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Energia nel tempo 1 Unità didattica ___________________ L’energia nel tempo

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Energia nel tempo

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Unità didattica ___________________

L’energia nel tempo

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Energie nella storia La storia del lavoro dell’uomo è caratterizzata da un continuo aumento del bisogno di energia. Solo trecento anni fa l'uomo consumava un decimo dell'energia di oggi. Allora si usavano solo fonti d'energia rinnovabile, oggi il problema dell’esauribilità delle risorse è balzato in primo piano.

Quali fonti d'energia si usavano in passato? Per quali scopi si usavano mulini a vento?

Le prime fonti di energia Fino alla metà del XVIII secolo, la forza muscolare dell’uomo e degli animali, l’acqua dei fiumi, il vento e il legname, risorse tutte facilmente reperibili in natura, erano le sole fonti energetiche conosciute dall’uomo. Vediamo ora di ripercorrere alcune tappe che hanno contrassegnato l’evoluzione tecnologica nell’uso di queste fonti di energia. La scoperta del fuoco, sorgente di luce e di calore, rende le biomasse (legna) una rivoluzionaria fonte energetica. Col fuoco ci si difende, ci si scalda, si cucina e si fa luce, trovando nuovi spazi per socializzare. Nel Neolitico, uno dei periodi in cui è stata suddivisa la Preistoria, gli uomini cominciarono a praticare l’agricoltura e l’allevamento (X–VII millennio a.C.). Velocemente migliorano le tecniche di coltivazione e allevamento e l'uomo impara a usare il fuoco anche per fondere metalli (per forgiare strumenti sempre più perfezionati per i lavori agricoli) e produrre oggetti di terracotta. La principale fonte energetica resta però quella muscolare, soprattutto umana. Infatti, se il lavoro umano può fornire energia limitata, e molti animali sono più forti di noi (l'energia di trazione orizzontale di un cavallo equivale a quella di sette uomini), l'uomo sa organizzarsi in gruppi numerosi, cosa difficilmente realizzabile con gli animali. Così aumentò notevolmente la quantità di alimenti a disposizione delle prime società umane. L’invenzione della ruota Liberato dal problema della ricerca continua del cibo, l’uomo potè sviluppare una sua tecnologia. Così, per migliorare lo sfruttamento dell’energia animale, inventò la ruota. Mentre prima era possibile spostare i pesi solo trascinandoli, quindi con grande sforzo, con la ruota, che permetteva di vincere la forza di attrito, divenne possibile spostare gli stesi pesi con una forza ben 67 volte minore. Successivamente, la ruota fu usata come ingranaggio per trasmettere

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il movimento. Ciò permise di sfruttare altre risorse energetiche, oltre a quelle animali, come la forza dell’acqua e quella del vento. Fino ad allora l’uomo aveva sfruttato l’acqua e il vento solo per muovere zattere o barche dotate di vela: con la ruota, invece, queste risorse energetiche poterono essere utilizzate per azionare le pompe necessarie all’irrigazione dei campi e le macine dei mulini, con cui venivano trasformati i prodotti della terra. Le prime ruote erano piene, in legno. Le più antiche testimonianze della loro esistenza risalgono al 3.000 a.C., in Mesopotamia. Perché comparissero le ruote a raggi, più leggere e resistenti, furono necessari ancora mille anni. Le macchine dell’antichità: i mulini ad acqua I primi mulini idraulici, utilizzati per trasformare l’energia dell’acqua in movimento rotatorio, furono costruiti dai Greci; essi aveva la ruota posta in posizione orizzontale. In seguito, i Romani ne aumentarono il rendimento montando la ruota in posizione verticale. Nel corso dei secoli seguenti, attraverso continui miglioramenti, l’impiego dei mulini venne esteso a molte attività artigianali. Dall’XI secolo, infatti, i mulini misero in movimento torni, lame di seghe, pompe, mentre nel XVI secolo vennero impiegati per azionare i pestelli delle cartiere. Determinante, poi, fu il ruolo che i mulini ricoprirono nello sviluppo della siderurgia: negli altiforni, utilizzati per ottenere ghisa dai minerali di ferro, i mantici usati per produrre l’aria necessaria ad attivare la combustione erano mossi da mulini. Sempre grazie alla loro forza, fu possibile aumentare la dimensione dei magli, grossi martelli a due teste, usati per la lavorazione del ferro. Macchine mosse da energia idraulica furono introdotte anche nell’industria tessile, per la filatura e la tessitura, determinando un sensibile aumento della produzione. Il problema dell’esauribilità delle risorse: dalla crisi del legno all’ascesa del carbone. Oltre all’acqua e al vento, l’altra rilevante risorsa del passato fu il legname. Fin dall’antichità il legname aveva sempre rappresentato un’importante fonte di calore, immediatamente reperibile, e contemporaneamente una materia prima per la fabbricazione di oggetti e utensili. Nel XVII secolo lo sviluppo economico richiede quantità crescenti di legname per costruire edifici e navi, riscaldare e cucinare, far funzionare le fonderie. L’intensificarsi dello sviluppo tecnologico, il disboscamento e lo sfruttamento delle foreste erano cresciuti a tal punto che il legname delle foreste dell'Europa centrale e dell'Inghilterra cominciò a scarseggiare. Le cause di questo fenomeno furono sostanzialmente due:

� le crescenti richieste di energia e di materiali da parte della crescente industria;

� l’esigenza di fornire alimenti ad una popolazione in costante aumento, che portò a coltivare sempre nuove estensioni di terreno, un tempo ricoperte da foreste.

Il prezzo del legno sui mercati ha un forte aumento: per la prima volta

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l’umanità si trovò così ad affrontare la prima grande crisi energetica, che stimolò a cercare nuove fonti di energia.

A che cosa serviva la legna? In quali attività si usava carbone e vapore?

Una nuova fonte di energia e una nuova macchina: il carbone e il motore a vapore Come risposta alla “crisi energetica”, si fece allora ricorso ad un combustibile diverso dal legname, ma ugualmente assai abbondante in natura: il carbon fossile. Si scavano nuove e grandi miniere e la quantità di carbone estratta aumenta rapidamente. Si passa in questo modo dall'impiego di fonti energetiche rinnovabili all'uso di una risorsa fossile non rinnovabile. Fu proprio la necessità di estrarre quantità sempre maggiori di questo prezioso minerale che portò alla realizzazione di macchine adatte a prosciugare le miniere, sempre più profonde e spesso invase dall’acqua. A questo scopo un ingegnere minerario, l’inglese Thomas Newcomen, realizzò, nel 1705, la pompa idraulica, funzionante a vapore, azionata proprio dalla combustione del carbone. Successivamente il motore a vapore, con i miglioramenti e le modifiche apportati, più di 60 anni dopo, da James Watt, trovò impiego in molte applicazioni. Oltre che in siderurgia, il suo utilizzo fu importantissimo nel settore dei trasporti, segnando l’avvento del treno e delle ferrovie. Benché il rendimento iniziale di questo motore fosse molto basso, la potenza media di una macchina a vapore equivaleva a quella di circa 500 uomini. Le innovazioni introdotte dalla macchina a vapore provocarono molti e profondi cambiamenti, che coinvolsero tutti gli aspetti della vita dell’uomo, segnando l’inizio della Rivoluzione Industriale. Il carbone è la principale fonte d'energia utilizzata nel secolo XIX.

Oggi dove viene utilizzata l'elettricità? Quali vantaggi e svantaggi ha il nucleare?

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Il motore a scoppio e l’era del petrolio Verso la fine del XIX secolo, grazie alle invenzioni della turbina idraulica e del motore elettrico, si inizia a produrre e a impiegare l'energia elettrica. L'elettricità è facilmente trasportabile a grandi distanze e viene applicata ovunque possibile. Nel 1882 entra in funzione la prima centrale termoelettrica a carbone. La messa a punto del motore a scoppio, a opera del tedesco Nikolhaus Otto, nel 1876, stimola le ricerche sui combustibili liquidi derivati dal petrolio greggio, e si inizia a estrarre questa fonte di energia già nota da tempo ma trascurata. Dunque dopo il carbone, con l’invenzione del motore a scoppio, si cominciò a usare il petrolio, più facile da trasportare e dotato di un maggiore potere calorifico. I mezzi di trasporto, sempre più veloci, furono caratterizzati da un rendimento maggiore, il 18% nel caso degli autoveicoli, contro il 4% della locomotiva a vapore. Con il XIX secolo cambiò ancora la qualità dell’energia a disposizione dell’uomo: infatti l’invenzione della dinamo rese possibile l’utilizzo di una nuova forma di energia: l’energia elettrica, prodotta da grandi centrali e trasportata nei luoghi di utilizzo mediante cavi. Sul finire del secolo scorso, inoltre, il petrolio si affermò come principale fonte di energia. Problemi e prospettive Avviciniamoci ora ai nostri giorni. Dalla metà del secolo scorso lo sviluppo delle tecnologie degli armamenti atomici apre la strada all'uso dell'energia nucleare. In un primo momento sembra una valida alternativa al petrolio. Tuttavia molti problemi restano aperti: la costruzione di una centrale nucleare ha costi elevati, soprattutto per garantire efficaci sistemi di sicurezza, e non esiste ancora un modo sicuro per smaltire le scorie radioattive. Lo sviluppo tecnologico e lo sfruttamento sempre crescente delle fonti energetiche hanno caratterizzato la seconda metà del XX secolo. A loro volta, i bisogni dell’uomo sono cambiati e sono cresciuti vertiginosamente. Una serie di prodotti, sempre più sofisticati, sono diventati segno di benessere e di successo sociale. Dai trasporti all’arredamento, dal vestiario alle abitudini alimentari, l’industria, oggi, mette a disposizione una grande varietà di beni di consumo, ormai considerati indispensabili. Sono beni di consumo poco durevoli, che hanno bisogno di grandi quantità di energia per essere prodotti e richiedono ancora energia per essere smaltiti, quando, al termine della loro breve vita, diventano rifiuti. Così sviluppo tecnologico e consumismo, “divorando” grandi quantità di energia, hanno messo ancora una volta in primo piano il problema dell’esauribilità delle risorse. Solo oggi, ormai nel XXI secolo, le società industriali si sono rese conto di aver vissuto nell’illusione di una crescita economica “senza fine”, legata alla possibilità di avere sempre a disposizione energia a basso costo. A questo punto, solamente il risparmio e la razionalizzazione dei consumi potranno costituire un utile, anzi fondamentale, strumento per affrontare il problema energetico ed aprire la strada ad uno sviluppo equilibrato della nostra società.

