti seguendo ciò che il protocollo prevede in questo casi.Tornati in caserma, estesero il loro rapporto di servizio, corredato anche da fotografie e rilasciarono l’omicida, il quale più sbigottito di loro, non si ca-pacitava del fatto: “Ma come, ho ucciso mia moglie e non mi arrestate?” Chiese al maresciallo. E questi rispose di non poter procedere all’arresto in quanto non vi era nessun articolo del codice che lo prevedeva, infatti:non vi era pericolo di fuga, in quanto si era costituito spontaneamente;non vi era pericolo di inquinamento delle prove, in quanto il teatro del delitto era rimasto intatto ed era stato ispezionato a dovere;non vi era pericolo di reiterazione del reato, in quanto la moglie solitamen-te è unica e non vi erano ragioni per temere altri insani gesti.Per cui alla fine costui rimane a piede libero, mentre continuano le indagini sul movente.Un anno dopo iniziava il processo pe-nale a carico dell’omicida, il quale, nel frattempo, pensava bene di risarcire, con una cospicua somma, i parenti della vittima.La pena prevista dal codice per questo tipo di reato è l’ergastolo (massimo della pena) e la pena viene determina-ta tenendo conto di tutte le circostan-ze; in assenza di aggravanti, si quan-tificano le attenuanti su una pena di anni 30 (massimo) ed anni 24 (minimo,

di norma applicato):1) l’omicida ha agito in preda all’ira (lo tradiva???) costituisce una attenuante, quindi dai 24 anni predetti, si applica la riduzione di 1/3 della pena. (16 anni).(Art. 62, n. 2 c.p.);2) l’omicida ha risarcito i parenti della vittima, ulteriore attenuante, sempre di 1/3. (anni 11,33). (Art. 62 n. 6 c.p.);3) applicazione delle attenuanti generiche,(essendo peraltro incensurato), ulte-riore riduzione di 1/3, pari a (anni 7,5). (Art. 62 bis c.p.);4) sceglie il rito abbreviato, con ulteriore riduzione in anni 5;5) delitto consumato prima del 2006, quindi soggetto ad indulto, (votato da tutte le forze politiche), con altri 3 anni di abbuono.Rimangono 2 anni per cui viene applicata la sospensione condizionale della pena e comunque, fino a tre anni, interviene l’affidamento ai servizi sociali. Morale della favola, si è liberato della moglie senza fare un giorno di galera.** (ndr.) La verità è leggermente diversa, per alcuni limiti che scattano per reati per cui è previsto la pena dell’ergastolo, ma si avvicina molto alla realtà.Questa storiella serve per dimostrare le condizioni in cui versa la nostra GIUSTI-ZIA.Nell’articolo L’impianto del nostro sistema giudiziario viene esposra una analisi sommaria.

L’IMPIANTO DEL NOSTRO SISTEMA GIUDIZIARIOdi Rodolfo Santini

Analizziamo, seppure in maniera som-maria, l’impianto del nostro sistema giudiziario che è uno dei più garantisti dei paesi evoluti.I gradi del giudizio sono tre, Tribunale, Appello e Cassazione, ma i processi possono essere molti di più (caso Sofri 15 processi): e perché la pena possa essere eseguita, occorre percorrere tutti i gradi. In realtà i gradi sono quat-tro, compresa l’Udienza Preliminare (esclusa la citazione diretta limitata ad alcuni casi) in cui si valuta se ci sono prove sufficienti per fare il processo.Per ogni grado è possibile il ricorso in Cassazione, che può annullare, total-mente o parzialmente, respingere, ecc.Si inizia con la notizia di reato a segui-

to di denuncia o di investigazione, ecc., su cui la polizia giudiziaria raccoglie le prove, interroga testimoni, incarica periti, il tutto sotto il coordinamento e la direzione del Pubblico Ministero, il quale è tenuto a esercitare l’azione pe-nale, essendo questa obbligatoria.In fase di indagine può essere disposta l’intercettazione, su richiesta motivata del Pubblico Ministero inoltrata al GIP (Giudice per le indagini preliminari) il quale concede o meno l’autorizzazio-ne valida per 15 giorni e rinnovabile. Ogni utenza telefonica ha bisogno di una autorizzazione e di norma la malavita utilizza diversi apparecchi telefonici, sia fissi che mobili, per cui è difficile scoprire l’apparecchio usato

per delinquere (Un anno di indagini equivale a circa 24 autorizzazioni, una per apparecchio telefonico).Stessa situazione si verifica quando è necessario adottare un provvedimento restrittivo della libertà (applicazione di misure cautelari) per certi reati che prevedono la carcerazione. Il PM deve inviare tutto il fascicolo al GIP per dimostrare la bontà delle sue tesi e le prove raccolte e quest’ultimo, se le condivide, firma il cosiddetto mandato di cattura.Il percorso a questo punto si fa tortuo-so nel senso che, secondo il principio garantista sopra detto, è previsto il ricorso a cura dell’imputato, al Tribu-nale della Libertà (TL), o Tribunale del riesame, composto da tre giudici, il quale ha 10 giorni di tempo per deci-dere sulla istanza. Qui va inviato tutto il carteggio necessario a dimostrazione della esigenza della misura della car-cerazione ma va anche salvaguardato il carteggio su cui ancora gli inquirenti stanno indagando, per cui tutto il fal-done deve essere “sbianchettato” nelle parti in cui i legali non debbono venire a conoscenza, per non invalidare le indagini ancora in corso.Ovviamente la decisione del TL è soggetta a ricorso in Cassazione ed i ricorsi al TL sono rinnovabili, in pre-senza di nuovi fatti. Quindi il faldone riparte, con tutte le prove, i verbali di interrogatorio sbianchettati, le inter-cettazioni, le prove fotografiche, ecc. Torniamo all’Udienza Preliminare, in cui si deve stabilire se le prove raccolte e le indagini svolte, siano sufficienti per fare un processo, e qui vengono sentiti testi, si fanno accertamenti, perizie, riconoscimenti di persone, insomma una certa istruttoria e poi il Giudice per l’udienza preliminare decide.Quando il GUP (Giudice per l’udienza preliminare) decide che il processo si può fare, tutti gli atti, gli elementi probatori acquisiti, vengono espunti dai fascicoli, letteralmente buttati , nel senso che il giudice del dibattimento non deve conoscere nulla di ciò che è stato fatto, secondo il principio che le prove si formano in dibattimento e va garantita la terzietà del giudice; lì si ricomincia tutto daccapo, sentendo i testi già sentiti anni prima (e se il teste non ricorda -o non vuole ricordare - ciò che ha dichiarato nell’imminenza dei

fatti, le sue dichiarazioni rese davanti alla polizia giudiziaria non valgono nulla), incaricando nuovamente dei periti a fare accertamenti su elementi vecchi di anni. Insomma si fa un nuovo processo, citando i testi, notificando tutti gli atti alle parti, agli avvocati, agli imputati, alle parti offese, alle parti civili, con una spesa, a carico dell’era-rio, considerevole, oltre alle forze in campo, dalla polizia giudiziaria al personale di cancelleria a supporto del magistrati, al personale UNEP addetto alle notificazioni, insomma un vortice di fascicoli che vanno e vengono avanti e indietro, con costi enormi per la collettività.

