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Universita degli Studi di FerraraDipartimento di Fisica e Scienze della Terra
Corso di Laurea in Fisica
Sviluppo di uno spettrometro TDCR a
scintillazione liquida
RELATORE CANDIDATO
Dott. Giovanni Di Domenico Andrea Scarpelli
CORRELATRICE
Dott.ssa Gaia Pupillo
Anno Accademico 2013–2014
A Zanna
Indice
Contents iii
Introduzione 1
1 La scintillazione liquida 5
1.1 Principi della scintillazione liquida . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.2 Il rilevatore a scintillazione liquida . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.3 Coincidenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
1.3.1 Principio della coincidenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
1.3.2 L’efficienza assoluta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.4 Il quench . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.4.1 Meccanismo del quench . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.4.2 Calcolo dell’efficienza nel processo di scintillazione . . . . . . . . . 12
1.4.3 Metodi di correzione del quench . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
2 Il metodo TDCR 15
2.1 Coincidenza a tre PMT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
2.2 Principi del metodo TDCR . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
2.2.1 Metodo TDCR semplificato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
2.2.2 Teoria del TDCR . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
2.2.3 Calcolo dell’attivita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
2.3 Misura dell’attivita di radionuclidi a basse energie . . . . . . . . . . . . . 22
2.4 Vantaggi del metodo TDCR . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
3 Set-up sperimentale 25
3.1 La camera ottica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
3.2 I fotomoltiplicatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
3.3 Il digitalizzatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
3.3.1 Caratteristiche e funzionamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
3.3.2 Calibrazione del canali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
3.4 Il software di acquisizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
3.5 Guadagno dei PMT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
3.5.1 Teoria del Guadagno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
3.5.2 Spettro del singlo fotoelettrone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
3.5.3 Allineamento dei Guadagni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
iii
Indice iv
4 Misura dell’attivita del 99gTc 41
4.1 Determinazione delle soglie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41
4.2 Spettro β del 99gTc . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44
4.3 Studio del comportamento del parametro K . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
4.4 Stima dell’attivita del 99gTc . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49
4.4.1 N0 col metodo TDCR semplificato . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49
4.4.2 N0 col metodo TDCR completo (analisi teorica) . . . . . . . . . . 50
Conclusione 53
A Ottimizzare la scelta dei parametri 55
Bibliografia 57
Introduzione
Il Tecnezio-99 metastabile (99mTc) e il piu importante radionuclide in medicina nuclea-
re, utilizzato in oltre l’80% delle procedure diagnostiche in-vivo di tipo Single Photon
Emission Computed Tomography o SPECT (figura 1). Le sue caratteristiche chimico-
fisiche lo rendono l’elemento migliore per questo tipo di analisi, infatti:
• L’energia della radiazione γ emessa (pari a circa 142 keV) e tale da garantire una
buona immagine ed al contempo di mantenere bassa la dose assorbita dal paziente;
• La sua breve emivita (t1/2 ≈ 6h) consente la marcatura dei radiofarmaci da som-
ministrare e lo svolgimento della procedura diagnostica, consentendo al paziente
di lasciare l’ospedale poche ore dopo l’indagine SPECT;
• L’ampio intervallo di stati di ossidazione del Tecnezio ( da -1 a 7) permette la mar-
catura, garantendo quindi la marcatura di diversi composti chimici, in particolare
di numerose molecole di interesse diagnostico;
Il Tecnezio e tutti i suoi isotopi non sono presenti in natura, ma ottenibili dal decadi-
mento di altri elementi: in particolare il Molibdeno-99 decade con una probabiita dell’
86% in 99mTc e nel restante 14% dei casi in 99Tc nello stato fondamentale, detto ground
state (99gTc).
L’estrazione del 99mTc a partire dal 99Mo e piuttosto semplice: l’equilibrio transiente
che si instaura tra i due elementi permette infatti di creare un sistema in cui a inter-
valli di tempo regolari si estrae l’attivita del radionuclide prodotto per decadimento.
Nel caso del sistema 99Mo/99mTc, ogni 24 ore e possibile estrarre un’attivita di 99mTc
pari a circa il 95% dell’attivita del 99Mo presente in quell’istante nel generatore. Tale
sistema e detto generatore, poiche nel decadimento del radionuclide padre (99Mo) viene
generato l’isotopo figlio (99Tc). Sfruttando questo processo (figura 2), e possibile forni-
re un approvvigionamento quotidiano di 99mTc in tutti i reparti di medicina nucleare,
semplificando le problematiche legate al trasporto di un radionuclide con emivita cosı
breve (infatti il 99Mo ha un’ emivita di circa 66 h).
1
Introduzione 2
Figura 1: esempio della tecnica diagnostica SPECT applicata su un topolino.
Figura 2: andamento delle attivita di 99Mo e 99mTc in un sistema 99Mo/99mTc eluitoogni 24 ore [7].
Introduzione 3
Attualmente il 99Mo e prodotto in reattori nucleari a partire dall’Uranio-235 altamente
arricchito (Highly Enriched Uranium, HEU) elemento potenzialmente utilizzabile co-
me arma nucleare e quindi sottoposto a severe norme e regolamentazioni per la sua
diffusione. Nel 2009 i principali reattori dedicati alla produzione di 99Mo hanno su-
bito lo spegnimento per manutenzioni impreviste, causando una carenza nell’approv-
vigionamento di 99mTc in tutto il mondo. Questo evento ha messo in luce a livello
globale la necessita di sviluppare nuovi metodi per la produzione di radionuclidi neces-
sari alle procedure diagnostiche piu comuni. In questo contesto si inserisce il progetto
APOTEMA (Accelerator-driven Production Of TEchnetium/Molybdenum for Medical
Applications), finanziato dall’INFN e finalizzato allo studio della produzione di questi
importanti radionuclidi. Entro il 2014 sara infatti installato presso i laboratori nazionali
di Legnaro (LNL, Padova) un ciclotrone ad alte prestazioni, che verra utilizzato sia per
studi di fisica nucleare (progetto SPES, Selective Production of Exotic Species), che per
la produzione di radionuclidi di interesse medicale (progetto LARAMED, LAboratory
for the production of RAdioisotopes for MEDicine) mediante fasci di protoni. Tra i ra-
dioisotopi di maggiore interesse vi sono appunto il 99Mo e il 99mTc, analizzati all’interno
del progetto APOTEMA. Tra questi e necessario approfondire la produzione di tutti i
radioisotopi del Tecnezio, considerati contaminanti: essi infatti, essendo chimicamente
indistinguibili dal 99mTc, non possono essere separati da esso e dunque rimarrebbero
nel prodotto finale, causando una maggiore dose al paziente ed eventualmente alterando
la qualita delle immagini SPECT risultanti. La produzione di isotopi del Tecnezio puo
essere minimizzata selezionando accuratamente le modalita dell’irraggiamento (come ad
esempio l’energia del fascio di protoni e la durata dell’irraggiamento). In figura 3 si
riporta l’efficienza di produzione di vari isotopi del Tecnezio al variare dell’energia del
fascio: si puo notare che, selezionando una finestra energetica tra i 10 e i 20 MeV, la
produzione di 100Tc e 98Tc risulta minimizzata. La produzione invece del 99gTc, un β
emettitore puro caratterizzato da una lunga emivita (t1/2 ≈ 2 · 105y), non e ridotta,
poiche presenta il picco di produzione proprio nella stessa finestra energetica del 99mTc.
Inoltre l’efficienza di produzione del 99gTc e stata misurata sperimentalmente solo fino a
18 MeV (vedi [8]) ed e quindi necessario estendere la misura a tutto l’intervallo energeti-
co di interesse. Tra gli obiettivi del progetto APOTEMA vi sono la misura delle sezioni
d’urto coinvolte nella produzione del Molibdeno e del Tecnezio, che richiede lo sviluppo
di un innovativo rilevatore a scintillazione liquida in grado di misurare le basse attivita
dei campioni di 99gTc prodotte durante gli irraggiamenti.
Lo scopo di questo progetto di tesi e lo sviluppo di un rilevatore a scintillazione liquida
che sfrutta la coincidenza a tre fototubi e il metodo TDCR per la standardizzazione
del 99gTc. In particolare nel primo capitolo ci si sofferma principalmente sul metodo
della scintillazione liquida, sui problemi connessi con essa e sulle tecniche piu diffuse
Introduzione 4
Figura 3: sezione d’urto sperimentale e teorica dei principali isotopi del Tecnezioprodotte durante un’ irradiazione di protoni su un bersaglio di Mo100 [7].
per arginarli; nel secondo capitolo verranno delineate le linee guida del metodo TDCR
che impiega la coincidenza a tre fototubi e se ne analizzeranno i vantaggi rispetto ad
altri metodi per la misura dell’attivita dei radionuclidi. Nel terzo capitolo si descrive
dettagliatamente la realizzazione pratica: le problematiche incontrate e le misure di
calibrazione effettuate sul rilevatore per poi passare, nel quarto capitolo, a presentare i
primi risultati ottenuti misurando l’attivita di campioni di 99gTc. Nell’ultimo capitolo si
prenderanno in esame i possibili metodi per ottimizzare la misura di radionuclidi a bassa
attvita e si analizzeranno le possibili future prospettive di applicazione di tale metodo
in campo medico.
Capitolo 1
La scintillazione liquida
Il metodo di analisi a scintillazione liquida (Liquid Scintillation Analysis, LSA) e il
conteggio in scintillazione liquida (Liquid Scintillation Counting, LSC) sono tecniche
molto comuni per la rilevazione e la misura di sorgenti radioattive fin dai primi anni
’50. Queste tecniche sfruttano materiali organici in grado di convertire l’energia cinetica
delle particelle prodotte nei decadimenti nucleari di tipo α e β in energia luminosa.
La luce emessa puo essere convertita in un impulso elettrico misurabile utilizzando un
fotomoltiplicatore (PhotoMultiplier Tube, PMT).
1.1 Principi della scintillazione liquida
Qualunque processo di analisi di sorgenti radioattive che coinvolga l’utilizzo della scintil-
lazione liquida richiede la preparazione di uno speciale cocktail : un composto omogeneo
formato da un solvente organico aromatico, fluoro (o un’ altra sostanza con caratteri-
stiche di fluorescenza) e un tensioattivo1. Il campione radioattivo e disciolto all’interno
del cocktail fino a formare una soluzione omogenea che viene raccolta all’interno di una
fiala (vial) di plastica o di vetro. Il processo che avviene all’interno del cocktail e che
porta all’emissione finale di luce e piuttosto complesso, ma puo essere schematizzato in
tre diverse fasi (figura 1.1); nella prima le molecole aromatiche del solvente si attivano
assorbendo l’energia cinetica della particella emessa dal radionuclide. Nella seconda fase
le molecole del solvente trasferiscono la loro energia eccitando le molecole dello scintil-
latore, le quali la ritornano rapidamente nel loro stato fondamentale emettendo fotoni
mediante il meccanismo della fluorescenza (terza fase). Al termine del processo, l’ener-
gia della radiazione luminosa prodotta dipende dal materiale scintillatore utilizzato; la
1I tensioattivi (o surfattanti) sono sostanze che hanno la capacita di migliorare la miscibilita traliquidi diversi abbassandone la tensione superficiale.
5
Capitolo 1. La scintillazione liquida 6
sua intensita e invece proporzionale all’ energia rilasciata nel cocktail dal decadimento
iniziale. L’intero processo puo essere descritto in analogia a un circuito elettrico: il
decadimento iniziale e associato a una batteria, mentre il solvente e lo scintillatore alla
lampadina; maggiore e l’energia della batteria, maggiore sara l’intensita della luce resti-
tuita dalla lampadina. Il processo di scintillazione e la luce prodotta sono differenti per
i decadimenti α, β, e γ.
Figura 1.1: Schematizzazione delle tre fasi del processo di scintillazione liquida. Laluce prodotta alla fine viene raccolta mediante un PMT e inviata alla strumentazione
di analisi [14].
In un comune decadimento β un neutrone si trasforma in un protone, emettendo un
elettrone (in questo contesto chiamato anche particella β−) e un antineutrino elettronico:
n→ p+ e− + ν
Dal momento che la massa del protone e molto maggiore di quella delle altre particelle,
l’energia totale del decadimento (Emax) e ripartita tra il neutrino e l’elettrone, ma
solamente quest’ultimo puo essere rilevato mediante il processo di scintillazione. Per
questo motivo tutti i decadimenti beta presentano un tipico spettro di decadimento
(figura 1.2), che e lo spettro energetico degli elettroni prodotti, con valori continui da
0 a Emax. L’energia piu probabile alla quale vengono emessi gli elettroni e pari a circa
1/3Emax.