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Rispondi alle domande 1. Quali fonti energetiche utilizzò l’uomo fino alla metà del XVIII secolo? 2. Che importanza ebbe l’invenzione della ruota? 3. Quali conseguenze ebbe l’uso del carbone come fonte energetica? 4. Quale forma di energia divenne utilizzabile con l’invenzione della dinamo?

“La produzione di energia attraverso il tempo” (da Thomas K. Derry e Trevor I. Williams, Storia della tecnologia. La tecnica e i suoi effetti

economico sociali, Torino, 1977, vol. I, pp. 282-300) La forza umana e animale Prima che l’uomo imparasse ad addomesticare gli animali e a utilizzarne la forza, l’unica sua fonte d’energia risiedeva nei suoi muscoli. Quando era necessaria una forza maggiore di quella che un individuo poteva fornire, si presentavano due alternative: riunire l’energia di molti uomini per esercitare una forza su un solo oggetto o servirsi di congegni meccanici per trasformare una piccola forza agente per un lungo tratto in una grande forza operante per un piccolo tratto; si poteva anche ricorrere all’uso di entrambi questi sistemi. Pur con qualche limitazione, il ricorso all’unione delle forze individuali è stato applicato in ogni fase di sviluppo sociale: la caccia, l’agricoltura, l’irrigazione e l’edilizia sono esempi di compiti che hanno richiesto un’accurata organizzazione dell’energia umana per il compimento d’un lavoro in un tempo prestabilito. Per quel che concerne l’edilizia, la costruzione delle piramidi dimostra che un’innumerevole quantità di uomini poteva sostituire in modo soddisfacente la mancanza di macchinario; in un campo meno spettacoloso, l’uso della corvée per la costruzione di strade non cessò in alcune parti d’Europa prima della metà del diciannovesimo secolo d. C. Un’istituzione particolarmente caratteristica del mondo antico era la schiavitù. Facilmente se ne esagera l’importanza: gli schiavi di cui parlano la letteratura classica e le iscrizioni, lavoravano nella maggior parte in piccoli gruppi, svolgendo la stessa funzione economica degli uomini liberi. Inoltre, l’impiego di gruppi di schiavi in vaste proprietà agricole, un tempo prevalente fra i Romani, cessò di esserlo appena diminuì il numero degli schiavi forniti dalle conquiste e aumentò di conseguenza il loro prezzo. Non ci fu tuttavia fino al 1795 una valutazione statistica del danno economico causato dal fatto che il terrore fosse l’unico incentivo al lavoro: ma quell’anno un’indagine svolta sulle piantagioni dell’India Occidentale appurò che uno schiavo rendeva al massimo la metà d’un uomo libero. Nonostante ciò, vi furono almeno tre aspetti nei quali l’impiego degli schiavi attenuò gli effetti della mancanza d’energia. Anzitutto, fin dai tempi remoti degli antichi imperi, i prigionieri di guerra erano usati su larga scala dai re vincitori per l’esecuzione di lavori pubblici, con i quali essi cercavano di dare prestigio al loro regno: quanto fosse grande la tentazione d’usare questi schiavi di stato come mano d’opera facilmente sfruttabile per la costruzione di strade, può forse essere giudicato dal fatto che, già in un’èra di macchine, i prigionieri di guerra furono fatti lavorare fino all’estremo limite delle loro possibilità nella costruzione di ferrovie, sia in Europa sia in Asia. In secondo luogo, la città di Roma, che durante il primo periodo dell’impero annoverava forse 200.000