Sintetizzando, prima di arrivare ad una sentenza definitiva, si passa dalle indagini del PM, con l’intervento del GIP e del TL se necessario e dei ricorsi in Cassazione, per passare al GUP per l’udienza preliminare, poi il dibattimen-to, l’Appello e infine la Cassazione.Si capisce bene che, in questo mecca-nismo farraginoso, i tempi della pre-scrizione sono uno stratagemma a cui tutti gli imputati e avvocati mirano. Se si tiene presente che un semplice processo per furto d’auto può durare mediamente 6 anni, per un processo importante, (maxi-processo per mafia) con decine o centinaia di imputati, i tempi di celebrazione sono triplicati.La prescrizione, che è fondamentale per portare a compimento un proces-so, scatta dal momento di compimen-to del reato e per ogni reato è stabilito il periodo di prescrizione, scaduto il quale, lo Stato rinuncia a perseguire il reato stesso (tenuto conto che l’azione penale è obbligatoria), con buona pace delle persone offese e delle parti civili. In sostanza avviene un “tana, liberi tutti “. Vi è da osservare che un impu-tato innocente deve essere comunque dichiarato tale dal giudice, anche se il reato è prescritto; in caso contrario è sempre una sentenza che ha accerta-to la colpevolezza, non più persegui

bile. Ben si comprende della importan-za che si ha nello stabilire il periodo di prescrizione del reato e la scandalosa legge ex Cirielli del 2005 è una prova provata di come i potenti riescano a scamparla. Potrei elencare in tante pagine le storture di un sistema congegnato per perseguire “i poveracci” e che lascia indenni i potenti, ma vorrei mettere in evidenza che il funzionamento della giustizia è nell’ interesse preminente-mente delle classi sociali più deboli, in mancanza del quale vale la legge del più forte, cioè la legge dei potenti, cioè quella in vigore oggi.Emerge da questo quadro che i pro-blemi della giustizia possono essere riassunti in due grandi questioni: lunghezza dei processi; certezza della pena.

Negli ultimi 15 anni, il legislatore ha adottato circa 150 provvedimenti in materia di giustizia, nessuno finalizza-to a risolvere queste due questioni.Rispetto a questo quadro a tinte fo-sche che riguarda i mali della giustizia italiana, quale rilevanza può avere il cosiddetto Lodo Alfano, ovvero il legit-timo impedimento, ovvero la separa-zione delle carriere dei giudici e dei PM, ovvero il giro di vite sulle intercettazio-ni e tante altre corbellerie, spacciate come riforma della giustizia?L’ex PM di Mani Pulite, Gherardo Colombo, è solito dire che: ”Il sistema giustizia è una macchina per tritare l’acqua e peraltro costosissima e che produce pochissimo”. La giustizia italiana non funziona,

Non è un caso che il 95% dei processi termina con una prescrizione, che le pene fino a 4 anni si scontano con la detenzione domiciliare e quelle fino a 3 anni con l’affidamento ai servizi sociali. E’ chiara la ragione per cui buona parte della popolazione carceraria è in attesa di giudizio.

E’ stato accorciato il periodo di prescrizione per reati che arrecano gravi danni alla società, sottraendo soldi pubblici quali la corruzione, la concussione, il falso in bilancio (4anni), la bancarotta fraudolenta, frode fiscale (7 anni); è stato allun-gato, invece, il periodo di prescrizio-ne per i reati di strada come il furto, la resistenza al Pubblico Ufficiale, la clandestinità, ecc. tipici di soggetti socialmente deboli che affollano le carceri italiane, composte preva-lentemente di extracomunitari e giovani che hanno spacciato qualche spinello, ma che invece non vede coinvolto un VIP, un politico, un potente.

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G I U S T I Z I A - S A L D I D I F I N E S TA G I O N E

di Rodolfo Santini

COME UCCIDERE LA MOGLIE / IL MARITO SENZA ANDARE IN GALERAQualche anno fa, un tale, in un mo-mento d’ira, uccise la moglie a coltel-late, inferendole diversi colpi fintanto che la poveretta non stramazzava al suolo, in un lago di sangue.Tornato in sé, l’uomo, resosi conto della tragedia, si costituì ai carabinieri del luogo, confessando le sue colpe e ammettendo l’insano gesto, davanti allo sbigottito maresciallo della piccola stazione, che stentava a credere alla confessione.Al che i carabinieri si portarono sul luogo del delitto, fecero tutti i rilievi del caso, nulla era stato toccato, fecero tutti gli accertamenti seguendo ciò che il protocollo prevede in questo casi.Tornati in caserma, estesero il loro rapporto di servizio, corredato anche da fotografie e rilasciarono l’omicida, il quale più sbigottito di loro, non si ca-pacitava del fatto: “Ma come, ho ucciso mia moglie e non mi arrestate?” Chiese al maresciallo. E questi rispose di non poter procedere all’arresto in quanto non vi era nessun articolo del codice che lo prevedeva, infatti:non vi era pericolo di fuga, in quanto si era costituito spontaneamente;non vi era pericolo di inquinamento delle prove, in quanto il teatro del delitto era rimasto intatto ed era stato ispezionato a dovere;non vi era pericolo di reiterazione del reato, in quanto la moglie solitamen-te è unica e non vi erano ragioni per temere altri insani gesti.Per cui alla fine costui rimane a piede libero, mentre continuano le indagini sul movente.Un anno dopo iniziava il processo pe-nale a carico dell’omicida, il quale, nel frattempo, pensava bene di risarcire, con una cospicua somma, i parenti della vittima.La pena prevista dal codice per questo tipo di reato è l’ergastolo (massimo della pena) e la pena viene determina-ta tenendo conto di tutte le circostan-ze; in assenza di aggravanti, si quan-tificano le attenuanti su una pena di anni 30 (massimo) ed anni 24 (minimo,

di norma applicato):1) l’omicida ha agito in preda all’ira (lo tradiva???) costituisce una attenuante, quindi dai 24 anni predetti, si applica la riduzione di 1/3 della pena. (16 anni).(Art. 62, n. 2 c.p.);2) l’omicida ha risarcito i parenti della vittima, ulteriore attenuante, sempre di 1/3. (anni 11,33). (Art. 62 n. 6 c.p.);3) applicazione delle attenuanti generiche,(essendo peraltro incensurato), ulte-riore riduzione di 1/3, pari a (anni 7,5). (Art. 62 bis c.p.);4) sceglie il rito abbreviato, con ulteriore riduzione in anni 5;5) delitto consumato prima del 2006, quindi soggetto ad indulto, (votato da tutte le forze politiche), con altri 3 anni di abbuono.Rimangono 2 anni per cui viene applicata la sospensione condizionale della pena e comunque, fino a tre anni, interviene l’affidamento ai servizi sociali. Morale della favola, si è liberato della moglie senza fare un giorno di galera.** (ndr.) La verità è leggermente diversa, per alcuni limiti che scattano per reati per cui è previsto la pena dell’ergastolo, ma si avvicina molto alla realtà.Questa storiella serve per dimostrare le condizioni in cui versa la nostra GIUSTI-ZIA.Nell’articolo L’impianto del nostro sistema giudiziario viene esposra una analisi sommaria.