Per loro natura le particelle β− vengono assorbite in pochi mm dal punto di emissione.
La loro energia viene ceduta dalla soluzione scintillante mediante agitazione termica,
ionizzazione ed eccitazione. Al termine del processo vengono emessi circa 10 fotoni per
ogni keV di energia depositata nel liquido di scintillazione.
I decadimenti β si prestano particolarmente bene ad essere analizzati mediante scintilla-
zione liquida per il loro spettro facilmente identificabile. Inoltre l’efficenza del processo
e compresa tra il 90% e il 100% per un’energia iniziale al di sopra dei 100 keV. Per
energie inferiori si aggira tra il 10% e il 60%, a seconda del grado di assorbimento della
soluzione.
Capitolo 1. La scintillazione liquida 7
Figura 1.2: Un tipico spettro di un decadimento β; si noti come l’energia associataall’elettrone vari tra 0 e Emax [6].
1.2 Il rilevatore a scintillazione liquida
Come descritto in precedenza la scintillazione liquida converte l’energia del decadimento
in lampi di luce. Dunque al fine di poter studiare qualitativamente e quantitativamente
il decadimento, un LSC deve essere in grado di rilevare il numero di lampi di luce emessi
dalla vial e trasformarli in conteggi per minuto ( Count Per Minute, CPM) e in seguito
convertirli in decadimenti al minuto (Decay Per Minute, DPM) per ricostruire l’effettiva
attivita del radionuclide. Tipicamente un LSC e composto di diverse componenti (figura
1.3), ciascuna delle quale opera una diversa analisi sul campione:
Figura 1.3: Rappresentazione schematica delle varie componenti di un genericorilevatore a scintillazione liquida [6].
• Una cameretta buia, dove viene posta la vial, mediante un meccanismo a doppia
porta che evita il passaggio accidentale di luce. Grazie a questo meccanismo i PMT
Capitolo 1. La scintillazione liquida 8
possono essere mantenuti accesi ad alta tensione e di conseguenza il loro rumore
di fondo rimane stabilizzato nel caso si voglia effettuare una serie di analisi sullo
stesso campione o su piu campioni. Il sistema di rilevazione dell’LSC in generale
deve essere mantenuto il piu possibile al buio, non solo per evitare di raccogliere
segnali casuali, ma anche perche i fototubi sono particolarmente sensibili alla luce
e una quantita eccessiva potrebbe danneggiarli.
• La raccolta dei lampi di luce viene effettuata dai PMT. Si tratta di dispositivi in
grado di convertire i fotoni in elettroni e di amplificarne il numero fino a produrre
un segnale in uscita che puo essere analizzato dall’elettronica di base. Il loro mec-
canismo di funzionamento si basa principalmente sull’effetto fotoelettrico: i fotoni
luminosi colpiscono un fotocatodo il quale genera degli elettroni che vengono acce-
lerati e guidati contro dei dinodi caricati positivamente che amplificano il segnale
generando una cascata di elettroni, la quale viene raccolta infine da un anodo. I
PMT standard tipicamente utilizzati per un LSC sono in grado di amplificare la
luce prodotta anche di un fattore 106 o 107.
• Il segnale raccolto dai PMT viene inviato a un circuito analogico che effettua alcune
operazioni base sul segnale, come ad esempio una discriminazione di parte di esso
e la sua conversione in un segnale leggibile dall’elettronica digitale.
• In seguito il segnale viene inviato al convertitore analogico-digitale (Analog to
Digital Converter, ADC), modulo che converte informazioni contenute nel segnale
analogico in un proporzionale dato in forma digitale. I segnali cosı ottenuti possono
essere raccolti utilizzando un analizzatore multicanale (Pulse Height Analyzer,
PHA) che registra gli impulsi assegnando loro un canale in funzione della loro
energia; in tal modo si costruisce lo spettro del decadimento, esprimendo il numero
di conteggi in funzione dell’altezza dell’impulso corrispondente. In quest’ultima
fase gli impulsi non sono solamente contati, ma anche analizzati: si preferisce
dunque riferirsi a un LSA piuttosto che a un LSC.
Gli LSA o LSC sono molto diffusi e pratici, ma presentano anche una serie di proble-
matiche da non sottovalutare per ottenere un’analisi precisa del campione. Tra tutte
si ricordano l’alto numero di conteggi di background, dovuto al rumore elettronico del
PMT e l’effetto di assorbimento (quenching) dovuto alla soluzione di scintillazione.
Capitolo 1. La scintillazione liquida 9
Figura 1.4: Un tipico spettro beta raccolto mediante un MCA: ciascun impulso rap-presenta un canale e il numero di conteggi e l’altezza. Questo permette di fornire una
stima qualititativa dello spettro in energia del decadimento [6].
1.3 Coincidenza
1.3.1 Principio della coincidenza
Come illustrato nella figura 1.3, due PMT sono tipicamente usati nel misurare l’inten-
sita luminosa prodotta dal decadimento radioattivo nella vial. I fototubi permettono di
rilevare i segnali in coincidenza e di distinguere anche radionuclidi a bassa energia (come
ad esempio il Trizio, che ha un’energia massima di 18.6 keV) da rumore di fondo dello
strumento, dovuto soprattutto alla corrente di buio. Solitamente la regione principal-
mente affetta da un alto rate di rumore e quella tra gli 0 keV e i 10 keV (figura 1.5).
Il principio della coincidenza si basa sul fatto che, quando avviene un decadimento all’in-
terno della vial, la luce prodotta e distribuita isotropicamente. Inoltre sia il decadimento
che la successiva scintillazione sono processi molto rapidi (all’incirca tra i 2 ns e 10 ns).
E dunque possibile distinguere molti degli eventi del decadimento nucleare da quelli del
background selezionando un’opportuna finestra temporale, detta anche resolving time
(τ), molto breve (circa 20 ns). Un evento viene rigettato e contato come background
quando e registrato solo da un PMT o al di fuori del resolving time. La tabella 1.1
mostra un valido esempio di come la coincidenza permetta di ridurre il rumore di fondo.
Capitolo 1. La scintillazione liquida 10
1400
1200
1000
800
600
400
200
0
Cou
nt
5004003002001000Channel
0.1mL Tc99Aq. time 10s
'PMT1 single PMT3 single
-------------------------------- Coincidence 1-3
Figura 1.5: Spettri in singola e in coincidenza relativi al decadimento β del 99Tc. Sinota bene come il maggior numero di conteggi si concentri nella regione del grafico a
minor energia.
PMT1 PMT3 Coincidenza 1-3 attivita attesa
7528 Bq 7428 Bq 3398 Bq 3700 Bq
Tabella 1.1: Sono presentati i rate di eventi singoli (dovuti solo al rumore) relativia due PMT Hamamatsu sia in singola che in coincidenza. I dati si riferiscono a una
misura dell’attivita di 0.1 mL di Tc99.
Statisticamente una parte dei conteggi attribuiti al decadimento e in realta dovuta al
rumore di fondo. Il contributo di questi conteggi accidentali puo essere valutato con la
relazione:
Cacc = 2R1R2τ (1.1)
dove R1 e R2 sono i rate relativi ai due PMT e τ e il resolving time.
Anche sfruttando la formula 1.1 rimangono un certo numero di conteggi accidentali do-
vuti all’interazione del liquido di scintillazione con fonti radioattive esterne (ad esempio i
raggi cosmici) e alla presenza di radioattivita naturale nel materiale di cui e composto il
fotocatodo dei PMT. Effettuando prima un’acquisizione con soltanto i PMT e successi-
vamente con solo una boccetta di liquido e possibile valutare questi effetti e sottraendoli
ai conteggi misurati si ottiene il corretto valore dei DPM.
Il segnale raccolto in coincidenza dai due fototubi deve essere poi ricostruito per diventare
un unico segnale da un apposito circuito di sommazione. Questo accorgimento permette
non solo di facilitare l’analisi, ma anche di compensare le eventuali variazioni di intensita
luminosa dovute alla posizione del decadimento all’interno della vial : infatti un segnale
Capitolo 1. La scintillazione liquida 11
prodotto molto vicino al bordo della fiala avrebbe un’intensita maggiore di un altro
prodotto al centro, in quanto il cocktail di scintillazione assorbe parte della luce prodotta.
1.3.2 L’efficienza assoluta
Si definisce efficienza assoluta (ε) il rapporto tra le particelle contate dal rilevatore e
quelle prodotte nel decadimento. Il valore di ε non e fisso, ma varia a seconda delle
caratteristiche costruttive del PMT, dalla geometria del sistema di acquisizione, dal-
l’elettronica ad esso associata, dal liquido di scintillazione utilizzato e dal radioisotopo
analizzato. Per ottenere una prima stima del valore di ε e possibile valutare il rapporto
tra CPM e DPM:
ε =CPM
DPM(1.2)
Il valore di ε in un sistema ideale deve essere il piu possible vicino ad 1. Tipicamente
sistemi aventi solamente un fototubo hanno un valore di (ε) simile o addirittura maggiore
di 1; questo perche contano, oltre agli effettivi decadimenti, anche il rumore elettronico
e i fenomeni di afterpulsing ; sistemi operanti con due (o piu) PMT hanno un valore di
ε a volte anche molto inferiore a 1, ma sono meno sensibili al rumore.
1.4 Il quench
1.4.1 Meccanismo del quench
Il fenomeno del quench descrive l’assorbimento di energia della particella β o di luce di
scintillazione operato dalle varie componenti del campione. A causa di questo effetto
l’intensita del segnale luminoso prodotto viene ridotta e, quando l’attenuazione e tale
da generare un impulso inferiore al limite di rilevazione del PMT, l’ efficienza assoluta
del sistema diminuisce.
Il quench e il risultato della combinazione di due diverse cause principali: il quench
chimico, dovuto ai composti chimici nel preparato a base di fluoro, e il quench di colo-
re, causato dalla presenza di sostanze colorate all’interno del campione (figura 1.6). Il
quench chimico e il piu comune e avviene durante la cessione di energia da parte delle
molecole organiche al fluoro. Esso impedisce a parte dell’energia di tramutarsi in luce
e causa, oltre che a una riduzione del numero di conteggi, l’apparente modifica dell’in-
tensita dell’energia iniziale della sorgente. Il quench di colore, invece, si comporta come
una specie di filtro assorbendo alcune lunghezze d’onda prima che possano essere contate
dall’LSA.
Capitolo 1. La scintillazione liquida 12
Figura 1.6: I punti dove si manifesta il quench all’interno del processo di scintillazione[6].
La formula di ionizzazione di Birks [15] e una formula empirica per stimare il quantitativo
di di energia ceduto al liquido di scintillazione a causa del quench:
Q(E) =1
E
∫ E
Iex
dE
1 + kB(dEdx )(1.3)
dove Iex e l’energia media di eccitazione delle molecole dello scintillatore, dEdx e la perdita
di energia dell’elettrone calcolata mediante la formula di Bethe-Bloch. Il valore kB e la
costante di Birks, espressa in cm/MeV, che fornisce una stima dell’energia necessaria per
ionizzare le molecole dei composti usati nel cocktail scintillatore; tale valore e differente
per ogni materiale e permette di valutare il grado di quench della soluzione.
1.4.2 Calcolo dell’efficienza nel processo di scintillazione
L’efficenza di scintillazione (εs) e definita come il numero di fotoni prodotti in media per
unita di energia del decadimento iniziale. Per determinare il valore di εs occorre valutare
il modo in cui l’energia viene persa dalla particella durante il processo di scintillazione e
in che modo la luce prodotta viene raccolta dai PMT e convertita in elettroni; dunque per
determinare εs occorre conoscere non solo l’effetto del quench, il quale riduce il numero
di fotoni che arrivano al rilevatore, ma anche la probabilita che le particelle emesse nel
decadimento non fuggano dalle pareti della boccetta. Per una vial avente una forma
cilindrica di raggio r e altezza h tale probabilita vale [15]:
W (E) = 1−(
1
r+
1
h
)Rρ(E)
2(1.4)
Rρ(E) e il range di assorbimento della particella, valutabile mediante la formula di
Bethe-Block.
