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UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE Facoltà di medicina e chirurgia – Sede di Roma Corso di laurea in logopedia TESI DI LAUREA Diritto allo studio e CAA in persone con complessi bisogni comunicativi Relatore Correlatore Dott.ssa Teresa Randò Log. Eleonora Moore Laureanda Lorenza Fratini Anno Accademico 2016/2017

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UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE

Facoltà di medicina e chirurgia – Sede di Roma

Corso di laurea in logopedia

TESI DI LAUREA

Diritto allo studio e CAA

in persone con complessi bisogni comunicativi

Relatore Correlatore

Dott.ssa Teresa Randò Log. Eleonora Moore

Laureanda

Lorenza Fratini

Anno Accademico 2016/2017

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“Se non imparo nel modo in cui mi insegni,

insegnami nel modo in cui io imparo.”

(Anonimo)

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INDICE

INTRODUZIONE ............................................................................................................................4

Capitolo 1 - COMUNICAZIONE AUMENTATIVA E ALTERNATIVA ................................................6

1.1. DEFINIZIONE .................................................................................................................6

1.2. NASCITA E DIFFUSIONE .................................................................................................7

1.3. A CHI E’ RIVOLTA? .........................................................................................................9

1.4. BASI NEUROFISIOLOGICHE ..........................................................................................10

1.5. AUSILI ..........................................................................................................................12

Capitolo 2 - VALUTAZIONE ........................................................................................................17

2.1. VALUTAZIONE DELLE BARRIERE DI OPPORTUNITA’ .........................................................18

2.2 VALUTAZIONE DELLE BARRIERE DI ACCESSO ....................................................................19

Capitolo 3 - DAL LINGUAGGIO ALL’APPRENDIMENTO.......................................................... 23

3.1 INCLUSIONE SCOLASTICA DELLE PCBC ..............................................................................26

Capitolo 4 - MATERIALI E METODI ............................................................................................29

4.1 POPOLAZIONE DI STUDIO ...........................................................................................29

4.2. METODOLOGIA…………………………………………………………………………………………………………32

Capitolo 5 - RISULTATI ...............................................................................................................40

Capitolo 6 - DISCUSSIONE E CONCLUSIONI .......................................................................... 56

6.1 DISCUSSIONE ..............................................................................................................56

6.2 CONCLUSIONI..............................................................................................................59

ALLEGATO A QUESTIONARIO DI PERCEZIONE ..........................................................................61

BIBLIOGRAFIA ............................................................................................................................62

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INTRODUZIONE

“Il silenzio del mutismo non è mai buono. Tutti noi abbiamo bisogno di comunicare ed

entrare in contatto con gli altri, non solo in un unico modo, ma tramite tutte le vie possibili.

E’ un fondamentale bisogno umano, un diritto umano primario. Di più: è un potere umano

primario dell’uomo” (Williams, 2000).

Con queste parole Michael Williams evidenzia l’importanza della comunicazione nel

determinare la qualità di vita di un individuo. La comunicazione e il linguaggio non sono

solo un traguardo nello sviluppo del bambino, ma ne rappresentano anche la base e uno

degli strumenti per la costruzione di un’identità condivisa, delle relazioni con gli altri e

di tutto il percorso di apprendimento successivo. Da ciò deriva che la presenza di un

disturbo della comunicazione influisce significativamente sulla continua costruzione di

significati tra il bambino e il mondo che lo circonda e sul suo funzionamento cognitivo,

spesso già compromesso di base. Emerge quindi l’importanza di intervento precoce di

Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA), cioè di un intervento mirato ad

accrescere e sostenere le competenze comunicative del soggetto prevenendo così

un ulteriore impoverimento sociale, simbolico e cognitivo (Costantino, 2014). Questo

tipo di intervento però per essere davvero efficace non deve essere limitato alle stanza di

terapia ma coinvolgere tutti gli ambienti di vita del soggetto, soprattutto quello familiare

e scolastico.

L’inclusione scolastica delle Persone con Complessi Bisogni Comunicativi (PCBC) è un

aspetto di grande attualità, tema centrale delle conferenze ISAAC Italy di questi ultimi

anni. Da una recente ricerca del MIUR, nell’anno scolastico 2014-2015, gli alunni con

disabilità sono stati stimati pari al 3,1% degli alunni nella Scuola Primaria e al 3,8% nella

Scuola Secondaria di I grado (ISTAT, 2015).

Scopo del presente lavoro è quello di descrivere i risultati ottenuti dalla proposta di un

Progetto di CAA Integrato, avanzata dal Centro di Riabilitazione UILDM (Unione

Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) sezione Lazio, alle scuole di cinque pazienti con

gravi disturbi dello sviluppo verbale. Questi pazienti non solo comunicano attraverso

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sistemi di CAA ma sono sostenuti da questi nella comprensione di ciò che è detto loro dai

partners comunicativi. Pertanto privarli dei loro ausili nei vari ambienti frequentati,

soprattutto a scuola, significa annullare sia le loro possibilità comunicative, bloccandoli

in una condizione di deprivazione sociale, sia le loro potenzialità di apprendimento.

L’inclusione scolastica degli alunni con disabilità rappresenta l’esercizio di un diritto

inalienabile che facilita le relazioni tra pari in totale autonomia senza la mediazione

dell’adulto, stimola il senso di appartenenza al gruppo classe, accresce l’attenzione e

ancora supporta lo sviluppo emotivo, linguistico e cognitivo.

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Capitolo 1

COMUNICAZIONE AUMENTATIVA E ALTERNATIVA

1.1. DEFINIZIONE

La Carta dei diritti alla comunicazione redatta nel 1992 dalla "National committee for the

communication need of person with severe disabilities" sancisce che “ogni persona,

indipendentemente dal grado di disabilità, ha il diritto fondamentale di influenzare

mediante la comunicazione, le condizioni della sua vita”.

Fino a 50 anni fa l’attenzione era focalizzata esclusivamente sui fattori eziologici delle

patologie e veniva fornita, per ogni sindrome e disturbo, una descrizione delle principali

caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche. Solo nel 2001 con l’introduzione

dell’ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health) è

accantonato il concetto di malattia inteso come menomazione giungendo così ad una

nuova idea di salute, intesa come benessere fisico, mentale, relazionale e sociale che

riguarda l’individuo, la sua globalità e l’interazione con l’ambiente.

E’ in questo contesto che va collocata la Comunicazione Aumentativa e Alternativa. L’

ASHA (American Speech-Language-Hearing Association) nel 2005 ha definito la CAA

come segue:

“La Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA) si riferisce ad un’area di ricerca e

di pratica clinica ed educativa. La CAA studia e, quando necessario, cerca di compensare

disabilità comunicative temporanee o permanenti, limitazioni nelle attività e restrizioni

alla partecipazione di persone con severi disordini nella produzione del linguaggio

(language) e/o della parola (speech), e /o di comprensione, relativamente a modalità di

comunicazione orale e scritta.

L’aggettivo «aumentativa» indica la continua attenzione non a sostituire ma ad accrescere

la comunicazione naturale, utilizzando tutte le competenze dell’individuo e includendo le

vocalizzazioni o il linguaggio verbale residuo, i gesti e i segni. Il termine «alternativa» è

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stato invece progressivamente sempre meno utilizzato perché alimenta l’idea che vi sia

qualcosa che «porta via» anziché aggiungere (Costantino, 2014; Rivarola, 2012).

1.2. NASCITA E DIFFUSIONE

La CAA ha origine nel Nord America, in Canada, tra la fine degli anni ‘50 e l’inizio degli

anni ‘60 grazie ad un movimento culturale che pose attenzione alla disabilità e ai bisogni

comunicativi delle persone disabili. Furono proprio le persone con grave deficit dello

sviluppo verbale e i loro caregivers a mettere le basi per lo sviluppo della CAA.

Tra di essi Michael Williams, persona con complessi bisogni comunicativi, fu il primo ad

utilizzare una tabella alfabetica per esprimersi in contesti diversi da quelli familiari,

aumentando così notevolmente le sue possibilità comunicative. Tra gli anni ‘50 e ‘70 i

progressi in campo medico e riabilitativo condussero ad un aumento di casi di bambini

con patologie alla nascita e di adulti con patologie acquisite che si trovavano in situazioni

di grave disabilità motoria ed impossibilità a comunicare attraverso il linguaggio orale. Il

miglioramento della prognosi per l’uso di una comunicazione alternativa al linguaggio

orale ha contribuito a giustificare approcci diversi da quello oralistico.

Nel 1971 Shirley Mac Naughton, con un gruppo di colleghi, avviò in Canada presso

l’Ontario Crippled Children Center un progetto di ricerca, utilizzando simboli grafici

(Blissymbolics) che Charles Bliss aveva inventato con l’intenzione di farne un linguaggio

universale per eliminare le barriere. Tali simboli, basati sul significato e non sulla

fonetica, venivano appresi con facilità anche da chi non riusciva ad acquisire il codice

alfabetico e permettevano l’espressione di concetti complessi. I risultati furono

entusiasmanti e i simboli Bliss si diffusero rapidamente in tutto il mondo.

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La diffusione di questi sistemi simbolici ha contribuito ad accelerare il processo di

strutturazione di questo nuovo campo clinico, furono organizzati corsi di formazione e

iniziate presso numerose sedi universitarie del Nord America e del Nord Europa le prime

ricerche in campo clinico e tecnologico.

Un approccio funzionale per facilitare la comunicazione delle persone non parlanti

attraverso modalità non orali, fu considerato legittimo solo verso la fine degli anni ‘70.

Una legge americana del 1975 che riconosceva il diritto all’educazione per tutti i bambini

con disabilità, e quindi il loro diritto a vivere nella comunità, diede ancora più forza a

questa corrente di pensiero riabilitativo anche se molti professionisti continuavano a

sostenere che l’uso di modalità diverse avrebbe danneggiato una possibile emergenza del

linguaggio orale e i programmi di CAA venivano comunque sempre implementati dopo

il fallimento di forme tradizionali di terapie del linguaggio. Nel 1980 e nel 1982 a Toronto

si tennero le prime conferenze internazionali sulla “Comunicazione non orale”. Nel corso

della conferenza del 1982 fu presa la decisione di creare un’organizzazione

esclusivamente dedicata a questo campo clinico. Nel 1983 professionisti di 25 Paesi del

mondo fondarono a New Lansing (Michigan - USA) l’International Society for

Augmentative and Alternative Communication (ISAAC) e decisero di chiamare l’area di

interesse Augmentative and Alternative Communication. In quegli anni i progressi

nell’area della tecnologia contribuirono ad arricchire ulteriormente il campo della CAA.

In Italia la diffusione e lo sviluppo della CAA ha registrato e continua a registrare un

ritardo rispetto al Nord America e al Nord Europa. Tappe significative nella diffusione

Figura 1 Blissymbolics

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della CAA in Italia possono essere considerate la formazione del Gruppo Italiano per lo

Studio della Comunicazione Aumentativa e Alternativa (GISCAA) nel 1989 e la

creazione della prima scuola annuale di formazione in CAA a Milano presso il Centro

Benedetta D'Intino onlus nel 1996. Altra tappa significativa per il nostro Paese è stata la

fondazione nel 2002 del Chapter ISAAC Italy. Scopi di ISAAC Italy, oltre a quello di

sviluppare gli obiettivi di ISAAC Internazionale, sono quelli di divulgare e promuovere

il campo interdisciplinare della CAA, facilitare l’accesso alle conoscenze specifiche e

diffondere una corretta cultura di CAA anche attraverso le conferenze ISAAC in Italia e

la traduzione di alcuni articoli e testi di rilevanza per la CAA (Rivarola, 2012).

1.3. A CHI E’ RIVOLTA?

La CAA è pensata per le Persone con Complessi Bisogni Comunicativi ovvero per tutte

quelle persone che presentano una limitazione temporanea o permanente della

comunicazione. Tale limitazione non interessa solo le capacità espressive orali e mentre

inizialmente negli Usa le esperienze più significative sono state compiute con adulti con

disabilità motoria di articolazione del linguaggio, oggi la maggior parte delle persone che

utilizza la CAA ha bisogni comunicativi più complessi. Sono cioè presenti non solo

difficoltà in uscita e quindi nel farsi capire dagli altri, ma anche in entrata cioè nel capire

ciò che gli altri vogliono comunicare.