schiavi, su una popolazione totale inferiore al milione, è un esempio notevole d’una società in cui l’impiego degli schiavi rendeva possibile il lusso sfarzoso nelle case dei ricchi e alcuni importanti servizi di pubblica utilità: per esempio, 660 schiavi mantenevano in funzione i 60 chilometri d’acquedotti, che fornivano giornalmente una riserva d’acqua di 175 litri per abitante. Infine gli schiavi venivano sfruttati nelle miniere; tale sfruttamento arricchì tanto il regno di Davide e di Salomone quanto lo stato democratico ateniese del quinto secolo, e si diffuse a ovest fino alla Spagna romana; con metodi che sfruttavano la mano d’opera fino all’esaurimento, si lavoravano i metalli dai quali dipendeva largamente il progresso tecnico.

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Non vi sono particolari, ma Diodoro Siculo, ai tempi d’Augusto, scrive che nelle miniere d’argento spagnole i lavoratori più forti erano i più sfortunati, perché erano i più lenti a morire. La leva Fra i congegni meccanici ideati per aiutare la forza dell’uomo, la leva è di gran lunga il più importante, e il suo principio sta alla base di quasi tutte le macchine. La sua origine è sconosciuta, e la sua legge non fu enunciata fino ai tempi d’Archimede. Tuttavia, gli uomini pri-mitivi scoprirono che si potevano rimuovere i corpi pesanti collocando sotto di essi un’asta rigida poggiante su un fulcro fisso, situato relativamente vicino al corpo stesso, ed esercitando una pressione sull’estremità libera dell’asta. Archimede si rese perfettamente conto dell’enorme forza che una leva può generare: “Datemi un punto d’appoggio e solleverò il mondo.” Anche altri quattro congegni meccanici, che avevano relazione con la leva, furono molto sfruttati nell’antichità, e perfettamente descritti nella Mechanica d’Erone d’Alessandria, scritta nel primo secolo d. C. Sono il cuneo, la vite, la puleggia multipla e la carrucola. Tutti si fondano sullo stesso principio della leva: una piccola forza che agisce a una grande distanza è trasformata in una grande forza che agisce su una piccola distanza. Detto in altro modo: mag-giore è il lavoro che si deve compiere, più grande è la distanza richiesta. La moltiplicazione della forza che si ottiene con l’impiego di gruppi di lavoratori è ripetutamente descritta e illustrata nelle opere dell’antichità. L’energia umana impiegata da sola è esemplificata da file di uomini che tirano corde per trascinare corpi pesanti, come gli enormi massi di pietra necessari alla costruzione di grandi palazzi e monumenti. Più spesso, però, la moltiplicazione della forza era ottenuta mediante congegni meccanici del tipo sopra descritto. Per esempio, nel remeggio delle galere l’energia umana veniva aumentata per mezzo di leve: i remi. In Grecia la leva venne usata prima del 1600 a. C. per spremere il succo dell’uva e delle olive. I frantoi di Pompei erano realizzati sul principio della vite. Il principio della carrucola, in cui una piccola energia applicata alla circonferenza esterna si trasforma in una grande energia in prossimità dell’asse, trovò un’applicazione pratica nel timpano. Spesso l’effetto era ulteriormente aumentato da una serie di congegni, anche questi descritti da Erone, la cui utilità era però molto limitata, perché, a causa dei primitivi metodi di costruzione, gran parte dell’energia andava perduta. In ogni modo, le limitazioni pratiche non distolsero gli inventori dal progettare ambiziosi sistemi di congegni.