Capitolo 1. La scintillazione liquida 13
Nel caso di un campione radioattivo che emette elettroni monoenergetici (di energia E),
e possibile stimare l’energia efficace (Ef ) della particella β− come:
Ef = EQ(E)W (E) (1.5)
dove Q(E) rappresenta l’assorbimento di energia operato dalla soluzione di scintillazione
(equazione 1.3) e W (E) esprime l’inverso della probabilita di fuga delle particelle dalla
vial(equazione 1.4). La formula 1.5 rappresenta la combinazione tra l’energia che subisce
l’effetto del quench e quella che viene depositata nel liquido scintillatore; il prodotto tra
le quantita Q(E) e W (E) rappresenta il valore dell’efficenza di scintillazione:
εs(E) = Q(E)W (E) (1.6)
L’efficienza di scintillazione non e da confondere con l’efficienza assoluta del sistema
(ε). Quest’ultima infatti rappresenta l’efficienza totale di rilevazione e tiene conto al
suo interno delle numerose efficienze relative di ciascuna delle componenti del sistema
di rilevazione, tra cui anche quella di scintillazione.
1.4.3 Metodi di correzione del quench
Per valutare l’attivita di un radionuclide occorre conoscere il valore di ε. Attualmen-
te vi sono numerosi metodi che consentono di ricavare l’efficienza totale del sistema
correggendo l’effetto del quench sul valore dei CMP. Di seguito si elencano i piu diffusi:
• Internal standard : si aggiunge al campione una sorgente radioattiva avente un
numero di DPM noto (DPMsource). Vengono dunque registrati i CPM relativi
al nuovo campione (CMPnew) e sottratti ai CMP relativi al vecchio (CMPold)
per stimare i CMP relativi alla sorgente introdotta (CMPsource). Il rapporto tra
CPMsource e DPMsource fornisce il valore di ε. Nonostante questo metodo sia
piuttosto semplice, esso risulta poco pratico per effettuare l’analisi su un numero
grande di campioni.
• External standard : e molto simile al precedente, ma in questo caso la sorgente
radioattiva non viene aggiunta all’interno della vial, ma mantenuta all’esterno. Per
questo metodo si utilizza tipicamente una forte sorgente di raggi γ per generare
elettroni Compton, i quali si comportano all’interno del liquido di scintillazione in
modo analogo alle particelle β.
Capitolo 1. La scintillazione liquida 14
Figura 1.7: Curva di correzione del quench per 3H e 14C. Come parametro vieneutilizzato il SIS; tale valore e relativo all’altezza media di ciascuna classe nello spettroraccolto col MCA e dipende in modo proporzionale dal livello di quench della soluzione
[6].
• Preparazione di una curva di correzione: si realizzando diversi campioni dello
stesso radionuclide, aventi tutti gli stessi DPM, ma diversi livelli di quench. Per
ciascun campione si misurano i CPM e viene calcolata ε mediante l’equazione 1.2.
Il valore dell’efficenza viene dunque riportato su un grafico in funzione di un valore
che indica il grado di quench relativo a ciascun campione. Una volta costruita la
curva di correzione per un radionuclide standard (tipicamente si usa per questo
scopo 14C) e possibile utilizzarla per ricostruire i DPM di una sorgente ignota, alla
condizione di conoscerne il livello di quench e i CPM. Un esempio di una curva di
correzione e riportato nella figura 1.7.
Capitolo 2
Il metodo TDCR
Nel capitolo precedente si e presentata la scintillazione liquida come metodo per calcola-
re l’attivita di un radionuclide e alcune delle problematiche connesse con essa. I metodi
di correzione del quench e l’utilizzo della coincidenza doppia permettono di misurare
l’attivita di un radionuclide mediante il calcolo dell’efficienza ε. Su tali procedimenti
si basano numerosi rilevatori commerciali attualmente utilizzati per gli scopi piu vari.
Quasi tutti pero hanno in comune la necessita di utilizzare come calibrazione un ra-
dionuclide di attivita nota. Il metodo TDCR (Triple to Double Coincidence Ratio)
e un metodo diretto per il calcolo dell’efficienza (ε) di un radionuclide che si basa su
un modello fisico e statistico sulla scintillazione dei fotoni e la loro probabiita di essere
rilevati da parte di un contatore a tre PMT.
2.1 Coincidenza a tre PMT
Il metodo TDCR richiede l’utilizzo di uno speciale rilevatore a tre PMT e di una parti-
colare elettronica per effettuare la coincidenza. I tre fototubi sono collocati attorno alla
vial su un piano perpendicolare ad essa con un angolo di 120 attorno ad essa (figura
2.1); la luce colpisce in modo isotropo tutti e tre i PMT e se le loro caratteristiche sono
simili i segnali raccolti da ciascuno di essi saranno simili.
Il segnale raccolto viene inviato ad un’apposita elettronica che analizza i segnali in
coincidenza tripla (ABC) e ne calcola il numero di conteggi (NT ). Vengono inoltre
acquisite le coincidenze per ciascuna coppia di canali (AB, AC, BC) e quelle in doppia
ND. La formula 2.1 puo essere usata per verificare la consistenza tra i dati in coincidenza
doppia e tripla:
ND = NAB +NBC +NAC − 2NT (2.1)
15
Chapter 2. Il metodo TDCR 16
Figura 2.1: Geometria del rilevatore TDCR e schema elettronico di base. C: coinci-dence gate (AND logico), A: amplificatore, P: preamplificatore, D: discriminatore, S:
summing gate (OR logico) [15].
2.2 Principi del metodo TDCR
2.2.1 Metodo TDCR semplificato
Il metodo TDCR si basa sulla valutazione di un parametro K definito come:
K =NT
ND(2.2)
dove ND e NT sono rispettivamente i conteggi in coincidenza doppia (2.1) e in tripla
misurati con il sistema a tre PMT. Tale parametro K cadra sempre in un intervallo
compreso tra 0 e 1 in quanto si suppone, per la fisica della coincidenza, che NT sia
minore di ND. Quando l’efficenza ε tende all’unita:
ε→ 1
anche i rate in doppia e in tripla tendono al numero di decadimenti effettivo N0
NT → N0
Chapter 2. Il metodo TDCR 17
ND → N0
e di conseguenza:
K → 1
Acquisendo una serie di coppie di valori NT e ND con differenti condizioni di quench e
possibile estrapolare i dati fino a K = 1, che corrisponde alla condizione in cui ε = 1
e ND = N0. Se il valore di K calcolato sperimentalmente mediante la 2.13 e vicino
a 1, e possibile fornire una stima grossolana di N0 usando proprio K come valore per
l’efficienza dei conteggi doppi (εD):
N0 ≈ND
K
Tendendo conto della 2.13, l’approssimazione precedente diventa:
N0 ≈N2D
NT(2.3)
L’utilizzo di questa approssimazione sottostima dell’attivita della sorgente; calcoli teorici
hanno dimostrato che la correzione a tale metodo e inferiore dell’ 1% per valori di K
maggiori di 0.9.
2.2.2 Teoria del TDCR
L’utilizzo del metodo del TDCR richiede che siano verificate tre ipotesi:
i. per un elettrone monoenergetico che interagisce con lo scintillatore il numero di
fotoni emessi segue la distribuzione di Poisson;
ii. la probabilita di rivelare un singolo fotoelettrone al primo dinodo e diversa da zero;
iii. il numero di fotoni emessi e una funzione non lineare dell’energia;
La teoria del TDRC e descritta in due modelli: uno poissoniano [1] e uno binomiale [16],
che viene riportato in seguito; e stato dimostrato che i due modelli sono equivalenti.
Nel capitolo 1 e stata analizzata l’energia finale dei fotoni emessi dall’interazione tra un
elettrone monoenergetico e il liquido di scintillazione (equazione 1.5). Il numero medio
di fotoni emessi per un dato valore E dell’energia iniziale e pari a:
N =Lεs(E)E
hν(2.4)
Chapter 2. Il metodo TDCR 18
dove L e un fattore di conversione di energia in luce e hν e l’energia media dei fotoni di
scintillazione prodotti; εs e l’efficienza di scintillazione come stimata nell’equazione 1.6.
La probabilita che m degli N fotoni di scintillazione prodotti arrivino ai fotomoltiplica-
tori e data da una distribuzione di Poisson (condizione i.):
P (m,Nξ) =(Nξ)m
m!e−Nξ (2.5)
La costante ξ rappresenta l’efficienza di raccolta della luce della camera ottica. La
probabilita che un fotone sia registrato da un PMT piuttosto che da un altro in un
sistema a tre fototubi e data da una distribuzione trinomiale:
Pc =1
3mm!
nA!nB!nC !(2.6)
per la quale vale il vincolo che:
m = nA + nB + nC
Il processo di trasformazione dei fotoni in fotoelettroni operato dal fotocatodo e un
processo puramente statistico; la probabilita che nq fotoni generino kq fotoelettroni al
primo dinodo del q-esimo PMT e di tipo binomiale e la probalilita di successo dell’evento
e stimata dall’efficienza quantica del fotocatodo εp. La probabilita di non rilevare alcun
fotoelettrone e pari a:
b(nq, 0, εp) = (1− εp)nq (2.7)
La condizione (ii.) impone che k sia sempre diverso da 0; e possible esprimere tale
probabilita come la complementare della 2.7:
p(nq) = 1− (1− εp)nq (2.8)
La probabilita espressa nella 2.8 e relativa a un solo PMT non operante in coincidenza.
Se il sistema di rilevazione e piu complesso, come nel caso di quello utilizzato nel metodo
TDCR, occorre tenere presente il modo in cui viene effettuata l’analisi. Infatti la proba-
bilita di rilevazione del canale che effettua le coincidenze triple sara differente da quella
del canale che calcola le coincidenze solamente in doppia. Definita Px la probabilita
relativa canale x, nella tabella 2.1 sono riportate alcune delle probabilita piu usate nel
metodo TDCR.
Chapter 2. Il metodo TDCR 19
x Px
A p(nA)B p(nB)C p(nC)
D p(nA)p(nB) + p(nA)p(nC)+p(nB)p(nC)− 2p(nA)p(nB)p(nC)
T p(nA)p(nB)p(nC)
Tabella 2.1: Sono riportati i valori di Px per i diversi canali nei quali viene acquisitoil segnale.
x εx
A 1− PB 1− PC 1− P
D (1− P )2(1 + 2P )
T (1− P )3
Tabella 2.2: Sono riportati i valori di εx, ottenuti dallo sviluppo della 2.9 per i diversicanali nei quali viene acquisito il segnale. P = exp(− ξεpN3 )
L’efficenza del rilevatore relativa a un singolo, a un doppio o a un triplo canale e stimabile
come prodotto delle tre probabilita precedentemente analizzate:
εx(N, ξ, εp) =
N∑m=1
N∑nA=1
N−nA∑nB=1
P (m,Nξ)1
3mPx
nA!nB!nC !(2.9)
La formula 2.9 puo essere espressa in serie di potenze. A seconda del valore di Px
utilizzato si ottiene un valore di di εx(N, ξ, εp) diverso. Alcuni dei valori piu utili nel
metodo TDCR sono riportati nella tabella 2.2.
La figura di merito η descrive la qualita di un rilevatore a scintillazione valutando il
quantitativo di fotoelettroni raccolti al primo dinodo per unita di energia emessa:
η =NξεpE
(2.10)
Il valore dell’efficienza di raccolta di luce e dell’efficienza quantica possono essere espressi
in unico valore che rappresenta l’efficienza assoluta del fotomoltiplicatore:
ε0 = εpξ
Chapter 2. Il metodo TDCR 20
Tenendo conto del numero medio di fotoni di scintillazione prodotti, stimato con la 2.4,
si esprime la figura di merito per ciascun fotomoltiplicatore in funzione dell’efficienza di
scintillazione :
η =Lεs(E)ε0
3hν(2.11)
da questa relazione si puo ricavare la figura di merito indipendente dall’energia:
η0 =Lε03hν
e di conseguenza esprimere in modo piu semplice la relazione 2.11:
η(E, η0) = η0εs(E)
Il valore di εx relativo a ciascun canale per un emettitore β puro e dato da:
εx(η0) =
∫ Emax0 S(E)εx(E, η0)dE∫ Emax
0 S(E)dE(2.12)
dove S(E) e lo spettro del decadimento in analisi e εx(E, η0) e l’efficienza per un elettrone
monoenergetico, come espresso nella 2.9.