Un intervento di CAA è proponibile sia in patologie acquisite che congenite, ad esempio

in adulti in seguito ad ictus o trauma cranico o con malattie neuromuscolari, e in bambini

con paralisi cerebrali infantili, disabilità intellettiva, aprassia del linguaggio e autismo.

Uno studio condotto da Beukelman e Mirenda nel 2012 ha evidenziato che l’1,3% della

popolazione americana riesce ad usare le proprie capacità per soddisfare i propri bisogni

comunicativi. In particolare in età scolare il tasso di prevalenza delle PCBC si aggira

intorno allo 0,6% (Kate Anderson, 2012). In Italia più del 2% della popolazione tra 0 e

18 anni è disabile e almeno un quarto di essa presenta disturbi di comunicazione transitori

o permanenti, per un totale di circa 50.000 bambini (MIUR, 2005). Tali quadri di multi-

disabilità rendono necessaria la continua interazione di competenze professionali diverse:

neuropsichiatra infantile, psicologo, logopedista, terapista della neuropsicomotricità

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dell’età evolutiva, etc. L’intervento non si rivolge soltanto al bambino ma anche a tutte le

persone che interagiscono con lui per soddisfare nel tempo i bisogni comunicativi in

continuo cambiamento del bambino.

1.4. BASI NEUROFISIOLOGICHE

Comunicare significa anche capire il comportamento dei nostri interlocutori. La naturale

predisposizione dell’uomo a comprendere le azioni altrui ha trovato un suo fondamento

scientifico anche con la scoperta di particolari neuroni, i “neuroni specchio”, da parte di

Giacomo Rizzolatti e colleghi presso il Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di

Parma, verso la metà degli anni ‘90 (Rizzolatti G., 1996). I neuroni specchio sono una

particolare classe di neuroni originariamente scoperti in un settore della corteccia

premotoria della scimmia (Area F5): questi si attivano sia quando la scimmia esegue una

determinata azione, sia quando osserva un altro individuo mentre la compie (Gallese,

1996). Il riconoscimento di azioni altrui è possibile in quanto la popolazione di neuroni

attivata nell’area premotoria durante l’osservazione è congruente a quella che si genera

internamente per riprodurre tale azione (Arbib, 2010): infatti, i neuroni specchio

permettono una rappresentazione interna, o meglio, una simulazione incarnata di una

determinata azione reale, “mappando le azioni osservate sugli stessi circuiti nervosi che

ne controllano l’esecuzione attiva”. Da questo studio è emerso inoltre che nel sistema

corticale dei neuroni specchio vi è un coinvolgimento anche del lobo parietale inferiore

(aree PFG e AIP) che riceve afferenze dalla corteccia del solco temporale superiore e dal

lobo temporale ed invia efferenze alla corteccia premotoria ventrale (area F5). Il lobo

parietale inferiore si occupa in modo specifico dell’esecuzione e/o osservazione di atti

motori effettuati con la bocca come il “Lipsmacking” (movimenti affiliativi delle labbra),

la protrusione delle labbra o della lingua. Questi atti motori hanno una maggiore

flessibilità e sono maggiormente coinvolti in interazioni sociali rispetto ai richiami sonori

(Rozzi S, 2008). Ciò evidenzia come i neuroni specchio riescano a riconoscere movimenti

che hanno un valore sociale e comunicativo. Nel 1995 Rizzolatti e coll. confermano per

la prima volta l'esistenza nell'uomo di un sistema simile a quello trovato nella scimmia.

L’area F5 sembra essere omologa alla parte posteriore del giro frontale inferiore

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dell’emisfero sinistro degli esseri umani, cioè all’area di Broca (area 44 di Brodmann).

Dagli studi condotti con RMNf emerge che non solo nel nostro cervello non è necessaria

una concreta interazione con gli oggetti per l’attivazione dei neuroni specchio, ma anche

che questa avviene quando l’azione è solo mimata, in condizioni di non completa visione

dell’atto motorio o in caso di semplice ascolto del suono di un determinato atto. Tali

neuroni sono attivati quindi anche nei portatori di amputazioni o plegie degli arti, nel caso

di movimenti degli stessi, nonché in soggetti ipovedenti o ciechi.

Un ulteriore studio di fMRI ha dimostrato che la lettura silenziosa o l’ascolto di parole o

frasi che descrivono azioni della bocca, della mano o del piede attivano differenti settori

della corteccia motoria e premotoria che controllano quelle stesse azioni (Hauk O., 2004).

Questi dati suggeriscono che il sistema dei neuroni specchio sia non solo coinvolto nella

comprensione del significato delle azioni osservate, ma si attivi anche durante la

comprensione di espressioni linguistiche descriventi le stesse azioni.

1.4.1 Sistema mirror e CAA: un rapporto ipotizzabile

L’attività dei neuroni specchio rappresenta il punto di incontro tra l’informazione inviata

e quella ricevuta, un rapporto condiviso fra emittente e ricevente, cruciale in ogni tipo di

comunicazione. L’attivazione di una popolazione di neuroni specchio in seguito

all’osservazione dello svolgimento di un’azione, rappresenta la conferma dell’avvenuta

comprensione dell’informazione da parte del ricevente. Tale rapporto condiviso può

rappresentare il supporto di osservazioni cliniche relative all’adeguatezza di un

inserimento precoce e continuativo di una persona con difficoltà comunicative in un

contesto interattivo significativo, dove i partners comunicativi propongono atti motori e/o

linguistici comprensibili e potenzialmente riproducibili. Considerando l’abilità di imitare

negli esseri umani alla base dell’apprendimento e della comunicazione, l’aiuto nel

compiere l’azione e l’associazione di gesti a messaggi verbali, sono la struttura per la

costruzione di questo contesto. Dalla condivisione dell’azione e dell’attenzione, la

persona con un disturbo della comunicazione può essere portata a sviluppare una capacità

comunicativa anche attraverso l’utilizzo di codici alternativi al linguaggio verbale

(Iacoboni M., 1999). Questo può supportare l’osservazione clinica che l’esposizione

precoce e continuativa di PCBC ad un contesto comunicativo non verbale permette di

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sperimentare sia il significato relazionale di un atto motorio, sia l’autodeterminazione con

l’imitazione di un atto motorio comunicativo di scambio tra simbolo grafico e oggetto

corrispondente. Partendo dalle abilità della persona, si costruisce un percorso di

apprendimento che vede la condivisione dell’azione prassica per il controllo del gesto di

indicazione e la condivisione dell’attenzione sull’obiettivo, quindi la condivisione della

comunicazione costituita dallo scambio tra emittente e ricevente.

1.5. AUSILI

“La forza della CAA risiede in gran parte nella vasta gamma di simboli e segnali, diversi

da quelli utilizzati nel parlato, che le persone possono impiegare per inviare messaggi.

Soprattutto per le persone che non sono in grado di leggere o scrivere, la capacità di

rappresentare messaggi e concetti in modi alternativi risulta centrale per la

comunicazione” (Beukelman D.R., 2014). Un intervento di CAA non può essere definito

solo una tecnica riabilitativa poiché implica la costruzione di un sistema flessibile su

misura per ogni persona, da promuovere in tutti i momenti e i luoghi della vita. Questo

sistema, infatti, consente al soggetto che lo utilizza di sfruttare tutte le sue possibilità

comunicative, pertanto diventa per lui necessario ed indispensabile in ogni momento, non

solo nella stanza di terapia. Per una persona con complessi bisogni comunicativi,

l’accesso a metodi alternativi di comunicazione implica la selezione di messaggi o codici

da un set relativamente stretto di opzioni, combinate tra loro in modo da realizzare la

comunicazione di vari messaggi.

1.5.1. Simboli

I simboli possono essere Unaided o Aided: i primi non hanno bisogno di supporti o di

dispositivi esterni per la loro produzione, come la LIS (Lingua italiana dei segni) e i gesti.

I secondi, hanno bisogno di un qualsiasi tipo di supporto per essere prodotti, come per gli

oggetti reali o simboli cartacei. (Lloyd L., 1986). I simboli Aided sono divisi secondo

diverse caratteristiche, prima fra tutte l’iconicità, l’associazione che si stabilisce tra

simbolo e referente che li distingue in trasparenti, traslucenti, grafici e simboli opachi.

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I simboli trasparenti sono sovrapponibili al concetto che rappresentano, sono per questo

utilizzati con maggiore frequenza con chi ha un livello di sviluppo più compromesso o

disabilità sensoriale: sono in genere introdotti nelle prime fasi di un approccio di CAA,

sono simboli tangibili e tridimensionali come ad esempio oggetti fissati a cartoncini o a

tavole con velcro. I simboli traslucenti non sono oggettivamente riconducibili al

significato che esprimono ma sono facilmente intuibili e di facile riconoscimento, come

per esempio i simboli “basta” e “ancora”.

I simboli opachi non fanno percepire alcuna relazione simbolo-referente anche quando è

noto il significato del simbolo (Fuller D., 1991), come per esempio i Blissymbolics. I

simboli grafici sono intuibili e costituiti da foto di persone o luoghi, biglietti di treni o

feste, logo di prodotti. Sono utilizzati soprattutto nella costruzione del “Quaderni dei

resti”, un diario delle esperienze personali scritto dall’utente usando le proprie modalità

comunicative.

I simboli si raggruppano in Set e Sistema. Un set di simboli non ha regole grammaticali,

come ad esempio i PCS (Pictures Communication Symbols) o quali sono fra i più

utilizzati nel mondo, disponibili in molte lingue. E’ un set costituito da oltre 18.000

elementi da assemblare insieme con il grande vantaggio di essere facilmente

comprensibili dai bambini. Ottimi per la costruzione delle Tabelle di comunicazione e

meno consigliati per la traduzione di testi o storie in quanto non vi è la morfologia libera.

Invece si parla di sistema di simboli quando organizzati grammaticalmente fra loro. Il

primo ad essere utilizzato in CAA è stato il BLISS, un sistema molto complesso costituito

da 4500 simboli non comprensibili intuitivamente. Negli ultimi anni sono stati sviluppati

Figura 2 Simboli PCS "Ancora e "Basta"

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i WLS, oltre 12000 simboli in bianco e nero, molto utilizzati nella traduzione di testi, più

astratti dei PCS ma comprensibili e in buona parte intuitivi.

1.5.2 Tipologie di Ausili e Accessi

La comunicazione può essere di norma multimodale multicanale, impiega cioè non solo

i più noti canali uditivo-vocale-orale, visivo-grafico-plastico e visivo-mimico-gestuale

ma qualsiasi collegamento fra un’uscita espressiva dell’emittente (non solo muscolare

volontaria, ma anche escretiva, secretiva, vasomotoria) e un qualsiasi ingresso del

ricevente. Anche la CAA è per definizione multimodale e multicanale e sono diverse le

modalità espressive che si possono utilizzare. Si possono fornire strumenti suddivisi in

due categorie: low-tech e high-tech.

-Ausili Low-tech

In questa categoria rientrano tutti gli strumenti che utilizzano supporti cartacei e visivi.

Un ausilio a bassa tecnologia ampiamente usato per la composizione di parole e frasi è

l’ETRAN (dall’ inglese Eyes Transfer), costituito da un pannello in plexiglass sul quale

possono essere fissate lettere e numeri, può essere utilizzato da chi ha una conoscenza

alfabetica.

Figura 3 Simboli WLS

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Un altro ausilio Low-tech è la tabella di comunicazione, una raccolta di simboli strutturata

secondo le necessità della persona che può esprimere i propri gusti, interessi e bisogni.

Ne esistono diverse tipologie tra le quali il Quaderno dei resti e la Tabella a tema.

Quest’ultima è caratterizzata da un vocabolario specifico poiché è pensata per situazioni

definite, come ad esempio la tabella del gioco della cucina.

Il quaderno dei resti è utile come presentazione della persona, in genere un bambino in

situazioni nuove, con nuove partner comunicativi. Grazie ad essa il bambino può

presentarsi, descriversi, far sapere all’interlocutore quali siano le sue capacità

comunicative.