L’IMPIANTO DEL NOSTRO SISTEMA GIUDIZIARIOdi Rodolfo Santini

Analizziamo, seppure in maniera som-maria, l’impianto del nostro sistema giudiziario che è uno dei più garantisti dei paesi evoluti.I gradi del giudizio sono tre, Tribunale, Appello e Cassazione, ma i processi possono essere molti di più (caso Sofri 15 processi): e perché la pena possa essere eseguita, occorre percorrere tutti i gradi. In realtà i gradi sono quat-tro, compresa l’Udienza Preliminare (esclusa la citazione diretta limitata ad alcuni casi) in cui si valuta se ci sono prove sufficienti per fare il processo.Per ogni grado è possibile il ricorso in Cassazione, che può annullare, total-mente o parzialmente, respingere, ecc.Si inizia con la notizia di reato a segui-

to di denuncia o di investigazione, ecc., su cui la polizia giudiziaria raccoglie le prove, interroga testimoni, incarica periti, il tutto sotto il coordinamento e la direzione del Pubblico Ministero, il quale è tenuto a esercitare l’azione pe-nale, essendo questa obbligatoria.In fase di indagine può essere disposta l’intercettazione, su richiesta motivata del Pubblico Ministero inoltrata al GIP (Giudice per le indagini preliminari) il quale concede o meno l’autorizzazio-ne valida per 15 giorni e rinnovabile. Ogni utenza telefonica ha bisogno di una autorizzazione e di norma la malavita utilizza diversi apparecchi telefonici, sia fissi che mobili, per cui è difficile scoprire l’apparecchio usato

per delinquere (Un anno di indagini equivale a circa 24 autorizzazioni, una per apparecchio telefonico).Stessa situazione si verifica quando è necessario adottare un provvedimento restrittivo della libertà (applicazione di misure cautelari) per certi reati che prevedono la carcerazione. Il PM deve inviare tutto il fascicolo al GIP per dimostrare la bontà delle sue tesi e le prove raccolte e quest’ultimo, se le condivide, firma il cosiddetto mandato di cattura.Il percorso a questo punto si fa tortuo-so nel senso che, secondo il principio garantista sopra detto, è previsto il ricorso a cura dell’imputato, al Tribu-nale della Libertà (TL), o Tribunale del riesame, composto da tre giudici, il quale ha 10 giorni di tempo per deci-dere sulla istanza. Qui va inviato tutto il carteggio necessario a dimostrazione della esigenza della misura della car-cerazione ma va anche salvaguardato il carteggio su cui ancora gli inquirenti stanno indagando, per cui tutto il fal-done deve essere “sbianchettato” nelle parti in cui i legali non debbono venire a conoscenza, per non invalidare le indagini ancora in corso.Ovviamente la decisione del TL è soggetta a ricorso in Cassazione ed i ricorsi al TL sono rinnovabili, in pre-senza di nuovi fatti. Quindi il faldone riparte, con tutte le prove, i verbali di interrogatorio sbianchettati, le inter-cettazioni, le prove fotografiche, ecc. Torniamo all’Udienza Preliminare, in cui si deve stabilire se le prove raccolte e le indagini svolte, siano sufficienti per fare un processo, e qui vengono sentiti testi, si fanno accertamenti, perizie, riconoscimenti di persone, insomma una certa istruttoria e poi il Giudice per l’udienza preliminare decide.Quando il GUP (Giudice per l’udienza preliminare) decide che il processo si può fare, tutti gli atti, gli elementi probatori acquisiti, vengono espunti dai fascicoli, letteralmente buttati , nel senso che il giudice del dibattimento non deve conoscere nulla di ciò che è stato fatto, secondo il principio che le prove si formano in dibattimento e va garantita la terzietà del giudice; lì si ricomincia tutto daccapo, sentendo i testi già sentiti anni prima (e se il teste non ricorda -o non vuole ricordare - ciò che ha dichiarato nell’imminenza dei

fatti, le sue dichiarazioni rese davanti alla polizia giudiziaria non valgono nulla), incaricando nuovamente dei periti a fare accertamenti su elementi vecchi di anni. Insomma si fa un nuovo processo, citando i testi, notificando tutti gli atti alle parti, agli avvocati, agli imputati, alle parti offese, alle parti civili, con una spesa, a carico dell’era-rio, considerevole, oltre alle forze in campo, dalla polizia giudiziaria al personale di cancelleria a supporto del magistrati, al personale UNEP addetto alle notificazioni, insomma un vortice di fascicoli che vanno e vengono avanti e indietro, con costi enormi per la collettività.

Sintetizzando, prima di arrivare ad una sentenza definitiva, si passa dalle indagini del PM, con l’intervento del GIP e del TL se necessario e dei ricorsi in Cassazione, per passare al GUP per l’udienza preliminare, poi il dibattimen-to, l’Appello e infine la Cassazione.Si capisce bene che, in questo mecca-nismo farraginoso, i tempi della pre-scrizione sono uno stratagemma a cui tutti gli imputati e avvocati mirano. Se si tiene presente che un semplice processo per furto d’auto può durare mediamente 6 anni, per un processo importante, (maxi-processo per mafia) con decine o centinaia di imputati, i tempi di celebrazione sono triplicati.La prescrizione, che è fondamentale per portare a compimento un proces-so, scatta dal momento di compimen-to del reato e per ogni reato è stabilito il periodo di prescrizione, scaduto il quale, lo Stato rinuncia a perseguire il reato stesso (tenuto conto che l’azione penale è obbligatoria), con buona pace delle persone offese e delle parti civili. In sostanza avviene un “tana, liberi tutti “. Vi è da osservare che un impu-tato innocente deve essere comunque dichiarato tale dal giudice, anche se il reato è prescritto; in caso contrario è sempre una sentenza che ha accerta-to la colpevolezza, non più persegui

bile. Ben si comprende della importan-za che si ha nello stabilire il periodo di prescrizione del reato e la scandalosa legge ex Cirielli del 2005 è una prova provata di come i potenti riescano a scamparla. Potrei elencare in tante pagine le storture di un sistema congegnato per perseguire “i poveracci” e che lascia indenni i potenti, ma vorrei mettere in evidenza che il funzionamento della giustizia è nell’ interesse preminente-mente delle classi sociali più deboli, in mancanza del quale vale la legge del più forte, cioè la legge dei potenti, cioè quella in vigore oggi.Emerge da questo quadro che i pro-blemi della giustizia possono essere riassunti in due grandi questioni: lunghezza dei processi; certezza della pena.

Negli ultimi 15 anni, il legislatore ha adottato circa 150 provvedimenti in materia di giustizia, nessuno finalizza-to a risolvere queste due questioni.Rispetto a questo quadro a tinte fo-sche che riguarda i mali della giustizia italiana, quale rilevanza può avere il cosiddetto Lodo Alfano, ovvero il legit-timo impedimento, ovvero la separa-zione delle carriere dei giudici e dei PM, ovvero il giro di vite sulle intercettazio-ni e tante altre corbellerie, spacciate come riforma della giustizia?L’ex PM di Mani Pulite, Gherardo Colombo, è solito dire che: ”Il sistema giustizia è una macchina per tritare l’acqua e peraltro costosissima e che produce pochissimo”. La giustizia italiana non funziona,

Non è un caso che il 95% dei processi termina con una prescrizione, che le pene fino a 4 anni si scontano con la detenzione domiciliare e quelle fino a 3 anni con l’affidamento ai servizi sociali. E’ chiara la ragione per cui buona parte della popolazione carceraria è in attesa di giudizio.

E’ stato accorciato il periodo di prescrizione per reati che arrecano gravi danni alla società, sottraendo soldi pubblici quali la corruzione, la concussione, il falso in bilancio (4anni), la bancarotta fraudolenta, frode fiscale (7 anni); è stato allun-gato, invece, il periodo di prescrizio-ne per i reati di strada come il furto, la resistenza al Pubblico Ufficiale, la clandestinità, ecc. tipici di soggetti socialmente deboli che affollano le carceri italiane, composte preva-lentemente di extracomunitari e giovani che hanno spacciato qualche spinello, ma che invece non vede coinvolto un VIP, un politico, un potente.

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B R AV I E C I T I R A N O L E P I E T R E

di Pino Cabras e Simone Santini

DUE POPOLI UNO STATOSECONDA PARTE

Il nodo del conflitto Israelo-Palestine-se è un banco di prova fondamentale per il pianeta. Sottovalutarlo o pen-sare di scioglierlo con l’avventurismo militare ci porta dritti a una guerra di vastissime e funeste proporzioni, un pericolo che diventa ogni giorno più concreto.