Per le definizioni di efficienza doppia e tripla:
NT = εTN0
ND = εDN0
e possibile calcolare il valore di K come:
K =εTεD
=NT
ND(2.13)
I valori di εD e εT nella precedente relazione possono essere espressi in funzione della
figura di merito, sostituendo a εx nella 2.12 i valori riportati in tabella 2.2:
K(η0) =
∫ Emax0 S(E)(1− e
η3 )3dE∫ Emax
0 S(E)(1− eη3 )2(1− 2e
η3 )dE
(2.14)
E importante notare che nel definire la figura di merito si e compiuta la semplificazione
che i tre PMT siano identici. Tale fatto non viene quasi mai soddisfatto nelle reali
Chapter 2. Il metodo TDCR 21
condizioni di lavoro. Inoltre e stato evidenziato sperimentalmente che la condizione (i.)
perde di validita nel caso di campioni aventi una attivita ridotta o un livello di quench
troppo elevato.
2.2.3 Calcolo dell’attivita
Determinare l’attivita di una sorgente radioattiva (N0) mediante il metodo TDCR ri-
chiede di compiere una serie di misure per diversi valori del parametro η0. Esistono
numerosi metodi per modificare la figura di merito del sistema; tra tutti i piu pratici
sono:
• Defocusing : alcuni PMT sono forniti di un elettrodo che massimizza la trasmissio-
ne dei fotoelettroni dal fotocatodo al primo dinodo. Agendo su tale componente
e possibile ridurre l’efficenza totale del sistema in modo piuttosto facile e che al-
l’occorrenza puo essere gestito anche da un computer. La risposta di ogni PMT al
defocusing e pero individuale, dunque occorre tenere in considerazione le caratte-
ristiche di ciascun fototubo che costituisce il rilevatore. Esiste inoltre un valore di
tensione dell’elettrodo al di sotto del quale la misura dei conteggi risulta errata;
tale valore e circa pari alla meta della tensione applicata al primo dinodo.
• Utilizzo di filtri grigi: avvolgere un insieme di vials con dei filtri grigi a densita
crescenti permette di modificare il numero di fotoni emessi dal liquido di scintilla-
zione. Si tratta del piu economico e semplice tra tutti i metodi, ma puo risultare
piuttosto tedioso se occorre effettuare un elevato numero di misurazioni.
• Chemical quenching : consiste nell’introdurre sostanze tali da indurre il quench nel
sistemacome l’ossigeno, il nitrometano e i colocarbonati). Queste specie chimiche
assorbono l’energia delle molecole eccitate del solvente prima che possano interagire
col composto a base di fluoro con la conseguente produzione di calore anziche luce.
Il risultato e una netta diminuzione dell’intensita luminosa emessa dal liquido di
scintillazione e una conseguente diminuzione del numero di conteggi rilevato.
Il risultato dell’applicazione di questi tre metodi e equivalente: dunque l’uno e da
preferire all’altro a seconda delle condizioni sperimentali nelle quali si effettua la misura.
Per ciascun valore di η0 si misurano sperimentalmente i valori ND e NT e si calcola il
valore di K. Dopo aver arbitrariamente imposto un valore per kB nella 1.3 si ricava dalla
2.12 e dalla 2.13 il valore di εD(K) (figura 2.2). Utilizzando la definizione di efficienza:
ND = εDN0
Chapter 2. Il metodo TDCR 22
Figura 2.2: L’efficienza εD in funzione del parametro TDCR K per alcuni isotopi chedecadono β o per cattura elettronica [15].
si calcola, per ciascun η0, il valore dell’attivita e lo si riporta su un grafico in funzione di
K (figura 2.3). poiche il valore dell’attvita del campioneN0 e indipendente dal parametro
K, si considerano corretti solamente gli insieme di conteggi che siano paralleli all’asse
delle ascisse e a partire da questi ultimi si ricava il valore dell’attivita del radionuclide.
Ripetendo il calcolo di N0 per diversi valori di kB si otterranno diverse curve N0(K) la
cui pendenza dipende da kB. Poiche, come notato in precedenza, il valore dell’attivita
e indipendente da K, e possibile determinare per quale valore di kB la curva N0(K)
e maggiormente parallela all’asse delle ascisse. Una sintesi di questo procedimento e
mostrata in figura 2.3.
2.3 Misura dell’attivita di radionuclidi a basse energie
Generalmente la misura dell’attivita di radionuclidi che presentano una bassa energia
di decadimento richiede alcune particolari attenzioni: l’effetto del quench infatti e mag-
giormente presente a basse energie (come si puo notare nell’equazione 1.3) e spesso il
numero di fotoni prodotti nel processo di scintillazione non e sufficientemente elevato
Chapter 2. Il metodo TDCR 23
Figura 2.3: La variazione dell’attivita di una sorgente di 63Ni in funzione di K.Il parametro kB ignoto e stato imposto arbitrariamente per ciascun set di misure e
mediante il fit dei dati si e scelto quello piu idoneo [15].
per essere distinto dal rumore. Anche la misura dell’efficienza e la preparazione della
curva di quench sono meno accurati per radionuclidi a basse energie. La figura 1.7 ri-
porta il confronto tra la curva del 14C e quella del 3H (Emax = 18.6 keV); La curva
relativa al carbonio e costante e da essa e possibile ricavare un valore dell’efficienza piut-
tosto accurato, invece nel caso del trizio e evidente che la misura dell’efficienza dipende
notevolmente dal parametro di quench usato.
Nel metodo TDCR non vengono fatte ipotesi riguardo all’attivita dei radionuclidi, ma
per ricavarne il valore e necessario utilizzare diversi campioni caratterizzati da livelli
di quench crescenti (come descritto in precedenza si possono utilizzare diverse tecniche
che aumentino l’effetto del quench). Sembrerebbe dunque che, come i precedenti, anche
il TDCR non sia un valido strumento nella standardizzazione di radionuclidi a basse
energie. In realta per la condizione (ii.) e necessario che almeno un fotone colpisca
ciascun PMT per poter applicare il metodo TDCR nel calcolo dell’efficienza. Questo
implica che esiste un valore minimo di K al di sotto del quale ci si attende che i dati
raccolti si discostino dal modello pari a:
K = 1/3 = 0.33
Chapter 2. Il metodo TDCR 24
Figura 2.4: Variazione dell’attivita di una sorgente di 3H sotto diversi valori diquench. Le diverse curve si riferiscono a diversi valori di kB utilizzati [13].
Infatti tale sarebbe il valore di K se un solo fotone colpisse ciascun PMT. Sperimental-
mente si evidenzia la validita di tale limite, come illustrato nella figura 2.4 che riporta i
dati di una misura dell’attivita di una campione di trizio in funzione del parametro K;
si nota molto bene che N0 diventa costante per valori di K maggiori di 0.3 .
2.4 Vantaggi del metodo TDCR
In generale molti dei metodi per la misura dell’attivita di radionuclidi sfruttano un
sistema in coincidenza di due PMT e si servono di uno standard, tipicamente il 14C, per
la costruzione della curva di quench. Il metodo TDCR si approccia in modo differente
al problema, evitando la necessita di ricorrere a un campione di attivita nota. Inoltre
l’utilizzo della coincidenza a tre fototubi garantisce una notevole riduzione degli effetti
di rumore elettronico e afterpulsing. Sotto determinate ipotesi inoltre consente anche di
standardizzare radionuclidi a bassa energia come ad esempio 3H.
Capitolo 3
Set-up sperimentale
In questo capitolo viene descritto nelle sue componenti principali lo spettrometro TDCR
realizzato presso l’Universita di Ferrara e vengono presentate le misure di calibrazione
effettuate su di esso. A differenza di altri rilevatori, il sistema qui riportato sfrutta la
coincidenza a tre PMT per la realizzazione del metodo TDCR; il segnale in uscita da
essi e direttamente collegato a un digitalizzatore CAEN DT5720 desktop waveform senza
nessun preamplificatore. La classica elettronica di acquisizione strutturata a moduli e
basata sulla successione di amplificatore, gate generator, delayer e ADC e stata comple-
tamente rimpiazzata dal digitalizzatore che e facilmente controllabile da un computer
mediante un apposito software. I tre PMT sono alimentati da un generatore Fluke 415B
Hight voltage power supply. In figura 3.1 e riportato uno schematico diagramma del
set-up sperimentale dello spettrometro TDCR.
Figura 3.1: diagramma del set-up sperimentale dello spettrometro TDCR. PMT(A,B, C); digitalizzatore CAEN (D); software di controllo (E); generatori HV (F); vial (G)
[11].
25
Chapter 3. Set-up sperimentale 26
3.1 La camera ottica
La camera ottica si presenta come un parallelepipedo a base triangolare equilatera con gli
angoli leggermente smussati. Su ogni lato si apre un foro di circa 10 cm di diametro per
alloggiare ciascun PMT. Sulla faccia superiore e presente il sistema per calare la vial ; si
tratta di un cilindro di alluminio con al suo interno inserito uno stantuffo in fondo al quale
viene assicurata la vial. Il cilindro e fissato con una sorta di cerniera sopra un otturatore
a tenuta di luce. Durante la raccolta dei dati l’otturatore e aperto, il cilindro fissato al
parallelepipedo e lo stantuffo abbassato; al termine delle misurazioni, se occorre sostituire
la vial, si solleva lo stantuffo e si chiude l’otturatore e solo successivamente viene tolto il
cilindro di alluminio e si rimuove il campione. La camera ottica e realizzata in un blocco
di PVC (Cloruro di Polivinile) rosso, al cui l’interno e alloggiata una cameretta ottica di
Teflon bianco, materiale scelto per la sua elevata riflettibilita. Come ultima protezione
da sorgenti esterne tutto il sistema e avvolto da carta stagnola. La figura 3.2 riporta la
geometria del sistema e ne illustra le parti salienti.
Figura 3.2: camera ottica di PVC rosso (A); stantuffo (B) e cilindro di metallo (C);otturatore (D); PMT (E,F,G).
Chapter 3. Set-up sperimentale 27
PMT Num. di serie Sen. lum. catodo Corrente di buio anodica(µA/lm) (nA)
1 RD7421 129.0 11.0
2 RD7018 124.0 5.80
3 RD7183 103.0 2.30
Tabella 3.1: i PMT utilizzati nell’esperimento e alcune delle loro caratteristiche. Idati sono stati raccolti dalla Hamamatsu operando con una lampada al tungsteno a
2856K e una tensione di alimentazione pari a 1500 V.
3.2 I fotomoltiplicatori
I PMT usati per questo esperimento sono tre fotomoltiplicatori Hamamatsu R329-02
con fotocatodo bialkali. Attualmente dei PMT in uso nello spettrometro due sono stati
acquistati dall’INFN di Ferrara, un terzo invece e in prestito dai laboratori di Legnaro
(PD). La tabella 3.1 presenta alcune delle caratteristiche principali di ciascun fototubo.
La necessitadi far lavorare i tre PMT in coincidenza richiede che i loro guadagni siano
allineati: affiche sia verificata questa condizione e necessario studiare le curve di guada-
gno relative a ciascun dispositivo per trovare la tensione ottimale alla quale alimentare
ogni PMT.
3.3 Il digitalizzatore
3.3.1 Caratteristiche e funzionamento
La misura delle coincidenze mediante scintillazione liquida richiede l’utilizzo di tecno-
logie altamente performanti per la registrazione di veloci lampi di luce (anche di pochi
ns); di conseguenza l’elettronica utilizzata per lo spettrometro TDCR deve essere adatta
a registrare questo tipo di segnali. A tal proposito si e scelto di sfruttare il digitaliz-
zatore CAEN DT5720 (figura 3.3). Si tratta di un dispositivo stand alone, in grado di
funzionare in modo indipendente senza alcun crate. Esso ha dimensioni ridotte (154
x 50 x 164 mm3), ed e dotato di 4 canali indipendenti per effettuare le acquisizioni
in coincidenza. La principale caratteristica del digitalizzatore e il firmware che regi-
stra l’area dell’impulso (Charge Integration mode) e le informazioni temporali relative
all’evento che si ottengono utilizzando il DPP (Digital Pulse Processing). Tradizional-
mente l’elettronica di acquisizione opera su un segnale analogico e poi successivamente
lo converte in formato digitale; mediante il DPP, invece, il segnale e immediatamente
convertito in formato digitale mediante appositi algoritmi e successivamente analizzato.