-Ausili High-tech

Gli Ausili ad alta tecnologia utilizzano display, tablet, computer e comunicatori con uscita

in voce sintetica e attualmente questa tipologia è sempre più utilizzata. Esistono

applicazioni per la creazione di tabelle comunicative su dispositivi elettronici che

consentono di inserire foto e video del bambino. Esiste una terza tipologia di ausili

definita a “media” tecnologia poiché contengono uno o più messaggi preregistrati. Ne è

un esempio il VOCA (Voice Output Communication Aids), un comunicatore audio in cui

si può registrare uno o più messaggi della durata di venti secondi tramite un microfono

interno. Il VOCA è molto utilizzato soprattutto nelle fasi iniziali di un percorso CAA, per

esempio nelle affermazioni/negazioni e per presentarsi. E’ di semplice utilizzo e

facilmente trasportabile grazie alla possibilità di essere fissato sulle carrozzine. In

generale, nonostante il numero limitato di messaggi preregistrati di cui il soggetto può

usufruire, il VOCA offre notevoli vantaggi, quali l’aumento della partecipazione in un

Figura 4. Utilizzo e disposizione alfabetica nell’ETRAN

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contesto comunicativo, la riduzione dei tempi di conversazione e il richiamo

dell’attenzione dell’interlocutore.

Figura 6. Pagina di tabella comunicativa di un

paziente del Centro UILDM Figura 5. Voca ad una uscita

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Capitolo 2

VALUTAZIONE

Come già emerso, l’obiettivo principale di un intervento di Comunicazione Aumentativa

e Alternativa è quello di incrementare e costruire competenze comunicative affinché la

PCBC possa esprimersi al meglio. In questo ambito la valutazione si discosta molto da

quella tradizionale: non richiede la somministrazione di test standardizzati poiché lo

scopo non è quello di confrontare la persona con i pari della stessa età (Snell M., 2003).

A tal proposito nel 2004 l’American Speech-Language-Hearing Association adottò il

“Modello di partecipazione”, formulato da Beukelman D.R. e Mirenda P. nel 1988, come

schema di riferimento per la valutazione e la formulazione di un intervento mirato (D.R.

Beukelman, 2014).

Figura 7 “Modello di partecipazione” di Beukelman D.R. e Mirenda P.

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La CAA non è solo un approccio riabilitativo ma un intervento che interessa tutti i contesti

di vita del soggetto, pertanto si dovranno individuare non solo le abilità motorie,

sensoriali, cognitivo linguistiche ma si dovrà effettuare una raccolta di dati sugli ambienti

di vita e su tutti i partners comunicativi che ruotano intorno all’utente.

2.1. VALUTAZIONE DELLE BARRIERE DI OPPORTUNITA’

Nel 2003 Light ha sostenuto che l’acquisizione di abilità comunicative da parte delle

PCBC è influenzata non solo dalla competenza linguistica, operativa, sociale e strategica,

ma anche da una serie di fattori psicosociali, tra cui la motivazione, l’atteggiamento, la

fiducia e la resilienza (McNaughton, 2011). Poiché tutti questi fattori si sviluppano e si

modificano grazie all’ambiente, il Modello di Partecipazione analizza in primis proprio

la sfera socio-ambientale del bambino, come quest'ultimo si rapporta nei vari contesti e

viceversa. Si ricercano quindi tutte le barriere di comunicazione degli utenti di CAA

attraverso l’analisi e l'osservazione delle situazioni ed attività delle persone disabili.

Secondo il Modello di Partecipazione esistono due principali tipologie di barriere:

le barriere di accessibilità, dovute al grado di abilità della persona negli aspetti motori,

sensoriali, cognitivi e sociali, e le barriere di opportunità causate invece dall'ambiente

esterno ad esempio dalla mancanza di conoscenze specifiche sulla CAA, la carenza di

strutture e di personale qualificato, un atteggiamento negativo nei confronti della

disabilità. Secondo lo studio “Bridging the gap from values to actions: A family systems

framework for family-centered AAC services” (Mandak K, 2017) gli atteggiamenti

negativi delle famiglie verso l'uso di CAA sono una barriera che rendono inefficace

l’intervento. Le famiglie possono considerare la CAA come un’ultima risorsa o ritenere

che il loro bambino possa comunicare senza ausili (Iacono T., 2009). Per questo è

fondamentale dare la precedenza all’ambiente familiare nella valutazione ma anche

nell’intervento poiché rappresenta il principale partner comunicativo della PCBC.

L'obiettivo principale è di facilitare ogni persona cercando di eliminare gli ostacoli ed

incrementando i livelli di partecipazione dell'individuo stesso nei contesti naturali più

significativi progettando degli interventi specifici, opportuni e mirati.

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2.2 VALUTAZIONE DELLE BARRIERE DI ACCESSO

La valutazione di specifiche aree è utile per delineare il profilo delle capacità e

individuare le opzioni più appropriate di CAA. Segue una breve analisi delle aree da

indagare.

- Postura e capacità motorie

Le persone che necessitano di un approccio di CAA spesso presentano multi-disabilità,

in particolare disabilità neuromotorie. Possono riportare un aumentato o diminuito tono

della muscolatura di arti superiori e inferiori, persistenza di riflessi primitivi, deformità

scheletriche che alterano i movimenti volontari e la postura. Qui l’obiettivo principale è

l’individuazione della postura meno faticosa e più funzionale per favorire l’interazione

con l’ambiente e favorire le condizione per esprimere al meglio le capacità con minimo

sforzo. Valutare le capacità motorie significa ricercare la tecnica di selezione su un

dispositivo più appropriata. La selezione è diretta quando l’utente indica direttamente

l’item desiderato. Non sempre è necessario un contatto fisico, l’indicazione può avvenire

anche tramite gli occhi, con indicazione di sguardo o puntatori ottici o luminosi. Diversa

è invece la scansione che è la funzione del comunicatore di scorrere le varie caselle dei

simboli, come un cursore. Nella scansione automatica è necessario solo l’impiego di un

pulsante per confermare, in quella manuale è necessario un sensore per lo scorrimento dei

vari simboli. Per entrambe le tecniche, quando la capacità di controllo motorio volontario

degli arti superiori è maggiormente compromessa si individua un qualsiasi distretto

corporeo, come il capo e un piede, che possa attivare un sensore. E’ proprio questo uno

dei principali punti di forza della CAA, considera tutte le modalità che una persona con

disabilità comunicativa usa a livello intenzionale e non intenzionale per mettersi in

contatto con chi la circonda e vanno valutate e considerate ancor prima di consigliare

simboli e ausili (Rivarola, 2012).

- Area Sensoriale

Molto frequentemente alle disabilità di sviluppo e patologie acquisite delle PCBC sono

associati deficit sensoriali; quelli che hanno maggior rilevanza per la CAA sono i deficit

uditivi e visivi. La valutazione delle capacità visive comprende: l’analisi dell’acuità

visiva, del campo visivo, della funzionalità oculomotoria, della sensibilità a luce e colori,

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ed anche la fissazione, l'inseguimento ed i movimenti saccadici per l'esplorazione visiva.

Evidenziare un deficit è fondamentale perché consente di sapere per esempio, come ed in

quale posizione presentare i simboli o la tabella, decidere quali e di che dimensione

devono essere gli items e quanti possono essere collocati in una pagina. E’ importante,

inoltre, essere a conoscenza della presenza di deficit uditivi, anche se meno critici, per

poter prendere decisioni sulla tipologia di output più adeguata e per la proposta di

strumenti come i VOCA o la sintesi vocale.

- Area Cognitivo-linguistica

La valutazione cognitiva aiuta a stabilire quale deve essere il grado di astrazione del

simbolo per poter essere utilizzato dal soggetto. Non si individua però solo il livello di

intelligenza generale ma si valutano le singole funzioni o abilità nei diversi settori di

sviluppo neuropsicologico. Rowland e Schweigert hanno evidenziato sei aspetti dello

sviluppo cognitivo-comunicativo alla base della CAA:

1. Consapevolezza

Ci si riferisce alla teoria della mente e permette di sapere che le altre persone hanno

pensieri, desideri diversi dai nostri e che a determinati comportamenti corrispondono

specifiche conseguenze.

2. Intenzionalità comunicativa

Quando i comportamenti comunicativi sono diretti volontariamente verso l’interlocutore

con un significato deliberato.

3. Conoscenza del mondo

Insieme delle esperienze che hanno contribuito a creare motivazioni a ripetere le

esperienze piacevoli ed evitare quelle spiacevoli.

4. Memoria

Consente di categorizzare, recuperare, selezionare e mettere in sequenza messaggi che

sono costruiti con simboli e codici (Light, 1991).

5. Rappresentazione simbolica

Necessaria per comprendere la relazione tra simboli e loro referenti (Rowland, 2003).

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Per quanto riguarda la sfera linguistica è fondamentale osservare e riportare la modalità

comunicativa usata maggiormente dal bambino, verbale o non verbale, comprensibili o

meno. Si ricerca il gap tra comprensione e produzione e si osservano le competenze

comunicative già presenti al fine di identificare specifici obiettivi. E' importante osservare

se sono presenti alcune abilità comunicative come sapere e volere esprimere e far capire

i propri bisogni, desideri ed esigenze, esprimere il proprio assenso/dissenso, si/no,

richiedere aiuto al bisogno, rispettare i ruoli e i turni interattivi e richiamare l'attenzione

del partner comunicativo. E’ certamente di aiuto l’utilizzo di test standardizzati per la

valutazione del vocabolario, delle conoscenze morfosintattiche, abilità di letto-scrittura,

come riconoscimento visivo di parole e corrispondenza lettera-suono ma poiché la

maggior parte delle PCBC presentano multi-disabilità spesso non è possibile utilizzare

questi test.

Una novità nell’ambito della valutazione è rappresentata da un test di origine olandese,

Forerunners in Communication, di Roger Verpoorten, Ilse Noens e Ina van Berckelader-

Onners, tradotto in Italiano nel 2012. Il test è pensato per psicologi, logopedisti e tutti i

professionisti che lavorano sul potenziamento e lo sviluppo di abilità comunicative, nei

pazienti con disturbo dello spettro autistico e disabilità intellettiva e, in generale, in

pazienti con gravi compromissioni del linguaggio e della comunicazione. L’arco d’età di

riferimento varia da uno di sviluppo mentale di dodici mesi a uno di sessanta mesi e può

essere somministrato sia a bambini che ad adulti. E’ costruito sulla base della teoria della

coerenza centrale cioè la tendenza naturale ad elaborare gli stimoli in entrata globalmente

e nel contesto per una comprensione analitica della realtà (Frith, 1989,2002). Sulla base

dei risultati è possibile evidenziare come il bambino organizza le informazioni che

raccoglie dall’ambiente circostante, attraverso compiti di smistamento di oggetti. Definire

il livello di astrazione e la tipologia del simbolo più adeguati è fondamentale per evitare

di sovrastimare le capacità del bambino e per diminuire così la frustrazione derivante

dall’utilizzo di un approccio troppo complesso. Soggetti con gravi deficit dello sviluppo

verbale sono troppo spesso coinvolti in comunicazioni che utilizzano mezzi e significati

che non riescono a comprendere determinando, così, gravi problemi comportamentali (I.

Noens, 2006). Un lavoro degli stessi Autori del test, “The ComFor: an instrument for the

indication of augmentative communication in people with autism and intellectual

disability” di I. Noens, I. Van Berckelaer-Onnes, R. Verpoorten e G. van Duijn, mette in

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evidenza risultati che indicano che il test non solo ha un’alta affidabilità, validità e

coerenza interna ma che è uno strumento promettente per esplorare le competenze per la

comunicazione aumentativa.