Arrivare a risolverlo creativamente, con disegni politici di scala mondiale che ridisegnino l’assetto politico del Medio Oriente, è l’unico barlume per evitare la catastrofe. Proprio perché questo è un problema di dimensione globale, siamo contro l’antisemitismo. Scontrarsi con l’antisemitismo non è

Arroganti, aggressivi, alteri, altezzosi, autoritari, boriosi, immodesti,insolenti, offensivi, prepotenti, prevaricatori, sfrontati, spavaldi, superbi, tracotanti, subdoli, ambigui, astuti, falsi, infidi, ingannevoli, ipocriti, sleali, untuosi. Sono i nostri politici, sono i nostri governanti. Qualcuno potrà dire che non si può fare di tutta un’erba un fascio, è vero, ma è anche vero che a fare la storia non sono le eccezioni, gli eroi ci sono sempre stati e ci saranno. A padro-neggiare nel quotidiano è la massa , e chi ci governa rappresenta bene una massa di italiani ignoranti, razzisti e dediti a rapporti di tipo mafioso e clientelare.

In un paese dove “tutti” rubano e non dormono la notte per pensare come cavarsela e fregare i più deboli, l’unica istituzione seria, “etica”, anche se non condivisibile per i metodi è rimasta paradossalmente la mafia. Siamo tutti mafiosi, abbiamo fatto dei valori mezzi propagandistici per carri allegorici. Siamo colpevoli di vivere, di lavorare onestamente, di studiare, siamo co....., paghiamo le tasse per mantenere…i vizi altrui. Siamo figli di un epoca malata, male-odorante. Abbiamo studiato, abbiamo viaggiato, ci siamo specializzati, ab-biamo emigrato per campare, per non ingurgitare ciò che i nostri avi hanno

già digerito, ci siamo ribellati, abbiamo protestato, qualche volta l’abbiamo presa…ma con fierezza, ci siamo schifati, siamo i figli di chi moriva per campare, ci siamo stancati, siamo Noi i giovani che non avevano voglia di fare un c... e che nel nome della libertà quantomeno intellettuale ci hanno lasciato le penne. Siamo onesti, ma a tutto c’è un rime-dio, paghiamo le tasse, rispettiamo la fila alla posta e qualche volta sognia-mo.Siamo flessibili e disposti a iniziare dal basso, ci accontentiamo di poco, e crediamo in un Italia peggiore.Siamo Noi “Italiani brava gente!”.

di Andrea Traina

ITALIANI BRAVA GENTE

solo un modo di tenere in grande con-siderazione la questione ebraica, è un modo di tener caro il futuro dell’uomo. Perciò dobbiamo essere all’altezza di questa complessità. Due accademici, il geografo Arnon So-fer e il demografo Sergio Della Pergola (un israeliano nato e vissuto in Italia

fino al 1966) dell’Università di Gerusa-lemme, a suo tempo consulenti di Ariel Sharon, ritengono che date le attuali proiezioni sulla crescita demografica, Israele dovrà risolvere un problema che ha tre variabili: democrazia, ebrai-cità, dimensione territoriale. Soltanto due di queste variabili potrebbero coe-sistere nell’Israele degli anni a venire. Potrà essere uno stato democratico ed ebraico, ma allora dovrà essere di ridotte dimensioni. Potrà essere democratico e grande, ma allora non sarà più ebraico. Infine potrà essere ebraico ed esteso, ma allora non sarà più democratico. Benché la soluzione “due popoli, due stati” sia ormai quasi unanimemente considerata - sia a livello internaziona-le che italiano - come l’unica possibile conclusione del conflitto, una tale soluzione, ammesso poi che sia mai realizzata, difficilmente potrà condurre ad una pacificazione dell’area poiché non risponde a criteri di giustizia ed equità. La situazione di fatto creata in Palesti-na (ovvero nei Territori e in Israele) non consente la nascita dello stato pale-stinese a fianco di Israele se non come mera “espressione geografica” priva di elementari contenuti di sovranità. Il nascente stato di Palestina, infatti, non avrebbe la possibilità di realizzare una politica di difesa indipendente né potrebbe stringere rapporti diplomatici con altri stati in tale funzione; dipen-derebbe totalmente da Israele per l’utilizzo delle risorse primarie, ovvero acqua ed energia. La conformazione territoriale consolidatasi in loco (in particolare in Cisgiordania) con la poli-tica degli insediamenti e la costruzione del muro “difensivo” rende i territori palestinesi del tutto inadatti a formare un substrato geografico favorevole alla nascita di uno stato sovrano. Con la situazione diplomatica attuale, poi, la nascita dello stato palestinese non risolverebbe le controverse questioni di Gerusalemme capitale e dello status dei profughi che dal 1948 in poi sono stati costretti ad abbandonare la Palestina. La nascita di Israele come stato escludente, su base confessionale ed etnica, così come voluto dalla dottri-na sionista, ha prodotto fin dalla sua fondazione una ferita che non è più stata rimarginata. Se fin dagli anni ‘30

si fosse prospettata la nascita di uno stato indipendente su tutto il territorio di Palestina (comprendente l’attuale Israele più i Territori) con caratte-ri multi-etnici, multi-confessionali, multi-nazionali, lo stato avrebbe otte-nuto ben presto, e forse da subito, un carattere pacifico ed unitario. Ci chiediamo: è possibile recuperare, ora, quella prospettiva? Ovvero la na-scita di un unico stato per due popoli? Sessanta anni di guerre e divisioni hanno segnato profondamente le due parti, tanto che una possibilità del genere appare utopistica. Tuttavia esistono ancora, sia negli ambienti pa-cifisti israeliani, sia a livello internazio-nale, gruppi e personalità ebraiche che, su una base anti-sionista, prospettano la riconciliazione con i palestinesi e la possibilità della nascita di una entità statale bi-nazionale e multiconfessio-nale. Che arabi ed ebrei, insomma, possano vivere insieme con pari diritti e dignità in un unico stato. Per l’architettura giuridica ci si potrebbe ispirare a nazio-ni già esistenti, come Canada, Belgio, o Svizzera, paesi che, storicamente, pur con pulsioni anche recenti verso la separazione, hanno determinato pace e prosperità tra etnie distinte pur vi-vendo nello stesso ambito geografico. Certo, l’ipotetico Stato Unico della Terra Santa - oggi collocato in un’area già popolatissima - diventerebbe una delle aree potenzialmente più affolla-te del pianeta, per via delle speculari Leggi del Ritorno che dovrebbero ga-rantire a palestinesi ed ebrei di vivere ovunque vogliano, in quel territorio. Un processo di “nation building” di questa natura sarebbe costoso. Ma se si pen-sa ai miliardi attuali bruciati dagli USA ogni anno in forniture di armamenti strategici, se si pensa alle abnormi spese di gestione dell’apartheid, se si pensa in prospettiva allo sbocco che potrebbero avere gli affari mediorien-tali, le risorse ci sarebbero, eccome. Gli inevitabili problemi di sicurezza, che oggi Israele affronta con unilateralità militare e in spregio alla comunità internazionale, dovrebbero essere in carico a una massiccia presenza di forze armate, forze di polizia e coope-ranti civili di tutto il mondo. Un anno di servizio militare o civile a Hebron, a Gerusalemme, a Gaza, a Tel Aviv sarebbero per un’intera generazione

un’esperienza di grande apertura al mondo. Il discorso oggi più eretico del mondo, ossia volere la sconfitta politica del disegno sionista e volere una trasfor-mazione statuale che rinunci all’asset-to esistente, non è certo sinonimo di distruzione della presenza ebraica in Terra Santa. Ben al contrario. Il tramonto del sionismo reale e l’affermarsi di un ordine statuale che custodisca in modo nuovo la casa delle varie religioni e dei popoli del Medio Oriente può essere il “temporis partus masculus” della comunità mondiale.

perché programmata per non fun-zionare, basti pensare che circa 20 parlamentari sono pregiudicati, cioè condannati con sentenze definitive, ed altri 100 circa hanno problemi seri con la giustizia.Ecco perché noi, semplici cittadini, abbiamo tutto l’interesse a che la giu-stizia funzioni e che si deve difendere, con le unghie e con i denti, il disposto

costituzionale secondo cui: ”TUTTI I CITTADINI SONO UGUALI DAVANTI ALLA LEGGE”.Vi sono, poi, riti speciali come il pat-teggiamento e il rito abbreviato, frutto di una fantasia fervida, per intralcia-re ancor più il già asfittico sistema giudiziario. Ecco alcune assurdità: la durata della carcerazione, per cui un anno corrisponde a 9 mesi; la facoltà

dell’imputato di fornire diverse versioni dei fatti, senza conseguenza alcuna; se cambia giudice si ricomincia tutto daccapo; l’obbligo di partecipare al processo anche per un ergastolano; montagne di notifiche agli imputati contumaci, ricercati per tutto il suolo nazionale ad ogni grado del giudizio.