Il CAEN DT5720 possiede gli algoritmi DPP direttamente implementati su una FPGA
(Field Programmable Gate Array) che puo essere riscritta a discrezione dell’utente. Il
Chapter 3. Set-up sperimentale 28
Figura 3.3: il digitalizzatore CAEN DT5720 desktop waveform [4].
segnale viene convertito in formato digitale dall’ ADC e il sia il suo valore di carica che e
il suo Trigger Time Tag (TTT) vengono salvati in un buffer in corrispondenza di ogni
impulso di trigger, fornito da un oscilloscopio interno. Quando il buffer e pieno viene
”congelato” e si inizia a riempire il successivo. Al termine del tempo di acquisizione i
dati raccolti da ciascun buffer vengono salvati su un file di testo. Mediante il software
di controllo e possibile modificare le dimensioni del buffer ed il loro numero. Un grosso
difetto del digitalizzatore e dato dall’azzeramento del TTT ogni 16 s; per ovviare a tale
inconveniente si sono sempre effettuate acquisizioni di durata inferiore ai 10 s e si e
modificato il programma di acqusizione in modo che sul file di output siano scritti sia
il valore di carica e il corrispondente TTT che un indice per indicare il numero di cilci
del TTT (indice di azzeramento). Nei futuri sviluppi dello spettrometro TDCR sara ne-
cessaria l’implementazione di un sistema che calcoli il corretto time-stamp a partire dal
valore del TTT e dell’indice di azzeramento, per poter effettuare acquisizioni di durata
superiore ai 16 s.
Il digitalizzatore ha la possibilita di registrare impulsi in un intervallo di 2 V picco-a-
picco e possiede una banda passante di 125MHz; queste caratteristiche, unite alla alta
risoluzione del TTT (4 ns) e a una charge sensivity per ciascun canale di 40 fC, fanno del
CAEN DT5720 uno strumento idoneo alle applicazioni spettroscopiche quali il metodo
TDCR, per il quale e richiesta la buona identificazione del picco di singolo fotoelettrone
e la conoscenza precisa del tempo di arrivo degli eventi per effettuare i conteggi delle
coincidenze su tre diversi canali.
Chapter 3. Set-up sperimentale 29
Channel Charge sens.(fC/ch)
0 48.8 ± 0.2
1 49.5 ± 0.2
2 48.5 ± 0.2
3 50.0 ± 0.3
Tabella 3.2: i valori di Qfc per ciascun canale del digitalizzatore CAEN.
3.3.2 Calibrazione del canali
La charge sensivity indica il valore minimo di carica che puo raccogliere ciascun canale
dell’ADC (bin). Il valore fornito dal produttore per il digitalizzatore CAEN e pari a 40
fC. Una calibrazione del dispositivo ha permesso di mettere in luce che in realta questo
valore e pari a circa 50 fC (con piccole variazioni per ciascun canale come mostrato
in seguito), ma che soprattutto differisce leggermente a seconda del canale utilizzato.
Mediante un impulsatore Pulse Generator LeCroy 9210/9211 e stato inviato un segnale
di carica nota al digitalizzatore e sono stati acquisti gli spettri. L’impulsatore permette
di modificare la durata del segnale e la sua altezza in tensione e nota l’impedenza in
ingresso del dispositivo (pari a 50 Ω) e facile calcolare il quantitativo di carica inviato:
Qtot =
(V
50Ω
)∆t (3.1)
Il valore di Qtot e dato in funzione della posizione del picco del segnale (X0) come:
Qtot = QfsX0 (3.2)
dove Qfs e il valore di charge sensivity. Modificando il valore di V o ∆t nella 3.1
e possibile inviare segnali contenenti diversi valori di carica nota al digitalizzatore e
acquisirne gli spettri. Il grafico 3.4 illustra, per ciascun canale, come varia la posizione
X0 di ogni spettro in funzione di Qtot. Mediante una procedura di fit lineare e possibile
calcolare il coefficiente angolare della curva che e pari a m = 1/Qfs. Il valore di charge
sensivity per ciascun canale e riportato nella tabella 3.2.
Per ogni canale sono state compiute anche altre misure: il canale 1 e risultato piu
rumoroso degli alti e si e preferito non usarlo nelle acquisizioni.
3.4 Il software di acquisizione
Il vantaggio del CAEN DT5720 rispetto ai tradizionali moduli elettronici e dato dal
firmware, i cui parametri possono essere controllati dall’utente. La CAEN fornisce un
Chapter 3. Set-up sperimentale 30
1000
900
800
700
600
500
400
300
200
100
0
chan
nel
50454035302520151050
Carica [pC]
50 fC/chcanale0:a = -2.35 +- 2.49b = 20.486 +- 0.091canale1: a = -1.3 +- 2.37b = 20.205 +- 0.0867canale2:a = -2.26 +- 2.14b = 20.623 +- 0.0781canale3:a = -1.73 +- 3.51b = 20.004 +- 0.128
Figura 3.4: posizione del picco del segnale inviato dall’impulsatore in funzione dellacarica inviata.
software mediante il quale e possibile modificare i principali parametri ed effettuare le
acquisizioni. Il software consente di registrare i dati in due diversi modi:
• modalita oscilloscopio; il segnale viene riprodotto sul PC esattamente come se
venisse visualizzato con un oscilloscopio digitale. In questa modalita l’utente puo
regolare numerosi parametri utili quali la posizione della baseline, la durata dei
gate temporali, rispetto a cui viene fatta l’integrazione della carica e regolare
l’impostazione delle soglie;
• modalita istogramma: il segnale viene integrato usando i parametri impostati
nella modalita oscilloscopio e il canale ADC corrispondente al valore di carica
misurato viene incrementato di un’unita. Al termine dell’acquisizione si ottiene
l’istogramma dei conteggi in funzione dei canali. I valori misurati vengono scritti
in un file che puo essere salvato e analizzato;
Sia in modalita istogramma che in modalita oscilloscopio i grafici vengono visualizza-
ti utilizzando il software GNUplot [18]; l’utente puo cambiarne le impostazioni (e.g.
modificare la scala degli assi) utilizzando di tipici comandi di GNUplot.
Chapter 3. Set-up sperimentale 31
Il software CAEN ha il vantaggio di essere completo e di semplice utilizzo, ma sfortu-
natamente non e idoneo all’analisi dei dati raccolti mediante il metodo TDCR: infatti
effettuare le coincidenze (anche a due canali) utilizzando questo software e risultato poco
pratico e impreciso. Allo scopo di disporre di un programma migliore per l’acquisizio-
ne degli spettri in singola, coincidenza doppia e tripla e stato realizzato un program-
ma in C++ basato sul software originario della CAEN. Questo programma, nominato
ReadoutTest-DPP-PSD consente di interagire con il firmware installato sul dispositivo
e impostare i parametri di acquisizione. Inoltre ciascun valore di carica viene acquisito e
salvato su un file insieme al corrispondente time-stamp e il relativo indice di azzeramen-
to. Il programma ReadoutTest ha pero lo svantaggio di essere poco pratico nel caso di
un utilizzo frequente poiche occorre modificare le stringhe di comando del programma
ogni qualvolta si ritiene opportuno modificare i parametri dell’acquisizione. Mentre il
software CAEN realizza l’istogramma direttamente durante l’acquisizione, ReadoutTest
salva semplicemente un file contenete il numero del canale, il valore di carica, il TTT e
l’indice di azzeramento. Allo scopo di studiare i dati cosı salvati e ottenere uno spettro
dell’evento registrato, e stato sviluppato un secondo programma in C++ per effettuare
l’analisi che legge il file in output da ReadoutTest ed esegue diverse operazioni:
• fornisce l’esatto tempo di acquisizione calcolando la differenza tra il massimo e il
minimo TTT;
• calcola gli eventi in singola per ciascun canale;
• calcola le coincidenze in doppia per ogni coppia di canale (AB, BC, AC);
• calcola le coincidenze in tripla (NT ) sui tre canali;
• calcola le coincidenze doppie ND utilizzando la 2.1;
Per ciascuna di queste operazioni viene inoltre generato e salvato su un file il corrispon-
dente spettro, in modo da poter essere analizzato in un secondo momento. Le coincidenze
sia doppie che triple sono valutate all’interno di una finestra di coincidenza selezionata
dall’utente ad ogni esecuzione del programma (nel lavoro di questa tesi si sono tenute
finestre di coincidenza pari a ±16 ns). A differenza del software CAEN, questo program-
ma di analisi consente di effettuare le coincidenze in modo pratico, ma e piuttosto lento
nell’analisi di un gran numero di dati. Futuri sviluppi di questo programma saranno
mirati ad ottimizzare la logica di analisi delle coincidenze.
Chapter 3. Set-up sperimentale 32
3.5 Guadagno dei PMT
3.5.1 Teoria del Guadagno
Come e noto il fotomoltiplicatore e uno strumento che converte un impulso luminoso
in uno elettrico e lo amplifica, mediante una catena di dinodi. I dinodi sono composti
da materiali isolanti o semiconduttori con una superficie ossidata, disposti in modo tale
che il campo elettrico presente tra di loro provochi l’emissione di elettroni quando sono
colpiti anche con energie di poche centinaia di eV. Ad ogni dinodo avviene un’ emissione
secondaria di elettroni che aumenta il numero di particelle incidenti sul dinodo successivo;
gli elettroni prodotti all’ultimo dinodo vengono raccolti dall’anodo e costituiscono il
segnale in uscita. Si definisce guadagno assoluto il numero di elettroni raccolti sull’anodo
per ogni fotoeletrone prodotto dal catodo:
G =QPMT
Npee(3.3)
dove QPMT e la carica raccolta all’anodo del PMT e Npe e il numero di fotoelettroni
raccolti sul fotocatodo.
Un modo per stimare il guadagno di un fotomoltiplicate e studiare la catena di dinodi. Il
numero di elettroni secondari prodotti per ogni elettrone incidente sull’ n-esimo dinodo
e detto fattore di emissione secondaria ed e dato da:
δn = aV kn (3.4)
dove N e il numero di dinodi (nei PMT usati per lo spettrometro TDCR si ha N = 12),
k e una costante, compresa tra 0.7 e 0.8, che dipende dal materiale da cui sono composti
i dinodi e Vn il potenziale ai loro capi, pari a:
Vn =V
N + 1
Il guadagno e dato dal prodotto di tutti gli elettroni ottenuti in ogni emissione secondaria
(δn) per il fattore di raccolta al primo dinodo (ρ):
G = ρN∏n=2
δn (3.5)
Tendendo conto della 3.4 nella 3.5 si ha:
G = ρaN
(N + 1)NkV Nk = AV kN (3.6)
Chapter 3. Set-up sperimentale 33
Uguagliando la 3.3 con la 3.6 si ottiene:
QPMT
e= NpeAV
kN (3.7)
e applicando l’operatore logaritmo a entrambi i membri:
ln
(QPMT
e
)= ln(NpeA) + kNln(V ) (3.8)
Per ricavare il numero di fotoelettroni si usa la relazione:
σ
µ=
1√Npe
(1 +
1
4δ
(1 +
1
δ+ 1.4δ2 + ...+
1
1.4δN−1
))(3.9)
dove µ rappresenta il valor medio del segnale registrato e σ la sua varianza. In prima
approssimazione e possibile considerare trascurabile la dipendenza del rapporto σ/µ da
δ, dunque la 3.9 diventa:σ
µ=
1√Npe
(3.10)
Per effettuare il calcolo del guadagno mediante la 3.7 sono stati raccolti diversi spettri
di carica per ciascun PMT usando come sorgente un LED pulsato. Le acquisizioni sono
state effettuate per un PMT alla volta all’interno di una scatola a tenuta di luce. Sono
stati misurati gli spettri in carica a partire da una tensione di 1300V fino a 2100V1,
con successivi incrementi di 50V. In figura 3.5 sono riportati alcuni degli spettri di
carica del PMT3. Dai dati raccolti sono stati estrapolati la posizione del valor medio di
ciascuno spettro (µ) e la corrispondente deviazione standard (σ). L’errore fornito su µ e
la deviazione standard della media: σµ = σ√N
, con N pari al numero di eventi acquisiti.
Gli spettri sono stati acquisiti utilizzando il digitalizzatore CAEN; il valor medio della
carica (QPMT ) per ciascuno spettro e dato dalla 3.2 con X0 = µ. Le acquisizioni sono
state compiute sul canale 0, e il relativo valore di Qfs e stato approssimato a 50 fc.
Il valore del numero di fotoelettroni ricavato mediante la 3.10 e riportato nella tabella 3.3.
I valori di ln(NpeA) e Nk sono rispettivamente il termine noto e il coefficiente angolare
della 3.8 e possono essere stimati mediante un fit lineare. Il valore del guadagno in
funzione della tensione applicata e stato calcolato usando la 3.7.
3.5.2 Spettro del singlo fotoelettrone
Un secondo metodo piu diretto per il calcolo del guadagno consiste nel misurare la
posizione del picco relativo al singolo fotoelettrone (µnoLed) e valutarne il rapporto con
1Per il PMT1 si e arrivati fino a 2300V.