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Capitolo 3

DAL LINGUAGGIO ALL’APPRENDIMENTO

C’è ancora molta diffidenza nei confronti della CAA: ad un primo sguardo potrebbe

sembrare meno efficace e molto lontana dal linguaggio verbale. In realtà i meccanismi di

apprendimento di un sistema di comunicazione simbolico sono sovrapponibili a quelli

dello sviluppo tipico. La presenza dell’alternanza del turno, dell’attenzione e

intenzionalità condivisa, la corrispondenza tra un concetto ed un’etichetta, non verbale

ma simbolica, annulla la distanza tra i due sistemi comunicativi. Un’ulteriore conferma

si può riscontrare nello studio del 1996 “Mapping the meanings of novel visual symbols

by youth with moderate severe mental retardation” di Romski M.A., Servcik R., Robinson

B., Mervis C. e Bertrand J. Da questo lavoro emerge che alcune PCBC sono in grado di

mappare velocemente nuovi significati veicolati da nuovi simboli proprio come avviene

nella fase di Fast Mapping, tra i 12 e i 15 mesi nello sviluppo tipico, caratterizzata da un

rapido accrescimento del vocabolario del bambino (Mirenda P., 2014). In entrambi i casi

la stimolazione e l’esposizione al linguaggio rappresenta una conditio sine qua non per

lo sviluppo del vocabolario nella comunicazione, sia essa verbale o simbolica. Nel corso

dello sviluppo del linguaggio, i bambini sono infatti immersi per almeno un anno in un

processo continuo di scambi comunicativi nella lingua che dovranno apprendere, prima

che inizino a produrre le prime parole (Costantino M.A., 2012). Allo stesso modo un

bambino con CBC deve essere esposto al simbolo, ne deve fare esperienza in interazioni

spontanee e naturali, prima che gli venga chiesto di utilizzarlo in uscita. Da ciò ne deriva

che un intervento precoce di comunicazione aumentativa e quindi una precoce

esposizione alla comunicazione non verbale, può contribuire a prevenire un ulteriore

impoverimento comunicativo, simbolico e cognitivo. In realtà, spesso, non solo vi è un

ritardo nella presa in carico di questi pazienti ma le difficoltà riscontrate nelle interazioni

portano facilmente l’interlocutore a utilizzare un linguaggio più direttivo e povero di

contenuti, con domande chiuse e risposte già note e quindi meno adatto per

l’apprendimento della lingua (Blockberger S., 2003).

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La precocità d’intervento è un punto centrale anche quando si parla di acquisizione delle

abilità di letto-scrittura. Queste non solo sostengono lo sviluppo cognitivo e gli

apprendimenti ma costituiscono anche un mezzo comunicativo efficace: i numerosi ausili

costruiti sul codice alfabetico consentono di generare infiniti messaggi con contenuti non

limitati alla presenza/assenza del simbolo. L’apprendimento della letto-scrittura nelle

PCBC è condizionata da molteplici fattori, alcuni legati alle caratteristiche della persona

quali difficoltà visive e uditive, motorie, cognitive (di attenzione e memoria di lavoro),

limitate conoscenze semantiche, sintattiche e morfologiche, altri sono invece legati

all’ambiente sociale, scolastico e familiare. Generalmente le PCBC necessitano di un arco

di tempo molto lungo per svolgere le attività di vita quotidiana (mangiare, lavarsi, vestirsi,

…) così, sia a scuola che nell’ambiente familiare, rimane poco tempo da dedicare ad

attività di lettura e scrittura mentre questi bambini avrebbero bisogno di un’attenzione

significativamente maggiore rispetto ai loro pari per apprenderle. Per l’apprendimento

della letto-scrittura, oltre alle abilità linguistiche, quindi lessico, sintassi e morfologia, è

fondamentale anche la consapevolezza fonologica, la capacità di manipolare i fonemi o i

suoni delle parole. Gli esercizi di fusione e segmentazione fonemica sono strettamente

correlati con i successivi risultati rispettivamente nella lettura e scrittura. Non tutte le

persone CBC riescono ad acquisire la consapevolezza fonologica a causa della severa

compromissione della produzione orale; inoltre saranno necessari degli adattamenti per

superare la richiesta in questi esercizi di risposte orali. A tal proposito risulta sicuramente

efficace l’impiego di lettere stampate con la funzione di supporto visivo: alleggeriscono

l’attenzione e la memoria di lavoro e rafforzano la corrispondenza lettera-suono,

anch’essa preliminare alla lettura (Barker R.M., 2013).

Imparare a leggere e a scrivere è un processo che, iniziando prima della scolarizzazione,

è strettamente correlato con la lettura di libri (Duursma E., 2015). Gli interventi per

favorire le “emergency literacy” hanno come obiettivo l’incremento della frequenza della

presa del turno comunicativo e l’ampliamento del vocabolario ricettivo ed espressivo ma

le interazioni delle PCBC durante la lettura sono diverse da quelle dei pari con sviluppo

tipico. Non possono scegliere da soli i libri e i genitori tendono a cambiare libro ogni

volta mentre la lettura ripetuta di uno stesso libro aiuta la comprensione e le abilità

inferenziali. Inoltre i partners tendono a focalizzarsi solo sulla lettura introducendo poche

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pause per consentire al bambino di avviare una comunicazione e raramente gli fanno

domande, molto spesso non hanno accesso ai loro supporti di CAA durante la lettura.

Mentre a sostegno della partecipazione delle PCBC sarà necessario l’attuazione di

strategie interattive da parte dei partners, quali:

1. Selezione del libro da parte del bambino;

2. Favorire un accesso autonomo ai materiali di lettura;

3. Introdurre l’argomento del libro associandolo ad esperienze vissute dal bambino;

4. Aiutare l’acquisizione di nuovi vocaboli tramite i simboli;

5. Avere sempre a disposizione tabelle comunicative, stringhe o ausili con uscita in

voce;

6. Sottolineare il testo con il dito, parola per parola, leggendolo ad alta voce;

7. Assumere un atteggiamento di attesa (lunghe pause);

8. Porre domande che focalizzino l’attenzione sugli elementi principali del testo.

Queste strategie sono ancora più efficaci durante la lettura ad alta voce di testi adattati.

L’elemento caratteristico di questi libri modificati è l’adattamento del testo ai bisogni

specifici del bambino e la sua traduzione in simboli. È possibile partire da una storia

illustrata già esistente e poi modificarla per renderla accessibile, oppure si possono creare

delle storie che siano completamente nuove e su misura per il bambino. L’utilizzo dei

testi adattati incrementa la comprensione, l’attenzione e l’interesse. Questi inoltre

supportano lo sviluppo della sintassi e della semantica, attraverso l’introduzione di nuovi

vocaboli e di nuove strutture frasali, sostenendo le abilità narrative. L’ “Aided Language

Stimulation” (ALS) è la strategia messa in pratica dall’interlocutore durante gli scambi

comunicativi naturali, quando mentre indica un simbolo grafico contemporaneamente

produce la corrispondente etichetta verbale (Harris M.D., 2004), ed è attuata anche

durante la lettura di questi testi ad alta voce. Poiché, quindi, l’adulto durante la lettura

indica uno per uno i simboli che compongono la frase ed essendo questi costituiti da

un’immagine grafica e dalla parola alfabetica scritta in alto, l’impiego di testi adattati può

avviare il bambino verso il riconoscimento visivo della parola scritta. Le ricerche condotte

da Browder e Xin nel 2006, Fossett e Mirenda nello stesso anno, Hanser e Erickson nel

2007, Light e McNaughton nel 2008, 2009 e 2011, hanno dimostrato che alcuni studenti

con CBC e moderate o severe compromissioni cognitive, possono imparare a riconoscere

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visivamente le parole con un insegnamento diretto basato sull’associazione della parola-

target scritta a un’immagine o un simbolo di CAA (Beukelman D.R., 2014). Il tema

dell’acquisizione della letto-scrittura nei bambini che utilizzano sistemi di CAA è di

grande attualità. In accordo con quanto affermato nel 1993 da Light e Kerlford Smith, le

abilità di letto-scrittura forniscono “nuove opportunità di iniziare argomenti, sviluppare

idee e comunicare in maniera indipendente”, tuttavia circa il 90% delle persone che si

affidano alla CAA non arriva mai ad acquisirle (Beukelman D.R., Interventi sulla letto-

scrittura per le persone con complessi bisognogni comunicativi, 2014). Da questo dato

emerge con forza la necessità di un coinvolgimento della scuola in un intervento di CAA.

3.1 INCLUSIONE SCOLASTICA DELLE PCBC

Per inclusione scolastica si intende un’educazione di qualità, garantita a tutti gli studenti,

evitando ogni forma di discriminazione, nel rispetto delle diversità e delle differenti

abilità e bisogni di ciascuno. Nell’ottica di un’adeguata inclusione scolastica la scuola

deve riprogettare la sua organizzazione e la sua offerta curriculare strutturando i contesti

educativi in modo tale che siano adeguati alla partecipazione di tutti, ciascuno con le

proprie modalità. Le strategie educative sono individuate dopo un attento esame delle

necessità dell’alunno, in modo da fornire risposte adeguate, che si concretizzano in

programmi personalizzati volti a garantire l’accesso, la permanenza e la progressione

dell’alunno all’interno del sistema educativo

“L’inclusione non vuol dire assicurare un posto in classe. Essere inclusivi richiede uno

sforzo continuo che assicuri una partecipazione attiva dell’alunno nell’ambito pedagogico

e sociale” (C. De Vecchi, 2013).

In Italia abbiamo un sistema piuttosto all’avanguardia rispetto agli altri paesi dell’UE.

Nel nostro Paese già 40 anni fa, la legge 118/71, art. 28 disponeva che gli alunni con

disabilità dovessero essere inseriti nelle classi normali della scuola pubblica, superando,

cosi, il modello delle scuole speciali. Tale modello è ancora presente, ad esempio, in

Germania, dove è previsto un “sistema con distinzione” per cui l’istruzione degli alunni

con disabilità avviene ancora prevalentemente nelle scuole speciali. Tuttavia,

recentemente per gli studenti considerati in grado di seguire l’insegnamento con profitto,

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sono state istituite le cosiddette “classi inclusive” all’interno delle scuole comuni, un

primo passo per l’inserimento degli alunni provenienti dalle scuole speciali, in linea con

quanto previsto dal modello francese. In Francia, infatti, la scolarizzazione avviene nello

stesso edificio delle scuole ordinarie ma in classi speciali. Queste classi di integrazione

scolastica includono bambini con disabilità mentale, uditiva, visiva e motoria. Gli alunni

della scuola secondaria, ritenuti non in grado di frequentare gli istituti di istruzione

ordinaria, frequentano istituti pubblici specializzati. In Svezia, invece, vi è un sistema

misto di inclusione scolastica in cui per gli alunni con disabilità sono offerti supporti sia

nelle scuole comuni sia nelle scuole speciali. La comunità europea mira a garantire alle

persone con disabilità le medesime possibilità e diritti dei non disabili in tutti i contesti

soprattutto quello educativo e scolastico. Nell’ottica di una completa inclusione è

auspicabile l’abbandono del modello della scuola speciale, la predisposizione di piani

educativi individualizzati che consentano la piena valorizzazione delle capacità residue,

l’adattamento delle strutture scolastiche alla piena accessibilità degli spazi disponibili per

le attività didattiche, e la specializzazione del personale docente dedicato al sostegno ed

all’accompagnamento dei ragazzi disabili nel loro progetto educativo. In Italia la Legge

che costituisce una vera e propria svolta in questo ambito è la n. 104/92. Questa garantisce

a tutti gli studenti disabili il diritto all’istruzione, dalla scuola materna fino all’università.

Sottolinea, inoltre, l’importanza di un coordinamento tra scuola, servizi sanitari e socio-

assistenziali specializzati che elaborano il Piano Educativo Individualizzato (PEI) durante

i Gruppi di Lavoro, con lo scopo di individuare gli strumenti e le strategie per realizzare

un ambiente di apprendimento efficace in tutte le sue dimensioni: relazionale, della

comunicazione e delle autonomie. Con la legge n. 18/2009, che ratifica la Convenzione

ONU del 1959, l’Italia si è assunta l’impegno di adottare tutte le azioni e le politiche

necessarie per un deciso cambio di strategia nell’affrontare le tematiche della disabilità.

La Convenzione ONU, infatti, focalizzando l’impegno dello Stato sui diritti, abbandona

definitivamente la visione della disabilità come malattia, per la costruzione di una società

pienamente inclusiva e di un ambiente a misura di tutti (MIUR, 2009). Come già scritto

in precedenza, da una recente ricerca del MIUR, nell’anno scolastico 2014-2015 gli

alunni con disabilità sono stati stimati pari a 86.985 nella scuola primaria (3,1% degli

alunni) e 66.863 nella scuola secondaria di I grado (3,8%) (ISTAT, 2015). La scuola è

uno degli ambienti che offre ai bambini il maggior numero di occasioni di comunicazione

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e di interazione, queste non possono essere sfruttate dalla PCBC se non ha a disposizione

i mezzi e gli strumenti adeguati. L’ambiente può favorire l’apprendimento quando viene

strutturato attraverso l’etichettatura di oggetti e degli armadi, il rispetto delle routines e la

creazione di cartelloni e strisce di simboli per le attività svolte durante le ore curriculari.