La molla

Dai tempi più antichi la molla, della quale vi sono innumerevoli esempi in natura, è stata il più importante mezzo per accumulare energia e rilasciarla immediatamente nel momento necessario. La sua prima applicazione conosciuta e d’immutata importanza per molti secoli fu l’arco, usato per lanciare frecce durante la caccia e in battaglia. La prima inequivocabile rappresentazione dell’arco risale al tardo periodo paleolitico e proviene dall’Africa settentrionale. Nella sua forma più semplice l’arco consiste in una striscia di materiale elastico, come legno o corno, che gradatamente si assottiglia dal centro verso gli estremi. Per le più ela-borate forme d’arco si usarono materiali diversi, incollati e legati insieme. Il piccolo “arco turco” era fatto in modo da poter essere usato per lanciare frecce stando a cavallo, e a questa caratteristica gli invasori asiatici dell’Europa dovettero molti dei loro importanti successi militari del Medioevo. Si dice che la sua origine abbia di molto preceduto quella del famoso e mortale arco da guerra inglese che, realizzato solitamente in tasso, si ritiene abbia avuto origine nel Galles meridionale. […] La ruota idraulica Il primo mulino ad acqua di cui si abbia notizia, è il cosiddetto mulino greco o norvegese. Questo differiva dal tipo che ora ci è familiare, per l’asse non orizzontale, ma verticale: nella parte più bassa dell’asse vi era una serie di pale o palette, che erano immerse nella corrente

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d’acqua. Tale tipo di mulino venne usato principalmente per macinare il grano: l’asse passava verso l’alto, attraverso la macina inferiore, ed era fissato a quella superiore, che faceva girare. Mulini di questa specie richiedevano una corrente d’acqua rapida e avevano certamente avuto origine nelle regioni collinose del Vicino Oriente; non si ha infatti notizia che siano stati usati in Egitto o in Mesopotamia, dove i fiumi scorrono per la maggior parte lentamente e sono soggetti a grandi rapide e cascate. Plinio attribuisce l’origine dei mulini ad acqua per la macinazione del grano presumibilmente all’Italia settentrionale; questi erano probabilmente del tipo scandinavo. Essi furono largamente usati in Europa durante il Medioevo e in alcune regioni fin quasi alla fine del diciannovesimo secolo; nelle isole Shetland, dove un tempo erano circa cinquecento, nel 1933 ne era rimasto un solo esemplare in funzione a Sandness. Tali mulini possono veramente essere considerati come i precursori della turbina idraulica, invenzione del diciannovesimo secolo, e sotto questo punto di vista si può dire che siano stati usati senza interruzione per ben più di tremila anni. I mulini scandinavi avevano generalmente piccole dimensioni ed erano piuttosto lenti; la macina infatti rotava alla stessa velocità della ruota. Essi erano adatti a macinare solamente piccole quantità di grano, e il loro uso doveva essere puramente locale. Un tipo di mulino idraulico con asse orizzontale e ruota verticale fu progettato nel primo secolo a. C. da Vitruvio. L’ispirazione può essergli venuta dal congegno per sollevare l’acqua conosciuto come “ruota persiana” o saqiya, che consisteva essenzialmente in recipienti per attingere l’acqua disposti lungo la circonferenza d’una ruota, fatta girare da forza umana o animale. Questa ruota era usata in Egitto nel secondo secolo a. C. e deve essere stata ben nota a Vitruvio, che ne descrisse una più efficiente modificazione conosciuta come “ruota a tazze”. La ruota idraulica vitruviana è essenzialmente una “ruota a tazze” che funziona in modo contrario. Progettata per la macinazione del grano, la ruota era collegata alla macina mobile per mezzo di ingranaggi lignei che, generalmente, davano una riduzione di giri di circa 5 : 1. I primitivi mulini di questo tipo furono azionati dall’ “acqua che passava sotto”: la parte inferiore della ruota, immersa nel corso d’acqua, veniva fatta girare dalla forza della corrente. Più tardi si trovò che una ruota alimentata dall’alto era più efficiente; infatti l’acqua, cadendo sulla parte superiore della ruota, riempie alcune delle tazze poste lungo la circonferenza; il suo peso fa si che la ruota giri; in questo modo, le tazze riempite scaricano il loro contenuto, mentre quelle vuote sono sospinte sotto la sorgente idrica. Benché più efficienti, tali ruote richiedono generalmente un considerevole equipaggiamento sussidiario che fornisca il necessario rifornimento idrico. Comunemente s’arginava il corso d’acqua in modo da formare un bacino, dal quale un canale di scarico portava un flusso d’acqua regolare alla ruota. Questo tipo di mulino fornì una sorgente d’energia maggiore di quelle disponibili precedentemente, e non solo rivoluzionò la macinazione del grano, ma aprì la via alla meccanizzazione di molte altre operazioni industriali. E’ difficile calcolare la potenza di tali mulini; essa può, tuttavia, essere approssimativamente dedotta dalla loro produzione. Un mulino romano a Venafro, del tipo di quelli alimentati dal di sotto, con ruota del diametro di circa 2 metri, poteva macinare circa 180 chilogrammi di grano all’ora. Questo lavoro corrisponde, nella moderna valutazione, a circa tre cavalli-vapore. In confronto, un mulino azionato da un asino o da due uomini poteva a malapena macinare 4,5 chilogrammi all’ora. Dal quarto secolo d. C. nell’Impero Romano furono installati mulini ad acqua di notevoli dimensioni. A Barbegal, vicino ad Arles, per esempio, verso il 310 d. C. venivano usate per la macinazione del grano sedici ruote alimentate per di sopra, che avevano un diametro alcune di circa 2,70 metri, altre di poco meno di un metro. Ciascuna di esse azionava, attraverso ingranaggi di legno, due macine: la capacità di macinazione complessiva era di 3 tonnellate all’ora, sufficienti al fabbisogno di una popolazione di 80.000 abitanti, e poiché la popolazione di Arles a quel tempo non superava i 10.000 abitanti circa, è chiaro che questo mulino serviva una vasta zona. […]