Chapter 3. Set-up sperimentale 34
250
200
150
100
50
0
Cou
nts
1400120010008006004002000Channel
1300HV 1350HV 1400HV 1450HV 1500HV 1550HV 1600HV 1650HV 1700HV 1750HV 1800HV 1850HV 1900HV 1950HV 2000HV 2050HV Counts_2100HV fit_Counts_2100HV
Figura 3.5: dettaglio che illustra come variano gli spettri del PMT3 acquisiti col Led adiverse tensioni. Grafici simili sono stati ottenuti anche per gli altri due PMT.
la posizione del picco dello spettro di carica (µLed); infatti si ha nel caso dello spettro
di singolo fotoelettrone che:
µnoLedQfs = eG
mentre nello spettro di carica:
µLedQfs = eNpeG
e di conseguenza:
µLed = NpeµnoLed (3.11)
Come nel caso precedente sono state effettuate diverse acquisizioni per ciascun PMT a
partire da 1650V fino a 2100V, aumentando la tensione a passi di 50V. I PMT sono stati
collocati nella camera a tenuta di luce e il Led e stato mantenuto spento. Gli spettri
sono stati acquisiti utilizzando il digitalizzatore della CAEN e il relativo software di
controllo.
Un tipico spettro di singolo fotoelettrone e presentato in figura 3.6; esso e dato dalla
somma di due gasaussiane: la prima a basse energie, caratterizzata da una ampiezza
maggiore, corrisponde al picco del rumore; la seconda ad energie maggiori, caratterizzata
da una minore ampiezza e una maggiore larghezza, rappresenta il picco del singolo
fotoelettrone. Qualche volta e possible identificare anche la gaussiana relativa al doppio
fotoelettrone, anche se questa spesso e quasi del tutto coperta dalla gaussiana del singolo
fotoelettrone. La forma dello spettro risente particolarmente della soglia imposata nello
Chapter 3. Set-up sperimentale 35
1600
1400
1200
1000
800
600
400
200
0
Cou
nts
300280260240220200180160140120100806040200
Channels
PMT1 1825 V Aq. time: 30s
thr=3 thr=7 thr=10
Double gaussian fit:
thr = 3 ------------------------------
noise single pe
Figura 3.6: gli spettri di singolo fotoelettrone relativi al PMT 1 alla tensione di 1825V.Analoghi spettri sono stati ottenuti per gli altri fotomoltiplicatori. In rosso tratteggiate
si notano le gaussiane principali e in blu la loro somma.
strumento di acquisizione, infatti con una soglia bassa il picco del rumore risulta piu
evidente, mentre a soglie piu alte esso si riduce notevolmente, fino a non distinguersi piu
dalla gaussiana relativa al singolo fotoelettrone. Non sono pero state rilevate differenze
significative nella posizione del picco del singolo fotoelettrone in funzione della soglia
impostata.
Una volta effettuato il calcolo di µnoLed, il valore di Npe e stato stimato come coeffi-
ciente angolare della 3.11. Il numero di fotoelettroni emessi dipende unicamente dalle
caratteristiche del fotocatodo, dunque deve essere indipendente dalla tensione applicata
al PMT. L’errore propagato relativo a µLed e a µnoLed e pari alla deviazione standard
della media, ossia σLed√N
e σnoLed√N
, con N pari al numero di eventi acquisito. Nel caso
degli spettri di singolo fotoelettrone, la presenza del picco del rumore altera il numero
di eventi acquisito; si e dunque cercato di stimare il valore di N , ossia del numero di
eventi di singolo fotoelettrone, a partire dalla FWHM e dall’altezza h della gaussiana
del singolo fotoelettrone tenendo presente che:
N = FWHM · h
La tabella 3.3 riporta il confronto tra il numero di fotoelettroni stimati mediante la
3.10 e quello stimato con la 3.11. Le discrepanze significative tra i due valori sono
dovute in parte alle approssimazioni utilizzate per ricavare l’equazione 3.10 e in parte
Chapter 3. Set-up sperimentale 36
12x103
11
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
0
x0_L
ed
280260240220200180160140120100806040200x0_noLed
x0_led = N_pe(x0_noLed)
PMT1 Linear fit:
a=50.108 ± 0.338 b=45.586 ± 0.00313----------------------------------------
PMT2 Linear fit:
a=-51.463 ± 6.4 b=41.93 ± 0.136----------------------------------------
PMT3Linear fit:
a=-82.171 ± 7.39 b=35.994 ± 0.0949
Figura 3.7: calcolo del numero di fotoelettroni come coefficiente angolare della 3.11,mediante regressione lineare.
PMT Num. fotoelettroni
〈µ2
σ2 〉 µLedµnoLed
1 39.21 ± 0.02 45.59 ± 0.01
2 31.40 ± 0.09 41.93 ± 0.03
3 26.67 ± 0.07 36.00 ± 0.03
Tabella 3.3: confronto tra il numero di fotoelettroni stimati mediante la 3.10 e quellostimato con la 3.11.
all’inesattezza con la quale si misura il valore di µnoLed. La posizione del picco del
fotoelettrone non e sempre determinabile in modo preciso; soprattutto alle basse tensioni,
infatti, il segnale e troppo vicino al piedistallo del rumore e viene quasi inglobato in
esso, rendendo difficile la misura di µnoLed se non aumentando la soglia di molto, col
conseguente rischio di perdere dei conteggi. In figura 3.8 si puo notare come varia lo
spettro di singolo fotoelettrone del PMT2 in funzione di valori crescenti di tensione. Nelle
analisi effettuate solo per quest’ultimo e risultato difficoltoso il calcolo di µnoLed: cio e
dovuto principalmente al fatto che il PMT2 e il piu rumoroso dei tre fotomoltiplicatori
utilizzati.
Chapter 3. Set-up sperimentale 37
1000
900
800
700
600
500
400
300
200
100
0
Cou
nts
200180160140120100806040200
Channels
PMT2 Single Photoelettron Thr: 2
1650 V1750 V1950 V
Figura 3.8: analisi qualitativa dello spettro di singolo fotoelettrone per il PMT2 alvariare della tensione; si noti come la gaussiana relativa al singolo fotoelettrone vengainglobata dal rumore alle tensioni piu basse. Gli spettri qui confrontati sono stati
acquisiti con una soglia pari a 2.
3.5.3 Allineamento dei Guadagni
Il valore di Npe, stimato con la 3.10 e inserito nella 3.8, permette di costruire, grazie alla
3.7, la curva del guadagno per ciascun PMT. Il valore di guadagno stimato in questo
modo risente della approssimazione compiuta per il calcolo dei fotoelettroni, ma puo
essere corretto utilizzando una procedura iterativa: per prima cosa, noto il valore di G,
si calcola a usando la 3.6 e con la 3.4 si ricava δ; tale valore e usato nella 3.9 per calcolare
in modo piu preciso il numero di fotoelettroni, che consentiradi ripetere nuovamente il
calcolo del guadagno. Il procedimento si interrompe quando il valore del guadagno
ottenuto e confrontabile col precedente.
Tale procedimento iterativo non e necessario se si e riusciti a stimare Npe misurando lo
spettro di singolo fotoelettrone. Una volta calcolato il valore di Npe usando la 3.11, e
possibile direttamente calcolare il guadagno assoluto del PMT usando la 3.3. Il confronto
tra le due curve di guadagno e presentato in figura 3.9.
La conoscenza della curva di guadagno permette di stabilire a quali tensioni e necessario
alimentare ciascun fototubo affinche il valore del loro guadagno sia uguale; questo accor-
gimento permette di evitare di dover fare laboriose correzioni successive ai dati raccolti.
Chapter 3. Set-up sperimentale 38
105
106
107
108
109
Gai
n
2000180016001400Tension (V)
PMT1 Gain Overall Gain
--------------------------PMT2
Gain Overall Gain
---------------------------PMT3
Gain Overall Gain
Figura 3.9: confronto tra la curva di guadagno (Gain) stimata con la relazione 3.10,senza il processo di iterazione, e quella del guadagno assoluto (Overall Gain) stimata
dalla 3.11.
Studiando le curve del guadagno assoluto dalla figura 3.9 sono state ricavate le tensioni
migliori alle quali allineare i PMT:
• PMT1 a 1825V
• PMT2 a 2000 V
• PMT3 a 1850 V
Nello scegliere tali valori non ci si e limitati a considerare solamente che il guadagno del
sistema fosse omogeneo, ma anche che i valori di tensione alla quale sono alimentati i
vari PMT fosse sufficientemente alta per osservare distintamente lo spettro del singolo
fotoelettrone sufficientemente distante dal piedistallo del rumore. Questo accorgimento e
essenziale nell’applicazione del metodo TDCR perche permette che venga soddisfatta la
condizione (ii.). In figura 3.10 si riportato i tre spettri del singolo fotoelettrone allineati
alle tensioni di lavoro impostate.
Chapter 3. Set-up sperimentale 39
1400
1200
1000
800
600
400
200
0
Cou
nts
240220200180160140120100806040200Channel
5000
4500
4000
3500
3000
2500
2000
1500
1000
500
0
PMT1 1825V
---------------------PMT2
2000V----------------------PMT3
1850V
Figura 3.10: confronto tra i diversi spettri di singolo fotoelettrone per ciascun PMT,acquisiti alle tensioni di lavoro con un tempi di acquizione pari a 30 s. A causa delladifferenza di rate lo spettro relativo al PMT 2 e riportato sulla destra per fornire un
confronto qualitativo piu immediato.
Capitolo 4
Misura dell’attivita del 99gTc
Nel capitolo precedente si e presentato il sistema di acquisizione e sono state descritte le
misure compiute su di esso. Utilizzando l’apparato sperimentale cosı descritto sono stati
analizzati di due campioni di 99gTc da 0.1 ml e da 0.4 ml ricavati da una sorgente originale
di 5.0 ml avente una attivita pari a 187 kBq 1. Il calcolo dell’attivita e stato effettuato
a partire dagli spettri acquisiti utilizzando il metodo TDCR semplificato descritto alla
sezione 2.2.1. I risultati cosı ottenuti sono stati confrontanti sia con i valori teorici di
riferimento, che con i valori sperimentali ottenuti misurando gli stessi campioni di 99gTc
con uno spettrometro commerciale TriCarb 2810TR QuantaSmart a due PMT.
Al termine del capitolo viene descritta l’analisi relativa al metodo TDCR completo,
come presentata nel paragrafo 2.2, che richiede l’utilizzo di campioni a diversi livelli di
quench e di un software implementato ad hoc per il calcolo della costante di Birks: tale
procedimento viene presentato sono a livello teorico.
4.1 Determinazione delle soglie
La condizione (ii.) per poter applicare il metodo TDCR richiede che la probabilita di
rilevare un singolo fotoelettrone sia diversa da 0; e quindi necessario studiare attenta-
mente il valore di soglia a cui impostare ciascun PMT per non perdere conteggi relativi
al singolo fotolelettrone. Lo spettro del singolo fotoelettrone e dato dalla somma di
almeno due gaussiane: una relativa al rumore, avente il massimo a basse energie, e una
seconda relativa allo spettro del singolo fotoelettrone. Aumentando il valore della soglia,
il piedistallo relativo al rumore si riduce notevolmente, ma se la soglia e troppo alta si
puo rimuovere, oltre che al rumore, anche parte dello spettro del singolo fotoelettrone.
1L’attivita della sorgente originale e fornita con un errore del 5%.
41
Chapter 4. Misura dell’attivita del 99gTc 42
5000
4500
4000
3500
3000
2500
2000
1500
1000
500
0
Cou
nts
240220200180160140120100806040200
Channel
PMT 2 2000VAq. time = 30 s Threshold analysis:
thr = 3 thr = 5 thr = 7 thr = 9
Figura 4.1: dipendenza dalle soglie dello spettro di singolo fotoelettrone del PMT2 a2000V. I dati sono stati acquisiti per 30 s.
La dipendenza dalla soglia della forma dello spettro di singolo elettone e mostrata nella
figura 4.1; dato che la forma dello spettro puo variare significativamente anche per pic-
cole modifiche alla soglia, e opportuno imporre un valore che sia il piu preciso possible.
Naturalmente il numero di conteggi per gli spettri acquisiti con soglie molto basse sara
maggiore di quello degli spettri ottenuti alle soglie piu elevate. Il punto ottimale dello
spettro dove collocare la soglia e nella valle tra il picco del rumore e quello del singolo
fotoelettrone. poiche si tratta di un punto minimo dello spettro, si dovranno trovare
almeno due valori di soglia che hanno un numero simile di conteggi. Effettuando dunque
questo studio sara possibile evidenziare delle zone di plateau, dove il numero di conteggi
si mantiene costante (o dimiusce piu lentamente).