Questi elementi facilitano il soggetto nell’orientamento spaziale e temporale,

permettendogli in ogni momento di sapere cosa sta succedendo, quali sono gli eventi della

giornata; la presenza di simboli nell’ambiente, inoltre, ne facilita l’uso funzionale. Per la

partecipazione dello studente con CBC alle varie attività in classe è utile sia costruire

specifiche tabelle a tema con un vocabolario sempre più differenziato, sia la preparazione

dei VOCA per le interazioni con i coetanei. Il logopedista ha un ruolo centrale non solo

per la preparazione del materiale ma anche per la formazione dei partners comunicativi e

dei docente sulle strategie, le modalità, gli strumenti comunicativi dello studente, dovrà

emergere che i suoi tempi, i suoi ritmi e le sue scelte sono differenti da quelle dei suoi

coetanei. L’insegnante deve conoscere i bisogni, le occasioni e il sistema di

comunicazione utilizzato dal bambino per favorire la costruzione di nuove competenze

nelle aree dell’autonomia personale, della comunicazione, del potenziamento cognitivo e

dello sviluppo dell’apprendimento finalizzati alla loro piena socializzazione e

integrazione come previsto nel PEI.

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Capitolo 4

MATERIALI E METODI

4.1 POPOLAZIONE DI STUDIO

A Dicembre 2016 sono stati selezionati presso il Centro di Riabilitazione UILDM

(Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) sezione Lazio 5 PCBC, 3 maschi e 2

femmine, 2 adolescenti e 3 bambini con un età compresa tra i 4,11 e 18,10 anni, secondo

i seguenti criteri di inclusione:

Presenza di gravi disturbi dello sviluppo verbale;

Intervento di CAA già iniziato.

I soggetti sono stati seguiti nel presente lavoro fino ad Ottobre 2017.

Tutti i soggetti presentano quadri clinici molto eterogenei tra loro per gravità, diagnosi,

aree di forza e debolezza derivanti da cause organiche pre- e perinatali. In particolare, i

due adolescenti hanno una diagnosi di Paralisi Cerebrale Infantile (PCI) con tetraparesi

spastica, mentre i 3 bambini hanno malformazioni del Sistema Nervoso Centrale (SNC)

e sofferenza alla nascita. Quattro di loro sono nati pretermine, tra le 28 e le 35 settimane

gestazionali. Tutti assumono farmaci antiepilettici per episodi critici comparsi nella prima

infanzia che attualmente sono tenuti sotto controllo. Tutti, inoltre, hanno una diagnosi di

Disabilità Intellettiva (DI) di cui 2/5 grave, 2/5 moderata e 1/5 NAS. Non presentano

deficit uditivi. Dei pazienti, 3/5 hanno una riduzione delle capacità visive, con strabismo,

riduzione del campo e dell’esplorazione visiva; tuttavia, anche se con difficoltà, sono

presenti in tutti le funzioni di scansione e fissazione oculare. L’area motoria è

compromessa gravemente nei due pazienti con tetraparesi; nei restanti, aventi una

deambulazione instabile ma autonoma, si manifesta una debolezza degli arti e difficoltà

di coordinazione occhio-mano. Le capacità motorie residue degli arti superiori, in

particolare delle mani, sono tuttavia per tutti sufficienti all’indicazione che avviene con

il dito o la mano per 4/5 e solo uno utilizza un supporto (matita). Tutti hanno sviluppato

dei gesti deittici, l’indicazione; solo in 2/5 si evidenziano pochi gesti referenziali quali

“ciao” e lanciare un bacio. La comprensione è per tutti adeguata per ordini verbali

semplici e contestuali. La produzione vocale è fortemente deficitaria: in 3/5 è

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completamente assente, mentre dei restanti due soggetti, uno produce solo “papà” e

“mamma” che ripete quando i genitori non sono presenti in maniera ecolalica, l’altro,

invece, produce alcune protoparole che spesso hanno il medesimo significato

comprensibile solo ai genitori. Riescono tutti a comunicare il “sì” e il “no” con il

movimento del capo associato talvolta (in 2 casi) all’emissione della sola vocale.

Dal punto di vista degli apprendimenti scolastici invece, a Dicembre 2016, solo 2 soggetti

avevano un riconoscimento visivo di alcune parole.

I progetti scolastici integrati erano già iniziati in 4/5 casi (come verrà illustrato nel

paragrafo successivo) al momento dell’inizio del presente lavoro. Tutti i pazienti, infine,

utilizzavano e continuano ad usare strumenti di CAA in entrata e in uscita.

La seguente tabella illustra le caratteristiche dei soggetti studiati, nelle aree sensoriale,

motoria, linguaggio verbale, gestuale, e per le barriere alle opportunità a comunicare.

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Sesso Età

Classe a

Dicembre

2016

Diagnosi Gesti Linguaggio

verbale

Barriere

fisiche Vista Sguardo Area motoria

1 M 4,11 III

Materna

DI M,

Malformazione

SNC

Deittici e

referenziali Assente Nessuna Presente Centrale

Difficoltà prassiche

e di coordinazione

bimanuale

2 F 8,7 III

Elementare

DI M,

Malformazione

SNC

Deittici Assente Vista

Ridotta

e

corretta

Strabismo

Difficoltà prassiche

e di coordinazione

oculo-manuale

3 M 8,4 III

Elementare

DI G,

Malformazione

SNC

Deittici e

referenziali

Limitato alle

parole

“mamma” e

“papà”

Vista Presente Strabismo

Difficoltà

coordinazione

oculo-manuale e

debolezza arti

superiori

4 F 15,2 I Liceo PCI, DI NAS Deittici Assente

Movimenti

distonici

arti

superiori

Ridotta

e

corretta

Centrale Tetraparesi spastica

5 M 18,10 I Liceo PCI, DI G Deittici e

referenziali

Protoparole

monosillabiche

Limitati

movimenti

arti

superiori,

vista

Presente Strabismo Tetraparesi spastica

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4.2 METODOLOGIA

Per realizzare a Scuola, in presenza di bambini con gravi difficoltà comunicative un

progetto integrato con i programmi scolastici di CAA, si ha la necessità di identificare,

interpretare e valorizzare il sistema di comunicazione esistente nel soggetto. Premessa

indispensabile del progetto è stata quindi quella di accertare l’insieme della abilità

presenti e delle modalità comunicative utilizzate. Per questo sono state osservate, raccolte

e valutate le aree di forza e debolezza di ciascuno degli utenti facendo riferimento al

“Modello di partecipazione” formulato da Beukelman D.R. e Mirenda P. descritto nel

Capitolo 2 che prevede l’analisi e l’individuazione sia delle barriere di opportunità che di

quelle di accesso. Queste ultime per i pazienti coinvolti nel nostro studio sono sia le

problematiche cognitive e i deficit di attenzione, sia i problemi visivi e di coordinazione

oculo-manuale. Tra le barriere di opportunità individuate è emersa la scarsa conoscenza

della CAA da parte dei docenti delle diverse Scuola.

Sulla base dei dati raccolti riguardanti le caratteristiche personali e cliniche, quali l’area

motoria e sensoriale, l’uso di gesti, i bisogni comunicativi, le barriere ambientali e fisiche

e le abilità linguistiche residue, è stato possibile lo sviluppo di un progetto integrato di

CAA su misura per ogni utente.

Per quanto riguarda l’aspetto linguistico è stata valutata la comprensione secondo l’età

mentale mediante i seguenti test:

Test Fono-Lessicale (Vicari e Marotta, 2007) protocollo di comprensione: test di

valutazione del vocabolario ricettivo per bambini tra i 3 e i 6 anni di età. E’

costituito da 45 tavole, consiste nell’identificazione della figura corrispondente

alla parola target tra quattro possibili alternative ognuna delle quali contiene, oltre

il target prescelto, un distrattore non correlato, un distrattore semantico e un

distrattore fonologico.

Peabody Picture Vocabulary Test (PPVT-Dunn, 1981): questo test valuta il

vocabolario recettivo in bambini di età compresa tra 3 anni e nove mesi e 11 anni

e 6 mesi. Anche questo test consiste nell’identificazione della figura

corrispondente alla parola stimolo tra quattro alternative; le parole target

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appartengono a categorie semantiche e grammaticali (nomi, verbi, aggettivi)

diverse.

TCGB-Test di Comprensione Grammaticale per Bambini (Chilosi e Cipriani,

2006): test di comprensione morfosintattica, somministrabile dai 3 anni e mezzo

fino agli 8 anni. Costituito da 76 tavole, in ciascuna delle quali sono presenti 4

figure (1 bersaglio e 3 distrattori). Tramite questo test è possibile inoltre effettuare

un’analisi qualitativa delle differenti tipologie di frasi proposte al bambino.

E’ da sottolineare che non a tutti i pazienti sono stati somministrati i medesimi test i quali

sono stati scelti sulla base dell’età mentale, della difficoltà della richiesta e complessità

delle immagini. Nella somministrazione, inoltre, non sono state seguite le regole

metodologiche previste per le prove standardizzate, e spesso la somministrazione si è

conclusa nell’arco di due terapie e ogni item è stato ripetuto al paziente più volte per

impedire che le difficoltà di attenzione e cognitive potessero inficiare il risultato del test.

Per i deficit di linguaggio orale che questi pazienti presentano, non è stato possibile

eseguire test standardizzati di produzione.

E’ stato inoltre costruito e proposto un questionario ai genitori, poiché la famiglia è il

primo nucleo sociale e comunicativo del bambino, al fine di vedere come i tre ambienti

più frequentati dal bambino potessero modificarsi ed adattarsi l’uno sull’altro. Si è

considerato utile sapere come il progetto potesse influire sulla famiglia dato il suo ruolo

centrale, per evidenziare la percezione del genitore rispetto al progetto integrato del

proprio figlio. Il questionario proposto è stato somministrato a conclusione del progetto

ed è composto dai seguenti punti:

1. Qual è la sua opinione in merito al progetto di collaborazione scuola-logopedia?

2. Come ha influito tale progetto sulla Vostra vita familiare?

3. Dal punto di vista comunicativo ha notato dei miglioramenti in Suo figlio

dall’apertura del progetto ad oggi?

4. Ha riscontrato delle criticità in merito al progetto di collaborazione scuola-

logopedia? Ritiene siano necessarie modifiche o aggiunte? Quali?

5. Da quando utilizza la CAA e/o gli ausili più o meno tecnologici ha notato dei

cambiamenti in Suo figlio? Se si, quali?

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6. Riscontrate difficoltà nell’utilizzo degli strumenti di CAA con Vostro figlio? Se

si, quali?

Le risposte a tale questionario saranno analizzate in seguito.

- Progetto integrato con la scuola

Il Centro UILDM sezione Lazio ha proposto alle scuole di ciascun paziente un “Progetto

Integrato” con l’obiettivo di promuovere l’approccio di CAA anche a Scuola, in

continuità con la terapia logopedica ed in condivisione con i vari programmi didattici

delineati nei PEI di ciascun alunno. Ogni progetto è quindi specifico poiché adattato sulla

base dell’età, della classe frequentata, delle specifiche capacità di apprendimento e

strategie comunicative del soggetto e sulla disponibilità ed accettazione da parte della

Scuola e della famiglia. Dei cinque soggetti, due attualmente frequentano la scuola

secondaria di secondo grado ma il loro progetto è iniziato all’ultimo anno della scuola

secondaria di primo grado.

E’ proposto alle Scuole di effettuare regolari incontri di 2 ore possibilmente con cadenza

mensile in presenza dell’Insegnante di sostegno, dell’Assistente Educativo Culturale

(AEC), della Logopedista e di almeno un Insegnante curriculare. E’ stata data la

possibilità di partecipare anche ai genitori.

I primi due incontri dovevano essere preliminari al Progetto vero e proprio, finalizzati

all’istruzione dei vari membri dell’équipe sui principi cardine della CAA e sulle modalità

comunicative utilizzate dall’utente. Inoltre, la logopedista avrebbe avuto il compito di

guidare gli stessi nella preparazione dell’ambiente scolastico evidenziando l’importanza

di un’adeguata etichettatura della classe e sostenendoli nella preparazione di agende in

simboli con le attività giornaliere e settimanali.