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B R AV I E C I T I R A N O L E P I E T R E

di Pino Cabras e Simone Santini

DUE POPOLI UNO STATOSECONDA PARTE

Il nodo del conflitto Israelo-Palestine-se è un banco di prova fondamentale per il pianeta. Sottovalutarlo o pen-sare di scioglierlo con l’avventurismo militare ci porta dritti a una guerra di vastissime e funeste proporzioni, un pericolo che diventa ogni giorno più concreto.

Arrivare a risolverlo creativamente, con disegni politici di scala mondiale che ridisegnino l’assetto politico del Medio Oriente, è l’unico barlume per evitare la catastrofe. Proprio perché questo è un problema di dimensione globale, siamo contro l’antisemitismo. Scontrarsi con l’antisemitismo non è

Arroganti, aggressivi, alteri, altezzosi, autoritari, boriosi, immodesti,insolenti, offensivi, prepotenti, prevaricatori, sfrontati, spavaldi, superbi, tracotanti, subdoli, ambigui, astuti, falsi, infidi, ingannevoli, ipocriti, sleali, untuosi. Sono i nostri politici, sono i nostri governanti. Qualcuno potrà dire che non si può fare di tutta un’erba un fascio, è vero, ma è anche vero che a fare la storia non sono le eccezioni, gli eroi ci sono sempre stati e ci saranno. A padro-neggiare nel quotidiano è la massa , e chi ci governa rappresenta bene una massa di italiani ignoranti, razzisti e dediti a rapporti di tipo mafioso e clientelare.

In un paese dove “tutti” rubano e non dormono la notte per pensare come cavarsela e fregare i più deboli, l’unica istituzione seria, “etica”, anche se non condivisibile per i metodi è rimasta paradossalmente la mafia. Siamo tutti mafiosi, abbiamo fatto dei valori mezzi propagandistici per carri allegorici. Siamo colpevoli di vivere, di lavorare onestamente, di studiare, siamo co....., paghiamo le tasse per mantenere…i vizi altrui. Siamo figli di un epoca malata, male-odorante. Abbiamo studiato, abbiamo viaggiato, ci siamo specializzati, ab-biamo emigrato per campare, per non ingurgitare ciò che i nostri avi hanno

già digerito, ci siamo ribellati, abbiamo protestato, qualche volta l’abbiamo presa…ma con fierezza, ci siamo schifati, siamo i figli di chi moriva per campare, ci siamo stancati, siamo Noi i giovani che non avevano voglia di fare un c... e che nel nome della libertà quantomeno intellettuale ci hanno lasciato le penne. Siamo onesti, ma a tutto c’è un rime-dio, paghiamo le tasse, rispettiamo la fila alla posta e qualche volta sognia-mo.Siamo flessibili e disposti a iniziare dal basso, ci accontentiamo di poco, e crediamo in un Italia peggiore.Siamo Noi “Italiani brava gente!”.

di Andrea Traina

ITALIANI BRAVA GENTE

solo un modo di tenere in grande con-siderazione la questione ebraica, è un modo di tener caro il futuro dell’uomo. Perciò dobbiamo essere all’altezza di questa complessità. Due accademici, il geografo Arnon So-fer e il demografo Sergio Della Pergola (un israeliano nato e vissuto in Italia

fino al 1966) dell’Università di Gerusa-lemme, a suo tempo consulenti di Ariel Sharon, ritengono che date le attuali proiezioni sulla crescita demografica, Israele dovrà risolvere un problema che ha tre variabili: democrazia, ebrai-cità, dimensione territoriale. Soltanto due di queste variabili potrebbero coe-sistere nell’Israele degli anni a venire. Potrà essere uno stato democratico ed ebraico, ma allora dovrà essere di ridotte dimensioni. Potrà essere democratico e grande, ma allora non sarà più ebraico. Infine potrà essere ebraico ed esteso, ma allora non sarà più democratico. Benché la soluzione “due popoli, due stati” sia ormai quasi unanimemente considerata - sia a livello internaziona-le che italiano - come l’unica possibile conclusione del conflitto, una tale soluzione, ammesso poi che sia mai realizzata, difficilmente potrà condurre ad una pacificazione dell’area poiché non risponde a criteri di giustizia ed equità. La situazione di fatto creata in Palesti-na (ovvero nei Territori e in Israele) non consente la nascita dello stato pale-stinese a fianco di Israele se non come mera “espressione geografica” priva di elementari contenuti di sovranità. Il nascente stato di Palestina, infatti, non avrebbe la possibilità di realizzare una politica di difesa indipendente né potrebbe stringere rapporti diplomatici con altri stati in tale funzione; dipen-derebbe totalmente da Israele per l’utilizzo delle risorse primarie, ovvero acqua ed energia. La conformazione territoriale consolidatasi in loco (in particolare in Cisgiordania) con la poli-tica degli insediamenti e la costruzione del muro “difensivo” rende i territori palestinesi del tutto inadatti a formare un substrato geografico favorevole alla nascita di uno stato sovrano. Con la situazione diplomatica attuale, poi, la nascita dello stato palestinese non risolverebbe le controverse questioni di Gerusalemme capitale e dello status dei profughi che dal 1948 in poi sono stati costretti ad abbandonare la Palestina. La nascita di Israele come stato escludente, su base confessionale ed etnica, così come voluto dalla dottri-na sionista, ha prodotto fin dalla sua fondazione una ferita che non è più stata rimarginata. Se fin dagli anni ‘30

si fosse prospettata la nascita di uno stato indipendente su tutto il territorio di Palestina (comprendente l’attuale Israele più i Territori) con caratte-ri multi-etnici, multi-confessionali, multi-nazionali, lo stato avrebbe otte-nuto ben presto, e forse da subito, un carattere pacifico ed unitario. Ci chiediamo: è possibile recuperare, ora, quella prospettiva? Ovvero la na-scita di un unico stato per due popoli? Sessanta anni di guerre e divisioni hanno segnato profondamente le due parti, tanto che una possibilità del genere appare utopistica. Tuttavia esistono ancora, sia negli ambienti pa-cifisti israeliani, sia a livello internazio-nale, gruppi e personalità ebraiche che, su una base anti-sionista, prospettano la riconciliazione con i palestinesi e la possibilità della nascita di una entità statale bi-nazionale e multiconfessio-nale. Che arabi ed ebrei, insomma, possano vivere insieme con pari diritti e dignità in un unico stato. Per l’architettura giuridica ci si potrebbe ispirare a nazio-ni già esistenti, come Canada, Belgio, o Svizzera, paesi che, storicamente, pur con pulsioni anche recenti verso la separazione, hanno determinato pace e prosperità tra etnie distinte pur vi-vendo nello stesso ambito geografico. Certo, l’ipotetico Stato Unico della Terra Santa - oggi collocato in un’area già popolatissima - diventerebbe una delle aree potenzialmente più affolla-te del pianeta, per via delle speculari Leggi del Ritorno che dovrebbero ga-rantire a palestinesi ed ebrei di vivere ovunque vogliano, in quel territorio. Un processo di “nation building” di questa natura sarebbe costoso. Ma se si pen-sa ai miliardi attuali bruciati dagli USA ogni anno in forniture di armamenti strategici, se si pensa alle abnormi spese di gestione dell’apartheid, se si pensa in prospettiva allo sbocco che potrebbero avere gli affari mediorien-tali, le risorse ci sarebbero, eccome. Gli inevitabili problemi di sicurezza, che oggi Israele affronta con unilateralità militare e in spregio alla comunità internazionale, dovrebbero essere in carico a una massiccia presenza di forze armate, forze di polizia e coope-ranti civili di tutto il mondo. Un anno di servizio militare o civile a Hebron, a Gerusalemme, a Gaza, a Tel Aviv sarebbero per un’intera generazione