Il calcolo del plateau e stato effettuando acquisendo per 30 s con il software CAEN gli
spetti di singolo fotoelettrone per ciascun PMT al variare della soglia, variandola di 1
LSB2 per valori bassi e di alcune decine di LSB per valori piu alti. I PMT sono stati
alimentati alle tensioni di allineamento. Detto N(x) il numero di conteggi per la soglia
x, e stato calcolato il valore:
∆ = N(x)−N(x+ 1)
Il grafico 4.2 riporta la curva ∆(x) per ogni fotomoltiplicatore; il valore di soglia che
minimizza ∆ e il valore ottimale di soglia. A partire dall’osservazione della figura 4.2
2Unita di misura della soglia usata nel software CAEN: 1 LSB = 0.48 mV.
Chapter 4. Misura dell’attivita del 99gTc 43
15x103
14
13
12
11
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
0
Δ (C
ount
s)
3028262422201816141210864
Threshold (LSB)
Δ = N(x) - N(x+1)x = threshold
PMT1 PMT2 PMT3
Figura 4.2: variazione di ∆ in funzione della soglia.
PMT min. thr. (LSB) max. thr. (LSB)
1 8 122 8 113 9 12
Tabella 4.1: i due valori di soglia ricavati dal grafico 4.2 cercando i minimi ∆.
si nota immediatamente che la soglia che minimizza ∆ non e unica. Tali valori sono
riportati in tabella 4.1.
La mancanza di un minimo univoco richiede di studiare quali differenze vi sono tra i dati
acquisiti per queste due soglie. In particolare e necessario studiare come si comportano
NT e ND nelle diverse condizioni al fine di poter applicare il metodo TDCR nel modo
migliore possibile. Mediante i software ReadoutTest si sono effettuate 10 acquisizioni da
10 s di un campione contenente 0.1 ml di 99gTc, impostando prima le soglie minime e
poi le massime. Ogni acquisizione e stata successivamente elaborata con il programma
di analisi per calcolarne i conteggi in singola (N), doppia (ND) e tripla (NT ). L’errore
del sul valore dei conteggi acquisto si e calcolato come la radice quadrata del numero
stesso, poiche si tratta di errori casuali. La tabella 4.2 riporta la media dei valori
raccolti col relativo errore, pari alla media degli errori. I valori ottenuti per le due
soglie non presentano tra di loro differenze significative, dunque entrambi i valori delle
soglie possono essere usati indifferentemente per effettuare l’analisi. Per assicurare la
rilevazione del maggior numero di eventi di singolo fotoelettrone si e scelto di procedere
impostando i valori di soglia piu bassi tra quelli ottenuti.
Chapter 4. Misura dell’attivita del 99gTc 44
min. thr. max. thr.count/s ±1σ count/s ±1σ
N1 7780 88 7474 86
N2 15372 123 14898 122
N3 7568 87 7438 86
ND 3569 21 3570 17
ND 3310 19 3318 11
Tabella 4.2: valori delle principali grandezze coinvolte nel TDCR per un campioneda 0.1 ml di 99gTc. Nn corrisponde ai conteggi in singola per l’n-esimo PMT.
Lo studio effettuato sulle soglie completa lo studio delle condizioni ottimali alle quali
deve essere portato il sistema di acquisizione per poter soddisfare tutte le condizioni
necessarie all’applicazione del metodo TDCR; in particolare per ciascun PMT si sono
scelti i seguenti parametri:
• PMT1, tensione 1825 V, soglia 8 LSB;
• PMT2, tensione 2000 V, soglia 8 LSB;
• PMT3, tensione 1850 V, soglia 9 LSB;
La scelta operata non e univoca; e possibile infatti, mediante la curva di guadagno anche
decidere di portare i PMT a tensione piu alte o piu basse e modificare di conseguenza
anche il valore delle soglie. Nel modificare i parametri occorre pero sempre considerare
le variazioni dello spettro del singolo fotoelettrone. In generale dalle analisi condotte in
questo e nel precedente capitolo non e raccomandabile scendere al di sotto dei 1700 V di
tensione poiche il segnale viene eccessivamente coperto dal rumore. Una diversa scelta
sia per le tensioni che per le e descritta in appendice A.
4.2 Spettro β del 99gTc
Una volta impostate le corrette tensioni e le opportune soglie si e proceduto all’analisi
degli spettri del 99gTc. Il calcolo teorico dello spettro di un decadimento a tre corpi come
il decadimento β e piuttosto complicato: l’energia, generalmente sotto forma di massa,
della particella originaria viene divisa tra il nucleo della nuova particella (p), l’elettrone
(e) e l’antineutrino (ν) secondo lo schema:
mi = Tp +mp + Te +me + Tν +mν
Chapter 4. Misura dell’attivita del 99gTc 45
dove T e l’energia cinetica e m la massa. Lo studio dello spettro energetico relativo alle
tre particelle e piuttosto complesso; se si considera pero che la massa dell’elettrone e
trascurabile rispetto a quella del protone (mp >> me) e che la massa dell’antineutrino e
trascurabile (mν ≈ 0, allora l’energia cinetica del protone e trascurabile rispetto a quella
dell’elettrone e di conseguenza si ha che:
mi −mp = Te + Tν
L’energia del decadimento viene quindi divisa tra l’elettrone e l’antineutrino; motivo per
il quale l’elettrone emesso nel decadimento presenta uno spettro di energie e non una
singola riga. Si tratta di uno spettro continuo che varia da un valore di energia pari a 0
(condizione in cui l’elettrone e prodotto a riposo e il neutrino possiede l’energia cinetica
massima) a un valore Emax, detto anche end point energy, in cui tutta l’energia cinetica
e posseduta dall’elettrone. Le considerazioni precedenti valgono anche per il Tecnezio
99 che e un β emettente puro. La figura 4.3 mostra il suo spettro energetico teorico [5].
Nel capitolo 1 si e illustrato come l’energia iniziale del decadimento e proporzionale
al numero di fotoni prodotti dal liquido di scintillazione; tale numero e a sua volta
proporzionale al numero di fotoelettroni generati dal catodo del PMT che, moltiplicati
per l’opportuno fattore di guadagno, vanno a costituire la carica raccolta e registrata
dal sistema di acquisizione. Gli spettri in uscita dallo spettrometro TDCR sono di
conseguenza qualitativamente simili allo spettro energetico del decadimento ad eccezione
di un fattore di scala sull’asse dell’energia.
9000
8000
7000
6000
5000
4000
3000
2000
1000
0
Inte
nsity
300280260240220200180160140120100806040200
Energy (keV)
Expected Tc99 beta energy spectrum: E(max) = 293.7 keVE(avg) = 84.7 keV
Figura 4.3: spettro energetico teorico del 99gTc [5].
Chapter 4. Misura dell’attivita del 99gTc 46
Le analisi degli spettri sono state effettuate su due campioni, uno contente 0.1 ml 99gTc
e 5.9 ml di liquido scintillatore Ultima Gold XR (PerkinElmer), e un secondo con 0.4
ml di 99gTc e 5.6 ml di liquido scintillatore. Per entrambi i campioni sono state effet-
tuate 10 acquisizioni da 10 s ciascuna con il software ReadoutTest e successivamente
sono state elaborate col software di analisi, che produce l’istogramma dei conteggi in
funzione della carica. I conteggi dovuti al background sono stati stimati facendo sia delle
acquisizioni con la cameretta ottica vuota, che con una vial contenente 0.6 ml di liquido
di scintillazione. I conteggi ottenuti nel primo caso si sono ritenuti trascurabili, mentre
quelli ottenuti nel secondo caso sono stati sottratti a quelli misurati coi due campioni.
La figura 4.4 riporta l’esempio dello spettro energetico in singola acquisito per il PMT1.
Il reale spettro energetico del Tecnezio, che dovrebbe apparire simile a quello teorico
della figura 4.3, e nascosto a basse energie dal piedistallo del rumore.
L’utilizzo della coincidenza sia doppia che tripla permette di eliminare la presenza del
rumore e quindi di poter osservare lo spettro energetico del decadimento in modo qua-
litativo. Il grafico 4.5 mostra il confronto tra lo spettro raccolto dalla coincidenza tra il
PMT 1 e il PMT2 e quello in tripla. Qualitativamente la differenza e minima e i due
spettri coincidono alla perfezione per entrambi i campioni considerati. La maggiore area
dello spettro del campione da 0.4 ml e banalmente dovuta alla maggiore attivita rispetto
a quello da 0.1 ml, dunque a parita di tempo di acquisizione presenta un numero circa
quattro volte maggiore di eventi. La forma di entrambi gli spettri segue, soprattutto
1500
1400
1300
1200
1100
1000
900
800
700
600
500
400
300
200
100
0
Cou
nts
40036032028024020016012080400
Channel
Single spectum PMT1 Aq.time: 10 s min. thr.
0.1 mL Tc99 0.4 mL Tc99
Figura 4.4: confronto tra gli spettri in singola dei due campioni di 99gTc relativi alPMT1.
Chapter 4. Misura dell’attivita del 99gTc 47
300
280
260
240
220
200
180
160
140
120
100
80
60
40
20
0
Cou
nts
13001200110010009008007006005004003002001000
Channel
Double and triple spectra Tc99min. thr.Aq. Time: 10 s Double coinc. PMT1-PMT2
0.1 mL 0.4mL
Triple coinc.
0.1 mL 0.4 mL
Figura 4.5: confronto tra gli spettri in doppia (coincidenza PMT1 e PMT3) e in tripladei due campioni di 99gTc.
per i canali piu alti, l’andamento dello spettro teorico della figura 4.3. Gli spettri della
figura 4.5 hanno tutti lo stesso Ending point intorno al canale 1200. L’accordo presente
per i canali alti non e pero mantenuto in quelli bassi: vi e infatti un discostamento dal-
l’andamento teorico dovuto agli effetti di quench, i quali sono piu importanti alle basse
energie (come discusso nel paragrafo 1.4). In generale dagli spettri raccolti in questa
fase ci si ritiene soddisfatti della somiglianza con lo spettro teorico; per avere una for-
ma spettale piu simile a quella teorica anche a basse energie sara necessario sviluppare
alcune opportune correzioni studiando l’effetto del quench sui vari campioni.
4.3 Studio del comportamento del parametro K
Lo studio del parametro TDCR K e fondamentale nel caso in cui si desideri effettuare
una misura dell’attivita. Tale valore dovrebbe dipendere solamente dalle condizioni
nelle quali viene effettuata la misura e non dall’ attivita del radionuclide. La presenza di
rumore incontrollato all’interno del sistema puo influire sul numero di conteggi e dunque
alterare il parametro. Per poter applicare il metodo TDCR completo e necessaria la
conoscenza di K e del relativo errore.
In un primo momento si e deciso di indagare la variazione di K nelle dieci misure
effettuate; poche le condizioni di misura erano le medesime non si attendevano particolari
Chapter 4. Misura dell’attivita del 99gTc 48
1.00
0.98
0.96
0.94
0.92
0.90
K
1086420
Points
TDCR 0.1mL Tc99
Max thr. linear fit:
a = 0.92725 ± 0.00484 Min. thr. linear fit:
a = 0.92266 ± 0.00482------------------------------------------------Average TDCR value Min thr: 0.927479 +- 0.00770859Max thr: 0.929449 +- 0.00529419
1.00
0.98
0.96
0.94
0.92
0.90
K
1086420
Points
TDCR 0.4mL Tc99 TDCRAq time: 8s
Max thr Linear fit:
a = 0.92829 ± 0.00273 Min thr Linear fit:
a = 0.92837 ± 0.00275-----------------------------------------------Average TDCR value: Max thr:0.926965 ± 0.00179326Min thr: 0.92904 ±0.00205752
Figura 4.6: variazione del parametro K nelle 10 acquisizioni effettuate col campioneda 0.1 ml sia a soglia minima che a soglia massima.
variazioni dalla linearita. La figura 4.6 mostra la variazione di K per le varie acquisizioni;
come atteso la curva non si discosta dal comportamento previsto.