La strutturazione di ogni Progetto Integrato, inoltre, è avvenuta sulla base dell’età e

capacità di apprendimento dei vari pazienti, tenendo conto della collaborazione delle

diverse figure professionali dell’équipe di lavoro. Di seguito sono descritte le

caratteristiche specifiche di ciascun luogo di sviluppo del Progetto.

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Per il paziente che frequenta la Scuola materna è stata data maggiore importanza alla

strutturazione di un ambiente facilitante con etichettature degli armadi e dei vari oggetti

presenti in classe, alla costruzione di libri e storie in simboli seguendo le modalità

descritte nel paragrafo successivo.

Nella scuola primaria e secondaria, negli incontri successivi ai primi due, gli obiettivi

sono stati i seguenti:

1. Individuare le materie più idonee per lo studente

2. Scegliere gli argomenti da proporre

3. Scegliere le immagini che accompagnano il testo

4. Traduzione in simboli.

Ad ogni membro dell’équipe è stato attribuito un obiettivo da perseguire. La buona

riuscita del progetto è risultata essere strettamente legata all’assegnazione di compiti

specifici ed all’individuazione di tempi correlati. La selezione degli argomenti, in quanto

finalizzata alla più ampia partecipazione possibile del soggetto all’attività didattica, ha

avuto come criteri di inclusione i suoi interessi e le sue capacità. Gli argomenti selezionati

sono stati trattati nel mese successivo; per ognuno di questi sono state strutturate anche

domande chiuse di verifica in simboli con scelta tra due alternative. E’ stato tenuto conto

dei tempi necessari per la preparazione delle lezioni in modo anticipato rispetto alla data

di trattazione in classe, permettendo al soggetto di avere a disposizione un ausilio per la

comprensione durante la spiegazione. La presentazione successiva dell’argomento

all’alunno, infatti, pur mantenendo un significato strettamente didattico, perderebbe il

valore integrativo e potrebbe portare nella PCBC scarsa motivazione e quindi limitare le

possibilità di apprendimento. La comprensione di una qualsiasi attività da parte del

soggetto può avvenire solo se questa è presentata secondo le sue modalità comunicative

e rispettando i suoi tempi di attenzione. In progetti come questi il Logopedista facilita la

formazione delle varie figure professionali, la scelta dello strumento e delle modalità di

presentazione dei testi che più supportano la comunicazione della PCBC. Inoltre facilita

la selezione del vocabolario pertinente al livello del soggetto, alle sue necessità ed alle

interazioni nel corso dell’attività.

Segue la descrizione dei vari progetti di ciascun alunno.

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Paziente 1

Il paziente a Dicembre 2016 aveva 4,11 anni e frequentava il terzo anno della scuola

materna. Comunicava attraverso una tabella cartacea a 3 facciate (soggetti, verbi e

oggetti) con simboli grafici PCS che utilizzava in maniera non sempre sicura sia in entrata

che in uscita. Il suo progetto integrato è iniziato a Settembre 2016. Da Settembre a

Dicembre 2016, l’attenzione dell’équipe è stata focalizzata sull’etichettatura della classe,

sulla creazione di strisce con la scansione della giornata e alcune tabelle a tema per le

varie attività.

Paziente 2

A Dicembre 2016 il Paziente 2 aveva 8,7 anni e frequentava il terzo anno della Scuola

Primaria. Per comunicare utilizzava una tabella cartacea a tre facciate con simboli grafici

PCS in doppia lingua (italiano e tedesco). Il suo progetto integrato è iniziato a Marzo

2016 quando era al secondo anno, inizialmente con incontri per consigliare e guidare i

docenti su come organizzare la programmazione e successivamente per la costruzione di

supporti narrativi.

Figura 8 Tabella comunicativa del paziente 1

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Paziente 3

A Dicembre 2016 il Paziente 3 aveva 8,4 anni di età e frequentava il terzo anno della

Scuola Primaria. Comunicava con una tabella cartacea plastificata in opaco con sfondo

grigio e 9 simboli PCS per ogni foglio.

Figura 10 Una delle pagine della tabella comunicativa del Paziente 3

Prima di Dicembre 2016 era stata costruita una storia in simboli sulla base di

un’esperienza da lui vissuta, per avvicinarlo alla lettura di libri. I genitori del paziente 3,

Figura 9 Tabella comunicativa del

Paziente 2 in doppia lingua

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inoltre, avevano richiesto alcuni simboli per l’etichettatura di oggetti e mobili presenti

nella propria casa. Il Progetto Integrato con la sua scuola è iniziato a Febbraio 2017.

Paziente 4

Il Paziente 4 aveva 18,10 anni. I suoi ausili di CAA erano sia una tabella comunicativa a

tre facciate, con sfondo nero e simboli grafici (PCS), sia un dispositivo elettronico

(tablet). Il suo progetto integrato è iniziato a Settembre 2015, allora frequentava il terzo

anno della Scuola Secondaria di primo grado, aveva una propria agenda, erano stati

tradotti testi su contenuti personali ed affinché potesse sostenere l’esame di Terza Media

erano stati tradotti per lui testi di alcune materie, alcune domande di verifica, a risposta

chiusa, rispetto agli argomenti trattati e le “Prove Invalsi” semplificate e tradotte in

simboli. A dicembre 2016 aveva iniziato a frequentare da circa un mese Liceo Musicale,

è stato aperto quindi un nuovo progetto di collaborazione con la nuova scuola.

Paziente 5

A Dicembre 2016 la Paziente 5 aveva 15,2 anni e frequentava il primo anno di Liceo. Il

suo ausilio comunicativo era una tabella cartacea chiamata P.O.D.D. Ogni pagina di tale

tabella è costituita da una parte di simboli centrale bianca ed una perimetrale gialla di

simboli, questi ultimi detti simboli speciali (ad esempio: “Non capire”, “Tu,” “Io”,

Figura 11 Ausilio elettronico del Paziente 4

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“Voglio dire una cosa”, eccetera). Il P.O.D.D. inoltre è suddiviso in varie categorie che

vengono richiamate sia da un numero presente all’interno di alcuni simboli speciali sia

dallo stesso numero evidenziato al lato di ogni pagina. Il progetto integrato della paziente

4 è iniziato ad Aprile 2016 quando frequentava l’ultimo anno della scuola secondaria di

primo grado, incentrato sulla semplificazione e traduzione di testi scolastici soprattutto

per farle sostenere l’imminente esame di terza Media che ha sostenuto utilizzando delle

presentazioni in Power Point con testi in simboli che azionava lei con un adattatore

speciale e il Voca a nove uscite per rispondere alle domande. A Dicembre 2016 la

Paziente 5 aveva cambiato più di un’insegnante di sostegno, le quali si erano anche

dimostrate poco propense a collaborare con il progetto tanto che il suo ambiente scolastico

non è stato etichettato.

Figura 12. Una pagina del P.O.D.D. della paziente 5

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Capitolo 5

RISULTATI

All’inizio di questo lavoro di tesi 4/5 progetti integrati erano già iniziati, mentre per il

Paziente 3 è stato deciso di aspettare poiché era stato introdotto alla CAA recentemente.

Tutte le scuole hanno accettato una collaborazione con la logopedista, ma solo 3/5 hanno

rispettato tutti i termini del progetto del Centro UILDM sezione Lazio. Nelle altre, invece,

non è stata rispettata né la frequenza degli incontri previsti, né la suddivisioni dei vari

compiti specifici per la preparazione del materiale, quindi di individuazione delle materie

più idonee per lo studente, di scelta degli argomenti e semplificazione del testo. Una sola

scuola ha accettato il progetto modificando però la frequenza degli incontri da una volta

al mese a mesi alterni. Il centro UILDM aveva anche proposto la formazione di un gruppo

di lavoro composto da Insegnante di sostegno, Assistente Educativo Culturale (AEC), la

Logopedista, almeno un insegnante curriculare e se disponibili anche i genitori. Nessun

genitore ha mai partecipato agli incontri. Solo per il paziente che frequenta la Scuola

Materna hanno partecipato al gruppo di lavoro tutte le figure proposte, in questo caso

l’insegnante curriculare è unica e direttamente coinvolta nella programmazione di tutta la

classe compresa quella dell’alunno. Nelle altre scuole gli insegnanti curriculari non sono

mai stati presenti. Per gli alunni della Scuola Secondaria di Secondo grado la logopedista

e l’insegnante di sostegno erano le uniche figure presenti.

Per l’alunno della Scuola Materna è stato sviluppato un lavoro di etichettatura, di

costruzione di tabelle a tema per favorire la scelta nei diversi giochi, di preparazione di

strisce in simboli per le attività ed i laboratori svolti in classe, e di traduzione di

filastrocche in simboli. Per quanto riguarda i due pazienti che frequentano la scuola

primaria, in un caso sono state preparate solo storie in simboli, nell’altro invece sono stati

semplificati e tradotti testi di alcune materie quali Italiano, Educazione stradale, Scienze,

Storia. Per i ragazzi della Scuola Secondaria di Secondo Grado, le materie curriculari

incluse nel progetto sono state in un caso Religione, Epica e Geografia, e nell’altro sono

state Italiano, Arte, Scienze e Storia; le materie sono state scelte sulla base di ciò che

l’insegnante di sostegno riteneva fosse più adeguato all’alunno. Il progetto integrato ha

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anche permesso al paziente 2 di poter anticipare ciò che sarebbe accaduto in un’uscita

prevista con la classe e quindi supportarlo emotivamente. Per altri due alunni si è deciso

di preparare testi in simboli per raccontare e rivivere con loro l’uscita. Nella scuola

materna gli ausili e il materiale di CAA sono solo stati messi a disposizione di tutti i

compagni del paziente per favorire l’interazione, per condividerli ed essere utilizzati dalla

classe a scopo didattico; nelle scuole elementari, invece, questo non è avvenuto. Nelle

scuole Secondarie di Secondo grado non solo gli ausili sia cartacei che elettronici sono

stati messi a disposizione di tutti, ma hanno anche richiesto alcune ore di formazione in

CAA per i compagni di classe degli alunni in modo da poterli coinvolgere maggiormente

nel progetto di inclusione. Infine nelle tabelle comunicative di ciascun paziente sono stati

inseriti i simboli relativi ai vari compagni di classe e docenti.

Di seguito una fotografia dei vari progetti integrati di ciascun paziente ad Ottobre 2017

condotti dalla Logopedista del centro UILDM, correlatrice del presente lavoro.

Paziente 1

Da Dicembre 2016 ad Ottobre 2017 sono stati effettuati nove incontri con la scuola del

paziente 1, ciascuno di due ore. Il gruppo di lavoro comprendeva l’insegnante curriculare,

l’insegnante di sostegno, l’Assistente Educativo Culturale (AEC) e la Logopedista.

L’équipe ha poi continuato il lavoro iniziato a Settembre 2016 di traduzione di

filastrocche con “La settimana colorata” e “La settimana di Uga la tartaruga”. Inoltre sono

state costruite stringhe in simboli per le varie attività svolte in classe: ad esempio, poiché

a scuola sono stati effettuati vari laboratori di pittura e di manipolazione, le strisce erano

costituite da una sequenza di simboli fissa nelle quali veniva cambiato unicamente il

simbolo raffigurante il materiale di volta in volta utilizzato.

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E’ stato semplificato e tradotto il primo testo scolastico: “Geometria”.

Nel corso dell’anno scolastico sono state costruite per il paziente 1 alcuni testi sulle

quattro stagioni: “Autunno”, “Estate”, “Primavera”, “Inverno”, “Filastrocca del piccolo

ghiro”.

Figura 13. A sinistra stringa in simboli "Leggere" Figura 14. A destra Stringa in simboli per

laboratorio di pittura

Figura 15. Pagina estratta dal testo "Geometria"

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Il quaderno comunicativo del Paziente 1 è stato notevolmente incremento in base alle

necessità emerse a scuola. Tutto ciò che a mano a mano veniva preparato è stato messo a

disposizione di tutta la classe, compresa la sua tabella comunicativa in modo che anche i

suoi compagni potessero accedervi facilmente. Inoltre da Maggio 2017 ha iniziato ad

utilizzare in uscita due simboli costruendo una frase minima, indicando prima il verbo e

poi un complemento oggetto.

Durante la terapia logopedica, nonostante utilizzasse adeguatamente la tabella cartacea,

aveva la possibilità di scegliere le varie storie da leggere anche tramite il VOCA a nove

uscite, poiché attratto dall’uscita in voce.