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Sebbene la macinazione del grano fornisse il maggior impulso allo sviluppo della ruota idraulica, questa fu largamente usata in Europa durante il Medioevo per una grande quantità di usi industriali; il “Domesday Book”, per esempio, menziona non meno di 5624 mulini ad acqua situati in Inghilterra, a sud del fiume Trent, la maggior parte dei quali di tipo vitruviano. L’energia idraulica venne usata per azionare segherie, follatoi, frantoi di minerali, mulini a pestelli per la lavorazione dei metalli, mulini per alimentare i mantici delle fornaci e per una grande varietà di altri congegni, ed ebbe una grande importanza sulla distribuzione geografica dell’industria. Provocò, per esempio, lo spostamento dei follatoi nelle aree rurali alla ricerca di corsi d’acqua adatti e incoraggiò la formazione di più vasti gruppi di persone che si dedicavano all’estrazione e alla lavorazione dei metalli. L’imbrigliamento dell’energia idraulica per molteplici usi diede anche impulso al miglioramento degli ingranaggi e dei macchinari in generale. L’importanza delle ruote idrauliche per la società si riflette, in quasi tutti i paesi europei, in complesse leggi relative al controllo dei corsi d’acqua; nel mondo musulmano il loro uso era strettamente limitato all’irrigazione. La ruota idraulica conservò la sua immensa importanza industriale anche molto tempo dopo l’invenzione della macchina a vapore, infatti, all‘inizio, l’uso più comune cui fu adibita non fu quello d’azionare direttamente macchinari, ma di pompare l’acqua per provvedere una sorgente costante alla ruota idraulica. Dal sedicesimo al diciannovesimo secolo, fu la più importante fonte d’energia per l’Europa e per l’America settentrionale: Londra, per, esempio, dal 1582 al 1822 pompò una riserva d’acqua dal fiume mediante ruote idrauliche installate al Ponte di Londra. La rivoluzione industriale, ben lungi dal rendere antiquata la ruota ad acqua, portò a considerevoli miglioramenti dopo un lungo periodo di cambiamenti piuttosto modesti. I mulini a vento Come fonte d’energia il mulino a vento non può dirsi antico quanto il mulino ad acqua. A parte una frase contenuta in un’opera d’Erone d’Alessandria, di dubbia interpretazione, non vi è nessuna testimonianza che il mulino a vento sia stato conosciuto nel mondo antico. Come fonte d’energia meccanica sembra abbia avuto origine in Persia nel settimo secolo d.C. e sia derivato dalle più antiche ruote delle preghiere, azionate dal vento, usate nell’Asia centrale. Un’altra congettura possibile, ma non dimostrata, è che il mulino a vento sia stato suggerito dalle vele delle navi. Durante il decimo secolo esso era largamente usato nella provincia persiana di Seistan per pompare acqua per irrigazione; nel corso del tredicesimo secolo e in seguito fu usato per la macinazione del frumento. È significativo che i mulini a vento persiani avessero l’asse verticale, analogo a quello dei mulini ad acqua greci e norvegesi, che, come abbiamo notato, si crede siano originati del Vicino Oriente. Il primitivo mulino a vento persiano per la macinazione del grano era costituito da un edificio a due piani; nel piano superiore si trovavano le macine e in quello inferiore una ruota azionata da sei o dodici ali atte a prendere il vento, che facevano girare la macina sovrastante. Questa posizione delle macine sopra l’asse motore è, si ricorderà, caratteristica del mulino ad acqua norvegese c costituisce un’ulteriore prova della relazione esistente tra i due. In un primo stadio di sviluppo si introdussero sulle ali dei congegni per controllare la velocità di rotazione, affinché l’eccessiva velocità non producesse troppo calore per attrito, il che avrebbe potuto danneggiare sia il grano sia le macine. Come il mulino a vento persiano sembra sia derivato dalla cosiddetta ruota ad acqua norvegese, così il tipo occidentale, con l’asse orizzontale, può essere stato ispirato dalla ruota idraulica di Vitruvio, poiché sembra che i mulini a vénto di tipo occidentale e orientale siano state invenzioni indipendenti. […] La prima menzione d’un mulino a vento di tipo occidentale si trova in un documento normanno, redatto verso il 1180; sembra che questi mulini siano stati comuni nelle regioni dell’Europa settentrionale, dalla fine del tredicesimo secolo.