un’esperienza di grande apertura al mondo. Il discorso oggi più eretico del mondo, ossia volere la sconfitta politica del disegno sionista e volere una trasfor-mazione statuale che rinunci all’asset-to esistente, non è certo sinonimo di distruzione della presenza ebraica in Terra Santa. Ben al contrario. Il tramonto del sionismo reale e l’affermarsi di un ordine statuale che custodisca in modo nuovo la casa delle varie religioni e dei popoli del Medio Oriente può essere il “temporis partus masculus” della comunità mondiale.

perché programmata per non fun-zionare, basti pensare che circa 20 parlamentari sono pregiudicati, cioè condannati con sentenze definitive, ed altri 100 circa hanno problemi seri con la giustizia.Ecco perché noi, semplici cittadini, abbiamo tutto l’interesse a che la giu-stizia funzioni e che si deve difendere, con le unghie e con i denti, il disposto

costituzionale secondo cui: ”TUTTI I CITTADINI SONO UGUALI DAVANTI ALLA LEGGE”.Vi sono, poi, riti speciali come il pat-teggiamento e il rito abbreviato, frutto di una fantasia fervida, per intralcia-re ancor più il già asfittico sistema giudiziario. Ecco alcune assurdità: la durata della carcerazione, per cui un anno corrisponde a 9 mesi; la facoltà

dell’imputato di fornire diverse versioni dei fatti, senza conseguenza alcuna; se cambia giudice si ricomincia tutto daccapo; l’obbligo di partecipare al processo anche per un ergastolano; montagne di notifiche agli imputati contumaci, ricercati per tutto il suolo nazionale ad ogni grado del giudizio.

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PULIRE IN MODO ECOLOGICOdi Claudia Romeo

I N B R E V EE C O LO G I A E R I S PA R M I O

Le civiltà possono collassare. La storia e l’archeologia documentano come ciò sia già avvenuto in passato. La descrizione del loro declino consente di rintracciare alcune costanti, certi fattori ambientali e sociali, che possono essere considerati come altrettanti sintomi che una certa comunità umana ha raggiunto una fase di evoluzione massima. A quel punto i problemi sono divenuti così complessi che o si opera una transizione a una fase nuova, con forme di organizzazione interna più semplici, o si assisterà al collasso della comunità. Guido Cosenza fornisce una persuasiva analisi del modello socio-economico attuale, pervenendo a una sintesi del complesso di elementi che inducono a ritenere che oggi siamo effettivamente entrati in una fase evo-lutiva anticipatrice di collasso. La sua descrizione è misurata, priva di toni apocalittici, ma guidata da una logica interna stringente, contrappuntata di esempi storici e di cronaca recente che ne attenuano la disciplina a mo-delli astratti, senza tuttavia venire meno alla necessità di una costruzione rigorosa. Costruzione che non è fine a se stessa, ma finalizzata a individuare quei comportamenti collettivi e individuali che hanno già fatto capolino tra le pieghe della nostra comunità e che una guida politica saggia potrebbe so-stenere e cercare di diffondere, avviandola a una transizione non traumatica verso una società ecocompatibile.

Il libro

La transizione Analisi del processo di transizione a una società postindustriale ecocompatibile

Feltrinelli Editore, campi del sapere, pp. 128, € 13,00

Guido Cosenza (Napoli 1936) è professore associato presso l’Univer-sità “Federico II” di Napoli. Ha lavorato nel campo delle particelle elemen-tari. Ha pubblicato presso la casa editrice Bollati Boringhieri un testo in tre volumi di lezioni di Metodi matematici per la fisica.

La Rubrica

Ogni giorno ognuno di noi è sedotto da pubblicità in cui appaiono case linde e perfettamente igienizzate. Alcuni messaggi, poi, ci inducono a pensare che voler bene ad un figlio che gattona sul pavimento significhi utilizzare il super prodotto che uccide tutti i germi. E così le nostre case si riempiono di detergenti di ogni genere, dai più classici a quelli per lavare i capi scuri, quelli per sbiancare, ac-chiappacolori da aggiungere ai lavaggi, anticalcare di ogni tipo, sgrassanti e così via dicendo.La conseguenza di tutto questo è che ogni anno in Italia si consumano oltre dieci milioni di quintali di detersivi e relativi imballaggi.Ma è davvero necessario disporre di queste armi?E’ risaputo che molte delle sostanze contenute nei detersivi vengono assorbite attraverso la pelle o inalate. Ad esempio, l’ammorbidente per il bucato viene prelevato alla fine del lavaggio e praticamente ne rimane una pellicola sui vestiti che poi indossiamo e, quindi, rimane a contatto con la nostra pelle.Pulire in modo ecologico, diminuendo il nostro impatto ambientale e facendo del nostro meglio per quel bimbo che gattona, è possibile e richiede solo una piccola fatica, quella di iniziare un cambiamento.Per questo motivo, a partire da questo numero, nascerà una rubrica su La Bussola, ove daremo consigli concreti per ridurre i detersivi in casa senza dover perdere troppo tempo in attività domestiche, senza rinunciare alla corretta e sana pulizia ed igiene e, possibilmente, risparmiando denaro.

SPRUZZATORE ALL’ACETOIn base a quanto si tollera l’odore dell’aceto, si possono preparare soluzioni al 20% o 30% o 40% di aceto in acqua.In pratica, in uno spruzzino (che potete riciclare utilizzandone uno in cui avevate un classico deter-gente) si mette la quantità che si preferisce di aceto e di acqua.In casa non rimarrà odore di ace-to, essendo una sostanza molto volatile. Se proprio dovesse darvi fastidio anche il minimo odore che si sente all’inizio, ci sono due soluzioni: si può ricorrere all’ace-to di mele oppure aggiungere alla soluzione 2-3 gocce dell’olio essenziale che si preferisce.

COME LAVARE I VETRIPer vetri molto sporchi è consi-gliabile usare acqua calda e aceto. Il lavaggio diventa più efficace se si utilizza un panno in microfibra (i cosiddetti panni magici, lavabili).Una soluzione anche molto concentrata di acqua e aceto non richiede risciacquo, quindi si lava e si asciuga.Ci sono due metodi per asciugare bene i vetri: uno consiste nell’usa-re la spatola di gomma (quella che a volte usa il benzinaio per il parabrezza), l’altro nell’utilizzare i fogli dei quotidiani ben appal-lottolati. Quest’ultimo metodo è quello che preferiamo perché con esso si opera un riciclo (carta) e si riutilizza un inquinamento già speso (inchiostro). Per vetri normalmente sporchi esiste un metodo più veloce, utilizzare uno spruzzatore all’aceto. Si spruzza e si asciuga direttamente.