Figura 16. Estratto dal testo "Filastrocca del piccolo ghiro"

Figura 17. Voca a nove uscite del paziente 1

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Paziente 2

Da Dicembre 2016 sono stati effettuati con la scuola del Paziente 2 quattro incontri,

ciascuno di due ore. Il gruppo di lavoro era formato dall’insegnante di sostegno,

l’Assistente Educativo Culturale (AEC) e la logopedista. Gli incontri sono stati effettuati

a mesi alterni, diversamente da quanto richiesto dal Centro UILDM, e con scarsa

sistematicità a causa di una ridotta collaborazione da parte della scuola. E’ stato

comunque portato avanti un lavoro di semplificazione e traduzione di storie in simboli.

Ad oggi il paziente ne ha a disposizione sette: “Gattino Pilli”, “Il gatto e i serpenti” “Il

gigante Stefanone”, “Il pupazzo di neve”, “La volpe e l’uva”, “Le letterine”, “Le

stagioni”, e “Omino e Donnina”.

Né la famiglia né la scuola ha mai richiesto un incremento del quaderno.

Paziente 3

Da Febbraio 2017 sono stati effettuati quattro incontri di due ore ciascuno. Agli incontri

ha partecipato la logopedista, l’insegnante di sostegno, l’Assistente Educativo Culturale

(AEC) e l’assistente alla comunicazione. Nel suo progetto integrato è stato dato spazio

all’etichettatura degli ambienti scolastici ed all’inserimento dei simboli delle varie attività

svolte affinché potesse comunicare delle scelte, delle preferenze.

Figura 18. Una pagina estratta dalla storia "Il gatto e i serpenti"

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Sono stati inoltre costruiti testi didattici molto semplici in simboli di Italiano, Educazione

stradale, Scienze, Storia quali “Come fare un vaso”, “Ricette delle ciambelle al vino”,

“Primavera”, “Educazione stradale” “Gli stati”, “I viventi”, “Fringuello”.

Anche per questo paziente per ogni uscita effettuata con la scuola nelle ore curriculari è

stato previsto un testo che potesse raccontare l’esperienza vissuta.

Figura 20. Una pagina estratta dal testo di Educazione stradale

Figura 19. Etichette utilizzate nella scuola del Paziente 3

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Dato l’utilizzo delle tabelle con nove simboli per pagina si è deciso di lavorare,

nell’ultimo mese, con il VOCA a nove uscite, oscurando, solo in questa prima fase di

addestramento, alcuni riquadri.

Avendo colto le difficoltà dei genitori a utilizzare la CAA in contesto familiare, si è

pensato di ridurre a 4 il numero di simboli per ogni pagina della tabella comunicativa.

Figura 22. Voca utilizzato dal Paziente 3

Figura 23. Una pagina della tabella comunicativa utilizzata nell'ambiente familiare

Figura 21. Estratto dal testo "Gita al Museo Pigorini"

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Sono state proposte al paziente anche due descrizioni: “Milo”, “La Cioccolata”.

Sono state tradotte o costruite per lui tre storie: “Kamillo” “Foffo”, “Pinocchio”.

Infine, Nel mese di Ottobre sono stati introdotti alcuni simboli in doppia lingua per

favorire la partecipazione del paziente durante una lezione in inglese.

Figura 24. Pagina estratta dal testo descrittivo "Milo"

Figura 25. Pagina estratta dalla storia "Foffo"

Figura 26. Simboli utilizzai per la lezione di Inglese

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Paziente 4

Da Dicembre 2016 sono stati effettuati sei incontri con la scuola del Paziente 4, ciascuno

di due ore. Al gruppo di lavoro partecipava la logopedista e l’insegnante di sostegno. Da

poco meno di un mese aveva iniziato a frequentare il Liceo Musica così il primo obiettivo

è stato l’etichettatura del nuovo ambiente.

Si è scelto di tradurre testi di Italiano, Arte, Scienze e Storia, le stesse materie proposte

durante l’ultimo anno della Scuola Secondaria di primo grado, ma è stata incrementata la

difficoltà poiché gli argomenti trattati sono in linea con quanto svolto dal resto della

classe. I testi tradotti sono: “L’Auriga di Delfi”, “Alessandro Magno”, “Il

Moschophoros”, “Il pianeta terra, il sole, la luna e le fasi lunari”, “Ottaviano Augusto”

“L’architettura romana” e “Lacoonte”. Per ogni argomento l’alunno sosteneva inoltre

delle verifiche attraverso domande a risposta chiusa tradotte in simboli, per le quali

doveva scegliere tra due opzioni.

Figura 27. Simboli utilizzati per l'etichettatura

della scuola del paziente 4

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Si è pensato di costruire storie in simboli riguardanti attività extracurriculari quali “Festa

di compleanno” e “Vacanze a Castiglione della Pescaia” le quali, rilette a terapia,

rappresentavano uno spunto utile per scambi comunicativi stimolanti e interessanti per il

paziente.

Figura 29. Estratto dal testo "Festa di Compleanno"

Figura 28. Una pagina del testo "Lacoonte" e relativa domanda di verifica

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Infine è stata tradotta per lui “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”.

Ad Aprile 2017 è stata richiesta dalla scuola una lezione sulla CAA per i compagni di

classe del Paziente 4, per favorire l’inclusione scolastica e aiutarli ad utilizzare gli

strumenti.

Paziente 5

Da Dicembre 2016 sono stati effettuati tre incontri con la scuola, ciascuno di due ore

circa, a cui hanno partecipato l’insegnante di sostegno e la logopedista. All’inizio di

questo lavoro il paziente aveva cambiato più di una insegnante di sostegno che si erano

dimostrate poco propense a collaborare con il progetto tanto che il suo ambiente scolastico

non è stato etichettato. Per questa stessa scarsa collaborazione manifestata dalla scuola, i

primi testi tradotti sono stati presentati a Gennaio 2017. Le materie trattate sono state

Religione, Epica e Geografia. Per le stesse materie sono state preparate anche domande

di verifica a risposte chiuse con scelta da due opzioni.

Figura 30. Estratto da "Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare"

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Infine, per favorire l’interazione comunicativa con i coetanei, è stato preparato il VOCA

a nove uscite su cui erano state registrate alcune domande di conversazione.

Figura 31. Pagina estratta dal testo tradotto

"Eneide" Figura 32. Domande di verifica per il testo "Eneide"

Figura 33. Voca a nove uscite utilizzato dalla paziente 5

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Risposte al questionario di percezione

Nessun genitore ha partecipato agli incontri del progetto integrato. Nel caso del paziente

4 il genitore ha osservato e revisionato costantemente il lavoro svolto a scuola. Negli altri

quattro casi, invece, i genitori si occupavano esclusivamente di questioni pratiche relative

al materiale. Esclusivamente in 3/5 casi sono stati utilizzati parzialmente gli ausili di CAA

nell’ambiente familiare.

Dal questionario emerge che i genitori hanno in generale un’opinione positiva della

proposta, sviluppo ed esito del Progetto integrato. In 4/5 questionari emergono

apprezzamenti sulla continuità di intervento tra scuola e terapia, e sull’evidenza che gli

insegnanti in genere, trascorrendo molte ore con i loro figli, dovrebbero essere preparati

ed a conoscenza della loro modalità comunicativa per poterli seguire al meglio. In un

caso emerge un’opinione negativa derivante dal fatto che la poca conoscenza della CAA

da parte degli insegnanti ha costituito un rallentamento di sviluppo del progetto.

Anche le risposte relative alle ricadute sulla propria vita familiare sono state per la

maggior parte positive, ritenendo infatti che il progetto abbia alleggerito alcuni aspetti

come il dover fare da tramite tra la scuola e la riabilitazione, e sentendo di poter far

sviluppare a scuola l’approccio della CAA anche in presenza della difficoltà a fare lo

stesso in ambito familiare. In un caso il miglioramento del livello di comprensione

attribuito al progetto ha avvicinato maggiormente il paziente ai genitori. Vi è tuttavia un

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Domanda1

Domanda2

Domanda3

Domanda4

Domanda5

Domanda6

Questionario di percezione

Positive Negative

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parere negativo volto a sottolineare che la scarsa collaborazione da parte della scuola ha

appesantito il carico di lavoro da svolgere a casa.

Numerosi sono i miglioramenti dal punto di vista comunicativo evidenziati dai genitori

dall’apertura del progetto, soprattutto perché tutti gli ambienti conoscono ed utilizzano i

vari ausili dei pazienti. In più, oltre alla comprensione verbale, è emersa una maggiore

capacità di comunicare i propri bisogni da parte del paziente, in modo più preciso e

comprensibile a tutti, e un maggiore utilizzo della comunicazione non verbale.

Sono state riscontrate alcune criticità che i genitori riconducono principalmente alle

resistenze mostrate dalla scuola. I genitori infatti desidererebbero sia che l’inizio del

Progetto coincidesse con l’inizio dell’anno accademico, sia una maggiore frequenza negli

incontri, riconducendo queste problematiche ad una comprensione parziale da parte dei

docenti delle finalità e modalità di intervento richieste dal Progetto. In 2/5 questionari le

risposte mostrano che non solo si ritiene che non vi siano criticità e che vi sia stata

un’ottima collaborazione ma anche che il progetto abbia alleggerito il carico di lavoro

della scuola.

Infine tutti i genitori apprezzano nei figli una maggiore capacità comunicativa da quando

questi utilizzano gli strumenti di CAA, soprattutto nell’esprimere i propri bisogni. Si

ritengono inoltre soddisfatti e sorpresi delle capacità di apprendimento dimostrate. In un

caso viene riportato un maggiore interesse del paziente verso la lettura e maggiore

curiosità per le scritte a cui sono esposti e per i particolari delle immagini. Tuttavia tutti

riscontrano quotidianamente delle criticità nell’utilizzare gli ausili con i propri figli. Tali

difficoltà sono attribuite alla poca praticità dei quaderni di CAA e auspicano che il

problema si possa risolvere attraverso l’impiego di ausili più tecnologici. In un caso le

difficoltà con l’uso della CAA sono ricondotte ai problemi visivi del figlio. In un altro

caso si pensa che le abilità intellettive siano cresciute notevolmente e che l’ausilio non

sia più quello adeguato. Le difficoltà nascono da una poca formazione del genitore

nell’utilizzo degli strumenti in uso.

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A seguire, infine, i risultati dei test di linguaggio.

Test Dicembre 2016 Novembre 2017

Paziente 1

Peabody -1,3 DS (Pt.80) -0,9 DS (Pt.86)

TCGB 50° percentile per E.C. (pt.13) 50°percentile per E.C. (pt.6)

Paziente 2

Peabody -2 DS (pt.70) -1,6 DS (pt.75)

TCGB <10° percentile per E.C.

50° percentile per 5,6 anni (pt. 10)

<10° percentile per E.C.

Tra 50° e 25° per 5 anni (pt.13)

Paziente 3 TFL Non eseguibile <5° percentile per 3 anni (pt.20)

Paziente 4 TCGB 50° percentile per 4,6 anni (pt. 18) 50° percentile per 6 anni (pt.5)

Paziente 5 TFL 50° percentile per 4,5 anni (pt.36) 50° percentile per 6 anni (pt.40)

Tabella 1. Risultati dei Test di linguaggio

Paziente 1

La comprensione morfosintattica del paziente sia a Dicembre 2016 che a Ottobre 2017

risulta nella norma per età cronologica (4,11 anni). La comprensione lessicale è

migliorata, da - 2 DS, a Dicembre 2016, a -1,6 DS a Ottobre 2017. Il Paziente si è mostrato

in grado di seguire le richieste del terapista con maggior sicurezza rispetto alla prima

valutazione e più sicuro nell’esplorazione visiva delle immagini proposte all’interno test.

Paziente 2

Per quanto riguarda la comprensione morfosintattica a Dicembre 2016 ha ottenuto un

punteggio <10° percentile per età cronologica (8,7 anni), collocandosi al 50° percentile

per 5,6 anni. Ha commesso errori in tutte le strutture grammaticali, principalmente sulle

frasi Locative. Ad Ottobre 2017, invece risulta essere al <10° percentile per età

cronologica e tra il 50° e il 25° per 5 anni. Commette il maggior numero di errori sulle

attive affermative ma sono presenti numerosi errori anche nelle flessionali e nelle attive

negative. La comprensione lessicale a Dicembre 2016 è invece inferiore alle 2 DS per età

cronologica, mentre ad Ottobre 2017 sembra essere migliorata (-1,6 DS).