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Fondamentalmente, il tipo occidentale è più efficiente poiché là forza del vento agisce senza interruzione sull’intera superficie delle ali, mentre nel tipo persiano solo una parte di tale superficie è attiva a un dato momento. La costruzione era qualche volta molto elaborata, per ottenere la possibilità di girare le ali al vento. Per ottenere questo si usavano due metodi. Nel mulino a pilastro centrale - il tipo più antico - l’intera struttura, che portava sia le ali sia il macchinario, era posta su un resistente pilastro verticale, intorno al quale poteva rotare. Durante il tardo quattordicesimo secolo, vennero installati mulini a torre, nei quali solo la parte la superiore del mulino, contenente le ali, era girevole; si risparmiava così un considerevole sforzo. La struttura dei mulini a torre poteva essere di pietra o di mattoni; s’evitavano in tal modo i solidi rinforzi in legno del mulino a pilastro centrale e s’offriva una maggior resistenza alla grande forza del vento sull’intera struttura; si conoscono però anche mulini a torre di legno. L’invenzione del mulino a pilastro cavo, avvenuta in Olanda nel 1430, rappresentò un notevole passo avanti. In esso, infatti, le dimensioni della struttura rotante sono ridotte e un albero motore, passando attraverso l’interno del pilastro, aziona il macchinario che sta nella costruzione fissa sottostante. […] Per far rotare nel vento i mulini a pilastro, anche se ben bilanciati, era necessario un notevole impiego di energia. Per un lungo periodo essi vennero fatti ruotare manualmente, spingendo semplicemente l’estremità di una lunga asta che scendeva dalla struttura girevole superiore verso il basso, quasi fino a terra. Questo lavoro era però molto faticoso, e furono pertanto introdotti presto congegni meccanici, il più antico dei quali fu l’argano, prima semplice e successivamente con meccanismi – verso la metà del diciottesimo secolo s’usarono a questo scopo meccanismi di ferro – che potevano essere sistemati su qualcuno dei sostegni infissi nel terreno intorno alla base del mulino a vento. Un importante passo avanti fu compiuto con il mulinello a ventaglio, brevettato da Edmund Lee nel 1745, consistente in una serie di pale, poste all’estremità di un’asta, che azionavano due ruote dentate. Le pale erano poste in modo che, quando il mulino era esposto al vento, questo non esercitava nessuna forza su di esse: quando però il vento mutava di direzione, le pale del mulinello a ventaglio giravano e azionavano le ruote dentate, orientando così automaticamente il mulino verso l’esatta posizione. […] I primi mulini a vento furono usati per la macinazione del grano, ma dal quindicesimo secolo vennero impiegati prevalentemente per sollevare l’acqua, specialmente nel distretto di Zaan in Olanda; in quel solo luogo, ve n’erano settecento alla fine del diciassettesimo secolo e novecento prima dell’avvento dell’energia a vapore. Nei Paesi Bassi si giunse fino ad un massimo di ottomila mulini a vento, usati anche per azionare seghe meccaniche, per la prima volta in Olanda nel 1592, e per sollevare i materiali dalle miniere. Nonostante ciò, l’introduzione dei mulini a vento come fonte generale d’energia per l’industria incontrò qualche difficoltà perché si diffuse la paura della disoccupazione, similmente a quanto era avvenuto al tempo dei Romani con la ruota idraulica: per esempio, nel 1768 nel Limehouse una segheria azionata dall’energia eolica venne distrutta dalla folla. […] Le ruote idrauliche e i mulini a vento sono stati i soli importanti generatori di forza motrice dei tempi antichi.

Test di verifica dell’apprendimento: Quali sono gli strumenti conosciuti sin dall’antichità per migliorare il lavoro dell’uomo? Per che cosa era utilizzata l’energia prodotta dai mulini ad acqua oltre che per la macina del grano? A che cosa erano destinati principalmente i mulini a vento in Olanda?

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L’uomo, l’energia e le macchine Neolitico

Invenzione dell’arco e della freccia, sistema in cui l’energia viene lentamente immagazzinata ed improvvisamente sprigionata. Dall’arco deriva il trapano ad arco.