A partire dai valori di K trovati si pone la necessita di fornirne la miglior stima per il set
di misure e di calcolarne il relativo errore. Una stima e stata compiuta mediante un fit
lineare dei dati: il valore dell’intercetta con il relativo errore corrisponde al parametro
cercato. Un secondo calcolo di K e stato compiuto facendo la media di tutti i 10 diversi
Chapter 4. Misura dell’attivita del 99gTc 49
0.1 ml 0.4 ml
K ±1σ K ±1σ
average val. 0.927 0.008 0.927 0.002
fitted val. 0.923 0.005 0.928 0.003
Tabella 4.3: i valori del parametro K con il relativo errore calcolati come media dei10 valori acquisiti e come intercetta del fit lineare delle due curve della figura 4.6.
valori di K ricavati; l’errore corrispondente in questo caso e la media degli errori.
La tabella 4.3 riporta le stime compiute sia nel caso del campione da 0.1 ml che in quello
da 0.4 ml. Entrambi i valori di K ricavati per i campioni piu o meno radioattivi non
sono significativamente differenti tra di loro; inoltre il parametro TDCR e il medesimo
sia per le acquisizioni effettuate con 0.1 ml che per quelle con 0.4 ml, come atteso. Nei
successivi calcoli si e scelto di utilizzare K calcolato come media dei valori; in tale stima
il valore di K viene fornito con un errore in percentuale piu alto (circa 1%), con minore
probabilita di sottostimare l’incertezza.
4.4 Stima dell’attivita del 99gTc
4.4.1 N0 col metodo TDCR semplificato
L’utilizzo del metodo TDCR per il calcolo dell’attivita (N0) di un radionuclide e riportato
nella sezione 2.2.1. Tale metodo permette di valutare il numero di decadimenti al secondo
N0 a partire dalla relazione:
N0 =N2D
NT
nel caso in cui K → 1. Il valore di K riportato nella tabella 4.3 e pari a circa 0.93.
Tale valore puo essere considerato sufficientemente vicino all’unita per poter applicare
il metodo TDCR semplificato ai dati raccolti e fornire una prima stima dell’attivita. I
valori di NT e ND utilizzati nel calcolo di N0 sono stati corretti sottraendo ad essi il
numero di coincidenze casuali acquisite dalla vial riempita solo col liquido di scintillazio-
ne. L’attivita cosı calcolata e stata confrontata con quella rilevata da uno spettrometro
TriCarb 2810TR QuantaSmart a due fototubi. Il valore di N0 atteso puo essere ottenuto
da una semplice proporzione noto che la sorgente standard dalla quale sono stati ricavati
i due campioni era di 5.0 ml con un’ attivita pari a 187 kBq. La tabella 4.4 riporta il
confronto tra i dati ottenuti e i valori attesi.
Chapter 4. Misura dell’attivita del 99gTc 50
Samples Expected TriCarb TDCR
(ml) (Bq) (Bq) (Bq)
0.1 3700 ± 185 3841± 77 3847 ± 16
0.4 14800 ± 740 14863 ± 297 14866 ± 64
Tabella 4.4: valori di N0 calcolati in diversi modi (TriCarb e TDCR) confrontati colvalore atteso dalla sorgente standard.
La discrepanza tra i due valori misurati e molto piccola. Sensibilmente piu alto e il
disaccordo con la sorgente campione. Va ricordato pero che l’errore su quest’ultima e
del 5%. Tenuto conto dunque di questa correzione sul valore atteso la discrepanza coi
valori misurati non risulta piu particolarmente significativa. Al valore di N0 calcolato
col metodo TDCR semplificato andrebbe applicata una correzione almeno dell’1% in
eccesso che pero non modifica in modo significativo la concordanza tra i valori appena
calcolati.
Lo spettrometro nelle configurazioni impostate e l’utilizzo del metodo TDCR ha per-
messo di effettuare un calcolo abbastanza accurato dell’attivita di due campioni diversi
del 99gTc e di acquisirne lo spettro energetico a meno di un fattore di scala sull’energia.
Alcuni difetti del sistema come l’eccessivo rumore del PMT 2 e il funzionamento del
programma di acquisizione dati per tempi superiori ai 10 s dovranno essere ottimizzati
in futuro.
4.4.2 N0 col metodo TDCR completo (analisi teorica)
Il calcolo dell’efficienza mediante il metodo descritto nella sezione 2.2 puo risultare fati-
coso da calcolare manualmente; uno dei parametri fondamentali per ricavare ε secondo
la 2.12 e la figura di merito η0 che dipende fortemente dalla costante di Birks. Tale
valore puo essere ricavato nel modo descritto al paragrafo 2.2.3, vale a dire mediante il
best fit della curva dell’attivita in funzione di K, calcolata per diversi valori di kB.
Alcuni autori (vedi [17]) hanno sviluppato un software per effettuare il calcolo di ε e
dell’attivita che richiedono semplicemente la conoscenza del valore di K e lo spettro
energetico della radiazione β emessa nel decadimento del radionuclide di interesse. In
particolare tale software ricava i valori di di εD(η0) e εT (η0) mediante un metodo itera-
tivo: il valore di η0 viene scelto da un set di valori impostati e man mano cambiato fino
a che la differenza tra il valore di Kth (teorico) e Kexp (sperimentale) e inferiore di un
valore critico δ, tale che δ → 0:
|Kth(η0)−Kexp| ≤ δ (4.1)
Chapter 4. Misura dell’attivita del 99gTc 51
dove ovviamente:
Kth(η0) =εT (η0)
εD(η0)
Il valore di η0 ricavato dalla 4.1 e utilizzato nel calcolo di εD per ricavare N0 come
descritto del paragrafo 2.2.3. A partire inoltre dal valore della cifra di merito vengono
stimati anche tutti gli altri parametri del metodo TDCR, compreso il valore di kB.
Conclusione
Lo scopo di questo lavoro di tesi e la realizzazione di uno spettrometro β a scintillazione
liquida che sfrutta il metodo TDCR per la misura dell’attivita di radionuclidi β emittenti
puri. Nel corso della realizzazione dello strumento si sono raggiunti numerosi obiettivi:
• la misura del guadagno assoluto in funzione della tensione e la costruzione della
relativa curva per ciascun fotomoltiplicatore, nonche la scelta di un insieme di
tensioni per omogeneizzare il guadagno del sistema;
• la realizzazione di un sistema di rivelazione pratico e versatile, dotato di una camera
ottica leggera ed efficiente e di un sistema di acquisizione digitale di facile utilizzo
e dimensioni ridotte;
• lo sviluppo di programma di acquisizione dati che si interfacci con il digitalizzatore
CAEN e di un programma che effettui l’analisi delle coincidenze dei dati raccolti
e produca lo spettro di carica del radionuclide;
• la determinazione di un set di soglie ottimale affinche siano verificate le condizioni
per l’applicazione del metodo TDCR;
• la misura dell’attivita di due campioni di 99gTc di riferimento, caratterizzati da
diversa attivita (3.7 kBq e 14.8 kBq rispettivamente), mediante il metodo TDCR
semplificato e il loro confronto con quelli ricavati da uno spettrometro commerciale
e con quelli attesi.
La formale correttezza dei risultati ottenuti consente di essere ottimisti sulle potenzialita
del metodo TDCR e sullo spettrometro cosı sviluppato, ma alcune difficolta nelle quali ci
si e imbattuti (per esempio l’analisi del time-stamp di ogni evento, che impone tempi di
misura inferiori ai 10 s) richiedono una particolare attenzione e successivi studi dedicati.
Inoltre occorrera testare il metodo di analisi TDCR completo, studiando l’effetto del
quench sulle misure attraverso l’uso di campioni di riferimento. Alcune dei principali
punti sui quali occorrera focalizzare l’attenzione nella futura prosecuzione del progetto
sono:
53
Conclusione 54
• l’ottimizzazione del sistema di acquisizione, in particolare dei software Readout-
Test e di quello di analisi delle coincidenze, i quali richiedono di essere ripensati
per poter ovviare all’azzeramento del time-stamp;
• lo studio delle soglie potrebbe essere ripetuto a tensioni piu alte in modo che
la gaussiana relativa al singolo fotoelettrone risulti piu simmetrica e gli eventi
ad energie piu basse non vengano tagliati perche troppo prossimi allo 0 (vedi
appendice A).
• nonostante l’imposizione delle soglie e l’allineamento dei guadagni il sistema pre-
senta ancora una rumorosita piuttosto elevata che potrebbe compromettere l’a-
nalisi di radionuclidi a bassa energia o con attivita ridotta. Al fine di ridurre il
rumore sono allo studio alcuni sistemi, tra cui l’inversione della polarita dei PMT
e lo sviluppo di un sistema di raffreddamento per i fototubi.
L’ottimizzazione di questi aspetti, unita anche ad una semplificazione dell’interfaccia dei
programmi di acquisizione, permettera in un prossimo futuro, di utilizzare lo spettro-
metro TDCR per la misura dei campioni radioattivi connettenti 99gTc. Per valutare le
concentrazioni di 99gTc, prodotte per irraggiamento nel contesto del progetto APOTE-
MA, sara necessario porre particolare attenzione alla riduzione del rumore, sia quello
dovuto alla radioattivita naturale che a quello dell’elettronica. La versatilita del sistema
sviluppato in questa tesi permette anche un suo futuro utilizzo nella misura dell’attivita
in altri radionuclidi β emittenti ed, eventualmente, anche α emittenti. Infine e da sot-
tolineare che la compattezza del sistema, privo di un sistema automatizzato di selezione
e trasferimento dei campioni, ne garantisce il facile trasporto, al contrario dei sistemi
attualmente in commercio.
Appendice A
Ottimizzare la scelta dei
parametri
Nel capitolo 4, alla sezione 4.1, si e descritto il metodo con il quale sono state scelte
le soglie con cui effettuare le acquisizioni alle tensioni di lavoro scelte nel capitolo 3.
Tale scelta ovviamente non e univoca, ma deve essere compiuta tenendo conto delle
caratteristiche generali del sistema e di quelle costruttive dei PMT. Dal momento che
la posizione, l’ampiezza e la larghezza dello spettro di singolo fotoelettrone vengono a
modificarsi in funzione della tensione e opportuno cercare le condizioni che consentano
di massimizzare la probabilita di rilevare tutti gli eventi di singolo fotoelettrone. Un’at-
tenzione particolare e da prestare nel punto di intersezione tra la gaussiana del singolo
fotoelettrone e l’asse delle ordinate; tale valore, infatti, dipende fortemente dai parame-
tri della gaussiana (larghezza, ampiezza, posizione del massimo) e, di conseguenza dalla
tensione (figura A.1). Nella scelta delle tensioni di lavoro e opportuno tener conto di
questo effetto per ridurre al minimo la perdita di eventi di singolo fotoelettrone che si
manifestano alle estremita dello spettro.
Per osservare qualitativamente e quantitativamente come cambiano i risultati del metodo
TDCR alla luce delle considerazioni appena svolte, le tensioni dei tre PMT sono state
aumentate di 150 V ciascuna ed e stato nuovamente compiuto il calcolo del plateau con
il metodo descritto nel paragrafo 4.1. I valori di soglie scelti per il sistema in queste
nuove condizioni sono:
• PMT1: 30 LSB;
• PMT2: 15 LSB;
• PMT3: 35 LSB;
55
Appendice A. Ottimizzare la scelta dei parametri 56
1200
1100
1000
900
800
700
600
500
400
300
200
100
0
Cou
nts
48044040036032028024020016012080400 Channel
PMT 1
1825 V (thr 4) gauss. fit
x0 = 86.422---------------------------
1975 (thr8) gauss. fit
x0 = 171.5
Figura A.1: variazione dello spettro di singolo fotoelettrone del PMT1 a 1825 V e a1975 V; le soglie sono state scelte per ottenere due spettri qualitativamente simili.
nuovo vecchio
0.1 ml 0.4 ml 0.1 ml 0.4 ml
K 0.928 ± 0.007 0.926 ± 0.004 0.927 ± 0.008 0.927 ± 0.002
N0 3839 ± 46 14929 ± 67 3847 ± 16 14866 ± 64
Tabella A.1: confronto tra i valori di K e N0 per entrambi i campioni di 99gTc.
Le successive analisi del parametro TDCR e il calcolo dell’attivita N0 e stato ripetuto
come descritto nel capitolo 4 per entrambi i campioni; i valori ottenuti con il sistema
ottimizzato con i nuovi parametri e il confronto con i vecchi e riportato nella tabella
A.1.
Dalla tabella A.1 si nota che le considerazioni compiute per ridurre la probabilita di
perdere alcuni eventi di singolo fotoelettrone non modificano i risultati del metodo TDCR
nel caso dei campioni considerati. L’ottimizzazione dei valori di tensione e di soglia del
sistema risultera necessaria nei futuri sviluppi dello spettrometro TDCR, il quale deve
essere configurato in modo da poter misurare anche basse attivita.
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