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Paziente 3

A Dicembre 2016 non era stato possibile somministrare alcun test per i deficit attentivi e

l’incapacità di rimanere seduto per il tempo necessario. Ad Ottobre 2017 si è deciso di

procedere con la somministrazione del Test Fono Lessicale perché le condizioni

precedenti si erano modificate. Dall’ultima somministrazione la sua comprensione

lessicale risulta essere inferiore al 5° percentile per un’età anagrafica di 3 anni. Ha

commesso errori principalmente fonologici (5) non correlati (18), infatti compie 2 errori

semantici. Il paziente comprende parole ad alta frequenza d’uso.

Paziente 4

A Dicembre 2016 il paziente ha ottenuto un punteggio pari al 50° percentile per un’età di

4,5 anni commettendo 5 errori fonologici, 3 semantici ed 1 non correlato. Ad Ottobre

2017, invece, si colloca al 50° percentile per un’età di 6 anni. Commette 2 fonologici e 3

semantici. Nell’ultima somministrazione il paziente ha effettuato molte autocorrezioni

dimostrando, inoltre, un maggiore monitoraggio della risposta e capacità di esplorazione

visiva.

Paziente 5

La comprensione morfo-sintattica del paziente 5 risulta essere pari al 50° percentile per

4,6 anni a Dicembre 2016, presenti errori generalizzati su tutte le strutture frasali,

principalmente sulle frase flessionali e attive affermative. A Ottobre 2017, invece, sembra

essere migliorata, infatti risulta al 50° percentile per 6 anni, permangono ancora errori

sulle attive affermative ma sono presenti errori circoscritti alle frasi locative, flessionali

e passive affermative.

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Capitolo 6

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

6.1 DISCUSSIONE

Con il presente lavoro di tesi è stato osservato lo sviluppo di un progetto di CAA integrato

con la scuola volto a favorire l’inclusione scolastica di cinque pazienti con complessi

bisogni comunicativi. In questo senso il Progetto di collaborazione scuola-logopedia ha

consentito di introdurre una modalità di insegnamento che tenga anche conto delle

strategie comunicative nell’apprendimento dell’alunno.

Dal nostro lavoro si può affermare che le condizioni che hanno permesso lo sviluppo del

Progetto nelle cinque scuole, così come è stato proposto all’inizio dello studio, è stata la

stretta collaborazione delle figure professionali coinvolte nell’apprendimento scolastico

e nella riabilitazione, inclusi i genitori, costituendo nell’insieme un gruppo di lavoro per

la conoscenza delle finalità e dei sistemi dell’approccio di CAA. Una scarsa

comprensione di quest’ultima ha portato in alcuni casi ad una non condivisione degli

ausili comunicativi usati e ad un mancato coinvolgimento della classe, influendo così

sulle potenzialità sociali del paziente/alunno. Una realizzazione completa del Progetto

può dirsi avvenuta, nel nostro studio, nel caso del paziente in Scuola Materna e ciò si può

ricondurre al fatto che l’ausilio proposto, i simboli PCS, è stato più facilmente integrabile

nelle attività svolte con i bambini in età prescolare e ampiamente utilizzato nelle ore

curriculari da tutta la classe.

Il nostro studio evidenzia anche che il Progetto pur sviluppatosi in tutte e cinque le scuole,

è stato accettato in tutte le condizioni richieste solo in tre di esse. Nelle rimanenti scuole,

pur mostrandosi disponibili, non sono emerse le condizioni per renderlo completamente

realizzabile. Osservando le presenze dei professionisti agli incontri programmati a scuola,

la scarsa presenza degli insegnanti curriculari ha probabilmente rappresentato l’ostacolo

alla chiara comprensione delle finalità inclusive del Progetto, non facilitando cioè la

diffusione della possibilità di favorire l’apprendimento scolastico anche in materie

richiedenti un livello di comprensione maggiore di quello del paziente. Dalla nostra

esperienza emerge che l’insegnante curriculare ha una fondamentale importanza nel

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Progetto poiché promuove la scelta degli argomenti e delle materie da semplificare e

tradurre, permettendo così al gruppo di lavoro di preparare il materiale didattico adattato

in modo anticipato rispetto alla data di trattazione in classe e quindi mettendo l’alunno

nella condizione di avere a disposizione il testo in simboli durante la spiegazione. La

presenza costante dell’insegnante di sostegno è stata la condizione per favorire nel

Progetto la continuità di lavoro nell’arco di tempo di realizzazione, coinvolgendo i diversi

insegnanti curriculari, favorendo la conoscenza dell’approccio CAA sia tra i docenti che

tra i compagni del paziente, ricevendo in questo un sostegno dall’operato dell’AEC.

Entrambe le figure professionali, di riferimento a scuola per la conoscenza dei termini e

dello sviluppo del Progetto, si coordinano con il logopedista il quale riveste il ruolo di chi

ha le competenze nell’istruire le varie figure professionali sull’approccio di CAA e

nell’individuare le modalità e gli ausili più adeguati per la comunicazione e

l’apprendimento del paziente.

Dal nostro studio emerge anche che nei casi in cui il gruppo di lavoro era costituito solo

dal logopedista e dall’insegnante di sostegno, è stata comunque possibile la preparazione

di un cospicuo numero di testi in simboli che ha consentito a tutti i pazienti possibilità di

apprendimento, promuovendo così l’inclusione scolastica. È però necessario sottolineare

che nei casi in cui il lavoro del Progetto è stato diviso equamente tra le varie figure

professionali, è stato possibile apprezzare un aumento considerevole di materiale adattato

a disposizione del paziente, accrescendo ovviamente l’esposizione all’apprendimento.

Infine nel nostro studio si è potuto anche osservare che la diffusione a scuola di una

modalità comunicativa e di apprendimento in pazienti con difficoltà linguistiche, ha

favorito l’insorgere di interesse per questo approccio, come è successo in due scuole dalle

quali è partita la richiesta di svolgere alcune ore di formazione sull’approccio CAA per i

loro alunni.

La non partecipazione dei genitori ai vari incontri è un elemento da evidenziare. Dal

questionario si evince che i genitori nel complesso sono soddisfatti della proposta e dello

sviluppo del Progetto ma appaiono consapevoli delle difficoltà collaborative riscontrate

durante il suo sviluppo. La ridotta partecipazione dei genitori può essere ascritta ad una

scarsa consapevolezza delle possibilità non solo comunicative ma anche di

apprendimento sviluppabili con l’approccio CAA. Emergono le loro considerazioni

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inerenti la scarsa conoscenza in tal senso da parte degli insegnanti, aspetto che a loro

parere ha rallentato lo sviluppo del progetto. Di contro, nei casi in cui l’accettazione delle

condizioni per lo sviluppo del Progetto a scuola è avvenuta in modo più pieno, emergono

le loro considerazioni sulla loro minore fatica come genitori per far conoscere ed accettare

le modalità comunicative dei loro figli, la migliore e più adeguata circolazione di

informazioni sulle possibilità di integrazione in ambito scolastico, incluse la possibilità

non solo di assistere ma anche di seguire le spiegazioni in classe di materie formalmente

difficili da comprendere. Invece le criticità maggiori riscontrate dai genitori risiedono

nell’utilizzo degli ausili comunicativi in ambito familiare, da cui deriva un loro scarso

utilizzo. Questo fatto potrebbe essere anche in tal caso in relazione con la ridotta

consapevolezza di una finalità di apprendimento, non solo scolastico, nel permettere un

quotidiano scambio comunicativo in un contesto relazionale emotivamente coinvolgente

e fonte proprio per questo di più facile apprendimento. Le tabelle comunicative preparate

per i pazienti includono anche passaggi in attività quotidiane da poter sviluppare in casa,

con i familiari, di natura diversa, giochi, o preparazione di cibi, o attività di lettura. Un

obiettivo di lavoro nel prosieguo dei Progetti integrati potrebbe essere un intervento

mirato al contesto familiare volto a favorire l’utilizzo quotidiano degli ausili.

Infine, i miglioramenti emersi dai test di linguaggio evidenziano la validità della lettura

condivisa di testi in simboli nell’aumento del vocabolario in comprensione e della

morfosintassi. In particolare in un caso il paziente ha iniziato ad usare sistematicamente

due simboli, un verbo e un complemento oggetto, indice di un’emergente attività

combinatoria. In letteratura è descritta l’influenza della lettura condivisa di testi adattati

nell’uso combinato di simboli (“Teaching Graphic Symbol Combinations to Children

with Limited Speech during Shared Story Reading”, Kerstin M. Tonsing, 2014). In un

altro caso la presentazione sistematica di compiti in linea con le difficoltà e con le abilità

del paziente, ha aumentato il suo interesse e il suo livello attentivo sia a scuola che a

terapia, tanto da rendere il test somministrabile. Inoltre è da sottolineare che in due casi,

dai punteggi ottenuti dai test linguistici di comprensione, si evidenziano errori più

circoscritti a determinate tipologie di frasi e quindi meno generalizzati. Si può dire quindi

che il miglioramento abbia interessato specifici cluster frasali. Anche se i test non sono

stati eseguiti secondo regole metodologiche previste per le prove standardizzate e che in

questi pazienti i livelli di attenzione fluttuanti hanno influenzato la correttezza delle

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risposte fornite, è interessante notare come anche in quadri clinici così compromessi è

possibile apprezzare alcuni miglioramenti.

6.2 CONCLUSIONI

Questo lavoro di tesi mostra quanto i vari ambienti comunicativi influiscano sulla PCBC

al punto che una minor partecipazione di uno di questi va a modificare tutto il sistema che

ruota intorno alla persona. Si è evidenziato infatti che uno scarso utilizzo dell’approccio

CAA abbia determinato una riduzione delle opportunità comunicative, una ridotta

espansione dei simboli e del vocabolario d’entrata del paziente.

Un progetto di CAA integrato e l’aumento delle possibilità comunicative non solo hanno

ripercussioni positive sulle componenti linguistiche in entrata ma consentono al paziente

di fare esperienza con un numero maggiore di simboli che potranno essere utilizzati anche

in uscita.

Un intervento di CAA non si può limitare alla sola individuazione della tipologia di ausili

più adatta ad aumentare le capacità comunicative della PCBC. Così facendo, infatti, vi è

la rimozione delle sole barriere di accesso. Il vero ostacolo alla realizzazione del Modello

di partecipazione formulato da D.R. Beukelman e P. Mirenda è rappresentato dalle

barriere di opportunità. Come sostengono questi due autori favorire la partecipazione

delle PCBC nei vari contesti naturali costituisce il primo vero passo per incrementare la

comunicazione.

Il progetto di CAA integrato con la scuola avanzato dal centro UILDM non solo ha

favorito l’inclusione scolastica dal punto di vista degli apprendimenti ma si è occupato

anche di promuovere le relazioni sociali. Tale progetto procederà e non solo con questi

cinque pazienti: già nel corso del periodo del nostro studio è aumentato

considerevolmente il numero di collaborazioni con diverse scuole.

Sono ancora pochi gli studi in letteratura che si occupano di questo tema e numerose le

PCBC che necessiterebbero di un Progetto come quello descritto nel presente lavoro. E’

auspicabile quindi un aumento degli sforzi in questa direzione, tenendo conto che i

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presupposti basilari che lo hanno reso possibile sono stati una terapista specializzata e la

volontà di tutte le figure che ruotano attorno alla PCBC di metterlo in pratica.

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ALLEGATO A

QUESTIONARIO DI PERCEZIONE

1. Qual è la sua opinione in merito al progetto di collaborazione scuola-logopedia?

2. Come ha influito tale progetto sulla Vostra vita familiare?

3. Dal punto di vista comunicativo, ha notato dei miglioramenti in Suo figlio

dall’apertura del progetto ad oggi?

4. Ha riscontrato delle criticità in merito al progetto di collaborazione scuola-

logopedia? Ritiene siano necessarie modifiche o aggiunte? Quali?

5. Da quando utilizza la CAA e/o gli ausili più o meno tecnologici ha notato dei

cambiamenti in Suo figlio? Se sì, quali?

6. Riscontrate difficoltà nell’utilizzo degli strumenti di CAA con Vostro figlio? Se

sì, quali?

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