Finalmente ci siamo! Il Natale è alle porte e strade, palazzi, giardini e ne-gozi si addobbano a festa per illumi-nare di mille luci e colori le prime notti fredde d’inverno. Anche in molte case luci a intermittenza ornano non solo l’albero ma anche i presepi e i cami-netti. In effetti, quella delle luci e delle luminarie è una tradizione che affon-da le sue radici nella notte dei tempi. Dalla stella cometa della tradizione cristiana, che illumina il pellegrinaggio dei Re Magi, alla festa HYPERLINK “http://it.wikipedia.org/wiki/Ebrai-smo” \o “Ebraismo” ebraica della luce, la HYPERLINK “http://it.wikipedia.org/wiki/Hanukkah” \o “Hanukkah” Hanukkah, che cade il venticinque-

di Angelo d’Agostino

LE LUCI DEL NATALE

simo giorno di HYPERLINK “http://it.wikipedia.org/wiki/Kislev” \o “Kislev” Kislev (dicembre), dalle celebrazioni pagane del solstizio d’inverno ai satur-nali romani.Insomma è davvero difficile per molti sottrarsi al fascino che esse, le luci, esercitano su ognuno di noi. Ma per chi ha anche una sensibilità verso i temi del consumismo e dell’ecososte-nibilità, come far conciliare tradizione e risparmio energetico?Lasciando da parte per questi giorni di festa approcci fin troppo austeri, è possibile limitare i ‘danni’ e godersi lo spettacolo di luminarie alimentate con pannelli fotovoltaici, addobbi con luci a basso consumo, alberi di Natale di

cartone pressato e presepi realizzati con materiale riciclato.Per le luci da interno, solitamente di diverse lunghezze e dimensioni, da qualche anno sono disponibili sul mercato quelle a Led, certamente a più basso consumo elettrico ma anche meno economiche delle tradi-zionali e più inefficienti luci a incan-descenza. Con pochi euro, inoltre, è possibile acquistare una centralina di controllo dell’intermittenza per dare alla luminaria il gioco di luce voluto e al contempo limitarne il periodo di accensione.Le lampadine a incandescenza hanno un rendimento di circa il 2% di lumi-nosità (cioè di tutta l’energia ricevuta, solo il 2% viene trasformata in luce, mentre il resto diventa calore e viene disperso nell’ambiente circostante). Quelle a Led hanno invece un ren-dimento dieci volte superiore. Certo, finché le luci si trovano all’interno della vostra casa, il calore ceduto, anche se

“Come arrivano lontano i raggi di quella piccola candela: così splende una buona azione in un mondo malvagio”

W. Shakespeare

non in grande misura, contribuisce a riscaldare la stanza. Ma se le luci vengono utilizzate all’esterno, il calore prodotto viene completamente disper-so. Comunque, la scelta della lampadi-na è solo uno dei fattori che incidono sul consumo energetico. È inoltre possibile ridurre il consumo di energia elettrica limitando l’illuminazione ai soli momenti di presenza in casa, ad esempio installando opportuni sensori di movimento, o assicurandosi che le luci non rimangano accese per tutta la notte, grazie all’utilizzo di timer per programmarne l’accensione e lo spegnimento.Molti, poi, alimentano le luci esterne collegandole a una presa elettri-ca interna, facendo passare il cavo della prolunga attraverso una finestra semiaperta e contribuendo così a una maggiore dispersione di calore dalla casa. Per evitare questo spiacevole inconveniente si possono utilizzare le luci Led, ottime per gli esterni, con ali-

mentazione a energia solare, complete di pannello fotovoltaico e batterie. Le luci si accendono di notte e si spengo-no automaticamente di giorno, quando avviene la ricarica.E per chi non ha un abete in giardino? La scelta tra l’acquisto di un albero coltivato o di uno sintetico in plasti-ca non è più obbligata. Oggi è infatti possibile coniugare la magica atmo-sfera natalizia con il rispetto dell’am-biente e dotarsi di un albero di Natale completamente ecologico, realizzato con il 100% di fibre resistenti di cartone riciclato, e riutilizzabile più volte. Se poi non è più possibile riutilizzarlo, l’albero si smaltisce nei contenitori preposti per il riciclaggio della carta.Invece gli alberi di plastica, che sono prodotti soprattutto in Cina, vengono ottenuti con materiali che comprendo-no anche varie leghe metalliche e pla-stiche tipo PVC e PET, comportano un notevole dispendio di energia e sono fonte di inquinamento nel processo di produzione, trasporto e smaltimento.L’acquisto stimato di circa mezzo mi-lione di alberi finti di plastica all’anno provocherebbe – fonte Coldiretti – la liberazione di 11,5 milioni di kg di CO2, una quantità pari all’inquinamento provocato da sei milioni di chilometri percorsi in auto.D’altro canto, un albero di Natale naturale viene coltivato in un vivaio, se non prelevato dalle cime dei pini o degli abeti montani, e per ottenerlo si consuma energia nell’uso di fertiliz-zanti, per le lavorazioni meccaniche e per il trasporto. Per ogni ettaro di alberelli espiantati verrebbe a mancare la produzione di ossigeno per ben 45 persone.Insomma luci a Led e alberi di Natale ecologici sono valide alternative per ri-durre al minimo gli sprechi che spesso accompagnano le festività, e com-piere così un gesto concreto a favore dell’ambiente, cioè, a favore di noi tutti.Felice e luminoso Natale.

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PULIRE IN MODO ECOLOGICOdi Claudia Romeo

I N B R E V EE C O LO G I A E R I S PA R M I O

Le civiltà possono collassare. La storia e l’archeologia documentano come ciò sia già avvenuto in passato. La descrizione del loro declino consente di rintracciare alcune costanti, certi fattori ambientali e sociali, che possono essere considerati come altrettanti sintomi che una certa comunità umana ha raggiunto una fase di evoluzione massima. A quel punto i problemi sono divenuti così complessi che o si opera una transizione a una fase nuova, con forme di organizzazione interna più semplici, o si assisterà al collasso della comunità. Guido Cosenza fornisce una persuasiva analisi del modello socio-economico attuale, pervenendo a una sintesi del complesso di elementi che inducono a ritenere che oggi siamo effettivamente entrati in una fase evo-lutiva anticipatrice di collasso. La sua descrizione è misurata, priva di toni apocalittici, ma guidata da una logica interna stringente, contrappuntata di esempi storici e di cronaca recente che ne attenuano la disciplina a mo-delli astratti, senza tuttavia venire meno alla necessità di una costruzione rigorosa. Costruzione che non è fine a se stessa, ma finalizzata a individuare quei comportamenti collettivi e individuali che hanno già fatto capolino tra le pieghe della nostra comunità e che una guida politica saggia potrebbe so-stenere e cercare di diffondere, avviandola a una transizione non traumatica verso una società ecocompatibile.

Il libro

La transizione Analisi del processo di transizione a una società postindustriale ecocompatibile

Feltrinelli Editore, campi del sapere, pp. 128, € 13,00

Guido Cosenza (Napoli 1936) è professore associato presso l’Univer-sità “Federico II” di Napoli. Ha lavorato nel campo delle particelle elemen-tari. Ha pubblicato presso la casa editrice Bollati Boringhieri un testo in tre volumi di lezioni di Metodi matematici per la fisica.