3500 a.C. L’uomo addomestica gli animali e sfrutta la

loro forza muscolare per il lavoro. Nella terra dei Sumeri, alle slitte poste su rulli si sostituiscono carri dotati di ruote che girano liberamente.

400 a.C. La costruzione di grandi templi richiede l’uso

della puleggia e dell’argano. Poi l’uomo scopre la leva, utile per sollevare blocchi di pietra molto pesanti.

200 a.C. Archimede inventa la coppia ingranaggio-vite

senza fine.

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85 a.C. Invenzione della ruota idraulica. L’acqua,

fluendo lungo le pale, mette la ruota in movimento che, a sua volta, fa girare la pietra della macina cui è collegata, che trasforma il grano in farina.

600 d.C. L’uomo inventa l’aratro formato da una lama

che penetra nel terreno (coltro), uno scorticatore che taglia l’erba e da un versoio che gira le zolle.

1180 d.C. L’uomo comincia a sfruttare il vento e la

corrente dei fiumi: l’acqua, fluendo lungo le pale di una ruota, la mette in movimento. I mulini a vento e ad acqua diventano importanti poiché garantiscono l’energia necessaria a macinare il grano e a pompare l’acqua.

1335 d.C. Entra in funzione il primo orologio meccanico,

azionato dalla forza di attrazione verso il basso, esercitata dalla gravità su alcuni pesi.

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1604 d.C. Galileo Galilei annuncia la legge sul moto dei

corpi.

1640 d.C. L’uomo utilizza il carbon coke per la fusione

del freddo. Guericke realizza un globo di zolfo che ruota su una asta azionata da una manovella. Esso può essere caricato e scaricato di energia statica all’infinito.

1642 d.C. Blaise Pascal inventa la macchina

addizionatrice.

1675 d.C. Denis Papin inventa la pentola a pressione,

ermeticamente chiusa.

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1705 d.C. Thomas Newcomen perfeziona la macchina a

vapore di Savery, realizzando una macchina a vapore che permette l’estrazione di acqua dalle miniere di carbone.

1764 d.C. James Watt, ripara una macchina di

Newcomen e la riprometta mantenendo il cilindro sempre caldo e facendo passare il vapore in una camera di condensazione separata, mantenuta fredda. Watt stabilisce la prima unità di misura per calcolare la potenza, da lui chiamata cavallo-vapore.

1827 d.C. Bernoit Fourneyron inventa la turbina che,

sviluppando una potenza di 6 cavalli-vapore, sostituisce la ruota idraulica usata fino dall’antichità..

1853 d.C. L’uomo inventa la prima lampada elettrica ad

arco utilizzata per la illuminazione stradale a Parigi.

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1853 d.C. Barsanti e Matteucci inventano il primo

motore a scoppio che utilizza una miscela detonante di aria e combustibile.

1876 d.C. Nikolaus Otto realizza il motore a scoppio a

quattro tempi.

1879 d.C. Edison, brevettata la lampadina, mette a

punto un impianto di generazione di corrente elettrica la cui quantità può variare in base alle esigenze di consumo.

1885 d.C. Carl Benz realizza il primo veicolo con motore

a scoppio, un triciclo alimentato con motore a ciclo Otto a gas con accensione elettrica.

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1892 d.C. Rudolf Diesel brevetta il motore diesel in cui il

carburante si incendia non con una scintilla, ma a causa della compressione.

1916 d.C. Black e Decker inventano il moderno trapano

portatile.

1954 d.C. In Russia entra in funzione la prima centrale

nucleare per la produzione di energia.

Dal 1960 d.C. ad oggi Il primo robot industriale rivoluziona i

processi produttivi delle industrie. Si accentua l’automazione grazie all’elettronica, alla bionica e alla cibernetica.

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Dal 1960 d.C. ad oggi In Europa si sviluppano le centrali solari.

L’energia del sole viene sfruttata per la produzione di energia elettrica. Si sviluppano le centrali eoliche e mareomotrici, che sfruttano l’energia del vento e delle maree.

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I protagonisti del progresso tecnologico Enrico Fermi Rudolf Diesel

Fonti di energia esauribili Petrolio, carbone, gas metano, fissione nucleare ENERGIA TERMICA Fonti di energia rinnovabili Fusione nucleare, vento, acqua di mari e fiumi, biomasse, calore della Terra, Sole ENERGIA MECCANICA ENERGIA TERMICA ENERGEIA RADIANTE ENERGIA ELETTRICA ENERGIA FOTOELETTRICA