La Rubrica

Ogni giorno ognuno di noi è sedotto da pubblicità in cui appaiono case linde e perfettamente igienizzate. Alcuni messaggi, poi, ci inducono a pensare che voler bene ad un figlio che gattona sul pavimento significhi utilizzare il super prodotto che uccide tutti i germi. E così le nostre case si riempiono di detergenti di ogni genere, dai più classici a quelli per lavare i capi scuri, quelli per sbiancare, ac-chiappacolori da aggiungere ai lavaggi, anticalcare di ogni tipo, sgrassanti e così via dicendo.La conseguenza di tutto questo è che ogni anno in Italia si consumano oltre dieci milioni di quintali di detersivi e relativi imballaggi.Ma è davvero necessario disporre di queste armi?E’ risaputo che molte delle sostanze contenute nei detersivi vengono assorbite attraverso la pelle o inalate. Ad esempio, l’ammorbidente per il bucato viene prelevato alla fine del lavaggio e praticamente ne rimane una pellicola sui vestiti che poi indossiamo e, quindi, rimane a contatto con la nostra pelle.Pulire in modo ecologico, diminuendo il nostro impatto ambientale e facendo del nostro meglio per quel bimbo che gattona, è possibile e richiede solo una piccola fatica, quella di iniziare un cambiamento.Per questo motivo, a partire da questo numero, nascerà una rubrica su La Bussola, ove daremo consigli concreti per ridurre i detersivi in casa senza dover perdere troppo tempo in attività domestiche, senza rinunciare alla corretta e sana pulizia ed igiene e, possibilmente, risparmiando denaro.

SPRUZZATORE ALL’ACETOIn base a quanto si tollera l’odore dell’aceto, si possono preparare soluzioni al 20% o 30% o 40% di aceto in acqua.In pratica, in uno spruzzino (che potete riciclare utilizzandone uno in cui avevate un classico deter-gente) si mette la quantità che si preferisce di aceto e di acqua.In casa non rimarrà odore di ace-to, essendo una sostanza molto volatile. Se proprio dovesse darvi fastidio anche il minimo odore che si sente all’inizio, ci sono due soluzioni: si può ricorrere all’ace-to di mele oppure aggiungere alla soluzione 2-3 gocce dell’olio essenziale che si preferisce.

COME LAVARE I VETRIPer vetri molto sporchi è consi-gliabile usare acqua calda e aceto. Il lavaggio diventa più efficace se si utilizza un panno in microfibra (i cosiddetti panni magici, lavabili).Una soluzione anche molto concentrata di acqua e aceto non richiede risciacquo, quindi si lava e si asciuga.Ci sono due metodi per asciugare bene i vetri: uno consiste nell’usa-re la spatola di gomma (quella che a volte usa il benzinaio per il parabrezza), l’altro nell’utilizzare i fogli dei quotidiani ben appal-lottolati. Quest’ultimo metodo è quello che preferiamo perché con esso si opera un riciclo (carta) e si riutilizza un inquinamento già speso (inchiostro). Per vetri normalmente sporchi esiste un metodo più veloce, utilizzare uno spruzzatore all’aceto. Si spruzza e si asciuga direttamente.

Finalmente ci siamo! Il Natale è alle porte e strade, palazzi, giardini e ne-gozi si addobbano a festa per illumi-nare di mille luci e colori le prime notti fredde d’inverno. Anche in molte case luci a intermittenza ornano non solo l’albero ma anche i presepi e i cami-netti. In effetti, quella delle luci e delle luminarie è una tradizione che affon-da le sue radici nella notte dei tempi. Dalla stella cometa della tradizione cristiana, che illumina il pellegrinaggio dei Re Magi, alla festa HYPERLINK “http://it.wikipedia.org/wiki/Ebrai-smo” \o “Ebraismo” ebraica della luce, la HYPERLINK “http://it.wikipedia.org/wiki/Hanukkah” \o “Hanukkah” Hanukkah, che cade il venticinque-

di Angelo d’Agostino

LE LUCI DEL NATALE

simo giorno di HYPERLINK “http://it.wikipedia.org/wiki/Kislev” \o “Kislev” Kislev (dicembre), dalle celebrazioni pagane del solstizio d’inverno ai satur-nali romani.Insomma è davvero difficile per molti sottrarsi al fascino che esse, le luci, esercitano su ognuno di noi. Ma per chi ha anche una sensibilità verso i temi del consumismo e dell’ecososte-nibilità, come far conciliare tradizione e risparmio energetico?Lasciando da parte per questi giorni di festa approcci fin troppo austeri, è possibile limitare i ‘danni’ e godersi lo spettacolo di luminarie alimentate con pannelli fotovoltaici, addobbi con luci a basso consumo, alberi di Natale di

cartone pressato e presepi realizzati con materiale riciclato.Per le luci da interno, solitamente di diverse lunghezze e dimensioni, da qualche anno sono disponibili sul mercato quelle a Led, certamente a più basso consumo elettrico ma anche meno economiche delle tradi-zionali e più inefficienti luci a incan-descenza. Con pochi euro, inoltre, è possibile acquistare una centralina di controllo dell’intermittenza per dare alla luminaria il gioco di luce voluto e al contempo limitarne il periodo di accensione.Le lampadine a incandescenza hanno un rendimento di circa il 2% di lumi-nosità (cioè di tutta l’energia ricevuta, solo il 2% viene trasformata in luce, mentre il resto diventa calore e viene disperso nell’ambiente circostante). Quelle a Led hanno invece un ren-dimento dieci volte superiore. Certo, finché le luci si trovano all’interno della vostra casa, il calore ceduto, anche se

“Come arrivano lontano i raggi di quella piccola candela: così splende una buona azione in un mondo malvagio”

W. Shakespeare

non in grande misura, contribuisce a riscaldare la stanza. Ma se le luci vengono utilizzate all’esterno, il calore prodotto viene completamente disper-so. Comunque, la scelta della lampadi-na è solo uno dei fattori che incidono sul consumo energetico. È inoltre possibile ridurre il consumo di energia elettrica limitando l’illuminazione ai soli momenti di presenza in casa, ad esempio installando opportuni sensori di movimento, o assicurandosi che le luci non rimangano accese per tutta la notte, grazie all’utilizzo di timer per programmarne l’accensione e lo spegnimento.Molti, poi, alimentano le luci esterne collegandole a una presa elettri-ca interna, facendo passare il cavo della prolunga attraverso una finestra semiaperta e contribuendo così a una maggiore dispersione di calore dalla casa. Per evitare questo spiacevole inconveniente si possono utilizzare le luci Led, ottime per gli esterni, con ali-

mentazione a energia solare, complete di pannello fotovoltaico e batterie. Le luci si accendono di notte e si spengo-no automaticamente di giorno, quando avviene la ricarica.E per chi non ha un abete in giardino? La scelta tra l’acquisto di un albero coltivato o di uno sintetico in plasti-ca non è più obbligata. Oggi è infatti possibile coniugare la magica atmo-sfera natalizia con il rispetto dell’am-biente e dotarsi di un albero di Natale completamente ecologico, realizzato con il 100% di fibre resistenti di cartone riciclato, e riutilizzabile più volte. Se poi non è più possibile riutilizzarlo, l’albero si smaltisce nei contenitori preposti per il riciclaggio della carta.Invece gli alberi di plastica, che sono prodotti soprattutto in Cina, vengono ottenuti con materiali che comprendo-no anche varie leghe metalliche e pla-stiche tipo PVC e PET, comportano un notevole dispendio di energia e sono fonte di inquinamento nel processo di produzione, trasporto e smaltimento.L’acquisto stimato di circa mezzo mi-lione di alberi finti di plastica all’anno provocherebbe – fonte Coldiretti – la liberazione di 11,5 milioni di kg di CO2, una quantità pari all’inquinamento provocato da sei milioni di chilometri percorsi in auto.D’altro canto, un albero di Natale naturale viene coltivato in un vivaio, se non prelevato dalle cime dei pini o degli abeti montani, e per ottenerlo si consuma energia nell’uso di fertiliz-zanti, per le lavorazioni meccaniche e per il trasporto. Per ogni ettaro di alberelli espiantati verrebbe a mancare la produzione di ossigeno per ben 45 persone.Insomma luci a Led e alberi di Natale ecologici sono valide alternative per ri-durre al minimo gli sprechi che spesso accompagnano le festività, e com-piere così un gesto concreto a favore dell’ambiente, cioè, a favore di noi tutti.Felice e luminoso Natale.

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